Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Diritto d¿asilo - A.C. 191 e abb. - Normativa di riferimento e documentazione
Riferimenti:
AC n. 191/XV   AC n. 1449/XV
AC n. 1646/XV   AC n. 2099/XV
AC n. 2182/XV   AC n. 2410/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 191    Progressivo: 2
Data: 12/06/2007
Descrittori:
ASILO POLITICO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Diritto d’asilo

A.C. 191 e abb.

Normativa di riferimento e documentazione

 

 

 

 

n. 191/2

 

 

12 Giugno 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

 

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File: ac0258b.doc

 

 


INDICE

§      Codice penale (artt. 8 e 650)                                                                           6

§      Codice di procedura penale (artt. 380, 698, 705)                                            7

§      Codice di procedura civile (artt. 413-441)                                                     11

§      Legge 4 agosto 1955, n. 848. Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.                        28

§      Legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità (art. 1)                                                  61

§      Legge 31 maggio 1965, n. 575. Disposizioni contro la mafia. (art. 1)          62

§      Legge 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)                                                                        63

§      D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. con mod., Legge 28 febbraio 1990, n. 39. Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato (art. 1-1-septies)   66

§      Legge 19 marzo 1990, n. 55. Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale (art. 14)       75

§      D.M. 24 luglio 1990, n. 237. Regolamento per l'attuazione dell'art. 1, comma 8, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in materia di prima assistenza ai richiedenti lo status di rifugiato.                                    76

§      D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136. Regolamento per l'attuazione dell'art. 1, comma 2, del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato                                                         79

§      D.L. 30 ottobre 1995, n. 451, conv. con mod., Legge 29 dicembre 1995, n. 563. Disposizioni urgenti per l'ulteriore impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia                                                                                       83

§      D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (art. 8)              85

§      D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero                         87

§      Legge 12 marzo 1999, n. 68. Norme per il diritto al lavoro dei disabili        173

§      Legge 30 luglio 2002, n. 189. Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo            192

§      D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 85. Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in àmbito comunitario                                                                                                  227

§      D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303. Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato                                                                                         234

§      Legge 7 aprile 2005, n. 57. Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004 (Artt. II-78, 79; III-257, III-265-268)                                                       248

§      D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140. Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri                   252

§      Legge 6 febbraio 2007, n. 13. Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 200 (artt. 1, 2, 12)   262

Normativa comunitaria

§      Risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1995 sulle garanzie minime per le procedure di asilo       269

§      Parlamento Europeo, Risoluzione sulla risoluzione del Consiglio sulle garanzie minime per le procedure d'asilo, 14 novembre 1996                                                         275

§      Regolamento (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003. Regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo    282

§      Direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004. Direttiva del Consiglio recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta                                                                                                 302

§      Dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005. Direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato                                                                                                        327

Convenzioni internazionali

§      Legge 24 luglio 1954, n. 722. Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951                                                  367

§      Legge 14 febbraio 1970, n. 95. Adesione al protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e sua esecuzione                                                  393

§      Legge 26 maggio 1984, n. 225. Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983 (art. IX)                                                                                                                 397

§      Legge 27 maggio 1991, n. 176. Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989                                                                 399

§      Legge 23 dicembre 1992, n. 523. Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990   416

§      Legge 16 giugno 1998, n. 209. Ratifica ed esecuzione del Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti connessi, con allegato e protocolli, fatto ad Amsterdam il 2 ottobre 1997                  426

Documentazione delle Nazioni Unite

§      Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'asilo territoriale, adottata con la risoluzione 2.312 (XXII) del 14 dicembre 1967 (testo in inglese)                                                                 469

§      Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Comitato esecutivo, Conclusione n. 24 sulla riunificazione familiare, 1981 (testo in inglese)                                           471

Giurisprudenza

§      Corte Costituzionale. Sentenza 27 luglio 1996, n. 223                               475

§      Corte di Cassazione. Sentenza 26 maggio 1997, n. 4674                         482

§      Corte di Cassazione. Sentenza 17 dicembre 1999, n. 907                        483

 

 


Normativa di riferimento

 


Normativa nazionale

 


 

Costituzione
(art. 10)

 

Art. 10.

L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.

 

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.

 

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.

 

Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici (12).

 

 

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(12)  Vedi, anche, l'art. 26, ultimo comma. La L.Cost. 21 giugno 1967, n. 1 ha disposto che l'ultimo comma dell'art. 10 e l'ultimo comma dell'art. 26 della Cost. non si applicano ai delitti di genocidio.

 

 


 

Codice penale
(artt. 8 e 650)

 

 

Art. 8.

Delitto politico commesso all'estero.

Il cittadino [c.p. 4] o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell'articolo precedente, è punito secondo la legge italiana [c.p.m.p. 18], a richiesta del ministro della giustizia [c.p. 128, 129; c.p.p. 10, 342].

 

Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336], occorre, oltre tale richiesta, anche la querela.

 

Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino [c.p. 241]. E' altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.

 

 

Art. 650.

Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità.

Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica (1) o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato [c.p. 336, 337, 338], con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 206 (2).

 

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(1) Vedi gli artt. 2, 15 e 17, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; l'art. 76, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di stupefacenti. Vedi, ora, gli artt. 9-17, D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(2) L'ammenda risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. La Corte costituzionale, con sentenza 5-8 luglio 1971, n. 168 (Gazz. Uff. 14 luglio 1971, n. 177), ha dichiarato: a) non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3 Cost.; b) non fondata la questione di legittimità del presente articolo, limitatamente all'inciso «o d'ordine pubblico», in riferimento agli artt. 2, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, e 23 Cost.

 


 

Codice di procedura penale
(artt. 380, 698, 705)

 

Art. 380.

Arresto obbligatorio in flagranza.

1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto [Cost. 13] di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo [c.p. 43], consumato o tentato [c.p. 56], per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.

 

2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:

 

a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;

 

b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'articolo 419 del codice penale;

 

c) delitti contro l'incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;

 

d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale (1);

 

e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 quella prevista dall'articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest'ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale (2);

 

e-bis) delitti di furto previsti dall'articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale (3);

 

f) delitto di rapina previsto dall'articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall'articolo 629 del codice penale;

 

g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (4);

 

h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo (5);

 

i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni (6);

 

l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale] (7), delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654 (8);

 

l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis del codice penale (9);

 

m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale [c.p. 416], se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma.

 

3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà (10).

 

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(1) Lettera così modificata prima dall'art. 11, L. 3 agosto 1998, n. 269 e poi dall'art. 12, L. 6 febbraio 2006, n. 38.

Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 38 del 2006 era il seguente: «d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale;».

Il testo in vigore prima della modifica disposta dalla suddetta legge n. 269 del 1998 così disponeva: «d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600 del codice penale».

(2) Lettera così modificata dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 625 comma 1 numeri 1, 2 prima ipotesi e 4 seconda ipotesi del codice penale.». Di tale formulazione la Corte costituzionale, con sentenza 8-16 febbraio 1993, n. 54 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1993, n. 9 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità nella parte in cui prevedeva l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di furto aggravato ai sensi dell'art. 625 c.p., primo comma, n. 2, prima ipotesi, nel caso in cui ricorresse la circostanza attenuante prevista dall'art. 62 c.p., n. 4.

(3) Lettera aggiunta dall'art. 10, L. 26 marzo 2001, n. 128.

(4) Lettera così sostituita dall'art. 10, D.L. 13 maggio 1991, n. 152, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza del buon andamento dell'attività amministrativa. La Corte costituzionale, con sentenza 1-8 giugno 1992, n. 260 (Gazz. Uff. 17 giugno 1992, n. 26 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 380, secondo comma, lett. g), del c.p.p., in relazione all'art. 5, ultimo comma, della L. 18 aprile 1975, n. 110 recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, in riferimento all'art. 3 della Cost.

(5) Lettera così sostituita dall'art. 2, D.L. 8 agosto 1991, n. 247, recante modificazioni del testo unico, in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, relativo all'arresto in flagranza.

(6) Lettera così modificata dall'art. 13, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, con L. 31 luglio 2005, n. 155.

Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni».

In precedenza l'art. 2, D.L. 18 ottobre 2001, n. 374 aveva aggiunto, dopo la parola«terrorismo», le seguenti: «anche internazionale». La legge di conversione 15 dicembre 2001, n. 438, di conversione del citato decreto-legge, ha però soppresso il suddetto articolo 2. Vedi gli artt. 21 e 29, L. 18 aprile 1975, n. 110, di integrazione della disciplina per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi; l'art. 1, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, per la tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica, nonché l'art. 11, L. 29 maggio 1982, n. 304, sulla difesa dell'ordinamento costituzionale.

(7) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 4, sesto comma, lettera a), D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti contro la criminalità mafiosa.

(8) Lettera così modificata dall'art. 6, comma 2-bis, D.L. 26 aprile 1993, n. 122, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Il testo precedente alla modifica del 1993 così disponeva: «l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 [della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis comma 2 del codice penale], delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, L. 20 giugno 1952, n. 645».

(9) Lettera aggiunta dall'art. 4, sesto comma, lettera b), D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356, recante modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti contro la criminalità mafiosa.

(10) Le disposizioni relative all'arresto in flagranza non si applicano al procedimento penale davanti al giudice di pace, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

 

 

Art. 698.

 Reati politici. Tutela dei diritti fondamentali della persona.

1. Non può essere concessa l'estradizione per un reato politico [Cost. 3, comma 3, 26, comma 2; c.p. 8, comma 3, 13] (1) né quando vi è ragione di ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona.

 

2. Se per il fatto per il quale è domandata l'estradizione è prevista la pena di morte dalla legge dello Stato estero, l'estradizione può essere concessa solo se il medesimo Stato dà assicurazioni, ritenute sufficienti sia dall'autorità giudiziaria sia dal ministro di grazia e giustizia, che tale pena non sarà inflitta o, se già inflitta, non sarà eseguita [c.p.p. 700] (2).

 

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(1) Vedi, anche, l'articolo unico, L. cost. 21 giugno 1967, n. 1, sull'estradizione per i delitti di genocidio.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 25-27 giugno 1996, n. 223 (Gazz. Uff. 3 luglio 1996, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma.

 

Art. 705.

Condizioni per la decisione.

1. Quando non esiste convenzione o questa non dispone diversamente, la corte di appello pronuncia sentenza favorevole all'estradizione se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna e se, per lo stesso fatto, nei confronti della persona della quale è domandata l'estradizione, non è in corso procedimento penale né è stata pronunciata sentenza irrevocabile nello Stato.

