Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modifica all'art. 12 Cost. in materia di lingua ufficiale della Repubblica - Pdl. Cost. n. 648 e 1571
Riferimenti:
AC n. 1571/XV   AC n. 648/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 48
Data: 26/09/2006
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   LINGUA ITALIANA
REVISIONE DELLA COSTITUZIONE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Modifica all’art. 12 Cost. in materia di lingua ufficiale della Repubblica

Pdl. Cost. n. 648 e 1571

 

 

 

 

 

 

 

n. 48

 

 

26 settembre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

 

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0130.doc

 


INDICE

 

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  5

§      Contenuto  5

§      Relazioni allegate  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  7

Allegato

§      Le norme costituzionali sulla lingua negli altri Paesi europei13

Progetti di legge

§      A.C. 648, (on. Angela Napoli), Modifica all’articolo 12 della Costituzione concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica  19

§      A.C. 1571, (on. La Russa ed altri), Modifica all'articolo 12 della Costituzione concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica  23

Lavori parlamentari della XIV legislatura

Camera dei deputati

§      A.C. 750, (on. Angela Napoli), Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica  31

§      A.C. 1396, (on. La Russa ed altri), Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica  35

§      A.C. 2289, (on. Bressa ed altri), Modifica all'articolo 12 della Costituzione, in materia di riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica  39

Esame in sede referente presso la I Commissione

Seduta del 30 gennaio 2002  43

Seduta del 31 gennaio 2002  45

Seduta del 6 febbraio 2002  47

Seduta del 12 febbraio 2002  49

Seduta del 20 febbraio 2002  53

Seduta del 28 febbraio 2002  57

Seduta del 5 marzo 2002  59

Seduta del 6 marzo 2002  61

§      Relazione della I Commissione, A.C. 750-1396-2289-A,67

Discussione in Assemblea

Seduta dell’ 8 marzo 2002  75

Seduta del 26 marzo 2002  83

Senato della Repubblica

Esame in sede referente presso la 1ª Commissione

Seduta del 9 maggio 2002  127

Seduta del 14 maggio 2002  129

Seduta del 30 maggio 2002  131

Seduta del 19 giugno 2002  135

Seduta del 25 giugno 2002  141

§      Relazione della 1ª Commissione, A.S. 1286-A,143

Normativa di riferimento

§      Costituzione (art. 12)149

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 648

Titolo

Modifica all'articolo 12 della Costituzione concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

Iniziativa

on. Angela Napoli

Settore d’intervento

Riforme costituzionali

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§          presentazione alla Camera

10 maggio 2006

§          annuncio

18 maggio 2006

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

referente

Pareri previsti

--

 


 

Numero del progetto di legge

A.C. 1571

Titolo

Modifica all'articolo 12 della Costituzione concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

Iniziativa

on. La Russa ed altri

Settore d’intervento

Riforme costituzionali

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§          presentazione alla Camera

2 agosto 2006

§          annuncio

2 agosto 2006

§          assegnazione

19 settembre 2006

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Sede

referente

Pareri previsti

--

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Le proposte di legge costituzionale A.C. 648 (on. Angela Napoli) e A.C. 1571 (on. La Russa ed altri), entrambe formulate in un unico articolo, di identico contenuto, intendono modificare l’art. 12 della Costituzione aggiungendo un comma che stabilisce che la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano.

La nuova disposizione viene collocata tra i principi fondamentali della Costituzione, recati dai primi dodici articoli, ed in particolare nell’articolo 12, dopo il riconoscimento del tricolore quale bandiera della Repubblica.

La proposta verrebbe a costituzionalizzare un principio già presente nell’ordinamento e sancito da ultimo dalla legge n. 482/1999[1] in materia di tutela delle minoranze linguistiche, la quale stabilisce (art. 1, comma 1) che “la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano”; la stessa legge n. 482 prescrive sia la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, sia la promozione delle altre lingue e culture tutelate dalla legge.

 

Il tema del riconoscimento, a livello costituzionale, della lingua italiana è stato già affrontato dalle Camere, che non sono pervenute ad una approvazione definitiva delle iniziative legislative esaminate.

Nel corso della XIII legislatura la Camera dei deputati aveva approvato in prima lettura, il 26 luglio 2000, la proposta di legge costituzionale A.C. 4424 (on. Mitolo ed altri) di modifica dell’articolo 12 della Costituzione, con contenuto identico a quello delle proposte di legge in commento.

Il progetto, approvato nel testo originario, venne trasmesso al Senato (A.S. 4778), dove, il 19 ottobre dello stesso anno, la Commissione affari costituzionali concluse i lavori, senza apportare modifiche al testo, dando mandato alla relatrice sen. Pasquali a riferire favorevolmente sul disegno di legge all’Assemblea.

Nella XIV legislatura, l’Assemblea della Camera ha iniziato, l’8 marzo 2002, la discussione del testo unificato – elaborato dalla Commissione Affari costituzionali – di tre proposte di legge costituzionale di iniziativa parlamentare (A.C. 750, on. Angela Napoli, A.C. 1396, on. La Russa ed altri e A.C. 2289, on. Bressa ed altri), tutte identiche alle proposte di legge attualmente all’esame della Camera.

L’accoglimento di un emendamento nel corso dell’esame in Assemblea conduceva all’introduzione nell’art. 12 Cost. di un ulteriore comma, ai sensi del quale “La Repubblica valorizza gli idiomi locali”.

Nel testo così integrato, il progetto di legge costituzionale veniva approvato dalla Camera in prima deliberazione, e trasmesso al Senato (A.S. 1286).

Il richiamo alla valorizzazione degli idiomi locali ha formato oggetto di dibattito e di opinioni diversificate nel corso dell’esame in sede referente presso la 1ª Commissione del Senato; quest’ultima tuttavia non ha ritenuto di apportare ulteriori emendamenti al testo, licenziandolo per l’Assemblea nella seduta del 3 luglio 2002.

Il relatore, on. Pastore, nella relazione scritta all’Assemblea, ha rilevato come la “valorizzazione degli idiomi locali” costituisca “una formulazione che può apparire ambigua, ma deve essere letta come individuazione delle diverse forme della lingua nazionale”. Tale formula, infatti, “nonostante le perplessità manifestate nel corso del dibattito, ad una più approfondita analisi lessicale risulta equilibrata, perché consente di individuare esperienze linguistiche locali che, pur non assurgendo al livello di lingue, sono meritevoli di riconoscimento da parte della Repubblica. Si potranno adeguatamente valorizzare, in tal modo, anche realtà artistiche e culturali locali”.

L’Assemblea del Senato non ha avviato l’esame del provvedimento.

Relazioni allegate

Le proposte di legge, di iniziativa parlamentare, sono accompagnate dalla sola relazione illustrativa.

 

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte in esame intendono aggiungere un comma all'articolo 12 della Costituzione. Ai sensi dell'articolo 138 Cost., le modifiche alla Costituzione devono essere apportate con legge (di revisione) costituzionale, da approvarsi con la procedura aggravata ivi prevista.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Nella Costituzione disposizioni in materia di lingua sono contenute nell’art. 3, che stabilisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, e nell’art. 6, con il quale viene affidata alla legge ordinaria la disciplina della tutela delle minoranza linguistiche. In materia rileva anche l’art. 2 Cost. con il quale vengono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo.

Si ricorda, inoltre, la previsione dell'art. 27 del Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966 e ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 25 ottobre 1977, n. 881[2], per cui: "in quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione e di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo".

Fino al 1999 l’attuazione del dettato dell’art. 6 Cost. è stata realizzata con l’approvazione di norme specifiche volte a tutelare alcuni gruppi linguistici: soprattutto i tedeschi dell’Alto Adige, i francesi della Valle d’Aosta e gli sloveni della Venezia Giulia. Con la legge 15 dicembre 1999, n. 482, richiamata in precedenza, sono state introdotte norme generali valide per tutte le minoranze linguistiche storiche esistenti nel territorio italiano. Come già osservato, l’art. 1, comma 1, della legge stabilisce che “la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano", mentre il comma 2 prescrive sia la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, sia la promozione delle altre lingue e culture tutelate dalla legge.

 

Oltre che nella legge n. 482 del 1999, il riconoscimento dell’italiano quale lingua ufficiale dello Stato è contenuto in diverse leggi ordinarie, tra cui si ricorda la legge relativa all’ordinamento del notariato (L. 89/1913, art. 54), quella relativa all'ordinamento dello stato civile (D.P.R. 396/2000, artt. 19, 22 e 34), il codice di procedura penale e quello di procedura civile (rispettivamente artt. 109[3] e 122[4]), lo statuto della regione Trentino – Alto Adige (D.P.R. 670/1972, art. 99).

Disposizioni che impongono (in alcuni casi soltanto in via prioritaria) l’uso della lingua italiana sono contenute, inoltre, anche nella legislazione successiva, della quale si citano, di seguito, alcuni esempi:

§       le norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione (D.Lgs. 59/2004, art. 5), in cui si stabilisce che la scuola primaria ha tra i suoi fini quello di fare apprendere i mezzi espressivi e la lingua italiana;

§       la disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore (L. 425/1997, art. 3 e D.M. 139 del 2003, art. 1);

§       le norme che prevedono la costituzione e la partecipazione del ministero degli esteri ad associazioni e fondazioni per la diffusione e la promozione della lingua italiana e delle tradizioni e culture locali (L. 3/2003, art. 26);

§       il testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000, artt. 7, 17 e 33);

§       la disposizione del codice del consumo (D.Lgs. n. 206/2005, art. 9) dispone, in via di principio, che tutte le informazioni destinate ai consumatori e agli utenti devono essere rese almeno in lingua italiana;

§       le norme, introdotte in attuazione di direttive comunitarie, sull’etichettatura dei prodotti alimentari (D.Lgs. 109/1992, art. 3) e sulle indicazioni presenti nelle confezioni di farmaci (D.Lgs. 219/2006, art. 80);

§       il testo unico sull’immigrazione (D.Lgs. 286/1998, artt. 38 e 40) che prevede l’opportunità di offrire occasioni di apprendimento della lingua italiana per i minori stranieri e per gli stranieri ospitati nei centri di accoglienza;

§       il codice della strada (D.Lgs. 285/1992, art. 37) che stabilisce che lingue regionali o idiomi locali possono essere usati, nella segnaletica stradale a localizzazione territoriale, soltanto in aggiunta alla denominazione in lingua italiana;

§       la disposizione del testo unico della radiotelevisione (D.Lgs. 177/2005, art. 7) che individua, tra i compiti e gli obblighi che la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo è tenuta ad adempiere, la promozione della lingua italiana e della cultura e la salvaguardia dell'identità nazionale.

 

Si segnala che l’art. 5 del disegno di legge di iniziativa governativa recante nuove norme sulla cittadinanza (A.C. 1607), attualmente all’esame della Commissione affari costituzionali della Camera, pone, tra i requisiti richiesti per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione, un’adeguata conoscenza della lingua e della cultura italiane, da accertarsi con modalità che verranno definite in sede di attuazione.

In questo senso è orientata anche la p.d.l. C. 24 (Realacci); la p.d.l. C. 1462 (Caparini) introduce tra i requisiti per l’ottenimento della cittadinanza per concessione richiesti il superamento di un test di naturalizzazione, il cui scopo è quello di accertare la conoscenza da parte dell’interessato “della lingua italiana e locale” e, più in generale, della storia e cultura e dell’ordinamento istituzionale della Repubblica.

Si ricorda infine che la I Sezione del Consiglio di Stato, con il parere n. 1423 reso il 26 ottobre 1988 ha evidenziato che l’amministrazione chiamata a decidere sulla domanda di concessione di cittadinanza italiana deve accertare, tra l’altro, il grado di conoscenza della lingua italiana del soggetto richiedente.


Allegato

 


 

Le norme costituzionali sulla lingua negli altri Paesi europei

 

 

Nella tabella allegata sono indicate le norme in materia di lingua presenti nelle Costituzioni dei Paesi dell’Unione europea. Quasi tutti i Paesi dell’Unione hanno nella propria Costituzione norme in materia di lingua. Sei di essi prevedono il riconoscimento di una (Austria, Francia, Portogallo e Spagna) o più lingue (Finlandia e Irlanda) ufficiali o nazionali. La Costituzione del Belgio non prevede alcuna lingua ufficiale, ma divide il territorio nazionale in quattro regioni linguistiche.

In Francia l’introduzione della disposizione relativa alla lingua nazionale è relativamente recente: nel 1992, in sede di ratifica del Trattato di Maastricht, è stata approvata la legge costituzionale 92-554 che, oltre ad aggiungere alla Costituzione del 1958 un titolo dedicato alle Comunità europee e all’Unione europea, ha inserito un nuovo comma all’art. 2 Cost. per cui la lingua della Repubblica è il francese.

 


Le disposizioni in materia di lingua nelle Costituzioni europee[5]

 

Disposizioni che prevedono una o più lingue ufficiali

Disposizioni che prevedono espressamente la non discriminazione in base alla lingua

Disposizioni che demandano alla legge ordinaria la disciplina dell’uso della lingua


Austria

La lingua tedesca è la lingua ufficiale della Repubblica, senza pregiudizio dei diritti che la legislazione federale riconosce alle minoranze linguistiche (Art. 8)

 

 

Belgio

Il Belgio comprende quattro regioni linguistiche: la regione di lingua francese, la regione di lingua olandese, la regione bilingue di Bruxelles Capitale e la regione di lingua tedesca
(Art. 4, co. 1)

L’impiego delle lingue usate in Belgio è libero; non può essere regolato che dalla legge, e soltanto per gli atti dell’autorità pubblica e per gli affari giudiziari (Art. 30)

Finlandia

Le lingue nazionali della Finlandia sono il finlandese e lo svedese (Art. 17, co. 1)

Tutti sono uguali davanti alla legge. Nessuno avrà, se non per validi motivi, un trattamento diverso secondo il sesso, l’età, l’origine, la lingua, la religione, le convinzioni, le opinioni, lo stato di salute, l’inabilità od ogni altra ragione collegata alla persona (art. 6)

Il diritto di ognuno di usare la propria lingua, sia il finlandese che lo svedese, come parte nei procedimenti dinanzi ad un tribunale o ad altra autorità, e di ottenere da loro documenti in quella lingua, è garantito dalla legge (art. 17, co. 2)

 

 

I Sami, come popolazione indigena, così come gli zingari ed altri gruppi, hanno il diritto di mantenere e sviluppare la loro lingue e culture. Provvedimenti regolanti il diritto dei Sami di usare la lingua Sami dinanzi alle autorità pubbliche sono prescritti dalla legge del Parlamento (Art. 17, co. 3)

Francia

La lingua della Repubblica è il francese (art. 2, co. 1)

 

 

Germania

 

Nessuno può essere danneggiato o favorito per il suo sesso, per la sua nascita, per la sua razza, per la sua lingua, per la sua nazionalità o provenienza, per la sua fede, per le sue opinioni religiose o politiche (Art. 3, co. 3)

 

Grecia

 

Tutte le persone che si trovano sul territorio greco godono della assoluta protezione della loro vita del loro onore e della loro libertà, senza distinzione di nazionalità, di razza, di lingua, né di convinzioni religiose (Art. 5, co. 2)

 

Irlanda

La lingua irlandese, in quanto lingua nazionale, è la prima lingua ufficiale. La lingua inglese è riconosciuta come seconda lingua ufficiale. (Art. 8, co. 1 e 2)

 

La lingua irlandese, in quanto lingua nazionale, è la prima lingua ufficiale. La lingua inglese è riconosciuta come seconda lingua ufficiale. Possono essere adottate con legge, tuttavia, disposizioni per l’uso esclusivo di una o dell’altra di dette lingue per una o più finalità ufficiali, sia nell’intero Stato che in una parte di esso (Art. 8)

Lussem-burgo

 

 

La legge regolerà l’uso delle lingue in materia amministrativa e giudiziaria (Art. 29)

Portogallo

La lingua ufficiale è il portoghese (Art. 11, co. 3)

Nessuno potrà essere privilegiato, beneficiato, giudicato o privato di qualsiasi diritto o esonerato da qualsiasi dovere a causa di origine, del sesso, della razza, della lingua, del territorio di provenienza, della religione, delle convinzioni politiche o ideologiche, della situazione economica o della condizione sociale (Art. 13, co. 2)

 

Spagna

Il castigliano è la lingua spagnola ufficiale dello Stato. Tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscerla ed il diritto di usarla. Le altre lingue spagnole saranno anch’esse ufficiali nelle rispettive Comunità Autonome in armonia con i loro Statuti. La ricchezza dei diversi linguaggi della Spagna è un patrimonio culturale che deve formare oggetto di rispetto e protezione speciali (Art. 3)

 

 

 


Progetti di legge

 


N. 648

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

d’iniziativa del deputato ANGELA NAPOLI

¾

 

Modifica all’articolo 12 della Costituzione concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 10 maggio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾



Onorevoli Colleghi! - Nell'assetto costituzionale stabilito con la riforma del 2001 del titolo V della parte seconda della Costituzione notevoli sono l'autonomia e le attribuzioni riservate alle regioni, nell'ambito pur sempre del principio di unità e indivisibilità sancito dall'articolo 5 della Costituzione.

Purtroppo, la situazione che è maturata negli anni più recenti è evidente sintomo della profonda crisi di identità nazionale.

Proprio in questa fase si ritiene indispensabile riconoscere il ruolo della lingua italiana quale elemento costitutivo e identificante della comunità nazionale, a prescindere dalle diversità localistiche. L'articolo 6 della Costituzione, pur nella sua laconicità, impedisce le pratiche discriminatorie a danno dei gruppi minoritari e garantisce lo sviluppo e la conservazione dei gruppi medesimi. Notoriamente il massimo livello di riconoscimento dei diritti linguistici è stato effettuato dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle successive norme di attuazione emanate mediante numerosi decreti governativi con forza di legge. In questa regione è stato creato un imponente sistema di garanzie delle minoranze linguistiche che ha investito la composizione stessa delle giunte regionali e provinciali (in modo da rappresentare proporzionalmente la consistenza dei gruppi linguistici), la tutela della lingua madre minoritaria in riferimento al pubblico impiego regionale, provinciale e presso gli enti locali minori, l'organizzazione scolastica, giudiziaria e amministrativa, e ha realizzato persino una limitazione dell'elettorato attivo ai residenti da un certo numero di anni ininterrotti.

È ferma convinzione della proponente che le stesse garanzie per le minoranze non possano condurre all'avvilimento e all'offesa degli elementi identificativi della comunità italiana nella regione. Inoltre tale esempio, di fronte ai nostri occhi in tutta la sua evidenza, ci obbliga a prevenire situazioni critiche analoghe nel momento in cui i più recenti orientamenti autonomisti portassero a valorizzare la lingua o il dialetto di altre comunità minoritarie o di altre aree geografiche del territorio della Repubblica.

Appare pertanto imprescindibile la previsione costituzionale della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, espressione dell'appartenenza degli italiani a una sola comunità nazionale, soprattutto in relazione alle forti tensioni secessioniste che investono non più soltanto le minoranze storiche nel territorio italiano, ma vaste zone del territorio nazionale sulla base di identità etniche (o dialetti) a volte meramente virtuali. La pretesa da parte di altre lingue o dialetti di un sistema di garanzie simile a quello ottenuto dalla minoranza linguistica tedesca in Trentino-Alto Adige sarebbe così bilanciata in modo equo e razionale.

Pertanto la proponente intende con la presente proposta di legge costituzionale aggiungere tra i valori fondanti la Costituzione italiana il riconoscimento della lingua italiana come unica lingua ufficiale avente la precedenza su qualsiasi altra lingua e dialetti minoritari.

Si prevede la collocazione di una tale norma costituzionale tra i «princìpi fondamentali» della Costituzione, all'articolo 12, dopo il riconoscimento della bandiera nazionale quale simbolo della comune appartenenza dei cittadini italiani alla stessa patria.




 


proposta  di legge costituzionale

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto il seguente comma:

«La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica».

 

 


N. 1571

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

d’iniziativa del deputato  LA RUSSA, GIANFRANCO FINI, AIRAGHI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ARMANI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTELLANI, CASTIELLO, CATANOSO, CICCIOLI, CIRIELLI, CONSOLO, GIORGIO CONTE, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FILIPPONIO TATARELLA, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GARNERO SANTANCHÈ, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, HOLZMANN, LAMORTE, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI, MELONI, MENIA, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PEDRIZZI, ANTONIO PEPE, PERINA, PEZZELLA, PORCU, PROIETTI COSIMI, RAISI, RAMPELLI, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SALERNO, SCALIA, SILIQUINI, TAGLIALATELA, TREMAGLIA, ULIVI, URSO, ZACCHERA

¾

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

 

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Presentata il 2 agosto 2006

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Onorevoli Colleghi! - Si va ormai verso un assetto istituzionale della nostra Repubblica che prevede una forte valorizzazione delle autonomie locali. Ciò comporta l'esigenza di sottolineare alcuni elementi costitutivi dell'unità nazionale, tra i quali va certamente annoverata la lingua italiana. In sostanza, proprio in questa fase si ritiene indispensabile riconoscere il ruolo della lingua italiana quale fattore identificante della comunità nazionale, a prescindere dalle diversità localistiche. L'articolo 6 della Costituzione, pur nella sua laconicità, impedisce le pratiche discriminatorie a danno dei gruppi minoritari e garantisce lo sviluppo e la conservazione dei gruppi medesimi. Notoriamente il massimo livello di riconoscimento dei diritti linguistici è stato effettuato dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle successive «norme di attuazione» emanate mediante numerosi decreti governativi con forza di legge. In questa regione è stato creato un imponente sistema di garanzie delle minoranze linguistiche che ha investito la composizione stessa delle giunte regionali e provinciali (in modo da rappresentare proporzionalmente la consistenza dei gruppi linguistici), la tutela della lingua madre minoritaria in riferimento al pubblico impiego regionale, provinciale e presso gli enti locali minori, l'organizzazione scolastica, giudiziaria ed amministrativa, e ha realizzato persino una limitazione dell'elettorato attivo ai residenti da un certo numero di anni ininterrotti.

È ferma convinzione dei proponenti che le stesse garanzie per le minoranze non possano condurre all'avvilimento e alla offesa degli elementi identificativi della comunità italiana nella regione. Inoltre, tale esempio ci obbliga a prevenire situazioni critiche analoghe nel momento in cui i più recenti orientamenti autonomisti portassero a valorizzare la lingua o il dialetto di altre comunità minoritarie o altre aree geografiche del territorio della Repubblica.

Appare quindi imprescindibile la previsione costituzionale della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, espressione dell'appartenenza degli italiani a una sola comunità nazionale, soprattutto in relazione alle forti tensioni secessioniste che investono non più soltanto le minoranze storiche nel territorio italiano, ma vaste zone del territorio nazionale sulla base di identità etniche (o dialetti) a volte meramente virtuali. La pretesa da parte di altre lingue o dialetti di un sistema di garanzie simile a quello ottenuto dalla minoranza linguistica tedesca in Trentino-Alto Adige sarebbe così bilanciata in modo equo e razionale.

Pertanto si intende, con la presente proposta di legge costituzionale, aggiungere tra i valori fondanti la Costituzione italiana il riconoscimento della lingua italiana come unica lingua ufficiale avente precedenza su qualsiasi altra lingua e dialetti minoritari.

Si prevede la collocazione di una tale norma costituzionale tra i «princìpi fondamentali» della Costituzione, all'articolo 12, dopo il riconoscimento della bandiera nazionale quale simbolo della comune appartenenza dei cittadini italiani alla stessa patria.


 

 


 


proposta di legge costituzionale

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica».

 

 


Lavori parlamentari della XIV legislatura

 


Camera dei deputati

 


N. 750

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

d’iniziativa del deputato ANGELA NAPOLI

¾

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 12 giugno 2001

¾¾¾¾¾¾¾¾


Onorevoli Colleghi! - Nell'attuale stagione di riforme costituzionali siamo ormai giunti alla approvazione di un testo di legge costituzionale approvato in seconda deliberazione a maggioranza assoluta delle Camere, ma inferiore a due terzi, recante "Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 del 12 marzo 2001) che qualifica come federale il futuro assetto dell'ordinamento repubblicano. Notevoli sono l'autonomia e le attribuzioni riservate alle regioni dal testo di legge costituzionale, nell'ambito pur sempre del principio di unità e indivisibilità sancito dall'articolo 5 della Costituzione. Purtroppo la situazione che è maturata negli anni più recenti è evidente sintomo della profonda crisi di identità nazionale che è stata irresponsabilmente accentuata dal costante disinteresse dei responsabili delle maggioranze di Governo delle passate legislature.

Proprio in questa fase si ritiene indispensabile riconoscere il ruolo della lingua italiana quale elemento costitutivo e identificante della comunità nazionale, a prescindere dalle diversità localistiche. L'articolo 6 della Costituzione, pur nella sua laconicità, impedisce le pratiche discriminatorie a danno dei gruppi minoritari e garantisce lo sviluppo e la conservazione dei gruppi medesimi. Notoriamente il massimo livello di riconoscimento dei diritti linguistici è stato effettuato dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle successive "norme di attuazione" dello statuto emanate mediante numerosi decreti governativi con forza di legge. In questa regione è stato creato un imponente sistema di garanzie delle minoranze linguistiche che ha investito la composizione stessa delle giunte regionali e provinciali (in modo da rappresentare proporzionalmente la consistenza dei gruppi linguistici), la tutela della lingua madre minoritaria in riferimento al pubblico impiego regionale, provinciale e presso gli enti locali minori, l'organizzazione scolastica, giudiziaria ed amministrativa, e ha realizzato persino una limitazione dell'elettorato attivo ai residenti da un certo numero di anni ininterrotti.

E' ferma convinzione della proponente che le stesse garanzie per le minoranze non possano condurre all'avvilimento e alla offesa degli elementi identificativi della comunità italiana nella regione. Inoltre tale esempio, di fronte ai nostri occhi in tutta la sua evidenza, ci obbliga a prevenire situazioni critiche analoghe nel momento in cui i più recenti orientamenti autonomisti portassero a valorizzare la lingua o il dialetto di altre comunità minoritarie o altre aree geografiche del territorio della Repubblica.

Appare pertanto imprescindibile la previsione costituzionale della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, espressione dell'appartenenza degli italiani a una sola comunità nazionale, soprattutto in relazione alle forti tensioni secessioniste che investono non più soltanto le minoranze storiche nel territorio italiano, ma vaste zone del territorio nazionale sulla base di identità etniche (o dialetti) a volte meramente virtuali. La pretesa da parte di altre lingue o dialetti di un sistema di garanzie simile a quello ottenuto dalla minoranza linguistica tedesca in Trentino-Alto Adige sarebbe così bilanciata in modo equo e razionale.

Pertanto la proponente intende con la presente proposta di legge costituzionale aggiungere tra i valori fondanti la Costituzione italiana il riconoscimento della lingua italiana come unica lingua ufficiale avente precedenza su qualsiasi altra lingua e dialetti minoritari.

Si prevede la collocazione di una tale norma costituzionale tra i "princìpi fondamentali" della Costituzione, all'articolo 12, dopo il riconoscimento della bandiera nazionale quale simbolo della comune appartenenza dei cittadini italiani alla stessa patria.

 


 


 


proposta di legge costituzionale

¾¾¾

 

 

Art. 1

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto il seguente comma:

"La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica".

 


N. 1396

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

d’iniziativa del deputato LA RUSSA, AIRAGHI, ALBONI, AMORUSO, ANEDDA, ARMANI, ARRIGHI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BORNACIN, BRIGUGLIO, BUONTEMPO, BUTTI, CANELLI, CARRARA, CARUSO, CASTELLANI, CATANOSO, CIRIELLI, COLA, GIORGIO CONTE, GIULIO CONTI, CORONELLA, CRISTALDI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FASANO, FATUZZO, FIORI, FOTI, FRAGALA', FRANZ, GALLO, GAMBA, GARNERO SANTANCHE', GERACI, GHIGLIA, ALBERTO GIORGETTI, GIRONDA VERALDI, LA GRUA, LAMORTE, LANDI DI CHIAVENNA, LANDOLFI, LA STARZA, LEO, LISI, LO PORTO, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, MAGGI, MALGIERI, GIANNI MANCUSO, LUIGI MARTINI, MAZZOCCHI, MENIA, MEROI, MESSA, MIGLIORI, MUSSOLINI, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, ONNIS, PAOLONE, PATARINO, ANTONIO PEPE, PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPONI, RICCIO, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SAIA, SCALIA, SELVA, SERENA, STRANO, TAGLIALATELA, TRANTINO, VILLANI MIGLIETTA, ZACCHEO, ZACCHERA

¾

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

 

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Presentata il 20 luglio 2001


Onorevoli Colleghi! - Si va ormai verso un assetto istituzionale della nostra Repubblica che prevede una forte valorizzazione delle autonomie locali. Ciò comporta l'esigenza di sottolineare alcuni elementi costitutivi dell'unità nazionale, tra i quali va certamente annoverata la lingua italiana. In sostanza, proprio in questa fase si ritiene indispensabile riconoscere il ruolo della lingua italiana quale fattore identificante della comunità nazionale, a prescindere dalle diversità localistiche. L'articolo 6 della Costituzione, pur nella sua laconicità, impedisce le pratiche discriminatorie a danno dei gruppi minoritari e garantisce lo sviluppo e la conservazione dei gruppi medesimi. Notoriamente il massimo livello di riconoscimento dei diritti linguistici è stato effettuato dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle successive "norme di attuazione" dello statuto emanate mediante numerosi decreti governativi con forza di legge. In questa regione è stato creato un imponente sistema di garanzie delle minoranze linguistiche che ha investito la composizione stessa delle giunte regionali e provinciali (in modo da rappresentare proporzionalmente la consistenza dei gruppi linguistici), la tutela della lingua madre minoritaria in riferimento al pubblico impiego regionale, provinciale e presso gli enti locali minori, l'organizzazione scolastica, giudiziaria ed amministrativa, e ha realizzato persino una limitazione dell'elettorato attivo ai residenti da un certo numero di anni ininterrotti.

