I Commissione - Resoconto di mercoledì 9 gennaio 2008


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COMITATO DEI NOVE

Mercoledì 9 gennaio 2008.

Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
C. 553-1524-2335-2382-2479-2572-2574-2576-2578-2586-2715-2865-3041-3139-3151-A.

Il Comitato si è riunito dalle 9.40 alle 10.05.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 9 gennaio 2008. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE. - Intervengono il sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi e il sottosegretario per la giustizia Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

Luciano VIOLANTE, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Decreto-legge 249/2007: Misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
C. 3325 Governo.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Luciano VIOLANTE, presidente, fa presente che la discussione di carattere generale potrà proseguire anche nelle sedute già previste per le giornate di giovedì 10 e venerdì 11 gennaio 2008: in proposito, al fine di organizzare adeguatamente il seguito dell'esame, invita i deputati che intendessero intervenire a segnalarlo entro


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le ore 12 di oggi. Avverte quindi che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 14 di lunedì 14 gennaio 2008.

Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore, osserva che il disegno di legge in esame C. 3325 concerne la conversione in legge del decreto-legge n. 249 approvato dal Consiglio dei Ministri del 28 dicembre 2007 ed emanato dal Presidente della Repubblica il giorno seguente, recante misure urgenti in materia di espulsioni e di allontanamenti per terrorismo e per motivi di pubblica sicurezza. In proposito rileva come, nella medesima riunione del Consiglio dei ministri, è stato svolto l'esame preliminare dello schema di decreto legislativo recante modifiche ed integrazioni al decreto legislativo n. 30 del 2007, attuativo della direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Osserva al riguardo che è stato così accolto il suggerimento, formulato dal Comitato per la legislazione, di dividere la materia in esame in due distinti provvedimenti.
Con il decreto-legge in oggetto il Governo ha inteso, da un lato, introdurre modifiche al cosiddetto decreto Pisanu, il decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge con modificazioni con legge 31 luglio 2005, n. 155, disciplinante il decreto di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, introducendo per quest'ultimo l'istituto della convalida da parte del giudice (articolo 1) ed attribuendo la competenza per la convalida al tribunale in composizione monocratica in questo come in tutti i casi di espulsione amministrativa (articolo 2).
Dall'altra, il Governo ha inteso introdurre l'istituto dell'allontanamento del cittadino dell'Unione europea per motivi di prevenzione del terrorismo (articolo 3) e per motivi imperativi di pubblica sicurezza (articoli 4, 5, 6 e 7), prevedendo, anche con riferimento a questi due istituti, la convalida da parte del giudice ed attribuendo la competenza per la convalida, anche in questo caso, al tribunale in composizione monocratica, realizzando in questo modo una sorta di parallelismo sul piano delle garanzie costituzionali tra stranieri e cittadini comunitari.
Ricorda quindi che, nei mesi di novembre e dicembre 2007, il Senato prima, e successivamente la Camera, hanno proceduto all'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini comunitari per esigenze di pubblica sicurezza. Come è noto, nel corso dell'esame compiuto presso la Camera, si è deciso di lasciar decadere il decreto-legge per la presenza di un erroneo rinvio all'articolo 13 del Trattato di Amsterdam (in realtà Trattato di Roma, nella versione consolidata in seguito alle modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam e dal Trattato di Nizza) contenuto nel testo del provvedimento, così come approvato al Senato. Pur non mancando in termini di opportunità costituzionale la possibilità di percorrere soluzioni giuridiche alternative alla decadenza del decreto-legge, come ad esempio quella di cancellare la norma attraverso la presentazione di un contestuale decreto-legge, residuava comunque la necessità costituzionale di porre rimedio a quell'errore materiale. In proposito ricorda come la stessa Corte costituzionale, trovatasi a giudicare di un'analoga disposizione - una fattispecie penale che rinviava erroneamente ad un articolo di altra legge - e dichiarandone la conseguente illegittimità costituzionale, nella sentenza n. 185 del 1992 abbia affermato come «vi sono requisiti minimi di riconoscibilità e di intelligibilità del precetto penale ... in difetto dei quali la libertà e la sicurezza giuridica dei cittadini sarebbero pregiudicate».
Tuttavia si è scelto di lasciar decadere il decreto-legge n. 181 del 2007 ed oggi, all'esigenza di un nuovo scrupoloso controllo di costituzionalità sulle misure di prevenzione che vengono introdotte con il nuovo decreto-legge, come fu scrupoloso l'esame di cui la I Commissione si fece analogamente carico in sede di esame del decreto-legge citato, si aggiunge un secondo


