XIV Commissione - Resoconto di marted́ 13 novembre 2007


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 13 novembre 2007. - Presidenza del presidente Franca BIMBI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le comunicazioni, Giorgio Calò.

La seduta comincia alle 11.40.

Variazione nella composizione della Commissione.

Franca BIMBI, presidente, avverte che, per il gruppo PD-U, entra a far parte della Commissione il deputato Salvatore Buglio, mentre cessa di farne parte il deputato Dario Franceschini.

Sull'ordine dei lavori.

Franca BIMBI, presidente, propone un'inversione dell'ordine del giorno, nel senso di passare dapprima all'esame dei disegni di legge C. 2630 e C. 2711.

La Commissione concorda.


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Ratifica dei seguenti accordi: a) Accordo di cooperazione relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) - Galileo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e la Repubblica popolare cinese; b) Accordo concernente la promozione, la fornitura e l'uso dei sistemi di navigazione satellitare Galileo e GPS e applicazioni correlate tra gli Stati Uniti d'America e la Comunità europea ed i suoi Stati membri.
C. 2630 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U), relatore, rileva che il disegno di legge in titolo, già approvato dal Senato, ratifica due accordi tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Cina e gli USA dall'altra. L'Accordo con la Cina, firmato il 30 ottobre 2003, è un accordo di cooperazione relativo al Sistema Globale di navigazione satellitare civile Galileo. L'Accordo con gli USA, firmato il 26 giugno 2004, riguarda la promozione, la fornitura, l'uso dei sistemi di navigazione satellitare Galileo e GPS e l'interoperabilità dei due sistemi. Sottolinea l'importanza della ricerca Galileo che si configura come sistema satellitare con scopi civili che consentirà all'Italia e all'Europa di utilizzare un proprio sistema di navigazione satellitare evitando di ricorrere agli analoghe tecnologie statunitensi, cinesi o russe che hanno anche finalità militari. Ritiene che l'utilizzo del sistema Galileo conferirà all'Unione europea la possibilità di agire in condizioni di interoperabilità.
Entrambi gli Accordi appartengono alla categoria degli accordi «misti», cioè conclusi congiuntamente da Comunità europea e da Stati membri nei settori di competenze concorrenti.
L'Accordo con la Cina è composto da diciotto articoli.
L'articolo 1 dichiara che scopo dell'Accordo è la facilitazione e il miglioramento alla cooperazione fra le due Parti in riferimento ai contributi che esse forniscono al sistema di navigazione satellitare civile GNSS - programma GALILEO. Al riguardo, sottolinea anche l'importanza dello sblocco dei finanziamenti pubblici per la realizzazione del programma.
L'articolo 2 fornisce la definizione di alcuni termini contenuti nell'Accordo, per facilitarne la comprensione. Viene tra l'altro spiegato che «GALILEO» è un sistema globale autonomo europeo di misurazione del tempo e di navigazione satellitari, sotto controllo civile, per la prestazione di servizi di navigazione satellitare globale. GALILEO, che è stato progettato dalla Comunità europea e dai suoi Stati membri, può essere trasferito a privati.
L'articolo 3 elenca i principi che le Parti applicheranno, tra i quali la partnership nel Programma GALILEO, la reciprocità nell'offerta di opportunità per realizzare attività di cooperazione in Europa e in progetti GNSS europei e cinesi, nonché lo scambio di informazioni attinenti alle attività di cooperazione e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. L'ambito della cooperazione, nel settore della navigazione satellitare e della generazione di segnali orari, è precisato nell'articolo 4.
Con l'articolo 6 le Parti si impegnano a promuovere la ricerca scientifica nel campo del GNSS, soprattutto per i suoi futuri sviluppi per uso civile, anche attraverso l'utilizzo del programma quadro della Comunità europea per la ricerca e lo sviluppo e dei programmi di ricerca dell'Agenzia spaziale europea e il Ministero della scienza e della tecnologia della Cina. Le attività di formazione sono coordinate attraverso il Centro di formazione e cooperazione tecnica GNSS Cina-Europa, che ha sede a Pechino.
L'articolo 7 impegna le Parti a continuare nella cooperazione, già avviata, nel campo dello spettro radio mentre, in base agli articoli 8 e 9, le Parti sosterranno le rispettive industrie, anche ricorrendo allo strumento delle joint venture, nonché il commercio e gli investimenti nelle infrastrutture di navigazione delle due Parti.
In base all'articolo 10, in relazione ai servizi GNSS, le Parti favoriscono un approccio


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coordinato all'interno degli organismi internazionali di normalizzazione e certificazione.
L'articolo 11 incoraggia lo sviluppo di sistemi GNSS globali e regionali che offrano garanzie ottimali di integrità e continuità con il sistema GALILEO.
Con l'articolo 12, sulla sicurezza, le Parti si impegnano a proteggere i sistemi globali di navigazione satellitari contro ogni abuso, interferenza, interruzione ed atto ostile e prendono tutte le iniziative praticabili per garantire la continuità e la sicurezza dei servizi di navigazione satellitare e delle relative infrastrutture sul loro territorio. A tal fine, Europa e Cina stabiliranno sistemi di consultazione per affrontare le questioni legate alla protezione del sistema GNSS.
In base all'articolo 14, le autorità che presiedono alla realizzazione delle attività di cooperazione sono il Ministero della Scienza e della tecnologia per la Cina e la Commissione europea per la Comunità europea. Tali autorità costituiranno un Comitato direttivo GNSS, responsabile della gestione dell'Accordo. Il Comitato direttivo si riunisce una volta l'anno alternativamente nel territorio delle due Parti, secondo le modalità specificate.
L'effettiva attuazione delle disposizioni dell'accordo sarà assicurata da disposizioni amministrative e da punti di contatto per lo scambio di informazioni (articolo 15).
L'articolo 16, in materia di finanziamenti, stabilisce che la Cina fornisce un contributo finanziario al programma GALILEO per il tramite dell'impresa comune GALILEO. Le eventuali controversie inerenti l'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo sono composte in via amichevole, secondo l'articolo 17 che, tuttavia, non esclude il ricorso ai meccanismi di risoluzione delle controversie previsti dall'Organizzazione mondiale del commercio.
L'articolo 18 contiene le clausole finali sull'entrata in vigore, la denuncia e la durata, prevista in cinque anni automaticamente prorogati per periodi di ulteriori cinque anni.
Sottolinea che l'Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e gli Stati Uniti, concernente la promozione, la fornitura e l'uso dei sistemi di navigazione satellitare GALILEO e GPS, è costituito da un Preambolo, da venti articoli e da un Allegato tecnico sulla struttura dei segnali GPS e GALILEO.
Il Preambolo ricorda che gli Stati Uniti dispongono di un sistema di navigazione satellitare chiamato GPS (Global Positioning System) che fornisce gratuitamente segnali orari, di navigazione e di posizionamento di precisione, per fini civili e militari, mentre la Comunità europea si sta dotando di un sistema analogo per usi civili (GALILEO) che sarà compatibile con il sistema americano GPS.
L'articolo 1 reca le finalità dell'Accordo, cioè a dire la cooperazione tra le due Parti per l'uso dei segnali indicati nel Preambolo, mentre l'articolo 2 contiene le numerose definizioni dei termini utilizzati. Fra di esse appare utile ricordare che per «segnali orari e di navigazione satellitari destinati per uso civile» si intendono i segnali orari e di navigazione satellitari destinati agli utenti civili forniti da GPS o Galileo, compresi i segnali del servizio riservato a fini governativi.
L'articolo 3 circoscrive l'ambito di applicazione alle misure relative ai segnali e ai fornitori di segnali a carattere civile, espressamente escludendo quelli a carattere militare, salvo alcune eccezioni.
Con l'articolo 4 le Parti si impegnano a rendere i due sistemi - GPS e Galileo - interoperabili nella misura più ampia possibile, a livello di radiofrequenza e degli utenti non militari.
L'articolo 5 individua nel dettaglio i casi nei quali le Parti hanno l'obbligo di consultarsi per definire norme, certificazioni, misure regolatrici e mandati.
Con l'articolo 6, le Parti si impegnano a non adottare comportamenti discriminatori in relazione al commercio di beni e servizi correlati ai servizi civili di segnali orari e navigazione satellitari, agli ampliamenti e ai servizi a valore aggiunto e a non utilizzare le misure in relazione a tali beni e servizi come restrizione