 

2. La corte di appello pronuncia comunque sentenza contraria all'estradizione:

 

a) se, per il reato per il quale l'estradizione è stata domandata, la persona è stata o sarà sottoposta a un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali;

 

b) se la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata l'estradizione contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato;

 

c) se vi è motivo di ritenere che la persona verrà sottoposta agli atti, alle pene o ai trattamenti indicati nell'articolo 698 comma 1.

 

 


 

Codice di procedura civile
(artt. 413-441)

 

Sezione II

Del procedimento

§ 1 - Del procedimento di primo grado

 

Art. 413.

Giudice competente.

Le controversie previste dall'articolo 409 sono in primo grado di competenza del tribunale in funzione di giudice del lavoro (1).

 

Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto (2).

 

Tale competenza permane dopo il trasferimento dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione [c.p.c. 18, 20, 452].

 

Competente per territorio per le controversie previste dal numero 3) dell'articolo 409 è il giudice nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'articolo 409 (3).

 

Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento della cessazione del rapporto (4).

 

Nelle controversie nelle quali è parte una Amministrazione dello Stato non si applicano le disposizioni dell'articolo 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (5).

 

Qualora non trovino applicazione le disposizioni dei commi precedenti, si applicano quelle dell'articolo 18.

 

Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio (6).

 

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(1) L'originario termine «pretore», già contenuto nel presente comma, è stato sostituito, con l'attuale «tribunale», dall'art. 82, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 18-21 dicembre 1985, n. 361 (Gazz. Uff. 8 gennaio 1986, n. 1, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 413, secondo comma, c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui per le controversie di agenzia esclude la competenza del giudice del luogo dello svolgimentodel rapporto, e con sentenza 18-21 dicembre 1985, n. 362 (Gazz. Uff. 8 gennaio 1986, n. 1, serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art. 413, secondo comma c.p.c. in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 24 Cost.

(3) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 11 febbraio 1992, n. 128, sulla disciplina della competenza territoriale per le controversie relative ai rapporti di collaborazione continuativa e coordinata. Per quanto riguarda le sanzioni amministrative per violazione alle norme in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria, vedi l'art. 35, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(4) Comma aggiunto dall'art. 40, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

(5) Comma aggiunto dall'art. 40, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

(6) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 18 giugno-3 luglio 1975, n. 171 (Gazz. Uff. 9 luglio 1975, n. 181), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 413 c.p.c., nel testo dell'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, in riferimento agli artt. 5 e 35 Cost.

Vedi, anche, gli artt. 1 e 4 della legge di coordinamento 8 novembre 1977, n. 847.

 

Art. 414.

Forma della domanda.

La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere:

 

1. l'indicazione del giudice;

 

2. il nome, il cognome, nonché la residenza o il domicilio eletto dal ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome, il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto; se ricorrente o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, il ricorso deve indicare la denominazione o ditta nonché la sede del ricorrente o del convenuto;

 

3. la determinazione dell'oggetto della domanda;

 

4. l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda con le relative conclusioni (1);

 

5. l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e in particolare dei documenti che si offrono in comunicazione (2).

 

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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 23-29 giugno 1983, n. 192 (Gazz. Uff. 6 luglio 1983, n. 184), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del combinato disposto dell'articolo 1, L. 23 ottobre 1960, n. 1369, dell'art. 414, n. 4, c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 13 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 414, 416, 418, 420, commi primo e quinto, e dell'art. 429, comma terzo, c.p.c., come modificati dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533, sul nuovo rito del lavoro, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

 

Art. 415.

Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza.

Il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice competente insieme con i documenti in esso indicati.

 

Il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, fissa con decreto, l'udienza di discussione, alla quale le parti sono tenute a comparire personalmente.

 

Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione non devono decorrere più di sessanta giorni.

 

Il ricorso unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere notificato al convenuto, a cura dell'attore, entro dieci giorni dalla data di pronuncia del decreto, salvo quanto disposto dall'articolo 417.

 

Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni.

 

Il termine di cui al comma precedente è elevato a quaranta giorni e quello di cui al terzo comma è elevato a ottanta giorni nel caso in cui la notificazione prevista dal quarto comma debba effettuarsi all'estero (1).

 

Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell'articolo 413, il ricorso è notificato direttamente presso l'amministrazione destinataria ai sensi dell'articolo 144, secondo comma. Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato competente per territorio (2).

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero capitolo quarto.

La Corte costituzionale con sentenza 16-22 aprile 1980, n. 61 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 c.p.c., in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24 Cost.; con successiva sentenza 16-22 aprile 1980, n. 62 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La stessa Corte costituzionale, con sentenza 15-29 ottobre 1987, n. 347 (Gazz. Uff. 11 novembre 1987, n. 47 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 415 e 416 c.p.c., in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost.

(2) Comma aggiunto dall'art. 41, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.

 

 

Art. 416.

Costituzione del convenuto.

Il convenuto deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, dichiarando la residenza o eleggendo domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito.

 

La costituzione del convenuto si effettua mediante deposito in cancelleria di una memoria difensiva, nella quale devono essere proposte, a pena di decadenza, le eventuali domande in via riconvenzionale e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio.

 

Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 13 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 414, 416, 418, 420, commi primo e quinto, 429, comma terzo c.p.c., come modificati dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, sul nuovo rito del lavoro, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 4-10 maggio 1979, n. 10 (Gazz. Uff. 16 maggio 1979, n. 133), ha dichiarato inammissibili per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 416, ultimo comma, 420, primo ed ultimo comma, 421, secondo comma, 424, 431, primo ed ultimo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 16-22 aprile 1980, n. 61 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 c.p.c., in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 24 Cost.; con sentenza 16-22 aprile 1980, n. 62 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 16-22 aprile 1980, n. 65 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 416 c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 15-29 ottobre 1987, n. 347 (Gazz. Uff. 11 novembre 1987, n. 47 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 415 e 416 c.p.c., in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost.

 

Art. 417.

Costituzione e difesa personali delle parti.

In primo grado la parte può stare in giudizio personalmente quando il valore della causa non eccede le euro 129,11.

 

La parte che sta in giudizio personalmente [c.p.c. 82] propone la domanda nelle forme di cui all'articolo 414 o si costituisce nelle forme di cui all'articolo 416 con elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica.

 

Può proporre la domanda anche verbalmente davanti al giudice (1) che ne fa redigere processo verbale.

 

Il ricorso o il processo verbale con il decreto di fissazione dell'udienza devono essere notificati al convenuto e allo stesso attore a cura della cancelleria entro i termini di cui all'articolo 415.

 

Alle parti che stanno in giudizio personalmente ogni ulteriore atto o memoria deve essere notificato dalla cancelleria (2).

 

 

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(1) Il termine originario «pretore» è stato sostituito, con l'attuale «giudice», dall'art. 83, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 417-bis.

Difesa delle pubbliche amministrazioni.

Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell'articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti (1).

Per le amministrazioni statali o ad esse equiparate, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, la disposizione di cui al comma precedente si applica salvo che l'Avvocatura dello Stato competente per territorio, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, determini di assumere direttamente la trattazione della causa dandone immediata comunicazione ai competenti uffici dell'amministrazione interessata, nonché al Dipartimento della funzione pubblica, anche per l'eventuale emanazione di direttive agli uffici per la gestione del contenzioso del lavoro. In ogni altro caso l'Avvocatura dello Stato trasmette immediatamente, e comunque non oltre 7 giorni dalla notifica degli atti introduttivi, gli atti stessi ai competenti uffici dell'amministrazione interessata per gli adempimenti di cui al comma precedente.

Gli enti locali, anche al fine di realizzare economie di gestione, possono utilizzare le strutture dell'amministrazione civile del Ministero dell'interno, alle quali conferiscono mandato nei limiti di cui al primo comma (2).

 

 

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 (1) Comma così modificato dall'art. 19, D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell'articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi di propri funzionari muniti di mandato generale o speciale per ciascun giudizio.».

(2) Articolo aggiunto dall'art. 42, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80. In merito al comma 3 del presente articolo il Ministero dell'interno ha fornito chiarimenti con la circolare 7 maggio 1998, n. 2/98 (Gazz. Uff. 27 maggio 1998, n. 121).

 

 

 

 

Art. 418.

Notificazione della domanda riconvenzionale.

Il convenuto che abbia proposta una domanda in via riconvenzionale [c.p.c. 36] a norma del secondo comma dell'art. 416 deve, con istanza contenuta nella stessa memoria a pena di decadenza dalla riconvenzionale medesima, chiedere al giudice, che a modifica del decreto di cui al secondo comma dell'articolo 415, pronunci, non oltre cinque giorni, un nuovo decreto per la fissazione dell'udienza.

Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l'udienza di discussione non devono decorrere più di cinquanta giorni.

Il decreto che fissa l'udienza deve essere notificato all'attore, a cura dell'ufficio unitamente alla memoria difensiva, entro dieci giorni dalla data in cui è stato pronunciato.

Tra la data di notificazione all'attore del decreto pronunciato a norma del primo comma e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.

Nel caso in cui la notificazione del decreto debba farsi all'estero il termine di cui al secondo comma è elevato a settanta giorni, e quello di cui al comma precedente è elevato a trentacinque giorni (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 13 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 414, 416, 418, 420, commi primo e quinto, 429, comma terzo, c.p.c., come modificati dall'art. 1 della legge 1973, n. 533, sul nuovo rito del lavoro, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La stessa Corte, con sentenza 19-31 dicembre 1986, n. 302 (Gazz. Uff. 9 gennaio 1987, n. 2 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 420, commi primo e ultimo, c.p.c., in riferimento agli artt. 24, commi primo e secondo, 97, 101 e segg., 3 Cost.

 

 

Art. 419.

Intervento volontario.

Salvo che sia effettuato per l'integrazione necessaria del contraddittorio, l'intervento del terzo ai sensi dell'articolo 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 23-29 giugno 1983, n. 193 (Gazz. Uff. 6 luglio 1983, n. 184), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 419 (sub art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533), c.p.c., nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere-dovere (di) fissare - con il rispetto del termine di cui all'art. 415, comma quinto (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcune delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all'estero) - una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima della quale potranno le parti originarie depositare memorie, e di disporre che, entro cinque giorni, siano notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell'interveniente, e che sia notificato a quest'ultimo il provvedimento di fissazione della nuova udienza. Vedi, anche, l'art. 68-bis, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.

 

 

Art. 420.

Udienza di discussione della causa.