E' ferma convinzione dei proponenti che le stesse garanzie per le minoranze non possano condurre all'avvilimento e alla offesa degli elementi identificativi della comunità italiana nella regione. Inoltre, tale esempio ci obbliga a prevenire situazioni critiche analoghe nel momento in cui i più recenti orientamenti autonomisti portassero a valorizzare la lingua o il dialetto di altre comunità minoritarie o altre aree geografiche del territorio della Repubblica.

Appare quindi imprescindibile la previsione costituzionale della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, espressione dell'appartenenza degli italiani a una sola comunità nazionale, soprattutto in relazione alle forti tensioni secessioniste che investono non più soltanto le minoranze storiche nel territorio italiano, ma vaste zone del territorio nazionale sulla base di identità etniche (o dialetti) a volte meramente virtuali. La pretesa da parte di altre lingue o dialetti di un sistema di garanzie simile a quello ottenuto dalla minoranza linguistica tedesca in Trentino-Alto Adige sarebbe così bilanciata in modo equo e razionale.

Pertanto si intende con la presente proposta di legge costituzionale aggiungere tra i valori fondanti la Costituzione italiana il riconoscimento della lingua italiana come unica lingua ufficiale avente precedenza su qualsiasi altra lingua e dialetti minoritari.

Si prevede la collocazione di una tale norma costituzionale tra i "principi fondamentali" della Costituzione, all'articolo 12, dopo il riconoscimento della bandiera nazionale quale simbolo della comune appartenenza dei cittadini italiani alla stessa patria.

 



 


proposta  di  legge costituzionale

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica".

 


N. 2289

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

d’iniziativa del deputato BOATO, BRESSA, AMICI

¾

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione, in materia di riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

 

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Presentata il 6 febbraio 2002

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge costituzionale, che riprende una proposta di revisione costituzionale già approvata dalla Camera dei deputati nella XIII legislatura, è finalizzata ad introdurre un secondo comma all'articolo 12 della Costituzione, in modo da introdurre anche tra i princìpi fondamentali della Carta costituzionale il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, principio del resto già sancito nell'ordinamento.

Tale nuova disposizione costituzionale, se approvata dal Parlamento, verrà opportunamente a completare il quadro dei princìpi costituzionali, in positivo e complementare riferimento all'articolo 6 della Costituzione, che recita: "La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche".



 


proposta  di  legge costituzionale

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica".

 


Esame in sede referente presso la I Commissione

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 30 gennaio 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO e del vicepresidente Pietro FONTANINI. - Intervengono il ministro per la funzione pubblica Franco Frattini, il sottosegretario di Stato per la funzione pubblica Learco Saporito e il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, Cosimo Ventucci.

La seduta comincia alle 15.05.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli e C. 1396 cost. La Russa.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Erminia Mazzoni (CCD-CDU), relatore, illustra il contenuto delle proposte di legge costituzionali Angela Napoli C. 750 e La Russa ed altri 1396, di identico contenuto, volte a collocare - attraverso l'aggiunta di uno specifico comma all'articolo 12 della Costituzione - il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica italiana tra i principi fondamentali della Carta costituzionale.

Ricordato che nella precedente legislatura la Camera ha approvato in prima lettura, sulla base di un ampio consenso, una proposta di legge costituzionale di contenuto identico, sottolinea come il testo in esame valga a costituzionalizzare un principio già presente nell'ordinamento e sancito da ultimo dalla legge n. 482 del 1999 in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

Ritiene che la valorizzazione della lingua italiana come elemento costitutivo ed identificante della comunità nazionale non sia volta a condizionare il sistema di garanzie delle minoranze linguistiche o l'assetto federale dell'ordinamento italiano, così come delineato dalle modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione. Tale valorizzazione deve essere piuttosto intesa come espressione della volontà di preservare la dignità nazionale nell'ambito del processo di integrazione europea.

Il sottosegretario Cosimo VENTUCCI, condividendo le considerazioni svolte dal relatore, sottolinea la necessità di inserire nella Costituzione la specifica disposizione in esame, in analogia ai testi costituzionali di altri paesi che contemplano espressamente il carattere ufficiale della lingua nazionale.

Auspica pertanto una rapida approvazione del provvedimento sulla base di un ampio consenso tra le forze politiche.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.35.



I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

 


SEDE REFERENTE

Giovedì 31 gennaio 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la funzione pubblica Franco Frattini e il ministro per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo.

La seduta comincia alle 10.15.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli e C. 1396 cost. La Russa.

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame rinviato nella seduta del 30 gennaio 2002.

Donato BRUNO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.40.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE REFERENTE

Mercoledì 6 febbraio 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

 

La seduta comincia alle 15.25.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli e C. 1396 cost. La Russa.

(Rinvio del seguito dell'esame).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 31 gennaio 2002.

Donato BRUNO, presidente, avverte che il relatore Mazzoni non ha potuto partecipare ai lavori della seduta odierna per concomitanti impegni. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.40.

 


 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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SEDE REFERENTE

Martedì 12 febbraio 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO - Intervengono i sottosegretari di Stato per l'interno Antonio D'Alì e per la funzione pubblica Learco Saporito.

La seduta comincia alle 11.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli, C. 1396 cost. La Russa, C. 2289 Boato.

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento del progetto di legge costituzionale C. 2289).

 

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 febbraio 2002.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta del 30 gennaio è stata svolta la relazione sulle proposte di legge in esame.

Comunica quindi che è stata assegnata alla I Commissione la proposta di legge C. 2289 di iniziativa del deputato Boato concernente la modifica dell'articolo 12 della Costituzione, in materia di riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica.

Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia delle proposte di legge all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento, l'abbinamento.

Pietro FONTANINI (LNP) sottolinea che la modifica dell'articolo 12 della Costituzione presenta possibili profili di contrasto con il disposto degli articoli 3 e 6 della stessa Carta fondamentale, i quali sanciscono, rispettivamente, l'obbligo di tutela delle minoranze linguistiche e l'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni, tra l'altro, di lingua. Rilevato che il principio dell'ufficialità della lingua italiana non è stato sancito dal legislatore costituente, ne evidenzia il recepimento nella legge n. 482 del 1999, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

Manifesta quindi le perplessità del gruppo della Lega nord Padania in ordine alla previsione di un nuovo comma dell'articolo 12, rilevando come il principio di cui si propone l'introduzione è stato recepito unicamente dalle Costituzioni austriaca e francese a differenza di numerose altre maggiormente rispettose della pluralità linguistica; sotto questo profilo, considerata l'evoluzione in senso federale dello Stato italiano, richiama la formulazione costituzionale spagnola, che prevede come ufficiali in ambito locale lingue diverse dal castigliano.

Preannuncia quindi la presentazione di emendamenti volti a contemperare la previsione dell'italiano quale lingua ufficiale con il rispetto delle minoranze linguistiche.

Gianclaudio BRESSA ritiene che le proposte di modifica costituzionale in esame debbano essere inquadrate nel contesto del processo di unificazione europea, che di recente ha segnato tappe significative ed in precedenza non prevedibili: alla luce di tale processo occorre affrontare la questione dell'ufficialità della lingua italiana, che non è stato risolta nella fase costituente.

Tale scelta non deve tuttavia essere motivata da considerazioni riconducibili ad uno spirito nazionalista quale quello che traspare dalla relazione che accompagna la proposta di legge costituzionale La Russa C. 1396, caratterizzata da toni provocatori, inaccettabili alla luce delle previsioni dell'articolo 6 della Costituzione, rispetto alle quali la modifica dell'articolo 12 non si pone in alternativa.

Ricordati i proficui risultati conseguiti nel corso della XIII legislatura in termini di tutela delle minoranze linguistiche, ritiene che l'articolo 6 della Costituzione rappresenti un termine di riferimento importantissimo, mentre la relazione riguardante la richiamata proposta di legge La Russa sembra configurare la modifica dell'articolo 12 come volta a riequilibrare le distorsioni derivanti dall'attuazione del medesimo articolo 6.

Ribadisce quindi l'importanza e l'opportunità che il Parlamento riaffermi la centralità della lingua italiana nel quadro del processo di integrazione europea.

Sergio SABATTINI (DS-U), manifestato apprezzamento nei confronti del relatore per la sobrietà con la quale ha sostenuto le proposte in esame, ricorda che l'articolo 1 della legge in materia di tutela delle minoranze linguistiche, approvata nella scorsa legislatura in attuazione dell'articolo 6  della Costituzione, introduce una disposizione tipicamente costituzionale, che non contraddice in alcun modo le previsione dello stesso articolo 6: proprio l'inserimento di quella disposizione in una legge ordinaria postula, a suo avviso, l'esigenza di introdurre una specifica norma nella Carta fondamentale, che, in quanto tale, rappresenta il patto su cui si fondano l'identità e le regole della nazione.

Non comprende le obiezioni mosse alle proposte di modifica in esame, salvo che tali obiezioni si fondino sul presupposto che altre lingue abbiano la stessa valenza dell'italiano, che è indubbiamente lo strumento prevalente della comunicazione, quanto meno sotto il profilo quantitativo. Sarebbe quindi, suo avviso, inaccettabile che nel Parlamento nazionale si ipotizzassero come dominanti in talune aree lingue diverse dall'italiano.

Filippo MANCUSO (FI), rilevato preliminarmente che moltissimi ordinamenti costituzionali recano norme di contenuto analogo a quella in esame, ritiene che la disposizione proposta non contraddica, ma integri le disposizioni di cui all'articolo 6 della Costituzione: infatti, la previsione che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche presuppone che vi sia una categoria linguistica sovraordinata. Evidenzia peraltro il rischio che dall'introduzione della modifica dell'articolo 12 della Costituzione consegua l'abrogazione implicita di disposizioni, anche di carattere processuale, con essa incompatibili.

Si dichiara pertanto non contrario alle proposte di modifica in esame, ribadendo però la necessità di ovviare a possibili effetti abrogativi di disposizioni riguardanti l'impiego ufficiale delle lingue minoritarie, come disciplinato da leggi speciali, esistenti o sopravvenienti.

Antonio SODA (DS-U) ricorda che le questioni sollevate nel dibattito odierno erano già state discusse nella precedente legislatura coinvolgendo anche la sua parte politica.

In particolare, con riferimento alla questione della mancata previsione dell'italiano quale lingua ufficiale in fase costituente, ricorda che, come già argomentato nella scorsa legislatura dal deputato Maselli, nel contesto storico dell'epoca il problema non si pose affatto. Pertanto, la scelta compiuta nella Carta fondamentale non deve essere letta come una manifestazione di volontà negativa.

Sotto il profilo politico, invita a non considerare la riscoperta di tradizioni e valori culturali patrimonio della destra e manifestazione di pregiudizio nazionalistico.

Ritiene inoltre che la modifica costituzionale proposta, anche alla luce degli atti dei lavori della scorsa legislatura, non sia incompatibile con il disposto dell'articolo 6 della Carta fondamentale, ma lo rafforzi, considerato che la previsione dell'italiano come lingua ufficiale non ha il significato di una sorta di sovraordinazione gerarchica: alla tutela costituzionale delle minoranze si affianca quindi quella della lingua italiana, quale valorizzazione della tradizione e della cultura vivente che assume particolare rilievo in una fase di globalizzazione. Ritiene pertanto che la modifica dell'articolo 12 della Costituzione debba essere approvata.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U) precisa preliminarmente che la presentazione, insieme ai deputati Bressa ed Amici, di un'ulteriore proposta di legge costituzionale in materia di riconoscimento della lingua italiana si è resa opportuna per evidenziare, anche sotto il profilo dell'iniziativa legislativa, l'ampiezza del consenso esistente sulla materia. Ricorda che tale proposta di legge costituzionale trae origine dal dibattito svoltosi nella scorsa legislatura, in cui fu presentato un identico provvedimento che peraltro non riuscì a completare il proprio iter, nonostante l'esistenza di una larghissima maggioranza; peraltro il dibattito sull'inserimento nella Costituzione dell'italiano come lingua ufficiale venne affrontato senza preclusioni ideologiche.

Se dal punto di vista strettamente giuridico la modifica proposta sembrerebbe sancire un dato già insito nell'ordinamento italiano, peraltro ribadito dall'articolo 1 della legge di tutela delle minoranze linguistiche,  nella passata legislatura si era convenuto, nell'ambito della I Commissione, sull'opportunità di integrare il disposto dell'articolo 12 della Costituzione, anche al fine di superare le difficoltà connesse all'approvazione della legge di tutela delle minoranze linguistiche.

Dissente radicalmente dalle argomentazioni contenute nelle relazioni che illustrano le altre proposte di legge costituzionali in esame, che considera inutilmente polemiche ed ingiustificatamente ostili alle norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche, in particolare di quella tedesca nella regione Trentino-Alto Adige, che rappresentano un elemento di arricchimento culturale.

Auspica quindi una rapida approvazione del provvedimento, pur ribadendo la necessità di evitare interpretazioni di stampo nazionalistico. Ritiene inoltre che una valutazione della modifica dell'articolo 12 quale valorizzazione delle previsioni contenute nell'articolo 6 della Costituzione possa valere a superare talune obiezioni mosse al provvedimento in esame.

In tema di modifiche costituzionali auspica infine la soppressione dell'ultimo comma dell'articolo 27 della Carta fondamentale, che non ammette la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra, che peraltro l'hanno abolita: ciò quale segnale affinché l'Italia possa essere inclusa tra i paesi che hanno totalmente eliminato la pena di morte dal proprio ordinamento.

Giampiero D'ALIA (CCD-CDU) valuta l'integrazione dell'articolo 12 della Costituzione opportuna e necessaria alla luce della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. Infatti, ponendo la nuova formulazione dell'articolo 117 un problema interpretativo, ciascuna regione potrebbe essere indotta a definire una propria lingua ufficiale: integrare quindi come proposto l'articolo 12 della Costituzione sancirebbe i principi fondamentali cui il legislatore ordinario deve uniformarsi.

Nel condividere taluni rilievi avanzati dai deputati Mancuso e Fontanini, ribadisce la necessità di salvaguardare i principi costituzionali di tutela delle minoranze linguistiche e di evitare che possano essere vulnerate le autonomie regionali in materia di difesa delle rispettive tradizioni storiche e culturali, anche sotto il profilo della tutela dei diversi dialetti.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara chiuso l'esame preliminare.

Avverte che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle 12 del 19 febbraio 2002.

Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 12.40.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


SEDE REFERENTE

Mercoledì 20 febbraio 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la funzione pubblica Franco Frattini, il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca scientifica Stefano Caldoro, il sottosegretario di Stato per l'interno Antonio D'Alì ed il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Cosimo Ventucci.

 

La seduta comincia alle 16.10.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli, C. 1396 cost. La Russa e C. 2289 Boato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 febbraio 2002.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta del 12 febbraio 2002 la Commissione  ha concluso l'esame preliminare.

Avverte quindi che sono stati presentati emendamenti al testo in esame (vedi allegato 2).

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), illustra il suo emendamento 1.4 con cui intende sottoporre all'attenzione della Commissione l'ipotesi, che considera preferibile sotto il profilo di una maggiore sistematicità normativa, di inserire il comma riguardante il principio del riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, anziché all'articolo 12, dopo il primo comma l'articolo 6 della Costituzione.

Invita quindi i presentatori degli emendamenti Mancuso 1.1, Zeller 1.6 e 1.5 a riflettere sull'inopportunità di prevedere un'ulteriore comma volto a garantire l'uso ufficiale delle lingue delle minoranze, in considerazione di quanto già previsto dall'attuale sistema delle fonti.

Pietro FONTANINI (LNP) non condivide l'ipotesi formulata dal deputato Boato circa l'inserimento della previsione nell'ambito dell'articolo 6, in quanto la tutela delle minoranze linguistiche prevista in tale articolo presenta un'accezione più ampia, che rischierebbe di venire ridotta a seguito della modifica proposta; condivide viceversa il contenuto dell'emendamento Mancuso 1.1 volto a chiarire il significato dell'integrazione dell'articolo 12 in esame.

Antonio ORICCHIO (FI) condivide le considerazioni svolte dal deputato Boato, mentre esprime perplessità sugli emendamenti 1.1, 1.6 e 1.5, le cui formulazioni rinviano a concetti metagiuridici e risultano eccessivamente dettagliate per una previsione di rango costituzionale.

Gianclaudio BRESSA (MARGH-U) considera l'articolo 6, di cui sottolinea la portata più ampia, la sede naturale in cui introdurre il principio del riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale dello Stato. Al fine di superare le preoccupazioni espresse dal deputato Fontanini, prospetta l'eventualità di integrare l'articolo 6 della Costituzione, oltre che con la formulazione suggerita dall'emendamento Boato 1.4, con la previsione contenuta nell'emendamento Mancuso 1.1.

Giampiero D'ALIA (UDC), evidenziate le esigenze di tecnica legislativa proprie di un testo di rango costituzionale, fa presente che la collocazione del principio del riconoscimento della lingua italiana nell'ambito dell'articolo 12 della Carta costituzionale è motivata dall'esigenza di individuare nella bandiera e nella lingua italiana i simboli della Repubblica. Per altro verso, l'inserimento di tale principio all'interno dell'articolo 6 rischia di indebolire la tutela apprestata da tale previsione costituzionale.

Osserva quindi che le esigenze evidenziate dai deputati della Lega nord trovano riscontro nella disciplina recentemente modificata del titolo V della parte seconda della Costituzione.

Ritiene pertanto che la formulazione contenuta nelle proposte di legge all'attenzione della Commissione offra la soluzione migliore, potendosi eventualmente aggiungere un comma con il quale confermare il contenuto dell'articolo 6.

Luciano DUSSIN (LNP) ritiene che l'articolo 6 della Costituzione non debba essere modificato, rappresentando una norma di garanzia di portata generale. Pur non essendo contrario al riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, considera doveroso una tutela delle lingue storiche del nostro paese.

Gian Franco ANDEDDA (AN) considera convincenti le ragioni espresse dal deputato D'Alia circa l'inopportunità di modificare la formulazione dell'articolo 6 della Costituzione, al fine di evitare possibili problemi interpretativi.

Sergio SABATTINI (DS-U) ritiene che l'inserimento del principio riguardante il riconoscimento della lingua italiana debba essere previsto con riferimento all'articolo 12 della Costituzione, in quanto una modifica  dell'articolo 6 rischierebbe di limitarne il significato.

Nuccio CARRARA (AN) dichiara di condividere le considerazioni svolte dal deputato D'Alì sull'opportunità di integrare l'articolo 12 della Costituzione. Esprime viceversa perplessità sulle proposte emendative presentate dal deputato Mancuso e dai colleghi del gruppo della Lega nord, considerando le formulazioni proposte ultronee alla luce di quanto previsto dal riformato titolo V della parte seconda della Costituzione.

Il sottosegretario Cosimo VENTUCCI ricorda che nel corso dei lavori preparatori della Carta costituzionale si svolse un ampio dibattito sulla valenza dell'articolo 6 della Costituzione, a seguito del quale si convenne sull'opportunità di non inserire la relativa previsione nel titolo riguardante le regioni, le province e i comuni; ciò in considerazione della generalità della previsione introdotta, che deve essere ricondotta nell'ambito dei principi fondamentali della Costituzione.

Espresso il proprio orientamento favorevole all'aggiunta di uno specifico comma all'articolo 12 della Costituzione, dichiara di rimettersi alla valutazione della Commissione.

Erminia MAZZONI (CCD-CDU), relatore, richiamate le riflessioni svolte nella sua relazione, ricorda come il testo in esame sia volto a costituzionalizzare un principio già presente nell'ordinamento e sancito in gran parte degli Stati più evoluti.

Con riferimento agli emendamenti presentati, considera l'inserimento nell'articolo 12 della Costituzione la soluzione più adeguata, in quanto tale articolo individua nella bandiera un elemento caratterizzante dello Stato, cui con la modifica proposta verrebbe aggiunto quello della lingua italiana. Considera pleonastica l'aggiunta di ulteriori previsioni normative volte a tutelare le lingue delle minoranze linguistiche, in quanto l'attuale sistema normativo già assicura le necessarie garanzie.

Ricordato che la legge n. 482 del 1999 recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche prevede il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, pur comprendendo le ragioni della presentazione degli emendamenti 1.1, 1.5 e 1.6, auspica che un'ulteriore riflessione induca ad una condivisione unanime del testo in esame.

Michele SAPONARA (FI) invita i deputati della Lega nord a ritirare gli emendamenti presentati, sui quali preannuncia altrimenti voto contrario.

Luciano DUSSIN (LNP) illustra le ragioni che lo inducono a non ritirare gli emendamenti 1.6 e 1.5.

Antonio ORICCHIO (FI) alla luce del dibattito svolto modifica l'orientamento precedentemente espresso convenendo sull'opportunità di mantenere l'impianto delle proposte di legge in esame, che prevedono l'aggiunta di uno specifico comma all'articolo 12 della Costituzione, purché vengano ritirati gli emendamenti presentati.

Donato BRUNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 18.50.



 

ALLEGATO 2

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale (C. 750 cost. Angela Napoli, C. 1396 cost. La Russa e C. 2289 Boato).

EMENDAMENTI

 

 

 


ART. 1.

Sostituirlo con il seguente:

1. Al primo comma dell'articolo 6 della Costituzione premettere il seguente:

«la lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica».

1. 4.Boato, Bressa, Amici.

Sostituirlo con il seguente:

1. All'articolo 12 della Costituzione sono aggiunti i seguenti commi:

«L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica.

La Repubblica tutela altresì le lingue che, con legge regionale, sono riconosciute come lingue storiche regionali.

La legge tutela le lingue storiche regionali costituenti patrimonio culturale della Repubblica».

1. 2.Fontanini, Luciano Dussin, Stucchi.

Sostituirlo con il seguente:

1. All'articolo 12 della Costituzione sono aggiunti i seguenti commi:

«L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica.

La Repubblica tutela altresì le lingue che sono riconosciute come lingue storiche regionali dai rispettivi consigli».

1. 3.Fontanini, Luciano Dussin, Stucchi.

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

Restano ferme le disposizioni riguardanti l'uso ufficiale di lingue minoritarie in Italia disciplinato da leggi speciali.

1. 1.Mancuso.

Al comma 1 aggiungere infine le seguenti parole: La Repubblica garantisce l'uso ufficiale delle lingue delle minoranze linguistiche nei rispettivi territori.

1. 6.Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Al comma 1 aggiungere in fine le seguenti parole: Le lingue usate dalle minoranze possono essere parificate nei casi e nei modi previsti dalla legge.

1. 5.Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.


 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 28 febbraio 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 17.25.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli, C. 1396 cost. La Russa e C. 2289 Boato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 febbraio 2002.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta del 20 febbraio 2002 sono stati presentati emendamenti al testo in esame.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), attesa l'impossibilità di partecipare ai lavori della Commissione dei primi giorni della prossima settimana per concomitanti impegni, preannuncia, a seguito del dibattito svoltosi nella precedente seduta, il ritiro del suo emendamento 1.4, riservandosi di valutare per l'Assemblea eventuali ulteriori iniziative emendative. Si riserva altresì di approfondire la questione, posta dai colleghi Mancuso e Zeller con la presentazione degli emendamenti 1.1 e 1.6, riguardante la salvaguardia dell'uso ufficiale di lingue minoritarie in atti pubblici, peraltro già inserita nell'ordinamento; ritiene infatti che la previsione riguardante il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale in alcun modo debba essere intesa come espressione della volontà di conculcare i diritti delle minoranze linguistiche.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di parlare, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 18.05.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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SEDE REFERENTE

Martedì 5 marzo 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per la funzione pubblica Franco Frattini e il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Cosimo Ventucci.

La seduta comincia alle 10.45.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli, C. 1396 cost. La Russa e C. 2289 Boato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta del 28 febbraio 2002.

Donato BRUNO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Ricorda quindi che nella seduta del 20 febbraio 2002 sono stati presentati emendamenti al testo in esame.

Graziella MASCIA (RC), dopo aver seguito con attenzione gli argomenti addotti nel corso del dibattito, dichiara di considerare non convincenti le ragioni a sostegno della proposta di inserire nella Costituzione il riconoscimento dell'italiano come lingua ufficiale della Repubblica.

Atteso che l'argomento prevalente attiene alla collocazione dell'Italia nell'Unione europea, evidenzia che la Carta europea garantisce il rispetto delle identità nazionali e delle diversità culturali, religiose e linguistiche. Ricorda inoltre l'attenzione rivolta dai costituenti alla tutela delle minoranze linguistiche, che ha rappresentato una reazione alla politica adottata in materia nel periodo fascista, e sottolinea l'opportunità di non alterare l'equilibrio delineato dagli articoli 3 e 6 della Costituzione.

Osserva che in una fase come l'attuale caratterizzata da uno sviluppo dell'emigrazione che dovrebbe favorire gli scambi culturali, il valore simbolico della lingua può essere assunto nella duplica valenza di una apertura o, al contrario, di una chiusura. Poiché la recente legge sulle minoranze linguistiche ha già affermato il principio dell'ufficialità della lingua italiana, ritiene che la modifica costituzionale proposta possa assumere un significato simbolico e risultare inopportuna anche in considerazione dei profili evolutivi del fenomeno linguistico; intervenire su questo versante per fronteggiare fenomeni di disgregazione sociale, a suo avviso reali, rappresenterebbe una mera panacea.

Alla luce delle argomentazioni esposte, preannunzia quindi il voto contrario della sua parte politica sul provvedimento in esame.

Donato BRUNO, presidente, passa all'esame degli emendamenti presentati.

Erminia MAZZONI (UDC), relatore, chiede un rinvio dell'esame degli emendamenti al fine di consentire un'ulteriore riflessione sugli stessi.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che, considerati i tempi previsti per l'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea, entro la giornata di domani dovrà essere conferito al relatore il mandato a riferire.

Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.50.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 6 marzo 2002. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono il ministro per l'innovazione e le tecnologie Lucio Stanca ed i sottosegretari di Stato per l'interno Maurizio Balocchi e per i rapporti con il Parlamento Cosimo Ventucci.

 

La seduta comincia alle 16.40.

Modifica articolo 12 della Costituzione per il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale.

C. 750 cost. Angela Napoli, C. 1396 cost. La Russa e C. 2289 cost. Boato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

 

La Commissione prosegue l'esame rinviato, da ultimo, nella seduta di martedì 5 marzo 2002.

Donato BRUNO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri è stato svolto un intervento di carattere generale.

Pietro FONTANINI (LNP) esprime perplessità sulla proposta di legge in esame volta a modificare uno dei dodici articoli in cui vengono fissati i principi fondamentali della Costituzione. Non condivide la frammentarietà dei ripetuti interventi in materia e, pur considerando legittimo il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, ricorda l'orientamento dei costituenti che non ritennero di introdurre tale principio nella Carta costituzionale, individuando nella bandiera l'unico elemento di unione nazionale.

Sottolinea quindi l'opportunità di valorizzare la pluralità linguistica presente nel paese come elemento fondamentale della cultura di un popolo, anche al fine di contrastare fenomeni di omologazione; del resto non tutte le Costituzioni dei paesi occidentali prevedono il riconoscimento di una lingua ufficiale, che è riconducibile ad una visione nazionalistica della società.

Manifesta infine l'intendimento di riproporre in Assemblea le riflessioni espresse sull'esigenza di rispettare la pluralità linguistica.

Nuccio CARRARA (AN), pur concordando sul fatto che gli idiomi locali sono parte del patrimonio culturale e storico di un determinato paese, precisa che le proposte di legge in esame propongono l'inserimento nella Costituzione di un principio già presente nel nostro ordinamento e sancito dalla legge n. 482 del 1999, nel convincimento che la lingua sia patrimonio di tutti gli italiani ed elemento di identità nazionale.

