I Commissione - Resoconto di marted́ 8 maggio 2007


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SEDE REFERENTE

Martedì 8 maggio 2007. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali Paolo Naccarato.

La seduta comincia alle 9.

Modifiche agli articoli 92 e 94 della Costituzione in materia di forma del Governo.
C. 2335 cost. Boato e C. 2479 cost. Zaccaria.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti.

Luciano VIOLANTE, presidente, comunica che è stata assegnata alla Commissione la proposta di legge costituzionale C. 2382 Bianco, recante «Modifica degli articoli 88, 92, 93, 94 e 95 e introduzione degli articoli 70-bis e 77-bis della Costituzione, in materia di disciplina del Governo, competenza e formazione delle leggi, nonché di scioglimento delle Camere», la quale verte sulla stessa materia


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delle proposte di legge all'ordine del giorno. Ne propone pertanto l'abbinamento.

La Commissione consente.

Italo BOCCHINO (AN), relatore, ringrazia innanzitutto il presidente Violante per aver scelto di nominare due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione, ponendo in questo modo le premesse per riannodare il dialogo sulle riforme, interrottosi in passato, e per avviare un percorso condiviso. Passando alle proposte di legge in esame, rileva che esse si prefiggono in primo luogo di rafforzare i poteri costituzionali del Presidente del Consiglio, che sono ancora oggi quelli, piuttosto limitati, della Costituzione del 1948, la quale però non rispecchia le trasformazioni in senso bipolare intervenute nel sistema politico-istituzionale italiano con l'avvento del meccanismo elettorale maggioritario, che ha condotto di fatto ad una sorta di «elezione diretta» del Presidente del Consiglio, imputando direttamente al corpo elettorale la scelta del premier, cui il Presidente della Repubblica è di fatto tenuto a conformarsi, e ingenerando in questo modo una prassi che si è consolidata negli anni ed ha prodotto una maturazione in tal senso del corpo elettorale. In particolare, le due proposte di legge in esame prevedono che il Presidente del Consiglio proponga al Presidente della Repubblica non solo la nomina, ma anche la revoca dei ministri. Ricorda che oggi, per allontanare un ministro nominato, l'unico strumento giuridico è la mozione di sfiducia individuale, che però è atto del Parlamento, e non del Presidente del Consiglio: che il Presidente del Consiglio, di fatto scelto dal corpo elettorale, non possa modificare la compagine di Governo nel modo che crede è, a suo giudizio, paradossale.
In secondo luogo, le proposte di legge in esame intervengono sul rapporto fiduciario. In particolare, la proposta C. 2479 prevede che questo si instauri con la sola Camera dei deputati, in quanto ramo del Parlamento dal più accentuato carattere politico, nell'ottica di un superamento del bicameralismo perfetto che, in linea con i processi di decentramento e di federalismo degli ultimi anni, veda la trasformazione del Senato in Camera delle regioni e delle autonomie locali, con competenza legislativa nelle materie non riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Il rapporto fiduciario, inoltre, si instaurerebbe, almeno nel progetto di legge C. 2479, nei confronti del solo Presidente del Consiglio. Il progetto di legge C. 2335 mantiene invece il rapporto fiduciario con entrambe le Camere e nei confronti dell'intero Governo, ma prevede che la mozione di sfiducia sia approvata a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea e che in caso di approvazione della mozione di sfiducia il Presidente della Repubblica sciolga le Camere; prevede altresì una sorta di mozione di sfiducia costruttiva in quanto le Camere possono evitare lo scioglimento indicando, sempre a maggioranza assoluta dei componenti, un nuovo Presidente del Consiglio.
Valuta del tutto favorevolmente la proposta di attribuire al Presidente del Consiglio, nella sostanza, se non nella forma, il potere di revocare i ministri, ritenendo che in questo modo non si farebbe altro che conformare il testo costituzionale al mutamento istituzionale già intervenuto di fatto e largamente attecchito nel Paese, che vede il Presidente del Consiglio di fatto ormai designato direttamente dal corpo elettorale, con tutta la legittimazione e la forza politica che gliene deriva. Ritiene anzi che l'esame dei provvedimenti in titolo potrebbe costituire l'occasione per riflettere su ulteriori forme di rafforzamento del potere del Presidente del Consiglio: si potrebbe, ad esempio, pensare a sancire direttamente nella Costituzione il principio della designazione diretta del Presidente del Consiglio da parte del corpo elettorale, il che costituirebbe peraltro soltanto la formalizzazione giuridica di un dato di fatto già affermatosi; si potrebbe, inoltre, prevede l'obbligo, per il Presidente della Repubblica, di nominare Presidente del Consiglio il capo della coalizione riuscita vincitrice dalle elezioni politiche. Un


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altro obiettivo che, a suo giudizio, dovrebbe essere perseguito è quello di stabilizzare la maggioranza parlamentare attraverso il riferimento al capo della coalizione e Presidente del Consiglio, al fine di impedirle di trasformarsi dopo le elezioni: la maggioranza potrebbe, quindi, sostituire il Presidente del Consiglio, ma non modificare la propria composizione. Si dovrebbe, di conseguenza, attribuire al Presidente del Consiglio il potere di decidere lo scioglimento delle Camere, ferma l'imputazione formale dell'atto al Presidente della Repubblica. Si potrebbe altresì immaginare un comitato di ministri più ristretto, con funzioni decisionali sulle principali linee della politica del Governo, come il Cabinet britannico. Si dovrebbe inoltre rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, prevedendo in capo al Presidente del Consiglio concreti poteri di incidenza sulla programmazione dei lavori parlamentari.
Sottolinea, poi, come il rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio debba portare con sé quello dei diritti delle minoranze, da perseguirsi anche mediante quello statuto dell'opposizione di cui più volte si è discusso in passato. Di nuovo, il modello cui tendere potrebbe essere quello inglese, con l'opposizione organizzata in un vero e proprio «Governo ombra». Un'altra ipotesi da prendere in considerazione, a suo giudizio, è quella dell'attribuzione a minoranze qualificate del potere di impugnare le leggi innanzi alla Corte costituzionale.
Si sofferma, infine, sull'esigenza di tenere presenti assieme le due componenti della democrazia moderna: quella della rappresentanza politica, che si sostanzia nel Parlamento eletto, e quella plebiscitaria, che si sostanzia nella designazione popolare del Presidente del Consiglio nella persona del capo della coalizione vincitrice delle elezioni e nelle iniziative politiche promosse direttamente dalla società civile. Il rischio, diversamente, è quello di esporre la rappresentanza ad attacchi della società civile: pensa, ad esempio, alle polemiche sui costi della politica in Italia o a certune iniziative referendarie. A suo avviso, la democrazia italiana deve tentare innanzitutto di accrescere la propria capacità di decidere nei tempi richiesti dal mondo contemporaneo; a tal fine deve garantire al Governo in carica di attuare il proprio programma di Governo, nel contempo assicurando alle minoranze adeguati strumenti di controllo e di reazione.
Conclude esprimendo soddisfazione per il rinnovato spirito di concordia e di collaborazione tra i due schieramenti politici in tema di riforme istituzionali.

Sesa AMICI (Ulivo), relatore, concorda con il relatore Bocchino sul fatto che la nomina di due relatori, uno di maggioranza e l'altro di opposizione, potrà consentire un dialogo più proficuo sul tema delle riforme costituzionali. Ricorda che quella delle riforme costituzionali è un'esigenza da lungo tempo avvertita nel dibattito politico italiano: in particolare, i due punti sui quali vertono le proposte di legge costituzionali in esame, vale a dire il potere di revoca dei ministri e il superamento del bicameralismo perfetto nel rapporto fiduciario, sono stati più volte trattati nei vari dibattiti sulle riforme costituzionali succedutisi dal cosiddetto «decalogo Spadolini» del 1982, che segna l'avvio della storia delle riforme costituzionali in Italia, fino alla riforma approvata dal centrodestra nella XIV legislatura e respinta dal corpo elettorale col referendum del giugno 2006. Lo stesso esito del referendum del 2006 non deve far dimenticare che sul potere di revoca dei ministri e sul superamento del bicameralismo paritario erano d'accordo anche le forze dell'allora opposizione. Ritiene pertanto che da qui debba riprendere un dibattito consensuale sulle riforme costituzionali, che eviti di proseguire la logica delle riforme «a colpi di maggioranza semplice».
Ricorda poi che, se l'articolo 92 della Costituzione nulla dice sul potere di revoca dei ministri, non è per dimenticanza: lo statuto albertino prevedeva infatti espressamente che il re nominasse e revocasse i ministri e la previsione passò nella legge sui poteri del capo del Governo


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voluta dal fascismo. Il mancato riferimento al potere di revoca nella Costituzione repubblicana si spiega quindi con la diffidenza dei deputati dell'Assemblea costituente, edotti dall'esperienza del fascismo, verso un capo dell'esecutivo forte. Peraltro il silenzio costituzionale non impediva forse di per sé che il potere di revoca potesse affermarsi in via convenzionale o consuetudinaria, com'è accaduto con altri strumenti posti a disposizione dell'Esecutivo, quali la questione di fiducia; né escludeva che tale potere fosse stabilito con la legge ordinaria sulla disciplina dell'attività di Governo e sulla presidenza del Consiglio dei ministri prevista dall'articolo 95 della Costituzione. Lo impedì però l'assetto del sistema politico del secondo dopoguerra, caratterizzato, salvo poche e brevi eccezioni, da Governi di coalizione multipartitici. Negli ordinamenti in cui tale potere è previsto, infatti, esso è raramente esercitato all'interno di Governi di coalizione e lo è per lo più nei confronti di ministri del partito dello stesso premier; diversamente, infatti, la revoca provoca quasi immancabilmente una crisi di Governo. Il quadro istituzionale italiano è però radicalmente cambiato nel 1993, con il passaggio ad un sistema maggioritario o semimaggioritario; non per nulla, forme atipiche di revoca si sono manifestate proprio in questo periodo, soprattutto con riferimento a sottosegretari, per i quali non sussistono difficoltà costituzionali, ma anche con riferimento a ministri: oltre all'unico caso di revoca in senso formale, quella del ministro della giustizia Mancuso - per la quale, per inciso, fu seguita una procedura speculare a quella di nomina - si ricordano, nella XIV legislatura, alcuni casi di dimissioni di ministri su invito del Presidente del Consiglio.
Rileva che potrebbe pertanto ritenersi che il potere di revoca abbia già fatto a pieno titolo il suo ingresso nell'ordinamento italiano e che l'intervento di revisione in questione non sia quindi necessario. È vero però che una formalizzazione giuridica del potere di revoca è necessaria nel caso in cui un ministro rifiuti di assecondare la richiesta di dimissioni rivoltagli dal Presidente del Consiglio, anche perché la prassi invalsa nella XIV legislatura presupponeva circostanze politiche difficili a realizzarsi, vale a dire un'amplissima maggioranza parlamentare, prodotta da una legge elettorale oggi abrogata, e una chiara leadership del Presidente del Consiglio, derivante dalla posizione egemonica del suo partito all'interno della coalizione.
Ritiene, comunque, che per chiudere la lunga stagione delle riforme costituzionali occorra instaurare un clima diverso da quello della passata legislatura, nella quale il potere di revoca venne sì previsto, ma la maggioranza di centrodestra lo volle attribuire direttamente al Presidente del Consiglio, escludendo del tutto il Presidente della Repubblica. L'opposizione, insieme ad una parte della dottrina, aveva criticato quella scelta, ritenendo che l'intervento del Presidente della Repubblica, anche se di solito ha carattere meramente formale, costituisca però un prezioso elemento di ponderazione e di equilibrio, in quanto introduce un'istanza di controllo.
Per quanto concerne il bicameralismo paritario nel rapporto di fiducia, ricorda che esso è oggi recessivo nel panorama comparato e configura una vera e propria rarità costituzionale: anche se il bicameralismo continua ad essere estremamente diffuso e addirittura prevalente nel panorama costituzionale degli Stati europei, una posizione preminente nei processi decisionali è in genere attribuita ad una sola delle due Camere. Limitare la fiducia alla sola Camera dei deputati dovrebbe dunque essere una misura di modernizzazione costituzionale abbastanza incontroversa.
Conclude sottolineando come la revisione costituzionale in materia di bicameralismo perfetto prevista dalla proposta di legge C. 2479, la quale si limita al rapporto di fiducia, sia parziale e molto più limitata che nei diversi progetti di riforma susseguitisi dagli anni ottanta ad oggi. Ritiene invece necessario allargare l'ambito di discussione, se sussisteranno le condizioni politiche in tal senso, in modo da rendere


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più organica la riforma del bicameralismo. Tuttavia, anche se la riforma si limitasse a intervenire sul rapporto di fiducia, ritiene che sarebbe comunque meritoria. Auspica pertanto che si instauri il clima di collaborazione necessario per portare avanti le riforme istituzionali delle quali il Paese ha bisogno.

Franco RUSSO (RC-SE), dopo aver ringraziato il presidente Violante per l'equilibrio da lui dimostrato nell'impostazione delle modalità di esame delle proposte di legge in oggetto, volte a cercare forme di condivisione tra le diverse forze politiche, si sofferma sui punti principali delle materie in discussione, preannunciando al riguardo la presentazione di un'apposita iniziativa legislativa. Ritiene che si tratti di temi di estrema difficoltà e rilevanza, nei quali si mettono in gioco le culture politiche dei diversi gruppi. In proposito osserva che il proprio gruppo è stato sovente definito «conservatore» rispetto all'assetto costituzionale vigente. In realtà, la posizione del proprio gruppo è quella certamente di difendere il quadro attuale dei valori costituzionali, pur nella consapevolezza del fatto che alcune parti del testo costituzionale necessitino un aggiornamento rispetto alla mutata realtà politica.
In via preliminare chiarisce, a nome del proprio gruppo, di non condividere la teoria secondo cui la forma di governo rappresenti il nodo cruciale delle riforme costituzionali, come pure di non condividere il metodo seguito in passato con il ricorso a Commissioni bicamerali per le riforme della Costituzione. In particolare non ritiene che i problemi della democrazia italiana, nonché della complessiva realtà europea, originino dal tipo di strumenti di cui dispongono i Governi per portare avanti la loro azione. Ritiene invece che il vero punto di crisi sia rappresentato dalla debolezza della rappresentanza, dovuto ad una serie di motivi. Innanzitutto i processi di globalizzazione, inducendo i grandi soggetti detentori dei principali interessi economici ad agire a livello transnazionale, hanno limitato significativamente i rapporti di questi con le realtà nazionali. Cita al riguardo gli organismi, quale ad esempio il WTO, che determinano le principali scelte in materia ignorando il rapporto con i territori nazionali.
Un altro motivo della debolezza della rappresentanza attiene ai metodi della governance, che si rivolge principalmente ai grandi centri di interesse, come accade nel caso dell'Unione europea. In questo modo ritiene che il ruolo dei Governi, essendosi sganciato di fatto dal rapporto con i Parlamenti nazionali, si è invece rafforzato a discapito dell'azione dei Parlamenti stessi. In proposito, pur non rifiutando i metodi di legislazione complessa «multilivello», osserva che essi si fondano essenzialmente sullo strumento della delega legislativa che comporta un indebolimento del ruolo del Parlamento.
Soffermandosi sulla crisi attuale della politica, ritiene che essa non origini tanto dalle polemiche correnti sui relativi costi, quanto piuttosto sull'evidente distacco tra essa ed il corpo elettorale, essendosi di fatto indebolita la rappresentanza.
Un altro aspetto patologico è rappresentato dall'indebolimento del sistema dei partiti di massa e del relativo metodo di convogliare i grandi interessi generali attraverso le strutture locali degli stessi partiti.
Si sofferma quindi sulle osservazioni del deputato Bocchino, del quale riconosce l'onestà intellettuale, relative al plebiscitarismo che comporta un rapporto diretto tra chi detiene il potere e chi è governato, senza prevedere forme di intermediazione della rappresentanza. Cita in proposito il pensiero di Hobbes, secondo il quale lo strettissimo rapporto intercorrente tra i sudditi e il monarca produceva la conseguenza che gli atti di quest'ultimo venissero imputati ai sudditi, senza intermediazione di forme di rappresentanza. A proprio avviso ciò dimostrerebbe che il plebiscitarismo altro non è che una forma di autoritarismo. Traslando il pensiero di Hobbes nella realtà contemporanea, si potrebbero formulare considerazioni analoghe relative al rapporto che intercorre oggi tra le istanze dei cittadini ed i Governi,


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veicolate dai mezzi di comunicazione di massa senza una forte intermediazione della rappresentanza. Si dichiara contrario ad esaltare il concetto di democrazia decidente, con il Governo al centro del sistema.
Si sofferma sulla realtà politica tedesca dove il meccanismo elettorale proporzionale non prevede un'indicazione diretta del capo della coalizione ed il Parlamento esprime il cancelliere. In Italia vige un meccanismo elettorale volto a privilegiare un sistema di democrazia immediata con una indicazione di fatto del candidato premier. In proposito ritiene che il momento elettorale debba essere finalizzato a rafforzare lo strumento della rappresentanza e per questo si dichiara contrario a prevedere un rapporto fiduciario diretto tra il Parlamento ed il Presidente del Consiglio dei ministri. Giudica preferibile rafforzare invece le forme di collegialità governativa, che ritiene debbano essere tutelate. Si dichiara invece favorevole a prevedere forme di superamento del bicameralismo perfetto, su cui si riserva di presentare una apposita iniziativa legislativa, attribuendo ad un ramo del Parlamento il ruolo di Camera delle regioni e delle autonomie. Si dichiara altresì favorevole in ordine al meccanismo della sfiducia costruttiva, se accompagnato dal superamento del bicameralismo perfetto, come pure all'introduzione del potere di revoca dei ministri ed al rafforzamento dei poteri del Parlamento nella fase ascendente del diritto comunitario.
Conclude ribadendo la propria disponibilità ad esaminare le proposte di riforma della Costituzione che non ne stravolgano gli equilibri esistenti, limitandosi a colmare le lacune create dalla mutata realtà politica.

Gianpiero D'ALIA (UDC) annuncia che il suo gruppo ha presentato una proposta di legge costituzionale per la revisione degli articoli 56, 92 e 94 della Costituzione, della quale chiede l'abbinamento. Chiarisce che si tratta di una proposta di legge che si caratterizza per due elementi ulteriori rispetto a quelli considerati nei provvedimenti in titolo: interviene sull'articolo 56 della Costituzione per eliminare la previsione per cui la Camera dei deputati è formata da un numero fisso di componenti, al fine di creare i presupposti per l'introduzione in Italia di una legge elettorale sul modello di quella tedesca per il Bundestag o di quella per i consigli regionali italiani, le quali, com'è noto, non implicano un numero fisso di componenti. La proposta di legge prevede inoltre l'abbassamento a diciotto anni dell'età per essere eletti.
Per quanto riguarda la questione della nomina e della revoca dei ministri, chiarisce che il suo gruppo è dell'idea che il Presidente del Consiglio debba poter proporre al Presidente della Repubblica la revoca dei ministri, fermo però restando che il rapporto fiduciario si instaura con l'intero Governo. La proposta di legge preannunciata prevede inoltre la sfiducia costruttiva, in una forma concepita per tener conto della possibilità che le dimissioni del Presidente del Consiglio non derivino da una mozione di sfiducia, bensì, com'è stato sempre nell'esperienza italiana, da una crisi «extraparlamentare». In conclusione, ritiene che il dibattito che si avvierà al riguardo potrà essere proficuo, anche in vista dell'esame del progetto di legge in materia elettorale attualmente in discussione al Senato.

Luciano VIOLANTE, presidente, concorda con il deputato Franco Russo sulla crisi della rappresentanza, ma ritiene che essa nasca dal fatto che i tempi del mondo moderno esigono una rapidità di decisione che il Parlamento non è in grado, oggi, di assicurare, il che provoca ritardi nelle riforme delle quali il Paese ha bisogno e determina quindi una delegittimazione della classe politica. La soluzione, a suo avviso, sta appunto nello sviluppare l'aspetto decisionale della rappresentanza, come del resto emerse anche nell'ambito del dibattito che condusse nel 1997 alla riforma del regolamento della Camera. Per


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quanto riguarda il modello tedesco, richiamato dal deputato D'Alia, fa presente che il Bundestag ha nel sistema istituzionale tedesco un ruolo diverso da quello della Camera dei deputati italiana: le sue Commissioni si riuniscono infatti saltuariamente e lo stesso organo plenario procede sulla base di intese tra maggioranza e opposizione.
C'è un forte deperimento della rappresentanza. Il Parlamento italiano è, per certi versi, quello più «parlamentare» nel quadro delle democrazie europee. Fa poi presente che la differenziazione delle funzioni di Camera e Senato porterà con sé la necessità di distinguere le rispettive leggi elettorali ed imporrà di tenere conto della necessità che nella Camera che vota la fiducia sussista una maggioranza certa e stabile, laddove nella Camera delle autonomie sarà opportuna una rappresentanza proporzionale, che tenga conto delle sfumature nella composizione del Paese.
Avverte poi che si procederà all'abbinamento delle proposte di legge annunciate dai deputati Franco Russo e D'Alia non appena saranno assegnate. Quanto al percorso sulle riforme costituzionali, ritiene che, ove maturino le condizioni in tal senso, si potrebbe pensare di portare all'attenzione dell'Assemblea 0il provvedimento in esame al più tardi a luglio, per poi, a settembre, avviare l'esame della restante parte della riforma del bicameralismo e poi, da gennaio 2008, quello della riforma dell'articolo 117 della Costituzione. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.10.

INDAGINE CONOSCITIVA

Martedì 8 maggio 2007. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE.

La seduta comincia alle 11.

Audizione dei professori Marzio Barbagli, Giuseppe Caia e Guido Corso sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia.
(Svolgimento e conclusione).

Luciano VIOLANTE, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Marzio BARBAGLI, professore ordinario di sociologia presso l'Università degli studi di Bologna, Giuseppe CAIA, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Bologna, e Guido CORSO, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Roma 3, svolgono una relazione sui temi oggetto dell'indagine.

Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Luciano VIOLANTE, presidente, Maria Fortuna INCOSTANTE (Ulivo), Mercedes Lourdes FRIAS (RC-SE), Jole SANTELLI (FI) e Cinzia DATO (Ulivo).

Marzio BARBAGLI, professore ordinario di sociologia presso l'Università degli studi di Bologna, risponde ai quesiti posti.

Luciano VIOLANTE, presidente, essendo imminenti votazioni in Assemblea e dovendosi riunire il Comitato permanente per i pareri, sospende la seduta, avvertendo che riprenderà alle ore 14.

La seduta, sospesa alle 12.20, riprende alle 14.05.

Giuseppe CAIA, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Bologna, e Guido CORSO, professore ordinario di diritto amministrativo presso l'Università degli studi di Roma 3, rispondono ai quesiti posti.


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Luciano VIOLANTE, presidente, ringrazia gli intervenuti. Dichiara quindi conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.15

N.B.: Il resoconto stenografico dell'audizione è pubblicato in un fascicolo a parte.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 8 maggio 2007. - Presidenza del presidente Riccardo MARONE.

