II Commissione - Resoconto di marted́ 9 ottobre 2007


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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 9 ottobre 2007. - Presidenza del presidente Paolo GAMBESCIA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 13.

Ratifica Accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA) tra le comunità europee ed i loro Stati membri e l'Albania.
C. 3043 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Paolo GAMBESCIA, presidente, in sostituzione del relatore, onorevole Buemi,


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impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, illustra il disegno di legge in esame, che si compone di quattro articoli: i primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo di stabilizzazione e associazione CE-Albania. L'articolo 3 quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo. L'articolo 4 dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L'Accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA) tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e l'Albania, dall'altra, è finalizzato ad integrare l'Albania nel contesto politico ed economico europeo, anche nella prospettiva di una futura candidatura all'ingresso nell'Unione europea.
L'Accordo in esame comprende un Preambolo, 137 articoli raggruppati in dieci titoli, l'Atto finale, 5 Allegati, 6 Protocolli e Dichiarazioni.
Gli obiettivi dell'Accordo con l'Albania, delineati nell'articolo 1, sono quelli di: favorire il dialogo per consentire lo sviluppo delle relazioni politiche tra le Parti, sostenere l'Albania nella direzione di sviluppare la cooperazione economica e internazionale; instaurare progressivamente una zona di libero scambio tra la Comunità e l'Albania; promuovere la cooperazione regionale.
Si segnalano quindi i profili rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia.
Il titolo VII (articoli da 78 a 85) disciplina la cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni (GAI). Le Parti riconoscono l'importanza del rafforzamento delle istituzioni in generale e di quelle giudiziarie in particolare, e del consolidamento dello Stato di diritto. La cooperazione nel settore della giustizia si prefigge in primis l'indipendenza del settore giudiziario e il miglioramento della sua efficienza, nonché la formazione degli operatori del settore.
È prevista l'istituzione di un ambito di cooperazione, bilaterale e regionale, in materia di visti, controlli alle frontiere, asilo e immigrazione, e controllo dell'immigrazione illegale. In materia di riammissione, è già in vigore dal 1o maggio 2006 tra la CE e l'Albania un Accordo bilaterale, che detta le procedure per la riammissione di cittadini e apolidi illegalmente presenti nel territorio di una delle Parti.
L'ASA impegna anche le Parti a collaborare nella lotta al riciclaggio di denaro, alla criminalità e ad altre attività illecite (tratta di esseri umani, contrabbando, traffico di armi, terrorismo, eccetera), e nella lotta alla droga. La cooperazione tra la Parti in questi settori comprende anche assistenza amministrativa e tecnica.
Il Titolo X reca disposizioni istituzionali, generali e finali (articoli da 116 a 137). In particolare, viene istituito il Consiglio di stabilizzazione e di associazione (composto da membri del Consiglio dell'Unione europea, della Commissione delle Comunità europee e del governo dell'Albania), con il compito di sorvegliare l'applicazione dell'Accordo. Ciascuna delle Parti può deferire al Consiglio di stabilizzazione e di associazione qualsiasi controversia relativa all'applicazione o all'interpretazione dell'Accordo. Il Consiglio può comporre la controversia mediante una decisione vincolante. Inoltre, ciascuna delle parti si impegna a garantire che le persone fisiche e giuridiche dell'altra Parte possano adire, senza discriminazioni rispetto ai propri cittadini, i competenti organi giurisdizionali e amministrativi per tutelare i loro diritti individuali e di proprietà
Propone quindi di esprimere parere favorevole.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Legge comunitaria 2007.
C. 3062, approvato dal Senato.

Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2006.
(Doc. LXXXVII, n. 2).
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

Paolo GAMBESCIA (Ulivo), presidente e relatore, avverte che la Commissione dovrà


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trasmettere alla XIV Commissione la relazione sul disegno di legge comunitaria 2007 ed il parere sulla relazione annuale entro il 12 ottobre 2007 La Commissione, pertanto, potrebbe concludere, ove nulla osti, l'esame preliminare congiunto dei due provvedimenti entro domani, mentre il termine per la presentazione degli emendamenti potrebbe essere fissato alle ore 18 di domani, 10 ottobre 2007. Prende atto che così resta stabilito. Circa i criteri di ammissibilità degli emendamenti, ricorda che l'articolo 126-ter, comma 4, del regolamento della Camera stabilisce che, fermo quanto disposto dall'articolo 89, i presidenti delle Commissioni competenti per materia e il presidente della Commissione Politiche dell'Unione europea dichiarano inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio della legge comunitaria, come definito dalla legislazione vigente, ed in particolare dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005. In particolare, saranno considerati inammissibili per estraneità al contenuto proprio della legge comunitaria gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi recanti modifiche di vigenti discipline attuative di direttive (anche se si tratta di precedenti leggi comunitarie) non incluse nel disegno di legge, salvo siano riferiti a norme che siano oggetto di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia. Ricorda ancora che, secondo i criteri che sono stati messi a punto nel corso dell'esame dei precedenti disegni di legge comunitaria - e che saranno seguiti anche quest'anno per l'esame degli emendamenti al disegno di legge comunitaria 2007 - gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni non saranno inclusi automaticamente nel testo base da licenziare per l'Assemblea; sarà invece necessaria la loro approvazione da parte della XIV Commissione. I suddetti emendamenti potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale, secondo quanto prescrive l'articolo 126-ter, comma 5, del Regolamento. In caso di reiezione di emendamenti da parte delle Commissioni di settore nella fase dell'esame delle parti di competenza del disegno di legge, invece, gli eventuali identici emendamenti successivamente ripresentati presso la XIV Commissione dovranno considerarsi irricevibili. Gli emendamenti respinti dalle Commissioni di merito potranno, tuttavia, essere ripresentati in Assemblea. Per quanto riguarda, invece, gli emendamenti presentati direttamente presso la XIV Commissione, questi saranno trasmessi alle competenti Commissioni di settore per l'acquisizione dei pareri. Gli emendamenti sui quali le Commissioni di settore esprimeranno parere favorevole potranno essere respinti dalla XIV Commissione, anche in questo caso solo per motivi attinenti alla compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale. In riferimento agli emendamenti sui quali, invece, le Commissioni di settore esprimeranno un parere favorevole condizionato, la XIV Commissione dovrà recepire le condizioni indicate nel parere, attraverso opportune riformulazioni dei medesimi emendamenti. Ancora una volta questi ultimi potranno essere respinti dalla XIV Commissione solo per motivi attinenti alla compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale. La XIV Commissione non procederà invece all'esame degli emendamenti sui quali le Commissioni di settore esprimeranno parere contrario, ovvero non esprimeranno alcun parere; in tale ipotesi infatti non vi sarebbe una pronuncia della competente Commissione di settore tale da comportare l'assunzione degli emendamenti in questione.
Illustra quindi il contenuto del disegno di legge comunitaria 2007, che la legge 4 febbraio 2005, n. 11 (recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari), individua come lo strumento cardine, ancorché non esclusivo, per l'adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario.


