Commissioni Riunite II e X - Resoconto di marted́ 25 settembre 2007


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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 25 settembre 2007. - Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. - Intervengono il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Marco Stradiotto e il Sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 13.25.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.
Atto n. 134.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

Daniele CAPEZZONE, presidente, dà la parola per lo svolgimento delle relazioni sul provvedimento in titolo ai due relatori, Giuseppe CHICCHI per la X Commissione e Pierluigi MANTINI per la II Commissione; fa presente che il Ministro Bonino ha chiesto di intervenire in questo dibattito e propone quindi di prevedere un'ulteriore seduta delle due Commissioni riunite sullo schema di decreto in esame nella giornata di giovedì 27, alle ore 13.45.

Giuseppe CHICCHI (Ulivo), relatore per la X Commissione, illustra anzitutto l'impostazione della sua relazione, premettendo che gran parte dei contenuti dello schema di decreto sulla quale le Commissioni riunite devono esprimere il proprio parere risultano di competenza della II Commissione. Articolerà il suo intervento in tre parti:
1) illustrazione generale della direttiva base 2005/36/CE alla quale si va a dare attuazione;
2) articoli della direttiva e del decreto di maggiore interesse della Commissione Attività produttive;
3) alcuni interrogativi sollevati da punti di contatto fra disposizioni del decreto e previsioni del disegno di legge relativo alla riforma delle professioni su cui le Commissioni stanno discutendo.

Partendo dal primo punto, ovvero dalla illustrazione della direttiva n. 36 del 2005 in materia di Riconoscimento delle qualifiche professionali, oggetto di recepimento


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da parte dello schema di decreto legislativo in esame, essa riforma l'attuale regime al fine di contribuire alla flessibilità dei mercati del lavoro, di realizzare una maggior liberalizzazione delle prestazioni di servizi, di favorire un maggiore automatismo nel riconoscimento delle qualifiche, nonché di semplificare le procedure amministrative.
In questa prospettiva, la direttiva in oggetto, che consolida in un unico testo molteplici direttive adottate nel corso degli ultimi decenni, pur mantenendo le garanzie inerenti ad ogni sistema di riconoscimento esistente, istituisce un quadro giuridico unico e coerente, che poggia su una liberalizzazione più estesa della prestazione di servizi, una maggiore automaticità nel riconoscimento delle qualifiche e una maggiore flessibilità delle procedure di aggiornamento della direttiva medesima.
Il regime di riconoscimento delle qualifiche professionali maggiormente uniforme, trasparente e flessibile introdotto dalla direttiva è volto a conferire, a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro, la garanzia di accedere alla stessa professione e di poterla esercitare in un altro Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di quest'ultimo.
Tuttavia la suddetta garanzia non esonera il professionista migrante dal rispetto di eventuali condizioni di esercizio che potrebbero essere imposte dallo Stato ospitante, purché siano giustificate, proporzionate e non risultino discriminatorie.
Con la direttiva 2005/36/CE si provvede inoltre al consolidamento in un unico testo, e alla sostituzione, di 15 direttive adottate nel corso degli ultimi quarant'anni e con le quali si era provveduto all'istituzione di differenti regimi di riconoscimento delle qualifiche professionali e che sono conseguentemente abrogate.
La direttiva definisce «professione regolamentata» l'attività o l'insieme di attività professionali l'accesso alle quali e il cui esercizio sono subordinati - in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative - al possesso di determinate qualifiche professionali. Alle professioni regolamentate sono assimilate le professioni esercitate da membri di associazioni o di organismi elencati nella allegato I del provvedimento, cui viene riconosciuta la finalità di promuovere e di mantenere un elevato livello professionale. A tal fine dette associazioni e organismi sono oggetto di riconoscimento da parte dei singoli Stati che rilasciano ai loro membri un titolo di formazione, esigendo da parte di costoro il rispetto delle regole di condotta professionale prescritte dalle associazioni, e conferiscono ai medesimi il diritto di usare un titolo o un'abbreviazione o di beneficiare di uno status corrispondente a tale titolo di formazione. Del riconoscimento di una associazione o di un organismo da parte di uno Stato membro deve essere informata la Commissione, che pubblica un'adeguata comunicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
La direttiva, data la diversità dei regimi previsti, distingue tra «libera prestazione di servizi» e «libertà di stabilimento».
Con riferimento alla libera prestazione di servizi, che riveste un carattere temporaneo ed occasionale (valutato caso per caso), la direttiva stabilisce che gli Stati membri non possono sottoporla a restrizioni, per motivi inerenti alle qualifiche professionali, nelle seguenti situazioni:
quando il beneficiario sia legalmente stabilito in un altro Stato membro per esercitarvi la stessa professione;
in caso di spostamento del prestatore, qualora costui abbia esercitato la professione nello Stato membro di stabilimento per due anni, nel corso dei dieci che precedono la prestazione di servizi, se detta professione non è ivi regolamentata. Tale condizione non si applica in caso di professione regolamentata.

La direttiva richiede che la prestazione di servizio sia effettuata con il titolo professionale dello Stato membro di stabilimento - qualora un siffatto titolo regolamentato esista in tale Stato per l'attività professionale in questione - indicato nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del suddetto Stato.


