Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Servizi di informazione e sicurezza e disciplina del segreto di Stato - A.C. 445 e abb. - Lavori parlamentari nella XIV legislatura - Iter alla Camera: esame in sede referente e svolgimento di audizioni (A.C. 3951 e abb.)
Riferimenti:
AC n. 1401/XV   AC n. 1566/XV
AC n. 1822/XV   AC n. 445/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 76    Progressivo: 1
Data: 24/11/2006
Descrittori:
SEGRETO DI STATO   SERVIZI DI SICUREZZA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Altri riferimenti:
L n. 124 del 03-AGO-07     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

Servizi di informazione e sicurezza
e disciplina del segreto di Stato

(A.C. 445 e abb.)

Lavori parlamentari nella XIV legislatura

Iter alla Camera: esame in sede referente e svolgimento di audizioni
(A.C. 3951 e abb.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 76/1
Parte terza

 

 

24 novembre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0161a3.doc

 


INDICE

 

Parte terza

Iter alla Camera

Progetti di legge

§      A.C. 3951, (Governo), Modifiche ed integrazioni alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, recante istituzione ed ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato (approvato dal Senato)7

§      A.C. 123, (on. Bielli), Modifiche alla disciplina in materia di opponibilità del segreto di Stato  35

§      A.C. 203, (on. Cima), Modifica all'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, recante norme in materia di istituzione e ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato  41

§      A.C. 1694, (on. Ramponi), Nuovo ordinamento dei servizi di informazione per la sicurezza e disciplina del segreto di Stato  43

§      A.C. 1699, (on. Mattarella, Minniti), Disciplina del sistema informativo per la sicurezza  65

§      A.C. 1947, (on. Trantino ed altri), Modifiche alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, in materia di segreto di Stato  117

§      A.C. 2021, (on. Pisapia ed altri), Norme in materia di durata del segreto di Stato e modifica dell'articolo 204 del codice di procedura penale concernente l'esclusione del segreto di Stato per i reati commessi per finalità di terrorismo e di eversione e per i delitti di strage  137

§      A.C. 2064, (on. Ascierto), Istituzione e ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato  141

§      A.C. 2435, (on. Bielli ed altri), Disposizioni concernenti la non opponibilità del segreto di Stato nel corso di procedimenti penali relativi a delitti di strage e di terrorismo  175

§      A.C. 2726, (on. Siniscalchi ed altri), Norme in materia di tutela del segreto di Stato nel processo penale  181

§      A.C. 4656, (on. Bricolo), Modifica all'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, in materia di composizione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato  187

Esame in sede referente

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 22 aprile 2004  193

Seduta del 29 aprile 2004  201

Seduta del 25 maggio 2004  203

Seduta del 22 giugno 2004  205

Seduta del 1° luglio 2004  209

Seduta del 7 luglio 2004  211

Audizioni

Seduta del 15 luglio 2004. Audizione informale del Segretario generale del CESIS, prefetto Emilio Del Mese  217

Seduta del 20 luglio 2004. Audizione informale del Direttore del SISDE, prefetto Mario Mori219

Seduta del 21 luglio 2004. Audizione del ministro degli affari esteri, on. Franco Frattini227

Seduta del 22 luglio 2004. Audizione informale del Direttore del SISMI, Generale Nicolò Pollari243

Seduta del 16 settembre 2004. Audizione informale del Capo del III Reparto UCSI, generale Antonino Tommaselli245

Seduta del 22 settembre 2004. Audizione del ministro dell'interno, on. Giuseppe Pisanu  251

Seduta del 20 ottobre 2004. Audizione del ministro della difesa, on. Antonio Martino  265

 

 


Parte terza

 


Iter alla Camera

 


Progetti di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3951

 

DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 7 maggio 2003 (v. stampato Senato n. 1513)

 

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(BERLUSCONI)

dal ministro per la funzione pubblica ed il coordinamento

dei servizi

di informazione e sicurezza

(FRATTINI)

dal ministro dell'interno

(SCAJOLA)

e dal ministro della difesa

(MARTINO)

di concerto con il ministro della giustizia

(CASTELLI)

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Modifiche ed integrazioni alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, recante istituzione ed ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato

 

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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica l'8 maggio 2003

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DISEGNO DI LEGGE

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Art. 1.

(Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza).

        1. Il secondo comma dell'articolo 2 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dal seguente:

        "Nell'ambito delle attribuzioni indicate nel primo comma, il Comitato coadiuva il Presidente del Consiglio dei ministri nell'analisi e nell'individuazione ed elaborazione strategica degli indirizzi generali e degli obiettivi prioritari da perseguire nel quadro della politica informativa per la sicurezza. Il Comitato svolge altresì gli ulteriori compiti previsti dalla presente legge. Esso è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ed è composto dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro dell'interno, dal Ministro della difesa e dal Ministro dell'economia e delle finanze".

 

 

Art. 2.

(Comitato esecutivo per i Servizi di informazione e di sicurezza).

        1. Dopo il secondo comma dell'articolo 3 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

        "Il Comitato svolge, in particolare, i seguenti compiti:

                a) la verifica ed il controllo dell'attuazione delle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri;

                b) l'elaborazione e l'aggiornamento dei quadri generali di situazione e di previsione, da comunicare al Presidente del Consiglio dei ministri, relativi all'informazione ed ai profili di rischio, sulla base dei contributi forniti preventivamente dai Servizi di cui agli articoli 4 e 6;

                c) l'azione di coordinamento nell'ambito della cooperazione internazionale, anche sulla base delle direttive definite dal Comitato di cui all'articolo 2;

                d) la definizione dei criteri per l'archiviazione dei documenti di pertinenza dei Servizi di cui agli articoli 4 e 6, nonché la vigilanza ed il controllo sugli archivi dei predetti organismi, nel rispetto delle competenze e fatte comunque salve le responsabilità di gestione dei rispettivi direttori;

                e) le attività di promozione e diffusione della cultura della sicurezza, i rapporti con la stampa e la comunicazione istituzionale".

        2. Il quarto comma dell'articolo 3 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dal seguente:

        "La segreteria generale del Comitato, istituita alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, è affidata ad un dirigente di prima fascia o equiparato dell'amministrazione dello Stato, la cui nomina e revoca spettano al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato interministeriale di cui all'articolo 2".

        3. Dopo il quarto comma dell'articolo 3 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

        "L'organizzazione interna e l'articolazione delle funzioni della segreteria generale del Comitato di supporto alla attività del Presidente del Consiglio dei ministri, anche nella sua qualità di Autorità nazionale per la sicurezza, e del Comitato medesimo, sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato interministeriale di cui all'articolo 2".

 

 

Art. 3.

(Ufficio Centrale per la Sicurezza).

        1. Dopo l'articolo 3 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

        "Art. 3-bis. - 1. Le attività concernenti il segreto di Stato e la tutela dei documenti, atti o cose classificati, sono svolte da apposita struttura, dotata di autonomia funzionale, organica, logistica e finanziaria, denominata Ufficio Centrale per la Sicurezza (UCSi), collocata presso la segreteria generale del Comitato esecutivo per i Servizi di informazione e di sicurezza. Il direttore di tale struttura risponde per l'esercizio delle sue funzioni direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri. Quest'ultimo può delegare al direttore dell'UCSi, in tutto o in parte, l'esercizio dei compiti e delle funzioni di Autorità nazionale per la sicurezza. Dalle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato".

 

 

 

 

 

Art. 4.

(Norme sul personale degli organismi per le informazioni e la sicurezza ed assunzioni dirette).

        1. In via transitoria ed in attesa di una nuova disciplina del personale degli organismi per le informazioni e la sicurezza, il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa e il Ministro dell'interno provvedono, ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801, a fissare rispettivamente la consistenza dell'organico del CESIS, del SISMI e del SISDE, distinguendo e regolando separatamente il ruolo di operatori delle informazioni e della sicurezza ed il ruolo amministrativo.

        2. Dopo il secondo comma dell'articolo 7 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

        "Con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, su parere conforme del Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, sono determinate le procedure di selezione e di assunzione del personale estraneo alle pubbliche amministrazioni, anche in ragione di particolari professionalità non reperibili nell'ambito di esse, nonché le modalità più idonee alla formazione e all'aggiornamento specialistico di tutto il personale, in funzione degli specifici settori di impiego".

        3. All'articolo 8 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dopo le parole: "ai Servizi di cui agli articoli 4 e 6" sono inserite le seguenti: "né possono essere incaricate di svolgere attività a favore dei Servizi".

        4. Tutto il personale che presta comunque la propria opera alle dipendenze o a favore degli organismi per le informazioni e la sicurezza è tenuto, anche dopo la cessazione di tale attività, al rispetto del segreto su tutto ciò di cui sia venuto a conoscenza nell'esercizio o a causa delle proprie funzioni.

        5. Dalle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

 

Art. 5.

(Richiesta di informazioni a pubbliche amministrazioni e a soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità).

        1. Dopo il quinto comma dell'articolo 9 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è aggiunto il seguente:

        "Il Presidente del Consiglio dei ministri, su richiesta dei Servizi di cui agli articoli 4 e 6, può disporre che le pubbliche amministrazioni e gli enti erogatori di servizi pubblici forniscano, anche in deroga al segreto d'ufficio, le informazioni necessarie allo svolgimento delle funzioni istituzionali dei predetti Servizi. Entro sei mesi dalla conclusione delle relative operazioni, il Presidente del Consiglio dei ministri dà notizia al Comitato parlamentare di cui all'articolo 11 delle disposizioni emanate per l'acquisizione di informazioni in deroga al segreto d'ufficio, indicandone sommariamente le finalità".

 

 

Art. 6.

(Garanzie funzionali).

        1. Dopo l'articolo 10 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono inseriti i seguenti:

        "Art. 10-bis. - 1. Fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, una speciale causa di giustificazione si applica al personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza che pone in essere condotte costituenti reato, legittimamente autorizzate di volta in volta, in quanto indispensabili per il raggiungimento delle finalità istituzionali dei Servizi, nel rispetto rigoroso dei limiti di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo e delle procedure fissate dagli articoli 10-ter, 10-quater, 10-sexies e 10-septies.

            2. La speciale causa di giustificazione di cui al comma 1 non si applica se la condotta costituente reato configura delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la libertà personale, la salute o l'incolumità pubbliche.

            3. La speciale causa di giustificazione non si applica ai reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale. La speciale causa di giustificazione non si applica altresì ai reati di attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali, di cui all'articolo 289 del codice penale, agli attentati contro i diritti politici del cittadino, di cui all'articolo 294 del codice penale, ai delitti contro l'amministrazione della giustizia, salvo che si tratti di condotte di favoreggiamento personale o reale indispensabili per il raggiungimento delle finalità istituzionali dei Servizi e poste in essere nel rispetto delle procedure fissate dagli articoli 10-ter, 10-quater, 10-sexies e 10-septies, sempre che tali condotte di favoreggiamento non si realizzino attraverso false dichiarazioni all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria che cagionino uno sviamento determinante degli accertamenti da queste disposti.

            4. La speciale causa di giustificazione, di cui al presente articolo, opera inoltre a favore delle persone non addette agli organismi informativi allorquando siano ufficialmente richieste di svolgere attività autorizzate previste dalla presente legge.

        Art. 10-ter. - 1. La speciale causa di giustificazione prevista dall'articolo 10-bis si applica solo quando il personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza, nell'esercizio o a causa dei suoi compiti istituzionali, compie attività costituenti reato, predisponendo o eseguendo operazioni autorizzate ai sensi dell'articolo 10-quater, a seguito di una valutazione di proporzionalità condotta alla stregua dei criteri indicati nel comma 2 del presente articolo e comunque adeguatamente documentate secondo le norme organizzative degli stessi Servizi.

            2. Ai fini della valutazione di proporzionalità indicata nel comma 1, il ricorso ad una condotta costituente reato per la quale è esclusa la punibilità a norma dell'articolo 10-bis è consentito solo quando, a seguito di una completa comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, concorrono i seguenti requisiti:

                a) la condotta è indispensabile per ottenere il risultato che l'attività si prefigge;

                b) il risultato non è diversamente perseguibile;

                c) la condotta da tenere è adeguata al raggiungimento del fine.

        Art. 10-quater. - 1. Il direttore del Servizio interessato trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite della segreteria generale del CESIS, la richiesta di autorizzare le operazioni e le condotte necessarie alla predisposizione ed esecuzione delle operazioni medesime.

            2. In presenza dei presupposti di cui all'articolo 10-ter, il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro competente, provvede in merito alla richiesta di cui al comma 1.

            3. Nei casi di assoluta necessità e urgenza, che non consentono di formulare tempestivamente la richiesta di cui al comma 1, il direttore del Servizio interessato autorizza le attività di cui all'articolo 10-ter e ne informa immediatamente, per iscritto e comunque non oltre le ventiquattro ore, tramite la segreteria generale del CESIS, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro competente. Il Presidente del Consiglio dei ministri, verificata la sussistenza dei presupposti e sentito il Ministro competente, ratifica il provvedimento.

            4. Nei casi in cui la condotta costituente reato è stata posta in essere in assenza ovvero oltre i limiti delle autorizzazioni previste dai commi 2 e 3, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro competente, anche su segnalazione del direttore del Servizio interessato, adottano le necessarie misure ed informano l'autorità giudiziaria.

            5. La documentazione relativa alle condotte di cui all'articolo 10-bis è conservata in apposito schedario segreto unitamente alla documentazione relativa alle spese correlate secondo le norme organizzative dei Servizi per le informazioni e la sicurezza.

        Art. 10-quinquies. - 1. Il personale addetto ai Servizi per le informazioni e la sicurezza che utilizzi i mezzi, le strutture, le informazioni di cui dispone, o al cui accesso è agevolato in ragione del suo ufficio e dei suoi compiti, o che eserciti i poteri che gli sono stati conferiti al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o mettere in pericolo, attraverso la commissione di atti illeciti o di reati, gli stessi interessi alla cui tutela sono deputati i Servizi, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. La stessa pena si applica alla persona che, pur non addetta ai Servizi per le informazioni e la sicurezza, è stata da questi legittimamente incaricata di svolgere attività per loro conto. La pena è aumentata di un terzo quando il numero delle persone che concorrono nel reato è superiore a cinque.

        Art. 10-sexies. - 1. Quando comunque risulta che per taluno dei fatti indicati nell'articolo 10-bis ed autorizzati ai sensi degli articoli 10-ter e 10-quater sono iniziate indagini preliminari, il direttore del Servizio interessato oppone all'autorità giudiziaria che procede la esistenza dell'autorizzazione.

            2. Nel caso indicato nel comma 1, il procuratore della Repubblica sospende immediatamente le indagini e richiede al Presidente del Consiglio dei ministri di dare conferma della sussistenza dell'autorizzazione. Gli atti delle indagini sul fatto e quelli relativi alla opposizione sono separati e iscritti in apposito registro riservato e custoditi secondo modalità idonee a tutelarne la segretezza.

            3. Quando l'esistenza della speciale causa di giustificazione di cui all'articolo 10-bis è opposta nel corso dell'udienza preliminare o del giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri è interpellato dal giudice che procede, il quale sospende immediatamente il giudizio.

            4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, se conferma l'esistenza dell'autorizzazione, ne dà comunicazione entro sessanta giorni all'autorità che procede. Della conferma è data comunicazione al Comitato parlamentare di controllo nella relazione al Parlamento. Se la conferma non interviene nel termine indicato, essa si intende negata e l'autorità giudiziaria procede secondo le regole ordinarie.

            5. Quando il Presidente del Consiglio dei ministri conferma l'esistenza dell'autorizzazione, il procuratore della Repubblica, se ritiene che ricorra la speciale causa di giustificazione di cui all'articolo 10-bis, interrompe le indagini e il giudice, a seconda dei casi, pronuncia sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione. L'autorità giudiziaria dispone, inoltre, la messa in custodia degli atti secondo modalità idonee a tutelarne la segretezza. Nei casi di cui all'articolo 10-bis, commi 2 e 3, ovvero nel caso in cui la condotta non risulti conforme a quella autorizzata, l'autorità giudiziaria dispone la prosecuzione del procedimento e informa immediatamente il Presidente del Consiglio dei ministri. E' fatto salvo in ogni caso il diritto all'integrale indennizzo dei terzi danneggiati.

            6. Salvi i casi di cui all'articolo 10-bis, commi 2 e 3, l'autorità giudiziaria procedente solleva conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato ai sensi dell'articolo 202, comma 3-bis, del codice di procedura penale, quando ritiene, in base alle risultanze delle indagini preliminari, che l'autorizzazione della condotta è stata rilasciata dal Presidente del Consiglio dei ministri fuori dei casi consentiti dallo stesso articolo 10-bis, comma 1, e in assenza dei presupposti di cui all'articolo 10-ter.

            7. Se è stato sollevato conflitto di attribuzione, la Corte costituzionale ha pieno accesso agli atti e alle prove del procedimento e al provvedimento di autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, con le garanzie di segretezza stabilite dalla Corte costituzionale stessa.

            8. Quando l'esistenza dell'autorizzazione è opposta dal personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza o dalla persona legalmente richiesta da questi, al momento del fermo, dell'arresto in flagranza o dell'esecuzione di una misura cautelare, l'esecuzione del provvedimento è immediatamente sospesa e l'interessato è accompagnato dalla polizia giudiziaria nei propri uffici per esservi trattenuto per il tempo strettamente necessario per i primi accertamenti e, comunque, non oltre le ventiquattro ore. L'autorità giudiziaria procedente, immediatamente informata, dispone la verifica di cui ai commi 2 e 3.

        Art. 10-septies. - 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, previa comunicazione al Ministro competente, può autorizzare i direttori del SISMI e del SISDE perché, ai fini del miglior espletamento dei compiti affidati o a copertura di essi, gli appartenenti ai Servizi per le informazioni e la sicurezza usino documenti di identificazione contenenti indicazioni sulle qualità personali diverse da quelle reali. Con le medesime procedure e al fine di agevolare lo svolgimento di specifiche operazioni, ivi comprese quelle condotte a norma dell'articolo 10-bis, può essere autorizzata anche l'utilizzazione temporanea di documenti e certificati di copertura. Presso i Servizi che procedono all'operazione è tenuto un registro riservato attestante i tempi e le procedure seguite per il rilascio del documento o del certificato di copertura. Al termine dell'operazione, il documento o il certificato è conservato presso il competente Servizio. L'uso del documento o del certificato di copertura fuori dai casi autorizzati è punito a norma delle vigenti disposizioni penali.

        Art. 10-octies. - 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, previa comunicazione al Ministro competente e sentito il CESIS, può autorizzare i direttori del SISMI e del SISDE, per il miglior espletamento dei compiti affidati o a copertura di essi, a disporre l'esercizio di attività economiche nell'ambito del territorio nazionale o all'estero, sia nella forma di imprese individuali che di società di qualunque natura.

            2. Una specifica informativa sulle linee essenziali delle attività di cui al comma 1 è trasmessa dal Presidente del Consiglio dei ministri al Comitato parlamentare di cui all'articolo 11.

        Art. 10-nonies. - 1. Quando nel corso di un procedimento penale devono essere assunte le dichiarazioni di una persona appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza, l'autorità giudiziaria, oltre a dare applicazione a quanto previsto dagli articoli 472 e 473 del codice di procedura penale, adotta comunque adeguate cautele a tutela della persona che deve essere esaminata o deve partecipare ad un atto di indagine. Quando sono disponibili strumenti tecnici idonei a consentire il collegamento audiovisivo, l'autorità giudiziaria, salvo che la presenza della persona sia necessaria, può procedere a distanza, assicurando che siano osservate, in quanto compatibili, le forme e le modalità stabilite dalle norme di attuazione del codice di procedura penale.

        Art. 10-decies. - 1. Presso la segreteria generale del CESIS è istituito un Comitato di garanzia, che coadiuva il Presidente del Consiglio dei ministri nell'esercizio del potere di autorizzazione di cui all'articolo 10-quater.

            2. Il Comitato di cui al comma 1 è composto da tre membri di indiscussa competenza, imparzialità e prestigio, scelti tra magistrati a riposo che abbiano esercitato effettivamente almeno le funzioni di Presidente di sezione della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato o della Corte dei conti e che non esercitino altre attività professionali. I membri del Comitato sono scelti dal Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere favorevole espresso dalle competenti Commissioni parlamentari con la maggioranza dei tre quinti.

            3. I membri del Comitato di garanzia durano in carica cinque anni, senza possibilità di rinnovo del mandato. Essi svolgono la loro attività a titolo gratuito.

            4. Per adempiere all'attività di cui al comma 1, il Comitato valuta l'esistenza dei presupposti di cui all'articolo 10-ter, svolge l'attività tecnico-istruttoria necessaria al Presidente del Consiglio dei ministri per autorizzare le condotte e le operazioni di cui all'articolo 10-quater, comma 1, e per provvedere in merito alla richiesta del direttore del Servizio ai sensi dell'articolo 10-quater, comma 2.

            5. Il Comitato di garanzia non risponde in alcun modo del proprio operato al Comitato parlamentare di cui all'articolo 11, né alle Assemblee parlamentari.

            6. I membri del Comitato di garanzia sono tenuti, anche dopo la cessazione della attività di cui ai commi 1 e 4, al rispetto del segreto su tutte le informazioni di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio o a causa delle proprie funzioni.

            7. L'organizzazione interna ed il funzionamento del Comitato di garanzia sono disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato interministeriale di cui all'articolo 2. Il medesimo decreto fissa, altresì, le specifiche funzioni dell'UCSi, che cura lo svolgimento delle attività concernenti il segreto di Stato, di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri quale Autorità nazionale per la sicurezza, nonché la tutela di documenti, atti o cose classificati, ivi incluse le comunicazioni ed i sistemi di elaborazione informatica dei dati.

            8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato interministeriale di cui all'articolo 2, sono regolamentate le classifiche di segretezza amministrativa, la loro apposizione ed i relativi tempi di durata, nonché i conseguenti procedimenti di conservazione e di declassifica dei documenti".

 

 

Art. 7.

(Obblighi di informazione del Governo nei confronti del Parlamento. Comitato parlamentare).

        1. L'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dal seguente:

        "Art. 11. - 1. Il Governo riferisce semestralmente al Parlamento, con una relazione scritta, sulla politica informativa e di sicurezza e sui risultati ottenuti nel periodo considerato.

            2. Un Comitato parlamentare costituito da quattro deputati e quattro senatori, nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento nel rispetto del criterio di proporzionalità, esercita il controllo sull'applicazione dei princìpi stabiliti dalla presente legge.

            3. Al fine di cui al comma 2, il Comitato parlamentare può chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri, tramite la Segreteria generale del CESIS, e al Comitato interministeriale di cui all'articolo 2 informazioni sulle strutture dei Servizi e sulle attività svolte, comprese quelle di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-octies, accertando l'esistenza delle prescritte autorizzazioni. Può altresì formulare proposte e rilievi.

            4. Il Comitato interministeriale di cui all'articolo 2 fornisce le informazioni richieste.

            5. Il contenuto delle informazioni di cui al comma 3 non può in nessun caso riguardare le fonti informative, l'apporto dei Servizi stranieri, l'identità degli operatori, la dislocazione territoriale delle articolazioni operative e dei poli logistici, le operazioni in corso o quelle concluse, la cui rivelazione sia ritenuta dal Presidente del Consiglio dei ministri pericolosa per la sicurezza della Repubblica, e, comunque, ogni altro elemento idoneo a rivelare tali informazioni.

            6. Il Presidente del Consiglio dei ministri può opporre al Comitato parlamentare, indicandone con sintetica motivazione le ragioni essenziali, l'esigenza di tutela del segreto in ordine alle informazioni che, a suo giudizio, eccedono i limiti di cui al comma 5.

            7. Nella ipotesi di cui al comma 6, il Comitato parlamentare, ove ritenga, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, che l'opposizione del segreto non sia fondata, ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni politiche.

            8. Il Comitato parlamentare adotta la medesima procedura di cui al comma 7 allorché alla richiesta di informazioni non segua risposta, ovvero non sia stata opposta l'esigenza di tutela del segreto, entro il termine di sei mesi.

            9. I componenti del Comitato parlamentare sono vincolati al segreto relativamente alle informazioni acquisite e alle proposte e ai rilievi formulati ai sensi del comma 3, anche dopo la cessazione del mandato parlamentare.

            10. I Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, promuovono l'adozione di misure idonee ad assicurare la tenuta della riservatezza delle informazioni classificate trasmesse al Comitato parlamentare".

 

 

Art. 8.

(Tutela del segreto di Stato).

        1. L'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dai seguenti:

        "Art. 12. - 1. La tutela del segreto di Stato e la tutela di documenti, atti o cose classificati ai fini della segretezza è assicurata nel rispetto delle forme e delle modalità previste dagli articoli 12-bis e 12-ter.

            2. Il segreto di Stato tutela l'integrità della Repubblica, anche in attuazione di accordi internazionali, la difesa delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento, il libero esercizio delle funzioni dello Stato, l'indipendenza della Repubblica rispetto ad altri Stati e alle relazioni con essi, la preparazione e la difesa militare, gli interessi pubblici di rilievo strategico per l'economia del Paese.

            3. La classifica di segretezza ai fini della sicurezza della Repubblica è attribuita allo scopo di circoscrivere la conoscenza o la divulgazione di documenti, atti o cose alle sole persone che, in relazione alle funzioni, all'attività o all'incarico, hanno necessità assoluta di accedervi.

            4. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.

        Art. 12-bis. - 1. Sono coperti da segreto di Stato, indipendentemente dalla classifica di segretezza eventualmente attribuita dai soggetti a ciò legittimamente preposti, le notizie, i documenti, gli atti, le attività o le altre cose la cui conoscenza, al di fuori degli ambiti e dei livelli autorizzati, metta in pericolo o arrechi un danno immediato e diretto ai beni di cui all'articolo 12, comma 2.

            2. Le notizie, i documenti, gli atti, le attività e le cose oggetto di segreto di Stato sono poste a conoscenza esclusivamente dei soggetti e delle autorità chiamate a svolgere direttamente rispetto ad essi funzioni essenziali, nei limiti e nelle parti indispensabili per l'assolvimento dei rispettivi compiti ed il raggiungimento dei fini rispettivamente fissati.

            3. Il vincolo derivante dal segreto di Stato deve, ove possibile, essere annotato, secondo le disposizioni del Presidente del Consiglio dei ministri nella sua qualità di Autorità nazionale per la sicurezza, sugli atti, documenti o cose che ne sono oggetto, ai sensi del comma 1, anche se acquisiti dall'estero.

            4. Il vincolo derivante dal segreto di Stato cessa decorsi quindici anni dalla sua apposizione nei casi previsti al comma 3, o dalla sua opposizione negli altri casi, salvo che esso sia stato apposto od opposto relativamente ad atti, documenti o cose contenenti informazioni che attengono ai sistemi di sicurezza militare, o relative alle fonti e all'identità degli operatori dei Servizi per le informazioni e la sicurezza, ovvero informazioni la cui divulgazione può porre in pericolo l'incolumità o la vita di appartenenti ai predetti Servizi o di persone che hanno legalmente operato per essi o che sono pervenute con vincolo di segretezza da altri Stati, informazioni che riguardano la dislocazione delle strutture operative nonché delle infrastrutture e dei poli logistici, le operazioni in corso, la struttura organizzativa e le modalità operative del SISMI e del SISDE, e, comunque, ad ogni altro elemento indispensabile a mantenere la segretezza di tali informazioni.

            5. Gli atti e i documenti classificati, inclusi quelli dei Servizi per le informazioni e la sicurezza, dopo quaranta anni sono versati, previa declassifica, all'archivio di Stato.

            6. Con provvedimento motivato, il Presidente del Consiglio dei ministri, nella sua qualità di Autorità nazionale per la sicurezza, può derogare alla disposizione di cui al comma 5, per un periodo comunque non superiore a dieci anni e limitatamente ai casi di cui al comma 4.

        Art. 12-ter. - 1. L'opposizione del segreto di Stato, ai sensi degli articoli 202 e 256 del codice di procedura penale, è valutata dal Presidente del Consiglio dei ministri, tenuto conto della natura delle informazioni da proteggere, anche con particolare riferimento alla loro eventuale provenienza da organismi di informazione e sicurezza esteri o da strutture di sicurezza di organizzazioni internazionali, ovvero della loro attinenza ad accordi internazionali e del tempo trascorso dai fatti ai quali la richiesta di conoscere si riferisce.

        Art. 12-quater. - 1. Quando deve disporre l'acquisizione di documenti, atti o altra cosa nella disponibilità dei Servizi per le informazioni e la sicurezza, l'autorità giudiziaria indica specificamente nell'ordine di esibizione il documento, l'atto o la cosa oggetto della richiesta.

            2. L'attività di acquisizione non può in nessun caso essere eseguita direttamente presso le dipendenze o le strutture periferiche dei Servizi per le informazioni e la sicurezza, ma esclusivamente presso le rispettive sedi centrali.

            3. L'autorità giudiziaria, salvo i casi di assoluta impossibilità, procede personalmente e sul posto all'esame della documentazione e acquisisce agli atti quella strettamente indispensabile. Nell'espletamento di tale attività può avvalersi della collaborazione di ufficiali di polizia giudiziaria.

            4. L'autorità giudiziaria, quando ritiene che i documenti, le cose o gli atti esibiti siano diversi da quelli richiesti od incompleti, procede a perquisizione e, eventualmente, a sequestro, ai sensi degli articoli da 247 a 262 del codice di procedura penale, informandone tempestivamente il Presidente del Consiglio dei ministri.

            5. Quando deve essere acquisito, in originale o in copia, un documento, atto o cosa originato da un organismo di informazione e sicurezza estero, ovvero dalle strutture di sicurezza di una organizzazione internazionale, trasmesso con vincolo di non divulgazione, la consegna è sospesa e il documento, atto o cosa è inviato al Presidente del Consiglio dei ministri perché vengano assunte le necessarie iniziative presso l'ente originatore per le relative determinazioni.

            6. Quando devono essere acquisiti documenti, atti o altre cose, in originale o in copia, per i quali il responsabile dell'ufficio detentore eccepisce il segreto di Stato, la consegna immediata è sospesa e i documenti, atti o cose sono sigillati in appositi contenitori e trasmessi prontamente al Presidente del Consiglio dei ministri.

            7. Nelle ipotesi previste nel comma 6, entro sessanta giorni il Presidente del Consiglio dei ministri autorizza l'acquisizione del documento, dell'atto o della cosa o conferma il segreto di Stato. In tale caso trovano applicazione le disposizioni in materia di segreto di Stato. L'autorità giudiziaria acquisisce il documento, l'atto o la cosa, quando il Presidente del Consiglio dei ministri non si pronuncia nel termine indicato.

            8. Il Presidente del Consiglio dei ministri può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, ritenute indispensabili per lo svolgimento delle attività connesse alle sue funzioni. L'autorità giudiziaria può altresì trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa. Ai medesimi fini, l'autorità giudiziaria può autorizzare il Presidente del Consiglio dei ministri all'accesso diretto al registro delle notizie di reato, anche se tenuto in forma automatizzata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 118, commi 2 e 3, del codice di procedura penale".

 

 

Art. 9.

(Collaborazione richiesta a pubbliche amministrazioni e a soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità).

        1. Gli organismi per le informazioni e la sicurezza (CESIS, SISMI e SISDE) possono corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e i soggetti erogatori, in regime di concessione o mediante convenzione, di servizi di pubblica utilità e possono chiedere ad essi la collaborazione, anche di ordine logistico, necessaria per l'adempimento delle loro funzioni istituzionali; a tal fine possono in particolare stipulare convenzioni con i predetti soggetti nonché con le università e gli enti di ricerca. Nei casi in cui la natura tecnica o la specificità dei problemi lo richiedano, possono avvalersi dell'opera di società di consulenza.

        2. L'eventuale accesso ad archivi informatici e l'acquisizione di informazioni di pertinenza di pubbliche amministrazioni o di soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato d'intesa con le amministrazioni ed i soggetti interessati.

        3. Qualora le pubbliche amministrazioni e i soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità, ai quali è stata richiesta collaborazione, ritengano di non potere o volere corrispondere a tale richiesta, sono tenuti ad informare immediatamente ed in modo esauriente, tramite il Ministro da cui dipendono o che esercita su di essi la vigilanza, ovvero tramite l'autorità concedente, il Presidente del Consiglio dei ministri, alle cui determinazioni devono successivamente attenersi.

 

 

Art. 10.

(Manomissione degli archivi informatici degli organismi per le informazioni e la sicurezza).

        1. Le pene previste per i reati di cui agli articoli 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617, 617-ter, 617-quater e 617-quinquies del codice penale sono aumentate dalla metà a due terzi, se commessi in danno degli archivi degli organismi per le informazioni e la sicurezza (CESIS, SISMI e SISDE) e delle apparecchiature da questi utilizzate sia all'interno che all'esterno delle proprie sedi, o al fine di procurarsi notizie, documenti, informazioni, atti coperti da segreto di Stato.

        2. La pena è aumentata quando l'autore del reato sia per ragioni di ufficio investito di incarichi specificamente diretti alla manutenzione, alla tutela e alla sicurezza degli archivi.

 

 

Art. 11.

(Accesso illegittimo e manomissione degli atti).

        1. Chiunque acceda illegittimamente nei locali degli archivi ove sono conservati i documenti degli organismi per le informazioni e la sicurezza (CESIS, SISMI e SISDE) è punito, per ciò solo, con la reclusione da uno a cinque anni.

        2. Chiunque sottragga, distrugga, trasferisca altrove, occulti, contraffaccia, sostituisca un atto, o formi in tutto o in parte un atto falso, alteri un atto vero, o riproduca arbitrariamente atti conservati negli archivi degli organismi per le informazioni e la sicurezza, è punito, per ciò solo, con la reclusione da due a otto anni.

        3. Nei casi previsti dal comma 2, la pena è aumentata quando l'autore del reato sia addetto agli organismi per le informazioni e la sicurezza o sia incaricato legittimamente di svolgere attività per questi; la pena è aumentata dalla metà a due terzi quando l'autore del reato sia per ragioni di ufficio investito di incarichi specificamente diretti alla manutenzione, alla tutela e alla sicurezza degli archivi.

 

 

Art. 12.

(Coordinamento tra le attività del SISMI e del SISDE).

        1. Ciascun Servizio per le informazioni e la sicurezza, per le attività che oltrepassano il proprio specifico ambito di competenza, chiede la collaborazione dell'altro Servizio e mette al corrente il CESIS dell'operazione in corso.

        2. Il segretario generale del CESIS, quale responsabile delle funzioni di diretto supporto dell'attività del Presidente del Consiglio dei ministri, garantisce il raccordo e la direzione unitaria delle operazioni per le quali è necessaria la collaborazione tra i due Servizi per le informazioni e la sicurezza.

 

 

 

 

 

Art. 13.

(Modifiche ed integrazioni al codice di procedura penale).

        1. Dopo il comma 3 dell'articolo 202 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "3-bis. Se l'autorità giudiziaria procedente ritiene ingiustificato o immotivato l'esercizio del potere di conferma dell'opposizione del segreto di Stato, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, solleva conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato. Qualora il conflitto sia risolto in favore dell'autorità giudiziaria, il segreto di Stato non può più essere eccepito nel corso del procedimento con riferimento al medesimo fatto".

        2. Dopo il comma 1 dell'articolo 204 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

        "1-bis. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli articoli indicati nel comma 1 fatti, notizie, documenti o cose relativi a condotte poste in essere, da parte degli appartenenti ai Servizi per le informazioni e la sicurezza, in violazione della disciplina concernente la speciale causa di giustificazione di cui all'articolo 10-bis della legge 24 ottobre 1977, n. 801. Si considerano violazioni della predetta disciplina le condotte per le quali, esperita l'apposita procedura prevista dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801, il Presidente del Consiglio dei ministri ha negato l'esistenza dell'autorizzazione o la Corte costituzionale ha risolto in favore dell'autorità giudiziaria il conflitto di attribuzione di cui al comma 3-bis dell'articolo 202.

            1-ter. Il segreto di Stato non può essere opposto o confermato ad esclusiva tutela della classifica o in ragione esclusiva della natura della cosa oggetto della classifica di segretezza.

            1-quater. Quando il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di confermare il segreto di Stato, provvede, in qualità di Autorità nazionale per la sicurezza, a declassificare gli atti, i documenti o le cose oggetto di classifica, prima che siano messi a disposizione dell'autorità giudiziaria competente".

        3. Dopo il comma 4 dell'articolo 256 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

        "4-bis. Trovano applicazione le disposizioni dell'articolo 202, comma 3-bis".

        4. Dopo il comma 3 dell'articolo 327-bis del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:

        "3-bis. Nello svolgimento delle investigazioni di cui al comma 1, all'avvocato difensore e ai soggetti da lui incaricati è sempre opponibile la speciale causa di giustificazione per il personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza, ai sensi dell'articolo 10-sexies, comma 1, della legge 24 ottobre 1977, n. 801".

 

 

Art. 14.

(Informazione della conferma dell'opposizione del segreto di Stato).

        1. All'articolo 16 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, le parole: "dell'articolo 352" sono sostituite dalle seguenti: "degli articoli 202 e 256".

 

 

 

Art. 15.

(Informazione dell'opposizione del segreto di Stato).

        1. All'articolo 17 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, le parole: "ai sensi degli articoli 11 e 15" sono sostituite dalle seguenti: "in conformità agli articoli 11 e 16".

 

 

Art. 16.

(Abrogazioni).

        1. Sono abrogati gli articoli 13, 14 e 15 della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

 

 

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 123

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

BIELLI

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Modifiche alla disciplina in materia di opponibilità del segreto di Stato

 

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Presentata il 30 Maggio 2001

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende colmare un vuoto esistente nella disciplina vigente in materia di segreto di Stato. Troppe volte nella storia del nostro Paese abbiamo dovuto contare i morti ed i feriti nelle nostre città, vittime di una follia stragista che solo la barriera della democrazia è riuscita a sconfiggere.

        Dal 1969, con la strage di Piazza Fontana (ma non dobbiamo dimenticare che fin dal 1948 lavoratori e cittadini sono stati vittime di stragi, da Portella della Ginestra del 1^ maggio 1948 al massacro di Reggio Emilia del luglio 1960) troppe volte abbiamo constatato che dietro alle stragi si nascondeva l'inefficienza, se non la complicità, finanche di settori dello Stato.

        La prima clamorosa prova che strutture deviate dei servizi segreti civile e militare erano in qualche modo coinvolte nella strage del 12 dicembre 1969 venne dalla famosa intervista che l'onorevole Andreotti rilasciò nel giugno 1974, quando confermò che Guido Giannettini era un agente del Sid.

        Da quel giorno, gli italiani scoprirono, e ne ebbero costante conferma, che anche uno Stato che si dice democratico può coprire misteriosi interessi opponendo il segreto di Stato sulle indagini che la magistratura ha condotto per scoprire autori e mandanti delle stragi.

        Ogni volta che una bomba ha squarciato il muro di una stazione, i vagoni di un treno o il selciato di una piazza, seminando morte e terrore, puntualmente i magistrati hanno dovuto fare i conti con le resistenze degli apparati dello Stato, restii a porre a loro disposizione tutti gli elementi necessari per fare luce sui massacri.

        Con l'approvazione della legge n. 801 del 1977, il Parlamento cercò di riordinare l'intero sistema degli apparati di sicurezza e di informazione del Paese, definendone ruoli, funzioni e limiti, ivi compresa l'inopponibilità del segreto di Stato per i cosiddetti "reati di eversione".

        Il secondo comma dell'articolo 12 della legge n. 801 del 1977 dispone, infatti, che in nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.

        Ma se questo fu in qualche modo sufficiente, la prassi continuò a prevalere nelle sue forme peggiori e le deviazioni e i depistaggi riscontrati dalla magistratura per la strage di Bologna e del "Rapido 904", suonarono come assurda riprova che nulla era cambiato dopo l'approvazione della legge n. 801 del 1977.

        La stessa Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo e le stragi ha, più di una volta, dovuto fare i conti con le resistenze di uomini e strutture dei nostri servizi e molto rimane probabilmente da scoprire. Per questo, con la presente proposta di legge si cerca di definire in maniera più compiuta le procedure attraverso le quali gli apparati di sicurezza possono e devono rendere il loro contributo per la ricerca e la scoperta dei responsabili delle stragi.

        Volutamente, il legislatore definì con formula ampia "fatti eversivi dell'ordine costituzionale" la fattispecie non coperta dal segreto di Stato, ma è evidente che la determinazione del reato, dipendendo dalla discrezionalità del magistrato, non consente una certezza circa l'applicabilità o meno della disciplina di cui alla legge n. 801 del 1977.

        Paradossalmente la legge n. 801 del 1977 tutela i procedimenti contro i responsabili di un reato compiuto con finalità terroristiche o di eversione (articolo 280 del codice penale), ma non quelli contro i responsabili dei reati, compiuti "allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato" e diretti a "portare la strage nel territori dello Stato" (articolo 285 del codice penale).

        Analogamente, non coperti dalla disciplina relativa al segreto di Stato sono i procedimenti penali relativi al reato di strage, senza che il reato sia commesso per finalità di eversione o di terrorismo; ma è evidente l'insufficienza di una previsione che lascia al magistrato la facoltà di determinare la fattispecie del reato, quando da questa discende la possibilità o meno di opporre il segreto di Stato. A tale fine, con la presente proposta di legge si è previsto di modificare l'articolo 12, secondo comma, della legge n. 801 del 1977 e, conseguentemente, l'articolo 204 del codice di procedura penale, inserendo tra i reati sottratti al segreto di Stato, oltre a quelli di eversione dell'ordine costituzionale, anche quelli previsti e puniti dagli articoli 285 (devastazione, saccheggio e strage) e 422 (strage) del codice penale.

        Un altro aspetto rilevante nella gestione del segreto di Stato concerne la procedura attraverso la quale il Presidente del Consiglio dei ministri può confermare o meno il segreto successivamente alla richiesta dell'autorità giudiziaria. Nella disciplina vigente (legge n. 801 del 1977 e articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), il Capo dell'Esecutivo dispone l'eventuale conferma del segreto di Stato dandone comunicazione al Comitato parlamentare di controllo, sottraendo in tale modo al giudice la possibilità di sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale. Si ritiene, invece, opportuno che il sindacato sulla valutazione della conferma o meno del segreto avanzato da un testimone in un procedimento per strage o per fatti di eversione e terrorismo sia demandato alla Corte costituzionale, supremo organo di garanzia e di tutela degli interessi collettivi.

        Pertanto, l'articolo 3 della presente proposta di legge modifica l'articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e stabilisce che il Presidente del Consiglio dei ministri può confermare il segreto con atto motivato.

        L'articolo 4 della presente proposta di legge riguarda più specificamente le procedure di tenuta militare degli archivi dei servizi di sicurezza ai fini dell'opponibilità del segreto di Stato. Troppe volte, infatti, anche negli archivi del Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE) e del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI) si sono verificati episodi che, a voler tralasciare la malafede, denotano certamente una negligenza nella gestione dei documenti: mancanza di fogli o di indicazioni necessarie alla loro individuazione, cancellature o abrasioni; talvolta, si è giunti all'assurdo di regolari fascicoli intestati a fatti o persone, ma privi di documenti al loro interno.

        A tale fine, l'articolo 4 della proposta di legge, modificando la disciplina recata dalla legge n. 801 del 1977, dispone che il segreto di Stato è opponibile solo su informazioni contenute in documenti, cartacei o di altra natura, aventi una data certa e che l'atto di opposizione debba indicare il livello di segretezza dell'informazione, la data di classificazione, l'identità e l'ufficio di appartenenza dell'autorità di origine, la data o l'evento di classificazione.

        Infine, a maggior garanzia della fondamentale certezza dei documenti sottoposti alla disciplina del segreto di Stato, si prevede che ai documenti medesimi debbano essere allegate le memorie storiche concernenti gli ordini impartiti dall'Esecutivo ai servizi e le spese riservate sostenute da questi ultimi, memorie che sono classificate allo stesso livello di segretezza dell'informazione cui si riferiscono. Ma, affinché non abbia a ripetersi più che il segreto di Stato rimanga vigente su episodi dai quali sono trascorsi ormai decenni, la proposta di legge prevede che, dopo sei anni, si verifichi l'automatica declassificazione dei documenti alla classifica inferiore e che dopo dieci anni dalla prima classifica si determini la declassificazione totale.

        A coloro i quali ciò appaia un azzardo, vale la pena di ricordare che il segreto di Stato è tuttora vigente sulla famosa "strage di Milano", quando i cannoni di Bava Beccaris spararono sulla folla. Era il 1898 oltre un secolo fa.

 



 


PROPOSTA DI LEGGE

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Art. 1.

        1. All'articolo 12, secondo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono aggiunte, in fine, le parole: "nonché i delitti di strage previsti dall'articolo 285 e dall'articolo 422 del codice penale".

 

 

Art. 2.

        1. All'articolo 204, comma 1, del codice di procedura penale, dopo le parole: "concernenti reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale", sono aggiunte le seguenti: "nonché i delitti di strage previsti dall'articolo 285 e dall'articolo 422 del codice penale".

 

 

Art. 3.

        1. All'articolo 66, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: "Presidente del Consiglio dei ministri", sono inserite le seguenti: ", con atto motivato,".

 

 

Art. 4.

        1. Dopo l'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

        "Art. 12-bis. - 1. Il segreto è opponibile solo su informazioni contenute in documenti aventi data certa. Si considera documento ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra natura relativa a notizie o materiali concernenti la sicurezza nazionale.

            2. L'atto di opposizione del segreto deve indicare:

                a) il livello di segretezza dell'informazione;

                b) la data di classificazione;

                c) l'identità dell'autorità di origine;

                d) l'ufficio di appartenenza dell'autorità di origine;

                e) la data o l'evento di classificazione.

            3. Ai documenti classificati devono essere allegate le memorie storiche concernenti gli ordini impartiti dall'Esecutivo ai servizi e le spese riservate sostenute dai medesimi. Le memorie storiche sono classificate allo stesso livello di segretezza dell'informazione cui si riferiscono.

            4. Le informazioni e i documenti classificati degradano dopo sei anni alla classifica inferiore e sono declassificati, comunque, decorsi dieci anni dalla prima classificazione".

 

 

 

 


N. 203

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

CIMA

¾

 

Modifica all'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, recante norme in materia di istituzione e ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato

 

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Presentata il 30 maggio 2001

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Onorevoli Colleghi! - E' necessario mettere il Parlamento in condizione di esercitare pienamente i suoi compiti istituzionali e in particolare quello di controllo sull'operato del Governo.

A tal fine riteniamo indispensabile l'approvazione della presente proposta di legge, che ha lo scopo di aprire a tutte le forze, presenti in Parlamento il Comitato parlamentare istituito dall'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, relativa all'istituzione e ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato. L'attuale composizione del Comitato, formato da quattro deputati e quattro senatori nominati sulla base del criterio di proporzionalità, esclude infatti la maggioranza dei gruppi parlamentari dalla possibilità di farne parte.

Riteniamo pertanto necessario proporre, con la presente proposta di legge di cui auspichiamo la sollecita approvazione con il concorso di un ampio schieramento di forze politiche, un allargamento del Comitato parlamentare, da cui nessuna forza politica presente in Parlamento può essere esclusa.

 

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. Il secondo comma dell'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dal seguente:

            "Esercita il controllo sull'applicazione dei princìpi stabiliti dalla presente legge un Comitato parlamentare costituito da quattro deputati e da quattro senatori nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento sulla base del criterio di proporzionalità e da un rappresentante per ciascuno dei gruppi parlamentari presenti in almeno uno dei due rami del Parlamento e che non rientrano tra quelli già rappresentati sulla base del criterio di proporzionalità".

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1694

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

RAMPONI

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Nuovo ordinamento dei servizi di informazione per la sicurezza e disciplina del segreto di Stato

 

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Presentata il 1a ottobre 2001

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Onorevoli Colleghi! - Le competenze, l'organizzazione e le modalità operative dell'attività informativa per la sicurezza in Italia sono regolate dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801.

        Il mutato quadro di situazione interno ed internazionale obiettivamente impone una nuova scrittura della legge che, emanata nel 1977, vede oggi completamente cambiato il contesto che ne aveva ispirato i fondamentali concetti di base, dai quali derivano logicamente lo spirito e la struttura normativa.

        Il quadro degli equilibri internazionali è oggi sostanzialmente diverso, ed è completamente diversa anche la situazione interna dello Stato.

        Mentre alcune minacce si sono attenuate o hanno mutato la loro possibilità di esplicazione, altre completamente nuove appaiono all'orizzonte o sono già pesantemente attive.

        Quella portata dalla criminalità organizzata nazionale e internazionale nel traffico e vendita di stupefacenti, di armi di materiale fissile e di quant'altro possa portare grave danno alla pace ed alla stabilità internazionale, o al sicuro progresso delle società.

        Quella della proliferazione di materiali, mezzi e conoscenze in campo nucleare chimico, batteriologico ed in quello vettoriale per il lancio degli ordigni, che può mettere nelle mani di organizzazioni o di "governi a rischio" mezzi tremendi di distruzione o anche di semplice ricatto.

        Quelle nel settore economico e finanziario che grazie al reimpiego delle enormi disponibilità finanziarie da parte della malavita organizzata, possono finire per inquinare e controllare il sistema, ponendolo in mani irresponsabili e criminali.

        Quelle nel settore dell'informazione multimediale, della sicurezza ecologica e altre.

        In realtà si potrebbe dire che tutti i settori della vita dello Stato possono essere minacciati da iniziative di origine interna o esterna tendenti ad acquisire vantaggi da azioni disgregatrici o dannose condotte in modo nascosto o mascherato. Ma la necessaria attività di intelligence per acquisire notizie al fine di prevenire danni allo Stato ed alla società, non esaurisce il compito dell'intelligence stessa.

        Assieme alla ragione difensiva, va vista la ragione di sostegno alle iniziative politiche per consentire che le iniziative e le decisioni politiche dello Stato siano basate sulla conoscenza il più possibile esatta dei fattori afferenti ciascun problema.

        Nel contempo sono rimaste immanenti minacce già esistenti. Quella del terrorismo che ha assunto connotazioni completamente diverse, anche per il progressivo aumento della cosmopoliticità della società italiana, per le vulnerabilità della "società aperta" e per il clamoroso ed esponenziale aumento del livello di pericolosità rivelato dall'ultimo attacco portato agli USA l'11 settembre 2001. Quella dello spionaggio, anche essa mutata e orientata al campo tecnologico d'avanguardia di tutti i settori, più che concentrata su quello militare.

        Inoltre nel periodo di giurisdizione della legge in vigore, è emersa la necessità di una migliore e più incisiva attività di controllo da parte del Parlamento, e di una chiara definizione dei rapporti tra personale e attività dei servizi segreti e la magistratura, di una più chiara e precisa indicazione delle responsabilità di gestione economica e di spesa, di una migliore definizione di competenza dei due servizi, di una organizzazione che ne assicuri il controllo ed il coordinamento e infine di una maggiore chiarezza, sicurezza e tutela dell'operato degli appartenenti agli enti informativi.

        In tempi recentissimi il già citato attacco terroristico dell'11 settembre 2001, ha determinato una elevatissima sensibilizzazione della opinione pubblica mondiale al rischio di attentati terroristici e la conseguente assunzione di impegno da parte dei governi di intensificare l'attuazione di ogni possibile misura di carattere difensivo per garantire al meglio possibile la sicurezza dei cittadini, accompagnata da efficaci iniziative di contrasto nei confronti degli elementi originativi e potenzialmente organizzatori di attentati terroristici.

        In questo quadro, un ruolo fondamentale è attribuito alla attività di intelligence considerata il mezzo primario e fondamentale per la prevenzione degli attentati e per la informazione e la sensibilizzazione delle forze di sicurezza cui compete il contrasto nei confronti dell'azione terroristica.

        Queste sono in stretta sintesi le ragioni che inducono alla messa a punto di una nuova legge sui servizi di informazione, ragioni alle quali si ispira la proposta di legge, naturalmente aperta ad eventuali integrazioni o correzioni migliorative. Essa:

            1) attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri l'alta direzione, la responsabilità politica generale e la titolarità della tutela e dell'apposizione del segreto di Stato. Non innova rispetto a quanto stabilito in precedenza;

            2) individua nel Consiglio dei ministri la struttura di governo che costituisce organo di consulenza e proposta per il Presidente del Consiglio dei ministri per gli indirizzi generali e per gli obiettivi fondamentali della politica informativa per la sicurezza, nonché la sede di informazione per tutti i Ministri sull'evoluzione della situazione generale.

        Rispetto alla legge n. 801 del 1977 sposta nell'ambito del Consiglio dei ministri quanto prima era attribuito ad un organo particolare, il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, del quale facevano parte solo alcuni Ministri.

        L'innovazione deriva dalla considerazione che il nuovo quadro della situazione nazionale e internazionale presenta una globalità in termini di potenziali minacce, tali da poter interessare nel loro sviluppo tutto lo scibile dei diversi settori di attività dello Stato, con connessioni ed interazioni continue.

        Pare quindi corretto individuare nel Consiglio dei ministri la sede d'origine del processo di impostazione delle linee fondamentali della politica di informazione e di arrivo dei principali elementi di sintesi dell'attività di ricerca.

        Ritengo inoltre opportuno richiamare l'attenzione sul fatto che nella legge vigente si è sempre parlato di informazione e sicurezza, unendo in un tutt'uno le due entità, quasi che la competenza di entrambe risalisse ai servizi segreti. In questo modo si è commesso un errore concettuale che ha finito per dare luogo nella cultura e nella conoscenza dell'opinione pubblica generale alla errata convinzione che la responsabilità e l'attività di ricerca informativa e la responsabilità e attività di mantenimento della sicurezza si identificassero.

