XII Commissione - Resoconto di giovedì 15 novembre 2007


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INTERROGAZIONI

Giovedì 15 novembre 2007. - Presidenza del vicepresidente Luisa CAPITANIO SANTOLINI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Antonio Gaglione.

La seduta comincia alle 9.15.

5-01323 Stagno d'Alcontres: Revisione dell'attuale processo di liberalizzazione del mercato dei medicinali.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI, presidente, avverte che, su richiesta del presentatore e acquisita la disponibilità del rappresentante del Governo, lo svolgimento dell'interrogazione in titolo è rinviato ad altra seduta.


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5-01432 Poretti: Contraffazione di test diagnostici per diabetici provenienti dalla Cina.

Il sottosegretario Antonio GAGLIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

Donatella PORETTI (RosanelPugno), replicando, si dichiara solo parzialmente soddisfatta perché i monitoraggi effettuati in precedenza non sono stati ripetuti dopo gli episodi verificatisi nell'agosto 2007. Rammentato che i test inesatti per i diabetici possono dare luogo anche a conseguenze mortali, invita il Governo ad operare un'attenta verifica circa la presenza in Italia di test contraffatti.

5-01340 Poretti: Effettuazione di studi sul bicromato di potassio utilizzato in prodotti in pelle.

5-01447 Poretti: Presenza di bicromato di potassio su manufatti in pelle.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI, presidente, avverte che le interrogazioni in titolo, vertendo sulla stessa materia, saranno svolte congiuntamente.

Il sottosegretario Antonio GAGLIONE risponde alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

Donatella PORETTI (RosanelPugno), replicando, si dichiara soddisfatta della parte della risposta riguardante le analisi e il monitoraggio. Lamenta però la mancata risposta ai quesiti posti nell'interrogazione 5-01447, in particolare, quella relativa all'individuazione delle aziende italiane nei cui prodotti era stata riscontrata la presenza di bicromato di potassio e quella tesa a chiarire le circostanze dell'utilizzo della documentazione della Stazione sperimentale per l'industria delle pelli (SSIP), ente pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero, allegata ad una lettera di protesta inviata dall'Unione nazionale industria conciaria (UNIC) all'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC), che si rammaricava del fatto che detta associazione avesse riportato i dati di uno studio dell'istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi che rilevava la presenza di bicromato di potassio nel 57 per cento dei campioni di pelle analizzati.

5-01251 Poretti: Controlli sui prodotti alimentari cinesi e sui dentifrici presenti sul mercato italiano.

5-01494 Fiano: Controlli sulla pericolosità di partite di dentifricio Colgate contraffatte in Cina.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI, presidente, avverte che le interrogazioni in titolo, vertendo sulla stessa materia, saranno svolte congiuntamente.

Il sottosegretario Antonio GAGLIONE risponde alle interrogazioni in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

Donatella PORETTI (RosanelPugno), replicando, rammenta i rischi insiti nell'attuale processo di globalizzazione ed invita il Governo ad adottare ogni precauzione per evitare che prodotti non conformi alle normative vigenti, e dannosi per il consumatore, possano essere commercializzati in Italia.

Emanuele FIANO (PD-U), replicando, si dichiara insoddisfatto della risposta fornita dal Governo, che deve contraddire in molte sue parti. Infatti, contesta l'affermazione secondo la quale le sanzioni sarebbero state irrogate al solo importatore, poiché risultano irrogate anche a carico di grossisti e dettaglianti, contesta il fatto che siano state riversate non sul primo soggetto della filiera ma a valle della stessa, che siano state sequestrate merci anche in presenza di una etichettatura in Italia e in presenza di analisi del Ministero con risultati negativi, ed infine contesta l'affermazione


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secondo la quale tali merci «verosimilmente» non rispettassero la normativa vigente. Lamenta, infine, il permanere di una situazione di pericolo e il sussistere di fatti e atteggiamenti che hanno prodotto danni alla filiera commerciale nazionale.

5-01723 Sanna: Interventi a favore dei cittadini colpiti da sindrome da affaticamento cronico (CFS).

