III Commissione - Mercoledì 1° agosto 2007


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ALLEGATO 1

Interrogazioni nn. 5-01389 Venier e 5-01390 Forlani: Sui servizi di call center presso le sedi diplomatiche e consolari.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

Nel 2003 l'Ambasciata italiana a Belgrado ha concluso con la compagnia telefonica di Stato «Telekom Serbia» un accordo con il quale è stato attivato un call center operativo tutti i giorni lavorativi dalle 07.00 alle 15.30. Da allora tramite il call center vengono effettuate le prenotazioni degli appuntamenti per le richieste di visto e fornite informazioni riguardo alle procedure di rilascio (documentazione, tempi, eccetera).
Questa prassi ha permesso di regolarizzare la fissazione degli appuntamenti, evitando al pubblico lunghe e sgradevoli file fuori dagli Uffici e ha accresciuto la trasparenza delle procedure. I cinque operatori del call center sono sottoposti costantemente al controllo di un supervisore dell'Ambasciata addetto alla verifica dei tabulati telefonici e delle procedure adottate.
Il servizio viene prestato dalla Telekom esclusivamente a pagamento degli utenti, senza costi per l'erario italiano. In base all'accordo, la clientela viene informata da un risponditore automatico del costo del servizio appena entra in linea con il call center e prima che scatti l'addebito della chiamata.
I cittadini serbi che hanno prenotato l'appuntamento ricevono per posta direttamente dalla Telekom, senza ulteriori costi, una comunicazione con indicate data e ora in cui presentarsi presso l'Ambasciata per introdurre la domanda, nonché l'elenco della documentazione necessaria per la tipologia di visto richiesta.
Per gli introiti derivanti dai servizi offerti dalla Telekom, l'articolo 5.3 del contratto stipulato con la società stabilisce che «l'intero incasso derivante dalla fornitura dei servizi di cui all'articolo 1 del presente contratto appartiene alla Telekom». Quanto ai costi relativi alla creazione del call center ed al suo funzionamento (stipendi e oneri sociali per i sei impiegati, stampa del materiale informativo, invio, a domicilio con lettera raccomandata della lista dei documenti da presentare all'Ufficio Visti, costi fissi, eccetera) essi sono interamente a carico dalla Telekom.
La prassi del call center è stata adottata, in Serbia, anche da altri Paesi Schengen, quali Francia, Spagna, Belgio, Grecia.
Al fine di alleviare gli oneri per gli utenti, l'Ambasciata sta finalizzando con la Telekom un ulteriore accordo che prevede un costo forfettario da corrispondere solo nel caso in cui l'appuntamento venga effettivamente fissato. Verrà inoltre istituito un secondo call center, preposto esclusivamente a fornire informazioni. Tale servizio sarà prestato dalla Telekom a titolo gratuito.
L'Ambasciata a Belgrado è tra le prime Sedi nel tempo ad aver utilizzato questo sistema di appuntamenti e sul cui modello sono stati modulati i successivi accordi firmati tra le Rappresentanze italiane e i locali gestori di società di outsourcing nei Paesi interessati da un forte incremento nel rilascio dei visti d'ingresso, tra cui l'Ambasciata a Bucarest.
Il call center di riferimento dell'Ambasciata a Bucarest, gestito dalla società Easy Call, si basa infatti sul medesimo modello di quello in uso a Belgrado.


