VI Commissione - Mercoledì 13 giugno 2007


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ALLEGATO 1

5-01126 Leo e Rampelli: Copertura assicurativa dei commercialisti che effettuano assistenza fiscale tramite il modello 730

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame, viene segnalato che la Direzione regionale del Lazio dell'Agenzia delle entrate, richiederebbe che le polizze assicurative stipulate dai professionisti autorizzati a prestare l'assistenza fiscale tramite il modello 730, prevedano una clausola per il totale risarcimento degli eventuali danni causati dall'assistenza fiscale, anche se denunciati nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto, «indipendentemente dalla causa che ha determinato il termine del rapporto assicurativo». In proposito, si chiede di conoscere se tale clausola venga richiesta da tutte le Direzioni regionali.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate con particolare riferimento alle garanzie che devono essere offerte dai professionisti autorizzati a prestare l'assistenza fiscale tramite il modello 730, ha osservato, preliminarmente, quanto segue.
L'articolo 7-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, inserito dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248, ha modificato l'articolo 1 del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139 - «Costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell'articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34» - estendendo agli iscritti nella Sezione B, Esperti contabili dell'Albo, la competenza tecnica per l'espletamento dell'«assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa, di cui all'articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241».
Con la circolare 17/E del 23 marzo 2007, viene chiarito che, per effetto delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 203 del 2005, anche i consulenti del lavoro, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali possono prestare l'assistenza fiscale per la presentazione del Modello 730 e, conseguentemente, devono svolgere le seguenti attività, previste dal citato articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997.
A tale fine, trovano applicazione le disposizioni recate dal decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164, contenente il «Regolamento recante norme per l'assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d'imposta e dai professionisti ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241»; che subordina l'esercizio della facoltà di rilasciare il visto di conformità o l'asseverazione da parte dei professionisti ad una preventiva comunicazione da effettuare all'Agenzia delle entrate, cui allegare copia della polizza assicurativa prevista dall'articolo 22 del citato decreto.
Ai sensi della richiamata disposizione, come anche chiarito con circolare n. 13/E del 6 aprile 2006, i professionisti devono munirsi di una adeguata polizza di assicurazione della responsabilità civile, individuata in quella già richiesta dall'articolo 22 del decreto ministeriale n. 164 del 1999 ai professionisti che rilasciano il visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi o eseguono la certificazione tributaria.
Il massimale deve, peraltro, essere adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità, delle asseverazioni e delle certificazioni tributarie rilasciati e, comunque, non può


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essere inferiore ad euro 1.032.913,80, al fine di garantire ai propri clienti il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata.
Emerge, dunque, come la polizza in esame sia finalizzata a garantire la totale copertura degli eventuali danni subiti dal contribuente per effetto dell'attività prestata dal professionista.
Pertanto, pur in assenza di una diversa disposizione, la prassi della Direzione regionale del Lazio di richiedere che venga assicurato anche il rischio del danno denunciato nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto (il cui presupposto sia, tuttavia, sorto nel periodo di vigenza delle polizza stessa) appare coerente con la predetta finalità. Del resto, l'articolo 1917 del codice civile dispone che «nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione, deve pagare ad un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto...».
Riguardo, poi, alla richiesta di conoscere se la clausola in argomento venga richiesta da tutte le Direzioni regionali, l'Agenzia delle entrate ha specificato quanto segue.
La normativa vigente stabilisce che i dottori commercialisti, i ragionieri, i periti commerciali e i consulenti del lavoro possono prestare, come innanzi detto, l'assistenza fiscale anche per la presentazione del modello 730; per tale dichiarazione deve essere obbligatoriamente apposto un visto di conformità, previa verifica della corrispondenza dei dati indicati nella dichiarazione alla documentazione prodotta dal contribuente.
I professionisti, pertanto, per essere legittimati ad apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni dei redditi, devono presentare la domanda prevista dall'articolo 21 del decreto ministeriale n. 164 del 1999 alla Direzione regionale dell'Agenzia delle entrate, competente relativamente al proprio domicilio fiscale.
Tale comunicazione deve essere corredata, tra l'altro, da una polizza assicurativa che, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 22 del citato decreto ministeriale n. 164 del 1999, deve garantire il risarcimento all'utente dell'eventuale danno provocato, anche di entità minima; ciò nel rispetto del criterio di equità, considerando che la platea dei contribuenti che utilizzano il modello 730 è costituita in prevalenza da lavoratori dipendenti e da pensionati.
A tal fine, l'Agenzia delle entrate, con nota n. 2007/2498 del 7 febbraio, 2007, indirizzata a tutte le Direzioni regionali, ha ribadito che tale garanzia deve, inoltre, estendere il totale risarcimento del danno, per errori commessi nel periodo di validità della polizza, anche se denunciato nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto, indipendentemente dalla causa che ha determinato la cessazione del rapporto assicurativo.
La Direzione ha precisato, altresì, che a seguito dei predetti chiarimenti la maggioranza dei professionisti ha presentato polizze assicurative che rispondono ai requisiti richiesti.


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ALLEGATO 2

5-01127 Del Mese e D'Elpidio: Applicazione della regola de minimis alle agevolazioni fiscali in favore delle assunzioni nel Mezzogiorno di cui all'articolo 63 della legge n. 289 del 2002

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame le SS.LL. Onorevoli lamentano l'interpretazione fornita dall'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 11 del 13 febbraio 2003, sull'applicazione della regola del de minimis (di cui al Regolamento CE n. 69 del 2001 del 12 gennaio 2001) agli incentivi fiscali per le assunzioni nel Mezzogiorno, previsti dall'articolo 63 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per l'anno 2003) e chiedono di conoscere quali interventi si intendano adottare per rendere fruibile tale agevolazione senza tener conto dei limiti posti dalla stessa Agenzia.
Ciò nella considerazione che sia la normativa comunitaria (Regolamenti CE n. 994 del 1998 e n. 2204 del 2002) sia il legislatore nazionale (articolo 1, comma 8, del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito dalla legge 6 aprile 2007, n. 46) hanno escluso l'applicazione della regola del de minimis agli incentivi finalizzati alle assunzioni di lavoratori svantaggiati.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente quanto segue.
L'applicabilità della regola «de minimis» è da rinvenire nelle disposizioni dell'articolo 63, comma 1, lettera c), della legge n. 289 del 2002, in virtù delle quali, per la fruizione dell'agevolazione, «rimangono ferme, nel resto, le disposizioni di cui al citato articolo 7 della legge n. 388 del 2000, in particolare quelle relative alle modalità e ai tempi di rilevazione delle assunzioni che determinano incremento della base occupazionale»; in sostanza, considerato che l'articolo 63 della legge finanziaria 2003 riproponeva, seppure con modalità e per importi differenti, la medesima struttura del credito d'imposta per l'incremento dell'occupazione di cui alla legge n. 388 del 2000, era evidente che all'ulteriore credito d'imposta previsto (nella misura di euro 300) dal citato articolo 63 per le assunzioni effettuate nelle aree territoriali agevolate si dovesse applicare la più volte richiamata regola comunitaria, esplicitamente sancita dall'articolo 7 della legge n. 388 in relazione all'analogo ulteriore credito d'imposta (di lire 400.000), ivi previsto a favore delle assunzioni effettuate nelle medesime aree territoriali.
Il richiamato rinvio contenuto nell'articolo 63 fa emergere, non solo sul piano sostanziale, l'identità della relativa agevolazione con quella della legge n. 388 del 2000, atteso che, in ordine alla determinazione degli incrementi del numero dei dipendenti, l'articolo 63 della legge n. 289 del 2002 ripropone - tanto con riferimento all'incentivo automatico, quanto a quello fruibile dietro presentazione dell'istanza preventiva - le stesse modalità di computo e la medesima base occupazionale, rilevante ai fini del credito, di cui all'articolo 7 della legge n. 388 del 2000, assicurando, in tal modo, anche la continuità con i precedenti regimi. Così, nella logica della richiamata continuità, l'articolo 63 della legge n. 289 del 2002 attribuisce un bonus «a fruizione automatica» nella stessa misura di quello concesso dall'articolo 7 della legge n. 388 del 2000 e concede l'agevolazione anche per incrementi occupazionali formati nei precedenti periodi, in cui era applicabile il credito di cui alla legge n. 388 (si vedano, al riguardo, anche le disposizioni dell'articolo


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2 del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265).
L'applicazione della regola «de minimis» all'ulteriore credito previsto dall'articolo 63 della legge n. 289 del 2002, tra l'altro, ha consentito ai contribuenti di fruire della relativa agevolazione sin dalla data di entrata in vigore della relativa norma, senza dover attendere i tempi (e l'incertezza notoriamente legata) alla preventiva notifica alla Commissione europea ai sensi dell'articolo 88 del Trattato UE. Non va sottaciuto, infatti, che qualora si pervenisse a negare l'applicabilità della regola «de minimis» all'agevolazione in parola, l'ulteriore credito, in quanto misura specifica e selettiva, rientrerebbe nella definizione di aiuto di Stato di cui all'articolo 87 del Trattato UE e, conseguentemente, la relativa fruibilità sarebbe subordinata alla preventiva notifica alla Commissione europea e all'autorizzazione da parte dello stesso organo comunitario, ai sensi dell'articolo 88 del medesimo Trattato.
A tal proposito, si ritiene che debba escludersi l'ipotesi che all'ulteriore credito d'imposta, di cui all'articolo 63 della legge n. 289 del 2002, possa applicarsi il Regolamento (CE) n. 2204/2002, relativo all'esenzione dall'obbligo di preventiva notificazione degli aiuti a sostegno dell'occupazione, in vigore dal 2 gennaio 2003.
In primo luogo, perché la qualificazione del predetto bonus come aiuto «de minimis» preclude, a priori, l'applicabilità del citato Regolamento n. 2204/2002: infatti, l'applicazione del regolamento stesso, come precisato nel considerando (6), vale solo per le «misure a favore dell'occupazione che soddisfano tutte le condizioni di cui all'articolo 87, paragrafo 1, del trattato e costituiscono pertanto aiuti di Stato», tra i quali, come noto, non figurano gli aiuti «de minimis».
In secondo luogo, a negare la (conducibilità dell'agevolazione in esame nell'ambito applicativo del Regolamento n. 2204/2002, concorrono le stesse previsioni in esso contenute. Secondo quanto disposto dall'articolo 3 del menzionato Regolamento, infatti, sono considerati compatibili con il mercato comune ed esentati, pertanto, dall'obbligo di preventiva notifica soltanto i regimi di aiuto all'occupazione che rispettino «tutte le condizioni di cui al presente regolamento» [articolo 3, par. 1, lett. a)] e che contengano «un riferimento esplicito al presente regolamento, citandone il titolo e gli estremi di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee» [articolo 3, par. 1, lettera b)].
Ai sensi del successivo articolo 11, il regolamento trova applicazione anche con riferimento ad «aiuti cui viene data attuazione prima dell'entrata in vigore del presente regolamento», i quali «si considerano compatibili con il mercato comune» e sono esentati dall'obbligo di notifica «qualora soddisfino le condizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a)».
Considerato che, come previsto dall'articolo 11, detto regolamento è in vigore dal 2 gennaio 2003 - cioè dal «ventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee»; avvenuta in data 13 dicembre 2002 - e le disposizioni dell'articolo 63 della legge n. 289 sono entrate in vigore il 1o gennaio 2003, l'aiuto in questione potrebbe potenzialmente rientrare tra quelli a cui è stata data attuazione prima dell'entrata in vigore del regolamento stesso.
Ne deriva che la qualificazione dell'ulteriore credito d'imposta di cui all'articolo 63 della legge n. 289 del 2002, non già come aiuto «de minimis» bensì come «aiuto all'occupazione» di cui al citato Regolamento (CE) n. 2204/2002, potrebbe essere riconosciuta solo se la relativa disciplina agevolativa rispetti, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), «tutte le condizioni di cui al presente regolamento».
Non si ritiene che tale condizione (costituente, si ribadisce, requisito pregiudiziale perché possano trovare applicazione le disposizioni del Regolamento n. 2204/2002) sia rispettata con riferimento alla presente agevolazione, in quanto:
1) nel considerando (27) del regolamento è previsto che «il presente regolamento non deve esentare gli aiuti a favore