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Il disegno di legge si compone di 32 articoli, suddivisi in tre Capi, e di due allegati (A e B).
Il capo I (articoli da 1 a 6) contiene disposizioni generali sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari. Il Capo II (articoli da 7 a 27), reca disposizioni particolari di adempimento e criteri specifici di delega legislativa. Il Capo III (articoli da 28 a 32) reca le disposizioni occorrenti per dare attuazione a decisioni quadro, adottate nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
Passando all'esame delle disposizioni rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia, si segnala anzitutto l'articolo 28, che apre il Capo III del disegno di legge, recante disposizioni per dare attuazione a decisioni quadro adottate nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (Titolo VI del Trattato sull'Unione europea). In particolare, l'articolo in commento delega il Governo a dare attuazione entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge a quattro decisioni quadro e disciplina il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi di attuazione; i principi ed i criteri direttivi che il Governo dovrà rispettare nell'attuare le decisioni quadro sono invece contenuti nei successivi articoli da 31 a 34 del disegno di legge.
Le decisioni quadro che il Governo è delegato ad attuare attraverso l'emanazione di decreti legislativi sono le seguenti: a) decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato; b) decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; c) decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato; d) decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio del 24 febbraio 2005, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie.
Il commi da 2 a 6 stabiliscono il procedimento per l'adozione dei decreti legislativi di attuazione delle suddette decisioni quadro e la trasmissione alla Camera dei deputati e al Senato per l'espressione del parere da parte delle competenti commissioni parlamentari.
L'articolo 29, modificato nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione al Senato, reca i principi ed i criteri direttivi che dovranno essere rispettati in sede di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del 22 luglio 2003 in materia di lotta contro la corruzione nel settore privato. Al riguardo, segnala che il termine previsto dall'articolo 9, paragrafo 1, della citata decisione quadro per la relativa attuazione è scaduto il 22 luglio 2005.
Nello specifico, la direttiva è volta a stabilire il principio generale in base al quale devono costituire illeciti penali all'interno dell'Unione europea e devono essere sanzionati con pene effettive, proporzionate e dissuasive, i comportamenti di corruzione attiva e passiva tenuti nel settore privato.
Nel dare attuazione a quanto disposto dalla suddetta decisione quadro, il Governo dovrà attenersi, oltre che ai principi ed ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e), f) e g) del disegno di legge in esame, ai seguenti principi e criteri direttivi.
Ai sensi della lettera a), il Governo dovrà introdurre nel libro II, titolo VIII, capo II del codice penale, dedicato ai delitti contro l'industria e il commercio, una fattispecie criminosa la quale punisca con la reclusione da uno a cinque anni la condotta di chi, nell'ambito di attività professionali, intenzionalmente sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accetta la promessa di tale vantaggio, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di una entità del settore privato, per compiere o omettere un atto, in violazione di un dovere, sempreché tale condotta comporti o possa comportare distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o


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servizi commerciali. Il criterio direttivo in esame riproduce in buona sostanza il testo dell'articolo 2, comma 1, lettera b), della decisione-quadro 2003/568.
Ai sensi della lettera b), il Governo dovrà prevedere la punibilità con la stessa pena anche di colui che, intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette il vantaggio di cui alla lettera a). Tale criterio direttivo riproduce il testo dell'articolo 2, comma 1, lettera a), della decisione-quadro 2003/568.
La successiva lettera c) prevede, invece, l'introduzione fra i reati di cui alla sezione III del capo I del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica), le fattispecie criminose di cui alle lettere a) e b), con la previsione di adeguate sanzioni pecuniarie e interdittive nei confronti delle entità nel cui interesse o vantaggio sia stato posto in essere il reato. Il criterio direttivo in questione è finalizzato all'attuazione degli articoli 5 e 6 della decisione quadro, ai sensi dei quali ciascuno Stato membro deve adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui sopra commessi a loro beneficio.
L'articolo 30 reca i principi ed i criteri direttivi cui il Governo si dovrà attenere nel dare attuazione alla decisione quadro 2003/577/GAI del 22 luglio 2003, che regola l'esecuzione sul territorio di uno Stato membro dei provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro, che dispongono il blocco o sequestro di beni per finalità probatorie ovvero per la loro successiva confisca. Ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 1, della decisione quadro, gli Stati membri erano tenuti ad adottare le misure di attuazione entro il 2 agosto 2005.
Nel dare attuazione a quanto disposto dalla decisione quadro 2003/577/GAI, il Governo dovrà attenersi, oltre che ai principi ed ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e), f) e g) del disegno di legge in esame, ai seguenti principi e criteri direttivi.
In base alla lettera a), prevedere nell'ambito del procedimento penale il riconoscimento e l'esecuzione sul territorio dello Stato di provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro a fini probatori e provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro in funzione della successiva confisca, emessi dall'autorità giudiziaria di altro Stato membro.
In base alla lettera b), prevedere che: 1) per «bene» debba intendersi ogni bene, in qualsiasi modo descritto, materiale o immateriale, mobile o immobile, nonché atti giuridici o documenti che attestano un titolo o un diritto su tale bene, in merito al quale l'autorità giudiziaria competente ritiene che sia il prodotto di uno dei reati di cui all'articolo 3 della decisione o sia equivalente, in tutto o in parte, al valore di tale prodotto oppure costituisca lo strumento o l'oggetto di tali reati (ai sensi dell'articolo 2, lettera d) della decisione quadro); 2) per «provvedimento di blocco o sequestro» debba intendersi qualsiasi provvedimento adottato da un'autorità giudiziaria competente dello Stato di emissione per impedire provvisoriamente ogni operazione volta a distruggere, trasformare, spostare, trasferire o alienare beni che potrebbero essere oggetto di confisca o costituire una prova (ai sensi dell'articolo 2, lettera c) della decisione quadro); 3) la «prova» concerna gli oggetti e i documenti o i dati che possono essere utilizzati a fini probatori in procedimenti penali riguardanti un reato di cui alla successiva lettera d).
In base alla lettera c), prevedere che si possa dare esecuzione nel territorio dello Stato italiano a qualsiasi provvedimento motivato, adottato dall'autorità giudiziaria dello Stato di emissione, per impedire provvisoriamente ogni operazione volta distruggere, trasformare, spostare, trasferire o alienare beni che potrebbero essere oggetto di confisca o costituire una prova. La decisione quadro non fa espresso riferimento alla motivazione del provvedimento di blocco o sequestro, la quale è


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comunque desumibile dalle voci comprese nel formulario del certificato allegato alla decisione; dal formulario si ricava infatti che l'autorità richiedente dovrà descrivere «i motivi pertinenti per il provvedimento di blocco e di sequestro» e sintetizzare i «fatti a conoscenza dell'autorità giudiziaria che emette il provvedimento di blocco o di sequestro».
In base alla lettera d): prevedere che i provvedimenti dell'autorità giudiziaria di sequestro o blocco dei beni emessi dallo Stato richiedente abbiano riguardo ai reati di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della decisione quadro, ove sia prevista una pena detentiva non inferiore a tre anni, indipendentemente dalla previsione della doppia incriminazione.
In base alla lettera e), per tutte le ipotesi di reato non contemplate nella precedente lettera d), il Governo dovrà subordinare il riconoscimento e l'esecuzione del provvedimento di blocco o di sequestro ad alcune specifiche condizioni: 1) se il provvedimento è emesso a fini probatori, la condizione è che i fatti per i quali esso è stato emesso costituiscano un reato ai sensi della legislazione italiana, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso nella legislazione della Stato di emissione; 2) se il provvedimento è emesso in funzione della successiva confisca del bene, la condizione è che i fatti per i quali esso è stato emesso costituiscano un reato che, ai sensi della legge italiana, consente il sequestro, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso nella legislazione dello Stato di emissione. In questi casi dunque si valuterà la doppia incriminazione da parte dell'autorità giudiziaria chiamata a dare esecuzione al provvedimento adottato all'estero.
La lettera f) dispone che, per quanto riguarda la procedura passiva, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 4 della Decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che la trasmissione dei provvedimenti di blocco o sequestro avvenga nelle forme della cooperazione giudiziaria diretta (trasmissione diretta dall'autorità giudiziaria che ha emesso il provvedimento a quella che deve dargli esecuzione, senza l'intermediazione di un'autorità centrale), eventualmente avvalendosi dei punti di contatto della Rete giudiziaria europea, e assicurando in ogni caso modalità di trasmissione degli atti che consentano all'autorità giudiziaria italiana di stabilirne l'autenticità; laddove si proceda ad una trasmissione diretta, il legislatore dovrà prevedere adeguate forme di comunicazione e informazione al Ministro della giustizia, anche a fini statistici. La decisione quadro non prevede, infatti, la possibilità di nominare un'autorità centrale, neanche a fini amministrativi.
La lettera g) dispone che, per quanto riguarda la procedura attiva, ossia quando è l'autorità giudiziaria italiana che emette il provvedimento a chiederne l'esecuzione all'estero, il Governo dovrà prevedere che l'autorità giudiziaria italiana possa rivolgersi direttamente all'autorità giudiziaria dello Stato estero, potendo anche in questo caso avvalersi dei punti di contatto della Rete giudiziaria europea. Ancora una volta dovranno essere assicurate adeguate forme di comunicazione e informazione al Ministro della giustizia.
In base alla lettera h), in attuazione dell'articolo 4, paragrafo 4, della decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che quando l'autorità giudiziaria dello Stato estero si rivolge ad una autorità giudiziaria italiana incompetente, sia quest'ultima, d'ufficio, a individuare l'autorità competente trasmettendole gli atti, limitandosi ad avvertire del cambiamento l'autorità estera.
In base alla lettera i), in attuazione dell'articolo 5, paragrafo 1, della decisione quadro, prevedere che, in presenza delle condizioni e dei requisiti previsti dalla legge, l'autorità giudiziaria italiana debba riconoscere validità al provvedimento di blocco dei beni o di sequestro emesso dall'autorità giudiziaria di altro Stato membro dandovi esecuzione senza ritardo ed informando l'autorità richiedente dell'esito dell'azione; il Governo dovrà valutare l'opportunità di inserire un termine per l'esecuzione del provvedimento.


