Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Istituzione della Commissione di inchiesta sulla mafia - A.C. 40 e abb
Riferimenti:
AC n. 40/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 3
Data: 12/06/2006
Descrittori:
COMMISSIONI D'INCHIESTA   MAFIA E CAMORRA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Altri riferimenti:
L n. 277 del 27-OTT-06     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Istituzione della Commissione
di inchiesta sulla mafia

(A.C. 40 e abb.)

 

 

 

 

 

 

n. 3

 

 

12 giugno 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0088.doc

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi dei provvedimenti3

Struttura e oggetto  8

§      Contenuto  8

Elementi per l’istruttoria legislativa  9

§      Necessità dell’intervento con legge  9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  9

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  9

Schede di lettura

Le Commissioni antimafia nelle passate legislature  13

La Commissione antimafia nella XIV legislatura  16

§      I caratteri della Commissione  16

§      Gli atti della Commissione  20

I progetti di legge in esame  22

Progetti di legge

§      A.C. 40, (on. Boato), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari27

§      A.C. 326, (on. Lumia), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali35

§      A.C. 571, (on. Forgione), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari45

§      A.C. 688, (on. Napoli), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari55

§      A.C. 890, (on. Lucchese ed altri), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari63

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica (art. 82)73

§      Codice Penale (artt. 326, 366, 372, 416-bis)74

§      Codice di procedura penale (art. 329)77

§      L. 20 dicembre 1962, n. 1720 Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della “mafia”78

§      L. 13 settembre 1982, n. 646. Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazione alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423 , 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575 . Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia.79

§      L. 23 marzo 1988, n. 94. Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.90

§      D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, conv. con mod. L. 15 marzo 1991, n. 82. Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia.93

§      D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. con mod. L. 7 agosto 1992, n. 356. Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa. (artt. 25-quinquies-25-decies)118

§      D.Lgs. 29 marzo 1993, n. 119. Disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.122

§      L. 30 giugno 1994, n. 430. Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.129

§      L. 1 ottobre 1996, n. 509. Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari.132

§      L. 13 febbraio 2001, n. 45. Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.136

§      L. 19 ottobre 2001, n. 386. Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.144

§      Regolamento interno della Commissione d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare (15 gennaio 2002)149

§      D.M. 23 aprile 2004, n. 161. Regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni, ai sensi dell’articolo 17-bis del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall’articolo 19 della L. 13 febbraio 2001, n. 45  158

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi dei provvedimenti

Numero del progetto di legge

A.C. 40

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari

Iniziativa

on. Boato

Settore d’intervento

Parlamento; criminalità e ordine pubblico

Numero di articoli

7

Iter al Senato

No

Date

 

§          presentazione

28 aprile 2006

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionalI)

Pareri previsti

II Commissione (Giustizia)

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 326

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali

Iniziativa

on. Lumia

Settore d’intervento

Parlamento; criminalità e ordine pubblico

Numero di articoli

8

Iter al Senato

No

Date

 

§          presentazione

2 maggio 2006

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionalI)

Pareri previsti

II Commissione (Giustizia)

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 571

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso e sulle associazioni criminali similari

Iniziativa

on. Forgione ed altri

Settore d’intervento

Parlamento; criminalità e ordine pubblico

Numero di articoli

7

Iter al Senato

No

Date

 

§          presentazione

9 maggio 2006

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionalI)

Pareri previsti

II Commissione (Giustizia)

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 688

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari

Iniziativa

on. Angela Napoli

Settore d’intervento

Parlamento; criminalità e ordine pubblico

Numero di articoli

7

Iter al Senato

No

Date

 

§          presentazione

15 maggio 2006

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionalI)

Pareri previsti

II Commissione (Giustizia)

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 890

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari

Iniziativa

on. Lucchese ed altri

Settore d’intervento

Parlamento; criminalità e ordine pubblico

Numero di articoli

7

Iter al Senato

No

Date

 

§          presentazione

24 maggio 2006

§          assegnazione

 

Commissione competente

 

Pareri previsti

 

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Le cinque proposte di legge in esame prevedono l’istituzione, per la durata della XV legislatura, di una Commissione d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari.

Tre di esse (A.C. 571, 688 e 890) riproducono, in tutto o in larga parte, il testo della legge istituitiva della c.d. Commissione antimafia approvata nella XIV legislatura (legge 19 ottobre 2001, n. 386).

Una quarta proposta di legge (A.C. 326), pur presentando numerose disposizioni analoghe alla L. 386/2001, se ne discosta per alcuni aspetti, principalmente con riguardo ad alcuni compiti della Commissione, al regime della opponibilità del segreto di Stato e d’ufficio ed al sistema di elezione del presidente della Commissione.

L’A.C. 40 si avvicina al testo di quest’ultima proposta di legge, differenziandosene essenzialmente nella individuazione dei compiti della Commissione, che presentano una minore specificazione (la proposta riprende infatti sostanzialmente l’impianto della legge istitutiva della Commissione antimafia della XIII legislatura, L. 509/1996).

Per quanto concerne gli ulteriori aspetti della disciplina, le proposte di legge presentano vari punti di convergenza, in specie per quanto concerne la composizione della Commissione; la disciplina delle audizioni a testimonianza davanti alla Commissione; la richiesta di atti e documenti all’autorità giudiziaria e l’inopponibilità del segreto funzionale alla Commissione antimafia, da parte delle altre Commissioni d’inchiesta; l’obbligo del segreto per i componenti della Commissione e per il personale addetto; le norme in tema di organizzazione interna.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La Costituzione prevede che “ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse” (art. 82). L’inchiesta può quindi essere anche deliberata da una sola Camera, con atto non legislativo. Si è però andato affermando sin dalla terza legislatura (1958-1963) l’uso di deliberare le inchieste con legge, affidandole a Commissioni composte di deputati e senatori.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia, attenendo all’esercizio di un potere costituzionale delle Assemblee parlamentari, può ricondursi alla disciplina degli organi dello Stato, riservata dall’articolo 117, secondo comma, lettera f), della Costituzione all’esclusiva competenza legislativa statale.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Tutte le proposte di legge prevedono che la Commissione adotti un regolamento interno per disciplinare la propria attività.

Coordinamento con la normativa vigente

A partire dal 1962, sono state istituite con legge sette Commissioni parlamentari “antimafia”. La più recente legge adottata in materia (la L. 386/2001) ha esaurito la sua efficacia con la fine della XIV legislatura.


Schede di lettura

 


Le Commissioni antimafia nelle passate legislature

Le proposte di legge in esame prevedono tutte l’istituzione, per la durata della XV legislatura, della Commissione bicamerale d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari (così detta “Commissione antimafia”).

 

Nella storia del Parlamento repubblicano sono state istituite sette Commissioni parlamentari “antimafia”.

La prima Commissione venne istituita nella III legislatura con la L. 1720/1962[1] (art. 1, co. 1) ed aveva poteri d’inchiesta: essa operava cioè con gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria. Alla Commissione era attributo il compito di esaminare “la genesi e le caratteristiche del fenomeno della mafia” e di “proporre le misure necessarie per reprimerne le manifestazioni ed eliminarne le cause”.

La legge istitutiva non aveva fissato alcun termine all’attività della Commissione. Essa fu ricostituita nelle tre legislature successive, in ciascuna delle quali i Presidenti delle Camere procedettero nuovamente alla nomina dei membri della Commissione, che concluse i suoi lavori con la presentazione della relazione finale solo il 4 febbraio 1976 (doc. XXIII, n. 2; VI legislatura).

Nell’VIII legislatura, con la L. 646/1982[2] (art. 32, co. 1), si procedette all’istituzione della seconda Commissione, che tuttavia non può essere annoverata fra le commissioni parlamentari d’inchiesta; ad essa era infatti attribuito soltanto il compito di verificare l’attuazione delle leggi antimafia, di accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri e di suggerire al Parlamento misure legislative ed amministrative. Si trattava pertanto di una commissione di controllo priva dei poteri della commissione d’inchiesta, ma vertente sui medesimi temi. La L. 646/1982 aveva fissato in tre anni la durata della Commissione ma, prima della scadenza di tale termine, la L. 12/1986[3] ne prorogò la durata per l’intero periodo della IX legislatura. La Commissione terminò quindi i suoi lavori nel 1987, con lo scioglimento delle Camere.

La terza Commissione parlamentare antimafia venne istituita dalla L. 94/1988[4] (art. 1, co. 1). La Commissione era dotata di poteri d’inchiesta, oltre a vedere confermati i poteri già attribuiti alla seconda Commissione dalla L. 646/1982. L’ambito dell’inchiesta fu inoltre esteso, oltre che alla mafia, alla camorra e alle altre associazioni criminali “comunque localmente denominate”.