Il sottosegretario Antonio GAGLIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

Emanuele SANNA (PD-U), replicando, si dichiara molto insoddisfatto della scarsa sensibilità dimostrata dall'attuale Esecutivo, al pari dei precedenti Governi che hanno fornito risposte sfuggenti e inconcludenti a numerosi atti di sindacato ispettivo, nei confronti del lamentato problema della sindrome da affaticamento cronico, malattia dal chiarissimo quadro clinico. Ricorda che tale sindrome riguarda circa trecentomila cittadini italiani che devono subire, oltre alla malattia, anche la indifferenza delle Istituzioni che dovrebbero garantire la tutela della salute quale diritto fondamentale.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 10.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 15 novembre 2007. - Presidenza del vicepresidente Luisa CAPITANIO SANTOLINI indi del presidente Mimmo LUCÀ. - Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Antonio Gaglione.

La seduta comincia alle 10.

Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento.
Nuovo testo C. 2843, approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato e abb.
(Parere alla VII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 13 novembre 2007.

Giuseppe ASTORE (IdV), relatore, nel rammentare il giudizio molto positivo formulato da parte di tutti i gruppi in Commissione Affari sociali sulla proposta in esame, e il fatto che l'Italia è uno dei pochi paesi a non aver legiferato sui disturbi specifici di apprendimento, formula una proposta di parere (vedi allegato 5) tesa anche a salvaguardare la sfera dell'autonomia regionale e la copertura finanziaria.

Daniela DIOGUARDI (RC-SE) ritiene non opportune le modificazioni indicate nel parere, in particolare per quanto riguarda la prima osservazione. Pur comprendendo la necessità che l'Italia si doti una legge sui disturbi specifici dell'apprendimento e che si prevedano dei meccanismi di accertamento del disturbo dell'apprendimento, non crede che la legge potrà raggiungere l'obiettivo che si prefigge senza adeguata copertura finanziaria. Solo questa, infatti, potrebbe consentire di prevedere l'adozione dell'insegnante di sostegno e di un sostegno psicopedagogico. Ritiene infine che l'esclusione delle possibilità offerte dalla legge n. 104 renderanno il funzionamento delle nuove norme ulteriormente problematico.

Leopoldo DI GIROLAMO (PD-U), precisato che il disturbo non comporta un handicap, fa presente che la netta distinzione operata nella legge risponde anche all'esigenza di non definire erroneamente il mero disturbo dell'apprendimento assimilandolo ad una grave patologia.


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Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UDC), nel concordare con il deputato Di Girolamo sulla esigenza di non definire erroneamente il mero disturbo da DSA assimilandolo ad una grave patologia, ritiene necessario che la proposta di legge contempli la possibilità di instaurare un rapporto biunivoco tra la famiglia del bambino affetto da DSA e la scuola in tutti i momenti della manifestazione della patologia.

Daniela DIOGUARDI (RC-SE) ritiene che la polemica in corso sia frutto di un fraintendimento poiché non era sua intenzione confondere la patologia da DSA con l'handicap, ma solo rilevare l'importanza di sostenere il provvedimento con adeguati strumenti finanziari, carenti nel dispositivo. Dichiara peraltro che voterà a favore della proposta del relatore.

Giuseppe ASTORE (IdV), relatore, precisato che la prima osservazione si limita a proporre una riformulazione dell'articolo 2, comma 2, senza stravolgerne il significato ma solo precisandolo meglio, rimarca, rivolto al deputato Santolini, le numerose disposizioni circa il rapporto intercorrente tra scuola e famiglia, con riferimento alla DSA, contenute nel testo in esame.

Emanuele SANNA (PD-U) fa presente che se è vero che la famiglia può evidenziare per prima alcune difficoltà dell'apprendimento è anche vero che per quella riferibile alle difficoltà di calcolo è più facile che sia la maestra la prima a verificare l'esistenza di DSA nel bambino.

Luisa CAPITANIO SANTOLINI (UDC) ritiene che la indicazione della copertura finanziaria potrebbe essere meglio esplicitata.

