VIII Commissione - Mercoledì 30 maggio 2007


Pag. 71


ALLEGATO

Indagine conoscitiva sull'industria del riciclo.

PROPOSTA DI DOCUMENTO CONCLUSIVO

1. Premessa.

L'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della VIII Commissione, nella riunione del 21 settembre 2006, ha concordato sull'opportunità di svolgere un'indagine conoscitiva sull'industria del riciclo, cioè sui processi produttivi di lavorazione di rifiuti, cascami, e rottami selezionati o non selezionati per la loro trasformazione in materie prime secondarie idonee al reimpiego in altri processi produttivi.
Acquisita, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento, l'intesa con il Presidente della Camera, l'indagine conoscitiva è stata quindi deliberata dalla Commissione nella seduta del 27 settembre 2006 ed è stato fissato al 31 gennaio 2007 il termine per la sua conclusione. Tale termine è stato successivamente prorogato al 31 maggio 2007.
La decisione di procedere allo svolgimento dell'indagine conoscitiva segnala, anzitutto, la scelta della Commissione di un metodo di lavoro parlamentare fondato sull'apertura ai soggetti esterni e sulla conoscenza il più possibile esatta dei dati, per una migliore comprensione dei fenomeni economico-sociali e per una conseguente definizione delle strategie di intervento legislativo.
Quanto ai fenomeni indagati, l'indagine ha preso le mosse dalla consapevolezza dell'importanza crescente dell'industria del riciclo in Italia e in Europa, ma, anche, della persistenza di un'Italia - per così dire - «a più velocità», con un Nord dove la raccolta differenziata è quasi il doppio del Centro e ben quattro volte il Sud.
Inoltre, la Commissione ha ritenuto opportuno approfondire, insieme alle tematiche economiche e territoriali dell'industria del riciclo, quelle altrettanto importanti relative al suo ruolo nelle politiche ambientali e nelle politiche energetiche, per il notevole contributo che da essa può venire in termini di minor prelievo di risorse naturali e di riduzione delle emissioni di gas serra.
Infine, la Commissione ha giudicato importante poter fare il punto sul quadro normativo di riferimento, anche in vista dell'impegno relativo alla discussione e all'esame in sede parlamentare del provvedimento correttivo del cosiddetto «codice ambientale» (schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 152 del 2006).
Tenuto conto di tali finalità complessive, l'indagine si è concretamente avviata il 19 ottobre 2006 con l'audizione dei rappresentanti del CONAI ed il 26 ottobre dei rappresentanti di Confservizi.
Si sono poi svolte le audizioni dei rappresentanti dei seguenti consorzi di filiera: rappresentanti del COREPLA, nella seduta del 5 dicembre 2006; rappresentanti del Comieco, nella seduta del 17 gennaio 2007; rappresentanti del Polieco, nella seduta del 24 gennaio 2007; rappresentanti del Co.Re.Ve., nella seduta del 14 febbraio 2007.
Il 20 febbraio 2007 ha avuto luogo l'audizione di rappresentanti di Confindustria e delle associazioni di imprese aderenti (ANIE, Assomet, Assovetro, ANFIA, Federlegno, FISE, Federchimica).


Pag. 72


Successivamente, nella seduta del 21 marzo 2007 si è svolta l'audizione dei rappresentanti di Fise Unire e delle associazioni di recupero rappresentate (Assoraee, Unire, Assorimap, AIRA e SARA, ANPAR).
Le audizioni di rappresentanti del Consorzio italiano compostatori e del CIAL hanno, quindi, avuto luogo nella seduta del 4 aprile 2007; quella di rappresentanti dei Sistemi collettivi istituiti per la gestione dei RAEE, nella seduta del 18 aprile 2007. Nella stessa seduta del 18 aprile 2007, sono stati auditi inoltre i rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dell'UPI e dell'ANCI.
Il ciclo di audizioni si è infine concluso con l'audizione di rappresentanti del COBAT, nella seduta del 10 maggio 2007.