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In caso contrario il prestatore indica il suo titolo di formazione nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato di stabilimento.
Ai fini di garantire l'agevolazione della prestazione di servizi nel contesto della stretta osservanza della salute e della sicurezza pubblica nonché della tutela dei consumatori, la direttiva prevede disposizioni specifiche per le professioni regolamentate aventi implicazioni in materia di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, quali la verifica preliminare della professionalità per chi non beneficia del riconoscimento automatico dei titoli di formazione, da parte dell'autorità competente dello Stato ospitante.
In caso di differenze sostanziali tra le qualifiche professionali del prestatore e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante, tale da nuocere alla pubblica sicurezza o alla sanità pubblica, lo Stato membro ospitante è tenuto a sottoporre il prestatore ad una prova attitudinale volta a dimostrare l'acquisizione da parte di questi delle conoscenze o delle competenze mancanti.
In questo caso la prestazione di servizi è effettuata con il titolo professionale dello Stato ospitante che, ai sensi dell'articolo 9, può richiedere al prestatore ulteriori informazioni (eventuale iscrizione in un registro commerciale, sottoposizione ad un regime autorizzatorio dell'attività nello Stato di stabilimento, iscrizione ad un ordine professionale, titolo professionale, eventuale assoggettamento all'IVA dell'attività ed eventuale copertura assicurativa). Dette informazioni possono essere richieste anche in caso di svolgimento dell'attività da parte del prestatore con il titolo di formazione.
Con riferimento al prestatore di servizi è previsto, infine, uno scambio di informazioni e cooperazione a livello amministrativo tra gli Stati membri in merito alla legalità dello stabilimento, la buona condotta, l'assenza di sanzioni disciplinari o penali di carattere professionale.
Ci si trova nel quadro della «libertà di stabilimento» quando un professionista beneficia della libertà di stabilirsi in uno Stato membro per svolgervi un'attività professionale in modo stabile.
In tale ambito, la direttiva conferma i tre regimi di riconoscimento esistenti:
un regime generale di riconoscimento reciproco: se in uno Stato membro ospitante l'accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio è subordinato al possesso di determinate qualifiche professionali, l'autorità competente di tale Stato membro dà accesso alla professione e ne consente l'esercizio - alle stesse condizioni dei propri cittadini - ai richiedenti che siano in possesso dell'attestato di competenza o del titolo di formazione richiesto, rilasciato da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione o esercitarla sul suo territorio. L'accesso alla professione e al suo esercizio è consentito a coloro che abbiano esercitato a tempo pieno la professione per due anni nel corso dei precedenti dieci anni in uno Stato membro che non regolamenti tale professione o che abbia uno o più attestati di competenza o titoli di formazione. Sono previsti alcuni meccanismi di compensazione (tirocinio di adattamento non superiore a tre anni o test attitudinale) in mancanza di un'armonizzazione delle condizioni minime di formazione per accedere alle professioni disciplinate dal regime generale (capo I);
il riconoscimento automatico delle qualifiche comprovate dall'esperienza professionale per una serie di attività industriali, artigiane e commerciali elencate nell'allegato IV (capo II); segnalo che questa è la parte di direttiva di più specifica competenza della X Commissione e corrisponde agli articoli da 26 a 29 del decreto legislativo, che saranno esaminati in dettaglio successivamente;
il riconoscimento automatico dei titoli di formazione - sulla base di un coordinamento delle condizioni minime di formazione - per medici, infermieri responsabili delle cure generali, odontoiatri, veterinari, ostetriche, farmacisti e architetti (capo III).


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Con riferimento al regime generale di riconoscimento dei titoli di formazione, applicabile a tutte le professioni non coperte dai capi II e III (relativi al riconoscimento dell'esperienza professionale e al riconoscimento automatico di alcune professioni), la direttiva, allo scopo di definirne il meccanismo, raggruppa i vari regimi nazionali di istruzione e formazione in diversi livelli che «sono stabiliti soltanto ai fini del funzionamento del regime generale, non hanno effetti sulle strutture nazionali di istruzione e di formazione, né sulle competenze degli Stati membri in questo ambito».
I livelli individuati sono cinque; in essi sono raggruppate le qualifiche professionali che corrispondono ai livelli minimi di cultura essenziali per esercitare le varie professioni: a) diplomi di primo accesso, b) diploma di scuola media superiore, c) diploma attestante formazione a livello di insegnamento post-secondario di almeno un anno; d) diploma attestanti formazione a livello di insegnamento post-secondario fino a quattro anni; e) diploma attestante formazione a livello di insegnamento post-secondario da quattro anni in su. A seconda delle varie professioni si aggiunge la formazione iniziale e l'obbligo della formazione continua (articolo 11).
Costituiscono titoli di formazione assimilati quelli rilasciati da un'autorità competente in uno Stato membro che sanciscano una formazione acquisita nella Comunità, e che siano riconosciuti da tale Stato membro come di livello equivalente e conferiscano gli stessi diritti d'accesso o di esercizio di una professione. È altresì assimilata ad un titolo di formazione ogni qualifica professionale che, pur non rispondendo ai requisiti delle norme legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro d'origine per l'accesso a una professione o il suo esercizio, conferisca al suo titolare diritti acquisiti in virtù di tali disposizioni. Ciò avviene, quando, ad esempio, lo Stato di origine innalza il livello di formazione richiesto per l'ammissione ad una professione.
Gli attestati di competenza o i titoli di formazione richiesti per l'acceso alla professione e il relativo esercizio devono soddisfano le seguenti condizioni:
a) rilascio da parte di un'autorità competente in uno Stato membro, designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di tale Stato;
b) attestazione di un livello di qualifica professionale almeno equivalente al livello immediatamente anteriore a quello richiesto nello Stato membro ospitante;
c) attestazione della preparazione del titolare all'esercizio della professione interessata (quest'ultimo requisito vale solo per chi accede alla professione a seguito dell'esercizio a tempo pieno della medesima in un altro Stato per due anni, nel corso dei precedenti dieci).