Giuseppe ASTORE (IdV), relatore, rileva che per quanto riguarda la copertura finanziaria non si possa eccedere il mero richiamo contenuto in una osservazione apposta al parere alla Commissione di merito.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 10.30.

SEDE REFERENTE

Giovedì 15 novembre 2007. - Presidenza del presidente Mimmo LUCÀ. - Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Gian Paolo Patta.

La seduta comincia alle 10.30.

Modifiche alla legge n. 281 del 1991, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.
C. 2833 Santelli.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Mimmo LUCÀ, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Se non vi sono obiezioni rimane così stabilito.
Avverte inoltre che, in data 12 novembre 2007, è stata assegnata alla Commissione, in sede referente, la proposta di legge C. 3195, d'iniziativa del deputato Alessandri: «Nuove disposizioni per la prevenzione del fenomeno del randagismo, la sterilizzazione degli animali di affezione e la riqualificazione dei ricoveri ad essi destinati». Poiché la suddetta proposta di legge verte su materia identica a quella della proposta di legge C. 2833 Santelli, la presidenza ne dispone l'abbinamento a quest'ultima ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.

Fiorella CECCACCI RUBINO (FI), relatore, rileva che il progetto di legge in esame è diretto ad apportare modifiche e integrazioni alle legge 14 agosto 1991, n. 281, recante legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del


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randagismo, un fenomeno ancora ampiamente diffuso nel nostro paese. Per comprendere la dimensione del fenomeno, che affligge prevalentemente le aree urbanizzate, occorre considerare che in Italia vengono abbandonati ogni anno circa 150.000 cani, ai quali vanno aggiunti i gatti e, dato preoccupante di questi ultimi anni, anche animali esotici. Sono 900.000 gli animali liberi sul territorio italiano - cani randagi, vaganti ed inselvatichiti - con preoccupanti conseguenze sulla incolumità pubblica. Secondo stime attendibili la conseguenza degli abbandoni di cani sulla rete autostradale ed extraurbana negli ultimi 10 anni ha causato ben 45.000 incidenti d'auto con oltre 200 morti e 4.000 feriti, aggressioni da branco tra i quali molti con esiti mortali, come nel recente caso avvenuto nella provincia di Bari. Il randagismo crea dunque problemi non solo di coscienza, ma anche economici a cui sono chiamati a rispondere gli enti preposti. Sono ormai numerose le cause pendenti e le sentenze passate in giudicato che condannano i Comuni e le ASL competenti al risarcimento dei danni causati ai cittadini dalle aggressioni dei randagi. Con questo progetto di legge si rende necessaria, a 15 anni dalla sua emanazione, una revisione della legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, per meglio integrare quelle parti su cui sono state riscontrate le maggiori carenze interpretative ed applicative.
Ritiene che la legge no 281 del 1991 è stata sicuramente un'ottima legge: istituiva l'anagrafe canina, che, passando gradualmente dal metodo demografico del tatuaggio al metodo elettronico del microchip, collega ogni cane al legittimo proprietario; stabiliva che né i cani detenuti nei canili né quelli randagi possono essere soppressi e per la prima volta in Italia l'abbandono di un animale costituiva un reato punibile con sanzioni penali. È fuor di dubbio però che questa legge, valida sul piano dei principi, è risultata insufficiente nella sua applicazione, non debellando per nulla il problema.
Nell'illustrare la proposta si sofferma sui due obiettivi cardini della medesima, il contrasto degli abbandoni e la tutela del randagio, perché ad essi corrispondono azioni normative specifiche. Partendo dalle norme sul contrasto degli abbandoni, osserva che alla base di questa azione riprovevole c'è la crudeltà umana, l'irresponsabilità, o meglio l'indifferenza, dell'uomo che decide di abbandonare il proprio cane. Il fatto è che ci sono ragioni soggettive, di sensibilità e di cultura dell'individuo, e oggettive, di incentivazione o disincentivazione sociale.
La proposta di legge interviene ad incentivare l'iscrizione all'anagrafe canina nazionale, con il documento d'identità (articolo 4), con maggiori controlli e sanzioni più efficaci per la mancata registrazione (articolo 9). All'articolo 4 infatti si stabilisce lo strumento del documento di identità per il possesso del proprio cane rilasciato dai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali o dai medici veterinari accreditati, all'atto dell'identificazione e della registrazione all'anagrafe canina. Tale documento, oltre ai dati anagrafici dell'animale e del proprietario, dovrà essere utilizzato per la registrazione degli interventi di profilassi e di polizia veterinaria eseguiti sull'animale e dovrà contenere tutte le informazioni necessarie sulla corretta detenzione e sugli obblighi di legge a cui i proprietari dei cani devono attenersi, tra cui il pagamento dell'imposta comunale annua; il documento dovrà essere conservato anche in caso di passaggio di proprietà del cane e rappresenterà l'unico documento ufficiale attestante l'avvenuta iscrizione all'anagrafe canina, facilitando in questo caso i controlli delle autorità competenti, oggi ampiamente carenti.
L'obbligo del rilascio di un documento d'identità del cane al proprietario rappresenta un aspetto innovativo che favorirà i controlli, perché potrà essere richiesto di esibirlo; chi ne sarà momentaneamente sprovvisto dovrà recarsi in sede di comando dei vigili urbani. Il meccanismo, che porrà rimedio alla scarsa applicazione delle anagrafi, finora avvenuta nella quasi totale assenza di controlli in merito, renderà difficile per qualsiasi proprietario