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della creazione di posti dì lavoro o di assunzioni alle quali il beneficiario procederebbe comunque alle normali condizioni di mercato». Il credito d'imposta in questione è, invece, concesso per qualunque assunzione, effettuata anche alle normali condizioni di mercato, purché con contratto a tempo indeterminato nel rispetto del contratto collettivo nazionale;
2) l'articolo 4, paragrafo 4, lettera a), stabilisce che «i posti di lavoro devono rappresentare un incremento netto del numero di dipendenti... rispetto alla media dei dodici mesi precedenti». Le norme della legge finanziaria 2003 applicabili in relazione alla determinazione del credito d'imposta prevedono, al contrario, che l'incremento occupazionale non sia riferito ad un «periodo annuale mobile», bensì ad un «periodo annuale fisso» (1o ottobre 1999 - 30 settembre 2000 e 1o agosto 2001 - 31 luglio 2002, rispettivamente, per il credito «a fruizione automatica» e per il credito «ad istanza»);
3) lo stesso articolo 4, paragrafo 4, lettera e), stabilisce che «i lavoratori assunti per coprire i nuovi posti di lavoro creati non devono aver mai lavorato prima o devono aver perso o essere in procinto di perdere l'impiego precedente»; in ciò divergendo da quanto previsto dalla disciplina dell'agevolazione in esame che, - richiamandosi a quella di cui all'articolo 7 della legge n. 388 del 2000, esige che «i nuovi assunti non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi» [articolo 7, comma 5, lettera c), della legge n. 388 del 2000].

In conclusione, dal confronto tra le condizioni per l'esenzione dall'obbligo di preventiva notificazione richieste dal Regolamento n. 2204/2002 e le disposizioni normative interne relative all'applicazione del credito d'imposta in questione, emerge chiaramente come la disciplina dettata dall'articolo 63 della legge n. 289 del 2002 non possa considerarsi compatibile con le indicazioni contenute nel predetto regolamento, anche in considerazione del fatto che l'agevolazione stessa trae origine da quella di cui all'articolo 7 della legge n. 388 del 2000, innegabilmente introdotta in tempi anteriori all'emanazione del citato regolamento comunitario di esenzione e con finalità e caratteristiche diverse da quelle tutelate nel regolamento stesso.


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ALLEGATO 3

Risoluzione n. 7-00198 Ceccuzzi: Problematiche relative all'applicazione degli indicatori di normalità economica ed alla revisione degli studi di settore

NUOVO TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 53 della Costituzione italiana cita testualmente «tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità» e «il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 247, e successive modificazioni, istituisce, all'articolo 62, gli studi di settore;
la legge 8 maggio 1998, n. 146, reca disposizioni in materia di accertamento di riscossione, di contrasto all'evasione fiscale e di funzionamento dell'amministrazione finanziaria;
il decreto-legge n. 223 del 2006 ha innovato la disciplina delle modalità di accertamento dei redditi basata sugli studi di settore;
la legge 27 dicembre 2006, n. 296, con il comma 13 dell'articolo 1, introduce, ogni tre anni, la revisione degli studi di settore e con il comma 14 introduce, in senso sperimentale, gli indicatori di normalità economica;
il 14 dicembre 2006 è stato sottoscritto il protocollo d'intesa sugli studi di settore tra le associazioni di categoria, il Ministero dell'Economia e delle Finanze ed il Ministero dello Sviluppo Economico;
il dottor Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia, ha dichiarato nelle Considerazioni finali rese all'Assemblea ordinaria dei Partecipanti il 31 maggio 2007, che «alla fine del 2006 il debito pubblico aveva raggiunto circa 1.575 miliardi, quasi ventisettemila euro per ogni cittadino. La sua incidenza sul prodotto è salita per 30 anni dal 32 per cento del 1964 al 121 per cento del 1994; è scesa di 18 punti dal 1994 al 2004; da allora è tornata ad aumentare. Un debito elevato - ha continuato - vincola le politiche pubbliche, richiede imposte più alte, riduce le risorse per gli investimenti per la spesa sociale. Il recente miglioramento dei conti pubblici - ha poi sottolinato Mario Draghi - è dovuto al forte aumento delle entrate». Secondo la relazione del Governatore della Banca D'Italia «le stime del Governo indicano per quest'anno un ulteriore aumento della pressione fiscale. A causa del peso dell'evasione che resta forte nonostante qualche primo segno del recupero di gettito, la differenza fra l'Italia ed il resto d'Europa è maggiore se si guarda al prelievo su contribuenti fiscalmente onesti»;
anche sulla base di queste autorevoli considerazioni sussiste un largo e sentito apprezzamento circa l'andamento delle entrate tributarie e circa l'operato del Governo, per le misure efficaci messe in campo per contrastare l'elusione e l'evasione fiscale: un lavoro efficace e incisivo, come dimostrato dal bonus di 10 miliardi di euro emerso, nei mesi scorsi, dalla Trimestrale di Cassa;
è ancora presente in Italia un notevole comparto di economia sommersa, che secondo le ultime statistiche ufficiali di contabilità