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In base alla lettera l), prevedere che il vincolo di indisponibilità sul bene disposto dall'autorità giudiziaria italiana si protragga fino a quando essa non provveda in maniera definitiva sulle richieste dell'autorità giudiziaria dello Stato di emissione circa il trasferimento della prova ovvero circa la confisca del bene (articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro). Il Governo dovrà inoltre prevedere la facoltà di apporre limiti e condizioni alla durata del sequestro disposto sul territorio italiano, ferma restando la possibilità di revoca da parte dell'autorità giudiziaria italiana, dopo aver acquisito eventuali osservazioni dell'autorità giudiziaria richiedente, che viene informata senza indugio (in attuazione dell'articolo 6, paragrafo 2).
In base alla lettera n), prevedere che l'autorità giudiziaria italiana possa rifiutare il riconoscimento o l'esecuzione del provvedimento di blocco o di sequestro dei beni quando: il certificato previsto dalla decisione quadro (articolo 9) non sia stato prodotto unitamente con la richiesta, ovvero sia incompleto o non corrisponda manifestamente al provvedimento in questione; quando vi siano cause di immunità o di privilegio a norma dello Stato di esecuzione; quando dalle informazioni contenute nel certificato risulta evidente che l'assistenza giudiziaria prestata violerebbe il principio del «ne bis in idem»; nel caso previsto alla lettera d) dell'articolo 7, paragrafo 1 della decisione quadro. La lettera in questione riproduce l'articolo 7, paragrafo 1, della decisione quadro. Le cause di rifiuto del riconoscimento o dell'esecuzione del provvedimento costituiscono una elencazione tassativa, non suscettibile di interpretazione analogica.
In base alla lettera n), prevedere che, nell'ipotesi in cui il certificato non sia stato prodotto, sia incompleto o non corrisponda manifestamente al provvedimento richiesto, l'autorità giudiziaria italiana possa imporre un termine all'autorità giudiziaria di altro Stato membro entro il quale integrare la documentazione ovvero possa dispensare l'autorità giudiziaria di emissione dalla presentazione del medesimo certificato, ove non siano necessarie altre informazioni.
In base alla lettera o), in attuazione dell'articolo 7, paragrafo 3, della decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che l'eventuale decisione di rifiuto del riconoscimento o dell'esecuzione del provvedimento richiesto venga comunicata senza indugio all'autorità giudiziaria dello Stato richiedente.
In base alla lettera p), prevedere che laddove l'esecuzione del provvedimento richiesto possa arrecare pregiudizio ad un'indagine penale già in corso in Italia, ovvero i beni o la prova siano già sottoposti a vincolo di indisponibilità nell'ambito di un altro procedimento penale, l'autorità giudiziaria italiana possa rinviare, per una durata ragionevole, l'esecuzione del provvedimento, comunicandolo immediatamente all'autorità richiedente.
La lettera q) stabilisce che, in attuazione dell'articolo 10, paragrafo 1, della decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che le richieste di riconoscimento di provvedimenti di blocco o sequestro siano corredate da una richiesta di trasferimento della fonte di prova nello Stato di emissione o da una richiesta di confisca o contengano - nel certificato di cui all'articolo 9 della decisione quadro - un'indicazione volta a mantenere il bene nello Stato di esecuzione fino a quando non siano avanzate le richieste di cui sopra.
In base alla lettera r), prevedere che le richieste di trasferimento della fonte di prova o di confisca del bene debbano essere disciplinate secondo gli accordi internazionali in tema di assistenza giudiziaria in materia penale e la cooperazione internazionale in materia di confisca. La lettera in questione riproduce l'articolo 10, paragrafo 2, della decisione quadro. Mentre l'autorità dell'esecuzione deve procedere immediatamente a dare esecuzione al provvedimento di blocco o sequestro dei beni e può rifiutare l'esecuzione del provvedimento nei casi tassativamente indicati dalla decisione quadro, al momento di effettuare il trasferimento della fonte di prova o la confisca del bene essa potrà -


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salvo quanto previsto dalla successiva lettera s) - invocare tutti i motivi di rifiuto della cooperazione giudiziaria prevista nel diritto convenzionale. Anche in questo caso, viene effettuato un rinvio mobile e pertanto le cause di legittimo rifiuto della cooperazione aumenteranno o diminuiranno a seconda del modificarsi del diritto convenzionale.
La lettera s), in deroga alle disposizioni in tema di assistenza giudiziaria richiamate alla lettera precedente, stabilisce che il Governo dovrà prevedere che l'autorità giudiziaria italiana non possa rifiutare le richieste di trasferimento della fonte di prova per l'assenza del requisito della doppia incriminabilità, qualora le richieste riguardino reati di cui alla precedente lettera d) e tali reati siano punibili nello Stato di emissione con una pena detentiva di almeno tre anni.
In base alla lettera t), prevedere che avverso i provvedimenti dell'autorità giudiziaria italiana relativi al riconoscimento e all'esecuzione di provvedimenti di blocco e di sequestro siano esperibili i mezzi di impugnazione ordinari previsti dal codice di procedura penale, anche a tutela dei terzi di buona fede.
La lettera u), infine, stabilisce, in attuazione dell'articolo 7, paragrafo 3, della decisione quadro, che il Governo dovrà prevedere, in caso di responsabilità dello Stato italiano per i danni causati dall'esecuzione di un provvedimento di blocco o sequestro, l'attivazione senza ritardo del procedimento per il rimborso degli importi versati, a titolo di risarcimento per tale responsabilità, alla parte lesa.
L'articolo 31 reca i principi e i criteri direttivi di attuazione della decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio del 24 febbraio 2005 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, gli Stati membri erano tenuti ad adottare le misure necessarie per la sua attuazione entro il 15 marzo 2007. La decisione quadro in questione è un provvedimento di armonizzazione, finalizzato all'introduzione negli ordinamenti giuridici degli Stati membri di standard comuni in materia di confisca. Ciò in quanto le profonde differenze di disciplina tra i vari Stati ha finora reso alquanto complessa la cooperazione giudiziaria in questa materia; solo successivamente (entro il novembre 2008) si porrà il problema di dare attuazione anche alla decisione quadro 2006/783/GAI del 6 ottobre 2006 che ha disposto l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca.
L'articolo 33 del disegno di legge comunitaria stabilisce che il Governo, nel dare attuazione alla decisione quadro in materia di confisca, debba attenersi, oltre che ai principi e ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e), f) e g) del disegno di legge, anche ai principi e criteri direttivi espressamente indicati.
In base alla lettera a), il Governo dovrà disciplinare la confisca dello strumento di reato, secondo i seguenti criteri direttivi: obbligatorietà della confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, se appartenenti a uno degli autori del reato, nel caso di condanna o patteggiamento; possibilità di confisca su cose appartenenti a persona diversa dall'autore, soltanto nei casi di agevolazione colposa; confisca dello strumento di reato nei casi in cui il reato è stato realizzato mediante cose, impianti o macchinari sprovvisti di requisiti di sicurezza richiesti dalla legge, nell'esercizio di attività soggette ad autorizzazioni o controlli dell'autorità amministrativa, soltanto se i suddetti beni sono stati nuovamente utilizzati senza che sia stata data attuazione alle prescrizioni opportune per la messa in sicurezza impartite dall'autorità amministrativa, o comunque alla messa in sicurezza.
In base alla lettera b), il Governo dovrà disciplinare la confisca del provento del reato, secondo i seguenti criteri direttivi: obbligatorietà della confisca del prodotto e del prezzo del reato, nonché del profitto derivato direttamente o indirettamente dal reato, e del suo impiego, nella parte in cui non debbano essere restituiti al danneggiato, nel caso di condanna o patteggiamento; possibilità di prevedere la confisca obbligatoria degli stessi beni nel caso di