2. Gli obiettivi dell'indagine conoscitiva.

Quanto agli obiettivi specifici dell'indagine, è opportuno ricordare che la Commissione è partita dall'esigenza di verificare - colmando un deficit di iniziativa già segnalato da molti nella passata legislatura - lo stato di salute dell'industria del riciclo e, più in generale, fissare l'attenzione delle istituzioni parlamentari e della pubblica opinione sui punti di forza e sulle criticità del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti nel Paese, così come si è sviluppato in seguito all'entrata in vigore del decreto legislativo 22/97 (il cosiddetto «Decreto Ronchi») e del successivo decreto legislativo 152/2006.
Come tutti i sistemi integrati «pubblico-privati», esso esige, infatti - pena il rischio di un allentamento della tensione nel perseguimento degli obiettivi - una periodica revisione e un attento monitoraggio delle attività svolte e dei risultati ottenuti da ciascuno dei protagonisti.
Inoltre, la Commissione ha voluto verificare e porre in evidenza il dato positivo di un sistema, oggetto di interesse e di discussione anche in ambito internazionale, che va valorizzato nelle delle sue potenzialità espansive.
Da questo punto di vista, anzi, l'indagine conoscitiva svolta costituisce un contributo per una consapevolezza nuova: ci sono, infatti, molti settori e molti campi - e l'industria del riciclo è uno di questi - dove è giusto sostenere un'idea positiva dell'Italia, opposta a quella che spesso anche gli stessi addetti ai lavori sono portati ad alimentare, e che reca con sé il rischio grave della sfiducia e della deresponsabilizzazione.
Dunque, l'indagine parlamentare come occasione e strumento per evidenziare le positività di un sistema, certo attraversato da problemi e criticità, talvolta acuti come quelli relativi agli squilibri territoriali o alle aree «commissariate», ma che tuttavia riflette un Paese forte di risorse, di idee, di comportamenti positivi, capace di reggere il confronto e di vincere la sfida del rapporto con i partner internazionali.
In questa direzione, l'indagine si è posta il compito di consentire:
a) una valutazione aggiornata dei dati di crescita, anche dal punto di vista territoriale, dell'attività di riciclo dei rifiuti da imballaggio e di alcune particolari categorie (olii usati, batterie esauste,ecc) nel nostro Paese e della sua capacità di porsi come modello gestionale oltre che produttivo;
b) un approfondimento degli aspetti tecnologici legati all'attività di riciclo dei rifiuti ed una verifica dell'esistenza di tecnologie innovative che possano migliorarne i livelli di crescita;
c) una valutazione del contributo che lo sviluppo dell'industria del riciclo può dare al rafforzamento delle politiche ambientali, anche ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto;
d) una verifica di come le autonomie locali si stanno attrezzando per raggiungere gli obiettivi di riciclo fissati dalla normativa europea;
e) una prospettazione delle eventuali strategie e delle ipotesi operative adeguate al fine di consentire il consolidamento dei risultati raggiunti e il rafforzamento dell'industria


Pag. 73

del riciclo nei settori e nelle aree territoriali in cui si presentano squilibri e inefficienze;
f) un approfondimento del quadro normativo di riferimento e una valutazione dell'opportunità di anticipare alcune soluzioni migliorative, eventualmente anche in occasione dell'esame e della discussione in ambito parlamentare del provvedimento correttivo della cosiddetta «delega ambientale».

3. Principali elementi emersi nel corso dell'indagine conoscitiva.

Nel corso dell'indagine sono emersi numerosi spunti di riflessione ed elementi di conoscenza, che hanno fornito alla Commissione un significativo quadro d'insieme della situazione, sicuramente utile all'individuazione di adeguate soluzioni.
Per tali ragioni, nel rinviare per il dettaglio ai resoconti delle audizioni effettuate, si riportano di seguito le principali questioni analizzate, articolate in una descrizione dei punti di forza del sistema, in una disamina delle principali criticità e, infine, in una illustrazione delle possibili soluzioni.

3.1. I punti di forza.

Un primo elemento che quasi tutte le audizioni hanno evidenziato - e che rappresenta la conferma di una impressione già presente alla Commissione prima dell'avvio dell'indagine - è il buono stato di salute dell'industria del riciclo nelle sue varie articolazioni, come risultante sulla base dei principali dati forniti.
Oltre al dato di un'industria del riciclo capace di crescere molto più dell'industria italiana nel suo insieme - con un indice del più 5 per cento nel periodo 2000-2004, contro più 3,8 per cento nello stesso periodo per l'industria nel suo complesso - l'indagine ha evidenziato che, negli ultimi 10 anni, accanto al tradizionale comparto del recupero e riciclo di rottami metallici sono comparse opportunità del tutto nuove e importanti in settori come quello delle materie plastiche, del legno, degli olii e delle batterie, mentre hanno preso nuovo e significativo slancio quelli della carta e del vetro.
In particolare il riciclo dei rifiuti da imballaggio (insieme ad alcune categorie di materiali come gli olii usati e le batterie esauste) ha conosciuto un significativo sviluppo dopo l'approvazione del decreto legislativo 22/97.
Un dato tra i tanti: tra il 1998 ed il 2006 a fronte di un incremento del 31 per cento dell'intero settore industriale del riciclo (rottami ferrosi ed inerti compresi), il riciclo dei rifiuti da imballaggio ha conosciuto un incremento del 98 per cento.
Nel 2006, infatti, con il 55,5 per cento di riciclo, pari a 6,8 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggi (erano 3 nel 1998), ed il 66 per cento di recupero complessivo, pari a 8.080.000 tonnellate (erano 3,6 nel 1998), sono stati raggiunti e superati gli obiettivi stabiliti dai legislatori europei e nazionali per il 2006, mentre gli obiettivi specifici relativi ai singoli settori ed a tutti i materiali (carta, plastica, vetro, legno, acciaio e alluminio) dovrebbero essere agevolmente superati entro il 2008.
Gli stessi dati presentati nel corso delle audizioni dai rappresentanti dei diversi consorzi di filiera hanno confermato questo quadro, fermo restando che può essere sicuramente ancora incrementata la capacità della nostra industria di riutilizzo dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata.
Solo per fare qualche esempio, dalla nascita nel 1997 del consorzio Co.Re.Ve., la quantità di rottami di vetro riciclati in Italia è cresciuta in media del 9,5 per cento l'anno, contro un aumento medio precedente del 3,4 per cento: solo nel 2006, le aziende vetrarie, le quali hanno riciclato complessivamente 1 milione 830 mila tonnellate di rifiuti di vetro, hanno incrementato di 150 mila tonnellate la quantità di vetro proveniente dalla raccolta nazionale (più 10 per cento rispetto al 2005). Il COREPLA, a sua volta, nel