La durata dei lavori della Commissione, fissata dalla legge istitutiva in tre anni, fu in seguito prorogata al 30 giugno 1992 dalla L. 229/1991[5] (art. 1, co. 1).

La Commissione ha terminato i suoi lavori con la fine della X legislatura, approvando la relazione conclusiva il 19 febbraio 1992 (doc. XXIII, n. 48;trasmessa alle Camere il 24 marzo 1992).

A partire dal 1992 la Commissione è stata sempre istituita all’inizio di ciascuna legislatura, prevedendo che i suoi lavori si svolgessero per l’intero corso della legislatura stessa.

La quarta Commissione antimafia è stata istituita, “per la durata della XI legislatura”, dal D.L. 306/1992[6], nel quale la legge di conversione ha introdotto il titolo VII-bis, concernente l’“istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari”. La Commissione ha iniziato i suoi lavori il 30 settembre 1992 e li ha conclusi il 18 febbraio 1994 con l’approvazione della relazione finale (doc. XXIII, n. 14; trasmessa il 15 aprile 1994).

La quinta Commissione antimafia è stata istituita, “per la durata della XII legislatura”, dalla L. 430/1994[7], che riproduce integralmente la precedente L. 306/1992, con la sola, rilevante eccezione contenuta nell’art. 3, co. 2, secondo periodo, in forza del quale i fatti di mafia sono qualificati come eversivi dell’ordine costituzionale, al fine di escludere a tale riguardo la possibilità di opporre il segreto di Stato.

La Commissione ha iniziato i propri lavori il 13 settembre 1994, procedendo alla propria costituzione; l’ultima seduta si è tenuta il 20 marzo 1996. La Commissione non è giunta all’approvazione della relazione conclusiva, il cui esame era iniziato il 14 marzo 1996, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

La sesta Commissione istituita, per la durata della XIII legislatura, dalla L. 509/1996[8], ha proceduto alla propria costituzione il 4 dicembre 1996 e ha terminato i propri lavori il 6 marzo 2001 con l’approvazione della relazione conclusiva (doc. XXIII, n. 57, trasmesso il 7 marzo 2001).

La settima Commissione, dopo essere stata istituita dalla L. 386/2001[9], ha svolto i suoi lavori nel corso dell’intera XIV legislatura.


La Commissione antimafia nella XIV legislatura

I caratteri della Commissione

La L. 386/2001 (art. 1) ha innanzitutto ampliato il campo di indagine della Commissione estendendolo, oltre che al fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all’articolo 416-bis del codice penale, alle associazioni criminali che presentino caratteristiche similari, che abbiano anche una matrice straniera e che costituiscano comunque un estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale.

 

La L. 386/2001 (art. 1) ha attribuito alla Commissione, con numerose innovazioni di rilievo rispetto alle precedenti leggi, i seguenti compiti:

§         verificare l’attuazione della citata L. 646/1982 e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e similari;

§         verificare l’attuazione delle disposizioni riguardanti i collaboratori di giustizia e i testimoni di giustizia, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia: tale compito non era previsto dalla L. 509/1996.

 

La L. 45/2001[10] ha modificato integralmente la disciplina riguardante i c.d. collaboratori di giustizia contenuta nel decreto-legge 8/1991[11].

Viene definito collaboratore di giustizia l’imputato che, nei reati di associazione, si dissocia dagli altri e si adopera aiutando concretamente l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione degli autori dei reati (L. 304/1982[12], artt. 1 e 2). Per reati di particolare gravità, come l’associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti, associazione con finalità di terrorismo, sono previsti trattamenti più favorevoli nei confronti dei collaboratori (detti comunemente ‘pentiti’). Essi beneficiano di consistenti diminuzioni di pena: ad esempio, da un terzo alla metà per il reato di associazione mafiosa, dalla metà a due terzi per il reato di associazione dedita al traffico di stupefacenti. I pentiti godono, inoltre, di un trattamento carcerario più favorevole con permessi premio, misure alternative alla detenzione, assegnazione al lavoro esterno.

Sono anche previsti speciali programmi di protezione verso il pentito e i suoi congiunti, stabiliti con decreto del ministro dell’interno[13]. Nel quadro di tali programmi è ammesso, su richiesta degli interessati, il cambiamento delle loro generalità, così da garantirne la riservatezza anche negli atti della pubblica amministrazione. Quando il pentito è chiamato a testimoniare in udienza, inoltre, sono predisposti accurati dispositivi di sicurezza che ne garantiscono l’incolumità.

L’art. 12 della L. 45/2001 ha introdotto nel D.L. 8/1991 un autonomo Capo II-bis , con gli articoli 16-bis e 16-ter, concernente le misure da applicarsi per la protezione c.d. testimoni di giustizia.

I testimoni di giustizia sono soggetti estranei alle organizzazioni criminali che decidono di fornire collaborazione agli inquirenti in quanto persone offese, testimoni o informati sui fatti oggetto del procedimento.

Nella previgente normativa dettata dal D.L. 8/1991 la posizione di tali soggetti, ai fini della protezione, era equiparata a quella degli altri collaboratori, richiedendosi quindi le medesime condizioni per l’adozione delle misure di protezione. Si è ritenuto che tale assimilazione non rispondesse a criteri di equità, e che le esigenze di tutela nei confronti dei testimoni di giustizia dovessero essere osservate anche in assenza delle predette, rigorose condizioni. Il nuovo art. 16-bis del D.L. 8/1991 ha previsto dunque, che in presenza dei presupposti, possano venir applicate nei confronti di tali soggetti speciali misure di protezione (eventualmente estese anche nei riguardi dei conviventi) il cui contenuto è specificato dall’art. 16-ter del decreto-legge, che precisa che i testimoni di giustizia hanno diritto a misure di protezione, di assistenza economica (anche successiva alla protezione) volte a garantire il livello di vita precedente, alla eventuale capitalizzazione del costo dell’assistenza (in alternativa ad essa), al mantenimento del posto di lavoro in aspettativa retribuita ovvero alla corresponsione di una somma a titolo di mancato guadagno, alla concessione di mutui agevolati, etc..

 

§         accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria;

§         accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente e i patrimoni (il riferimento alle connessioni istituzionali del fenomeno mafioso, alle sue infiltrazioni in regioni di non tradizionale inserimento, alla sua internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali non era previsto dalla L. 509/1996);

§         accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti e le opere pubbliche (non previsto dalla L. 509/1996);

§         verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto alle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, al riciclaggio e all’impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata, nonché l’adeguatezza delle strutture e l’efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria (non previsto dalla L. 509/1996);

§         verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci (non previsto dalla L. 509/1996);

§         riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

La Commissione ha operato sulla base di un regolamento interno (previsto dall’art. 6, co. 1) approvato nella seduta del 15 gennaio 2002. La legge ha consentito che i lavori fossero organizzati attraverso l’istituzione di comitati (art. 1, co. 3) e che si svolgessero, ove ritenuto necessario, in seduta segreta (art. 6, co. 2).

La Commissione era composta (art. 2) da venticinque deputati e venticinque senatori, scelti dai Presidenti delle due Camere in proporzione alla consistenza dei gruppi e garantendo comunque almeno un rappresentante ad ogni gruppo. La legge ha previsto il rinnovo della composizione allo scadere del primo biennio di attività.

Riguardo alle modalità di scelta del presidente, dei vicepresidenti e dei segretari della Commissione, l’art. 2, co. 4, della L. 386/2001 ha previsto l’elezione del Presidente da parte della Commissione[14]: è eletto a scrutinio segreto il candidato che consegue la maggioranza assoluta dei voti; qualora nessun candidato raggiunga tale risultato, si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati; nel caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il candidato più anziano di età. L’art. 2, co. 5, ha previsto inoltre il voto limitato per l’elezione dei due vicepresidenti e dei due segretari: ciascun componente della Commissione esprime un solo voto, e vengono eletti i due candidati che riportano il maggior numero di voti. Nel caso in cui si verifichi la parità dei voti, si applicano le disposizioni previste per l’elezione del presidente.

La legge istitutiva, con formula direttamente ripresa dal disposto di cui all’art. 82, secondo comma, della Costituzione, ha previsto che la Commissione procedesse alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria (art. 1, co. 2). Per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione, l’art. 3, co. 1 ha previsto l’applicabilità degli artt. 366 (rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte di periti, interpreti, custodi di cose sottoposte a sequestro, testimoni od altre persone chiamate ad esercitare una funzione giudiziaria) e 372 (falsa testimonianza) del codice penale, ferme restando le competenze dell’autorità giudiziaria.