        Esiste indubbiamente, ed è assolutamente necessaria, una strettissima interrelazione tra le due attività, operando la prima per fornire tutti gli elementi necessari e indispensabili all'azione della seconda, ma azioni, procedimenti e responsabilità nonché strutture interessate sono distinti e diversi e trovano il loro luogo unitario in termini di responsabilità, indirizzo, guida e controllo nel Presidente del Consiglio dei ministri.

        Ecco perché nella proposta di legge all'articolo 1 al Presidente del Consiglio dei ministri si attribuiscono l'alta direzione e la responsabilità politica dell'informazione e della sicurezza, mentre a partire dall'articolo 2, nel trattare di responsabilità, competenze, ordinamento e procedimenti riferiti all'attività di intelligence, si parla sempre di informazione "per la" sicurezza e non di informazione "e" sicurezza, a differenza di quanto detto nella legge in vigore;

            3) istituisce il Dipartimento dell'informazione per la sicurezza dello Stato, nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, realizzando l'unitarietà della struttura, ne affida la guida, il coordinamento e il controllo ad una autorità politica (sottosegretario di Stato all'informazione per la sicurezza dello Stato) che assolve alla sua funzione con l'ausilio di un comitato esecutivo per l'attività di guida, coordinamento e controllo, e di una unità centrale per la conoscenza in tempo reale dell'evolversi della situazione informativa.

        La proposta di legge basa la sua articolazione operativa su due servizi di intelligence competenti e operanti per l'attività di informazione nei confronti delle minacce, uno all'interno ed uno all'esterno del territorio nazionale.

        Per la ripartizione delle competenze tra i due servizi la scelta era tra una soluzione di ripartizione verticale (assegnazione a ciascuno di diversi tipi di minaccia: terroristica, criminale, militare, ambientale, economica, eccetera) o una soluzione di ripartizione areale (interna, esterna). Si è preferita la seconda alternativa in questo modo allineandosi alla soluzione adottata da quasi tutti gli Stati omologhi per il livello e l'organizzazione politico-sociale.

        La interrelazione sia sul piano verticale sia su quello orizzontale tra le diverse minacce e le aree del loro sviluppo è comunque stata presa in seria considerazione ed al comitato esecutivo è stato affidato il compito del coordinamento delle iniziative e delle competenze contingenti in funzione della situazione e del suo evolversi.

        Inoltre, la ripartizione per area presenta il vantaggio di una maggiore elasticità, consentendo di affidare, senza problemi normativi, a ciascun servizio, per l'area di competenza, qualsiasi nuova minaccia dovesse emergere in futuro;

            4) innova, rispetto alla legge vigente, istituendo nell'ambito della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione un gruppo di tre magistrati competenti a concedere le autorizzazioni su richiesta del sottosegretario di Stato all'informazione, all'attuazione - in sede di attività di ricerca informativa - di intercettazioni, apertura di corrispondenza, sequestro temporaneo di documentazione, perquisizioni, eccetera, nei confronti di cittadini italiani.

        E' questa una novità, ritenuta quanto mai opportuna, che, per talune procedure particolari, necessarie per lo svolgimento di azioni incisive e penetranti, assicura garanzia ai cittadini e corretta copertura agli operatori dell'intelligence;

            5) istituisce un Comitato parlamentare per il controllo dei servizi di informazione per la sicurezza (peraltro già esistente). Tuttavia, rispetto alla precedente configurazione, innova stabilendo per legge che la presidenza del Comitato compete alla componente politica all'opposizione e include tra le funzioni del Comitato anche il parere sui bilanci preventivi e consuntivi di spesa, e sui regolamenti attuativi dell'ordinamento della struttura e della tutela del segreto di Stato.

        Le due novità paiono molto opportune e significative:

            una consente un controllo puntuale del Parlamento nei confronti degli elementi di base: organizzativi, operativi e finanziari dell'attività di intelligence;

            l'altra, affidando all'opposizione la presidenza del Comitato, consente, nel modo a ben vedere più corretto in termini democratici, il controllo preciso e responsabile nei confronti dell'attività della maggioranza di Governo da parte dell'opposizione;

            6) definisce con chiarezza i procedimenti d'azione degli agenti, le relative modalità di autorizzazione e copertura nonché le responsabilità;

            7) assicura il coordinamento e il controllo dell'attività di intelligence svolta per scopi particolari di settore da qualsiasi altro ente dell'amministrazione statale;

            8) stabilisce con chiarezza competenza e responsabilità per la definizione dei bilanci preventivi e consuntivi, per le autorizzazioni di spesa, la gestione e la conservazione della documentazione.

        Si propone di mettere a punto una legislazione di base per l'attività dei servizi segreti italiani, adeguata alla nuova realtà e capace di mantenere buona validità nei confronti degli sviluppi della situazione del prevedibile futuro.

        Si propone inoltre di recepire sul piano normativo tutti i miglioramenti e gli adeguamenti suggeriti dall'esperienza degli ultimi anni.

        Rimane aperta ogni possibilità di integrazione che porti ad un complessivo miglioramento dell'impianto normativo proposto.


 

 


 


PROPOSTA DI LEGGE

_________

 

 

Art. 1.

(Attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri).

        1. Al Presidente del Consiglio dei ministri competono l'alta direzione, la responsabilità e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza nell'interesse e per la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri impartisce le direttive ed emana ogni disposizione necessaria per l'organizzazione e il funzionamento delle attività attinenti ai fini di cui al comma 1; stabilisce i criteri relativi all'apposizione del segreto di Stato, ne controlla l'applicazione e individua gli organi a ciò competenti; esercita la tutela del segreto di Stato.

 

 

Art. 2.

(Attribuzioni del Consiglio dei ministri).

        1. Il Consiglio dei ministri costituisce organo di consulenza e proposta per il Presidente del Consiglio dei ministri, sugli indirizzi generali e sugli obiettivi fondamentali da perseguire nel quadro della politica informativa per la sicurezza. Lo stesso Consiglio deve essere costantemente informato dell'evoluzione della situazione generale.

        2. Il Consiglio dei ministri delibera sulla nomina dei direttori generali dei Servizi e dell'unità centrale di cui agli articoli 6, 7 e 8; esamina e formula proposte sui bilanci preventivi e consuntivi del Dipartimento di cui all'articolo 3.

 

 

Art. 3.

(Dipartimento dell'informazione per la sicurezza).

        1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Dipartimento dell'informazione per la sicurezza dello Stato, di seguito denominato "Dipartimento", con il compito di assicurare l'organizzazione, il funzionamento ed il coordinamento dell'attività di informazione per la sicurezza dello Stato. Il Dipartimento è costituito da:

            a) un comitato esecutivo di guida e coordinamento;

            b) una unità centrale;

            c) un servizio per l'esterno;

            d) un servizio per l'interno.

        2. L'ordinamento del Dipartimento e le eventuali successive variazioni sono definiti con regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

        3. Al Dipartimento è preposto il sottosegretario di Stato di cui all'articolo 4.

 

 

Art. 4.

(Compiti e attribuzioni del sottosegretario di Stato all'informazione per la sicurezza dello Stato).

        1. Il sottosegretario di Stato all'informazione per la sicurezza dello Stato, di seguito denominato "sottosegretario":

            a) guida e coordina l'attività del Dipartimento secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri;

            b) presiede il comitato esecutivo di cui all'articolo 5;

            c) tiene costantemente informato il Presidente del Consiglio dei ministri sull'evolversi della situazione informativa;

            d) garantisce il flusso delle informazioni di specifico interesse ai responsabili dei Ministeri competenti;

            e) presenta al Presidente del Consiglio dei ministri il bilancio di previsione e il consuntivo di spesa;

            f) trasmette al Comitato parlamentare per il controllo dei servizi di informazione per la sicurezza, il bilancio e il consuntivo di cui alla lettera e) una volta approvati dal Consiglio dei ministri.

 

 

Art. 5.

(Compiti, attribuzioni e composizione del comitato esecutivo).

        1. Il comitato esecutivo di guida e coordinamento è la sede di definizione:

            a) del quadro della situazione generale relativa alla informazione per la sicurezza dello Stato e del suo controllo;

            b) delle linee di programma dell'attività operativa in funzione degli sviluppi della situazione generale;

            c) dei bilanci preventivi e consuntivi di spesa;

            d) delle direttive operative e di gestione del Dipartimento riferite al personale, alle risorse finanziarie ed alle infrastrutture;

            e) del coordinamento con gli altri organi dello Stato;

            f) del coordinamento con i servizi di informazione e sicurezza degli altri Stati;

            g) delle operazioni di rilievo condotte dai Servizi di cui agli articoli 7 e 8.

        2. Il comitato esecutivo è presieduto dal sottosegretario ed è composto dai direttori dei Servizi di cui agli articoli 7 e 8 e dal direttore dell'unità centrale di cui all'articolo 6. Il direttore dell'unità centrale è segretario del comitato esecutivo.

 

 

Art. 6.

(Compiti e attribuzioni dell'unità centrale).

        1. L'unità centrale è l'organo di supporto alla attività del comitato esecutivo di guida e coordinamento. Essa ha le seguenti competenze:

            a) mantiene aggiornato il quadro della situazione in funzione del flusso informativo prodotto dei Servizi di cui agli articoli 7 e 8;

            b) assicura la diramazione ai Ministeri competenti delle informazioni di specifico interesse;

            c) assicura la guida, il coordinamento e il controllo delle attività relative al personale, alla gestione logistica ed alla gestione amministrativa di carattere comune per tutto il Dipartimento;

            d) cura la messa a punto del progetto di bilancio preventivo e il consuntivo di spesa del Dipartimento, e gestisce la parte di propria competenza;

           e) è l'organo centrale di sicurezza per la tutela del segreto di Stato.

        2. L'unità centrale è retta da un direttore nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario. L'unità centrale assume anche l'incarico di Autorità nazionale per la sicurezza.

 

 

Art. 7.

(Compiti e attribuzioni del Servizio informativo per l'interno).

        1. Il Servizio informativo per l'interno (SII):

            a) assolve, all'interno del territorio nazionale, tutti i compiti informativi per la difesa della stabilità e dell'integrità dello Stato da ogni pericolo o minaccia;

            b) quando ve ne sia la necessità, riconosciuta in sede di comitato esecutivo, il SII può svolgere attività all'esterno del territorio nazionale, sempre in concorso con il Servizio informativo per l'estero di cui all'articolo 8.

        2. Il direttore del SII è nominato e revocato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario.

        3. Gli altri funzionari del SII indicati nelle disposizioni sull'ordinamento di cui all'articolo 9, comma 4, sono nominati dal sottosegretario, su proposta del comitato esecutivo.

        4. Il direttore è responsabile del funzionamento e della gestione del SII secondo le direttive definite in sede di comitato esecutivo. Mantiene costantemente informato il sottosegretario sugli avvenimenti di rilievo informativo ed assicura la trasmissione di tutte le informazioni in suo possesso, le analisi, le situazioni elaborate e lo sviluppo delle operazioni alla unità centrale. Assicura, altresì, il collegamento con il Servizio di cui all'articolo 8 in tutti i settori ritenuti potenzialmente rischiosi.

 

 

Art. 8.

(Compiti e attribuzioni del Servizio informativo per l'estero).

        1. Il Servizio informativo per l'estero (SIE) assolve, fuori dei confini nazionali, tutti i compiti informativi per la difesa della indipendenza e della integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione. Quando ve ne sia la necessità, riconosciuta in sede di comitato esecutivo, il SIE può svolgere anche attività all'interno del territorio nazionale, sempre in concorso con il SII.

        2. Il direttore del SIE è nominato e revocato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario. Gli altri funzionari del SIE, indicati nelle disposizioni sull'ordinamento di cui all'articolo 9, comma 4, sono nominati dal sottosegretario, su proposta del comitato esecutivo.

        3. Il direttore è responsabile del funzionamento e della gestione del SIE, secondo le direttive definite in sede di comitato esecutivo. Mantiene costantemente informato il sottosegretario ed assicura la trasmissione di tutte le informazioni in suo possesso, le analisi, le situazioni elaborate e lo sviluppo delle operazioni alla unità centrale. Assicura, altresì, il collegamento con il SII in tutti i settori ritenuti potenzialmente rischiosi.

 

 

 

Art. 9.

(Assunzione, stato, compiti e attribuzioni del personale).

        1. Il personale del SII e del SIE, nonché dell'unità centrale di cui all'articolo 6 è costituito da dipendenti civili e militari dello Stato che sono trasferiti, con il loro consenso, alle esclusive dipendenze degli organi stessi, nonché da personale assunto direttamente.

        2. Il SII e il SIE possono altresì avvalersi, anche in forma non continuativa, di collaboratori esterni. In nessun caso i Servizi possono avere alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, membri del Parlamento, consiglieri regionali, provinciali, comunali, magistrati, ministri di culto e giornalisti professionisti.

        3. Non possono appartenere in modo organico o saltuario all'unità centrale e al SII o al SIE persone che, per comportamenti od azioni eversive nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà ai valori della Costituzione.

        4. La consistenza dell'organico dell'unità centrale, del SII e del SIE, i casi e le modalità relativi all'assunzione del personale ed al rientro dei dipendenti pubblici nelle amministrazioni di originaria appartenenza, il trattamento giuridico-economico, i casi e le modalità di trasferimento ad altra amministrazione dello Stato del personale assunto direttamente, sono stabiliti, anche in deroga ad ogni disposizione vigente, dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Consiglio dei ministri, su proposta del comitato esecutivo. Il trattamento giuridico ed economico del personale dell'unità centrale e dei Servizi non può comunque essere inferiore a quello delle qualifiche corrispondenti del pubblico impiego.

 

 

Art. 10.

(Modalità operative e rapporti con l'autorità giudiziaria).

        1. Gli appartenenti all'unità centrale di cui all'articolo 6, al SII e al SIE non rivestono la qualità di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria; tale qualità è sospesa durante il periodo di appartenenza all'unità centrale e ai Servizi per coloro che la rivestono in base agli ordinamenti dell'amministrazione di provenienza.

        2. In caso di necessità per l'assolvimento dei loro compiti, ad agenti del SII e del SIE, su richiesta del sottosegretario e con il consenso del Presidente del Consiglio dei ministri, in via temporanea possono essere conferite la qualifica e le attribuzioni di agenti o ufficiali di pubblica sicurezza.

        3. I direttori del SII e del SIE, previa autorizzazione del sottosegretario e della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, possono disporre che i rispettivi agenti operino in modo occulto o coperto o anche sotto identità diverse da quelle reali.

        4. Gli appartenenti al SII e al SIE possono, nell'espletamento delle attività d'istituto, chiedere informazioni a qualunque persona e invitarla a produrre documenti o altre cose in suo possesso con il consenso dell'interessato.

        5. Nei confronti di cittadini italiani, gli appartenenti al SII e al SIE possono procedere a:

            a) intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione;

            b) sequestro temporaneo e apertura di corrispondenza;

            c) sequestro temporaneo per acquisizione di documentazione o copia di atti presso enti finanziari;

            d) perquisizioni personali, locali o domiciliari, anche in deroga alle disposizioni vigenti; possono altresì procedere all'acquisizione di qualunque forma di documentazione utile ai fini della informazione per la sicurezza dello Stato, previa autorizzazione dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, su richiesta del sottosegretario, approvata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

        6. Nell'ambito della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione è costituito un gruppo di tre magistrati competenti a concedere le autorizzazioni di cui ai commi 3 e 5. In caso di emergenza e di contingente assenza di collegamento con l'autorità giudiziaria, il sottosegretario può dare l'autorizzazione, dandone comunicazione entro ventiquattro ore alla stessa autorità.

        7. I direttori del SII e del SIE hanno l'obbligo di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativi a fatti configurabili come reati. L'adempimento di tale obbligo può essere ritardato, su disposizione del sottosegretario, con l'esplicito consenso del Presidente del Consiglio dei ministri, quando ciò sia strettamente necessario per il proseguimento delle finalità istituzionali dei Servizi stessi.

        8. In deroga alle disposizioni vigenti, gli appartenenti al SII e al SIE hanno l'obbligo di fare rapporto, tramite i loro superiori, esclusivamente ai direttori dei rispettivi Servizi, che riferiscono, contestualmente, al sottosegretario.

        9. Gli agenti del SII e del SIE possono essere chiamati a testimoniare davanti all'autorità giudiziaria, previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri, e non possono essere destinatari diretti di ordini o incarichi da parte della medesima autorità.

        10. Tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria devono favorire ogni possibile cooperazione con gli agenti del SII e del SIE.

        11. L'unità centrale, il SII e il SIE possono utilizzare, per determinazione del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario e dei Ministri interessati, mezzi e infrastrutture di qualsiasi amministrazione dello Stato.

        12. Il SIE e il SII devono prestarsi reciproca collaborazione e assistenza, regolata e coordinata in sede di comitato esecutivo.

        13. Nessuna attività comunque idonea all'acquisizione di informazioni per la sicurezza dello Stato può essere svolta al di fuori degli strumenti, delle modalità, delle competenze e dei fini previsti dalla presente legge.

        14. Chiunque sia informato delle operazioni indicate nel presente articolo è tenuto al segreto di Stato.

 

 

Art. 11.

(Norme finanziarie).

        1. Le spese relative al Dipartimento sono iscritte in una apposita rubrica, denominata: "Spese per l'informazione per la sicurezza dello Stato" nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del sottosegretario, sentito il parere del Consiglio dei ministri, determina l'entità dell'onere di cui al comma 1, e la sua ripartizione tra fondi ordinari e fondi riservati e, nell'ambito di ciascun fondo, la ripartizione delle risorse tra le diverse categorie di spesa sulla base del bilancio preventivo predisposto dal comitato esecutivo. Richiede il parere del Comitato parlamentare di controllo di cui all'articolo 13.

        3. I finanziamenti stabiliti ai sensi dei commi 1 e 2 sono ripartiti tra l'unità centrale di cui all'articolo 6, il SII e il SIE.

        4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Le spese riservate sono iscritte in apposite unità previsionali di base e non sono soggette a rendicontazione.

        5. La gestione dei fondi ordinari, è informata ai princìpi stabiliti dal regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e successive modificazioni, e dal regolamento di cui al regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. I limiti delle somme che i funzionari del Dipartimento sono autorizzati ad erogare, per impegni di spesa, sono quelli fissati per i dirigenti dello Stato, purché delegati a tali funzioni; per importi superiori è competente il sottosegretario.

        6. Per la gestione dei fondi riservati si osservano i seguenti criteri:

            a) per le spese effettuate in attuazione dei programmi di potenziamento o di mantenimento e funzionamento del Dipartimento già indicate nel bilancio preventivo di spesa, valgono i limiti fissati per la gestione dei fondi ordinari;

            b) per le spese riferite ad attività operativa, ogni spesa di importo eccedente la cifra di 25.000 euro deve essere approvata dal sottosegretario.

        7. Tutta la documentazione deve comunque essere conservata ed allegata a ciascuna pratica di sviluppo e attuazione del programma o di sviluppo e compimento dell'atto operativo cui si riferisce.

 

 

Art. 12.

(Tutela del Segreto di Stato).

        1. Al Presidente del Consiglio dei ministri competono l'alta direzione e la responsabilità politica della tutela del segreto di Stato.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri presiede l'Organizzazione nazionale per la sicurezza di cui al comma 3, emana le direttive per la sua organizzazione e in particolare per la tutela del segreto di Stato e controlla l'applicazione dei regolamenti di cui al comma 4.

        3. L'Organizzazione nazionale per la sicurezza comprende:

            a) l'autorità nazionale per la sicurezza che è il direttore dell'unità centrale di cui all'articolo 6;

            b) l'ufficio centrale per la sicurezza nell'ambito dell'unità centrale;

            c) gli uffici per la sicurezza istituiti presso le amministrazioni pubbliche e, se necessario, anche presso enti privati, che esercitino attività inerenti alla tutela del segreto di Stato.

        4. L'ordinamento dell'Organizzazione nazionale per la sicurezza e la disciplina delle sue attività sono stabiliti con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.

 

Art. 13.

(Comitato parlamentare di controllo).

        1. E' istituito il Comitato parlamentare per il controllo dei servizi di informazione per la sicurezza, di seguito denominato "Comitato".

        2. Il Comitato è costituito da un presidente, che deve essere espresso dalla componente politica all'opposizione, da cinque deputati e da cinque senatori nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento sulla base del criterio di proporzionalità tra i gruppi.

        3. Il Comitato:

            a) esercita il controllo sull'attuazione della presente legge;

            b) è informato dal Presidente del Consiglio dei ministri sugli indirizzi delle politiche per l'informazione e sulla loro attuazione, tramite una relazione semestrale sulle linee fondamentali della politica informativa per la sicurezza, e sugli sviluppi della situazione riferiti ai vari settori di interesse;

            c) esprime parere preventivo sull'emanazione del regolamento per l'ordinamento del Dipartimento di cui all'articolo 3, comma 2;

            d) esprime parere preventivo sui bilanci, preventivi e consuntivi di spesa.

        4. Il Comitato può richiedere informazioni e chiarimenti e formulare proposte.

        5. Il Comitato può richiedere di ascoltare il Presidente del Consiglio dei ministri, il sottosegretario e, su autorizzazione di quest'ultimo, i direttori del SII e del SIE.

        6. Il Presidente del Consiglio dei ministri può opporre al Comitato, indicandone le ragioni essenziali, l'esigenza di tutela del segreto di Stato in ordine alle informazioni che a suo giudizio eccedono i limiti di competenza del Comitato medesimo.

        7. Qualora il Comitato ritenga, a maggioranza di due terzi dei suoi componenti, che l'apposizione del segreto ai sensi del comma 6 non sia fondata, riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni politiche.

        8. I componenti del Comitato sono vincolati al segreto relativamente alle informazioni acquisite, nonché alle proposte ed ai rilievi formulati qualora riguardino materie tutelate dal segreto di Stato.

        9. Gli atti del Comitato, ancorché non riguardino materie già tutelate dal segreto di Stato, sono coperti dal segreto di Stato, salvo che il Comitato non disponga altrimenti a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, tra i quali è compreso il presidente del Comitato stesso.

 

Art. 14.

(Coordinamento dell'attività informativa).

        1. Qualsiasi ente appartenente ad una organizzazione dello Stato destinata a svolgere, per fini istituzionali di settore, attività informativa, deve comunicare al Dipartimento i compiti, la struttura e la modalità operativa della propria organizzazione e mantenere costante collegamento con i membri del Dipartimento allo scopo designati al fine di consentire al Dipartimento stesso il coordinamento dell'intera attività informativa dello Stato.

 

 

Art. 15.

(Disposizioni di attuazione e transitorie).

        1. Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si procede alla nomina del sottosegretario e dei direttori dell'unità centrale di cui all'articolo 6, del SII e del SIE.

        2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo emana il regolamento per la sua attuazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentito il Comitato.

        3. La legge 24 ottobre 1977, n. 801, è abrogata.

        4. La fase di transizione dall'ordinamento attuale a quello previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di attuazione è posta sotto la responsabilità, la guida ed il coordinamento del sottosegretario e deve essere conclusa entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 16.

(Entrata in vigore).

        1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1699

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

MATTARELLA, MINNITi

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Disciplina del sistema informativo per la sicurezza

 

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Presentata il 2 Ottobre 2001

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Onorevoli Colleghi! - La riforma dell'ordinamento degli organismi informativi appare necessaria innanzitutto alla luce dei mutamenti intervenuti nel contesto internazionale nel corso di quest'ultimo decennio ed è sollecitata dalle nuove drammatiche sfide poste dal terrorismo internazionale. La disciplina vigente, contenuta nella legge 24 ottobre 1977, n. 801, è stata infatti adottata in una fase storica oramai trascorsa, caratterizzata dalla contrapposizione ideologica, politica e militare, tra due blocchi di Paesi contrapposti. L'Italia, in tale delicato contesto, rappresentava la frontiera est del blocco occidentale: un punto nevralgico per gli equilibri geopolitici che connotavano l'assetto bipolare.

        La fine della guerra fredda ha determinato una profonda revisione del concetto di sicurezza nazionale, interna ed esterna. Il Paese si trova oggi ad affrontare rischi per la sicurezza di natura decisamente diversa rispetto al passato. E' venuta meno la minaccia rappresentata dall'apparato bellico del patto di Varsavia, mentre, da un lato, è divenuta preminente la minaccia costituita dal terrorismo, nazionale ed estero, alimentato dagli estremismi ideologico-religiosi, dall'altro lato, la criminalità organizzata, interna ed internazionale, dedita al traffico di stupefacenti, di armamenti e, in misura sempre maggiore, di esseri umani attraverso lo sfruttamento dei flussi migratori, condiziona in maniera fortemente negativa la realtà economica e sociale. Ulteriori minacce alla sicurezza sono rappresentate dai tentativi di alterare gli equilibri economico-finanziari; dalle minacce biologiche ed ecologiche; dalla proliferazione di materiali nei settori nucleare, chimico e batteriologico.

        Una riforma del sistema intelligence deve quindi mirare a porre gli apparati nelle condizioni di fronteggiare una complessa serie di fenomeni, alimentati dall'instabilità e dalle tensioni del quadro internazionale che non trovano più un argine nell'ordine forzato imposto dalla logica dei blocchi.

        I cambiamenti intercorsi richiedono agli organismi informativi un'opera di intenso aggiornamento culturale e professionale, un'approfondita revisione delle modalità organizzative ed operative, la ridefinizione degli obiettivi e delle priorità in linea con la domanda di sicurezza dei cittadini e gli interessi generali del Paese. La riforma legislativa è in tale senso destinata ad avviare, e non certo a concludere, un processo di trasformazione degli apparati, ponendo le indispensabili premesse di carattere ordinamentale.

        Il Governo D'Alema aveva scelto la strada di una complessiva riforma del settore, attraverso la sostituzione della vigente normativa di riferimento, la citata legge n. 801 del 1977, con un disegno di legge, presentato nel corso della XIII legislatura, dotato di un più ampio ed ambizioso impianto (atto Senato n. 4162). Per la redazione del provvedimento ci si era avvalsi del proficuo lavoro svolto, nella prima parte della legislatura, dalla commissione istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 marzo 1997 e presieduta dal generale Roberto Iucci. La nuova disciplina, che, con la presente proposta di legge, viene riproposta, oltre a risultare fortemente innovativa, dedica uno spazio assai maggiore a temi disciplinati in modo estremamente succinto dalla legge vigente (ad esempio l'ordinamento del personale), e tratta inoltre questioni non considerate dalla vigente normativa. Tra queste ultime vanno menzionate, per il loro particolare rilievo, la disciplina delle garanzie funzionali, delle classifiche di segretezza e del nulla osta di segretezza. Allargare l'ambito della normativa di livello primario rappresenta una scelta, oltre che conforme ai princìpi di legalità e di trasparenza che devono connotare l'organizzazione delle istituzioni democratiche, idonea a fornire maggiori garanzie agli operatori del settore nonché ai cittadini in vario modo coinvolti dall'applicazione della disciplina in questione.

        La proposta di legge definisce in ogni caso una normativa quadro che, pur se più vasta e puntuale di quella vigente, dovrà essere sviluppata attraverso fonti di livello secondario. Tale impianto non solo è conforme agli attuali orientamenti legislativi, ma viene incontro alle esigenze di flessibilità che caratterizzano il settore in cui si interviene.

        Qualsiasi riforma del comparto deve prendere le mosse dalla individuazione delle attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri. In tutti i Paesi l'organo di vertice del Governo rappresenta il fondamentale referente degli apparati informativi. La proposta di legge (articolo 1) riconosce al Presidente del Consiglio dei ministri l'alta direzione e la responsabilità generale della politica informativa. La normativa vigente, come un'esperienza di oltre vent'anni ha ampiamente dimostrato, pur attribuendo al Presidente del Consiglio dei ministri analoghe competenze, non sembra averlo in concreto dotato dei poteri e degli strumenti necessari a consentirne l'effettivo l'esercizio. La citata legge n. 801 del 1977 ha in tale senso confermato il preoccupante scarto, già in essere, tra poteri e responsabilità dell'organo, causa non ultima delle deviazioni talvolta registrate nel corso della storia repubblicana. Per ovviare a tale incongruenza, è stata in primo luogo attribuita al Presidente del Consiglio dei ministri la nomina, previa designazione del Comitato interministeriale delle informazioni per la sicurezza (CIS), dei vertici di tutti gli organismi informativi ed è stata inoltre prevista (articolo 3) la possibilità di istituire la figura dell'Autorità delegata, un vicepresidente del Consiglio dei ministri, un Ministro senza portafoglio o un sottosegretario di Stato, con il compito di esercitare in via ordinaria le funzioni conferite al Presidente del Consiglio dei ministri, informandolo peraltro costantemente dell'attività svolta. Alcuni poteri, tra i quali quelli in materia di segreto di Stato, non possono tuttavia essere oggetto di delega e devono venire esercitati direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri. Al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, se nominata, all'Autorità delegata, rispondono direttamente i vertici di tutti gli organismi informativi.

        L'Autorità delegata è, come si è detto, una figura eventuale e non necessaria, poiché il Presidente del Consiglio dei ministri può scegliere di esercitare direttamente tutti i compiti attribuiti alla medesima Autorità. A rafforzare la posizione del Presidente del Consiglio dei ministri contribuisce inoltre la configurazione dei poteri di indirizzo e controllo politico dell'attività informativa, il rapporto di dipendenza dall'autorità politica dell'organismo di coordinamento e delle due agenzie operative nonché il sistema delle relazioni tra gli apparati amministrativi. Per sottolineare ulteriormente il principio della responsabilità politica è previsto che i vertici degli organismi informativi decadano dalla carica in occasione del giuramento del nuovo governo e possano tuttavia essere nuovamente nominati.

        I poteri di indirizzo, regolazione e controllo dell'attività degli organismi informativi sono affidati ad un organo collegiale: il CIS, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dai Ministri degli affari esteri, dell'interno e della difesa nonché dall'Autorità delegata, ove nominata (articolo 4). Al Presidente del Consiglio dei ministri spetta in ogni caso la facoltà di integrare la composizione del CIS invitando alle riunioni altri Ministri. Va sottolineato come l'attuale Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza sia un organo di semplice consulenza e proposta nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, mentre l'istituendo CIS è dotato di poteri assai più incisivi. In tale sede avrà tra l'altro modo di esplicarsi il ruolo dei Ministri dell'interno e della difesa, dai quali cessano invece di dipendere le due strutture operative <gli attuali Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE) e Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI)>. Il CIS diviene il cuore dell'attività di governo relativa agli organismi informativi e, oltre ad esercitare una funzione di vigilanza, determina le linee di azione, la normativa di livello secondario e l'ordinamento degli organismi informativi. Si tratta di un centro collegiale di direzione, di dimensioni contenute per accrescerne l'efficacia, tradotto operativamente dal Presidente del Consiglio dei ministri, nonché, qualora nominata, dall'Autorità delegata, cui spetta orientare al più alto livello l'attività, verificarne i risultati e garantire l'unità di programmazione e di azione, adottando le opportune determinazioni di natura politica e amministrativa.

        Viene così disciplinato in modo univoco, senza incorrere nell'attuale frammentazione delle responsabilità, il rapporto degli organismi informativi con l'autorità politica, sia sul piano della titolarità del potere di indirizzo e di regolamentazione di carattere generale, sia sul piano dei legami di dipendenza delle singole strutture. A motivo della sempre maggiore rilevanza della dimensione internazionale dei problemi della sicurezza il Ministro degli affari esteri è stato incluso tra i membri del CIS.

        La denominazione del CIS, come del resto le definizioni relative agli altri organismi previsti dalla proposta di legge (articolo 1), è indicativa dell'ambito di competenza degli organismi informativi, che sono tenuti a contribuire alla sicurezza dello Stato attraverso una peculiare attività: la raccolta e l'elaborazione di informazioni rilevanti sotto tale profilo. Non va in proposito dimenticato come la tutela della sicurezza rappresenti il fine dell'azione di altri apparati pubblici, i cui compiti sono e vanno mantenuti nettamente distinti da quelli degli organismi informativi. Agli esponenti degli organismi informativi non spetta, in particolare, svolgere attività di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza (articolo 20). Questo comporta tra l'altro la necessità di disciplinare le modalità di comunicazione delle notizie raccolte nel corso dell'attività informativa, individuando i referenti istituzionali interni ed esterni (si pensi all'autorità giudiziaria) al Governo.

        Uno dei principali elementi critici dell'attuale sistema è rappresentato dall'organo di coordinamento (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza) che risulta privo delle competenze necessarie ad assicurare con efficacia l'unitarietà d'azione delle strutture operative. Questo limite si riflette sul ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri che, nonostante il preminente rilievo dei compiti e delle responsabilità riconosciutigli dalla legge, ha alle proprie dipendenze un apparato organizzativo con compiti inadeguati. La proposta di legge, al fine di porre rimedio a tale situazione, prevede la creazione di un Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza (DIGIS - articolo 6), posto alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri o, se nominata, dell'Autorità delegata, con il compito di coadiuvare l'autorità di governo nell'esercizio delle proprie competenze, anche al fine di assicurare l'unitarietà di programmazione, analisi ed azione delle strutture operative. Nell'ambito del Dipartimento è prevista la creazione di tre strutture (per la gestione degli archivi, per il controllo interno e per la tutela amministrativa della segretezza) direttamente dipendenti dall'autorità politica. Il Dipartimento svolge compiti di coordinamento e di vigilanza sulla base degli indirizzi del CIS e delle disposizioni dell'Autorità delegata, con l'obiettivo di assicurare all'autorità di governo l'effettiva possibilità di dirigere e controllare l'attività degli organismi informativi.

        L'attività di controllo interno, secondo i più recenti orientamenti relativi al complesso delle pubbliche amministrazioni, è rimessa ad un'apposita struttura posta alle dirette dipendenze dell'Autorità delegata (articolo 7). Per gli organismi informativi si tratta di una scelta di estremo rilievo, poiché assicura al Governo la possibilità di verificare l'attività delle strutture avvalendosi di un organismo al quale è affidato esclusivamente tale compito. Sempre al fine di rafforzare i poteri di direzione dell'autorità politica, è stato previsto che i dirigenti delle strutture dedicate alla gestione degli archivi del DIGIS ed alla tutela amministrativa della segretezza (articoli 8 e 9) rispondano direttamente, rispettivamente, all'Autorità delegata ed al Presidente del Consiglio dei ministri. I responsabili delle strutture di cui agli articoli 7, 8 e 9 sono tutti nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri.

        Gli attuali due Servizi, SISMI e SISDE, sono sostituiti, rispettivamente, dall'Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna (AISE) e dall'Agenzia delle informazioni per la sicurezza interna (AISI). Le Agenzie vengono poste sotto la vigilanza del CIS (articolo 10) e rispondono direttamente all'Autorità delegata, ovvero, in sua assenza, direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri, che ha il compito di attuare gli indirizzi del CIS. L'organizzazione e il funzionamento delle Agenzie sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS.

        L'AISE opera all'estero per difendere l'indipendenza e l'integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione provenienti dall'esterno (articolo 11); l'AISI opera in Italia per difendere la Repubblica e le sue istituzioni da ogni pericolo, minaccia o aggressione e da ogni forma di eversione, provenienti dal territorio nazionale (articolo 12). Il criterio fondamentale per individuare la competenza delle Agenzie è quindi rappresentato dall'ambito territoriale di attività. Poiché tuttavia non va trascurato il profondo intreccio esistente tra sicurezza interna ed esterna, oltre al deciso rafforzamento dell'organo di coordinamento, è stabilito che le Agenzie agiscano in cooperazione tra loro e che ciascuna Agenzia possa chiedere di avvalersi dei centri operativi dell'altra. I due articoli da ultimo richiamati individuano con chiarezza la missione delle Agenzie, senza tuttavia individuare i settori di intervento di ciascuna. Si è in tale modo evitato di irrigidire, prevedendoli per legge, i campi di azione delle Agenzie, preferendo affidare ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato previa deliberazione del CIS e sentito il Comitato parlamentare delle informazioni per la sicurezza (COPIS), la definizione delle materie di specifico interesse. La normativa proposta consente in ogni caso che la competenza per materia risulti per più di un aspetto coincidente, fermo restando che l'AISE dovrà occuparsi della dimensione internazionale e l'AISI della dimensione interna dei singoli fenomeni, in conformità alla peculiare missione affidata a ciascuna Agenzia. In questo quadro il ruolo del DIGIS dovrà essere quello di evitare le sovrapposizioni, sfruttando invece al massimo le sinergie.

        Si è scelto di garantire alle Agenzie, oltre all'autonomia operativa, anche l'autonomia organizzativa, finanziaria e contabile (articolo 10). Non è stato pertanto creato un unico organismo di intelligence e si è inoltre evitato di prevedere la dipendenza gerarchico-funzionale delle Agenzie dal DIGIS, stabilendo invece che anche i direttori delle Agenzie siano interlocutori diretti dei responsabili politici. L'attività tecnico-operativa svolta dalle Agenzie sembra infatti, da un lato, destinata a svolgersi in modo sufficientemente autonomo da quella del Dipartimento, che non è titolare di funzioni operative, e, dall'altro, sembra implicare profili di tale delicatezza da dover coinvolgere direttamente l'autorità politica. Definire in termini di gerarchia il rapporto tra il Dipartimento e le Agenzie avrebbe comportato un accentramento di responsabilità in capo all'autorità di vertice dello stesso Dipartimento, circoscritto in maniera eccessiva l'autonomia delle Agenzie e compresso il ruolo dell'autorità politica. Un'ulteriore controindicazione, valida a maggior ragione rispetto all'ipotesi di costituire un'unica struttura, deriva dalla consapevolezza che l'attività delle due Agenzie, come già si verifica per gli attuali Servizi, è destinata a svolgersi con modalità sensibilmente diverse in relazione ai differenti contesti, interno in un caso ed internazionale nell'altro, in cui ciascuna di esse si trova ad operare. Con riguardo ai profili di distinzione dell'attività di ciascuna Agenzia, va inoltre sottolineato come, per numerosi aspetti, l'AISE e l'AISI - come oggi del resto avviene da parte del SISMI e del SISDE - siano destinate ad operare, rispettivamente, a supporto dell'amministrazione della difesa e dell'interno, mantenendo quindi rapporti di intensa collaborazione con quelle amministrazioni. Ciò non toglie che l'attività delle Agenzie comporti la trattazione di problematiche che vanno gestite con criteri uniformi nell'interesse dell'istituzione, attribuendo significativi poteri all'organismo di coordinamento.

        La proposta di legge contiene una puntuale definizione dei compiti dell'organo parlamentare di controllo che deve garantire la legittimità e la correttezza costituzionale dell'attività svolta dagli organismi informativi (articolo 5). Al COPIS - per il quale si prevede un numero di componenti inferiore all'attuale al fine di accrescerne l'operatività - viene assicurata la possibilità di esercitare un controllo efficace sull'organizzazione ed il funzionamento degli organismi informativi, salva la facoltà per il Presidente del Consiglio dei ministri di non rivelare determinate informazioni a tutela della sicurezza della Repubblica. Il COPIS è inoltre chiamato a svolgere un ruolo attivo formulando quesiti, proposte e rilievi al Governo, che è vincolato ad una motivata risposta nel più breve tempo possibile.

        Uno dei punti maggiormente sensibili della normativa in materia è costituito dalla disciplina dell'ordinamento e del reclutamento del personale. L'obiettivo di tutelare la riservatezza del personale non può essere perseguito attraverso la rinuncia a qualsiasi forma di selezione per l'accesso agli organismi informativi. Non sono del resto mancate critiche per l'assenza di criteri prestabiliti in materia di assunzione del personale, in particolare di quello non proveniente dalle pubbliche amministrazioni. Negli ultimi anni sono state definite procedure interne di carattere più selettivo, ma è indubbia la necessità di stabilire un nuovo quadro di regole ispirato alla trasparenza ed al rigore. Analoghe esigenze vanno tenute presenti nel considerare le norme in materia di stato giuridico ed economico. Le peculiari funzioni svolte dagli addetti agli organismi informativi devono infatti essere adeguatamente considerate, ferma tuttavia la necessità di stabilire una disciplina chiara ed equa in materia di progressione giuridica ed economica.

        La proposta di legge (articoli 14 e 15) prevede due distinte modalità di reclutamento del personale degli organismi informativi: il collocamento fuori ruolo o in soprannumero di dipendenti civili e militari dello Stato sottoposti a procedure selettive e l'assunzione di personale a tempo determinato mediante speciali procedure concorsuali. In entrambi i casi viene previsto che il rapporto alle dipendenze degli organismi informativi debba durare dai tre ai sei anni. Al termine di detto periodo il personale è ammesso ad esercitare l'opzione per il passaggio nei ruoli degli organismi informativi, che potrà tuttavia avere luogo solo nei limiti della disponibilità di posti nel ruolo unico degli organismi informativi. La dotazione del ruolo unico non potrà comunque superare il 70 per cento del contingente di personale addetto agli organismi informativi. In tale modo si è cercato di garantire un equilibrio tra l'esigenza di un adeguato ricambio del personale (che consente tra l'altro di avvalersi di professionalità esterne) e quella, di segno opposto, di salvaguardare la specifica professionalità degli addetti agli organismi informativi. Sono inoltre precisati i princìpi in materia di stato giuridico ed economico del personale (articolo 16), destinati ad essere sviluppati dalla fonte regolamentare.

        L'organizzazione e il funzionamento del DIGIS dovranno essere definiti tramite ricorso alla fattispecie regolamentare di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni (articolo 17, comma 2, della presente proposta di legge), mentre per le Agenzie vi provvederà il Presidente del Consiglio dei ministri con proprio decreto, previa deliberazione del CIS. E' inoltre previsto che il regolamento di contabilità venga emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel rispetto dei princìpi delle norme di contabilità generale dello Stato e nell'osservanza di specifiche disposizioni aderenti alla realtà dei servizi.

        Un esame di diritto comparato evidenzia come, nei Paesi dotati dei servizi di informazione maggiormente efficaci, la materia delle garanzie funzionali non risulti oggetto di una specifica disciplina. Con la proposta di legge in esame è stata invece compiuta la scelta opposta, nella convinzione che sia opportuno fissare un quadro di regole certe - definendo condizioni e limiti - per lo svolgimento di attività non convenzionali da parte degli organismi informativi, quali, ad esempio, le intercettazioni telefoniche e ambientali e la penetrazione nei domicili. L'opinione pubblica, memore di alcune oscure vicende è - com'è giusto - estremamente sensibile al tema del pieno rispetto del principio di legalità da parte degli addetti al settore. Gli stessi operatori richiedono adeguate forme di tutela che evitino conflitti con le iniziative proprie dell'autorità giudiziaria e delle Forze di polizia. Trattandosi di consentire agli addetti ai servizi di informazione di porre in essere dei comportamenti astrattamente configurati dalla legge come reati, occorre delimitare con sufficiente chiarezza l'ambito di tali attività, senza tuttavia creare una disciplina troppo rigida che risulterebbe difficilmente applicabile. Per quest'ultima ragione non sono state individuate in modo tassativo le condotte autorizzabili, ma si è preferito definire le specifiche procedure da adottare per poter tenere determinati comportamenti, indicando inoltre i beni giuridici comunque non suscettibili di venire offesi (articolo 19). L'attivazione delle garanzie funzionali comporta in ogni caso un pieno coinvolgimento dell'autorità politica e dei vertici degli organismi informativi.

        I molteplici compiti svolti dagli addetti agli organismi informativi richiedono di porre il relativo personale nelle condizioni di agire in contesti diversi fruendo di idonee garanzie. Ciò ha suggerito di introdurre, accanto alla disciplina delle garanzie funzionali, alcune speciali previsioni a tutela del personale. Così, mentre in linea generale è da escludere che gli addetti agli organismi informativi rivestano la qualifica di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria, in determinate circostanze è opportuno che sussista la possibilità di attribuirgli tali qualifiche (articolo 20). E' inoltre noto come lo svolgimento dei compiti istituzionali da parte del personale degli organismi informativi richieda talvolta di poter ricorrere ad un'identità di copertura (articolo 21) ovvero di simulare l'esercizio di un'attività economica (articolo 22). Si è ritenuto di disciplinare espressamente tali ipotesi per assicurare che le operazioni si svolgano nel rispetto di criteri predeterminati e vengano portate all'attenzione dell'autorità politica. E' apparso inoltre necessario tutelare la riservatezza del personale nei rapporti con l'autorità giudiziaria (articolo 23).

        In materia di segreto di Stato (articolo 24) si è inteso distinguere con nettezza tale concetto da quello di classifica di segretezza. Il segreto di Stato è posto a tutela degli interessi fondamentali della Repubblica e può riguardare oltre che notizie e attività, anche atti, documenti o cose a prescindere dalla loro classifica. Apporre, ovvero opporre, il segreto di Stato spetta esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri. Ciò non toglie che la definizione di segreto di Stato coincida con la classifica di segreto in quanto i due istituti sono volti a tutelare, sul piano sostanziale, i medesimi interessi. Profilo significativo della nuova disciplina è quello della cessazione automatica del vincolo derivante dal segreto di Stato con il decorso di un determinato periodo di tempo, oltre che in qualunque tempo per decisione del Presidente del Consiglio dei ministri.

        Le disposizioni in materia di tutela del segreto di Stato (articoli 25 e 29) sono in particolare volte a tradurre sul piano legislativo le indicazioni della giurisprudenza della Corte costituzionale, al fine di precludere all'autorità giudiziaria l'utilizzazione, anche indiretta, degli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto nonché, innovando per tale aspetto l'attuale quadro legislativo, a precludere all'autorità giudiziaria la possibilità di utilizzare eventuali altri elementi idonei a rendere conoscibile quanto è oggetto del segreto stesso. Per evitare possibili abusi dell'istituto, è stata espressamente riconosciuta all'autorità giudiziaria procedente la facoltà di sollevare il conflitto di attribuzione. La scelta compiuta intende superare le ambiguità della normativa vigente, rivelatasi tra l'altro fonte di contenziosi, attribuendo al Governo, in presenza dei presupposti stabiliti dalla legge, la possibilità di evitare la pubblicità di determinati documenti o singole attività, a tutela dell'integrità e della sicurezza dello Stato. La disciplina della materia assume in tale modo una maggiore trasparenza, chiarendo gli interessi tutelati e gli obiettivi che si intendono perseguire.

        La classifica di segretezza (articolo 26) è un provvedimento amministrativo dal quale discende l'assoggettamento dell'atto o della cosa che ne è oggetto ad un particolare regime per quanto riguarda le possibilità di accesso e le modalità di circolazione, ha una natura oggettiva ed è funzionale alla tutela degli interessi fondamentali della Repubblica. Le classifiche di segretezza vengono ridotte da quattro (segretissimo, segreto, riservatissimo, riservato) a tre (segretissimo, segreto, confidenziale) - a fini di semplificazione amministrativa ed anche per evitare un eccessivo ricorso all'istituto - e sono attribuite sulla base di precisi parametri ed assoggettate a meccanismi automatici di declassifica con il trascorrere del tempo. Al Presidente del Consiglio dei ministri, in qualità di Autorità nazionale per la sicurezza, viene affidata la vigilanza sul rispetto delle norme in materia di classifica di segretezza. La tutela amministrativa della segretezza, come in precedenza evidenziato, è affidata ad una specifica struttura del DIGIS, che risponde direttamente all'Autorità delegata ed il cui responsabile è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa designazione del CIS.

        La proposta di legge contiene infine alcune norme di carattere generale in materia di rilascio del nulla osta di segretezza (NOS), la cui disciplina, com'è noto, deve risultare conforme agli impegni assunti dall'Italia in ambito internazionale. Per conferire trasparenza e certezza all'istituto, viene chiarito che il NOS non va attribuito quando un soggetto non dia sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà ai valori della Costituzione e di garanzia per la conservazione del segreto. E' inoltre esplicitamente previsto che le Forze armate, le Forze di polizia e le pubbliche amministrazioni collaborino con il DIGIS agli accertamenti necessari per il rilascio del NOS (articolo 27).

        Viene chiarito come la legge non comporti alcun onere aggiuntivo (articolo 28) ed alla sua attuazione sarà possibile provvedere facendo affidamento sugli ordinari stanziamenti di bilancio.


 


 


PROPOSTA DI LEGGE

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TITOLO I

ORDINAMENTO DEL SISTEMA DELLE INFORMAZIONI PER LA SICUREZZA

 

Capo I

ALTA DIREZIONE E CONTROLLI COSTITUZIONALI

 

Art. 1.

(Definizioni).

        1. Ai sensi della presente legge si intende per:

            a) "Autorità delegata" il vicepresidente del Consiglio dei ministri delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro senza portafoglio delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri o il sottosegretario di Stato delle informazioni per la sicurezza delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri;

            b) "COPIS" il Comitato parlamentare delle informazioni per la sicurezza;

            c) "CIS" il Comitato interministeriale delle informazioni per la sicurezza;

            d) "DIGIS" il Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza;

            e) "AISE" l'Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna;

            f) "AISI" l'Agenzia delle informazioni per la sicurezza interna;

            g) "organismi informativi" il DIGIS, l'AISE e l'AISI;

            h) "ANS" l'Autorità nazionale per la sicurezza;

            i) "CTE" il Comitato tecnico esecutivo.

        2. Nel caso di mancato conferimento della delega di cui al comma 1, lettera a), il Presidente del Consiglio dei ministri esercita direttamente tutte le competenze attribuite dalla presente legge all'Autorità delegata.

 

 

Art. 2.

(Alta direzione e responsabilità).

        1. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite l'alta direzione e la responsabilità generale della politica informativa per la sicurezza, nell'interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri adotta, per le finalità indicate nel comma 1, le disposizioni inerenti all'organizzazione ed al funzionamento degli organismi informativi.

        3. Il Presidente del Consiglio dei ministri nomina, con proprio decreto, i dirigenti delle strutture del DIGIS di cui agli articoli 7, 8 e 9 e, su designazione del CIS, il direttore esecutivo del DIGIS ed i direttori dell'AISI e dell'AISE. Il direttore esecutivo del DIGIS, i direttori dell'AISI e dell'AISE nonché i dirigenti di cui al presente comma decadono dalla carica dalla data del voto di fiducia al nuovo Governo, continuano tuttavia ad esercitare le funzioni sino alla nomina del successore e possono essere nuovamente nominati.

        4. Il Presidente del Consiglio dei ministri esercita in via esclusiva la tutela del segreto di Stato; a tale fine opera come ANS.

 

 

Art. 3.

(Autorità delegata).

        1. Il Presidente del Consiglio dei ministri può delegare in via ordinaria l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2 dell'articolo 2 all'Autorità delegata, salvo il potere di direttiva e di esercizio diretto di tutte o di alcune di dette funzioni.

        2. Non sono delegabili all'Autorità delegata le funzioni che la legge attribuisce in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei ministri. In particolare, non sono delegabili i poteri in materia di segreto di Stato, nonché la definizione dei criteri di classificazione e la determinazione dei modi di accesso ai luoghi di interesse per la sicurezza della Repubblica.

        3. Il Presidente del Consiglio dei ministri è costantemente informato dall'Autorità delegata sullo svolgimento dell'attività di quest'ultima.

        4. I dirigenti preposti alle strutture del DIGIS di cui agli articoli 7 e 9 rispondono per l'esercizio delle loro funzioni direttamente all'Autorità delegata. Il dirigente preposto alla struttura per la tutela amministrativa della segretezza di cui all'articolo 8 risponde per l'esercizio delle sue funzioni direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

 

Art. 4.

(Comitato interministeriale delle informazioni per la sicurezza).

        1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Comitato interministeriale delle informazioni per la sicurezza (CIS), quale organo di indirizzo, regolazione e controllo dell'attività degli organismi informativi.

        2. Nell'ambito delle attribuzioni indicate al comma 1, il CIS:

            a) definisce, sulla base degli indirizzi generali approvati dal Consiglio dei ministri, l'indirizzo politico-amministrativo e gli obiettivi fondamentali da perseguire nell'ambito della politica informativa per la sicurezza, approva il piano dell'attività informativa predisposto dal DIGIS e ne verifica l'attuazione nei modi e tempi indicati dallo stesso CIS;

            b) esercita la vigilanza sugli organismi informativi e ne disciplina l'ordinamento;

            c) adotta regolamenti nei casi previsti dalla presente legge;

            d) esprime il parere sulle questioni della politica delle informazioni per la sicurezza che il Presidente del Consiglio dei ministri sottopone al suo esame;

            e) designa il direttore esecutivo ed i direttori dell'AISE e dell'AISI.

        3. Il CIS è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ed è composto dai Ministri degli affari esteri, della difesa, dell'interno, nonché dall'Autorità delegata. Le funzioni di segretario sono svolte dal direttore esecutivo del DIGIS ovvero, in sua assenza, da uno dei Ministri che partecipano alla riunione in oggetto.

        4. Il Presidente del Consiglio dei ministri, in considerazione degli argomenti all'ordine del giorno, può integrare la composizione del CIS invitando alle riunioni anche i Ministri della giustizia, delle attività produttive e dell'economia e delle finanze. Alle riunioni del CIS possono essere in ogni caso chiamati a partecipare altri Ministri in aggiunta a quelli di cui al comma 3 e, senza diritto di voto, esponenti degli organismi informativi, nonché, per approfondimenti di situazioni specifiche, dirigenti generali, o equiparati, delle amministrazioni civili e militari, ed esperti.

        5. Il CIS è convocato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Il funzionamento del CIS è disciplinato con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione dello stesso CIS.

 

 

Art. 5.

(Comitato parlamentare delle informazioni per la sicurezza).