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nazionale, relative all'anno 2003, si attestano in un ordine di grandezza compreso fra il 14,8 ed il 16,7 per cento del prodotto interno lordo. Dati allarmanti, che indicano che esistono oltre 200 miliardi di euro di valore aggiunto su cui non si pagano imposte in relazione a questa cifra - come dichiarato dal Viceministro Vincenzo Visco nell'audizione resa alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato in congiunta con la Commissione VI Finanze della Camera dei Deputati il 12 ottobre 2006 - 100 miliardi derivano dall'utilizzo di lavoro non regolare, e più di 93 miliardi da sottodichiarazione di fatturato ottenuto con occupazione regolare. Nell'ultimo anno considerato si osserva una preoccupante inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti con una crescita complessiva del sommerso stimabile fino a 0,5 punti percentuali del PIL, nonostante la notevole riduzione di lavoro irregolare dovuto alla sanatoria di quasi 700 mila immigrati clandestini;
il contrasto all'evasione comporta la messa in atto di una strategia generale dei controlli: l'obiettivo è il recupero di correttezza fiscale, nella consapevolezza che l'importanza dell'azione di accertamento non consiste tanto nelle maggiori entrate direttamente prodotte, quanto nei suoi effetti sull'adempimento spontaneo;
le cifre recuperate dall'evasione fiscale devono essere impiegate prima di tutto nella direzione di una riduzione della pressione fiscale, per la redistribuzione del reddito soprattutto verso le fasce più deboli della popolazione e per interventi strutturali a sostegno del rilancio della competitività del paese;
il protocollo d'intesa sopra richiamato, è stato firmato dal Viceministro dell'Economia e delle Finanze, On. Vincenzo Visco, dal Ministro dello Sviluppo Economico, On. Pierluigi Bersani, dal Sottosegretario per l'Economia e le Finanze, Mario Lettieri, dall'amministratore delegato di Casartigiani, dal Presidente della CNA, Ivan Malavasi, dal Presidente di Confartigianato, Natalino Giorgio Guerrini, dal Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli e dal Presidente di Confesercenti, Marco Venturi;
tale protocollo d'intesa, facendo riferimento al primo accordo sottoscritto il 26 settembre 2006, considera che il percorso fino ad ora compiuto consente di affermare la piena validità degli studi di settore, quale strumento di valutazione dell'efficienza economica della gestione aziendale e di garanzia di equità, certezza e trasparenza nel rapporto tra fisco e contribuente, sia pure con gli opportuni interventi suggeriti dall'esperienza nel frattempo maturata;
lo stesso protocollo riconosce l'assoluta opportunità di confermare la metodologia seguita che vede la partecipazione degli esperti delle Organizzazioni di categoria, nelle diverse fasi di costruzione ed evoluzione degli studi, come momento di confronto imprescindibile per la manifestazione di un parere sulle capacità dei singoli studi di rappresentare la realtà a cui si riferiscono;
il medesimo protocollo riconosce inoltre l'assoluta opportunità di riequilibrare il prelievo fiscale, attraverso una progressiva riduzione dello stesso in misura proporzionale alla emersione di base imponibile, in modo da migliorare l'equità del sistema;
il protocollo ritiene prioritaria l'esigenza di migliorare la capacità d'intervento selettivo degli Studi di settore e, quindi, riconferma la volontà di non modificarne la natura, trasformandoli in strumento automatico con azione indiscriminata; conferma la necessità di proseguire nell'attuazione dei processo - iniziato a seguito della sottoscrizione del protocollo firmato nel 1996 - per portare il sistema fiscale italiano a diventare una componente sempre più funzionale allo sviluppo del sistema produttivo, distributivo e dei servizi, agevolando i processi di riorganizzazione e ristrutturazione delle imprese; prevede l'applicazione e la valorizzazione di specifici indici di coerenza nell'ambito della metodologia di elaborazione e revisione degli Studi, con la partecipazione