 

La formulazione adottata è quella maggiormente utilizzata nelle leggi istitutive di Commissioni d’inchiesta. Il regolamento interno ha introdotto ulteriori precisazioni in ordine alle modalità di svolgimento dell’attività istruttoria.

 

In tema di segreto l’art. 3, co. 2, primo periodo, ha confermato l’estensione alla Commissione della disciplina sul segreto professionale (art. 200 c.p.p.) e bancario. Per quanto riguarda il segreto di Stato (art. 202 c.p.p. e artt. 12 e 16 della L. 801/1977[15]) e il segreto d’ufficio (art. 201 c.p.p.), l’art. 3, co. 2, secondo periodo, ha escluso l’opponibilità, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, del segreto di Stato o del segreto d’ufficio. I successivi commi 3 e 4 dell’art. 3 fanno salva l’opponibilità del segreto fra difensore e parte processuale e il segreto sulle fonti informative degli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria.

Quanto alla richiesta di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria, nonché di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, l’art. 4 ha previsto la possibilità di ottenere tali atti dall’autorità giudiziaria anche in deroga all’obbligo del segreto delle indagini preliminari (art. 329 c.p.p.). L’autorità giudiziaria può ritardare, soltanto per ragioni di natura istruttoria, la trasmissione di copia degli atti e dei documenti richiesti; a tal fine deve emettere un decreto motivato, che ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. È inoltre previsto il potere della Commissione di stabilire gli atti e documenti che non dovranno essere divulgati (art. 4, co. 6).

Con riferimento a questi ultimi atti e documenti, l’art. 5 ha sottoposto al vincolo del segreto, sanzionato penalmente (art. 326 c.p.), i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni d’ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza; analogamente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti e documenti.

La legge (art. 4, co. 5) esclude che il segreto funzionale apposto da altre Commissioni parlamentari d’inchiesta a propri atti e documenti possa essere opposto alla Commissione antimafia.

Ai sensi dell’art. 6, co. 3, la Commissione ha potuto disporre dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni ritenute necessarie: ai fini del coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, è previsto l’apporto di almeno un magistrato e di un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, designati rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal ministro dell’interno su richiesta del Presidente della Commissione.

La Commissione si è avvalsa del personale e delle strutture delle due Camere; le spese di funzionamento sono divise in parti uguali e poste a carico dei rispettivi bilanci interni (art. 6, co. 4 e 5).

La L. 386/2001 ha infine previsto (art. 6, co. 5) che la Commissione curasse l’informatizzazione dei documenti da essa acquisiti e prodotti, nonché di quelli delle Commissioni di inchiesta precedenti.

Per quanto concerne la pubblicità dei lavori, l’art. 13 del regolamento interno ha previsto come ipotesi ordinaria la trasmissione diretta dei lavori in sala stampa e la redazione dello stenografico di seduta, salva la possibilità che la Commissione decidesse di riunirsi in seduta segreta.

Gli atti della Commissione

I componenti della Commissione di inchiesta istituita ai sensi della L. 386/2001 sono stati nominati dai Presidenti delle Camere il 26 novembre 2001.

La Commissione ha proceduto alla propria costituzione il 29 novembre 2001, eleggendo il presidente, sen. Centaro (F.I.), i due vicepresidenti e i due segretari.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge n. 386 del 2001, che prevede il rinnovo della Commissione dopo il primo biennio dalla sua costituzione, il 21 gennaio 2004 i Presidenti della Camera e del Senato hanno nominato i componenti della Commissione. La Commissione si è costituita il 28 gennaio 2004 e a proceduto all’elezione del presidente, confermando il sen. Centaro, e dell’ufficio di presidenza.

 

La Commissione ha terminato i propri lavori il 18 gennaio 2006 con l’approvazione della relazione conclusiva nonché di una relazione di minoranza.

 

La Commissione ha presentato nel corso della propria attività le seguenti relazioni e documenti:

§         la relazione annuale sui lavori svolti, approvata il 30 luglio 2003 (doc. XXIII, n. 3; trasmesso il 30 luglio 2003);

§         il documento conclusivo sul Piemonte e la Valle d’Aosta, approvato dalla Commissione il 19 luglio 2004 (doc. XXIII, n. 8, trasmesso il 22 luglio 2004);

§         la relazione sulle questioni emerse in sede di applicazione della nuova normativa in tema di regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario (legge 23 dicembre 2002, n. 279), approvata dalla Commissione l’8 marzo 2005 (doc. XXIII, n. 13, trasmesso il 15 marzo 2005);

§         il documento di sintesi della discussione svolta sul disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale (A.S. 2351) (approvato dalla Commissione nella seduta del 23 marzo 2004);

§         il documento di sintesi della discussione sulle problematiche concernenti la normativa sullo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso (approvato dalla Commissione nella seduta del 12 luglio 2005);

§         il documento sulle problematiche concernenti il riordino della disciplina in materia di gestione e destinazione delle attività e dei beni sequestrati o confiscati ad organizzazioni criminali (approvato dalla Commissione nella seduta del 19 ottobre 2005) e documento di minoranza sullo stesso tema;

§         la relazione conclusiva, approvata dalla Commissione nella seduta del 18 gennaio 2006 (doc. XXIII, n. 16) e la relazione di minoranza (doc. XXIII, n. 16-bis), trasmesse il 20 gennaio 2006.


I progetti di legge in esame

Sono state presentate alla Camera le seguenti cinque proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare:

§         A.C. 40 (on. Boato), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari;

§         A.C. 326 (on. Lumia), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali;

§         A.C. 571 (on. Forgione), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso e sulle associazioni criminali similari;

§         A.C. 688 (on. Angela Napoli), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari;

§         A.C. 890 (on. Lucchese ed altri), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari.

 

La proposta di legge A.C. 890 (Lucchese ed altri) è sostanzialmente identica in ogni sua parte al testo della L. 386/2001, in precedenza descritto.

Altre due (A.C. 571 ed A.C. 688), pur riproducendo anch’esse in gran parte il testo della L. 386/2001, se ne differenziano in alcuni punti, dei quali si dà conto di seguito.

La p.d.l. A.C. 688 (on. Angela Napoli):

§         stabilisce (art. 2, co. 2) che non possono fare parte della Commissione antimafia coloro nei confronti dei quali sia aperto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso o contro la pubblica amministrazione. Al riguardo si osserva che non risulta chiaro quali siano i reati ricompresi nell’espressione “di stampo malavitoso” ai quali la proposta di legge fa riferimento;

§         non prevede il rinnovo della Commissione allo scadere del primo biennio della legislatura.

La p.d.l. A.C. 571 (on. Forgione):

§         indica, all’art. 1, co. 1, lett. h), tra i compiti della Commissione la consultazione delle associazioni della società civile che operano contro le attività delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e similari.

La p.d.l. A.C. 326 (on. Lumia), pur presentando numerose disposizioni analoghe alla L. 386/2001, se ne discosta per alcuni aspetti. In particolare:

§         per quanto riguarda i poteri della Commissione, non fa riferimento (art. 1, co. 1, lett. b), c)), alla verifica della attuazione della normativa in materia di “pentiti” e testimoni di giustizia, né all’accertamento e alla valutazione del fenomeno mafioso con riguardo agli insediamenti esistenti in regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento, prevedendo invece che la Commissione debba occuparsi dei fenomeni di accumulazione di patrimoni illeciti e di “riciclaggio” dei proventi derivanti da attività criminali (co. 1, lett. d)) e debba verificare l’adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo (co. 1, lett. e); compiti questi ultimi due già previsti con diversa formulazione dalla L. 386/2001);

§         riformula il co. 3 dello stesso art. 1, precisando tra l’altro che l’ambito di inchiesta della Commissione è esteso alle mafie straniere (ma il riferimento ad “associazioni criminali, anche di matrice straniera” è presente anche nelle altre proposte di legge, tranne l’A.C. 40);

§         modifica la modalità di nomina del presidente della Commissione (art. 2, co. 3), ripristinando il modello di cui alle leggi 356/1992 e 430/1994 (istitutive della Commissione rispettivamente nella XI e nella XII legislatura) secondo il quale il presidente non è eletto dai componenti la Commissione ma è scelto di comune accordo dai Presidenti delle Camere, al di fuori dei componenti medesimi;

§         prevede che la Commissione sia rinnovata ogni biennio (dunque non una sola ma due volte nel corso dei cinque anni di normale durata della legislatura: art. 2, co. 7);