Pag. 74

sottolineare di concentrare la propria attività sui rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata, dei quali non c'era un utilizzo economico prima del decreto Ronchi, ha evidenziato che dal 1997 c'è stato un aumento di oltre il doppio delle quantità di rifiuti plastici destinate al recupero e al riciclo. Nel settore cartario, poi, l'aumento della raccolta e conseguentemente del recupero ha fatto sì che l'Italia si trasformasse da Paese importatore a Paese esportatore di carta da macero. Il riciclo degli imballaggi in carta, che nel 1998 ammontava al 37 per cento, con 1 milione di tonnellate di carta raccolte nelle nostre città, è stato nel 2005 del 66 per cento, con 2 milioni e 265 mila tonnellate di carta raccolte.
È indubbio che questi risultati positivi sono stati resi possibili da almeno tre principali fattori:
1) il significativo aumento della raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggi, che nel 2006 ha superato i 3,3 milioni di tonnellate rispetto al milione del 1998 e che ha dato un contributo decisivo per passare dall'11 per cento del 1998 al 25,2 per cento del 2006;
2) il corretto impianto normativo, che, una volta definiti criteri generali e obiettivi di recupero e riciclo, ha lasciato all'autonomia dei soggetti pubblici e privati coinvolti - ANCI e CONAI in primo luogo - la definizione del concreto quadro operativo per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, coerentemente al principio della responsabilità condivisa;
3) le concrete scelte operate dai soggetti coinvolti, come per esempio la decisione del CONAI di collocare il prelievo del contributo ambientale alla «prima cessione» del materiale, vale a dire nel momento nel quale l'imballaggio finito passa da un produttore di materia prima ad un «autoproduttore». Un meccanismo che ha contribuito in maniera decisiva a ridurre al minimo l'evasione da parte delle aziende (probabilmente la più bassa in Europa) e a fare del CONAI una delle più grandi realtà consortili in Europa, con oltre 1.400.000 aziende iscritte.

All'interno di questa generale cornice positiva delineata dall'indagine, alcuni elementi specifici meritano di essere meglio analizzati.
Ad esempio, l'indagine ha posto in rilievo l'indubbia crescita della capacità dell'industria del riciclo italiana nel suo insieme di fornire, ad una porzione importante del sistema industriale del Paese, le cosiddette «materie prime secondarie» - ottenute dalle attività di riciclo - che sempre più costituiscono una indispensabile fonte di approvvigionamento.
Così, nell'industria metallurgica, l'impiego di rottami e la produzione di metalli secondari è cresciuta e si è ben consolidata nell'ultimo decennio, tanto che oggi l'Italia presenta, sia per l'acciaio sia per l'alluminio, una forte produzione secondaria. Significativo il caso delle 200.000 tonnellate di batterie raccolte ogni anno dal Cobat, il cui piombo recuperato rappresenta oltre il 50 per cento della produzione italiana di piombo nonché circa il 40 per cento del fabbisogno nazionale di tale metallo.
Per quanto riguarda in particolare il riciclo degli imballaggi è stato ampiamente sottolineato come non si sia trattato solamente di un incremento «quantitativo»: esso ha infatti favorito una forte innovazione tecnologica, di prodotto e di processo, che ha permesso ad alcuni settori di porre il nostro Paese all'avanguardia in Europa. Basti pensare per esempio che oggi l'industria dei pannelli di legno che utilizza legno riciclato è la più importante in Europa o agli indubbi progressi registrati dall'industria di riciclo del vetro o delle stesse materie plastiche, successi che hanno peraltro permesso una marcata riduzione dell'incidenza delle importazioni delle materie prime.
Nel corso dell'indagine conoscitiva, inoltre, tutti i soggetti auditi hanno affermato che l'industria del riciclo ha già oggi le potenzialità per assorbire un eventuale aumento di materiali provenienti dal rafforzamento e dalla diffusione su tutto il territorio nazionale di più elevati livelli di raccolta differenziata.
Infine, l'indagine ha confermato l'importanza del contributo che l'industria del