Nell'udienza fissata per la discussione della causa il giudice interroga liberamente le parti presenti e tenta la conciliazione della lite. La mancata comparizione personale delle parti, senza giustificato motivo, costituisce comportamento valutabile dal giudice ai fini della decisione. Le parti possono, se ricorrono gravi motivi, modificare le domande, eccezioni e conclusioni già formulate previa autorizzazione del giudice.

Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia [c.p.c. 84]. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutata dal giudice ai fini della decisione.

Il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo [c.p.c. 474].

Se la conciliazione non riesce e il giudice ritiene la causa matura per la decisione, o se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali la cui decisione può definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione e pronuncia sentenza anche non definitiva dando lettura del dispositivo.

Nella stessa udienza ammette i mezzi di prova già proposti dalle parti e quelli che le parti non abbiano potuto proporre prima, se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell'udienza, per la loro immediata assunzione.

Qualora ciò non sia possibile, fissa altra udienza, non oltre dieci giorni dalla prima, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell'udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive.

Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, a norma del quinto comma, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni. Nell'udienza fissata a norma del precedente comma il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione.

L'assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi.

Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma, 106 e 107, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che, entro cinque giorni, siano notificati al terzo il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l'atto di costituzione del convenuto, osservati i termini di cui ai commi terzo, quinto e sesto dell'articolo 415. Il termine massimo entro il quale deve tenersi la nuova udienza decorre dalla pronuncia del provvedimento di fissazione.

Il terzo chiamato deve costituirsi non meno di dieci giorni prima dell'udienza fissata, depositando la propria memoria a norma dell'articolo 416.

A tutte le notificazioni e comunicazioni occorrenti provvede l'ufficio.

Le udienze di mero rinvio sono vietate (1).

 

 

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 (1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 13 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 414, 416, 418, 420, commi primo e quinto, 429, comma terzo, c.p.c., come modificati dall'art. 1 della legge 1973, n. 533, sul nuovo rito del lavoro, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 14 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 420 c.p.c., come modificato dall'art. 1 della L. 1973 citata, in riferimento all'art. 3 Cost. La stessa Corte, con sentenza 4-10 maggio 1979, n. 10 (Gazz. Uff. 16 maggio 1979, n. 133), ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità degli artt. 416, ultimo comma, 420, primo ed ultimo comma, 421, secondo comma, 424, 431, primo ed ultimo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. La Corte costituzionale, con sentenza 19-31 dicembre 1986, n. 302 (Gazz. Uff. 9 gennaio 1987, n. 2 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 420, commi primo e ultimo, c.p.c., in riferimento agli artt. 24, commi primo e secondo, 97, 101 e segg., 3 Cost. Con successiva sentenza 19-31 dicembre 1986, n. 302 (Gazz. Uff. 9 gennaio 1987, n. 2 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 420, commi primo e ultimo, c.p.c., in riferimento agli artt. 24, commi primo e secondo 97, 101 e segg., 3 Cost.

 

 

Art. 421.

Poteri istruttori del giudice.

Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvo gli eventuali diritti quesiti.

Può altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova [c.p.c. 191, 244], anche fuori dei limiti stabiliti dal codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta di informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti. Si osserva la disposizione del comma sesto dell'articolo precedente.

Dispone, su istanza di parte, l'accesso sul luogo di lavoro, purché necessario al fine dell'accertamento dei fatti e dispone altresì, se ne ravvisa l'utilità l'esame dei testimoni sul luogo stesso.

Il giudice, ove lo ritenga necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti della causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell'articolo 246 o a cui sia vietato a norma dell'articolo 247 (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-10 maggio 1979, n. 10 (Gazz. Uff. 16 maggio 1979, n. 133), ha dichiarato inammissibili per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionali degli artt. 416, ultimo comma, 420, primo ed ultimo comma, 421, secondo comma, 424, 431, primo ed ultimo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con successiva sentenza 16-22 aprile 1980, n. 64 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 421, quarto comma c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

 

 

Art. 422.

Registrazione su nastro.

Il giudice può autorizzare la sostituzione della verbalizzazione da parte del cancelliere con la registrazione su nastro delle deposizioni di testi e delle audizioni delle parti o di consulenti (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 423.

Ordinanze per il pagamento di somme.

Il giudice, su istanza di parte, in ogni stato del giudizio, dispone con ordinanza il pagamento delle somme non contestate.

Egualmente, in ogni stato del giudizio, il giudice può, su istanza del lavoratore, disporre con ordinanza il pagamento di una somma a titolo provvisorio quando ritenga il diritto accertato e nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova.

Le ordinanze di cui ai commi precedenti costituiscono titolo esecutivo.

L'ordinanza di cui al secondo comma è revocabile con la sentenza che decide la causa (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 16 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondata, la questione di legittimità dell'art. 423, c.p.c., modificato dall'art. 1 della L. 1973, n. 533, in riferimento all'art. 3 Cost. La stessa Corte costituzionale, con sentenza 3 aprile-6 maggio 1981, n. 76 (Gazz. Uff. 3 giugno 1981, n. 151), ha dichiarato, fra l'altro, inammissibili perché irrilevanti le questioni di legittimità degli artt. 277, 423, 429 e 431 c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost.

 

 

Art. 424.

Assistenza del consulente tecnico.

Se la natura della controversia lo richiede, il giudice, in qualsiasi momento, nomina uno o più consulenti tecnici, scelti in albi speciali, a norma dell'articolo 61. A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.

Il consulente può essere autorizzato a riferire verbalmente ed in tal caso le sue dichiarazioni sono integralmente raccolte a verbale, salvo quanto previsto dal precedente articolo 422.

Se il consulente chiede di presentare relazione scritta, il giudice fissa un termine non superiore a venti giorni, non prorogabile, rinviando la trattazione ad altra udienza (1).

 

 

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 (1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-10 maggio 1979, n. 10 (Gazz. Uff. 16 maggio 1979, n. 133), ha dichiarato inammissibili per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionali degli artt. 416, ultimo comma, 420, primo ed ultimo comma, 421, secondo comma, 424, 431, primo ed ultimo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con successiva sentenza 16-22 aprile 1980, n. 64 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 421, quarto comma c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

 

 

Art. 425

Richiesta di informazioni e osservazioni alle associazioni sindacali..

Su istanza di parte, l'associazione sindacale indicata dalla stessa ha facoltà di rendere in giudizio, tramite un suo rappresentante, informazioni e osservazioni orali o scritte.

Tali informazioni e osservazioni possono essere rese anche nel luogo di lavoro ove sia stato disposto l'accesso ai sensi del terzo comma dell'articolo 421.

A tal fine il giudice può disporre ai sensi del sesto comma dell'articolo 420.

Il giudice può richiedere alle associazioni sindacali il testo dei contratti e accordi collettivi di lavoro, anche aziendali, da applicare nella causa (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 426.

Passaggio dal rito ordinario al rito speciale.

Il giudice (1), quando rileva che una causa promossa nelle forme ordinarie riguarda uno dei rapporti previsti dall'articolo 409, fissa con ordinanza l'udienza di cui all'articolo 420 e il termine perentorio [c.p.c. 153] entro il quale le parti dovranno provvedere all'eventuale integrazione degli atti introduttivi mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.

Nell'udienza come sopra fissata provvede a norma degli articoli che precedono (2).

 

 

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(1) L'originario termine «pretore» è stato sostituito, con l'attuale «giudice», dall'art. 83, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 14 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato, fra l'altro, l'illegittimità del combinato disposto dell'art. 426 c.p.c., come modificato dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533 e dell'art. 20 della legge medesima, nella parte in cui, con riguardo alle cause pendenti al momento dell'entrata in vigore della legge, non è prevista la comunicazione anche alla parte contumace dell'ordinanza che fissa l'udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti.

 

 

Art. 427.

Passaggio dal rito speciale al rito ordinario.

Il giudice (1), quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente capo riguarda un rapporto diverso da quelli previsti dall'articolo 409, se la causa stessa rientra nella sua competenza dispone che gli atti siano messi in regola con le disposizioni tributarie, altrimenti la rimette con ordinanza al giudice competente, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con il rito ordinario.

In tal caso le prove acquisite durante lo stato di rito speciale avranno l'efficacia consentita dalle norme ordinarie [c.p.c. 191] (2).

 

 

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(1) L'originario termine «pretore» è stato sostituito, con l'attuale «giudice», dall'art. 83, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 428.

Incompetenza del giudice.

Quando una causa relativa ai rapporti di cui all'articolo 409 sia stata proposta a giudice incompetente, l'incompetenza può essere eccepita dal convenuto soltanto nella memoria difensiva di cui all'articolo 416 ovvero rilevata d'ufficio dal giudice non oltre l'udienza di cui all'articolo 420.

Quando l'incompetenza sia stata eccepita o rilevata ai sensi del comma precedente, il giudice rimette la causa al tribunale (1) in funzione di giudice del lavoro, fissando un termine perentorio non superiore a trenta giorni per la riassunzione con rito speciale (2).

 

 

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(1) L'originario termine «pretore» è stato sostituito, con l'attuale «tribunale», dall'art. 84, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 429.

Pronuncia della sentenza.

Nella udienza il giudice, esaurita la discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo.

Se il giudice lo ritiene necessario, su richiesta delle parti, concede alle stesse un termine non superiore a dieci giorni per il deposito di note difensive, rinviando la causa all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine suddetto, per la discussione e la pronuncia della sentenza.

Il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 13 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato non fondate, le questioni di legittimità degli artt. 414, 416, 418, 420, commi primo e quinto, e dell'art. 429, comma terzo, c.p.c., come modificati dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost; con sentenza 4-20 gennaio 1977, n. 43 (Gazz. Uff. 26 gennaio 1977, n. 24), 22-29 dicembre 1977, n. 161 (Gazz. Uff. 4 gennaio 1978, n. 4) e 12-18 giugno 1979, n. 45 (Gazz. Uff. 27 giugno 1979, n. 175), ha poi dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 429, comma terzo, c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost.; con successiva sentenza 22-29 dicembre 1977, n. 162 (Gazz. Uff. 4 gennaio 1978, n. 4), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 429, comma terzo, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost.; con sentenza 3 aprile-26 maggio 1981, n. 71 (Gazz. Uff. 3 giugno 1981, n. 151), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 429, comma terzo, c.p.c., in riferimento agli artt. 3, 35, comma primo e 36 Cost. e con sentenza 3 aprile-26 maggio 1981, n. 76 (Gazz. Uff. 3 giugno 1981, n. 151), ha dichiarato fra l'altro: a) inammissibili perché irrilevanti le questioni di legittimità degli artt. 277, 423, 429 e 431 c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost.; b) manifestamente infondata la questione di legittimità degli artt. 409 e 429 c.p.c., in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 35 Cost. Con sentenza 25 giugno-21 luglio 1981, n. 139 (Gazz. Uff. 29 luglio 1981, n. 207), ha dichiarato, fra l'altro, non fondata la questione di legittimità della normativa risultante dal coordinato disposto degli artt. 429, comma terzo, c.p.c. e 59, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, in riferimento all'art. 36 Cost. Con sentenza 24 marzo-7 aprile 1988, n. 408 (Gazz. Uff. 26 aprile 1988, n. 16 - Prima serie speciale), ha dichiarato: a) in alcuni sensi inammissibili e in altri sensi infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1224 c.c., e dell'art. 429, terzo comma, c.p.c. e dell'art. 150 disp. att. c.p.c., in riferimento agli articoli 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, 24 e 113 Cost.; b) non fondata, nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1224, secondo comma, e dell' art. 429, terzo comma c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost.