§         in tema di segreto, mentre le sopra citate proposte statuiscono la inopponibilità alla Commissione del segreto di Stato e del segreto d’ufficio, la proposta Lumia – rinviando alla normativa vigente per il segreto d’ufficio, professionale e bancario (art. 4, co. 2, primo periodo) – per quanto riguarda il segreto di Stato (art. 202 c.p.p. e artt. 12 e 16 della L. 801/1977) qualifica i fatti di mafia come eversivi dell’ordine costituzionale e rende in tal modo operante per questi stessi fatti il generale divieto di segretazione previsto dall’art. 12, co. 2, della L. 801/1977, con ciò escludendo l’opponibilità del segreto di Stato per i fatti di mafia (art. 4, co. 2, secondo periodo);

§         il comma 2) dell’art. 5 esclude che il segreto funzionale apposto da altre Commissioni parlamentari d’inchiesta a propri atti e documenti possa essere opposto, oltre che alla Commissione antimafia così come previsto dalla L. 386/2001, anche all’autorità giudiziaria. Quest’ultimo inciso meriterebbe un chiarimento: esso parrebbe infatti disciplinare non tanto la Commissione antimafia, ma piuttosto i rapporti tra l’autorità giudiziaria e le altre commissioni d’inchiesta;

§         quanto alla richiesta di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria, nonché di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, l’art. 5 prevede la possibilità di richiesta di tali atti all’autorità giudiziaria anche in deroga all’obbligo del segreto delle indagini preliminari (art. 329 c.p.p.) ed il correlativo potere dell’autorità giudiziaria di emettere un decreto motivato di rigetto della richiesta;

§         il magistrato che collabora con la Commissione ai fini del coordinamento con le strutture giudiziarie è designato dal ministro della giustizia (e non dal CSM).

La p.d.l. A.C. 40 (on. Boato) riprende sostanzialmente l’impianto della legge istitutiva della Commissione antimafia della XIII legislatura (L. 509/1996). Pertanto, le priorità della Commissione sono indicate in maniera meno dettagliata, pur prevedendo un esplicito riferimento alla camorra e, più ampiamente, alle altre associazioni comunque denominate che abbiano le caratteristiche di cui all’art. 416-bis del codice penale.

Per quanto riguarda il regime del segreto, la richiesta di atti e documenti e la designazione del magistrato che collabora con la Commissione, la p.d.l. non si discosta dalla L. 509/1996 e da quanto previsto dall’A.C. 326 (on. Lumia), sopra illustrata.


Progetti di legge

 


N. 40

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BOATO

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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari

 

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Presentata il 28 aprile 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha come oggetto l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari, per la durata della XV legislatura, a norma dell’articolo 82 della Costituzione.

      Nella storia dell’Italia repubblicana hanno già operato, dal 1962 ad oggi, sette Commissioni parlamentari che - valendosi di poteri variamente definiti dalle rispettive leggi istitutive - hanno posto al centro delle proprie indagini e delle proprie iniziative il fenomeno della mafia, nelle sue diverse espressioni, nella sua morfologia, nei suoi collegamenti con la vita sociale e politica.

      La prima Commissione antimafia fu istituita nel dicembre 1962 (legge 20 dicembre 1962, n. 1720) e terminò i suoi lavori nei primi mesi del 1976. Essa aveva essenzialmente il compito di «proporre le misure necessarie a reprimere le manifestazioni e ad eliminare le cause» della mafia. I suoi lavori trovarono una conclusione dopo quattordici anni di attività, non avendo la legge fissato un termine finale.

      La seconda Commissione antimafia fu istituita nel settembre 1982 dalla cosiddetta «legge Rognoni-La Torre» (legge 13 settembre 1982, n. 646). Essa non aveva poteri d’inchiesta e le fu attribuito il compito di verificare l’attuazione delle leggi antimafia, di accertare la congruità della normativa e della conseguente azione dei pubblici poteri, di suggerire al Parlamento misure legislative ed amministrative. I suoi lavori terminarono nel 1987, con lo scadere della IX legislatura.

      La terza Commissione antimafia venne istituita nel marzo 1988 (legge 23 marzo 1988, n. 94). Aveva poteri d’inchiesta e terminò i suoi lavori con la fine della legislatura nel 1992.

      La quarta Commissione antimafia, istituita nell’agosto 1992, con poteri d’inchiesta (decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), ha svolto i suoi lavori per circa sedici mesi e li ha conclusi alla fine della XI legislatura.

      La quinta Commissione antimafia, istituita nel giugno 1994 (legge 30 giugno 1994, n. 430) ha svolto i suoi lavori per la durata della XII legislatura.

      Un’altra Commissione è stata istituita con la legge n. 509 del 1996 ed ha compiuto importanti passi avanti nella lotta alla criminalità organizzata nella XIII legislatura.

      L’ultima Commissione è stata istituita con la legge 19 ottobre 2001, n. 306, e ha svolto i suoi lavori fino alla conclusione della XIV legislatura.

      Negli stessi anni in cui ciascuna di queste Commissioni ha preso vita e ha adempito i propri compiti, il fenomeno mafioso ha subìto profonde modificazioni. È cambiata la natura dei suoi rapporti con la società e con le istituzioni, si è accresciuto il volume degli affari gestiti o controllati dalle grandi organizzazioni criminali; sono cambiati i rispettivi gruppi dirigenti, l’attacco alla legalità è divenuto più duro ed insidioso, assumendo un carattere eversivo, anche se si sono registrati alcuni importanti successi grazie al rinnovato impegno delle istituzioni.

      Le Commissioni hanno acquisito un ampio patrimonio conoscitivo. Negli anni ‘60 e ‘70 ciò è avvenuto in una situazione nella quale il contributo di accertamento della verità proveniente dall’autorità giudiziaria era assai scarso. Dall’inizio degli anni ‘80 in avanti la situazione è cambiata. È stata l’iniziativa giudiziaria ad imprimere una svolta ed è storicamente di grande rilievo il ruolo svolto dal pool antimafia dell’ufficio istruzione presso il tribunale di Palermo. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio del cosiddetto «maxiprocesso», depositata l’8 novembre 1985, i giudici istruttori di Palermo avvertirono l’esigenza di dedicare molte pagine, in apertura del provvedimento, alla descrizione specifica del fenomeno «Cosa nostra», non sufficientemente conosciuto. Una Commissione antimafia si era costituita nel 1982, dopo un vuoto di sei anni, e per i suoi lavori il contributo della magistratura inquirente di Palermo fu in quegli anni un punto di riferimento essenziale.

      Nelle Commissioni che hanno operato durante gli anni ‘80 vi è stato un fortissimo sviluppo dell’attività propositiva specialmente durante il periodo 1988-1992: negli stessi anni in cui l’attività giudiziaria subiva battute di arresto, a cominciare dallo smantellamento del pool antimafia di Palermo.

      Infine, la Commissione antimafia istituita nella XI legislatura ha svolto una importante attività, nonostante il breve periodo in cui ha operato, conseguendo risultati assai rilevanti, sia sul terreno delle conoscenze sia su quello delle proposte. Per la prima volta il tema delle connessioni tra le organizzazioni mafiose ed il sistema politico-istituzionale è stato messo a fuoco compiutamente. Sono state approvate, a larghissima maggioranza, due relazioni: la prima sul fenomeno «Cosa nostra», la seconda su quello della camorra, ponendone in luce le interrelazioni. In esse, tra l’altro, la valutazione relativa alle responsabilità politiche veniva rigorosamente distinta dall’accertamento di specifiche responsabilità penali, e ciò contribuiva ad una impostazione più corretta dell’analisi e del giudizio sulle forme diffuse di debolezza istituzionale e di degenerazione della politica che hanno favorito i poteri mafiosi. La Commissione che ha operato nella XIV legislatura ha proseguito sulla scia della precedente e la sua attività ha certamente contribuito al conseguimento dei recenti, clamorosi successi nella lotta alla mafia.

      Si tratta di un lavoro che occorre proseguire con continuità, approfondendo le conoscenze finora raggiunte, aggiornando l’analisi e soprattutto verificando la funzionalità degli strumenti istituzionali da impiegare nell’azione di contrasto contro la mafia, nella prevenzione delle attività criminali e della illegalità.

      Si presenta all’inizio della XV legislatura questa proposta di legge e ci si adopererà subito per la sua sollecita approvazione, allo scopo di evitare ogni interruzione nell’impegno antimafia del Parlamento italiano, sia sul terreno delle conoscenze sia su quello delle proposte e dei controlli.

      In piena continuità con le norme che istituivano la Commissione nella passata legislatura, si propone che essa abbia il carattere di una Commissione parlamentare di inchiesta: che dunque proceda, secondo il dettato dell’articolo 82 della Costituzione, «alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria».