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proscioglimento per mancanza di imputabilità o per estinzione di un reato, la cui esistenza sia accertata con la sentenza che conclude il giudizio dibattimentale o abbreviato; obbligatorietà della confisca, totale o parziale, su altri beni di valore equivalente a quello delle cose che costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili ai sensi dell'articolo 514 del codice di procedura civile.
La lettera c) dispone che siano previsti espressi limiti all'applicabilità della confisca nei confronti della persona estranea al reato, che ne abbia beneficiato o che abbia ricevuto i beni per diritto successorio.
La lettera d) dispone che sia aggiornato il catalogo dei reati per cui possa trovare applicazione l'istituto della confisca di valori ingiustificati di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, in conformità a quanto disposto dall'articolo 3, paragrafo 3, della decisione quadro.
La lettera e) dispone che sia previsto che ai fini della confisca, i beni che l'autore del reato ha intestato fittiziamente a terzi, o comunque possiede per interposta persona fisica o giuridica, siano considerati come a lui appartenenti.
In base alla lettera f), il Governo dovrà adeguare la disciplina della confisca nei confronti degli enti, di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai principi di cui alle lettere b), c) ed e).
La lettera g), infine, dispone che sia garantito che in ogni caso la confisca non pregiudichi i diritti di terzi in buona fede sulle cose che ne sono oggetto.
L'articolo 34 reca i principi ed i criteri direttivi per l'attuazione della decisione quadro 2005/214/GAI del 24 febbraio 2005 relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie. Ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 1, della decisione quadro, gli Stati membri erano tenuti ad adottare le misure necessarie per attuarla entro il 22 marzo 2007.
Nel dare attuazione a quanto disposto dalla suddetta decisione quadro, il Governo dovrà attenersi, oltre che ai principi ed ai criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e), f) e g) del disegno di legge in esame, anche ai seguenti principi e criteri direttivi.
In base alla lettera a), prevedere che ogni decisione adottata dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro che infligga ad una persona fisica o giuridica una sanzione pecuniaria, penale o amministrativa, possa trovare riconoscimento ed esecuzione a cura dell'autorità competente dello Stato italiano, quando la persona fisica o giuridica contro la quale è stata emessa la decisione dispone all'interno dello Stato italiano di beni o di un reddito, ovvero ha la sua residenza abituale o, nel caso di una persona giuridica, la propria sede statutaria. Il riconoscimento reciproco riguarda dunque non soltanto decisioni adottate dall'autorità giudiziaria, ma anche da un'autorità diversa da quella giudiziaria (autorità amministrativa), a condizione però alla persona interessata sia stata data la possibilità di essere giudicata da un'autorità giudiziaria competente, in particolare, in materia penale.
In base alla lettera b), prevedere che l'autorità giudiziaria italiana che ha, all'esito di un procedimento giurisdizionale, inflitto una sanzione pecuniaria, penale o amministrativa, ad una persona fisica o ad una persona giuridica, possa richiedere il riconoscimento e l'esecuzione della medesima sanzione, per il tramite dell'autorità centrale italiana, alla competente autorità dello Stato membro in cui la persona fisica o giuridica contro la quale è stata emessa la decisione dispone di beni o di un reddito, ovvero ha la sua residenza abituale o, nel caso di una persona giuridica, ha la propria sede statutaria.
In base alla lettera c), prevedere che per sanzione pecuniaria si intenda, ai sensi dell'articolo 1, lettera b) della decisione quadro, l'obbligo di pagare: una somma di denaro in seguito a condanna per illecito imposta in una decisione; il risarcimento delle vittime imposto nella stessa decisione, qualora la vittima non sia parte civile nel processo e l'autorità giudiziaria agisca nell'esercizio della sua competenza penale; una somma di denaro in ordine alle spese dei procedimenti giudiziari o


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amministrativi connessi alla decisione; una somma di denaro da versare a favore di un fondo pubblico o di organizzazioni di assistenza alle vittime, imposta nella stessa decisione. La decisione quadro specifica che la sanzione pecuniaria non include: gli ordini di confisca degli strumenti o dei proventi di reato, nonché le decisioni di natura civilistica scaturite da un'azione di risarcimento di danni e di restituzione.
La lettera d) precisa che il Governo dovrà individuare l'autorità centrale amministrativa responsabile per lo Stato italiano della trasmissione e ricezione amministrativa delle decisioni e dell'assistenza da fornire alle autorità competenti.
La lettera e) dispone che, in attuazione dell'articolo 4 della decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che la richiesta di esecuzione della sanzione pecuniaria venga trasmessa all'autorità dello Stato di esecuzione corredata dal certificato. La decisione o una sua copia autenticata, corredata del certificato, è trasmessa direttamente dall'autorità competente dello Stato della decisione all'autorità competente dello Stato di esecuzione, se necessario attraverso l'ausilio della rete giudiziaria europea, con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta in condizioni che consentano allo Stato di esecuzione di accertarne l'autenticità. Qualora l'autorità dello Stato di esecuzione che riceve una decisione non sia competente a riconoscerla e ad adottare le misure necessarie alla sua esecuzione, essa trasmette d'ufficio la decisione all'autorità competente e ne informa l'autorità competente dello Stato della decisione.
In base alla lettera f), prevedere che l'autorità giudiziaria italiana proceda al riconoscimento e all'esecuzione della sanzione pecuniaria conseguente ad una decisione dell'autorità di altro Stato membro, senza verifica della doppia punibilità, con riferimento ai reati indicati all'articolo 5 della decisione quadro.
In base alla lettera g), per tutti i reati diversi da quelli previsti alla lettera precedente, il Governo dovrà subordinare il riconoscimento e l'esecuzione di una decisione di altro Stato membro alla condizione che la decisione medesima si riferisca a una condotta che costituisce reato ai sensi della legislazione italiana.
In base alla lettera h), il Governo dovrà prevedere che l'autorità giudiziaria italiana proceda immediatamente al riconoscimento e all'esecuzione della decisione emessa dall'autorità giudiziaria di altro Stato membro. I casi e i modi di rifiuto di riconoscimento ed esecuzione dovranno essere disciplinati dal Governo in conformità a quanto previsto dall'articolo 7 della decisione quadro. Si afferma qui il principio di mutuo riconoscimento, basato sulla collaborazione diretta tra le autorità giudiziarie dei diversi Stati membri e sull'eliminazione di procedimenti per il riconoscimento formale della decisione alla quale si deve dare esecuzione, nonché di quello di speditezza ed efficienza che deve caratterizzare la cooperazione giudiziaria. Rileva che l'articolo 7 prevede cause di rifiuto facoltative e non obbligatorie e che pertanto ciascuno Stato membro, nella legge di attuazione della decisione quadro, può decidere se avvalersi o meno dei motivi di rifiuto codificati nella decisione quadro.
In base alla lettera i), prevedere la possibilità per lo Stato italiano di ridurre o convertire l'importo della sanzione pecuniaria dando attuazione all'articolo 8 della decisione quadro. Prevedere inoltre la possibilità di sostituire la sanzione pecuniaria, in caso di mancato recupero, in pena detentiva o in altra sanzione penale secondo quanto previsto dalla legge italiana in materia di conversione di sanzioni di specie diversa nonché dall'articolo 10 della decisione quadro.
In base alla lettera l), prevedere l'applicabilità della legge italiana all'esecuzione di sanzioni pecuniarie inflitte dall'autorità di altro Stato membro di decisione, secondo le modalità di cui all'articolo 9, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro, nonché la possibilità di esecuzione della sanzione pecuniaria sul territorio dello Stato anche nei casi in cui la legislazione italiana non ammette il principio della responsabilità penale delle persone