La Corte costituzionale, con sentenza 11-20 luglio 1990, n. 350 (Gazz. Uff. 1 agosto 1990, n. 31 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art. 429, terzo comma, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost. Con altra sentenza 12-28 dicembre 1990, n. 585 (Gazz. Uff. 9 gennaio 1991, n. 2 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità dell'art. 1224 c.c., e dell'art. 429, terzo comma, c.p.c., e dell'art.150 disp. trans. c.p.c., in riferimento agli artt. 3, 24, 36, 38, 97 e 113 Cost. Successivamente, con sentenza 23 maggio-2 giugno 1994, n. 207 (Gazz. Uff. 8 giugno 1994, n. 24 - Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del terzo comma del presente articolo.

 

     

Art. 430.

Deposito della sentenza.

La sentenza deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia. Il cancelliere ne dà immediata comunicazione alle parti (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto. Vedi l'art. 14, L. 3 aprile 1979, n. 103, sull'Avvocatura dello Stato.

 

 

Art. 431.

Esecutorietà della sentenza.

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di cui all'articolo 409 sono provvisoriamente esecutive.

All'esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa quando dalla stessa possa derivare all'altra parte gravissimo danno [c.p.c. 351].

La sospensione disposta a norma del comma precedente può essere anche parziale e, in ogni caso, l'esecuzione provvisoria resta autorizzata fino alla somma di lire 500 mila (1).

Le sentenze che pronunciano condanna a favore del datore di lavoro sono provvisoriamente esecutive e sono soggette alla disciplina degli articoli 282 e 283 (2).

Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi (3).

 

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(1) Il testo originario dell'articolo è stato sostituito con i primi quattro commi dell'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo IV. La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 170 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità dell'art. 431 c.p.c., come modificato dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 4-10 maggio 1979, n. 10 (Gazz. Uff. 16 maggio 1979, n. 133), ha dichiarato inammissibili per difetto di rilevanza le questioni di legittimità degli artt. 416, ultimo comma, 420, primo ed ultimo comma, degli artt. 421, secondo comma, 424, 431, primo ed ultimo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; la stessa Corte, con sentenza 16-22 aprile 1980, n. 63 (Gazz. Uff. 30 aprile 1980, n. 118), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 431, terzo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; con sentenza 3 aprile-26 maggio 1981, n. 76 (Gazz. Uff. 3 giugno 1981, n. 151), ha dichiarato, fra l'altro, inammissibili perché irrilevanti le questioni di legittimità degli artt. 277, 423, 429 e 431 c.p.c., in riferimento all'art. 3 Cost.

(2) Comma aggiunto dall'art. 69, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1° gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L'art. 90, secondo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: «Gli articoli 282, 283, 337, comma primo, e 431, commi quinto e sesto, del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge, si applicano ai giudizi iniziati dopo il 1° gennaio 1993, nonché alle sentenze pubblicate dopo il 19 aprile 1995». Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge.

(3) Comma aggiunto dall'art. 69, L. 26 novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1° gennaio 1993 per effetto dell'art. 92 della citata legge, come modificato dall'art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477. Ai giudizi pendenti a tale data si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anteriormente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall'art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L'art. 90, secondo comma, della suddetta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall'art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto: «Gli articoli 282, 283, 337, comma primo, e 431, commi quinto e sesto, del codice di procedura civile, come modificati dalla presente legge, si applicano ai giudizi iniziati dopo il 1° gennaio 1993, nonché alle sentenze pubblicate dopo il 19 aprile 1995». Il secondo comma dell'art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha disposto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 agosto 1995, n. 347, non convertiti in legge.

 

 

Art. 432.

Valutazione equitativa delle prestazioni.

Quando sia certo il diritto ma non sia possibile determinare la somma dovuta, il giudice la liquida con valutazione equitativa [c.c. 1226] (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

 

 

§ 2 ­ Delle impugnazioni

 

Art. 433.

Giudice d'appello.

L'appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell'articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti alla corte di appello territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro (1).

Ove l'esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza, l'appello può essere proposto con riserva dei motivi che dovranno essere presentati nel termine di cui all'articolo 434 (2).

 

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(1) Comma così modificato dall'art. 85, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «L'appello contro le sentenze pronunciate nei processi relativi alle controversie previste nell'articolo 409 deve essere proposto con ricorso davanti al tribunale territorialmente competente in funzione di giudice del lavoro».

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto. Vedi, anche, l'art. 134-bis, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, introdotto dall'art. 2, D.L. 24 maggio 1999, n. 145.

 

 

Art. 434.

Deposito del ricorso in appello.

Il ricorso deve contenere l'esposizione sommaria dei fatti e i motivi specifici dell'impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dall'articolo 414.

Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero (1).

 

 

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 (1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto. Successivamente il secondo comma è stato così modificato dall'art. 85, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. Il testo del suddetto secondo comma, in vigore prima di quest'ultima modifica, era il seguente: «Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza, oppure entro quaranta giorni nel caso in cui la notificazione abbia dovuto effettuarsi all'estero».

La Corte costituzionale, con sentenza 6-13 marzo 1974, n. 62 (Gazz. Uff. 20 marzo 1974, n. 75), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 434, secondo comma, c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 35 Cost.; con sentenza 18 giugno-3 luglio 1975, n. 181, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 434, cpv., c.p.c., in riferimento agli artt. 3, 24 e 35 Cost.

 

 

Art. 435.

Decreto del presidente.

Il presidente della corte di appello entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione dinanzi al collegio (1).

L'appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all'appellato (2).

Tra la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni.

Nel caso in cui la notificazione prevista dal secondo comma deve effettuarsi all'estero, i termini di cui al primo e al terzo comma sono elevati, rispettivamente a ottanta e sessanta giorni (3).

 

 

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 (1) Comma così modificato dall'art. 85, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. Il testo precedentemente in vigore così disponeva: «Il presidente del tribunale entro cinque giorni dalla data di deposito del ricorso nomina il giudice relatore e fissa, non oltre sessanta giorni dalla data medesima, l'udienza di discussione dinanzi al collegio».

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 gennaio 1977, n. 15 (Gazz. Uff. 19 gennaio 1977, n. 17), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 435, comma secondo, c.p.c., come modificato dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533 nella parte in cui non dispone che l'avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di discussione sia comunicato all'appellante e che da tale comunicazione decorra il termine per la notificazione all'appellato.

(3) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 436.

Costituzione dell'appellato e appello incidentale.

L'appellato deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza.

La costituzione dell'appellato si effettua mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, nella quale deve essere contenuta dettagliata esposizione di tutte le sue difese.

Se propone appello incidentale [c.p.c. 333, 334], l'appellato deve esporre nella stessa memoria i motivi specifici su cui fonda l'impugnazione. L'appello incidentale deve essere proposto, a pena di decadenza nella memoria di costituzione, da notificarsi, a cura dell'appellato, alla controparte almeno dieci giorni prima della udienza fissata a norma dell'articolo precedente.

Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 416 (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 437.

Udienza di discussione.

Nell'udienza il giudice incaricato fa la relazione orale della causa. Il collegio, sentiti i difensori delle parti, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo nella stessa udienza.

Non sono ammesse nuove domande ed eccezioni. Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, tranne il giuramento estimatorio, salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa. E' salva la facoltà delle parti di deferire il giuramento decisorio in qualsiasi momento della causa (1).

Qualora ammetta le nuove prove, il collegio fissa entro venti giorni, l'udienza nella quale esse debbono essere assunte e deve essere pronunciata la sentenza. In tal caso il collegio con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423.

Sono applicabili le disposizioni di cui ai commi secondo e terzo, dell'articolo 429 (2).

 

 

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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 14-26 gennaio 1988, n. 82 (Gazz. Uff. 10 febbraio 1988, n. 6 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità degli articoli 437, secondo comma, c.p.c., e 20, primo comma, L. 11 agosto 1973, n. 533, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 438.

Deposito della sentenza di appello.

Il deposito della sentenza di appello è effettuato con l'osservanza delle norme di cui all'articolo 430.

Si applica il disposto del secondo comma dell'articolo 431 (1).

 

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 439.

Cambiamento del rito in appello.

La corte di appello, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427 (1).

 

 

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(1) Articolo prima sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto e poi così modificato dall'art. 85, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.), con effetto dal 2 giugno 1999, in virtù di quanto disposto dall'art. 247 dello stesso decreto, come modificato dall'art. 1, L. 16 giugno 1998, n. 188. Il testo in vigore prima di quest'ultima modifica era il seguente: «Cambiamento del rito in appello. Il tribunale, se ritiene che il procedimento in primo grado non si sia svolto secondo il rito prescritto, procede a norma degli articoli 426 e 427».

 

Art. 440.

Appellabilità delle sentenze.

Sono inappellabili le sentenze che hanno deciso una controversia di valore non superiore a lire 50 mila (1).

 

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(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 11 agosto 1973, n. 533, che ha modificato l'intero titolo quarto.

 

 

Art. 441.

Consulente tecnico in appello.

Il collegio, nell'udienza di cui al primo comma dell'articolo 437, può nominare un consulente tecnico [c.p.c. 61] rinviando ad altra udienza da fissarsi non oltre trenta giorni. In tal caso con la stessa ordinanza può adottare i provvedimenti di cui all'articolo 423.

Il consulente deve depositare il proprio parere almeno dieci giorni prima della nuova udienza (1).

 


 

Legge 4 agosto 1955, n. 848.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.

 

 

(1) (2) (3)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 settembre 1955, n. 221.