      L’articolo 1 della proposta di legge, oltre a fissare tale carattere della Commissione, ne indica i compiti: accertare e valutare la natura e le caratteristiche del fenomeno mafioso, i suoi mutamenti e tutte le connessioni; verificare e valutare l’attuazione delle leggi, la loro congruità, la loro efficacia rispetto all’azione antimafia e più in generale la qualità dell’impegno dei pubblici poteri; riferire al Parlamento al termine dei propri lavori, ogni volta che la Commissione lo ritenga opportuno e comunque annualmente. L’ambito di competenza della Commissione si estende naturalmente a tutte le associazioni di tipo mafioso (articolo 416-bis del codice penale), nelle varie aree geografiche del Paese.

      L’articolo 2 definisce la composizione della Commissione, la elezione del presidente, di due vicepresidenti e di due segretari, da parte della Commissione a scrutinio segreto.

      L’articolo 3 regola le audizioni e le testimonianze rese davanti alla Commissione.

      Gli articoli 4 e 5 disciplinano la materia relativa agli atti e documenti che interessano il lavoro della Commissione, i vincoli di segretezza ai quali tali documenti possono essere assoggettati e l’obbligo di rispettare la segretezza, che incombe sui componenti la Commissione, sui funzionari, sul personale addetto, sui collaboratori.

      L’articolo 6 regola la organizzazione interna della Commissione, compresa la previsione dell’informatizzazione e della pubblicazione dei documenti prodotti.

      L’articolo 7 stabilisce l’immediata entrata in vigore della legge.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzione e compiti).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari, di seguito denominata «Commissione», con il compito di:

          a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso;

          b) accertare la congruità della normativa vigente, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute opportune per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziarie;

          c) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni;

          d) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

      2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

      3. I medesimi compiti previsti dal comma 1 sono attribuiti alla Commissione con riferimento alla camorra e alle altre associazioni comunque denominate, che abbiano le caratteristiche di cui all’articolo 416-bis del codice penale.

      4. La Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui all’articolo 6.

 

 

Art. 2.

(Composizione e presidenza

della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i componenti possono essere confermati.

      3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell’ufficio di presidenza.

      4. L’ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Nella elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

      5. Per l’elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.

      6. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

 

 

Art. 3.

(Audizioni e testimonianze).

      1. Ferme le competenze dell’autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

      2. Per i segreti d’ufficio, professionale e bancario si applicano le norme vigenti. In nessun caso per i fatti di mafia, di camorra e di altre associazioni criminali similari, costituendo essi fatti eversivi dell’ordine costituzionale, può essere opposto il segreto di Stato.

      3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.

      4. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rivelare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni.

 

 

Art. 4.

(Richiesta di atti e documenti).

      1. La Commissione può richiedere, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Se l’autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non potere derogare al segreto di cui all’articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

 

 

Art. 5.

(Segreto).

      1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione nonché ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d’ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 4, comma 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale.

      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonde, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione.

 

 

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L’attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell’articolo 1, comma 4, sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione prima dell’inizio dell’attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.

      2. Tutte le volte che lo ritiene opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      3. La Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritiene necessarie. Ai fini dell’opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione si avvale dell’apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, designati rispettivamente dai Ministri della giustizia e dell’interno, di intesa con il presidente della Commissione.

      4. Per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.

      5. La Commissione cura la informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso dell’attività propria e delle Commissioni parlamentari di inchiesta precedenti.

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 

 

Art. 7.

(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


N. 326

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato LUMIA

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali

 

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Presentata il 2 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha come oggetto l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali, per la durata della XV legislatura, a norma dell’articolo 82 della Costituzione.

      Nella storia dell’Italia repubblicana hanno già operato, dal dicembre 1962 (legge 20 dicembre 1962, n. 1720) ad oggi, sette Commissioni parlamentari che - valendosi dei poteri volta per volta definiti dalle rispettive leggi istitutive - hanno posto al centro delle proprie indagini e delle proprie iniziative il fenomeno della mafia, nelle sue diverse espressioni, nella sua morfologia, nei suoi collegamenti con la vita sociale e politica.

      Nel corso degli anni in cui ciascuna delle sette Commissioni ha operato ed ha adempiuto i propri compiti, il fenomeno mafioso ha subito profonde e radicali modificazioni. L’ultima Commissione, che ha operato nel corso della XIV legislatura, ha evidenziato i diversi aspetti caratterizzanti le mafie storiche e le nuove mafie straniere presenti in Italia e ha anche individuato la pericolosità delle altre forme della criminalità organizzata che meritano una particolare attenzione per i pericoli che esse portano alla società, all’economia, alle istituzioni democratiche.

      È mutata la natura delle mafie e dei loro rapporti con la società, con la politica e con le istituzioni; è notevolmente cresciuto il volume degli affari gestiti o controllati dalle principali organizzazioni criminali al punto che il riciclaggio del denaro accumulato in modo illecito, illegale o criminale è diventato una delle principali attività mafiose; l’azione repressiva dello Stato e le guerre intestine hanno prodotto un significativo mutamento nei gruppi dirigenti delle singole famiglie mafiose; l’attacco alla legalità è stato duro ed insidioso, assumendo un carattere eversivo a volte manifestamente, altre volte in forma più subdola perché nascosto e mascherato da azioni sotterranee ed invisibili.

      Sono aumentati i fenomeni di presenze mafiose straniere perché a quelle già tradizionalmente presenti nel nostro Paese se ne sono aggiunte altre, e più agguerrite, negli ultimi anni. Le «nuove mafie» si sono caratterizzate, tra l’altro, per aver determinato da un lato la riemersione, in forme inedite, del contrabbando delle sigarette, fenomeno per lungo tempo sottovalutato o addirittura considerato con una certa, malcelata benevolenza, sebbene nell’ultima legislatura sia stato affrontato sul piano repressivo e legislativo con più severità ed efficacia, e, dall’altro lato, la riduzione in schiavitù di bambini, donne e ragazze trasportati in crescente numero, con l’inganno, in Italia da organizzazioni criminali straniere e costretti al lavoro nero e a prostituirsi.

      Le stesse mafie si sono globalizzate al punto che tutti i Paesi devono fare i conti con l’emergere della criminalità organizzata.

      Il pericolo mafioso è ancora ben presente nel nostro Paese. Le organizzazioni mafiose ancora oggi controllano il territorio di molte aree del Mezzogiorno, con forme oppressive per la società civile, come il controllo degli appalti e delle opere pubbliche, la richiesta del «pizzo» e l’incremento dei reati d’usura. Nonostante sequestri e confische di beni rientranti nella disponibilità delle diverse organizzazioni, esse dispongono tuttora di ingenti capitali e sono capaci di «inquinare» i diversi settori dell’economia. Esse sono presenti sempre più diffusamente anche nel nord Italia, mentre si vanno intensificando i rapporti tra le varie mafie italiane e tra queste e le numerose mafie o organizzazioni criminali straniere operanti in Italia e nello scacchiere internazionale.

      Tra i problemi rimasti insoluti tre in particolare meritano considerazione: il primo, costituito dall’esigenza crescente di acquisire una conoscenza più approfondita - dal di dentro - delle strutture più intime e più segrete delle mafie conoscenza che si è affievolita dopo la conclusione del ciclo dei collaboratori di giustizia i quali, comunque li si voglia giudicare, hanno contribuito a far aumentare il bagaglio di informazioni intorno ai meccanismi interni e di funzionamento di Cosa nostra, della ‘ndrangheta, della camorra e delle organizzazioni mafiose pugliesi; il secondo, attinente al nuovo rapporto tra le diverse organizzazioni mafiose ed il sistema economico da un lato e la rappresentanza politica dall’altro, tenuto conto delle ingenti risorse che si investiranno nel Mezzogiorno, dei meccanismi di riciclaggio nell’economia globalizzata e del mutato quadro elettorale locale, regionale e nazionale causato dal sistema maggioritario che ha superato il vecchio sistema delle preferenze multiple, meccanismo che aveva visto un pesante inserimento delle «preferenze» mafiose; il terzo fa riferimento all’ampliamento delle organizzazioni criminali che agiscono nel nostro territorio nel contesto internazionale con caratteristiche non sempre tutte riconducibili alla tradizionale struttura mafiosa, ma che producono un grande allarme sociale e un pericolo per la nostra convivenza civile e democratica.

      Tutto ciò reclama una nuova strategia integrata, locale ed internazionale, tra più livelli di iniziativa: quello legislativo, economico, culturale, sociale, giudiziario, repressivo.

      Presentando all’inizio della XV legislatura questa proposta di legge, ci adopereremo subito per la sua sollecita approvazione, allo scopo di evitare ogni interruzione nell’impegno antimafia del Parlamento italiano, sia sul terreno delle conoscenze sia su quello delle proposte e dei controlli.

