COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 17 luglio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FRANCA BIMBI

La seduta comincia alle 11,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento, del vicepresidente della Commissione europea, nonché commissario responsabile per la giustizia, la libertà e la sicurezza, Franco Frattini.
Salutiamo calorosamente il vicepresidente Frattini, al quale rinnoviamo la nostra stima per il lavoro che sta svolgendo in Europa, per l'Europa stessa e dando anche un rilievo importante alla presenza italiana, sia per la sua opera, sia in considerazione delle sue competenze.
Come XIV Commissione della Camera dei deputati, abbiamo chiesto che questa audizione si svolgesse in sede di Commissioni riunite. Ricordo peraltro che, presso la XIV Commissione, è in corso l'esame della strategia politica annuale della Commissione per il 2008. Per la XIV Commissione è relatore l'onorevole Tondo, il quale, assieme alla presidente, ha avanzato le proposte per le audizioni.
Do ora la parola al vicepresidente Frattini.

FRANCO FRATTINI, Vicepresidente della Commissione europea. La ringrazio molto, presidente. Anche per me è un grande piacere tornare qui per questa audizione e avere la possibilità di illustrare, sia pure molto rapidamente, le linee di azione che nel mio ambito di responsabilità rappresenteranno le priorità per il prossimo anno.
Negli ultimi due anni (2005 e 2006), le responsabilità che mi sono state affidate hanno rappresentato, in termini di proposte concretamente presentate, rispettivamente il 17 per cento e il 18 per cento dell'intera attività della Commissione europea. Se considerate che i portafogli sono 27, ciò dà l'idea del fatto che il settore sicurezza è in grande sviluppo. Evidentemente, esso riguarda temi altamente sensibili, anche dal punto di vista politico, ma soprattutto temi per i quali si registra un consenso crescente - a livello politico - del Consiglio europeo sulla necessità di una politica e di una strategia realmente europea. Questo si è tradotto anche in termini di bilancio, tanto che il nuovo bilancio che abbiamo adottato, entrato in vigore dal gennaio 2007, ha destinato circa il 300 per cento in più, rispetto al precedente, alle politiche di sicurezza, giustizia e promozione dei diritti fondamentali. Ciò traduce anche l'aumento delle responsabilità in un risvolto finanziario non indifferente.
Mi limiterò, nella mia introduzione, a indicare quasi soltanto i titoli delle aree di azione prioritarie, per lasciare a voi uno spazio maggiore per le domande di approfondimento.
Il primo tema sarà quello dell'immigrazione. Lo è già, tanto che posso dire


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che, dopo il raggiungimento di un accordo unanime in Consiglio europeo, lo scorso mese di dicembre, e dopo aver concordato con l'Unione africana nel corso della Conferenza internazionale di Tripoli, lo scorso mese di novembre, oggi possiamo dire che l'idea della Commissione europea, da me proposta un anno fa, di approccio globale ai temi migratori è condivisa dai leader del Consiglio europeo, ossia dai Capi di Stato e di Governo.
L'approccio globale consiste nel considerare tutte le dimensioni della sfida dell'immigrazione, nell'abbandonare un approccio solamente improntato agli aspetti di sicurezza e di prevenzione, senza però trascurarli, ma considerando tre grandi pilastri della strategia europea per l'immigrazione.
Il primo riguarda una cooperazione internazionale con i Paesi di origine e con i Paesi di transito. Qualche giorno fa abbiamo confermato, con una Conferenza internazionale delle Nazioni Unite svoltasi a Bruxelles, che i legami tra immigrazione e sviluppo sono i soli che potranno permettere una prevenzione nei Paesi di origine dei grandi flussi migratori.
L'Europa ha destinato 17 miliardi di euro per gli aiuti allo sviluppo, in particolare dell'Africa, e in questo ambito abbiamo introdotto per la prima volta un concetto politico altamente sensibile, ossia quello di una certa condizionalità degli aiuti. In altri termini, proporremo e proponiamo ai Paesi interessati accordi politici che includano non soltanto il trasferimento finanziario a pioggia, ma soprattutto proposte e progetti per la stabilizzazione istituzionale, per la lotta alla corruzione, per lo sradicamento del traffico di esseri umani, per la promozione dei diritti dell'uomo. In questo ambito, siamo pronti a finanziare la formazione degli aspiranti immigranti, sul piano linguistico e professionale. Siamo altresì pronti a organizzare il mercato del lavoro legale verso quei Paesi europei che lo chiederanno. Come sapete, infatti, molti Paesi europei - e tra questi il nostro - chiedono ciò.
In altri termini, il tema è trasformare una politica di immigrazione frutto soltanto della disperazione in un sistema di partenariato strategico con i Paesi di origine, promuovendo finanziamenti allo sviluppo, finanziamenti alla formazione, offerte di lavoro legale nei Paesi europei, pur sapendo che quote migratorie europee non ci saranno mai. Ci saranno, piuttosto, quote nazionali, ma la nostra proposta, ormai condivisa, è che, una volta determinate tali quote nazionali, la loro gestione sia operata dall'Europa in nome dei Paesi che lo hanno richiesto.
Abbiamo inaugurato un centro europeo per il lavoro in un primo Paese subsahariano. Difatti, nella capitale del Mali esiste, già da fine febbraio, un centro in cui si attingono informazioni, in cui si chiedono programmi di formazione e in cui gli aspiranti immigrati sanno che potranno chiedere dove trovare un lavoro regolare in Europa. Si tratta di un progetto pilota che, ovviamente nel corso degli anni, contiamo di riprodurre anche in Senegal, in Mauritania, in Guinea e, considerata l'attenzione portata dalla Presidenza portoghese, a Capo Verde. Svilupperemo nei prossimi sei mesi una concreta accelerazione di tutte queste iniziative.
La seconda area tematica, per quanto riguarda l'immigrazione, è la prevenzione e il controllo rispetto al traffico di essere umani, alla drammatica perdita di vite umane in mare, all'immigrazione clandestina. Sono tre elementi che non vanno assolutamente confusi; l'immigrazione clandestina è un fenomeno ben diverso dal traffico di esseri umani. La nostra prima preoccupazione è il salvataggio delle vite umane in mare, ma ovviamente anche la prevenzione ai porti di origine dell'immigrazione clandestina, operazione che l'Italia, a livello bilaterale, riuscì a realizzare con l'Albania alcuni anni fa.
Abbiamo avviato azioni di pattugliamento congiunto. Quest'anno stiamo pattugliando, con una missione guidata dall'Agenzia europea per le frontiere esterne, il tratto di oceano tra le Isole Canarie e le coste senegalesi. Abbiamo avviato a fine


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giugno un analogo programma per il Mediterraneo centrale, tra la Sicilia, Malta e le coste libiche.
Posso dirvi fin d'ora che i primi sette mesi di lavoro della missione di questa Agenzia - che si chiama Frontex - nell'Oceano Atlantico ha portato ad una riduzione del 60 per cento dei flussi di immigrati irregolari, perché il Senegal collabora. Questo Paese, infatti, consente il pattugliamento all'interno delle acque territoriali e l'attuazione di programmi di rimpatrio volontario e assistito per coloro che vengono intercettati.
La Libia ancora non collabora, ma ad essa ho proposto un piano di azione. Ho parlato più volte con il Ministro Amato, con il ministro maltese responsabile per questo aspetto e in sede di Consiglio dei ministri. C'è un accordo affinché l'Europa offra alla Libia un analogo programma di partenariato strategico per la prevenzione, che includa addirittura - concessione non consueta per l'Unione europea - un aiuto alla Libia per il pattugliamento della frontiera meridionale. Si tratta di una frontiera desertica di circa duemila chilometri, una vera porta aperta verso nord, dove purtroppo molta gente muore cercando di attraversare il deserto a piedi; è la frontiera con il Ciad e col Niger. Noi siamo nelle condizioni di aiutare la Libia, e la Libia potrà incoraggiare un migliore coordinamento con noi per il pattugliamento della costa mediterranea.
Questo per quanto riguarda il pattugliamento, che diventerà permanente, proprio dal gennaio 2008, per gli anni a venire. Queste azioni di pattugliamento saranno una dimostrazione concreta della solidarietà tra gli Stati membri, che non possono essere solo quelli mediterranei - per così dire - maggiormente in prima linea.
Il terzo pilastro della nostra azione migratoria sull'immigrazione è l'integrazione. Per la prima volta, nel 2006, mi resi conto che occorreva un'azione strategica anche con finanziamenti mirati per l'integrazione. Non ci può essere politica di immigrazione se non c'è una strategia di integrazione. Integrazione significa educazione, conoscenza della lingua, lavoro regolare - quindi lotta severa al lavoro nero degli immigrati clandestini -, e significa anche decorosa politica dell'alloggio e dell'abitazione, per evitare i ghetti urbani, fonte di frustrazione e umiliazione. È evidente che per l'integrazione occorrono fondi. Esiste ora il primo Fondo europeo per l'integrazione: sono circa 900 milioni di euro; non è una cifra enorme, ma è comunque una somma discreta per aiutare gli Stati membri.
Ogni anno faremo il punto in una città europea. Lo scorso anno, il Forum europeo si è svolto a Rotterdam, mentre quest'anno si svolgerà a Milano, su richiesta del sindaco, agli inizi di novembre. Le città italiane ed europee, il governo delle regioni - quindi, secondo un approccio dal basso -, discuteranno delle migliori pratiche per l'integrazione: dove l'integrazione funziona e dove non funziona. È chiaro che integrazione significa definire una base comune di doveri e di diritti, non soltanto di diritti. Una base di doveri fondata innanzitutto sul rispetto delle leggi, dei princìpi fondanti che stanno scritti nella nostra Carta europea dei diritti fondamentali, la Carta di Nizza, che è pienamente applicabile.
Sto conducendo delle azioni di sensibilizzazione e di comunicazione relativamente a certi fenomeni che si sono verificati e si verificano in alcune comunità non comunitarie residenti; mi riferisco particolarmente alla diffusione preoccupante dei matrimoni forzati e della poligamia in alcune comunità. Siamo svolgendo indagini a livello europeo e ne presenterò tra breve i risultati.
Queste sono le linee della politica europea per quanto riguarda l'immigrazione. Con la Presidenza portoghese abbiamo già organizzato tre eventi politici importanti: il primo sarà una conferenza euromediterranea a livello ministeriale, che si terrà nel mese di novembre, dedicata all'immigrazione. Sponda sud ed Europa si troveranno insieme per fare il punto e per rilanciare con ancor più forza queste strategie sulle linee che vi ho rapidamente indicato.