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decidere di non iscrivere all'anagrafe canina il proprio cane, visto che la possibilità di incappare in controlli sarà maggiore.
L'iscrizione presso l'anagrafe canina è resa obbligatoria all'articolo 2 che stabilisce l'impianto sottocutaneo di un microprocessore recante un codice numerico identificativo, entro trenta giorni dalla nascita o dall'inizio della detenzione dell'animale o comunque entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Rilevato che il problema dell'abbandono degli animali, poi, è fortemente correlato a quello delle cucciolate indesiderate e, quindi, all'importante capitolo di più efficaci campagne di sterilizzazione, fa presente che, nonostante possa sembrare una prevaricazione sulla natura dell'animale, la sterilizzazione costituisce un fattore importantissimo per la prevenzione del randagismo. Nella maggior parte dei casi, infatti, il destino delle cucciolate indesiderate è la soppressione, l'abbandono o cattivi affidi. La sterilizzazione, che sopprimendo l'istinto sessuale evita fughe nel periodo del calore riduce il rischio di perdere il cane, ha costi talmente elevati da disincentivare la pratica. Ritiene quindi importante la lettera b) del comma 1 dell'articolo 1, che dispone che: «il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, determina l'ammontare delle spese detraibili per le spese veterinarie, sostenute dai proprietari, ivi comprese quelle per la sterilizzazione chirurgica, per l'identificazione mediante microprocessore e per l'iscrizione all'anagrafe canina». Aiutando infatti i cittadini a recuperare le «ingenti spese» che occorrono per la sterilizzazione dei propri cani, si riuscirà a ridurre molto le cucciolate indesiderate.
Parimenti importante ai fini di una efficace campagna di prevenzione è poi la previsione dell'obbligatorietà della sterilizzazione dei cani ospitati nei canili, contenuto alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 1, che sostituisce in toto il comma 5 dell'articolo 2 della legge n. 281 del 1991, che stabilisce che: «I cani vaganti non identificati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero per cani devono essere identificati ai sensi dell'articolo 2; se non reclamati entro il termine di trenta giorni, essi possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento, alle case famiglia per cani o ad associazioni protezioniste, previa sterilizzazione chirurgica, trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi, altre malattie trasmissibili ed eventuali terapie necessarie». La norma si è resa necessaria per contrastare la triste speculazione di molti canili che favoriscono gli accoppiamenti dei cani per aumentarne appositamente il numero.
Altra norma importante per il contrasto degli abbandoni è contenuta all'articolo 5, relativo all'accesso degli animali d'affezione nei luoghi pubblici. È accertato che, oltre a motivazioni soggettive, alla base degli abbandoni ci sono anche ragioni oggettive, quali la difficoltà di portarsi dietro il proprio animale. Non è un caso che gli abbandoni aumentano nei periodi di vacanza, quando vi è l'impossibilità di portare il proprio cane in spiaggia o in albergo. Sono da ritenersi tali anche quelli che avvengono dentro le mura domestiche, perché purtroppo sono in aumento i casi di cani e gatti lasciati per settimane, se non per mesi, soli nelle loro case. L'articolo 5 perciò intende fare chiarezza sulla controversa questione. Infatti, l'ingresso nei locali pubblici è la parte forse meno chiara del quadro normativo. L'Associazione nazionale dei comuni d'Italia ha recentemente ribadito che: «Vietare l'ingresso ai cani nei locali pubblici e quindi negli esercizi commerciali è illegale». Infatti il decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954, Regolamento della polizia veterinaria, ammette l'accesso ai cani nei locali pubblici e mezzi di trasporto purché al guinzaglio e con museruola. Nessun commerciante può quindi vietare l'ingresso ai cani secondo il suddetto decreto del Presidente della Repubblica. Una miriade di leggi regionali e regolamenti comunali però lasciano facoltà