      Si tratta di un lavoro che occorre proseguire con sistematicità e continuità, approfondendo le conoscenze finora raggiunte, aggiornando l’analisi e soprattutto verificando la funzionalità degli strumenti istituzionali da impiegare nell’azione di contrasto contro le mafie, nella prevenzione delle attività criminali e della illegalità.

      In piena continuità con le norme che istituivano la Commissione nella passata legislatura, noi proponiamo che essa abbia il carattere di una Commissione parlamentare di inchiesta: che dunque proceda, secondo il dettato dell’articolo 82 della Costituzione, «alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria».

      L’articolo 1 della proposta di legge, oltre a fissare tale carattere della Commissione, ne indica i compiti: accertare e valutare la natura e le caratteristiche del fenomeno mafioso, i suoi mutamenti e tutte le connessioni; verificare e valutare l’attuazione delle leggi, la loro congruità, la loro efficacia rispetto all’azione antimafia e più in generale la qualità dell’impegno dei pubblici poteri; riferire al Parlamento al termine dei propri lavori, ogni volta che la Commissione lo ritenga opportuno e comunque annualmente. L’ambito di competenza della Commissione si estende naturalmente a tutte le associazioni di tipo mafioso (articolo 416-bis del codice penale), e alle altre organizzazioni presenti nelle varie aree geografiche del Paese.

      L’articolo 2 definisce la composizione della Commissione (venticinque senatori e venticinque deputati), la elezione di due vicepresidenti e di due segretari, da parte della Commissione a scrutinio segreto.

      L’articolo 3 prevede forme flessibili per l’organizzazione dei lavori, dando la possibilità di lavorare non solo in seduta plenaria, ma anche per comitati.

      L’articolo 4 regola le audizioni e le testimonianze rese davanti alla Commissione.

      Gli articoli 5 e 6 disciplinano la materia relativa agli atti e documenti che interessano il lavoro della Commissione, i vincoli di segretezza ai quali tali documenti possono essere assoggettati e l’obbligo di rispettare la segretezza, che incombe sui componenti la Commissione, sui funzionari, sul personale addetto, sui collaboratori.

      L’articolo 7 regola infine la organizzazione interna della Commissione, compresa la previsione dell’informatizzazione e della pubblicazione dei documenti prodotti.

      L’articolo 8 stabilisce l’immediata entrata in vigore della legge.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali, con i seguenti compiti:

          a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso e alle altre principali organizzazioni criminali;

          b) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute opportune per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria;

          c) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo ai processi di internazionalizzazione e cooperazione tra le organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente e i patrimoni;

          d) accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi, le forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali;

          e) verificare l’adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo e proporre misure per renderle più efficaci;

          f) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

      2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

      3. Eguali compiti sono attribuiti alla Commissione con riferimento alle altre associazioni criminali comunque denominate, alle mafie straniere e a tutti i raggruppamenti criminali che abbiano le caratteristiche di cui all’articolo 416-bis del codice penale, o che siano comunque di estremo pericolo per il nostro sistema sociale, economico ed istituzionale.

 

 

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venticinque senatori e venticinque deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla designazione dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell’Ufficio di Presidenza.

      3. Il Presidente della Commissione è scelto di comune accordo dai Presidenti delle Camere, al di fuori dei componenti della Commissione, tra i parlamentari dell’uno o dell’altro ramo del Parlamento.

      4. La Commissione elegge al proprio interno due vicepresidenti e due segretari.

      5. Per la elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il componente con maggiore anzianità parlamentare e, tra deputati e senatori di pari anzianità parlamentare, il senatore più anziano di età.

      6. Le medesime disposizioni di cui al comma 5 si applicano per le elezioni suppletive.

      7. Dalla data della sua costituzione, la Commissione è rinnovata ogni biennio e i suoi componenti possono essere riconfermati.

 

 

Art. 3.

(Comitati).

      1. La Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento di cui all’articolo 7.

 

 

Art. 4.

(Audizioni e testimonianze).

      1. Ferme le competenze dell’autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

      2. Per i segreti d’ufficio, professionale e bancario si applicano le norme in vigore. In nessun caso per i fatti di mafie e di altre associazioni criminali similari, costituendo essi fatti eversivi dell’ordine costituzionale, può essere opposto il segreto di Stato.

       3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.

      4. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rivelare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni.

 

 

Art. 5.

(Richiesta di atti e documenti).

      1. La Commissione può richiedere, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Se l’autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all’articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede a trasmettere quanto richiesto.

      2. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni d’inchiesta, detto segreto non può essere opposto all’autorità giudiziaria ed alla Commissione di cui alla presente legge.

      3. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non dovranno essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

 

 

Art. 6.

(Segreto).

      1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti d’inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d’ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 5, comma 3.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale.

      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto, o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

 

Art. 7.

(Organizzazione interna).

      1. L’attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell’articolo 3 sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dei lavori. Ciascun componente può propone la modifica delle norme regolamentari.

      2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      3. La Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Ai fini dell’opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione si avvale dell’apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, designati, rispettivamente, dai Ministri della giustizia e dell’interno, d’intesa con il presidente della Commissione.

      4. Per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro.

      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. La Commissione cura la informatizzazione di documenti acquisiti e prodotti nel corso dell’attività propria e delle Commissioni precedenti.

 

 

Art. 8.

(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

N. 571

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

FORGIONE, MIGLIORE, DE CRISTOFARO, DURANTI, IACOMINO, FALOMI

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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso e sulle associazioni criminali similari

 

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Presentata il 9 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Rifondazione comunista ritiene di grande rilievo l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari, per la durata della XV legislatura, a norma dell’articolo 82 della Costituzione.

 Nella storia dell’Italia repubblicana hanno già operato, dal 1962 ad oggi, sette Commissioni parlamentari che - valendosi di poteri variamente definiti dalle rispettive leggi istitutive - hanno posto al centro delle proprie indagini e delle proprie iniziative il fenomeno della mafia, nelle sue diverse espressioni, nella sua morfologia, nei suoi collegamenti con la vita sociale e politica.

La prima Commissione antimafia fu istituita nel dicembre 1962 (legge 20 dicembre 1962, n. 1720) e terminò i suoi lavori nei primi mesi del 1976. Essa aveva essenzialmente il compito di «proporre le misure necessarie a reprimere le manifestazioni e ad eliminare le cause» della mafia. I suoi lavori trovarono una conclusione dopo quattordici anni di attività, non avendo la legge fissato un termine finale.

La seconda Commissione antimafia fu istituita nel settembre 1982 con la cosiddetta «legge Rognoni-La Torre» (legge 13 settembre 1982, n. 646). Essa non aveva poteri di inchiesta, e le fu attribuito il compito di verificare l’attuazione delle leggi contro la mafia, di accertare la congruità della normativa e della conseguente azione dei pubblici poteri, di suggerire al Parlamento misure legislative e amministrative. I suoi lavori terminarono nel 1987, con lo scadere della IX legislatura.

 La terza Commissione antimafia venne istituita nel marzo 1988 (legge 23 marzo 1988, n. 94). Aveva poteri di inchiesta e terminò i suoi lavori con la fine della legislatura nel 1992.

La quarta Commissione antimafia, istituita nell’agosto 1992, con poteri di inchiesta (decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), ha svolto i suoi lavori per circa sedici mesi, fino alla fine della XI legislatura.

La quinta Commissione antimafia, istituita nel giugno 1994 (legge 30 giugno 1994, n. 430) ha svolto i suoi lavori per la durata della XII legislatura.

La sesta Commissione è stata istituita con la legge 1o ottobre 1996, n. 509, ha operato nella XIII legislatura e ha compiuto importanti passi avanti nella lotta alla criminalità organizzata.

L’ultima, che ha operato nel corso della XIV legislatura, è stata istituita con la legge 19 ottobre 2001, n. 386.

Nel corso degli anni in cui ciascuna di queste Commissioni ha preso vita e ha adempiuto ai propri compiti, il fenomeno mafioso ha subìto profonde modificazioni. È cambiata la natura dei suoi rapporti con la società e con le istituzioni, si è accresciuto il volume degli affari gestiti o controllati dalle grandi organizzazioni criminali, sono cambiati i rispettivi gruppi dirigenti, l’attacco alla legalità è divenuto più duro e insidioso, assumendo un carattere eversivo, anche se cominciano ad essere colti alcuni importanti successi grazie al rinnovato impegno delle istituzioni.