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Il secondo evento politico si terrà all'inizio di dicembre: faremo il primo Consiglio misto, tra Ministri del lavoro e Ministri dell'interno, per far uscire l'immigrazione dal ristretto ambito della politica soltanto di sicurezza. Sarà un Consiglio dei ministri importante, all'inizio di dicembre, dove prepareremo le conclusioni per il Consiglio europeo di fine anno.
Il terzo evento politico sarà un vertice Europa-Africa, che avrà ovviamente molti temi in agenda, il primo dei quali, strategico, sarà quello dell'immigrazione. Questo per significare quanto in Europa si è fatto e si sta facendo per l'immigrazione, se pensate che nel 2005 non c'era neppure un documento comune dei Paesi membri dell'Unione europea sul tema.
Vi ho parlato solo del sud, ma, con un rapido flash, vi dico che la nostra strategia si orienta anche ad est. Ho presentato un documento strategico per un programma di controllo della frontiera est dell'Unione europea, specie nel momento in cui allarghiamo l'area Schengen verso est. È chiaro che l'area chiave, in questa nostra politica, è quella del Mar Nero, dove abbiamo chiamato Bulgaria e Romania ad assumere il coordinamento operativo, e Bielorussia, Ucraina, Moldavia e Russia a partecipare come Paesi non europei, ma come vicini estremamente interessati, perché quella è un'area da cui provengono flussi migratori illegali, spesso legati al traffico di esseri umani per ragioni di sfruttamento sessuale o per il traffico di organi (una migrazione, quindi, che ha caratteristiche estremamente diverse).
A queste politiche si è accompagnata, nel 2006 e nel 2007, una politica dei visti completamente nuova. Abbiamo deciso - io credo che fosse opportuno e rivendico questa scelta, che è stata peraltro condivisa unanimemente dal Consiglio dei ministri - di usare la politica dei visti come strumento di azione di politica estera. Noi abbiamo proposto ad un certo numero di vicini e di partner una facilitazione del movimento di persone, quindi una facilitazione della politica dei visti, in cambio dell'adesione a pacchetti ed accordi politici che includano misure di sicurezza. Abbiamo proposto delle formule che prevedano l'emissione obbligatoria di passaporti biometrici, il controllo integrato ed elettronico delle frontiere esterne, una collaborazione piena nel rimpatrio degli immigrati clandestini. Tutto questo ha come contropartita politica una facilitazione dei visti per studenti, imprenditori, ricercatori e appartenenti in genere alle amministrazioni pubbliche, particolarmente a quelle diplomatiche.
Questi accordi sono stati non solo negoziati, ma anche firmati. Rispetto al 2005 abbiamo aggiunto, nel 2006, un numero notevole di Paesi di estrema importanza.

MARCO BOATO. Firmati con chi?

FRANCO FRATTINI, Vicepresidente della Commissione europea. Con la Federazione russa, con l'Ucraina, con tutti i Paesi dei Balcani occidentali, quindi Serbia, Bosnia-Erzegovina, Albania, Montenegro, Moldova, e stiamo riflettendo sul negoziato con la Georgia. Questi Paesi si aggiungono quindi ai pochissimi con cui c'erano accordi in precedenza.
Avremo accordi di facilitazione dei visti e, parallelamente, accordi di riammissione degli immigrati illegali provenienti da quei Paesi. In più, vi è l'impegno politico a far scattare l'applicazione di questi accordi, che avverrà a partire dal dicembre di quest'anno, in parallelo con la messa in funzione delle misure di sicurezza che vi ho accennato; in primo luogo, i passaporti con dati biometrici e il controllo delle frontiere esterne.
Credo che sia il momento di riflettere sulla possibilità di attuare misure analoghe per alcuni Paesi chiave della fascia sud mediterranea. Sto riflettendo sul Marocco, che è un attore, a mio avviso, particolarmente importante e affidabile, con cui un esperimento pilota di questo genere potrebbe essere avviato.
Il secondo grande tema che ricade nella mia responsabilità è l'allargamento dell'area Schengen. Ne ho parlato con il presidente Gozzi in sede di Comitato Schengen; ormai i temi sono maturi per tradursi in realtà. Dal dicembre di quest'anno,


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se il monitoraggio sul terreno che i nostri esperti stanno conducendo sarà positivo, come io credo, nove Paesi membri entrati nel 2004 saranno chiamati a far parte dell'area Schengen, nel senso che aboliremo le frontiere interne e rafforzeremo in modo considerevole le frontiere esterne.
La precondizione perché questo accada è che il Sistema informativo Schengen (SIS) venga interconnesso a tutti i nuovi Stati membri e, quindi, che tutti i posti di frontiera di tutti gli Stati membri che hanno frontiere esterne siano interconnessi in modo automatico ed in tempo reale. Si tratta di un'operazione enorme; stiamo monitorando ogni singolo posto di frontiera, ogni singolo aeroporto. L'obiettivo è la soppressione delle frontiere interne terrestri e marittime da dicembre, e di quelle agli aeroporti da marzo 2008. Questo è un grande obiettivo politico, come voi comprendete, che richiederà un notevole sforzo in termini di sicurezza esterna.
Il terzo grande asse della mia azione è la lotta al terrorismo e al crimine organizzato. Non occorre che vi dica che tutti i Paesi europei considerano il terrorismo la prima e consistente minaccia attuale.
Le linee di azione prevedono, innanzitutto, la prevenzione con una strategia politica che affronti la radicalizzazione violenta ed il reclutamento delle giovani generazioni, purtroppo formate, educate e spesso nate nel territorio dell'Unione europea. Questo è un fenomeno che ci preoccupa grandissimamente, perché si moltiplica. Non solo nel Regno Unito; si sono aggiunte anche la Francia, l'Olanda, la Danimarca, Paesi fino a poco tempo fa insospettabili per il radicamento di cellule di quello che noi chiamiamo homegrown terrorism, cioè il terrorismo che si sviluppa in casa.
È evidente che questo richiede una strategia di prevenzione e forte collaborazione con le comunità, soprattutto con quelle musulmane moderate, che sono disponibili a collaborare con noi per diffondere messaggi di netta contrarietà e di bando assoluto alla violenza, all'azione violenta, alla disseminazione della violenza e al terrorismo.
È evidente, però, che la persuasione non basta; occorre la prevenzione. Come sapete, abbiamo messo in cantiere un meccanismo, a fine 2005, che permette un collegamento in tempo reale rispetto ad alcuni dati sensibili, compresi quelli relativi al traffico telefonico, che possono essere indispensabili per tracciare i movimenti di sospetti terroristi. In alcuni casi, anche recentissimi, quegli elementi sono stati preziosi per arrivare all'arresto di sospetti terroristi.
È evidente che questo lavoro continuerà, con un lavoro su Internet. Ad ottobre, presenterò alla Commissione un pacchetto di proposte. La prima sarà quella di una banca dati europea su movimento, fabbricazione, produzione e commercio degli esplosivi, con particolare riferimento agli esplosivi liquidi, alla circolazione e al commercio di detonatori e delle sostanze che chiamiamo «precursori». Abbiamo scoperto, infatti, che fare una bomba in casa è facilissimo.
Questa proposta sarà accompagnata da una modifica della direttiva europea, per punire, finalmente, gli atti di incitamento concreto all'azione terroristica diffusi su Internet, come anche le istruzioni per fabbricare bombe, che sono facilissime da trovare in rete. Credo non sia possibile non punire a livello europeo, nello stesso modo in 27 Paesi, fatti di questo genere.
Presenteremo, inoltre, un'azione strategica per fare fronte alla minaccia ancora più drammatica rappresentata dal bioterrorismo. Abbiamo varato, alcuni giorni fa, uno studio, un Libro verde, che pone delle domande, in vista della creazione di un vero e proprio network europeo di collegamento per un'allerta precoce, ad esempio, in caso di sparizione di sostanze pericolose - questo oggi avviene, ma non è registrato, in assenza di una banca centrale europea - e per una reazione rapida in caso di attacco bioterroristico, un evento statisticamente poco probabile, ma non da escludere. Viste le disastrose conseguenze che esso potrebbe avere, è