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mascherata o come ostacolo al commercio internazionale. Le questioni relative alla non discriminazione, così come altre questioni relative al commercio dei beni e servizi oggetto dell'Accordo, saranno analizzate dal gruppo di lavoro sulle applicazioni commerciali e civili istituito dall'articolo 13.
L'articolo 7 garantisce l'accesso a segnali orari o di navigazione satellitari di natura civile, salvo limitazioni derivanti da motivi di sicurezza nazionale, mentre con l'articolo 8 viene sancita la disponibilità delle Parti a fornire, su base non discriminatoria, le informazioni relative ai rispettivi segnali e agli ampliamenti civili non codificati di misurazione del tempo e navigazione satellitari per garantire pari opportunità alle persone che desiderano utilizzare questi segnali.
L'articolo 9 chiarisce che le disposizioni dell'Accordo non pregiudicano i diritti sulla proprietà intellettuale sui segnali che di esso sono oggetto e l'articolo 10 precisa che la fornitura di segnali orari e di navigazione avverrà senza percepire canoni diretti per l'utilizzo finale o per l'ampliamento. A tal fine è prevista una consultazione tra le Parti che possono mettere a punto politiche per il recupero dei costi.
L'articolo 11 richiede la collaborazione tra le Parti affinché sia garantita un'attribuzione adeguata delle frequenze ai segnali orari e di navigazione satellitari, una compatibilità a livello di radiofrequenza nell'utilizzo dello spettro tra i rispettivi segnali, e la protezione dei reciproci segnali da interferenze da parte delle emissioni in radiofrequenza degli altri sistemi, nonché per assicurare un utilizzo armonizzato dello spettro su base mondiale. Le Parti si impegnano altresì a collaborare sulle questioni relative ai servizi di ricerca e soccorso a livello mondiale per Galileo e la prossima generazione di satelliti GPS presso il Consiglio COSPAS-SARSAT o altre strutture da individuare successivamente (articolo 12).
L'articolo 13 istituisce quattro gruppi di lavoro su argomenti concordati ai quali partecipano le autorità competenti delle Parti che possono dare il loro consenso alla partecipazione di terzi. L'articolo 13 prevede anche la tutela di informazioni, apparecchiature e dati che non possono essere trasferiti a terzi senza il consenso della parte di origine. Le Parti si impegnano inoltre ad agevolare le richieste di licenze per l'esportazione di beni, informazioni, tecnologia o altri dati necessari per lo sviluppo e l'attuazione di Galileo o del GPS. Le informazioni segrete relative all'attuazione dell'Accordo possono essere scambiate solo all'interno dei gruppi di lavoro oppure secondo le condizioni dettate dal paragrafo 2 dell'Allegato. L'attività dei gruppi di lavoro è monitorata dalla riunione delle Parti, prevista di massima una volta l'anno.
Con l'articolo 14, le Parti favoriscono la stipula di un successivo accordo con il quale stabilire una cooperazione tra i rispettivi sistemi di misurazione del tempo e di navigazione satellitari per usi civili per il periodo successivo al raggiungimento della capacità operativa iniziale da parte di Galileo.
Il finanziamento della cooperazione è affidato a ciascuna delle Parti che si assume gli oneri derivanti dal rispetto delle proprie responsabilità nell'ambito dell'Accordo (articolo 16).
In base all'articolo 17, le eventuali controversie sull'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo sono risolte mediante consultazioni tra le Parti, facendo salvo il diritto di ciascuna di esse di ricorrere alla composizione delle controversie prevista dagli accordi dell'OMC.
L'articolo 19 in tema di responsabilità, impone alla Comunità europea e ai suoi Stati membri di chiarire, se gli Stati Uniti lo richiedono, se un obbligo imposto dall'Accordo rientra tra le responsabilità della Comunità europea oppure dei suoi Stati membri.
L'articolo 20 contiene le clausole finali dell'Accordo, la cui durata è di dieci anni, che sarà sottoposto ad un primo riesame nel 2008. La durata è prorogabile di cinque anni dopo i dieci iniziali, a patto che le Parti si comunichino tale volontà nei tre mesi precedenti la scadenza dell'Accordo.


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In seguito, l'Accordo è prorogato automaticamente per periodi aggiuntivi di cinque anni, a meno che le Parti non informino il depositario (la Comunità europea), almeno tre mesi prima della scadenza di un quinquennio, della propria intenzione di non prolungare l'Accordo. L'Accordo può essere modificato con il consenso delle Parti e può essere denunciato in qualsiasi momento con preavviso scritto di un anno.
Il disegno di legge di ratifica consta di tre articoli. I primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dei due Accordi: il primo, tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Cina; il secondo, tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli USA, con il relativo ordine di esecuzione. L'articolo 3 dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Ricorda che la relazione introduttiva al disegno di legge specifica che, dalla ratifica di entrambi gli Accordi, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in quanto gli stessi risultano a carico del Programma Galileo, finanziato da parte italiana attraverso il contributo che l'Agenzia spaziale italiana versa all'Agenzia spaziale europea (ESA).
Sottolineato che il dibattito sul disegno di legge di ratifica in Commissione III è stato particolarmente ricco e approfondito, auspica che la possibilità di utilizzare una tecnologia di navigazione satellitare con esclusive finalità civili possa contribuire ad una svolta nei rapporti internazionali, ad esempio con paesi come la Cina, per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani.
Formula, infine, una proposta di parere favorevole.

Arnold CASSOLA (Verdi) osserva che il provvedimento in esame può contribuire a favorire relazioni pacifiche. Chiede tuttavia chiarimenti in merito all'utilizzo dei dati per fini non civili e conseguentemente se siano stati approfonditi gli aspetti connessi alla tutela della privacy e ai possibili abusi dell'utilizzo del sistema. In particolare, ritiene necessario conoscere se siano previste eccezioni alle attività di cooperazione elencate all'articolo 3 dell'Accordo e in quale modo si trasmettono le informazioni relative a soggetti terzi.

Gianluca PINI (LNP) evidenzia il carattere di derivazione militare delle tecnologie in discussione applicate precipuamente a questioni di difesa dello Stato e di lotta al terrorismo. Sottolinea di non nutrire alcuna preoccupazione in merito alla sottoscrizione dell'Accordo con gli Stati Uniti d'America, ma di essere viceversa molto preoccupato per quanto riguarda la Cina, paese in cui sono palesemente violati i diritti civili e umani. Ritiene, inoltre, poco credibile che la Cina possa impegnarsi sul versante dell'adeguata tutela dei diritti di proprietà intellettuale, richiamati all'articolo 3 dell'accordo, dal momento che si tratta di diritti da essa non riconosciuti. Osserva, infine, che provvedimento in esame presenta molte lacune che si cerca surrettiziamente di nascondere dietro il pretesto di riconvertire a scopi civili una tecnologia militare. Preannunzia, quindi, voto contrario sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Renzo TONDO (FI) chiede di conoscere se la realizzazione del sistema Galileo sia connessa al progetto Galileo Avionica di Finmeccanica, in quanto ciò rappresenterebbe motivo di soddisfazione per l'Italia che si conferma un paese all'avanguardia nella tecnologia dei simulatori di volo che rientrano nell'ambito delle tecnologie con scopi militari. Ricorda che l'emendamento presentato dal senatore Franco Turigliatto all'articolo 31 della legge finanziaria per il 2008, con cui si chiedeva di tagliare i fondi per il progetto Eurofighter, il caccia europeo al quale contribuisce l'Italia, è stato respinto grazie al voto contrario e compatto della Casa delle libertà, mentre la maggioranza si è divisa. Pur condividendo le preoccupazioni del deputato Pini in merito alla ratifica dell'Accordo con la Cina, dichiara voto favorevole sulla proposta di parere del relatore.


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Gabriele FRIGATO (PD-U) sottolinea che nello scacchiere internazionale l'Europa dovrà giocare un ruolo sempre più incisivo, soprattutto nella prospettiva della prossima approvazione della riforma dei Trattati. Giudica positivamente il fatto che una tecnologia militare possa essere utilizzata per scopi civili. Ritiene inoltre che la Commissione debba sottolineare la necessità di difendere i diritti umani, anche rispetto alla Cina, che rappresenta la prerogativa fondamentale di ogni sistema democratico. Auspica che il Governo continui a perseguire questo fondamentale impegno in ogni aspetto delle relazioni internazionali.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U), relatore, rileva preliminarmente che la tecnologia dei sistemi di navigazione satellitare, al pari di internet, è di derivazione militare. Ritiene tuttavia importante, al di là di considerazioni demagogiche, utilizzare per scopi civili sistemi inizialmente realizzati per finalità militari. Aggiunge che l'utilizzo del sistema Galileo consentirà all'Europa di perseguire l'importante obiettivo di porsi come soggetto politico nello scenario della multilateralità.
Per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, osserva che bisogna considerare attentamente la realtà cinesi, senza tuttavia dimenticare Guantanamo. Auspica altresì che, nella riconversione da finalità militari a civili, le tecnologie della comunicazione possano contribuire allo sviluppo della democrazia. Osserva che alcuni aspetti che non sono contenuti nell'Accordo in esame attengono senza dubbio a protocolli connessi a relazioni militari e riguardano aspetti che possono essere approfonditi in altri contesti. Ribadisce che, per quanto riguarda le competenze della XIV Commissione, il disegno di legge di ratifica non presenta profili di incompatibilità con la normativa comunitaria.