(2) Il testo della Convenzione è stato modificato conformemente alle disposizioni del Protocollo n. 3, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, del Protocollo n. 5, ratificato con L. 19 maggio 1967, n. 448, del Protocollo n. 8, ratificato con L. 27 ottobre 1988, n. 496, del Protocollo n. 9, ratificato con L. 14 luglio 1993, n. 257, del Protocollo n. 10, ratificato con L. 2 gennaio 1995, n. 17 e del Protocollo n. 11, ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(3) Vedi, anche, il Protocollo n. 2, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, il Protocollo n. 4 reso esecutivo con D.P.R. 14 aprile 1982, n. 217, il Protocollo n. 6, ratificato con L. 2 gennaio 1989, n. 8, il Protocollo n. 7, ratificato con L. 9 aprile 1990, n. 98 e il Protocollo n. 14 ratificato con L. 15 dicembre 2005, n. 280.

 

 

Art. 1. 

Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed il Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.

 

 

Art. 2. 

Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione e Protocollo suddetti, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore.

 

 

Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

 

Traduzione non ufficiale

 

I Governi firmatari, Membri del Consiglio d'Europa;

 

Considerata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, proclamata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 (5);

 

Considerato che questa Dichiarazione tende a garantire il riconoscimento e l'applicazione universali ed effettivi dei diritti che vi sono enunciati;

 

Considerato che il fine del Consiglio d'Europa è quello di realizzare un'unione più stretta tra i suoi Membri, e che uno dei mezzi per conseguire tale fine è la salvaguardia e lo sviluppo dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali;

 

Riaffermato il loro profondo attaccamento a queste Libertà fondamentali che costituiscono le basi stesse della giustizia e della pace nel mondo e il cui mantenimento si fonda essenzialmente, da una parte, su un regime politico veramente democratico e, dall'altra, su una concezione comune e un comune rispetto dei Diritti dell'Uomo a cui essi si appellano;

 

Risoluti, in quanto governi di Stati europei animati da uno stesso spirito e forti di un patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto, a prendere le prime misure atte ad assicurare la garanzia collettiva di certi diritti enunciati nella Dichiarazione Universale.

 

hanno convenuto quanto segue:

 

 

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(4) Il testo della Convenzione è stato modificato conformemente alle disposizioni del Protocollo n. 3, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, del Protocollo n. 5, ratificato con L. 19 maggio 1967, n. 448, del Protocollo n. 8, ratificato con L. 27 ottobre 1988, n. 496, del Protocollo n. 9, ratificato con L. 14 luglio 1993, n. 257, del Protocollo n. 10, ratificato con L. 2 gennaio 1995, n. 17 e del Protocollo n. 11, ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

Vedi, anche, il Protocollo n. 2, ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653, il Protocollo n. 4 reso esecutivo con D.P.R. 14 aprile 1982, n. 217, il Protocollo n. 6, ratificato con L. 2 gennaio 1989, n. 8, il Protocollo n. 7, ratificato con L. 9 aprile 1990, n. 98.

(5)  Approvata e proclamata, da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in data 10 dicembre 1948. Il testo ufficiale di tale Dichiarazione fu compilato nelle cinque lingue ufficiali dell'O.N.U., cioè francese, inglese, russa, spagnola e cinese.

Il testo che qui si riporta in lingua italiana è quello risultante dalla traduzione fatta fare dal segretario generale dell'O.N.U. in ottemperanza delle istruzioni a lui date dall'Assemblea che aveva disposto la diffusione della «Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo» nel maggior numero possibile di lingue.

Tale Dichiarazione non essendo stata approvata sotto forma di trattato internazionale, non costituisce strumento giuridico in senso stretto, ma, in considerazione dell'argomento trattato, contiene principi generali di diritto che per il loro carattere morale, sono riconosciuti e perciò vincolanti per tutte le nazioni civili. Si ritiene pertanto opportuno riportare tale Dichiarazione anche in considerazione del fatto che essa è posta a base della stipulazione di vari accordi internazionali, come risulta dalle premesse ad essi poste.

 

«DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO

 

Preambolo

 

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà della giustizia e della pace nel mondo;

 

considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

 

considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

 

considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

 

considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

 

considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

 

considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni:

 

L'ASSEMBLEA GENERALE

 

proclama

 

La presente dichiarazione universale dei diritti dell'uomo come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società avendo costantemente presente questa Dichiarazione si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

 

Art. 1. Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

 

Art. 2. 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di ordine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita e di altra condizione.

 

2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.

 

Art. 3. Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

 

Art. 4. Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

 

Art. 5. Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

 

Art. 6. Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

 

Art. 7. Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

 

Art. 8. Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti della costituzione o dalla legge.

 

Art. 9. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

 

Art. 10. Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

 

Art. 11. 1). Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

 

2). Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

 

Art. 12. Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

 

Art. 13 1). Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

 

2). Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

 

Art. 14. 1). Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

 

2). Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

 

Art. 15. 1). Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.

 

2). Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

 

Art. 16. 1). Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.

 

2). Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

 

3). La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

 

Art. 17. 1). Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

 

2). Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

 

Art. 18. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

 

Art. 19. Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

 

Art. 20. 1). Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

 

2). Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

 

Art. 21. 1). Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

 

2). Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

 

3). La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

 

Art. 22. Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

 

Art. 23. 1). Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

 

2). Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

 

3). Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

 

4). Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

 

Art. 24. Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

 

Art. 25. 1). Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

 

2). La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

 

Art. 26. 1). Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

 

2). L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

 

3). I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

 

Art. 27. 1). Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

 

2). Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica letteraria e artistica di cui egli sia autore.

 

Art. 28. Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

 

Art. 29. 1). Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

 

2). Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

 

3). Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

 

Art. 30. Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati».

 

 

Art. 1.

Obbligo di rispettare i diritti dell'uomo (6).

 

Le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti al Titolo I della presente Convenzione.

 

 

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(6)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

TITOLO I

 

Diritti e libertà

 

Art. 2.

Diritto alla vita (7).

1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nei casi in cui il delitto sia punito dalla legge con tale pena.

 

2. La morte non è considerata inflitta in violazione di questo articolo quando derivasse da un ricorso alla forza reso assolutamente necessario:

 

a) per assicurare la difesa di qualsiasi persona da una violenza illegittima;

 

b) per eseguire un arresto legale o per impedire l'evasione di una persona legalmente detenuta;

 

c) per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.

 

 

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(7) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 3.

Divieto della tortura (8).

Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.

 

 

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(8) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 4.

Divieto di schiavitù e del lavoro forzato (9).

1. Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù.

 

2. Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio.

 

3. Non è considerato «lavoro forzato o obbligatorio» ai sensi del presente articolo:

 

a) ogni lavoro normalmente richiesto ad una persona detenuta alle condizioni previste dall'articolo 5 della presente Convenzione o durante il periodo di libertà condizionale;

 

b) ogni servizio di carattere militare o, nel caso di obiettori di coscienza nei paesi nei quali l'obiezione di coscienza è riconosciuta legittima, un altro servizio sostitutivo di quello militare obbligatorio;

 

c) ogni servizio richiesto in occasione di calamità che pongono in pericolo la vita o il benessere della comunità;

 

d) ogni lavoro o servizio che faccia parte dei normali doveri civici.

 

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(9) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

Art. 5.

Diritto alla libertà e alla sicurezza (10).

1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà salvo che nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge:

 

a) se è detenuto legittimamente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente;

 

b) se è stato oggetto di un arresto o di una detenzione legittima per inosservanza di un provvedimento legittimamente adottato da un tribunale ovvero per garantire l'esecuzione di un obbligo imposto dalla legge;

 

c) se è stato arrestato o detenuto per essere tradotto dinanzi all'autorità giudiziaria competente quando vi sono fondati motivi per sospettare che abbia commesso un reato o ci sono fondati motivi per ritenere necessario di impedirgli di commettere un reato o di fuggire dopo averlo commesso;

 

d) se si tratta della detenzione legittima di un minore, decisa per sorvegliare la sua educazione, o di sua legale detenzione al fine di tradurlo dinanzi all'autorità competente;

 

e) se si tratta della detenzione legittima di una persona per prevenire la diffusione di una malattia contagiosa, di un alienato di mente, di un alcoolizzato, di un tossicodipendente o di un vagabondo;

 

f) se si tratta dell'arresto o della detenzione legittima di una persona per impedirle di entrare clandestinamente nel territorio, o di una persona contro la quale è in corso un procedimento dì espulsione o di estradizione.

 

2. Ogni persona che venga arrestata deve essere informata al più presto e in una lingua a lei comprensibile dei motivi dell'arresto e degli addebiti contestati.

 

3. Ogni persona arrestata o detenuta nelle condizioni previste dal paragrafo 1, lettera c) del presente articolo, deve essere tradotta al più presto dinanzi a un giudice o a un altro magistrato autorizzato dalla legge ad esercitare funzioni giudiziarie e ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere posta in libertà durante il procedimento. La scarcerazione può essere subordinata ad una garanzia che assicuri la comparizione della persona all'udienza.

 

4. Ogni persona privata della libertà mediante arresto o detenzione ha il diritto di presentare un ricorso davanti ad un tribunale affinché esso decida, entro breve tempo, sulla legittimità della sua detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegittima.

 

5. Ogni persona vittima di arresto o di detenzione eseguiti in violazione alle disposizioni di questo articolo ha diritto ad un indennizzo.

 

 

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(10) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 6.

Diritto ad un processo equo (11).

1. Ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente e imparziale e costituito per legge, che decide sia in ordine alla controversia sui suoi diritti e obblighi di natura civile, sia sul fondamento di ogni accusa in materia penale derivata contro di lei. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti in causa, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia.

 

2. Ogni persona accusata di un reato si presume innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

 

3. Ogni accusato ha diritto soprattutto a:

 

a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico;

 

b) disporre del tempo e dei mezzi necessari per preparare la sua difesa;

 

c) difendersi personalmente o con l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per pagare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

 

d) interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico;

 

e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nell'udienza.

 

 

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(11) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 7.

Nessuna pena senza legge (12).

1. Nessuno può essere condannato per un'azione o un'omissione che, al momento in cui fu commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non può del pari essere inflitta una pena maggiore di quella che sarebbe stata applicata al momento in cui il reato è stato commesso.

 

2. Il presente articolo non vieterà il giudizio e la condanna di una persona colpevole d'una azione o d'una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era ritenuta crimine secondo i princìpi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.

 

 

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(12) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 8.

Diritto al rispetto della vita privata e familiare (13).

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

 

2. Non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.

 

 

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(13) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 9.

Libertà di pensiero, di coscienza e di religione (14).