Guido ROSSI (LNP), rilevato che i diversi paesi europei hanno assunto posizioni differenziate in materia di riconoscimento della lingua ufficiale, richiama il modello offerto dalla Costituzione spagnola che, accanto alla definizione del castigliano come lingua ufficiale dello Stato, introduce un riferimento alle altre lingue parlate nei diversi ambiti territoriali.

Ricorda inoltre che la Convenzione quadro firmata dal Consiglio d'Europa nel 1992 ha portato alla emanazione della Carta delle lingue regionali e minoritarie, nella quale si fa riferimento alle lingue che abbiano una connotazione territoriale.

Ritiene che sia possibile giungere ad una mediazione attraverso una formulazione che, nel riconoscere l'italiano come lingua ufficiale della Repubblica, indichi un'attenzione alle esigenze proprie della pluralità linguistica e culturale.

Luciano DUSSIN (LNP), espresso il suo orientamento favorevole al riconoscimento costituzionale della lingua italiana come lingua ufficiale, invita ad una riflessione aggiuntiva sull'emendamento Fontanini 1.3, che considera una proposta di buonsenso. Tale proposta emendativa, a suo avviso, lungi dal produrre effetti nefasti, tende unicamente ad assicurare la tutela dello Stato alla lingua riconosciuta come storica regionale dal rispettivo Consiglio.

Giampiero D'ALIA (UDC) manifesta la contrarietà del suo gruppo a tutte le proposte emendative, ravvisando in particolare, relativamente agli emendamenti Fontanini 1.2 e 1.3, profili di inammissibilità con riferimento ad una possibile alterazione nella gerarchia delle fonti.

Ricorda quindi che la tutela delle minoranze linguistiche è garantita dagli articoli 5 e 6 della Costituzione, dalle norme degli statuti delle regioni a statuto speciale, nonché dalle disposizioni contenute nel Titolo V della parte seconda della Costituzione.

Erminia MAZZONI (UDC), relatore, all'esito dell'ulteriore riflessione compiuta, invita i presentatori a ritirare gli emendamenti al testo in esame, dovendo diversamente esprimere un parere contrario. Precisa al riguardo che il suo orientamento non nasce da una valutazione di merito delle singole proposte emendative, ma dall'inopportunità di inserire ulteriori previsioni su una materia già adeguatamente disciplinata dall'ordinamento.

In particolare, gli emendamenti Zeller 1.5 e 1.6 propongono specificazioni ulteriori rispetto a quanto dettato dall'articolo 6 della Costituzione e dalle norme degli statuti speciali, senza in alcun modo ampliare la prospettiva già offerta dal dettato costituzionale. La formulazione degli emendamenti Fontanini 1.2 e 1.3, per altro verso, è suscettibile di alimentare equivoci sull'attribuzione della competenza legislativa, attualmente delineata in modo inconfutabile dall'articolo 117 della Costituzione.

La sua posizione non esprime pertanto una contrarietà al riconoscimento delle minoranze linguistiche e delle lingue regionali, rispondendo piuttosto all'esigenza di salvaguardare l'impianto costituzionale, attraverso l'inserimento di un'unica previsione volta a sancire il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica come elemento identificativo della comunità nazionale, da sottolineare nell'ambito del processo di integrazione europea.

Il sottosegretario Cosimo VENTUCCI, nel rimettersi alla valutazione della Commissione, osserva che il dibattito svoltosi nella seduta odierna riproduce nelle sue argomentazioni la discussione che accompagnò i lavori preparatori dell'articolo 6 della Carta costituzionale, al termine della quale si giunse alla decisione di costituzionalizzare il principio della tutela delle minoranze linguistiche. Pur condividendo le considerazioni dei deputati della Lega, ritiene che la discussione sia ormai superata, in quanto tale tutela viene fortemente garantita dai principi costituzionali.

Gianclaudio BRESSA (MARGH-U) condivide le considerazioni svolte dal deputato D'Alia circa i problemi di ammissibilità relativi agli emendamenti Fontanini 1.2 e 1.3, nonché le considerazioni svolte dal relatore. Ritiene tuttavia utile, al fine di fugare eventuali dubbi interpretativi, che gli emendamenti presentati vengano votati al fine di consentirne l'esame in Assemblea.

Evidenziato come le argomentazioni sviluppate dal deputato Fontanini nascondano, a suo avviso, un intento diverso da quello manifestato, sottolinea, quanto agli emendamenti Zeller 1.5 e 1.6, l'opportunità di affrontare l'esame delle questioni in essi sollevate in Assemblea, al fine di sciogliere ogni questione interpretativa sulla nuova formulazione dell'articolo 12.

Graziella MASCIA (RC) dichiara di condividere le ragioni esposte dal relatore per motivare il suo parere contrario sugli emendamenti presentati. Considera tuttavia inopportuna la modifica dell'articolo 12 della Costituzione contenuta nella proposta di legge in esame, non considerando convincenti le motivazioni addotte anche con riferimento al processo di integrazione europea.

Pietro FONTANINI (LNP), in considerazione dei concomitanti lavori dell'Assemblea, chiede di sospendere la seduta.

Donato BRUNO, presidente, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle 18, è ripresa alle 21.40.

Francesco Nitto PALMA (FI) condivide lo spirito sotteso agli emendamenti Fontanini 1.2 ed 1.3, che è quello di tutelare le lingue storiche regionali in considerazione del processo di unificazione europea, che evidenzia l'esigenza di salvaguardare le tradizioni storiche nazionali. Sottolineata la ferma adesione da parte del gruppo della Lega Nord Padania alla proposta di modifica costituzionale in esame, ritiene tuttavia condivisibili le considerazioni svolte dal deputato D'Alia in ordine ai problemi di tecnica legislativa posti dagli emendamenti richiamati, che  demanderebbero alle regioni la definizione del contenuto di una norma costituzionale.

Ritiene altresì che gli emendamenti Fontanini 1.2 ed 1.3 non possano trovare collocazione nell'articolo 12 della Costituzione, che ha il fine di individuare i simboli dell'unità italiana nel tricolore e, con la modifica in esame, nella lingua italiana. Pertanto, quegli emendamenti, come formulati, non possono a suo avviso essere accolti.

Tali proposte di modifica potrebbero, a suo avviso, essere riferite piuttosto al Titolo V della parte seconda della Costituzione, allorquando si procederà alla sua ulteriore revisione, facendo rientrare nelle competenze regionali la tutela delle lingue regionali. In tal modo si realizzerebbe un'operazione corretta sotto il profilo sia normativo sia politico, considerato che la fase attuale è caratterizzata dal richiamato processo di unificazione europea e sarà sempre più contraddistinta in un prossimo futuro da un'evoluzione della società italiana in senso multirazziale.

Si associa pertanto all'invito del relatore a valutare la possibilità di ritirare gli emendamenti presentati solo per la questione di tecnica legislativa evidenziata.

Pietro FONTANINI (LNP) precisa che la definizione di lingua regionale accolta negli emendamenti non determina alcuna forzatura, in quanto si tratta di una dicitura recepita nella Carta europea delle lingue regionali e minoritarie che pertanto non determinerebbe problemi circa l'identificazione delle lingue regionali. Ricordato che l'articolo 3 della Costituzione sancisce l'uguaglianza tra tutti i cittadini senza distinzione, tra l'altro, di lingua, ritiene che il riconoscimento dell'italiano quale lingua ufficiale debba essere opportunamente coniugato con quello del patrimonio linguistico regionale. Insiste pertanto affinché i propri emendamenti, eventualmente riformulati, siano oggetto di valutazione, preannunziando comunque la difesa, in occasione dell'esame del provvedimento in Assemblea, di un aspetto che la sua parte politica ritiene importante.

Carlo LEONI (DS-U), manifestato apprezzamento per lo sforzo compiuto dal relatore nel ricercare una composizione, ritiene che la materia in esame debba essere affrontata con equilibrio, atteso che la proposta all'attenzione della Commissione non rappresenta né una svolta epocale né un rischio, ma appare ragionevole ed opportuna nella formulazione attuale. Non condivide pertanto gli emendamenti presentati dal gruppo della Lega Nord Padania, pur associandosi alle osservazioni del deputato Fontanini, che ha mosso talune critiche alle modalità con cui si procede alla modifica della Costituzione; a tale proposito ricorda che tali modalità sono conseguenza del fatto che nella scorsa legislatura il Parlamento non è riuscito a dar seguito ad una riforma organica nella parte seconda della Costituzione.

Condivide altresì l'apprezzamento del deputato Fontanini per la pluralità di lingue e culture che caratterizzano la realtà italiana, osservando che questa apertura deve però essere portata a conseguenza considerando come fattore di arricchimento della società anche la presenza di cittadini stranieri.

Di fronte ai processi di globalizzazione europea da un lato ed all'evoluzione in senso federale dello Stato, ritiene che il richiamo ad elementi di identità nazionale sia ragionevole e non rappresenti un baluardo protettivo.

Preannunzia infine voto favorevole sugli emendamenti Zeller 1.6 e 1.5, che fa propri attesa l'assenza dei presentatori.

Michele SAPONARA (FI), in assenza del presentatore, fa proprio l'emendamento Mancuso 1.1.

Pietro FONTANINI (LNP) insiste per la votazione dei propri emendamenti.

La Commissione respinge l'emendamento Fontanini 1.2.

Guido ROSSI (LNP) invita i rappresentanti della maggioranza ad esporre le ragioni per le quali non si consideri un punto di sintesi politica l'emendamento Fontanini 1.3, eventualmente riformulato espungendo l'espressione «dai rispettivi  consigli». Sulla proposta proveniente da un settore della maggioranza, che rappresenta una battaglia parlamentare di libertà e che incontra una chiusura aprioristica, sollecita una risposta politica chiara, senza che ci si nasconda dietro argomenti di tecnica legislativa.

Alessandro CÈ (LNP) condivide in larga misura le considerazioni svolte dal deputato Rossi, rilevando che l'ipotesi di inserire le proposte emendative della sua parte politica in altra parte della Costituzione rappresenta una forzatura, come la stessa ufficializzazione della lingua italiana - peraltro non prevista nemmeno dai costituenti - in un momento in cui è in atto il processo devolutivo, ufficializzazione alla quale pure la Lega Nord Padania ha manifestato la propria disponibilità.

Sottolineata la rilevanza politica del problema, ritiene importante che la specificazione contenuta negli emendamenti venga inserita tra i principi fondamentali e non nell'ambito dell'articolo 117 che riguarda le competenze.

Ribadita la natura politica della questione, ritiene che essa debba essere risolta in coerenza con il progetto federale condiviso dalla maggioranza. Le argomentazioni addotte sembrano volte a prendere tempo, marginalizzando le esigenze rappresentate dalla Lega Nord Padania.

Donato BRUNO, presidente, richiama il disposto dell'articolo 6 della Costituzione, che prevede che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Pietro FONTANINI (LNP) ricorda che la vigente legge che tutela le minoranze linguistiche ne dà una interpretazione restrittiva.

Donato BRUNO, presidente, fa presente che si tratta di una legge ordinaria.

Pietro FONTANINI (LNP) ribadisce l'intento di assicurare il riconoscimento del patrimonio linguistico.

La Commissione respinge l'emendamento Fontanini 1.3.

Guido ROSSI (LNP) evidenzia che la modifica dell'articolo 12 in esame suscita preoccupazione negli esponenti delle minoranze linguistiche, peraltro già tutelate dall'articolo 6 della Costituzione, i quali hanno presentato emendamenti che hanno trovato il consenso dell'opposizione. Ricorda peraltro che la tutela recata dal richiamato articolo 6 conseguiva da peculiari vicende storiche: a cinquant'anni di distanza si pone l'esigenza di nuovi livelli di tutela nell'ambito di una società globalizzata.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge l'emendamento Mancuso 1.1, fatto proprio dal deputato Saponara, nonché gli emendamenti Zeller 1.6 e 1.5 fatti propri dal deputato Leoni.

La Commissione delibera quindi di conferire il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame.

Donato BRUNO, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 22.15.


 

 

 


N. 750 - 1396 - 2289-A

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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RELAZIONE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

 

presentata alla Presidenza il 7 marzo 2002

 

(Relatore: MAZZONI)

 

sulle

 

PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

n. 750, d'iniziativa del deputato ANGELA NAPOLI

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente

il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale

della Repubblica

 

Presentata il 12 giugno 2001

 

n. 1396, d'iniziativa dei deputati

 

LA RUSSA, AIRAGHI, ALBONI, AMORUSO, ANEDDA, ARMANI,

ARRIGHI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, ORNACIN, BRIGUGLIO, BUONTEMPO, BUTTI, CANELLI, CARRARA, CARUSO, CASTELLANI, CATANOSO, CIRIELLI, COLA, GIORGIO CONTE, GIULIO CONTI, CORONELLA, CRISTALDI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FASANO, FATUZZO, FIORI, FOTI, FRAGALA', FRANZ, GALLO, GAMBA, GARNERO SANTANCHE', GERACI, GHIGLIA, ALBERTO GIORGETTI, GIRONDA VERALDI, LA GRUA, LAMORTE, LANDI DI CHIAVENNA, LANDOLFI, LA STARZA, LEO, LISI, LO PORTO, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, MAGGI, MALGIERI, GIANNI MANCUSO, LUIGI MARTINI, MAZZOCCHI, MENIA, MEROI, MESSA, MIGLIORI, MUSSOLINI, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, ONNIS, PAOLONE, PATARINO, ANTONIO PEPE,

PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPONI, RICCIO, RONCHI, ROSITANI,

SAGLIA, SAIA, SCALIA, SELVA, SERENA, STRANO, TAGLIALATELA,

TRANTINO, VILLANI MIGLIETTA, ZACCHEO, ZACCHERA

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente

il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale

della Repubblica

 

Presentata il 20 luglio 2001

 

n. 2289, d'iniziativa dei deputati

 

BOATO, BRESSA, AMICI

 

Modifica all'articolo 12 della Costituzione, in materia di

riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale

della Repubblica

 

Presentata il 6 febbraio 2002

 

NOTA: Per il testo delle proposte di legge costituzionale

nn. 750, 1396 e 2289 si vedano i relativi stampati.


 


Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge costituzionale, nel testo risultante dalla unificazione di tre distinte proposte formulate in un unico articolo e di contenuto identico, intende modificare l'articolo 12 della Costituzione, aggiungendo un comma che stabilisce che la lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.

La collocazione della nuova disposizione, tra i principi fondamentali della Costituzione, dopo il riconoscimento del tricolore quale bandiera della Repubblica, risponde alle esigenze ad essa sottese di prevedere in un unico articolo i due elementi di riconoscibilità esterna del nostro paese: la bandiera e la lingua.

Si ricorda che identico contenuto aveva la proposta di legge costituzionale, presentata nella XIII legislatura dall'onorevole Mitolo ed altri, che, purtroppo, non ha completato l'iter complesso, di cui all'articolo 138 della Costituzione, pur riscontrando sia in Commissione che in Aula una ampia condivisione.

La nostra Carta Costituzionale già contiene norme che dettano principi in materia: all'articolo 3 viene fissato il principio di eguaglianza di tutti i cittadini "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua..."; all'articolo 6 la Repubblica si impegna a tutelare le minoranze linguistiche; all'articolo 2 con norme di carattere generale si garantiscono "...i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, sociale ed economica".

Manca un riferimento alla lingua italiana quale lingua ufficiale che, come viene documentato dal dibattito sul punto, i costituenti del 1946 non ritennero di affrontare né di puntualizzare esplicitamente, sentendo, di contro, la sola esigenza dì tutelare, come emerge dall'ampia discussione sviluppatasi su quello che è poi diventato l'attuale articolo 6, le minoranze linguistiche, bisognose, secondo i nostri Padri costituenti, di una specifica salvaguardia, in relazione ad una lingua nazionale, che pur non menzionata nel testo era riconosciuta.

Il legislatore italiano, negli anni successivi, ha, a più riprese, ribadito il concetto della ufficialità della lingua italiana, facendo questo sempre nel pieno ed esplicito rispetto delle minoranze linguistiche nonché "...dei principi della democrazia e della diversità culturale, nel quadro della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale...", come recita, tra l'altro, il preambolo alla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

Tale atteggiamento di sano e rispettoso equilibrio lo si ritrova, in maniera esplicita, nella previsione dell'articolo 27 del Patto internazionale, relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, che stabilisce: "In quegli Stati nei quali esistono minoranze etniche, religiose o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione e di usare la propria lingua..." e, da ultimo, nell'articolo 1 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, che detta "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche", laddove afferma "La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano. La Repubblica ... promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge".

E dunque, ferma ed inalterata la piena tutela delle minoranze linguistiche e delle culture storiche regionali, la cui specifica valorizzazione resta affidata, ex articolo 117 e 118 Cost., al legislatore regionale, oggi si sente l'esigenza di costituzionalizzare il principio della ufficialità della lingua italiana, al fine di sottolineare il valore del patrimonio storico culturale dell'Italia che la lingua porta in sé.

Non vi sono reviviscenze nazionalistiche nella proposta, ma, unicamente, il giusto anelito a non disperdere quel patrimonio.

Non vi sono tentativi di violazione dei diritti delle minoranze linguistiche, né attentati alle lingue ed ai dialetti locali, la cui tutela era ed è affidata alla Costituzione, alle leggi costituzionali ed ordinarie, già presenti nel nostro ordinamento.

La modifica dell'articolo 12 è un baluardo contro l'affievolimento della soggettività e riconoscibilità dei singoli Stati, in un contesto storico internazionale che, pur nella positività del suo evolversi, potrebbe mettere a rischio di una omologazione mortificante.

Sostenere tale modifica significa ribadire la nostra ferma volontà, come la maggioranza degli altri paesi europei ha già fatto, di portare in Europa un paese orgoglioso e consapevole del proprio valore e della propria storia e non un paese alla ricerca di un riparo finalizzante.


Erminia MAZZONI, Relatore

 


 

RELAZIONE - N. 750 - 1396 - 2289-A

 

 

TESTO UNIFICATO

della Commissione

 

Art. 1.

 

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

"La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica".

 

 


Discussione in Assemblea

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

112.

 

Seduta di venerdì 8 marzo 2002

 

presidenza del vicepresidente publio fiori

 

 


La seduta comincia alle 9,35.

ANTONIO MAZZOCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

(È approvato).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale: Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri: Modifica dell'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica (750-1396-2289) (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale d'iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri: Modifica dell'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica.

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione sulle linee generali è pubblicata nel calendario (vedi resoconto stenografico della seduta del 1o marzo 2002).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 750)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Informo che il presidente del gruppo parlamentare Democratici di sinistra-l'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare.

Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Mazzoni.

ERMINIA MAZZONI, Relatore. Signor Presidente, con le proposte di legge costituzionale in discussione si intende modificare l'articolo 12 della Costituzione, aggiungendo un secondo comma che recita: «La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica».

L'esame del testo in Commissione ha dato luogo ad un ampio dibattito, non privo di contraddizioni e, a mio avviso, anche di erronee interpretazioni. Le posizioni emerse e i contributi apportati in tale sede mi hanno stimolato a riconsiderare, in maniera meno superficiale di quanto avessi personalmente fatto ad una prima lettura, l'importanza di questo intervento emendativo e a convincermi anche della sua estrema necessità.

Che l'italiano sia la lingua ufficiale del nostro paese non è affatto dubitabile; credo che nessuno di noi ne abbia mai dubitato né come cittadino né nello svolgimento della propria attività professionale e lavorativa. Nella qualità di cittadini, ciascuno di noi sottolineerebbe immediatamente, credo, l'importanza ed il significato della lingua italiana come valore unificante, capace di diminuire le distanze tra gli individui che abitano il paese e di rappresentare per questi un collante.

Tornando al dibattito sviluppatosi in Commissione, mi ha colpito la capacità di incunearsi in discussioni talvolta un po' contorte. Se, invece, volgiamo lo sguardo al dibattito svoltosi al Senato, nella XIII legislatura, in occasione dell'esame di una proposta di legge analoga, anzi identica (a firma del senatore Mitolo), ci accorgiamo che tra le motivazioni allora addotte per sostenere la necessità di questa modifica costituzionale veniva indicata, in molteplici interventi, quella di controbilanciare l'innovazione introdotta con la legge n. 482 del 1999 (che quasi metteva in discussione la valenza generale della lingua  italiana). Numerosi senatori, all'epoca, misero in evidenza questo aspetto, ritenendo di dover rimediare all'assenza del riferimento alla lingua italiana nella Costituzione.

Oggi che ci ritroviamo ad esaminare proposte di legge in tal senso, vi è addirittura qualcuno che rincorre il testo costituzionale, allo scopo di tutelare quelle minoranze linguistiche che, con la menzionata legge n. 482, sono state ampiamente tutelate. In questo modo, però, ci si immette in un circolo vizioso senza fine che, chiaramente, non consentirà mai di portare a compimento un dibattito che, invece, merita una grande serenità di approccio.

Credo ci accomuni la consapevolezza che la lingua del nostro paese è l'italiano; che, spostandosi da una regione all'altra, questa lingua ci consenta di comunicare e che, all'estero, noi tutti ci presentiamo come cittadini di lingua italiana. Eppure, affermare una tale scontata consapevolezza nella Costituzione ingenera ansie!

Vogliamo dire con convinzione che l'ufficialità della lingua italiana costituisce un principio fondamentale, al pari di quelli contenuti negli altri articoli del nostro sistema costituzionale e, in quanto tale, da iscrivere nella prima parte della nostra Carta costituzionale. In tale ottica, ricordo che i primi 12 articoli della Costituzione definiscono i tratti fondamentali della Repubblica, dalla forma repubblicana stessa, all'uguaglianza dei cittadini, alla tutela e al riconoscimento delle minoranze, fino ad arrivare alla bandiera, il Tricolore.

È organico, dunque, l'inserimento del richiamo alla lingua nell'ambito di questi principi, segnatamente nell'articolo relativo all'individuazione del Tricolore, che viene completato: in tal modo, esso conterrebbe il riferimento ai due elementi distintivi e caratterizzanti dell'Italia all'esterno: la lingua e la bandiera.

L'attuale contesto storico impone tale passaggio, già operato nella grande maggioranza dei paesi europei, per affermare in maniera incisiva gli elementi di riconoscibilità dell'Italia in Europa. Il processo di coinvolgimento europeo dei vari paesi, che noi sosteniamo e per il quale ci impegniamo, significa crescita, sviluppo, competitività e rafforzamento se parte dal rispetto delle peculiarità e delle tradizioni dei singoli Stati, che non possono essere cancellate o travolte. L'Italia può e deve stare in Europa, ma con dignità e con orgoglio, portando in quel contesto un paese riconoscibile, grazie soprattutto al suo grandissimo patrimonio di storia e di cultura.

È soltanto in quest'ottica che, oggi, un'ampia maggioranza di quest'Assemblea condivide la necessità e l'urgenza di costituzionalizzare un antico principio. Nessun altro è l'obbiettivo, voglio chiarirlo, della modifica che proponiamo di approvare. Tale riconoscimento si inserisce armonicamente nella Costituzione, senza intaccare quanto in essa è già previsto né andando ad incidere su diritti e posizioni consolidate, parimenti garantite dalla Costituzione.

Non vi sono e non vi saranno lesioni di quelle minoranze linguistiche che la Repubblica si impegna a tutelare, come previsto dall'articolo 6 della Costituzione e come peraltro ha fatto fino ad oggi, né si tocca quella potestà normativa che è attribuita in via esclusiva al legislatore regionale, volta ad offrire tutela ad un patrimonio storico, culturale e, dunque, anche linguistico dei diversi territori.

Il nostro è un paese unito ma ricco di diverse esperienze, delle quali è geloso; è un paese che ha sempre dimostrato ossequio al principio della multiculturalità e soprattutto al principio della democrazia piena. Questi sono i baluardi contro i timori emersi in Commissione.

Quindi, invito questa Assemblea a riaffermare unita un principio che nessuno pone in discussione, senza cercare in questo doveroso riconoscimento minacce nei confronti di alcuno. Non sviliamo l'importanza di questo passo, aprendo il varco a conflittualità interne assolutamente non richiamate da questa norma.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Governo tiene a ribadire che la proposta emendativa dell'articolo 12 della Costituzione trae origine da iniziative parlamentari che seguono quelle già presentate, discusse ed approvate in questo ramo del Parlamento durante la XIII legislatura.

Pertanto, prendo brevemente la parola all'inizio della discussione generale per un minimo di contributo possibile in ordine alla posizione del Governo su alcune incertezze colte durante la discussione in Commissione, dichiarando fin d'ora che il Governo si rimette alla decisione dell'Assemblea.

È stato più volte ricordato che la presente revisione costituzionale inerisce ad un principio già presente nel nostro ordinamento ed implicito nella Costituzione.

L'ufficialità della lingua italiana, il cui uso nelle cerimonie era contenuto nello Statuto albertino, non fu riprodotta dai nostri costituenti che consideravano il principio come un'ovvietà indiscutibile e, proprio in ragione di questo convincimento, sorse la preoccupazione della tutela delle minoranze linguistiche. Su un emendamento a tutela di dette minoranze si sviluppò un ampio dibattito circa la collocazione che lo stesso presentatore, onorevole Codignola, voleva nel titolo V della Costituzione.

L'Assemblea costituente, valutato che quella tutela riguardava un problema generale e non solo regionale, la costituzionalizzò nei principi fondamentali, cioè quelli che attengano all'individuo, e quindi all'articolo 6 della Costituzione.

Ciò premesso, il Governo osserva che nessun significato nazionalistico va ascritto al merito della proposta emendativa alla Costituzione e ribadisce che l'assunto del principio dell'articolo 6 trova ulteriore tutela nel principio di uguaglianza sancito all'articolo 3; in particolar modo, nel secondo comma, definito di uguaglianza sostanziale e che, a sua volta, per le minoranze linguistiche costituisce il principio di differenziazione in quanto garantisce loro di usare prevalentemente la propria lingua, a tutela della loro cultura e delle loro tradizioni.

Tale principio di eguaglianza affianca l'articolo 6 della Costituzione agli articoli 2, 9 e 21, già abbondantemente citati ieri nella discussione relativa alla modifica dell'articolo 51, i quali garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo là dove svolge la sua personalità, lo sviluppo della cultura e la libertà di manifestazione del pensiero.

È appena iniziata la fase della globalizzazione, per quanto non sia ancora compiuta quella dell'internazionalizzazione del sistema economico mondiale, e oggi viviamo in un intenso periodo storico del quale facciamo parte integrante ed insostituibile come fondatori dell'Unione europea, per la quale ci accingiamo a scrivere la Costituzione.

In questo contesto, il Governo ritiene che costituzionalizzare il principio della lingua ufficiale della Repubblica sia un atto dovuto a tutela della cultura e della letteratura italiana in patria e all'estero, così come deve essere, ed è tutelata, la cultura e la letteratura delle lingue e degli idiomi regionali e locali.

L'italiano è una lingua che origina da lontano e mi permetto di ricordare il noto affresco del VII secolo della Chiesa di San Clemente a Roma, su cui è rappresentato forse il primo fumetto della storia umana nel quale è scritto: «traite fili de pute», forse la prima testimonianza di quella che, con l'approvazione della presente proposta, diventerà la lingua ufficiale della Repubblica quale principio costituzionale, prima ancora del famoso atto notarile del 1261 che inizia con «Sao ko kelle terre per kelle fini ...».

Infine, concordando con il relatore ed apprezzando l'ampia discussione svolta in Commissione, crediamo di cogliere una ferma intenzione di gran parte del Parlamento - lo abbiamo notato anche nei lavori svolti sull'argomento durante la XIII legislatura - a non consentire che un atto processuale o civile emanato nell'ambito delle norme statutarie regionali possa essere modificato da attività interpretative della suddetta costituzionalizzazione, attività  intese a creare una deminutio capitis nei confronti delle minoranze linguistiche e della tutela delle lingue storiche regionali.

Pertanto, il Governo augura un'intesa del Parlamento sulla questione ed auspica un'ampia convergenza di consenso sulla proposta emendativa della nostra Costituzione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carra. Ne ha facoltà.

ENZO CARRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è auspicabile che questa sia l'ultima volta che parliamo di italiano a proposito della nostra Costituzione. Questa, del resto, credo sia l'ultima delle questioni che bussano alle porte delle nostre riforme, perché di tutte è la più ovvia, e penso che fuori di quest'aula ben pochi sospettino che stiamo ancora a parlarne: ma come, ci chiederebbero, non è così da sempre? Aggiungere un comma all'articolo 12 della Costituzione per riconoscere che, così come la bandiera della nostra Repubblica è di tre colori, la nostra lingua ufficiale è l'italiano, è effettivamente un po' poco o, secondo i punti di vista, un po' troppo.

Una lingua, la nostra, che precede di molti secoli la creazione del nostro Stato, come tutti hanno già ripetuto, una lingua che si eleva pienamente nel diritto, nella poesia, nella prosa in un solo magico momento, una lingua, insomma, che, come l'Islam, mostra il proprio splendore alla nascita e registra il proprio declino nella piena maturità, un declino che si chiama lingua media, una lingua che parlano tutti ma che non è l'italiano basico, è l'italiano basito, seduto, meteco; una lingua che è ormai povera, non è volgare, una lingua rarefatta, contaminata fino all'epidemia.