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al gestore del locale pubblico se permettere l'ingresso o meno dei cani.
Ritiene inoltre che il randagismo possa essere causato, oltre che dall'ignoranza e dalla crudeltà di alcuni, anche dall'ignoranza delle istituzioni che si rimbalzano le responsabilità creando un groviglio normativo incomprensibile. Per questo l'articolo 5 chiarisce definitivamente che: «Le strutture ricettive e i locali e gli esercizi pubblici, come i servizi di trasporto pubblico e privato, non possono vietare l'ingresso ai cani salvo nei casi di violazione delle condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954 e previo pagamento del titolo d'ingresso, ove previsto. Sono fatte salve le vigenti disposizioni a tutela delle categorie protette. Le Capitanerie di porto consentono l'accesso dei cani al seguito dei proprietari sulle spiagge demaniali». Le Regioni dovranno attenersi a tale dispositivo regolamentando e organizzando tali accessi e prevedendo anche delle aree verdi e degli spazi pubblici appropriati, come già avviene in Europa, dove sia possibile lasciare liberi i propri animali al fine di permettere loro la socializzazione e l'esercizio fisico.
Rilevato che il quadro normativo del secondo obiettivo della proposta di legge è la tutela del randagio, rammenta la desolante situazione dei canili in tante parti del paese. Infatti, le condizioni di questi rifugi, il più delle volte, sono precarie: gabbie sovraffollate che favoriscono la trasmissione di malattie infettive e parassitarie, femmine non sterilizzate libere o appositamente fatte accoppiare, condizioni igieniche scarse, nutrimento insufficiente o inadeguato, controlli sanitari carenti. In alcuni canili, poi, il maltrattamento raggiunge livelli estremi: cani massacrati a bastonate, spariti nel nulla, sequestrati per maltrattamento, privati delle corde vocali per «risolvere» i problemi dell'inquinamento acustico. Tutto ciò aggrava lo stress psicologico di un animale già traumatizzato dall'abbandono e solo grazie ai volontari delle associazioni animaliste si riesce ad alleviare le sofferenze degli animali detenuti, garantendo loro una maggiore attenzione e migliori cure.
La questione dei canili è all'ordine del giorno. L'ultimo episodio è di pochi giorni fa e riguarda il canile di Statte, in provincia di Taranto, che è stato posto sotto sequestro dal Nucleo investigativo per i reati in danno degli animali (NIRDA) del Corpo forestale dello Stato.
La gestione di queste strutture, tra l'altro, è anche estremamente costosa. Infatti, nonostante la legge n. 281 del 1991 affidi la gestione di canili ai comuni, spesso questi ultimi preferiscono stipulare convenzioni con privati. Ciò ha portato all'inevitabile proliferazione di strutture spesso improvvisate e fatiscenti che si sono convenzionate con le ASL e con i comuni per la custodia degli animali a scopo di lucro. Nelle procedure di affidamento dei cani presso queste strutture spesso le amministrazioni comunali, per insensibilità o per inerzia, adottano decisioni che non tengono conto del benessere degli animali. Alcuni gestori di canili immettono per le strade cani che avevano già in ricovero o li fanno nascere in loco. A questi individui privi di scrupoli, interessati più ai contributi giornalieri forniti dal Comune che al benessere degli animali, le amministrazioni pubbliche garantiscono da 2 a 5 euro al giorno per ogni cane, senza considerare i servizi aggiuntivi quali l'accalappiamento che costa dai 100 ai 140 euro a cane. Il quadro normativo attuale non stimola le amministrazioni a procedere a controlli sistematici sulla qualità della tutela dei cani ricoverati nei canili. Non è un caso quindi che sull'abbandono degli animali si è innestato un enorme giro di affari e si è creato un business.
Le amministrazioni delegate, in ossequio ai principi di buona amministrazione ovvero di economicità, efficacia ed efficienza, dovrebbero improntare la propria attività alla tutela degli animali, alla salvaguardia della pubblica incolumità ed ad una attenta programmazione affinché la voce randagismo non rappresenti quel notevole impegno finanziario che ha oggi. La non corretta gestione del fenomeno randagismo