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giuridiche, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 3, della decisione quadro medesima.
L'ordinamento italiano prevede la responsabilità degli enti sub specie di c.d. responsabilità amministrativa da reato (responsabilità per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato), ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
In base alla lettera n), in attuazione dell'articolo 11 della decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che eventuali provvedimenti di amnistia o grazia possano essere concessi sia dallo Stato di decisione che dallo Stato italiano ma che solo lo Stato italiano può decidere sulle domande di revisione della decisione emessa dall'autorità italiana.
La lettera n) dispone che, in attuazione dell'articolo 12 della decisione quadro, il Governo dovrà prevedere che laddove la decisione che ha irrogato la sanzione pecuniaria perda esecutività, l'autorità italiana debba tempestivamente avvertire l'autorità competente dello Stato membro di esecuzione, affinché questa ponga subito fine all'esecuzione stessa; prevedere, analogamente, laddove sia l'autorità italiana a dover proceder all'esecuzione.
La lettera o) dispone che, in attuazione dell'articolo 13 della decisione quadro, il legislatore delegato dovrà prevedere che le somme riscosse dall'autorità italiana in qualità di Stato di esecuzione, spettino allo Stato italiano.
In base alla lettera p), prevedere che, secondo le modalità di cui all'articolo 14 della decisione quadro, la competente autorità italiana informi l'autorità dello Stato della decisione di ogni provvedimento adottato in ordine alla richiesta di riconoscimento e di esecuzione della sanzione pecuniaria.
La lettera q), dispone che il Governo, in attuazione dell'articolo 15 della decisione quadro, dovrà disciplinare i casi in cui la competente autorità dello Stato della decisione riacquista il diritto di procedere alla esecuzione della sanzione.
Infine, in base alla lettera r), prevedere che l'autorità italiana possa rifiutare l'esecuzione qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che le sanzioni pecuniarie si prefiggono di punire una persona per motivi di sesso, razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o tendenze sessuali, oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi.
Passa quindi all'esame della relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nel 2006.
Per quanto riguarda l'area Giustizia e affari interni, la relazione annuale si sofferma sulle iniziative intraprese nei seguenti settori: cooperazione giudiziaria degli Stati membri e armonizzazione delle normative comunitarie in materia penale, cooperazione giudiziaria in materia civile e immigrazione. Salvo l'immigrazione, si tratta di norme di competenza della Commissione Giustizia.
In materia di giustizia e affari interni ricorda che il documento di riferimento a livello UE è costituito dal programma dell'Aja per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea per il periodo 2005-2010 adottato dal Consiglio europeo il 5 novembre 2004. Il 3 luglio 2007 la Commissione ha presentato la relazione sull'attuazione del programma dell'Aja per il 2006 (COM(2007)373).
Basandosi sul monitoraggio delle azioni intraprese sia a livello UE che a livello nazionale la comunicazione rileva una notevole disomogeneità nei progressi realizzati nelle diverse aree politiche.
Livelli soddisfacenti sono stati raggiunti nei settori relativi a: rispetto e protezione dei diritti fondamentali, cittadinanza europea, cooperazione giudiziaria in materia civile, strategia europea in materia di droga, asilo e immigrazione, visti e gestione delle frontiere e lotta al terrorismo.
Il livello di attuazione appare invece insufficiente per quanto riguarda la cooperazione di polizia, la cooperazione doganale, la prevenzione e la lotta alla criminalità organizzata e la cooperazione giudiziaria penale.
Nelle materie del Titolo VI del Trattato UE (cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale) la trasposizione degli strumenti legislativi UE è spesso incompleta


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o scorretta. Sulla base di tali osservazioni e al fine di permettere un progresso ulteriore nella realizzazione dell'area di libertà sicurezza e giustizia, la Commissione ritiene sia necessario migliorare la capacità decisionale dell'Unione europea in queste materie, adottando meccanismi più efficaci, trasparenti e affidabili.
In materia di cooperazione giudiziaria degli Stati membri e armonizzazione delle normative in materia penale, la relazione ricorda una documenti in corso di esame da parte delle istituzioni dell'Unione europea, come, ad esempio, le proposte di decisione quadro relative alla protezione dei dati personali nel quadro della cooperazione di polizia e giudiziari in materia penale (COM(2005)475), ai diritti processuali nei procedimenti penali nel territorio dell'Unione europea (COM(2004)328), alla lotta al razzismo e alla xenofobia (COM(2001)664), all'applicazione del principio del ne bis in idem (GAI(2003)3); alla creazione di un mandato europeo di ricerca delle prove (COM(2003)688), all'ordine di esecuzione europeo e al trasferimento delle persone condannate tra gli Stati membri dell'Unione europea (GAI(2005)2), alla lotta alla contro la criminalità organizzata (COM(2005)6); all'organizzazione e al contenuto degli scambi tra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (COM(2005)690); alla cooperazione tra gli Uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del rintracciamento e dell'identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GAI(2006)3), all'ordinanza cautelare europea nel corso delle indagini preliminari tra gli Stati membri dell'Unione europea (COM(2006)468); alla tutela penale dell'ambiente, (COM(2007)51); al riconoscimento e alla sorveglianza della sospensione condizionale delle pene, delle sanzioni sostitutive e delle condanne condizionali, presentata il 20 aprile 2007 (GAI(2007)4) ad una rete di punti di contatto contro la corruzione presentata il 25 giugno 2007 (GAI(2007)5).
Il Consiglio Giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 ha adottato conclusioni relative alla Giustizia elettronica nelle quali esorta a proseguire i lavori per la creazione di una piattaforma tecnica per lo scambio di informazioni relative alle questioni transfrontaliere in materia penale, civile e commerciale. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha riaffermato l'importanza dello scambio di informazioni sulle condanne penali e della promozione della comunicazione elettronica nel settore giuridico penale e civile.
Nell'ambito delle nuove prospettive finanziare 2007-2013, e, in particolare, del programma quadro «Diritti fondamentali e giustizia», il 12 febbraio 2007 è stato adottato il programma specifico «Giustizia penale» (decisione 2007/126/GAI), con dotazione pari a 196,2 milioni di euro per il periodo 2007-2013.
Tra le proposte in materia di cooperazione giudiziaria civile ricordate nella relazione annuale, sono tuttora in corso d'esame presso le istituzioni europee le proposte di regolamento recanti la modifica del regolamento CE n. 1348/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziari in materia civile e commerciale (COM(2005)305) e la modifica del regolamento (CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale (cosiddetto ROMA III). (COM(2006)399). Vi sono poi la proposta di regolamento sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (cosiddetto ROMA I) (COM(2005)650 ) e la proposta di regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e alla esecuzione delle decisioni e alla cooperazione giudiziaria in materia di obbligazioni alimentari (COM(2005)649).
Il 3 aprile 2007, la Comunità europea ha aderito formalmente alla Conferenza internazionale dell'Aja di diritto privato, a cui partecipano attualmente 67 Stati. Tale Conferenza è un'organizzazione esistente dal 1883 il cui obiettivo è dare impulso a convenzioni internazionali in aree tematiche


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quali la protezione dell'infanzia, la cooperazione internazionale e giuridica e i procedimenti giudiziari, nonché il diritto commerciale internazionale e finanziario, al fine di realizzare la progressiva unificazione delle norme di diritto internazionale provato.
Ricorda infine che nell'ambito delle nuove prospettive finanziare 2007-2013, e, in particolare, del programma quadro «Diritti fondamentali e giustizia», il 18 settembre 2007 è stato adottato il programma specifico «Giustizia civile» (COM (2005)122-5), con dotazione pari a 109,3 milioni di euro per il periodo 2007-2013.