Pag. 75

riciclo italiana può apportare, in una prospettiva di sostenibilità, alle politiche ambientali ed energetiche del Paese, anche ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto.
Senza entrare nel dettaglio dei singoli settori, vale almeno la pena ricordare i progressi ottenuti, ad esempio, nel settore del riciclo dei rifiuti industriali, nelle attività di recupero e di riutilizzo dei materiali inerti e dei rottami metallici provenienti dagli impianti di «autodemolizione» o, ancora, nelle attività di recupero delle batterie esauste e dell'alluminio secondario.
Vale inoltre la pena di segnalare che - secondo il Rapporto Rifiuti 2006, curato dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e l'Osservatorio nazionale sui rifiuti (ONR) - la raccolta differenziata dei rifiuti urbani riguardava ormai, alla fine del 2005, 7 milioni e 700 mila tonnellate di materiali e che la raccolta differenziata, dove è stata avviata, ha finalmente offerto un'alternativa credibile e positiva allo smaltimento in discarica: rispetto al 1998 i materiali avviati in discarica sono diminuiti del 42 per cento. Nonostante lo smaltimento in discarica continui ad essere uno dei punti più critici del sistema italiano, resta il fatto che oggi in discarica finiscono annualmente poco più di 4 milioni di tonnellate, a fronte degli oltre 7 milioni del 1998 e a fronte di un significativo aumento del volume della produzione dei rifiuti nel loro complesso.
Esiste, quindi, ed è il più visibile e immediato, un primo beneficio ambientale rappresentato dalla concreta riduzione di un'enorme quantità di rifiuti che, se non avviati al riciclo, avrebbero dovuto trovare una localizzazione per il deposito e lo smaltimento in discarica, con annessi problemi ambientali e sociali.
Il consorzio Comieco stima, ad esempio, che il riciclo della carta e del cartone raccolti dal 1998 ad oggi, circa 13 milioni di tonnellate, ha evitato la formazione di svariate decine di discariche.
Ma il riciclo e il reimpiego industriale dei materiali producono, come ulteriori benefici ambientali, una riduzione netta dell'estrazione di risorse non rinnovabili, come l'alluminio, e di risorse rinnovabili, come il legno, nonché una rilevante riduzione dei consumi energetici e delle emissioni atmosferiche, connessi ai processi produttivi sostituiti.
L'impiego di materiale riciclato in sostituzione di materia prima vergine consente risparmi energetici che vanno dal 95 per cento, nel caso di utilizzo di alluminio secondario, ad un 50 per cento nel caso di impiego di plastica riciclata.
Per dare un'idea dell'importanza del risparmio energetico ottenuto grazie al riciclo, e quindi alla sostituzione della materia prima vergine con la materia prima secondaria, basti pensare che, secondo il CIAL, con le 655 mila tonnellate di alluminio riciclate nel 2006, si è risparmiata energia per 2 milioni e 800 mila TEP (Tonnellate di Equivalente Petrolio). E, ancora, che secondo Co.Re.Ve. il riciclo di 1 milione e 830 mila tonnellate di vetro ha consentito, sempre nel 2006, un risparmio di energia per 1 milione e 470 mila TEP e un risparmio di anidride carbonica emessa nell'atmosfera per 542 mila tonnellate, pari al consumo annuale di 330 mila automobili di tipo EURO4.
Secondo il CONAI, applicando i parametri utilizzati a livello Europeo per la quantificazione della riduzione di CO2 derivante dalle attività di riciclo degli imballaggi, si può calcolare che gli 8 milioni di tonnellate di imballaggi recuperati in Italia nel 2006 hanno consentito di ridurre di circa 5 milioni di tonnellate l'emissioni annue di CO2. Ove queste fossero conteggiate negli obiettivi di Kyoto, contribuirebbero, sempre secondo il CONAI, per il 5 per cento al raggiungimento dell'obiettivo nazionale annuo di riduzione di CO2. Dieci anni di attività del sistema CONAI hanno portato ad un risparmio di 33 milioni di tonnellate di emissioni di CO2.
In conclusione, quello che l'indagine conoscitiva ci consegna è la fotografia di un settore industriale in buona salute, con prospettive di ulteriore crescita e con punte produttive di eccellenza, che è parte


Pag. 76

essenziale di un sistema integrato «pubblico-privato» di gestione del ciclo dei rifiuti al quale si guarda con interesse e attenzione anche in ambito internazionale.
Sotto questo doppio profilo, interno ed internazionale, il lavoro di analisi e di approfondimento delle questioni portato avanti con l'indagine conoscitiva può e deve tradursi, oltre che in maggiore conoscenza e maggiore sensibilità in tutti gli attori del sistema, in scelte e decisioni politiche chiare.
Sul versante interno, in politiche capaci davvero di cogliere la grande opportunità che il riciclo rappresenta per il sistema Italia e di fare dell'industria del riciclo una grande leva competitiva e tecnologica per il nostro Paese.
Sul versante esterno, in un'azione più «offensiva» del nostro Paese sul piano delle relazioni internazionali, che sia in grado di valorizzare adeguatamente, dal punto di vista sia istituzionale che economico, quanto di buono è stato fatto.
È evidente a chiunque quanto il contesto internazionale sia oggi sempre più determinante per lo sviluppo dei singoli Paesi: verificare e porre all'attenzione dell'opinione pubblica e dei partner internazionali i punti di forza del sistema italiano di gestione del ciclo dei rifiuti è, dunque, un contributo alla credibilità, allo sviluppo, alla crescita economica e civile del Paese.