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da parte degli amministratori potrebbe concretizzarsi in danno pubblico con conseguente rischio di giudizio per responsabilità degli stessi amministratori pubblici. A tale proposito, ricorda che la proposta di legge interviene a definire i requisiti minimi a cui devono sottostare i canili e le strutture di ricovero e accoglienza per cani, individuati al comma 5 dell'articolo 6, che giudica importanti per colpire in modo definitivo l'improvvisazione di strutture gestite in modo poco trasparente, costoso e che si risolvono in una forma legalizzata di maltrattamento degli animali. Si stabilisce infatti che «Le regioni provvedono a disciplinare, con propria legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le modalità per la costruzione, la ristrutturazione e la gestione di rifugi per cani tenendo conto dei seguenti criteri minimi di vivibilità delle medesime strutture: a) numero massimo di 200 cani per struttura; b) fissazione di uno spazio minimo vitale di 10 mq per cane e di 5 mq per ogni cane in aggiunta; c) predisposizione obbligatoria di spazi esterni adeguati; d) apertura al pubblico per controlli e per adozioni; e) specializzazione del personale delle strutture nella cattura e nel trattamento degli animali; f) preparazione anche comportamentale dei cani all'adozione da parte di personale anche volontario formato a tal fine; g) presenza di volontari di almeno un'associazione iscritta all'albo regionale».
Il limite massimo di 200 cani sicuramente comporterà il ridimensionamento di molti canili e quindi porrà problemi di allocazione dei randagi per questo motivo all'articolo 3 è stata prevista l'istituzione di «case famiglia per cani». Finora molti amanti degli animali, che dedicano la propria vita al loro mantenimento e benessere, non sono stati mai aiutati dallo Stato, ma con questa legge finalmente possono esserlo. Infatti, incentivando singoli e famiglie ad adottare cani abbandonati, destinati ai canili, con buoni sconto per i pasti e servizi veterinari gratuiti, si ha il doppio vantaggio di favorire un maggiore risparmio per lo Stato (pensiamo ai costi degli affitti e del personale) e di dare una risposta più efficace alla domanda di cura del randagio, che verrebbe inserito in un contesto più a dimensione d'animale. Va chiarito che i cani assegnati alle case famiglia sono cani precedentemente dati ai canili, per evitare che qualsiasi proprietario possa sostenere che i suoi cani siano randagi accolti. Qualsiasi cittadino che intende adottare cani, nel numero minimo di tre e massimo di dieci, può richiedere al comune di residenza l'iscrizione all'elenco comunale delle case famiglia per cani.
Il comune, previa verifica da parte dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali dell'idoneità del richiedente, valutata con riferimento alla conoscenza della corretta detenzione degli animali e degli obblighi cui i proprietari devono attenersi ai sensi della normativa vigente in materia, iscrive il richiedente medesimo nell'elenco delle case famiglia per cani del proprio territorio di competenza e provvede a contattare la casa famiglia prescelta, senza nessun obbligo di affido per il titolare, tranne nel caso in cui la struttura di ricovero dei cani abbia superato la capienza massima prevista di 200 cani.
La titolarità di una casa famiglia per cani non comporta alcuna corresponsione economica, e autorizza a tenere in custodia a pagamento cani di proprietà di terzi, nella misura massima del 50 per cento della disponibilità data per quelli presi in adozione. Ritiene che questa norma è di grande giustizia sociale perché non solo vi sarà una maggiore opportunità allocativa dei randagi, che saranno inseriti in contesti più a dimensione d'animale, ma finalmente si premieranno coloro che veramente amano gli animali e non gli speculatori. Non va nemmeno trascurato l'impatto occupazionale che questa norma può avere, perché, come già detto, la qualifica di casa famiglia da la possibilità di ospitare cani di privati a pagamento risultando un ottimo incentivo per avviare una attività economica e un importante sbocco lavorativo per molte famiglie, specialmente del Sud Italia.