        1. Il controllo parlamentare a garanzia della legittimità e della correttezza costituzionale dell'attività degli organismi informativi è esercitato dal Comitato parlamentare delle informazioni per la sicurezza (COPIS), costituito da due deputati e da due senatori, rispettivamente nominati dal Presidente della Camera dei deputati e dal Presidente del Senato della Repubblica, all'inizio di ogni legislatura; è altresì contestualmente nominato un membro supplente per ciascuna delle due Camere.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri comunica immediatamente al COPIS le nomine dei vertici degli organismi informativi di cui all'articolo 2, comma 3, ed i relativi titoli.

        3. Il COPIS può chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai membri del CIS di riferire in merito alle strutture ed alle attività degli organismi informativi nei limiti di cui al comma 5. Il COPIS può, altresì, disporre, ferma l'autorizzazione dell'Autorità delegata, l'audizione dei vertici degli organismi informativi di cui all'articolo 2, comma 2, su argomenti specifici e nel rispetto dei limiti di cui al comma 5 del presente articolo, con esclusione di ogni altro addetto agli organismi informativi.

        4. Il Governo presenta annualmente alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica una relazione scritta sulle linee essenziali della politica informativa per la sicurezza e sui risultati ottenuti; trasmette, altresì, ogni sei mesi, al COPIS una relazione sulle attività degli organismi informativi. Sono, inoltre, comunicati al COPIS i regolamenti emanati in attuazione della presente legge.

        5. Il COPIS ha il potere di acquisire notizie generali sulle strutture e sulle attività degli organismi informativi; con esclusione di quelle riguardanti le fonti informative, l'apporto dei servizi stranieri, l'identità degli operatori, la dislocazione delle strutture operative, le operazioni in corso e le operazioni concluse, quando la rivelazione di queste ultime risulterebbe dannosa alla sicurezza della Repubblica. Il Presidente del Consiglio dei ministri, qualora ritenga di non trasmettere le notizie richieste, segnala al COPIS, con sintetica motivazione, le ragioni di tutela del segreto con riferimento ai limiti di cui al presente comma.

        6. Qualora la trasmissione al COPIS di documenti o la comunicazione di notizie comporti la violazione del segreto di Stato, questo può essere sempre opposto dal Presidente del Consiglio dei ministri. Il COPIS, qualora eccepisca sull'opposizione del segreto di Stato, riferisce ai Presidenti dei due rami del Parlamento e ne informa il Presidente del Consiglio dei ministri. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.

        7. Il Presidente del Consiglio dei ministri comunica al COPIS ogni caso di conferma dell'opposizione del segreto di Stato ai sensi degli articoli 202 e 256 del codice di procedura penale, indicandone con sintetica motivazione le ragioni essenziali. Il COPIS, qualora ritenga, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, infondata l'opposizione del segreto, ne riferisce alle Camere per le conseguenti valutazioni politiche.

        8. Il COPIS può formulare quesiti, proposte e rilievi indirizzati al Governo, che è tenuto ad una motivata risposta nel più breve tempo possibile. Il COPIS può inoltre trasmettere relazioni alle Camere, informandone il Presidente del Consiglio dei ministri ai fini dell'eventuale opposizione del segreto di Stato. Quando il COPIS accerta gravi deviazioni nell'adempimento dei fini istituzionali, riferisce ai Presidenti dei due rami del Parlamento e informa il Presidente del Consiglio dei ministri.

        9. I membri del COPIS sono tenuti al segreto relativamente alle informazioni acquisite nel corso dell'incarico, anche dopo la cessazione del mandato parlamentare.

 

 

Capo II

ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO DEGLI ORGANISMI INFORMATIVI

 

Art. 6.

(Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza).

        1. Nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza (DIGIS). Il DIGIS è posto alle dirette dipendenze dell'Autorità delegata, coadiuva quest'ultima ed il Presidente del Consiglio dei ministri nell'esercizio delle competenze loro attribuite dalla presente legge, anche al fine di assicurare l'unitarietà di programmazione, analisi ed azione delle agenzie di cui agli articoli 10, 11 e 12.

        2. Il DIGIS, nell'esercizio delle attribuzioni di cui al comma 1, sulla base degli indirizzi del CIS e delle disposizioni dell'Autorità delegata, in particolare:

            a) coordina l'intera attività informativa per la sicurezza ed assicura l'unitarietà dell'attività svolta dalle agenzie operative;

            b) raccoglie le informazioni, le relazioni e i rapporti ricevuti dalle agenzie, dalle Forze di polizia, dalle altre amministrazioni dello Stato e dagli enti di ricerca anche privati; redige punti di situazioni sia generali sia particolari e formula valutazioni e previsioni;

            c) elabora il progetto del piano di ricerca informativa, anche sulla base delle indicazioni ricevute dalle agenzie, e propone all'approvazione del CIS tale progetto nonché la ripartizione operativa tra le agenzie degli obiettivi previsti dal piano;

            d) garantisce lo scambio informativo tra le agenzie, le Forze di polizia e il Reparto informazioni e sicurezza dello stato maggiore della Difesa (RIS Difesa), fermo restando che quest'ultimo assolve compiti di carattere tecnico-militare e di polizia militare nell'ambito delle Forze armate, ai sensi della legge 18 febbraio 1997, n. 25, e successive modificazioni, nonché con altri enti e amministrazioni pubblici, anche ad ordinamento autonomo, interessati dalla ricerca informativa, nei modi stabiliti di concerto tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e i ministri interessati;

            e) cura ed adegua il sistema statistico e informatico degli organismi informativi, definisce le regole di funzionamento tecnico-informatico degli archivi degli stessi organismi e ne assicura la compatibilità con le analoghe strutture delle Forze di polizia o con altre di specifico interesse per la sicurezza della Repubblica;

            f) elabora, d'intesa con l'AISE e l'AISI, il piano di acquisizione delle risorse umane e materiali o comunque strumentali all'attività degli organismi informativi da sottoporre all'approvazione dell'Autorità delegata;

            g) esercita il controllo di legittimità ed efficienza su tutti gli organismi del sistema informativo;

            h) vigila sulla corretta applicazione dei criteri e delle disposizioni in materia di tutela amministrativa della segretezza;

            i) cura la tenuta e la gestione dell'archivio storico e dell'archivio centrale; vigila sulla sicurezza, la tenuta e la gestione degli altri archivi.

        3. Al DIGIS è preposto un direttore esecutivo, alle dirette dipendenze dell'Autorità delegata. Il direttore esecutivo, in particolare:

            a) esercita le funzioni di segretario del CIS;

            b) è responsabile dell'architettura del sistema statistico e informatico;

            c) propone all'Autorità delegata la nomina del vice direttore esecutivo e dei responsabili degli uffici e dei servizi, fatta eccezione per i responsabili delle strutture di cui agli articoli 7, 8 e 9;

            d) affida gli incarichi di funzioni dirigenziali del DIGIS non compresi tra quelli di cui al comma 4 e nomina i funzionari di collegamento con i Ministeri interessati alla ricerca informativa.

        4. I dirigenti di cui alla lettera c) del comma 3 sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il direttore esecutivo e i responsabili delle strutture di cui agli articoli 7, 8 e 9 sono nominati con le modalità previste dal comma 3 dell'articolo 2.

        5. Al fine di consentire l'ottimale espletamento delle competenze previste dal presente articolo, è costituito presso il DIGIS un Comitato tecnico esecutivo (CTE) presieduto dall'Autorità delegata e composto dal direttore esecutivo del DIGIS, dai direttori delle Agenzie di cui agli articoli 11 e 12, dal Capo della polizia, dai Comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, e dal Capo reparto del RIS Difesa. Alle riunioni, ove necessario, possono essere invitati i dirigenti di altri Ministeri e di enti ed amministrazioni pubblici, anche ad ordinamento autonomo, interessati dalla ricerca informativa.

 

 

Art. 7.

(Controllo interno).

        1. Il controllo di cui al comma 2, lettera g), dell'articolo 6 è rivolto in particolare a verificare:

            a) il rispetto delle leggi e dei regolamenti, nonché degli indirizzi e delle direttive del CIS, del Presidente del Consiglio dei ministri e dell'Autorità delegata;

            b) l'impiego di risorse e di personale;

            c) la gestione dei fondi riservati, su disposizione dell'Autorità delegata;

            d) la tenuta e la gestione degli archivi;

            e) la tutela amministrativa della segretezza.

        2. Il controllo di cui al comma 1 è svolto secondo un programma approvato dal CIS e sulla base delle direttive impartite dall'Autorità delegata. E' fatta salva la possibilità di compiere ispezioni, anche al di fuori della programmazione, in presenza di particolari circostanze o, comunque, su autorizzazione dell'Autorità delegata. L'attività ispettiva è preclusa relativamente alle operazioni in corso, salvo che in presenza di specifici motivi espressamente indicati nella richiesta.

        3. Il controllo di cui al comma 1 è esercitato da una apposita struttura, organizzata in modo da garantire agli appartenenti piena autonomia e obiettività di giudizio.

        4. Il soggetto preposto alla struttura di cui al comma 3 risponde per l'esercizio delle sue funzioni direttamente all'Autorità delegata, cui presenta annualmente una relazione sull'attività svolta e sulle difficoltà incontrate nell'espletamento della stessa nonché sulla rispondenza dell'organizzazione degli organismi informativi ai compiti assegnati. La relazione è trasmessa anche al direttore esecutivo del DIGIS.

        5. Gli addetti alla struttura di cui al comma 3 sono scelti sulla base di prove che assicurano elevata selezione, sono destinati all'attività ispettiva dopo un adeguato periodo di addestramento, hanno accesso a tutti gli atti e documenti, anche classificati, conservati o comunque detenuti dagli organismi informativi o da enti pubblici, sono tenuti al segreto su ogni aspetto della loro attività e sulle notizie apprese nell'esercizio o a causa dello svolgimento della stessa, possono avvalersi delle altre strutture del DIGIS, non possono provenire dall'attività operativa né essere successivamente destinati a quest'ultima attività.

        6. Per un periodo iniziale di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli ispettori possono provenire dall'interno degli organismi informativi, ferma restando l'impossibilità della loro riassegnazione agli stessi organismi.

 

 

Art. 8.

(Tutela amministrativa della segretezza).

        1. La tutela amministrativa della segretezza, di cui al comma 2, lettera h), dell'articolo 6, comprende:

            a) gli adempimenti istruttori relativi all'esercizio delle funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri quale ANS, a tutela del segreto di Stato;

            b) lo studio, la consultazione e la predisposizione delle misure volte a garantire la sicurezza di quanto coperto da classifica di segretezza, con riferimento sia ad atti, documenti e materiali, sia alle informazioni sulla produzione industriale, sulle infrastrutture e sulle installazioni di interesse fondamentale o strategico per la sicurezza nazionale, sulle comunicazioni e sui sistemi di elaborazione automatizzata dei dati;

            c) il rilascio ed il ritiro del nulla osta di segretezza (NOS) per l'accesso a notizie, atti, documenti e ad ogni altra cosa cui è attribuita una classifica di segretezza, nonché per la partecipazione alle procedure per l'affidamento degli appalti pubblici.

        2. L'attività di cui al comma 1 è svolta da una apposita struttura del DIGIS. Il dirigente preposto a quest'ultima risponde per l'esercizio delle sue funzioni direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

Art. 9.

(Archivi del sistema informativo).

        1. L'archivio storico del DIGIS conserva la documentazione relativa alle attività e alle spese, anche riservate, compiute dagli organismi informativi, nonché le autorizzazioni di cui al comma 3 dell'articolo 19.

        2. L'archivio centrale del DIGIS conserva i dati del sistema informativo per la sicurezza della Repubblica. A tale archivio sono trasmessi senza ritardo i dati di cui dispongono gli archivi delle agenzie di cui all'articolo 10, ivi compresi i dati originati dai centri operativi; la trasmissione può essere differita solo quando ricorrano indispensabili esigenze operative e limitatamente al tempo in cui esse sono effettive.

        3. Gli archivi delle agenzie di cui al comma 2 cessano di avere memoria dei dati trasmessi all'archivio centrale quando essi non sono strumentali ad attività in corso e comunque non oltre un anno dalla loro iniziale trattazione.

        4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 si osservano, in quanto applicabili, anche per quanto riguarda la documentazione cartacea.

        5. Le modalità di organizzazione e di funzionamento degli archivi degli organismi informativi sono disciplinate con regolamenti, adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS. Gli schemi dei regolamenti sono preventivamente trasmessi al COPIS per il parere, da esprimere entro il termine di un mese dalla ricezione della richiesta, decorso il quale i regolamenti sono comunque emanati. Con gli stessi regolamenti sono stabilite le modalità di informatizzazione dei documenti e degli archivi cartacei, nonché le modalità per la loro conservazione e consultazione.

        6. Il responsabile della struttura preposta agli archivi del DIGIS risponde per l'esercizio delle sue funzioni direttamente all'Autorità delegata.

 

 

Art. 10.

(Agenzie delle informazioni).

        1. Le agenzie delle informazioni sono gli organismi informativi con funzioni operative e sono sottoposte alla vigilanza del CIS. Le agenzie rispondono direttamente all'Autorità delegata che attua gli indirizzi del CIS anche avvalendosi del DIGIS. L'organizzazione e il funzionamento delle agenzie sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS.

        2. Le agenzie hanno autonomia organizzativa, contabile e finanziaria da esercitare nell'ambito delle risorse assegnate ai sensi del comma 2 dell'articolo 18 secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità di cui al comma 3 del medesimo articolo.

        3. Le agenzie agiscono in cooperazione tra loro e in coordinamento con i competenti organi dell'amministrazione della difesa e delle Forze di polizia; forniscono continue informazioni al DIGIS; danno esecuzione al piano di ricerca informativa e mantengono i rapporti operativi con gli analoghi organismi degli altri Paesi.

        4. Negli ambiti di rispettiva competenza, le agenzie svolgono anche attività di controspionaggio, controinfluenza, controingerenza e controinformazione e cooperano, altresì, su disposizione dell'Autorità delegata, alla tutela all'estero dei cittadini italiani e dell'Unione europea e dei loro beni.

        5. L'AISE e l'AISI dispongono di propri centri operativi, rispettivamente, all'estero e nel territorio nazionale. Ciascuna agenzia può chiedere di avvalersi dei centri operativi dell'altra, secondo modalità stabilite con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS. Con le stesse modalità sono costituiti, in un'ottica di integrazione e semplificazione operativa, centri operativi unici.

        6. Alle agenzie è preposto un direttore responsabile della gestione tecnico-operativa, nominato con le modalità previste dal comma 2 dell'articolo 2. In particolare il direttore di ciascuna agenzia:

            a) propone all'Autorità delegata la nomina del vice direttore e dei capi reparto;

            b) affida gli incarichi di funzioni dirigenziali nell'ambito dell'agenzia, non compresi tra quelli di cui alla lettera a);

            c) riferisce costantemente all'Autorità delegata sull'attività svolta dall'agenzia e presenta alla stessa Autorità un rapporto annuale sul funzionamento e sull'organizzazione dell'agenzia.

        7. Il vice direttore e i capi reparto di cui alla lettera a) del comma 6 sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

Art. 11.

(Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna).

        1. L'Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna (AISE) opera all'estero per difendere l'indipendenza e l'integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione provenienti dall'esterno.

        2. Ai fini indicati nel comma 1, l'AISE svolge, in particolare, attività di ricerca informativa all'estero, soprattutto nelle aree sensibili agli interessi nazionali e, in collaborazione con l'AISI per esigenze connesse all'attività svolta all'estero, anche sul territorio nazionale. L'AISE fornisce, altresì, supporto informativo agli organi di Governo e dell'amministrazione della difesa nei settori individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato previa deliberazione del CIS e sentito il COPIS.

 

Art. 12.

(Agenzia delle informazioni per la sicurezza interna).

        1. L'Agenzia delle informazioni per la sicurezza interna (AISI) opera nel territorio nazionale per difendere la Repubblica e le sue istituzioni da ogni pericolo, minaccia o aggressione e da ogni forma di eversione, provenienti dall'interno del territorio nazionale.

        2. Ai fini indicati nel comma 1, l'AISI svolge, in particolare, attività di ricerca informativa sul territorio nazionale e, in collaborazione con l'AISE per esigenze connesse all'attività svolta sul territorio nazionale, anche all'estero. L'AISI fornisce, altresì, supporto informativo agli organi di Governo e alle Forze di polizia nei settori individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato previa deliberazione del CIS e sentito il COPIS.

 

 

Art. 13.

(Competenze dei Ministri della difesa, dell'interno e degli affari esteri).

        1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su richiesta dei Ministri della difesa, dell'interno e degli affari esteri, dispone l'impiego delle agenzie a supporto, rispettivamente, delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Ministero degli affari esteri con riferimento a specifiche operazioni volte a tutelare l'indipendenza e l'integrità dello Stato e la legalità repubblicana.

        2. Su richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri della difesa e dell'interno dispongono l'utilizzazione delle risorse umane e tecniche delle Forze armate e delle Forze di polizia a sostegno dell'attività di ricerca informativa delle agenzie. Per quanto attiene all'AISE, la cooperazione è effettuata, in particolare, attraverso l'intercettazione elettronica dei segnali, delle comunicazioni e delle immagini satellitari.

        3. I direttori dell'AISI e dell'AISE riferiscono costantemente, rispettivamente, ai Ministri dell'interno e della difesa sull'attività svolta e presentano agli stessi Ministri il rapporto di cui alla lettera c) del comma 6 dell'articolo 10; riferiscono inoltre al Ministro dell'economia e delle finanze sulle attività e le materie relative alle sue competenze.

        4. Il Ministro della difesa, d'intesa con l'Autorità delegata, assicura il necessario collegamento tra il RIS Difesa e l'AISE.

 

 

Capo III

PERSONALE

 

Art. 14.

(Ordinamento del personale).

        1. Con uno o più regolamenti, adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS al quale partecipa anche il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il contingente speciale del personale addetto agli organismi informativi istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il regolamento disciplina, altresì, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge e nel rispetto dei criteri di cui alla presente legge, l'ordinamento e il reclutamento del personale, il relativo trattamento economico e previdenziale, nonché il regime di pubblicità del regolamento stesso.

        2. Lo schema del regolamento di cui al comma 1 è trasmesso al COPIS, prima dell'adozione, per il parere; decorso inutilmente il termine di quaranta giorni dalla ricezione, il regolamento è comunque emanato.

        3. Il contingente di cui al comma 1 è composto da:

                a) dipendenti del ruolo unico degli organismi informativi nella percentuale massima pari al 70 per cento del contingente medesimo;

                b) dipendenti civili e militari dello Stato, collocati, con il loro consenso e con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, fuori ruolo o in soprannumero dall'amministrazione di appartenenza alle dipendenze degli organismi informativi;

                c) personale assunto con contratto a tempo determinato.

        4. Per il personale di cui alle lettere b) e c) del comma 3 il regolamento di cui al comma 1 determina la durata massima del rapporto alle dipendenze degli organismi informativi, in misura non superiore a sei né inferiore a tre anni. Il personale di immediato supporto ai vertici degli organismi informativi, chiamato nominativamente ai sensi del comma 2 dell'articolo 15, resta alle dipendenze dell'organismo informativo per il tempo della durata in carica dei vertici medesimi e cessa comunque alla cessazione di questi ultimi.

 

 

Art. 15.

(Reclutamento).

        1. Al reclutamento del personale di cui al comma 3, lettera b), dell'articolo 14 si provvede mediante procedure selettive riservate ai dipendenti civili o militari dello Stato in possesso di determinati requisiti; al reclutamento del personale di cui al medesimo comma 3, lettera c), si provvede con speciali procedure concorsuali, che garantiscano un'adeguata pubblicità ed un'effettiva partecipazione competitiva.

        2. La chiamata diretta nominativa è consentita, per i rapporti di cui alle lettere b) e c) del comma 3 dell'articolo 14, nei limiti stabiliti dal regolamento di cui al comma 1 del medesimo articolo e, comunque, non oltre l'uno per cento del contingente di cui al citato comma 1, solo per il reclutamento di personale di alta e particolare specializzazione; essa è comunque vietata per il personale destinato ai servizi amministrativi, contabili e ausiliari, salvo che per funzioni da espletare presso gli uffici di immediato supporto ai vertici degli organismi informativi.

        3. Il reclutamento è, in ogni caso, subordinato agli accertamenti sanitari, ai test psico-fisici e psico-attitudinali ed alla verifica dei requisiti culturali, professionali e tecnici volti a verificarne l'idoneità al servizio, in relazione alle funzioni da espletare.

        4. E' consentito il conferimento di incarichi ad esperti esterni, in misura non superiore a trenta, per specifici obiettivi e con contenuti professionali di natura tecnica o scientifica, di durata non superiore a due anni, rinnovabili non più di due volte. E' vietato l'affidamento di incarico ai sensi del presente comma a chi è cessato per qualunque ragione dal rapporto di dipendenza dagli organismi informativi.

        5. Il regolamento di cui al comma 1 dell'articolo 14 determina le procedure di selezione e la composizione delle commissioni di concorso, in modo da garantire trasparenza, obiettività ed indipendenza di valutazione. Il regolamento può prevedere distinti titoli di ammissione alla selezione o al concorso per le diverse qualifiche o posizioni previste dal regolamento medesimo.

        6. Per il reclutamento del personale addetto agli organismi informativi non si applicano le norme di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive modificazioni, e all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni.

        7. Le assunzioni effettuate in violazione dei divieti previsti dalla presente legge o dal regolamento di cui al comma 1 dell'articolo 14 sono nulle di diritto e determinano la responsabilità personale, patrimoniale e disciplinare a carico di chi le ha disposte.

        8. Alla scadenza dei rapporti di cui al comma 4 dell'articolo 14 il personale addetto agli organismi informativi è ammesso ad esercitare l'opzione per il passaggio nel ruolo degli organismi informativi, se l'amministrazione lo consente e sempre che sussistano i requisiti di carriera e attitudinali, previsti dal regolamento di cui al comma 1 del citato articolo 14. Il passaggio in ruolo a seguito di opzione è in ogni caso consentito nei limiti della percentuale massima del contingente addetto agli organismi informativi di cui alla lettera a) del comma 3 dell'articolo 14.

        9. In sede di prima attuazione e comunque entro il termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le selezioni per l'accesso alle categorie di personale di cui al comma 3 dell'articolo 14 sono riservate, distintamente per ciascuna categoria, al personale in servizio. In caso di mancato superamento della prova di selezione entro il predetto termine, il personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge è restituito all'amministrazione di appartenenza o, in caso di appartenenza al ruolo degli organismi informativi, è trasferito ad altra amministrazione dello Stato, con la qualifica derivante dall'allineamento di cui al comma 1 dell'articolo 16. Al medesimo personale, che ha maturato l'anzianità minima, è assicurato il pensionamento secondo le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Art. 16.

(Stato giuridico ed economico).

        1. Il regolamento di cui al comma 1 dell'articolo 14 definisce, sulla base di tabelle di allineamento alle qualifiche del personale delle Forze di polizia previste dallo stesso regolamento, il trattamento economico onnicomprensivo del personale appartenente al contingente di cui allo stesso comma 1, costituito dallo stipendio tabellare, dall'indennità integrativa speciale e dagli assegni familiari.

        2. Al personale degli organismi informativi è, altresì, attribuita una speciale indennità di funzione, rapportata al grado, alla qualifica, al profilo rivestiti e alle funzioni svolte, fissata in misura non inferiore al 50 per cento né superiore al doppio dello stipendio tabellare corrisposto dall'organismo informativo.

        3. Il regolamento richiamato al comma 1 determina il compenso per gli incarichi di collaborazione, sulla base delle tariffe professionali o, in mancanza, con riferimento ai valori correnti per il particolare settore di attività.

        4. E' fatto divieto di corrispondere al personale addetto agli organismi informativi qualsiasi ulteriore trattamento economico accessorio diverso da quelli previsti dal regolamento richiamato al comma 1. E' escluso, in caso di rientro nell'amministrazione di appartenenza, il mantenimento del trattamento economico principale ed accessorio maturato alle dipendenze degli organismi stessi.

        5. Al momento della restituzione alle amministrazioni di provenienza è erogata un'indennità complessiva pari a una mensilità dell'indennità di funzione per ogni anno di servizio prestato presso gli organismi stessi. Analoga indennità è corrisposta, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, al personale a contratto che non ha presentato la domanda di opzione di cui al comma 8 dell'articolo 15.

        6. Il regolamento richiamato al comma 1 disciplina, altresì, la progressione giuridica ed economica nell'ordinamento degli organismi di informazione e gli eventuali riflessi nell'ambito di detti organismi della progressione giuridica ed economica nelle amministrazioni di appartenenza; le modalità di periodica verifica del possesso dei requisiti di appartenenza agli organismi informativi; la cessazione dal rapporto o l'impiego in altra attività in caso di esito negativo delle verifiche; l'istituto della dipendenza di infermità da causa di servizio e le connesse provvidenze economiche; il riconoscimento di particolari servizi prestati presso gli organismi informativi come lavoro particolarmente usurante ai fini del raggiungimento del limite di età per il collocamento a riposo.

        7. Il regolamento richiamato al comma 1 stabilisce, altresì, i casi, i criteri e le modalità di rientro, nelle amministrazioni di appartenenza, del personale in servizio presso gli organismi di informazione alla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto della disposizione di cui al comma 9 dell'articolo 15.

        8. Il servizio prestato presso gli organismi informativi è a tutti gli effetti equipollente a quello prestato nell'amministrazione dello Stato. La progressione giuridica ed economica nel ruolo dell'amministrazione di appartenenza, per il personale nella posizione di fuori ruolo o in soprannumero, segue le regole ordinarie, salve le deroghe espressamente previste dalla presente legge; a tale fine i servizi resi alle dipendenze degli organismi informativi sono equiparati a quelli prestati alle dipendenze dell'amministrazione di appartenenza intendendosi sostituiti i superiori gerarchici di detti organismi a quelli dell'amministrazione di appartenenza.

        9. Il regolamento richiamato al comma 1 prevede forme di incentivazione dell'avvicendamento dei dipendenti, coerentemente alle esigenze funzionali degli organismi informativi.

        10. E' in facoltà dell'amministrazione di interrompere in ogni momento e, in caso di rapporto contrattuale, decorsi tre anni dall'inizio, il rapporto di dipendenza, di ruolo o non di ruolo, salvi i provvedimenti connessi ad inadempienze o responsabilità disciplinari. La cessazione, inoltre, consegue di diritto al mancato superamento delle prove di idoneità.

        11. Il regolamento richiamato al comma 1 stabilisce la connessione tra i provvedimenti di cessazione dal servizio alle dipendenze degli organismi informativi e i procedimenti disciplinari di competenza dell'amministrazione di appartenenza.

        12. Il regolamento richiamato al comma 1 determina, inoltre, le incompatibilità preclusive del rapporto con gli organismi di informazione, anche in relazione alla natura degli incarichi ricoperti e delle attività svolte, ed i conseguenti obblighi di dichiarazione a carico degli aspiranti al reclutamento. In particolare il predetto regolamento prevede le incompatibilità derivanti da rapporti di parentela, affinità o convivenza con dipendenti degli organismi informativi, eccettuato il caso del concorso. In nessun caso detti organismi possono avere alle loro dipendenze o avvalersi, in modo organico o saltuario, dell'opera di membri del Parlamento, componenti degli organi elettivi delle regioni e degli enti locali, magistrati, ministri di culto, giornalisti. E', altresì, vietato il reclutamento di coloro che, per comportamenti o azioni eversive nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alla Costituzione. La violazione delle disposizioni sulle incompatibilità, oltre ad ogni altra conseguenza prevista dalle vigenti disposizioni, è sanzionata con l'anticipata risoluzione del rapporto.

        13. Il regolamento richiamato al comma 1 determina, altresì, le incompatibilità derivanti dal rapporto con gli organismi di informazione, anche successivamente alla cessazione del rapporto medesimo e per un periodo di cinque anni; in caso di violazione di quest'ultimo divieto, oltre alle sanzioni penali eventualmente applicabili, è irrogata una pena pecuniaria pari, nel minimo, a 25.823 euro e, nel massimo, al doppio del corrispettivo netto percepito in violazione del divieto.

        14. Il personale che presta comunque la propria opera a favore degli organismi informativi, è tenuto, anche dopo la cessazione di tale attività, al rispetto del segreto su tutto ciò di cui sia venuto a conoscenza nell'esercizio o a causa delle proprie funzioni.

 

 

Capo IV

AMMINISTRAZIONE E FUNZIONAMENTO DEGLI ORGANISMI INFORMATIVI

 

Art. 17.

(Norme di organizzazione e di funzionamento).

        1. All'organizzazione e al funzionamento degli organismi informativi non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, fatti salvi i princìpi concernenti l'individuazione e le funzioni del responsabile del procedimento e l'obbligo di conclusione del procedimento entro termini tassativi, nonché i princìpi concernenti le funzioni di gestione attribuite ai dirigenti e quelli concernenti la valutazione della correttezza, economicità ed efficacia della gestione delle risorse e le relative responsabilità.

        2. Con regolamento del Presidente del Consiglio dei ministri adottato, previa deliberazione del CIS, ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono definiti l'organizzazione ed il funzionamento del DIGIS e sono previste le forme di collaborazione tra quest'ultimo, le Forze di polizia e le altre amministrazioni.

        3. All'organizzazione ed al funzionamento delle agenzie si provvede ai sensi del comma 1 dell'articolo 10.

 

 

Art. 18.

(Spese per gli organismi informativi).

        1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze è istituita, anche in deroga alle disposizioni di cui alla legge 3 aprile 1997, n. 94, e al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni, un'apposita unità previsionale di base per le spese degli organismi informativi.

        2. All'inizio dell'esercizio finanziario il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del CIS, sentiti i responsabili degli organismi informativi, ripartisce tra gli organismi stessi lo stanziamento di cui al comma 1 e stabilisce, altresì, le somme da destinare ai fondi ordinari e a quelli riservati. Di tale ripartizione e delle sue variazioni in corso d'anno, adottate con la stessa procedura, è data comunicazione al COPIS.

        3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS al quale partecipa il Ministro dell'economia e delle finanze, è adottato il regolamento di contabilità degli organismi informativi, anche in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato, ma nel rispetto dei relativi princìpi nonché delle seguenti disposizioni:

                a) il bilancio preventivo, nel quale sono distintamente indicati i fondi per le spese riservate, e il rendiconto delle spese ordinarie sono unici per tutti gli organismi informativi e sono predisposti su proposta dei responsabili degli organismi informativi, per la parte di rispettiva competenza;

                b) il bilancio preventivo e il rendiconto di cui alla lettera a) sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIS al quale partecipa il Ministro dell'economia e delle finanze; il rendiconto è inviato, per il controllo della legittimità e della regolarità della gestione, insieme con la relazione annuale dell'organo di controllo interno, ad un ufficio della Corte dei conti costituito nell'ambito della Sezione per il controllo dello Stato e distaccato presso gli organismi informativi; gli atti di gestione delle spese ordinarie sono assoggettati al controllo preventivo di un ufficio distaccato presso gli organismi informativi dell'Ufficio centrale del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, eccetto gli atti di gestione posti in essere dal funzionario delegato, sottoposti al controllo successivo;

                c) i componenti degli uffici distaccati della Corte dei conti e dell'Ufficio centrale del bilancio sono tenuti al rispetto del segreto;

                d) gli atti di gestione delle spese riservate sono assunti esclusivamente dagli organi preposti agli organismi di informazione, che presentano specifico rendiconto trimestrale e relazione finale annuale all'Autorità delegata;

                e) il rendiconto della gestione finanziaria delle spese ordinarie è trasmesso, insieme con la relazione della Corte dei conti, al COPIS, cui è presentata, altresì, una relazione annuale sulle linee essenziali della gestione finanziaria delle spese riservate, quantificate per settori di intervento come determinati dagli indirizzi politici. La documentazione delle spese riservate è conservata nell'archivio storico di cui all'articolo 9.

 

 

TITOLO II

GARANZIE FUNZIONALI E ALTRE

DISPOSIZIONI SPECIALI

 

Art. 19.

(Garanzie funzionali).

        1. Fatte salve le cause generali di esclusione del reato, non è punibile il personale addetto agli organismi informativi che, nel rispetto dei presupposti e delle procedure indicati nel presente articolo, pone in essere condotte costituenti reato che non configurano delitti specificamente diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, la libertà personale, l'integrità fisica, la salute o l'incolumità pubbliche, ovvero delitti di favoreggiamento personale o reale realizzati mediante false dichiarazioni all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria.

        2. Quando, in ragione di particolari condizioni di fatto e di eccezionali necessità, specifiche attività rientranti tra quelle indicate nel comma 1 sono svolte da persone non addette agli organismi informativi ed il ricorso a queste ultime è indispensabile, tali persone sono equiparate, ai fini dell'applicazione della causa di non punibilità, agli addetti a tali organismi.

        3. La causa di non punibilità prevista dal comma 1 si applica quando la condotta costituente reato:

                a) è posta in essere nell'esercizio o a causa di compiti istituzionali nell'ambito e in attuazione di operazione previamente autorizzata;

                b) è necessaria per il conseguimento degli obiettivi dell'operazione e adeguata al raggiungimento di questi ultimi.

        4. L'autorizzazione indicata nel comma 3 è concessa dall'Autorità delegata, su richiesta del direttore dell'agenzia interessata. L'Autorità delegata, qualora ne ravvisi la necessità, può sempre modificare o revocare i provvedimenti adottati; in quest'ultimo caso le attività in corso sono immediatamente sospese.

        5. Quando risulta che per taluno dei fatti indicati nei commi 1 e 2 è iniziato un procedimento penale, il direttore dell'agenzia interessata, accertata la ricorrenza delle condizioni di cui al comma 3, oppone all'autorità giudiziaria che procede l'esistenza della causa di non punibilità. Il procuratore della Repubblica, ove ritenga che ricorra detta causa di non punibilità, richiede l'archiviazione del procedimento al giudice, che emette i conseguenti provvedimenti. Qualora il giudice, anche in conformità alle richieste del procuratore della Repubblica, non ritenga sussistenti le condizioni di applicazione della causa speciale di non punibilità, interpella il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che ne sia data conferma. Il Presidente del Consiglio dei ministri, se intende confermare la sussistenza della predetta causa di non punibilità, ne dà comunicazione entro due mesi all'autorità giudiziaria, indicandone i motivi, salvo che ravvisi la necessità di opporre, nello stesso termine, il segreto di Stato, secondo le disposizioni dettate dalla presente legge.

        6. Il Presidente del Consiglio dei ministri si avvale di un comitato di garanti, il quale verifica se le condotte, tenendo conto delle trasformazioni e degli adattamenti subiti nel corso delle operazioni, anche se modificativi di contenuti essenziali, sono state tenute nel rispetto dei presupposti e delle procedure indicati nei commi da 3 a 5. Nei casi indicati nel comma 5, il Presidente del Consiglio dei ministri può richiedere al comitato di formulare un ulteriore, motivato parere, prima di decidere sulla conferma della causa di non punibilità. Il comitato è composto da tre membri, scelti sulla base di indiscussa competenza, prestigio e garanzia di imparzialità, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per cinque anni, non rinnovabili.

        7. Quando l'esistenza della causa di non punibilità è eccepita, dall'addetto agli organismi informativi o dalla persona da questi legalmente richiesta, al momento dell'arresto in flagranza o del fermo o dell'esecuzione di una misura cautelare, l'esecuzione del provvedimento è sospesa e l'indagato è accompagnato negli uffici della polizia giudiziaria, per esservi trattenuto per il tempo strettamente necessario per i primi accertamenti e comunque non oltre ventiquattro ore. Il procuratore della Repubblica ne è immediatamente informato, dispone le necessarie verifiche e adotta i provvedimenti conseguenti.

        8. La documentazione relativa alle attività, alle procedure e ai provvedimenti previsti dal presente articolo è conservata con i modi previsti dal regolamento di organizzazione, unitamente alla documentazione delle spese.

        9. Il personale addetto agli organismi informativi che preordini illegittimamente le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione di cui al presente articolo è punito, per ciò solo, con la reclusione da uno a quattro anni.

 

Art. 20.

(Esclusione delle qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza).

        1. Gli addetti agli organismi informativi non rivestono la qualifica di ufficiali o di agenti di polizia giudiziaria né, salvo quanto previsto dal comma 2, quella di ufficiali o di agenti di pubblica sicurezza. Tale qualifica è sospesa durante il periodo di servizio nei citati organismi per coloro che già la rivestono in base all'ordinamento dell'amministrazione di provenienza.

        2. Ove necessario allo svolgimento di particolari compiti o per la tutela delle strutture, la qualifica di ufficiale o di agente di pubblica sicurezza può essere attribuita, per non oltre sei mesi rinnovabili, dall'Autorità delegata, sentito il Ministro dell'interno, su proposta del direttore esecutivo del DIGIS, nei casi di urgenza formulata anche in forma orale e confermata per iscritto entro quarantotto ore.

        3. In deroga alle ordinarie disposizioni, il personale degli organismi informativi ha l'obbligo di denunciare fatti costituenti reato esclusivamente ai propri superiori.

        4. I direttori degli organismi informativi hanno obbligo di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativamente a fatti configurabili come reati.

        5. L'adempimento dell'obbligo di cui al comma 4 può essere ritardato, su autorizzazione dell'Autorità delegata, quando ciò sia strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali degli organismi informativi.

 

 

Art. 21.

(Identità di copertura).

        1. Il direttore esecutivo del DIGIS, previa comunicazione all'Autorità delegata, può disporre o autorizzare l'uso, da parte degli addetti agli organismi informativi, di documenti di identificazione contenenti indicazioni di qualità personali diverse da quelle reali. Con la medesima procedura può essere disposta o autorizzata l'utilizzazione temporanea di documenti e certificati di copertura. Presso il DIGIS e l'agenzia che procede all'operazione è tenuto un registro riservato, attestante la procedura seguita per il rilascio del documento o del certificato di copertura e la durata della loro validità. Al termine dell'operazione, il documento o il certificato è conservato presso il competente organismo informativo. L'uso del documento o del certificato di copertura fuori dei casi e dei tempi autorizzati è punito ai sensi delle vigenti disposizioni penali.

 

 

Art. 22.

(Attività simulata).

        1. Il direttore esecutivo del DIGIS, previa comunicazione all'Autorità delegata, può autorizzare l'esercizio di attività economiche da parte di addetti agli organismi informativi, in qualunque forma, sia all'interno che all'estero. Il consuntivo dell'operazione è allegato al rendiconto dei fondi riservati e i risultati della gestione economica sono imputati al relativo capitolo.

        2. Una specifica informativa sulle linee essenziali delle attività di cui al comma 1 è trasmessa al COPIS.

 

 

Art. 23.

(Riservatezza a tutela del personale).

        1. Quando devono essere assunte, in un qualunque atto, le dichiarazioni di una persona addetta agli organismi informativi, l'autorità giudiziaria, oltre a dare applicazione, ove ne ricorrano le condizioni, a quanto previsto dagli articoli 472 e 473 del codice di procedura penale, adotta comunque rigorose cautele a tutela della persona stessa. Quando sono disponibili strumenti tecnici idonei a consentire il collegamento audiovisivo, l'autorità giudiziaria, salvo che la presenza della persona sia necessaria, può procedere a distanza, con l'osservanza, in quanto compatibili, delle forme e delle modalità stabilite dalle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvata con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

 

 

TITOLO III

TUTELA DEL SEGRETO

 

Art. 24.

(Segreto di Stato).

        1. Sono coperti dal segreto di Stato, indipendentemente dalla classifica di segretezza eventualmente attribuita ai sensi dell'articolo 26, gli atti, i documenti, le notizie, le attività e le cose la cui conoscenza sia idonea a recare un danno grave all'integrità dello Stato, anche in relazione ad accordi internazionali, alle istituzioni democratiche, all'indipendenza dello Stato ed al libero esercizio delle sue funzioni, alle relazioni con altri Stati, alla preparazione ed alla difesa militare, nonché agli interessi economici connessi alla sicurezza dello Stato. In nessun caso possono essere oggetto del segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.

        2. Il vincolo derivante dal segreto di Stato è apposto su disposizione del Presidente del Consiglio dei ministri e cessa decorsi quindici anni dalla sua apposizione o dall'opposizione ai sensi dell'articolo 202 del codice di procedura penale. Nei confronti di atti, documenti e cose concernenti i sistemi di sicurezza militare o relativi alle fonti o all'identità degli addetti agli organismi informativi o la cui divulgazione può comunque porre in pericolo l'incolumità di questi ultimi, nonché con riguardo alle informazioni pervenute da altri Stati con vincolo di riservatezza o relative alla dislocazione delle strutture operative, alle operazioni ancora in corso, alla struttura organizzativa ed alle modalità operative degli organismi informativi il vincolo cessa dopo trent'anni, salvo che eccezionali ragioni rendano ancora attuali i motivi che hanno determinato l'apposizione o l'opposizione del vincolo. Il Presidente del Consiglio dei ministri, indipendentemente dal decorso dei termini di cui al presente comma, dispone la cessazione del vincolo quando ritenga essere venute meno le esigenze che ne determinarono l'apposizione. Ove la sussistenza del vincolo incida anche su interessi di Stati esteri in base ad accordi internazionali, il provvedimento con cui è disposta la cessazione del vincolo stesso, salvo che ricorrano ragioni di eccezionale gravità, è adottato previa intesa con l'autorità estera competente.

 

 

Art. 25.

(Tutela del segreto di Stato).

        1. L'articolo 202 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

            "Art. 202. (Segreto di Stato). - 1.- Ai pubblici ufficiali, ai pubblici impiegati e agli incaricati di pubblico servizio, ove interrogati o esaminati dal pubblico ministero, dal giudice o dalla polizia giudiziaria, è fatto divieto di riferire riguardo a fatti coperti dal segreto di Stato.

            2. Se i soggetti di cui al comma 1 oppongono un segreto di Stato, l'autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini dell'eventuale conferma, sospendendo ogni iniziativa volta ad acquisire conoscenza di quanto oggetto del segreto stesso.

            3. Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti necessaria la conoscenza di quanto coperto da segreto di Stato, il giudice dichiara non doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato.

            4. Qualora entro sessanta giorni della notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei ministri non dia conferma del segreto, l'autorità giudiziaria provvede per l'ulteriore corso del procedimento.

            5. L'opposizione del segreto di Stato, confermata dal Presidente del Consiglio dei ministri, inibisce all'autorità giudiziaria l'acquisizione e l'utilizzazione, anche indiretta, degli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto, nonché di altri eventuali elementi idonei a rendere conoscibile quanto oggetto del segreto stesso.

            6. Qualora l'autorità giudiziaria procedente ritenga ingiustificato o immotivato o esercitato al di fuori delle competenze l'esercizio del potere di conferma del segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, solleva conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato. Qualora il conflitto sia risolto in favore dell'autorità giudiziaria ordinaria, il segreto di Stato non può più essere eccepito nel corso del procedimento con riferimento al medesimo oggetto".

 

 

Art. 26.

(Classifiche di segretezza).

        1. La classifica di segretezza è apposta, o elevata, dall'autorità che forma il documento, l'atto o acquisisce per primo, anche dall'estero, la notizia, ovvero è responsabile della cosa.

        2. Le classifiche attribuibili sono: segretissimo, segreto, confidenziale. Le classifiche di riservatissimo, di riservato e di vietata divulgazione apposte prima della data di entrata in vigore della presente legge sono equiparate a quella di confidenziale.

        3. La classifica di segretissimo è richiesta quando la conoscenza o la divulgazione delle informazioni relative ad atti, documenti o cose siano idonee a recare un danno di eccezionale gravità all'integrità dello Stato, anche in relazione ad accordi internazionali, alle istituzioni democratiche, all'indipendenza dello Stato ed al libero esercizio delle sue funzioni, alle relazioni con altri Stati, alla preparazione ed alla difesa militare, agli interessi economici connessi alla sicurezza dello Stato.

        4. La classifica di segreto è richiesta quando la conoscenza o la divulgazione delle informazioni di cui al comma 3 siano idonee a recare un danno grave agli interessi ivi indicati.

        5. La classifica di confidenziale è richiesta quando la conoscenza o la divulgazione delle informazioni di cui al comma 3 siano idonee a recare un danno rilevante agli interessi ivi indicati o, pur non essendo idonee in sé a determinare un danno gravissimo o grave ai sensi dei commi 3 e 4, riguardino informazioni che, collegate con altre, possano produrre tale effetto.

        6. Chi appone una delle classifiche di segretezza procede alla individuazione, all'interno di ogni atto o documento, delle parti che devono essere classificate e del grado di classifica corrispondente a ogni singola parte.

        7. La classifica di segretissimo è declassificata a segreto decorsi cinque anni dalla data di apposizione ed a quella di confidenziale decorsi altri cinque anni; decorso un ulteriore periodo di cinque anni cessa ogni vincolo di classifica. La classifica di segreto è declassificata a quella di confidenziale decorsi cinque anni dalla data di apposizione e decorsi altri cinque anni cessa ogni vincolo di classifica. Il vincolo della classifica di confidenziale cessa con il decorso di cinque anni dalla data di apposizione. All'atto della classifica, il soggetto che procede può comunque stabilire termini inferiori a quelli di cui al presente comma. Non sono soggetti alla declassificazione automatica prevista dal presente comma gli atti, i documenti e le cose di cui al secondo periodo del comma 2 dell'articolo 24. Il vincolo, in questi ultimi casi, cessa con il decorso di trenta anni, salvo che eccezionali ragioni giustifichino il mantenimento della classifica ai sensi del comma 8.

        8. I termini delle singole classifiche possono essere prorogati, per un periodo non superiore al doppio di quello massimo previsto per ciascuna classifica, dal soggetto che ha proceduto alla classifica con provvedimento motivato. Il medesimo soggetto procede alla declassifica o all'abolizione del vincolo di classifica quando, pur non essendo decorsi i termini indicati nel presente articolo, risultino venute meno le condizioni che hanno determinato la classifica.

        9. Il Presidente del Consiglio dei ministri verifica, in qualità di ANS, il rispetto delle norme in materia di classifica di segretezza. Con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono determinati, altresì, i soggetti cui è conferito il potere di classifica, i criteri per l'individuazione delle materie oggetto di classifica, i modi di accesso nei luoghi militari o in quelli definiti di interesse per la sicurezza della Repubblica.

 

 

Art. 27.

(Nulla osta di segretezza).

        1. L'ufficio di cui all'articolo 8, comma 2, istituisce, aggiorna e conserva l'elenco delle persone fisiche e giuridiche e di tutti gli altri organismi muniti di NOS.

        2. Il nulla osta di segretezza ha la durata di sei anni.

        3. Il rilascio del NOS è subordinato all'effettuazione di un preventivo procedimento di accertamento diretto ad escludere dalla conoscibilità delle notizie, documenti, atti o altra cosa classificati, ogni soggetto che non dia sicuro affìdamento di scrupolosa fedeltà ai valori della Costituzione repubblicana e di garanzia per la conservazione del segreto.

        4. Al fine di consentire l'effettuazione del procedimento di accertamento indicato nel comma 3, le Forze armate, le forze di polizia, le pubbliche amministrazioni e i soggetti erogatori dei servizi di pubblica utilità devono fornire al DIGIS ogni utile collaborazione e le informazioni necessarie allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali.

 

 

TITOLO IV

DISPOSIZIONI FINALI

 

Art. 28.

(Disposizioni in materia finanziaria).

        1. Le risorse di personale, quelle finanziarie ed ogni altra risorsa materiale assegnata agli organismi previsti dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono trasferite agli organismi istituiti dalla presente legge all'atto della loro costituzione, tenendo conto delle risorse finanziarie da attribuire al RIS Difesa.

        2. Gli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, compresi quelli relativi ai regolamenti di cui al capo III del titolo I, non possono eccedere il complesso delle spese per gli organismi previsti dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801, derivanti dalla vigente legislazione, nel limite autorizzato dal bilancio dello Stato ai sensi del comma 1 dell'articolo 18.

 

 

 

 

 

Art. 29.

(Modifica dell'articolo 256 del codice di procedura penale).

        1. Il comma 3 dell'articolo 256 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "3. Quando la dichiarazione concerne un segreto di Stato, l'autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che ne sia data conferma. Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti essenziale la conoscenza di quanto coperto da segreto di Stato, il giudice dichiara non doversi procedere per l'esistenza di un segreto di Stato. Si applica il comma 6 dell'articolo 202".

 

 

Art. 30.

(Abrogazione di disposizioni precedenti).

        1. E' abrogata la legge 24 ottobre 1977, n. 801. Alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 9 dell'articolo 26 della presente legge, è abrogato il regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161.

        2. In tutte le disposizioni in cui compaiono riferimenti agli organismi informativi previsti dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801, tali riferimenti si intendono operati ai corrispondenti organismi previsti dalla presente legge ed in particolare: i riferimenti al Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (CIIS), al Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS), alla Segreteria generale di tale Comitato, al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI), al Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica (SISDE) si intendono operati, rispettivamente, al Comitato interministeriale delle informazioni per la sicurezza (CIS), al Comitato tecnico esecutivo (CTE), al Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza (DIGIS), all'Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna (AISE), all'Agenzia delle informazioni per la sicurezza interna (AISI).

 

 

Art. 31.

(Entrata in vigore).

        1. La presente legge entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1947

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

TRANTINO, LA RUSSA, RAISI, SAIA, GIORGIO CONTE, GAMBA, ZACCHERA, STRANO, LISI, ANEDDA, ANTONIO PEPE

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Modifiche alla legge 24 ottobre 1977, n. 801, in materia di segreto di Stato

 

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Presentata il 13 novembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - Secondo la legislazione vigente costituiscono segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie e le attività la cui comunicazione sia idonea a recare danno all'integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, all'indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni tra essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.

        Manca, però, un limite temporale. L'idea di rendere temporaneo il segreto di Stato è un complemento indefettibile dei rimedi contro un uso distorto del segreto; aumenta e rende più effettive le possibilità di controllo democratico sui servizi segreti; sprona questi ultimi ad un'azione più aderente ai princìpi posti dall'articolo 97 della Costituzione e, quindi, funzionale alla tutela degli interessi protetti dal segreto.

        L'idea di temporalizzare il segreto è, d'altra parte, espressione di un principio generale del diritto pubblico proprio degli ordinamenti democratici, dove il "pubblico" è la regola e il "segreto" l'eccezione.

        Nello stesso tempo, la limitazione della durata del segreto costituisce un punto di equilibrio tra il segnalato principio di pubblicità (che emerge con sufficiente chiarezza dalla Costituzione) e il rispetto dei valori tutelati dal segreto di Stato (di cui è parimenti indiscutibile il fondamento costituzionale).

        Sul piano legislativo questo raccordo può attuarsi soltanto con la formulazione di una norma che stabilisca, come regola generale, l'apposizione di un limite di tempo alla durata della segretezza sulla documentazione imposta ai servizi segreti.

        Inoltre, come completamento logico e coerente con la natura dei termini di tale accordo, va previsto che il vincolo di segretezza possa essere prorogato nel tempo, in ragione di una perdurante prevalente esigenza di protezione degli interessi di cui all'articolo 12 della legge 24 ottobre 1997, n. 801, ma ciò può avvenire solo in forza di una esplicita delega del Parlamento.

        La temporalizzazione del segreto di Stato presuppone per necessità:

            1) un sistema di classificazione delle notizie segrete;

            2) la tipizzazione delle autorità di origine o, eventualmente, delegate all'apposizione del segreto;

            3) un sistema di declassificazione che regoli, per livelli di segretezza, la durata del segreto e le autorità competenti, originarie o eventualmente delegate, ad operare la declassificazione;

            4) disposizioni specifiche in ordine alla conservazione della documentazione relativa ai materiali o ai documenti segreti;

            5) un sistema di controlli sulle attività indicate ai numeri precedenti;

            6) la previsione di forme specifiche di responsabilità per la violazione colposa o dolosa delle norme disciplinanti il sistema delineato.

        L'ipotesi di affidare alla legge la disciplina del sistema di classificazione delle informazioni di cui è vietata la libera circolazione implica l'individuazione delle categorie di interessi tutelabili con il segreto e la regolamentazione della procedura di segretazione.

        I beni tutelabili sono i valori dell'indipendenza dello Stato e del sistema di relazioni esterne liberamente poste (personalità internazionale dello Stato); dell'integrità dello Stato democratico e delle istituzioni che lo qualificano tale, e del libero svolgimento delle funzioni degli organi (costituzionali) dai quali dipende la sua continuità (personalità interna dello Stato), della difesa militare dello Stato (già segreto militare).

        Si intende per integrità dello Stato il pieno esercizio dei poteri sovrani e la conservazione del territorio. La qualificazione dello Stato in senso democratico si collega agli organi e agli istituti che concorrono a definire la forma di Stato vigente, compresi i cosiddetti "princìpi di regime" (sovranità popolare, principio di eguaglianza, libertà fondamentali, pertinenza dei poteri di governo e normativi ad organi della rappresentanza, sistema delle garanzie costituzionali e giurisdizionali).

        Si deve escludere che rientri nella previsione legislativa una parte rilevante della nozione di segreto politico che vi era compresa nella precedente disciplina (e sicuramente nella prassi).

        La segretazione non può estendersi ad interessi e valori riferiti al cosiddetto "regime politico", all'assetto di governo delle forze dominanti, né tanto meno alla formula politica, o all'indirizzo politico, o a ciò che comunque assuma rilievo distinto nella Costituzione materiale.

        Questa tradizionale area di applicazione del segreto di Stato deve ora ritenersi illecita, perché del tutto priva di fondamento nella legge.

        Il nodo delle garanzie si scioglie invece "nella qualificazione del contenuto della potestà di segretazione nei suoi eventuali vincoli, nei controlli e nella disciplina dei rapporti interorganici in materia".

        In questa prospettiva, potrebbe ritenersi sufficiente la definizione di segreto di Stato contenuta nell'articolo 12 della legge in vigore: una definizione che ha riguardo agli interessi tutelati dal segreto e non agli oggetti del medesimo.