3.2. Le criticità esistenti.

Come indicato nel programma dell'indagine, la Commissione ha inteso il proprio lavoro istruttorio anche come un'occasione importante per fare il punto sulle criticità del sistema.
La prima di queste criticità è la questione territoriale, ben rappresentata dall'espressione «un'Italia a più velocità», con un Nord che raccoglie (e conseguentemente in proporzione ricicla) quasi il doppio del Centro e quattro volte il Sud.
Nel corso dell'indagine conoscitiva la questione degli squilibri territoriali è stata posta da tutti i soggetti auditi, sia istituzionali che economici, e da tutti è stato riconosciuto come il «grande punto dolente» sia costituito da un Sud che è in clamoroso ritardo rispetto al Nord, che presenta standard di raccolta differenziata, e quindi un'industria del riciclo, a livelli di eccellenza europea.
Sotto questo profilo, l'indagine conoscitiva ha fatto emergere dati inequivoci, ma accanto a questi dati - va detto con chiarezza - ha fornito risposte articolate e qualche volta divaricate sia sulle cause sia sulle soluzioni necessarie per invertire la rotta e colmare progressivamente la distanza, inaccettabile, fra le diverse aree del Paese.
Riguardo ai dati, basta citarne alcuni, in via esemplificativa. Secondo i rappresentanti del COREPLA, il 73 per cento dei rifiuti in plastica raccolti ed avviati al riciclo proviene dal Nord, contro il 15 per cento del Centro ed il 12 per cento del Sud; al Nord l'indice della raccolta pro capite è di 10,1 chilogrammi per abitante, al Centro è di 3,8 ed al Sud di 2,1.
Analogamente, occorre ricordare che la maggiore diffusione di impianti industriali di riciclo al Nord è conseguente soprattutto alla più ampia disponibilità di materiale da riciclo; per il Comieco, ad esempio, ad un indice di raccolta pro capite di carta e cartone che va dagli 80 chilogrammi per abitante al Nord ai 20 chilogrammi al Sud fa da raffronto il dato di 38 stabilimenti produttivi al Nord e di 8 al Sud.
Per il settore vetro, poi, secondo quanto riferito dal Co.Re.Ve., la differenza sostanziale, fra un Nord che raccoglie e ricicla il 64 per cento dei rottami di vetro, un Centro che ne ricicla il 19 per cento ed un Sud che ne ricicla solo il 17 per cento, sta nel fatto che, mentre al Nord la raccolta è ormai molto matura, nel Mezzogiorno ci sono alcune aree interessanti, ma la raccolta non è ancora effettuata in maniera sistematica.
Va peraltro segnalato che alcuni soggetti auditi hanno anche messo in evidenza che talora, pure quando sembrano sussistere condizioni oggettivamente positive, si presentano problemi esterni che rischiano


Pag. 77

di condizionare comunque i dati positivi. Ad esempio, una denuncia di Polieco, relativa alle difficoltà incontrate da uno stabilimento di riciclo di rifiuti in polietilene situato in Basilicata, è giunta a ipotizzare un utilizzo a fini speculativi, da parte dei possessori, dei teli usati in agricoltura nelle coltivazioni in serra per le operazioni di solarizzazione o di pacciamatura.
Se, dunque, sul dato negativo di un clamoroso ed inaccettabile ritardo del Mezzogiorno c'è stato consenso unanime, più articolata è apparsa l'indicazione, da parte dei soggetti auditi, delle cause di tale ritardo e la prospettazione delle possibili soluzioni.
Sostanzialmente, l'intero ciclo delle audizioni è stato attraversato da una «linea di faglia» che ha visto su posizioni abbastanza differenziate i due maggiori protagonisti della vicenda, da una parte il sistema consortile e dall'altra il sistema delle autonomie locali.
Il primo, il sistema consortile, sia pure riconoscendo i margini esistenti per un ampliamento della propria iniziativa nel Mezzogiorno, ha sostanzialmente indicato come causa principale dei gravi squilibri territoriali la mancanza o la debolezza, nel Sud del Paese, di una volontà politica che voglia muoversi chiaramente nella direzione della raccolta differenziata, che garantisca un flusso di materiale da riciclare significativo per le quantità e costante nel tempo.
Il secondo, il sistema delle autonomie locali, pur senza negare l'esistenza di tale questione, ha puntato invece l'accento sul progressivo «rilassamento» del sistema consortile, forte anche dei risultati raggiunti in questi ultimi dieci anni, per quanto riguarda la necessità di colmare la distanza fra Mezzogiorno e il resto del Paese e, più in generale, sul suo progressivo presunto distacco rispetto alla tenuta complessiva, anche sul piano finanziario, del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti.
Si tratta di differenti impostazioni, che certo non vanno enfatizzate: alla Commissione pare, anzi, opportuno segnalare la volontà più volte espressa dai soggetti auditi di voler operare insieme e segnalare i numerosi progetti comuni già avviati per la promozione della raccolta differenziata al Sud.
Resta in ogni caso utile sottolineare, a beneficio di tutti gli attori del sistema (perché la Commissione lo ritiene un punto determinante), il richiamo a non allentare la tensione per aver centrato, peraltro in anticipo sulla scadenza del 2008, gli obiettivi europei di riciclo.
Peraltro, il dato oggettivo che parte consistente di questo risultato si fondi sul rafforzamento della raccolta presso gli stabilimenti industriali significa, in primo luogo, che l'incremento delle attività di raccolta differenziata in ambito urbano ha avuto un importante effetto di «trascinamento» sul sistema industriale e, in secondo luogo, che esistono ancora significativi margini di miglioramento per la stessa raccolta urbana, che vanno colti e implementati. Questo dato dice al sistema consortile e al sistema delle autonomie locali che si può fare ancora molto per una rinnovata crescita economica dell'industria del riciclo e per la piena affermazione, su tutto il territorio nazionale, di una cultura del riciclo che è anche crescita sociale e civile del Paese.
È chiaro che la riflessione su questi argomenti ha toccato, nel corso dell'indagine, anche questioni di maggior dettaglio: quella dell'efficienza su tutto il territorio nazionale delle strutture amministrative o delle aziende (prima municipalizzate, ora società di capitali) che svolgono il servizio di raccolta dei rifiuti; quella del dimensionamento di tali strutture e aziende, da perseguire anzitutto con lo strumento dell'associazionismo fra enti locali; quella del ruolo del sistema consortile rispetto alle compatibilità complessive del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti, in termini di investimenti in risorse finanziarie, strutture e assistenza tecnica, nonché di raccordo nei confronti dei singoli consorzi di filiera.
Inoltre, all'interno di una generale questione degli strumenti di una governance pubblica del settore adeguata alla dimensione dei problemi da affrontare, il sistema delle autonomie locali nelle sue