Come anticipato, in mancanza di un'armonizzazione delle condizioni minime di formazione per accedere alle professioni disciplinate dal regime generale, allo Stato membro ospitante è consentita la possibilità di imporre misure compensatrici proporzionate, tenendo conto dell'esperienza professionale del richiedente al quale è lasciata la scelta tra una prova attitudinale o un tirocinio d'adattamento.
Ai fini del riconoscimento dell'esperienza professionale(capo II) - quale prova del possesso di conoscenze e competenze generali dell'esercizio di attività commerciali o professionali indicate nell'Allegato IV della direttiva e raggruppate in tre distinti elenchi, gli articoli 17, 18 e 19 della direttiva stabiliscono in dettaglio le condizioni che l'esperienza professionale deve soddisfare e che si differenziano in relazione all'appartenenza delle attività ad uno dei diversi raggruppamenti di cui al citato allegato IV.
Ai fini del riconoscimento in base al coordinamento delle condizioni minime di formazione (capo III), in base al principio di riconoscimento automatico, ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione di medico, che danno accesso alle attività


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professionali di medico con formazione di base e di medico specialista, di infermiere responsabile dell'assistenza generale, di dentista, di dentista specialista, di veterinario, di farmacista e di architetto, nonché i titoli di formazione di ostetrica.
Negli Stati membri l'accesso alle suddette attività professioni e il relativo esercizio sono quindi subordinati al possesso di un determinato titolo di formazione, il che garantisce che l'interessato ha seguito una formazione che soddisfa i requisiti minimi stabiliti. Il rilascio dei titoli spetta ai competenti organismi degli Stati membri e può essere eventualmente accompagnato da certificati individuati nell'allegato V della direttiva.
Per quanto riguarda le disposizioni comuni in materia di stabilimento (capo IV), la direttiva individua la documentazione che può essere richiesta da uno Stato membro ospitante per poter deliberare in merito a richieste di autorizzazione all'esercizio di professioni regolamentate (quali la conferma dell'autenticità degli attestati e dei titoli di formazione rilasciati da parte di un altro Stato membro in caso di dubbio fondato) ed, inoltre, definisce eventuali formalità da seguire in determinate occasioni. Stabilisce, altresì, procedure uniformi per il riconoscimento delle qualifiche e l'uso del titolo professionale.
I titoli IV e V della direttiva recano disposizioni riguardanti, rispettivamente, le modalità d'esercizio della professione e la cooperazione amministrativa e le competenze esecutive dei singoli Stati membri.
Da ultimo, il Titolo VI prevede che, a partire dal 20 ottobre 2007, gli Stati membri trasmettano alla Commissione, con cadenza biennale, una relazione sull'applicazione del sistema.
Gli Stati membri dovranno conformarsi alla direttiva 2005/36/CE entro il 20 ottobre 2007.
Passando alla seconda parte della relazione, gli articoli del decreto di competenza della X Commissione, essi sono in gran parte, come già accennato, collocati nel Capo III (capo II della direttiva) del Titolo III, e dispongono in materia di riconoscimento sulla base dell'esperienza professionale.
In particolare: l'articolo 27 indica le condizioni per il riconoscimento dell'esercizio effettivo di una attività in un altro Stato membro ai fini dell'esercizio delle attività di cui alla Lista I dell'Allegato IV.
La Lista I dell'Allegato IV riguarda le attività nei seguenti settori:
a) Industria tessile;
b) Fabbricazione di calzature e abbigliamento;
c) Industrie del legno e del sughero;
d) Industrie del mobile in legno;
e) Stampa, edizioni e industrie collegate;
f) Industria del cuoio e delle pelli;
g) Industria della gomma;
h) Industria chimica;
i) Lavorazione del petrolio;
j) Industria dei prodotti minerali non metallici;
k) Produzione e prima trasformazione dei materiali ferrosi e non ferrosi;
l) Fabbricazione di oggetti in metallo;
m) Costruzione di macchine elettriche e non elettriche;
n) Costruzione di materiale da trasporto;
o) Industrie manifatturiere diverse;
p) Edilizia e genio civile;
q) Industrie dei grassi vegetali e animali
r) Fabbricazione di bevande
s) Parrucchieri.


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In particolare, ai fini del riconoscimento, l'attività deve essere stata esercitata in uno dei seguenti modi:
6 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda (sempre che l'attività non sia cessata da oltre 10 anni);
3 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 3 anni;
4 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 2 anni;
3 anni consecutivi come lavoratore autonomo e 5 anni come lavoratore subordinato (sempre che l'attività non sia cessata da oltre 10 anni);
5 anni consecutivi in funzioni direttive, di cui 3 con mansioni tecniche che implichino la responsabilità di almeno uno dei reparti dell'azienda, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 3 anni.

L'articolo 28 indica le condizioni per il riconoscimento dell'esercizio effettivo di una attività in un altro Stato membro ai fini dell'esercizio delle attività di cui alla Lista II dell'Allegato IV.
La Lista II dell'Allegato IV riguarda le attività nei seguenti settori:
t) Pesca;
u) Costruzione di materiale da trasporto;
v) Attività ausiliarie dei trasporti;
w) Poste e telecomunicazioni;
x) Lavanderie e tintorie;
y) Studi fotografici;
z) Manutenzione e pulitura di immobili o locali;
aa) Esercizio ambulante di una serie di attività;
bb) Operatori di servizi nei settori dei viaggi e trasporti.