        Appare peraltro opportuno far seguire tale disposizione da un'altra che elenchi, per grandi categorie, le classi di informazioni nelle quali si specifica il nucleo di interessi protetti. Tale elencazione dovrebbe vanificare l'esistenza di corpi normativi separati dalla legge sul segreto. In particolare, con tale previsione verrebbe meno l'esigenza di mantenere ancora in vita il regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161, sul segreto militare e l'elenco delle materie ivi contenute ormai superate sotto molteplici profili.

        Dovrebbe invece spettare alla direttiva politica di Governo (sotto il controllo del Comitato parlamentare) il compito di specificare quali informazioni concretino ulteriormente le aree di interesse e le categorie di informazioni individuate dal legislatore: ciò che consentirebbe anche un continuo aggiornamento delle priorità funzionali dei nuovi campi di rischio.

        Appare, infine, opportuno modificare la nozione di segreto illegale accolta dalla legge 24 ottobre 1977, n. 801. Com'è attualmente configurato, il concetto di segreto illegale si limita a cogliere soltanto un aspetto macroscopico del fenomeno. E inoltre esso non è neppure idoneo ad assolvere in modo adeguato alla funzione considerata dal legislatore nel formulare il secondo comma dell'articolo 12. La dizione di tale norma consente infatti le più svariate forme di elusione del divieto. E invero la disposizione non estende l'ambito del segreto illegale in quanto dà concretezza ai "fatti eversivi dell'ordine costituzionale", vale a dire alle prove e, più in generale, al materiale che, raccolto dai servizi, sia di importanza essenziale per il perseguimento dei fatti medesimi.

        D'altra parte, i fatti considerati nell'articolo 12 non possono certo esaurire la funzione di garanzia che svolge in ogni legislazione la previsione del segreto illegale. Sarebbe perciò opportuno rimeditare i confini di tale concetto, per estenderlo almeno alle informazioni concernenti reati commessi con abuso dei poteri inerenti alle funzioni degli appartenenti ai servizi segreti.

        Delineata nei suoi confini essenziali l'area entro la quale può legittimamente esplicarsi il potere di segretazione, vanno poste delle norme di disciplina del potere medesimo. Più precisamente, tali disposizioni hanno il compito di regolamentare:

            1) i soggetti preposti all'esercizio del potere di segretazione;

            2) i criteri per l'esercizio del potere di segretazione.

        Muovendo da quest'ultimo punto, il legislatore deve indicare i parametri ai quali deve attenersi l'amministrazione nell'individuare in concreto le informazioni di cui è vietata la divulgazione e l'intensità della protezione medesima.

        A nostro avviso questi sono riconducibili a tre. Il primo è di carattere funzionale, in quanto circoscrive l'area entro cui può compiersi la scelta di segretazione.

        Il secondo parametro ha riguardo al danno che può derivare agli interessi tutelati dal segreto di Stato in seguito alla divulgazione dell'informazione.

        Il criterio del danno assolve a due funzioni. Viene infatti in rilievo sia come criterio-guida per l'esercizio della discrezionalità amministrativa della concreta ed ulteriore selezione delle informazioni in astratto tutelabili con il segreto, sia come parametro per misurare l'intensità della protezione richiesta. A questo secondo fine, viene presa in considerazione la probabile entità del danno che deriverebbe dalla libera o non autorizzata circolazione delle notizie.

        Infine, il terzo parametro è di ordine temporale ed è in stretto rapporto di dipendenza rispetto agli altri due criteri. Ne consegue che, da un lato, la protezione offerta dal segreto durerà per tutto il tempo in cui sussista il pericolo che la divulgazione di una informazione minacci gli interessi individuati dal legislatore, ciò che giustifica anche la possibilità di protrarre il termine di durata del segreto qualora continui a permanere l'esigenza di proteggere un'informazione la cui riservatezza sia vitale per gli interessi tutelati dal segreto di Stato. Dall'altro lato, il venire meno di uno dei due presupposti della segretezza elimina la necessità di attendere la scadenza del termine di classificazione per rimuovere il vincolo del segreto.

        Da tali considerazioni emerge pertanto come sui tre criteri descritti debbano fondarsi sia gli istituti di classificazione e di declassificazione sia le regole per l'esercizio del potere di segretazione.

        E' pertanto opportuno limitare a due classi i livelli di segretezza. Il massimo grado di protezione dovrebbe corrispondere al livello "segretissimo" individuato dall'eccezionale gravità del danno che potrebbe derivare dalla divulgazione dell'informazione da classificare. Il livello "segreto" andrebbe invece a qualificare i documenti dalla cui rilevazione non autorizzata potrebbe scaturire un danno grave agli interessi indicati dall'articolo 12 della legge n. 801 del 1977.

        Eliminate formalmente dalla categoria del segreto di Stato le notizie riservatissime e quelle riservate, tali informazioni andrebbero assoggettate al regime del segreto di ufficio. Di conseguenza, la serie articolata di ipotesi criminose attualmente contenute negli articoli 256, terzo comma, 258 e 262 del codice penale, dovrebbe venire assorbita dalla fattispecie disciplinata dall'articolo 326 del codice penale.

        Problemi di difficile soluzione si pongono invece con riguardo alla durata del segreto. Infatti, nella prospettiva di introdurre precisi limiti temporali al segreto di Stato, non sarebbe logico non prevedere un'analoga limitazione per le notizie che, parimenti relative alla sicurezza nazionale, esulano tuttavia dalla categoria considerata dalla legge n. 801 del 1977. Si ripropone di nuovo la questione della necessità di un coordinamento della legge di riforma sul segreto di Stato con quella che dovrebbe regolamentare il segreto amministrativo.

        La riforma della legge n. 801 del 1977, tuttavia, può peraltro occuparsi anche di entrambe le categorie di segretezza, quanto meno sotto il profilo della predeterminazione dei termini di durata e, quindi, delle procedure di declassificazione o comunque di riesame dei documenti.

        Nella legge di riforma, pertanto, le norme che delineano il sistema di classificazione devono essere seguite da precise disposizioni sulle procedure di declassificazione.

        Il modello di declassificazione deve articolarsi in procedure sia automatiche sia a discrezionalità vincolata.

        Riguardo al primo gruppo, viene innanzi tutto in rilievo la declassificazione connessa al decorso del tempo prestabilito dalla legge. Si tratta di stabilire una serie di termini legali allo scadere dei quali un'informazione passa dal massimo livello di segretezza a quello inferiore fino alla sua completa declassificazione.

        Con riguardo al segreto di Stato, va previsto che una informazione classificata "segretissima" degradi automaticamente a "segreta" dopo sei anni e venga automaticamente declassificata dopo dieci anni.

        Le informazioni "segrete" verrebbero automaticamente declassificate dopo otto anni.

        Per evitare poi che attraverso l'attuale indeterminatezza della durata del segreto amministrativo, le notizie vengano paradossalmente riservate tra le notizie tutelate dal segreto d'ufficio, occorrerà prevedere termini di durata anche per quest'ultima categoria di segretezza.

        A tale fine, dovrebbe prevedersi che le informazioni originariamente "segretissime" possano restare nella classe delle notizie riservatissime per non più di due anni e per altri due anni in quella delle notizie riservate. La stessa disposizione dovrebbe valere per le notizie originariamente "segrete".

        In considerazione di una perdurante necessità di mantenere inalterato l'originario livello di segretezza o la classe di stasi di una notizia, va prevista la possibilità di prolungare la durata del segreto in ragione del criterio per cui il tipo di danno correlato al livello di segretezza della notizia non è altrimenti evitabile se non prorogando la durata del segreto. In tale caso, tuttavia, l'autorità di origine dovrà dare comunicazione motivata del provvedimento di proroga sia al Presidente del Consiglio dei ministri sia al Comitato parlamentare.

        La seconda procedura dì declassificazione riprende quella già sperimentata nel sistema italiano. Essa fa capo alla possibilità di predeterminare, fino dal momento della classificazione, che decorso un determinato periodo di tempo o al verificarsi di un determinato evento, il contenuto di un atto o di un certo materiale perderà valore ai fini della segretezza.

        La praticabilità del sistema delineato è per necessità subordinata alla presenza di particolari tecniche di fascicolazione. Il legislatore deve a tale proposito imporre precisi requisiti di forma. Tali indicazioni devono disciplinare, in particolare, la forma di apposizione del segreto. Quest'ultima, a sua volta, presuppone che venga definito il concetto di informazione. A tale scopo va introdotta anche nella legge una norma che definisca i possibili oggetti delle informazioni segrete, e cioè i documenti, le notizie e i materiali.

        Riguardo alla forma dell'atto di apposizione del segreto, va finalmente stabilito - allo scopo sia di controllare la circolazione delle informazioni, sia di garantire l'esercizio dei controlli previsti dalla legge - che essa debba essere scritta.

        Ovviamente, qualora l'informazione sia rappresentata da una cosa, l'atto di apposizione consisterà in un provvedimento separato dal materiale cui si riferisce. Trattandosi invece di una notizia relativa ad un mero fatto, sarà necessario consacrarne il contenuto in un documento che incorporerà anche il provvedimento di apposizione.

        Il provvedimento di apposizione dovrebbe indicare la classe di segretezza attribuita all'informazione, l'identità dell'autorità di origine, la data o l'evento di declassificazione e, qualora si tratti di documenti, quali loro parti siano classificate e con quale livello di segretezza e quali non siano invece classificate.

        L'insieme delle norme proposte consente anche di introdurre nel nostro ordinamento il diritto di accesso alla documentazione relativa alla sicurezza della Repubblica.

        L'innovazione, di grande rilievo democratico, apre tra l'altro necessariamente la via all'introduzione nell'ordinamento italiano di una regola di trasparenza che investa tutta l'azione amministrativa, e non soltanto alcuni suoi settori, generalizzando il principio della pubblicità degli atti nella forma particolare del diritto di accesso ad essi ed ai documenti tenuti dall'amministrazione.

        Gli articoli 1 e 2 della proposta di legge (che modifica la legge n. 801 del 1977) prevedono comunicazioni periodiche sull'andamento della riclassificazione dei documenti.

        L'articolo 3 prevede le modalità per evitare sovrapposizioni fra i servizi segreti.

        L'articolo 4 prevede i casi di esclusione della possibilità di opporre il segreto di Stato.

        L'articolo 5 introduce una serie di articoli aggiuntivi di vario contenuto: gli articoli da 19-bis a 19-octies contengono norme sui criteri di classificazione, gli articoli da 19-novies e 19-decies recano modifiche al codice penale; gli articoli da 19-undecies a 19-terdecies prevedono proroghe alla durata del segreto; l'articolo 19-quaterdecies prevede la declassificazione delle informazioni; gli articoli da 19-quinquiedecies a 19-octiesdecies recano la disciplina dell'accesso alla documentazione sulla sicurezza oggetto di declassificazione.

        L'articolo 6 prevede l'entrata in vigore.


 

 


PROPOSTA DI LEGGE

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Art. 1.

        1. All'articolo 4 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

        "Il direttore del SISMI è tenuto a comunicare semestralmente al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Comitati di cui agli articoli 2 e 11, secondo comma, un rapporto informativo sull'andamento delle procedure di classificazione, di riesame sistematico e di declassificazione delle informazioni".

 

 

Art. 2.

        1. All'articolo 6 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

        "Il direttore del SISDE è tenuto a comunicare semestralmente al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Comitati di cui agli articoli 2 e 11, secondo comma, un rapporto informativo sull'andamento delle procedure di classificazione, di riesame sistematico e di declassificazione delle informazioni".

 

 

Art. 3.

        1. All'articolo 7 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

        "Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato di cui all'articolo 2, impartisce le disposizioni del caso qualora i due Servizi si trovino a dovere affrontare la stessa materia o comunque in una condizione di reciproca interferenza".

 

 

Art. 4.

        1. Il secondo comma dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dal seguente:

        "In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato le informazioni concernenti fatti eversivi dell'ordinamento costituzionale, le associazioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale, dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, e dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché i delitti di strage previsti dall'articolo 285 e dall'articolo 422 del codice penale, il traffico illegale di armi, munizioni e materie esplodenti, di persone a scopo di prostituzione e di minori a rischio di atti di pedofilia e i delitti previsti dal capo I del titolo del libro II del codice penale, commessi con abuso dei poteri inerenti alle funzioni degli appartenenti ai Servizi di cui agli articoli 4 e 6 della presente legge".

 

 

Art. 5.

        1. Dopo l'articolo 19 della legge 24 ottobre 1977, n. 80l, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-bis. 1. La apposizione del segreto di Stato deve tenere conto dell'interesse pubblico alla libera circolazione delle informazioni.

            2. Le informazioni di cui all'articolo 12 devono essere classificate secondo i criteri stabiliti dalla presente legge.

            3. Ai fini dell'apposizione del segreto di Stato sono stabilite le seguenti classifiche di segretezza:

                a) "segretissimo" per i documenti e i materiali dalla cui divulgazione possa scaturire un danno di eccezionale gravità agli interessi di cui all'articolo 12;

                b) "segreto", per i documenti e i materiali dalla cui divulgazione possa derivare un danno rilevante agli interessi di cui all'articolo 12.

            4. Se sussiste il ragionevole dubbio sulla necessità di classificare un'informazione o sul livello più appropriato di classificazione, la relativa determinazione spetta al Presidente del Consiglio dei ministri, entro un mese dalla trasmissione del rapporto. Durante tale periodo di tempo, qualora il dubbio riguardi la necessità della classificazione, si presume la segretezza dell'informazione. Qualora il dubbio concerna il livello di classificazione, il documento o il materiale deve essere salvaguardato come informazione segreta".

        2. Dopo l'articolo 19-bis della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-ter. 1. L'apposizione della classifica di segretissimo e di segreto spetta al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Ministri di cui all'articolo 2 e ai direttori del SISMI e del SISDE.

            2. Il Presidente del Consiglio dei ministri può autorizzare altri soggetti all'apposizione del segreto.

            3. Il Presidente del Consiglio dei ministri può delegare il potere di segretazione ai soggetti designati dai Ministri di cui all'articolo 2 e ai direttori dei Servizi di cui agli articoli 4 e 6, qualora esista la necessità continuativa e dimostrabile di esercitare il potere di classificazione.

            4. Le autorità di cui al comma 3 devono conservare una lista aggiornata dei soggetti autorizzati all'apposizione del segreto e trasmetterla periodicamente, per i riscontri del caso, al CESIS.

            5. Allo scadere dei quattro anni dall'atto di delega, il Presidente del Consiglio dei ministri provvede alla riconferma o alla revoca dell'autorizzazione.

            6. Nell'ipotesi in cui la delega sia revocata, il Presidente del Consiglio dei ministri provvede altresì all'individuazione delle autorità alle quali sono contestualmente trasferiti i poteri connessi alle informazioni classificate dalla autorità competente in origine".

        3. Dopo l'articolo 19-ter della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 2 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-quater. 1. Le autorità di cui all'articolo 19-ter, comma 1, devono trasmettere semestralmente al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Comitati di cui agli articoli 2, 3 e 11, secondo comma, un rapporto informativo sull'andamento delle procedure di classificazione, di riesame sistematico e di declassificazione delle informazioni".

        4. Dopo l'articolo 19-quater della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 3 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-quinquies. 1. Gli addetti ai Servizi di cui agli articoli 4 e 6, senza potere di segretazione, che ritengano di essere in possesso di un'informazione classificabile, devono trasmetterla senza indugio ai direttori dei rispettivi Servizi di appartenenza per la classificazione.

            2. I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblici servizi senza potere di segretazione e che dipendono da una delle autorità previste dall'articolo 19-ter, comma 1, devono trasmettere senza indugio a queste ultime le informazioni originarie ritenute classificabili".

        5. Dopo l'articolo 19-quinquies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 4 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-sexies. 1. Un'informazione classificata rimane tale per tutto il tempo necessario per la protezione degli interessi tutelati dal segreto di Stato secondo le disposizioni della presente legge.

            2. Quando è previsto uno specifico termine o sono determinabili una data o un evento specifico per la declassificazione, essi devono essere apposti sulla documentazione segreta dall'autorità competente a norma dell'articolo 19-ter.

            3. In ogni caso, al termine di sei anni dalla data di prima classificazione, un'informazione a livello segretissimo degrada automaticamente a segreta e viene declassificata dopo dieci anni dalla data di prima classificazione. Decorso tale termine non può comunque esservi proroga.

            4. Le informazioni segrete sono automaticamente declassificate dopo otto anni dalla data di classificazione".

        6. Dopo l'articolo 19-sexies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 5 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-septies. 1. Ai fini della presente legge, l'apposizione del segreto concerne soltanto le informazioni contenute in un documento avente data certa.

            2. Si considera documento ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie relativa a notizie o materiali concernenti la sicurezza nazionale.

            3. L'atto di apposizione del segreto deve indicare:

                a) il livello di segretezza dell'informazione;

                b) la data di classificazione;

                c) l'identità dell'autorità di origine;

                d) l'ufficio di appartenenza dell'autorità di origine;

                e) la data o l'evento di declassificazione.

            4. Ai documenti classificati devono essere allegate le memorie storiche concernenti gli ordini impartiti dall'esecutivo ai Servizi di cui agli articoli 4 e 6 e le spese riservate sostenute dai medesimi.

            5. Le memorie storiche di cui al comma 4 sono classificate allo stesso livello dell'informazione cui si riferiscono".

        7. Dopo l'articolo 19-septies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 6 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-octies. 1. Il segreto di ufficio non può essere opposto se non è identificabile il danno che potrebbe derivare dalla diffusione di informazioni originate dalla pubblica amministrazione o comunque utilizzate ai fini dell'attività amministrativa.

            2. Le informazioni relative agli interessi di cui all'articolo 12 non classificate ai sensi dell'articolo 19-bis non possono essere coperte dal segreto di ufficio se non sia identificabile il danno che potrebbe derivare dalla loro diffusione. In tale caso la durata del segreto non può essere superiore a quattro anni dalla data di origine.

            3. La stessa disposizione di cui al comma 2 si applica anche alle informazioni da declassificare ai sensi dell'articolo 19-quinquies, le quali non possono restare nella classe delle notizie riservatissime per più di due anni e non oltre i due anni nella classe delle notizie riservate.

            4. Le informazioni di cui ai commi 1 e 2 sono soggette ai requisiti previsti nell'articolo 19-septies".

        8. Dopo l'articolo 19-octies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 7 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-novies. 1. Sono abrogati gli articoli 256, terzo comma, 258 e 262 del codice penale".

        9. Dopo l'articolo 19-novies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 8 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-decies. 1. All'articolo 326 del codice penale, dopo il primo comma sono inseriti i seguenti:

        "Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 261, chiunque rivela notizie attinenti alla sicurezza della Repubblica e dalle quali potrebbe derivare un danno alla sicurezza della Repubblica, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

        Le pene previste nel primo e nel secondo comma si applicano anche nell'ipotesi di procacciamento illegale di notizie attinenti alla sicurezza della Repubblica.

        Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno; tuttavia, la pena è aumentata qualora l'agevolazione concerna le notizie di cui al secondo e al terzo comma".

        2. All'articolo 204, comma 1, primo periodo, del codice di procedura penale, sono aggiunte, in fine, le parole: ", nonché i delitti di strage previsti dall'articolo 285 e dall'articolo 422 del codice penale".

        10. Dopo l'articolo 19-decies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 9 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-undecies. 1. L'autorità di origine può chiedere di prolungare la durata del segreto, in ragione della perdurante necessità di mantenere inalterato l'originario livello di segretezza o quello inferiore al momento dell'atto di proroga. Il relativo provvedimento motivato deve essere comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri e al Comitato di cui all'articolo 11, secondo comma.

            2. L'atto di proroga deve essere tempestivamente notificato al Comitato di cui all'articolo 3 e al Comitato di cui all'articolo 11, che esprime il suo parere".

        11. Dopo l'articolo 19-undecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 10 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-duodecies. 1. Il Comitato di cui all'articolo 3 è tenuto a segnalare al Presidente del Consiglio dei ministri le irregolarità riscontrate in ordine ai documenti classificati.

            2. Il Comitato di cui all'articolo 3 segnala al Presidente del Consiglio dei ministri i documenti classificati illegittimamente.

            3. Nelle ipotesi previste ai commi 1 e 2, il Presidente del Consiglio dei ministri può chiedere chiarimenti alle autorità di origine dell'informazione illegittimamente o impropriamente classificata e la rimette ad essa affinché provveda alla declassificazione o comunque a sanare l'irregolarità.

            4. Il Presidente del Consiglio dei ministri impartisce le disposizioni relative alle informazioni non classificate trasmesse dai Servizi al Comitato di cui all'articolo 3".

        12. Dopo l'articolo 19-duodecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 11 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-terdecies. 1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Comitato di cui all'articolo 2, impartisce le direttive sui programmi di riesame sistematico ai fini della declassificazione o degradazione delle informazioni.

        2. Presso il Comitato di cui all'articolo 3 è istituito un ufficio per la revisione del materiale classificato e custodito nell'archivio generale.

            3. Il riesame sistematico della documentazione avviene d'intesa con le particolari direttive delle autorità indicate nell'articolo 19-ter, comma 1. I direttori dei Servizi e le autorità di cui al comma 1 del citato articolo 19-ter conducono programmi di riesame sistematico della documentazione classificata non confluita nell'archivio generale.

            4. Il Comitato di cui all'articolo 3 provvede al riesame sistematico della documentazione del Presidente del Consiglio dei ministri e delle autorità con potere di segretazione da lui direttamente designate".

        13. Dopo l'articolo 19-terdecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 12 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-quaterdecies. 1. Le informazioni sono declassificate o degradate al livello inferiore di segretezza dall'autorità di origine o dalle autorità da questa delegate.

            2. La delega del potere di declassificazione o di degradazione deve avvenire per iscritto e deve essere autorizzata dal Presidente del Consiglio dei ministri".

        14. Dopo l'articolo 19-quaterdecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 13 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-quinquiesdecies. 1. Il diritto di accesso alle informazioni relative alla sicurezza della Repubblica si esercita presso gli uffici indicati annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale".

        15. Dopo l'articolo 19-quinquiesdecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 14 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-sexiesdecies. 1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti, nei modi e nei limiti indicati dalla presente legge.

            2. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato al rimborso del costo di riproduzione.

            3. L'istanza di accesso ai documenti deve essere rivolta agli uffici individuati a norma dell'articolo 19-quinquiesdecies e deve essere sufficientemente dettagliata da consentire la ricerca della documentazione richiesta".

        16. Dopo l'articolo 19-sexiesdecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 15 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-septiesdecies. 1. A seguito dell'istanza di cui all'articolo 19-sexiesdecies, l'ufficio richiesto procede al riesame per la declassificazione della documentazione.

            2. Il provvedimento di declassificazione o di rifiuto di accesso deve essere notificato entro tre mesi dalla richiesta.

            3. Qualora siano necessari tempi più lunghi, l'ufficio è tenuto a notificare al richiedente le ragioni del ritardo.

            4. In ogni caso, il provvedimento di cui al comma 3 deve essere emesso entro sei mesi dalla richiesta".

        17. Dopo l'articolo 19-septiesdecies della legge 24 ottobre 1977, n. 801, introdotto dal comma 16 del presente articolo, è aggiunto il seguente:

        "Art. 19-octiesdecies. 1. Entro due mesi dalla notifica del provvedimento di rifiuto di accesso, il richiedente può proporre ricorso dinanzi all'autorità indicata nell'atto notificato.

            2. Entro due mesi dalla notifica del provvedimento di conferma, il richiedente può impugnare il provvedimento dinanzi al Presidente del Consiglio dei ministri.

            3. Del provvedimento di conferma della decisione impugnata dinanzi al Presidente del Consiglio dei ministri devono essere informati il Comitato di cui all'articolo 11, secondo comma, e le Camere ai sensi degli articoli 16 e 17.

            4. Contro i provvedimenti emessi in prima o in ultima istanza dal Presidente del Consiglio dei ministri, è ammesso ricorso in Cassazione nelle forme della procedura riservata".

 

 

Art. 6.

        1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2021

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

PISAPIA, BERTINOTTI, TITTI DE SIMONE, DEIANA, ALFONSO GIANNI, GIORDANO, MANTOVANI, MASCIA, RUSSO SPENA, VALPIANA, VENDOLA

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Norme in materia di durata del segreto di Stato e modifica dell'articolo 204 del codice di procedura penale concernente l'esclusione del segreto di Stato per i reati commessi per finalità di terrorismo e di eversione e per i delitti di strage

 

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Presentata il 23 novembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è finalizzata ad impedire che le inchieste giudiziarie di reati di particolare gravità - ed in particolare quelle relative alle stragi che hanno insanguinato la storia del nostro Paese - siano ostacolate dall'opposizione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, del segreto di Stato. Tale opposizione può essere superata, ai sensi dell'articolo 204 del codice di procedura penale, solo qualora si tratti di fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale.

        La presente proposta di legge mira ad ampliare espressamente l'ambito di applicazione di tale disposizione ai delitti di strage di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, recependo anche le questioni poste da un progetto di legge di iniziativa popolare promosso dall'"Unione familiari vittime per stragi". La proposta prevede altresì l'obbligo di motivazione del provvedimento con cui il Presidente del Consiglio dei ministri conferma il segreto qualora gli atti richiesti non concernano, a suo avviso, i reati per cui si procede. Tuttavia, la previsione maggiormente innovativa è quella contenuta nell'articolo 3, che modifica l'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, recante "Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato". Le modifiche che si propongono individuano nel Presidente del Consiglio dei ministri l'organo titolare del potere di secretazione, attribuendo peraltro facoltà di delega a un sottosegretario di Stato e ai direttori dei servizi e, soprattutto, stabiliscono un termine di durata massima decennale del segreto di Stato.

        Si vuole in tal modo contribuire alla ricerca della verità su fatti gravissimi, le cui responsabilità sono in gran parte ancora ignote, che hanno segnato tragicamente la storia del nostro Paese.


 


 


PROPOSTA DI LEGGE

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Art. 1.

        1. L'articolo 204 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        "Art. 204 - (Esclusione del segreto) - 1. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli articoli 201, 202 e 203 fatti, notizie o documenti concernenti reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, nonché i delitti di strage previsti dagli articoli 285 e 422 del codice penale. Se viene opposto il segreto, la natura del reato è definita dal giudice. Prima dell'esercizio dell'azione penale, provvede il giudice per le indagini preliminari su richiesta di parte.

        2. Dell'ordinanza che rigetta l'eccezione di segretezza è data comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri".

 

 

Art. 2.

        1. Al comma 2 dell'articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: "conferma il segreto", sono inserite le seguenti: "con atto motivato".

 

 

Art. 3.

        1. Dopo il secondo comma dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono aggiunti i seguenti:

        "Il segreto di Stato è apposto con provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale può delegare un sottosegretario di Stato e i direttori dei servizi di cui agli articoli 4 e 6.

        Il segreto di Stato è revocato con le modalità previste dal terzo comma qualora vengano meno i presupposti di cui al primo comma.

        La durata del segreto di Stato non può comunque eccedere i dieci anni".

 

 

Art. 4.

        1. L'articolo 16 della legge 24 ottobre 1997, n. 801, è sostituito dal seguente:

        "Art. 16 - 1. Di ogni caso di conferma dell'opposizione del segreto di Stato ai sensi dell'articolo 202 del codice di procedura penale il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a dare comunicazione, indicandone le ragioni, al Comitato parlamentare di cui all'articolo 11 della presente legge. Il Comitato parlamentare, qualora ritenga a maggioranza assoluta dei suoi componenti infondata la opposizione del segreto, ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni politiche".

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2064

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

ASCIERTO

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Istituzione e ordinamento dei Servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato

 

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Presentata il 5 Dicembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - Alla luce della continua evoluzione degli scenari internazionali e dei relativi equilibri strategici, causati dalla mutazione delle dinamiche politico-economiche e militari globali e dei fenomeni collaterali derivanti, quali la recrudescenza del terrorismo internazionale e i disordini sociali che investono numerose realtà nazionali in tutti i continenti, si impongono, anche per il nostro Paese, una urgente revisione critica della politica di sicurezza interna ed esterna dello Stato ed una conseguente riorganizzazione complessiva dei nostri Servizi di sicurezza, gli apparati istituzionalmente preposti alla difesa attiva della Nazione.

        Al riguardo, un riorientamento dei Servizi di sicurezza sugli obiettivi tattici e strategici da perseguire prioritariamente, in aderenza alle direttive del Governo e del Parlamento, risulta indifferibile per consentire agli stessi una adeguata riorganizzazione strutturale finalizzata al raggiungimento di più elevati livelli di efficienza nell'azione di contrasto e di neutralizzazione delle minacce diversificate che incombono sulla nostra Nazione e sull'ordinato svolgimento della vita civile e democratica.

        A tale scopo, per consentire un rapido miglioramento delle capacità operative dei nostri Servizi di sicurezza e delle opportune sinergie con le Forze di polizia, fattori indispensabili per il conseguimento di accettabili standard di sicurezza per il nostro Paese nell'attuale contesto internazionale, si ritiene opportuna ed urgente la presentazione della proposta di legge di riforma dei Servizi di sicurezza che, superando i dettami normativi e le caratteristiche funzionali, strutturali e logistiche derivanti dall'attuazione della legge 24 ottobre 1977, n. 801, permetta una adeguata riqualificazione dell'organizzazione complessiva dei nostri Servizi di sicurezza.


 


 


PROPOSTA DI LEGGE

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Art. 1.

(Attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro o sottosegretario di stato delegato).

        1. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite, in conformità all'articolo 95 della Costituzione, la responsabilità politica generale e l'alta direzione delle politiche dell'informazione e della sicurezza, nell'interesse e per la difesa esterna e la sicurezza interna della Repubblica, per la tutela delle istituzioni dello Stato, del suo ordinamento democratico nonché per la protezione della vita e dello sviluppo della comunità nazionale, secondo i princìpi e le regole dello Stato costituzionale, democratico, rappresentativo, parlamentare e di diritto.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri sovrintende e coordina gli uffici ed i servizi che espletano i compiti ed esercitano le funzioni utili e necessarie per l'attuazione delle politiche dell'informazione e della sicurezza, emanando a tale fine ogni disposizione necessaria ed utile per l'organizzazione ed il funzionamento generale di essi, sentito il Comitato nazionale per le informazioni e la sicurezza di cui all'articolo 2 ed in conformità agli indirizzi formulati dal Parlamento.

        3. Spetta al Presidente del Consiglio dei ministri provvedere alla tutela del segreto di Stato sovrintendendo all'attività degli uffici di cui all'articolo 21, determinando in attuazione delle leggi e dei regolamenti i criteri per l'apposizione del segreto, emanando le direttive per il funzionamento degli organi a ciò competenti, sovrintendendo ad essi e controllandone l'attività.

        4. Il Presidente del Consiglio dei ministri può delegare a un Ministro senza portafoglio o ad un sottosegretario di Stato l'espletamento di compiti e l'esercizio di funzioni a lui attribuite dalla presente legge, al fine di garantire il miglior esercizio delle sue attribuzioni ed un continuo ed efficace coordinamento e controllo degli uffici e dei servizi per le informazioni e la sicurezza, di cui agli articoli 3, 5 e 8, di seguito denominati "Servizi", e delle attività da essi svolte.

        5. Salvo che non ne sia stata data legittima comunicazione o diffusione, sono coperte da segreto di Stato tutte le informazioni relative all'ordinamento, all'organico, all'organizzazione, alle infrastrutture, al personale ed alle attività del Segratariato generale dei Servizi nonché della Commissione presidenziale di cui all'articolo 22.

 

 

Art. 2.

(Comitato nazionale per le informazioni e la sicurezza).

        1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito il Comitato nazionale per le informazioni e la sicurezza (COMIS).

        2. Il COMIS è costituito dal Presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede, dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro dell'interno, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro della difesa, dal Ministro delle attività produttive, dal Ministro per l'innovazione e le tecnologie, dal Ministro della giustizia nonché dagli altri Ministri che il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga eventualmente di chiamare, in via permanente, a far parte di esso, o ad esso partecipare di volta in volta, per la trattazione di determinate materie od oggetti.

        3. Il Presidente del Consiglio dei ministri può chiamare a partecipare, di volta in volta, alle sedute del COMIS il Direttore generale del Segretariato generale di cui all'articolo 3, i Direttori generali dei Servizi, nonché altre autorità civili, militari o di polizia, nonché esperti.

        4. Il COMIS è incaricato di consigliare ed assistere il Presidente del Consiglio dei ministri ed i Ministri competenti nell'orientamento e nel coordinamento delle attività dei Servizi e degli altri organi ed uffici che operano nel settore delle informazioni e della sicurezza. A tale fine approva i piani nazionali dell'informazione e della sicurezza, esprime parere preventivo sulla nomina dei Direttori generali del Segretariato generale e dei Servizi, nonché degli altri dirigenti determinati dai regolamenti di cui agli articoli 6, 9 e 19, esamina e formula proposte in ordine all'emanazione dei citati regolamenti, nonché sulle proposte per l'assegnazione dei fondi e sui risultati della loro rendicontazione.

 

 

Art. 3.

(Segretariato generale per le informazioni e la sicurezza e Comitati esecutivi).

        1. Nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri e sotto la sovrintendenza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro o Sottosegretario di Stato delegato, è istituito il Segretariato generale per le informazioni e la sicurezza, di seguito denominato "Segretariato generale".

        2. Al Segretariato generale è preposto un Direttore generale, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno ed il Ministro degli affari esteri.

        3. Il Segretariato generale comprende il Comitato esecutivo per le informazioni (COMINF) ed il Comitato esecutivo per la sicurezza (COMSIC).

        4. Il COMINF è costituito dal Direttore generale del Segretariato generale, che lo presiede, dal Segretario generale del Ministero degli affari esteri, dal Capo di stato maggiore della Difesa, dal Segretario generale della Difesa - Direttore nazionale degli armamenti, dal Direttore generale del Dipartimento della pubblica sicurezza - Capo della Polizia, dai Direttori generali dei Servizi nonché, eventualmente, da uno o più esperti in materia economica, scientifica o industriale nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri.

        5. Il COMSIC è costituito dal Direttore generale del Segretariato generale, che lo presiede, dal Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza - Capo della Polizia, dal Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, dal Comandante generale del Corpo della guardia di finanza e dai Direttori generali dei Servizi.

        6. Periodicamente o anche in via straordinaria, di sua iniziativa o su disposizione del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro o Sottosegretario di Stato delegato, il Segretariato generale può riunire congiuntamente i due Comitati esecutivi in Comitato generale.

        7. I Comitati di cui al comma 3 forniscono assistenza e consulenza al Segretariato generale nell'espletamento dei suoi compiti.

 

 

Art. 4.

(Compiti e attribuzioni del Segretariato generale e dei Comitati esecutivi).

        1. Del Segretariato generale si avvalgono il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro o Sottosegretario di stato, delegati per l'espletamento dei loro compiti e per l'esercizio delle loro funzioni. Con il consenso del Presidente del Consiglio dei ministri possono avvalersi altresì del Segretariato generale il Ministro degli affari esteri, il Ministro della difesa, il Ministro dell'interno ed il Ministro dell'economia e delle finanze.

        2. Il Segretariato generale:

            a) raccoglie, coordina, analizza, interpreta, valuta globalmente e diffonde alle autorità e agli altri soggetti autorizzati le informazioni raccolte, anche in forma aperta, i rapporti elaborati e le situazioni prodotte in materia di informazione e di sicurezza e le valutazioni generali collegate tra loro prodotte dai Servizi nonché da eventuali altre fonti ed uffici;

            b) produce e fornisce alle autorità interessate ed autorizzate relazioni e analisi globali, di carattere generale e specifico;

            c) formula al Presidente del Consiglio dei ministri ed al COMIS valutazioni e proposte in ordine al fabbisogno nazionale di informazioni e di sicurezza per la elaborazione dei conseguenti piani operativi da parte degli organismi competenti.

        3. Il Presidente del Consiglio dei ministri emana direttive ed istruzioni e impartisce gli eventuali ordini necessari per l'attività del Segretariato generale e per assicurarne il migliore e più corretto espletamento dei compiti e l'esercizio delle funzioni assegnategli.

        4. L'ordinamento e l'organizzazione del Segretariato generale sono stabiliti con regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere del COMIS e del Comitato parlamentare di cui all'articolo 23.

        5. Al Direttore generale del Segretariato generale ed ai capi dei dipartimenti ed uffici istituiti nell'ambito del Segretariato non si applicano le disposizioni di cui al primo periodo del comma 3 dell'articolo 18 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

 

Art. 5.

(Istituzione e compiti del Servizio per le informazioni generali).

        1. E' istituito il Servizio per le informazioni generali (SIGEN) posto sotto l'autorità di un Direttore generale che dipende direttamente dal Ministro della difesa ed è nominato, con decreto del Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, tra i tenenti generali o grado equipollente, anche in ausiliaria o nella riserva.

        2. Il SIGEN ha il compito, in stretta collaborazione con gli altri organi interessati, di ricercare ed elaborare le informazioni riguardanti la sicurezza dell'Italia e di individuare ed ostacolare, fuori dal territorio nazionale, le attività di spionaggio dirette contro gli interessi italiani allo scopo di prevenirne le conseguenze. A tale riguardo esercita le proprie funzioni esclusivamente:

                a) per salvaguardare gli interessi della difesa esterna e della sicurezza interna nazionali, con particolare riferimento agli indirizzi della politica estera, di difesa nazionale e di sicurezza interna adottati dal Governo in conformità agli indirizzi formulati dal Parlamento;

                b) per salvaguardare gli interessi economici della comunità nazionale;

                c) per fornire supporto agli uffici ed agli organi di Polizia, in attività di prevenzione e repressione di reati di particolare gravità e per la difesa della legalità repubblicana.

        3. Nell'ambito delle funzioni di cui al comma 2, il SIGEN provvede all'espletamento dei seguenti compiti:

                a) raccolta, coordinamento, analisi, interpretazione, valutazione e diffusione di ogni informazione relativa ad affari strategici ed a situazioni estere che riguardano la difesa esterna e la sicurezza interna della Repubblica, nonché gli interessi politici, economici, scientifici ed industriali nazionali e la tutela dei cittadini italiani e dei loro beni;

                b) individuazione, contrasto e neutralizzazione delle minacce che, sul territorio estero, sono rivolte alla difesa esterna ed alla sicurezza della Repubblica, nonché agli interessi politici, economici, scientifici ed industriali nazionali e dei cittadini di cui lo Stato si assume la protezione e dei loro beni;

                c) svolgimento all'estero di qualunque altra missione gli venga affidata dal Governo, nell'ambito dei fini e dei princìpi di cui alla presente legge, per la protezione della difesa esterna e della sicurezza interna della Repubblica, per la tutela e la promozione degli altri interessi nazionali e per la sicurezza dei cittadini italiani e di quelli per cui lo Stato si assuma la protezione e dei loro beni.

        4. Ai fini di cui al presente articolo, il SIGEN espleta tutti i conseguenti compiti di informazione e di controinformazione, antisabotaggio, antiterrorismo ed in generale di tutela della sicurezza interna.

 

 

Art. 6.

(Dipendenza, ordinamento e organizzazione del SIGEN).

        1. Salve le competenze stabilite dall'articolo 1, il SIGEN dipende dal Ministro della difesa.

        2. L'ordinamento del SIGEN è stabilito con regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere del COMIS e del Comitato parlamentare di cui all'articolo 23, al quale devono essere comunicate eventuali clausole segrete che possano comportare particolari misure organizzative nella struttura del Servizio.

        3. L'organizzazione del SIGEN è stabilita dal Ministro della difesa, previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri.

        4. Il Direttore generale del SIGEN è nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica, emanato su proposta del Ministro della difesa, di intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro dell'interno.

        5. I reparti e gli uffici addetti alla informazione, alla sicurezza e all'analisi della situazione esistenti presso le Forze armate o i Corpi armati dello Stato hanno compiti di carattere esclusivamente tecnico-militare e di polizia militare limitatamente nell'ambito dei singoli Corpi o Forze armate. Essi agiscono in stretto collegamento con il SIGEN.

 

 

Art. 7.

(Forze operative speciali).

        1. Per lo svolgimento di missioni operative fuori del territorio nazionale, necessarie per l'espletamento dei suoi compiti e l'esercizio delle sue funzioni, e che richiedano l'utilizzazione di supporti o di tecniche, metodologie o mezzi di carattere militare o paramilitare, presso il SIGEN è istituito, alle sue dipendenze funzionali e per l'impiego diretto da parte di esso, un gruppo unità speciali, costituito da personale e mezzi tratti dalle Forze armate e dalle Forze di polizia.

        2. L'ordinamento del gruppo unità speciali è approvato con le procedure previste dall'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

        3. L'organizzazione del gruppo unità speciali è stabilita dal Direttore generale del SIGEN, di intesa con il Capo di Stato maggiore della difesa e con i Capi delle Forze di polizia che forniscono mezzi e personale, previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con i Ministri competenti.

        4. Le modalità d'impiego del gruppo unità speciali sono stabilite dal Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro della difesa, sentito il COMIS.

 

 

Art. 8.

(Istituzione e compiti del Servizio per la sicurezza nazionale).

        1. E' istituito il Servizio per la sicurezza nazionale (SERSIN), che ha il compito di ricercare e prevenire, sul territorio nazionale, le attività ispirate, promosse e sostenute da potenze straniere che costituiscono una minaccia alla sicurezza del Paese. A tale fine, il SERSIN svolge compiti che si ricollegano alla difesa nazionale.

        2. Per assolvere ai compiti indicati al comma 1, nell'ambito delle direttive impartite dal Governo, il SERSIN è incaricato di:

                a) raccogliere e gestire tutte le informazioni che si riferiscono alle attività di cui al comma 1, che sono ad esso trasmesse, senza indugio, da parte dei servizi che concorrono alla sicurezza del Paese;

                b) partecipare alla realizzazione degli interventi per la sicurezza dei punti sensibili e dei settori strategici dell'attività nazionale, nonché alla protezione dei segreti della difesa;

                c) assicurare i collegamenti necessari con gli altri servizi od organi cooperanti.

        3. Il SERSIN provvede, altresì, all'espletamento dei seguenti compiti:

                a) raccolta, coordinamento, analisi, interpretazione, valutazione e diffusione di ogni informazione relativa alla tutela, entro il territorio nazionale, della sicurezza interna della Repubblica ed alla protezione degli interessi politici, economici, scientifici ed industriali nazionali, contro le minacce e le azioni offensive di soggetti esteri, di organizzazioni eversive nazionali ed, in particolare, alla difesa dell'ordinamento costituzionale democratico, contro ogni azione volta a mutarlo in forme illegali o a sovvertirlo con metodi violenti o con attività politiche o finanziarie illegittime o altrimenti pericolose;

                b) individuazione, controllo, contrasto e neutralizzazione, entro il territorio nazionale, delle azioni offensive e delle minacce alla difesa esterna ed alla sicurezza interna della Repubblica, all'ordinamento costituzionale democratico e agli altri interessi nazionali, di cui alla lettera a);

                c) svolgimento di qualunque altra missione che, entro il territorio nazionale e nell'ambito dei fini e dei princìpi della presente legge, gli sia affidata dal Governo per la tutela degli interessi nazionali.

        4. Al fine di adempiere ai compiti ad esso attribuiti dal presente articolo, il SERSIN esercita entro il territorio nazionale funzioni di informazione, controinformazione, antisovversione, antisabotaggio e antiterrorismo e in generale di tutela della sicurezza interna.

 

 

Art. 9.

(Dipendenza, ordinamento e organizzazione del SERSIN).

        1. Fatte salve le competenze attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri dall'articolo 1, il SERSIN dipende dal Ministro dell'interno.

        2. L'ordinamento del SERSIN è stabilito con regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il parere del COMIS e del Comitato parlamentare di cui all'articolo 23.

        3. L'organizzazione del SERSIN è stabilita dal Ministro dell'interno, previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri.

        4. Il Direttore generale del SERSIN è nominato e revocato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, di intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e il Ministro della difesa.

 

 

Art. 10.

(Competenze generali, collaborazione e coordinamento del SIGEN e del SERSIN).

        1. Il SIGEN espleta i suoi compiti informativi fuori dal territorio nazionale; espleta altresì compiti esclusivamente informativi relativi a situazioni estere nell'ambito dei confini nazionali ed ogni altro compito ad esso attribuito esclusivamente fuori dal territorio nazionale.

        2. Quando ve ne sia la necessità, il SIGEN può svolgere anche attività all'interno del territorio nazionale, sempre in concorso con il SERSIN, previa intesa tra il Ministro della difesa ed il Ministro dell'interno e previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri.

        3. Il SERSIN espleta i suoi compiti entro il territorio nazionale e negli altri luoghi in cui lo Stato italiano esercita la sua giurisdizione.

        4. Quando ve ne sia la necessità, il SERSIN può svolgere anche attività fuori del territorio nazionale, o dei luoghi in cui lo Stato italiano esercita la sua giurisdizione, sempre in concorso con il SIGEN, previa intesa tra il Ministro dell'interno ed il Ministro della difesa e previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri.

        5. In applicazione delle direttive generali del Presidente del Consiglio dei ministri e secondo le istruzioni del Ministro competente o per mandato particolare di essi, i Servizi di cui al presente articolo collaborano con i servizi esteri, in forma sistematica o per singole operazioni.

        6. Al SIGEN ed al SERSIN può essere affidata, altresì, dal Governo la tutela di interessi esteri, quando vi sia un interesse dello Stato.

 

 

Art. 11.

(Attribuzioni del SIGEN e del SERSIN).

        1. Il SIGEN ed il SERSIN non sono servizi di polizia giudiziaria, ed ai rispettivi agenti non sono attribuibili le qualifiche di agenti o di ufficiali di polizia giudiziaria.

        2. Per la tutela dei Servizi di cui al presente articolo, o del loro personale, delle loro infrastrutture e delle loro dotazioni e ogni volta che si renda necessario al fine del migliore espletamento dei loro compiti, ad agenti dei Servizi possono essere conferite dal Ministro dell'interno, e per quanto riguarda il SIGEN su richiesta del Ministro della difesa e previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri, la qualifica e le attribuzioni di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza.

        3. Anche in deroga alle disposizioni vigenti di carattere generale, speciale o eccezionale, gli agenti dei Servizi non hanno l'obbligo di riferire all'autorità giudiziaria, non possono essere chiamati a testimoniare davanti ad essa senza l'autorizzazione del Presidente del Consiglio dei ministri e non possono essere destinatari diretti di ordini od incarichi da parte della stessa autorità giudiziaria.

        4. Gli agenti dei servizi hanno l'obbligo di riferire su fatti che possano costituire reato, tramite i loro superiori, o, semprechè sia necessario, anche ai Direttori generali dei Servizi, che ne informano i Ministri competenti e contemporaneamente il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Segretariato generale.

        5. Il Direttore generale del Segretariato generale ed i Direttori generali dei Servizi hanno l'obbligo di fornire all'autorità giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativi a fatti configurabili come reati. L'adempimento di tale obbligo può essere ritardato quando ciò sia strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali del Segretariato generale e dei Servizi, per determinazione del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta rispettivamente e per quanto riguarda il SERSIN o il SIGEN del Ministro dell'interno o del Ministro della difesa.

        6. Gli agenti dei Servizi possono richiedere informazioni a qualunque persona, ente, società o altri ed invitarli a produrre documenti o altre cose in loro possesso, di cui, con il consenso dell'interessato, possono ottenere la consegna o trarre copia.

        7. Al fine, di cui al comma 6, gli agenti dei Servizi, ai sensi delle vigenti leggi di pubblica sicurezza, possono invitare a comparire davanti ad essi qualunque persona ritengano utile ai fini di una inchiesta e possono disporre l'accompagnamento in caso di mancata comparizione, a mezzo della forza pubblica o dei propri agenti muniti della qualifica di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza ai sensi del comma 2.

        8. Alle persone chiamate a comparire o comunque a collaborare con i Servizi si applicano le disposizioni dell'articolo 1, comma 5.

        9. Gli atti compiuti dagli agenti dei Servizi o da loro collaboratori in relazione ad obiettivi esteri o in territorio nazionale, nell'espletamento dei propri compiti con operazioni disposte ed autorizzate, non sono comunque punibili, qualora possano costituire reato, se non a richiesta del Governo. La richiesta è condizione per lo stesso svolgimento delle indagini preliminari.

        10. Gli agenti dei Servizi portano senza licenza le armi portatili di qualsiasi tipo, nonché il relativo munizionamento e le materie esplodenti di qualsiasi genere necessari per l'espletamento dei propri compiti, secondo le disposizioni interne del Servizio di appartenenza.

        11. Ai soli tini della difesa personale, agli agenti dei Servizi è estesa la facoltà di portare senza licenza le armi elencate all'articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.

 

 

 

 

Art. 12.

(Attribuzioni particolari del SERSIN).

        1. Gli agenti del SERSIN possono procedere alle ispezioni, perquisizioni e sequestri previsti dagli articoli dal 244 al 256 del codice di procedura penale, al solo scopo di trarre da essi altra documentazione o altre forme di conoscenza di fatti di interesse del Servizio, previa autorizzazione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione o del magistrato o dei magistrati dell'ufficio da lui delegati, su richiesta del Direttore generale del Servizio o del funzionario o dei funzionari del Servizio da lui delegati, approvata dal Ministro dell'interno o, in sua assenza, dal Ministro o sottosegretario di Stato delegato ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 4, o dal Ministro degli affari esteri o dal Ministro della difesa, dandone immediata comunicazione al Direttore generale del Segretariato generale.

        2. Con le stesse procedure di cui al comma 1, gli agenti del SERSIN possono procedere alle intercettazioni previste dal codice di procedura penale.

        3. Quando le operazioni di cui al presente articolo siano compiute senza la conoscenza degli interessati, chiunque ne sia informato è vincolato dal segreto di Stato.

        4. Le informazioni raccolte ai sensi del presente articolo non sono mai ammissibili né come prova né come fonte di prova nei procedimenti giudiziari.

        5. Il Ministro dell'interno riferisce trimestralmente al Comitato parlamentare di cui all'articolo 23, e annualmente al Parlamento, in forma non specifica, ma sulla base di categorie e delle motivazioni delle operazioni compiute ai sensi del presente articolo.

 

 

Art. 13.

(Doveri dei Direttori generali del Segretariato generale e dei Servizi).

        1. I Direttori generali del Segretariato generale e dei Servizi dirigono l'ufficio ed i Servizi cui sono rispettivamente preposti e sono responsabili del loro funzionamento e della loro efficienza.

        2. I Direttori generali riferiscono, o danno ai loro dipendenti incarico di riferire, sulla loro attività o di informare nelle materie di loro competenza esclusivamente: il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro competente, nonché, quando vi sia un interesse dello Stato, qualunque altro soggetto cui siano tenuti o autorizzati a riferire o a trasmettere informazioni, per disposizioni generali o per mandato particolare del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente. Essi sono altresì responsabili della conservazione, quale memoria storica, degli ordini impartiti dall'Esecutivo ai propri uffici e servizi.

        3. I Direttori generali devono provvedere ad adottare tutte le misure necessarie:

            a) affinché nessuna informazione sia raccolta o nessuna altra attività sia svolta dal Segretariato generale e dai Servizi, se non in quanto necessarie esclusivamente per l'espletamento dei compiti ad essi affidati ai sensi degli articoli 4, 5, 7, 10, 11, 12, e 14;

            b) affinché nessuna informazione raccolta dal Segretariato generale e dai Servizi sia divulgata o comunicata, se non secondo le procedure determinate dalla legge o dalle direttive generali del Presidente del Consiglio dei ministri ed esclusivamente nell'interesse della difesa e della sicurezza dello Stato o con lo scopo di prevenire o di indagare in ordine a fatti previsti dalla legge come reati;

            c) affinché il Segretariato generale ed i Servizi non svolgano alcuna attività nell'interesse di qualunque movimento o partito politico, organizzazione o associazione sindacale o imprenditoriale o comunità religiosa o altra privata associazione.

        4. I Direttori generali presentano al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Ministri competenti un rapporto annuale sull'attività dell'ufficio o del Servizio cui sono preposti.

 

 

Art. 14.

(Attività speciali dei Servizi).

        Previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno ed il Ministro della difesa possono autorizzare rispettivamente il Direttore generale del SERSIN ed il Direttore generale del SIGEN a disporre, per il migliore espletamento dei compiti affidati o a copertura di essi, l'esercizio da parte di agenti dei Servizi, anche in nome proprio, di attività economiche e finanziarie, sia nella forma di imprese individuali che nella forma di società di qualunque natura, sia all'interno che all'estero. Dell'esercizio di tali attività deve essere data completa informazione al Comitato parlamentare di cui all'articolo 23 che ha il diritto di chiedere e di ottenere informazioni ed ha facoltà di formulare proposte e rilievi.

        2. Con l'autorizzazione rispettivamente del Ministro dell'interno e del Ministro della difesa, i Direttori generali dei Servizi possono disporre che i rispettivi agenti operino in modo occulto e coperto e anche sotto identità diversa da quella reale e che essi vengano muniti della corrispondente documentazione. A tale fine essi possono altresì disporre la produzione, l'approvvigionamento e l'uso di qualunque tipo di documento di riconoscimento, di identificazione e di certificazione, contenete nominativi, dati anagrafici e qualunque altro dato diversi da quelli effettivi.

 

 

Art. 15.

(Servizio speciale di polizia).

        1. Presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno è istituito un servizio speciale di polizia con il compito di collaborare con il SERSIN, nonché con gli organi di polizia militare, esercitando in via preminente e comunque con funzioni di sovrintendenza e direzione le attribuzioni di polizia di sicurezza e di polizia giudiziaria, in materia di difesa esterna e di tutela della sicurezza interna dello Stato, collegate all'attività informativa, controinformativa, di controsovversione, di antisabotaggio e di antiterrorismo dei Servizi.