Manlio CONTENTO (AN) esprime forti perplessità sul fatto che la legge comunitaria, sia pure conformemente a quanto disposto della legge n. 11 del 2005, disponga anche l'attuazione di decisioni quadro in materia di cooperazione giudiziaria. Tali decisioni quadro sono particolarmente delicate ed articolate, richiedono riflessione ed approfondimento, e dovrebbero essere esaminate autonomamente, così come è avvenuto opportunamente nella scorsa legislatura quando si è esaminato il provvedimento in materia di attuazione della decisione quadro sul mandato di arresto europeo.

Paola BALDUCCI (Verdi) ritiene che siano necessari tempi adeguati per approfondire l'esame di un provvedimento così importante.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI, pur comprendendo le preoccupazioni dell'onorevole Contento, rileva che al Senato è già stato svolto un ampio lavoro di assestamento e approfondimento sugli articoli da 29 a 32.

Paolo GAMBESCIA, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 13.20.

SEDE REFERENTE

Martedì 9 ottobre 2007. - Presidenza del vicepresidente Daniele FARINA. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Alberto Maritati, Luigi Scotti e Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 13.20.

Reati contro l'ambiente.
C. 25 Realacci, C. 49 Paolo Russo, C. 283 Pezzella, C. 1731 Balducci, C. 2461 Mazzoni, C. 2569 Franzoso e C. 2692 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 4 ottobre 2007.

Paola BALDUCCI (Verdi), relatore, propone di adottare quale testo base il disegno di legge C. 2692.

Erminia MAZZONI (UDC) dopo avere sottolineato l'opportunità di non chiudere nella seduta odierna l'esame preliminare, in relazione al disegno di legge C. 2692, dichiara di non condividere assolutamente l'articolo 3 che prevede una delega legislativa. Sottolinea peraltro che sussistono i margini per addivenire alla redazione di un testo condiviso, approvando emendamenti che migliorino il disegno di legge del Governo.

Daniele FARINA, presidente, dopo avere ricordato che la chiusura dell'esame preliminare è prevista per la seduta di giovedì 11 ottobre 2007, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione di squadre investigative comuni sovranazionali.
C. 2665, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 3 ottobre 2007.


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Il sottosegretario Alberto MARITATI ribadisce l'urgenza del provvedimento, che consente alla polizia giudiziaria di disporre di uno strumento indispensabile per perseguire crimini che rivestono una dimensione sovranazionale.
Con riferimento alle perplessità sollevate dall'onorevole Pecorella nella precedente seduta, rileva che l'articolo 696 del codice di procedura penale rappresenta comunque un filtro che impedisce l'applicazione di norme in contrasto con il nostro ordinamento. Sottolinea, inoltre, che l'articolo 5 della decisione quadro esplicita un principio del tutto logico, ovvero che la stessa decisione quadro non avrà più ragion d'essere quando sarà recepita da tutti gli Stati membri.

Enrico COSTA (FI) ritiene che i reati per i quali è possibile costituire le squadre investigative comuni sono descritti in modo generico e che la clausola di invarianza sia fuorviante, perché la costituzione delle predette squadre comporterà certamente ulteriori spese. Ritiene, inoltre, che la procedura di cui all'articolo 371-quater debba essere riformulata in modo da garantire il rispetto delle norme sulla competenza territoriale previste dal codice di procedura italiano.

Il sottosegretario Alberto MARITATI, nel replicare all'onorevole Costa, rileva che i reati per i quali si prevede la costituzione di squadre investigative comuni sono sufficientemente determinati e specificamente qualificati dalla loro particolare natura, dovendo essere commessi in due o più Stati. Non condivide le preoccupazioni relative alla competenza territoriale, poiché è previsto che le norme del codice di procedura saranno rispettate anche sotto questo profilo. Ribadisce che il provvedimento non comporta maggiori oneri, perché continuerà a spendersi quello che fino ad oggi si è speso con le rogatorie internazionali. Si utilizzerà quindi uno strumento più efficace per perseguire gli stessi reati, caratterizzati da una dimensione sovranazionale.

Daniele FARINA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare e fissa il termine per la presentazione di emendamenti alle ore 18 di giovedì 18 ottobre 2007. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disciplina della difesa d'ufficio nei giudizi civili minorili e modifiche al codice civile in materia di procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale.
C. 1556 Palomba.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 agosto 2007.

Daniele FARINA, presidente, ricorda che il relatore, nella seduta del 2 agosto scorso, ha introdotto l'esame della proposta di legge all'ordine del giorno, rinviando ad una seduta successiva l'illustrazione dettagliata del testo.

Federico PALOMBA (IdV), relatore, osserva che la proposta di legge in esame, composta da otto articoli, contiene disposizioni concernenti la difesa d'ufficio nei giudizi civili minorili e talune modifiche al codice civile in materia di procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale.
Ricorda che la legge n. 149 del 2001, di riforma della legge n. 184 del 1983 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), ha previsto l'obbligo dell'assistenza legale del minore e dei genitori nelle procedure di adottabilità (articolo 8, comma 4, legge n. 184 del 1983) e nelle procedure civili minorili in materia di potestà dei genitori (articolo 336, ultimo comma, del codice civile) per le quali in precedenza non era necessaria la presenza del difensore.
Tuttavia, la normativa in materia di difesa d'ufficio (legge n. 60 del 2001) ha disciplinato la difesa di ufficio nei soli procedimenti penali e la legge n. 149 del 2001 non contiene disposizioni ad hoc in ordine alla nomina del difensore di ufficio


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in favore dei genitori e del minore e tantomeno una specifica norma transitoria di coordinamento con la citata legge n. 60. Ne è derivata una situazione in cui il principio di effettività della difesa, cui la legge 149 del 2001 ha inteso ispirarsi, incontra forti limiti, ove si tenga conto, da un lato, della necessità di affidare l'incarico a professionisti in possesso di competenze qualificate in considerazione della delicatezza della funzione da assolvere e, dall'altro, della sostanziale inadeguatezza dell'attuale normativa sul gratuito patrocinio nei giudizi civili, avuto riguardo alle condizioni di povertà necessarie per l'ammissione.
Infatti, la disciplina sul gratuito patrocinio, ora contenuta nella parte III del TU sulle spese di giustizia (Decreto del presidente della Repubblica n. 115 del 2002), in relazione ai menzionati procedimenti, non prevede alcuna specifica disciplina, limitandosi a riprodurre le disposizioni della precedente normativa, che al riguardo non conteneva alcuna previsione. Nei giudizi civili (come in quelli penali, amministrativi, contabili e tributari) le nuove disposizioni relative al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti hanno elevato a 9.296,22 euro (ora aggiornato ad 9.723,84 euro) il livello massimo del reddito ai fini dell'ammissione al beneficio. Da qui, la necessità, in attesa di una compiuta disciplina della difesa d'ufficio nei giudizi civili minorili, di ricorrere al sistema della decretazione d'urgenza per permettere che, in via transitoria, ai procedimenti in questione potessero continuare ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 149 del 2001: sono così intervenuti, in sequenza temporale, una serie di decreti-legge diretti a disporre, in via transitoria, fino ad una data di volta in volta prorogata, l'ultrattività delle disposizioni processuali contenute nel titolo II, capo II della legge n. 184 del1983 e del previgente articolo 336 del codice civile. L'ultimo dei predetti interventi d'urgenza ha prorogato al 30 giugno 2007 (termine quindi, ormai, scaduto) l'efficacia della disciplina processuale previgente la legge n. 149/2001.
Passando all'esame del contenuto del provvedimento, osserva che l'articolo 1 disciplina la nomina del difensore d'ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità di cui alla legge n. 184 del 1983.
Il comma 1 afferma il principio secondo il quale in tali procedimenti le parti devono stare in giudizio con il ministero e l'assistenza di un avvocato. A tal fine, l'avviso con il quale sono avvertiti i genitori (o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore) dell'apertura del procedimento per la dichiarazione di adottabilità dovrà contenere: l'invito a nominare un difensore di fiducia, con l'avviso che, in mancanza, si procederà alla nomina di un difensore di ufficio; succinte informazioni in ordine alle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato con l'avviso che, non ricorrendo tali condizioni, le parti saranno tenute a retribuire il difensore nominato d'ufficio. Si precisa, infine, che «con lo stesso atto» è nominato un curatore del minore che, in ogni fase del procedimento svolge le sue funzioni a titolo gratuito.
Il comma 2 specifica che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato è possibile, ricorrendone le condizioni, per tutte le parti private, compreso il curatore speciale del minore, anche laddove intendano promuovere un autonomo ricorso.
Ai sensi dei commi 3 e 4, la scelta del difensore di ufficio viene effettuata tra gli avvocati iscritti in uno specifico elenco predisposto dal locale Consiglio dell'Ordine, ed ha efficacia dal momento della nomina, venendo meno automaticamente con la comunicazione al giudice della nomina di un difensore di fiducia. Consigli dell'ordine dovranno aggiornare ogni due anni il predetto elenco, al quale potranno essere iscritti soltanto gli avvocati disponibili ad assumere la difesa d'ufficio e con specifiche competenze in materia di diritto minorile e di famiglia.
Il comma 5 dispone, poi, che la nomina del difensore d'ufficio sia valida per ogni fase e grado del giudizio e per tutte le procedure comunque connesse.