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ovvio che l'Europa deve dotarsi di un vero network di cooperazione in tempo reale per casi di questo genere.
Sul terrorismo stiamo lavorando assai bene con la cooperazione intelligence; stiamo lavorando altrettanto bene con una cooperazione con i nostri partner internazionali. Lo scorso mese di aprile, abbiamo concordato di lavorare, entro la metà del 2008, ad una definizione comune dell'azione di atto terroristico, da concordare tra Unione europea, Stati Uniti e Federazione russa. C'è un accordo dei Paesi del G8 per arrivare ad una definizione comune da sottoporre nel 2008 come contributo alle Nazioni Unite, per arrivare finalmente all'adozione della convenzione ONU sulla definizione di atto terroristico, che ancora manca a seguito di differenze troppo grandi. È chiaro che il contributo congiunto di Europa, G8, Stati Uniti e Russia sarebbe di per sé un contributo importante. Noi siamo impegnati a lavorare su questo.
Anche la lotta alla criminalità organizzata è materia di azione dell'Europa. Europol ed Eurojust stanno vivendo una fase di grande potenziamento, tanto che hanno assunto un ruolo crescente: oggi non più soltanto il terrorismo, ma anche la criminalità organizzata di ogni tipo, a livello transnazionale, ricade nell'ambito di azione di Europol e di Eurojust. La prima sarà chiamata a partecipare direttamente alle squadre investigative comuni multinazionali, plurinazionali e bilaterali. L'altro elemento di grande importanza è il lavoro di tranciatura della rete Internet, con particolare riferimento all'incitamento al terrorismo e alla pedofilia internazionale.
Su questi due terreni, abbiamo riportato dei successi veramente importanti, con lo smantellamento, negli ultimi sette mesi, di tre reti di pedofili che operavano su una media di sette-otto Paesi - si tratta, quindi, di un gran numero di persone coinvolte -, con oltre 150 persone arrestate grazie ad una serie di azioni, una delle quali partita dall'Italia, per la straordinaria azione della Polizia postale e delle unità specializzate per la lotta alla pedofilia on line esistenti nelle forze di polizia italiane.
L'altro tema su cui rapidamente vorrei soffermarmi è la promozione e la protezione dei diritti fondamentali. Non dobbiamo mai dimenticare che non possiamo innalzare la sicurezza a scapito della garanzia dei diritti individuali delle persone. Sto da tempo lavorando affinché si adotti finalmente una legge europea - sarà una decisione quadro - per la protezione dei dati personali nel cosiddetto «terzo pilastro», cioè quella attività di polizia giudiziaria che finora era esclusa dalla direttiva del 1996 sulla normale - per così dire - protezione dei dati personali. È il momento che anche in questo ambito vi sia un livello maggiore di protezione dei dati. Le gravissime violazioni della privacy individuale che abbiamo registrato anche in Italia chiamano all'assunzione di una forte responsabilità europea in questo ambito. La diffusione di notizie fortemente lesive dev'essere sanzionata, a mio avviso, a livello europeo.
Esiste già un'Agenzia per i diritti fondamentali, che ho personalmente inaugurato a marzo, che funziona e avrà come primo obiettivo quello di proseguire l'azione nella lotta al razzismo e all'antisemitismo a livello europeo - sarà una priorità del 2008 -, un'azione mirata per capire e studiare il fenomeno della violenza domestica a danno delle donne in Europa, nonché per studiare e riferire sul fenomeno, che ho indicato già, dei matrimoni forzati e della poligamia in territorio europeo. Questi saranno tre dei primi temi che l'Agenzia europea per i diritti fondamentali studierà, riferendoci poi i risultati nella prima parte del 2008.
L'ultimo tema è quello del ruolo dell'Europa nel mondo, nella promozione dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto. Come ho detto, siamo intenzionati a inserire organicamente questi temi nell'ambito delle politiche di partenariato. Vi posso dire che in tutti i piani d'azione bilaterali inseriamo una clausola, che lo Stato partner deve accettare se vuole firmare l'accordo, che si richiama al dovere


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che in quel Paese i diritti umani siano rispettati secondo i criteri della Carta di Nizza e che nell'attuazione dell'accordo sia possibile verificare se e come tali diritti siano rispettati. È un passo avanti importante, perché tutti i Paesi della strategia di vicinato, che voi conoscete, hanno finora accettato di firmare la cosiddetta clausola dei diritti umani.
Mi fermo qui per dare spazio a eventuali interventi e domande.

PRESIDENTE. Do la parola ai senatori e deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANDREA MANZELLA, Presidente della 14a Commissione del Senato della Repubblica. Dell'esposizione, come di consueto ricca, documentata e piena di suggestioni, del commissario Frattini vorrei sottolineare in particolare due questioni di equilibrio, che egli sicuramente avrà affrontato. Mi piacerebbe conoscere al riguardo la sua opinione.
La prima questione riguarda le decisioni sull'ordinamento istituzionale di Bruxelles: come conciliare la necessità, che da ogni sua parola è emersa, di accelerazione dei processi di decisione con le attribuzioni (che sono state aumentate proprio nel settore della cooperazione giudiziaria, delle Forze di polizia) dei Parlamenti nazionali. C'è un pericolo di veto in questo senso? Dico questo anche sulla base di una piccola esperienza di casa nostra. Ad esempio, domani si discuterà in Senato la legge comunitaria; si contesta che in tale legge siano state incluse delle decisioni quadro - credo le prime - in materia di blocco dei beni. Ebbene, una parte dei senatori contesta che, in sede di legge comunitaria, si possa parlare anche di problemi sensibili.
La seconda questione di equilibrio riguarda come conciliare tutte le iniziative di lotta contro il traffico di esseri umani e il terrorismo, come la tracciabilità di dati sensibili, con la protezione dei dati personali.
Sono questioni di equilibrio su cui mi piacerebbe sentire l'opinione del commissario Frattini.

ARNOLD CASSOLA. Ringrazio il commissario Frattini per la sua esposizione interessante.
Penso che, a lungo termine, la soluzione dovrà essere l'aiuto allo sviluppo; i 17 miliardi dati dall'Unione europea vanno proprio in tale direzione. Questo, comunque, è un processo a lunga scadenza.
Mi soffermo su due punti che lei ha menzionato. Sia la settimana scorsa, al Congresso del PPE di Malta, sia in questa sede, lei ha menzionato il fatto che dal 1o gennaio inizierà il pattugliamento del Mediterraneo e ha annunciato - se ho ben capito - che si effettuerà anche il pattugliamento della frontiera lungo il deserto tra Ciad, Niger e Libia. Considerando l'enorme flop che ha registrato l'operazione «Nautilus II», dalla quale si sono defilati tutti i Paesi che avevano promesso di fornire delle navi, fra cui anche Italia, Spagna e Grecia (praticamente, adesso l'intero lavoro è svolto da due o tre navette maltesi, senza neanche il sostegno di una Marina), come si può pensare che dal 1o gennaio sia effettuato un pattugliamento a mare per 365 giorni nel Mediterraneo? Sappiamo, infatti, che tutti i Paesi del nord, e anche altri, non hanno partecipato a questa operazione fino ad ora (ad eccezione della Germania), neanche per salvare vite umane. Se, dunque, non siamo riusciti a svolgere questa operazione per otto settimane, come potremmo riuscire a condurla per 365 giorni?
In secondo luogo, le vorrei chiedere se la Libia ha già accettato che l'Unione europea pattugli le sue frontiere nel deserto. Sarà un'operazione dell'esercito dell'Unione europea (lei ha detto di aver parlato con Tonio Borg e con il Ministro Amato), o saranno le truppe italiane, maltesi e libiche che pattuglieranno la frontiera?
Infine, lei ha menzionato la necessità di aderire alla Carta di Nizza, ma la Libia non ha firmato neanche la Convenzione di Ginevra, figuriamoci se aderirà alla Carta di Nizza. Come si potrà conciliare, dunque, l'attività di pattugliamento delle frontiere con il trattamento umano delle persone che passano attraverso la Libia?


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FRANCO RUSSO. Signor presidente, ho poche domande da porre, con un'unica premessa, poiché una delle mie domande riguarderà proprio il rapporto fra Stati nazionali ed Europa. Siccome io e il commissario Frattini non ci conosciamo, vorrei precisare che sono un convintissimo federalista europeo; la mia domanda, dunque, sarà tesa a capire come conciliare alcuni interventi in materia di libertà e sicurezza con gli ordinamenti nazionali.
Mi consenta, però, due considerazioni e due domande legate a queste considerazioni. La prima considerazione riguarda lo Stato di diritto nel mondo. Questa promozione dei diritti nel mondo mi pare di impianto molto antico, molto vecchio e anche un po' neocoloniale. Vorrei capire se, per esempio, nelle clausole di rapporto tra Unione europea, Cina e Stati Uniti, esiste una clausola sulla pena di morte; se lo Stato di diritto deve valere per tutti, se deve valere in generale in tutte le iniziative e in tutte le politiche che l'Unione europea attua nel mondo, comprese quelle con partner molto forti. Vorrei sapere, a tale proposito, quale sia la politica dell'Unione europea, viste le difficoltà che abbiamo avuto a raggiungere una posizione unanime, all'interno dell'Unione europea, addirittura sulla moratoria da presentare all'ONU.
Vengo alla seconda considerazione. Non metto in dubbio le decisioni attinenti alla sovranità dei singoli Stati, ma l'operazione «Frontex» e il pattugliamento in acque territoriali degli altri Paesi mi sembrano iniziative abbastanza ambigue, sulle quali ho molte perplessità e molte riserve, poiché l'Unione europea impone il tipo di politiche migratorie che le convengono. Ben venga, naturalmente, l'aiuto allo sviluppo, ma le clausole che lei ha citato, ad esempio attinenti alle condizionalità, sono quelle stesse che la Banca Mondiale applica a fenomeni come la corruzione, pur conoscendo il fallimento che queste politiche hanno avuto.
Io penso - ma questa è una mia valutazione - che la politica di chiusura delle frontiere a cui l'Europa si ispira stia causando più danni che benefici. È positiva dal punto di vista delle vite umane, però mi pare che il pattugliamento sia fatto contro gli immigrati e non a loro favore.
Concludo con la terza domanda, quella che mi sta più a cuore. Lei saprà meglio di me - mi corregga, se ho mal compreso - che nelle ultime decisioni del 21-22 giugno del Consiglio europeo, per quanto riguarda il nuovo trattato, è emersa la prospettiva della comunitarizzazione dei vari pilastri. Può darsi che abbia letto male le conclusioni del Consiglio europeo; se così fosse, me le illustrerà lei stesso.
Sono molto interessato a questa problematica, commissario Frattini. Mi sembra che vi sia l'intenzione di comunitarizzare una serie di materie - e io sono d'accordo, lo considero un fatto positivo -, come la giustizia, la libertà e la sicurezza. Siccome, però, sappiamo che l'Unione europea pecca di un certo deficit di democrazia - nel senso che i Parlamenti intervengono successivamente alle decisioni della Commissione, che ha l'esclusivo potere di iniziativa - anche in campi attinenti alla giustizia penale (anzi, le saremmo grati se lei potesse fornirci dei dati su quanto incidono le decisioni europee in campo penale), non le sembra che noi dovremmo operare affinché avvenga un superamento di tale deficit? Questo anche perché ormai stiamo investendo nei campi in cui tradizionalmente la rappresentanza democratica ha inciso.
Non so se la mia domanda è chiara. In altre parole, più noi investiamo - e concordo sul farlo nel campo della giustizia -, più dovremmo superare il deficit della democrazia, dando ai Parlamenti nazionali e al Parlamento europeo il compito di intervenire, altrimenti anche in campo penale saranno i Governi a decidere.