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Il servizio è attivo tutti i giorni lavorativi dalle 8.00 alle 18.00 e impiega sei unità operative ed il costo della chiamata è noto all'utente all'apertura della linea e prima che scatti l'addebito della telefonata.
Non risulta all'Ambasciata a Bucarest, che vigila sul funzionamento di tale struttura, anche con ispezioni senza preavviso, che gli utenti siano costretti a lunghe e costose attese senza neanche ottenere l'appuntamento. Gli introiti derivanti dal servizio sono percepiti dalla società che gestisce il call center su cui gravano per intero i costi di funzionamento senza alcuna spesa per l'Ambasciata.
Più in generale, si evidenzia che la materia dell'outsourcing è regolata dall'Istruzione Consolare Comune Schengen, che prevede la possibilità di utilizzare società di servizi per il disbrigo di alcuni dei servizi connessi al rilascio dei visti.
Vale la pena sottolineare, per evitare equivoci, che il ricorso al call center non è obbligatorio per l'utente cui è sempre lasciata aperta la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti con modalità più tradizionali (centralino, fax, lettera) e presentarsi allo sportello durante l'orario d'ufficio per sottoporre la domanda di visto. Vale la pena sottolineare, inoltre, che le richieste di informazione e di appuntamento possono essere inoltrate anche per posta elettronica e che, come per tutte le nostre sedi all'estero, le informazioni necessarie ad istruire le pratiche possono essere scaricate attraverso il sito dell'Ambasciata. Quello di permettere la fissazione di appuntamenti tramite call center è quindi un servizio addizionale, e non sostitutivo rispetto ai tradizionali servizi offerti dalla nostra rete consolare.
La scelta della società di servizi cui affidare alcuni dei servizi connessi ai visti viene effettuata affidandosi a società di comprovata professionalità ed affidabilità ovvero leader mondiali nel settore e sulla base delle esperienze maturate anche da altri Partners Schengen ed occidentali che pure fanno un massiccio ricorso a tali forme di outsourcing.
Controlli non preannunciati da parte dei funzionari dell'Ufficio Visti, sotto il profilo funzionale e di sicurezza, vengono effettuati frequentemente, anche telematicamente nel caso di sistemi di appuntamenti e con ispezioni senza preavviso presso la società di outsourcing, per verificarne il corretto funzionamento.
Si segnala infine che i sistemi di esternalizzazione in uso presso le nostre Sedi sono oggetto di un'accurata preparazione (formazione del personale, dettagliata messa a punto delle procedure, sua diffusione presso gli ambienti interessati) e di un periodo di rodaggio da parte della Sede per correggerne gli eventuali difetti.


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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01385 D'Elia: Sul trasferimento forzato di pastori e nomadi tibetani.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

Forti processi di urbanizzazione stanno caratterizzando l'attuale fase di sviluppo economico e sociale dell'intera Repubblica Popolare Cinese. A tale tendenza non sfuggono le aree rurali delle province interne del Paese ed in particolare della Regione Autonoma del Tibet, area geografica vasta quanto l'intera Europa occidentale ma popolata appena da 2.8 milioni di persone.
Lo sviluppo economico della Regione Autonoma del Tibet è promosso da ingenti trasferimenti di risorse da parte del governo centrale cinese e testimoniato dalla crescita annua del 12 per cento del Pil locale negli ultimi sei anni e dal conseguente aumento dei redditi pro capite dei contadini e pastori negli ultimi 4 anni. L'undicesimo piano quinquennale, per il periodo 2006-2010, prevede investimenti superiori ai nove miliardi di dollari e 180 progetti infrastrutturali.
Risulta che, anche al fine di elevare il benessere delle popolazioni locali, tra i più bassi del Paese sulla base degli indicatori sociali, le autorità cinesi stanno promuovendo una politica di incentivi (tra cui la costruzione di alloggi popolari) che ha tra i suoi effetti la sedenterizzazione di talune popolazioni nomadi che del Tibet, tradizionalmente dedite alla pastorizia. Non si dispone tuttavia di elementi fattuali diretti per affermare il carattere forzoso o meno degli spostamenti delle popolazioni denunciato nella interrogazione in argomento riprendendo un recente rapporto di Human Rights Watch.
Necessità di tutela ambientale, di educazione primaria, di assistenza sanitaria sono, nelle dichiarazioni dei responsabili cinesi, alla base di tale politica, nel quadro di un sempre maggior coinvolgimento delle popolazioni locali nella crescita economica e sociale della Regione.
Ciò premesso, l'Italia, insieme agli altri partners dell'Unione europea, segue con particolare interesse il tema e si è sempre impegnata a sostegno del rispetto dei diritti umani e delle libertà politiche fondamentali nella Regione Autonoma del Tibet. In tale contesto, più ampio rispetto al tema specifico sollevato dall'onorevole interrogante, l'Italia e l'Unione europea hanno espresso preoccupazione per le misure repressive contro gruppi religiosi in Cina a seguito dell'adozione nel marzo 2005 di un nuovo regolamento degli affari religiosi e per le notizie non confermate di torture e di maltrattamenti di tibetani in detenzione.
Il Governo attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti delle minoranze e ritiene che esso costituisca uno degli aspetti più rilevanti nel quadro generale della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
In tal senso, auspichiamo il proseguimento del dialogo già avviato dalle Autorità di Pechino con i leader religiosi tibetani.
È inoltre auspicio del Governo italiano la preservazione dell'identità culturale del Tibet e la realizzazione di condizioni che permettano ai Tibetani di esercitare pienamente