Certo, la situazione internazionale ci obbliga, più di ieri, a darci un'identità, una carta di identità linguistica, dopo che abbiamo messo al sicuro alloglotti, minoranze, lingue e dialetti (e ci mancherebbe altro che non lo avessimo fatto). Forse, però, arriviamo tardi: i nostri figli penseranno a preservare l'inglese, che del resto ha già pienamente invaso il parlare comune e la segnaletica stradale.

Perché pensiamo dunque - nonostante tutto - all'italiano come lingua ufficiale, neanche si discutesse di conferirgli una qualche onorificenza? Forse perché abbiamo curato prima ancora una più intensa e doverosa tutela delle lingue minoritarie e di quelle «tagliate», forse perché i dialetti, per nostra fortuna e per nostro arricchimento, non sono mai scomparsi, non si sono mai piegati all'italiano e, lo speriamo, non si piegheranno allo straniero. Insomma, siamo a posto con la coscienza linguistica e compiamo oggi quest'ultimo atto con serenità, con grande serenità.

L'assoluta debolezza politica del dato nazionale di cui parlava anni or sono Galli della Loggia - non so se nel frattempo si sia ricreduto - è dovuto in gran parte alla nostra permeabilità culturale: non sappiamo resistere alla tentazione, non sappiamo fare a meno delle convention e dei question time, figurarsi se avremmo avuto la forza per difendere la nostra lingua ufficiale. L'Accademia della Crusca è per milioni di italiani meno popolare della Coltivatori diretti. Dovremmo parlare di più, anche male, per esercitare meglio la nostra lingua. Non bastano le interiezioni. Un commissario di pubblica sicurezza, il molisano don Ciccio Ingravallo, con quei suoi rapidi enunciati che facevano sulla sua bocca il crepitio di uno zolfanello illuminatore e rivivevano poi ai timpani della gente a distanza di ore o di mesi dall'enunciazione, come dopo uno misterioso tempo incombente, ecco, quel gran personaggio gaddiano del Pasticciaccio è uno di noi, uno che ci gira intorno, non sa l'italiano, ma è italiano.

Prima che sia troppo tardi, riconosciamo questa lingua come nostra carta di identità, come nostra lingua ufficiale, mentre in Sardegna si può celebrare un processo in lingua sarda ed altrove le minoranze sono tutelate meglio che in altre parti del mondo. Ricordiamo che la televisione, subito dopo il cinema, ha di fatto imposto un italo-romanesco che è una brutta copia della nostra bandiera. Facciamo  qualcosa: dovremmo riaprire un dibattito che si è spento con l'ultima fiammata di scontro interno circa 25 anni fa.

Ricordo la polemica di Pasolini il quale scriveva: nel momento in cui odio le istituzioni e lotto contro di esse, provo un'immensa tenerezza per questa istituzione della lingua italiana in quanto koinè, per questa lingua italiana nel senso più esteso del termine, perché è proprio all'interno di questo quadro che mi viene concesso di innovare ed è tramite questo codice istituito che fraternizzo con gli altri. Quel che più mi importa nelle istituzioni è il codice che rende possibile la fraternità; una fraternità, una comunità nazionale, una cultura che è di Carlo Porta e di Gioacchino Belli, di Salvatore di Giacomo e di Carlo Goldoni.

Non so se dobbiamo fare di più o se dobbiamo fermarci a questo comma dell'articolo 12 della nostra Costituzione, ma so che è giusto approvare questa aggiunta. Questa limitata revisione costituzionale arriva dopo che nel corso della XIII legislatura repubblicana si è approvata la legge di tutela delle minoranze linguistiche. Non mi pare, quindi, che possa essere considerato un atto di imperialismo culturale: è soltanto un atto riparatore.

So che è fuori strada chi pensa ad un regionalismo spinto fino alla definizione della propria lingua. Certo, anche a me è capitato - come forse ad alcuni di voi - di leggere qualche tempo fa le dichiarazioni di un diplomatico italiano di carriera al servizio di una regione italiana - il Lazio - il quale, illustrando i suoi compiti, sottolineava tra essi quelli di tenere i rapporti con le altre regioni italiane: si aspetta, forse, il ritorno della grandissima diplomazia della Serenissima e quella di altri Stati della penisola. Allora, intanto istituzionalizziamo il principio che la lingua italiana è la lingua ufficiale del nostro Stato; altri potranno ricominciare da capo (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, una volta si diceva che una norma inutile non si inserisce in un testo legislativo, a maggior ragione quando si è in presenza di una legislazione primaria. Questo fu, certamente, il pensiero dei costituenti che ritennero superflua una normativa di questo tipo. La scelta del costituente fu quella della essenzialità delle norme (e questa è una delle bellezze della nostra Costituzione), essenzialità che nel corso dei decenni abbiamo certamente perso nella produzione legislativa. La capacità di individuare e disciplinare i concetti con il minor numero di parole possibili è una straordinaria lezione del nostro costituente che purtroppo - lo ripeto - nella nostra attuale produzione legislativa non seguiamo troppo spesso (anzi, vorrei dire quasi mai).

Allora, bisogna chiedersi perché oggi, a distanza di oltre cinquant'anni, riteniamo invece necessaria una previsione legislativa e un'integrazione della norma costituzionale. Ciò è spiegato nella relazione alla proposta di legge dei deputati Napoli e La Russa, in cui si dice che appare imprescindibile la previsione costituzionale della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, espressione dell'appartenenza degli italiani ad una sola comunità nazionale, soprattutto in relazione alle forti tensioni secessionistiche che investono non più soltanto le minoranze storiche nel territorio italiano, ma vaste zone del territorio nazionale sulla base di identità tecniche, etniche o dialetti a volte meramente virtuali.

Questa mi sembra essere la volontà di chi ha proposto la legge, rispetto alla quale l'intervento del rappresentante del Governo, per la verità, mi ha lasciato molto perplesso. Allo stesso modo, mi hanno lasciato perplesso gli emendamenti presentati da una delle forze politiche che fa parte di questa maggioranza (la stessa cui appartengono i presentatori di una delle proposte di legge) i quali contrastano profondamente, a mio avviso, con lo spirito e con la testualità della norma che intendiamo approvare. In tali proposte emendative si propone di riconoscere le lingue  storiche regionali, confondendo il concetto di minoranza linguistica (cui la Costituzione ha dato rilievo, sancendone il rispetto agli articoli 3 e 6) con un concetto oggi del tutto strumentale rispetto alla politica portata avanti dalla Lega nord per anni ed anni - non riesco a capire come questa possa essere coerente con la proposta di legge degli onorevoli Napoli e La Russa - che si riferisce alle lingue storiche regionali (oltretutto non riesco a comprendere neanche quali siano).

Sia ben chiaro: i dialetti riguardano territori che nulla hanno a che vedere con le attuali delimitazioni regionali. La relatrice ed io, ad esempio, proveniamo dalla stessa regione ma, probabilmente, abbiamo dialetti diversi. Ciò vale per tutte le regioni d'Italia perché la formazione dei dialetti è avvenuta sulla base delle delimitazioni geografiche dei comuni dei secoli passati che nulla hanno a che vedere con l'attuale organizzazione dello Stato. Mi sembra un concetto fortemente stridente non solo con lo spirito della proposta presentata dagli onorevoli La Russa e Napoli, ma anche con la volontà che tutti intendiamo invece affermare approvando questa integrazione della Costituzione.

È importante, rispetto ad una serie di spinte secessionistiche, oggi riaffermare, anche attraverso la lingua, l'unità nazionale: è un concetto che dobbiamo tutti insieme ribadire in questo Parlamento. Questo è lo spirito della legge - altrimenti essa risulta superflua ed inutile e non vedo perché dovremmo approvarla - come lo hanno ritenuto i costituenti degli anni quaranta quando, ovviamente, nessuno pensava ad ipotesi secessionistiche, anzi si veniva da una lotta per la difesa dell'unità d'Italia, cioè la resistenza contro il fascismo. In quel momento storico, cioè, non c'erano le ragioni politiche per introdurre una norma di questo tipo.

Di quanto ha detto il rappresentante del Governo, francamente, mi preoccupano alcune affermazioni che ritengo in stridente contrasto. Mi rendo conto che il rappresentante del Governo ha la necessità di cercare equilibri tra le varie anime della sua maggioranza, però certamente in questa norma ciò non può avvenire. Se avvenisse questo, staremmo facendo tutti insieme una cosa totalmente inutile.

Detto ciò, l'importanza di questa norma ed il consenso che esprimiamo su di esse sono conseguenti anche al riconoscimento compiuto, finalmente, nella XIII legislatura della tutela delle minoranze linguistiche. La legge n. 482 del 1999 mi sembra una grossa conquista di questo paese e, proprio perché è una conquista a favore ed a tutela delle minoranze linguistiche, al suo primo articolo precisa che la lingua italiana è la lingua di questo paese. Oggi intendiamo far assurgere quella norma a norma primaria, e mi sembra giusto; ma, proprio in questo momento, vorrei ribadire l'importanza dell'evoluzione di questo paese che, nello spirito degli articoli 3 e 6 della Costituzione, anche se con molto ritardo, è riuscito ad approvare una normativa di grande modernità e rispetto delle minoranze, come la legge n. 482 del 1999.

Se respingeremo - come credo faremo tutti, anche le forze della maggioranza - gli emendamenti che stridono palesemente con questa norma, avremo creato un sistema tra l'articolo 3, l'articolo 6 e l'articolo 12, che deve essere analizzato nel suo complesso. Proprio la riaffermazione della lingua italiana come lingua del nostro paese deve a maggior ragione dare forza e risalto all'articolo 3, secondo il quale tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione, tra l'altro, di lingua, e più ancora, all'articolo 6 che prevede la tutela delle minoranze linguistiche.

Con l'introduzione della modifica costituzionale di cui oggi si discute credo si riuscirà a costruire un sistema compiuto di norme che, da un lato, afferma il principio dell'identità nazionale di questo paese, ma, dall'altro, fa di questo paese un paese estremamente avanzato e moderno, certamente tra i più avanzati certamente nel rispetto delle minoranze.

Dunque, esprimiamo un parere favorevole sul progetto di legge al nostro esame (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 750)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Mazzoni.

ERMINIA MAZZONI, Relatore. Rinuncio alla replica, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Rinuncio alla replica, signor Presidente.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 10,25.


 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

123.

 

Seduta di MARTedì 26 marzo 2002

 

presidenza del vicepresidente Alfredo Biondi

indi

DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI


 



La seduta comincia alle 9,35.

GIANFRANCO ROTONDI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

(È approvato).

 Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica (750-1396-2289) (ore 18,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale d'iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri: Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica.

Ricordo che nella seduta dell'8 marzo si è conclusa la discussione sulle linee generali.

Onorevoli colleghi, ci sono ancora due punti all'ordine del giorno, poi si svolgerà un'informativa urgente del Governo per la quale è stata chiesta alla Presidenza la diretta televisiva. Il Presidente, dopo aver sentito i capigruppo, ha aderito a questa richiesta e ha posto come esplicita condizione, sulla base del ragionamento emerso in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, che l'esame di tutti i punti all'ordine del giorno venga completato. Per cui, vi chiedo di tenere presente questa indicazione, naturalmente ciò non comporta una compressione del dibattito, perché il tempo c'è.

Nel caso in cui non fosse possibile procedere in tal modo, dovremo modificare il programma.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 750)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico, nel testo unificato della Commissione, e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 750 sezione 1).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, intervenire su questa materia richiederebbe, in realtà, una discussione ed un approfondimento assai maggiori e soprattutto maggiore attenzione, per quanto è  possibile, in questa Assemblea, attraversata da problematiche assolutamente diverse.

Voglio fare alcune considerazioni sul complesso degli emendamenti, a partire da un'idea che ho profondamente radicata. La nostra lingua, l'italiano, è una grande lingua, frutto di una storia molto complessa, di processi di meticciato, di sedimentazioni storico-culturali ed artistiche molto complesse.

L'italiano, come qualsiasi grande lingua, si è formato in un complesso processo, in una tensione continua tra la vitalità del linguaggio popolare e la ricerca accademica di un linguaggio aulico e letterario: per quanto riguarda l'italiano, l'incombere di quella lingua magistrale di riferimento, il latino, che è stato ricorrente nel dibattito secolare sulla questione della lingua, e la scelta di uomini e donne di lettere, che alla lingua del popolo, al volgare, hanno voluto restituire nel vivo della creazione letteraria, oltre alla forza suggestiva del rappresentare passioni, sogni, desideri del presente, anche la grande dignità della lingua scritta, consacrata dall'invenzione letteraria; per ciò stesso, per il fascino di questa invenzione veicolata sul territorio italiano, che sarà poi territorio nazionale, si renderà nazionale quella lingua, tra i tanti idiomi locali, che più di altre è stata attraversata dalla forza trasfiguratrice della creazione letteraria, il fiorentino. Questa è poi la differenza tra una lingua che si afferma come lingua nazionale ed un dialetto, un idioma regionale o una parlata locale: quel suo sottrarsi alle angustie localistiche, all'avarizia lessicale, autoreferenziale, ossificata della piccola comunità locale; quel sottrarsi all'opacità non comunicativa che su una lingua si addensa se privata dell'apporto creativo dell'invenzione artistica, della capacità trasfiguratrice del linguaggio letterario e si riduce invece a mero strumento locale.

Ma, nello stesso tempo, l'italiano è diventato quello che è, cioè una grande lingua, perché è stato un organismo vivente, come tutte le grandi lingue, capace di accogliere le differenze, le suggestioni, le risorse lessicali di altre lingue proprio in ragione del fatto che l'Italia è stata terra di frontiera, di attraversamento, di accoglienza di molte diversità. Spesso nel nostro paese sono arrivati altri popoli per ragioni di conquista ma hanno lasciato anche segni vitali della loro civiltà e della loro lingua. Pensiamo di quali vuoti semantici e concettuali soffrirebbe la nostra lingua senza l'apporto della cultura e della lingua araba o di quella germanica o dei tantissimi lasciti che diversi popoli sopraggiunti hanno regalato alla nostra lingua.

Io credo che oggi, in un'epoca come quella che attraversiamo, della globalizzazione, un aspetto positivo di tale processo di mondializzazione dovrebbe essere proprio l'accoglienza, il sapere che le parlate, le lingue altrui sono una ricchezza anche per noi, ed auspicare nuove forme di meticciato. Se noi riflettiamo sulla nostra lingua scopriamo quanto sia stata grande la forza del meticciato per fare dell'italiano quello che è oggi.

Proprio per queste considerazioni di ordine storico-culturale a noi sembra un vero paradosso mettere la lingua in Costituzione, farne strumento di identità statuale snaturandola rispetto al suo essere in primis ed essenzialmente strumento a disposizione di tutte e tutti e, in quanto tale, disponibile a trasformarsi e ad essere sempre se stessa ma continuamente diversa.

Qual è la lingua ufficiale che vogliamo mettere in Costituzione? Il politichese? Il burocratese? Il linguaggio della televisione? O cos'altro? Perché in un momento come l'attuale, segnato, da una parte, dai processi della globalizzazione e, dall'altra, dal tentativo di costruire uno spazio politico oltre che economico dell'Europa unita, l'Italia vuole approdare a questo spazio di costituzionalizzazione della lingua, veramente fuori tempo massimo?

La globalizzazione, come dicevo prima, ci mette di fronte alla necessità di fare i conti con i complessi problemi della presenza di popolazioni migranti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 18,22)

ELETTRA DEIANA. Che significato può assumere per loro, per donne ed uomini  che qui cercano un nuovo spazio di diritti di cittadinanza e di accoglienza, l'italiano in Costituzione? Forse un'ulteriore minaccia di una cittadinanza preclusa non soltanto in ragione delle difficoltà e del disagio in cui sono costretti a vivere nel nostro paese; non soltanto in ragione di leggi xenofobe che si preparano e che negano il diritto alla fuga di chi soffre per guerre, fame e persecuzione; non soltanto in ragione di una ancestrale e arcaica concezione del suolo e del sangue come base della cittadinanza, ma anche in ragione, adesso, di una identità del nostro paese costruita intorno all'italiano.

L'Europa, poi, ci pone di fronte a nuovi campi di azione per costruire nuovi spazi di cittadinanza e di democrazia. Dobbiamo cercare di far sì che ciò avvenga all'insegna di una nuova tensione tra uguaglianza e differenza, tra specificità delle istanze di richiesta di diritti nuovi (che si moltiplicano nell'epoca della globalizzazione e nello spazio europeo) e tendenza ad una nuova dimensione universale dei diritti. Arroccarci intorno ad una ricerca identitaria sulla lingua è una fuga che non produrrà alcun beneficio, fuga ridicola e, come dicevo prima, veramente fuori tempo massimo.

Il problema reale che abbiamo di fronte consiste nel come valorizzare la nostra lingua, per farne uno strumento di ricchezza per tutte e tutti coloro che approdano nel nostro paese o che vivono in Europa. Si potrebbe iniziare, per esempio, con il rompere, in quest'aula del Parlamento, quel monopolio simbolico del maschile, falsamente neutro universale, che in italiano non esiste, perché appunto l'italiano è una lingua flessibile e ricchissima di mutazioni, e che qui ridicolmente accettiamo, in modo tale che le deputate non hanno diritto ad essere nominate secondo le regole della suffissazione italiana e l'insegnamento di grandi della nostra lingua, come il grande poeta Ugo Foscolo, che non si peritava a nominare le grazie «ministre di bellezza».

Oltre che compiere operazioni culturali e simboliche di questo tipo, credo che la risorsa della nostra lingua - che, ripeto, è una lingua straordinaria, densa di storia e di bellezza - dovrebbe essere affidata ad investimenti di risorse per mettere in valore, in circolazione in Europa, l'arte, la cultura, la creatività del nostro paese. Soprattutto, cari colleghe e colleghi, occorrerà fare ciò restituendo una funzione centrale alla scuola pubblica repubblicana, il cui ruolo nella diffusione e nel consolidamento della nostra lingua è stato e rimane fondamentale.

È veramente paradossale, a me sembra, che mentre si affossa la scuola pubblica e si dà spazio ad un localismo spesso d'accatto, non filtrato da alcuna reale mediazione culturale degna di questo nome, si voglia collocare nella Costituzione la lingua italiana. Anche questo concorre, a nostro giudizio, a quella torsione negativa dell'impianto costituzionale relativamente alla cittadinanza...

PRESIDENTE. Onorevole Deiana, scusi se la interrompo. Pregherei i colleghi di avvantaggiarsi dell'ascolto di un discorso che forse merita di essere udito senza tutto questo brusio (Applausi di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

ELETTRA DEIANA. Dicevo che assistiamo ad una torsione negativa dell'impianto costituzionale in materia di cittadinanza: depotenziamento del valore costituzionale della cittadinanza sociale che la Repubblica garantisce; tentativo di ridurre il lavoro da elemento fondativo di cittadinanza a funzione suddita dell'impresa (è questo ciò che si gioca intorno all'articolo 18 dello statuto dei lavoratori); l'insulsa e caotica frammentazione localistica, talché tra gli emendamenti dobbiamo ancora vedere quelli presentati dalla Lega, che valorizzano gli idiomi locali dopo che tutta la nostra storia repubblicana è una storia di valorizzazione delle differenze linguistiche, senza bisogno di fare il feticcio costituzionale della nostra lingua; l'abbattimento di grandi principi costituzionali, di grandi principi di cittadinanza e la costruzione di un'identità artificiale per competere, da una parte, in  Europa e, dall'altra, per far fronte all'incombenza della globalizzazione ed ai problemi inediti che essa comporta (inediti nell'obbligo che abbiamo di una ricerca nuova di rapporto proficuo con le diversità, le differenze, i percorsi di altri popoli che arrivano in Italia).

Ebbene, a tutto questo si risponde con una fuga identitaria, con una torsione identitaria che si costruisce intorno alla bandiera, attraverso l'inno di Mameli e, infine, attraverso l'icona della lingua.

La lingua italiana, come tutte le grandi cose (e io ritengo che l'italiano sia una grande cosa), deve essere patrimonio dell'umanità (e, quindi, patrimonio di tutte e di tutti) e abbiamo l'obbligo di farne uno strumento di conoscenza della nostra storia. Anch'essa, però, diventa uno strumento ideologico di confinamento e di costruzione di una differenza che non ci porterà nessun vantaggio e, sicuramente, non arricchirà la nostra lingua (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.

KATIA BELLILLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la riforma dell'articolo 12 della Costituzione, di cui stiamo discutendo e che non voteremo, viene, a nostro parere, proposta nella sede sbagliata e in tempi, per un certo verso, abbastanza sospetti. Dovremmo chiederci il motivo per cui i padri costituenti non abbiano ritenuto di inserire nella Carta fondamentale della Repubblica una disposizione sulla ufficialità della lingua italiana. Ritengo perché, in primo luogo, si era affermata una concezione laica dello Stato dei cittadini, superando pertanto, dopo un ventennio di vuota retorica nazionalista, il concetto di Stato nazionale. In qualche modo, si poteva leggere fra le righe l'avversione per ciò che il fascismo, sconfitto dalle forze alleate e dalla Resistenza, intendeva per patria: autoritarismo, regime, sottomissione del cittadino agli interessi superiori della nazione.

Altro, invece, era l'orgoglio nazionale che la Resistenza antifascista aveva affermato nei primi anni della ricostruzione con radici ferme nei valori di libertà, di solidarietà e di giustizia sociale. Con ciò, la Costituzione non toglieva nulla al ruolo della lingua italiana come collante dell'unità nazionale e strumento di interpretazione esatta e condivisa delle norme che presiedono alla civile convivenza. Dobbiamo, allora, chiederci come mai soltanto ora, nel 2000, a cinquant'anni dalla Costituzione, ci si preoccupi di sancire, addirittura con una riforma della Carta fondamentale dello Stato, l'ufficialità esclusiva della lingua italiana.

Leggendo le motivazioni addotte dai presentatori, si desume che le ragioni vadano messe in relazione al processo di unificazione europea in atto e ai mutamenti sociali prodotti dall'abbondante flusso migratorio verso il nostro ed altri paesi economicamente sviluppati. Così si propone di costituzionalizzare l'ufficialità della lingua italiana per affermare un nazionalismo di ritorno che ritengo abbastanza coerente con la crescente tiepidezza che la destra al Governo sta mostrando verso l'Europa.

L'italiano diventa così la bandiera dell'euroscetticismo, di chi paventa l'Europa superstato al quale si contrappone l'Europa delle patrie, invece che l'Europa dei cittadini, dei popoli, delle regioni, delle moderne nazioni e, quindi, della società multietnica ed interculturale in cui le diversità non sono e non possono essere vissute come polarità negative, come motivi di divisione, ma piuttosto come elemento di arricchimento della nostra multiforme identità, laddove sul ceppo forte ed antico della nostra indiscussa italianità si innestano nuove forme espressive ed orizzonti più ampi di osmosi e sinergia culturale.

Ecco, credo che sia invece nell'ambito europeo, nella Costituzione europea nella Convenzione appena nominata ed insediata è chiamata ad esprimersi, è lì che dovremmo sancire il ruolo della lingua italiana accanto alle altre lingue ufficiali dell'Unione europea. Si faccia, dunque,  una mozione, si dia un indirizzo ai nostri rappresentanti nella Convenzione europea che di altro non c'è bisogno, veramente non c'è bisogno. Si vuole, invece, cambiare il titolo I della Costituzione, quello che, per intenderci, avevamo convenuto di non toccare perché contiene i fondamenti ispiratori ed i principi su cui si fondano tutto l'impianto politico e civile della Repubblica e le basi della nostra convivenza civile.

Abbiamo letto le dichiarazioni del presidente del gruppo di Alleanza nazionale, l'onorevole La Russa, che tradiscono in parte le vere intenzioni della destra: fare della lingua italiana un pretesto politico per conculcare, di fatto, i diritti alla diversità presenti come principi fondanti negli articoli 3 e 6 della stessa Costituzione laddove ribadiscono la tutela delle minoranze linguistiche e della loro diversità, nonché il dovere della Repubblica di rimuovere ogni ostacolo alla pari dignità dei cittadini a prescindere dalla loro religione, lingua e sesso.

Non è, quindi, un caso che i rappresentanti delle minoranze linguistiche abbiano proposto emendamenti tesi ad integrare la proclamazione dell'italiano come lingua ufficiale dello Stato con l'affermazione, però, della pari dignità delle lingue minoritarie presenti in molte regioni del nostro paese. Personalmente sono convinta che da questo punto di vista bastino le leggi di tutela delle minoranze linguistiche approvate dal Parlamento italiano, la legge n. 482 del 1999 e la legge n. 38 del 2001: ambedue contengono la definizione dell'italiano come lingua ufficiale dello Stato.

Devo a questo punto, anche per le responsabilità che ho ricoperto nei governi di centrosinistra, denunciare piuttosto l'ostilità che questo Governo delle destre sta dimostrando verso le minoranze linguistiche rifiutandosi di dare debita attuazione alle leggi approvate dal Parlamento e, quindi, formalmente in vigore. Credo che ci sia una cartina di tornasole chiara e riconoscibile per distinguere la destra conservatrice dalla destra di sempre, reazionaria: è il rispetto delle leggi, il culto dello Stato di diritto. Nei confronti delle minoranze linguistiche e dei loro diritti in questa compagine governativa sembra però prevalere, purtroppo, la seconda che a Fiuggi aveva soltanto simulato opportunistiche conversioni ma conservato appieno quel motto «me ne frego» con cui solevano fregiarsi i loro diretti precursori e maestri.

Ben altri sono, a mio parere, gli interventi necessari per la tutela della lingua e della cultura italiana contro gli effetti perversi della supremazia economica, politica e militare angloamericana anche nel nostro paese. Penso agli interventi per tutelarne l'uso corretto nelle comunicazioni sociali contro l'obbrobrio dei vari tax day, security day o, persino, work day, o per promuovere e sostenere l'attività di benemerite istituzioni come l'Accademia della Crusca o la Dante Alighieri tra i connazionali all'estero.

Cerchiamo, onorevoli colleghi, di tutelare il buon nome dell'Italia nel mondo evitando anche certi strafalcioni e clamorose gaffe che, dopo aver suscitato la prima risata, muovono alla derisione ed al disprezzo. Evitiamo di usare la lingua italiana come un baluardo o come un manganello verso gli altri perché ritengo che non lo meriti. È per questo che voteremo contro alla modifica...

GUSTAVO SELVA. Contro la modifica!

KATIA BELLILLO. ...della prima parte della Costituzione ed all'articolo 12 (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, non c'è dubbio che non fosse obbligatoria una scelta come quella che siamo chiamati a fare oggi, cioè di scrivere nella Costituzione che la lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica. Avevano ragione le colleghe che sono intervenute prima di me a dire che i costituenti non fecero questa scelta, perché tutta la Costituzione  era ed è un progetto di affermazione dell'identità nazionale, dopo che la nostra patria fu umiliata e privata della dignità nazionale dal fascismo e dall'occupazione nazista.

Tuttavia, alcuni colleghi hanno inteso avanzare la proposta di questa modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica, e per i Democratici di sinistra-l'Ulivo non vi è alcuna ragione di un'opposizione pregiudiziale rispetto ad una scelta del genere. Siamo favorevoli e potrebbe essere una scelta positiva, anche se nelle motivazioni e nelle relazioni che abbiamo ascoltato tale scelta viene sostenuta da argomenti non condivisibili, cioè da una logica difensiva e conservatrice, come se si dovesse trattare di erigere uno scudo protettivo e difensivo contro fenomeni che stanno attraversando il mondo moderno (la globalizzazione delle culture, l'unificazione europea, la presenza di cittadini stranieri sul territorio del nostro paese) oppure di proteggersi da istanze delle minoranze linguistiche o di promozione di idiomi locali.

In ogni caso, siamo d'accordo ad inserire nella Costituzione, dopo il richiamo alla bandiera nazionale, che la lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica. Si tratta di una scelta positiva ma lo è nella misura in cui rimane così limpida, essenziale, ricordandoci che stiamo intervenendo tra i principi fondamentali della Repubblica.

Invece, abbiamo visto che, appena iniziata la discussione su tale proposta avanzata anche da colleghi della maggioranza, nella stessa sono sorti problemi: è iniziata una sorta di offensiva da parte dei colleghi della Lega - che si è esercitata attraverso numerosi emendamenti, ponendo distinguo, condizioni e subordinate -, dando l'impressione che gli stessi avrebbero voluto opporsi ad una scelta del genere ma, un po' la solidarietà di maggioranza e un po' un briciolo di pudore, li hanno, invece, condotti sulla strada del condizionamento.