RENZO TONDO. Signor presidente, sarò molto breve, in quanto la XIV Commissione della Camera ha già avuto modo di esprimere un sostanziale apprezzamento per il lavoro della Commissione europea.
Devo dire che ho apprezzato molto la relazione del vicepresidente Frattini, in


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quanto si è sforzato di entrare nel dettaglio rispetto ai temi, in particolare a quelli relativi all'Africa.
Vorrei porre una domanda specifica. Quando si parla di allargamento dell'area Schengen, ci si riferisce, ovviamente e giustamente, al superamento delle frontiere interne e al rafforzamento di quelle esterne. Credo che, quando facciamo questo ragionamento, oltre a dire, come lei fa nella sua relazione, che è giusto immaginare un sistema informativo di seconda generazione, si debba anche immaginare una task force comune di tutti i Paesi europei, che distaccano mezzi, forze, uomini affinché lavorino insieme. Vorrei sapere se su questo percorso esiste già un lavoro comune.
Vorrei inoltre svolgere una considerazione che conduce a una domanda. In Europa - almeno questo è il mio parere -, abbiamo un mix di rigidità del mondo del lavoro e di benefit che fa sì che molti immigrati cerchino di entrare alla ricerca di welfare, prima ancora che di una posizione. Non c'è dubbio che il welfare europeo sia decisamente generoso rispetto, ad esempio, a quello americano o a quello dei Paesi di origine degli immigrati. Credo che la Commissione europea farebbe bene non tanto a rivedere gli scandali del welfare, quanto piuttosto a ribadire il concetto che la dignità della persona si sviluppa attraverso il contributo che ciascuna persona dà alla crescita della società attraverso il lavoro.
Ritengo che questo concetto - per così dire - filosofico andrebbe ribadito e, se possibile, esteso a tutti i Paesi. Anche perché, in passato, legislazioni troppo tolleranti hanno determinato dei vulnus molto evidenti - penso, ad esempio, all'erogazione degli assegni di maternità agli extracomunitari, a causa dei quali il nostro Paese si è trovato in difficoltà, perché venivano assegnati in base a semplici certificazioni di residenza - e la necessità di intervenire con provvedimenti che avrebbero potuto essere evitati con legislazioni più corrette e controlli più seri.

MAURIZIO TURCO. Signor vicepresidente, so che lei rappresenta in questa sede una istituzione di tipo collegiale, quindi so anche che quanto lei riferisce oggi è il sunto di questo lavoro. Vorrei però soffermarmi in particolare sulle questioni riguardanti la libertà.
Lei ci ha parlato a lungo di giustizia e sicurezza. Credo che proprio la funzione delle istituzioni europee, in particolare del Parlamento, ma anche della Commissione, sulla libertà chiami in causa molte responsabilità. Nel 2004, il Parlamento europeo, per la prima volta congiuntamente con l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, chiese una convenzione relativa al rispetto dei diritti umani fondamentali nelle prigioni europee. Vorrei sapere se questa richiesta abbia avuto un seguito.
Le chiederei, poi, le ragioni del blocco sulla decisione quadro delle garanzie procedurali e come la Commissione intenda procedere e corrispondere alle conclusioni del Parlamento sui voli segreti della CIA in Europa.
Inoltre, vorrei conoscere le ragioni per le quali, quando si parla di trasparenza dei lavori del Consiglio europeo, ogniqualvolta vi siano procedimenti in sede di Corte europea di giustizia, la Commissione, a differenza del Parlamento europeo, si schiera sempre dalla parte del Consiglio. Che fine ha fatto la proposta della Presidenza greca di cinque o sei anni fa sul ne bis in idem, per evitare il doppio processo all'interno delle istituzioni? Quali iniziative sono state prese a seguito delle conclusioni della Commissione di inchiesta del Parlamento europeo sul sistema ECHELON? Intende la Commissione europea rispondere alla richiesta ultradecennale del Parlamento europeo di un controllo democratico di Europol?
Il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa ha denunciato, lo scorso febbraio, per l'ennesima volta, che a causa delle lentezze della giustizia penale, civile ed amministrativa, sin dal 1980, l'Italia è ripetutamente condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, e questo mette in pericolo lo Stato di diritto nel nostro


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Paese. Vorrei conoscere i motivi della disattenzione della Commissione europea rispetto a queste reiterate denunce.
Una sola considerazione, infine, rispetto a quanto richiamato anche dal collega Russo in merito alla clausola del rispetto dei diritti umani negli accordi di cooperazione. La Commissione europea, sin dall'inizio dei lavori preparatori per introdurre la clausola del rispetto dei diritti umani, si è sempre dichiarata contraria ad una applicazione puntuale della stessa. Infatti, sebbene questi accordi di cooperazione tra i vari Stati si estendano a tutti gli Stati totalitari, mai un Paese terzo è stato denunciato per violazione della clausola democratica. Anzi, anche ultimamente, in relazione ad una denuncia presso il mediatore europeo per cattiva amministrazione da parte della Commissione europea per il mancato rispetto di questa clausola, ancora una volta la Commissione europea ha ribadito, due anni fa, che questa è una clausola politica e che, in quanto tale, deve essere applicata.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Ringrazio il commissario Frattini per la sua relazione.
Il primo pilastro che ci ha illustrato il commissario, ovvero la cooperazione con i Paesi d'origine degli emigranti, dovrebbe essere una testimonianza dell'assunzione, da parte dell'Unione europea, della necessità di riequilibrare quel piano inclinato che è il rapporto iniquo, soprattutto dal punto di vista economico, fra Paesi del sud e Paesi del nord. Dunque, l'immigrazione sarebbe vista come uno strumento naturale di riequilibrio.
Tuttavia, date le cifre ed il contesto, a mio avviso si fa quel che si può, ma la questione rimane comunque su un piano fondamentalmente simbolico, rispetto alla soluzione effettiva del problema dei movimenti. Vorrei riferirmi, in particolare, all'Agenzia Frontex e al problema del pattugliamento già richiamato da alcuni colleghi. Lei ci ha fornito dei dati e ha parlato del 60 per cento di diminuzione dei movimenti verso le Canarie. Ritengo che siano dati importanti ed incoraggianti. Tuttavia, per completezza, commissario, credo si debba fare riferimento anche al costo umano di queste diminuzioni. Infatti, è vero che sono diminuiti gli sbarchi, ma è anche vero che sono aumentate le morti in mare, anche perché le rotte sono diventate più insicure e difficili per la necessità continua di scappare.
Il vicedirettore esecutivo di Frontex, Gil Arias, rispondendo ad una domanda che gli è stata posta, ha dichiarato che Frontex non ha come obiettivo il salvataggio. Allora, qual è l'obiettivo di Frontex? Il respingimento verso acque di nessuno, oppure il consolidamento dell'Europa nella sua dimensione di fortezza?
Per quanto riguarda la Libia - e mi avvio alle conclusioni, presidente -, mi associo nel ribadire che essa non ha firmato la Convenzione di Ginevra. Sappiamo tutti che in Libia ci sono tre centri di trattenimento finanziati dal Governo italiano. Vorrei sapere, dunque, se le condizioni del rispetto dei diritti umani delle persone che cercano di attraversare il mare o il deserto siano oggetto di interesse per l'Europa, oppure se si tratti solo di una questione di respingimento fine a se stesso.
Lei citava i costi dell'azione che effettueremo il prossimo anno per contrastare il razzismo, la violenza domestica, i matrimoni forzati. Vorrei sapere se, a proposito di razzismo, sia possibile inserire un'azione mirata a contrastare la questione della sovrarappresentazione delle minoranze etniche nelle carceri in tutta Europa. Numericamente, tali minoranze sono sovrarappresentate, non per un problema economico, prima rilevato da un collega.
Infine, vorrei sollevare la questione riguardante la cessione di sovranità dell'Europa nei confronti degli Stati Uniti per quanto riguarda la protezione dei dati personali. Ogni Paese europeo effettua degli sforzi per fronteggiare i problemi esistenti, ma vorrei sapere se sia possibile dimostrare il nostro orgoglio nei confronti degli Stati Uniti, che chiedono la violazione di un diritto che in Europa viene garantito ai cittadini.