Le Commissioni hanno acquisito un ampio patrimonio conoscitivo. Negli anni ‘60 e ‘70 ciò è avvenuto in una situazione nella quale il contributo all’accertamento della verità proveniente dall’autorità giudiziaria era assai scarso. Dall’inizio degli anni ‘80 la situazione è cambiata. È stata l’iniziativa giudiziaria a imprimere una svolta ed è storicamente di grande rilievo il ruolo svolto dal pool antimafia dell’ufficio istruzione presso il tribunale di Palermo. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio del cosiddetto «maxiprocesso», depositata l’8 novembre 1985, i giudici istruttori di Palermo avvertirono l’esigenza di dedicare molte pagine, in apertura del provvedimento, alla descrizione specifica del fenomeno «Cosa nostra», non sufficientemente conosciuto. Una Commissione antimafia si era costituita, come detto, nel 1982, dopo un vuoto di sei anni, e per i suoi lavori il contributo della magistratura inquirente di Palermo fu in quegli anni un punto di riferimento essenziale.

Nelle Commissioni che hanno operato durante gli anni ‘80 vi è stato un fortissimo sviluppo dell’attività propositiva, specialmente durante il periodo 1988-1992, cioè negli stessi anni in cui l’attività giudiziaria subiva battute di arresto, a cominciare dallo smantellamento del pool antimafia di Palermo.

Infine, la Commissione antimafia istituita nella XI legislatura ha svolto una importante attività, nonostante il breve periodo in cui ha operato, conseguendo risultati assai rilevanti, sia sul terreno delle conoscenze sia su quello delle proposte. Per la prima volta il tema delle connessioni tra le organizzazioni mafiose e il sistema politico-istituzionale è stato messo compiutamente a fuoco, con l’approvazione, a larghissima maggioranza, di due relazioni: la prima sul fenomeno «Cosa nostra», la seconda su quello della camorra, ponendone in luce le interrelazioni. In esse, tra l’altro, la valutazione relativa alle responsabilità politiche veniva rigorosamente distinta dall’accertamento di specifiche responsabilità penali, e ciò ha contribuito a una impostazione più corretta dell’analisi e del giudizio sulle forme diffuse di debolezza istituzionale e di degenerazione della politica che hanno favorito i poteri mafiosi.

Si tratta di un lavoro che occorre proseguire con continuità, approfondendo le conoscenze finora raggiunte, aggiornando l’analisi e soprattutto verificando la funzionalità degli strumenti istituzionali da impiegare nell’azione di contrasto contro la mafia, nella prevenzione delle attività criminali e della illegalità.

 Presentiamo all’inizio della XV legislatura questa proposta di legge e ci adopereremo subito per la sua sollecita approvazione, allo scopo di evitare ogni interruzione nell’impegno del Parlamento italiano contro la mafia sia sul terreno delle conoscenze sia su quello delle proposte e dei controlli.

 In piena continuità con le norme che istituivano la Commissione nelle più recenti legislature, noi proponiamo che essa abbia il carattere di una Commissione parlamentare di inchiesta: che dunque proceda, secondo il dettato dell’articolo 82 della Costituzione, «alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria».

L’articolo 1, oltre a fissare tale carattere della Commissione, ne indica i compiti: accertare e valutare la natura e le caratteristiche del fenomeno mafioso, i suoi mutamenti e tutte le sue connessioni; verificare e valutare l’attuazione delle leggi in materia, la loro congruità, la loro efficacia rispetto all’azione antimafia e più in generale la qualità dell’impegno dei pubblici poteri; instaurare un rapporto di consultazione con le associazioni della società civile che con grande impegno si battono contro le mafie; riferire al Parlamento al termine dei propri lavori, ogni volta che la Commissione lo ritenga opportuno e comunque annualmente. L’ambito di competenza della Commissione si estende naturalmente a tutte le associazioni di tipo mafioso (articolo 416-bis del codice penale), nelle varie aree geografiche del Paese.

L’articolo 2 definisce la composizione della Commissione e le modalità dell’elezione del presidente, di due vicepresidenti e di due segretari da parte della Commissione stessa, a scrutinio segreto.

L’articolo 3 regola le audizioni e le testimonianze rese davanti alla Commissione.

 Gli articoli 4 e 5 disciplinano la materia relativa agli atti e documenti che interessano il lavoro della Commissione, i vincoli di segretezza ai quali tali documenti possono essere assoggettati e l’obbligo di rispettare la segretezza, che incombe sui componenti la Commissione, sui funzionari e il personale addetto, sui collaboratori.

L’articolo 6 regola l’organizzazione interna della Commissione, compresa la previsione dell’informatizzazione e della pubblicazione dei documenti prodotti.

L’articolo 7 fissa nel giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale l’entrata in vigore della legge


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proposta  di legge

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Art. 1.
(Istituzione e compiti).

1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all’articolo 416-bis del codice penale nonché sulle associazioni criminali similari, anche di matrice straniera, che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale, con i seguenti compiti:

a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e di associazioni criminali similari;

b) verificare l’attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 24 novembre 1994, n. 687, e della legge 13 febbraio 2001, n. 45, e successive modificazioni, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia;

c) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria;

d) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione e di cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente e i patrimoni;

e) accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi, individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti, i servizi pubblici e le opere pubbliche;

f) verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto alle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, al riciclaggio e all’impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata, nonché l’effettiva applicazione della stessa, l’adeguatezza delle strutture e l’efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria;

g) verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci;

h) consultare le realtà associative, a carattere nazionale o locale, che più significativamente operano contro le attività specifiche delle organizzazioni criminali di tipo mafioso e similari;

 i) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

3. La Commissione può organizzare i propri lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui all’articolo 6.

Art. 2.
(Composizione e presidenza della Commissione).

1. La Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i componenti possono essere confermati.

3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell’ufficio di presidenza.

4. L’ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Nella elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

5. Per l’elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.

6. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

 

 

Art. 3.
(Audizioni e testimonianze).

1. Ferme le competenze dell’autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. In nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto di Stato o il segreto d’ufficio.

3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.

4. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rivelare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni.

Art. 4.
(Richiesta di atti e documenti).

1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L’autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.

2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.

3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.

4. L’autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

5. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.

      6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

Art. 5.

(Segreto).

1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni d’ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 4, commi 2 e 6.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale.

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

Art. 6.

(Organizzazione interna).

1. L’attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell’articolo 1, comma 3, sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dell’attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.

2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

3. La Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Ai fini dell’opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione può avvalersi anche dell’apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, autorizzati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro dell’interno su richiesta del presidente della Commissione.

4. Per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.

5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

6. La Commissione cura la informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso dell’attività propria e delle analoghe Commissioni precedenti.

Art. 7.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


N. 688

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato ANGELA NAPOLI

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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari

 

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Presentata il 15 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Nonostante l’imponente repressione prodotta negli anni passati dallo Stato, dai Governi e dalle istituzioni preposte, ancora oggi le mafie rappresentano un sistema di violenza e di potere.

      La criminalità organizzata è presente non solo in parti consistenti del Mezzogiorno, ma è riuscita a riprodursi in altri contesti economico-sociali d’Italia. La disponibilità di grandi risorse finanziarie acquisita dalle varie organizzazioni malavitose, in particolare dalla ‘ndrangheta, ha permesso alle stesse di inserirsi nell’economia legale della Nazione, facendo palese illegale concorrenza alle imprese sane che operano sul territorio.

      La criminalità organizzata sta espandendosi alla ricerca di luoghi che possano rappresentare «zone franche» per i traffici illeciti e per l’attività di riciclaggio. La stessa struttura delle associazioni criminali mafiose è costretta a continui mutamenti per il compimento delle varie strategie delinquenziali.

      Il fenomeno delle mafie necessita, quindi, di costante studio, osservazione, indagine e seria attività di contrasto. Da tutto ciò non può rimanere assente il Parlamento italiano. Alla luce delle valutazioni positive che vanno espresse nei confronti del lavoro svolto dall’ultima Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia, istituita nella XIV legislatura, ma anche da quelle precedenti, nonché del carattere istituzionale ormai assunto dalle stesse, si rende indispensabile ed urgente, anche nella corrente legislatura, una nuova Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari.

      La presente proposta di legge consta di sette articoli.

      L’articolo 1, oltre a disporre l’istituzione della Commissione, ne indica i compiti:

 accertare e valutare la natura e le caratteristiche del fenomeno mafioso, i suoi mutamenti e tutte le sue connessioni; verificare e valutare l’attuazione delle leggi, la loro congruità, la loro efficacia rispetto all’azione antimafia e più in generale la qualità dell’impegno dei pubblici poteri, riferire al Parlamento al termine dei propri lavori, ogni volta che la Commissione lo ritenga opportuno e comunque annualmente. L’ambito di competenza della Commissione si estende naturalmente a tutte le associazioni di tipo mafioso (articolo 416-bis del codice penale), nelle varie arie geografiche d’Italia.