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Una disposizione di chiusura è prevista dal comma 6, il quale, per tutto quanto non previsto, rinvia, laddove compatibili, alle disposizioni in tema di patrocinio a spese dello Stato contenute nel T.U. delle spese di giustizia.
L'articolo 2 sostituisce l'articolo 336 del codice civile. In particolare, si conferma la scelta del ricorso quale atto introduttivo del procedimento e se ne disciplina il contenuto (comma 1), mentre il comma 2, precisa che la competenza appartiene al giudice del luogo di dimora abituale del minore al momento della presentazione del ricorso.
Vengono poi stabiliti una serie di termini endoprocedimentali: 5 giorni dal deposito del ricorso per la fissazione, da parte del presidente, dell'udienza di comparizione e per la nomina, da parte dello stesso, del giudice delegato e di un curatore speciale del minore. Il giudice delegato dovrà essere scelto tra i giudici togati anche se potrà procedere all'istruttoria con un giudice onorario; il curatore svolgerà le proprie funzioni a titolo gratuito, in ogni fase, stato o grado del procedimento e per tutte le procedure connesse; 60 giorni, quale termine massimo che deve intercorrere tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di comparizione; 10 giorni dalla data di pronuncia del decreto di fissazione d'udienza per la notifica dello stesso, unitamente al ricorso, al PM e ai controinteressati; 30 giorni quale termine minimo che deve intercorrere tra la data di notificazione e quella dell'udienza di comparizione. Il termine può essere dimezzato su richiesta motivata del ricorrente.
Il comma 5 dell'articolo in commento specifica che il decreto di fissazione dell'udienza dovrà contenere: l'invito a nominare un difensore di fiducia, con l'avviso che, in mancanza, si procederà alla nomina di un difensore di ufficio; succinte informazioni in ordine alle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato con l'avviso che, non ricorrendo tali condizioni, le parti saranno tenute a retribuire il difensore nominato d'ufficio.
L'articolo 3 inserisce un nuovo articolo all'interno del codice civile, con l'obiettivo di disciplinare la possibilità per il presidente del tribunale di adottare provvedimenti temporanei, immediatamente esecutivi, nell'interesse del minore.
Il nuovo articolo 336-bis del codice civile, rubricato «Provvedimenti di urgenza ante causam», prevede che il presidente del tribunale (o il giudice da lui delegato), con apposito decreto motivato, possa adottare provvedimenti temporanei immediatamente esecutivi nell'interesse del minore. Presupposto per l'adozione dei citati provvedimenti è la necessità di tutelare la salute psico-fisica del minore in una situazione che richiede un intervento non differibile. Il decreto presidenziale dovrà anche: provvedere alla nomina di un curatore speciale del minore; eventualmente contenere la nomina di un difensore d'ufficio; fissare l'udienza di comparizione entro il termine di 30 giorni; essere notificato entro 5 giorni al PM, ai genitori, al tutore e al curatore speciale del minore e ai difensori nominati.
Il nuovo articolo 336-bis prevede inoltre il rispetto di ulteriori termini: 10 giorni devono intercorrere tra la data di notifica e quella dell'udienza di comparizione; 30 giorni è la durata massima della sospensione del procedimento consentita per acquisire elementi sulla capacità parentale di uno o di entrambi i genitori, mettendoli alla prova attraverso l'affidamento temporaneo del minore; 5 giorni è il termine precedente all'udienza entro il quale il PM può presentare le proprie richieste.
Ai sensi del comma 5, in attesa dell'udienza di comparizione possono essere compiuti atti istruttori e il fascicolo deve essere accessibile ai difensori.
Infine, il comma 6 stabilisce che il decreto di cui al comma 1 deve essere confermato, modificato o revocato dal collegio entro cinque giorni. Se il collegio non si pronuncia entro tale termine i provvedimenti di urgenza adottati perdono comunque efficacia. In caso di conferma o modifica del decreto presidenziale il collegio fissa anche l'udienza per la prosecuzione.


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L'articolo 4 sostituisce l'articolo 337 del codice civile (che attualmente disciplina la vigilanza del giudice tutelare) dettando disposizioni in tema di legittimazione attiva e passiva e di difesa d'ufficio.
Ai sensi del comma 1, hanno legittimazione attiva: il pubblico ministero, i genitori, i parenti entro il quarto grado, il tutore, gli organismi di protezione dell'infanzia degli enti locali, il curatore (la cui nomina può essere richiesta anche dai predetti organismi), il minore ultrasedicenne, gli uffici del servizio sociale per i minorenni, in caso di delitti di natura sessuale commessi in danno di minorenni.
Ai sensi del comma 2, hanno legittimazione passiva: il pubblico ministero, i genitori, il minore, il tutore, le persone conviventi con il minore nei cui confronti siano richiesti ordini di protezione.
Il comma 3 dell'articolo in esame riafferma il principio secondo il quale le parti private non possono stare in giudizio se non con il ministero e l'assistenza di un avvocato. Le stesse parti potranno dunque richiedere, anche prima della proposizione del ricorso, l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Qualora il ricorrente non abbia nominato un difensore di fiducia il Presidente, con il decreto con cui fissa l'udienza di comparizione, nomina un difensore di ufficio; allo stesso modo provvede, con successivo decreto, qualora i controinteressati non abbiano provveduto alla nomina di un difensore di fiducia, e in ogni altro caso in cui un soggetto assuma la qualità di parte nel procedimento. In ogni caso, contestualmente alla nomina del difensore d'ufficio il presidente informa le parti sulle condizioni per l'accesso al patrocinio a spese dello Stato avvertendole che, in assenza dei requisiti richiesti dalla normativa per tale patrocinio, esse dovranno retribuire il difensore nominato. Anche in questo caso, analogamente a quanto previsto dall'articolo 1, la scelta del difensore d'ufficio dovrà essere effettuata dagli elenchi predisposti dai Consigli dell'ordine.
Infine, il comma 10 dispone che la nomina del difensore d'ufficio sia valida per ogni fase e grado del giudizio e per tutte le procedure comunque connesse e il comma 11 contiene una disposizione di chiusura stabilendo che, per tutto quanto non previsto, si applicano, se compatibili, le disposizioni in tema di patrocinio a spese dello Stato contenute nel T.U. delle spese di giustizia.
L'articolo 5 della proposta di legge completa la disciplina del procedimento davanti al tribunale per i minorenni, inserendo sette nuovi articoli nel codice civile (dall'articolo articolo 337-bis all'articolo 337-octies).
In particolare, l'articolo 337-bis è dedicato alla costituzione delle parti in giudizio, cioè alle modalità attraverso le quali le parti si presentano al giudice per mettere in evidenza le proprie ragioni e legittimare, presso lo stesso giudice del processo, il difensore. La disposizione prevede che la costituzione avvenga attraverso il deposito del ricorso nonché della relazione di notificazione e della procura (se un difensore è già stato nominato) nella cancelleria del giudice o direttamente in udienza.
L'articolo 337-ter disciplina le fasi ulteriori del procedimento, tutte caratterizzate dal rispetto del principio del contraddittorio. In particolare, la proposta di legge prevede che alla prima udienza di comparizione il giudice, dopo aver verificato la corretta instaurazione del contraddittorio, possa adottare provvedimenti di urgenza nell'interesse della salute psico-fisica del minore, analogamente a quanto disposto per la fase precedente dall'articolo 336-bis. Contro tali provvedimenti può essere proposta entro 15 giorni istanza di modifica o revoca al collegio che, senza la presenza del giudice che ha pronunciato i provvedimenti decide entro il termine perentorio di 15 giorni. Ai sensi del comma 3 il giudice può procedere anche d'ufficio alla ricerca delle prove (che vengono assunte con le modalità indicate dai commi 4 e 6) e si pronuncia direttamente in udienza o nei 5 giorni successivi sulle istanze di parti private e PM.
L'articolo 337-quater disciplina, poi, l'ascolto del minore. In particolare, tale