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livello di valutazione circa la conformità del decreto-legge al dettato costituzionale: la verifica, cioè, che il decreto-legge in esame non costituisca una reiterazione del precedente. In proposito, ricorda che, con la sentenza n. 360 del 1996, la Corte costituzionale ha posto fine alla prassi della reiterazione di decreti-legge non convertiti entro i sessanta giorni dalla loro pubblicazione, prassi che aveva finito, come notò la Corte, per alterare «la natura provvisoria della decretazione d'urgenza», per togliere «valore al carattere straordinario dei requisiti della necessità e dell'urgenza», per attenuare «la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito», e, in definitiva, per «incidere negli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento». Al riguardo ritiene che il decreto-legge in esame non possa qualificarsi come una reiterazione del precedente per almeno quattro ragioni che sottolinea.
Innanzitutto, esso si fonda su autonomi casi straordinari di necessità ed urgenza che possono essere così sintetizzati: la necessità di introdurre una disciplina a regime dell'espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, dato che la precedente disciplina, contenuta nel cosiddetto decreto Pisanu, convertito con la legge 31 luglio 2005, n. 155, per espressa previsione dell'articolo 3 comma 6, si applicava «fino al 31 dicembre 2007», nonché la necessità di estendere l'applicabilità di tali misure ai cittadini comunitari; la necessità di introdurre una disciplina sull'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Si potrebbe obiettare che tale esigenza fosse già alla base della emanazione del precedente decreto-legge. Ritiene ciò vero, ma la disciplina che viene introdotta per rispondere a tale esigenza è complessivamente nuova sia per ragioni di carattere formale che sostanziale, tale quindi da non configurare una «reiterazione» della precedente disciplina; la necessità di introdurre l'istituto della convalida da parte del giudice, individuato nel tribunale in composizione monocratica, per l'espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo, convalida che il decreto prevede anche con riferimento all'allontanamento del cittadino comunitario. Sull'assenza di tale istituto con riferimento all'espulsione degli stranieri, la Corte europea dei diritti dell'uomo si è pronunciata negli ultimi anni in modo critico.
Il secondo motivo di «novità» del decreto-legge è il diverso oggetto rispetto al precedente, per difetto e per eccesso: il «nuovo» decreto non contiene tutte le misure previste nel precedente (ad esempio, quelle in merito all'allontanamento dei cittadini comunitari per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno) e ne contiene di ulteriori (ad esempio, quelle in merito all'espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo). Alcune delle misure contenute nel vecchio decreto-legge, ad esempio quelle in merito all'allontanamento dei cittadini comunitari per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno, troveranno ingresso nel citato decreto legislativo correttivo, del quale il Consiglio dei ministri ha svolto l'esame preliminare.
Il terzo motivo di «novità» è costituito dal fatto che, anche dal punto della tecnica normativa, l'intervento legislativo viene ad avere un oggetto diverso: la disciplina dell'allontanamento dei cittadini comunitari, in particolare, non viene più introdotta attraverso la tecnica della novella al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 ma attraverso un'autonoma regolazione. Valuterà anche il Comitato per la legislazione su questo profilo ma sull'opportunità del merito non mi pare vi siano dubbi.
Il quarto e forse decisivo elemento di «novità» riguarda la disciplina sostanziale dell'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Rispetto al decreto-legge emanato dal Governo a novembre, infatti, vengono recepite quelle istanze di cui il Senato, nell'esame del disegno di legge di conversione del precedente decreto-legge, si era fatto carico, nel senso di una