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ROBERTO COTA. Innanzitutto, saluto il vicepresidente Frattini. Aggiungerò due brevi considerazioni, la prima delle quali è legata all'immigrazione.
Lei ha sottolineato gli sforzi che sta compiendo a livello europeo su questo tema. Vorrei chiederle, però, come viene interpretata in Europa la mutata posizione del nostro Governo sull'immigrazione, ovvero il passaggio dalla politica rigorosa che ispirava la legge Bossi-Fini alla nuova politica che il Governo sta portando avanti con la legge Amato-Ferrero.
La seconda considerazione è relativa all'allargamento. Lei ha parlato di superamento delle frontiere attraverso il Trattato di Schengen e la sua applicazione, laddove noi consideriamo invece con preoccupazione alcuni allargamenti che hanno comportato la libera circolazione delle persone sul nostro territorio, quali ad esempio l'allargamento alla Romania senza l'introduzione di una moratoria sull'entrata dei cittadini rumeni, in particolare per quanto concerne alcune tipologie di cittadini, quali gli zingari rom. Riteniamo infatti che, a questo punto, se l'Europa si allargasse senza un consolidamento, rischierebbe un maggiore sfaldamento.

GABRIELE FRIGATO. Solo una mozione d'ordine: vorrei capire se in Italia esista la legge Amato-Ferrero e quale sia.

MARCO BOATO. Signor presidente, per interloquire con questa cosiddetta mozione d'ordine, è ovvio che esistano opinioni diverse, e la mia è drasticamente diversa da quella accennata dal collega Cota. Mi auguro che tra qualche mese l'Italia abbia una legge Amato-Ferrero.
Vorrei ringraziare il vicepresidente Frattini per l'ampia relazione svolta, sia per le dimensioni che per i contenuti. È possibile individuare gli elementi di insoddisfazione rispetto alla realtà attuale o sottolineare gli aspetti di strategia, da oggi al futuro, rispetto alle enormi carenze degli anni precedenti.
Ritengo positivo che il vicepresidente Frattini abbia sottolineato i progressi compiuti soprattutto negli ultimi due anni. Ovviamente, in merito ai singoli aspetti ciascuno esprime le proprie considerazioni. Il mio breve intervento parte da una condivisione di fondo della relazione ascoltata, in particolare sul tema toccato dall'intervento che mi ha preceduto, sulla questione dell'immigrazione e su quello che il vicepresidente Frattini ha definito l'approccio globale (la comparazione internazionale, la prevenzione, l'integrazione), come elemento fondamentale di novità per quanto riguarda l'Europa. Poi, è evidente che su ciascun tema potremmo dilungarci. Auspico comunque che ci sia un rapido adeguamento della legislazione italiana a questo riguardo, a differenza del collega che mi ha preceduto, che ha idee opposte alle mie al riguardo.
Vorrei chiedere un chiarimento al vicepresidente Frattini in ordine alla questione, che ha toccato ampiamente, relativa al rapporto fra terrorismo e lotta contro il terrorismo e tutela delle garanzie dello Stato di diritto, tema forse indirettamente accennato da qualche altro collega. Poiché condivido molti aspetti della sua relazione, mi riferisco al tema non sfiorato - forse in modo intenzionale, nella convinzione che non riguardasse la questione - che ha attraversato molti Paesi europei, compresa l'Italia, riguardante le cosiddette extraordinary rendition, termine eufemistico che allude ad un fenomeno di notevole gravità, in una concezione della lotta contro il terrorismo che fa strame dello Stato di diritto. Lei ha parlato di una cooperazione sotto il profilo delle intelligence, e questo è assolutamente condivisibile. Nel caso in questione, che ha dato luogo anche ad una Commissione d'inchiesta all'interno del Parlamento europeo, siamo fuori da questi limiti.
Le chiederei anche, nei limiti di una replica in cui dovrà affrontare decine di argomenti, di affrontare più puntualmente un tema su cui non solo non obietto, ma che trovo di grande interesse: la questione del rapporto di cooperazione con le comunità musulmane definite moderate. Ritengo sia un tema strategico rispetto a tutti


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i problemi dello sviluppo dell'integralismo internazionale di matrice fondamentalista, che purtroppo ha radici anche all'interno dei Paesi, fenomeno delle seconde e delle terze generazioni che ha afflitto soprattutto il Regno Unito, ma che riguarda anche altri Paesi (lei ha citato la Francia, l'Olanda, la Danimarca). Mi pare che queste siano questioni fondamentali.
Le chiedo un chiarimento giuridico sulla questione concernente la Carta di Nizza. Lei ha fatto più volte riferimento alla Carta di Nizza relativa alla tutela dei diritti fondamentali. Poiché, dal punto di vista giuridico, la Carta di Nizza non è ancora in vigore, giacché avrebbe fatto parte integrante del nuovo Trattato costituzionale europeo ma allo stato attuale si trova in una sorta di limbo, vorrei chiederle un chiarimento al riguardo, non perché non condivida le sue considerazioni, ma perché mi trovo in una situazione di perplessità e di preoccupazione rispetto al carattere cogente o vincolante della Carta di Nizza nell'ordinamento europeo.
Anche da parte mia c'è una richiesta (già formulata dal presidente Manzella all'inizio, e anche altri colleghi hanno affrontato l'argomento) sulla questione della protezione dei dati personali, tema di rilevante problematicità. La lotta contro il terrorismo implica indagini penetranti sotto il profilo non solo della Polizia e dell'autorità giudiziaria, ma anche dei servizi di informazione e sicurezza. D'altra parte, lei ha sottolineato una devastazione della privacy che preoccupa sotto il profilo delle garanzie dello Stato di diritto.
Da ultimo, vorrei avere un chiarimento. Condivido la decisione di allargare l'area Schengen ai nove membri dell'Unione europea entrati nel 2004 e ho l'impressione che il decimo possa essere Cipro. Lei non l'ha detto, ma vorrei un chiarimento al riguardo.

JOLE SANTELLI. Vorrei rivolgere al commissario Frattini alcune domande.
Alcuni colleghi hanno giustamente sottolineato il problema dell'allargamento, e soprattutto i problemi legati all'ingresso della Romania. In Italia, lo stesso Ministro Amato ha più volte espresso allarme. Vorrei sapere se esistano politiche europee in relazione a questi problemi. Abbiamo infatti politiche di innalzamento degli standard di garanzia, ma vorremmo sapere quali aiuti siano garantiti ai singoli Stati nazionali.
Vorrei inoltre sapere se il Governo italiano abbia ufficialmente trasmesso il Testo unico sull'immigrazione alla Commissione europea, e se nelle politiche di immigrazione, per quanto riguarda le direttive europee, sia stato introdotto qualche cambiamento e avviato un discorso in merito ai ricongiungimenti familiari. Mi riferisco soprattutto alla nuova legge francese, caratterizzata da una serie di abusi dello strumento, e quindi alla conseguente necessità di rivedere le direttive europee, attualmente molto allargate.
Passando ad un altro tema, vorrei sapere come stia funzionando il percorso dei Paesi che hanno aderito alla Convenzione di Prum, in considerazione del ritardo parlamentare o dell'eccessiva fretta del Ministro Amato nel chiudere un accordo, nonostante la nostra legislazione non sia ancora completamente a posto, ovvero se si rischi di perdere un'importante occasione a causa dei ritardi parlamentari.
Concludo con un tema affrontato anche da altri colleghi. Spesso, almeno sul versante della giustizia, abbiamo assistito a un'Europa molto delle manette e poco delle garanzie, poco fedele quindi alla visione originaria. Vorrei sapere se si siano aperti spiragli diversi sul pacchetto di garanzie minime, soprattutto per quanto concerne i Paesi dimostratisi finora molto chiusi e gelosi delle proprie prerogative.
Lei ha accennato al fondamentale tema del terrorismo sulle sponde del Mediterraneo e degli oceani. Purtroppo, sappiamo solo quanto apprendiamo dai giornali, sui quali di recente ho letto un'intervista del Ministro degli esteri italiano, Massimo D'Alema, in cui egli affermava che Hamas sarebbe un partito democratico. Considerata l'attuale situazione in Palestina, vorrei sapere come l'Europa si muova in relazione ai finanziamenti all'autorità palestinese


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e quali garanzie ci assicurino che questi non giungano ad Hamas, e quindi non foraggino il terrorismo e la guerriglia.