Gianluca PINI (LNP) giudica improprio paragonare gli episodi di Guantanamo alle numerose e sistematiche esecuzioni capitali effettuate in Cina. Sottolinea che non vi è alcun problema a rendere interoperabili sistemi di tracciabilità con paesi tradizionalmente rispettosi dei diritti civili, mentre ciò appare particolarmente pericoloso con riguardo alla Cina.

Franca BIMBI, presidente, propone di sentire sul provvedimento in esame e sul successivo disegno di legge di ratifica C. 2711, di analogo contenuto, i rappresentanti dell'Agenzia spaziale italiana, per conoscere in che modo siano garantiti, nel contesto comunitario, gli usi civili - o prevalentemente civili - del sistema Galileo. Propone altresì di audire, relativamente ai profili di tutela della privac, nel contesto comunitario, evidenziati dal deputato Cassola, il Garante per la protezione dei dati personali. Pur giudicando esaustiva la relazione del deputato De Biasi, ritiene che per la rilevanza delle tematiche connesse alle nuove tecnologie di navigazione satellitare, l'audizione dei soggetti sopra indicati possa offrire un importante contributo di conoscenza per esprimere un parere maggiormente approfondito alla Commissione di merito.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U), relatore, fa presente che non si opporrà a qualsiasi forma di approfondimento, ma che il disegno di legge affronta questioni nodali, anche per le politiche europee, per lo sviluppo del mondo quali ad esempio i controlli alle frontiere, la logistica nel settore dei trasporti, le operazioni finanziarie, la sorveglianza delle infrastrutture energetiche e di comunicazione, la telefonia mobile, la gestione dei trasporti. Ribadisce che vi è stata una svolta importante sul piano dei finanziamenti dei trasporti. Ritiene tuttavia che la natura del provvedimento in esame riguarda il punto politico delle relazioni tra Stati e riterrebbe, quindi, se del caso, più importante audire il Ministro degli esteri.

Franca BIMBI, presidente, sottolinea che le audizioni proposte, nei limiti delle competenze della XIV Commissione, potranno consentire di comprendere questioni che riguardano aspetti non tecnici


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dell'Accordo in esame. Ritiene altresì che non spetti alla XIV Commissione audire il ministro degli esteri.

Gianluca PINI (LNP) condivide la proposta del Presidente Bimbi di procedere ad alcune audizioni. Osserva che molto spesso, nelle questioni attinenti il trattato europeo, si trascura di affrontare tematiche relative al rispetto di diritti umani e civili. Si dichiara disposto a riconsiderare la propria posizione sul provvedimento in esame, se in seguito alle audizioni si dimostrerà che il contenuto dell'Accordo garantisce il pieno rispetto dei diritti umani e civili di tutti i soggetti contraenti.

Gabriele FRIGATO (PD-U) ritiene che il provvedimento sia molto rilevante e che, se un approfondimento può offrire maggiori elementi di conoscenza ai fini dell'espressione del parere, sia utile procedere allo svolgimento delle audizioni proposte dal Presidente.

Franca BIMBI, presidente, ricorda che non è previsto un termine immediato per l'espressione del parere e che le audizioni proposte potranno essere utili anche ai fini dell'espressione del parere sul disegno di legge C. 2711 relativo ad un Accordo di analogo contenuto con Israele.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U), relatore, sottolinea che su altre questioni importanti, quali il Libro verde sulla ricerca europea, non sono state finora svolte audizioni.

Franca BIMBI, presidente, sottolinea che la questione potrà essere compiutamente affrontata in sede di Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Arnold CASSOLA (Verdi) rileva che pure l'Accordo con Israele presenta aspetti di particolare delicatezza.

Franca BIMBI, presidente, ricorda che, per quanto riguarda Israele, è richiamato anche l'Accordo euromediterraneo.

Il sottosegretario Giorgio CALÒ esprime apprezzamento per l'esaustiva relazione del deputato De Biasi e concorda con la proposta di procedere ad audizioni avanzata dal Presidente Bimbi.

Franca BIMBI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica Accordo UE ed i suoi Stati membri-Israele di cooperazione relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS)
C. 2711 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U), relatore, osserva che il provvedimento in esame dispone l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile stipulato tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e lo Stato di Israele dall'altra.
L'Accordo in questione appartiene alla categoria degli accordi «misti», cioè conclusi congiuntamente dalla Comunità europea e dagli Stati membri - ai quali sono poi sottoposti per la procedura di ratifica - nei settori di competenze concorrenti.
L'Accordo con Israele - composto da diciotto articoli - è il terzo ad essere stato concluso in materia, dopo quelli con la Cina del 30 ottobre 2003 e con gli USA del 26 giugno 2004, cui è seguito quello con l'Ucraina del 3 giugno 2005.
L'articolo 1 dichiara che scopo dell'Accordo è incoraggiare, facilitare e migliorare la cooperazione fra le Parti nell'ambito del contributo che esse forniscono al sistema globale di navigazione satellitare per scopi civili (GNSS). L'articolo 2 fornisce la definizione di alcuni termini contenuti nell'Accordo, per facilitarne la comprensione. L'articolo 3 elenca i principi che le Parti applicheranno, tra i quali la partnership nel Programma GALILEO, la


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reciprocità nell'offerta di opportunità per realizzare attività di cooperazione in Europa e in progetti GNSS europei e israeliani, nonché lo scambio di informazioni attinenti alle attività di cooperazione e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. L'ambito della cooperazione, nel settore della navigazione satellitare e della generazione di segnali orari, è precisato nell'articolo 4. Si tratta della ricerca scientifica, della produzione industriale, della formazione, della applicazione, dello sviluppo dei servizi e del mercato, del commercio, e degli aspetti legati allo spettro radio e all'integrità del sistema, nonché della normalizzazione, certificazione e protezione del sistema. A norma del comma 2 dell'articolo 4, le Parti potranno concludere un Accordo distinto per estendere la cooperazione a ulteriori specifici settori collegati con l'operatività del sistema Galileo.
L'articolo 5 prevede la promozione in generale delle attività di cooperazione, mentre l'articolo 6 impegna le Parti a continuare nella cooperazione, già avviata in seno all'Unione internazionale delle telecomunicazioni, nel campo dello spettro radio. Con l'articolo 7 le Parti si impegnano a promuovere la ricerca scientifica nel campo del GNSS, mentre, in base agli articoli 8 e 9, sosterranno le rispettive industrie, anche ricorrendo allo strumento delle joint ventures, nonché il commercio e gli investimenti nelle infrastrutture di navigazione delle due Parti. Le Parti istituiscono un gruppo consultivo misto per la cooperazione industriale sotto l'autorità del già citato Comitato direttivo GNSS. All'articolo 9, comma 4, viene inoltre precisato che l'Accordo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi che derivano dall'appartenenza al WTO, nonché l'applicazione di altre norme. In base all'articolo 10, in relazione ai servizi GNSS, le Parti favoriscono un approccio coordinato all'interno degli organismi internazionali di normalizzazione e certificazione, con particolare attenzione all'interoperabilità con altri sistemi GNSS.
L'articolo 11 incoraggia lo sviluppo di sistemi GNSS globali e regionali che offrano garanzie ottimali di integrità e continuità con il sistema GALILEO.
Con l'articolo 12, sulla sicurezza, le Parti si impegnano a proteggere i sistemi globali di navigazione satellitari contro ogni abuso, interferenza, interruzione ed atto ostile e prendono tutte le iniziative praticabili per garantire la continuità e la sicurezza dei servizi di navigazione satellitare e delle relative infrastrutture sul loro territorio. A tal fine, Europa e Israele stabiliranno sistemi di consultazione per affrontare le questioni legate alla protezione del sistema GNSS. L'articolo 13 prevede il recupero dei costi allo scopo di facilitare le prestazioni civili.
In base all'articolo 14, le autorità che presiedono alla realizzazione delle attività di cooperazione sono il Governo israeliano, da un lato, e la Commissione europea per conto della Comunità europea, dall'altro. Tali autorità costituiranno un Comitato direttivo GNSS, responsabile della gestione dell'Accordo. Il Comitato direttivo si riunisce di norma una volta l'anno, e le riunioni dovrebbero svolgersi alternativamente nel territorio delle due Parti, ciascuna delle quali, peraltro, potrà richiedere riunioni in via straordinaria. L'articolo 15, in materia di finanziamenti, rinvia ad un successivo accordo la decisione sull'importo del contributo israeliano al programma Galileo, nel rispetto della vigente normativa comunitaria. L'effettiva attuazione delle disposizioni dell'accordo sarà assicurata da disposizioni amministrative e da punti di contatto per lo scambio di informazioni (articolo 16).
Le eventuali controversie inerenti l'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo sono composte in via amichevole, secondo l'articolo 17 che, tuttavia, non esclude il ricorso ai meccanismi di risoluzione delle controversie previsti dall'Organizzazione mondiale del commercio. L'articolo 18 contiene le clausole finali sull'entrata in vigore, la denuncia e la durata, prevista in cinque anni automaticamente prorogati per periodi di ulteriori cinque anni, salvo mancata conferma di una delle Parti, da


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inoltrare con preavviso almeno trimestrale sulla scadenza. L'Accordo potrà essere inoltre denunciato in qualsiasi momento con preavviso di un anno.
Il disegno di legge di ratifica consta di tre articoli: i primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo tra Comunità europea e Israele, relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile, e il relativo ordine di esecuzione, mentre il terzo dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
La relazione introduttiva al disegno di legge specifica che dalla ratifica dell'Accordo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in quanto gli stessi risultano a carico del Programma Galileo, finanziato da parte italiana attraverso il contributo che l'Agenzia spaziale italiana versa all'Agenzia spaziale europea (ESA).