La Lega resiste anche in questo modo a principi di unificazione nazionale, così come lo fa - e non da oggi - rispetto ai processi di integrazione europea. Tra poco, inizieremo in I Commissione l'esame di una proposta di modifica costituzionale all'articolo 11 avanzata dai colleghi della Lega, che per la ratifica di trattati comunitari propone consultazioni popolari mediante referendum ma che, soprattutto, nella motivazione e nella relazione dice che tutto ciò è necessario perché sussiste il pericolo che l'integrazione comunitaria possa, talora, mettere a rischio anche alcuni principi costituzionali: in definitiva, l'integrazione europea è vista, ancora una volta, più come un terreno minato da rischi invece che di straordinarie opportunità.

Per far rientrare questa iniziativa emendativa della Lega, la maggioranza ha cercato al suo interno un accordo politico, producendo un errore, perché l'emendamento Cè 1.26 - che in seguito discuteremo nel merito - costituisce, dal nostro punto di vista, un errore, sia per come è scritto sia per la collocazione cui è destinato.

Non ci saremmo opposti a ragionare sulla diversa collocazione ma, in questo modo, si compie un errore rappresentato dalle contraddizione, anche clamorosa, rispetto all'iniziativa che ha mosso i colleghi proponenti la modifica costituzionale. E non si venga a dire che collocare un emendamento da una parte o dall'altra è un problema semplicemente formale, perché stiamo incidendo sulla Costituzione e che non stiamo scrivendo un documento di partito o un testo di maggioranza politica.

Non siamo affatto contrari a misure di valorizzazione di quelli che vengono definiti idiomi regionali. Tuttavia, si può intervenire attraverso la legge ordinaria, possono farlo le regioni italiane, si può anche ragionare in altra sede su interventi di natura costituzionale, ma - credo dovremmo convenirne tutti con un po' di saggezza - occorre iniziare a trattare con un po' più di riguardo la Carta costituzionale italiana.

Infatti, in questo caso, la contrattazione è assolutamente clamorosa. In primo  luogo, si cerca di costruire un'operazione politica di sottolineatura dell'identità nazionale, ufficializzando la lingua italiana (cosa condivisibile, ma presentata con un'enfasi eccessiva); in secondo luogo, da parte della stessa maggioranza si contraddice questa scelta proponendo l'inserimento nello stesso articolo 12, di un emendamento che, per la sua collocazione, è indubbiamente di segno opposto e contraddittorio.

Siamo fortemente contrari a questo emendamento e invito i colleghi della maggioranza a riflettere, in quanto la nostra contrarietà all'emendamento Cè 1.26 ci costringerà ad esprimere un voto contrario al testo di riforma costituzionale, che in tal modo comincerà un cammino incerto, in quanto verrà approvato con una maggioranza semplice, facendo svanire l'operazione ancora prima di iniziare.

Naturalmente, non tutti gli emendamenti sono uguali. Vi sono le altre proposte emendative - ad esempio quelle presentate dal collega Zeller - che, nel merito, sono ragionevoli, anche se pongono un'esigenza di tutela coperta già dall'articolo 6 della nostra Costituzione oltre ad essere ulteriormente specificata nella legge ordinaria n. 482 del 1999.

Se l'operazione di rafforzare un elemento, seppur simbolico, di identificazione nazionale ha un senso, si lasci il testo così come proposto nei progetti di legge che abbiamo cominciato ad esaminare, senza ulteriori aggiustamenti e aggiunte. Tra l'altro, sugli emendamenti che nel merito non ci sentiamo di contrastare ci asterremo.

Tuttavia, vorrei dire, soprattutto ai colleghi la maggioranza, che si apprestano a compiere un errore politico e di merito, che, in certi casi, è meglio lasciar perdere piuttosto che modificare la Costituzione attraverso iniziative che non sono degne dell'impegno culturale e morale di chi quella Costituzione scrisse molti anni fa.

Ci dispiace se saremo costretti a non convergere in un voto finale favorevole, anche se siamo stati disponibili - i colleghi della maggioranza lo sanno - a ricercare un'intesa che lasciasse la modifica all'articolo 12 della Costituzione come era stata proposta.

Tuttavia, si è capito che la Lega ha puntato i piedi e che la maggioranza si è accodata. Infatti, il riferimento agli idiomi locali, collocato all'articolo 12, serve soltanto a mitigare e a contraddire la scelta degli stessi proponenti, che volevamo semplicemente prevedere che la lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica.

Ci sarebbe da complimentarsi con i colleghi della Lega nord Padania, sennonché a me pare sia in atto soprattutto una sorta di scambio: alla Lega nord - come avverrà stasera - si lasciano le briciole di atti simbolici, a tutti gli altri soggetti politici della maggioranza, invece, va il piatto forte di un Governo concreto nel quale tornano il centralismo e lo strapotere ministeriale, come abbiamo visto dai due decreti-legge esaminati nella giornata odierna.

Concludo dicendo che la Costituzione è una cosa seria e non può essere usata per cucire i rapporti politici interni alla maggioranza. Avremmo voluto convergere su un'operazione che ha anche un significato, ma voi la state contraddicendo e snaturando. Su questa linea non ci stiamo, non vi seguiamo e non vi seguiremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, noi ci eravamo espressi favorevolmente sulla proposta di legge al nostro esame, nel testo originario, anche convinti dall'ottima relazione dell'onorevole Mazzoni e dal senso che si voleva dare a questa norma. Come ho detto durante la discussione sulle linee generali, i costituenti, all'epoca, ritennero non necessaria una norma di questo tipo per il momento storico in cui nasceva la Carta costituzionale che rappresentava di per sé la testimonianza dell'unità nazionale conquistata con la lotta popolare: all'epoca non esisteva il problema di respingere spinte secessionistiche.

Francamente, al di là dell'enfasi un po' eccessiva contenuta nei testi di legge, mi  sembra che i proponenti avessero lo scopo di introdurre una modifica della Costituzione per combattere le spinte secessionistiche e localistiche esistenti nel nostro paese. Quindi, su questa strada, ritenevamo che costruire l'articolo 12 della Costituzione come l'articolo identificativo della bandiera e della lingua quali elementi dell'unità nazionale fosse particolarmente significativo e meritasse il nostro voto favorevole; ciò, a maggior ragione - vorrei dire - dopo la modifica del titolo V della Costituzione e dell'articolo 114, laddove si è sancita la pari dignità dei comuni, delle province, delle regioni e dello Stato nell'ambito della Repubblica italiana. Quindi, si andava concretizzando un sistema compiuto, a mio avviso nel rispetto del principio fondamentale dell'essenzialità delle norme della nostra Carta costituzionale.

Stiamo discutendo sui principi fondamentali e sui primi 12 articoli della Costituzione che sono caratterizzati dalla sinteticità nell'affermazione dei principi. Vorrei ricordare che abbiamo costruito l'Unione europea sulla base di un rigo dell'articolo 11. Quindi, parliamo di norme basilari che si caratterizzano per essere essenziali e per non dire una parola in più rispetto a ciò che è fondamentale e necessario per stabilire i principi fondamentali. Quando si discute di norme primarie e di Costituzione, bisogna innanzitutto avere rispetto per l'attuale testo costituzionale; non si può fare politica del momento e non si può cercare di mediare fra le varie anime di una maggioranza per modificare i principi fondamentali della Costituzione.

Purtroppo, è ciò che, invece, è avvenuto con la presentazione di un emendamento che contraddice totalmente la proposta di legge. Vorrei leggere la relazione alla proposta di legge dell'onorevole La Russa, in cui si dice: la pretesa - la pretesa: usa questo termine l'onorevole La Russa - di una parte dei dialetti ad un sistema di garanzie simile a quello ottenuto sarebbe bilanciata in modo equo e razionale dall'articolo così proposto; dopo di che, lo stesso onorevole La Russa, per ovvie esigenze di carattere politico momentaneo e per controbilanciare le opinioni ben diverse esistenti all'interno della maggioranza da parte dei deputati del gruppo della Lega nord, sottoscrive un emendamento in cui si dice: «La Repubblica valorizza gli idiomi locali». Sulla base di questa formulazione noi dovremmo avere un articolo 12 composto di tre commi: il primo comma che parla della bandiera, il secondo che parla della lingua nazionale e il terzo che valorizza gli idiomi locali.

Allora, francamente, noi siamo profondamente contrari a costruire in questa maniera una norma primaria, i principi fondamentali della Costituzione. Abbiamo dato una disponibilità a discutere e a ipotizzare una collocazione diversa, ma mi sembra che ci sia una necessità e una urgenza nell'approvare questa norma che ci costringe, a questo punto, a rivedere la nostra opinione precedente, favorevole al testo originario della legge, e a ritenere che l'approvazione dell'emendamento ci porta a non poter approvare il testo così risultante. Ciò anche perché tutto questo contraddice, vorrei dire, un po' lo spirito che aveva portato alla relazione della Commissione, con la puntuale relazione della collega relatrice - con cui mi scuso, perché non l'avevo fatto in sede di discussione generale e mi ha ripreso, ma lo voglio fare ora -, perché aveva veramente svolto un ottimo ed egregio lavoro di bilanciamento e anche di equilibrio su un tema così delicato.

Tutto questo viene meno per introdurre un concetto che francamente non vedo come possa essere introdotto nei principi fondamentali della Repubblica. Non senza dire, ovviamente, che noi riteniamo quello della tutela delle minoranze linguistiche un sistema già esistente, un sistema, sia delle culture autonomistiche, che delle minoranze linguistiche, compiuto e disciplinato dagli articoli 5 e 6 della Costituzione (e ogni ripetizione, anche di una sola parola, nella Costituzione è un fatto estremamente grave, che non può essere condiviso).

Quindi, da questo punto di vista, credo non meriti la collocazione nell'articolo 12  l'emendamento proposto dalla maggioranza, che non è null'altro che un tentativo di riconquistare una posizione unitaria della maggioranza su un tema politico che li vede profondamente divisi; infatti, da una parte, vi sono i proponenti della legge, in particolare i deputati del gruppo di Alleanza nazionale, che propongono questa legge contro le spinte secessionistiche che ci sono nel nostro paese. Leggo sempre la relazione della proposta di legge, in particolare, dell'onorevole La Russa, dove si dice: in relazione alle forti tensioni secessioniste che investono non più soltanto le minoranze storiche (...) ma vaste zone del territorio nazionale sulla base di identità etniche (o dialetti) a volte meramente virtuali. Non sono d'accordo con queste parole dell'onorevole La Russa, perché le trovo eccessive e sbagliate: ma questa è la relazione alla proposta di legge. A fronte di decine di emendamenti presentati dalla Lega nord Padania, francamente, il punto di sintesi determina un mostro giuridico - non ho difficoltà a dirlo -, che non ci può vedere d'accordo e che quindi, da questo punto di vista, ci vede completamente contrari.

Non posso non far presente che gli idiomi e le lingue esistono perché sono parlate, sono fatti dinamici. Le lingue cambiano in continuazione, si aggiornano (i dizionari si aggiornano in relazione alle parole nuove che si creano) e le lingue esistono in quanto vengono adoperate e, se non vengono più adoperate, non esistono: non sono delle cose o delle culture che possono essere valorizzate o spinte dall'alto. Al massimo, si può ovviamente studiare come fatto storico e allora è un'altra cosa; ma se le lingue non esistono più, sono culture storiche che vanno studiate.

In ogni caso, nessuno può dall'alto, con norme giuridiche, obbligare alla valorizzazione degli idiomi che esistono se vengono adoperati nei territori, se la gente li usa, se, appunto, costituiscono elemento di comunicazione tra i soggetti. Se questo vi è, esse esistono a prescindere da qualsiasi norma, se questo non vi è, risulta sbagliato pensare che qualcuno le possa valorizzare se gli stessi soggetti che usavano quegli idiomi non li vogliono adoperare più. Quindi, da questo punto di vista, esprimeremo un voto contrario alla modifica costituzionale, nel testo modificato dall'emendamento della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi pare che questo importante dibattito stia registrando delle notazioni di grande rilievo. Si tratta, pur sempre, di una modifica costituzionale relativa alla prima parte della Costituzione. I deputati hanno avvertito l'esigenza di collocare all'articolo 12 della Costituzione il riferimento alla regola relativa all'ufficialità della lingua italiana. Nelle grandi linee - come avete ascoltato dagli interventi degli onorevoli Leoni e Maroni - il nostro gruppo, in sede di principio e di norma, è convinto della possibilità di aderire alla modifica, tuttavia non senza un minimo di approfondimento nei confronti di una norma costituzionale che, in genere, dovrebbe richiedere, come requisito per la sua modifica, elementi particolarmente condivisi - di particolare necessità ed urgenza -: la crescita di determinati diritti, il riconoscimento di mutate condizioni sociali e il riconoscimento di esigenze che il progresso pone alla Carta costituzionale, affinché diritti non evidenti siano riconosciuti come diritti umani, diritti naturali e, finalmente, come diritti costituzionali. Ed è per questo che, fino a questo momento, in tutti questi anni, la norma introdotta all'articolo 12 dal costituente - che certamente non era insensibile al valore e all'importanza della lingua italiana - è una norma che, certamente, non ha ignorato il valore della lingua italiana, ma non si è posta il problema di piantare una bandiera linguistica nella Costituzione. Non si è posta il problema di ciò che può - come dire - apparire l'ovvio. Le Costituzioni, in genere, non sono Costituzioni dell'ovvio, sono Costituzioni di regole fondamentali. Ripeto,  se l'esigenza è stata avvertita, essa è stata già oggetto di un'ampia discussione. Voglio anche ricordare l'importante relazione e l'importante dibattito che si è tenuto nel corso della XIII legislatura intorno alla legge sulla tutela delle minoranze linguistiche.

Per la redazione di tutte le leggi della Repubblica, leggi di carattere giudiziario, di carattere amministrativo, di carattere sociale (ad eccezione delle regioni autonome ed a statuto speciale), la lingua ufficiale è la lingua italiana; la lingua della letteratura è la lingua italiana; la lingua della comunicazione, purtroppo tanto deformata - come è stato molto ben evidenziato da alcune colleghe che prima sono intervenute - dall'inserimento (portatore di effetti invasivi) della comunicazione mediatica, è, pur sempre, la lingua italiana.

Il problema adesso consiste nell'evitare di istituire - come dire - una sorta di gerarchia improvvisa, un sussulto di gerarchismo linguistico che non si sa se obbedisca ad una effettiva esigenza intercostituzionale - rispetto a tutte le altre Costituzioni europee o alle Costituzioni internazionali - o solamente ad una particolare passionalità, certamente apprezzabile ed opportuna.

Il problema della Costituzione, come tutti sapete, non è quello di un convitato di pietra cartaceo nella società italiana. Inserire questa norma nel testo costituzionale significherà poi redigere norme di tutela e di applicazione della norma costituzionale, un po' come accade (in questi giorni si è acceso un dibattito abbastanza amaro in questo Parlamento) per il vilipendio della bandiera e per i valori che esprime (la bandiera è considerata dal 1946 come bene costituzionale protetto). Vi è poi una serie di disposizioni del nostro ordinamento che attribuisce a quella norma un valore cogente nei confronti dei cittadini. Pertanto, dovremmo riflettere - lo dico a tutti i colleghi - non solo per registrare la soddisfazione di inserire nel testo costituzionale un vessillo da agitare in nome di non si sa quali valori.

Dobbiamo, poi, tenere conto del fatto che una norma così importante avrà bisogno di un'attrezzatura di supporto, di una diffusione e di una condivisione effettiva.

Fatta questa segnalazione, siamo d'accordo, anche se ci permettiamo di sottolineare il possibile contrasto che può esplodere, all'interno della stessa Costituzione, tra la norma dell'articolo 12, quella dell'articolo 3 (che prevede la pari dignità, senza differenze di lingua, di razze e di religione) e quella dell'articolo 6 (che contempla la tutela delle minoranze linguistiche ed etniche).

Il possibile contrasto verrà risolto, ma ci auguriamo che non esploda. Certamente non si potrà risolvere attraverso un'immediata controriforma da inserire nell'ambito della riforma. Da una parte, immettiamo questa norma bandiera, questa norma vessillo, cercando, dall'altra, di metterci d'accordo (come è stato molto opportunamente rilevato) con un sistema un po' pattizio, certamente extralegislativo ed extracostituzionale, di arrangiamento assembleare in forma di emendamento, al fine di risolvere la problematica di come conciliare l'articolo 12 (nel quale vogliamo che venga inserito il riconoscimento della lingua italiana) con la norma sulle minoranze linguistiche, nonché con quella della pari dignità del diritto alla lingua e all'idioma.

Se e vero, com'è vero, che vi è la possibilità di operare tale inserimento con questi avvertimenti, siamo convinti che, successivamente, occorrerà ritoccare anche la legge del 1999, il cui relatore molti parlamentari della XIII legislatura ricordano, per la meticolosità con cui preparò il suo lavoro. Mi riferisco all'onorevole Maselli che dette il via a questa discussione vera ed ampia.

Pertanto, sul primo punto, si può essere d'accordo, ma confermiamo la volontà di andare più a fondo al problema, di non fermarsi alla superficie e di non produrre una norma frettolosa che serve a soddisfare certamente nobili aspirazioni, ma non chiare ragioni legislative e costituzionali.

In tale contesto si inserisce il problema del rispetto dell'articolo 6 e dell'articolo 3 della Costituzione.

Secondo il grande Pier Paolo Pasolini: le lingue regionali sono lingue nel pieno significato del termine, qualche volta più ricche e più complesse delle lingue dette nazionali. Lo diceva da semiologo, da studioso della lingua, non soltanto da scrittore ed artista. Qui sarei tentato di dire hic Rhodus, hic salta. Non si può accettare l'emendamento pattizio che gioca tra idioma, lingua, linguaggio e dialetto.

La verità della frase di Pasolini che ho citato in via sintetica, per dare un minimo di autorità al mio modesto intervento, è nella potenza mondiale di alcuni idiomi. Se si pensa che nella storia della contestazione del potere, più della grande poesia, può avere avuto valore il romanesco di Belli, di Trilussa e di Pascarella, come nella storia dell'alta poesia e degli altri linguaggi, può aver avuto valore il veneto del Ruzzante, più di quanto non abbia avuto in qualche caso la rappresentazione purista della lingua italiana; così come, per la conoscenza dell'opera buffa nel mondo, addirittura premozartiana, il dialetto della mia terra è una componente essenziale per la conoscenza anche dei cantanti giapponesi o australiani, della possibilità cioè di cantare Mozart, Cimarosa o Paisiello.

PRESIDENTE. Anche Goldoni non era...

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, non volevo assolutamente far sfoggio perché non sarei in grado. Volevo dare forza a questa nostra profonda tradizione di regionalismo linguistico, nel rispetto della lingua nazionale.

Badate bene, onorevoli colleghi, si tratta dello stesso rispetto che hanno avuto i costituenti quando non hanno voluto inserire tale aspetto in Costituzione. Basta prendere visione degli atti e ne dà conto anche la relatrice del provvedimento. Essi non hanno voluto prevedere tale aspetto perché comprendevano che, in una Costituzione che, nello scorso anno è stata addirittura modificata nell'articolo 117 - senza televisione, né mezzi particolari sotto il profilo telematico -, nella loro essenzialità e con la passione civile con la quale affrontarono il problema della legislazione, secondo canoni vichiani e di Filangieri, questo aveva un carattere pleonastico.

Quello tuttavia non vale: dove dobbiamo soffermarci è sul piccolo patto dell'inserimento di un emendamento che finisce con l'essere penalizzante proprio nei confronti delle autonomie linguistiche regionali, nei confronti dei dialetti. Sembra quasi una sorta di obolo dato a Belisario perché in definitiva abbiamo previsto in questa Costituzione, che sta avendo un particolare successo in questi giorni a proposito dell'articolo 12, un po' meno, per esempio, sul principio dell'eguaglianza della legge per tutti, per il principio della solidarietà, per quello dell'elevazione delle categorie più deboli e per tutta una serie di problemi che ci vedono impegnati, spesso in modo conflittuale, ma comunque sempre tendente a valorizzare non la Costituzione virtuale, ma quelli reale.

Ed allora, certamente, per le ragioni che hanno sottolineato gli esponenti del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, sì ad un consenso critico, motivato, approfondito ed apprezzato dal punto di vista legislativo, con prospettive di quello che potrà accadere nell'interpretazione della norma; al contrario, assolutamente no ed una presa di distanza da questa specie di mortificazione legislativa che ha tratto dal cilindro e dalla capacità - quella sì veramente miracolosa della lingua italiana di riuscire a trovare una serie di sinonimi - di individuare la parola idioma in luogo della parola linguaggio, idioma in luogo della parola lingua, per poi ottenere che in Costituzione si inserisca la protezione culturale.

Ma noi cerchiamo di lavorare intorno alla legge del 1999, sul filo di proposizioni condivise cerchiamo di valorizzare, dal punto di vista della spesa e della struttura, l'importante legge del 15 dicembre 1999,  n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche. Ma vogliamo che la lingua venga rispettata, venga diffusa, condivisa, sia espressione anche di autonomia nell'unità e di un rilancio storico del suo significato. Una lingua che entra in Costituzione sia, soprattutto, un'opportunità di eguaglianza, di comunicazione accessibile per tutti e non soltanto per coloro i quali oggi rischierebbero addirittura di interpretare questa norma come una sorta di emarginazione per la loro condizione di impossibile accesso alla padronanza della lingua italiana, che, attraverso questa codificazione, diventa certamente un grande valore culturale, ma anche una maggiore difficoltà di individuazione di tante categorie di «diversi» che operano all'interno del nostro sistema sociale. La nostra lingua venga protetta e promossa senza contaminazioni, senza confusioni, senza alcun atteggiamento puramente astratto di omaggio e di ossequio, ma in una condivisione popolare e democratica del suo significato nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signora relatrice, colleghe deputate e deputati, credo che lei, signor Presidente, abbia fatto bene, durante il primo intervento, al di là delle posizioni ivi espresse, ad attirare l'attenzione delle deputate e dei deputati su quello su cui stiamo discutendo e che ci accingiamo a votare. È la prima volta in 54 anni - o sarà, se ciò succederà, completando l'iter - che si andrà ad incidere con una modifica costituzionale non, come qualcuno ha erroneamente detto poco fa, sulla prima parte della Costituzione, ma sui principi fondamentali che precedono quella prima parte: su uno di quei dodici articoli che segnano i principi basilari della nostra convivenza repubblicana.

In realtà, come un collega poco fa suggeriva a bassa voce - ma l'ho già scritto nei miei appunti - quest'Assemblea - per chi c'era allora, nella XIII legislatura - aveva già approvato in prima lettura (e soltanto in prima lettura, perché poi l'iniziativa legislativa si arenò al Senato) un testo identico a quello approvato a larghissima maggioranza dalla I Commissione in sede referente. Specifico questo perché, come abbiamo già sentito negli altri interventi, tra poche decine di minuti in quest'aula ci sarà un dibattito anche su degli emendamenti, cosa che invece nella XIII legislatura non avvenne. Il voto in prima lettura fu ampio, perché nella seduta del 26 luglio 2000, su 345 presenti, 20 si astennero, la maggioranza era di 163, votarono a favore 298, votarono contro 27. Dunque, 27 contrari, 20 astenuti, 298 favorevoli. Quei 298 non sarebbero stati sufficienti in seconda lettura, quando serve almeno la maggioranza assoluta dei componenti della Camera, meglio i due terzi per evitare ipotesi di ricorso al referendum. Ma la proporzione fra voti contrari, astenuti e favorevoli fa capire che già nella XIII legislatura su questo testo, approvato dalla Commissione, c'era una larghissima maggioranza. Ripeto, non vi fu l'unanimità - perché anche allora vi fu un dissenso da parte di Rifondazione comunista e dei rappresentanti delle minoranze linguistiche e vi furono perplessità di alcuni colleghi, anche dei DS (ricordo Claudia Mancina) - ma la convergenza fu amplissima.

Noi abbiamo nella Costituzione un articolo fondamentale, l'articolo 6, tanto importante che - come ricorda il Presidente Biondi, non perché fosse membro della Costituente, ma perché ha studiato gli atti della stessa, e, comunque, ne è a conoscenza il rappresentante del Governo -, essendo stato originariamente presentato dalla Commissione dei 75, in riferimento al titolo V (quello sul sistema delle autonomie), quest'aula (ma era l'aula della Costituente) decise di portare quella norma dal titolo V della parte seconda della Costituzione, neppure nella prima parte, ma addirittura tra i principi fondamentali, subito dopo un altro articolo fondamentale della Costituzione, l'articolo 5 che recita: «La Repubblica, una e indivisibile,  riconosce e promuove le autonomie locali». Riconosce e promuove: riconosce vuol dire che le autonomie locali hanno una loro dignità originaria, precedente allo stesso ordinamento costituito.

Dopo l'articolo 5 fu introdotto dai costituenti l'articolo 6 che recita: «La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». È un articolo brevissimo - direi icastico - ma che ha un'importanza fondamentale nel nostro testo costituzionale che voglio richiamare proprio nel momento in cui stiamo discutendo questo provvedimento. Insieme ai colleghi Bressa ed Amici, ho presentato una proposta di legge costituzionale che prevede l'introduzione, all'articolo 12 (concernente la bandiera) di un secondo comma che prevede il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale. Tale principio - come tutti sappiamo - è già contenuto nel nostro ordinamento, ma che i costituenti - come è stato ricordato - non ritennero, nel 1946-47, di introdurre nella Costituzione.

I costituenti, ritennero, invece, di introdurre, nel testo costituzionale, l'articolo 6, perché provenivamo da vent'anni di regime fascista che aveva sistematicamente conculcato il diritto delle minoranze linguistiche - ricordo, in particolare quelle di lingua tedesca e di lingua francese - di utilizzare la propria lingua. Vent'anni di oppressione delle minoranze linguistiche da parte del regime fascista portò tutti i costituenti ad introdurre, fra i principi fondamentali della Costituzione, con riferimento alla Repubblica nel suo insieme, non solo allo Stato, la previsione che la Repubblica tutela (non «può tutelare», ma tutela: un precettivo), con apposite norme, le minoranze linguistiche.

Ci sono volute tredici legislature - lo ripeto - tredici, fino alla precedente (a parte gli statuti speciali che hanno garantito questa tutela, in particolare, in Val d'Aosta e nel Trentino-Alto Adige/Südtirol, già in precedenza) affinché il Parlamento repubblicano arrivasse ad approvare definitivamente una prima legge (dico «prima» perché probabilmente saranno necessari altri provvedimenti legislativi in futuro) di tutela delle minoranze linguistiche storiche, in attuazione finalmente dell'articolo 6 della Costituzione: la legge 15 dicembre 1999, n. 482.

Sono state necessarie molte legislature per arrivare, nella scorsa legislatura, assai feconda da questo punto di vista, ad approvare anche una specifica legge - dopo una feroce, ma vana, per fortuna, opposizione da parte del gruppo di Alleanza nazionale e di altri gruppi del Polo di allora - di tutela della minoranza slovena nel Friuli-Venezia Giulia: la legge - se non ricordo male - n. 38 del 2001.

Ma aggiungo anche (perché la XIII legislatura è stata feconda sotto questo profilo) l'approvazione - nel quadro della legge di riforma dei cinque statuti speciali, in materia di forma di Governo e di legge elettorale, nell'ambito dell'articolo 4, riguardante la riforma dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol - di norme a tutela delle minoranze linguistiche anche nella provincia autonoma di Trento, analogamente a quanto già previsto dallo statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol per quanto riguarda la provincia di Bolzano.

La tutela riguarda le minoranze linguistiche della provincia autonoma di Trento - ladini, mocheni e cimbri -, anche se piccole (è piccolissima quella cimbra, la cui lingua si parla tuttora nel comune di Luserna, mentre la lingua mochena si parla nella Valle del Fersina e quella ladina, come tutti sanno, nella Val di Fassa).

PRESIDENTE. C'è anche l'albanese.

MARCO BOATO. Queste minoranze linguistiche non erano tutelate nello statuto speciale d'autonomia e l'importante riforma approvata nella scorsa legislatura, sia pure riferita ad una piccola porzione del territorio, ha completato quel quadro. Quella era una legge quadro su tutte le minoranze linguistiche storiche, una legge specifica di tutela della minoranza slovena nell'ambito di una legge costituzionale (quale è quella di approvazione dello statuto speciale d'autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol), di tutela delle minoranze  linguistiche anche nella provincia autonoma di Trento.

In quella cornice, si capisce perché (e, personalmente, condivisi questa scelta già nella scorsa legislatura) diventava possibile e maturo l'inserimento in Costituzione, all'articolo 12, del riconoscimento - che, ripeto, c'è già nell'ordinamento - della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica. Perché? Perché questo riconoscimento non permetterà ad alcuno - e non dovrà permetterlo - di manomettere i diritti riconosciuti alle minoranze linguistiche e anche il diritto (nei territori dov'è riconosciuto) all'uso parificato, ad esempio, della lingua tedesca e francese o di quella slovena (là dove questo riconoscimento sia previsto). Nessuno potrà e dovrà mettere in contraddizione il nuovo secondo comma dell'articolo 12 della Costituzione (se la proposta di modifica, di revisione costituzionale completerà il suo iter) con il principio sancito dall'articolo 6, le cui origini storiche ho ricordato poc'anzi. Si perverrà, così, ad un sistema costituzionale avente qualche analogia con quello della vicina, confinante ed amica Repubblica austriaca (che è una Repubblica federale).