In particolare, ai fini del riconoscimento, l'attività deve essere stata esercitata in uno dei seguenti modi:
5 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda (sempre che l'attività non sia cessata da oltre 10 anni);
3 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 3 anni;
4 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 2 anni;
3 anni consecutivi come lavoratore autonomo e 5 anni come lavoratore subordinato (sempre che l'attività non sia cessata da oltre 10 anni);
5 anni consecutivi come lavoratore subordinato, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 3 anni;
6 anni consecutivi come lavoratore subordinato, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione di almeno 2 anni.

L'articolo 29 indica le condizioni per il riconoscimento dell'esercizio effettivo di una attività in un altro Stato membro ai fini dell'esercizio delle attività di cui alla Lista III dell'Allegato IV.
La Lista III dell'Allegato IV riguarda le attività nei seguenti settori:
cc) Commercio all'ingrosso;
dd) Attività di intermediazione;
ee) Commercio al minuto;


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ff) Attività di ristorante, spacci di bevande, alberghi e simili;
gg) Banche ed altre istituti finanziari;
hh) Agenzie di brevetti;
ii) Trasporto passeggeri;
jj) Esercizio di condutture per il trasporto di prodotti chimici liquidi;
kk) Servizi ricreativi;
ll) Servizi domestici;
mm) Istituti di bellezza;
nn) Esercizio ambulante di una serie di attività.

In particolare, ai fini del riconoscimento, l'attività deve essere stata esercitata in uno dei seguenti modi:
3 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente d'azienda (sempre che l'attività non sia cessata da oltre 10 anni);
2 anni consecutivi come lavoratore autonomo o dirigente, se in possesso di un titolo, rilasciato o riconosciuto dallo Stato membro, che attesti una precedente formazione;
2 anni consecutivi come lavoratore autonomo e 3 anni come lavoratore subordinato (sempre che l'attività non sia cessata da oltre 10 anni);

Ancora nell'ambito della competenza della X Commissione la materia disciplinata dall'articolo 58 dello schema di decreto, che attribuisce ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro per le politiche europee, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, il compito di definire criteri per rendere uniformi le valutazioni ai fini della verifica della occasionalità e della temporaneità delle prestazioni professionali per l'attività di guida turistica e di accompagnatore turistico.
In relazione alle professioni di guida e accompagnatore turistico, oggetto dell'articolo in esame, si segnala che è recentemente intervenuta la legge n. 40 del 2007, di conversione del decreto legge n. 7 del 2007, la quale al comma 4 dell'articolo 10 ha previsto:
il venir meno dell'obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell'attività, di rispetto dei parametri numerici e di requisiti di residenza;
la riconferma dell'obbligo del possesso di requisiti di qualificazione professionale;
che l'esercizio dell'attività è consentito ai laureati in lettere con indirizzo in storia dell'arte o archeologia o titolo equipollente e non è subordinato allo svolgimento di un esame abilitante o di altre prove selettive. Con riferimento a detti soggetti è tuttavia consentita la verifica delle relative conoscenze linguistiche qualora non siano state oggetto del corso di studi.

In relazione alle citate modifiche si ricorda che l'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del turismo», c.d. Legge quadro del turismo) con riguardo alle professioni turistiche (ossia relative all'organizzazione e alla fornitura di servizi di promozione dell'attività turistica, nonché ai servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti) stabiliva che il relativo esercizio fosse subordinato ad un'apposita autorizzazione valida sull'intero territorio nazionale (fatta eccezione per le guide turistiche), rilasciata dalla regione.
Infine, ancora di interesse della Commissione X, la disposizione relativa all'abrogazione - contenuta nell'articolo 59 dello schema di decreto - dell'articolo 201, comma 5, del decreto legislativo n. 30 del 2005, in quanto recante norme in contrasto con i principi di libera prestazione di servizi a livello comunitario.
L'articolo 201 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, recante il Codice


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della proprietà industriale, disciplina la rappresentanza nelle procedure di acquisto e mantenimento dei diritti di proprietà industriale. In particolare, il comma 5 prevede che il mandato può essere conferito unicamente a cittadini UE in possesso di una qualifica professionale corrispondente a quella dei mandatari in materia di brevetti e marchi iscritti all'Albo italiano dei consulenti in proprietà industriale, riconosciuta ufficialmente nello Stato membro dell'Unione europea ove essi hanno il loro domicilio professionale, a condizione che nell'attività svolta il mandatario utilizzi esclusivamente il titolo professionale dello Stato membro in cui risiede, espresso nella lingua originale, e che l'attività di rappresentanza dei propri mandanti sia prestata esclusivamente a titolo temporaneo.
Il comma 2 del medesimo articolo 59 dispone, inoltre, l'abrogazione del decreto legislativo 17 gennaio 1992, n. 115 e del decreto legislativo 2 maggio 1994, n.319, le cui disposizioni risultano trasfuse nello schema di decreto in esame.
Tali provvedimenti regolano le professioni alle quali si applica un sistema generale di riconoscimento dei titoli che comprende i diplomi di istruzione universitaria della durata minima di tre anni ed i titoli professionali conseguiti al termine di un ciclo di studio post-secondario inferiore a tre anni ma superiore ad uno.
Infatti, la Direttiva 89/48/CE del 1988, recepita in Italia dal D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115, ha inizialmente disposto il riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali della durata minima di tre anni; in seguito, la direttiva 92/51/CE, recepita con. D.Lgs. 2 maggio 1994, n. 319, ha integrato la precedente, al fine di eliminare gli ostacoli all'accesso alle professioni regolamentate ed al loro esercizio, prescrivendo il riconoscimento dei titoli professionali che implicano un iter di studio post-secondario inferiore a tre anni ma superiore ad uno.
La disposizione prevede, infine, l'abrogazione integrale del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali.
In relazione alla abrogazione in esame, si osserva che tale disposizione è del tutto estranea alla materia in esame e probabilmente frutto di un refuso nella stesura del testo. Appare, pertanto, necessario verificare il corretto riferimento normativo.
Passando infine all'ultima parte dell'illustrazione, ovvero alle connessioni con il disegno di legge di riforma delle professioni occorre anzitutto sottolineare che l'impianto della direttiva e del decreto legislativo di recepimento prevedono che le Autorità competenti a riconoscere i titoli di cui ai provvedimento (articolo 5 del decreto) siano, di volta in volta, la Presidenza del Consiglio ovvero i Ministeri titolari della vigilanza sulle professioni interessate, in particolare in relazione alla verifica preliminare di cui all'articolo 11 del decreto, e alla verifica del tirocinio (articolo 4, lettera g) del decreto). In relazione a quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera d), del disegno di legge Mastella, che attribuisce agli ordini, albi e collegi - sebbene sotto la vigilanza del Ministero competente - la «costante verifica della qualificazione e dell'aggiornamento professionali permanenti degli iscritti» nonché un vero e proprio compito di inserimento professionale presso gli studi di giovani per il praticantato (ancora articolo 4, comma 1, lettera g) sembrerebbe possibile riconoscere agli ordini professionali un maggiore ruolo anche nella disciplina del decreto legislativo. Altra disposizione da valutare: nel caso dell'iscrizione automatica prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo, occorre considerare l'opportunità che il professionista che si iscrive automaticamente all'ordine del Paese ospitante sottoscriva anche il relativo codice deontologico, che con ogni probabilità sarà diverso, per qualche aspetto, rispetto a quello dell'Ordine professionale di provenienza.