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maggiore rispondenza della normativa stessa al dettato costituzionale. E, come è noto, il recepimento in un decreto-legge di norme approvate dalle Camere in sede di discussione di una legge di conversione di un decreto-legge poi non convertito, non costituisce certo un caso di reiterazione del precedente decreto. Le garanzie a cui si riferisce sono il già menzionato istituto della convalida da parte del giudice delle misure di allontanamento, la più stringente determinazione dei motivi imperativi di ordine pubblico, l'espressa menzione del principio di personalità delle misure di prevenzione. Vengono inoltre introdotte all'articolo 3 del decreto-legge misure per rendere comprensibile il provvedimento di allontanamento ove il destinatario dello stesso non comprenda la lingua italiana.
Si sofferma quindi sul «controllo» sulla rispondenza al dettato costituzionale delle misure di prevenzione. In realtà un simile controllo il Parlamento lo ha svolto anche nel corso dell'esame del decreto-legge lasciato poi decadere, tanto che in sede di approvazione del disegno di legge di conversione il Senato introdusse novità sostanziali, nel senso di una maggiore rispondenza della disciplina delle misure di prevenzione al dettato costituzionale. Ricorda di avere svolto un intervento in Aula lo scorso 18 dicembre, come relatore di quel decreto-legge: in quello, come in questo decreto, vengono ad introdursi provvedimenti riconducibili alla controversa categoria delle misure di prevenzione cosiddette ante delictum, la cui dubbia compatibilità con i principi costituzionali in materia di libertà personale ha impegnato a lungo la dottrina e la giurisprudenza.
La Corte costituzionale ha dichiarato da tempo la legittimità del sistema di prevenzione previsto nell'ordinamento giuridico italiano, riconoscendo vigente un principio di prevenzione e di sicurezza sociale, che affianca la repressione in ogni ordinamento, come esigenza e regola fondamentale» (sentenza n. 68 del 1964), ma nel disciplinare le misure di prevenzione, il legislatore deve prestare comunque estrema cautela a che gli istituti, nel caso concreto, non si pongano in conflitto con i principi costituzionali, e deve ricondurre la disciplina legislativa delle stesse, per quanto possibile, ai principi che la Costituzione pone con riferimento alle altre misure restrittive della libertà personale, in particolare desumibili dall'articolo 13 della Costituzione.
Il rispetto della riserva di giurisdizione, cioè la giurisdizionalizzazione del procedimento attraverso il quale si giunge all'applicazione di una misura di prevenzione, anche nella forma della convalida del giudice ex articolo 13, comma 3, appare un momento decisivo in tale direzione. Ricorda altresì la recente sentenza n. 222 del 2004 della Corte Costituzionale in materia, che ha riconosciuto come illegittima la norma della legge «Bossi-Fini», che consentiva che il provvedimento di accompagnamento alla frontiera dei cittadini extracomunitari fosse eseguito prima della convalida da parte dell'autorità giudiziaria. In proposito osserva che l'esame del decreto-legge in oggetto soddisfa le esigenze appena menzionate, rinviando ai menzionati interventi...
Da un lato, infatti, viene ad introdursi l'istituto della convalida da parte del giudice (tribunale in composizione monocratica) con riferimento al decreto di espulsione dei cittadini extracomunitari per motivi di prevenzione al terrorismo (articolo 3 comma 2 del decreto-legge): le disposizioni del cosiddetto decreto Pisanu (la cui validità era peraltro limitata nel tempo, avendo cessato la propria vigenza il 31 dicembre 2007 per espressa previsione nel decreto stesso) non lo prevedevano.
Dall'altro, con riferimento all'allontanamento dei cittadini comunitari per motivi imperativi di pubblica sicurezza, vengono introdotte le seguenti «garanzie»: innanzitutto viene espressamente affermato che il provvedimento di allontanamento adottato nei confronti del cittadino dell'Unione o di un suo familiare è adottato nel rispetto del principio di proporzionalità e non può essere motivato da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato (articolo 4 comma 1 del decreto-legge), ribadendo in tal modo