La Costituzione austriaca, infatti, all'articolo 8, recita: «La lingua tedesca è la lingua ufficiale della Repubblica, senza pregiudizio dei diritti che la legislazione federale riconosce alle minoranze linguistiche». Questo è il disposto dell'articolo 8 della legge fondamentale della Repubblica austriaca.

Ebbene, ciò che nella Costituzione austriaca è contenuto, in sintesi, in un unico articolo, una volta approvata questa modifica dell'articolo 12, sarà contenuto, nella nostra Costituzione, nel principio di cui all'articolo 6, che risale al 1948 e in quello che inseriremo nell'articolo 12: la tutela delle minoranze linguistiche, da una parte e, in modo complementare, non contrapposto o alternativo, il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, dall'altra.

La già citata legge n. 482 del 1999, che detta «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» afferma testualmente nell'articolo 1: «La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano». Quindi, quando dico che il principio che proponiamo di inserire nella Costituzione esiste già nell'ordinamento, basta citare questa legge (in realtà, anche altre leggi precedenti lo contengono già, in varia forma: il codice civile, il codice penale, la legge sul notariato ed altre). Il secondo comma del predetto articolo 1 prosegue: «La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge». Quali sono?

L'articolo 2 della legge contenente norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche recita: «In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo». Ecco, questi due primi articoli che abbiamo scritto in I Commissione ed approvato in Parlamento nella scorsa legislatura, in qualche modo, a livello di leggi ordinarie, sono la concretizzazione e l'attuazione sia dell'articolo 6, che ho citato, sia di quel principio che adesso inseriremo nell'articolo 12 della Costituzione. Non condividiamo per questo, signor Presidente, colleghi, le relazioni - lo hanno già ricordato altri colleghi (l'ha ricordato il collega Leoni, se non ricordo male) - che accompagnano le altre due proposte di legge costituzionale presentate, oltre alla nostra, dai deputati di Alleanza nazionale. Il testo è identico, quindi non c'è conflitto. Esse cercano di mettere in contrapposizione - basta leggerle, non le cito, magari le citerò in sede di dichiarazione di voto sugli emendamenti - il riconoscimento della lingua italiana con la forte e doverosa tutela della lingua tedesca prevista dallo statuto del Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle sue norme di attuazione; norme di attuazione che, come tutti sanno, sono norme di rango subcostituzionale;  quindi, nella gerarchia delle fonti, sono sotto le norme di rango costituzionale ma al di sopra di quelle di rango ordinario. Non condividiamo quelle relazioni - ripeto - che, in qualche modo, si contrappongono a quello che è già stato attuato con legge costituzionale o con norme di attuazione, e paventano, colleghi della Lega nord Padania, proposte eventualmente da voi fatte. Leggetevele! Quelle relazioni, oltre alla polemica sciocca con lo statuto del Trentino-Alto Adige/Südtirol, sono tutte improntate ad una polemica preventiva nei vostri confronti. Non so come i colleghi di Alleanza nazionale contempereranno la loro firma a quella proposta di legge - che ha come primo firmatario l'onorevole La Russa - con quella apposta ad un emendamento - secondo firmatario l'onorevole La Russa -, che contraddice esattamente ciò che in quella relazione è contenuto. È affare vostro, è affare della maggioranza che riesce a fare dei baratti politici persino sulle norme costituzionali, a livello di principi fondamentali. E lo dice un deputato - chi parla - che non è contrario, sia pure avendo dei dubbi sulla formulazione tecnico-giuridica che non mi sembra adatta al rango costituzionale, a ciò che è contenuto in quell'emendamento, che discuteremo dopo avere esaurito questa fase di dibattito e di cui comunque si è già cominciato a discutere.

Credo che il fatto di condividere l'introduzione del comma 2 dell'articolo 12, che prevede il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, oltre ad essere - come ho già detto più volte - complementare alla previsione dell'articolo 6 (la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche), debba essere anche messo in relazione - per togliergli qualunque significato nazionalistica - con un significato di identità dell'Italia dal punto di vista linguistico. Ma non ha alcun significato nazionalistico, e questo lo si capisce leggendo l'articolo 2 della Costituzione, sempre nei principi fondamentali: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (...)». E uno dei diritti inviolabili dell'uomo è rappresentato dall'identità linguistica, quale essa sia. L'articolo 3 della Costituzione, molto più dettagliato al riguardo, recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».

I costituenti, quando hanno scritto il fondamentale articolo 3 della Costituzione, hanno parlato di pari dignità sociale e di eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di lingua e, nel secondo comma, hanno dato mandato alla Repubblica di rimuovere gli eventuali ostacoli al principio di uguaglianza. Ma non basta. Come abbiamo visto, l'articolo 2 della legge n. 482 del 1999 recita: «In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali». La relatrice - che ringrazio per il lavoro svolto - nella sua pregevole relazione all'Assemblea ha giustamente ricordato sia la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, sia l'articolo 27 del Patto internazionale, relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977 n. 881 che stabilisce che in quegli Stati nei quali esistano minoranze etniche, religiose o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione di usare la propria lingua. Queste citazioni del testo Costituzionale (articolo 2, 3 e 6), della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie e del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici ci fanno capire perché ho più volte affermato che introdurre all'articolo 12 il riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale non limita, non deve limitare, in alcun modo, la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche ed anche la parificazione della lingua di queste minoranze, laddove le leggi positive dell'ordinamento lo prevedano.

Dunque, signor Presidente, onorevoli colleghi, insieme al collega Bressa ed alla  collega Amici abbiamo presentato questa proposta di legge costituzionale con l'intenzione - convergente con altri gruppi ma con diversissima motivazione, che esclude, da parte nostra, qualunque portata nazionalistica - di portare a livello costituzionale un principio già riconosciuto nell'ordinamento, nella consapevolezza che tale principio è complementare e non alternativo agli articoli costituzionali citati ed ai patti internazionali sottoscritti dall'Italia. Sarebbe un gravissimo errore fare di questa occasione un'occasione di malinteso nazionalismo. È invece l'occasione per un rafforzamento, anche a livello costituzionale, dell'identità linguistica nel nostro paese nel contesto sia del pieno rispetto delle diversità linguistiche e culturali sia della specifica e doverosa tutela delle minoranze linguistiche compresa, ove prevista, la parificazione nell'uso della lingua minoritaria.

Vi sono poi altri problemi che si aprono in relazione, come ho già accennato, agli emendamenti. Condividiamo gli emendamenti che il collega Zeller e gli altri appartenenti alla componente delle minoranze linguistiche del gruppo misto hanno presentato, li voteremo se verranno mantenuti all'attenzione dell'Assemblea ma vogliamo, fin d'ora, rendere esplicito - perché questo nostro dibattito costituirà in futuro gli atti preparatori di quella modifica costituzionale e quindi quella modifica dovrà essere letta anche alla luce di questo dibattito - che, pur condividendo quegli emendamenti, l'eventuale reiezione da parte dell'Assemblea nulla toglierà alla portata delle norme costituzionali già vigenti in materia di tutela delle minoranze linguistiche. Quegli emendamenti tendono ad ulteriori specificazioni; i colleghi li hanno presentati e noi voteremo a favore, però, l'eventuale reiezione da parte dell'Assemblea vorrà dire soltanto - come penso la relatrice specificherà in sede di parere sugli emendamenti - che l'Assemblea li ritiene già compresi nella copertura costituzionale dell'articolo 2, 3 e soprattutto dell'articolo 6.

In ogni caso il dibattito sugli emendamenti, ed in particolare sull'unico emendamento sul quale mi pare si profili un parere favorevole, sarà rinviato ad una fase successiva dei nostri lavori. In questa fase mi limito, pertanto, al testo che abbiamo presentato e che è anche il testo che la I Commissione ha presentato all'Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, mi scusi, le chiedo una precisazione: lei ha accennato due volte alla prosecuzione dell'esame di questo disegno di legge, con il voto sugli emendamenti presentati, nella giornata di domani?

MARCO BOATO. No, signor Presidente, ho parlato di fase successiva dell'esame del provvedimento. Non ho detto, e neppure penso, ad una prosecuzione dell'esame nella giornata di domani. Oltretutto non mi sostituirei mai al Presidente nell'assolvimento di un suo compito.

PRESIDENTE. Onorevole Boato, le chiedo scusa, evidentemente avevo capito male. Comunque era solo per una precisazione.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Brugger. Ne ha facoltà.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, questa proposta di legge lascia noi rappresentanti delle minoranze linguistiche alquanto perplessi, perché la riteniamo inutile, in quanto pleonastica, ed anche per certi versi pericolosa. È inutile, lo ricordavano anche altri colleghi intervenuti prima di me, perché per oltre cinquant'anni nessuno ha mai messo in dubbio che la lingua ufficiale in Italia non fosse l'italiano. Si tratta di una cosa talmente ovvia che anche i costituenti, anche ciò è stato ricordato, non hanno ritenuto di dover scrivere una tale norma in Costituzione.

Da dove deriva allora questa esigenza? Nasce significativamente dalla legge generale sulle minoranze linguistiche; nella precedente legislatura Alleanza nazionale chiese con forza che a tale provvedimento fosse anteposto un articolo 1 di premessa al testo che, appunto, prevedesse come  ufficiale la lingua italiana. Così fu fatto. Una volta però che con legge ordinaria è stato chiarito tale aspetto, vale a dire il carattere ufficiale della lingua italiana, la ripetizione del principio in Costituzione appare a noi del tutto pleonastica.

Inoltre, la costituzionalizzazione della lingua italiana è, a nostro parere, anche pericolosa: infatti, essa mette in forse l'uso ufficiale delle lingue minoritarie. Ci troveremo cioè con una legge ordinaria che elenca le lingue minoritarie, la quale cozzerà con la previsione di un'unica lingua ufficiale dello Stato, previsione contenuta, appunto, nella Costituzione, che sappiamo essere fonte di rango superiore. Il pericolo di interpretazioni arbitrarie riguarda non tanto le minoranze francofone in Valle d'Aosta - Vallée d'Aoste - e quella germanofona in provincia di Bolzano, Trentino-Alto Adige/Südtirol (dove l'uso ufficiale del francese e del tedesco, come è stato ricordato, è parificato e consacrato negli stessi statuti di autonomia che hanno carattere costituzionale), ma riguarda soprattutto le minoranze riconosciute con legge ordinaria. In pericolo, dunque, sono proprio le minoranze meno tutelate, e tale intenzione traspare in modo esplicito dalla relazione che accompagna i disegni di legge Angela Napoli e La Russa ed altri, dove testualmente si afferma che la proposta mira, tra l'altro, a prevenire situazioni critiche (come nelle predette regioni a statuto speciale) e costituirebbe un antidoto a non meglio specificate tendenze secessioniste. Questa è la realtà delle cose e ciò va ricordato.

Secondo noi, la presente proposta di legge costituzionale lascia quindi aperti grossi dubbi che non sono stati risolti, anche se anch'io voglio dare atto alla collega Mazzoni dei notevoli sforzi compiuti per migliorare il testo originario. Abbiamo presentato diverse proposte emendative proprio per salvaguardare, in questo contesto, il principio della tutela delle minoranze. Purtroppo la maggioranza, in Commissione, ha respinto tutti i nostri emendamenti, e l'unico che ha avuto parere favorevole da parte del Comitato dei nove - non presentato da noi - cioè l'emendamento Cè 1.26, a nostro giudizio è molto limitativo, perché la sua formulazione è del tutto generica e giuridicamente approssimativa.

In conclusione devo constatare, con rammarico, che l'Italia pare non seguire l'esempio del Belgio, dell'Austria, dell'Irlanda, della Finlandia ed anche della Spagna, paesi che hanno riconosciuto l'ufficialità anche di altre lingue. Per questo motivo anticipo fin d'ora il voto contrario dei deputati del gruppo Misto-Minoranze linguistiche a questa proposta di legge (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche e della Margherita, DL-l'Ulivo).

MAURA COSSUTTA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché il Parlamento (e non solo l'opposizione) attende che il Presidente del Consiglio venga a rispondere all'interpellanza presentata dall'opposizione in merito alle gravissime e inaudite dichiarazioni di corresponsabilità del sindacato rispetto agli atti terroristici.

Signor Presidente, poiché era stata garantita anche la diretta televisiva, vorrei sapere da lei ed evidentemente anche dal Presidente Casini quale sia l'ordine democratico dei lavori di un Parlamento che è, appunto, democratico e che, in quanto tale, si aspetta la presenza del Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevole Cossutta, di fronte ad un'interpellanza (forse due), il Governo ha il dovere e il diritto di rispondere e può farlo con i soggetti che possono avere con il Parlamento i rapporti che il Parlamento stesso richiede e che il Governo sceglie.

Per quanto riguarda l'ordine dei lavori, sulla presenza di un soggetto piuttosto che di un altro sono informato tanto quanto lei. Tra poco arriverà il Presidente Casini che potrà meglio precisare le modalità con le quali si svolgerà questo dibattito.

Desidero, però, dire fin d'ora che quando il Governo è autorevolmente rappresentato, ad esempio, dal ministro per i rapporti con il Parlamento, quest'ultimo ha con il Parlamento i rapporti che il Governo gli assegna. In merito a ciò mi pare non ci debbano essere discussioni (Applausi di deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 19,45)

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vorrei solo fare il punto sui nostri lavori.

Nella giornata di oggi sono stati ripetutamente assunti alcuni impegni e, naturalmente, di ciò non attribuisco responsabilità a nessuno perché non ci stiamo divertendo ma stiamo discutendo di leggi molto importanti che costituiscono anche punti qualificanti di un programma legislativo.

Tuttavia, poiché vi è l'impegno specifico (che è condizione per il passaggio al punto all'ordine del giorno relativo alle comunicazioni del Governo) di terminare l'esame di questo punto all'ordine del giorno e di quello successivo e poiché la televisione, seppure pubblica, non è a disposizione della Camera e non può rivoluzionare i palinsesti ogni dieci minuti (avendo ricevuto da noi una comunicazione per le ore 19, aggiornata alle ore 20), considerato che alle ore 20 sarà difficile passare al punto relativo alle comunicazioni del Governo, penso che la cosa migliore sia chiedere che la televisione... che la televisione... Scusate, può capitare anche a me!

PIERGIORGIO MASSIDDA. È il bello della diretta!

PRESIDENTE. Dicevo che la cosa migliore è di trasmettere in differita le comunicazioni del Governo e il relativo dibattito questa sera, in seconda serata, il che è assolutamente inevitabile per terminare adesso questi due punti all'ordine del giorno. Vi prego, pertanto, di procedere nei lavori.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Così si finisce a mezzanotte!

PRESIDENTE. Finirà quando finirà, onorevoli colleghi. Non è certamente colpa del Presidente se adesso siamo qui a discutere. Onorevole Russo Spena, non apra un dibattito su questo. Ho solo dato una comunicazione. Prego, onorevole Russo Spena.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, intervengo brevemente anche se il tema meriterebbe molto più tempo. Vorrei esprimere una preoccupazione: so benissimo, come diceva il Presidente di turno Biondi, che ogni membro del Governo e il ministro per i rapporti con il Parlamento rappresentano tutto il Governo, ma qui dobbiamo andare oltre...

PRESIDENTE. Onorevole Russo Spena, mi scusi, ma parleremo di tale argomento quando arriveremo al relativo punto all'ordine del giorno.

Riprendiamo ora gli interventi sull'articolo unico del testo unificato delle proposte di legge costituzionale e sul complesso delle proposte emendative ad esso presentate.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Colasio. Ne ha facoltà.

ANDREA COLASIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che a nessuno di noi sfugga, o quanto meno sarebbe stato auspicabile ed opportuno che a nessuno di noi sfuggisse, il fatto che stiamo affrontando un tema ed intervenendo su una questione di rilievo strategico e culturale. Ciò avviene non solo, come rilevava il collega Boato, perché stiamo riscrivendo il dettato costituzionale, ma perché - e va sottolineato - nel fare questo stiamo intervenendo su quella parte della Costituzione che definisce i principi fondamentali. Vorrei aggiungere che nel farlo stiamo  intervenendo su un articolo, l'articolo 12 appunto, carico di significati simbolici. Che altro è la bandiera, colleghi, se non epos, trasfigurazione simbolica della nostra memoria storica, il simbolo, quindi, di una storia comune, la conferma di un passato comune?

Modificare oggi l'articolo 12 della nostra Costituzione significa, allora, integrare una norma costituzionale - lo ripeto, colleghi - profondamente carica di implicazioni simboliche. Dispiace che questo dibattito avvenga con modalità e tempi che non sono congruenti rispetto all'importanza di ciò che stiamo per fare. Tali dimensioni simboliche rinviano alla dimensione dell'identità collettiva, all'identità degli italiani che si riconoscono in quella bandiera. Ci si muove, colleghi, su un terreno delicato, quello dell'identità collettiva degli italiani. Vedete, proprio perché noi della Margherita siamo convinti che l'identità degli italiani rinvii ad un etnos la cui natura è complessa, composita, molecolare, crediamo si debba procedere con intelligenza politica. Non ci si può dividere, colleghi della maggioranza, anche su ciò che attiene alla definizione dell'identità della nostra comunità nazionale: ciò è sbagliato, non ha senso. La memoria collettiva, la bandiera, la nostra storia comune, l'epos, con le altre componenti costitutive della nostra identità, il genos, il logos, la lingua e non certo da ultimo - lo dico ai colleghi della Lega - l'oikos, la terra, il territorio definiscono la nostra identità collettiva.

Sbaglia, colleghi, chi pensa ad un'identità che si fondi esclusivamente sul sangue e sulla terra, ve lo dico con chiarezza, ma sbaglia...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di ascoltare con attenzione l'onorevole Colasio che sta facendo un intervento importante.

Prego, onorevole Colasio.

ANDREA COLASIO. Ma sbaglia, colleghi, egualmente chi pensa che le identità territoriali siano una sorta di elemento residuale. Le identità, le diversità regionali non sono certo una persistenza residuale, un incidente di percorso sulla storia della modernizzazione, una fastidiosa persistenza delle tradizioni. Al contrario, colleghi, tutto ciò è costitutivo della nostra identità collettiva.

È a noi tutti noto, del resto, che la formazione ed il consolidamento dello Stato nazione in Italia sono stati processi tardivi, qualcuno potrebbe dire anche incompiuti. Allo stesso modo ci è chiaro che l'assimilazione e l'omologazione linguistica sono processi che, pur nel loro dispiegarsi, hanno trovato forti resistenze a livello di comunità e di società locali.

Va detto con chiarezza: la stragrande maggioranza degli italiani oggi non esita a definirsi molto orgogliosa di essere italiana e questo, colleghi, tanto nel profondo nord-est che in Calabria, in Toscana, in Lombardia, come in Sicilia. Ecco, allora, il punto politico: questa identità italiana non è un'identità esclusiva, non confligge con altre identità politiche e con altre appartenenze. Quindi, italiani sì, ma al tempo stesso orgogliosi - questo è quanto denotano le ultime ricerche sul campo - di essere siculi, veneti, lombardi, lucani. L'identità è plurima, le identità non si elidono, coesistono. Dentro questa identità trova il suo grande spazio l'identità europea, il nuovo oikos, il nuovo territorio, prima ancora che politico culturale, che dobbiamo costruire.

L'onorevole Selva spesso ama citare il Placito di Capua, l'atto del 961 che definisce lo statuto giuridico dell'abbazia di Montecassino «Sao ko kelle terre» come momento genetico della lingua italiana che si emancipa dalla lingua latina.

Alcuni colleghi della Lega ci ricordano spesso che con la lingua veneta venivano redatte le relazioni degli ambasciatori veneti al Senato e anche questo costituisce un fatto culturale. Colleghi, credo che sia, però, non meno pertinente, sul piano politico, ricordare che il nostro sistema politico, ahimè, è stato attraversato da linee di frattura politiche, culturali ed ideologiche profonde che, di fatto, hanno impedito - e di questo dovremmo discutere oggi - il formarsi di una cultura civica, di una  revisione civile (per dirla all'americana) e di un comune senso di appartenenza alla comunità politica.

Il prefetto prima e il partito di massa ideologico, ahimè, spesso hanno costituito l'alternativa ai fattori di unificazione nazionale e ciò costituisce un problema. Colleghi, non si può eludere il problema della nostra identità italiana oggi in Europa e se è vero che - come ricordava de Tocqueville - il federalismo non si risolve in una teoria giuridica dello Stato, è non meno vero che ne consegue che, senza società federale, non vi è federalismo: questo è il senso degli emendamenti presentati dai deputati del gruppo della Margherita.

Allora, se non possiamo non costituzionalizzare - ma noi siamo titubanti - la lingua italiana, non possiamo - ed è qui che state sbagliando - gerarchizzare le identità. I colleghi delle minoranze etniche l'hanno sottolineato poco fa: non possiamo gerarchizzare le identità perché queste ultime non si misurano, non sono negoziabili.

Vorrei ricordare che nella precedente legislatura - lo ricordava l'onorevole Boato - questo Parlamento e l'Ulivo hanno approvato una legge importante, la legge n. 482 del 1999, sulle minoranze linguistiche: si tratta di un provvedimento che segna e conclude in positivo il nostro ruolo in Europa.

Colleghi, l'Europa è e resta, ma soprattutto dovrebbe restare, l'orizzonte strategico che oggi guida la nostra azione. Siamo, quindi, perplessi perché oggi si sta piegando una scelta politico-culturale a basse esigenze di mediazione politica e a contingenze politiche. Stiamo sbagliando e, quindi, invitiamo la maggioranza a ripensare seriamente alle decisioni che sta assumendo: non dovete svilire una scelta che è la porta con cui entriamo in Europa.

Noi vogliamo entrare in Europa non dalla porta di servizio, ma da quella principale: con le decisioni che state assumendo, ahimè, ci fate entrare dalla porta di servizio (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ERMINIA MAZZONI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti, ad eccezione dell'emendamento Cè 1.26, sul quale la stessa esprime parere favorevole.

Vorrei precisare che la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Mascia 1.23 perché non ritenuto fondato e su tutti gli altri emendamenti si esprime parere contrario perché, come ampiamente spiegato nella relazione e nel corso del dibattito, tutto ciò che si propone di ribadire con gli stessi è già contenuto nel dettato costituzionale.

PRESIDENTE. Il Governo ?

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore tranne che per l'emendamento Cè 1.26, sul quale si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 1.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 377

Votanti 372

Astenuti 5

Maggioranza 187

Hanno votato 23

Hanno votato no 349).

Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Bimbi non ha funzionato e che avrebbe voluto esprimere un voto contrario. I deputati verdi che hanno partecipato alla votazione hanno erroneamente  espresso il loro voto, mentre tutti avrebbero voluto esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Zeller 1.5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, se c'è una persona in quest'aula che usa sempre con parsimonia il proprio tempo è l'onorevole Boato.

MARCO BOATO. Signor Presidente, volevo sottolineare che esprimere un urlo di disapprovazione quando si stanno cambiando i principi fondamentali della Costituzione è un po' strano.

Comunque, i Verdi, e spero anche altri colleghi, esprimeranno un voto favorevole sull'emendamento Zeller 1.5 e - se lei me lo consente, così non riprenderò la parola - anche sugli emendamenti Zeller 1.4 e 1.25.

Avendo la relatrice espresso parere contrario, suppongo che non verranno accolti dall'Assemblea ma vorrei sottolineare le motivazioni che la stessa ha fornito e che sono anche le nostre nell'esprimere un voto favorevole.

Noi condividiamo tali emendamenti e saremmo felici che uno di questi venisse approvato. Tuttavia, la reiezione da parte dell'Assemblea non comporta la reiezione del loro contenuto perché - come giustamente ha affermato la relatrice - si intende che quelle norme sono comunque previste e tutelate già dal testo costituzionale, in particolare dall'articolo 6 e dall'articolo 3 della Costituzione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 1.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 380

Votanti 287

Astenuti 93

Maggioranza 144

Hanno votato 66

Hanno votato no 221).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 1.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 389

Votanti 295

Astenuti 94

Maggioranza 148

Hanno votato 70

Hanno votato no 225).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 1.25, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 389

Votanti 297

Astenuti 92

Maggioranza 149

Hanno votato 70

Hanno votato no 227).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bimbi 1.24.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.

FRANCA BIMBI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, questo emendamento si iscrive nella rivendicazione del diritto alla  diversità culturale e linguistica, che proprio la sempre maggiore integrazione dell'Europa ci richiede.

L'emendamento è stato ispirato dalla Carta dei diritti fondamentali degli europei presentata a Nizza, che contiene il riferimento alla dignità di tutte le diversità linguistiche presenti nell'Unione. La dignità è il primo dei valori fondamentali indicati dalla Carta perciò, l'averla riferita alle diversità linguistiche, attribuisce ad esse un riconoscimento che dobbiamo tenere nel debito conto.

Ma in quali scenari si colloca, oggi, il concetto di dignità delle diversità linguistiche? Intanto, in una pari dignità. C'era davvero bisogno, dopo Maastricht e Nizza, dopo l'inizio di un percorso che speriamo ci porterà ad una Costituzione europea cui cederemo parte della nostra sovranità di Stati nazionali, di dichiarare l'italiano lingua ufficiale della Repubblica? Non credo; almeno non con la forma e le motivazioni di alcuni dei presentatori delle proposte di legge.

È giusto riconoscere e darle valore dopo la rilevanza che l'articolo 6 attribuisce alle cosiddette minoranze linguistiche che sono - è bene ricordarlo - maggioranze culturali in uno specifico territorio? È giusto riconoscere e dare valore a tutte le diversità culturali presenti nelle macroaree culturali che fanno riferimento agli Stati nazionali e non solo?

Con l'integrazione europea ci rendiamo sempre più conto - anche io che sono nata in Toscana - che i cittadini italiani parlanti germanico fanno parte pienamente non solo della koinè italiana, ma anche della maggiore area culturale e linguistica dell'Europa.

Questo esempio ci fa comprendere che insistere su una sovrapposizione tra lingua e Stato non rende conto della domanda di riconoscimento delle differenze che sta nella storia europea di oggi, mentre era tacitata fino a ieri.

La separazione tra identità linguistica e simbologia dello Stato era nota almeno dal cinquecento, quanto meno nella Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1509 la Serenissima Repubblica pose per prima il nome dell'Italia sulle sue insegne, proprio nella battaglia di Agnadello, cercando di convincere gli altri Stati italiani a contrastare le potenze europee e il papato.

La Liga veneta, purtroppo, ha fondato parte del proprio rancore su questa memoria, in quanto non ha ricordato la distinzione tra unità culturale e unità politica che la Repubblica veneta mostrò già allora di comprendere.

Se sono convinta che l'italiano, dal 1200 in poi, si esprime come lingua universale sul piano culturale, non sono affatto convinta che lo diventi di più con la sua istituzionalizzazione come lingua ufficiale della Repubblica.

Cosa vuol dire lingua universale? Lo ha scritto Bourdieu, un anno fa in una pagina di Le Monde, durante il dibattito su Seattle. Il suo manifesto su Le Monde in difesa della differenza culturale ci ha fatto comprendere che l'universalismo sta nell'italiano di Dante, di Petrarca, nel francese di Molière e di Foucault, nel germanico di Freud e di Thomas Mann, nell'inglese di Shakespeare, ma anche nel russo di Dostoevskij.

Qui si fonda la koinè europea, come nella lingua veneta che ho imparato in questi trent'anni. Ma in questa prospettiva non può darsi nessuna gerarchia di valore fra le diversità linguistiche presenti nel territorio che non si fondi sull'uso e sulla reciproca conoscenza.

Ritorniamo alla Carta dei diritti fondamentali degli europei: tutte le diversità linguistiche hanno pari dignità. Senza questa specificazione che si riferisce all'italiano, alle cosiddette minoranze linguistiche - che minoranze non sono -, alle lingue regionali, ma anche agli antichi e nuovi gruppi linguistici, non mi sentirei affatto di esprimere un voto favorevole sulla proposta di modifica dell'articolo 12 della Costituzione come è stata formulata (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, anche in questo caso sarò brevissimo. La componente dei Verdi esprimerà un voto favorevole - e invitiamo gli altri a fare lo stesso - sugli emendamenti presentati dalla collega Bindi e dal collega Colasio e sottoscritti da molti altri colleghi della Margherita e delle minoranze linguistiche. Farò quindi un'unica dichiarazione di voto sugli emendamenti Bimbi 1.24 e Colasio 1.1, 1.2 e 1.3.

Condivido pressoché totalmente ciò che la collega Bimbi e, prima, il collega Colasio hanno detto, salvo il fatto che mi pare implicito nella loro posizione: il rigetto del testo principale che noi invece abbiamo presentato e sul quale esprimeremo un voto favorevole. Anche in questo caso, vorrei sottolineare che l'eventuale reiezione di questi emendamenti da parte dell'Assemblea non implica la mancata condivisione di ciò che vi è contenuto, ma riguarda la loro collocazione all'interno dei principi fondamentali della nostra Carta costituzionale.