        2. Nell'espletamento del suo compito e per l'esercizio delle sue attribuzioni il servizio speciale di polizia può avvalersi anche di altri uffici di polizia o di organi nonché di singoli agenti e ufficiali di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, anche dirigendone e coordinandone l'attività nel campo specifico.

        3. Il personale del servizio speciale di polizia è tratto dal personale della carriera di prefettura e dal personale delle Forze di polizia.

        4. L'ordinamento del servizio speciale di polizia è stabilito con regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Comitato parlamentare di cui all'articolo 23.

        5. L'organizzazione del servizio speciale di polizia è stabilita dal Ministro dell'interno, previo parere favorevole del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

Art. 16.

(Rapporti di collaborazione).

        1. I comandi, uffici, servizi, unità e reparti delle Forze armate e delle Forze di polizia sono tenuti a prestare piena collaborazione al Segretariato generale ed ai Servizi per l'espletamento dei compiti loro affidati. Ad essi non può essere mai richiesto di raccogliere informazioni o di compiere operazioni non conformi ai compiti ed alle funzioni ad essi assegnati dalla legge.

        2. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire al Segretariato generale ed ai Servizi le informazioni loro richieste dai Direttori generali competenti, o dagli agenti da loro delegati, anche in deroga al segreto di ufficio ed al segreto di Stato. Qualora i responsabili delle pubbliche amministrazioni cui siano rivolte tali richieste ritengano di non dovere o potere corrispondere ad esse, devono senza indugio sottoporre la questione al Presidente del Consiglio dei ministri, alle cui definitive determinazioni devono successivamente attenersi strettamente.

        3. E' fatto obbligo ai magistrati di riferire al Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Segretariato generale, qualsiasi notizia in loro possesso che riguardi la sicurezza dello Stato.

 

 

Art. 17.

(Altre collaborazioni di carattere logistico con le pubbliche amministrazioni).

        1. Il Segretariato generale ed i Servizi possono, per l'espletamento dei propri compiti e l'esercizio delle loro funzioni, avvalersi, anche in forma riservata, delle infrastrutture e dei mezzi del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno e del Ministero della difesa, previa determinazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati.

 

 

Art. 18.

(Personale dei Servizi e del Segretariato generale).

        1. Il personale dei Servizi e del Segretariato generale con rapporto di impiego è costituito da personale assunto direttamente, anche tra gli appartenenti alle amministrazioni civili, alle Forze armate e alle Forze di polizia, delle quali all'atto dell'assunzione, cessano di far parte, salvo quanto stabilito dal comma 2.

        2. I regolamenti dei Servizi e del Segretariato generale di cui agli articoli 6 e 9 determinano le qualifiche e le mansioni in cui possono essere impiegati i dipendenti delle amministrazioni civili, delle Forze armate e delle Forze di polizia, e quelli fuori ruolo a tempo determinato.

        3. Il personale dei Servizi e del Segretariato generale può essere collocato a riposo in qualunque momento, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro competente, su proposta o sentito il rispettivo Direttore generale.

        4. I servizi possono altresì avvalersi, anche in forma continuativa, di collaboratori esterni.

        5. Lo stato giuridico ed economico e l'ordinamento del personale del Segretariato generale e dei Servizi ed il suo trattamento giuridico ed economico sono determinati, anche in deroga alle leggi ed ai regolamenti generali vigenti, dai rispettivi regolamenti, emanati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa e il Ministro dell'economia e delle finanze.

        6. Non possono appartenere in modo organico o saltuario al Segretariato generale ed ai Servizi, persone che, per comportamenti od azioni eversivi nei confronti delle istituzioni democratiche, non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà ai valori della Costituzione.

 

 

Art. 19.

(Norme finanziarie).

        1. Le spese relative al COMIS, ivi comprese quelle relative al Segretariato generale, ai Comitati esecutivi di cui all'articolo 3 e le spese relative ai Servizi sono iscritte in apposita rubrica, denominata "Spese per l'informazione e la sicurezza dello Stato" nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri determina, d'intesa con i Ministri competenti e con il Ministro dell'economia e delle finanze, e sentiti il Direttore generale del Segretariato generale ed i Direttori generali dei Servizi, l'importo delle somme stanziate ai sensi del comma 1 destinato ai fondi ordinari ed ai fondi riservati.

        3. Il Presidente del Consiglio dei ministri determina, altresì, con le stesse procedure di cui al comma 2 le categorie di spesa alle quali si deve fare fronte esclusivamente con i fondi ordinari.

        4. Con distinto regolamento, emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri interessati e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le disposizioni per l'amministrazione e per la rendicontazione delle spese ordinarie e delle spese riservate, nonché, in particolare, per forme, modi e tempi di documentazione di queste ultime.

        5. Della ripartizione di cui al comma 2 e delle determinazioni di cui al comma 3, il Presidente del Consiglio dei ministri informa il Comitato parlamentare di cui all'articolo 23, che può richiedere informazioni e formulare rilievi e proposte. Al Comitato parlamentare è altresì trasmesso il regolamento di cui al comma 4.

        6. Alla Commissione presidenziale di cui all'articolo 22, costituite nelle forme di cui al secondo periodo del comma 2 del medesimo articolo, il Direttore generale del Segretariato generale ed i Direttori generali dei Servizi riferiscono sulla amministrazione dei fondi ordinari e dei fondi riservati, trimestralmente e con relazione finale annuale. La Commissione presidenziale può avanzare richieste e formulare rilievi e proposte al Direttore generale del Segretariato generale ed ai Direttori generali dei Servizi nonché direttamente al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Ministri competenti e al Ministro dell'economia e delle finanze.

 

 

Art. 20.

(Agenzia governativa delle telecomunicazioni).

        1. Il SIGEN, quale Agenzia governativa delle telecomunicazioni (AGOTELCO), svolge altresì i seguenti compiti ed esercita le seguenti funzioni:

            a) monitoraggio delle intercettazioni ed interpretazione delle trasmissioni di carattere elettrico, radioelettrico ed elettronico o di altra natura, mediante emissioni elettromagnetiche, acustiche o altre o mediante qualsiasi apparecchiatura in grado di produrre tali emissioni, al fine di acquisire e fornire informazioni connesse o derivanti dalle emissioni o dall'uso di tali apparecchiature o da materiale codificato;

            b) fornire assistenza e consulenza relative alla materia linguistica, inclusa la terminologia utilizzata per questioni tecniche, i codici, i cifrari ed in genere la crittografia e le altre questioni connesse alla protezione delle informazioni e dell'altro materiale, al Segretariato generale, alle Forze armate, alle Forze di polizia, al Governo e a qualsiasi altro ente nei modi determinati dal Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro della difesa.

        2. I compiti e le funzioni di cui al comma 1 possono essere esercitati solo:

            a) nell'interesse dello Stato, con particolare riferimento alla difesa militare, alla tutela della sicurezza interna, alla politica estera, alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica nonché alle esigenze economiche, industriali, scientifiche e di ricerca della comunità nazionale;

            b) nell'interesse del benessere economico del Paese, di fronte ad azioni o minacce di persone al di fuori del territorio nazionale;

            c) in supporto ad attività di prevenzione e repressione di reati di particolare gravità ed in generale per la tutela della legalità repubblicana.

        3. L'AGOTELCO è costituita dal centro comunicazioni governativo e da qualsiasi struttura o parte di struttura delle Forze armate o delle Forze di polizia alle quali il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno ed il Ministro della difesa ritengano di rivolgersi per chiedere di fornire assistenza al suddetto centro nell'espletamento delle specifiche attività di competenza.

        4. Il Direttore generale del SIGEN è responsabile dell'attività dell'AGOTELCO. E' suo dovere assicurarsi che:

            a) siano emanate disposizioni che prevedano che l'AGOTELCO acquisisca solo le informazioni necessarie nell'esercizio delle proprie funzioni e che non ne le divulghi, ad eccezione delle informazioni utili allo svolgimento dei propri compiti o ad indagini di carattere giudiziario;

            b) che l'AGOTELCO non assuma iniziative a favore di interessi di un qualsiasi movimento o partito politico, organizzazione o associazione sindacale o imprenditoriale o comunità religiosa o altra privata associazione.

 

 

Art. 21.

(Organizzazione nazionale per la sicurezza e disciplina del segreto di Stato).

        1. L'Organizzazione nazionale per la sicurezza (ORGANSIC) ha per scopo, anche in applicazione degli accordi internazionali, la tutela del segreto, sia sotto il profilo della protezione dei documenti, dei materiali o dei processi scientifici e industriali e di ogni altra informazione che, secondo i vari gradi di classificazione, debba essere tutelata per mezzo del segreto, contro la diffusione o comunque contro la conoscenza non autorizzata, sia sotto il profilo della sicurezza personale.

        2. Il Presidente del Consiglio dei ministri presiede l'ORGANSIC; emana le direttive per la sua organizzazione ed in particolare per la tutela del segreto; controlla l'applicazione delle direttive stesse e dei regolamenti di cui al comma 4.

        3. L'ORGANSIC comprende:

            a) l'Autorità nazionale per la sicurezza che è il Direttore generale del Segretariato generale;

            b) l'Ufficio centrale per la sicurezza, che è un ufficio del Segretariato generale e gli altri uffici costituiti sotto la sua sovrintendenza funzionale presso le amministrazioni pubbliche e, quando necessari, anche presso enti privati, che esercitino attività di interesse dello Stato.

        4. L'ordinamento dell'ORGANSIC e la disciplina delle sue attività sono stabiliti con uno o più regolamenti emanati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, della difesa, delle attività produttive e per l'innovazione e le tecnologie.

        5. Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato. In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale.

        6. Di ogni caso di conferma dell'opposizione del segreto di Stato ai sensi dell'articolo 202 del codice di procedura penale il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto a dare comunicazione, indicandone con sintetica motivazione le ragioni essenziali, al Comitato parlamentare di cui all'articolo 23. Il Comitato parlamentare, qualora ritenga a maggioranza assoluta dei suoi componenti infondata la opposizione del segreto, ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni politiche.

        7. Il Presidente del Consiglio dei ministri dà comunicazione alle Camere, con la relativa motivazione, di ogni caso di opposizione del segreto di Stato ai sensi del comma 6 del presente articolo e del comma 6 dell'articolo 23.

 

 

Art. 22.

(Commissione presidenziale per i Servizi di informazione e sicurezza).

        1. E' istituita la Commissione presidenziale per i Servizi di informazione e sicurezza, di seguito denominata "Commissione presidenziale" con il compito di investigare sui reclami da chiunque presentati contro l'attività del Segretariato generale e dei Servizi per non giustificato esercizio, nei confronti di qualunque persona, associazione, ente o società, delle attribuzioni a essi conferite.

        2. La Commissione presidenziale è costituita da un presidente e da quattro membri scelti tra magistrati a riposo che abbiano esercitato effettivamente almeno le funzioni di Presidente di sezione della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato o della Corte dei conti, o tra gli avvocati abilitati da almeno quindici anni al patrocinio davanti alla Corte di cassazione, che abbiano cessato o cessino dall'esercizio della professione. Per lo svolgimento dei compiti di controllo finanziario, amministrativo e contabile essa è integrata da altri due membri, scelti tra dirigenti generali a riposo della Ragioneria generale dello Stato, del Dipartimento del tesoro - Ministero dell'economia e delle finanze e della Banca d'Italia.

        3. Il presidente ed i membri della Commissione presidenziale sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.

        4. Il presidente ed i membri della Commissione presidenziale durano in carica tre anni.

        5. Qualora la Commissione presidenziale ritenga che il reclamo non sia manifestamente pretestuoso o infondato, dispone una inchiesta. Il Segretariato generale ed i Servizi devono collaborare con la Commissione presidenziale e fornire ad essa qualunque informazione richiesta.

        6. La Commissione presidenziale riferisce con apposita relazione al Presidente della Repubblica ed al Presidente del Consiglio dei ministri sui risultati delle inchieste svolte, anche proponendo l'adozione di misure generali e specifiche.

        7. Le norme per l'attività della Commissione presidenziale sono emanate, sentita la Commissione stessa, con regolamento deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ed emanato con decreto del Presidente della Repubblica.

 

 

Art. 23.

(Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per la tutela del segreto di Stato).

        1. E' istituito il Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per la tutela del segreto di Stato, di seguito denominato "Comitato".

        2. Il Comitato è costituito da un presidente scelto tra i deputati ed i senatori e da cinque deputati e cinque senatori, nominati, di intesa tra di loro, dai Presidenti delle due Camere. E' fatto divieto di conferma consecutiva dei membri del Comitato.

        3. Il Comitato:

            a) esercita il controllo sull'attuazione della presente legge;

            b) è informato dal Presidente del Consiglio dei ministri sugli indirizzi delle politiche di informazione e sicurezza e sulla loro attuazione;

            c) esprime parere preventivo sulla emanazione dei regolamenti per l'ordinamento del Segretariato generale, dei Servizi e degli enti collegati;

            d) esprime parere preventivo sull'assegnazione dei fondi e sui risultati generali della loro rendicontazione;

            e) è informato sui risultati delle inchieste disposte dalla Commissione presidenziale e sulle misure eventualmente adottate dal Governo;

            f) è informato delle misure adottate dai Servizi ai sensi dell'articolo 12 e con le modalità prevista dal comma 5 del medesimo articolo.

        4. Il Comitato può richiedere informazioni e chiarimenti e formulare proposte.

        5. Il Comitato può chiedere di ascoltare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro o sottosegretario di Stato delegato, nonché, attraverso di essi e sempre con la loro autorizzazione, i Direttori generali del Segretariato generale e dei Servizi.

        6. Il Presidente del Consiglio dei ministri può opporre con sommaria motivazione, esponendone le ragioni essenziali, l'esigenza di tutela del segreto di Stato, in ordine alle informazioni che a suo giudizio esulano dai compiti di cui al comma 3.

          7. Il segreto di Stato non è opponibile per gli atti regolamentari e per quelli soggetti al controllo della Corte dei conti.

        8. Nel caso di cui al comma 6, il Comitato, ove ritenga, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, che l'opposizione del segreto di Stato non sia fondata, rivolge un secondo invito al Presidente del Consiglio dei ministri e, in caso di conferma del diniego, riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni di ordine politico.

        9. I componenti del Comitato sono vincolati al segreto di Stato relativamente alle informazioni acquisite, nonché alle proposte ed ai rilievi formulati qualora riguardino materie tutelate dal segreto di Stato.

        10. Gli atti del Comitato, anche se non riguardano materie coperte dal segreto di Stato, devono essere ritenuti di natura riservata e tutelati dal segreto di ufficio, salvo che il Comitato stesso non disponga motivatamente altrimenti, a maggioranza dei voti di due terzi dei suoi componenti, tra i quali deve essere sempre compreso il voto del presidente del Comitato stesso.

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2435

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

BIELLI, ADDUCE, ALBONETTI, AMICI, BANDOLI, BATTAGLIA, BELLILLO, BELLINI, BENVENUTO, BERTINOTTI, BOATO, BORRELLI, BOVA, BUFFO, BULGARELLI, CABRAS, CARLI, CENTO, CHIANALE, CHIAROMONTE, CIALENTE, COLUCCINI, ARMANDO COSSUTTA, MAURA COSSUTTA, CRISCI, CRUCIANELLI, DAMERI, DE BRASI, DE LUCA, TITTI DE SIMONE, DEIANA, DI SERIO D'ANTONA, DILIBERTO, DUCA, FINOCCHIARO, FLUVI, GAMBINI, GIACCO, ALFONSO GIANNI, GIORDANO, GRANDI, GRIGNAFFINI, GRILLINI, GUERZONI, LEONI, LUCIDI, LULLI, LUMIA, MANCINI, MANTOVANI, MANZINI, MARAN, MARONE, MASCIA, MAURANDI, MAZZARELLO, MINNITI, MONTECCHI, MOTTA, MUSSI, NESI, NIGRA, OLIVERIO, OTTONE, PANATTONI, PENNACCHI, PETRELLA, PIGLIONICA, PINOTTI, PISA, PISAPIA, PISTONE, POLLASTRINI, REALACCI, RIZZO, ROTUNDO, RUGGHIA, RUSSO SPENA, RUTELLI, SANDI, SANDRI, SASSO, SCIACCA, SEDIOLI, SERENI, SGOBIO, SPINI, TOCCI, TOLOTTI, TRUPIA, TURCO, VALPIANA, VENDOLA, VERTONE, VIANELLO, VIGNI, ZANI, ZANOTTI, ZUNINO

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Disposizioni concernenti la non opponibilità del segreto di Stato nel corso di procedimenti penali relativi a delitti di strage e di terrorismo

 

Presentata il 27 Febbraio 2002

 


Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge intende attribuire alla magistratura la pienezza dei suoi poteri di indagine, di accertamento e di decisione nei processi penali concernenti i fatti criminosi maggiormente pericolosi per l'ordine democratico.

        I servizi di sicurezza, istituiti e regolati dalla legge n. 801 del 1977, sono organi che hanno il dovere di riferire non all'autorità giudiziaria ma a quella governativa.

        L'articolo 12 di tale legge, al primo comma, stabilisce poi che "Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato".

        Il secondo comma stabilisce, però, che "In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale".

        Unico effettivo responsabile, per legge, della gestione del segreto politico è il Presidente del Consiglio dei ministri. E' una responsabilità politica di fronte al Parlamento, molto carica di discrezionalità in quanto i confini del segreto di Stato sono ovviamente affidati alla valutazione, appunto, della massima autorità politica di governo; ed è una valutazione non ancorata a princìpi geometrici, ma alle contingenze, alle situazioni concrete, al contesto volta a volta diverso: per cui lo stesso fatto può talvolta apparire dannoso, se diffuso, e tal'altra innocuo; talvolta eversivo, tal'altra non eversivo.

        Questa discrezionalità politica, prerogativa del vertice del potere esecutivo, irriducibile in precisi schemi giuridici definitori, è connaturata alla materia del segreto politico, all'istituto stesso del "segreto politico".

        L'esperienza vissuta dal nostro Paese, da sempre, e con particolare frequenza negli ultimi decenni, ha però dimostrato che la prerogativa governativa nella gestione politica del segreto di Stato è entrata in conflitto con l'esercizio della funzione giurisdizionale in una serie di casi processuali originati da gravissimi delitti politici: casi, per lo più, tuttora irrisolti, e la mancata soluzione dei quali viene addebitata anche alla opposizione del segreto di Stato (o del suo equivalente nominale, antecedentemente alla legge n. 801 del 1977) di fronte alle richieste dell'autorità giudiziaria procedente.

        La proposta di legge che presentiamo muove dalla necessità che il segreto di Stato non venga mai opposto alla magistratura, in nessuna fase del processo e in nessuna forma, quando si tratti dei reati compresi nelle due categorie indicate nell'articolo 1 che la compone.

        La premessa logica di questo assunto e della proposta di legge è assolutamente semplice. I delitti in ordine ai quali sarà inopponibile alla magistratura il segreto di Stato, appartengono tutti alla categoria dei "fatti eversivi dell'ordine costituzionale": quei fatti che, secondo la legge vigente, non possono essere oggetto di segreto.

        Riteniamo, infatti, che non vi sia ormai possibilità di dubbio sulla capacità di ognuno dei delitti cui si riferisce la proposta di legge di costituire potenziale eversione del sistema democratico. Accanto ai "classici" delitti di strage, questa connotazione compete anche ai delitti di terrorismo: all'uno ed all'altro il legislatore ha dedicato in questi ultimi tempi reiterata e preoccupata attenzione, imposta appunto dalla loro specifica pericolosità politica.

        Nessuno degli interessi alla cui tutela è predisposto il segreto di Stato è superiore all'interesse che la giustizia proceda e che si raggiunga il massimo possibile di verità nelle indagini e nei processi relativi a questi reati; anzi, la potenzialità eversiva di essi fa sì che gli stessi interessi ai quali si riferisce il segreto di Stato ottengano la massima garanzia di tutela non dalla opposizione, ma - al contrario - dalla non opposizione del segreto alla magistratura.

        Nella situazione considerata, diventa dunque inammissibile la legittimità di un filtro politico preventivo affidato al Presidente del Consiglio dei ministri: il segreto coprirebbe fatti (inerenti ai delitti considerati dalla proposta di legge) che per definizione sono eversivi dell'ordine costituzionale.

        Con la proposta di legge si vuole eliminare radicalmente anche ogni questione concernente la valutazione della pertinenza processuale delle notizie, dei documenti, eccetera, richiesti dall'autorità giudiziaria procedente.

        Vi sono state, infatti, occasioni in cui il segreto politico è stato opposto perchè il suo depositario ha ritenuto la irrilevanza, ai fini di giustizia, dell'oggetto richiesto dall'autorità giudiziaria. E, nel difendere in tali casi l'opposizione del segreto, si è anche adoperato l'argomento che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge n. 801 del 1977 sul funzionamento e l'operato dei servizi di sicurezza, e così pure la responsabilizzazione politica, al riguardo, del Presidente del Consiglio dei ministri, costituiscono sufficiente garanzia che quanto viene taciuto all'autorità giudiziaria è sicuramente estraneo e indifferente alla ricerca processuale della verità.

        Questo argomento non può essere condiviso, e non solo perché indimenticate esperienze dimostrano, al contrario, che esiste sempre la possibilità di sottrarre alla giustizia, con l'opposizione del segreto, elementi di grande rilievo processuale. Va tenuto presente, infatti, che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge vigente funzionano pur sempre in un circuito "chiuso", controllato dall'autorità politica suprema nella migliore delle ipotesi, ma controllato - nella peggiore, non irreale ipotesi - dagli organi preposti ai servizi di sicurezza, i quali possono sottrarsi, di fatto, al controllo effettivo dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri: con la conseguenza, dunque, che i meccanismi di controllo rischiano di girare a vuoto, in tutto o in parte, perché le informazioni in base alle quali vengono giustificate la irrilevanza processuale di quanto richiede l'autorità giudiziaria e la conseguente opposizione del segreto, possono essere carenti, incomplete e deformate. Neppure il Comitato parlamentare contemplato dalla legge ha la possibilità di correggere, in relazione al caso concreto, l'eventuale vizio del circuito alla cui generale sorveglianza esso è preposto.

        Vi è poi un'ulteriore ragione. Anche nella migliore delle ipotesi, anche a ritenere cioè che nessuna disfunzione, o un fatto più grave, sia intervenuta, non si comprende come il Presidente del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale ed il Comitato parlamentare siano in grado di farsi e di esprimere una fondata opinione circa la rilevanza o l'irrilevanza processuale di un segmento d'indagine che essi non possono che esaminare isolatamente dal contesto complessivo, il quale è conosciuto soltanto dall'autorità giudiziaria procedente. A quest'ultima, dunque, e non ad altri organi o autorità, spetta di valutare ciò che serve e ciò che non serve ai fini di giustizia. Attribuire ad altri tale giudizio significa sovrapporre l'incompetenza alla competenza.

        Infine, la difesa delle prerogative della giustizia affidate alla sola autorità giudiziaria è imposta da una ragione d'indole ancora superiore al livello tecnico; una regione, questa sì, suprema.

        Nei procedimenti penali relativi ai fatti che la stessa legislazione riconosce come i più pericolosi per il sistema democratico, e che troppo spesso hanno causato enormi lutti e determinato gravissime tensioni politiche, non è tollerabile che lo Stato si divida in due: da una parte la giustizia che con estrema fatica cerca la verità, dall'altra il Governo che anche solo sembri nasconderla. E' intollerabile, infatti, anche il mero sospetto che mentre sulla scena la giustizia brancola nel buio, vi sia dietro le quinte un avversario parimenti istituzionale che la verità conosce ed impedisce legalmente di renderla nota.

        Infine, va sottolineato che la proposta di legge precisa come il segreto di Stato, nella materia in oggetto, non possa essere opposto "in alcuna forma": con ciò si fa riferimento, oltre alle norme della procedura penale in tema di sequestro e di esame testimoniali, anche ad ogni altro strumento processuale il cui uso possa implicare, comunque, la necessità di accedere agli "atti", ai "documenti", alle "notizie", alle "attività" e ad "ogni altra cosa" che secondo il citato articolo 12 della legge n. 801 del 1977 sono coperti dal segreto di Stato (e seguiteranno ad esserlo per tutto quanto non è considerato nella proposta di legge).


 

 


 


PROPOSTA DI LEGGE

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Art. 1.

        1. Dopo l'articolo 15 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

        "Art. 15-bis. 1. Il segreto di Stato non può essere opposto in alcuna forma nel corso di procedimenti penali relativi:

            a) ai reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico;

            b) ai delitti di strage previsti dagli articoli 285 e 422 del codice penale".

 

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2726

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

SINISCALCHI, MACCANICO, BOATO, ANNUNZIATA, CARBONI, MANCINI, CENTO

 

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Norme in materia di tutela del segreto di Stato nel processo penale

 

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Presentata il 9 Maggio 2002

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Onorevoli Colleghi! - Come è noto, il sistema di protezione della sicurezza democratica del nostro Paese trova il suo paradigma più avanzato ed al tempo stesso più discusso nella disciplina afferente il segreto di Stato.

        All'interno del processo penale la disciplina relativa alla tutela del "segreto" in oggetto si caratterizza essenzialmente per la specifica previsione di un divieto probatorio contrassegnato dalla singolare procedura di garanzia che investe la diretta responsabilità della massima carica dell'esecutivo.

        Sulla scorta delle elaborazioni dottrinali e dei dibattiti di natura giuridica e politica che hanno investito negli ultimi anni l'intero assetto normativo afferente la disciplina del segreto di Stato, si è ritenuta indispensabile la predisposizione di correttivi idonei a risolvere problematiche sempre aperte ed a colmare evidenti lacune.

        Il legislatore ha inteso disciplinare il "segreto di Stato", e la sua conseguente opponibilità nel processo penale, attraverso l'articolo 13 della legge n. 801 del 1977 nonché attraverso l'articolo 202 del vigente codice di procedura penale.

        Il limite invalicabile individuato dal legislatore alla opponibilità del suddetto segreto è rappresentato dalla esclusione dall'ambito operativo della speciale "riservatezza", per fatti, notizie e documenti che concernono reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale (articolo 12 della legge n. 801 del 1977).

        Tale scelta appare condivisibile alla luce del corretto bilanciamento dei valori costituzionali in gioco, operato dal legislatore anche nella formulazione delle norme contenute nel codice di procedura penale. Se da una parte infatti, il segreto di Stato è finalizzato a garantire il valore prioritario della sicurezza democratica, dall'altra non trova ragion d'essere allorché si presenti la necessità di procedere contro reati che mettano in pericolo proprio la stessa sicurezza della Repubblica. Così, laddove venga opposto il segreto nel corso di un processo finalizzato ad accertare l'eventuale commissione di reati eversivi, alla luce del richiamato "bilanciamento" il giudice dovrà preliminarmente valutare la natura del reato.

        Valutate la natura del reato e la pertinenza del patrimonio di notizie al tema di prova, dovrà decidere se accogliere o rigettare l'eccezione di segretezza.

        La chiara formulazione del citato articolo 204 del codice di procedura penale, infatti, oltre ad escludere perentoriamente i reati di eversione dell'ordinamento costituzionale dalla garanzia del segreto di Stato (articoli 201, 202 e 203), e riconoscere al giudice il potere di definire la configurazione giuridica del reato (e la pertinenza della prova), ai fini della eventuale richiesta di operatività del segreto, prevede, in caso di rigetto di tale ultima eccezione, la comunicazione del provvedimento di rigetto al Presidente del Consiglio dei ministri.

        Tuttavia, se da una parte è fin troppo chiara la disposizione contenuta nelle citate norme del codice di procedura penale in relazione alla non opponibilità del segreto di Stato nelle ipotesi di reati eversivi, dall'altra, nelle corrispondenti norme di attuazione, l'impostazione metodologica del legislatore (il richiamato bilanciamento) registra un completo ribaltamento.

        Invero, l'articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo n. 271 del 1989, disattendendo la portata normativa cristallizzata dall'articolo 204 del codice di procedura penale, riconduce il richiamato procedimento incidentale nella piena discrezionalità del Presidente del Consiglio dei ministri anche nelle ipotesi in cui il procedimento penale sia finalizzato all'accertamento di reati di eversione contro l'ordinamento costituzionale.

        La disposizione prevista dalle norme di attuazione consente, così, al Presidente del Consiglio dei ministri una valutazione squisitamente giurisdizionale, relativa alla pertinenza probatoria di una notizia o di un documento in relazione al "fatto" per cui si procede.

        Non è più il giudice a dover operare la completa verifica in ordine alla eccezione proposta, come previsto dall'articolo 204 del codice di procedura penale, ma è, al contrario, il responsabile massimo dell'esecutivo a dover autonomamente valutare e provvedere.

        L'articolo 66 delle citate norme di attuazione del codice di procedura penale, prevede, infatti, che a seguito del richiamato provvedimento di rigetto della eccezione (articolo 204 del codice di procedura penale) "il Presidente del Consiglio dei Ministri conferma il segreto se ritiene che non ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 dello stesso articolo perché il fatto, la notizia o il documento coperto da segreto di Stato non concerne il reato per cui si procede".

        Sul punto, appaiono evidenti la singolarità e l'anomalia della norma di attuazione che espressamente sottrae al sindacato del giudice una valutazione propria del suo potere e della sua specifica funzione.

        Alla luce di tale rilievo, si è ritenuto di procedere alla rivisitazione del contenuto normativo dell'articolo 66 delle norme di attuazione, proponendo una soluzione maggiormente in linea con il richiamato bilanciamento del valori costituzionali in gioco e con una più marcata attenzione per le corrette attribuzioni tra poteri dello Stato.

        Con la presente proposta di legge si prevede espressamente la possibilità per il Presidente del Consiglio dei ministri, in caso di rigetto dell'opposizione del segreto di Stato nel corso del procedimento penale, di sollevare conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale.

        E' questa una soluzione che, pur garantendo la correttezza della azione eventualmente proposta dall'Esecutivo, non presta il fianco a contaminazioni disinvolte tra poteri dello Stato nonché ad inevitabili ingerenze nella prerogative tipiche della funzione giurisdizionale.

        Così, se al Presidente del Consiglio dei ministri è riconosciuto il potere di valutare ed individuare i mezzi ritenuti idonei a tutelare la sicurezza della Repubblica, al giudice spetta, in via esclusiva, il potere di verificare la configurazione giuridica dei reati ed il procedimento probatorio.

        Sempre con la presente proposta di legge si è ritenuto di affrontare e di risolvere un'altra questione aperta, che si inserisce in una carenza ordinamentale che, anche di recente, ha formato oggetto di ampio dibattito dottrinale e politico.

        La carenza individuata è rappresentata dalla assenza di un riferimento a limiti temporali di operatività del segreto di Stato. Si avverte unanimemente, infatti, la necessità di prevedere un espresso limite temporale alla disciplina del segreto, che possa consentire, per ragioni di certezza e di legittimo desiderio di conoscenza ed apprendimento, di fare piena luce sulle più significative e delicate vicende che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese.

        Peraltro, l'introduzione del suddetto limite temporale potrebbe spiegare effetti positivi sul piano di un più completo accertamento processuale. Infatti, si potrebbe dichiarare utilizzabile materiale documentale che, non essendo più pericoloso ai fini della sicurezza democratica, può rivelarsi utile per un pieno accertamento nell'ambito di determinate vicende giudiziarie.

        Per tale ragione si è ritenuto di perimetrare l'ambito temporale di operatività del segreto fissando il limite di quindici anni dal fatto.

        Viene tuttavia riconosciuta al Presidente del Consiglio dei ministri la facoltà di disporre una proroga o una anticipazione del termine stesso.

        Nell'ambito del suo potere discrezionale, al capo dell'esecutivo è riconosciuta da una parte la facoltà di prorogare il termine indicato, nella ipotesi in cui si registri la persistenza dei motivi che resero necessaria la segretazione, dall'altra, la facoltà di disporre l'anticipazione del predetto termine, nel caso in cui vengano meno le sottostanti esigenze di sicurezza.


 


 


PROPOSTA DI LEGGE

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Art. 1.

        1. All'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

        "Il segreto di Stato cessa decorsi quindici anni dalla sua apposizione o opposizione ai sensi degli articoli 202 o 256 del codice di procedura penale. Il termine può essere prorogato dal Presidente del Consiglio dei ministri con decreto motivato se ritiene ancora attuali le condizioni che hanno determinato l'apposizione o l'opposizione del segreto di Stato.

        Il Presidente del Consiglio dei ministri può stabilire la cessazione del segreto di Stato con decreto motivato anche prima della scadenza del termine di cui al terzo comma.

        La cessazione del segreto di Stato è comunicata all'autorità giudiziaria presso la quale il segreto è stato opposto e confermato ai sensi degli articoli 202 o 256 del codice di procedura penale".

 

 

Art. 2.

        1. L'articolo 66 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è sostituito dal seguente:

        "Art. 66. - (Procedimento di esclusione del segreto). - 1. Quando perviene la comunicazione prevista dall'articolo 204, comma 2, del codice, il Presidente del Consiglio dei ministri, se ritiene sussistenti le condizioni per confermare l'opposizione del segreto di Stato rigettata con provvedimento del giudice, solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale.

            2. Qualora il conflitto sia risolto in favore del Presidente del Consiglio dei ministri con l'annullamento del provvedimento di rigetto dell'opposizione del segreto di Stato, si applica il disposto dell'articolo 202, comma 3, del codice".

 

 

 

 


N. 4656

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

BRICOLO

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Modifica all'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, in materia di composizione del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato

 

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Presentata il 29 gennaio 2004

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Onorevoli Colleghi! - In questi ultimi anni stiamo assistendo all'acuirsi del fenomeno del terrorismo che si presenta sempre più articolato, ben organizzato e caratterizzato da una elevata potenzialità dirompente soprattutto a causa dell'espansione del raggio d'azione su scala internazionale; basti pensare ai recenti attentati messi in atto da organizzazioni terroristiche di matrice integralista islamica collegate ad Al Qaeda ed al suo progetto universalista i cui effetti hanno avuto ripercussioni di notevole importanza politica in tutto il mondo.

Tutto ciò ovviamente ha richiesto una presa di posizione ferma da parte degli Stati occidentali coinvolti in questo nuovo scenario di guerra ed un conseguente potenziamento della collaborazione tra le attività di intelligence volta a contrastare questo fenomeno sviluppando una rete che agisca a livello globale.

Sul fronte interno stiamo assistendo ad una repentina fiammata del terrorismo anarco-insurrezionalista, la cui potenza di fuoco e forza distruttrice non va certamente trascurata e ad una rinascita della già purtroppo nota sigla delle BR (Brigate rosse per la costruzione del partito comunista combattente).

In relazione a quanto detto è ovvio che i servizi di informazione e sicurezza anche nel nostro Paese, in questa particolare fase storica, ricoprono un ruolo determinante e particolarmente delicato quale garanzia per gli equilibri politici interni ed internazionali.

Il Parlamento, quindi, ancor più di prima è chiamato ad esercitare un controllo attento sull'operato dei servizi di informazione e sicurezza accertando che tutto si svolga nel rispetto delle finalità istituzionali ad essi attribuite.

Al fine, quindi, di assicurare una maggiore trasparenza democratica sull'attività di verifica esercitata dal Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato istituito dall'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è necessario rivedere la sua attuale composizione.

Il Comitato è oggi composto da quattro deputati e da quattro senatori nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento sulla base del criterio di proporzionalità.

Considerato, inoltre, che gli atti del Comitato sono coperti dal segreto d'ufficio si ritiene di fondamentale importanza in relazione a quanto già detto che venga assicurata, fatto salvo il rispetto del criterio di proporzionalità, la presenza all'interno dello stesso Comitato di almeno un rappresentante per ciascun partito politico o movimento presente come gruppo in entrambi i rami del Parlamento.

Il testo della presente proposta di legge è composto di un unico articolo, con il quale si modifica il secondo comma dell'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

In conclusione, si auspica una rapida approvazione della presente proposta di legge, vista la necessità e l'urgenza di restituire al Parlamento in tutta la sua pluralità il controllo sulle informazioni che riguardano la sicurezza del nostro Paese, in relazione soprattutto al pericolo del terrorismo internazionale.

 

 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

        1. Il secondo comma dell'articolo 11 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è sostituito dal seguente:

        "Un Comitato parlamentare, composto in modo tale da assicurare la presenza di almeno un rappresentante per ciascun partito o movimento politico costituito in gruppo in entrambi i rami del Parlamento, esercita il controllo sull'applicazione dei princìpi stabiliti dalla presente legge. I membri del Comitato sono nominati, su indicazione dei gruppi parlamentari, dai Presidenti delle Camere sulla base del criterio di proporzionalità".

 

 

 

Art. 2.

 

        1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


Esame in sede referente

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di giovedì 22 aprile 2004

 

 


SEDE REFERENTE

 

Giovedì 22 aprile 2004. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione, Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.30.

 

Ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato.

C. 123 Bielli, C. 203 Cima, C. 1694 Ramponi, C. 1699 Mattarella, C. 1947 Trantino, C. 2021 Pisapia, 2064 Ascierto, C. 2435 Bielli, C. 2726 Siniscalchi, C. 3951 Governo, approvato dal Senato e C. 4656 Bricolo.

(Esame e rinvio).

 

La Commissione inizia l'esame.

Donato BRUNO, presidente e relatore, fa presente che il disegno di legge C. 3951, di cui la I Commissione avvia l'esame nella odierna seduta, trae origine da un lungo e approfondito lavoro istruttorio che si è svolto sia in ambito governativo, sia in sede parlamentare. La presentazione al Senato del disegno di legge governativo è stata infatti preceduta dall'approvazione da parte del Comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza di linee guida per la riforma, che sono state sostanzialmente condivise dal Comitato parlamentare di controllo, nella relazione «Sulle ipotesi di riforma concernenti le funzioni e la struttura dei servizi di informazione e sicurezza», approvata il 13 dicembre 2001. I principi informatori di questi documenti sono stati in larga parte recepiti dal disegno di legge del Governo, approvato dal Consiglio dei ministri il 3 maggio 2002, e presentato al Senato il successivo 19 giugno. L'esame in sede referente del disegno di legge è stato svolto presso quel ramo del Parlamento dalle Commissioni riunite 1a Affari costituzionali e 4a Difesa, che hanno esaminato  congiuntamente altri otto progetti di legge di iniziativa parlamentare. Le Commissioni riunite hanno apportato numerose modifiche al testo iniziale del provvedimento, approvando anche rilevanti emendamenti presentanti da rappresentanti dei gruppi di opposizione. Ulteriori correzioni sono state quindi apportate nel corso dell'esame presso l'Assemblea. Il disegno di legge che perviene all'esame della Commissione, composto da 16 articoli, introduce alcune modifiche alla legge n. 801 del 1977, allo scopo di conferire alle strutture di informazione e sicurezza maggiore efficienza e funzionalità. Il disegno di legge conferma il ruolo del Presidente del Consiglio, che ha la responsabilità politica della conduzione dei servizi, riorganizza le funzioni degli organismi di coordinamento e attribuisce nuovi compiti di rilievo al Comitato parlamentare di controllo. Altri elementi di rilievo della riforma sono rappresentati dalla introduzione di una speciale causa di giustificazione per il personale dei servizi che ponga in essere condotte costituenti reato nell'ambito di operazioni legittimamente autorizzate, nonché dalla revisione della disciplina del segreto si Stato. In particolare, l'articolo 1, sostituendo il secondo comma dell'articolo 2 della legge n. 801 del 1977, interviene sulla composizione e sulle funzioni del Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Comitato è chiamato a coadiuvare il Presidente del Consiglio nell'analisi, individuazione ed elaborazione strategica degli indirizzi generali e degli obiettivi prioritari da perseguire. L'articolo 2 interviene sull'articolo 3 della legge n. 801 del 1977, che istituisce e disciplina il Comitato esecutivo per i servizi di informazione e di sicurezza (CESIS), ridefinendone le relative attribuzioni. Il comma 2 precisa che la segreteria generale del CESIS è istituita alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio ed è affidata ad un dirigente di prima fascia o equiparato dell'amministrazione dello Stato; il successivo comma 3 rimette l'organizzazione interna e l'articolazione delle funzioni della segreteria generale e del CESIS medesimo a un futuro D.P.C.M., da adottare sentito il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza. L'articolo 3 integra la legge n. 801 del 1977 con un nuovo articolo (il 3-bis), il quale disciplina l'Ufficio centrale per la sicurezza (UCSi), collocandolo presso la segreteria generale del CESIS e finalizzato alla cura delle attività concernenti il segreto di Stato e la tutela dei documenti, atti o cose classificati. Esso è dotato di autonomia funzionale, organica, logistica e finanziaria; il suo direttore risponde direttamente al Presidente del Consiglio e può esercitare, per delega di quest'ultimo, funzioni proprie dell'Autorità nazionale per la sicurezza. L'articolo 4 persegue invece la finalità di incanalare entro criteri e procedure oggettive la facoltà dei Servizi, prevista dall'articolo 7 della legge n. 801 del 1977, di reclutare personale esterno alle amministrazioni statali. L'articolo 5 prevede e regola l'acquisizione di informazioni da parte dei Servizi di informazione e sicurezza presso le pubbliche amministrazioni e gli enti erogatori di servizi pubblici e stabilisce che essa possa aver luogo anche in deroga al segreto d'ufficio, non su semplice richiesta dei servizi, ma su disposizione del Presidente del Consiglio, e previo controllo parlamentare. L'articolo 6 dispone invece in tema di garanzie funzionali. Ed inserisce nove nuovi articoli (dal 10-bis al 10-decies) dopo l'articolo 10 della legge n. 801 del 1977. In particolare, il nuovo articolo 10-bis configura l'applicazione di una causa di giustificazione speciale - fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale - applicabile al personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza che pone in essere condotte costituenti reato, di volta in volta legittimamente autorizzate in quanto indispensabili per il raggiungimento delle finalità istituzionali dei Servizi. Vengono comunque individuati i beni la cui tutela penale deve prevalere rispetto alla possibilità di opporre la speciale causa di giustificazione, ed è previsto l'integrale indennizzo dei terzi danneggiati. La causa di giustificazione è inapplicabile in ogni caso in  presenza di reati diretti all'eversione dell'ordinamento costituzionale, mentre, quanto al suo ambito soggettivo di applicazione, la speciale causa di giustificazione opera anche a favore delle persone non addette agli organismi informativi, se ufficialmente richieste di svolgere le attività autorizzate previste dalla legge. Il nuovo articolo 10-ter precisa poi le circostanze che consentono l'operare della speciale causa di giustificazione di cui al precedente articolo. È richiesto, in particolare, che il personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza compia attività costituenti reato nell'esercizio o a causa dei suoi compiti istituzionali, predisponendo o eseguendo operazioni autorizzate e, comunque, adeguatamente documentate secondo le norme organizzative degli stessi Servizi e che tali attività siano poste in essere a seguito di una valutazione di proporzionalità. L'articolo 10-quater definisce invece la procedura di autorizzazione delle attività costituenti reato di cui all'articolo 10-bis, procedura che coinvolge direttamente il Presidente del Consiglio dei ministri, mentre il successivo articolo 10-decies stabilisce che il Presidente del Consiglio è coadiuvato in tale funzione da un apposito Comitato di garanzia. Qualora la condotta costituente reato sia stata posta in essere in assenza di autorizzazione ovvero oltre i limiti di questa, il Presidente del Consiglio o il ministro competente, anche su segnalazione del direttore del Servizio interessato, adottano le necessarie misure ed informano l'autorità giudiziaria. L'articolo 10-quinquies configura alcune ipotesi di reato e, in particolare, stabilisce che viene punito con la reclusione da cinque a quindici anni, il personale addetto ai Servizi per le informazioni e la sicurezza che utilizzi i mezzi, le strutture, le informazioni di cui dispone o al cui accesso è agevolato in ragione del suo ufficio o dei suoi compiti, o che eserciti i poteri che gli sono stati conferiti, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o mettere in pericolo, attraverso la commissione di atti illeciti o di reati, gli stessi interessi alla cui tutela sono deputati i Servizi. La stessa pena si applica qualora la fattispecie criminosa sia realizzata da persona che, pur non addetta ai servizi per le informazioni e la sicurezza è stata da questi legittimamente incaricata di svolgere attività per loro conto. La pena è aumentata di un terzo qualora il numero delle persone che concorrono nel reato sia superiore a cinque. L'articolo 10-sexies detta, ai primi cinque commi, le norme procedurali necessarie a far valere l'esistenza della speciale causa di giustificazione sopra descritta, qualora il procedimento penale sia già avviato. In particolare, esso stabilisce che, qualora siano comunque iniziate indagini preliminari per uno dei fatti di cui all'articolo 10-bis, autorizzati ai sensi degli articoli 10-ter e 10-quater, viene attribuito al direttore del Servizio il potere di opporre all'autorità giudiziaria che procede la esistenza dell'autorizzazione. In tal caso, il procuratore della Repubblica sospende immediatamente le indagini, ovvero il giudice procedente sospende immediatamente il giudizio, richiedendo al Presidente del Consiglio dei ministri di dare conferma dell'esistenza dell'autorizzazione. Ove quest'ultimo ne confermi l'esistenza, ne dà comunicazione entro sessanta giorni all'autorità procedente, nonché al Comitato parlamentare di controllo nella relazione al Parlamento. Se la conferma non interviene nel termine indicato essa si intende negata e l'autorità giudiziaria procederà secondo le regole ordinarie. A seguito della conferma il procuratore della Repubblica, se ritiene che ricorra la speciale causa di giustificazione di cui all'articolo 10-bis interrompe le indagini e il giudice, a seconda dei casi, pronuncerà sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione. Nel caso in cui, diversamente, siano stati commessi reati per i quali risulti inapplicabile la speciale causa di giustificazione o la condotta non risulti conforme a quella autorizzata, l'autorità giudiziaria dispone la prosecuzione del procedimento e informa immediatamente il Presidente del Consiglio dei ministri. Il sindacato giurisdizionale può avere ad oggetto sia l'applicabilità della causa di giustificazione ai reati per i  quali si procede, sia la conformità della condotta effettivamente tenuta rispetto a quella autorizzata; ma non può estendersi sino a valutare la legittimità dell'autorizzazione medesima. Ai sensi del comma 6 dell'articolo 10-sexies, infatti, quando l'autorità giudiziaria ritiene che l'autorizzazione sia stata rilasciata dal Presidente del Consiglio dei ministri fuori dei casi consentiti o in assenza dei presupposti previsti dalla legge, essa solleva conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato dinanzi alla Corte costituzionale. L'articolo 10-septies rende possibile, dietro autorizzazione del Presidente del Consiglio e comunicazione al ministro competente, ai fini del miglior espletamento dei compiti affidati o a copertura di essi, l'uso di documenti di identificazione recanti dati non rispondenti al vero, o l'utilizzazione temporanea di documenti e certificati di copertura per lo svolgimento di specifiche operazioni. L'articolo 10-octies consente, per le stesse finalità indicate all'articolo precedente, l'esercizio di attività economiche sia in Italia, sia all'estero. La relativa autorizzazione è data, anche in questo caso, dal Presidente del Consiglio dei ministri previa comunicazione al ministro competente e parere del CESIS. L'articolo 10-nonies dispone alcune cautele da adottare nel procedimento penale qualora, nel corso dello stesso, debbano essere assunte le dichiarazioni di una persona appartenente ai Servizi per le informazioni e la sicurezza. L'articolo 10-decies istituisce, infine, presso la segreteria generale del CESIS, un Comitato di garanzia, composto da tre membri aventi particolari requisisti, con il compito di coadiuvare il Presidente del Consiglio nell'esercizio del potere di autorizzazione di cui al precedente articolo 10-quater. L'attività del Comitato ha natura tecnico-istruttoria e si concentra sulla valutazione dell'esistenza dei presupposti di cui all'articolo 10-ter per il rilascio dell'autorizzazione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri. È esclusa ogni forma di rapporto o responsabilità del Comitato nei confronti del Parlamento. L'articolo 7 novella invece l'articolo 11 della legge 801/1977, soprattutto con riferimento al contenuto delle informazioni che il Comitato parlamentare, nell'ambito della sua attività di controllo sull'applicazione della legge, può richiedere al Governo e, in particolare, al Comitato interministeriale e al Presidente del Consiglio dei ministri. L'articolo 8 sostituisce il vigente articolo 12 della legge n. 801 del 1977 con quattro nuovi articoli (articoli da 12 a 12-quater) in materia di segreto di Stato. In particolare, tra le finalità di tale disciplina viene prevista anche la tutela degli interessi pubblici di rilievo strategico per l'economia del Paese. L'articolo 12-bis prevede, tra l'altro, che l'opponibilità del segreto di Stato sia indipendente dall'effettiva previa attribuzione della classifica di segretezza e pone un limite alla durata del vincolo, pari a quindici anni dalla data di annotazione ovvero dalla sua effettiva opposizione, mentre dopo il decorso di quaranta anni si provvede alla declassifica e al versamento all'archivio di Stato degli atti e i documenti classificati, salvo deroga che può essere disposta dal Presidente del Consiglio e non può comunque superare i dieci anni. L'articolo 12-ter affida al Presidente del Consiglio il compito di valutare l'opposizione del segreto di Stato nel corso di un procedimento penale e, a tal fine, individua una serie di parametri che devono orientarne la scelta, richiamando in proposito gli articoli 202 e 256 del codice di procedura penale. L'acquisizione di documenti da parte dell'autorità giudiziaria presso i Servizi per le informazioni e la sicurezza è disciplinata dall'articolo 12-quater, che dispone che l'autorità giudiziaria presenti una formale richiesta, contenente l'indicazione del materiale che intende acquisire, potendo quindi espletare l'attività di acquisizione avvalendosi della polizia giudiziaria. Laddove la documentazione esibita all'autorità giudiziaria appaia diversa o incompleta rispetto alle richieste della stessa, questa può disporre con decreto motivato la perquisizione locale, ed eventualmente il sequestro, informandone il  Presidente del Consiglio dei ministri. Il comma 8 del medesimo articolo attribuisce inoltre al Presidente del Consiglio il potere di ottenere dall'autorità giudiziaria copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, derogando espressamente all'obbligo del segreto che copre gli atti delle indagini preliminari. Infine, sempre in riferimento ad esigenze del Presidente del Consiglio connesse alle sue funzioni, l'autorità giudiziaria può autorizzare il Presidente del Consiglio dei ministri ad accedere al registro delle notizie di reato. L'articolo 9 prevede che il CESIS, il SISMI e il SISDE possano, per l'adempimento delle loro funzioni istituzionali, richiedere la collaborazione delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti erogatori di servizi di pubblica utilità e tale attività, che deve essere disciplinate da un D.P.C.M., può comprendere l'accesso ad archivi informatici e l'acquisizione di informazioni. L'eventuale diniego alla richiesta di collaborazione dovrà essere comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri, alle cui determinazioni le amministrazioni o i soggetti interessati dovranno comunque attenersi. Gli articoli 10 e 11 contengono invece disposizioni a carattere penale, inasprendo le pene per i reati di criminalità informatica quando gli stessi siano commessi in danno degli archivi di CESIS, SISMI e SISDE o al fine di procurarsi informazioni coperte da segreto di Stato (articolo 10) e introducendo due diversi delitti: l'accesso illegittimo nei locali degli archivi di CESIS, SISMI e SISDE e la manomissione o riproduzione di atti conservati negli archivi di CESIS, SISMI e SISDE (articolo 11). L'articolo 12 interviene in materia di coordinamento tra le attività del SISMI e del SISDE, disponendo che ciascun Servizio richieda la collaborazione dell'altro per le attività che oltrepassano il rispettivo ambito di competenza e metta al corrente il CESIS dell'operazione in corso. I compiti di raccordo e direzione unitaria delle operazioni per le quali sia necessaria la collaborazione tra SISMI e SISDE sono attribuiti al segretario generale del CESIS. L'articolo 13 novella alcuni articoli del codice di procedura penale in materia di segreto di Stato. In particolare, all'articolo 202, si prevede, quale rimedio all'opposizione del segreto di Stato, che l'autorità giudiziaria procedente ritenga ingiustificata o immotivata, il conflitto di attribuzione dinanzi la Corte costituzionale, mentre all'articolo 204 si esclude che il segreto di Stato possa essere utilizzato per coprire attività condotte in violazione della disciplina della speciale causa di giustificazione introdotta dall'articolo 6 del testo in esame di tale disciplina e che la classifica di segretezza possa costituire ragion sufficiente per l'opposizione del segreto di Stato. Sempre con riferimento al codice di procedura penale, si propone di aggiungere un comma 3-bis all'articolo 327-bis, ai sensi del quale nello svolgimento delle investigazioni difensive è sempre opponibile all'avvocato difensore la speciale causa di giustificazione per il personale dei Servizi per le informazioni e la sicurezza. Gli articoli 14, 15 e 16 recano disposizioni aventi sostanzialmente finalità di coordinamento, rese necessarie dalla sopravvenuta riforma del codice di procedura penale. Fa quindi presente che, oltre al disegno di legge trasmesso dal Senato, risultano assegnate alla I Commissione dieci proposte di legge in materia, tutte di iniziativa parlamentare, diverse tra loro per ampiezza e contenuto. Solo tre di esse, le proposte di legge 1694 Ramponi, 1699 Mattarella e Minniti e 2064 Ascierto, infatti, mirano a riordinare nei suoi vari aspetti il sistema dei servizi di informazione e sicurezza, sostituendo integralmente la disciplina oggi recata dalla legge n. 801 del 1977. Altre cinque, le proposte di legge 123 Bielli, 1947 Trantino ed altri, 2021 Pisapia ed altri, 2435 Bielli ed altri e 2726 Siniscalchi ed altri, si concentrano invece sulla materia del segreto di Stato, mentre le due restanti C. 203 Cima e C. 4656 Bricolo si limitano a prevedere una diversa composizione del Comitato parlamentare di controllo previsto dall'articolo 11 della legge n. 801 del 1977. In particolare, tratto distintivo  della proposta di legge 1694, a prima firma Ramponi, è la scelta di configurare l'intelligence come attività distinta da quella di tutela della sicurezza, benché ad essa funzionalmente collegata. Gli aspetti principali della proposta sono la riconduzione in capo al Consiglio dei ministri delle attribuzioni del Comitato ministeriale per le informazioni e la sicurezza, l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del Dipartimento dell'informazione per la sicurezza dello Stato, posto sotto la responsabilità di un apposito Sottosegretario di Stato e, infine, dal punto di vista operativo, l'istituzione di due Servizi (SII e SIE), competenti rispettivamente per le attività informative all'interno ed all'esterno del territorio nazionale e titolari di poteri ispettivi, di intercettazione e sequestro dietro autorizzazione di un apposito collegio di tre magistrati, costituito nell'ambito della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione. È infine prevista la creazione di un apposito organismo, denominato Organizzazione nazionale per la sicurezza, che presiede alla tutela del segreto di Stato sotto la direzione del Presidente del Consiglio dei ministri e del Comitato parlamentare per il controllo dei servizi di informazione per la sicurezza, la presidenza del quale è riservata all'opposizione. La proposta di legge. 1699 Mattarella e Minniti riprende invece i contenuti del disegno di legge presentato dal Governo nella passata legislatura e si compone di 31 articoli raggruppati in quattro titoli, rispettivamente dedicati all'Ordinamento del sistema delle informazioni per la sicurezza, alle Garanzie funzionali ed altre disposizioni speciali, alla Tutela del segreto ed a Disposizioni finali. Tra gli elementi più innovativi del disegno di legge, si possono menzionare il rafforzamento del ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri; l'attribuzione al Comitato interministeriale delle informazioni per la sicurezza (CIS) di poteri più incisivi; la ridefinizione dei poteri di controllo del Comitato parlamentare delle informazioni per la sicurezza; la sostituzione del CESIS con il Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza (DIGIS), e la costituzione al suo interno, con l'obiettivo di assicurare all'autorità di Governo l'effettiva direzione e coordinamento dell'attività degli organismi informativi; di un Comitato tecnico esecutivo (CTE). Sono quindi previste la decadenza dalla carica dei vertici del DIGIS e dei Servizi, nominati dal Presidente del Consiglio su designazione del CIS, in occasione della formazione di un nuovo Governo e l'istituzione dell'Agenzia delle informazioni per la sicurezza esterna (AISE) e dell'Agenzia delle informazioni per la sicurezza interna (AISI), l'una operante all'estero e l'altra in patria, in luogo, rispettivamente, del SISMI e del SISDE; le quali rispondono direttamente all'Autorità delegata o al Presidente del Consiglio, secondo gli indirizzi dettati dal CIS. È infine introdotta una dettagliata disciplina delle garanzie funzionali, con la previsione di una specifica nuova causa di non punibilità e l'indicazione tassativa delle condotte autorizzabili. La proposta di legge 2064 Ascierto affida la responsabilità politica e l'alta direzione delle politiche per l'informazione e la sicurezza al Presidente del Consiglio dei ministri, istituisce presso la Presidenza del Consiglio un comitato interministeriale, denominato Comitato nazionale per le informazioni e la sicurezza, e un Segretariato generale, comprendente due Comitati esecutivi, rispettivamente per le informazioni (COMINF) e per la sicurezza (COMSIC). L'attività di intelligence è svolta da due Servizi, il Servizio per le informazioni generali (SIGEN), il cui Direttore generale dipende direttamente dal ministro della difesa; e il Servizio per la sicurezza nazionale (SERSIN), dipendente dal ministro dell'interno, rispettivamente operanti, in prevalenza, all'estero e nel territorio nazionale, e operativamente coordinati. La tutela del segreto di Stato forma invece oggetto delle competenze dell'Organizzazione nazionale per la sicurezza (ORGANSIC), presieduta dal Presidente del Consiglio, mentre una Commissione presidenziale  per i Servizi di informazione e sicurezza ha il compito di investigare sui reclami da chiunque presentati contro l'attività del Segretariato generale e dei Servizi. È infine istituito e regolato il Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per la tutela del segreto di Stato. Alla disciplina ordinamentale e processuale del segreto di Stato sono invece interamente dedicate le cinque proposte di legge: 123 Bielli, 1947 Trantino ed altri, 2021 Pisapia ed altri, 2435 Bielli ed altri, 2726 Siniscalchi ed altri, nonché il titolo III, agli articoli da 24 a 27 del già illustrato progetto di legge 1699 Mattarella e Minniti. Quasi tutte le proposte citate estendono la non opponibilità del segreto di Stato, oggi prevista per i fatti eversivi dell'ordine costituzionale, ai delitti di strage previsti dagli articoli 285 e 422 del codice penale. Le proposte di legge 2021 e 2435 escludono anche i reati commessi per finalità di terrorismo, mentre la proposta 1947 reca un più esteso elenco di reati, comprendente tra gli altri l'associazione di tipo mafioso, le associazioni segrete e quelle finalizzate al traffico di stupefacenti, il traffico illegale di armi, di persone a scopo di prostituzione o di minori a rischio di atti di pedofilia, nonché alcune categorie di delitti commessi con abuso dei poteri inerenti ai Servizi. Le proposte di legge 123 e 2021 dispongono che la conferma dell'opposizione del segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio dei ministri debba aver luogo con atto motivato, mentre i progetti di legge 1699 e 2726 prevedono il ricorso al conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, in caso di persistente difformità di valutazione tra Presidente del Consiglio ed autorità giudiziaria procedente in ordine all'opponibilità del segreto di Stato. Le proposte. 1947 e 2021 intervengono infine sugli obblighi di informazione al Parlamento, per il tramite del Comitato parlamentare di controllo, mentre alcuni tra i progetti di legge fissano termini di durata massima del segreto di Stato, compresi tra i dieci e i trenta anni. Da ultimo, le proposte di legge 203 (Cima) e 4656 (Bricolo) intervengono invece sulla composizione del Comitato parlamentare di controllo e sostituiscono il secondo comma dell'articolo 11 della legge n. 801 del 1977, che affida il controllo sull'applicazione dei princìpi recati dalla legge medesima a un Comitato composto da quattro deputati e quattro senatori, nominati dai Presidenti delle due Camere sulla base del criterio di proporzionalità. Entrambe le proposte integrano, infine, la composizione del Comitato parlamentare al fine di consentire la presenza in esso almeno di un rappresentante per ciascuno dei gruppi presenti nei due rami del Parlamento. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.10.