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Gli articoli 6, sulle competenze delle regioni, e 7, sulle competenze dei comuni, sostituiscono integralmente rispettivamente gli articoli 3 e 4 della legge n. 281 del 1991, in modo da adattare le competenze istituzionali alle integrazioni e modifiche delle nuove disposizioni in materia di animali d'affezione e contrasto del randagismo. L'articolo 8 è relativo alle competenze dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali che: a) sono preposti alla gestione dell'anagrafe canina e dei canili sanitari o ospedali veterinari; b) garantiscono gli interventi di reperibilità per le emergenze e di pronto soccorso per ventiquattro ore al giorno; c) provvedono ad attuare sterilizzazioni chirurgiche, identificazioni tramite microchip e iscrizioni alle anagrafe canine; d) esercitano la vigilanza delle strutture ai sensi di quanto previsto dalla seguente legge dalle norme in merito alle case famiglia per cani e alle strutture di ricovero per cani; e) partecipano ai programmi di prevenzione del randagismo e di educazione sanitaria; f) effettuano controlli periodici nei rifugi anche sulla base di una lista di attività da monitorare approvata dalla regione. L'articolo 10 regolamenta i cimiteri per animali di affezione, che possono essere realizzati da soggetti pubblici o privati, e i criteri di trasporto delle spoglie degli animali che deve venire eseguito a cura dei proprietari nel rispetto dei principi fondamentali previsti dal decreto legislativo n. 508 del 1992, e successive modificazioni, su autorizzazione di un medico veterinario che escluda qualsiasi pregiudizio per la salute pubblica.
Infine, all'articolo 12, sono specificate le coperture finanziarie anche relative ai maggiori oneri gravanti sulle regioni e sugli enti locali. Agli oneri posti a carico dello Stato derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede a valere sulle risorse a tale fine stanziate dalla legge 2 dicembre 1998, n. 434. Ai maggiori oneri gravanti sulle regioni e sugli enti locali in attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede mediante gli introiti derivanti dall'imposta prevista dall'articolo 11 e dai trasferimenti effettuati dallo Stato.
Rileva poi che il documento d'identità di cui all'articolo 4 dovrà essere impiegato anche per le timbrature dell'imposta comunale annua sul possesso del cane, che è stata stabilita nella misura di euro 20. Ciò favorirà molto anche i controlli sulla regolarità dei pagamenti, mai avvenuti in passato per mancanza di efficaci strumenti di controllo. Considerata la presenza degli animali nelle famiglie italiane, che ammonta secondo l'ISTAT a 14,5 milioni, fra cani e gatti, è facile immaginare l'enorme gettito di cui godranno le amministrazioni comunali utilizzabile per le finalità della legge.
Fa presente infine che la proposta di legge è stata sottoscritta da 213 colleghi, di entrambi gli schieramenti, rilevando che si tratta senza dubbio di un segno tangibile di grande sensibilità.

Mimmo LUCÀ, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.50.