Credo sia importante dirlo: basta leggere questi emendamenti per capire l'importanza dei contenuti normativi che vi sono espressi. Quindi, invitiamo i colleghi ad esprimere un voto favorevole sugli emendamenti Bimbi 1.24 e Colasio 1.1,1.2 e 1.3. Signor Presidente, le chiederò la parola quando passeremo alla votazione dell'emendamento Cè 1.26.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bimbi 1.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 374

Votanti 293

Astenuti 81

Maggioranza 147

Hanno votato 71

Hanno votato no 222).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 394

Votanti 306

Astenuti 88

Maggioranza 154

Hanno votato 77

Hanno votato no 229).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 388

Votanti 307

Astenuti 81

Maggioranza 154

Hanno votato 81

Hanno votato no 226).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Colasio 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 396

Votanti 314

Astenuti 82

Maggioranza 158

Hanno votato 85

Hanno votato no 229).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Cè 1.26.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo sull'ultimo emendamento, sul quale la Commissione ha espresso parere favorevole, mentre il Governo si è rimesso all'Assemblea. L'emendamento Cè 1.26 ha suscitato perplessità in quest'aula e in parte ne ho fatto cenno anch'io; tuttavia, propongo di esprimere su di esso un voto favorevole, come farà la componente dei Verdi. Leggo il testo dell'emendamento Cè 1.26: «la Repubblica valorizza gli idiomi locali».

Esprimo un'obiezione sulla terminologia tecnico-giuridica adottata che tuttavia non mi spinge ad esprimere un voto contrario. Visto che siamo all'inizio della legislatura e, quindi, è possibile un ripensamento, mi auguro che il Senato rifletta su questo aspetto e concretizzi il principio con una terminologia tecnico-giuridica diversa. Però, credo sia sbagliato da parte nostra esprimere un voto contrario su questo emendamento: una volta affermato il principio che la lingua italiana è la lingua ufficiale e riconosciuto ciò che è scritto nell'articolo 6 della Costituzione sulla tutela delle minoranze linguistiche, compresa la parificazione dell'uso della lingua nei casi in cui sia previsto dagli statuti, dalle norme di attuazione o da altre leggi della Repubblica, sarebbe sbagliato respingere questo emendamento.

Credo si debba essere trasparenti in quest'aula; pertanto, mi rivolgo ai colleghi della Casa delle libertà. L'emendamento Cè 1.26 è sottoscritto, tra gli altri, dagli onorevoli La Russa, Volontè e Saponara. Vedo che tra di essi vi è Saponara, illustre collega della I Commissione, ma non il presidente del gruppo di Forza Italia; invece, ci sono i presidenti dei gruppi di Alleanza nazionale, dell'UDC e della Lega nord. Nella proposta di legge costituzionale firmata dal collega La Russa e sottoscritta da tutti i deputati di Alleanza nazionale, dopo avere scioccamente polemizzato con la tutela della minoranza linguistica tedesca nel Trentino-Alto Adige/Südtirol, in particolare nella provincia di Bolzano, si afferma: tale esempio - quello del Trentino-Alto Adige/Südtirol - ci obbliga a prevenire situazioni critiche analoghe nel momento in cui i più recenti orientamenti autonomisti portassero a valorizzare la lingua o il dialetto di altre comunità minoritarie o di altre aree geografiche del territorio della Repubblica.

In altre parole, il collega La Russa nel testo della sua relazione dice l'opposto di quanto previsto nell'emendamento Cè 1.26, che, per ragioni di compromesso politico fra Lega nord Padania, Alleanza nazionale e altre componenti della Casa delle libertà, oggi ha sottoscritto, addirittura come secondo firmatario.

Io credo che questo non sia l'itinerario migliore per arrivare a inserire una norma tra i principi fondamentali della Costituzione. È un pasticcio politico fatto fra le istanze della Lega nord Padania, legittime, anche se a volte espresse in modo discutibile, e la posizione esattamente opposta di Alleanza nazionale espressa nella relazione che accompagna un testo che condividiamo, tanto è vero che ne abbiamo presentato uno identico. È un pasticcio.

Nonostante questo, siccome il testo dell'emendamento recita «La Repubblica valorizza gli idiomi locali», che diventa il terzo comma dell'articolo 12, dopo il secondo che recita «La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica», noi lo riteniamo comunque un elemento positivo, di valorizzazione delle pluralità linguistiche, che va anche nella direzione degli interventi che la collega Bimbi e il collega Colasio hanno svolto. Quindi, si tratta di un arricchimento del testo costituzionale che, sotto questo profilo, non ci vede contrari e su cui voteremo in senso favorevole, anche se siamo molto, molto perplessi sulla formulazione di questo emendamento ed affidiamo al Senato - augurandomi che ciò si verifichi, visto che, lo ripeto, avremo tutto il tempo in questa legislatura di ritornare su questo argomento - il compito di meglio affinare questa norma. Un voto contrario avrebbe il sapore del disconoscimento del suo  contenuto (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di stare tutti tranquilli!

MARCO BOATO. Neanche quando uno vota a favore di un loro emendamento stanno tranquilli. Questo è il livello intellettuale che hanno alcuni colleghi che stanno alle mie spalle!

Comunque, ripeto, nonostante le polemiche sciocche che stanno facendo, io confermo il voto favorevole, ma anche il totale dissenso sul compromesso politico attraverso cui si è arrivati alla formulazione tecnico-giuridica di questo testo che, mi auguro, verrà modificata dal Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che questo emendamento, concordato dalla maggioranza, smentisce totalmente l'assunto stesso delle proposte di legge presentate dall'onorevole La Russa e dall'onorevole Angela Napoli. Noi non siamo disposti a partecipare a questo gioco di equilibri tra le forze della maggioranza, al di là del contenuto stesso dell'emendamento, che francamente passa in secondo ordine. Mi sembra che quello che oggi bisogna condannare sia il fatto che su alcune norme fondamentali, come i principi della Costituzione, ci siano equilibrismi di questo tipo.

Noi siamo contrari a modificare i principi fondamentali della Costituzione e siamo stati d'accordo solo ed esclusivamente sull'affermazione del principio della lingua italiana come lingua ufficiale. Consideriamo ogni altra norma sovrabbondante, ritenendo che le tutele delle minoranze e degli idiomi locali siano già ricomprese negli articoli 5 e 6 della Costituzione. Pertanto, voteremo contro l'emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Signor Presidente, l'onorevole Boato ha sottolineato l'errore tecnico-giuridico di questo emendamento. Vorrei un po' di attenzione dall'onorevole Boato, perché credo che qui stiamo commettendo un errore drammatico. Nella lingua italiana, idioma vuol dire lingua peculiare di una nazione, con una sottolineatura enfatica. Può anche voler dire dialetto, parlata regionale o anche, nel significato etimologico originario, quello usato da Dante, un modo particolare di parlare. C'è un verso di Dante che recita «consolando, usava l'idioma che prima i padri e le madri trastulla»; un modo di parlare. Comunque, il significato primario è questo: lingua peculiare di una nazione.

Noi introduciamo in Costituzione l'esistenza di una pluralità di nazioni sul territorio italiano, ciò in contrasto con la stessa Carta fondamentale della Repubblica, la quale, una sola volta usa il termine «nazione», al singolare, riferendosi alla nazione italiana (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo). Si tratta dell'articolo 9, il quale afferma che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione.

Come possiamo conciliare il contenuto costituzionale, che fa riferimento a volte allo Stato, a volte alla Repubblica e, comunque, alla nazione italiana? Noi introduciamo surrettiziamente, senza accorgercene, senza che l'onorevole La Russa comprenda quello che scrive e controscrive...

IGNAZIO LA RUSSA. Vergogna, vergognati!

ANTONIO SODA. ...e senza che la relatrice comprenda la portata di questo emendamento. Noi affermiamo che esistono nella nostra Repubblica una pluralità di nazioni, il che mi sembra non sia nella coscienza, nella volontà e nella natura del popolo italiano.

Evitiamo, quindi, di scrivere delle scempiaggini, delle stupidaggini.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, volevo tranquillizzare il collega che mi ha preceduto: non sarò intelligentissimo ma capisco quello che scrivo e, se non lo capissi, valorizzeremmo gli idiomi locali. Qualche collega che prima è intervenuto ha parlato di sovrabbondanza, ma ciò non ha importanza.

Vedi, caro collega, basta leggere; «idioma» nel vocabolario - in qualunque vocabolario - significa lingua propria di una nazione o di un determinato gruppo etnico, ma significa anche lingua regionale o dialetto parlato in una singola zona od anche, secondo l'etimologia antica, modo di parlare. Non per nulla nel nostro comune emendamento non abbiamo scritto solo «idioma», ma abbiamo scritto - bastava leggerlo tutto - «idioma locale». Non si tratta quindi di una lingua nazionale locale; per «idioma locale» si intende la seconda interpretazione (Commenti del deputato Soda) che vi è in tutti i vocabolari, e cioè lingua locale, dialetto, parlata locale che, secondo noi, vanno valorizzati, non l'abbiamo mai messo in discussione. La somma delle specificità arricchisce la cultura nazionale. Noi di Alleanza nazionale non abbiamo nessun imbarazzo a valorizzare gli idiomi locali, ci fa piacere ed onore (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).

Caro collega, avevi ragione quando in precedenza hai rilevato un'incongruenza nella relazione rispetto al testo dell'emendamento presentato. Sappi che quella relazione rappresenta un omaggio nei confronti di una persona che ci è molto cara; si tratta di colui che, per primo, ha voluto che si arrivasse a questa proposta di legge. Abbiamo conservato la stessa relazione della scorsa legislatura che è stata voluta e scritta da Pietro Mitolo, un deputato che non è più con noi e che abbiamo ritenuto di onorare riportando le sue motivazioni (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia).

MARCO BOATO. Specifica che non è morto (Si ride)!

IGNAZIO LA RUSSA. No, non è morto. Non è presente in aula, è vegeto, ci sta ascoltando ed è felicissimo riguardo all'approvazione di questa legge. Credo che in questo momento abbia incrociato le dita, gli avete dato almeno dodici o ventitré anni di vita.

Cari colleghi, questo emendamento non è frutto di chissà quale losco modo di fare compromessi, è esattamente il frutto... che succede?

MARCO BOATO. Hanno fatto gesti scaramantici.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA. È esattamente il frutto di un convincimento profondo che, vi piaccia o no, rende più forte e più coesa di quanto voi potevate immaginare e sperare la Casa delle libertà, ed anche il rapporto tra la cultura espressa da Alleanza nazionale e quella della Lega e di Forza Italia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cè 1.26, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 392

Votanti 383

Astenuti 9

Maggioranza 192

Hanno votato 221

Hanno votato no 162).

Avverto che il dispositivo di voto dell'onorevole La Russa non ha funzionato e che questi avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Avverto che, consistendo la proposta di legge in un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a a norma dell'articolo 87, comma 5, del regolamento.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 750)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, vorrei esprimere una preoccupazione per la facilità e la superficialità - mi permetto di dirlo - con cui si addiviene alla modifica di un principio fondamentale della Costituzione. Ho cercato nelle relazioni della scorsa legislatura ed anche negli interventi in Commissione le ragioni forti che potessero convincere anche i colleghi del centrosinistra a tale modifica. Ho trovato soltanto spiegazioni deboli perché non vi è alcuna ragione per introdurre nella nostra Costituzione la lingua italiana come lingua ufficiale; vi è, d'altra parte, una salvaguardia ed il riconoscimento, da parte della stessa Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del rispetto delle diversità culturali, religiose e linguistiche. Non vi è, quindi, una ragione europea che richieda tale costituzionalizzazione.

È stato già sottolineato come, peraltro, la costituzionalizzazione di cui si discute rischi di indebolire e persino di contraddire una buona legge, come quella sulle minoranze linguistiche, recentemente approvata.

Aggiungo che, forse, la costituzionalizzazione potrebbe persino entrare in contrasto con il titolo V della Costituzione, laddove si riconoscono alle regioni condizioni e forme particolari di autonomia secondo gli statuti speciali.

Il motivo superiore per cui il gruppo di Rifondazione comunista esprimerà un voto contrario risiede nel messaggio simbolico e culturale che questa norma introduce, nelle ragioni politiche e culturali che nella Costituzione e persino nella Carta europea hanno portato a tenere conto della lingua come fattore di identità e di libertà dell'individuo e che, per questo motivo, riguarda anche l'uguaglianza dei cittadini e delle cittadine e le loro stesse differenze.

La lingua non è mai una struttura identitaria rigida e costante nel tempo, ma si modifica attraverso l'arco temporale. È un fenomeno in mutamento incessante che si muove con la società, insieme ai fenomeni storici, interagendo attraverso gli agenti, vale a dire le persone, con altre realtà sociali ed entrando in relazione con gli altri popoli.

La filosofia del linguaggio, che assegna alla lingua una valenza spiritualistica e nazionalista, è stata usata in altre epoche storiche, dal nazismo per esempio, in termini razzisti. Costituzionalizzando una norma come questa, vi è sempre il rischio che si introduca un uso nazionalista e spiritualista di un siffatto principio, che si apra cioè una porta che distingue e sottolinea le diversità, non come valore, non come differenze da valorizzare, ma per stabilire alcune gerarchie tra i popoli, tra chi è superiore e chi è considerato diverso in quanto inferiore.

Con la lingua, cioè, si potrebbe introdurre una graduatoria gerarchica nelle culture; i regimi autoritari, non a caso, hanno usato, tra i vari fattori, quello linguistico, vale a dire l'autarchia linguistica, con la lingua e una cultura migliore.

Non è un caso che, ancora oggi, vi siano paesi (come la Turchia) che utilizzano proprio la questione della lingua come elemento di discriminazione e persino di repressioni inaudite.

La filosofia del linguaggio risiedeva, allora, in una logica spiritualista; potremmo dire che, oggi, ciò può quanto meno significare di pensare alla lingua come ad una identità, non in trasformazione, ma sganciata da un contesto storico  sociale. Significa, inoltre, non capire che siamo già dentro ad un contesto di cultura universale, poiché siamo in relazione con altre etnie ed altre culture.

Proprio la maggioranza, questa maggioranza di destra, che valorizza e, anzi, teorizza il mercato e la globalizzazione dei mercati della finanza e dell'economia, proprio questa destra che apre alle merci, lancia un messaggio di chiusura attraverso questa costituzionalizzazione.

Al contrario, noi critichiamo e contestiamo, con tutte le nostre forze, i processi di globalizzazione capitalista, le sue ricadute sul piano sociale, su quello politico, e persino culturale; contestiamo le disgregazioni prodotte da questa globalizzazione capitalista proprio noi che amiamo le mescolanze culturali e a cui piacciono questi confronti.

Non è introducendo l'ufficializzazione della lingua italiana in Costituzione che si ricompongono sul piano politico, sociale e statuale, i processi di disgregazione che pure sono avvenuti in questi anni. Se questa è la preoccupazione, è una preoccupazione che si risolve nel modo più sbagliato.

Non è un caso che la Lega nord Padania, che fa confusione sul piano storico e culturale e nella differenza tra dialetti e minoranze linguistiche - non è un caso, ma è coerente alla sua impostazione ideologica e persino politica -, all'interno di questi processi di globalizzazione difenda i localismi, i dialetti, perché essa difende le nicchie dei più forti contro coloro che sono considerati i più deboli nello stesso paese, in Europa e nel mondo.

Noi pensiamo, invece, che la lingua italiana sia un patrimonio di tutti e di tutte, un patrimonio dell'umanità. Per questa ragione riconosciamo all'autonomia linguistica un valore straordinario come patrimonio individuale, come diritto inalienabile della libertà e come fattore costitutivo da sostenere nella sua manifestazione per la realizzazione completa dell'individuo. Per questa ragione preferiamo la nostra Costituzione che riconosce pari dignità agli individui, donne e uomini, indipendentemente dalla religione, dal sesso, dalla razza ed anche dalla lingua (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, non per sottovalutare l'importanza dell'argomento, tutt'altro; tuttavia, considerando la particolare giornata di lavoro svolto in quest'aula, chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, il mio intervento sarà molto breve, perché non intendo ripetere cose già dette. Annuncio il voto favorevole dei deputati Verdi. Mi richiamo all'intervento svolto due ore fa sul complesso degli emendamenti. Ricordo, perché ne resti traccia nel nostro dibattito, le seguenti cose: riteniamo che l'introduzione di questi due nuovi commi, in particolare il primo, con riferimento all'articolo 12 della Costituzione, sia complementare con ciò che, da oltre cinquant'anni, è scritto nell'articolo 6 con riferimento alla tutela delle minoranze linguistiche, e all'articolo 3, citato giustamente poco fa dalla collega Mascia, sia pure con voto diverso, che riconosce la pari dignità senza differenze di lingua. Inoltre, richiamo l'articolo 2 che parla dei diritti fondamentali dell'uomo: vi è il riferimento anche ai patti internazionali che l'Italia ha sottoscritto e che valorizzano l'identità linguistica.

In questo quadro e con questo spirito, che è all'opposto di qualunque intenzione nazionalistica, noi esprimeremo voto favorevole sulla modifica dell'articolo 12, sperando tuttavia - e in tal senso mi affido  al rappresentante del Governo che in qualche modo avrà un ruolo di raccordo con l'altro ramo del Parlamento - che il Senato possa meglio riflettere sull'emendamento che è stato approvato in quest'aula, mantenendolo nella sostanza, ma formulandolo meglio sotto il profilo della stesura giuridica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo della Lega nord Padania e chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della dichiarazione di voto.

Mi permetta, signor Presidente, di esprimere apprezzamento per l'intervento del collega La Russa. Abbiamo apprezzato molto quanto ha detto il presidente del gruppo di Alleanza nazionale, perché condividiamo e ci sentiamo partecipi dei valori da lui espressi per quanto riguarda il pluralismo delle realtà locali e delle identità, che sono elementi forti del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fontanini, la Presidenza consente senz'altro la pubblicazione del testo del suo intervento in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saponara. Ne ha facoltà.

MICHELE SAPONARA. Signor Presidente, preannuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo di Forza Italia e chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione del testo della mia dichiarazione di voto in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (Applausi).

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente senz'altro.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.

ANTONIO SODA. Signor Presidente, in due minuti non posso presentare un intervento scritto. Nel dibattito si sono attraversate due chiavi di lettura di questa modifica costituzionale. Una chiave di lettura vede l'inserimento nella Costituzione italiana della definizione della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, come uno strumento di unificazione di fronte a spinte disgregatrici e a possibili secessioni annunciate. Questo valore unificante sarebbe dunque una risposta ad un processo che si presenterebbe pericoloso. Una lettura più esasperata sottolinea una risposta nazionalista a chi propugna l'esistenza di una pluralità di popoli e di nazioni nel territorio italiano.

Vi è un'altra chiave di lettura, alla quale noi ci eravamo avvicinati, nel corso del dibattito, prima che il testo fosse completamente stravolto con l'approvazione dell'emendamento Cè 1.26 avvenuta poc'anzi. Tale chiave di lettura vede nella lingua italiana, come è stato detto, una lingua dell'accoglienza, una lingua aperta, un patrimonio nostro, che però è un contributo al patrimonio di cultura universale, uno strumento di conoscenza e di pari opportunità, un veicolo di emancipazione e di uguaglianza. Sotto questo profilo, noi ritenevamo che si potesse accedere anche alla prima parte di questa modifica costituzionale in una chiave di lettura che non avesse il sapore di una rivendicazione di identità nazionalista, di chiusura nei propri confini e nelle proprie tradizioni, ma un recupero delle nostre radici che fosse anche uno strumento di apertura e di accoglienza.

Oggi il testo è del tutto contraddittorio: da una parte, si esalta la lingua italiana come strumento di unità, come strumento e patrimonio di conoscenza comune e, quindi, di apertura e di emancipazione; dall'altra, al contrario, si inserisce nella Costituzione il riferimento agli idiomi locali che richiamano il concetto di una pluralità di nazionalità e quindi di localismi, di chiusure, di riduzione di quella  funzione di unità linguistica a parcellizzazione della conoscenza e della cultura stessa. In questi termini, il testo entra in contraddizione non soltanto con l'articolo 9 della Costituzione che ho citato prima, ma anche con l'articolo 6, perché, come è stato sottolineato, le minoranze linguistiche che hanno trovato la loro legge di attuazione nella tutela nella passata legislatura si vedono oggi, con il riconoscimento ufficiale della lingua italiana, in una posizione di sovraordinazione legislativa. La tutela delle minoranze linguistiche avviene a livello di legislazione ordinaria, l'ufficialità della lingua italiana assume un rango costituzionale. Quindi, in questo complesso di contraddizioni, si deduce che la Carta costituzionale viene stavolta senza un percorso razionale, senza un percorso logico, senza una sistematica di valori che sia in grado di leggere la carta stessa in una visione unitaria.

Per queste ragioni, pensiamo che una riflessione più attenta - che la stessa maggioranza vorrà compiere al Senato - consentirà di riprendere un cammino per conciliare la necessità di definire ufficiale, nella Repubblica, la lingua italiana in una posizione di parità con le lingue delle minoranze linguistiche. Ricordiamoci che tutti i trattati e le convenzioni internazionali si muovono verso l'esaltazione della funzione della lingua di origine come una funzione primaria, legata strettamente ai diritti inalienabili della persona.

Quindi, occorre trovare quest'equilibrio nella Carta costituzionale e non introdurre in essa elementi...

PRESIDENTE. Onorevole Soda...

ANTONIO SODA. ...di ulteriore confusione e contraddizione attraverso il riferimento all'idioma locale che, seppure, nel secondo significato, ha l'accezione di dialetto, nel primo (ed è quello che l'interprete del diritto deve andare a guardare) significa lingua di una nazione. E questo indubbiamente introduce una ferita nella concezione unitaria del popolo italiano e della nazione italiana. Queste sono le ragioni che ci spingono a votare contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carra. Ne ha facoltà.

ENZO CARRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non avremmo sospettato che vi fosse bisogno anche di questo dibattito per ufficializzare che l'italiano è la lingua della nostra Repubblica. Nessuno di noi sospettava diversamente, ne eravamo tutti convinti da anni.

Di tante riforme che non si fanno, questa della modifica dell'articolo 12 sembra proprio la meno urgente, la più sovrabbondante, direbbe il collega che ha parlato in precedenza, in altre parole, la più scontata.

Aggiungere un comma all'articolo 12 della Costituzione per riconoscere che, così come la bandiera della nostra Repubblica è di tre colori, la nostra lingua ufficiale è l'italiano, effettivamente, è un po' poco o, viceversa, un po' troppo. La nostra è una lingua che precede, di molti secoli, la creazione del nostro Stato. È una lingua che si eleva pienamente nel diritto, nella poesia e nella prosa, in un non solo magico momento, una lingua, insomma, che mostra il proprio splendore alla nascita e registra il proprio declino nella piena maturità.

Perché pensiamo dunque, nonostante tutto, all'italiano come lingua ufficiale? Neanche si discutesse di conferirgli, qui ed ora, un'onorificenza. Forse perché abbiamo curato, prima ancora - questo l'hanno affermato tutti - una più intensa e doverosa tutela delle lingue minoritarie, di quelle tagliate, forse perché i dialetti, per nostra fortuna e per nostro arricchimento, non sono mai scomparsi e non scompariranno se avremo consapevolezza di una comunità nazionale come la nostra, di una cultura che è anche di Carlo Porta e di Gioacchino Belli, di Salvatore Di Giacomo e di Carlo Goldoni.

Abbiamo, in ogni caso, voluto fare questa giornata dell'orgoglio nazionale, forse perché dopo c'è l'esame del disegno di legge di ratifica del trattato di Nizza. Allora, mandiamo all'Europa questo messaggio: la nostra lingua è l'italiano.

Mi avvio alla conclusione dicendo che una gerarchia tra lingue, dialetti ed idiomi è forse affrontabile in un'aula come questa, sede, sempre più frequentemente, dell'irruzione di colori e sapori idiomatici, nell'imprecazione, nell'insulto e nell'irrisione. Sappiamo cosa è l'idioma e cosa è la lingua: sappiamo che l'idioma è il linguaggio, è l'idioma locale, è la distinzione; la lingua è il sistema.

Sintomatico è l'episodio avvenuto qui, pochi minuti fa, quando il collega Soda, con una precisazione molto fine, scientifica, ha parlato di idioma come di lingua nazionale ed i colleghi del gruppo della Lega hanno applaudito, pensando alle diverse nazioni di questo paese (Una voce dai banchi del gruppo della Lega nord Padania grida: «Al Veneto!»). Bene, al veneto.

Poi, il collega di Alleanza nazionale ha fatto una correzione affermando che si tratta di idioma locale ed anche i colleghi di Alleanza nazionale - pensando ai dialetti - hanno applaudito. Non si può scrivere una Costituzione sull'equivoco e sull'accordo di una coalizione, per una coalizione e per calcoli bassissimi (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

Non si possono scrivere così le Costituzioni! In questo modo non si possono scrivere, forse, neanche le delibere dei consigli comunali! Ricordatelo colleghi (Commenti dei deputati di Alleanza nazionale)!

GERARDO BIANCO. «Mi ritrovai per una selva oscura ...».

ENZO CARRA. Noi abbiamo presentato un emendamento che, a differenza del vostro, cari colleghi, parla di valorizzare e tutelare le diverse espressioni linguistiche presenti nel territorio della Repubblica. Quest'ultimo ci sembra un modo molto più civile e costituzionale, per così dire, rispetto a quello scaturito dal curioso accordo intervenuto tra Lega nord Padania e Alleanza nazionale a proposito di idiomi.

Se voi lo approverete, il nostro voto, che è fermamente contrario, al Senato potrebbe diventare di altro colore. Non potete scrivere in questo modo una Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

(Coordinamento - A.C. 750)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Votazione finale e approvazione - A.C. 750)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge costituzionale nn. 750-1396-2289, di cui si è testé concluso l'esame.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Modifica all'articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica) (750):

(Presenti 350

Votanti 347

Astenuti 3

Maggioranza 174

Hanno votato 225

Hanno votato no 122).

La Presidenza prende atto che l'onorevole Maceratini ha erroneamente espresso un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

La seduta termina alle 22,55.


 


 

PROPOSTE DI LEGGE COSTITUZIONALE: ANGELA NAPOLI; LA RUSSA ED ALTRI; BOATO ED ALTRI: MODIFICA ALL'ARTICOLO 12 DELLA COSTITUZIONE, CONCERNENTE IL RICONOSCIMENTO DELLA LINGUA ITALIANA QUALE LINGUA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA (750-1396-2289)

(A.C. 750 ed abb. - Sezione 1)

 

ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

1. All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica».

EMENDAMENTI PRESENTATI ALL'ARTICOLO UNICO DEL TESTO UNIFICATO

 

 


ART. 1.

Sopprimerlo.

1. 23. Mascia, Deiana.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: La Repubblica garantisce l'uso ufficiale delle lingue delle minoranze linguistiche nei rispettivi territori.

1. 5. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: Le lingue usate dalle minoranze possono essere parificate nei casi e nei modi previsti dalla legge.

1. 4. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: Restano consentite disposizioni riguardanti l'uso ufficiale di lingue minoritarie in Italia, disciplinato da leggi speciali.

1. 25. Zeller, Brugger, Widmann, Collè, Detomas.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: La Repubblica  promuove i diritti connessi alla libertà di espressione ed il patrimonio culturale costituito dalle diversità linguistiche presenti nel territorio.

1. 24. Bimbi, Colasio, Fistarol, Carra, Detomas, Zeller, Widmann, Frigato, Giovanni Bianchi, Carbonella.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: Le diverse espressioni linguistiche presenti nel territorio della Repubblica costituiscono un patrimonio culturale oggetto di specifica tutela e valorizzazione.

1. 1. Colasio, Bimbi, Fistarol, Carra, Detomas, Zeller, Widmann, Frigato, Delbono, Giovanni Bianchi, Sandi, Carbonella, Duilio, Santino Adamo Loddo.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: La ricchezza delle diverse espressioni linguistiche della Repubblica è un patrimonio culturale oggetto di particolare tutela e valorizzazione.

1. 2. Colasio, Fistarol, Carra, Detomas, Zeller, Widmann, Sandi, Carbonella.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: La ricchezza delle diverse espressioni linguistiche della Repubblica è un patrimonio culturale.

1. 3. Colasio, Fistarol, Carra, Detomas, Zeller, Widmann, Sandi, Carbonella.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: è aggiunto, in fine, il seguente comma con le seguenti: sono aggiunti, in fine, i seguenti commi.

Conseguentemente, dopo il primo capoverso, aggiungere il seguente: La Repubblica valorizza gli idiomi locali.

1. 26. Cè, La Russa, Volontè, Saponara, Guido Giuseppe Rossi, Fontanini, Luciano Dussin, Stucchi.