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la centralità del principio di personalità della responsabilità penale, intesa in senso estensivo nel caso di specie, relativo all'applicazione di provvedimenti di allontanamento riconducibili alla categoria delle misure di prevenzione. Analoga garanzia è prevista per l'espulsione degli stranieri (articolo 3, comma 1, del decreto-legge).
Il decreto-legge introduce una più stringente determinazione dei presupposti in presenza dei quali i motivi di pubblica sicurezza possono qualificarsi come imperativi, così da delimitare i margini di valutazione discrezionale da parte del prefetto o del Ministro dell'interno chiamati ad adottare il provvedimento di allontanamento. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono non genericamente quando vi siano «comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l'incolumità pubblica, rendendo la ... permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l'ordinaria convivenza» (come era previsto nel vecchio decreto-legge), ma quando la persona da allontanare abbia tenuto «comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza» (articolo 4 comma 2 del decreto-legge). È previsto, poi, che ai fini dell'adozione del provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza si tenga anche conto di eventuali condanne per una serie di delitti elencati dalla stessa legge di conversione (articolo 4 comma 3 del decreto-legge). Il provvedimento di allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, ma è prevista la convalida da parte del giudice del provvedimento di allontanamento, attraverso un rinvio all'articolo 13, comma 5-bis, del testo unico sull'immigrazione contenuto nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (articolo 4, comma 4 del decreto-legge).
Attraverso una modifica dello stesso testo unico sull'immigrazione (modifica che, quindi, viene ad incidere anche sulla vigente disciplina relativa all'espulsione amministrativa dei cittadini extracomunitari), il decreto - legge toglie la competenza alla convalida al giudice di pace attribuendola al tribunale ordinario in composizione monocratica (articoli 13, 13-bis e 14, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'articolo 2 del decreto-legge).
Il decreto-legge introduce la possibilità di presentare domanda di revoca del divieto di reingresso conseguente all'adozione di un provvedimento di allontanamento. Il cittadino dell'Unione può presentare domanda di revoca dopo che dall'esecuzione del provvedimento sia decorsa almeno la metà della durata del divieto, e in ogni caso siano decorsi tre anni. Sulla domanda decide l'autorità che ha emanato il provvedimento di allontanamento (articolo 4, comma 5 del decreto-legge). Il decreto introduce infine sanzioni per la violazione del divieto di reingresso conseguente all'allontanamento (articolo 4 del decreto-legge), una disciplina relativa al caso in cui il destinatario del provvedimento di allontanamento sia sottoposto a procedimento penale (articolo 5 del decreto-legge) e la disciplina della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti di allontanamento (articolo 7 del decreto-legge).
Dopo aver sinteticamente illustrato il provvedimento in esame, segnala infine come sarebbe opportuno introdurre nel corso dell'esame parlamentare un emendamento volto a salvare gli effetti del decreto-legge decaduto: una disposizione, cioè, con cui le Camere, come consente l'ultima parte del terzo comma dell'articolo 78 della Costituzione, regolino «i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti». In questo modo, infatti, si eviterebbe l'insorgere di ogni ipotesi di responsabilità per quei soggetti che avessero emanato provvedimenti sulla base del decreto-legge poi decaduto e,


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quindi, in alcun modo produttivo di effetti, come previsto dall'ultimo comma dell'articolo 77 della Costituzione.

Marco BOATO (Verdi), pur condividendo l'opportunità di prevedere la disposizione da ultimo suggerita dal relatore, non ritiene configurabile una ipotesi di responsabilità di un soggetto che avesse emanato un provvedimento sulla base di un decreto-legge che, pur se successivamente decaduto, era comunque vigente al momento dell'emanazione del provvedimento.

Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore, fa presente che il problema si pone solo in termini teorici e con una mera finalità di cautela, in quanto il decreto-legge non convertito perde efficacia fin dall'inizio.

Luciano VIOLANTE, presidente, fa presente l'opportunità di riflettere attentamente sulla proposta del relatore per evitare che, da parte delle autorità pubbliche tenute all'emanazione dei provvedimenti sulla base di decreti-legge in vigore ma non ancora convertiti in legge, possa diffondersi la prassi di attendere la definitiva conversione in legge prima di emanare i provvedimenti.

Gabriele BOSCETTO (FI) chiede al relatore di precisare se, a proprio avviso, il decreto-legge in questione costituisca una ipotesi di reiterazione ovvero se, e per quali motivi, esso non debba essere considerato tale.

Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore, ricorda di aver già chiarito, nel corso dell'illustrazione della relazione, che il decreto-legge in esame, pur riproducendo parti del precedente decreto-legge n. 181 del 2007, si configura come un nuovo e distinto provvedimento, fondato su diversi ed autonomi presupposti di necessità ed urgenza, che consentono di affermare come esso non debba rappresentare un'ipotesi di reiterazione.