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disposizione prevede che debba essere sentito dal giudice il minore che ha compiuto i dodici anni o che comunque, anche se infradodicenne, ha dimostrato capacità di discernimento. Il comma 2 precisa, inoltre, che l'audizione deve svolgersi in forma protetta e in locali idonei, anche esterni agli uffici giudiziari; l'audizione dovrà essere verbalizzata e registrata con strumenti audio visivi. Infine, ai sensi del comma 3, in questa fase di ascolto del minore il giudice delegato può avvalersi di un giudice onorario esperto in psicologia dell'età evolutiva e può richiedere la presenza di un familiare del minore.
Ai sensi del successivo articolo 337-quinquies, la procedura si conclude con le seguenti fasi: al termine dell'istruttoria e della trattazione il giudice rimette la causa al collegio; le parti, fino a 5 giorni prima della data fissata per la camera di consiglio possono chiedere al collegio che si svolga la discussione; la sentenza è depositata entro 15 giorni dalla decisione in camera di consiglio; le parti possono, entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza, presentare ricorso alla sezione per i minorenni della corte d'appello; la sentenza d'appello è ricorribile in Cassazione entro 30 giorni dalla notificazione; ai sensi del comma 3, in caso d'urgenza, le sentenze pronunciate in primo e secondo grado possono essere dichiarate immediatamente esecutive; una volta divenuta definitiva, la sentenza può essere modificata o revocata solo in presenza di circostanze sopravvenute o non conosciute nel precedente grado di giudizio.
L'articolo 337-sexies attribuisce la competenza a vigilare sul rispetto delle condizioni poste dai provvedimenti giudiziari al giudice di primo grado, delegato dal Presidente del Tribunale, che tali provvedimenti ha adottato.
L'articolo 337-septies disciplina l'esecuzione dei provvedimenti attribuendone la responsabilità al giudice che li ha pronunciati (che potrà avvalersi di un giudice onorario); per le ordinanze provvede uno dei componenti togati del collegio.
L'articolo 337-octies prevede per i difensori, in tutti procedimenti in materia di potestà genitoriale di cui ai precedenti articoli, la possibilità di compiere o ricevere nell'interesse delle parti tutti gli atti del processo che la legge non riservi alle parti stesse; in particolare, possono presentare memorie e formulare istanze e richieste nel rispetto dei diritti di difesa e del contraddittorio garantiti dall'articolo 111 della Costituzione.
Il comma 2 dell'articolo 5 chiarisce che dall'attuazione delle nuove disposizioni del codice civile non dovranno derivare oneri per il bilancio dello Stato.
L'articolo 6 precisa, in sede di disciplina transitoria, che nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, in materia di adottabilità di minori di cui alla legge n. 184 del 1983 e quelli in materia di potestà genitoriale di cui all'articolo 336 del codice civile, continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti il citato decreto-legge n. 150 del 2001, convertito dalla legge n. 240 del 2001.
Scopo di tale disposizione è quello di stabilire, limitatamente ai citati provvedimenti, l'ultrattività della precedente disciplina dettata della legge n. 184 del 1983 e dell'articolo 336 del codice civile che in entrambi i richiamati procedimenti minorili non prevedevano, in favore del minore e dei genitori, la necessità dell'assistenza di un difensore.
L'articolo 7 stabilisce, in via residuale ed in quanto compatibile, l'applicazione della disciplina del codice di procedura civile per quanto non previsto dal progetto di legge in esame in materia di procedimento di nomina del difensore nelle procedure di adottabilità ed in materia di provvedimenti inerenti la potestà genitoriale.
Da ultimo, l'articolo 8 concerne l'entrata in vigore del provvedimento, prevista per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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Daniele FARINA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 9 ottobre 2007. - Presidenza del vicepresidente Daniele FARINA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 13.40

Relazione concernente l'individuazione della destinazione delle disponibilità del Fondo per gli investimenti in materia di edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile del Ministero della giustizia, per l'anno 2007.
Atto n. 151.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 4 ottobre 2007.

Il sottosegretario Luigi LI GOTTI, con riferimento alle obiezioni e perplessità emerse nel corso della precedente seduta, sottolinea che l'ammontare complessivo delle risorse stanziate per l'edilizia penitenziaria è sostanzialmente raddoppiato rispetto a quello dell'anno precedente. Precisa quindi che il 90 per cento dell'edilizia penitenziaria è di competenza comunale, mentre il restante 10 per cento riguarda immobili del demanio statale, e che la maggior parte degli interventi in questione riguarda questi ultimi. Per quanto concerne la distribuzione territoriale degli interventi, chiarisce che si è tenuto conto delle aree, come quelle di Milano e Bolzano, che hanno beneficiato di cospicui stanziamenti negli anni passati. Ricorda quindi che a Firenze e Salerno è imminente l'apertura dei nuovi uffici giudiziari; che Palermo e Parma non hanno ancora utilizzato i fondi stanziati l'anno scorso. Inoltre, su alcune opere recentemente compiute occorre intervenire nuovamente, perché taluni studi sopravvenuti hanno evidenziato la pericolosità di alcuni dei materiali utilizzati. Tutti gli interventi, comunque, sono stati concordati con i provveditorati regionali alle opere pubbliche.
Precisa altresì che il Ministero non ha mai manifestato l'intenzione di sopprimere Tribunali giudiziari ma, semmai, di accorpare uffici giudiziari che risultino avere un carico di lavoro inferiore a determinate soglie.

Daniele FARINA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.50

COMITATO DEI NOVE

Modifica al codice di procedura penale e al codice penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale.
C. 782 ed abb./A.

Il Comitato dei nove si è riunito dalle 13.50 alle 14.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non è sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di violenza sessuale ed introduzione nell'ordinamento del delitto di molestia insistente.
C. 950 Lussana, C. 1249 Bianchi, C. 1256 Nan, C. 1374 Caparini, C. 1819 Lussana,


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C. 2033 Brugger, C. 1901 Codurelli, C. 1823 Prestigiacomo, C. 2101 Mura, C. 2169 Governo, C. 2385 Angela Napoli, C. 2066 Incostante, C. 1595 Cirielli, C. 1639 De Simone, C. 1623 Belillo, C. 212 Fabris, C. 2903 Bimbi, C. 2781 Cirielli e C. 2875 Sanza.

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all'indennizzo delle vittime di reato.
Atto n. 130.