Franca BIMBI, presidente, sottolinea che, analogamente al precedente provvedimento C. 2630, si svolgeranno audizioni sul merito delle questioni oggetto dell'Accordo in esame. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Decreto-legge 159/07: Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.
C. 3194 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla V Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 6 novembre 2007.

Il sottosegretario Giorgio CALÒ, come richiesto da alcuni deputati nel corso del dibattito, fornisce alcuni chiarimenti in merito al comma 4 dell'articolo 16 (disposizioni in materia di sistema digitale terrestre) del disegno di legge in esame.
In particolare, intende rispondere alla richiesta di conoscere il perché della necessità di spostare lo switch-off, ossia lo spegnimento definitivo delle trasmissioni televisive analogiche via etere terrestre, al 2012. Allo stato, come è noto, lo switch-off è fissato al 31 dicembre 2008. Tuttavia, alla luce dei più recenti dati di penetrazione della tecnologia digitale terrestre nel nostro Paese, tale data costituisce oggi un traguardo del tutto irrealistico.
Questa circostanza solleva una serie di problemi. C'è innanzitutto un problema di certezza del diritto e di chiara e realistica indicazione di scenario da parte del legislatore. Mentre nella consapevolezza di tutti i protagonisti, istituzionali e non, del settore delle comunicazioni, la data dello switch-off è ragionevolmente collocata al 2012, e in tal senso va anche il disegno di legge Gentiloni (C. 1825) di riforma del sistema radiotelevisivo che ha quasi ultimato il suo iter in sede referente presso le Commissioni VII e IX riunite della Camera, l'ordinamento continua a recare la data del 2008. Come sottolineato anche dal Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in occasione della presentazione dell'ultima Relazione annuale, «occorre avere al più presto una certezza normativa al riguardo».
In secondo luogo, tale certezza di tempi, in coerenza con le effettive dinamiche di mercato e di penetrazione della nuova piattaforma, costituisce una esigenza vitale per le politiche industriali di tutte le aziende del settore, chiamate a effettuare ingenti investimenti tecnologici la cui realizzazione richiede date certe e credibili.
Infine, una domanda di tempi certi, realistici e credibili del processo di switch-over, ossia di migrazione, dall'analogico al digitale arriva in particolare dalla Rai, i cui vincolanti obblighi di copertura del territorio richiedono tempi ragionevoli per l'adeguamento della rete trasmissiva, al fine di assicurare a tutti i cittadini la continuità del servizio, come richiesto dall'ordinamento.
Nell'indicare in Finanziaria l'orizzonte del 2012 come data di definitivo spegnimento delle reti televisive analogiche via etere terrestre, il Governo ha inteso dare


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una risposta ragionevole e realistica a ciascuno dei problemi sopra elencati. Ma non solo. Il 2012 è la data di scenario indicata dalla Commissione Europea come conclusiva del processo di switch-over europeo. Si riferisce in particolare a quanto stabilito in due comunicazioni della Commissione Europea (29 settembre 2003, COM2003 541 def.; 24 maggio 2005, COM2005 204 def.) e alle conclusioni approvate dal Consiglio dell'Unione Europea il 1o dicembre 2005, secondo le quali gli Stati membri vengono invitati «a completare la migrazione, nella misura del possibile, entro il 2012».
Il Regno Unito, ossia il paese europeo a più forte tasso di penetrazione e sviluppo della tv digitale, ha da tempo allineato la data del proprio switch-off al 2012. E anche gli altri maggiori Paesi europei, tutti con tassi di sviluppo digitale superiori all'Italia, hanno fissato date realistiche e credibili. La legislazione francese ha «riposizionato» la data dello switch-off al 20 novembre 2011; la legge tedesca indica la data del dicembre 2010; in Spagna il termine è fissato ad aprile 2010.
Un processo di conversione tecnologica complesso come lo switch-off digitale, può essere accompagnato e sollecitato dal legislatore, ma non costruito in laboratorio. Prendere atto delle effettive dinamiche di mercato e decidere di governarle entro la cornice temporale che esse necessitano, disegnando regole forti e chiare per il periodo transitorio, è il solo modo a disposizione del legislatore per guidare in maniera virtuosa il processo in atto. Si riferisce in particolare a quanto previsto dall'articolo 3 del disegno di legge Gentiloni, ossia che i soggetti titolari di più di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre su frequenze analogiche dovranno trasferire i palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda su frequenze terrestri in tecnologia digitale, ovvero su altra piattaforma trasmissiva in tale tecnologia: trasferimento che avverrà nel 2009. Nel frattempo, proseguirà anche nel 2008 la sperimentazione del trasferimento al digitale in alcune Regioni, attualmente in corso con esiti positivi.
In conclusione, c'è dunque un'evidente coerenza tra le disposizioni del disegno di legge Gentiloni e la decisione di spostare la data dello switch-off al 2012. Solo una data certa e realistica dà senso a disposizioni transitorie forti e di ampio respiro.

Andrea ORLANDO (PD-U), relatore, osserva che il rappresentante del Governo ha dato risposte esaurienti alle questioni poste nel corso dell'ultima seduta, con riguardo all'articolo 16 del provvedimento in esame.

Gianluca PINI (LNP) osserva che le motivazioni date dal Governo a sostegno del differimento del termine per il passaggio al sistema digitale coincidono con quelle della precedente maggioranza, cui l'opposizione dell'epoca si dichiarava contraria.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U) sottolinea che l'arretratrezza tecnica del sistema è imputabile al precedente Governo che non ha saputo porvi rimedio, basti pensare alla sperimentazione del digitale terrestre in alcune aree geografiche, che è stata avviata dall'attuale Governo, ma pure alla distribuzione delle frequenze. Si tratta di una arretratrezza risalente nel tempo, rispetto a cui ha saputo intervenire solamente il sistema pubblico ma non l'emittenza privata. Il termine del 2012 sembra pertanto adeguato rispetto alle attuali condizioni del sistema.

Il sottosegretario Giorgio CALÒ osserva che, quanto disposto all'articolo 26, comma 4-bis del decreto n. 155, in materia di incentivi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da biomasse e biogas derivanti da prodotti agricoli, di allevamento e forestali, ivi inclusi i sottoprodotti, ottenuti nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, oppure di filiere corte non risulta in contrasto con la normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato.


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Segnala come tale proposta discenda direttamente dall'attuazione della direttiva n. 77/2001/CE in materia di promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, che all'articolo 4, comma 1 prevede esplicitamente che «1. Nel rispetto degli articoli 87 e 88 del Trattato, la Commissione valuta l'applicazione dei meccanismi utilizzati negli Stati membri attraverso i quali un produttore di elettricità, in base a una normativa emanata da autorità pubbliche, percepisce, direttamente o indirettamente, un sostegno e che potrebbero avere un effetto restrittive sugli scambi, tenendo conto che essi contribuiscono a perseguire gli obiettivi stabiliti negli articoli 6 e 174 del Trattato.»
Rileva altresì come le forme di incentivazione delle energie rinnovabili, proprio in ragione della direttiva 77/2001/CE possono essere ricondotte alla fattispecie ricadente nella lettera b), comma 3 del citato articolo 87 (possono considerarsi compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse Europeo).
Pur ricadendo tali forme di incentivo nei comparti e filiere di produzione agricola, zootecnica e agroalimentare, segnala altresì come, la produzione di energia elettrica da biomasse non rientri nelle fattispecie disposte dal regolamento 1857/2006 relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato a favore di PMI attive nella produzione di prodotti agricoli, proprio perché l'oggetto dell'incentivo non è la produzione di prodotti agricoli, ma la loro trasformazione in energia elettrica, e, come recita l'articolo 1, comma 1 del citato regolamento, esso «non si applica alle spese per la trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli». Segnala, inoltre, come identico meccanismo dì incentivazione tramite conto energia per biomasse di origine agricola è già applicato correntemente in Austria e in Germania, e non risultano esservi in corso comunicazioni o procedure di infrazione comunitaria.
Fatte queste premesse, segnala altresì come entrambi i meccanismi previsti all'articolo 26, comma 4-bis, siano ampiamente consolidati nell'ordinamento e nella gestione dei sistema elettrico nazionale per altre fonti rinnovabili. Per quanto attiene il sistema dei certificati verdi da filiera corta, che nella norma in esame subisce una moltiplicazione di un fattore 1,80 rispetto al previgente sistema dei certificati verdi, non si modifica l'istituto precedente, istituito a seguito del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, e che non ha mai sollevato obiezioni di sorta, né attivato procedure di infrazione.
Ugualmente per il meccanismo di conto energia, previsto dalla norma in esame per impianti sotto ad 1 MW, che prevede il ritiro obbligatorio ad una tariffa preordinata, anche tale forma di incentivo è già introdotta e consolidata nell'ordinamento, in causa del decreto ministeriale 19 febbraio 2007, che applica lo stesso meccanismo per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, e che tale meccanismo, non ha ricevuto, nel corso del primo anno di applicazione, alcuna comunicazione di infrazione da parte della Comunità.