Francesco ADENTI (Pop-Udeur), dopo aver ringraziato il relatore per lo svolgimento della esauriente relazione e per le connesse valutazioni che dichiara di condividere, fa presente di ritenere, a nome del proprio gruppo, che il provvedimento in esame si connoti per equilibrio e buon senso e per essere rispettoso dei principi costituzionali in materia. Esso inoltre rappresenta una risposta concreta alle esigenze manifestate dai cittadini sul tema della sicurezza. Auspica pertanto che, in virtù della delicatezza dei temi in questione, sul provvedimento in oggetto possa darsi luogo ad un sereno e costruttivo confronto tra le parti politiche, privo di pregiudiziali ideologiche. Al riguardo ritiene necessario predisporre specifiche politiche volte ad assicurare l'integrazione degli stranieri, oltre che prevedere provvedimenti sanzionatori, garantire la certezza della pena, monitorando adeguatamente i flussi migratori ed attribuendo adeguati strumenti alle forze dell'ordine per assicurare opportuni livelli di sicurezza.
Nel preannunciare il sostegno da parte del proprio gruppo al provvedimento in esame, sottolinea come il diritto alla sicurezza si tuteli anche con il recupero dei valori della coesistenza sociale, a cui tutti indistintamente sono tenuti.

Franco RUSSO (RC-SE), dopo aver premesso che svolgerà un intervento a titolo personale, rileva come, a seguito della firma del Trattato di Lisbona, le aree di intervento normativo da parte dell'Unione europea aumenteranno sensibilmente. In proposito osserva come però le modalità previste per l'adozione delle direttive comunitarie non garantiscono un procedimento pienamente democratico in quanto esse vengono definite prevalentemente nell'ambito del Consiglio, valorizzando il ruolo degli esecutivi nazionali, e relegando il Parlamento europeo ad un ruolo meno incisivo. Il problema assume specifica rilevanza soprattutto nel momento in cui ad essere oggetto delle direttive è la materia del diritto penale o processuale penale, tradizionalmente rimesso alla competenza dei Parlamenti nazionali. Al riguardo ritiene pertanto opportuno sviluppare un'adeguata riflessione


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sul ruolo da attribuire alle assemblee legislative nazionali nella fase ascendente del diritto comunitario.
Passa quindi ad esaminare il decreto-legge in oggetto, soffermandosi inizialmente sui presupposti che, ad avviso della dottrina, devono essere rispettati dalle norme che introducono fattispecie di reato. Si tratta dell'offensività della condotta tenuta, della tassatività della prescrizione normativa e del principio della responsabilità penale personale. Al riguardo chiede al relatore di chiarire se, a suo avviso, le disposizioni contenute nel provvedimento in esame, ed in particolare quelle di cui all'articolo 4 in tema di allontanamento di familiari di cittadini dell'Unione europea che non abbiano la cittadinanza di uno stato membro, rispettino i tre presupposti citati. Dichiara, inoltre, di non condividere il fatto per cui l'articolo 4 del decreto-legge, anziché prevedere tassativamente le condotte sanzionabili con il provvedimento dell'allontanamento, si sofferma principalmente sulla tipologia dei soggetti che possono essere interessati dal provvedimento stesso. Ritiene che la disciplina relativa alle misure preventive attribuisca un ambito di arbitrio eccessivo, che rende difficile l'individuazione di una specifica condotta a cui dovrebbe ricondursi l'emanazione del relativo provvedimento, al contrario di quanto avviene con la legge n. 1423 del 1956, che effettua un costante riferimento ai «soggetti destinatari». Si riferisce in particolare al comma 2 dell'articolo 4, che prevede che i motivi imperativi di pubblica sicurezza, presupposto per l'emanazione del provvedimento di allontanamento, sussistono quando la persona interessata abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave alla dignità umana o ai diritti fondamentali della persona, ovvero all'incolumità pubblica.

Roberto ZACCARIA (PD-U), relatore, ritiene necessario distinguere tra misure di prevenzione e fattispecie di reato, evidenziando come i tre presupposti citati dal deputato Russo sono sempre rispettati nel provvedimento in esame con riferimento alle fattispecie di reato. Per quanto concerne l'applicabilità della misura dell'allontanamento anche ai familiari, osserva come l'aver esteso a costoro il godimento di alcuni diritti implica la necessità di imporre il rispetto di corrispondenti doveri. Osserva inoltre come l'articolo 3, comma 3, si riferisce espressamente ai destinatari del provvedimento, evidenziando come il problema sollevato dal deputato Russo rappresenti per lo più una questione di tecnica legislativa. Dichiara di non condividere l'osservazione dello stesso deputato Russo, secondo cui l'emanazione del provvedimento di allontanamento sarebbe prevista non a seguito di condotte tenute, ma su presupposti di carattere personale. A riguardo fa presente che tale provvedimento può essere emanato a seguito di comportamenti che, se pure di per sé non costituiscono autonome fattispecie di reato, ne possono costituire comunque una fase prodromica. Cita l'esempio del provvedimento di allontanamento recentemente emanato nei confronti di un soggetto straniero che esercitava attività di prostituzione.