Pag. 78

varie articolazioni ha anche posto l'accento sull'esigenza di una complessiva ricalibratura degli assetti e dei rapporti fra le istituzioni coinvolte ai vari livelli: ad esempio, comuni, province e regioni hanno segnalato insieme l'esigenza di poter esprimere il proprio punto di vista sul ruolo e sull'attività dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti e, con una sottolineatura particolare da parte dei rappresentanti dei comuni, sulla necessità che tutto il sistema di gestione venga riorientato secondo il principio che l'organizzazione e le attività devono situarsi il più possibile vicino ai cittadini.
La Commissione ha, poi, affrontato specifiche questioni problematiche che riguardano singoli settori di interesse. Tra questi, l'attenzione è stata rivolta a un settore di recente organizzazione, quello dei rifiuti derivanti dalle apparecchiature elettriche ed elettroniche (i cosiddetti RAEE), il cui sistema imprenditoriale si sta organizzando (anche autonomamente), ma che richiede una decisa accelerazione, con la definitiva adozione dei relativi provvedimenti attuativi, secondo quanto raccomandato, peraltro, dalla stessa VIII Commissione con l'approvazione di un specifica risoluzione.
A chiusura di questa parte del documento, si segnalano, infine, due ulteriori elementi di criticità:
1) l'elevato grado di sviluppo nelle regioni settentrionali comporta inevitabilmente che ad esse vada la parte più rilevante del contributo ambientale, nonostante esso sia alimentato dalle risorse finanziarie provenienti da tutto il Paese. Il rafforzamento dell'attività di raccolta differenziata nel Mezzogiorno risulta quindi decisivo per sfruttare appieno - anche in quest'area del Paese - le potenzialità del contributo ambientale, sia come strumento che favorisce la condivisione delle responsabilità del sistema consortile e di quello delle autonomie, sia come meccanismo in grado di generare un maggior flusso di risorse. Tale contributo, infatti, è disponibile su tutto il territorio nazionale e ha un carattere potenzialmente illimitato, e, dunque, il miglioramento dei dati sulla raccolta differenziata - in qualsiasi area del Paese - si traduce in maggiori risorse disponibili;
2) l'attuale condizione di perdurante convenienza dello smaltimento in discarica rischia di impedire l'avvio di politiche integrate di gestione dei rifiuti efficaci ed efficienti, soprattutto in alcune aree del Paese; si tratta di una questione (richiamata, ad esempio, dai rappresentanti di Confservizi) che rende più difficile, per il sistema, il perseguimento di obiettivi di salute pubblica e tutela dell'ambiente.

In conclusione, a giudizio della Commissione, l'elemento attorno a cui ruota il rafforzamento del sistema di gestione del ciclo dei rifiuti, in particolare quello in ambito urbano, sembra essere oggi centrato sulla valorizzazione del rapporto collaborativi tra enti locali e consorzi. Tale cooperazione avrà inevitabilmente un punto di verifica molto importante in occasione del rinnovo della Convenzione nazionale ANCI-CONAI prevista nel 2008: tale rinnovato accordo tra le parti dovrà essere in grado di garantire le necessarie risorse economiche per il pieno decollo della raccolta differenziata in tutto il territorio nazionale, contribuendo a risolvere le problematiche sino ad oggi emerse, prima tra tutte quelle che hanno portato alla mancata sottoscrizione dell'accordo da parte del Co.Re.Ve. o del contenzioso tuttora aperto tra comuni e COREPLA.
Ed a proposito della Convenzione ANCI-CONAI, nell'ambito di un ampio riconoscimento del principio dell'autonomia delle parti, va peraltro ricordato che già oggi il sistema prevede dei meccanismi di garanzia per il raggiungimento degli obiettivi pubblici, tra i quali il potere sostitutivo del Ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, in caso di mancato accordo tra le parti.
Per tutti gli attori occorre, in ogni caso, che si affermi pienamente un metodo di lavoro comune e una cultura improntata, più che al rispetto delle competenze e alle procedure, alla realizzazione dei progetti e degli obiettivi prefissati.