GIANNI FARINA. Ringrazio innanzitutto il commissario Frattini per la relazione ampia, esaustiva e con interessanti spunti di riflessione.
Mi sembra che il fallimento del Trattato costituzionale abbia riportato indietro l'orologio della costruzione europea e della lotta per l'integrazione. Parto da un presupposto, su cui vorrei avere una sua autorevole opinione, ovvero dalla convinzione che i processi integrativi siano due: uno riguarda i cittadini dell'Unione e non è affatto concluso, come molti ritengono, anzi è in costruzione e a mio parere in grave ritardo; l'altro riguarda l'integrazione di tutte le comunità immigrate, in particolare di quella proveniente dall'erroneamente definita «altra sponda del Mediterraneo».
Innanzitutto, parto dalla considerazione che, se non ci fosse stato il fallimento del Trattato costituzionale e in previsione di una sua definitiva approvazione, la Carta dei diritti fondamentali di Nizza avrebbe assunto un altro significato. Oggi, però, è una direttiva priva di valore giuridico, sulla quale gli Stati giocano anche in riferimento alle comunità e ai cittadini dell'Unione europea. Le libertà sono tante: per il cittadino dell'Unione europea, si tratta di libertà di esercizio professionale, di libertà interculturale. Ritengo che in questi campi la Commissione, il Parlamento europeo, gli Stati nazionali dell'Unione debbano compiere giganteschi progressi, perché siamo in gravissimo ritardo.
L'altra questione riguarda l'integrazione delle comunità immigrate, che sono quasi essenzialmente comunità dell'altra parte del Mediterraneo. La Carta dei diritti fondamentali lì non si può applicare, e questo rappresenta un fatto gravissimo. Al riguardo - è l'ultima domanda che desidero porle -, sono convinto che manchi una politica europea di riferimento e che l'iniziativa di un'alleanza mediterranea promossa dal Presidente Sarkozy debba riguardare non solo la Francia, sebbene molto interessata per ragioni storiche, bensì l'Europa. Credo che il processo integrativo di quella comunità serva anche a combattere i fenomeni accennati in vari interventi.
Vorrei chiederle un ultimo chiarimento sulla Carta dei diritti fondamentali e su quali passi possano compiere la Commissione europea e il Parlamento europeo affinché, nonostante una situazione oggettivamente difficile, si possano trovare soluzioni per una sua applicazione.

MICHAELA BIANCOFIORE. Innanzitutto, vorrei ringraziare il vicepresidente Frattini per la completezza della sua relazione e per la chiarezza esemplificativa delle linee del suo mandato.
Desidero porre due domande, una di carattere nazionale e una di carattere più localistico, riguardante una località che il vicepresidente Frattini ha l'onore di conoscere.
All'interno del capitolo sulla criminalità, lei ha accennato all'impegno profuso per la lotta alla pedopornografia. Oggi, il Ministro delle comunicazioni Gentiloni, dalle pagine di un noto quotidiano nazionale, invoca una polizia europea per far fronte a questa piaga, che risiede proprio nel continente europeo. Vorrei sapere cosa stia facendo nel dettaglio la Commissione europea e in particolare lei, da sempre impegnato nella tutela dell'infanzia, che ha predisposto una Carta per l'infanzia proprio in Europa.
La seconda domanda, anche per chi purtroppo ignora questa piaga italiana, concerne la presenza nel suo portafoglio, come lei ha sempre affermato, anche delle libertà fondamentali. Da ultimo, credo che le sia stato affidato anche il dossier sulle minoranze linguistiche, qualora ne avesse pochi, come rilevava all'inizio della sua relazione. Nel corso del suo mandato, ha anche dato vita all'Agenzia europea per i diritti fondamentali, che si occupa delle minoranze linguistiche.
In Italia, uno dei Paesi fondanti dell'Unione europea, a causa di una declinazione errata dell'autonomismo, ci troviamo


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di fronte, in Alto Adige, terra che lei conosce, al paradosso della formazione di una minoranza italiana in terra italiana. Anche a nome di questa minoranza italiana, da cui sono onorata di essere stata eletta deputata della Repubblica, chiedo se l'Europa sia in grado di trovare soluzioni per minoranze «non formalmente individuate», e come possa arginare fenomeni di trasformazione di minoranze linguistiche ed etniche immigrate in maggioranze locali, sulla fattispecie dell'Alto Adige. Solo in quella terra, ad esempio, si prevede che fra meno di dieci anni sarà maggioritaria la popolazione immigrata rispetto alle popolazioni autoctone di lingua italiana, ladina e tedesca.
Mi chiedo, signor vicepresidente, consapevole delle difficoltà della risposta, cosa succederebbe se costoro prevedessero statuti di autonomia speciale, e se l'Europa si farà carico di questo pericolosissimo fenomeno, considerando anche la bassa crescita demografica delle popolazioni europee.

ROCCO BUTTIGLIONE. Molte congratulazioni al commissario Frattini per il grande lavoro che sta svolgendo, che fa onore al nostro Paese. Non ha, però, messo in rilievo come svolga questo ruolo anche in condizioni di grande difficoltà. C'è stato un momento in cui ha avuto un lapsus, citando una «legge quadro» e poi correggendosi con «decisione comune». Vorrei sapere quando possiamo sperare di avere la comunitarizzazione - già prevista dal Trattato di Nizza, ma non concessa dal Consiglio dei ministri - di tanta parte dell'ambito di cui lei, signor commissario, è competente. Presumo infatti che lavorare in queste condizioni sia straordinariamente difficile, laddove è duro produrre risultati con il vincolo della regola dell'unanimità.
Constato con rammarico l'attuale possibilità di passare, sulla base del Trattato di Nizza, da decisioni all'unanimità a decisioni a maggioranza, quindi comunitarie, sulla base di una semplice scelta del Consiglio dei ministri competente, che all'unanimità decide infatti di rinunciare alla regola dell'unanimità. Ritroviamo invece questo tema nel mandato affidato alla CIG. Mi sembra quasi un'indicazione di cattiva volontà, laddove sarebbe opportuno realizzare quanto possibile senza ricorrere alla CIG, guadagnando tempo ed evitando di accumulare ulteriori problemi.
Vorrei chiederle, quindi, se sia possibile avere uno scatto di energia e riproporre al Consiglio dei ministri competente di assumere una decisione. Molti hanno citato il tema della difesa dei diritti. Ricordo che, in occasione della decisione comune in materia di mandato dall'est europeo, con il commissario Vittorino proponemmo un habeas corpus europeo, e credo sia stato realizzato un Libro bianco o verde, in cui si cominciava a raccogliere il consenso in merito.
Ad una maggiore condivisione di parti del nostro sistema giudiziario e penale con Paesi che non siano solo la Gran Bretagna o la Germania corrisponde, infatti, una maggiore esigenza di migliore tutela del cittadino europeo. Vorrei sapere se sia possibile riprendere quel progetto, più attuale oggi di quando inizialmente fu proposto.
La terza osservazione riguarda il tema della pedopornografia, ma in generale il problema della polizia di Internet. Contrariamente all'opinione di molti, non è tecnicamente impossibile, sebbene difficile, sottoporre a una regola di legge questo ambito, che però tipicamente esula dalle possibilità dei singoli Paesi. Una regolamentazione europea e una successiva iniziativa europea per giungere a un accordo con gli altri grandi Paesi sarebbero opportune. Mentre l'Italia è impotente, l'Europa può entrare in un processo negoziale con altri Paesi e rappresentare il punto di partenza per regolamentare, non solo rispetto alla pedopornografia, un ambito destinato ad avere un grande sviluppo e a influenzare la nostra vita.
Per quanto riguarda infine l'annosa questione di Hamas, collaboriamo intensamente con l'autorità palestinese. Da sempre, le garanzie fornite dall'autorità palestinese in materia di rinuncia all'antisemitismo sono fragili, mentre quelle di


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Hamas appaiono inesistenti. Vorrei sapere quale atteggiamento assuma la Commissione nei riguardi di questo problema.
Si rileva una certa preoccupazione per la riforma dell'Istituto di Vienna, la cui vocazione originaria implicava una forte concentrazione sul tema dell'antisemitismo, mentre oggi sembra occuparsi di numerosi aspetti, a scapito di questa concentrazione, in una fase storica in cui l'antisemitismo rimane emblematico della persecuzione delle minoranze e costituisce un problema di grandissimo rilievo in Europa, ma anche fuori di essa.

PRESIDENTE. Vi ringrazio. Credo che il vicepresidente Frattini abbia la somma di tutti i nodi posti da diversi punti di vista, più i desiderata di molti di noi. Questo, forse, lo farà sentire potente!
Do la parola al vicepresidente Frattini per la replica.

FRANCO FRATTINI, Vicepresidente della Commissione europea. Ho contato 43 domande, presidente, che dovrò accorpare per non abusare della vostra pazienza.
Il primo grande tema è la prospettiva di riforma del settore comunitario giustizia, sicurezza, libertà. Ritengo che il mandato conferito dal Consiglio europeo sia importante e che l'azione della presidenza portoghese sia mirata a giungere a un accordo in ottobre. Avremo una prima riunione entro la fine di luglio (il 23 o il 24 luglio) e la riunione finale a metà ottobre. Questa, in aderenza al mandato ricevuto, renderà comunitarie 44 nuove aree tematiche, che passeranno, quindi, dall'unanimità alla codecisione con il Parlamento europeo e alla maggioranza qualificata.
Ciò rappresenterà uno straordinario progresso. In tutto il settore di mia responsabilità, solamente il diritto di famiglia non passerà a materia di maggioranza qualificata, in considerazione delle sue sensibilità assolute. In un settore non di mia diretta responsabilità, le relazioni esterne rimarranno materia di unanimità - grande occasione perduta -, per cui la politica estera europea continuerà a essere governata dalla regola dell'unanimità.
Tutti i settori che hanno finora dimostrato una difficoltà di raggiungere decisioni, i temi cui molti di voi hanno fatto riferimento, quali la normativa quadro sui diritti procedurali, la normativa che ho proposto un anno e mezzo fa sul giudizio in contumacia dell'imputato, le norme sul trasferimento delle persone condannate e inquisite nei Paesi di origine, la normativa relativa allo scambio di informazioni tra autorità di investigazione, materie oggi in parte regolate dalla Convenzione di Prum, citata dall'onorevole Santelli, passeranno con il nuovo regime a maggioranza qualificata, con la partecipazione in codecisione del Parlamento europeo. Sarà un grandissimo progresso, e mi auguro che i Parlamenti nazionali interpretino in questa fase l'applicazione delle leggi comunitarie annuali includendo tutti gli strumenti.
È stato rilevato dal presidente Manzella come sull'attuazione della normativa europea sul blocco dei beni per le organizzazioni terroristiche della criminalità organizzata, incluso nel disegno di legge comunitaria, non esista ancora un via libera definitivo del Parlamento italiano. Questo mi spiace; spero che tale normativa sia inclusa e che la legge comunitaria possa finalmente trasporre, in quanto l'Italia è uno dei pochi Paesi che ancora non hanno dato piena attuazione alla decisione quadro del lontano 2002 sulla lotta al terrorismo.
Il ruolo dei Parlamenti internazionali sarà molto rafforzato. C'era una posizione estrema all'inizio del negoziato, in base alla quale un Parlamento nazionale avrebbe potuto sollevare una red card e bloccare tutte le proposte della Commissione europea. Fortunatamente, tale proposta non è stata accettata.
Sono convinto che per l'analisi della sussidiarietà i Parlamenti nazionali debbano avere un ruolo maggiore di quello attuale, ma che questo non si debba riflettere in un potere di blocco di un Parlamento nazionale verso l'iniziativa della Commissione europea.
La soluzione individuata è equilibrata e mi auguro venga adottata. Qualora infatti