Franco RUSSO (RC-SE), con riferimento all'esempio testé citato dal relatore, fa presente che esso conferma le perplessità da lui sollevate sull'arbitrarietà dei presupposti per l'emanazione del provvedimento di allontanamento. Osserva infatti che, qualora l'attività di prostituzione fosse stata svolta da un cittadino italiano, il provvedimento non sarebbe stato emanato. Ciò rafforza il proprio convincimento sul rischio di discriminazioni che possono derivare dall'applicazione della norma in questione.

Luciano VIOLANTE, presidente, fa presente che è la stessa Costituzione a distinguere, in alcuni casi, tra il «cittadino» e «chiunque», evidenziando come talune norme costituzionali possono avere un destinatario diverso a seconda del fatto che il soggetto interessato possieda o meno il requisito della cittadinanza. Per quanto concerne l'esempio in questione, osserva


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che ad offendere la dignità umana non è in sé l'esercizio della prostituzione, quanto piuttosto lo sfruttamento che ne è a monte. Ciò evidenzia come non può esistere una condotta in assoluto lesiva della dignità umana o dei diritti della persona senza che sia calata nel contesto specifico in cui viene posta in essere. Del resto, le misure di prevenzione sono tradizionalmente collegate alla figura del tipo di autore, così come fa anche la legge n. 1423 del 1956.

Sandro GOZI (PD-U) osserva in via preliminare che è corretto distinguere, come fa il decreto-legge in esame, tra cittadini dell'Unione europea e cittadini non appartenenti all'Unione europea e che sarebbe anzi preoccupante se non si fosse fatta distinzione; parimenti corretto è che si faccia riferimento anche ai familiari dei cittadini dell'Unione europea, atteso che questi, anche quando non sono a loro volta cittadini dell'Unione europea, sono soggetti, in ragione del loro vincolo di famiglia con un cittadino, ad una disciplina speciale e di maggior favore rispetto agli altri stranieri.
Quanto al merito del provvedimento, rileva che, introducendo la possibilità di allontanamento di cittadini comunitari per esigenze di prevenzione del terrorismo e per motivi imperativi di pubblica sicurezza, il Governo si avvale di una facoltà espressamente prevista dall'articolo 27 della direttiva CE n. 38 del 2004, la quale consente ai singoli Stati di limitare la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Considerato che il decreto legislativo n. 30 del 2007, nel dare attuazione in Italia alla citata direttiva comunitaria, aveva già previsto alcune cause di limitazione della libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari, riterrebbe utile che il Governo chiarisse se intenda rivedere anche tali cause o invece mantenere inalterato quanto previsto dal decreto legislativo n. 30.
Con riferimento poi alle implicazioni derivanti dal trasferimento sotto la disciplina del Trattato CE delle materie inizialmente rientranti nel cosiddetto «terzo pilastro» dell'Unione europea, concorda con il deputato Franco Russo sull'urgenza di una riflessione in vista di una maggiore partecipazione dei Parlamenti nazionali ai processi decisionali europei, che del resto è anche ciò cui tende lo stesso processo costituente europeo. Ricorda anche che il maggior coinvolgimento dei Parlamenti nazionali in relazione alle attività di Eurojust ed Europol previsto dal Trattato di Lisbona, nonché l'allargamento dell'area di Schengen a nove nuovi Paesi membri dell'Unione europea, rendono ancora più urgente questa riflessione. Anche per questo, ritiene essenziale provvedere alla ridefinizione delle competenze del cosiddetto «Comitato Schengen» (Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione).