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degli esperti delle categorie interessate, al fine di consentire loro di esprimere un proprio parere tramite l'apposita Commissione;
il protocollo prevede, soprattutto, criteri di affinamento degli indici di territorialità e rivisitazione del sistema di operatività degli Osservatori, per rendere i risultati degli Studi di settore ancora più aderenti alla realtà mediante una nuova articolazione territoriale degli Osservatori e l'attribuzione di nuove funzioni;
ciò nonostante, i rappresentanti delle associazioni di categoria hanno ripetutamente evidenziato, nelle ultime settimane, l'impatto che i nuovi studi stanno avendo sui contribuenti: elevato numero dei soggetti che fino all'anno scorso erano congrui e che quest'anno si ritrovano non congrui; valori di adeguamento richiesti molto elevati, con forti impatti sulle somme da pagare; inadeguatezza dei nuovi indicatori di normalità economica, perché non tengono conto della suddivisione in cluster (categorie omogenee) delle categorie per le quali sono stati approvati gli studi di settore (mentre gli studi sono poco più di 200 i cluster sono oltre 2.000); scarsità di tempo per applicare correttamente i nuovi studi; diffusa opinione nei contribuenti contattati di non volersi adeguare ai nuovi livelli di congruità richiesti; casi di imprenditori (quelli più deboli in situazioni di «marginalità») che hanno preannunciato o addirittura già attivato pratiche per la cessazione dell'attività;
tali proteste hanno per oggetto la decisione di applicare dall'esercizio 2006 gli indici di normalità economica introdotti negli studi di settore 2007, senza previa concertazione con le categorie economiche interessate; a ciò si aggiunge che molte altre norme contenute nel decreto Bersani-Visco e nel decreto-legge n. 262 del 2006, collegato alla Finanziaria, si applicano già dall'esercizio 2006;
ciò viene percepito come una vessazione, tanto più da parte delle imprese che sono leali con il fisco, atteso che, oltre a ritrovarsi con un incremento della tassazione, debbono fare i conti con un notevole aumento degli adempimenti, i cui costi si scaricano sugli stessi contribuenti ed incidono in modo particolarmente gravoso sui piccoli imprenditori; l'applicazione delle norme fiscali comporta inoltre per le imprese qualche incertezza sui propri programmi di investimento;
il rapporto ISTAT 2006 conferma il rilevante contributo al PIL del Paese portato dalle Pmi, tanto che è dovuto ad esse il 70 per cento del monte salari erogato in Italia;
il commercio al dettaglio subisce un ulteriore colpo dall'andamento delle vendite del primo trimestre del 2007: mentre la grande distribuzione cresce del 4,2 per cento, le piccole imprese fanno un passo indietro con 1,9;
gli studi di settore restano uno strumento per orientare e guidare l'accertamento con la necessità che l'amministrazione finanziaria valuti le situazioni concrete;
le associazioni firmatarie del protocollo d'intesa hanno annunciato, per le prossime settimane, una mobilitazione dei propri associati per rendere più visibile e forte tale protesta,

impegna il Governo:

a procedere con il concorso delle associazioni firmatarie, nell'attuazione del protocollo d'intesa, firmato il 14 dicembre 2006, al fine di risolvere i numerosi problemi applicativi sopra descritti, ed in particolar modo per quanto riguarda l'introduzione dei nuovi indicatori economici e l'impatto che essi hanno sul livello di congruità dei ricavi ed al pieno rispetto dello Statuto dei diritti del contribuente;
ad interpretare con flessibilità la disposizione recata dal comma 14 dell'articolo 1, della legge n. 296 del 2006, laddove l'introduzione degli indicatori di normalità economica è stata approvata, nella prospettiva di elaborazione e revisione degli studi di settore, e quindi come una elaborazione volta alla revisione degli studi di


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settore che si andranno ad introdurre con l'ausilio irrinunciabile delle associazioni di categoria interessate;
a far emanare direttive per una visibile e forte azione di informazione e formazione volta a migliorare il contraddittorio tra i contribuenti e gli uffici territoriali dell'Agenzia delle Entrate in materia di studi di settore, nella prospettiva di introdurre una cultura della consulenza e della collaborazione tra l'amministrazione finanziaria ed i contribuenti;
a emanare, al più presto, norme che assegnino un effettivo potere agli osservatori istituiti con provvedimento del Direttore generale delle entrate del 15 aprile 1999, per arricchire la reale conoscenza delle dinamiche micro-economiche settoriali e territoriali e delle varie realtà di ciascuna provincia e regione.
(8-00061)«Ceccuzzi, Del Mese, Fincato, Fluvi, Fogliardi, Tolotti, Nannicini, Leddi Maiola, Strizzolo».