(Approvato)


 

 


Senato della Repubblica

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XIV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1286

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

approvato, in sede di prima deliberazione, dalla Camera dei deputati il 26marzo 2002, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge costituzionale

 

d’iniziativa dei deputati NAPOLI Angela (750); LA RUSSA, AIRAGHI, ALBONI, AMORUSO, ANEDDA, ARMANI, ARRIGHI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BORNACIN, BRIGUGLIO, BUONTEMPO, BUTTI, CANELLI, CARRARA, CARUSO, CASTELLANI, CATANOSO, CIRIELLI, COLA, CONTE Giorgio, CONTI Giulio, CORONELLA, CRISTALDI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FASANO, FATUZZO, FIORI, FOTI, FRAGALÀ, FRANZ, GALLO, GAMBA, GARNERO SANTANCHÈ, GERACI, GHIGLIA, GIORGETTI Alberto, GIRONDA VERALDI, LA GRUA, LAMORTE, LANDI DI CHIAVENNA, LANDOLFI, LA STARZA, LEO, LISI, LO PORTO, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, MAGGI, MALGIERI, MANCUSO Gianni, MARTINI Luigi, MAZZOCCHI, MENIA, MEROI, MESSA, MIGLIORI, MUSSOLINI, NAPOLI Angela, NESPOLI, ONNIS, PAOLONE, PATARINO, PEPE Antonio, PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPONI, RICCIO, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SAIA, SCALIA, SELVA, SERENA, STRANO, TAGLIALATELA, TRANTINO, VILLANI MIGLIETTA, ZACCHEO e ZACCHERA (1396); BOATO, BRESSA e AMICI (2289)

(V. Stampati Camera nn.750, 1396, 2289)

 

 

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 27 marzo 2002

———–

 

 

 

Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

———–


 

Onorevoli Senatori. – In un momento politico denso di problemi e interventi legislativi, le Camere hanno ritenuto di dare spazio al presente disegno di legge costituzionale in ragione di una rinnovata attenzione per lo spirito e l’identità nazionale. Segni evidenti di tale generale attenzione sono gli interventi legislativi che consentiranno ai cittadini residenti all’estero di esprimere il voto per il Parlamento nazionale e il raccordo fra la Conferenza Stato-regioni e il Consiglio generale degli italiani all’estero. La sensibilità nazionale è alimentata, fra l’altro, dall’unificazione europea, che spinge verso una nuova identità, e dal processo federalista, che assume come centrali le culture e le tradizioni locali.

Appare quasi naturale, allora, affrontare in Costituzione il tema della lingua nazionale: la dichiarazione non assume valore nostalgico, ma rende esplicito, in un contesto nuovo rispetto a quello del 1948, un principio che i Costituenti ritennero del tutto implicito.

Nella Costituzione, infatti, non si parla di lingua nazionale. L’articolo 6, che dispone la tutela delle minoranze linguistiche, è connesso piuttosto al contesto generale in cui si trovava il Paese, con comunità appartenenti a popoli confinanti, per cultura, lingua e tradizioni, ma geograficamente comprese nel territorio italiano. Quella disposizione costituzionale e la sua attuazione con la legge n. 482 del 1999, in materia di tutele delle minoranze linguistiche storiche, nonché attraverso gli statuti regionali speciali e l’istituzione delle province autonome di Trento e di Bolzano, hanno consentito all’Italia di porsi all’avanguardia fra i Paesi che devono confrontarsi con la presenza di minoranze e che ricercano la serena convivenza fra le diverse componenti del tessuto nazionale.

La collocazione della nuova disposizione tra i principi fondamentali della Costituzione, insieme al tricolore quale bandiera della Repubblica, al di là dei pur ragionevoli dubbi emersi nel corso dell’esame in Commissione, valorizza l’importanza dell’identità nazionale, senza alcun effetto di discriminazione.

Il testo proposto dalla Commissione, che conferma quello approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati, comprende un comma, aggiunto nell’esame in Assemblea alla Camera, che introduce la valorizzazione degli idiomi locali; una formulazione che può apparire ambigua, ma deve essere letta come individuazione delle diverse forme della lingua nazionale. Infatti, la formula «valorizzazione degli idiomi locali», nonostante le perplessità manifestate nel corso del dibattito, ad una più approfondita analisi lessicale risulta equilibrata, perché consente di individuare esperienze linguistiche locali che, pur non assurgendo al livello di lingue, sono meritevoli di riconoscimento da parte della Repubblica. Si potranno adeguatamente valorizzare, in tal modo, anche realtà artistiche e culturali locali.

In conclusione, la proposta della Commissione sostiene, anche attraverso queste ragioni, la integrazione costituzionale all’articolo 12.

Pastore, relatore

 


 


DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Art. 1.

1. All’articolo 12 della Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica.

La Repubblica valorizza gli idiomi locali».


Esame in sede referente presso la 1ª Commissione

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

giovedi' 9 maggio 2002

140a Seduta (antimeridiana)

 

Presidenza del Presidente

PASTORE

 

Intervengono i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Ventucci e per l'interno Mantovano.

 

La seduta inizia alle ore 8,45.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1286) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica,approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri.

(Esame e rinvio)

 

Il presidente PASTORE, relatore, illustra il contenuto dell'iniziativa legislativa costituzionale. In un momento politico denso di problemi e interventi legislativi, la Camera ha ritenuto di dare spazio all'iniziativa in titolo in ragione di una rinata attenzione per lo spirito e l’identità nazionale del panorama politico italiano. Segni evidenti di tale generale attenzione sono gli interventi legislativi che consentiranno ai cittadini residenti all’estero di esprimere il voto per il Parlamento nazionale e il raccordo fra la Conferenza Stato-Regioni e il Consiglio generale degli italiani all'estero. La sensibilità nazionale è alimentata, fra l'altro, dall'unificazione europea, che spinge verso una nuova identità, e dal processo federalista, che assume come centrali le culture e le tradizioni locali.

Appare quasi naturale, allora, affrontare in Costituzione il tema della lingua nazionale: la dichiarazione non assume valore nostalgico, ma esplicita, in un contesto nuovo rispetto a quello del 1948, un principio che i Costituenti ritennero del tutto implicito.

Nella Costituzione, infatti, non si parla di lingua nazionale. L’articolo 6, che dispone la tutela delle minoranze linguistiche, è connesso piuttosto al contesto generale in cui si trovava il Paese, con comunità appartenenti a popoli confinanti, per cultura, lingua e tradizioni, ma geograficamente comprese nel territorio italiano. Quella disposizione costituzionale e la sua attuazione con la legge n. 482 del 1999, nonché attraverso gli statuti regionali speciali e l'istituzione delle province autonome di Trento e Bolzano, ha consentito all’Italia di porsi all’avanguardia fra i Paesi che devono confrontarsi con la presenza di minoranze e che ricercano la serena convivenza fra le componenti del tessuto nazionale.

La proposta di legge in esame comprende un comma, aggiunto nell'esame in Assemblea alla Camera, che introduce la valorizzazione degli idiomi locali; una formulazione che può apparire ambigua, ma che deve essere letta come individuazione delle diverse forme della lingua nazionale.

In conclusione, ritenendo che il testo in esame realizzi un equilibrio accettabile, propone di licenziare favorevolmente la proposta, salvo la dovuta considerazione per le valutazioni che emergeranno nel corso del dibattito.

 

Il sottosegretario VENTUCCI ricorda che in seno alla Commissione affari costituzionali della Camera sono emersi due orientamenti critici, l'uno improntato alla preoccupazione di evitare di incentrare le relazioni intersoggettive su pregiudizi nazionalistici, l'altro caratterizzato dal timore che la costituzionalizzazione contrasti con l'evoluzione federale dello Stato, nonché con gli articoli 3 e 6 della Costituzione, e volto a connettervi la proposta di aggiungere ulteriori previsioni normative di tutela delle lingue delle minoranze.

In ogni caso, ad avviso del Governo, la soluzione individuata e accolta a grande maggioranza dalla Camera appare la più opportuna, costituzionalizzando il concetto di ufficialità della lingua italiana, già introdotto nell'ordinamento con l'emanazione delle norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche di cui alla citata legge n. 482 del 1999.

Richiama, quindi, l'attenzione sull'ulteriore comma aggiuntivo, che sancisce la valorizzazione degli idiomi locali, con una formulazione che suscita perplessità dal punto di vista lessicale, ma che descrive in maniera soddisfacente l'intento del legislatore.

Auspica, infine, che il Senato approvi il testo del disegno di legge costituzionale senza modifiche al fine di assicurarne la positiva conclusione dell'iter nel corso della legislatura.

 

Il seguito della discussione viene quindi rinviato.

 

 

La seduta termina alle ore 9,30.

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDI' 14 MAGGIO 2002

142ª Seduta (pomeridiana)

 

Presidenza del Presidente

PASTORE

Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Ventucci.

 

La seduta inizia alle ore 14,45.

 

IN SEDE REFERENTE

 

 (1286) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica,approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri.

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

Prosegue l’esame, sospeso nella seduta antimeridiana del 9 maggio 2002.

 

Il senatore MAGNALBO’, nell’annunciare il voto favorevole del Gruppo di Alleanza nazionale, esprime apprezzamento, fra l’altro, per la disposizione in favore della valorizzazione degli idiomi locali.

 

Il senatore BASILE si associa, osservando che in alcuni paesi della Sicilia è tutt’oggi usato l’idioma gallo-italico, oggetto di interesse di studiosi di tutto il mondo. Rileva, inoltre, che il Governo si sta adoperando per la valorizzazione delle tradizioni locali anche in altri campi.

 

Il presidente PASTORE, relatore, intervenendo in replica sottolinea che la formula “valorizzazione degli idiomi locali”, che in un primo momento aveva suscitato perplessità, ad una più approfondita analisi lessicale risulta equilibrata, perché consente di individuare esperienze linguistiche locali che, pur non assurgendo al livello di lingue, sono meritevoli di riconoscimento da parte della Repubblica. Si potranno adeguatamente valorizzare, in tal modo, anche realtà artistiche e culturali locali.

 

Il sottosegretario VENTUCCI ricorda che l’altro ramo del Parlamento si è soffermato sull’opportunità di inserire il principio della ufficialità della lingua italiana nell’articolo 6 della Costituzione. Dopo lungo e approfondito dibattito, si è preferito conservare l’integrità di quella disposizione, aggiungendo i due commi proposti dal disegno di legge in esame all’articolo 12.

A nome del Governo ribadisce l’opportunità dell’integrazione costituzionale, nel momento in cui si dà vita ad una Costituzione europea.

 

Il PRESIDENTE propone di fissare il termine per la presentazione di eventuali emendamenti alle ore 13 di martedì 4 giugno.

 

La Commissione conviene.

 

Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 15,05.

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

giovedi' 30 maggio 2002

150a Seduta (pomeridiana)

 

Presidenza del Presidente

PASTORE

 

Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Ventucci.

 

La seduta inizia alle ore 8,40.

 

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1286) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica,approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri.

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

Si prosegue l'esame, sospeso nella seduta pomeridiana del 14 maggio scorso

 

Nella discussione generale interviene il senatore TESSITORE, che giudica pleonastica e incomprensibile una tutela costituzionale della lingua italiana; uno degli elementi certi della identità nazionale, a suo avviso radicata e forte, diversamente dall'identità statale. Desta sconcerto e confusione, dunque, l'eventuale motivazione di una simile integrazione costituzionale nel senso di pretendere un risultato di ulteriore radicamento e di salvaguardia della lingua nazionale per forza normativa, fissandone i caratteri in un precetto della Carta fondamentale: ricorda, in proposito, la nota tesi secondo la quale la lingua non è un'opera compiuta ma un elemento dinamico, non comprimibile entro prescrizioni normative. Allo stesso modo, sarebbe quanto mai assurdo, sul piano logico e giuridico, affermare che la lingua italiana è una sorta di "lingua di Stato", tanto più in un paese pluralistico e pluricentrico in cui l'identità nazionale è composta dalla convergenza di molte culture locali, spesso comprendenti vere e proprie lingue, anche letterarie. Un carattere, quello della pluralità culturale e linguistica, che rafforza il Paese, mentre la disposizione in esame contraddice sia l'articolo 3, primo comma della Costituzione, che include la lingua tra gli elementi da non assumere quale fattore di discriminazione, sia l'articolo 6, che tutela le minoranze linguistiche. La proposta normativa in esame va quindi riconsiderata radicalmente ed egli afferma senz'altro il suo dissenso.

 

Il senatore VALDITARA dichiara invece di voler sostenere le ragioni dell'integrazione costituzionale in esame, pur consapevole dell'importanza delle lingue locali e delle loro qualità anche letterarie. Resta convinto, infatti, che la disposizione in esame non abbia la pretesa di fissare i caratteri della lingua italiana, né ha l'intento o l'effetto di introdurre qualsiasi discriminazione, come dimostra anche la legislazione più recente a tutela delle lingue minoritarie. Ricorda, quindi, che l'articolo 12 della Costituzione si riferisce alla bandiera nazionale, con espressione normativa che potrebbe ritenersi superflua ma assume invece un alto valore simbolico, specie in un momento storico in cui più forte si avverte l'esigenza di rinsaldare e valorizzare l'identità nazionale, secondo l'autorevole insegnamento del Presidente della Repubblica. Allo stesso modo, il senso di appartenenza alla comunità nazionale può essere corroborato da un'affermazione di principio, di valore simbolico, che includa la lingua italiana in una esplicita considerazione da parte della Costituzione. Si tratta, soprattutto, di affermare anche in questo modo l'importanza dell'identità nazionale soprattutto nei rapporti con l'estero e nel contesto europeo.

 

Il senatore TESSITORE riconosce l'importanza del valore dei simboli, ma nega che la lingua possa esservi ricompresa.

 

Il senatore VALDITARA precisa il suo pensiero affermando che non la lingua in sé, ma la sua considerazione in Costituzione assume un importante valore simbolico.

 

Il senatore TESSITORE, a sua volta, sostiene che nel caso in discussione non si possa distinguere tra forma e contenuto, sicchè mentre per la bandiera nazionale vi è una coincidenza tra realtà e simbolo, perché la stessa bandiera è un simbolo, nel caso della lingua italiana, essa costituisce una realtà ben diversa dal simbolo che pretenderebbe di rappresentarla in Costituzione. D'altra parte, una simile affermazione normativa potrebbe determinare reazioni non desiderate, in particolare per gli impulsi localistici che è destinata a provocare.

 

Il senatore VALDITARA replica che le lingue dialettali o locali non potrebbero comunque assumere quella capacità di integrazione dell'identità nazionale propria della lingua italiana, destinata in quanto tale a essere riconosciuta nella Costituzione.

 

Il sottosegretario VENTUCCI ricorda che alla Camera dei deputati si è discusso circa la collocazione più appropriata della disposizione in esame, nell'alternativa tra l'articolo 6 e l'articolo 12. Egli si è dichiarato sempre contrario a inserirla nell'articolo 6 e ha trovato molto più opportuno collocare la norma nell'articolo 12, considerandola soprattutto in funzione delle relazioni tra l'Italia e il contesto europeo e internazionale. Quanto al riferimento concernente gli idiomi locali, esso non sembrava necessario, considerati gli articoli 3 e 6 della stessa Costituzione, ma si è ritenuto comunque di introdurlo a conferma di principi già presenti nell'ordinamento.

 

Su proposta del presidente PASTORE, si conviene di prorogare alle ore 19 di giovedì 13 giugno il termine per la presentazione di eventuali emendamenti.

 

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 9,05.

 

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLedi' 19 giugno 2002

161a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

PASTORE

 

 

Intervengono i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Brancher e Ventucci.

 

La seduta inizia alle ore 14,20.

 

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1286) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica,approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Angela Napoli ; La Russa ed altri; Boato ed altri.

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

Prosegue l'esame, sospeso nella seduta antimeridiana del 30 maggio.

 

Si procede all'esame e alla votazione degli emendamenti.

 

Il senatore VITALI dà per illustrati gli emendamenti 1.2, 1.4 e 1.3.

 

Il senatore VILLONE, pur condividendo la proposta di cui all'emendamento 1.4, volta a ricondurre la materia alla competenza legislativa concorrente, ritiene preferibile indicare fra i principi fondamentali solo quello della ufficialità della lingua italiana. Si chiede, in particolare, se sia opportuno parlare di "lingue locali".

 

Il presidente PASTORE osserva che il riferimento alle "lingue locali" effettivamente rischia di aprire una serie di delicate questioni. La lingua è emblematica non solo del modo di parlare di un popolo, ma anche della sua cultura, e addirittura può evocare un sistema giuridico particolare. Il termine "idioma", invece, sia pure nella sua ambiguità, consente di cogliere con il giusto equilibrio il fenomeno delle parlate locali.

 

Il senatore TESSITORE premette la sua contrarietà alla disposizione proposta con disegno di legge costituzionale: esso, in sostanza, recepisce il principio contenuto nella legge n. 482 che, all'articolo 1, dichiara l'italiano lingua ufficiale. Peraltro, a suo parere è del tutto inopportuno inserire una previsione siffatta nell'articolo 12, accanto alla disposizione relativa alla bandiera, che ha significato simbolico ben diverso.

L'emendamento 1.4, in subordine alla reiezione del disegno di legge, inserisce il principio dell'ufficialità della lingua italiana nell'articolo 6 della Costituzione e riserva alla legge ordinaria la disciplina dei rapporti fra lingue minoritarie e italiano; estende, inoltre, la promozione e organizzazione delle attività culturali anche in relazione alle lingue locali. L'oratore precisa che la scelta del termine "lingua locale" intende evitare il rischio che si mettano in discussione elementi fondamentali dell'identità linguistica nazionale, anche se, a suo parere, non è con la legge che si può difendere una lingua.

 

Il senatore VILLONE ritiene necessario chiarire quale obiettivo intende raggiungere la norma in esame. Sebbene la previsione della lingua ufficiale sia contenuta anche in altre Costituzioni, talvolta dichiarazioni come questa rischiano di ingenerare dubbi sull'interpretazione sistematica di altre disposizioni.

In ogni caso, a suo giudizio è preferibile ripristinare il testo originario della proposta di legge costituzionale, sopprimendo il comma, aggiunto durante l'esame alla Camera dei deputati, sulla valorizzazione degli idiomi locali.

 

Il presidente PASTORE osserva che l'attribuzione alla Repubblica della valorizzazione degli idiomi locali consente di coinvolgere non solo l'ente regione, ma tutto il complesso delle istituzioni, dal comune allo Stato.

La proposta di sopprimere il comma aggiunto dalla Camera dei deputati, a suo avviso, non è giustificata né dalle motivazioni addotte né in ragione dei rischi circa indebite interpretazioni estensive.

 

Il sottosegretario VENTUCCI ricorda l'ampio dibattito svoltosi alla Camera dei deputati sul disegno di legge in esame, dove si è scelto di non modificare l'articolo 6 della Costituzione, al fine di preservarne il solenne significato di tutela delle minoranze etniche, e di inserire l'ulteriore comma sulla valorizzazione degli idiomi locali, in funzione di compromesso parlamentare.

 

Il senatore FISICHELLA sottolinea il rischio che la traduzione in legge di un fondamento possa significare, paradossalmente, la messa in discussione dello stesso principio. Ritiene improprio che si codifichi, addirittura con norma costituzionale, un principio, quello della ufficialità della lingua italiana, che, a suo giudizio, non necessita di ulteriori dichiarazioni. L'esplicitazione potrebbe produrre l'effetto di un risultato esattamente opposto a quello atteso, potendosi assumere che nella Repubblica vi sono più popoli e più regioni, titolati a utilizzare una propria lingua.

Annuncia quindi il suo consenso alla proposta di reiezione del disegno di legge.

 

Il senatore PASSIGLI esprime piena adesione sulle considerazioni testé svolte dal senatore Fisichella. Si associano i senatori VILLONE, VITALI e MANCINO.

 

Il senatore STIFFONI ricorda che lo statuto della regione Veneto è l'unico in Italia che riconosca l'esistenza di un popolo e di una lingua distinti, valorizzando così gli elementi connessi al territorio. Esprime quindi la sua contrarietà sugli emendamenti in esame, anche se preferirebbe un riferimento alle "lingue", piuttosto che agli "idiomi" locali.

 

Il seguito dell'esame viene quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 16,30.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 1286

 

 

Art. 1

 

1.2

TESSITORE, VITALI, BUDIN

 

Sopprimere l'articolo.

__________________________

 

1.4

TESSITORE, VITALI, BUDIN

 

Sostituire l'articolo con il seguente:

"Art. 1

 

1. All'articolo 6 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

“Il rapporto tra l'italiano, lingua ufficiale della Repubblica, e le lingue minoritarie è regolato con la legge ordinaria”.

2. All'articolo 117, terzo comma, dopo le parole “promozione e organizzazione delle attività culturali” sono aggiunte le parole “anche in relazione alle lingue locali”".

__________________________

 

1.3

BUDIN, VITALI

 

Sostituire l'articolo con il seguente:

 

"Art. 1

1.All'articolo 12 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

“La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica”."

__________________________

 

1.1

TURRONI, CORTIANA

 

Al comma 1, secondo periodo, aggiungere, in fine, le seguenti parole: “a tutela delle identità linguistiche e culturali”.

__________________________

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

martedi' 25 giugno 2002

165a Seduta

 

Presidenza del Presidente

PASTORE

Intervengono i sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Brancher e Ventucci e per l'interno Mantovano.

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

(1286) DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE. - Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica,approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Angela Napoli; La Russa ed altri; Boato ed altri.

(Seguito e conclusione dell'esame)

 

Si riprende l'esame, rinviato nella seduta pomeridiana del 19 giugno.

 

Il presidente relatore PASTORE ricorda che nella precedente seduta il relatore e il rappresentante del Governo si sono già espressi in senso contrario in merito alle proposte emendative riferite al disegno di legge in titolo (pubblicate in allegato al resoconto della seduta pomeridiana del 19 giugno).

 

Previa verifica del numero legale, sono quindi posti in votazione gli emendamenti 1.2, 1.4 e 1.3, che risultano respinti.

 

Il senatore TURRONI interviene per dichiarazione di voto sull'emendamento 1.1 rilevando come esso sia volto ad estendere la portata del secondo comma del capoverso, di cui preferirebbe la completa soppressione, in quanto il riferimento alla valorizzazione degli idiomi locali non appare adeguato ad accogliere la ricchezza di espressione in cui si articolano le varie identità culturali.

 

Il sottosegretario VENTUCCI ricorda che già nelle precedenti sedute ha avuto modo di soffermarsi sulla portata del secondo comma della proposta di modifica dell'articolo 12 della Costituzione oggetto del disegno di legge in titolo. Rileva al riguardo che l'articolo 6 della Costituzione già contempla, in termini più generali, la tutela delle minoranze linguistiche, mentre il citato secondo comma del capoverso introdotto dall'articolo 1 del disegno di legge n. 1246 è volto a valorizzare specificamente gli idiomi locali, recependo il frutto di un dibattito e di una ricerca terminologica molto complessa, che si sono svolti nell'altro ramo del Parlamento, anche in una logica di bilanciamento della portata giuridica del primo comma del capoverso. Il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica nella Costituzione risponde peraltro ad una tendenza in atto in tutti gli Stati dell'Unione europea, che si accompagna al processo di integrazione comunitaria.

 

L'emendamento 1.1, posto in votazione, non risulta accolto.

 

La Commissione conferisce quindi mandato al relatore a riferire favorevolmente all'Assemblea sul testo non modificato del disegno di legge.

 

La seduta termina alle ore 16,20.

 

 

 

 


N. 1286-A

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SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XIV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

RELAZIONE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

 

 

(Relatore PASTORE)

 

Comunicata alla Presidenza il 3 luglio 2002

 

SUL

DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE

 

Modifica all’articolo 12 della Costituzione, concernente il riconoscimento della lingua italiana quale lingua ufficiale della Repubblica

 

approvato, in sede di prima deliberazione, dalla Camera dei deputati il 26marzo 2002, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge costituzionale

 

d’iniziativa dei deputati NAPOLI Angela (750); LA RUSSA, AIRAGHI, ALBONI, AMORUSO, ANEDDA, ARMANI, ARRIGHI, ASCIERTO, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BORNACIN, BRIGUGLIO, BUONTEMPO, BUTTI, CANELLI, CARRARA, CARUSO, CASTELLANI, CATANOSO, CIRIELLI, COLA, CONTE Giorgio, CONTI Giulio, CORONELLA, CRISTALDI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, FASANO, FATUZZO, FIORI, FOTI, FRAGALÀ, FRANZ, GALLO, GAMBA, GARNERO SANTANCHÈ, GERACI, GHIGLIA, GIORGETTI Alberto, GIRONDA VERALDI, LA GRUA, LAMORTE, LANDI DI CHIAVENNA, LANDOLFI, LA STARZA, LEO, LISI, LO PORTO, LO PRESTI, LOSURDO, MACERATINI, MAGGI, MALGIERI, MANCUSO Gianni, MARTINI Luigi, MAZZOCCHI, MENIA, MEROI, MESSA, MIGLIORI, MUSSOLINI, NAPOLI Angela, NESPOLI, ONNIS, PAOLONE, PATARINO, PEPE Antonio, PEZZELLA, PORCU, RAISI, RAMPONI, RICCIO, RONCHI, ROSITANI, SAGLIA, SAIA, SCALIA, SELVA, SERENA, STRANO, TAGLIALATELA, TRANTINO, VILLANI MIGLIETTA, ZACCHEO e ZACCHERA (1396); BOATO, BRESSA e AMICI (2289)

 

(V. Stampati Camera nn.750, 1396, 2289)

 

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza il 27 marzo 2002

 


 

Onorevoli Senatori. – In un momento politico denso di problemi e interventi legislativi, le Camere hanno ritenuto di dare spazio al presente disegno di legge costituzionale in ragione di una rinnovata attenzione per lo spirito e l’identità nazionale. Segni evidenti di tale generale attenzione sono gli interventi legislativi che consentiranno ai cittadini residenti all’estero di esprimere il voto per il Parlamento nazionale e il raccordo fra la Conferenza Stato-regioni e il Consiglio generale degli italiani all’estero. La sensibilità nazionale è alimentata, fra l’altro, dall’unificazione europea, che spinge verso una nuova identità, e dal processo federalista, che assume come centrali le culture e le tradizioni locali.

Appare quasi naturale, allora, affrontare in Costituzione il tema della lingua nazionale: la dichiarazione non assume valore nostalgico, ma rende esplicito, in un contesto nuovo rispetto a quello del 1948, un principio che i Costituenti ritennero del tutto implicito.

Nella Costituzione, infatti, non si parla di lingua nazionale. L’articolo 6, che dispone la tutela delle minoranze linguistiche, è connesso piuttosto al contesto generale in cui si trovava il Paese, con comunità appartenenti a popoli confinanti, per cultura, lingua e tradizioni, ma geograficamente comprese nel territorio italiano. Quella disposizione costituzionale e la sua attuazione con la legge n. 482 del 1999, in materia di tutele delle minoranze linguistiche storiche, nonché attraverso gli statuti regionali speciali e l’istituzione delle province autonome di Trento e di Bolzano, hanno consentito all’Italia di porsi all’avanguardia fra i Paesi che devono confrontarsi con la presenza di minoranze e che ricercano la serena convivenza fra le diverse componenti del tessuto nazionale.

La collocazione della nuova disposizione tra i principi fondamentali della Costituzione, insieme al tricolore quale bandiera della Repubblica, al di là dei pur ragionevoli dubbi emersi nel corso dell’esame in Commissione, valorizza l’importanza dell’identità nazionale, senza alcun effetto di discriminazione.

Il testo proposto dalla Commissione, che conferma quello approvato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati, comprende un comma, aggiunto nell’esame in Assemblea alla Camera, che introduce la valorizzazione degli idiomi locali; una formulazione che può apparire ambigua, ma deve essere letta come individuazione delle diverse forme della lingua nazionale. Infatti, la formula «valorizzazione degli idiomi locali», nonostante le perplessità manifestate nel corso del dibattito, ad una più approfondita analisi lessicale risulta equilibrata, perché consente di individuare esperienze linguistiche locali che, pur non assurgendo al livello di lingue, sono meritevoli di riconoscimento da parte della Repubblica. Si potranno adeguatamente valorizzare, in tal modo, anche realtà artistiche e culturali locali.

In conclusione, la proposta della Commissione sostiene, anche attraverso queste ragioni, la integrazione costituzionale all’articolo 12.

Pastore, relatore


 

 


 

disegno di legge costituzionale

 

 

Art. 1.

 

1. All’articolo 12 della Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica.

La Repubblica valorizza gli idiomi locali».

 




[1]    L. 15 dicembre 1999, n. 482, Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

[2]    L. 25 ottobre 1977, n. 881, Ratifica ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966.

[3]    Il quale stabilisce che gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana.

[4]    Ai sensi del quale, in tutto il processo [civile] è prescritto l’uso della lingua italiana.

[5]     Le costituzioni di Paesi Bassi e Svezia non contengono disposizioni in materia.