 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di giovedì 29 aprile 2004

 


SEDE REFERENTE

Giovedì 29 aprile 2004. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione, Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.50.

 

Ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato.

C. 123 Bielli, C. 203 Cima, C. 1694 Ramponi, C. 1699 Mattarella, C. 1947 Trantino, C. 2021 Pisapia, 2064 Ascierto, C. 2435 Bielli, C. 2726 Siniscalchi, C. 3951 Governo, approvato dal Senato e C. 4656 Bricolo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 aprile 2004.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), nel preannunciare che svolgerà un intervento approfondito nel merito del provvedimento nel corso della prossima settimana, soprattutto con riferimento alla questione delle così dette «garanzie funzionali», già affrontata in un'audizione dell'allora Ministro della funzione pubblica Franco Frattini, tenutasi all'inizio della legislatura. Propone quindi al Presidente della Commissione, relatore sul provvedimento in esame, di svolgere un approfondimento attraverso lo svolgimento delle audizioni del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega in materia di servizi di informazione e sicurezza, nonché dei vertici del SISMI, del SISDE e del CESIS.

Donato BRUNO, presidente e relatore, fa presente che la richiesta testè avanzata potrà essere approfondita in sede di Ufficio di Presidenza. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.55.


 

 

 


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(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di martedì 25 maggio 2004

 

 


SEDE REFERENTE

 

Martedì 25 maggio 2004 - Presidenza del presidente Donato BRUNO.

La seduta comincia alle 14.15.

 

Ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato.

C. 123 Bielli, C. 203 Cima, C. 1694 Ramponi, C. 1699 Mattarella, C. 1947 Trantino, C. 2021 Pisapia, 2064 Ascierto, C. 2435 Bielli, C. 2726 Siniscalchi, C. 3951 Governo, approvato dal Senato e C. 4656 Bricolo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 29 aprile 2004.

Donato BRUNO, presidente, prende atto che, dopo lo svolgimento della relazione nessun deputato ha chiesto di intervenire sul provvedimento in titolo. Invita pertanto i rappresentanti dei gruppi a chiarire in che termini debba essere proseguito l'esame referente, tenuto conto che il progetto di legge è iscritto nel programma dei lavori dell'Assemblea per il mese di giugno. A tale proposito, onde consentire alla Commissione il compimento di un'istruttoria approfondita sul provvedimento, i gruppi potrebbero valutare l'opportunità di proporre, in sede di programmazione dei lavori dell'Assemblea, il differimento dell'inizio dell'esame al mese di luglio. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.40


 

 

 


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(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di martedì 22 giugno 2004

 

 


SEDE REFERENTE

Martedì 22 giugno 2004. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per i rapporti con il Parlamento, Cosimo Ventucci, per le riforme istituzionali e la devoluzione, Aldo Brancher e per l'interno, Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 13.45.

Ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato.

C. 123 Bielli, C. 203 Cima, C. 1694 Ramponi, C. 1699 Mattarella, C. 1947 Trantino, C. 2021 Pisapia, 2064 Ascierto, C. 2435 Bielli, C. 2726 Siniscalchi, C. 3951 Governo, approvato dal Senato e C. 4656 Bricolo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 25 maggio 2004.

Marco MINNITI (DS-U), nel ricordare che sono ormai trascorsi poco meno di tre anni da quando, su iniziativa del Governo, il Parlamento ha avviato l'esame di progetti di riforma alla legge 801 del 1977, fa presente che quest'ultima, per quanto sia stata di proficua applicazione, si rivela ormai datata. Nel lasso di tempo intercorso successivamente alla sua adozione, si sono verificati eventi di tale portata, da consentire l'individuazione di talune fondamentali scansioni temporali. Mentre, infatti, nel periodo antecedente il 1989, era pensabile che l'intelligence potesse operare nell'ambito della NATO, successivamente a tale anno e con il crollo dei regimi comuninisti nei paesi dell'Est europeo, sono emersi nuovi problemi di carattere strategico e l'intelligence si è vista attribuire via via compiti nuovi. In particolare, è emersa la necessità, per ciascuna intelligence nazionale di acquisire autonomamente credibilità ed informazioni, atteso che, tra l'altro, si assiste ad una certa competizione tra Stati, ancorché alleati, nella raccolta di informazioni, di tal ché, appartenenza al medesimo blocco di alleanze e competizione in questo ambito, non appaiono più fenomeni inconciliabili. A far data dall'11 settembre 2001 è emersa una nuova minaccia globale del terrorismo, che impone a tutti i paesi di aggiornare le modalità di risposta al fenomeno. In particolare, a fronte del fallimento della risposta militare al terrorismo, sembra non dilazionabile la necessità di procedere ad un'opera di riforma dell'intelligence, tale da potenziarne la capacità di acquisizione di informazioni, che non faccia al contempo venir meno la garanzia di democraticità. La necessità di dare nuovo slancio all'operato dell'intelligence a livello internazionale, sorge tuttavia in un momento in cui, in particolare quella statunitense, ha commesso errori tali, a partire dall'incapacità di prevenire gli attentati dell'11 settembre, alle errate previsioni in ordine alla presenza di armi chimiche in Iraq, all'erronea connessione rinvenuta tra Al Qaeda e regime iracheno, che il suo operato è stato sottoposto al giudizio crritico del Congresso. Tuttavia, a prescindere dagli errori commessi, fa presente che, attesa la notevole influenza che intelligence e informazione esercitano sui governi, si rende urgente una riforma tale da rendere la prima efficiente e democratica, a presidio della stessa democraticità dell'assetto politico del paese. In particolare, deve ritenersi smentito l'assioma in base al quale il nesso tra sicurezza e libertà opererebbe nel senso che all'aumentare dell'una seguirebbe il diminuire dell'altra e viceversa, quasi da configurare un ineliminabile scambio tra i due principi. Così come deve essere smentita la contrapposizione tra sicurezza interna ed esterna, attesa la crescente interconnessione tra i due aspetti. Sembra pertanto opportuno, anche alla luce del rilievo per cui, ad una centrale globale di terrorismo sembra opportuno rispondere mediante una centrale globale anti-terrorismo, rilanciare una cooperazione rafforzata a livello europeo. Tale necessità sembra peraltro essere stata ribadita con forza con l'adozione della Costituzione europea, atteso che le politiche di sicurezza e difesa comuni presuppongono altresì una forte cooperazione delle intelligence nazionali. Sembra quindi opportuno, nell'ambito della riforma oggi in discussione, non smarrire una visione d'insieme, atteso che essa si colloca nell'ambito del più generale assetto della sicurezza nazionale. Inoltre, sembra necessario abbandonare la prospettiva, mai confessata, ma di fatto sempre praticata, per la quale, nel nostro paese, per garantire la tenuta degli equilibri democratici, si è preferito avere servizi segreti inefficienti purché non deviati,  essendo perfettamente possibile conciliare l'efficienza del sistema con la sua affidabilità democratica.

Nel merito ritiene necessario individuare un unico centro di responsabilità politica dell'intelligence, tale da garantirne efficienza, efficacia, azione univoca e di ampio respiro. Tale centro sembra doversi rinvenire nel Presidente del Consiglio dei ministri, o a Ministro da questi delegato. Al Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza dovrebbe essere affidato un ruolo di guida, che consenta di superare l'attuale pluralkità dei referenti ministeriali, che rende difficoltosa una gestione univoca dei servizi. Il Comitato dovrebbe inoltre avere una composizione ristretta, che veda la partecipazione, a fianco al Presidente del Consiglio, dei Ministri degli affari esteri, della difesa e dell'interno, al fine di assicurare a tale organo al contempo agilità nelle decisioni e completezza di istruttoria. Quanto al profilo delle funzioni dei servizi, ritiene necessario che esse siano chiaramente distinte in base al criterio territoriale dell'ambito interno o estero di azione, che ritiene preferibile, ovvero per competenze, purché ciò avvenga nel quadro di una forte cooperazione, da garantire mediante una valorizzazione del ruolo del CESIS. Tutto ciò, a suo avviso, non si riscontra nel testo approvato dal Senato che, a discapito dei principi prima richiamati, investe di eccessive competenze ed autonomia l'UCSI, finendo, nei fatti, per configurarlo come un nuovo servizio. A suo avviso, inoltre, l'efficienza nello svolgimento delle funzioni di informazione e sicurezza, presuppone altresì l'individuazione di una serie di garanzie funzionali in capo a chi svolge tali funzioni, le quali, tuttavia, devono trovare una chiara e precisa identificazione, al fine di conferire a agli organi a ciò preposti i necessari poteri e le necessarie garanzie, senza però svilirne trasparenza e controllabilità di operato. Parallelamente, si rende necessario un rafforzamento del ruolo svolto dal Comitato parlamentare di controllo, cui dovrebbe aggiungersi una maggiore rapidità decisionale e conferendogli, al contempo, poteri efficaci e garanzie di impermeabilità. Il ruolo di quest'ultimo andrebbe definito garantendo le peculiarità delle funzioni da esso svolte rispetto alle Commissioni parlamentari, affidandone la presidenza alle opposizioni e consentendo che esso si configuri quale luogo di incontro tra maggioranza e opposizione sulle questioni relative alla sicurezza nazionale. Ciò in omaggio al principio di democraticità e alla necessità che in sede parlamentare si configuri la massima condivisione sulle tematiche dell'informazione e della sicurezza nazionale. Per tali ragioni si avverte l'urgenza di una riforma e l'esigenza che essa sia di carattere globale, atteso, tra l'altro, che essa oggi non si configura più come reazione di emergenza agli attentati dell'11 settembre. Auspica, infine, che su questa riforma, la quale, per essere efficace, anche a fronte delle attuali minacce esterne, non può essere connotata in termini di contingenza, possa crearsi un'ampia convergenza, analoga a quella che ha consentito l'approvazione della legge 801 del 1977.

Donato BRUNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


 

 


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(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di giovedì 1° luglio 2004

 

 


SEDE REFERENTE

Giovedì 1o luglio 2004. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'interno, Alfredo Mantovano.

La seduta comincia alle 14.25.

 

Ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato.

C. 123 Bielli, C. 203 Cima, C. 1694 Ramponi, C. 1699 Mattarella, C. 1947 Trantino, C. 2021 Pisapia, 2064 Ascierto, C. 2435 Bielli, C. 2726 Siniscalchi, C. 3951 Governo, approvato dal Senato e C. 4656 Bricolo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 22 giugno 2004.

Donato BRUNO, presidente e relatore, preannuncia l'intenzione di proporre all'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, di procedere ad una serie di audizioni nell'ambito dell'esame preliminare.

Graziella MASCIA (RC), convenendo con la proposta del presidente, si riserva di indicare alcuni nominativi di soggetti da audire in sede di Ufficio di Presidenza.

Donato BRUNO, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 


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(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di mercoledì 7 luglio 2004

 

 


SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 7 luglio 2004. - Presidenza del presidente Donato BRUNO. - Interviene il sottosegretario di Stato per le riforme e la devoluzione, Aldo Brancher.

La seduta comincia alle 14.05.

Ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato.

C. 123 Bielli, C. 203 Cima, C. 1694 Ramponi, C. 1699 Mattarella, C. 1947 Trantino, C. 2021 Pisapia, 2064 Ascierto, C. 2435 Bielli, C. 2726 Siniscalchi, C. 3951 Governo, approvato dal Senato e C. 4656 Bricolo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 1o luglio 2004.

Enzo BIANCO (MARGH-U), fa presente che svolgerà un intervento nella sua duplice veste di membro della Commissione affari costituzionali e di Presidente del Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato e che, pertanto, dapprima esporrà l'orientamento del Comitato che rappresenta, e, quindi, esprimerà il proprio. Ricorda che, a seguito dell'11 settembre del 2001, il paese è stato chiamato ad affrontare un nuovo scenario, dominato dal terrorismo internazionale, e ad adeguare a quest'ultimo il funzionamento e l'organizzazione dei servizi per le informazioni e la sicurezza. Per quanto l'urgenza della riforma sia stata già avvertita nella scorsa legislatura, nel corso della quale il Parlamento ha esaminato una serie di progetti di legge in materia, l'11 settembre ha fatto emergere una nuova tipologia di rischio, di carattere non congiunturale, rispetto alla quale è difficile applicare le categorie concettuali cui è ispirato l'ordinamento dei servizi di sicurezza, e basata sulla distinzione tra rischio interno e rischio esterno. Il terrorismo è un fenomeno destinato a protrarsi nel tempo e che è stato considerato la nuova  forma di guerra del XXI secolo, che colpisce principalmente le popolazioni civili, e che nasce da uno scontro interno al mondo islamico, ma fatalmente destinata a coinvolgere l'occidente. Per tali ragioni è sorta la necessità di dotare la nostra intelligence di strumenti più efficienti per contrastare il rischio del terrorismo. L'attuale ordinamento, imperniato sulla legge n. 801 del 1977, appare infatti datato, essendo superato dal nuovo contesto internazionale. Il disegno di legge all'esame della Commissione, approvato in prima lettura dal Senato, tiene peraltro conto di molte delle valutazioni contenute nella relazione approvata all'unanimità dal Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. Nel merito, la principale alternativa astrattamente configurabile, ove si proceda ad una riforma, si pone sull'opportunità di mutare o meno l'attuale sistema binario dei servizi. Attualmente, essi sono articolati in due strutture, l'una, dipendente dal Ministro della difesa, il SISMI, l'altra, il SISDE, dal Ministro dell'interno, collegate da un organo di coordinamento, il CESIS incardinato nella Presidenza del Consiglio, alla quale è affidata la responsabilità politica generale in materia di intelligence. Nonostante molti siano favorevoli al superamento del predetto sistema binario, prevalse, già nella scorsa legislatura, l'idea di mantenere l'attuale configurazione, da ridelineare, tuttavia, al fine di specificare adeguatamente le funzioni dei singoli organi e di superare l'attuale spreco di risorse e di energie, dovuto essenzialmente alla duplicazione di funzioni. Il sistema può poi essere strutturato accogliendo criteri di carattere funzionale o geografico. Tale ultima soluzione è stata ritenuta preferibile dal Comitato, per quanto i caratteri che ha assunto il terrorismo internazionale, tali da rendere più labile il confine tra rischio interno e rischio esterno, potrebbero renderla meno efficace. Altre problematiche coinvolte dalla riforma, attengono al profilo delle garanzie funzionali attribuite agli operatori dei servizi che, nell'ambito della propria attività professionale, sono costretti a violare disposizioni di legge. In passato, a causa di gravi episodi e di violazioni di legge perpetuate da operatori dei servizi, si è dovuto fare appello all'istituto del segreto di Stato al fine di prevenire conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato. Atteso che tale istituto è preordinato alla garanzia di altri beni giuridici, sembrerebbe preferibile meglio definire le fattispecie nelle quali esso è invocabile e, al tempo stesso, meglio individuare le fattispecie rispetto alle quali si configura la garanzia funzionale, piuttosto che introdurre clausole generali. Il disegno di legge all'esame della Commissione, in materia di garanzie funzionali, segue una via in parte condivisibile, atteso che disciplina in modo più garantista la procedura di autorizzazione delle attività costituenti reato, rafforzando, in proposito, la responsabilità dello stesso Presidente del Consiglio, mentre sembrerebbe necessitare di un ripensamento la composizione del Comitato di garanzia, preposto a coadiuvare in questa funzione il Presidente del Consiglio. Anche alla luce degli spiacevoli episodi verificatisi nella storia del nostro Paese, sembrerebbe infatti più opportuno prevedere che il Comitato di garanzia sia composto non da magistrati a riposo, bensì da alti funzionari dello Stato. Ciò al fine di evitare una commistione tra attività dei servizi segreti e magistratura. Fondamentale appare poi la valutazione, ex post, da parte del Comitato parlamentare di controllo, soprattutto alla luce del rilievo che la garanzia funzionale è assicurata mediante l'introduzione di vere e proprie cause di giustificazione, tali quindi da escludere il carattere di illecito non solo penale, ma anche civile, del comportamento tenuto dall'operatore. Altra problematica concerne la definizione del rapporto tra funzionari di polizia giudiziaria e organismi informativi. Il Comitato si è poi soffermato sull'opportunità di mutare le regole che presiedono al reclutamento del personale dei servizi, al fine di agevolare l'accesso agli stessi anche a personale non dipendente dalla pubblica amministrazione, purché dotato di peculiari competenze, e rispettoso dei principi di segretezza e  trasparenza. Parallelamente, l'efficienza dell'attività svolta dai servizi, presuppone un rafforzamento del ruolo svolto dal Comitato parlamentare di controllo, al fine di garantire la democraticità del sistema dell'intelligence. Ne è un'attestazione l'averne affidato la Presidenza ad esponenti dell'opposizione. Nella relazione approvata dal Comitato, sono presenti rilievi sia di carattere metodologico che sostanziale. Sotto il primo aspetto, l'accento viene posto sull'urgenza della riforma, sotto il secondo, si tratta di valutare se non sia necessaria una riforma più radicale di quella approvata in prima lettura dal Senato, e volta a superare l'attuale duplicazione dei servizi. Ove si ritenga di mantenere il descritto doppio binario, sorge la necessità di rafforzare il sistema di coordinamento, apportando modifiche al testo in esame, per quanto riguarda ruolo e funzioni del CESIS. L'azione di quest'ultimo necessita di un rafforzamento anche al fine di agevolare l'azione svolta dal Presidente del Consiglio. Altra tematica che merita un approfondimento è quella del controspionaggio, atteso che l'attuale sistema ne demanda l'attuazione ai servizi militari, laddove, alla luce delle mutate esigenze internazionali, i paesi europei che accolgono una duplicazione dei servizi, ne affidano la cura ai servizi civili.

Donato BRUNO, presidente e relatore, ricorda che, con riferimento al provvedimento in titolo, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sull'opportunità di procedere ad una serie di audizioni e che nella seduta di domani, giovedì 8 luglio, alle ore 15.30, è prevista l'audizione informale del Segretario generale del CESIS, prefetto Emilio Del Mese. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 


 

Audizioni

 


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Resoconto di giovedì 15 luglio 2004

 

AUDIZIONI INFORMALI

 

Giovedì 15 luglio 2004.

Audizione, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 3951 Governo, approvato dal Senato, ed abbinati concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato, del Segretario generale del CESIS, prefetto Emilio Del Mese.

L'audizione informale si è svolta dalle 15.30 alle 16.55.

 

 

 


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Resoconto di martedì 20 luglio 2004

TESTO AGGIORNATO AL 22 LUGLIO 2004

 

AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 20 luglio 2004

Audizione, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 3951 Governo, approvato dal Senato, ed abbinati concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato, del Direttore del SISDE, prefetto Mario Mori.

L'audizione informale si è svolta dalle 11.30 alle 12.30.

 

 

 


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Resoconto di mercoledì 21 luglio 2004

AUDIZIONE


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro degli affari esteri, onorevole Franco Frattini, sulle tematiche concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e il segreto di Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento. l'audizione del ministro degli affari esteri, onorevole Franco Frattini, sulle tematiche concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e il segreto di Stato. Ringrazio il ministro per la sua presenza e gli do immediatamente la parola.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie, presidente; come i colleghi deputati sanno, ho seguito l'iter parlamentare del provvedimento al Senato ma, senza riprendere la sintesi di quanto avvenuto nell'altra Camera, risultando essa dagli atti e riservandomi di rispondere nel merito ad eventuali domande, mi limiterò ad esporre alcuni punti che rappresentano i principali nodi politici che il Governo ritiene si possano e debbano affrontare, visti da chi, pur non avendo dirette competenze in materia di intelligence, ha un interesse istituzionale come ministro degli affari esteri - per le ragioni che accennerò - ed ha avuto l'incarico da parte del Governo di seguire l'esame del provvedimento.

Tra gli spunti politici su cui è opportuno concentrarsi vi è in primo luogo il tema del coordinamento, declinabile in molti modi. Un modo corretto è quello di ricondurre al medesimo obiettivo le diverse attività compiute dai servizi attraverso quel potere di indirizzo, di direzione e di responsabilità politica complessiva che spetta al Presidente del Consiglio. In altri termini, il coordinamento è ciò che garantisce che l'attività di intelligence sia - come reputo debba essere - un prodotto della professionalità degli operatori dei servizi, posto alla disponibilità del Governo per l'interesse della sicurezza del paese. Oggi più che mai le minacce che toccano il nostro paese, come tutti i paesi della comunità internazionale delle democrazie, impongono risposte in termini di prevenzione, di informazioni e di elaborazione di strategie. In questo ambito si inserisce il coordinamento dell'attività di intelligence.

Il secondo aspetto su cui occorre riflettere è rappresentato da come realizzare al meglio l'obiettivo di una cooperazione internazionale tra le attività e gli organismi di intelligence, che, già necessario prima dell'11 settembre, dopo questa data e dopo la strage di Madrid, è divenuto l'unico mezzo per delineare realmente una strategia internazionale antiterrorismo. La cooperazione tra servizi deve muovere verso l'attenuazione di quelle tradizionali «gelosie», che hanno condotto a evitare di mettere a fattor comune informazioni per la sicurezza quanto mai necessarie, oggi,  per la strategia complessiva. Ciò sta già avvenendo, come ben sanno gli addetti ai lavori ed i componenti della Commissione, attraverso l'attività di programmazione di iniziative strategiche di prevenzione, attraverso linee comuni che in Europa si stanno delineando dopo la creazione di una sorta di cabina di regia (non dell'intelligence perché a ciò non si è arrivati) per le strategie di prevenzione e di contrasto al terrorismo e quando anche paesi tradizionalmente lontani dal condividere questo scambio informativo (mi riferisco a paesi del mondo arabo) hanno iniziato a collaborare, cioè ad indicare notizie, informazioni e piani che possono essere meglio elaborati insieme, piuttosto che singolarmente a livello nazionale.

Il coordinamento è quindi cooperazione per un obiettivo, cioè rendere efficace l'attività di intelligence. L'idea del Governo è che l'efficacia dell'azione dei servizi si misura, come molte, se non tutte, altre attività istituzionali, dalla qualità ancor più che dalla quantità dei risultati. Ricordo che, nelle analisi svolte dopo l'attentato dell'11 settembre, è stato evidenziato come una delle ragioni della mancata individuazione con maggior margine di precisione della tragica vicenda non fosse la mancanza di informazioni, che anzi erano sovrabbondanti, quanto la ridotta capacità di analisi e di estrazione, dal grande novero di quelle informazioni, delle notizie davvero utili ed indispensabili per arrivare ad una intercettazione preventiva. Si parlò, persino, di una «overdose informativa». Troppe informazioni scarsamente analizzate non conducono ad una maggiore efficacia, ma viceversa ad una ridotta efficacia del risultato. Nell'ottica che reputo sia da preferire, l'efficacia è la messa a disposizione di notizie sufficientemente dettagliate e non di una enorme quantità di notizie prive di una adeguata analisi.

Le condizioni per giungere all'obiettivo di efficacia sono che, in primo luogo, il prodotto intelligence (uso questa espressione impropria perché ci si capisca meglio) derivi da una strategia di ricerca informativa che il Governo deve delineare, assegnando poi ai servizi il compito di ricercare. In altri termini, in questi anni si è instaurata, riprendendo una tradizione che in molti paesi è già funzionante con buoni risultati, la predeterminazione dei cosiddetti grandi obiettivi di intelligence, individuando cioè le minacce alla sicurezza dello Stato rispetto alle quali, nella scelta politica del Governo, esista una priorità di azione. Soltanto nella programmazione e nella predeterminazione delle linee si può, da un lato, fissare una strategia assumendone il Governo la responsabilità e, dall'altro, misurare il risultato. Senza un parametro di riferimento, rappresentato dalla strategia individuata dal Governo, non si può realizzare una valutazione del risultato. È un tema su cui si è molto discusso, ma che rimane comunque centrale per giungere ad un riordino, non solo strutturale, ma anche funzionale, dei servizi di informazione e sicurezza.

Passerò ora ad esaminare gli strumenti utili per raggiungere le finalità di un buon coordinamento, di una collaborazione internazionale, di un'azione di intelligence efficace, cioè mirata all'analisi ed al risultato, che fornisca al Governo un adeguato prodotto informativo. Il primo strumento, su cui un riordino normativo adeguato si deve concentrare - ne abbiamo parlato a lungo in molti luoghi istituzionali e politici - è la centralità del ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri, riconoscendone la competenza ed al tempo stesso la responsabilità di essere l'ispiratore e l'autore finale dell'indirizzo strategico a cui ho fatto riferimento, nel quale confluiscono, come ovvio, i contributi delle amministrazioni di settore (e non necessariamente solo di quelle, come i Ministeri degli affari esteri, dell'interno e della difesa, che fanno parte del comitato interministeriale, ma di tutte le amministrazioni che necessitano di una ricerca di intelligence per meglio operare; un esempio, più volte enunciato, è quello del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio che può avvalersi, per la prevenzione nell'attività di contrasto alle cosiddette ecomafie, di una attività di intelligence, come in effetti è recentemente  avvenuto). Il primo strumento è quindi la centralità del ruolo del Primo ministro e la responsabilità nelle sue mani dell'indirizzo strategico.

Un altro aspetto collegato alla centralità del ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri è la necessità di creare un luogo di raccordo e di confronto politico governativo, quale oggi è incarnato dal comitato interministeriale e quale, a mio avviso, potrebbe invece essere trasformato in una più efficace cabina di regia che assista il Presidente del Consiglio. Sono note le esperienze di altri paesi, analoghe a quelle del National Security Council degli Stati Uniti d'America, e, forse, utili ad individuare, da un lato, il principio del ruolo primario del Capo del Governo (nel caso citato del Presidente degli Stati Uniti), ma dall'altro anche a stabilire il concetto per cui una cabina di regia non sia soltanto il luogo dove si prende atto di alcune linee e decisioni, ma diventi il luogo in cui le strategie a supporto del ruolo centrale e assolutamente primario del Presidente del Consiglio siano delineate. In questo senso è da ripensare e, diciamo così, da aggiornare la funzione del comitato interministeriale. Un più forte raccordo tra le scelte strategiche, già esistenti, della politica di intelligence e della politica estera è un punto meritevole di una ulteriore riflessione. Nel 1977, quasi non era percepita la centralità a livello globale; si guardava al blocco sovietico. Oggi le strategie di politica estera interagiscono con le esigenze di intelligence. Subito dopo un reale potenziamento del ruolo del Primo ministro, sottolineo la necessità di una riflessione sul ruolo del comitato, oggi denominato CIIS, che domani potrebbe assumere un ruolo di comitato di effettivo supporto strategico alle decisioni di competenza finale del Presente del Consiglio.

Un altro pilastro è il ruolo del Parlamento. Nelle mie precedenti funzioni nella passata legislatura ho molte volte sottolineato l'importanza che il potenziamento dell'attività e del ruolo delle strutture di intelligence dovesse andare insieme, non come contrappeso ma come giusto e normale strumento di equilibrio (così avviene in una democrazia), ad un accentuato ruolo del Parlamento. Sostengo ancora ciò che sostenevo allora: il ruolo del Parlamento è al tempo stesso propulsivo, di supporto e di controllo sul sistema di attività dei servizi e non, certamente, un mezzo diretto o indiretto per cogestirne l'attività, perché la gestione dell'intelligence è prerogativa esclusiva del Governo. Il Parlamento ha il ruolo di stimolo, di controllo per valutare l'efficienza e l'efficacia dell'attività dei servizi nel loro complesso e non per incidere (come già è previsto dalla legge e si dovrà ribadire) sulle attività in corso o, peggio ancora, sulle modalità di esercizio dell'attività, prefigurando surrettiziamente una sorta di cogestione. Il Parlamento dovrà avere un ruolo più forte ma nella ribadita distinzione netta dei ruoli: Parlamento da un lato e Governo dall'altro.

Le mie idee sulla riforma del Comitato parlamentare di controllo sono chiare. Un aspetto su cui più fortemente di quanto sia avvenuto nel passato il COPACO dovrebbe concentrarsi è una valutazione, nello spirito della diversità tra i ruoli, sul budget e sull'impiego delle risorse, non per giudicare nel merito le scelte, ma per aiutare in modo positivo il Governo, quando le valutazioni di congruità del budget destinato all'attività informativa sono messe in discussione dal Parlamento, come spesso accade, senza però avere gli strumenti per valutare le ragioni delle obiezioni, delle critiche e delle riduzioni. In questo caso il Comitato parlamentare di controllo, avendo preventivamente a disposizione la possibilità di valutare, giudicare e ritenere congrua, se occorre, la scelta, darebbe un grosso contributo. Se non vi è certezza sulle risorse, infatti, non si riesce ad effettuare una programmazione di intelligence.

Vi è, inoltre, un quarto pilastro, rappresentato dagli «attori»; le riforme e le attività istituzionali camminano, per così dire, sulle gambe delle persone. Una legge completa deve occuparsi del personale dei servizi. Si è molto parlato di garanzie funzionali, di informazione e di reclutamento. Ritengo che, iniziando dal reclutamento,  non si debba e possa rimanere ancora fermi al principio per cui la mirabile attività di appartenenti alle Forze di polizia e di altri dipendenti delle pubbliche amministrazioni sia l'unico serbatoio di provvista per servizi di informazione all'altezza delle sfide, anche tecnologiche, che la prevenzione alle minacce impongono. Reputo più corretta e trasparente una chiara indicazione che permetta, con criteri oggettivi e regole trasparenti (nei limiti in cui le attività di reclutamento di tali strutture possono esserlo), un reclutamento dall'esterno di una quota degli appartenenti ai servizi, per le professionalità che talvolta non vi sono e che impongono il ricorso a consulenze e rapporti temporanei.

Ho iniziato dal reclutamento per passare alla formazione, altro aspetto essenziale su cui gli atti di indirizzo possono concentrarsi, per finire con il tema cruciale delle garanzie funzionali, su cui tanto si è detto, senza però arrivare, malgrado gli sforzi del Senato, ad un risultato di piena soddisfazione. La norma sulle garanzie funzionali è nota, lo è anche la proposta originaria del Governo, come è noto che, dopo un'ampia ed approfondita discussione che ha coinvolto maggioranza ed opposizione allo stesso modo (come deve accadere in una materia del genere), si sia giunti ad un risultato che ha due possibili inconvenienti. Il primo è di appesantire l'attività di verifica e di riscontro per l'accertamento della ricorrenza o meno delle cause giustificative. Il secondo è una giurisdizionalizzazione eccessiva per un'attività che può e deve avere momenti di controllo giurisdizionale - non vi è dubbio -, momenti di controllo parlamentare - come è evidente -, ma che non può svolgersi secondo le linee e le tracce di una normale attività amministrativa o di alta amministrazione. Se si vogliono servizi efficienti, i controlli si fanno sul rispetto delle regole del mandato ricevuto e sui risultati conseguiti. Se il controllo rischia di divenire paralizzante, ci si deve interrogare se quelle che denominiamo garanzie funzionali, così come sono state considerate nel provvedimento in esame, siano veramente tali, come i servizi si aspettavano e non come piacciono a noi politici e a quelli di noi che sono giuristi. Questa non è materia disciplinabile osservando soltanto i confini nazionali. Il sistema di intelligence oggi impone la collaborazione. Non è pensabile che sistemi di controllo, di verifica e le garanzie siano talmente diverse tra paesi da rendere difficile la possibilità di una messa a disposizione di informazioni.

Dobbiamo dire con grande chiarezza cosa intendiamo realizzare. Per questo motivo ho iniziato il mio intervento parlando degli obiettivi. Vogliamo realizzare un interscambio informativo in cui il nostro paese sia destinatario e produttore di informazioni? Allora, in uno spirito europeo e di collegamento con la comunità internazionale, dobbiamo tenere conto, mentre scriviamo la norma nazionale, di cosa avviene in altri paesi. Se ci distaccassimo dal sistema e dal minimo comune denominatore esistente altrove, rischieremmo di essere involontariamente danneggiati nello svolgimento dell'attività di intelligence. Molti colleghi ne sono consci ma ho il dovere di ripeterlo.

Chiudo con una riflessione sul concetto e sulla portata del disegno di legge approvato dal Senato. Ho collaborato con convinzione per modificare ed in parte integrare la norma. Il risultato finale si discosta notevolmente dalla proposta originaria del Governo, ma è passato del tempo e, nel tempo intercorso tra la presentazione originaria del disegno di legge ed il momento attuale, sono cambiate molte tra le condizioni «ambientali» in cui una legge di riforma dei servizi deve essere inserita, che avevano indotto il Governo a preferire aggiustamenti e rettifiche parziali alla legge n. 801 del 1977, piuttosto che, come molti gruppi al Senato sollecitarono, una riforma strutturale. Allora dissi che era urgente ed indifferibile limitarsi a pochi punti specifici. Per colpa di nessuno, per la realtà del lavoro parlamentare, dopo molto tempo oggi non abbiamo ancora, e siamo lontani dall'averlo, quei punti trasformati in legge.

Oggi vi sottopongo l'opportunità di una riflessione aggiuntiva anche sul sistema strutturale. Sono conscio che nelle audizioni da voi effettuate i direttori dei servizi ne hanno parlato; se ne è parlato anche nel Governo. Una proposta di riforma limitata agli aspetti procedurali, anche se importantissimi, riguardanti le garanzie funzionali ed il coordinamento da parte del Presidente del Consiglio, è oggi, per la moltiplicazione delle minacce e per l'esigenza di una cooperazione internazionale che richiede adeguamenti strutturali anche da parte nostra, insufficiente. Questa è la ragione per cui credo (si tratta di una mia valutazione ed il Parlamento è ovviamente sovrano) occorra interrogarsi, come alcuni direttori hanno già detto, sull'opportunità di ripensare, almeno in parte, i modelli strutturali. Sono consapevole che il modello binario e quello unitario presentano pro e contro. Non è questo, secondo me, ancora il momento per entrare in profondità su tale materia. Mi limito a dire che sarebbe curioso, dopo aver aspettato tanto tempo, dare al paese una risposta sulla riforma dei servizi limitandosi ad alcune disposizioni sia pure importanti ma non esaustive e lasciando impregiudicati punti come la possibilità di una sovrapposizione di competenze, e quindi di attività, ed i modi migliori per scongiurarla o regolarla.

Occorre anche chiedersi se la tanto demonizzata sovrapposizione non possa essere, in qualche aspetto, un riscontro su attività pur sempre svolte in un comune obiettivo. Si tratta di una domanda; non ho la risposta. Ciò significherebbe interrogarsi sui regolamenti di confine tra SISMI e SISDE, sul coordinamento del CESIS, che se non assumerà la funzione di espressione della volontà del Primo ministro rimarrà sottoutilizzato per le notevoli potenzialità che lo caratterizzano. Mi chiedo anche se non sia opportuno ripensare ad una struttura dei servizi, come i prefetti Del Mese e Mori hanno detto, che tenda a diventare unitaria dividendosi in due organismi dipendenti, però, da una unica cabina di regia con conseguenti ampie economie di scala e di mezzi, come ad esempio avverrebbe per banche dati e procedure di reclutamento. Non sarebbe un vantaggio in termini di risparmio di risorse, certo non illimitate? Non sarebbe anche utile, se pensiamo di potenziare il ruolo del Parlamento, rafforzare l'unità e l'unitarietà strutturale del sistema di intelligence e non soltanto quella funzionale, attraverso il ruolo del Primo ministro?

Mi rendo conto di essere stato lungo ma penso che questi spunti politici e di riflessione pongano un problema di insufficienza del provvedimento in esame alla luce di un'esigenza che non proviene solo dall'interno del nostro paese ma da una comunità internazionale. I nostri servizi hanno dimostrato, con risorse limitate, di ottenere risultati di grande prestigio anche in vicende recenti ed in teatri di crisi molto delicati, ma penso sia opportuno porre il problema se un adeguamento strutturale sia, come ritengo, altrettanto importante di un miglioramento funzionale.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per il suo intervento e do la parola ai colleghi che intendono porre domande.

MARCO BOATO. Ringrazio il ministro Frattini per la sua relazione. Noi tutti conosciamo l'esperienza del ministro in qualità di presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi nella passata legislatura in cui, come deputato dell'opposizione, svolgeva questo ruolo di garanzia e sappiamo anche che ha avuto responsabilità in materia prima di divenire ministro degli affari esteri. Vi sono tra l'altro aspetti dell'attività dei servizi che interessano anche il ministro degli esteri in quanto tale, come il rapporto con il SISMI e le questioni riguardanti l'estero. Non so se ho capito bene - e vorrei lo confermasse per il prosieguo dei lavori della Commissione -, lei come rappresentante del Governo è deputato a seguire l'iter del provvedimento alla Camera?

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Credo di sì. Non vi è stata l'assunzione di una decisione formale, ma credo di sì.

MARCO BOATO. Se posso dare un suggerimento istituzionale, sarebbe bene formalizzarlo in modo che la Commissione sappia quale sia l'interlocutore del Governo su un lavoro che si prospetta impegnativo, come si evince anche dalla sua relazione.

Dalle altre audizioni informali realizzate sono emerse critiche molto forti e radicali al testo in esame. Il segretario del CESIS ha usato un'espressione forte che non intendo ripetere, per rispetto nei suoi confronti, per correttezza istituzionale e per evitare di «verbalizzarla» avendo egli asserito utile uno scambio franco di valutazione proprio in quanto non vi era resoconto stenografico. Mi pare (e mi auguro di sentire il suo parere in merito in fase di replica) che dalla sua relazione, signor ministro, emerga la necessità di una profonda rivisitazione del testo. Abbiamo rallentato i tempi di esame del provvedimento perché la Commissione è stata ed è tuttora impegnata su materie di particolare rilevanza, ma questo rallentamento forse è stato utile per un ripensamento complessivo sul piano parlamentare, su quello dei servizi ed anche su quello governativo, come oggi è stato esplicitato chiaramente.

Dopo questa breve premessa passo ad alcune domande specifiche.

Lei ha insistito molto sul rafforzamento e sulla centralità del ruolo del Presidente del Consiglio dei ministri come responsabile dell'indirizzo strategico; dal punto di vista istituzionale, non ho obiezioni da rivolgerle a tale riguardo e, anzi, ritengo assolutamente corretta una tale ipotesi. Ovviamente, non le domando di chiarire quale dovrebbe essere precisamente la disposizione relativa; le chiedo, piuttosto, su quali aspetti, a suo parere, si debba intervenire sotto tale profilo, atteso che già oggi esiste una tale responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri. In altri termini, gradirei sapere in quale modo si potrebbe valorizzare la responsabilità per l'indirizzo strategico.

Mi sembra lei abbia parlato - ma le domando scusa di eventuali mie imprecisioni - di una possibile cabina di regia a sostegno dello stesso Primo ministro (per ora, invero, ancora Presidente del Consiglio dei ministri) sotto il profilo del confronto politico-governativo. Lei ha citato il National Security Council degli Stati Uniti d'America; facilmente potrei obiettarle -lei ben mi comprenderà, avendovi accennato nel suo intervento introduttivo - che tale organo non è servito a prevenire i fatti dell'11 settembre 2001. Quindi, gli Stati Uniti disponevano, e tuttora dispongono, del National Security Council, ma, in realtà, tale organismo non è servito, non essendosi potute mettere insieme, sotto il profilo della qualità dell'analisi, le informazioni che, pur acquisite, non erano state messe, per così dire, in rete.

Vorrei sapere, al riguardo, quale tipo di modificazione - mi corregga, se ho capito male - lei preveda di introdurre, sotto tale profilo, rispetto al CIIS ovvero al Comitato interministeriale per l'informazione e la sicurezza. Se, infatti, ho capito bene, lei considera questa cosiddetta cabina di regia come una sorta di trasformazione di quello che attualmente è il comitato interministeriale.

Dal segretario del CESIS è stata manifestata - si è trattato di una osservazione di merito, senza intenzioni polemiche - forte preoccupazione rispetto all'ipotesi di reclutamento diretto; il direttore del SISDE, invece, ha in qualche modo prospettato l'ipotesi stessa, specificando, peraltro, anche le tipologie professionali e le questioni connesse (da lei, ministro, testé prospettate). Opportunamente dovrebbe trovarsi un punto di incontro, almeno a livello di responsabilità governative e dei servizi su tale tema. Infatti, la Commissione svolge le audizioni proprio per ricevere eventuali input utili ai fini di intervenire sul testo; ma gli input raccolti, fino a questo momento sono, per usare un eufemismo, abbastanza differenziati.

Da molti decenni, la questione delle questioni, per così dire, è il dilemma tra dualità dei servizi e servizio unico.

Un problema postosi, che peraltro risulta dal testo, è il seguente: nel provvedimento proveniente dal Senato, non tanto e non solo si opera una conferma dell'assetto  duale esistente - ovvia, in quanto non si procede ad una rivisitazione strutturale, per usare il suo linguaggio, dei due servizi attualmente esistenti - ma si opera anche e soprattutto, all'articolo 3, la configurazione di fatto (e, forse, anche di diritto) di una sorta di terzo servizio. Così è stato definito, con una certa preoccupazione, l'UCSI dal segretario del CESIS. L'ufficio per il controllo dei servizi di informazione, infatti, viene prospettato come se fosse una sorta di terzo servizio e, in tal senso, anche le disposizioni introdotte nel passaggio al Senato alimentano tale preoccupazione. Quindi, poiché nel suo intervento introduttivo non mi sembra abbia affrontato l'argomento, vorrei un suo parere al riguardo.

MARCO MINNITI. Signor presidente, ritengo che l'audizione del ministro Frattini - che ringrazio per la cortesia mostrata nei confronti della nostra Commissione - rappresenti una significativa novità politica. Non sfugge a nessuno che, se l'indirizzo del Governo e della maggioranza si muoveranno lungo le linee oggi solo prospettate dal ministro (linee che, quindi, andranno ulteriormente precisate), l'esigenza di riforma non trova, se non marginalmente, riscontro nel testo giuntoci dal Senato. Quindi, si tratta di prendere atto di un nuovo inizio parlamentare.

Circa il provvedimento approvato dal Senato, sono convinto che la ratio ad esso sottostante - a mio avviso, in ogni caso discutibile - si sarebbe, purtuttavia, potuta sostenere soltanto ove si fosse pervenuti ad un'approvazione in tempi rapidissimi delle misure recate. Dopo la sfida dell'11 settembre 2001, insomma, in pochi mesi, si sarebbe fatto quanto possibile; ma, essendo passati più di trentadue mesi, è del tutto evidente come una tale ratio sia venuta meno.

Oggi, si deve pensare ad una riforma organica che affronti il nodo di una rilettura complessiva della legge n. 801 del 1977. Peraltro, quest'ultima è stata una buona legge; non sono per respingerne interamente la validità. Tuttavia, essa dimostra i suoi ventisette anni di vigore; ventisette anni, peraltro, particolarmente impegnativi. Deciderà, certo, il presidente della Commissione come condursi dopo la conclusione delle audizioni (formali ed informali). Tuttavia, bisognerà mettere questo ramo del Parlamento nelle condizioni di affrontare un percorso parlamentare con il respiro di un'iniziativa di carattere legislativo che, rispetto al provvedimento trasmessoci dal Senato, abbia un'ambizione più elevata; è quanto da più parti - anche dalla nostra - si è sollecitato.

Mi sia consentito, dunque, alla luce di questa valutazione, chiedere al ministro qualche chiarimento, esprimendo, in tal modo, anche qualche mia implicita valutazione. Il ministro ha molto sottolineato la centralità del principio di responsabilità del Presidente del Consiglio; considero assolutamente giusto un tale principio. Nel momento in cui si definiscono nuovi poteri rispetto alla sfida - imposta dal terrorismo internazionale - cui siamo chiamati, bisogna indubbiamente avere certezza, sia dal punto di vista del livello del comando sia dal punto di vista delle responsabilità nel rapporto con il Parlamento. Non mi convince l'idea secondo la quale si dovrebbero avere molti punti di riferimento nell'attività di intelligence. Chi, in questo senso, ha avuto anche soltanto un minimo di esperienza, ben conosce tali aspetti. Lei, ministro, è stato presidente del Comitato di controllo sui servizi e ha ricevuto poi, come sottosegretario, la delega formale per l'intelligence; sa che, nel momento in cui si dipende da molti, è difficile poter garantire un'efficienza di carattere operativo. Quindi, le volevo chiedere se il riferimento da lei fatto all'assunzione di responsabilità e di indirizzo della Presidenza del Consiglio comporta anche, implicitamente, un superamento delle attuali dipendenze funzionali.

Lei ha molto insistito sul tema del CIIS, addirittura collocandolo come un secondo pilastro; è del tutto evidente che si tratta di un tema chiave. Al riguardo, farò un'ipotesi circa una questione cui, in attesa di ricevere la sua, darò la mia risposta. Non sfugge certamente a lei, signor  ministro, se non altro per la sua attuale esperienza, che, in grandi paesi europei, importanti servizi di intelligence dipendono direttamente dal Ministero degli affari esteri. Ebbene, nel momento in cui si procede al superamento delle dipendenze funzionali, le capacità di indirizzo e di conoscenza oggi proprie del Ministero dell'interno, del Ministero della difesa e anche del Ministero degli affari esteri - che, per l'appunto, svolge un ruolo particolarmente importante in questo campo, da noi obiettivamente sottovalutato in passato - non devono essere perdute. Bisogna trovare un «luogo» di indirizzo della attività di intelligence; «luogo» non di carattere burocratico.

Le pongo una domanda: se tale luogo fosse identificato nel CIIS, come ha detto con chiarezza nella relazione, ritiene che dovrebbe avere una struttura molto agile e ristretta oppure molto ampia? Vorrei sapere qual è l'indirizzo su cui il Governo intende muoversi. È evidente che nel momento in cui ci si dirige verso il superamento delle dipendenze funzionali bisognerà offrire luoghi dove si possa contare su una capacità di indirizzo.

Nell'audizione informale del prefetto Del Mese ho riscontrato un solo punto di effettiva divaricazione dalle valutazioni da lui espresse, quello delle assunzioni dirette. Lo ritengo un aspetto chiave ed esprimo una valutazione positiva sulle intenzioni del Governo di procedere in questa direzione, non solo perché il meccanismo dell'arruolamento nella pubblica amministrazione per le nuove figure professionali è insufficiente, ma anche perché non garantisce dal fatto che si possano compiere errori nel reclutamento, dato che vi è lo stesso margine di errore nell'assunzione diretta e nel filtro della pubblica amministrazione. L'assunzione diretta ha, inoltre, un vantaggio perché consente di colmare un profilo di figura professionale assolutamente necessario di cui vi è profonda carenza nella pubblica amministrazione.

In merito alle garanzie funzionali, penso che il Parlamento debba affrontare il tema elaborando testi chiari. La questione è estremamente delicata, anche perché su questi temi si è fatta una «cattiva» retorica, come ad esempio il richiamo alla «licenza di uccidere». È una questione inesistente, ma questo è stato il messaggio trasmesso al di fuori delle aule parlamentari. Non possiamo però permetterci di affrontare questo aspetto con articoli confusi, lacunosi e contraddittori. Non si può aprire un contenzioso sulle cosiddette garanzie funzionali, perché ciò significherebbe costruire un meccanismo per cui avremmo da un lato un canale legale e dall'altro un canale illegale. Mentre su tutte le altre tematiche per me conta molto l'esperienza di coloro che sono protagonisti dell'azione della nostra intelligence, sull'aspetto delle garanzie funzionali il Parlamento deve avere una assunzione di responsabilità molto forte. Bisogna ascoltare ciò che dicono gli uomini «sul campo», ma la responsabilità finale è precipuamente del Parlamento; gli articoli del testo dovranno esprimere chiaramente ciò che si può e ciò che non si può fare.