Andrea ORLANDO (PD-U) prende atto degli ulteriori chiarimenti offerti dal rappresentante del Governo con riferimento all'articolo 26, che considera esaurienti.

Arnold CASSOLA (Verdi) condivide i rilievi del rappresentante del Governo con riguardo all'articolo 26.

Franca BIMBI, presidente, rileva che il rappresentante del Governo ha chiarito che la materia affrontata dall'articolo 26 attiene alla produzione di energia e che, proprio su tale base giuridica e considerata la normativa e le procedure previste, risulta compatibile con la normativa comunitaria.

Andrea ORLANDO (PD-U), alla luce del dibattito svoltosi, propone di esprimere parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.


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Sull'ordine dei lavori.

Franca BIMBI (PD-U), presidente, propone di passare prima all'esame del disegno di legge n. 1825.

La Commissione concorda.

Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale.
Nuovo testo C. 1825 Governo.
(Parere alle Commissioni VII e IX).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, esaminato da ultimo nella seduta del 25 ottobre 2007.

Emilia Grazia DE BIASI (PD-U), relatore, richiamato il dibattito svoltosi nel corso della precedente riunione, auspica che l'Assemblea possa svolgere a breve la discussione del disegno di legge in esame. Propone di esprimere parere favorevole.

Gianluca PINI (LNP) dichiara voto contrario.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Atto recante la revisione della Convenzione sul rilascio dei brevetti europei, fatto a Monaco il 29 novembre 2000.
C. 3193 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Franca BIMBI, presidente e relatore, ritiene opportuno premettere una breve ricognizione sul quadro giuridico internazionale in materia di tutela dei brevetti, poiché l'attuale situazione normativa risulta piuttosto complessa.
Il 27 novembre 1963 venne aperta alla firma a Strasburgo una Convenzione del Consiglio d'Europa sull'unificazione di alcuni elementi della legislazione sui brevetti di invenzione: tale strumento entrò in vigore a livello internazionale il 1o agosto del 1980, mentre l'entrata in vigore per l'Italia - che l'aveva ratificato mediante la legge 26 maggio 1978, n. 260 - avvenne il 18 maggio 1981. Attualmente sono Parti della Convenzione 13 paesi, tra i quali 10 Stati membri dell'Unione europea.
La Convenzione in oggetto tende a unificare le condizioni richieste perché un'invenzione possa essere validamente brevettata nel territorio di ciascuno degli Stati parte, e a uniformare altresì i criteri che i tribunali devono applicare nell'individuare i limiti di protezione che un brevetto accorda.
Lo strumento più importante a livello internazionale globale è stato invece aperto alla firma a Washington il 19 giugno 1970, nell'ambito dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO/OMPI): si tratta dell'Accordo di cooperazione in materia di brevetti, che comprende un Regolamento di esecuzione. L'Italia è divenuta parte dell'Accordo a partire dal 28 marzo 1985, dopo averlo ratificato con la legge 260 del 1978 in precedenza richiamata. L'Accordo stabilisce una procedura unificata per la presentazione di richieste di brevetto volte a proteggere determinate invenzioni in ciascuno degli Stati parte: una richiesta inoltrata secondo la procedura prevista dall'Accordo in oggetto è denominata «domanda internazionale».
In particolare, ciascuna di tali domande viene presentata presso un solo ufficio ricevente e in una sola lingua. Successivamente ha luogo una ricerca, da parte di una apposita Autorità internazionale, accompagnata da pareri espressi per iscritto in merito alla brevettabilità dell'invenzione in questione.
Esiste anche l'opzione di un esame preliminare, condotto da un'Autorità esaminatrice internazionale ad hoc. Da ultimo, l'esame e il rilascio del brevetto avvengono a cura delle pertinenti autorità


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a livello nazionale o regionale (purché siano previste dalla normativa del paese). Va rilevato che la procedura di cui all'Accordo di cooperazione in materia di brevetti del 1970 non sfocia nel rilascio di un brevetto internazionale, fattispecie tuttora inesistente. Gli Stati parte dell'Accordo costituiscono l'Unione internazionale di cooperazione sui brevetti.
Sempre in seno all'OMPI è stato poi negoziato l'Accordo di Strasburgo del 24 marzo 1971 concernente la classificazione internazionale dei brevetti, in vigore internazionale dal 7 ottobre 1975, e per l'Italia dal 30 marzo 1980 (ratificato con legge 25 ottobre 1977, n. 879).
Il 5 ottobre 1973 è stata aperta alla firma a Monaco di Baviera la Convenzione sul rilascio dei brevetti europei, con Regolamento, Protocolli, Atto finale ed altri documenti: si tratta appunto della Convenzione oggetto delle modifiche di cui al provvedimento all'esame della Commissione, e per il contenuto della quale si rinvia alla specifica trattazione. Basti qui ricordare che la Convenzione è entrata in vigore a livello internazionale il 7 ottobre 1977, e per l'Italia dal 1o dicembre 1978, dopo la ratifica operata anche in questo caso con la citata legge 260/1978. Va altresì ricordato che un successivo Atto del 17 dicembre 1991 ha modificato l'articolo 63 della Convenzione, con effetto dal 4 luglio 1997 (ratifica italiana con legge 12 aprile 1995, n. 125).
La tornata negoziale GATT dell'Uruguay Round, conclusasi nel 1994, e ratificata dall'Italia con la legge 29 dicembre 1994, n. 747, ha approvato tra l'altro l'Accordo TRIPS, sugli aspetti correlati al commercio dei diritti di proprietà intellettuale. L'Accordo TRIPS è un tentativo di ravvicinare le legislazioni di tutti gli Stati membri dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) - alla quale proprio la tornata negoziale dell'Uruguay Round ha dato origine - per quanto concerne le modalità di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, stabilendo un minimo di regole a livello internazionale. I possibili svantaggi a breve termine devono tendenzialmente essere compensati da benefici di lungo periodo, che consistono soprattutto nel fatto che la protezione della proprietà intellettuale incoraggia la creazione e l'invenzione, in particolar modo dopo il periodo soggetto a protezione. Sono naturalmente previsti meccanismi tali da consentire ai governi di ridurre alcuni dei costi a breve termine, per esempio quando si tratti di affrontare problemi di sanità pubblica. Va inoltre ricordato che dal momento in cui il 1o gennaio 1995 si è dato vita all'Organizzazione mondiale del commercio, anche le controversie sui diritti di proprietà intellettuale possono essere sottoposte all'efficiente meccanismo di risoluzione che vige in seno al WTO. L'Accordo TRIPS copre in sostanza cinque grandi questioni: a) le modalità di applicazione dei principi basilari del sistema commerciale in relazione ad altri tipi di accordo nel campo della protezione della proprietà intellettuale; b) i mezzi per assicurare adeguata protezione dei diritti di proprietà intellettuale; c) le modalità con cui i Paesi membri della WTO dovranno assicurare adeguata protezione di quei diritti sul proprio territorio; d) le modalità di risoluzione delle controversie sulla proprietà intellettuale tra gli Stati membri del WTO; e) gli speciali accordi transitori validi nel periodo di introduzione del nuovo sistema.
Per quanto specificamente concerne i brevetti, l'Accordo TRIPS stabilisce un periodo minimo di protezione delle invenzioni di venti anni, da accordare praticamente in tutti i campi della tecnologia, e sia per quanto concerne i prodotti che per quanto riguarda i processi produttivi. Tuttavia, i governi possono rifiutarsi di rilasciare un brevetto per una qualsiasi invenzione se lo sfruttamento commerciale di essa è proibito per ragioni di ordine pubblico o di pubblica moralità; e si potranno anche escludere dalla brevettabilità metodi diagnostici, terapeutici e chirurgici, nonché piante ed animali (salvo i microrganismi) e i processi biologici di produzione di piante o animali (diversi dai processi microbiologici). È tuttavia previsto che le varietà vegetali siano sottoposte a protezione tramite brevetto o tramite un particolare sistema, quale quello ad esempio