Roberto COTA (LNP) afferma che, sul decreto-legge in esame, la sua parte politica rinnova la valutazione negativa già espressa sul decreto-legge n. 181 del 2007, ritenendolo un provvedimento di bandiera, che non incide realmente sui problemi di sicurezza connessi al fenomeno dell'immigrazione. Ad avviso del suo gruppo, occorrerebbe una politica dell'immigrazione ispirata al rigore ed alla severità nel controllo degli accessi in Italia; esattamente il contrario di quel che ha fatto il Governo, che, con la presentazione del disegno di legge Amato-Ferrero per la riforma della disciplina dell'immigrazione (C. 2976) e con la mancata conversione del decreto-legge n. 181 del 2007, ha trasmesso un preciso messaggio di incoraggiamento a quanti progettano di venire in Italia al di fuori delle quote di ingresso e dei canali regolamentari di accesso, ed ha quindi dato l'immagine di un Paese di immigrazione libera, dal quale, in definitiva, nessuno è mai espulso.
Rileva poi che non sono state prese in considerazione le proposte avanzate dal suo gruppo, con riferimento al decreto-legge n. 181 del 2007, di attribuire il


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potere di espulsione ai sindaci, che conoscono la realtà del territorio assai meglio dei prefetti, e di stabilire che quanti chiedano di entrare in Italia per soggiornarvi debbano dimostrare di avere un lavoro e di disporre di un alloggio adeguato. Al riguardo, osserva che è facile prevedere che gli immigrati privi di alloggio e di lavoro possano diventare socialmente pericolosi, dal momento che, dovendo in qualche modo provvedere ai bisogni propri e dei familiari, non potranno farlo che per le vie dell'illegalità e della criminalità. Parimenti criticabile, come già detto in riferimento al decreto-legge n. 181 del 2007, è la scelta di trasferire dal giudice di pace al tribunale le competenze in materia di convalida dei provvedimenti di espulsione: ciò infatti aggrava il carico di lavoro dei tribunali, già oggi oberati oltre misura, provocando un rallentamento delle procedure di allontanamento o di espulsione, laddove servirebbe invece accelerare queste procedure e dare maggiore efficacia all'azione delle forze dell'ordine.

Gianpiero D'ALIA (UDC) ritiene che quello in esame sia un provvedimento inutile, in quanto inadatto a conseguire gli obiettivi di tutela dell'ordine pubblico in vista dei quali è stato adottato. Quanto ai profili di costituzionalità, ritiene necessario un approfondimento al fine di stabilire se il provvedimento sia compatibile con la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di reiterabilità dei decreti-legge non convertiti. A questo proposito, nell'osservare che non basta a qualificare un provvedimento come nuovo e diverso il fatto di avervi inserito alcune disposizioni nuove o di averne modificato alcuni aspetti formali, come quelli cui ha fatto cenno il relatore, preannuncia la possibile presentazione, da parte dell'opposizione, di una pregiudiziale di costituzionalità.
Nota inoltre che il Governo mostra di non avere una visione d'insieme dei problemi in materia di sicurezza connessi all'immigrazione, essendo i suoi interventi frammentati tra più provvedimenti: oltre al disegno di legge Amato-Ferrero (C. 2976), vanno considerati il decreto-legge in esame, che a sua volta interviene, almeno in parte, sulla disciplina di cui al decreto-legge Pisanu (n. 144 del 2005), nonché il decreto-legge n. 248 del 2007, in materia di proroga termini, che interviene anch'esso, per altri profili, sul decreto-legge Pisanu, ed il decreto legislativo correttivo del precedente decreto n. 30 del 2007, cui il Governo sta lavorando sulla base di una delega legislativa ancora aperta. Osserva che tale frammentazione impedisce una valutazione complessiva dell'impatto delle politiche del Governo e di fatto, vista la celerità con la quale occorre esaminare un decreto-legge, impedisce al Parlamento un esame adeguatamente approfondito.
Quanto alle fattispecie di comportamento che motivano l'adozione dei provvedimenti di espulsione o di allontanamento, ritiene che siano troppo genericamente definite dal decreto in esame, con la conseguenza di rimettere in sostanza all'autorità giudiziaria chiamata a valutare la legittimità dei provvedimenti stessi la concreta definizione dei casi in cui si può procedere contro lo straniero.
Dopo aver rilevato, infine, la inadeguatezza della copertura finanziaria, ribadisce la convinzione che quello in esame sia un provvedimento inutile, tanto più inutile in quanto l'unico risultato meritevole che esso raggiunge, quello di correggere l'errore compiuto nel decreto legislativo n. 30 del 2007 di attribuire al solo Ministro dell'interno, e non anche ai prefetti, il potere di allontanamento di cittadini comunitari, avrebbe potuto essere ottenuto anche senza il ricorso allo strumento del decreto-legge, attraverso l'esercizio del potere di delega a fini correttivi del decreto n. 30.