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto importa la libertà di cambiare di religione o credo e la libertà di manifestare la propria religione o credo individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza di riti.

 

2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di altre limitazioni oltre quelle previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza pubblica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.

 

 

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(14) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 10.

Libertà di espressione (15).

1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza riguardo alla nazionalità. Il presente articolo non impedisce che gli Stati sottopongano a un regime di autorizzazione le imprese di radio-diffusione, di cinema o di televisione.

 

2. L'esercizio di queste libertà, comportando doveri e responsabilità, può essere subordinato a determinate formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e costituenti misure necessarie in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l'integrità territoriale o l'ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della salute e della morale, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, o per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.

 

 

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(15) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 11.

Libertà di riunione e di associazione (16).

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d'associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire ad essi per la difesa dei propri interessi.

 

2. L'esercizio di questi diritti non può costituire oggetto di altre restrizioni oltre quelle che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, la difesa dell'ordine e la prevenzione dei disordini e dei reati, per la protezione della salute o della morale o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non vieta che restrizioni legittime siano imposte all'esercizio di questi diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato.

 

 

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(16) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 12.

Diritto al matrimonio (17).

Uomini e donne in età maritale hanno diritto di sposarsi e di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto.

 

 

 

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(17) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 13.

Diritto ad un ricorso effettivo (18).

Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto di presentare un ricorso avanti ad una magistratura nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone agenti nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali.

 

 

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(18) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 14.

Divieto di discriminazione (19).

Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere garantito senza alcuna distinzione di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

 

 

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(19) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 15.

Deroga in caso di stato di urgenza (20).

1. In caso di guerra o di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte Contraente può prendere misure in deroga agli obblighi previsti nella presente Convenzione nella stretta misura in cui la situazione lo esiga e a condizione che tali misure non siano in contrasto con altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.

 

2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all'articolo 2, salvo che per il caso di morte risultante da atti di guerra conformi alle Convenzioni internazionali, e agli articoli 3, 4 (paragrafo 1) e 7.

 

3. Ogni Alta Parte Contraente che eserciti tale diritto di deroga comunica al Segretario Generale del Consiglio d'Europa delle misure prese e dei motivi che le hanno determinate. Essa deve parimenti informare il Segretario Generale del Consiglio d'Europa della data in cui queste misure sono revocate e la data in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione.

 

 

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(20) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 16.

Restrizioni all'attività politica di stranieri (21).

Nessuna delle disposizioni degli articoli 10, 11 e 14 può essere interpretata nel senso che vieta alle Alte Parti Contraenti di porre limitazioni all'attività politica degli stranieri.

 

 

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(21) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 17.

Divieto dell’abuso del diritto (22).

Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, gruppo o individuo di esercitare un'attività o compiere un atto mirante alla sospensione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni maggiori di quelle previste nella presente Convenzione.

 

 

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(22) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 18.

Limiti alla restrizione dei diritti (23).

Le limitazioni che, in base alla presente Convenzione, sono poste a detti diritti e libertà non possono essere applicate che per lo scopo per il quale sono state previste.

 

 

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(23) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 


 

TITOLO II

 

Corte europea dei diritti dell'uomo (24)

 

Art. 19.

Istituzione della Corte.

Per assicurare il rispetto degli impegni derivanti alle Alte Parti contraenti dalla presente Convenzione e dai suoi protocolli, è istituita una Corte europea dei Diritti dell'uomo, di seguito denominata «la Corte». Essa funziona in maniera permanente (25).

 

 

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(24)  Gli originari titoli II, III e IV (artt. 19-56) sono stati così sostituiti dall’attuale titolo II (artt. 19-51) ai sensi di quanto disposto dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(25)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 20.

Numero di giudici.

La Corte si compone di un numero di giudici eguale a quello delle Alte Parti contraenti (26).

 

 

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(26)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 21.

Condizioni per l'esercizio delle funzioni.

1. I giudici devono godere della più alta considerazione morale e possedere i requisiti richiesti per l'esercizio delle più alte funzioni giudiziarie o essere dei giurisconsulti di riconosciuta competenza.

 

2. I giudici siedono alla Corte a titolo individuale.

 

3. Per tutta la durata del loro mandato, i giudici non possono esercitare alcuna attività incompatibile con le esigenze di indipendenza, dì imparzialità o di disponibilità richieste da una attività esercitata a tempo pieno. Ogni problema che sorga nell'applicazione di questo paragrafo è deciso dalla Corte (27).

 

 

 

 

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(27)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 22.

Elezione dei giudici.

1. I giudici sono eletti dall'Assemblea parlamentare a titolo di ciascuna Alta Parte contraente a maggioranza dei voti espressi su una lista di tre candidati presentata dall'Alta Parte contraente.

 

2. La stessa procedura è seguita per completare la Corte nel caso in cui altre Parti contraenti aderiscano e per provvedere ai seggi divenuti vacanti (28).

 

 

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(28)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 23.

Durata del mandato.

1. I giudici sono eletti per un periodo di sei anni. Essi sono rieleggibili. Tuttavia, per quanto concerne i giudici designati con la prima elezione, i mandati di una metà di essi scadranno al termine dei tre anni.

 

2. I giudici il cui mandato scade al termine del periodo iniziale di tre anni sono estratti a sorte dal Segretario Generale del Consiglio d'Europa, immediatamente dopo la loro elezione.

 

3. Al fine di assicurare nella misura del possibile il rinnovo dei mandati di una metà dei giudici ogni tre anni, l'Assemblea parlamentare può, prima di procedere ad ogni ulteriore elezione, decidere che uno o più mandati dei giudici da eleggere abbiano una durata diversa da quella di sei anni, senza tuttavia che questa durata possa eccedere nove anni o essere inferiori a tre anni.

 

4. Nel caso in cui si debbano conferire più mandati e l'Assemblea parlamentare applichi il paragrafo precedente, la ripartizione dei mandati avviene mediante estrazione a sorte effettuata dal Segretario generale del Consiglio d'Europa immediatamente dopo l'elezione.

 

5. Il giudice eletto in sostituzione di un giudice che non abbia completato il periodo delle sue funzioni, rimane in carica fino alla scadenza del periodo di mandato del suo predecessore.

 

6. Il mandato dei giudici termina quando essi raggiungono l'età di 70 anni.

 

7. I giudici restano in funzione fino a che i loro posti non siano ricoperti. Tuttavia essi continuano a trattare le cause di cui sono stati già investiti (29).

 

 

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(29)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 24.

Revoca.

Un giudice può essere sollevato dalle sue funzioni solo se gli altri giudici decidono, a maggioranza dei due terzi, che ha cessato di rispondere ai requisiti richiesti (30).

 

 

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(30)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 25.

Ufficio di cancelleria e referendari.

La Corte dispone di un Ufficio di cancelleria i cui compiti e la cui organizzazione sono stabiliti dal regolamento della Corte. Essa è assistita da referendari (31).

 

 

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(31)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 26.

Assemblea plenaria della Corte.

La corte riunita in Assemblea plenaria:

 

a) elegge per un periodo di tre anni il suo presidente ed uno o due vice-presidenti; essi sono rieleggibili;

 

b) costituisce Camere per un determinato periodo;

 

c) elegge i presidenti delle Camere della Corte che sono rieleggibili;

 

d) adotta il regolamento della Corte;

 

e) elegge il cancelliere ed uno o più vicecancellieri (32).

 

 

 

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(32)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 27.

Comitati, Camere e Grande Camera.

1. Per la trattazione di ogni affare che le viene sottoposto, la Corte si costituisce in un comitato di tre giudici, in una Camera composta da sette giudici ed in una Grande Camera di diciassette giudici. Le Camere della Corte istituiscono i comitati per un determinato periodo.

 

2. Il giudice eletto a titolo di uno Stato Parte alla controversia è membro di diritto della Camera e della Grande Camera; in caso di assenza di questo giudice, o se egli non è in grado di svolgere la sua funzione, lo Stato Parte nomina una persona che siede in qualità di giudice.

 

3. Fanno altresì parte della Grande Camera il presidente della Corte, i vice-presidenti, i presidenti delle Camere e altri giudici designati in conformità con il regolamento della Corte. Se la controversia è deferita alla Grande Camera ai sensi dell'articolo 43, nessun giudice della Camera che ha pronunciato la sentenza può essere presente nella Grande Camera, ad eccezione del presidente della Camera e del giudice che siede a titolo dello Stato parte interessato (33).

 

 

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(33)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 28.

Dichiarazioni di irricevibilità da parte dei comitati.

Un comitato può, con voto unanime, dichiarare irricevibile o cancellare dal ruolo un ricorso individuale presentato ai sensi dell'articolo 34 quando tale decisione può essere adottata senza un esame complementare. La decisione è definitiva (34).

 

 

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(34)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 29.

Decisioni delle Camere sulla ricevibilità ed il merito.

1. Se nessuna decisione è stata adottata ai sensi dell'articolo 28, una delle Camere si pronuncia sulla irricevibilità e sul merito dei ricorsi individuali presentati ai sensi dell'articolo 34.

 

2. Una delle Camere si pronuncia sulla ricevibilità e sul merito dei ricorsi governativi presentati in virtù dell'articolo 33.

 

3. Salvo diversa decisione della Corte in casi eccezionali, la decisione sulla ricevibilità è adottata separatamente (35).

 

 

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(35)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 30.

Dichiarazione d'incompetenza a favore della Grande Camera.

Se la questione oggetto del ricorso all'esame di una Camera solleva gravi problemi di interpretazione della Convenzione o dei suoi protocolli, o se la sua soluzione rischia di condurre ad una contraddizione con una sentenza pronunciata anteriormente dalla Corte, la Camera, fino a quando non abbia pronunciato la sua sentenza, può spogliarsi della propria competenza a favore della Grande Camera a meno che una delle parti non vi si opponga (36).

 

 

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(36)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 31.

Competenze della Grande Camera.

La Grande Camera:

 

a) si pronuncia sui ricorsi presentati ai sensi dell'articolo 33 o dell'articolo 34 quando il caso le sia stato deferito dalla Camera ai sensi dell'articolo 30 o quando il caso le sia stato deferito ai sensi dell'articolo 43; e

 

b) esamina le richieste di pareri consultivi presentate ai sensi dell'articolo 47 (37).

 

 

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(37)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

Art. 32.

Competenza della Corte.

1. La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l'interpretazione e l'applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa nelle condizioni previste dagli articoli 33, 34 e 37.

 

2. In caso di contestazione sulla questione della propria competenza, è la Corte che decide (38).

 

 

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(38)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 33.

Ricorsi interstatali.