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un'iniziativa della Commissione fosse criticata sotto il profilo della violazione della sussidiarietà, ovvero dell'interferenza nei poteri nazionali, con lo stesso tipo di maggioranza necessario per adottarla in Consiglio, i Parlamenti nazionali potrebbero bocciarla. Si tratta di una maggioranza del 55 per cento degli Stati, che ritengo ragionevole, perché sarà raro raggiungere una maggioranza così ampia e implicherà un rilevante errore della Commissione. La discussione più profonda con i Parlamenti nazionali costituisce un importante progresso.
Molti di voi hanno sollevato il grande tema dell'equilibrio tra lotta al terrorismo e protezione dei dati personali, che considero uno dei grandi nodi davanti a noi. Un anno e mezzo fa ho formulato una proposta, purtroppo non ancora accettata dal Consiglio, perché si tratta di una prima proposta e non c'è mai stata una normativa europea di protezione dei dati personali nell'ambito della cooperazione di polizia investigativa. Si tratta di uno dei classici settori esclusi. Alla fine del 2005, proprio perché stavamo rafforzando la capacità investigativa e le misure di lotta al terrorismo, ho ritenuto necessario un bilanciamento attraverso una normativa che proteggesse rispetto al trattamento dei dati, indicando chiaramente chi avesse diritto di accedervi, per quanto tempo lo avesse e quali fossero le sanzioni in caso di uso illecito dei dati. La mia proposta arriva fino alla sanzione penale europea.
Gli Stati membri hanno discusso a lungo, il Parlamento europeo da un anno e mezzo invoca l'adozione di questa mia proposta, il Consiglio si è impegnato politicamente con il Parlamento europeo, insieme a me, che ho rinnovato l'impegno, ad adottarla entro dicembre. Quindi, entro la fine della Presidenza portoghese, dovremmo finalmente avere una legislazione europea che, in modo organico, individui le autorità legittimate, il tempo di custodia dei dati, le modalità di uso dei dati e le sanzioni, incluse quelle penali, per l'eventuale abuso dei dati personali. Credo che questo fosse davvero necessario.
Molti hanno parlato di immigrazione. Non credo affatto che la missione «Nautilus» sia stata un flop. Vi partecipano Francia, Spagna, Malta, Grecia, Germania, Italia - solo con un aereo, non con una nave, cosa che mi spiace molto, come ho detto al Ministro Amato -, e l'esito di questa missione, iniziata il 25 giugno, pur non pattugliando nelle acque territoriali, è stata una riduzione del 40 per cento del flusso di immigrati irregolari dalle coste libiche, sia perché la Libia coopera maggiormente, sia per l'effetto deterrenza della missione.
Se non siamo credibili nel contrasto al traffico di esseri umani, rischia di perdere credibilità anche la nostra politica di accoglienza verso gli immigrati regolari. Non si può equiparare l'immigrato clandestino a quello regolare, quindi è necessario negoziare degli accordi per trovare un lavoro regolare a quelli che lo meritano, ma anche essere credibilmente impegnati a respingere quelli che violano le regole, perché altrimenti daremmo un segnale sbagliato. Nel sud del nostro Paese è infatti facilissimo lavorare in nero: si viene reclutati da un caporale, si lavora 14 ore al giorno, si dorme ammassati in uno scantinato. Questo è un segnale che l'Europa non può tollerare.
Per questo, in ottobre presenterò una direttiva sulle condizioni uguali di diritti e di doveri degli immigrati in Europa. Sarà la prima direttiva che, con il Portogallo, porremo sul tavolo del Consiglio dei ministri, insieme ad una direttiva, che ho già presentato e spero verrà adottata, che punisce anche penalmente lo sfruttamento degli immigrati irregolari. Lo sfruttamento di coloro che reclutano per pochi euro al giorno un immigrato irregolare è infatti una violazione dei diritti umani dell'immigrato, per cui chi sfrutta deve essere punito. Alcune migliaia di imprese agricole, in Europa, ricevono da noi i finanziamenti comunitari e poi sfruttano gli immigrati clandestini.
Credo che la mia proposta di sospensione immediata dei finanziamenti comunitari sia un deterrente migliore del minacciare la detenzione in carcere, perché


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tagliare il flusso di finanziamenti alle imprese agricole che occupano per la raccolta dei pomodori quasi solo immigrati irregolari determinerà un rilevante effetto deterrenza. Queste proposte saranno sul tavolo del Consiglio immediatamente dopo l'estate.
La Libia ha un ruolo chiave e se chiuderà, come in queste ore sta facendo, la partita politica con l'Europa, ovvero la cancellazione della condanna a morte delle infermiere bulgare e del medico palestinese, per noi inaccettabili, ci auguriamo di poter avviare un negoziato specifico bilaterale con tale Paese, che comprenda, ad esempio, la mia proposta di affidare il trattamento degli immigrati irregolari da rimpatriare dalla Libia all'Alto Commissariato delle Nazione Unite per i rifugiati. Da un anno esiste un progetto pilota che molti di voi non conoscono, ma che la Libia ha già accettato e che è delegato da me all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, per i rimpatri volontari dalla Libia verso il Niger e il Ciad. Tale progetto «Trim» ha permesso di rimpatriare volontariamente alcune centinaia di persone ed è gestito dall'UNHCR. È dunque evidente che la Libia è interessata a collaborare.
Il pattugliamento nel deserto libico non sarà effettuato da poliziotti europei ma, nonostante la partecipazione di qualche unità italiana o di altri Paesi europei, sarà soprattutto un pattugliamento delle forze di polizia libiche, cui forniremo assistenza, non un co-pattugliamento in senso proprio, sebbene il Ministro Amato mi sia sembrato disponibile anche ad una partecipazione di unità. La bandiera sarà europea in ogni caso: non saranno unità nazionali, ma Frontex, ovvero l'unità europea. Ho già inviato una missione nel deserto libico un mese fa, e mi è stata riferita una situazione drammatica. Si tratta quindi di una collaborazione offerta come Europa, non in quanto sommatoria di Stati nazionali. Delegheremo la gestione di questi rapporti all'UNHCR, che ci sembra una buona garanzia di equilibrio.
Per quanto riguarda il tema dello Stato di diritto e degli accordi, mi rendo conto che si tratta di clausole politiche che non possiamo imporre contrattualmente, ma comunque importanti. Riguardano Paesi diversi dai tradizionali partner internazionali, e nessuno potrebbe immaginare la redazione di un action plan con gli Stati Uniti d'America imponendogli regole standard di azione.
Per quanto riguarda la pena di morte, l'Europa ha assunto una posizione molto chiara, i nostri amici americani hanno una visione diversa, ma questo non ci impedisce di procedere e di sostenere prima la moratoria e poi la sospensione. Si tratta di accordi di politica europea, ovvero della strategia politica di vicinato, che include clausole politiche in ciascun accordo. Questa pratica è stata avviata non da me, bensì dal Presidente Prodi, quando era Presidente della Commissione europea, per cui è una strategia consolidata, su cui stiamo continuando quanto abbiamo trovato con la Commissione Barroso.
Qualcuno mi ha posto una domanda molto interessante, chiedendomi se non ritenga che le norme penali europee debbano essere «maneggiate con cura». Sono convinto di sì. La norma penale è una eccezione nell'ordinamento, ma alcuni settori a mio avviso richiedono una norma penale europea, perché non possiamo permettere porti franchi in un Paese riguardo ad atti straordinariamente gravi, quali l'uso di Internet per fabbricare una bomba o per incitare ad un'azione terroristica. È assurdo pensare che in uno Stato membro un atto simile sia consentito.
Il secondo tema riguarda i reati di inquinamento ambientale grave. Non possiamo accettare che chi inquina in Ungheria, quindi anche noi, sia punito meno severamente. È pertanto necessario uno standard di deterrenza anche penale.
Il terzo tema è quello della contraffazione. I prodotti falsi non sono più ormai solo le magliette, ma anche le medicine, i prodotti alimentari, e la mancanza di una sanzione europea autorizza in qualche Paese membro la creazione di un porto franco, in cui non sia punito il reato di chi produce e distribuisce prodotti contraffatti.


