XIII Commissione - Giovedì 26 luglio 2007


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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-01354 Fundarò: Produzione dell'aceto balsamico di Modena.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta dall'On.le Fundarò concernente i molteplici riflessi negativi che comporterebbe il riconoscimento di un'apposita Indicazione Geografica Protetta «Aceto Balsamico di Modena» si rappresenta quanto segue.
Dopo la registrazione della DOP «Aceto Balsamico Tradizionale di Modena» l'unica possibilità per continuare ad utilizzare la denominazione «Aceto Balsamico di Modena» consiste nella registrazione di tale ultima denominazione come IGP.
Ciò in quanto dopo la registrazione della DOP sopracitata, avvenuta con Regolamento CE n. 813 del 17 aprile 2000 (GUCE L. 100 del 20 aprile 2000), la denominazione «Aceto Balsamico di Modena» si pone in evidente contrasto con l'articolo 13 del Regolamento CE 510/2006 e conseguentemente chiunque utilizzasse tale denominazione, in assenza della registrazione della IGP di cui sopra, sarebbe sanzionabile ai sensi del decreto legislativo 297/2004.
Pertanto la eventuale mancata registrazione della IGP causerebbe un danno economico ingente per un prodotto che vanta tradizioni antichissime e che non potrebbe essere più commercializzato da nessuno con la sua storica denominazione.
Quanto poi all'osservazione mossa dagli interroganti circa il fatto che due delle tre Associazioni che hanno proposto il riconoscimento non condividono il disciplinare così come trasmesso alla Commissione UE, si sottolinea che i Presidenti delle tre Associazioni hanno preso parte all'incontro bilaterale Italia-Commissione UE, che si è tenuto il 15 novembre 2006 a Bruxelles ed a seguito delle chiare indicazioni fornite dai servizi della Commissione stessa, hanno trasmesso un documento di intesa sottoscritto da tutti con il quale in accoglimento delle richieste della Commissione, modificavano il disciplinare della IGP «Aceto Balsamico di Modena» che il Ministero ha provveduto a trasmettere a Bruxelles.
Quanto alla preoccupazione manifestata dagli interroganti circa il fatto che la registrazione della IGP causerebbe danni economici di notevole entità ai produttori di mosti operanti in regioni diverse dall'Emilia-Romagna, si fa presente che il disciplinare trasmesso a Bruxelles e la scheda pubblicata in Gazzetta Comunitaria non contengono alcuna delimitazione della zona di produzione delle uve e dei mosti.
Conseguentemente i mosti ottenuti nelle regioni del Sud, per i quali gli interroganti manifestano preoccupazioni, potranno concorrere alla produzione della IGP «Aceto Balsamico di Modena», ovviamente se in possesso dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione e quindi idonei a conferire al prodotto finito le caratteristiche peculiari.
In sintesi, l'obiettivo che si vuole fortemente raggiungere, è quello di impedire che una denominazione importante, quale quella di «Aceto Balsamico di Modena»,


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possa scomparire per sempre con danni gravissimi per l'economia e l'immagine del nostro Paese.
Quanto infine al decreto ministeriale del 2004 che ha introdotto la protezione transitoria per un prodotto che deve realizzarsi solo con mosti provenienti da uve della Regione Emilia-Romagna, si precisa che dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Comunitaria della richiesta di riconoscimento della IGP, il predetto decreto ha perso qualsiasi efficacia.


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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01295 Mellano: Istituzione da parte della Croazia di una zona ecologicamente protetta nell'Adriatico.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta dall'On.le Mellano concernente le determinazioni del Governo croato volte ad istituire una zona ecologicamente protetta nell'Adriatico si precisa quanto segue.
La decisione croata di istituire una zona di protezione ittica ed ecologica in Adriatico-ZERP (a partire dal 1o gennaio 2008), contravvenendo unilateralmente all'accordo del 4 giugno 2004, firmato da Italia, Slovenia e Croazia, sotto gli auspici della Commissione Europea, è oggetto di negoziati, tuttora in corso, tra la Slovenia, l'Italia, la Croazia e la UE.
Da un punto di vista giuridico internazionale, bisogna tener presente che la delimitazione della ZERP (contestata formalmente dall'Italia con note verbali inviate al Segretariato delle Nazioni Unite), violerebbe non solo il diritto del mare (Convenzione di Montego Bay 1982-Accordo di New York 1995 che implementa Montego Bay, articoli 122-123-UNCLOS) ma anche il principio della libertà di navigazione.
Al problema della pesca sull'intero arco adriatico, si aggiungono le questioni di pertinenza dell'Unione (fra cui la gestione della pesca, l'ambiente, i trasporti) e quelle bilaterali e multilaterali nell'ambito del diritto internazionale.
Inoltre, nella normativa croata sulla ZERP la salvaguardia del patrimonio marino è meno assicurata rispetto a quanto già previsto sia dalla legislazione nazionale che comunitaria.
La piena implementazione della ZERP che prevede il divieto di transito e operatività alle navi italiane - militari e di polizia - nella ZERP comporta limitazioni alla sovranità italiana nel bacino dell'Adriatico che non sono accettabili.
Pertanto il Governo italiano sta compiendo ogni sforzo diplomatico e continuerà a compiere per addivenire ad una positiva soluzione della vertenza internazionale in atto.