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previsto nelle Convenzioni dell'Unione internazionale per la protezione delle nuove varietà vegetali. L'accordo fissa i diritti minimi a favore del detentore di un brevetto, ma al tempo stesso consente determinate eccezioni. Il detentore di un brevetto, in particolare, potrebbe abusare del proprio diritto nel caso in cui manchi di fornire il prodotto al mercato: in tale eventualità i governi potranno rilasciare le cosiddette «licenze obbligatorie» e concorrenti del medesimo, allo scopo di produrre il bene o di utilizzare il processo produttivo brevettato (anche se verranno comunque fatti salvi gli interessi legittimi del detentore del brevetto). Se un brevetto viene rilasciato per un processo produttivo, i relativi diritti dovranno estendersi al prodotto direttamente derivato da quel processo: in caso di controversia con presunti violatori del brevetto, un tribunale può attribuire loro l'onere della prova di non aver fatto uso del processo produttivo brevettato.
Ricorda infine che relativamente al Trattato sul diritto dei brevetti, concluso il 1o giugno 2000 in seno all'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, ed entrato in vigore a livello internazionale il 28 aprile 2005, l'Italia ha finora solo firmato il Trattato, senza procedere alla ratifica. L'adesione al Trattato è aperta agli Stati membri dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, nonché agli Stati parte della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale e ad alcune Organizzazioni intergovernative. Lo scopo del Trattato è l'armonizzazione delle procedure formali concernenti le domande di brevetto e l brevetti stessi, a livello sia nazionale che regionale, sì da rendere tali procedure più semplici ed efficaci. Con la significativa eccezione dei requisiti concernenti la data di una domanda di deposito di un brevetto, il trattato fissa una serie di requisiti che gli uffici brevetti delle varie Parti contraenti non possono ulteriormente aggravare, e dunque un livello massimo di requisiti, con evidente vantaggio degli aspiranti all'ottenimento di un brevetto riconosciuto. Infatti, la conseguenza fondamentale è che una Parte contraente è bensì libera di richiedere un numero minore di adempimenti, ma deve obbligatoriamente attenersi al livello massimo fissato nel Trattato.
Per quanto concerne la tutela dei brevetti nel diritto comunitario, si è assistito a una vicenda assai tormentata, che tuttora non ha condotto all'adozione di un valido strumento giuridico. La più volte citata legge n. 260 del 1978 autorizzava, tra l'altro, la ratifica della Convenzione sul brevetto europeo per il mercato comune (Convenzione sul brevetto comunitario), firmata a Lussemburgo il 15 dicembre 1975. Tuttavia, successive difficoltà nella ratifica da parte danese ed irlandese condussero a una situazione di stallo, e la Convenzione non entrò in vigore. Le difficoltà si accrebbero con l'ingresso nella Comunità europea della Spagna e del Portogallo, e fu solo nel dicembre 1989 che un'ennesima Conferenza diplomatica condusse alla firma da parte di tutti gli Stati membri, che allora erano dodici, di un Accordo sul brevetto comunitario, recante in allegato una versione emendata della Convenzione del 1975.
Tuttavia, cinque dei dodici Stati membri, tra i quali l'Italia, non procedettero alla ratifica dell'Accordo del 1989, che rimase pertanto inoperante. D'altra parte, la tutela dei brevetti nella Comunità era comunque assicurata da un certo livello di armonizzazione nelle procedure raggiunto per iniziativa di alcuni degli Stati membri proprio in previsione dell'entrata in vigore dell'Accordo del 1989; e d'altro canto dalla partecipazione di quasi tutti gli Stati membri alla Convenzione di Strasburgo del 1963 e alla Convenzione di Monaco del 1973. Un ultimo tentativo a livello comunitario è stato compiuto in tempi relativamente recenti con una proposta di regolamento del 2000, ma l'atteso consenso in seno al Consiglio europeo/Competitività del marzo 2004 non venne poi raggiunto.
La Convenzione del 1973 sul brevetto europeo istituisce l'Organizzazione europea dei brevetti ed instaura un sistema legale indipendente, che costituisce il quadro di riferimento per il rilascio dei brevetti


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europei. La Convenzione prevede una procedura unica e armonizzata innanzi all'Ufficio europeo dei brevetti, presso il quale può essere depositata una richiesta di brevetto redatta in una sola lingua, che può essere il francese, l'inglese o il tedesco. La domanda di brevetto può essere altresì presentata all'Ufficio brevetti nazionale di una Parte contraente, qualora il diritto interno lo preveda. Va tenuto presente che nella regione europea sorgevano due importanti difficoltà all'atto del deposito di una domanda di brevetto: da un lato, era necessario depositare una domanda separata in ciascun Paese, con conseguenti distinte procedure e, d'altro canto, era necessario tradurre il testo della domanda di deposito in un numero assai elevato di lingue diverse.
Una delle novità della Convenzione sul brevetto europeo del 1973 è che essa consente il trattamento della pratica di brevetto a livello centralizzato in una sola lingua, e differisce le spese di traduzione al momento dell'ottenimento effettivo del brevetto, quando una traduzione può essere richiesta in qualunque Stato contraente per la convalida di un brevetto.
La Convenzione del 1973 prevede la possibilità, oltre che di divenire Parte della stessa, di concludere un accordo di cooperazione con l'Organizzazione europea dei brevetti, noto come accordo di estensione, in base al quale il brevetti europei rilasciati dall'Organizzazione europea dei brevetti possono essere estesi ai paesi che hanno concluso accordi di cooperazione, con il pagamento di diritti aggiuntivi e il compimento di determinate formalità. Sinora sono stati conclusi accordi di estensione dall'Albania, dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Croazia, dalla Macedonia e dalla Serbia.
Passando più propriamente al contenuto della Convenzione del 1973, va anzitutto evidenziato l'articolo 52, in base al quale i brevetti europei sono concessi per le invenzioni nuove che implicano un'attività inventiva e possono avere un'applicazione industriale. A tale proposito non sono considerate come invenzioni le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici; le creazioni estetiche; i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per giochi o per attività commerciali, nonché i programmi per i computer; le prestazioni di informazioni. Inoltre, non sono considerate come invenzioni suscettibili di applicazione industriale i metodi chirurgici e diagnostici per il trattamento terapeutico del corpo umano o animale. Ulteriori eccezioni alla brevettabilità sono riportate nell'articolo 53, in base al quale non vengono concessi brevetti europei per invenzioni la cui pubblicazione o la cui attuazione sarebbero contrari all'ordine pubblico o al buon costume, nonché per le varietà vegetali o animali e relativi procedimenti biologici, salvo quelli nel campo della microbiologia.
Per quanto concerne la procedura che conduce al rilascio finale del brevetto, le relative domande di deposito vanno inoltrate in inglese, francese o tedesco; tuttavia, se l'originaria domanda è stata redatta in una delle lingue ufficiali degli Stati parte della Convenzione, sarà necessaria una traduzione in una delle tre lingue suddette, ma i diritti di deposito verranno corrispondentemente ridotti per coprire i costi addizionali della traduzione. Dal combinato disposto degli articoli 3 e 79 della Convenzione si evince che la concessione di un brevetto europeo può essere richiesta per uno o più Stati contraenti, da designare nella richiesta di concessione del brevetto: la designazione implica il pagamento della relativa tassa. Una volta riconosciuto, il brevetto europeo, in ciascuno degli Stati contraenti per i quali è concesso, ha gli stessi effetti ed è soggetto alle medesime regole di un brevetto nazionale (articolo 2).
In effetti, dopo il rilascio del brevetto, l'unica procedura che continua a svolgersi a livello centrale è la cosiddetta procedura di opposizione, in base alla quale una terza parte può contestare un brevetto europeo entro nove mesi dalla data del rilascio: si tratta in questo caso di una procedura paragiudiziaria, soggetta ad appello, che può sfociare nel mantenimento, ovvero nel mantenimento in forma emendata, oppure nella revoca del brevetto