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i loro fondamentali diritti politici, religiosi e culturali. I processi in corso di sviluppo e di modernizzazione economica in Tibet dovranno essere inclusivi di tutte le etnie presenti nella Regione, evitando la marginalizzazione dei Tibetani. Inoltre, l'Italia ritiene che contenuto sostanziale deve essere dato alla autonomia formale concessa dal Governo centrale cinese e che la popolazione tibetana debba poter esercitare forme di controllo sui processi economici in atto, sulle risorse naturali locali e sulle ricchezze ivi prodotte.


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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01386 Spini: Sulla sorte degli ostaggi sudcoreani in Afghanistan.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

A titolo di premessa vorrei precisare che, sul caso del rapimento di alcuni cittadini sud-coreani in Afghanistan, il Governo italiano non dispone di elementi di informazione specifici né sulle rivendicazioni dei talebani per la liberazione degli ostaggi né sugli eventuali contatti avviati dalle autorità coreane. Per ovvie esigenze di cautela, e a protezione delle vittime del rapimento, tali circostanze sono d'altra parte trattate con il massimo riserbo da parte delle stesse autorità di Seoul.
Il Governo coreano ha comunque dato incarico all'Ambasciata della Repubblica di Corea a Roma e a quella a Kabul di prendere contatto rispettivamente con il Capo dell'Unità di Crisi al Ministero degli affari esteri e con l'Ambasciatore d'Italia a Kabul per acquisire elementi sull'esperienza maturata dal nostro Paese nel corso dei rapimenti di connazionali in Afghanistan negli ultimi anni, in particolare quello del giornalista Mastrogiacomo.
In tale contesto, il Capo dell'unità di Crisi ha ripetutamente incontrato i Funzionari dell'Ambasciata sudcoreana a Roma, da ultimo nella giornata di ieri. A questi ultimi sono stati forniti, con il massimo spirito di collaborazione, tutte le indicazioni che potessero essere loro utili. Analoghi incontri si sono svolti con il nostro Ambasciatore a Kabul.
Ben comprendendo le esigenze di riservatezza che conducono le Autorità coreane a mantenere uno stretto riserbo sugli sviluppi della vicenda, il Governo italiano ha comunque ribadito la propria disponibilità, ove richiesto, a procedere ad ulteriori scambi di informazioni e di assistenza, nei limiti consentiti dalle circostanze e dalla mancanza di elementi specifici circa le rivendicazioni dei rapitori o le decisioni del Governo di Seoul.


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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-01387 Ranieri: Sulle esecuzioni capitali in Iran.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