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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01297 Fiorio: Rapporti di lavoro per le attività di vendemmia.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta on.li Fiorio, Zucchi e Franci: concernente i rapporti di lavoro in periodi vendemmiali, più flessibili e compatibili con le esigenze dei viticoltori, si riferisce quanto segue.
L'attività di vendemmia, per sua natura e per la struttura estremamente parcellizzata della viticoltura italiana, richiede la possibilità di disporre di manodopera in tempi flessibili e con disponibilità immediate.
A fronte di tale esigenza vi è l'imprescindibile esigenza di assicurare il rispetto della normativa in materia di assicurazioni sul lavoro e di contrasto al lavoro nero.
Per contemperare le due esigenze, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali concorda sull'adottabilità dello strumento dei cosiddetti «buoni vendemmia», cioè ticket prepagati da parte dei datori di lavoro che consentano di assolvere, in forma semplificata, agli obblighi assicurativi e previdenziali i lavoratori impiegati nella vendemmia.
Peraltro la previsione di un ticket consentirebbe di dare una attuazione più organica al disposto dell'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003, che riconduceva alle prestazioni di lavoro accessorio «l'esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuate da studenti e pensionati». Tale attività, secondo il decreto legislativo 276/03, è configurata come «rapporto di natura meramente occasionale e accessoria».
Sull'istituzione del ticket, il tavolo di lavoro tra il Ministero del lavoro, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le parti sociali, si è espresso in senso favorevole, e si è così giunti alla formulazione inserita nel Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'Equità e la Crescita sostenibile del 23 luglio 2007, che espressamente afferma: «si avvierà una sperimentazione dell'istituto del lavoro occasionale di tipo accessorio anche in agricoltura», seppur ovviamente entro limiti predeterminati in grado di evitare che questo strumento si ponga in alternativa al lavoro subordinato.


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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-01296 Ruvolo: Ritardo nel pagamento dei contributi per i produttori viticoli.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta dall'on.le Ruvolo relativa all'erogazione del contributo previsto dal decreto ministeriale 4 ottobre 2005 a favore dei produttori viticoli, si fa presente quanto segue.
La norma in questione autorizzava l'AGEA ad acquistare sul mercato un quantitativo massimo di 800 mila quintali di uva da tavola ad un prezzo prestabilito. Essa discendeva dalla situazione di crisi dell'uva da tavola che aveva mobilitato forti proteste in numerose province italiane.
Le risorse finanziarie furono stanziate nel quadro del più generale intervento a sostegno delle crisi di mercato del 2004 e del 2005: tali risorse, anche a causa del quadro attuativo delineato dal decreto-legge 182/05 e dell'istruttoria svolta a livello regionale, non sono state contabilmente erogate nel corso del 2006 e quindi l'AGEA ha dovuto chiedere al Ministero dell'economia e delle finanze la reiscrizione in bilancio dei fondi: tale reiscrizione avverrà nell'ambito del disegno di legge di assestamento del bilancio 2007, già approvato dal Governo il 28 giugno scorso, e che reca, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, le risorse da trasferite ad ALEA per le finalità del decreto-legge 182/05.
Non appena il Parlamento provvederà ad approvare il predetto ddl l'AGEA sarà in condizione: di pagare gli aiuti.
Al riguardo l'AGEA segnala che nel complesso le domande di aiuto presentate ammontano a circa 500.000 euro.