Ogni Alta Parte contraente può deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un'altra Parte contraente (39).

 

 

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(39)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 34.

Ricorsi individuali.

La Corte può essere investita di una domanda fatta pervenire da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda d'essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l'effettivo esercizio di tale diritto (40) (41).

 

 

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(40)  Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(41)  Vedi, anche, l’Accordo europeo concernente le persone che partecipano alle procedure davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo adottato a Strasburgo il 5 marzo 1996 e ratificato con L. 2 ottobre 1997, n. 348.

 

 

Art. 35.

Condizioni di ricevibilità.

1. La Corte non può essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne, qual è inteso secondo i princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva.

 

2. La Corte non ritiene alcuna domanda singola avanzata sulla base dell'ari. 34, se:

 

a) è anonima; oppure

 

b) è essenzialmente la stessa di una precedentemente esaminata dalla Corte o già sottoposta ad un'altra istanza internazionale d'inchiesta o di regolamentazione e non contiene fatti nuovi.

 

3. La Corte dichiara irricevibile ogni singola domanda avanzata sulla base dell'art. 34 quand'essa giudichi tale domanda incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi protocolli, manifestamente infondata o abusiva.

 

4. La Corte respinge ogni domanda che consideri irricevibile in applicazione del presente articolo. Essa può procedere in tal modo in ogni fase della procedura (42).

 

 

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(42) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 36.

Intervento di terzi.

1. Per qualsiasi questione all'esame di una Camera e/o della Grande Camera, un'Alta Parte contraente un cui cittadino sia ricorrente ha diritto di presentare osservazioni per iscritto e di partecipare alle udienze.

 

2. Nell'interesse di una corretta amministrazione della giustizia, il presidente della Corte può invitare ogni Alta parte contraente, che non è parte in causa o ogni persona interessata diversa dal ricorrente, a presentare osservazioni per iscritto o a partecipare alle udienze (43).

 

 

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(43) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 37.

Cancellazione.

1. In ogni momento della procedura la Corte può decidere di cancellare un ricorso dal ruolo quando le circostanze consentono di concludere:

 

a) che il ricorrente non intende mantenerlo; oppure

 

b) che la controversia è stata risolta; oppure

 

c) che non è più giustificato, per ogni altro motivo di cui la Corte accerta l'esistenza, proseguire l'esame del ricorso.

 

Tuttavia la Corte prosegue l'esame del ricorso qualora ciò sia richiesto dal rispetto dei Diritti dell'Uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi protocolli.

 

2. La Corte può decidere di riscrivere il ricorso a ruolo quando ritenga che ciò è giustificato dalle circostanze (44).

 

 

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(44) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 38.

Esame in contraddittorio del caso e procedura di composizione amichevole.

1. Quando dichiara che il ricorso è ricevibile, la Corte:

 

a) procede all'esame della questione in contraddittorio con rappresentanti delle Parti e, se del caso, ad un'inchiesta per la quale tutti gli Stati interessati forniranno tutte le facilitazioni necessarie ai fini della sua efficace conduzione;

 

b) si mette a disposizione degli interessati per pervenire ad una regolamentazione amichevole della controversia sulla base del rispetto dei Diritti dell'Uomo come riconosciuti dalla Convenzione e dai suoi protocolli.

 

2. La procedura descritta al paragrafo 1, lettera b) è riservata (45).

 

 

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(45) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 39.

Ottenimento di una composizione amichevole.

 

Se consegue una regolamentazione amichevole, la Corte cancella il ricorso dal ruolo mediante una decisione che si limita ad una breve esposizione dei fatti e della soluzione adottata (46).

 

 

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(46) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 40

Udienza pubblica e accesso ai documenti.

1. L'udienza è pubblica a meno che la Corte non decida diversamente a causa di circostanze eccezionali.

 

2. I documenti depositati presso l'Ufficio di cancelleria sono accessibili al pubblico a meno che il presidente della Corte non decida diversamente (47).

 

 

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(47) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 41

Equa soddisfazione.

Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa (48).

 

 

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(48) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 42

Sentenze delle Camere.

Le sentenze delle Camere divengono definitive in conformità con le disposizioni dell'articolo 44, paragrafo 2 (49).

 

 

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(49) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 43

Rinvio dinnanzi alla Grande Camera.

1. Entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data della sentenza di una Camera, ogni Parte alla controversia può, in casi eccezionali, chiedere che il caso sia rinviato dinnanzi alla Grande Camera.

 

2. Un Collegio di cinque giudici della Grande Camera accoglie la domanda quando la questione oggetto del ricorso solleva gravi problemi di interpretazione o di applicazione della Convenzione o dei suoi protocolli o di carattere generale.

 

3. Quando il Collegio ha accolto la domanda, la Grande Camera si pronuncia sul caso mediante una sentenza (50).

 

 

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(50) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 44

Sentenze definitive.

1. La sentenza della Grande Camera è definitiva.

 

2. La sentenza di una Camera diviene definitiva:

 

a) quando le parti dichiarano che non richiederanno il rinvio del caso dinnanzi alla Grande Camera; oppure

 

b) tre mesi dopo la data della sentenza, se non è stato richiesto il rinvio del caso dinnanzi alla Grande Camera; oppure

 

c) se il Collegio della Grande Camera respinge una richiesta di rinvio formulata secondo l'art. 43.

 

3. La sentenza definitiva è pubblicata (51).

 

 

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(51) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 45

Motivazione delle sentenze e delle decisioni.

1. Le sentenze e le decisioni che dichiarano i ricorsi ricevibili o non ricevibili devono essere motivate.

 

2. Se la sentenza non esprime in tutto o in parte l'opinione unanime dei giudici, ogni giudice avrà diritto di unirvi l'esposizione della sua opinione individuale (52).

 

 

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(52) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 46

Forza vincolante ed esecuzione delle sentenze.

1. Le Alte Parti contraenti s'impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie nelle quali sono Parti.

 

2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l'esecuzione (53).

 

 

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(53) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 47

Pareri consultivi.

1. La Corte può, su richiesta del Comitato dei Ministri, fornire pareri consultivi su questioni giuridiche relative all'interpretazione della Convenzione e dei suoi protocolli.

 

2. Tali pareri non devono vertere su questioni inerenti al contenuto o alla portata dei diritti e libertà definiti nel Titolo I della Convenzione e nei protocolli, né su altre questioni che la Corte o il Comitato dei Ministri si troverebbero a dover giudicare per via della presentazione di un ricorso previsto dalla Convenzione.

 

3. La decisione del Comitato dei Ministri di chiedere un parere alla Corte è adottata con un voto a maggioranza dei rappresentanti che hanno il diritto di avere un seggio al Comitato (54) (55).

 

 

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(54) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(55) Il testo degli articoli 47, 48 e 49 riproduce il contenuto del Protocollo n. 2 firmato a Strasburgo il 6 maggio 1963 e ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653.

 

 

Art. 48

Competenza consultiva della Corte.

La Corte decide se la domanda di parere consultivo presentata dal Comitato dei Ministri è di sua competenza secondo l'articolo 47 (56) (57).

 

 

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(56) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(57) Il testo degli articoli 47, 48 e 49 riproduce il contenuto del Protocollo n. 2 firmato a Strasburgo il 6 maggio 1963 e ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653.

 

 

Art. 49

Motivazione dei pareri consultivi.

1. Il parere della Corte è motivato.

 

2. Se il parere non esprime in tutto o in parte l'opinione unanime dei giudici, ogni giudice avrà diritto di unirvi l'esposizione della sua opinione individuale.

 

3. Il parere della Corte è trasmesso al Comitato dei Ministri (58) (59).

 

 

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(58) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(59) Il testo degli articoli 47, 48 e 49 riproduce il contenuto del Protocollo n. 2 firmato a Strasburgo il 6 maggio 1963 e ratificato con L. 13 luglio 1966, n. 653.

 

 

Art. 50

Spese di funzionamento della Corte.

Le spese di funzionamento della Corte sono a carico del Consiglio d'Europa (60).

 

 

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(60) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 51

Privilegi ed immunità dei giudici.

I giudici beneficiano durante l'esercizio delle loro funzioni dei privilegi e delle immunità previste all'articolo 40 dello Statuto del Consiglio d'Europa e negli accordi conclusi a titolo di detto articolo (61).

 

 

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(61) Articolo così sostituito dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

TITOLO III (62)

Disposizioni varie (63)

 

Art. 52

Indagini del Segretario Generale (64).

Ogni Alta Parte Contraente, su domanda del Segretario Generale del Consiglio d'Europa, fornirà le spiegazioni richieste sul modo in cui il proprio diritto interno assicura la effettiva applicazione di tutte le disposizioni della presente Convenzione (65).

 

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(62) L’originario titolo V è divenuto titolo III ai sensi di quanto disposto dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(63) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(64) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(65)  Il presente articolo 52, già articolo 57, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 53

Salvaguardia dei diritti dell'uomo riconosciuti (66).

Nessuna delle disposizioni della presente Convenzione può essere interpretata come recante pregiudizio o limitazione ai Diritti dell'Uomo e alle Libertà fondamentali che possano essere riconosciuti in base a leggi di qualunque Stato Contraente o da altri accordi internazionali di cui tale Stato sia parte (67).

 

 

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(66) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(67)  Il presente articolo 53, già articolo 60, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 54

Poteri del Comitato dei Ministri (68).

Nessuna disposizione della presente Convenzione porta pregiudizio ai poteri conferiti al Comitato dei Ministri dallo Statuto del Consiglio d'Europa (69).

 

 

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(68) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(69)  Il presente articolo 54, già articolo 61, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 55

Rinuncia ad altri modi di regolamentazione delle controversie (70).

Le Alte Parti Contraenti rinunziano reciprocamente, salvo compromesso speciale, ad avvalersi di trattati, convenzioni o dichiarazioni fra di loro esistenti, in vista di sottomettere, per via di ricorso, una controversia nata dalla interpretazione o dall'applicazione della presente Convenzione ad una procedura di regolamento diversa da quelle previste da detta Convenzione (71).

 

 

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(70) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(71)  Il presente articolo 55, già articolo 62, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 56

Applicazione territoriale (72).

1. Ogni Stato, al momento della ratifica o in ogni altro momento successivo può dichiarare, mediante notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, che la presente Convenzione si applicherà, salvo quanto previsto dal paragrafo 4 del presente articolo, in tutti i territori o in determinati territori di cui assicura le relazioni internazionali (73).

 

2. La Convenzione si applicherà al territorio o ai territori designati nella notifica a partire dal trentesimo giorno successivo alla data in cui il Segretario Generale del Consiglio d'Europa avrà ricevuto tale notifica.