Infine, signor ministro, se vogliamo effettivamente affrontare il problema di assegnare poteri maggiori al Comitato parlamentare per i servizi, penso che si debba inserire nel testo del provvedimento una duplice questione, oltre alla possibilità da lei considerata di valutare il budget. La prima è la garanzia dell'impermeabilità del Comitato parlamentare, condizione fondamentale per svolgere il ruolo di contrappeso democratico. La seconda è la possibilità di prevedere un meccanismo che consenta di avere nel Comitato un criterio di formazione che lo collochi non come una delle «tante» Commissioni parlamentari ma come un organo che, svolgendo una funzione di controllo e non di cogestione dell'intelligence, debba comunque avere forte autorevolezza per affrontare questioni particolarmente delicate che abbisognano di un rapporto libero con il Parlamento.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor ministro, abbiamo apprezzato la sua relazione che, per quanto sintetica, ha affrontato i punti  centrali dell'argomento. In primo luogo abbiamo condiviso la necessità di affrontare in maniera «moderna», diversa dal passato, le questioni del coordinamento e della collaborazione tra i vari organismi internazionali. Abbiamo trovato particolarmente interessante il concetto del giusto prodotto informativo, considerando preferibile avere una quantità minore di informazioni, purché fondate e passibili di essere prese, ad esempio, per ulteriori attività di intelligence. Abbiamo ritenuto «moderno» anche il modo di concepire il ruolo del Presidente del Consiglio nella centralità e nelle direttive da dare ai servizi.

Desideriamo, però, un chiarimento su una parte del suo intervento, quando lei ha fatto riferimento alla necessità e possibilità di attingere a servizi esterni alla pubblica amministrazione. Ciò significherebbe intraprendere una collaborazione con soggetti che non siano tipicamente istituzionali ed appartenenti allo Stato. Mi chiedo se si riferisca a possibilità di collaborazione con società private.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Assunzione di persone, non collaborazione.

NICOLÒ CRISTALDI. Assunzione di soggetti esterni. Mi chiedo cosa, allo stato attuale, impedisca ai servizi italiani di collaborare con soggetti esterni.

Questo elemento introduce una seconda considerazione: il rapporto di collaborazione con soggetti non direttamente collegati alla pubblica amministrazione rappresenterebbe un rapporto esclusivo o un rapporto contrattuale che consentirebbe comunque ai soggetti in questione di mantenere rapporti anche con entità istituzionali straniere? Vorremmo su ciò maggiori approfondimenti.

VALTER BIELLI. Signor ministro, nelle sua relazione colgo un'esigenza che condivido, cioè che se interverremo su una materia così delicata come quella dei servizi di sicurezza, sarà opportuno realizzare un'operazione seria e di vera riforma e non un intervento, per così dire, di facciata. In questi tempi il mondo si è radicalmente trasformato e, apprestandosi a discutere di questi temi, è bene considerare con attenzione l'opportunità di una vera e grande riforma.

Il testo pervenuto dal Senato non ha bisogno di essere «prosciugato» o valutato, ma è necessario intraprendere una seria riflessione su di esso, perché insufficiente rispetto alle esigenze da lei sollevate ed alle necessità su cui tutti concordiamo. Si può ricominciare con la consapevolezza che, quando si parla di sicurezza nazionale, si affronta un tema che non è di una parte del paese, ma di tutti e tutti dobbiamo impegnarci.

Sulle considerazioni di merito, di fronte ad un'esigenza da lei opportunamente posta, cioè di soffermarsi a riflettere se sia preferibile un servizio binario o un unico servizio ma intanto valutare l'ipotesi di costituire una cabina di regia che avvii un determinato processo, evidenzio che il testo del Senato prende in considerazione ben tre servizi, uno dei quali, il nuovo servizio che farebbe capo alla Presidenza del Consiglio, non solo si sovrapporrebbe a SISMI e SISDE, ma rischierebbe di essere estraneo e non in raccordo con gli altri. Ritengo che se, giustamente, ha posto il problema di un servizio con le caratteristiche dianzi indicate, bisogna sopprimere questa parte del testo e ci si deve interrogare seriamente sul tipo di servizio che vogliamo istituire. Altrimenti, si fuoriesce dall'impostazione da lei seguita, che io condivido.

Sono poi d'accordo, sia con lei sia con gli altri colleghi intervenuti, circa il fatto che, per quanto riguarda i servizi di intelligence, il Presidente del Consiglio debba essere la figura di riferimento. Ovviamente, non rileva chi rivesta concretamente la carica di Presidente del Consiglio; ci riferiamo, infatti, al ruolo. Quindi, rispetto a quanto da lei affermato, sono d'accordo con lei. Giustamente, però, lei ha posto la questione relativa al ruolo del Parlamento; infatti, nel momento stesso in cui si compie un'operazione di questo genere, nell'ambito della quale si concentrano  alcune funzioni - e giustamente ha fatto riferimento al problema della responsabilità -, ci si deve chiedere quale possa essere il ruolo del Parlamento. Ebbene, in questa occasione mi permetto, al riguardo, di fare la seguente osservazione. Il COPACO non può essere un organo di cogestione; in questo settore, non vi può essere la cogestione. Invece, ritengo giusto che detto organo debba intervenire sul tema, ad esempio, delle risorse finanziarie e del loro impiego, il che non è questione di poco conto. Si parla della sicurezza nazionale e la sicurezza nazionale è un problema di tutti; ebbene, il COPACO, pur non dovendo inserirsi in operazioni di cogestione, dovrà essere informato degli orientamenti e degli obiettivi seguiti. Proprio in quanto presenta le caratteristiche cui ha fatto riferimento il collega Minniti, dovrà attribuirsi, rispetto a quella attuale, una funzione per certi versi superiore, che garantisca il Parlamento. Altrimenti, l'assetto sarà squilibrato.

Non aggiungo niente circa le garanzie funzionali, che è tema di discussione particolare; invece, voglio fare l'ultima osservazione con riferimento ad una questione riguardante il personale. Ci è stato riferito - in particolare, in questa sede, ieri, dal direttore del SISDE - che l'età media è di 48 anni. Ci è stato altresì riferito che vi sarebbe bisogno di nuove assunzioni, nonché di nuove figure professionali. Credo che un servizio di intelligence abbia continuamente bisogno di essere innervato e di trovare nuove energie. Aggiungo, anzi, che i servizi di intelligence, oggi, non possono rimanere indietro neppure di tre anni. Lo dico in maniera brutale; credo troveremmo sempre la professionalità adatta ad effettuare il pedinamento. Troveremo il modo di avere degli ottimi agenti che effettuino il pedinamento; serve anche ciò. Vi è bisogno di quanti siano in grado di tradurre eventuali linguaggi criptici; ad esempio, penso alle intercettazioni telefoniche. Vi è bisogno di specialisti la cui assenza dal servizio di intelligence rende quest'ultimo incapace di operare. Infatti, in un mondo globalizzato, in cui il grande crimine agisce ai livelli più alti delle tecnologie, se non si dispone di esperti delle tecnologie più avanzate, non si riesce a capire come effettuare il servizio. Quindi, sono d'accordo su un dato: abbiamo bisogno di portare dentro i servizi personale che abbia tali caratteristiche. Ovviamente, qualche dirigente dei servizi riterrà comunque migliori le professionalità formate dai servizi medesimi; però, a mio avviso, abbiamo bisogno anche di assunzioni dirette, fatte sulla base di criteri oggettivi e controllabili. Ritengo sia questo il salto di qualità che in qualche modo sia richiesto ai servizi.

Concludo il mio intervento con la seguente osservazione. Se quanto lei ha riferito e quanto hanno altresì riferito, nel corso delle audizioni, i dirigenti dei servizi rappresentano il contributo acquisito da questo ramo del Parlamento per varare la legge di riforma dei servizi medesimi, ritengo che, a questo punto, si potrebbe avere, alla fine delle audizioni, una pausa di riflessione per capire come proseguire un lavoro utile, interessante e positivo.

GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, sarò molto breve.

Condivido anch'io il principio secondo il quale il Governo e, in particolare, il Presidente del Consiglio debbono avere la responsabilità strategica e di indirizzo; per questioni come queste non vi possono essere gestioni trasversali a diverse funzioni (tra le quali, in particolare, quella che mette capo al Parlamento).

Mi domando se, nel testo in esame, la responsabilità del Presidente del Consiglio non sia, a volte, soltanto una responsabilità strategica o se, invece, non rischi, per così dire, di favorire una deresponsabilizzazione dei settori operativi. In questa chiave, ho letto qualche passaggio dell'intervento del ministro e, considerata la sottolineatura che egli ha fatto di questo aspetto, che considero rilevante, ritengo che anche su ciò si dovrebbe intervenire. Altro, infatti, sono gli indirizzi dati, altro è che, poi, chi concretamente operi risponda a pieno titolo di determinate scelte.

Per quanto riguarda il COPACO, mi domando se detto organismo non possa diventare uno strumento di controllo - o comunque di discussione -, oltre che delle risorse e del budget, anche degli organici. È vero che il 1977 è lontano; per così dire, anzi, è passato un secolo dal 1997, dal punto di vista internazionale. Tuttavia, da quanto ho potuto capire, i punti nevralgici e irrisolti di questa vicenda dei servizi sono sempre gli stessi: il personale ed il coordinamento. È chiaro che poi, passando gli anni, le questioni si possono guardare in un'altra ottica; ma questi due elementi rimangono.

Sulla questione del personale abbiamo sentito opinioni diverse; ancora non mi sono fatta un'idea circa le assunzioni dirette, ma le opinioni sicuramente sono differenziate (basti pensare a quelle interne alla struttura operativa).

Circa la struttura, anche in tal caso si è manifestata una preferenza, ma, ad una valutazione «di primo acchito» delle risposte date ieri dal direttore del SISDE, la sua opinione mi è sembrata un po' meno convinta, seppure in parte in sintonia con le valutazioni sentite il giorno prima. Personalmente, credo si debba assumere chiaramente un orientamento molto netto, ma mi pare che questo sia un nodo irrisolto.

Vengo ora alla questione delle garanzie funzionali. Ebbene, a mio avviso, una struttura unica o, comunque, la possibilità di utilizzare al meglio strutture, soldi, banche dati e via dicendo costituiscono elementi necessari e dovuti della riforma. Quanto alle garanzie funzionali, non sono convinta che quanto scritto nel testo possa rappresentare un punto di equilibrio. Ciò anzitutto perché non può essere dimenticata la storia dei nostri servizi; il fatto che cambi il quadro internazionale, di per sé, non legittima qualsiasi situazione. Di fatto, anche sul punto delle garanzie funzionali, infatti, si chiede troppo. È facile dire che, in fin dei conti, ci si limita a definire alcune ipotesi di reato e a definire, altresì, i rapporti con l'autorità giudiziaria a livello politico; le garanzie funzionali sono una questione molto delicata. Al riguardo, appunto, non ritengo che la questione si possa risolvere affermando che è cambiata la fase e che il periodo di cooperazione legittima, di per sé, o può addirittura cancellare l'uso che si è fatto, legittimamente o illegittimamente, di questi strumenti. La mia convinzione è che essi debbano essere il più possibile trasparenti, ma non sono per nulla convinta che questa debba essere una questione data per scontata.

Sulla questione dell'UCSI, ha riferito già il collega Bielli. Tutti hanno affermato che si tratterebbe del terzo servizio.

Se dovessimo fare la somma dei punti di questa riforma che dovrebbero essere rivisti, signor ministro, mi pare non rimarrebbe granché. Nello spirito costruttivo con cui tutti vorremmo lavorare in questa Commissione, le domando, dunque, signor ministro, se il Governo non ritenga di dover presentare delle proposte emendative in questa sede. Delle audizioni, la sua è particolarmente rilevante per la responsabilità ricoperta; al contrario, quelle dei direttori, pur importanti e interessanti, corrispondono, però, ad un altro livello di responsabilità. Ebbene, se questa è la situazione che tutti rileviamo, forse sarebbe bene discutere su un testo diverso o, comunque, molto corretto rispetto a quello oggi al nostro esame.

GIANNICOLA SINISI. Ringrazio il signor ministro e dico subito che ho condiviso molti dei principi esposti, principi giusti che costituiscono una buona base di lavoro. Apprezzo anche la novità politica, l'apertura data per svolgere un lavoro legislativo coerente con la minaccia del nostro tempo.

Le questioni che intendo porre, entrando nel merito, sono quattro. La prima riguarda il ruolo del Parlamento. Si tratta di una questione strettamente collegata al ruolo che assegniamo all'agenzia o alle agenzie che saranno costituite. È assolutamente evidente che tanto più unitaria, strutturata e forte sarà l'agenzia, tanto più penetranti, efficaci e minuti dovranno essere i controlli affidati al Parlamento, perché non dobbiamo costituire una struttura semplicemente efficiente ma anche  democratica. Ciò che deve interessarci è il fatto che il Parlamento interloquisca con il capo della struttura a prescindere da chi esso sia, e certamente non potrà interloquire con una figura che funzioni da schermo tra l'agenzia e chi svolge la funzione di controllo democratico. L'affermazione «i politici parlino tra di loro» mi sembra un'affermazione liquidatoria, fatta per avere le mani libere. Penso non sia questo il senso del suo intervento, signor ministro, e che la soluzione verrà dalla volontà di costruire un sistema efficiente ed anche democratico.

La seconda questione è la seguente: abbiamo parlato di un sistema binario e di un sistema unitario, ma il sistema binario non si realizza soltanto intorno alla competenza territoriale così com'è stata configurata sinora. È stato posto il problema dell'economicità, ma non possiamo ridurre la questione semplicemente nel realizzare ciò che costa meno e funziona meglio. Si può ragionare in termini di «binarietà» o pluralità all'interno dell'unità del servizio, mettendo fattori in comune. È una soluzione che potrebbe contemperare le due esigenze e portare un elemento di novità al sistema senza trascurare i problemi di efficienza ed economicità. Si tratta di lavorare su un sistema binario e plurale diverso da quello su cui abbiamo ragionato sinora.

La terza questione è la mancanza del passaggio tra l'acquisizione, la gestione dell'informazione e la sua utilizzazione. Abbiamo parlato del CIIS e condivido l'importanza di avere un organismo che sia più presente ed efficace come forma di coordinamento ma reputo essenziale pensare ad un raccordo tra le forze di informazione e quelle di polizia. Come potremo far diventare l'informazione utile anche da questo punto di vista? Vi sono state troppe occasioni nel passato per cui è rimasto tutto all'interno dell'intelligence senza trasformarsi in un'azione efficace sul territorio.

Infine, la quarta questione riguarda il personale e l'assunzione diretta del personale. Non è però questa la questione determinante perché tutti concordiamo sul fatto che sono necessarie professionalità, specialità, specializzazioni che debbono essere cercate sul mercato. La questione è un'altra; riguarda in parte il personale attualmente in servizio ed in parte il fatto che il personale, eventualmente assunto in futuro, diventerebbe anch'esso un personale «vecchio» e logorato. È possibile che non riusciamo ad immaginare un sistema che tenga l'attenzione vigile sulle qualità professionali durante tutto il percorso di carriera e che riusciamo soltanto a pensare ad un sistema che dopo venti anni di lavoro, a quarantotto anni di età, rende una persona non più utile perché logorata? Potremmo pensare ad un controllo sistematico come avviene con i piloti, ai quali si verifica la vista ogni anno e, raggiunta una certa età, si riduce la verifica a sei mesi. Anziché chiederci cosa faremo dei 1.400 lavoratori presenti nei servizi perché stanchi, logorati e non più utili, dovremmo interrogarci su come faremo per mantenere in efficienza il sistema nel tempo sia per coloro che sono attualmente in servizio sia per coloro che lo saranno nel futuro.

Se non troviamo ora la chiave per risolvere il problema, tra dieci anni saremo allo stesso punto, con persone assunte oggi ma logoratesi nel frattempo. Ciò vale anche per le specialità. Assumere una persona di alta specializzazione e non tenerla aggiornata, informata e verificata, significa che tra pochi anni essa sarà, per così dire, da buttare. Bisogna interrogarsi sulla necessità di un sistema che mantenga sempre alto il livello di qualificazione del personale con una selezione periodica, affinché vi sia un giudizio continuo di efficacia, lasciando la fuoriuscita dal sistema come la conclusione di inefficacia di tutte le attività di riqualificazione svolte e non come la prima soluzione.

PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Frattini per la replica alle domande poste.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie, signor presidente; tutti gli interventi hanno dato spunto per riflessioni  ampie ed approfondite che eviterò anche perché, come ha detto il presidente in apertura della seduta, siamo in sede di audizione e non nella fase di discussione generale del provvedimento. Vi saranno altre occasioni per fare ciò.

Mi limiterò, quindi, soltanto ad alcuni aspetti generali e soprattutto a fornire una conferma di un giudizio politico che molti colleghi hanno chiesto. Sono effettivamente convinto che la proposta del Governo fosse giustificata dall'urgenza di una reazione rapida agli avvenimenti dell'11 settembre ma che, per colpa di nessuno, lo ripeto, non essendovi ancora oggi una soluzione a quei problemi, non sia più né possibile né opportuno invocare un'urgenza che ormai non esiste. Occorre una riforma ampia ed organica ed abbiamo molti più elementi di quanti ne avevamo nel 2001 per capire che l'articolazione strutturale dei servizi, non soltanto il miglioramento funzionale, sono necessariamente da aggiornare per le sfide che stiamo fronteggiando. Il mio giudizio politico sul testo approvato al Senato non è di errore, ma di una inadeguatezza sopravvenuta. Tale testo non è più rispondente a ciò che il paese, e non soltanto la comunità di intelligence ed il Parlamento, si attende da una approfondita soluzione ai tanti problemi che in questi mesi, direi anni, abbiamo posto sul tappeto.

Apprezzo molto sia lo spirito costruttivo dei colleghi dell'opposizione sia le riflessioni dei colleghi della maggioranza; colgo l'occasione per ricordare che, ovviamente, il Governo rifletterà sul tema in oggetto. Sarebbe opportuna una parallela riflessione, che l'onorevole Boato e la Commissione certamente condurranno in vista dell'individuazione dei possibili punti del provvedimento sui quali sono necessari un approfondimento ed un'innovazione.

Oggi ho tentato - e voi insieme a me - di fornire alcuni spunti ed indicare i pilastri di una possibile riforma organica. Ecco perché (e spero i colleghi mi perdoneranno) ora non risponderò alle singole questioni. Né oggi dirò come ritengo vada modificato il ruolo del Primo ministro o, meglio, del Presidente del Consiglio dei ministri. Però se, come credo, si deve pensare ad una progressiva concentrazione di funzioni, sia pure con quel modello di «binarietà nell'unità» (è questa l'utile idea del collega Sinisi), è evidente allora che il ruolo del Presidente del Consiglio tendenzialmente tenderà ad assorbire le dipendenze funzionali oggi esistenti.

Ma è proprio per questo motivo che quell'organismo da me definito cabina di regia (negli Stati Uniti si chiama National security council) non potrà più avere le caratteristiche attuali; ossia non potrà più, come ora, riunirsi una volta ogni quattro mesi per brevi riunioni nel corso delle quali, in sostanza, si prende atto di quanto già realizzato dalle varie strutture. Dovrà, invece, diventare il luogo dove quelle autorità che oggi hanno poteri funzionali (e domani forse non li avranno più) diranno al Primo ministro (al Presidente il Consiglio dei ministri) come un determinato discorso innovativo, strategico, programmatico, potrà da lui essere posto in essere (parlo spesso di Primo ministro perché immagino una riforma che ancora non esiste).

È in questo quadro che io vedo possibile un rafforzamento dell'attuale CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza), fino a renderlo veramente la cabina di regia politica dell'intelligence. Il Presidente del Consiglio da solo non può avere questo compito, specialmente se si va verso una struttura che dovrà porre in comune dei servizi e delle funzioni. Non penso ad un possibile futuro in cui i servizi abbiano tre banche dati diverse. Né ritengo possibile il futuro degli stessi servizi con procedure di reclutamento diverse dell'uno rispetto all'altro.

È chiaro, dunque, che si potrà immaginare un'agenzia unica, magari strutturata in due servizi distinti in base a criteri che adesso non è possibile, ovviamente, approfondire. Ma, in ogni caso, una maggiore unificazione corrisponderà all'unità di indirizzo che il Presidente del Consiglio deve garantire; ed è certo che il ruolo del Parlamento sarà consequenziale. Quanto più vi sarà forza nell'esercizio del potere  di indirizzo del Presidente del Consiglio tanto più il Parlamento sarà il luogo dove si eserciterà il controllo ma non la cogestione.

Sono d'accordo con l'onorevole Minniti sulla necessità che il Comitato parlamentare di controllo si evolva (ebbi modo di affermarlo quando ero io il presidente del Comitato), sino a diventare una struttura impermeabile, cosa che oggi non è. Con il termine impermeabile mi riferisco ad una struttura dotata di autoassunzione di responsabilità, ma anche al fatto che, nell'autonomia del Parlamento, i Presidenti delle Camere dovranno individuare (non lo può fare la legge ordinaria) dei criteri che, in base alla autorevolezza dei componenti e a regole di sanzione politica (che io oggi non posso ovviamente delineare ma che pure ci devono essere), potranno permettere a quel Comitato di essere luogo dove il Governo, senza timori di vederle pubblicate, trasmetta notizie riservate, magari in misura e con un'ampiezza maggiori di quanto oggi non accada.

Attualmente è scarso il potere reale del Presidente del Consiglio e certamente corrispondente è il potere del Comitato parlamentare. Se il potere del Presidente del Consiglio aumenterà e si concentrerà, allora è logico che il Parlamento avrà titolo a rivendicare un controllo più penetrante.

Concludo la mia riflessione ricordando che sulle garanzie funzionali assistiamo al caso di scuola di come una norma avrebbe dovuto essere scritta ed invece - purtroppo - non lo è stata. Lo dico con chiarezza, avendo contribuito a lavorare al Senato per formulare una norma adeguata. Ma tutti ci rendiamo conto che la soluzione che avete dinanzi, per usare le parole dell'onorevole Minniti, non è chiara né è facilmente spiegabile.

Non è chiara per gli operatori dei servizi che ne sarebbero i potenziali destinatari ma spesso non lo è anche per noi. Vi è difficoltà d'interpretazione di alcune delle formule. Il controllo preventivo del magistrato, i limiti del controllo, l'ampiezza nell'interpretazione della corrispondenza tra il mandato ricevuto e l'attività svolta in concreto: sono questi dei passaggi che comportano il rischio di rendere davvero fermi i servizi per il timore di interpretazioni non chiarissime come dovrebbe essere scritto nella legge. Ecco perché anche sulle garanzie funzionali occorre un miglioramento sostanziale - non solo formale - del testo che abbiamo davanti.

Detto ciò, resta la mia disponibilità a lavorare insieme anche in seguito. Non so, onorevole Boato, se vi sarà una disponibilità quale quella da lei auspicata; purtroppo come ministro per gli affari esteri ho parecchie incombenze di cui occuparmi, anche all'estero. Ma entro le possibilità con cui ho finora seguito i lavori in Parlamento, confermo la mia disponibilità, ovviamente nei limiti che lo stesso Parlamento riterrà opportuni. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Frattini. Mi auguro che - trovando egli il tempo tra i vari spostamenti - sia possibile concordare altre date per proseguire insieme questo lavoro. Credo che con queste premesse potremo conseguire i risultati da tutti sperati, in tal caso non solo da una o dall'altra parte politica.

Dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 15,50.



I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
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Resoconto di giovedì 22 luglio 2004

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2004

 

 

AUDIZIONI INFORMALI

Giovedì 22 luglio 2004.

Audizione, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 3951 Governo, approvato dal Senato, ed abbinati concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato, del Direttore del SISMI, Generale Nicolò Pollari.

L'audizione informale si è svolta dalle 15 alle 17.10.

 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)
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Resoconto di giovedì 16 settembre 2004

AUDIZIONI INFORMALI

 

Giovedì 16 settembre 2004

Audizione, nell'ambito dell'esame dei progetti di legge C. 3951 Governo, approvato dal Senato, ed abbinati concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e segreto di Stato, del Capo del III Reparto UCSI, generale Antonino Tommaselli.

L'audizione informale si è svolta dalle 14.20 alle 15.10.

 

 

 


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I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di mercoledì 22 settembre 2004

AUDIZIONE

 


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro dell'interno, onorevole Giuseppe Pisanu, sulle tematiche concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e il segreto di Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro dell'interno, onorevole Giuseppe Pisanu, sulle tematiche concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e il segreto di Stato.

Do la parola al ministro per la sua relazione.

GIUSEPPE PISANU, Ministro dell'interno. Signor presidente, onorevoli colleghi, torno davvero volentieri in questa Commissione con la certezza di trovare una disponibilità al dialogo e al confronto costruttivo che come sempre, in passato, mi è stata di notevole aiuto nel mettere a fuoco le grandi questioni della sicurezza e dell'ordine pubblico nel nostro paese. So che su questo delicato e complesso argomento avete sentito prima di me molti autorevoli interventi e questo mi facilita il compito, perché mi consente di soffermare l'attenzione su alcune questioni di carattere generale e, soprattutto, di esprimervi con assoluta sincerità e lealtà delle convinzioni che ho maturato sul campo durante questi due anni di lavoro al Viminale.

Credo che - lo dico subito - si debba andare ben al di là di talune modifiche alla legge n. 801 del 1977. Dopo l'11 settembre, ma prima ancora di quella data, la minaccia del terrorismo di matrice islamica e l'evoluzione del terrorismo interno hanno determinato progressivamente scenari del tutto nuovi che ora ci impongono di intervenire con urgenza anche sugli aspetti strutturali e di funzionamento dell'intero apparato della nostra intelligence. Si tratta di mutamenti così profondi da indurre mutamenti altrettanto profondi nell'organizzazione e nel funzionamento dei nostri servizi.

Sono maturi i tempi per andare al cuore del problema; mi riferisco al superamento del modello binario e delle perplessità tradizionalmente legate al timore di una eccessiva concentrazione di poteri attraverso il modello unico. Credo che dobbiamo considerare ormai davvero datate certe perplessità generali su questa concentrazione di poteri essendo ormai l'affidabilità democratica dei nostri servizi - delle donne e degli uomini che vi lavorano - un dato acquisito. Penso che queste preoccupazioni debbano ormai lasciare il campo all'esigenza fondamentale di un maggior coordinamento delle attività rivolte a garantire la sicurezza dello Stato.

Sapete meglio di me che le posizioni dottrinali in questa materia si dividono quasi equamente tra i due modelli di  riferimento: il modello unitario e il modello binario, quest'ultimo - come sapete - molto più diffuso in Europa. Ciò significa in sostanza che noi ci muoviamo su un terreno teoricamente molto opinabile tanto da risultare in conclusione neutro; per altro verso siamo abbastanza consapevoli dei pregi e dei difetti dell'uno e l'altro sistema. Ma se passiamo dalla teoria alla pratica ed esaminiamo i risultati concreti del quasi trentennale esperimento italiano di modello binario non solo - almeno per quanto mi riguarda personalmente - non riesco a rinvenire, a ritrovare elementi che ne attestino la superiorità, ma al contrario rilevo difetti ed incongruenze che ne sollecitano il superamento. Penso, per esempio, all'attività dei servizi suddivisa per materie e alle confusioni che questa suddivisione ha creato. Penso alla sopravvivenza del concetto militare di controspionaggio, mentre ovunque si afferma l'esigenza di un'attività di controingerenza politica, economica, scientifica; penso alla carenza delle garanzie funzionali che nel concreto esercizio delle attività si sono via via rivelate.

Proprio per questo mi sembra che mantenere il vecchio assetto in un contesto interno ed esterno così radicalmente diverso da quello della seconda metà degli anni Settanta - tempi di guerra fredda, non dimentichiamolo - vorrebbe dire soprattutto lasciare spazio ad interferenze, sovrapposizioni, inefficienze, dispersioni di forze, duplicazioni, ridondanze e al prevalere della burocrazia sull'operatività. Questo comporterebbe un sacrificio ingiustificabile delle esigenze che tutti acutamente avvertiamo di una maggiore efficacia e razionalizzazione delle risorse disponibili. Queste esigenze, a mio parere, rendono oggi indispensabile uno strumento che deve essere unitario, compatto, agile ed efficiente.

In termini più tecnici penso ad un unico servizio, a competenza generale, posto alle dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri e articolato in branche specialistiche. Penso che questa soluzione garantirebbe nella massima misura possibile il coordinamento degli interventi ed eliminerebbe molte delle criticità del sistema binario che ho poc'anzi ricordato. Il coordinamento - voglio sottolinearlo con la massima chiarezza - è una necessità vitale quando si tratta di fronteggiare e, soprattutto, di prevenire una minaccia sfuggente, subdola ed ipoteticamente rivolta ad una gran quantità di obbiettivi assai diversi tra loro.

L'attività informativa e di sicurezza è caratterizzata da una oggettiva e inscindibile unitarietà, così che ogni azione risulta complementare ad altre, dello stesso settore, o anche di settori diversi. Dall'esito dell'una le altre traggono spunto e si alimentano, in un processo circolare che rende la materia estremamente fluida, e comunque impedisce di tracciare confini concettuali precisi, tanto meno confini operativi.

Questo ordine di considerazioni si rafforza ulteriormente se si considera, ad esempio, quanto sia aumentato negli ultimi decenni il campo degli interessi nazionali da tutelare. Mi riferisco a quella esigenza, di fatto quasi totalmente insoddisfatta, di controspionaggio non più militare, come ho detto, ma di una attività di controingerenza politica, economica e scientifica.

Si pensi ancora, per altro verso, ai pericoli che potrebbero derivare da eventuali collegamenti tra l'eversione di origine interna e quella di matrice internazionale. Questa è una ipotesi, uno scenario, non un dato attuale, ma una mera ipotesi. Si tratta tuttavia di uno scenario che non dobbiamo sottovalutare, perché l'individuazione dello Stato democratico come il nemico comune potrebbe prima o poi innescare processi di avvicinamento e di collaborazione tra organizzazioni terroristiche diverse, spingendole a superare distinzioni politico-ideologiche e confini geografici.

Al momento, a questo momento, valutiamo che i segnali emessi da alcune organizzazioni italiane, attraverso numerosi documenti, non siano stati raccolti dal terrorismo islamico, verosimilmente per diffidenza e timore di contaminazioni  ideologiche. Taluni seppur timidi accostamenti dicono tuttavia che diffidenze e timori possono anche cadere.

Anche per quanto ho appena affermato, io non penso che la prospettiva di reductio ad unitatemdegli apparati di informazione e sicurezza possa in alcun modo far perdere autonomo rilievo al compito che oggi la legge affida segnatamente al SISDE; il compito, per citare l'espressione testuale, della «difesa dello Stato democratico e delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento». Per dirla in soldoni e non lasciare spazio a dubbi, io voglio chiarire che non ho alcuna intenzione di tutelare posizioni acquisite del Ministero dell'interno, ma ho solo l'esigenza di rendere complessivamente più efficienti i nostri servizi di informazione per la sicurezza dello Stato.

Sono altresì persuaso che la difesa dello Stato democratico sarebbe meglio garantita col sistema unitario, non con quello binario. Basti pensare alla minaccia terroristica, la quale, tanto nella sua versione interna quanto nella sua versione internazionale, assume obiettivi tattici e strategici che sono sostanzialmente unitari. Quali sono questi obiettivi? Seminare paura, destabilizzare la vita sociale, condizionare il funzionamento delle istituzioni politico-rappresentative e, infine, abbattere lo Stato democratico e conquistare il potere.

Come dicevo poco fa, il nuovo apparato unitario dipenderebbe direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri e lo assisterebbe, in particolare, nell'esercizio dei suoi compiti di autorità nazionale della sicurezza per la tutela del segreto di Stato e così pure nei rapporti con i Ministeri dell'interno, della difesa e per taluni aspetti degli esteri. Ovviamente questi ministeri verrebbero interessati dallo stesso Presidente del Consiglio, a seconda dei casi, in relazione alle rispettive attribuzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica, di difesa nazionale e di politica estera.

In questo quadro, il CIIS potrebbe svolgere veramente un effettivo ruolo di supporto strategico alle decisioni del Presidente del Consiglio, secondo una linea che mi pare già accennata nel disegno di legge che voi state esaminando.

Il testo contiene, ci tengo a precisarlo, anche altri aspetti positivi che meritano di essere ripresi e attualizzati. Mi riferisco innanzitutto alle cosiddette «garanzie funzionali», già prese in considerazione dalla Commissione Iucci e successivamente, sia pure con certa differenza di impostazione, in varie proposte di legge, in particolare nel disegno di legge del Governo D'Alema che su questo, come su altri aspetti, mi pare conservi una innegabile attualità.

Non c'è dubbio che sul tema si possa utilmente ritornare per chiarire sia i presupposti giuridici che possono legittimare condotte altrimenti perseguibili penalmente, sia i limiti di cognizione della autorità giudiziaria, qualora vengano opposte queste speciali cause di giustificazione.

Non penso di dover anticipare qui soluzioni di carattere tecnico che la Commissione, nella sua competenza specifica, saprebbe comunque meglio delineare. Voglio piuttosto limitarmi a sottolineare la necessità che si evitino mere enunciazioni di principio e che si vada invece verso un quadro di regole certe per lo svolgimento delle attività non convenzionali, rese necessarie dalle insopprimibili esigenze di sicurezza del paese.

Dico questo pensando non solamente alle giuste richieste di tutela degli operatori, ma anche alla grande sensibilità dimostrata su questi problemi dalla nostra pubblica opinione, sempre attenta al rispetto del principio di legalità da parte dei servizi di informazione nello svolgimento delle loro delicatissime attività istituzionali.

Un'altra questione da mettere definitivamente a fuoco, senza per questo stravolgere i principi che ispirano il testo al nostro esame, è quella relativa al reclutamento di operatori esterni, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di giovarsi di professionalità particolari, oggi difficilmente reperibili all'interno delle pubbliche amministrazioni (e, quando sono reperibili,  non sono disponibili, perché ciascuna amministrazione giustamente queste risorse se le tiene ai propri fini).

Naturalmente la riforma del reclutamento e anche una politica oculata di mobilità del personale presuppongono una visione chiara dei compiti di una intelligencemoderna ed efficace in rapporto alle esigenze attuali di analisi e di prevenzione.

Solo in una prospettiva chiaramente delineata si può determinare il fabbisogno di personale e, soprattutto, di nuove qualificazioni e competenze in relazione ai sempre mutevoli scenari creati dalla globalizzazione dei mercati, dal progresso tecnologico e dal sistema finanziario internazionale.

Non possiamo certo ricercare ed acquisire queste professionalità con metodi vecchi e burocratici, qualche volta intollerabili - perché non dirlo - e, comunque, irrimediabilmente condannati dall'esperienza.

Per particolari funzioni che richiedono eccezionali capacità o competenze altamente specializzate, si può e si deve privilegiare un approccio diretto e immediato che consenta, naturalmente nel rispetto di regole chiaramente stabilite, di acquisire direttamente le risorse umane necessarie; del resto, da tempo i servizi dei paesi più avanzati fanno in questo modo, ottenendo risultati sicuramente positivi.

Mi auguro, quindi, che la Commissione possa decidere in materia di reclutamento e di mobilità del personale nella maniera più consona che consenta di utilizzare al meglio le risorse disponibili, di acquisirne delle nuove senza aggravi di spese per l'amministrazione.

Concludo questa mia breve esposizione, che ho volutamente limitato, anche per economizzare sul tempo, agli aspetti che mi sembrano più rilevanti di questa vasta e complessa problematica che voi state esaminando; quindi, se lo consentite, vorrei terminare tornando brevemente al problema del servizio unico ed in particolare ai presunti rischi legati alla concentrazione dei poteri.

Credo, infatti, che questi rischi, ove effettivamente sussistano, possono essere agevolmente contenuti o del tutto scongiurati rafforzando il sistema dei controlli amministrativi e, soprattutto, di quelli parlamentari.

Naturalmente - e vorrei essere il più possibile chiaro e leale su questo punto - la disciplina delle attività di controllo deve essere severa e scrupolosa, così da assicurare, comunque, quegli standard di riservatezza che sono condizione assolutamente indispensabile per la tenuta dell'intero sistema e per la stessa possibilità di acquisire informazioni dai servizi amici e stabilire rapporti fecondi di collaborazione. L'esperienza, se pur modesta, di questi due anni mi ha insegnato che la possibilità di scambiare informazioni tra servizi è strettamente legata al livello effettivo di segretezza degli interlocutori; infatti, non conosco un servizio che dia informazioni sensibili ad un altro servizio la cui riservatezza non sia risultata, con i fatti, «a prova di bomba».

Ciò premesso, non posso che ribadire, ancora una volta, la mia convinzione profonda sul ruolo chiave del Parlamento in un moderno e ben ordinato sistema di intelligence.

Proprio per questo, vi chiedo anche di valutare se non sia opportuno che gli interlocutori del Parlamento, in questa delicata materia, debbano essere sempre i responsabili politici del servizio, eventualmente, assistiti dai vertici tecnici; infatti, è dal controllo del Parlamento, dalle sue valutazioni sull'efficacia degli apparati di informazione e sicurezza che il Governo trae, naturalmente nel rispetto della distinzione costituzionale delle funzioni, il più forte stimolo e il più saldo supporto democratico per assicurare la rispondenza dell'intero sistema all'interesse supremo della sicurezza dello Stato.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Pisanu per la chiarezza con cui ha rappresentato il punto di vista del Ministero dell'interno su questo punto cruciale.

Ricordo ai commissari e al ministro che purtroppo, a causa dei lavori dell'Aula che inizieranno alle 15,30 e che ci vedranno impegnati nel dibattito sulle riforme  costituzionali, saremo obbligati a concludere l'audizione per quell'ora. Invito pertanto a formulare domande compiute, ma brevi e risposte dello stesso tenore (ma su questo non abbiamo nessun dubbio).

MARCO BOATO. Ringrazio il presidente e ringrazio, anch'io, il ministro Pisanu per la correttezza che sempre manifesta nei suoi rapporti con il Parlamento.

Poiché il presidente ci invita ad essere stringati - per regioni del tutto comprensibili - cercherò di esserlo anch'io; quindi, spetterà a lei valutare, signor ministro, se sarà necessario fornirci per iscritto eventuali ulteriori approfondimenti.

Credo che lei abbia, con la sua consueta onestà intellettuale che tutti le riconosciamo, accennato ad alcuni problemi che riguardano il passato; infatti, quando lei ha detto che ormai la piena affidabilità democratica degli uomini è acquisita, nel pronunciare la parola «ormai» ha fatto, purtroppo, riferimento a storie di un passato abbastanza lontano che tutti noi ricordiamo perché oggi è nei libri di storia.

D'altra parte, però, un vostro collega della maggioranza ieri ha presentato una relazione al Parlamento su una questione che riguarda i servizi, mettendo sotto accusa i capi di un periodo più recente come Battelli e Siracusa. Esiste una pesantissima relazione del presidente della Commissione parlamentare di inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin» e l'attività di intelligenceitaliana, senatore Guzzanti, sul cui merito non intervengo, che - depositata ieri in Parlamento (si tratta di un documento di 150 pagine) - riguarda esattamente i servizi segreti contro cui rivolge accuse durissime.

Tralascio il fatto che queste ultime coinvolgono rapporti politici con governi di schieramenti diversi dall'attuale, poiché - come lei mi insegna - stiamo discutendo, in questa sede, attorno a questioni istituzionali in cui il colore politico del Governo non deve entrare. Ricordo, infatti, che ciò di cui ci interessiamo riguarda il funzionamento degli apparati preposti alla sicurezza democratica del nostro paese.

In proposito, comprendo bene il significato della parola «ormai» da lei utilizzata poco fa, signor ministro, in riferimento alla fase storica compresa tra gli anni Sessanta e Settanta e lo condivido; mi chiedo, però, se tutti gli esponenti della maggioranza esprimano uguale condivisione, poiché, ripeto, esiste un atto parlamentare di ben 150 pagine che pone sotto pesantissima accusa i vertici massimi dei servizi. È un problema che sottopongo all'attenzione del signor ministro, non perché egli sia tenuto a rispondermi in questa sede, ma perché sono consapevole di quanto sia attento e scrupoloso nell'esercizio delle sue funzioni.

Riguardo al reclutamento del personale - problema affrontato sovente con il presidente di questa Commissione nel corso di precedenti di audizioni - ciò che lei ha dichiarato, e ritengo ne sia consapevole, corrisponde a quanto è stato a noi prospettato dalla quasi totalità degli auditi: uno di questi ci ha invitato ad usare molta attenzione nel ricorrere ai reclutamenti esterni; tutti gli altri, pur sottolineando l'esigenza di ponderare dovutamente il problema, hanno invece evidenziato come alcune professionalità specifiche e mirate cui lei ha fatto riferimento appaiono comunque necessarie, non risultando, altresì, reperibili nella pubblica amministrazione. Confermo quindi che quanto lei ha osservato in proposito è stato evidenziato nel corso delle audizioni precedenti, eccetto una, nel corso della quale, sul punto, è emerso un orientamento molto più cauto, ponendo tutti noi in uno stato di maggiore allerta.

Lei ha poi parlato di metodi «intollerabili», per usare l'espressione impiegata poco fa nel suo intervento; vorrei in proposito osservare che, se pure il nostro intento non è quello di svolgere un'audizione avente ad oggetto problemi occorsi nel passato, siamo però consapevoli dell'esistenza di una letteratura ampia, nel caso di specie più giornalistica che dottrinale, su episodi di malcostume rispetto ai  reclutamenti interni ai servizi (del resto, lei ne è al corrente più di me, dovendo direttamente interessarsi di questi problemi, mentre io sono un semplice interlocutore parlamentare). In ogni caso, anche rispetto a quanto è stato dichiarato in questa sede, devo dare atto al ministro della lealtà manifestata nell'accennare, in misura garbata, ai problemi che per il passato si sono sollevati. Rientra tra questi il rischio di concentrazione del potere - a cui il ministro ha fatto riferimento non per esorcizzarlo, ma per evidenziare l'esistenza di possibili strumenti istituzionali per il suo superamento -, su cui si è discusso anche nel corso di pregresse audizioni svolte presso la nostra Commissione, congiuntamente ai diversi responsabili istituzionali: alcuni di questi hanno maggiormente accentuato l'esigenza di superare il modello binario a favore di quello unitario - su cui lei ha espresso chiarissima propensione oggi -; altri, invece, hanno preferito prendere atto di entrambe le ipotesi, demandando, però, al Parlamento la decisione finale ed evidenziando l'esistenza di pregi e difetti di ciascuna di esse.

Quanto ai vantaggi individuati a proposito del modello binario, si è sostenuto, unanimemente, che questi consisterebbero nella possibilità di garantire un controllo reciproco ed un equilibrio capace di evitare sbilanciamenti di sorta.

D'altra parte, in passato, quando era proprio il modello binario ad essere applicato i problemi non furono evitati, quindi mi sembra di poter ritenere che l'affermazione precedente, probabilmente, finisca per provare troppo.

LUIGI MURATORI. Ponga la sua domanda...!

MARCO BOATO. Non crede che possa decidere io che cosa dire? Le faccio presente, onorevole Muratori, che la domanda riguarda una questione non banale e pertanto mi consenta di stabilire autonomamente come porla. Se non sarò io a decidere sarà il signor presidente ma non un collega, soprattutto quando - come in questo caso - si tratti di un collega generalmente non presente in questa Commissione.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Boato.

MARCO BOATO. Signor presidente, parlo con il massimo rispetto, quello che osservo nei confronti dei ruoli istituzionali. E in questa sede abbiamo un presidente e un ministro. Ho già posto implicitamente alcune domande e se lei solo si sforza un poco comprenderà di averle già sentite. L'interrogativo che intendevo porre rispetto all'ipotesi esplicitata, in modo molto franco e corretto, supera quanto discusso nel corso dell'audizione svoltasi in data 21 luglio 2004, alla presenza del ministro degli affari esteri, che pure ebbe ad oggetto la stessa questione.

Nell'assunto che quanto ho trascritto di quell'intervento sia esatto, vorrei evidenziare che in quella sede il ministro espresse una valutazione, sottolineando che probabilmente il momento per scegliere tra i due modelli non fosse ancora giunto. Ripeto, si tratta dell'audizione tenuta in data 21 luglio 2004, cioè appena due mesi fa, prima della chiusura estiva del Parlamento.

Alla luce di ciò, vorrei sapere - tramite lei, signor ministro, che ne riferirà in Consiglio dei ministri - se il Governo non ritenga opportuno - avendo noi completato, dal punto di vista istituzionale, le audizioni previste (sono stati sentiti, infatti, gli esponenti del CESIS, del SISMI, del SISDE, dell'UPSI, il ministro degli esteri e adesso lei, in qualità di ministro dell'interno, cui potremmo forse aggiungere ancora il ministro della difesa) - che giunga al Parlamento, in questo caso alla nostra Commissione, una proposta unitaria da parte del Governo su cui, come lei ha sottolineato, sia possibile confrontarsi, nel rispetto e nel dialogo reciproci. Mi chiedo questo non perché ritenga che si sia mancato di individuare i problemi di rilievo sino a questo momento - avendo peraltro io stesso apprezzato lo spirito delle discussioni svolte -, ma piuttosto per l'esigenza di definire una nuova proposta  unitaria, commisurata anche al momento attuale, posto che i tempi appaiono maturi nello scenario internazionale da lei stesso prospettato e che è all'attenzione di tutti noi.

Infatti, se è vero che il disegno di legge attualmente al nostro esame è un atto di iniziativa governativa, è altrettanto indubbio che il provvedimento risale già ad alcuni anni fa mentre invece, come lei ha sottolineato, il contesto attuale è completamente mutato.

Questo interrogativo fondamentale che le pongo include tutta una serie di questioni ad esso correlate; si pensi al problema - ancora da lei sollevato in riferimento alla ripartizione del modello unitario - delle cosiddette «branche specialistiche», oppure alla questione del coordinamento.

Ricordo, inoltre, come il signor ministro abbia anche affrontato il problema del rapporto di dipendenza, che definirei ovvia, di questa struttura - ipoteticamente unitaria - dal Presidente del Consiglio dei ministri, e la contemporanea relazione con i Ministeri interno, affari esteri, difesa, forse anche economia. Abbiamo poi sentito parlare di un comitato strategico presso il Viminale...

GIUSEPPE CALDAROLA. Vuole forse dire il CIIS...

MARCO BOATO. No, non mi riferisco a questa struttura. Lasciate che sia io a parlare: so bene ciò che dico, perché ho «verbalizzato» personalmente quanto finora asserito! Il prefetto Del Mese, in data 15 luglio, ha fatto riferimento ad un comitato strategico istituito dal ministro Pisanu al Viminale, con forze di polizia e servizi riuniti attorno allo stesso tavolo. So bene di che cosa parlo, perché, come continuo a ripetervi, l'ho verbalizzato!

Quanto al ministro Frattini, questi ha parlato della necessità di una «cabina di regia», espressione testuale da lui usata in data 21 luglio. Chiedo ora a lei, ministro, un approfondimento su ciò che è stato istituito in via amministrativa, ai sensi dell'attuale panorama normativo, è ciò che ritiene, invece, andrebbe formalizzato dal punto di vista dispositivo.

Da ultimo, vorrei svolgere un'osservazione conclusiva, chiarendo che ho voluto usare un tono interlocutorio nel mio intervento, senza porre domande stentoree, nello spirito di instaurare un dialogo costruttivo con il ministro. Signor ministro, lei ha parlato della necessità di compiere un approfondimento anche rispetto alle garanzie funzionali - termine molto eufemistico, usato per dire ciò che noi tutti già sappiamo -, tema accanto al quale si pone la questione del comitato di garanzia. Al tempo stesso, lei ha fatto riferimento all'importanza dell'interlocutore parlamentare, nella specie rappresentato dal COPACO, accennando ad un aspetto che già altri, quasi tutti i soggetti auditi nel corso dei nostri lavori, hanno messo in rilievo e che mi lascia perplesso.

Dico questo nella consapevolezza di non avere mai fatto parte di tale organismo parlamentare; per ciò mi limiterò a parlare nell'ottica di chi ha soltanto potuto affrontare la questione sotto il profilo istituzionale e non per esperienza diretta.

In particolare, vorrei soffermarmi sul presunto intrattenimento - da parte del Comitato - di soli ed esclusivi rapporti con i responsabili politici, ciò che francamente, desterebbe in me qualche perplessità, tanto più considerando che questo organismo ha sempre dato garanzie di responsabilità e affidabilità, indipendentemente dalla gestione del Comitato e dal colore politico di chi lo abbia presieduto. Pertanto, stabilire che suo interlocutore sia sempre il Presidente del Consiglio oppure il sottosegretario delegato o eventualmente un ministro significherebbe indebolire il ruolo dello stesso controllo parlamentare, fermi restando gli standard di riservatezza che lei giustamente esige da chi è chiamato a svolgere un'attività così delicata, diretta a garantire, in ogni caso, la sicurezza complessiva. Quindi, su tale punto, nutro alcune perplessità, a prescindere dalla domanda testé formulata.

CARLO LEONI. Signor ministro, la ringrazio per la sua presenza e per la sua  relazione e vengo subito a rivolgerle tre domande, piuttosto nette. La Commissione sta svolgendo alcune audizioni sulla base di un testo non solo datato ma altresì rispondente ad uno schema del tutto diverso da quello che sembra ora maturare, anche dalla sua relazione così chiara; mi riferisco, al riguardo, alla prospettiva del servizio unico. La domanda, simile a quella testé rivolta dal collega Boato, è la seguente: il Governo intende presentare un nuovo disegno di legge in vista del perseguimento di tale obiettivo?

PRESIDENTE. Se ne farà carico il Parlamento.

MARCO BOATO. Bisogna vedere...

PRESIDENTE. Il Governo può senz'altro farlo, ma il provvedimento è già all'esame del Parlamento; non si può aspettare l'iniziativa del Governo.

CARLO LEONI. Non ho inteso dire ciò; la mia domanda era, piuttosto, volta a capire solo se il Governo intenda muoversi in questa direzione.

PRESIDENTE. In tal caso, fornirà un contributo al nostro lavoro legislativo.

CARLO LEONI. Un'altra domanda concerne il reclutamento esterno alla pubblica amministrazione; reclutamento che, a certe condizioni, considero utile. Domanderei, in proposito, se, per superare le obiezioni sollevate al riguardo, sia praticabile la scelta di un'assunzione temporanea di quegli specialisti dei quali già non disponga la pubblica amministrazione; quali, in ipotesi, potrebbero essere le controindicazioni di una siffatta decisione?

Infine, circa la composizione del comitato di garanzia chiederei la sua opinione su quali debbano essere, al fine di apprestare effettivamente le necessarie garanzie, le figure chiamate a farne parte.

GRAZIELLA MASCIA. Signor presidente, farei anzitutto una premessa per quanto attiene alla questione del modello, unitario o binario; credo non vi possano essere preclusioni al riguardo, per le ragioni già illustrate dal ministro e perché il problema risiede piuttosto nei controlli. Il tasso di democraticità - mai scontato - di tali apparati ed istituzioni dipende, infatti, dai controlli che si riescono a stabilire. Forme diverse di deviazioni ed illeciti sono sempre possibili; ben sappiamo la delicatezza della questione.

Pur rispettando le perplessità di quanti ritengono che il sistema binario per le sue caratteristiche intrinseche garantisca il controllo reciproco, mi pare che l'esperienza induca a ritenere, piuttosto, che non si possano avere preclusioni di principio rispetto ad una diversa esperienza, anche considerati i tempi attuali, completamente diversi da quelli in cui l'assetto degli attuali servizi è stato congegnato; ad esempio, il mondo era allora diviso in due blocchi e vi erano condizioni molto diverse.

Neppure possono esservi preclusioni rispetto alla questione del reclutamento; in passato già si rilevarono le incongruenze determinatesi nel reclutamento all'interno della pubblica amministrazione. Dunque, a mio avviso, il problema risiede anche in tal caso nel controllo; molto importante, al riguardo, può essere il ruolo del COPACO. Ritengo peraltro opportuna la scelta di avere come referenti interlocutori politici; infatti, in una vicenda come questa, la questione più rilevante è la chiarezza nelle responsabilità, che sono politiche; i tecnici rispondono del loro ruolo.

Rimango perplessa in quanto gli interlocutori fino ad oggi ascoltati non hanno dato delle motivazioni, esprimendo, invece, un'esigenza presente nel testo in esame. Si tratta del tema delle garanzie funzionali; ebbene, così come proposta nel testo in esame, la questione non pare corrispondere alla menzionata esigenza di chiarezza nelle responsabilità. Al riguardo, non penso che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia gli strumenti per potere concedere le autorizzazioni in una materia che necessariamente deve prevedere altri livelli, tecnici, di responsabilità. Ritengo sia un tema molto delicato.

Sono dell'opinione che, in una attività come questa, valga molto la professionalità e, quindi, la responsabilità che si assume per i rischi relativi. Quindi, non capisco per quali ragioni e sulla base di quali esperienze si dovrebbero determinare queste garanzie. Non mi accontento delle affermazioni di principio; credo tali elementi debbano essere circostanziati. Seppure non nell'attività dei servizi, e tuttavia in attività quasi analoghe, abbiamo assistito recentemente ad indagini molto «pesanti», che sono tuttora in corso. Quindi, a mio avviso, si tratta di una questione molto delicata sulla quale sarebbe opportuno acquisire elementi di approfondimento; se non in questa sede, in futuro, con ulteriori documentazioni.