Pag. 79

3.3. Le soluzioni possibili.

L'indagine conoscitiva, che ha confermato in pieno le aspettative e gli obiettivi sul piano della conoscenza dei fenomeni e della sensibilizzazione dell'opinione pubblica, avrà tuttavia successo se saprà determinare effettive conseguenze politiche, ovvero se l'attività conoscitiva svolta consentirà al Parlamento di adottare le soluzioni legislative necessarie ad aiutare in concreto il lavoro quotidiano di tutti i soggetti coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti. E la Commissione, nel porre a tutte le forze parlamentari di maggioranza e di opposizione questo obiettivo politico, insieme all'auspicio che sia possibile perseguirlo con il più ampio consenso possibile, intende riaffermare la propria convinzione che il sistema ha funzionato, dando alle imprese autonomia e opportunità di sviluppo, ai comuni risorse considerevoli e al Paese un buon modello organizzativo «pubblico/privato».
Quello che serve, dunque, è la valorizzazione del livello di eccellenza sviluppato dall'industria del riciclo e il sostegno al miglioramento dei dati nazionali complessivi sull'attività di raccolta, recupero e riciclaggio, anche al fine di una significativa crescita del livello di qualità dei servizi, a vantaggio di tutti i cittadini. Ciò può avvenire anche con un eventuale intervento in sede di esame del provvedimento correttivo della «delega ambientale» che, più che puntare a una messa in discussione dei principi che hanno determinato il successo di questi dieci anni, miri ad una sua inevitabile e necessaria «messa a punto», rafforzando - ove necessario - gli strumenti di controllo e di mediazione degli interessi in gioco.
Un intervento che, complessivamente, si dimostri capace di riaffermare, a dieci anni dall'avvio, la ragione profonda della gestione integrata del ciclo dei rifiuti, la quale ha senso per il Paese, oggi come ieri, se consente di misurare, alla fine del processo, concreti e complessivi vantaggi ambientali, civili e sociali, dentro i quali sono da considerare quelli economici.
Un intervento che consenta all'industria del riciclo e al complessivo sistema di gestione del ciclo dei rifiuti di dare un contributo decisivo affinché le classi dirigenti del Paese, da quella politica, ai vari livelli istituzionali, a quella economica e a quella culturale, con lo stimolo proveniente anche dal mondo dell'associazionismo, accettino fino in fondo quella che è una sfida centrale per il futuro dell'Italia: porre le politiche ambientali al centro delle complessive politiche economico-sociali del Paese.
Nello specifico le stesse audizioni hanno fatto emergere quelli che potrebbero essere considerati puntuali interventi di riforma del decreto legislativo n. 152 del 2006. Si segnalano, di seguito, quelli che riguardano i profili più significativi.
Con riferimento a quanto emerso in relazione all'Accordo ANCI-CONAI, andrebbe valutata con attenzione la possibilità di affinare, se necessario, il quadro degli strumenti esistenti, anche mediante l'eventuale individuazione di ulteriori sedi di composizione dei conflitti, quale - ad esempio - una sede di arbitrato pubblico tra le parti in caso di contenzioso, che possa esaltare la capacità di un soggetto istituzionale di fare emergere gli obiettivi di salvaguardia ambientale e tutela della salute pubblica.
Per i consorzi di recupero degli imballaggi e di determinati flussi di rifiuti (batterie esauste, olii minerali usati, e simili), vi è la forte preoccupazione - emersa nel corso delle audizioni - che un proliferare incontrollato di consorzi, motivato dalla legittima aspirazione a superare situazioni di monopolio, possa indebolire piuttosto che rafforzare il sistema, soprattutto nell'attuale forma, che non prevede criteri di effettiva rappresentatività dell'eventuale nuovo soggetto consortile e di necessaria estensione del recupero all'intera tipologia del materiale trattato. Questa preoccupazione si concentra essenzialmente su tre punti:
1) il rischio di un disimpegno dalle aree economicamente o ambientalmente più sfavorevoli, determinato dal prevalere di una logica di pura remuneratività (non


Pag. 80

potendosi, infatti, dimenticare che oggi il CONAI ed i consorzi di filiera esistenti - anche in base alla Convenzione nazionale sottoscritta con l'ANCI - garantisce la raccolta ed il recupero su tutto il territorio nazionale);
2) una frammentazione delle tipologie di rifiuti gestiti, individuati secondo la loro redditività;
3) un aumento dei costi di gestione determinato dal parallelo proliferare di strutture ed uffici.