Il 19 dicembre 2006 l'Assemblea Generale ha adottato con voto una risoluzione di condanna della situazione dei diritti umani in Iran, presentata dal Canada e co-sponsorizzata dall'Italia e dai partners europei. Nel testo viene espressa, tra l'altro, profonda preoccupazione per il perpetrarsi delle esecuzioni capitali nel Paese - applicate peraltro senza rispettare le garanzie processuali previste dalle norme internazionali in materia - e delle condanne alla lapidazione. In particolare, la risoluzione pone l'accento sul fenomeno delle esecuzioni di persone minorenni al momento del reato, segnalando come tale pratica risulti in violazione della Convenzione sui diritti del fanciullo (articolo 37) e del Patto sui diritti civili e politici (articolo 6), strumenti giuridici di cui Teheran è parte, ed in contrasto con l'annuncio da parte dello stesso Governo iraniano di una moratoria delle esecuzioni dei minorenni. A livello operativo, la risoluzione invita l'Iran ad abolire, de jure e de facto, la pena di morte, rispettando, in particolare, l'annunciata moratoria de facto sulle esecuzioni dei minori e le condanne a lapidazione e trasformandola in una moratoria de jure.
All'impegno attivo nei fora multilaterali, il Governo italiano ha affiancato una costante azione, assieme ai partner europei, affinché l'Unione europea intervenisse presso le Autorità iraniane sia in occasione di singoli casi di condanne alla pena capitale sia per ribadire la posizione dell'Unione in materia di pena di morte. L'Unione europea è intervenuta presso le Autorità di Teheran in ripetute occasioni su casi di condanne a morte anche nei confronti di minorenni, richiamando inoltre Teheran ad assicurare l'effettività della moratoria sulle condanne ad amputazioni, annunciata nel marzo 2003 e disattesa più volte nel corso nel tempo.
Da ultimo, il 21 luglio scorso, anche su impulso italiano, la Presidenza portoghese dell'Unione europea ha effettuato un articolato passo a Teheran per sollevare numerosi casi di violazioni dei diritti umani segnalati dai partners UE, riguardante tre specifiche tematiche attinenti ai diritti umani: 1) pena di morte; 2) tortura; 3) libertà di espressione. Per quanto concerne, in particolare, la questione della pena di morte, il passo presso il Ministero degli affari esteri iraniano è stata l'occasione per sollevare una serie di casi di condanne: è stata infatti espressa la preoccupazione dell'Unione europea per la condanna a morte di Sina Paymard, minorenne al momento del reato di cui è accusata, nonché per la lapidazione di Jafar Kihani e la possibile esecuzione della Professoressa Ebrahimi. L'Unione europea ha condannato inoltre l'esecuzione di una donna nella regione di Gorgan, il 18 giugno scorso, ed ha manifestato preoccupazione per la condanna a morte di 20 individui accusati di stupro, sottolineando come l'accresciuto ricorso alla pena capitale in Iran sia motivo di grave preoccupazione per l'Unione europea, che richiama le Autorità di Teheran al rispetto degli impegni internazionali sottoscritti (tra i quali il Patto Internazionale sui


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Diritti Civili e Politici, che stabilisce che i Paesi in cui la pena di morte non è stata ancora abolita comminino la pena capitale solo per i crimini più gravi).
Per quanto riguarda il rischio che l'orientamento sessuale figuri tra i capi di imputazione di alcuni cittadini iraniani recentemente condannati a morte, se è vero che l'omosessualità figura tra i reati passibili di pena di morte in Iran, non sempre è agevole stabilire quante esecuzioni abbiano effettivamente luogo: rarissimamente, in effetti, le Autorità iraniane confermano notizie, di solito di fonte occidentale, di esecuzioni per omosessualità. E chiaro, naturalmente, che anche su questo aspetto l'attenzione dell'Italia e dei partners europei è massima.
Quanto precede conferma il forte impegno del Governo italiano nel condannare il ricorso alla pena di morte in Iran, sia sul piano multilaterale che all'interno delle relazioni Iran-Unione europea. Il Governo continuerà a mantenere elevata l'attenzione dedicata alla situazione dei diritti umani in Iran, in particolar modo a seguito del recente aumento del numero di condanne a morte ed inasprimento delle restrizioni applicate nel Paese ai diritti dei difensori dei diritti umani.


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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-01388 Rivolta: Sulla visita ufficiale in Argentina del viceministro degli affari esteri con delega alla cooperazione.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

La Viceministra Sentinelli ha effettuato nei giorni scorsi una visita in Argentina e Uruguay, incentrata sugli aspetti di cooperazione.
La Viceministra non ha perciò avuto incontri con esponenti della collettività italiana - non rientrando nella sua delega le tematiche legate all'emigrazione - e, di conseguenza, neppure con i rappresentanti della stampa italiana locale.
Nel corso della visita non sono state effettuate conferenze stampa, ma la Viceministra ha intrattenuto contatti, separatamente, con il rappresentante dell'ANSA e con due giornalisti argentini.
Nel corso della visita non è stato annunciato alcun nuovo programma di cooperazione ma si è fatto il punto su iniziative già in corso da tempo. In particolare, a seguito della gravissima crisi economica che aveva colpito l'Argentina, nel febbraio 2002 erano state approvate due linee di credito, rispettivamente nel settore sanitario (per 25 milioni di euro) e delle PMI (per 75 milioni di euro). I programmi si sono conclusi all'inizio del corrente anno, con un residuo di circa 42 milioni di euro sul programma per le PMI.
Durante la visita della Viceministra Sentinelli, ci si è limitati a discutere con le autorità argentine la possibilità di utilizzare tale somma, già erogata, per una seconda fase del programma sanitario.