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contestato. Per i restanti profili, come già detto il brevetto soggiace alle previsioni normative di ciascuno Stato, che può anche richiedere una traduzione del riconoscimento del brevetto in una delle sue lingue ufficiali: in particolare, obbedisce al diritto nazionale la procedura di perseguimento delle violazioni al brevetto, come anche il rinnovo o la revoca dello stesso.
Relativamente alla struttura e al contenuto dell'Atto che reca la revisione della sopra illustrata Convenzione di Monaco del 1973, sottolinea che esso consta di nove articoli: l'articolo primo comprende 82 paragrafi che modificano, sostituiscono o procedono all'abrogazione di numerosi articoli della Convenzione.
Rileva che l'Atto di revisione entrerà in vigore il 13 dicembre 2007: a partire da quel momento, gli Stati che non l'avranno ratificato non potranno più, come solitamente accade, applicare comunque il precedente testo, in quanto è stato disposto che, per non creare situazioni di difformità tra gli Stati, il vecchio testo della Convenzione del 1973 semplicemente decadrà.
Ne consegue che per l'Italia (ma non solo per l'Italia) la mancata ratifica entro il 13 dicembre 2007 comporterebbe la perdita di qualsiasi protezione in materia di riconoscimento dei brevetti nella regione europea.
Con riferimento alle principali modifiche apportate alla Convenzione del 1973, il paragrafo 1 introduce l'articolo 4-bis, in base al quale almeno ogni cinque anni si riunirà una Conferenza dei ministri competenti per materia dei vari Stati contraenti, allo scopo di esaminare le questioni relative all'Organizzazione e al sistema del brevetto europeo.
Il paragrafo 2 sostituisce l'articolo 11: la novità principale è costituita dal riconoscimento al Consiglio di amministrazione della possibilità di includere, per un periodo limitato, esperti nazionali in materie giuridiche nell'ambito della Commissione ampliata di ricorso.
Il paragrafo 10, sostituisce l'articolo 33 della Convenzione, in modo da consentire al Consiglio di amministrazione dell'Organizzazione europea dei brevetti la modifica, entro determinati limiti, della Convenzione stessa, senza la necessità di negoziarne un nuovo testo: tale facoltà ha lo scopo di rendere progressivamente la Convenzione sempre aggiornata e coerente con i trattati internazionali e la legislazione dell'Unione europea in materia di brevetti. In particolare, al Consiglio d'amministrazione è data facoltà di modificare: le norme della Convenzione laddove esse fissino una durata di un termine; le norme comprese nelle parti dalla seconda all'ottava, nonché nella decima, della Convenzione; le disposizioni del Regolamento di esecuzione, che è parte integrante della Convenzione stessa.
Inoltre il Consiglio di amministrazione ha competenza per stabilire e modificare il regolamento finanziario; lo statuto dei funzionari e degli altri agenti dell'Ufficio europeo dei brevetti, nonché la le relative retribuzioni e «benefit»; il regolamento delle pensioni ed ogni aumento delle pensioni corrispondente agli aumenti di stipendio; il regolamento relativo alle tasse; il regolamento interno del Consiglio d'amministrazione stesso. Per quanto concerne l'adeguamento ad un trattato internazionale o ad un atto legislativo dell'Unione europea, che sta alla base della facoltà di modifica conferita al Consiglio di amministrazione dal nuovo articolo 33 della Convenzione, il Consiglio non potrà adottare alcuna modifica prima dell'entrata in vigore del trattato internazionale o dell'atto legislativo comunitario, ovvero, qualora si tratti in quest'ultimo caso di una direttiva, prima della scadenza del termine per la trasposizione negli ordinamenti degli Stati membri.
Il nuovo articolo 33 attribuisce pertanto al Consiglio d'amministrazione dell'organismo europeo la competenza ad apportare modifiche dalla seconda all'ottava parte e alla decima parte del Trattato, per consentire l'adattamento della Convenzione stessa a nuovi accordi internazionali ovvero alla legislazione comunitaria in materia di brevetti evitando la stipula di nuovi accordi da sottoporre ai procedimenti nazionali di ratifica. Le parti


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della Convenzione modificabili in tale forma semplificata riguardano, peraltro, profili tecnico-procedurali mentre tale procedura è esclusa per le parti prima e nona, che attengono al diritto sostanziale e ad aspetti di rilevanza politica (come la struttura e l'organizzazione dell'Ufficio europeo dei brevetti, il regime linguistico, i criteri di tassazione e di ripartizione tra gli Stati membri), per le quali, in caso di modifiche, resta garantito il ruolo del Parlamento attraverso l'ordinaria procedura di ratifica degli eventuali accordi di revisione.
Il paragrafo 11 opera la sostituzione dell'articolo 35, dettando una nuova disciplina in materia di voto del Consiglio di amministrazione. È previsto di norma che il Consiglio d'amministrazione adotti le sue decisioni a maggioranza semplice degli Stati contraenti rappresentati e votanti; l'astensione non è considerata come voto. Vi sono tuttavia alcuni casi che richiedono la maggioranza di tre quarti degli Stati contraenti rappresentati e votanti, mentre le decisioni che il nuovo articolo 33 consente al Consiglio di amministrazione di adottare, per la modifica di norme comprese nelle parti dalla seconda all'ottava, e nella parte decima, della Convenzione, richiedono l'unanimità degli Stati contraenti votanti. Per di più, tali decisioni non hanno effetto se uno Stato contraente dichiara, entro 12 mesi dalla data della decisione, che esso non desidera essere vincolato dalla decisione medesima.
I paragrafi 12 e 13 sostituiscono rispettivamente gli articoli 37 e 38: la nuova formulazione dei due articoli consente il ricorso a nuove fonti di finanziamento per lo svolgimento dei compiti istituzionali, nonché l'inclusione, tra le risorse proprie dell'Organizzazione europea dei brevetti, anche dei fondi di riserva pensionistici.
I paragrafi 14 e 15 sostituiscono rispettivamente gli articoli 42 e 50: in base al nuovo articolo 42, la gestione delle risorse di bilancio è vincolata ai principi definiti nel regolamento finanziario disciplinato dall'articolo 50.
Sottolinea, infine, la sostituzione, operata dal paragrafo 25, dell'articolo 69 della Convenzione, concernente i limiti della protezione derivante dal brevetto europeo.
L'articolo 2 dell'Atto di revisione in esame procede a sua volta alla sostituzione del Protocollo interpretativo dell'articolo 69 suddetto, allo scopo di promuovere una maggiore uniformità nell'applicazione dell'articolo 69 stesso da parte dei giudici nazionali.
L'articolo 3 autorizza il Consiglio d'amministrazione dell'Organizzazione europea dei brevetti a redigere un nuovo testo della Convenzione sul brevetto europeo, coordinato e armonizzato in base alle modifiche apportate dall'Atto di revisione. Il nuovo testo sarà adottato dal Consiglio d'amministrazione a maggioranza di tre quarti degli Stati contraenti rappresentati e votanti. Dopo l'adozione, il nuovo testo diverrà parte integrante dell'Atto di revisione.
In base all'articolo 4 l'Atto di revisione, aperto alla firma fino al 1o settembre 2001, è soggetto a ratifica: dei relativi strumenti è depositario il Governo della Repubblica federale di Germania.
Il successivo articolo 5 prevede che l'Atto di revisione, fino alla sua entrata in vigore, sia aperto all'adesione degli Stati parti della Convenzione sul brevetto europeo o degli Stati successivamente ad essa aderenti.
L'articolo 6 prevede l'applicazione a titolo provvisorio di alcune parti dell'Atto di revisione.
L'articolo 7 stabilisce il campo di applicazione della Convenzione riveduta: essa si applica tutte le domande di brevetto europeo depositate dopo la sua entrata in vigore, nonché ai brevetti rilasciati sulla base di tali domande. Per converso, essa non si applica ai brevetti europei che risultino già concessi al momento della sua entrata in vigore, né alle domande di brevetto europeo pendenti in tale data (salvo diversa determinazione del Consiglio d'amministrazione dell'Organizzazione europea dei brevetti).
L'articolo 8 riguarda l'entrata in vigore del testo riveduto della Convenzione sul brevetto europeo, ed è soprattutto importante poiché prevede, come già rilevato,


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che al momento dell'entrata in vigore il testo precedente della Convenzione cessa di avere validità.
L'articolo 9 stabilisce infine le funzioni tipiche del depositario, ossia del Governo tedesco.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica consta di tre articoli, il primo dei quali reca l'autorizzazione propriamente detta a ratificare l'Atto recante revisione della Convenzione del 1973 sul rilascio dei brevetti europei, mentre il secondo contiene l'ordine di esecuzione dell'Atto stesso a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.
L'articolo 3, infine, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Stante la particolare rilevanza del tema, che interseca alcuni aspetti cruciali come quello del divieto di brevettabilità di embrioni umani contenuto nella convenzione di Oviedo, riterrebbe opportuno un coinvolgimento del Governo nel dibattito, dal momento che la questione dovrebbe essere ridefinita nell'ambito del negoziato sull'adozione del brevetto unico europeo. Secondo quanto espresso dallo stesso rappresentante del Governo nel corso dell'iter del disegno di legge di ratifica al Senato, tale negoziato è rallentato dalla divisione in atto tra i Paesi europei mediterranei, quali l'Italia, la Francia, la Spagna e il Portogallo, e gli Stati del Centro e del Nord Europa, che talora si caratterizzano per ordinamenti ispirati a modelli molto diversi dal nostro, che rendono più difficile il raggiungimento di un compromesso.
In conclusione, pur associandosi alle critiche, già espresse in sede di dibattito parlamentare, sui ritardi che si riscontrano nei negoziati relativi in alcuni settori di punta, come le biotecnologie ed i prodotti informatici, rileva che il provvedimento non evidenzia profili in contrasto con l'ordinamento comunitario e formula pertanto una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Gianluca PINI (LNP) chiede un approfondimento delle questioni affrontate nel provvedimento in esame, in quanto i paesi recentemente entrati a far parte dell'Unione europea non offrono sufficienti garanzie in termini di rispetto dei diritti sul brevetto. Spesso, infatti, tali paesi stentano a conformarsi ad accordi precedentemente sottoscritti. Ritiene necessario approfondire quali strumenti abbiano a disposizione gli Stati membri per far rispettare brevetti che sono stati registrati sul proprio territorio. Al riguardo ricorda che alcune aziende italiane che hanno delocalizzato le proprie fabbriche in Romania si sono viste copiare alcune produzioni industriali senza poter avere alcun tipo di tutela.