Marco BOATO (Verdi), premesso di riconoscersi nelle riflessioni svolte dal relatore, deputato Zaccaria, nella relazione introduttiva, ricorda come la materia delle misure di prevenzione, in quanto tali distinte dalle misure di repressione del reato, sia da sempre, per la sua delicatezza, oggetto di riflessione. Non vi si sofferma, avendolo già fatto in occasione del dibattito svoltosi sul decreto-legge


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n. 181 del 2007. Si dice poi d'accordo con il deputato D'Alia sul fatto che si sarebbe potuto rivedere la disciplina del decreto legislativo n. 30 del 2007 attraverso l'esercizio della delega correttiva, che non è ancora scaduta, ma ritiene che lo si sarebbe potuto e dovuto fare a novembre, quando invece, sull'onda dell'emotività sollevata dall'omicidio Reggiani, il Governo scelse, a suo avviso sbagliando, di inquadrare il problema in un'ottica emergenziale e di ricorrere alla decretazione d'urgenza. Oggi non è invece possibile fare a meno di intervenire con decreto-legge, dal momento che occorre confermare la linea stabilita con il decreto-legge non convertito, salvaguardando anche gli effetti di quest'ultimo.
Quanto alla questione di costituzionalità legata alla reiterazione dei decreti-legge, nota che, anche nella parte in cui non innova rispetto al provvedimento già esaminato dalla Camera a dicembre (C. 3292), il decreto in esame, riproponendo il testo di norme introdotte nel decreto-legge n. 181 del 2007 nel corso dell'esame al Senato, e dunque mai entrate in vigore, non reitera in effetti il decreto-legge decaduto, ma si limita ad intervenire sulla medesima materia. Né va trascurato che vi sono nuove norme e che sono nuovi e diversi i presupposti di necessità ed urgenza, tra i quali l'intervenuto allargamento a nove nuovi Paesi dell'area di applicazione degli accordi di Schengen.
Rileva, infine, che il testo del decreto-legge, in generale, è più sistematico ed organico di quello trasmesso dal Senato a dicembre. Ritiene inoltre che bene abbia fatto il Governo a trasfondere parte della disciplina di modifica del decreto legislativo n. 30 del 2007 in un apposito decreto correttivo, il cui schema dovrà essere sottoposto alle competenti Commissioni parlamentari per il parere.

Luciano VIOLANTE, presidente, informa la Commissione che è sua intenzione sollecitare il Governo a trasmettere quanto prima lo schema di decreto legislativo in questione, in modo che le Camere possano esaminarlo insieme al decreto-legge in titolo, avendo così a disposizione il quadro complessivo degli interventi che l'Esecutivo intende compiere sulla materia.

Marco BOATO (Verdi) condivide l'orientamento del presidente, osservando che questo permetterà di valutare in una luce più ampia anche il provvedimento in esame. Con riferimento a quest'ultimo, ritiene poi che sarebbe preferibile, per ragioni di buona tecnica giuridica, che le disposizioni contenute negli articoli da 3 a 7 fossero formulate in forma di novelle al decreto legislativo n. 30 del 2007, onde evitare che la disciplina relativa alla libera circolazione dei cittadini comunitari venga dispersa tra più fonti. Invita pertanto il relatore a valutare la presentazione di un proprio emendamento in tal senso, anche prima che si sia espresso al riguardo il Comitato per la legislazione. Condivide, infine, la proposta del relatore di inserire nel testo della legge di conversione una norma intesa a far salvi, ad ogni buon conto, gli effetti del non convertito decreto-legge n. 181 del 2007.

Luciano VIOLANTE, presidente, avverte che risultano ancora iscritti a parlare sul complesso del provvedimento i deputati Boscetto e Santelli.

Gabriele BOSCETTO (FI) chiede alla presidenza di valutare la possibilità di rinviare a domani gli interventi suo e della collega Santelli, nonché di convocare una seduta anche alle ore 9 di domani, ferma restando quella già prevista per il pomeriggio di domani stesso.

Luciano VIOLANTE, presidente, consentendo alle richieste del deputato Boscetto, rinvia il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata per le ore 9 di domani.

La seduta termina alle 12.10.