Pierluigi MANTINI (Ulivo) relatore per la II Commissione, rileva che il provvedimento in esame è stato adottato in attuazione della legge 25 gennaio 2006, n. 29,


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recante «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2005», la quale ha delegato il Governo a recepire, mediante decreto legislativo, la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.
Come si legge nella relazione illustrativa dello schema di decreto in esame, scopo del provvedimento è quello di assicurare a coloro i quali hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro di accedere alla stessa professione e di esercitarla in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest'ultimo.
Nello specifico, lo schema di decreto legislativo n. 134, composto da sessanta articoli, è suddiviso nei seguenti quattro titoli: Titolo I, contenente disposizioni generali (articoli da 1 a 8); Titolo II, contenente la disciplina relativa alla libera prestazione di servizi (articoli da 9 a 15); Titolo III, contenente la disciplina relativa alla libertà di stabilimento (articoli da 16 a 57); Titolo IV, contenete disposizioni finali (articoli da 58 a 60).
L'articolo 1 individua, l'oggetto dello schema di decreto, consistente nella disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite in uno o più stati membri dell'Unione europea al fine dell'esercizio, in Italia, di una determinata professione.
Il medesimo articolo precisa, altresì, che la citata disciplina concerne unicamente il riconoscimento delle qualifiche professionali relative all'esercizio di professioni regolamentate, così come definite dal successivo articolo 4, con espressa esclusione di quelle il cui svolgimento sia riservato dalla legge a professionisti in quanto partecipi sia pure occasionalmente dell'esercizio di pubblici poteri ed in particolare le attività riservate alla professione notarile.
L'articolo 2 definisce il campo applicativo dello schema di decreto, precisando, al riguardo, che per talune professioni (medico, medico specialista, infermiere, odontoiatra, odontoiatra specialista, veterinario, farmacista ed architetto) il riconoscimento si attui facendo ricorso al principio del coordinamento delle condizioni minime di formazione.
L'articolo 3, concerne gli effetti del riconoscimento e l'articolo 4 chiarisce il significato di talune espressioni ricorrenti nello schema di decreto.
L'articolo 5 individua le Autorità nazionali competenti ad operare il riconoscimento delle qualifiche professionali e a svolgere numerose altre competenze previste dal provvedimento, mentre il successivo articolo 6 definisce le competenze del Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie quale centro di coordinamento nazionale per l'applicazione della disciplina e Punto nazione di contatto per le informazioni e l'assistenza sui riconoscimenti, così come previsto dall'articolo 56, par. 4 e dell'articolo 57 della direttiva.
L'articolo 7 concerne le conoscenze linguistiche richieste al professionista migrante, mentre l'articolo 8 regola la parte generale della cooperazione amministrativa tra le Autorità competenti dei vari Stati membri.
L'articolo 9 reca i principi generali riguardanti le prestazioni professionali temporanee ed occasionali di servizi e l'articolo 10 reca taluni adempimenti richiesti al professionista che intenda svolgere in Italia tali prestazioni.
Nel caso di prestazioni occasionali professionali regolamentate aventi ripercussioni in materia di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, l'articolo 11 prevede la possibilità di una verifica preventiva delle qualifiche professionali in possesso del prestatore che potrebbe anche concludersi con la necessità di sottoporre il professionista ad una prova attitudinale finalizzata a colmare le differenze sostanziali riscontrate.
Il successivo articolo 12 prevede, poi, l'esercizio della professione con l'uso del titolo del Paese di stabilimento e l'articolo 13 concerne l'iscrizione automatica del professionista presso gli organismo professionali, se esistenti.