Franca BIMBI, presidente, sottolinea che vi sono automatismi in grado di risolvere le problematiche evidenziate dal deputato Pini. Osserva che vi è una difficile negoziazione sulle tematiche del brevetto europeo in quanto coesistono diversi modelli di regolazione tra paesi. Ritiene che il disegno di legge di ratifica in esame potrebbe rappresentare un impegno per riscrivere tutta la Convenzione e definire gli aspetti specifici del brevetto unico europeo. Trattandosi di tematiche ricorrenti, sarebbe assai utile procedere all'audizione di un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico. Peraltro, in considerazione dei tempi di esame, ribadisce che la sua proposta di parere favorevole, precisa che è opportuno seguire tutta la questione del brevetto europeo poiché la questione a riguarda aspetti sensibili delle tematiche di brevettabilità e la definizione del nuovo testo della Convenzione sul brevetto europeo, di cui la Commissione seguirà tutte le fasi attuative.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Norme per la tutela e la valorizzazione delle botteghe storiche di interesse artistico e degli antichi mestieri.
Testo unificato C. 154 Mazzocchi e abb.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.


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Gianluca PINI (LNP), relatore, illustra il testo unificato in esame, risultante dagli emendamenti approvati presso la X Commissione, delle proposte di legge C. 154 Mazzocchi ed altri, C. 914 Rugghia e C. 994 Stucchi che introduce una disciplina volta alla valorizzazione delle botteghe storiche di interesse artistico e degli antichi mestieri, da adottarsi in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che annovera la «tutela dei beni culturali» tra le materie di competenza esclusiva dello Stato, e terzo commache include la «valorizzazione dei beni culturali e ambientali» e la «promozione e organizzazione di attività culturali» tra le materie di legislazione concorrente. Ricorda altresì che la «tutela dei beni culturali» costituisce una materia per la quale le regioni possono chiedere forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
L'articolo 2 individua al comma 1 come beni culturali, ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), e dunque meritevoli di tutela: le botteghe e i locali storici, ossia gli esercizi commerciali connotati da particolare interesse storico, artistico e tradizionale; le botteghe d'arte, nelle quali sono svolte particolari attività artistiche; gli antichi mestieri e le attività artigiane e commerciali che hanno conservato antiche lavorazioni e tecniche di produzione derivanti da tradizioni o da culture locali.
Conseguentemente alla previsione del comma 1, gli esercizi commerciali ed artigianali, oltre ai pubblici esercizi connotati da particolare interesse storico, artistico e tradizionale, sono esclusi dall'ambito applicativo del decreto legislativo n. 114 del 1998, recante riforma della disciplina relativa al settore del commercio (comma 2).
L'articolo 3 demanda ad un apposito provvedimento del ministro per i beni e le attività culturali, emanato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, la definizione dei criteri e delle modalità per l'individuazione delle botteghe e dei locali storici, delle botteghe d'arte e degli antichi mestieri.
Sulla scorta di tali criteri, i comuni dovranno redigere - entro sei mesi - un apposito piano comunale delle botteghe e dei locali storici, in base al quale le regioni provvederanno ad istituire un apposito elenco; l'inserimento delle botteghe in tale elenco comporta l'acquisizione della qualifica di locale storico. Occorre, peraltro, valutare la congruità di tale termine.
L'articolo 4, al comma 1, prevede che lo Stato, le regioni e gli enti locali adottino provvedimenti per la tutela di quelle unità immobiliari che, caratterizzate da specifico valore storico, artistico ed ambientale, siano sede di botteghe e locali storici o di botteghe d'arte.
I requisiti necessari a tal fine sono indicati al successivo comma 2. Tra questi, in particolare, sono citati: lo svolgimento dell'attività, nella medesima sede, per un periodo non inferiore a cinquant'anni; la presenza di strumenti, apparecchiature, arredi e suppellettili di specifico interesse artistico e storico; l'esercizio di un'attività commerciale storica o tradizionale, ovvero lo svolgimento di un antico mestiere con tecniche di lavorazione prevalentemente manuali.
Secondo quanto disposto dal comma 2, ai fini dell'individuazione delle attività prima menzionate, nonché della concessione di finanziamenti, sono considerati elementi di prioritaria valutazione: la collocazione all'interno di un edificio storico classificato; la presenza di una architettura d'autore o di elementi architettonici di pregio; la presenza di una riconosciuta tradizione familiare; il riconoscimento dello specifico valore storico, artistico e ambientale di botteghe e locali da parte delle associazioni italiane di tutela e di promozione delle botteghe e dei locali storici.
Il successivo comma 4 dispone che le attività storiche siano sottoposte a vincoli di continuità merceologica, di mantenimento delle caratteristiche morfologiche di pregio degli arredi, delle vetrine, dei serramenti e delle suppellettili presenti all'interno


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della bottega storica, pena l'esclusione dagli elenchi regionali indicati all'articolo 3.
L'articolo 5, comma 1, istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione delle botteghe e dei locali storici, con una dotazione finanziaria di 40 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009, che sarà ripartita tra le regioni e destinata ai comuni che abbiano approvato il Piano di cui al precedente articolo 3 secondo criteri di priorità definiti dalle regioni medesime (comma 2).
Una quota parte delle risorse del Fondo potrà essere destinata al finanziamento di progetti formativi relativi ad antichi mestieri, mentre un'ulteriore quota parte potrà essere destinata ai comuni che prevedano misure agevolative in favore dei proprietari delle mura e dei gestori delle attività, consistenti in contributi per l'affitto e per il restauro (comma 4).
Segnala che un'ulteriore misura agevolativa è prevista dal comma 3: i comuni dovranno infatti applicare alle botteghe storiche inserite nell'apposito Piano la misura minima dell'aliquota ICI.
Il comma 5 specifica che il regime di aiuti previsto dal progetto di legge in esame è subordinato al rispetto della normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese, nonché alla definizione delle procedure di cui all'articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato CE.
In proposito osserva come la normativa comunitaria relativa agli aiuti di Stato alle PMI sia contenuta nel Regolamento (CE) n. 70/2001 della Commissione del 12 gennaio 2001, mentre i paragrafi 2 e 3 di tale articolo disciplinano rispettivamente la pronuncia della Commissione circa la legittimità degli aiuti e la procedura di notificazione degli aiuti stessi alla Commissione medesima, procedura quest'ultima alla quale il predetto regolamento non sottopone peraltro gli aiuti destinati alle PMI.
Occorre pertanto valutare l'opportunità di mantenere la locuzione «nonché alla definizione delle procedure di cui all'articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato istitutivo», poiché sembra subordinare l'attivazione del regime di aiuti alla definizione di procedure che risultano invece già stabilite dal Regolamento 70/2001.
L'articolo 6 subordina la concessione di finanziamenti a botteghe e locali storici alla stipula di un'apposita convenzione tra gli enti locali, i proprietari delle mura ed i gestori delle attività. La convenzione dovrà stabilire, tra l'altro, vincoli in ordine al mantenimento della destinazione d'uso, dei caratteri salienti degli arredi, della conformazione degli spazi interni, delle vetrine e di ogni altro elemento di decoro e di funzione, prevedendo la revoca dei contributi in caso di mancato rispetto dei predetti vincoli.
L'articolo 7 reca la clausola di salvaguardia delle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, mentre l'articolo 8 dispone in merito alla copertura finanziaria del provvedimento, i cui oneri sono quantificati in 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
Poiché il provvedimento non evidenzia profili di criticità in relazione all'ordinamento comunitario, ma al contrario richiama espressamente, all'articolo 5, l'osservanza della normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato alle piccole e medie imprese, propone di esprimere parere favorevole, richiamando l'attenzione della Commissione di merito circa l'opportunità di mantenere, nell'ambito del comma 5 del medesimo articolo, il riferimento alla definizione delle procedure di cui all'articolo 88, paragrafi 2 e 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea (vedi allegato 2).

Gabriele FRIGATO (PD-U) condivide i rilievi del relatore, sottolineando che il provvedimento in esame è compatibile con la normativa comunitaria ed esprimendo una valutazione positiva sui suoi contenuti, volti a valorizzare tradizioni e mestieri.

Arnold CASSOLA (Verdi) nel dichiarare voto favorevole, sottolinea che il provvedimento


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tutela le tradizioni culturali e le nuove opportunità di lavoro con riguardo a mestieri difficili ed importanti. Lo stesso provvedimento costituisce una risorsa per il turismo.

Franca BIMBI, presidente, osserva che il provvedimento costituisce anche una forma di rivitalizzazione dei centri storici.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.10.