      L’articolo 2 definisce la composizione della Commissione e disciplina le procedure per l’elezione del presidente e dell’ufficio di presidenza.

      L’articolo 3 regola le audizioni e le testimonianze rese davanti alla Commissione.

      Gli articoli 4 e 5 disciplinano la materia relativa agli atti e documenti che interessano il lavoro della Commissione, i vincoli di segretezza ai quali tali documenti possono essere assoggettati e l’obbligo di rispettare la segretezza che incombe sui componenti la Commissione, sui funzionari, sul personale addetto, sui collaboratori.

      L’articolo 6 regola l’organizzazione interna della Commissione, compresa la previsione dell’informatizzazione e della pubblicazione dei documenti prodotti.

      L’articolo 7 stabilisce l’immediata entrata in vigore della legge.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzione e compiti).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all’articolo 416-bis del codice penale nonché sulle similari associazioni criminali, anche di matrice straniera, che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale, con i seguenti compiti:

          a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e di associazioni criminali similari;

          b) verificare l’attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29 marzo 1991, n. 119, del regolamento di cui al decreto del Ministero dell’interno 24 novembre 1994, n. 687, e della legge 13 febbraio 2001, n. 45, e successive modificazioni, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia;

          c) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria;

          d) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione e di cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente e i patrimoni;

          e) accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti e le opere pubbliche;

          f) verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto alle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, al riciclaggio e all’impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata, nonché l’adeguatezza delle strutture e l’efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria;

          g) verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci;

          h) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

      2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

      3. La Commissione può organizzare i propri lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui all’articolo 6.

 

 

Art. 2.

(Composizione e presidenza della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. Della Commissione non può fare parte alcun componente nei cui confronti è in atto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso o contro la pubblica amministrazione.

      3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell’ufficio di presidenza.

      4. L’ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Nella elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il componente con maggiore anzianità parlamentare.

      5. Per l’elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.

      6. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

Art. 3.

(Audizioni e testimonianze).

      1. Ferme le competenze dell’autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

      2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. In nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto di Stato o il segreto di ufficio.

      3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.

      4. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rivelare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni.

 

 

Art. 4.

(Richiesta di atti e documenti).

      1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L’autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.

      2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.

      3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.

      4. L’autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copie di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

      5. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.

      6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

 

 

Art. 5.

(Segreto).

      1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 4, commi 2 e 6.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale.

      3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

 

 

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L’attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell’articolo 1, comma 3, sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dell’attività di inchiesta.

      2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      3. La Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Ai fini dell’opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione può avvalersi anche dell’apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, autorizzati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro dell’interno, su richiesta del presidente della Commissione.

      4. Per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa fra loro.

      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

      6. La Commissione cura la informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso dell’attività propria e delle analoghe Commissioni precedenti.

 

 

Art. 7.

(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


N. 890

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati LUCCHESE, ADOLFO, CIRO ALFANO, BARBIERI, BOSI, CAPITANIO SANTOLINI, CASINI, CESA, CIOCCHETTI, COMPAGNON, RICCARDO CONTI, D’AGRO’, D’ALIA, DE LAURENTIIS, DELFINO, DIONISI, DRAGO, FORLANI, FORMISANO, GALATI, GALLETTI, GIOVANARDI, CRECO, MARCAZZAN, MARTINELLO, MAZZONI, MIELE, MEREU, OPPI, PERETTI, ROMANO, RONCONI, RUVOLO, TABACCI, TASSONE, TUCCI, VIETTI, VOLONTE’, ZINZI

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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari

 

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Presentata il 24 maggio 2006

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ONOREVOLI COLLEGHI ! – La presente proposta di legge riproduce l’esatto contenuto della legge 19 ottobre 2001, n. 386, recante “Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare” approvata nella XIV legislatura, con la sola modifica del periodo nel corso del quale la Commissione è chiamata ad operare.

Permangono infatti inalterate le ragioni politiche, istituzionali e morali che nelle passate legislature hanno prodotto analoghe iniziative legislative, finalizzate a dare al Parlamento agli strumenti conoscitivi necessari alla predisposizione di adeguati strumenti di contrasto al fenomeno della criminalità organizzata.


 


proposta di legge

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Art. 1
(Istituzione e compiti)

1. E’ istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all’articolo 416-bis del codice penale nonché sulle similari associazioni criminali, anche di matrice straniera, che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale, con i seguenti compiti:

a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e similari;

b) verificare l’attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 23 aprile 2004, n. 161, e della legge 13 febbraio 2001, n. 45, e successive modificazioni, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia;

c) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria;

d) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamento e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzata da forte sviluppo dell’economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente e i patrimoni;

e) accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti e le opere pubbliche;

f) verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto alle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, al riciclaggio e all’impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata, nonché l’adeguatezza delle strutture e l’efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria;

g) verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderne più efficaci;

h) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e, comunque, annualmente.

2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

3. La Commissione può organizzare i propri lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui all’articolo 6.

 

 

 

Art. 2

(Composizione e presidenza della Commissione)

1. La Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i componenti possono essere confermati.

3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell’ufficio di presidenza.

4. L’ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti della Commissione a scrutinio segreto. Nella elezione del presidente, se nessuno riporta la maggioranza assoluta dei voti, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano d età.

5. Per l’elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.

6. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

 

 

Art. 3

(Audizioni e testimonianze)

1. Ferme le competenze dell’autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. In nessun caso per i farri rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto di Stato o il segreto di ufficio.

3. E’ sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato.

4. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rilevare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni.

 

 

Art. 4

(Richiesta di atti e documenti)

1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L’autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.

2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.

3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.

4. L’autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per se mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

5. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, detto segreto non può essere opposto alla Commissione d cui alla presente legge.

6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

 

 

Art. 5

(Segreto)

1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni d’ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 4, commi 2 e 6.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale.

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

 

Art. 6

(Organizzazione interna)

1. L’attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell’articolo 1, comma 3, sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dell’attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.

2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

3. La Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Ai fini dell’opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione può avvalersi anche dell’apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, autorizzati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro dell’interno su richiesta del presidente della Commissione.

4. Per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro.

5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. La Commissione cura la informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso dell’attività propria e delle analoghe Commissioni precedenti.

 

 

Art. 7

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 




[1]     Legge 20 dicembre 1962, n. 1720, Istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della “mafia”.

[2]     Legge 13 settembre 1982, n. 646, Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazione alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia.

[3]     Legge 31 gennaio 1986, n. 12, Proroga della durata della commissione parlamentare sul fenomeno della mafia.

[4]     Legge 23 marzo 1988, n. 94, Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.

[5]     Legge 27 luglio 1991, n. 229, Proroga del termine previsto dall’art. 1, comma 1, della legge 23 marzo 1988, n. 94, per l’ultimazione dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.

[6]     D.L. 8 giugno 1992, n. 306, Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, conv. con mod. dalla L. 7 agosto 1992, n. 356.

[7]     Legge 30 giugno 1994, n. 430, Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.

[8]     Legge 1 ottobre 1996, n. 509, Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari.

[9]    Legge 19 ottobre 2001, n. 386, Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.

[10]    Legge 13 febbraio 2001 n. 45, Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.

[11]    D.L. 15 gennaio 1991 n. 8, Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia, conv. con mod. dalla L. 15 marzo 1991, n. 82.

[12]    Legge 29 maggio 1982 n. 304, Misure per la difesa dell’ordinamento costituzionale.

[13]    D.M. 23 aprile 2004 n. 161, Regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni, ai sensi dell’articolo 17-bis del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall’articolo 19 della L. 13 febbraio 2001, n. 45. Il D.M. 161/2004 ha abrogato, sostituendolo, il precedente D.M. 24 novembre 1994 n. 687, Regolamento recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione del programma di protezione di coloro che collaborano con la giustizia e le relative modalità di attuazione.

[14]    La L. 430/1994 (istitutiva della Commissione nella XII legislatura) prevedeva invece che il presidente fosse scelto di comune accordo dai Presidenti delle Camere, al di fuori dei componenti della Commissione e che gli altri membri dell’ufficio di presidenza venissero eletti dalla Commissione al proprio interno. L’innovazione circa le modalità di scelta del presidente è stata introdotta dalla L. 509/1996 e confermata successivamente.

[15]    Legge 24 ottobre 1977 n. 801, Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato.