Commissione parlamentare per le questioni regionali - Mercoledì 16 maggio 2007


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ALLEGATO 1

Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e disciplina dall'avvio dell'attività di impresa. S. 1532 Capezzone, approvato dalla Camera.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
esaminato il testo del disegno di legge S. 1532 Capezzone ed altri, approvato dalla Camera ed in corso di esame presso la 10a Commissione Industria, commercio e turismo del Senato, recante «Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e disciplina dell'avvio dell'attività di impresa», su cui si era già espressa la Commissione parlamentare per le questioni regionali con parere reso, in data 17 gennaio 2007, alla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera;
considerato che il testo proposto reca disposizioni, aventi ad oggetto il procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive e la dichiarazione unica per l'immediata realizzazione degli impianti produttivi, volte a conseguire una semplificazione dei procedimenti di competenza dello sportello unico, ad abbreviare i relativi termini ed ad ampliare il ricorso all'autocertificazione ed alla dichiarazione di inizio attività;
rilevato che l'articolato contempla previsioni, quali ad esempio le disposizioni di cui all'articolo 6, primo e quarto comma, in tema di controlli sulle attività produttive, atte a promuovere forme di coordinamento, di collaborazione ed intese con il sistema delle regioni e delle autonomie territoriali in un ambito di materie in cui la riforma del Titolo V della Costituzione, e principalmente la formulazione dell'articolo 117, esclude una competenza piena dello Stato;
considerato che l'articolo 1, primo comma, statuisce che «Le disposizioni della presente legge costituiscono livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;
evidenziato che la Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 383/2005 e n. 285/2005, sostiene che «il potere di predeterminare eventualmente, sulla base di apposite disposizioni di legge, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, non può trasformarsi nella pretesa dello Stato di disciplinare e gestire direttamente queste materie, escludendo o riducendo radicalmente il ruolo delle Regioni. In ogni caso, tale titolo di legittimazione può essere invocato solo in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa nazionale definisca il livello essenziale di erogazione, mentre esso non è utilizzabile al fine di individuare il fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali.»;
preso atto che l'articolo 8 del testo in esame stabilisce che «La presente legge si applica nei limiti e compatibilmente con il rispetto delle competenze riconosciute alle regioni e agli enti locali ai sensi del titolo V della parte seconda della Costituzione», in conformità alla condizione formulata dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali nel menzionato parere reso in data 17 gennaio 2007;
considerato che le disposizioni recate dal provvedimento appaiono assumere i


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connotati di norme cedevoli rispetto ad un successivo intervento normativo delle autonomie territoriali costituzionalmente competenti in materia;
rilevato che il sesto comma dell'articolo 3 dispone l'abrogazione dei commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, i quali prescrivono, nell'ambito del procedimento svolgentesi in conferenza di servizi, il rinvio della decisione finale alla Conferenza Stato-regioni ovvero alla Conferenza Unificata nei casi di dissenso tra un'amministrazione statale ed una regionale o locale ovvero tra più amministrazioni regionali o tra più enti locali in relazione a materie di competenza delle regioni e delle province autonome;
rilevato altresì che la disposizione proposta ai sensi del suddetto sesto comma dell'articolo 3 regola pertanto, in esito alla menzionata abrogazione, la sola fattispecie del rinvio della decisione al Consiglio dei ministri ovvero ai competenti organi collegiali esecutivi degli enti territoriali con esclusivo riferimento a dissensi vertenti su interessi sensibili (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute e della pubblica incolumità);
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:
valuti la Commissione di merito l'opportunità di sopprimere il comma 6 dell'articolo 3, affinché non si proceda all'abrogazione dei commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero di estendere la previsione di cui al predetto comma 6 ad ogni caso di dissenso emerso in Conferenza di servizi e non soltanto alle ipotesi ivi contemplate relative alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità.


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ALLEGATO 2

Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali. S. 772 Governo.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
esaminato il testo del disegno di legge C. 772 Governo, in corso di esame presso la 1a Commissione Affari costituzionali del Senato, recante «Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali»;
rilevato che il provvedimento delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti ad operare un riordino della normativa nazionale che disciplina l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali, nel cui ambito sarà, in particolare, assegnato un ruolo centrale alle procedure competitive ad evidenza pubblica di scelta del gestore; che conferisce altresì una seconda delega al Governo con la quale si demanda l'adozione di norme finalizzate alla tutela degli utenti dei servizi pubblici locali;
considerate le finalità complessive perseguite dal testo in esame, tese a favorire, come statuisce l'articolo 1, la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale di rilevanza economica in ambito locale; a garantire il diritto degli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni; ad assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione;
considerata l'impostazione di fondo dell'articolato, volto a dare impulso al processo di riforma dei servizi pubblici locali, improntando la relativa disciplina al principio del generale ricorso a procedure competitive ad evidenza pubblica per l'affidamento delle nuove gestioni e per il rinnovo delle gestioni in essere dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, rendendosi pertanto eccezionali forme diverse di affidamento dei servizi pubblici locali (quali quelle cosiddette «in house»), ove il ricorso a tali soluzioni sia motivatamente imposto da specifiche situazioni di mercato;
rilevato che la disciplina dei servizi pubblici locali, in quanto attinente al rapporto tra mercato e rilevanza pubblica dei servizi, rientra nella materia della tutela della concorrenza, compresa tra quelle di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e ciò anche al fine di conseguire obiettivi di superamento degli assetti monopolistici e l'introduzione di regole di concorrenzialità nella gestione dei servizi di trasporto regionale e locale;
considerata la sentenza 272/2004 della Corte Costituzionale, secondo cui la tutela della concorrenza «non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali»; conseguentemente l'ambito di applicazione della materia in oggetto non si limiterebbe ai profili strettamente attinenti


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alla tutela della concorrenza, ma ricomprenderebbe anche quelli indirizzati a promuovere un mercato aperto ed in libera concorrenza;
evidenziato altresì quanto statuito dalla Corte nella predetta sentenza, secondo cui non appaiono censurabili le previsioni di legge statale che garantiscano, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza, quali quelle relative al regime delle gare o alle modalità di gestione e conferimento dei servizi, nonché alla individuazione del regime transitorio che stabilisce i casi di cessazione delle concessioni già assentite in relazione all'effettuazione di procedure ad evidenza pubblica, mentre sarebbero invece lesive delle competenze delle autonomie territoriali quelle previsioni che regolassero dettagliatamente e con tecnica autoapplicativa i diversi criteri in base ai quali la gara viene aggiudicata;
considerato che l'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, attribuisce allo Stato la legislazione sulle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, tra le quali rientra quella della disciplina generale dei servizi pubblici;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:
valuti la Commissione di merito l'opportunità di precisare che le disposizioni recate dal testo in esame non possano comprimere in alcun modo le prerogative costituzionali riconosciute alle autonomie territoriali, atteso che l'obiettivo della tutela della concorrenza, pur di competenza esclusiva dello Stato, è conseguibile anche mediante opportune scelte legislative regionali, tali da trasporre in interventi normativi delle autonomie territoriali gli indirizzi di principio della normativa nazionale.