Peraltro, va sottolineato come l'attuale previsione normativa non preveda esplicitamente che i produttori e gli utilizzatori organizzati in forma autonoma o diversamente «consorziati» debbano concorrere a conseguire gli obiettivi fissati dal Programma generale del CONAI e coerentemente alla normativa europea.
Si tratta in sostanza di ricercare, ove possibile, un diverso equilibrio tra quanto previsto a suo tempo dal decreto legislativo n. 22 del 1997 (che all'articolo 40 prevede che «i produttori (...) costituiscono un Consorzio per ciascuna tipologia di materiale») e il decreto legislativo n. 152 del 2006 (secondo l'articolo 224, «i produttori (...) costituiscono uno o più consorzi per ciascun materiale di imballaggio operanti su tutto il territorio nazionale», e ancor prima all'articolo 221: «(...) anche in forma associata»), ferma restando naturalmente la possibilità di organizzare autonomamente la gestione dei propri rifiuti, attestando all'autorità pubblica competente l'effettivo recupero o riutilizzo, secondo quanto previsto dalla normativa.
Come sottolineato da più soggetti, peraltro, l'esistenza di un unico consorzio appare essenziale - in ogni caso - per il recupero di alcune specifiche tipologie, quali le batterie esauste e gli olii minerali usati, a causa dell'evidente specifico rischio di impatto ambientale negativo. Nel caso delle batterie esauste sembra, inoltre, opportuno valutare la possibile riconsiderazione della scelta compiuta dal decreto legislativo n. 152 del 2006, riattribuendo eventualmente al consorzio la determinazione del sovrapprezzo di vendita delle batterie.
Nel corso delle audizioni, talune perplessità sono state anche sollevate rispetto alle norme del decreto legislativo n. 152 che impongono ai consorzi di riscrivere i propri statuti sulla base di specifici schemi contenuti in appositi decreti ministeriali. Si tratta - si è sostenuto - di una scelta incomprensibile, tenuto conto del buon risultato degli statuti esistenti, per i quali è peraltro opportunamente prevista l'approvazione ministeriale, anche nel caso di loro successive modifiche.
Dubbi sono anche stati espressi circa le incompatibilità previste dal citato decreto legislativo relativamente alla partecipazione degli amministratori dei consorzi di filiera al Consiglio di Amministrazione del CONAI, tenuto conto che proprio questa partecipazione ha, nel recente passato, favorito il pieno coinvolgimento dell'intero sistema consortile nelle scelte.
Con riferimento alle questioni segnalate, la Commissione dovrà dunque valutare possibili interventi chiarificatori, che risulterebbero auspicabili, peraltro, anche in tema di trasmissione al CONAI dei dati sull'immesso al consumo e sul recuperato/riciclato/riutilizzato da parte dei recuperatori e riciclatori non aderenti ai consorzi di filiera.
C'è, poi, un punto specifico, che è stato solo accennato nel corso delle audizioni, ma che nel prossimo futuro potrebbe avere una sua rilevanza per l'attività della Commissione: sempre più spesso, anche per quei Paesi che stanno conoscendo nel mondo un impetuoso sviluppo economico e sociale ed una conseguente esplosione dei consumi di massa (Cina e India, in particolare), si sta ponendo il problema di individuare forme di gestione dei rifiuti più efficienti. Non è raro che quegli stessi Paesi si rivolgano all'Italia per acquisire esperienze e know-how: si veda ad esempio, l'esperienza di Comieco, che sta collaborando con le competenti autorità cinesi per ottenere un sistema che possa garantire la tracciabilità del macero esportato in Cina ai fini del riciclo con modalità


Pag. 81

analoghe a quelle previste dalla normativa europea di riferimento. Vi è, pertanto, la necessità di far sì che i modelli italiani di raccolta, riciclo e valorizzazione dei beni e prodotti del riciclo possano essere resi modelli esportabili. Si ravvisa, pertanto, l'esigenza di prevedere, anche attraverso un'adeguata revisione della normativa, misure e strumenti che mettano i consorzi, e in generale il comparto del riciclo, in grado di trasferire le proprie tecnologie, sia mediante l'attribuzione di specifiche competenze sia attraverso l'adeguato supporto da parte degli enti e delle autorità nazionali operanti sul piano internazionale.
Un ulteriore aspetto da verificare - secondo quanto prospettato da diversi soggetti auditi dalla Commissione - riguarda l'eventuale valorizzazione di quelle attività, connesse al ciclo di recupero dei materiali, che favoriscono il risparmio energetico e, in particolare, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Al riguardo, non sembra da escludere la possibilità che, a seguito di una verifica seria e analitica dei dati, si studi il possibile inserimento di tali attività virtuose all'interno dei parametri per il riconoscimento delle incentivazioni previste dalla normativa vigente per le fonti rinnovabili e, nello specifico, per l'eventuale emissione di «certificati bianchi».
Va, infine, sottolineato che, oltre agli interventi relativi al sistema consortile di recupero e riciclo dei rifiuti di imballaggio, nel corso delle audizioni è stata posta l'esigenza, che dovrà essere necessariamente valutata dalla Commissione, di ripensare il sistema più generale del recupero e delle materie prime secondarie, che il decreto legislativo n. 152 ha profondamente modificato rispetto alla precedente normativa e su cui è, a sua volta, intervenuto lo schema di decreto legislativo correttivo elaborato dal Governo. A questo proposito, è stata da alcuni correttamente sottolineata l'opportunità di porre molta attenzione alla proposta che la Commissione europea ha presentato al Parlamento Europeo ed al Consiglio per la nuova «direttiva quadro» in materia di rifiuti e su cui si sta sviluppando un confronto istituzionale estremamente importante.
Rispetto a tale ultima sollecitazione, al pari delle altre indicazioni richiamate, la Commissione è tenuta, dunque, a fornire le risposte più opportune, nella consapevolezza che il Parlamento costituisce il luogo in cui una grande scommessa nazionale - come quella che interessa l'industria del riciclo - può trovare una definizione normativa compiuta, organica e moderna, che sia in grado di accompagnare con decisione l'approdo verso un modello di sviluppo ambientale di cui l'Italia - con particolare riferimento a talune aree del Paese - avverte l'urgenza in modo chiaro ed evidente.