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L'articolo 14 regola la cooperazione amministrativa fra le autorità competenti interessate e l'articolo 15 prevede alcuni obblighi di informazione nei confronti del destinatario del servizio.
I successivi articoli 16 e 17 disciplinano le procedure di riconoscimento volte ad assicurare al professionista proveniente da un altro Stato membro il diritto di stabilirsi in Italia per esercitare una professione regolamentata che è autorizzato a svolgere nel proprio Paese, mentre l'articolo 18 concerne l'ambito di applicazione del Capo II del titolo III del provvedimento riguardante il regime generale dei titoli di formazione.
L'articolo 19 individua i diversi livelli di qualifiche professionali (attestati di competenza, certificati e diplomi), mentre i successivi articoli 20 e 21 attengono ai titoli di formazione assimilati e alle condizioni per il riconoscimento.
L'articolo 22, fissa il principio in base al quale nel caso in cui risultino differenze sostanziali tra i pacchetti formativi previsti dallo Stato d'origine e lo Stato ospitante, l'Autorità competente dello stato ospitante (Stato italiano) può condizionare il riconoscimento al superamento di una misura compensativa (prova attitudinale o tirocinio di adattamento) a scelta del professionista richiedente (commi 1 e 6).
I presupposti per il ricorso alla citata misura compensativa sono previsti dal comma 1 dell'articolo in esame che, a tal fine, prende in considerazione la durata della formazione seguita dal professionista, le materie trattate nel corso della formazione, la corrispondenza tra la professione svolta nello Stato d'origine e lo Stato ospitante.
In relazione alle materie oggetto della formazione professionale il successivo comma 5 specifica, in particolare, che per «materie sostanzialmente diverse» si intendono materie la cui conoscenza è essenziale all'esercizio della professione regolamentata e che in termini di durata o contenuto sono molto diverse rispetto alla formazione ricevuta dal migrante
Il comma 2 stabilisce, comunque, che per l'accesso alle professioni di avvocato, dottore commercialista, ragioniere e perito commerciale, consulente per la proprietà industriale, consulente del lavoro, attuario e revisore contabile, nonché per l'accesso alle professioni di Maestro di sci e di guida alpina, il riconoscimento è subordinato al superamento di una prova attitudinale.
Il comma 3, delega, invece, l'Autorità competente di cui all'articolo 5, sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, ad individuare, con proprio decreto altre professioni per le quali la prestazione di consulenza o assistenza in materia di diritto nazionale costituisce un elemento essenziale e costante dell'attività.
Il comma 4 subordina, altresì il riconoscimento professionale allo svolgimento di una apposita prova attitudinale anche in casi particolari specificamente richiamati (articolo 18, lettere b), c), d), f) e g)).
Analoga prova attitudinale è prevista in relazione allo svolgimento di attività esercitate a titolo autonomo o con funzioni direttive in una società nell'ambito della quale la normativa vigente richieda la conoscenza e l'applicazione di specifiche disposizioni nazionale.
Ai sensi del successivo comma 7, con decreto del Ministro interessato, adottato dopo aver sentito il Ministro per le politiche europee e i Ministri competenti per materia ed osservata la procedura comunitaria di preventiva comunicazione agli altri Stati membri e alla Commissione, possono essere individuati altri casi per i quali in applicazione del comma 1 è richiesta la prova attitudinale.
L'articolo 23 detta, poi, disposizioni in materia di tirocinio e prova attitudinale e l'articolo 24, reca disposizioni concernenti le citate misure compensative, mentre il successivo articolo 24-bis reca disposizioni finanziarie.
L'articolo 25 disciplina le modalità di elaborazione delle «piattaforme comuni» da parte delle autorità italiane, prevedendo, altresì, che i riconoscimenti professionali rispondenti ai criteri stabiliti nel provvedimento comunitario di adozione di tali piattaforme non siano subordinati al


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compimento di tirocini di adattamento o di prove attitudinali. Rileva peraltro la necessità di correggere talune imprecisioni nell'indicazione dei soggetti che dovrebbero elaborare le predette piattaforme.
Il successivo articolo 26 contiene una disposizione generale riguardante il riconoscimento automatico delle qualifiche professionali relative alle professioni indicate nell'allegato IV dello schema di decreto, mentre i successivi articoli 27, 28 e 29 indicano le varie categorie di esperienza richiesta in relazione ai gruppi di attività indicati, rispettivamente, nelle liste I, II e III dell' Allegato IV.
L'articolo 30, collocato in apertura del Capo IV (Riconoscimento sulla base del coordinamento delle condizioni minime di formazione), sancisce il principio di riconoscimento automatico dei titoli di formazione, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 21 della direttiva 2005/36/CE.
In particolare, i titoli di formazione di medico, che danno accesso alle attività professionali di medico con formazione di base e medico specialista, infermiere responsabile dell'assistenza generale, odontoiatra, odontoiatra specialista, veterinario, farmacista e architetto, di cui all'allegato V, rilasciati a cittadini di Stati dell'Unione europea da altri Stati membri, sono riconosciuti dalle autorità competenti (il Ministero della salute per le professioni sanitarie) con gli stessi effetti dei titoli rilasciati in Italia per l'accesso, rispettivamente, all'attività di medico chirurgo, medico chirurgo specialista, infermiere responsabile dell'assistenza generale, odontoiatra, odontoiatra specialista, veterinario, farmacista e architetto (comma 1).
I titoli di formazione devono essere rilasciati dalle autorità competenti degli altri Stati membri ed essere accompagnati dalla prescritta certificazione (comma 2).
Le disposizioni in questione devono comunque salvaguardare i diritti acquisiti (comma 3).
I diplomi e i certificati rilasciati da altri Stati membri conformemente all'articolo in commento sono riconosciuti con gli stessi effetti dei diplomi rilasciati in Italia per l'accesso all'attività di medico di medicina generale, fatti salvi i diritti acquisiti (comma 4).
Il principio del riconoscimento automatico opera anche in relazione ai titoli di formazione di ostetrica rilasciati da altri Stati membri e conformi alle condizioni e modalità definite dall'articolo in esame, con gli stessi effetti dei titoli rilasciati in Italia per l'accesso all'attività di ostetrica (comma 5).
La disposizione precisa, altresì, che i titoli di formazione di architetto oggetto di riconoscimento automatico attestano una formazione iniziata al più presto nel corso dell'anno accademico indicato nell'allegato V punto 5.7.1 (comma 6).
Il Ministero della salute e il Ministero dell'università e della ricerca, rispettivamente per le professioni sanitarie e per le professioni nel campo dell'architettura, notificano alla Commissione europea le disposizioni adottate in materia di rilascio di titoli di formazione nei settori disciplinati dal Capo IV. Inoltre per i titoli di formazione nel settore dell'architettura, questa notifica è inviata anche agli altri Stati membri (comma 7).
Le informazioni notificate sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea attraverso una comunicazione della Commissione europea, in cui sono indicate le denominazioni dei titoli di formazione, l'organismo che li rilascia, il certificato che accompagna il titolo e il titolo professionale corrispondente (comma 8).
Gli elenchi dei titoli di cui all'allegato V sono aggiornati, in relazione alle modifiche definite in sede comunitaria, relativamente con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca per le professioni sanitarie, e con decreto del Ministero dell'università e della ricerca per la professione di architetto (comma 9).
L'articolo 31 detta alcune disposizioni relative ai diritti acquisiti, precisando che i titoli di formazione che non rispondono ai requisiti previsti dallo schema di decreto