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Il quarto tema è lo sfruttamento del lavoro nero degli immigrati. Non è possibile accettare che in un Paese membro si recluti illecitamente un immigrato clandestino e lo si faccia lavorare 14 ore al giorno senza che nulla accada, perché questo è un tremendo fattore attrattivo per l'immigrazione illegale.
Questi sono i quattro settori tipici in cui ho proposto norme penali europee, e sono convinto di tale esigenza.
Per quanto riguarda i diritti, dobbiamo fare molto, ma è materia purtroppo finora soggetta all'unanimità. Ho proposto una decisione quadro sui diritti procedurali, ma su questa proposta, dopo molti anni di lavoro, non è stato ancora raggiunto un accordo.
Il tema dei voli della CIA sull'Europa è molto importante. Sono stato il solo responsabile europeo ad aiutare concretamente il Parlamento europeo, perché ho messo a disposizione tutti i dati del tracciamento dei voli di eurocontrollo e le fotografie satellitari dei luoghi sospetti, per cui sono stato il solo ad essere ringraziato sia dal Parlamento europeo sia dal Consiglio d'Europa. Su questi fatti devono però indagare i magistrati, perché l'Europa non è un supergiudice né un superprocuratore. Quando dunque tali fatti emergono come elementi, spetta ai magistrati nazionali indagare. I magistrati che indagano hanno ovviamente pieni poteri per farlo, come in molti Paesi sta accadendo.
Quanto alla domanda in merito al controllo democratico su Europol, onorevole Turco, mi dichiaro pienamente favorevole, tanto che l'ho proposto. Il problema è che il Consiglio non è favorevole e, poiché deve votare all'unanimità, finora il finanziamento europeo di Europol non è stato adottato e resta il finanziamento intergovernativo. Si sospetta infatti un'ingerenza politica su Europol. È un sospetto del Consiglio su cui non voglio entrare, perché la materia non è ancora matura, ma esiste una mia proposta che il Consiglio non ha finora condiviso.
Sul fatto che l'Italia sia condannata dalla Corte europea per violazione dei diritti umani, ne prendo atto, esistono casi particolarmente gravi e dipende dai Governi di ciascun Paese, non dalla Commissione. Possiamo avviare procedure d'infrazione, e riconosco che la devastante violazione della privacy in Italia è una delle materie che potrebbero giustificare un'azione severa dell'Unione europea. Il Ministro Mastella mi ha assicurato che il Parlamento italiano intende accelerare l'adozione di una legislazione nazionale. Confido nell'impegno del Ministro e nel fatto che il Parlamento approvi in fretta la legge.
Sulla missione «Frontex», è stato chiesto se il salvataggio sia vero. Il vicedirettore Arias ha sottolineato come nel mandato formale di Frontex non sia incluso il salvataggio di vite umane. Ho già chiesto di cambiare il mandato formale di Frontex, che dipende dal consiglio di amministrazione. Di fatto, Frontex salva vite umane in mare. Negli scorsi sette mesi, sono infatti state salvate 400 persone che sarebbero certamente morte; molte sono state salvate dagli italiani, dalle Forze di polizia, dalla Capitaneria di porto, dalla Guardia di finanza, dalla Polizia, che lavorano in mare e svolgono un compito meritevole. Tali persone sarebbero sicuramente morte se non fossero state salvate, e tra gli obiettivi di Frontex deve essere inserito il salvataggio.
Non c'è ancora la legge Amato-Ferrero, quindi non posso rispondere su questo, ma mi sarà trasmessa formalmente tra breve. Ho già espresso al Ministro Amato alcuni dubbi su taluni punti. Il tema dell'autosponsorizzazione è il tema chiave su cui mi auguro venga introdotta una modifica. Spero che il Parlamento ci lavorerà.
L'allargamento di Schengen non riguarda Romania e Bulgaria. Se ne parlerà ancora per i prossimi tre anni. Certamente, il problema dei cittadini rumeni che commettono reati è serio. Ho segnalato al Ministro dell'interno italiano l'esistenza di direttive europee che permettono di espellere cittadini comunitari in particolari situazioni, quando costituiscano un grave pericolo per l'ordine pubblico e - clausola ancor più importante - quando


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non dimostrino di avere adeguati mezzi di sussistenza. Si può quindi effettuare un'analisi a campione e nei casi più gravi è consentita l'espulsione. Noi preferiamo un rimpatrio pilotato. Alcune città italiane stanno negoziando con alcune città rumene programmi di reinclusione sociale di cittadini rumeni che qui delinquono e che potrebbero tornare nelle città d'origine, se aiutati dall'Unione europea, magari attraverso l'eventuale utilizzazione del Fondo sociale europeo. Il sindaco di Milano ed il sindaco di Roma hanno promosso iniziative in alcune città rumene, che personalmente sostengo, ritenendo che alcuni progetti potrebbero essere finanziati dall'Unione europea.
Il tema delle comunità musulmane, onorevole Boato, mi interessa molto. Perseguiamo l'obiettivo di ottenere un forte sostegno dai leader e dai formatori religiosi islamici, quindi dagli imam. Abbiamo avviato progetti di formazione pilota per imam, ancora poco conosciuti, che stanno funzionando in Francia e in Olanda. Gli imam sono formati a predicare nella lingua del Paese in cui vivono e alle regole di educazione civica di quel Paese. Tali progetti, finanziati dall'Unione europea, sono meritevoli di espandersi largamente, perché gli stessi imam sono contenti di ricevere una formazione europea pienamente rispettosa della loro tradizione musulmana. I giovani sono quindi educati al rispetto della donna e al divieto del matrimonio forzato, cosa che alcuni non credono. Se il predicatore lo afferma nella predica del venerdì, questo ha un effetto piuttosto interessante.
La Carta di Nizza è politicamente in vigore, anche se non legalmente, tanto che vi facciamo riferimento esplicito nelle clausole e negli accordi politici con i Paesi terzi, sebbene non sia giudicabile come un atto legislativo pienamente in vigore. Abbiamo ottenuto che nel futuro trattato ci sia un riferimento che includa la Carta dei diritti fondamentali, dandole quindi valore costituzionale, anche se, purtroppo, il Regno Unito ha deciso per un opt out. È un peccato, perché in materia di diritti fondamentali l'esistenza di 26 Stati che dichiarano di aderire e la deroga di uno non si rivela edificante.
Per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari, non c'è un'idea di revisione per l'immediato, ma un rapporto sul funzionamento della normativa vigente, che pubblicherò a febbraio dell'anno prossimo.
Sul tema di Hamas, l'Unione europea ha recentemente ribadito che Hamas è un'organizzazione terroristica. Alcuni avevano immaginato una revisione dopo il risultato elettorale di un anno e mezzo fa, ma, a larghissima maggioranza, l'Unione ha ritenuto opportuno non riconsiderare la lista nera, in cui Hamas è inclusa come organizzazione terroristica. Abbiamo ripreso l'erogazione dei finanziamenti all'autorità nazionale palestinese in seguito alla fuoriuscita di Hamas dal Governo. La posizione, quindi, per ora non cambia, tanto che non consideriamo Hamas interlocutore di negoziati politici, altrimenti non avremmo sospeso come Europa i finanziamenti, con il voto unanime di tutti i Paesi membri. Questa è la posizione attuale dell'Unione europea, che non ritengo cambierà, specialmente se il Governo Fayad, come sembra, compierà progressi grazie al lavoro del quartetto verso il processo di pace.
Ultimo tema trattato è quello della pedopornografia, ultimissimo quello dell'Alto Adige. Abbiamo già fatto molto per quanto riguarda Internet ed esiste un progetto europeo funzionante da aprile. Il nome «Check the web», ovvero «Controlla il web», è eloquente; è affidato a Europol, che ha il compito di controllare sui siti web la presenza di violazioni delle regole concernenti il rispetto dei diritti dei bambini, quindi l'eventuale uso di Internet per reati di pedopornografia e di terrorismo.
Questi sono i due settori affidati. Quasi in anteprima, vi informo che abbiamo siglato un accordo di straordinaria importanza con alcune compagnie di carte di credito, che si sono impegnate a tracciare i dati dei pedofili che acquistano in rete con le carte di credito. I pedofili sapranno che i loro dati saranno trasmessi alle autorità di polizia. Certo, potrebbero non


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utilizzare più le carte di credito, ma è difficile che un pedofilo acquisti cash su Internet.
Si è trattato di una grandissima risposta e continueremo su questa linea. Mi auguro che le dichiarazioni del Ministro Gentiloni siano la vigilia di una collaborazione operativa, da me fortemente auspicata, in quanto le Forze di polizia italiane hanno una tradizione straordinaria e sono tra quelle che più stanno collaborando a questa azione di controllo dei siti web.
Per quanto riguarda l'Alto Adige, la minoranza italiana ha uno status finora solamente politico, nella mia personale visione. Consideriamo le minoranze linguistiche europee come minoranze rispetto ad uno Stato centrale, non come minoranza in una regione in cui esista un'altra minoranza. Se questo dovesse portare alla minaccia o alla prospettiva di statuti autonomi o di differenziazioni operate per creare ulteriori contrasti, si renderebbe evidentemente necessaria una riflessione anche a livello europeo.

PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Frattini, anche per il fatto di rappresentare con tale impegno l'Italia nella Commissione europea. Peraltro, i presidenti delle Commissioni per le politiche europee dei Parlamenti degli Stati membri hanno deciso, su proposta della troika, di proporre la prossima proposta di decisione quadro sulla lotta al terrorismo come prossimo oggetto per il controllo di sussidiarietà, per cui i Parlamenti nazionali stanno lavorando in tal senso.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,15.