VALTER BIELLI. Signor ministro, la ringrazio per la chiarezza di quanto da lei riferito. Lei ha posto alcune questioni, a mio avviso giustamente, in modo che si sappia qual è il nucleo sul quale intendete lavorare. Ha fatto una premessa che condivido pienamente: oggi, i servizi sono altro dal passato in quanto i pericoli sono diversi. En passant, le vicende dello sventato attentato a Beirut dimostrano quanto siano importanti servizi efficienti, capaci di fare prevenzione in una guerra come quella che ci propone il terrorismo. Certo, non bastano i servizi; bisognerebbe anche fare altro e dovrebbe intervenire la politica. Però, siamo consapevoli di cosa siano oggi i servizi di intelligence,strutture importantissime.

Alla luce di tale considerazione, il tema della riforma è fondamentale per potere fare i conti con processi di tipo nuovo. Per razionalizzare ed ottenere maggiore efficienza, si potrebbe passare dal sistema binario a quello unitario; al pari degli altri colleghi, non ho pregiudizi circa una tale impostazione. Nessuno dei sistemi elimina del tutto i rischi, qualunque sia il controllo, ma ritengo che il Parlamento (anche il Governo), nel momento stesso in cui matura veramente un orientamento in tal senso, debba approfondire meglio il tema dei controlli, che rimane comunque un aspetto problematico.

Da tale punto di vista, essendo così importanti l'efficienza del servizio ed il tema dei controlli, l'osservazione fatta dal collega Leoni circa gli eventuali intendimenti del Governo rispetto alla questione che pende al nostro esame mi pare sia importante. Stiamo discutendo di un testo che non ha nulla a che fare con quanto in questa sede è stato esposto; stiamo parlando di un altro modo di intendere i servizi. Dovremmo cercare di procedere in modo tale da assicurare la massima disponibilità di tutti per un obiettivo che è comune; da tale punto di vista, un ruolo esplicito del Governo, a mio avviso, rappresenterebbe una condizione importante.

Dobbiamo capire fino in fondo il tema del controllo; sono d'accordo, ministro, sul fatto che il servizio debba far capo alla Presidenza del Consiglio (a mio avviso, un servizio deve avere tali caratteristiche). Però, vi è un ruolo del Parlamento; al riguardo, lei, comunque, ha posto il tema - gliene do atto - nel senso che il problema del controllo si deve discutere con molta serietà. L'attuale COPACO non risponde ad alcune esigenze di controllo; quanto da lei riferito, rischia, a mio giudizio, di essere ancora meno dell'attuale COPACO. Personalmente, penso ad una soluzione diversa; la questione è assai importante. Avrei molte altre considerazioni da fare, ma concludo il mio intervento con un'ultima domanda che spero non nasca in ragione del fatto che faccio parte della cosiddetta Commissione Mitrokhin. Ministro, è con disagio, anche di tipo personale, che le faccio presente quanto segue: ieri, nella Commissione parlamentare d'inchiesta concernente il «dossier Mitrokhin», abbiamo appreso come - non negli anni Sessanta ma nel 2000 - gli ultimi due dirigenti dei servizi abbiano depistato, occultato prove e abbiano, altresì, in qualche modo, impedito che si conducesse una giusta battaglia per il fatto che era messa in discussione la sicurezza nazionale. Siccome sono d'accordo con lei che in questo paese - tra virgolette - l'affidabilità e la democraticità dei nostri servizi è un dato acclarato, è bene che ciò lo si dica anche  a quelli che hanno fatto quella relazione. Ciò perché - e lo dico con rammarico - qualora passassero le cose che in quella Commissione sono state dette si getterebbe un'ombra anche nei confronti degli attuali servizi. Da questo punto di vista credo che tutte le cose che lei ha detto - e che io condivido - rischino di essere interpretate in un'ottica che considero estremamente sbagliata; quindi le chiedo un'opinione su tale vicenda.

MICHELE SAPONARA. Signor presidente, anch'io ringrazio il ministro Pisanu per la sua disponibilità e correttezza. È chiaro che stiamo parlando di una legge datata, superata dagli eventi come verificato dal dibattito interno in corso. Ogni personalità audita ha detto la sua sull'argomento in questione, quindi non so se possa prevalere la soluzione data dal binario, dal doppio binario o dal coordinamento unitario. Un fatto è certo: questa legge deve colmare lacune e tendere ad evitare i disagi o i disastri avvenuti in passato.

Mi meraviglio di come l'onorevole Boato abbia indugiato su certi disastri e si sia scandalizzato (assieme all'onorevole Bielli) per quanto accaduto nell'ambito della Commissione Mitrokhin di cui, tra l'altro, faccio parte anch'io anche se non partecipo assiduamente ai lavori come, invece, fa l'onorevole Bielli.

Se quella relazione verrà approvata, la maggioranza, la Commissione e il suo presidente Guzzanti se ne assumeranno le relative responsabilità. In ogni caso, per quello che ne so, vi posso dire che in quella Commissione sono accadute delle cose molto gravi. Chiedo al ministro Pisanu di fornirci un contributo alla luce di tutto ciò che oggi è stato detto; vorrei inoltre pregarlo di esaminare quella relazione nella misura in cui, ovviamente, può prenderne atto dando dei suggerimenti.

GIAMPIERO D'ALIA. Signor presidente, ovviamente non per ragioni di forma ma per stima, affetto e condivisione ringrazio il ministro per la chiarezza con la quale si è espresso. Condivido anche l'impostazione che egli ha seguito poiché ci troviamo di fronte ad un sistema, a problemi ed a strumenti nuovi. Poiché il provvedimento che stiamo esaminando ha avuto un iterparlamentare lungo e travagliato oggi vi è l'esigenza di fare il punto della situazione e di capire anche se vi siano elementi di novità da introdurre per rendere più efficiente questa delicata attività.

Signor ministro, considerati i limiti entro i quali ella può esporci la sua opinione, vorrei sapere come intende organizzare l'attività di quelle che lei ha definito branche o articolazioni per interventi specialistici. Tra l'altro, credo che tutto ciò debba prevedere anche un passaggio progressivo poiché noi possiamo contare su diverse strutture dislocate in apparati statali dell'amministrazione dello Stato; è evidente, quindi, che vi deve essere anche una fase transitoria di riorganizzazione. Come potrebbe avvenire tutto ciò? Non credo che dalla sera alla mattina si possa pensare di accorpare strutture che anche in passato hanno avuto problemi nell'accettare il principio del coordinamento e registrato difficoltà di dialogo. Vorrei sapere da lei se potrà essere prevista una soluzione progressiva affinché si arrivi a ciò che lei ha correttamente definito il superamento del modello binario.

Riguardo invece alle garanzie funzionali, lei ha parlato di controllo (che è sovrano) del Parlamento - in questo caso credo che anche i poteri del COPACO debbano essere in qualche modo rafforzati - e di controlli amministrativi che rappresentano un altro importante e delicato aspetto. Come possono essere rafforzati questi controlli amministrativi?

Vi è poi il problema del reclutamento degli operatori esterni, legato alla definizione delle relative regole, e quello rappresentato dall'attività di immedesimazione organica - che non corrisponde proprio ad un reclutamento - all'interno della struttura di soggetti esterni alla stessa; sto parlando di quel rapporto di interlocuzione sul territorio e sui territori che risulta funzionale all'acquisizione di informazioni. Per le questioni ordinarie il  problema non si pone, ma quando si deve dialogare anche con altre istituzioni forse, al di là del problema del reclutamento, l'acquisizione delle informazioni e la genuinità di tale acquisizione possono creare qualche problema. Questo però rappresenta un tema ulteriormente delicato che verrà trattato in seguito; quindi vorrei che il ministro rispondesse solamente alle domande che gli ho posto in precedenza e mi scuso se ho superato il tempo a mia disposizione.

PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Pisanu per la replica.

GIUSEPPE PISANU, Ministro dell'interno. Signor presidente, sono disponibile a tornare in Commissione quando ciò mi verrà richiesto, naturalmente dopo aver concordando assieme il giorno e l'ora. Detto questo, in premessa vorrei svolgere almeno un'affermazione: le cose che vi ho detto sono tutte frutto di personali convinzioni maturate sulla base della concreta esperienza che ho avuto sul campo in questi due anni. Ho fatto presente che in linea dottrinaria i sistemi si equivalgono anche se al servizio binario concretamente realizzato potrebbero essere rivolte obiezioni politiche di fondo; quella italiana, infatti, non ne è stata la più felice delle espressioni. Attualmente la più avanzata espressione di servizio binario fa capo alla Spagna dove, però, il capo dei servizi ha il rango di ministro e i suoi diretti collaboratori quello di sottosegretari. È in questo caso che, semmai, si pone un problema piuttosto delicato di concentrazione di poteri. L'altro grande modello conosciuto di sistema binario è quello del KGB, nell'ambito del quale il capo aveva un rango politico elevato ed operativo.

Penso concretamente al sistema unitario per una ragione molto semplice: sono convinto che, ferma restando l'esigenza (che mi pare il Parlamento abbia più volte sottolineato) di non accrescere gli uomini per i servizi, se noi eliminiamo duplicazioni, ridondanze e via dicendo riusciamo con gli stessi livelli di spesa a razionalizzare il servizio, a migliorarne la qualità e a rendere il medesimo più efficiente.

La scelta che faccio per il sistema unitario nasce da questa esigenza e dalle valutazioni che ho potuto fare cammin facendo. Quando uno si vede recapitare una notizia, una informazione, prodotta oggi, presentata come un «uovo fresco di giornata» e poi riscontra che quaranta giorni prima qualcun altro gliela aveva data come cosa già vecchia, ci si rende conto...

Con questo, non muovo appunti a nessuno, dico semplicemente che quando si opera la suddivisione per materie si creano le premesse per la confusione. Dove finisce una materia e comincia l'altra? Allora è meglio che tutte le materie siano dominate da un unico centro operativo, ferme restando poi le successive suddivisioni e articolazioni. Io, in particolare, ne seguirei una, perché è la più semplice e la più chiara: distinguerei tra interno ed esterno, perché i confini tra interno ed esterno sono fisicamente, almeno fisicamente, ben delineati. Poi, all'interno di queste due grandi distinzioni, si articolano i servizi.

Non entro in nessun giudizio sulla vicenda Mitrokhin, perché non conosco il documento; non sono in grado di fare alcuna valutazione, ma quell'«ormai», onorevole Boato, io non lo ritiro, anzi lo reitero. Questo sempre sulla base della esperienza politica, ormai di trent'anni, che ho sulle spalle (come altri colleghi) e soprattutto sulla base della concreta esperienza di questi due anni: io non ho mai avuto un momento nel quale mi sia venuto un qualche dubbio sulla saldezza democratica degli operatori dei nostri servizi, mai! Quindi non debbo che dire al Parlamento ciò che ho personalmente sperimentato.

Non c'è una proposta unitaria del Governo sulla riforma; può darsi che una volta che la Commissione abbia concluso questa fase di lavori, si renda necessaria anche una formulazione compiuta da parte del Governo. Personalmente, formulo l'auspicio che, per una materia complessa e delicata come questa, la soluzione venga da una stretta collaborazione tra Governo e Parlamento, che si sviluppi al di  sopra di ogni legittima divisione di parte, perché il bene in discussione è così delicato e prezioso che non possiamo, nell'interesse di tutti e del paese, assoggettarlo a logiche che siano diverse da quella esclusiva dell'interesse generale e della sicurezza.

Il problema del reclutamento. Non escluderei neppure l'assunzione temporanea, purché però si tratti di servizi non troppo sensibili: sì può assumere un traduttore di arabo se si tratta di fargli tradurre un testo apparso su Internet, che è una fonte aperta; non lo farei se si trattasse di tradurre una informativa riservata, proveniente da una fonte fisica egualmente riservata.

Certamente, dobbiamo entrare nell'ordine di idee di poter reclutare in altro modo i dipendenti dei servizi, puntando sull'alta qualità, guardando alle università, ai giovani migliori, per esempio, e ai migliori vincitori di tutti i concorsi, come si fa in ogni altro paese.

Penso ad un sistema di reclutamento che sia accompagnato da un buon sistema di mobilità: c'è tanta gente che è invecchiata nei servizi. Intanto, c'è uno squilibrio evidente e macroscopico tra operativi e burocrati. Questo squilibrio va comunque corretto e lo si corregge solo in un modo: alleggerendo il carico dei burocrati, i quali, almeno in parte, possono essere restituiti alle amministrazioni di origine, per esempio. Insomma, se il Parlamento mette a disposizione del Governo un dispositivo che, senza danneggiare degli onesti lavoratori (tenendo quindi conto ovviamente che i rapporti di lavoro vanno rispettati), pur tuttavia, senza danneggiare nessuno, consenta di avere una certa flessibilità in materia di politiche del personale, indispensabile più che altrove, credo che noi potremmo razionalizzare il sistema, migliorarlo qualitativamente, senza oneri aggiuntivi. Di questo sono profondamente persuaso, e credo che anche questo sia un punto decisivo.

Per quanto riguarda il ruolo del COPACO, premesso che ho parlato sia di controlli politici che di controlli amministrativi, dobbiamo vedere come. Per esempio: non si può certo fare il controllo sulle ricevute che dopo tre mesi vengono distrutte, mediante una firma del ministro competente. Tuttavia, se in sede riservata si potesse sempre mettere a confronto l'evoluzione della spesa in rapporto ai programmi operativi, si dovrebbe trovare un riscontro chiaro: se hai adottato questo programma, vuol dire che devono crescere queste spese e diminuire queste altre. Se così non è, vuol dire che c'è qualcosa che non funziona. Ecco allora l'esigenza di un ulteriore approfondimento. Voglio dire: facendo fare una riflessione accurata dall'interno dei servizi, perché chi li organizza è in condizione più di altri di dare suggerimenti, se si instaura un rapporto di leale collaborazione, possiamo trovare le modalità sul modo migliore di organizzare i controlli.

L'altro aspetto è rappresentato dal controllo politico. Su questo punto, non vorrei che si creasse alcuna relazione rispetto a fatti di cronaca. Io penso che l'interlocutore del Parlamento debba essere il politico, perché interamente politica è la responsabilità della gestione complessiva dei servizi ed è il Governo che deve rispondere al Parlamento. Poi, pertiene proprio al Governo, di fronte a domande più specifiche e puntuali del COPACO, domande ad alto contenuto tecnico, la scelta di portarsi davanti al COPACO i tecnici di cui ha bisogno per dare tutte le risposte.

Io penso che invece si debbano tutelare i tecnici, perché più volte, nella mia esperienza, ho riscontrato il timore di tecnici convocati da un organismo politico, ad esprimersi, seppure involontariamente, in maniera che potesse apparire difforme, per esempio, dalle dichiarazioni del politico sullo stesso argomento. Cosa succede se il ministro dell'interno dice, in perfetta buona fede, una cosa, e sullo stesso argomento, il direttore del SISDE usa espressioni diverse, magari avvalendosi di una conoscenza tecnica più approfondita della materia fornisce una formulazione che appare discordante? Che cosa succede nella valutazione politica? Che si mette il direttore del SISDE contro il ministro  dell'interno? Che il COPACO privilegia l'opinione del tecnico su quella del politico?

Non è meglio che ci sia - lo dico in forma dubitativa - una interlocuzione politica e, poi, il grado di approfondimento tecnico di ogni quesito lo stabilisca il COPACO? Sarà, infatti, nello stesso interesse del ministro dare risposte il più possibile esaurienti e provvederà lui stesso a portarsi i tecnici.

Io ho colto, più di una volta, delle difficoltà e il rischio di incomprensioni anche gravi che potrebbero sorgere per il fatto che un organo politico, una Commissione parlamentare si trovi ad avere come interlocutore non un politico che rappresenti nella sua intera responsabilità il Governo, ma un signore, per quanto tecnicamente qualificato, che rappresenta soltanto se stesso.

In ultimo vorrei accennare al sistema delle garanzie funzionali. È chiaro che nessuno ha in mente la «licenza di uccidere»; quindi, penso semplicemente alla necessità di varare una normativa di garanzia limitata rigorosamente a condotte ben definite, alle quali normalmente fanno ricorso i servizi; infatti, vi sembra logico che non si possa scassinare una porta o che un esponente dei servizi non possa chiedere ad una pubblica amministrazione una informazione e, di fronte al diniego, non possa fare assolutamente nulla se non cercare, magari, un mezzo fraudolento per ottenerla?

Sto citando atti che certamente escono dalla norma, ma che sono - come dire - propri, quasi «pane quotidiano», strumento di lavoro ordinario per chi svolge questo genere di attività; quindi, questi debbono essere, naturalmente, individuati con grande chiarezza e autorizzati con grandissimo scrupolo.

Francamente non credo che ci sia da preoccuparsi, e mi sono annotato alcune esemplificazioni: le intercettazioni telefoniche ambientali, la violazione di domicilio, la violazione e sottrazione di corrispondenza, la falsità documentale materiale ed ideologica, il danneggiamento. Non sono un giurista, ma credo che non sia difficile mettere a punto una serie di deroghe e disciplinarle con il necessario rigore.

Concludo, chiedendo scusa perché non avendo tempo a disposizione non ho dato, come avrei voluto, risposte più ordinate e meglio articolate.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per il suo contributo.

Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.



I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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Resoconto di mercoledì 20 ottobre 2004

AUDIZIONE


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro della difesa, Antonio Martino, sulle tematiche concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e il segreto di Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro della difesa, Antonio Martino, sulle tematiche concernenti l'ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e il segreto di Stato.

Do la parola al ministro Martino per lo svolgimento della sua relazione.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Onorevole presidente, onorevoli colleghe e colleghi, molto è stato detto e scritto sul disegno di legge governativo di riforma dei servizi, sulle sue finalità e sugli strumenti giuridici in corso di elaborazione per fronteggiare le nuove emergenze.

Fra i tanti argomenti quello più acceso e frequente nel dibattito si riferisce alla configurazione ordinamentale dell'intelligence nazionale e cioè se sia preferibile l'attuale impostazione dualistica, ovvero sia meglio indirizzarsi verso un'architettura accentrata e unitaria.

Al riguardo, ritengo che non si possa pensare alla connotazione dello strumento senza aver prima delineato, sul piano concettuale, l'obiettivo da perseguire e, quindi, la minaccia da contrastare.

La fine della guerra fredda e del confronto bipolare ed i più recenti eventi internazionali, a partire dall'11 settembre 2001, hanno determinato un radicale e rapido cambiamento degli equilibri geostrategici, ponendo in luce l'inadeguatezza concettuale di alcuni paradigmi che hanno regolato le relazioni internazionali, il significato dello stato di belligeranza ed i soggetti in esso coinvolti.

I numerosi conflitti di varia natura, che vedono l'impiego massiccio di contingenti militari nazionali fuori area, in supporto alla pace, il perdurante fenomeno di immigrazione clandestina, la proliferazione di armamenti di distruzione di massa, l'attivismo a tutto campo della criminalità organizzata transnazionale configurano una minaccia diversa, sempre più caratterizzata da globalità, asimmetria, sorpresa e continua evoluzione.

Su questo scenario predomina il terrorismo internazionale di varia matrice, etnica, politica e religiosa o pseudoreligiosa, che pone, in termini di diffusione di potere, una sfida formidabile agli Stati nazionali e, se accoppiato all'impetuosa diffusione di tecnologie civili, duali e militari, evoca scenari fino a qualche anno fa quasi surreali.

Accanto alla connotazione classica di tipo militare, la minaccia presenta una sempre più vasta gamma di situazioni a rischio non ortodosso che, sovente in concorso  tra loro, costituiscono fattori di pericolosità non minori di quelli tradizionali.

Ne sono evidenti esempi le manifestazioni della cosiddetta guerra surrogata, che si esprime con la guerriglia ovvero con il terrorismo diffuso, con la disinformazione e l'intossicazione dell'opinione pubblica, e ancora, con la minaccia al patrimonio economico industriale, con le sue espressioni di accesso ai materiali strategici e di dipendenza energetica, di acquisizione delle tecnologie sensibili e dual use, di penetrazione economica e di costituzione di joint ventures.

A tutto ciò va aggiunto che tali forme di minaccia, probabilmente, vedono gli stessi attori, con diverse sigle costituenti una sorta di network, operare con tecnologie avanzate, mezzi di comunicazione e di trasporto sofisticati e veloci, indistintamente sui vari fronti.

Gli approcci di «ieri» non sono più adeguati a questa «globalizzazione» della minaccia, cui deve contrapporsi una nuova concezione della difesa, deputata alla protezione ed alla salvaguardia degli interessi statuali nella loro più ampia accezione, ovunque vi siano cittadini ed attività nazionali.

Sono, dunque, necessarie risposte efficaci, tempestive e coordinate, sia sul piano interno che su quello internazionale. Risposte capaci di favorire un contrasto a tutto campo, attraverso strategie integrate, da applicarsi su vasta scala e con flessibilità, nonché nuovi modelli di cooperazione e coordinamento operativi, fra organismi di polizia, di intelligence e di vigilanza finanziaria.

In questa prospettiva ho emanato, a maggio di quest'anno, la «Direttiva Ministeriale in merito alla Politica Militare ed all'Attività Informativa e di Sicurezza 2004-2005», con la quale ho, fra l'altro, sensibilizzato le strutture dipendenti, a vario titolo coinvolte nella lotta al terrorismo, nell'ambito del ministero, affinché intensifichino i rapporti di collaborazione e coordinamento.

In quest'ambito, ho indicato anche soluzioni strutturali per assicurare un rapporto sempre più efficace tra il SISMI ed il Reparto informazioni e sicurezza dello stato maggiore della difesa, sulle cui funzioni specifiche mi soffermerò più avanti.

A fattor comune, ritengo che ogni iniziativa debba perseguire gli obiettivi strategici di ricerca, di infiltrazione o attacco e le conseguenti attività, in modo coerente, preventivo ed estremamente dinamico.

Onorevole presidente, onorevoli colleghi, in quest'ottica, alla luce anche delle modalità non ortodosse con le quali si manifesta la nuova minaccia, si pone la questione dell'adeguatezza del sistema di contrasto. Ci si interroga sulla giustezza del criterio binario, che presiede all'attuale assetto istituzionale, che attribuisce al Presidente del Consiglio la responsabilità politica e ai ministri dell'interno e della difesa quella gerarchica ed ordinamentale sulle strutture operative, rispettivamente di SISDE e SISMI.

È una scelta che da tempo trova positivi riscontri nella maggior parte degli altri paesi e che, peraltro, nella maggioranza dei casi, ma non nella tradizione italiana, individua nell'area geografica di riferimento la delimitazione delle competenze degli organismi informativi, in genere due principali, uno con competenze all'esterno ed uno all'interno.

L'impostazione binaria è messa in discussione per le possibili sovrapposizioni, ridondanze ed interferenze. È per questo che alcuni sostengono che una maggiore efficienza dell'intelligence nazionale debba, necessariamente, passare attraverso un accorpamento delle strutture esistenti.

Alla presentazione del disegno di legge in esame è stata fatta la scelta di non modificare l'articolazione operativa dei servizi. Confermando l'assetto previsto dalla legge n. 801 del 1977, si è inteso mettere mano ad altri temi importanti, per assicurare risposte operative, efficaci ed immediate al nuovo scenario di riferimento.

C'è chi, oggi, sostiene che quella scelta fu fatta per evitare un ampio e difficile dibattito su quel tema, optando così per il  rinvio ad un successivo momento legislativo di un intervento sull'assetto strutturale dei servizi.

Per quanto mi riguarda, ho considerato quella scelta non minimale nè interlocutoria, quanto piuttosto espressione di una diffusa convinzione e prevalente volontà di salvaguardia del sistema binario. Pur scevro da preconcetti su questione che impone visione obiettiva e disponibilità a confrontare e modificare i propri convincimenti, sostengo che sia la scelta giusta.

Innanzitutto per una questione di principio. Ritengo, infatti, che quello della concorrenza e non quello del monopolio sia il criterio più appropriato cui ispirare l'organizzazione politico istituzionale della funzione informativa e l'articolazione operativa dei servizi d'informazione, e questo per un basilare assioma di garanzia democratica, che richiama l'opportunità di evitare l'eccessiva concentrazione organica e funzionale nella configurazione delle strutture devolute alla sicurezza dei cittadini.

Nel corso di precedenti audizioni, c'è chi ha detto che dobbiamo dare per acquisita la piena affidabilità democratica dei nostri servizi. Condivido appieno e - non dimenticando i travagli che questo aspetto della nostra storia nazionale ha dovuto superare - dico che questa condizione di affidabilità la verifichiamo nell'attuale sistema binario. Vogliamo ora abbandonarlo per nuove esperienze?

Il problema di scongiurare il rischio di una eccessiva concentrazione di poteri non sta nelle donne e negli uomini che lavorano nei nostri servizi - della loro affidabilità dobbiamo essere certi -, ma nella disponibilità di idonei strumenti istituzionali: l'equilibrio nella ripartizione delle competenze, il controllo incrociato, il coordinamento politico, il controllo amministrativo e parlamentare. Insomma, quello che ho definito un sistema concorrenziale.

Affermare, oggi, che il sistema unitario assicurerebbe pari o maggiore affidabilità democratica mi sembra poco prudente, se non addirittura azzardato! Lasciamo l'onere della prova a chi sostiene questa tesi. Gli altri poggiano la preferenza del sistema binario sull'esperienza storica e sulla sua generale diffusione nelle grandi democrazie.

Credo che, per indirizzare la scelta, debba prevalere la questione di principio. Persino se, per far salvo il principio, dovessimo rinunciare a qualcosa in termini di efficienza, ovvero se la medesima efficienza operativa nel sistema binario ci costasse un po' di più, sarebbe un contributo di cui varrebbe comunque la pena farsi carico.

In realtà, il sistema binario offre significativi vantaggi anche in termini di efficienza funzionale. Gli asseriti doppioni o conflitti di competenza, talvolta surrettiziamente sottolineati, possono essere agevolmente risolvibili attraverso una più puntuale definizione degli ambiti di competenza e responsabilità, di cui naturalmente occorre individuare ponderatamente le strutture titolari. Confini, certo, non netti, come non lo è la materia, così variegata, fluida e sfuggevole. Ma parziali zone di accavallamento non solo sono fisiologiche ma talvolta anche utili, se non addirittura auspicabili, specie in occasione di emergenze che richiedono un'improvvisa dilatazione delle risorse da contrapporre.

Queste convinzioni, valide se riferite all'unificazione dei servizi, lo sono ancor più se riferite a quella, ipotizzata da alcuni, fra le Forze di polizia ed i servizi stessi in un'unica macro-area.

In tal senso, nell'ipotesi di un organismo unitario a competenza generale, ritengo di dover fugare ogni dubbio in merito alla inesatta percezione che la funzione di intelligence, per sua intrinseca natura ben più vasta, possa risolversi in un pur indispensabile sostegno al comparto sicurezza, ovvero possa essere in esso addirittura ricompresa.

L'impostazione dei compiti e delle finalità istituzionali distingue, infatti, i servizi informativi dalle Forze di polizia. In particolare, il vigente quadro normativo istituzionale ne differenzia, tra l'altro, la filosofia d'impiego - tra informazione preventiva  ed intervento - gli interlocutori finali e - soprattutto - l'attribuzione delle rispettive responsabilità.

Da questo - a mente dell'articolo 95 della Costituzione e della legge n. 400 del 1988 - si evince, altresì, che al Presidente del Consiglio dei ministri è attribuita la responsabilità della politica generale del Governo e, in particolare, il coordinamento della politica informativa e di sicurezza del paese, con le conseguenti attribuzioni in materia di servizi di sicurezza e di segreto di Stato.

Ne consegue, quale corollario giuridico prima ancora che logico, che la piena e complessiva responsabilità del coordinamento tra Forze di polizia e servizi informativi ed altri ambiti istituzionali comunque concorrenti alla politica d'informazione e sicurezza sia attribuita al Presidente del Consiglio, unica autorità competente in tema di sicurezza nazionale. Altri criteri di attribuzione risulterebbero impropri e riduttivi dei più reali contenuti dell'attività di intelligence, in primis quello di supporto decisionale al Governo.

Per quanto, in particolare, riguarda la mia funzione istituzionale, mi preme sottolineare che una logica unificante avrebbe l'effetto di privare il titolare del Dicastero della difesa di quell'imprescindibile e diretto sostegno alla propria attività decisionale che gli viene assicurato dalla funzione informativa e questo proprio in un momento storico nel quale, come ho precisato, il tradizionale concetto di difesa e di sicurezza internazionale si è allargato in termini di competenze e si è proiettato in maniera significativa all'esterno del territorio nazionale.

È proprio in merito alle competenze che si può trarre un'ulteriore e più puntuale conferma della validità dell'impianto vigente. Mi riferisco al controspionaggio, argomento pure emerso nel corso della discussione. Ritengo, sul punto, che l'attuale attribuzione della relativa competenza al SISMI permanga di indiscusso vantaggio.

Vorrei ricordare come, anche dall'esame del dibattito parlamentare che ha portato alla approvazione della vigente normativa, si desuma come le motivazioni poste alla base di detta attribuzione di competenza fossero imperniate sull'esigenza di circoscriverne le relative attività ad un ambito specifico ed in sé omogeneo, quello militare, attesa la loro indiscutibile valenza offensiva.

Anche l'analisi di altri elementi di rilievo, quali la dottrina, l'evoluzione della minaccia, le strutture dei servizi stranieri e la loro possibile evoluzione, indica la delimitazione fra le competenze esterne ed interne quale modo più efficace per tutelare la sicurezza degli interessi e delle organizzazioni dello Stato, proprio perché, nell'attuale momento storico e sempre più nel futuro, essi non sono concentrati esclusivamente sul territorio nazionale, ma sono diffusi, o meglio delocalizzati, e presenti in numerose aree ad alto rischio.

Per l'organismo di sicurezza a competenza esterna, si tratta di assicurare un approccio interdisciplinare, rispetto alle materie di terrorismo, controspionaggio, criminalità organizzata internazionale, traffico di armi, globale, in termini geografici, politici ed economici, integrato, per le banche dati, ed altamente reattivo e tempestivo, grazie a strutture funzionalmente interconnesse.

È evidente come la realizzazione del coordinamento organizzativo e funzionale di tanti e tali aspetti d'interesse, distinti per singoli settori di attività e ripartiti in diverse branche specialistiche, risulterebbe estremamente complessa e con alta probabilità di malfunzionamenti e discrasie.

Diverso ed imprescindibile è il discorso del coordinamento fra i due organismi di sicurezza, differenziati fra loro per ambiti di competenze. Coordinamento questo di alto livello, esercitato, come detto, dal Presidente del Consiglio per propria responsabilità politica complessiva in materia di sicurezza.

Tornando ai compiti sopra elencati, l'organismo di sicurezza che attualmente ne possiede già in gran parte le capacità, ma soprattutto è «caratterialmente e mentalmente»,  per tradizione, orientato a fronteggiare a livello globale la minaccia, è il SISMI.

Ritengo che la conferma dell'attribuzione della responsabilità di tale settore vitale per l'intelligence possa essere una scelta che, oltre a non creare pericolose, quanto inevitabili nei cambiamenti di competenze, soluzioni di continuità, risulti estremamente remunerativa sotto il profilo costi-benefici, perché a minimi investimenti nel settore delle risorse umane corrisponderebbero forti incrementi di produttività.

Anche la peculiare vocazione militare del SISMI mi sembra costituire un indubbio vantaggio. Intanto, vista la derivazione attuale del controspionaggio dallo storico spionaggio militare, per una polarizzazione differenziata rispetto al SISDE, che ha una tradizionale vocazione civile. Inoltre, per la capacità e possibilità di interfacciarsi con omologhi servizi di paesi alleati ed amici, presupposto essenziale per conseguire obiettivi informativi e fattore determinante a fronte di quelli che sono i più comuni ambiti di vulnerabilità, quali le sedi diplomatiche e le filiali di imprese all'estero. Infine, mi sembra rilevante il fatto che l'ambito militare richiami anche un ulteriore ruolo di garanzia, in base a quanto previsto dall'articolo 87 della Costituzione sull'attribuzione di comando al Presidente della Repubblica.

Onorevole presidente, onorevoli colleghi, un cenno particolare vorrei dedicare al RIS, Reparto informazioni e sicurezza dello stato maggiore della difesa, che, come noto, ai sensi della normativa vigente, svolge «compiti di carattere esclusivamente tecnico-militare e di polizia militare limitatamente all'ambito della singola forza armata o corpo», in «stretto collegamento» con il SISMI ed in ogni caso sempre nell'ambito degli strumenti, delle modalità, delle competenze e dei fini previsti dalla legge n. 801 del 1977.

Il RIS, dunque, assicura un rapporto con il SISMI di reciproco, efficace supporto. In effetti, fra i due organismi vi è una continua osmosi di dati e di informazioni, che evitano inutili sovrapposizioni o conflitti di competenza, proprio per la diversa collocazione in termini di gerarchia funzionale.

Gli ambiti di competenza del RIS sono complementari a quelli del SISMI e focalizzati al contrasto dei rischi che i reparti militari nazionali affrontano nelle loro operazioni.

Il RIS, che è il risultato dell'unificazione dei SIOS, i servizi d'informazione operativi e situazione delle Forze armate, realizza un sistema informativo organico ed integrato, a disposizione del capo di stato maggiore della difesa, con alle dipendenze le strutture operative dedicate alla raccolta, analisi e valutazione delle informazioni di carattere tecnico di specifico interesse del mondo militare.

In quanto servizio specialistico, a supporto diretto dello strumento militare in tutte le sue componenti, quindi non destinatario di un controllo politico diretto, già indirizzato sullo strumento militare complessivo, ha comunque un suo ruolo essenziale, sia per l'irrinunciabile valenza operativa a vantaggio della catena di comando militare e sia per il valore aggiunto che il suo prodotto assicura in termini di effetti sinergici per il contrasto della minaccia.

Vorrei, ora, fare più specifico riferimento al disegno di legge all'esame della Commissione. Nell'articolato intervengono alcune soluzioni giuridiche volte ad aggiornare ed integrare l'impianto normativo vigente per adeguare la policy nazionale di sicurezza alle esigenze del momento.

Mi limiterò ad alcune riflessioni sul reclutamento e sulle garanzie funzionali.

È un dato di fatto che, per quanto oggetto di lievi ritocchi, la disciplina che regola il personale dei servizi sia rimasta ferma agli anni ottanta, un tempo nel quale le esigenze erano differenti e assai diverso era lo scenario nel quale gli agenti operavano.

Oggi grandi e pressanti aspettative si nutrono nei servizi e nelle loro potenzialità. Il tutto è previsto con la stessa quantità di risorse umane fissato a suo tempo.

Di qui l'esigenza del reclutamento, importante dal punto vista non solo quantitativo ma anche qualitativo. Con ciò intendo riferirmi al bacino dei non appartenenti all'amministrazione, chiuso ormai da quasi dieci anni.

Certo, non appare agevole pensare di incrementare una struttura a costo zero, come prevede il testo del disegno di legge, e, dunque, occorre prendere atto che è necessario dedicarvi adeguate risorse finanziarie.

Quanto all'aspetto qualitativo, considero indispensabile accelerare il reperimento di professionalità particolari - quali esperti conoscitori di lingue e dialetti rari, matematici e statistici specializzati in crittografia, esperti in tecnologie innovative - da reclutare, attraverso procedure di particolare selettività, dal mondo del lavoro, in quanto non facilmente reperibili all'interno della pubblica amministrazione, come accennato, oggi bacino obbligato dei servizi.

Anche l'impianto delle cosiddette garanzie funzionali mi sembra meritevole di approfondimenti.

Non posso che plaudire alla previsione di introdurre una sorta di scriminante per chi opera a tutela della collettività, in esecuzione di un ordine ovvero di un adempimento ad un dovere. Ma mi piacerebbe che la tutela non si rivelasse, all'atto pratico, soltanto nominale e, dunque, che si assicurasse un ancor più chiaro posizionamento normativo ed istituzionale alle attività degli uomini dei servizi.

Vi sono, poi, altre previsioni che mi sembra possano trovare una migliore formulazione per perfezionare la corrispondente legislazione vigente.

Mi riferisco al divieto di incaricare persone controindicate allo svolgimento di attività a favore dei servizi, laddove ritengo che la categoria degli informatori possa restare oggetto di particolari tutele, che ne assicurino l'utilità e la fruibilità, pur senza pregiudicare le necessarie garanzie. Mi riferisco, anche, al principio della sussistenza e della opponibilità del segreto d'ufficio da parte delle amministrazioni nei confronti delle esigenze informative dei servizi.

Si tratta per i servizi di un nuovo vincolo, di cui non mi sembra che ci siano oggettivi riscontri né coerenza con l'attuale normativa sulla privacy, che riconosce ampie deroghe proprio ed esclusivamente per i servizi di informazione e sicurezza.

Onorevole presidente, onorevoli colleghi, concludo esprimendo un giudizio complessivamente positivo sul disegno di legge in esame, apprezzando l'impostazione di una riforma che, da un lato, non mette a rischio la sperimentata efficacia della struttura vigente - e soprattutto non lo fa in questa fase di contingenza - e, dall'altro, configura un impianto di responsabilità e di funzioni coerente con il quadro di riferimento in cui la riforma stessa si inserisce.

Una riforma, mi auguro, alla quale possa giungersi presto, con le modifiche che si riterranno opportune e per le quali spero di aver fornito, con quanto ho appena accennato, un utile contributo di riflessione e di approfondimento.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per la sua relazione e do, quindi, la parola ai colleghi per eventuali domande.

MARCO BOATO. Ritengo sia utile approfondire la relazione del ministro Martino anche in sede di discussione generale. Credo che il ministro si aspetti la domanda che farò perché dalla sua relazione ho capito che, prima di venire, lui o i suoi collaboratori hanno esaminato gli atti del dibattito: una parte stenografata e pubblica, un'altra svolta in sede informale (i ministri sono stati ascoltati in questa sede e nella stessa sua veste, mentre i capi dei servizi dall'ufficio di presidenza in modo informale).

Il ministro degli esteri, l'onorevole Frattini, ascoltato il 21 luglio scorso, ha detto che non è ancora il momento di fare la scelta tra il modello binario e unitario. Invece, il ministro Pisanu si è radicalmente dichiarato a favore del modello unitario, mentre alcuni interlocutori a livello  dei capi dei servizi hanno detto che questa legge è totalmente inadeguata: uno di loro in sede informale ha detto testualmente che non è con qualche «normetta» di questo tipo che possiamo affrontare il problema dei servizi. Il ministro Pisanu ha iniziato la sua relazione dicendo che bisogna andare ben al di là di talune modifiche alla legge del 1977.

Con una relazione di grande respiro, molto argomentata e motivata, lei sostanzialmente ritiene che - sia pure con alcuni aggiustamenti e completamenti, come è normale in qualunque procedimento legislativo - la scelta di fondo del modello binario sia da confermare e che il disegno di legge in esame possa ricevere il suo giudizio complessivamente positivo, salvo alcune precisazioni. Devo dare atto che nelle audizioni che abbiamo svolto su alcuni temi specifici si è registrata una larga convergenza (la questione del reclutamento, le nuove professionalità, la difficoltà di reclutare certe competenze all'interno della pubblica amministrazione, la necessità di non reclutare qualcuno a vita, per non parlare di qualche responsabile dei servizi che ha fatto riferimento a precedenti costumi non commendevoli nelle forme di reclutamento).

Secondo lei, come si pone l'interlocuzione tra Governo e Parlamento? In questo caso siamo in una sede parlamentare ed il disegno di legge viene esaminato in sede referente, quindi non stiamo lavorando in modo superficiale ed improvvisato, ma per fare delle scelte il più possibile ponderate e condivise. Infatti, la sicurezza del nostro paese non è un tema della maggioranza e dell'opposizione ma riguarda tutti. In futuro, si potrebbero scambiare le parti ma questa esigenza deve accomunarci tutti e chiunque faccia delle scelte per legge sa che devono valere anche per il domani in qualunque situazione. Mi pare che, in rapporto ad un disegno di legge governativo a firma Berlusconi, Frattini, Scajola (all'epoca ministro dell'interno), Martino e Castelli - se fossimo di fronte ad una proposta di legge di iniziativa parlamentare la questione sarebbe diversa -, si ponga un problema di difficoltà di interlocuzione tra Governo e Parlamento. Ovviamente, ne discuteremo in ufficio di presidenza ed in sede referente, facendo il bilancio delle varie audizioni. Il Governo continuerà ad essere il nostro interlocutore in questa materia, ma il riassunto veritiero che mi sono permesso di farle pone qualche problema.

MARCO MINNITI. Presumo che, nel momento in cui il ministro Martino è venuto in questa Commissione a fare il discorso che ha fatto, avendo rispetto per le sue conoscenze e, soprattutto, per la sua intelligenza politica, avesse ben presente che le sue opinioni espresse in questa sede avevano un quadro di riferimento e di proposta effettiva, in alcuni casi, diverso e, in altri, radicalmente diverso rispetto a quanto è stato esposto in questa sede da altri esponenti del Governo.

Ciò pone un problema politico, enunciato ora dal collega Boato, su cui vorremmo confrontarci con il presidente della Commissione. Credo siano previste altre audizioni con i componenti del Governo e probabilmente dovremo ascoltare il sottosegretario delegato; l'auspicio è che venga espressa da lui una posizione unitaria. Vorrei ora entrare nel merito per chiedere al ministro di rispondere in maniera più approfondita.

Personalmente non ritengo che il centro della questione sia il rinchiudersi in una valutazione che consideri, come sole alternative possibili, una conferma sostanziale della situazione attuale oppure la scelta di un sistema unitario. Ho una perplessità di fondo su una tale impostazione. Sono convinto che il sistema binario sia migliore dal punto di vista delle garanzie democratiche, dell'equilibrio dei poteri e dell'effettivo funzionamento, ma i sistemi binari possono essere diversi, con varie possibilità di intervento. Allora chiedo se, quando si parla di responsabilità politica forte da parte della Presidenza del Consiglio, si ritenga che questa, anche in presenza di due strutture differenti, possa portare al superamento della dipendenza  gerarchico funzionale dal Ministero dell'interno e da quello della difesa che ora la assumono.

Vorrei ancora sapere se si preveda, in presenza di due agenzie, la possibilità di un «luogo» interministeriale agile che consenta di avere insieme il necessario scambio di informazioni, di cui lei signor ministro ha parlato, ed il governo dell'intelligence plurale e pluralista, di cui necessiteremmo. In questo momento il CIS è di fatto un organismo più formale che sostanziale. Non intendo certo farle rivelare, signor ministro, informazioni che sarebbero coperte dal segreto di Stato, ma sarebbe interessante sapere quante riunioni del CIS siano state realizzate; forse si potrebbero contare sulle punta delle dita di una mano quelle effettuate nel corso di una legislatura. Il CIS, infatti, è un organismo di mera e semplice conferma di decisioni già prese in altre circostanze e vorrei sapere se il ministro ritenga di giungere alla costituzione di un CIS più snello che assuma, di fatto, la responsabilità dell'indirizzo, dell'indicazione strategica del lavoro svolto dall'intelligence.

Inoltre, è possibile pensare ad un sistema duale che abbia due possibilità di indirizzo? Come lei, signor ministro, ha giustamente ricordato, il sistema unitario è presente soltanto in alcuni paesi - in Europa soltanto in Spagna - mentre il sistema duale o plurale (vi sono paesi che hanno una pluralità di servizi di informazione) è fondato su una differenziazione dei campi di competenza che può essere basata sul territorio o sui temi. Lei, signor ministro, ha citato entrambe le possibilità e vorrei sapere quale sia la valutazione prevalente. Ritiene che la differenza tra le due agenzie informative debba essere per territorio, fra interno ed esterno, o per grandi tematiche?

Infine, nel quadro di un superamento, qualora lo ritenesse possibile, della dipendenza gerarchico funzionale dal Ministero della difesa ma non collocando le due agenzie «sotto» l'ipotesi di un'unificazione permanente ed esclusiva, quali potrebbero essere i rapporti tra le agenzie che verrebbero costituite e il RIS della difesa e, soprattutto, il superamento della dipendenza funzionale dal Ministero della difesa comporterebbe un rallentamento ed una compromissione dell'attuale livello di rapporto tra il SISMI ed il Ministero della difesa?

GRAZIELLA MASCIA. I colleghi hanno anticipato alcune domande che intendevo porre anch'io. Vorrei affrontare, comunque, un punto fondamentale che ritengo possa rappresentare una differenza nell'approccio alla riforma dei servizi. Non ritengo che l'affidabilità democratica dei servizi sia data una volta per tutte, e ciò non soltanto per vicende passate, ma anche perché la responsabilità non può essere unicamente affidata alle persone. La garanzia di tutela deve essere ricercata nel sistema. Non riesco a convincermi che un sistema sia in assoluto meglio di un altro; dipende dalle garanzie che emergono di un effettivo controllo e soprattutto di una chiara responsabilità. Ad esempio, nella proposta normativa al nostro esame, che si basa su un sistema binario, non mi sembra che le responsabilità precise siano individuate. La questione delle garanzie funzionali (su cui non sono ancora convinta, nonostante le audizioni effettuate, per i rischi potenziali che intravedo e perché ritengo che la professionalità debba comportare responsabilità in questi casi) mi sembra l'esempio più evidente di ciò, perché si tratta di una situazione in cui i direttori richiedono l'autorizzazione al Presidente del Consiglio e questo difficilmente potrebbe avere tutti gli elementi a propria disposizione per concedere adeguatamente l'autorizzazione, se non in modo filtrato da altre competenze. Prima di decidere quale sia il sistema migliore, sarà necessario affrontare e determinare i livelli di responsabilità trasparente dell'una, dell'altra ipotesi o di una terza eventuale articolazione.

Infine, vorrei sapere dal ministro se egli non ritenga particolarmente importante, in questo quadro, il rapporto con il COPACO, in merito al quale è emersa la questione se sia preferibile mantenere una  relazione con i ministri o con i direttori. Personalmente ritengo più opportuno che siano i ministri, e non i direttori dei servizi, a tenere i rapporti con il Comitato parlamentare. Si tratta di un aspetto che è stato posto, la cui soluzione potrebbe contribuire ad evitare i problemi che si sono verificati in queste settimane, uno dei quali è anche oggetto di una mia interrogazione. Ritengo che il rapporto con il COPACO debba anche affrontare organicamente la questione dei budget e del personale. Al di là della scelta tra il sistema binario ed unitario bisognerebbe approfondire questi argomenti come strumenti di garanzia democratica.

MICHELE SAPONARA. Non intendo formulare domande ma soltanto esprimere un ringraziamento per la relazione chiara e responsabile del ministro Martino ed apprezzamento per l'impegno posto dal Governo nell'affrontare il tema della sicurezza e della riforma dell'intelligence.

Il signor ministro ha chiarito la propria posizione in merito alla scelta tra un sistema binario ed uno unitario, motivandola con il fatto che quando vi è concorrenza, in senso alto, vi sono più possibilità di controllo e quindi di instaurare un rapporto democratico. Vi è invece chi afferma che la democraticità non venga meno nell'altro sistema. Può darsi. La questione - a mio avviso - risiede nell'impostazione generale.

Si tratta di adeguare le norme a quello che è avvenuto dopo la legge n. 801 del 1977, specialmente in relazione ai fatti del settembre 2001, e, quindi, di adeguare i mezzi, le strutture e il reclutamento di uomini, il che presuppone la conoscenza di lingue, di dialetti e di attitudini speciali. Ovviamente, quando in questo settore si opera bene il discorso del controllo democratico, a mio avviso, è automatico. Nell'esprimere vivo apprezzamento, mi auguro che il Governo possa continuare in questa opera meritoria e tenersi in contatto con il Parlamento perché si operi all'unisono.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi per i loro interventi e do, quindi, la parola al ministro Martino per la replica.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Vorrei ringraziare il collega Boato per aver sottolineato una cosa che sarà nota a tutti, ma è importantissima: né i servizi né le Forze armate appartengono ad una parte, ma sono un patrimonio del paese. Quindi, è opportuno che si realizzi quello spirito che in Italia per primo ho definito bipartisan, cioè che quello che si fa sia il più possibile condiviso. Tutto ciò per una ragione di tempi - l'onorevole Minniti mi ha sentito ripetere questa argomentazione molte volte -, dato che assicurare la continuità del lavoro dei servizi è importantissimo: se si dovesse rifare tutto da capo ogni volta che cambia la maggioranza politica, i servizi non potrebbero funzionare.

Devo confessare all'onorevole Boato che sono ispirato da un pregiudizio ideologico e da una malformazione professionale. Per quanto riguarda il pregiudizio ideologico, ritengo che il potere sia tanto più pericoloso quanto più è concentrato, mentre la dispersione del potere è una fondamentale garanzia di libertà. La malformazione professionale mi porta, invece, a preferire la concorrenza al monopolio. Non si tratta di categorie economiche, ma di categorie che si applicano ad un vastissimo ambito di attività umane. Noi tutti siamo per la concorrenza fra idee diverse, fra partiti politici diversi e, quindi, la concorrenza non riguarda solo le imprese perché è presente persino fra credi e non credi religiosi diversi. In primo luogo, il monopolio è una grave violazione della libertà; infatti, il monopolista è l'unico offerente di un bene che non ha sostituti e, quindi, gli acquirenti sono alla sua mercé e non hanno la possibilità di sottrarsi al suo potere. In secondo luogo - questo è un aspetto che spesso viene dimenticato - perché il monopolista tende ad essere inefficiente: infatti, dal momento che nessuno ne può insediare la posizione di supremazia, non ha alcun incentivo ad essere efficiente. Credo che questo pregiudizio  anche in questo campo abbia una sua certa rilevanza.

Per rispondere ad una domanda specifica dell'onorevole Boato - premesso che, quando due persone hanno le stesse idee su tutto, una delle due è superflua -, anche in un Governo può capitare che ci siano persone che abbiano opinioni diverse su certi argomenti.

MARCO BOATO. Non ho posto la domanda in chiave polemica, ho solo radiografato la situazione.

ANTONIO MARTINO, Ministro della difesa. Ho capito lo spirito della sua domanda e l'ho molto apprezzato. Per quanto mi riguarda, non c'è nulla di strano perché sono uno dei firmatari del disegno di legge e, quindi, condivido ciò che ho firmato: se c'è qualcosa di strano, semmai, è la posizione diversa dalla mia. In ogni caso, verrà audito il sottosegretario Letta, che credo sia la persona più qualificata a fare la sintesi e rivelare ufficialmente la posizione del Governo su questo tema. Ringrazio molto l'onorevole Minniti perché ha posto una serie di questioni importanti e condivido che la garanzia sia maggiore in un sistema binario che in un sistema accentrato. Egli ha chiesto se, considerata la forte responsabilità politica del Presidente del Consiglio, non sia possibile superare le responsabilità gerarchico-funzionali dei Ministeri della difesa e dell'interno. Onestamente, ritengo di no perché i supporti forniti dall'attività informativa del SISMI all'attività del ministro della difesa e del SISDE al ministro dell'interno sono diretti e continuativi. Tuttavia, non credo di svelare un segreto dicendo che tutte le informazioni di particolare rilievo vanno sia al ministro competente sia al Presidente del Consiglio.

Per quanto riguarda il CIS, concordo che sia un organismo normalmente di carattere formale, ma non è vero che si riunisce poco. Abbiamo fatto moltissime riunioni e in alcuni casi di emergenza nazionale ha svolto la sua funzione, consentendo proprio quel confronto di punti di vista cui accennavo prima. Quando si è trattato di valutare emergenze tipo il rapimento delle due Simone, è stato utile mettere i responsabili dei servizi e i ministri competenti a confronto per valutare la situazione e decidere gli interventi. Probabilmente, potrebbe essere rafforzato e reso più operativo, ma in questo caso molto dipende dalla prassi che il Governo intende instaurare: se l'Esecutivo attribuisse al CIS l'importanza che secondo me gli spetta, potrebbe funzionare anche così com'è.

Per quanto riguarda i criteri di divisione dei compiti, non sono per considerarne in modo esclusivo né l'uno, quello basato sul territorio esterno per gli uni ed interno per gli altri, né l'altro, relativo ai temi trattati: credo che sia una combinazione delle due cose. Qualunque sia il criterio adottato, esiste sempre un'area di sovrapposizione, che considero non solo non negativa ma straordinariamente positiva. Gli studiosi di arte parlano di prospettive incrociate: la possibilità di vedere uno stesso oggetto da punti di vista diversi consente di valutarne meglio la sua interezza. Lo stesso vale per l'informazione: quando le informazioni provengono da fonti diverse, vengono valutate in modo differente su uno stesso argomento e questo ci consente di avere una visione più chiara del problema.

Per ciò che riguarda il RIS, svolgendo un'attività prettamente tecnico-militare, in ogni caso resterà parte della catena militare e, quindi, non è un altro servizio di informazione.

Concordo con l'onorevole Mascia sul fatto che non sia sufficiente la buona volontà delle persone, ma sia necessario che il sistema garantisca la democrazia e qualche meccanismo di attribuzione delle responsabilità e di controllo, in particolare, per ciò che riguarda il COPACO. Non sono affatto in disaccordo sulla possibilità che i ministri, avendo la responsabilità politica del settore, si interfaccino con il COPACO. Io stesso sono andato due o tre volte al COPACO e non mi sono mai sottratto alla richiesta di audizione. Tuttavia, credo che il COPACO debba sentire anche i responsabili dei servizi perché sono molto più in grado di dare un quadro della loro attività, che, per ciò che riguarda il SISMI, è molto ampia.

Ringrazio il collega Saponara per le cortesi parole. Non ritengo che sia marginale avere due o un servizio; al contrario, credo sia fondamentale. Ho firmato con convinzione questo disegno di legge perché ritengo che la separazione fra i due servizi sia più funzionale agli interessi del paese ed una migliore garanzia per la democraticità dell'Italia.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per l'esauriente relazione e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.