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o che sono stati acquisiti in alcuni specifici Stati possono essere riconosciuti a determinate condizioni.
Il successivo articolo 32 reca, invece, disposizioni in ordine alla formazione dei medici chirurghi, specificando i requisiti in termini di conoscenze ed esperienza che essa deve assicurare e sottolineando la rilevanza della formazione continua ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 1999 per l'aggiornamento professionale successivo al compimento degli studi.
L'articolo 33, concernente la formazione medica specialistica e la denominazione medica specialistica, definisce, in particolare, i requisiti che devono caratterizzare la formazione finalizzata al conseguimento di un diploma di medico chirurgo specialista.
L'articolo 34 è diretto ad assicurare il riconoscimento dei diritti acquisiti specifici dei medici specialisti, prevedendo che, a determinate condizioni, i titoli di formazione di medico specialista siano riconosciuti anche nelle ipotesi in cui essi non rispondono ai requisiti prescritti dalla nuova normativa.
L'articolo 35 reca, poi, disposizioni per la disciplina della formazione specifica in medicina generale, specificando le condizioni di accesso, la durata e le modalità di svolgimento del relativo corso di formazione, mentre l'articolo 36 contiene disposizioni volte a salvaguardare i diritti acquisiti specifici deimedici di medicina generale, individuando i requisiti, le condizioni e le certificazioni a cui è subordinata l'ammissione all'esercizio dell'attività professionale in medicina generale.
L'articolo 37 contiene norme relative alla formazione d'infermiere responsabile dell'assistenza generale, in conformità alle disposizione recate dall'articolo 31 della direttiva 2005/36/CE, prevedendo, in particolare, modalità, durata, obiettivi e requisiti minimi delle attività formative.
L'articolo 38 chiarisce il contenuto delle attività professionali d'infermiere responsabile dell'assistenza generale, mentre l'articolo 39, determina i diritti acquisiti specifici degli infermieri responsabili dell'assistenza generale, recependo sostanzialmente le previsioni di cui all'articolo 33 della direttiva 2005/36/CE, provvedendo, tra l'altro, a definire peculiari disposizioni per il riconoscimento dei titoli di formazione rilasciati in Polonia che non soddisfano i requisiti minimi stabiliti dall'articolo 31.
L'articolo 40, concernente la formazione dell'odontoiatra, definisce, in particolare, i contenuti, la durata e le finalità della formazione finalizzata al conseguimento di un diploma di laurea in odontoiatria e protesi dentaria.
L'articolo 41, concernente la formazione di odontoiatra specialista, definisce, in particolare, i requisiti necessari per l'ammissione alle scuole di specializzazione in odontoiatria ed i principali aspetti riguardanti la formazione dell'odontoiatra specialista.
L'articolo 42, concernente i diritti acquisiti specifici degli odontoiatri, specifica, in particolare, i titoli e le condizioni necessarie, ai fini dell'esercizio dell'attività professionale di odontoiatra, per i cittadini in possesso del titolo di medico rilasciato in Italia, Spagna, Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia.
L'articolo 43, concernente la formazione del medico veterinario, definisce, in particolare, i contenuti e le finalità del percorso formativo volto al conseguimento del titolo di veterinario.
L'articolo 44, concernente i diritti acquisiti specifici dei medici veterinari, specifica, in particolare, i requisiti e le condizioni per il riconoscimento del titolo di medico veterinario ai cittadini degli Stati membri che abbiano conseguito tale titolo in Estonia.
L'articolo 45 definisce, in particolare, il contenuto, la durata e le condizioni di accesso alla formazione di ostetrica.
L'articolo 46, concernente le condizioni per il riconoscimento del titolo di formazione di ostetrica, specifica, in particolare, i requisiti e le condizioni per il riconoscimento automatico del diploma di ostetrica.
L'articolo 47 disciplina l'esercizio delle attività professionali di ostetrica, elencando,