La seduta comincia alle 12.15

DL 23/2007: Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario.
C. 2534-A Governo.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Riccardo MARONE (Ulivo), presidente e relatore, osserva che alcuni tra gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 sono volti a prevedere che il criterio della ripartizione delle risorse di cui all'articolo 1 del decreto-legge in esame sia fondato sulla base della quota capitaria o di altri criteri basati sul numero di abitanti o residenti, cosa che potrebbe non garantire livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione. Altri emendamenti, invece, prevedono la nomina statale di commissari ad acta, o la previsione di forme di commissariamento della regione, a seguito dell'accertamento di inadempienze, da parte della regione, rispetto al piano di rientro sanitario, che non sono riferibili alle fattispecie di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione. Per tali ragioni propone di esprimere un parere contrario sugli emendamenti Leone 1.250, Garavaglia 1.12 e Leone 1.224, Leone 1.223, Garavaglia 1.16, Garavaglia 1.15 e Leone 1.220, Leone 1.219, Garavaglia 1.14, Garavaglia 1.13 e Leone 1.222, Leone 1.221, Garavaglia 1.122, 1.124, 1.119 e 1.118, Leone 1.296, Garavaglia 1.117, Leone 1.297, Garavaglia 1.116 e Leone 1.298, Garavaglia 1.115, 1.120, 1.121, 1.123, in quanto volti a prevedere, al fine della erogazione delle risorse tra le diverse regioni, criteri che non assicurano il rispetto dell'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, che garantisce livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale; sugli emendamenti Garavaglia 1.139 e Leone 1.329, Garavaglia 1.138, 1.135, Leone 1.328, Garavaglia 1.136, 1.137 e 1.186, in quanto volti a prevedere la nomina statale di commissari ad acta o forme di commissariamento della regione a seguito dell'accertamento di inadempienze, da parte della regione stessa, rispetto alle prescrizioni del piano di rientro sanitario. Propone inoltre di esprimere un parere contrario sull'emendamento Garavaglia 1.185, in quanto volto a prevedere un'ineleggibilità a vita per qualsiasi carica pubblica dei componenti delle giunte regionali a seguito della produzione di disavanzi di bilancio, nonché sull'emendamento Iacomino 1.193, in quanto volto a prevedere forme di ingerenza statale sull'autonomia amministrativa delle regioni. Propone infine l'espressione di un parere di nulla osta sui restanti emendamenti.

Jole SANTELLI (FI) dichiara il proprio voto contrario sulla proposta di parere del relatore.

Marco BOATO (Verdi) dichiara il proprio voto favorevole sulla proposta di parere del relatore.
Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato 1).

DL 36/2007: disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.
C. 2567 Governo.
(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Riccardo MARONE (Ulivo), presidente, sostituendo il relatore, illustra il provvedimento


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in esame, rilevando che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» che rispettivamente le lettere g) ed l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione riservano alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Non rilevando motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, propone l'espressione di un parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Disposizioni in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice, del lavoratore, nonché del prestatore d'opera.
Nuovo testo C. 1538 Nicchi.
(Parere alla XI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Riccardo MARONE (Ulivo), presidente, sostituendo il relatore, illustra il provvedimento in esame, rilevando che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alla materia «ordinamento civile», che la lettera l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Non rilevando motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, propone l'espressione di un parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

La seduta termina alle 12.25.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 8 maggio 2007 - Presidenza del presidente Riccardo MARONE.

La seduta comincia alle 14.15

DL 23/2007: Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario
C. 2534-A Governo
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione - Parere).

Riccardo MARONE (Ulivo), presidente e relatore, propone l'espressione di un parere di nulla osta sugli emendamenti della Commissione 1-bis.0.100 e Tit. 1, nonché sui subemendamenti Giudice 1-bis.0.100.1, 1-bis.0.100.2, 1-bis.0.100.3, 1-bis.0.100.4, 1-bis.0.100.5, 1-bis.0.100.6, 1-bis.0.100.7, 1-bis.0.100.8, 1-bis.0.100.9 e 1-bis.0.100.10.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.20.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Procedura per la modifica degli statuti delle regioni a statuto speciale (seguito esame C. 203 cost. Zeller, C. 980 cost. Bressa, C. 1241 cost. Boato, C. 1601 cost. Consiglio regionale Valle d'Aosta, C. 1606 cost. Biancofiore e C. 1672 cost. Maran - Rel. Marone e Boscetto).