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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-01355 Alessandri: Etichettatura dei prodotti avicoli.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta dall'On.Le Alessandri concernente profili di legittimità della normativa italiana sull'etichettatura dei prodotti avicoli nei confronti della legislazione comunitaria si rappresenta quanto segue.
Per la commercializzazione delle carni di pollame è tuttora vigente il Reg. CEE n. 1096/90 il quale non pone l'obbligo di indicare il paese di'origine delle carni di pollame, fatta eccezione per quelle provenienti da paesi terzi.
Al fine di fronteggiare la crisi del settore, dovuta alle allarmistiche informazioni sull' influenza aviaria, che ha colpito in maniera acuta soprattutto il mercato italiano, con l'Ordinanza del Ministero della Salute del 26 agosto 2005 - che stabilisce misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive dei volatili da cortile - è stato imposto, in tutto il territorio nazionale, l'obbligo dell'etichettatura dell'origine delle carni di pollame.
Il predetto provvedimento è stato sottoposto a procedura d'infrazione (infrazione nr. 2005/4897 e 2005/5073) da parte della Commissione Europea in quanto in contrasto con la regolamentazione di mercato e per ragioni di ostacolo alla libera circolazione delle merci.
Proprio nei giorni scorsi (20 luglio 2007) è stato trasmesso da parte della Commissione il parere motivato con il quale si contesta che l'Italia, «adottando le prescrizioni della O.M. del 26 agosto 2005, che rendono obbligatorie l'indicazione del paese di origine nell'etichettatura delle carni fresche di pollame, delle preparazioni a base di carne di pollame e dei prodotti a base di carne di pollame, nonché della data di introduzione nel territorio nazionale per le carni destinate al selezionamento ... è venuta meno agli obblighi comunitari».
In merito, il Governo non condivide le osservazioni con le quali l'esecutivo comunitario ha imposto all'Italia di sospendere le norme contenute nella predetta Ordinanza e, inoltre, ha già intrapreso iniziative, presso la Commissione Europea, affinché il Reg. CEE n. 1096/90 venga adeguato a quanto già previsto per le carni bovine con Reg. CE n. 1760/2000, il quale impone l'obbligo dell'indicazione dell'origine delle carni.


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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-01356 Adenti e Satta: Irrigazione delle coltivazioni agricole nelle province di Pavia, Novara e Vercelli.

TESTO DELLA RISPOSTA

In riferimento all'interrogazione a risposta immediata proposta dall'on.le Adenti, concernente una revisione dei limiti di variazione del livello del lago Maggiore al fine di garantire maggiori risorse idriche da destinarsi alle colture delle zone di Pavia Novara e Vercelli nei periodi estivi caratterizzati da siccità, si riferisce quanto segue.
Il Consorzio del Ticino provvede alla costruzione, alla manutenzione e all'esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore nonché a coordinare e a disciplinare l'esercizio delle utilizzazioni dell'acqua disponibile nell'interesse generale, ripartendo i deflussi fra le utenze irrigue ed idroelettriche consorziate di valle. Il consorzio è in possesso di concessione per la regolazione del lago Maggiore, così come i Consorzi dell'Adda (lago di Como) e dell'Oglio (lago d'Iseo), emessa dal Ministero dell'Ambiente. Pertanto, il MiPAAF non ha competenza diretta in materia.
Peraltro si fa presente che a seguito dell'emissione dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2007, n. 3598 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 145 del 25 giugno 2007) recante «Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare lo stato di emergenza in atto nei territori delle regioni dell'Italia centro-settentrionlae, interessati dalla crisi idrica che ha determinato una situazione di grave pregiudizio agli interessi nazionali», tale competenza risulta attribuita al Commissario delegato per l'emergenza idrica che agisce in accordo con i Presidenti delle regioni interessate (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria; Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto).
Infatti, all'articolo 1, comma 3), lettera h) dell'ordinanza prevede che il Commissario delegato, elabora, d'intesa con i Presidenti delle regioni interessate, o i loro delegati, le iniziative per l'adozione di misure che consentano la temporanea deroga dei livelli e delle modalità di regolazione ed erogazione delle acque di laghi ed invasi, con la definizione dei tempi per il massimo invaso e le erogazioni controllate, nonché provvedendo in via sostitutiva rispetto agli enti o concessionari ordinariamente competenti, in caso di inerzia e previa diffida ad adempiere entro termini perentori non inferiori a tre giorni di ricevimento.
Le iniziative auspicate pertanto potranno essere assunte dal Commissario ai sensi della suddetta Ordinanza.
Questa, infatti, all'articolo 1, comma 3, lettera c) consente anche l'imposizione di temporanee limitazioni o modificazioni all'uso delle derivazioni concesse ai sensi del regio decreto n. 1775/1933, e delle pertinenti discipline regionali, che siano ritenute necessarie in presenza di particolari motivi di pubblico interesse, ferme restando le inderogabili necessità delle utenze per il consumo umano e senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzo alcuno.