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tra l'altro, le attività che caratterizzano l'attività professionale di ostetrica.
L'articolo 48, concernente i diritti acquisiti specifici alle ostetriche, stabilisce i requisiti necessari per il riconoscimento dei titoli di formazione di ostetrica rilasciati dalla ex Repubblica democratica tedesca e dalla Polonia.
L'articolo 49 reca l'elenco delle conoscenze e delle competenze relative alla formazione di farmacista e l'articolo 50 specifica le attività che possono essere esercitate con quel titolo, corredato del diploma di abilitazione all'esercizio della professione e rispondente alle condizioni di formazione previste dallo schema di decreto in esame.
L'articolo 51, che apre la sezione VIII del Capo IV del Titolo III dello schema di decreto legislativo, riproduce quasi integralmente le disposizioni contenute nell'articolo 46 della direttiva 2005/36/CE, riguardante le condizioni minime previste per la formazione di architetto.
La sezione VIII del Capo IV del Titolo III dello schema di decreto legislativo regola le condizioni per il riconoscimento sulla base del coordinamento delle disposizioni minime di formazione applicabili alla professione di architetto, attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 129 del 1992 e successive modificazioni, con cui è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva 85/384/CEE (c.d. direttiva architetti).
In particolare, il comma 1 richiede ai fini del riconoscimento quattro anni di studi a tempo pieno (o, in alternativa, sei anni, di cui almeno tre a tempo pieno) in una università ovvero in un istituto di insegnamento comparabile. Tale formazione deve essere certificata dal superamento di un esame di livello universitario.
Il corso di livello universitario deve comunque mantenere un equilibrio tra aspetti teorici e aspetti pratici della formazione in architettura, nonché garantire l'acquisizione di una serie di conoscenze e competenze, che la disposizione in commento raccoglie in un elenco di obiettivi formativi.
L'articolo 52 completa l'elenco dei titoli di formazione che la direttiva 2005/36/CE, in deroga ai requisiti stabiliti in via generale nell'articolo 51, considera comunque rilevanti ai fini del riconoscimento della professione di architetto.
L'articolo 53 indica gli effetti del riconoscimento dei titoli di formazione di architetto, mentre il successivo articolo 54 riguarda i loro diritti acquisiti specifici.
L'articolo 55 pone in capo al Ministero dell'università e della ricerca l'onere di certificare il valore abilitante all'esercizio della professione di architetto dei titoli conseguiti in Italia, ai fini del riconoscimento degli stessi in altri Stati membri e l'articolo 56 prevede taluni obblighi di informazione posti a carico dei Consigli degli ordini degli architetti.
L'articolo 57 rinvia la definizione di ulteriori norme concernenti la disciplina dei procedimenti di riconoscimento, l'iscrizione all'albo o al registro degli architetti a successivi regolamenti, da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia.
L'articolo 58 reca disposizioni in materia di guida turistica e di accompagnatore turistico.
L'articolo 59 contiene una serie di norme abrogative e di coordinamento normativo. Ritiene, peraltro, che non possa che essere dovuta ad un errore materiale l'indicazione del decreto legislativo n. 196 del 2003 (codice della privacy) tra le normative da abrogare.
L'articolo, infine, 60 reca la clausola di invarianza finanziaria.

Manlio CONTENTO (AN) nel sottolineare la complessità del provvedimento, esprime perplessità su talune disposizioni, che potrebbero portare ad una indebita equiparazione fra soggetti con titoli professionali di diverso livello. Chiede quindi al Governo di fornire dati e informazioni che consentano alle Commissioni di verificare come gli altri Paesi abbiano recepito la direttiva, al fine di valutare, anche sotto


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il profilo comparativo, gli effetti della disciplina in esame.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI ritiene che taluni aspetti del provvedimento possano essere migliorati. In particolare, rileva l'opportunità di rafforzare le misure compensative di cui all'articolo 22 ed il ruolo attribuito alla conoscenza della lingua italiana. Con riferimento alle osservazioni dei relatori sull'articolo 59, conferma che il comma 2 di tale disposizione contiene un mero errore materiale. Si riserva, quindi, di intervenire in modo più puntuale nel prosieguo dell'esame.

Giancarlo LAURINI (FI) concorda sulla necessità di attribuire un ruolo centrale alla conoscenza della lingua italiana, sottolineando come l'esercizio delle professioni non possa prescinderne.

Marilde PROVERA (RC-SE), dichiara anzitutto di condividere buona parte delle preoccupazioni emerse nel corso del dibattito, in particolare sulla conoscenza adeguata della lingua italiana da parte di chi viene in Italia ad esercitare una professione, e sulla assoluta necessità di verificare preliminarmente all'adozione di questo provvedimento, che è di massima apertura al riconoscimento dei titoli, che anche gli altri Paesi europei stiano muovendosi in analoga direzione e con comparabile apertura: il rischio, altrimenti, è che i nostri giovani professionisti sarebbero ulteriormente penalizzati sul mercato interno non potendo neppure ottenere di svolgere la propria professione in altri Paesi comunitari.
Infine, rispetto all'articolo 58, che riguarda le guide e gli accompagnatori turistici, ritiene che occorra verificare che le attività di valutazione della occasionalità e della temporaneità delle prestazioni svolte da tali operatori siano svolte dalle regioni, o almeno in collaborazione con le regioni, poiché tali professioni sono attualmente regolamentate a livello regionale.

Daniele CAPEZZONE, presidente, in merito alle questioni emerse sottolinea anzitutto che le Commissioni devono dare un parere su uno schema di decreto legislativo di recepimento di una direttiva europea e, con ogni evidenza, è ai contenuti di tale direttiva che il decreto è obbligato ad attenersi, a pena di apertura di procedure di infrazione. Sugli altri interrogativi posti ritiene che la presenza del Ministro nella prossima seduta possa essere estremamente utile a dirimere le questioni.
Rinvia quindi il seguito dell'esame alla prossima seduta.

La seduta termina alle 14.