 

3. In detti territori le disposizioni della presente Convenzione saranno applicate tenendo conto delle necessità locali.

 

4. Ogni Stato che ha fatto una dichiarazione conforme al primo paragrafo di questo articolo può, in ogni momento, dichiarare relativamente a uno o a più territori previsti in tale dichiarazione che accetta la competenza della Corte a conoscere dei ricorsi di persone fisiche, di organizzazioni non governative o di gruppi di privati come previsto dall'articolo 34 della Convenzione (74) (75).

 

 

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(72)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(73)  Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(74)  Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(75)  Il presente articolo 56, già articolo 63, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 57

Riserve (76).

1. Ogni Stato, al momento della firma della presente Convenzione o del deposito del suo strumento di ratifica, può formulare una riserva riguardo ad una particolare disposizione della Convenzione, nella misura in cui una legge in quel momento in vigore sul suo territorio non sia conforme a tale disposizione. Le riserve di carattere generale non sono autorizzate in base al presente articolo.

 

2. Ogni riserva emessa in conformità al presente articolo comporta un breve esposto della legge in questione (77).

 

 

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(76)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(77)  Il presente articolo 57, già articolo 64, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 58

Denuncia (78).

1. Un'Alta Parte Contraente non può denunciare la presente Convenzione che dopo un periodo di cinque anni a partire dalla data d'entrata in vigore della Convenzione nei suoi confronti e dando un preavviso di sei mesi mediante una notifica indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, che ne informa le altre Alte Parti Contraenti.

 

2. Tale denuncia non può avere l'effetto di svincolare l'Alta Parte Contraente interessata dagli obblighi contenuti nella presente Convenzione in ciò che concerne qualunque fatto che, potendo costituire una violazione di questi obblighi, fosse stato compiuto da essa anteriormente alla data in cui la denuncia produce il suo effetto.

 

3. Con la medesima riserva cessa d'essere Parte della presente Convenzione ogni Parte Contraente che cessi d'essere Membro del Consiglio d'Europa.

 

4. la Convenzione può essere denunciata, in conformità alle disposizioni dei precedenti paragrafi, relativamente a ogni territorio nel quale sia stata dichiarata applicabile in base all'articolo 56 (79) (80).

 

 

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(78)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(79)  Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(80) Il presente articolo 58, già articolo 65, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 59

Firma e ratifica (81).

1. La presente Convenzione è aperta alla firma dei Membri del Consiglio d'Europa. Essa sarà ratificata. Le ratifiche saranno depositate presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

 

2. La presente Convenzione entrerà in vigore dopo il deposito di dieci strumenti di ratifica.

 

3. Per ogni firmatario che la ratificherà successivamente, la Convenzione entrerà in vigore dal momento del deposito dello strumento di ratifica.

 

4. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà a tutti i Membri del Consiglio d'Europa l'entrata in vigore della Convenzione, i nomi delle Alte Parti Contraenti che l'avranno ratificata, come anche il deposito di ogni altro strumento di ratifica che si sia avuto successivamente (82).

 

Fatta a Roma il 4 novembre 1950, in francese ed in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un solo esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa ne comunicherà copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d'Europa.

 

 

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(81)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(82)  Il presente articolo 59, già articolo 66, è stato così rinumerato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Protocollo addizionale alla Convezione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

 

Art. 1

Protezione della proprietà (83).

Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai princìpi generali del diritto internazionale.

 

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di emanare leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.

 

 

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(83)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

 

Art. 2

Diritto all'istruzione (84).

Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.

 

 

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(84)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 3

Diritto a libere elezioni (85).

Le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell'opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.

 

 

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(85)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 4

Applicazione territoriale (86).

Ogni Alta Parte Contraente, al momento della firma o della ratifica del presente Protocollo o in ogni altro momento successivo, può presentare al Segretario Generale del Consiglio d'Europa una dichiarazione che indichi i limiti entro cui si impegna ad applicare le disposizioni del presente Protocollo nei territori di cui assicura le relazioni internazionali che sono designati nella stessa dichiarazione.

 

Ogni Alta Parte Contraente che ha presentato una dichiarazione in virtù del paragrafo precedente può, di volta in volta, presentare una nuova dichiarazione che modifichi i termini di ogni dichiarazione precedente o che ponga fine all'applicazione delle disposizioni del presente Protocollo in un qualsiasi territorio.

 

Una dichiarazione fatta conformemente al presente articolo sarà considerata come fatta in conformità al paragrafo 1 dell'articolo 56 della Convenzione (87).

 

 

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(86)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

(87)  Paragrafo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 5

Relazioni con la Convenzione (88).

Le Alte Parti Contraenti considereranno gli articoli 1, 2, 3, e 4 di questo Protocollo come articoli addizionali alla Convenzione e tutte le disposizioni della Convenzione si applicheranno di conseguenza.

 

 

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(88)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 6

Firma e ratifica (89).

Il presente Protocollo è aperto alla firma dei Membri del Consiglio d'Europa, firmatari della Convenzione; esso sarà ratificato contemporaneamente alla Convenzione o dopo la ratifica di quest'ultima. Entrerà in vigore dopo il deposito di dieci strumenti di ratifica. Per ogni firmatario che lo ratificherà successivamente, il Protocollo entrerà in vigore dal momento del deposito dello strumento di ratifica.

 

Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretariato Generale del Consiglio d'Europa che notificherà a tutti i Membri i nomi di quelli che lo avranno ratificato.

 

Fatto a Parigi il 20 marzo 1952 in francese e in inglese, i due testi facenti egualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale ne trasmetterà copia certificata conforme ad ognuno dei Governi firmatari.

 

 

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(89)  Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 


 

Legge 27 dicembre 1956, n. 1423.
Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità
(art. 1)

 

 

 

(1) (1/a) (1/circ)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 1956, n. 327.

(1/a) Vedi, ora, l'art. 1, L. 3 agosto 1988, n. 327, riportata al n. T/X, che ha soppresso l'istituto della diffida del questore della presente legge.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98;

- Ministero dell'interno: Circ. 31 gennaio 2000, n. M/2413/2.

 

 

Art. 1

I provvedimenti previsti dalla presente legge si applicano a:

1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;

2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (1/b).

 

 

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(1/b) Così sostituito dall'art. 2, L. 3 agosto 1988, n. 327 riportata al n. T/X.

(omissis)

 


Legge 31 maggio 1965, n. 575.
Disposizioni contro la mafia.
(art. 1)

 

 

(1) (1/circ) (2)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 giugno 1965, n. 138.

(2) Vedi, anche, gli artt. 18 e 19, L. 22 maggio 1975, n. 152, riportata al n. A/XIV, e la L. 13 settembre 1982, n. 646, riportata al n. T/V.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 17 aprile 1998, n. 55/98;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 19 aprile 1996, n. 156.

- Ministero delle finanze: Circ. 3 maggio 1996, n. 109/T; Circ. 5 febbraio 1998, n. 41/T; Circ. 27 febbraio 1998, n. 72/T; Circ. 22 ottobre 1999, n. 206/T; Circ. 7 agosto 2000, n. 156/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 29 ottobre 1996, n. 127.

 

 

Art. 1

La presente legge si applica agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso (3).

 

 

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(3) Così sostituito dall'art. 13, L. 13 settembre 1982, n. 646, riportata al n. T/V.

 

(omissis)

 

 


 

Legge 23 agosto 1988, n. 400.
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri
(art. 17)

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.

(2)  Vedi, anche, il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 23 gennaio 1997, n. 13; Circ. 6 aprile 1998, n. 76;

- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 18 novembre 1996, n. 7;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR;

- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;

- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 13 agosto 1996, n. 199/E; Circ. 16 settembre 1996, n. 225/E; Circ. 31 dicembre 1996, n. 307/E; Circ. 28 maggio 1998, n. 134/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 27 agosto 1998, n. 209/E;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 4 ottobre 1996, n. 117;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 17 aprile 1996, n. 147; Circ. 3 ottobre 1996, n. 627; Circ. 17 ottobre 1996, n. 654; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 27 marzo 1997, n. 62; Circ. 3 giugno 1997, n. 117; Circ. 18 giugno 1997, n. 116; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51; Circ. 30 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/452; Circ. 16 febbraio 1998, n. DIE/ARE/1/687; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/994; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/995; Circ. 12 marzo 1998, n. AGP/2/584/SF.49.2/CH; Circ. 19 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/12.03; Circ. 14 maggio 1998, n. DIE/ARE/1/1942; Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3124; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484; Circ. 17 giugno 1998, n. AGP/1/2/2154/98/AR2.1; Circ. 5 maggio 1988, n. AGP/1/2/1531/98/AR.2.1; Circ. 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi: Circ. 17 febbraio 1999, n. DAGL041290/10.3.1;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 27 novembre 1995, n. 22/95; Circ. 16 maggio 1996, n. 30692; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610.

Art. 17

Regolamenti.

1. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare:

 

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari (28);

 

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;

 

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;

 

 

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge;

 

e) [l'organizzazione del lavoro ed i rapporti di lavoro dei pubblici dipendenti in base agli accordi sindacali] (29).

 

2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari (30).

 

3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

 

4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

 

4-bis. L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

 

a) riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

 

b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

 

c) previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

 

d) indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

 

e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali (31).

 

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(28)  Lettera così modificata dall'art. 11, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(29)  Lettera abrogata dall'art. 74, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

(30) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 luglio 2005, n. 303 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 23, 70, 76 e 77 della Costituzione.

(31)  Comma aggiunto dall'art. 13, L. 15 marzo 1997, n. 59.

(omissis)

 

 


 

D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. con mod., Legge 28 febbraio 1990, n. 39.
Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato
(art. 1-1-septies)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1989, n. 303 e convertito in legge, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39 (Gazz. Uff. 28 febbraio 1990, n. 49).

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 marzo 1997, n. 57;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 10 febbraio 1997, n. 18/97; Circ. 12 gennaio 1998, n. 9/98;

- Ministero dell'interno: Circ. 31 marzo 1999, n. 2040/50;

- Ministero delle finanze: Circ. 28 marzo 1996, n. 80/E;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 18 giugno 1997, n. 116.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare immediate disposizioni in materia di asilo politico e di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari, nonché di regolarizzare tali cittadini e gli apolidi già presenti nel territorio dello Stato;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre 1989;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per la funzione pubblica e per gli affari sociali;

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

Art. 1

Rifugiati.

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto cessano nell'ordinamento interno gli effetti della dichiarazione di limitazione geografica e delle riserve di cui agli articoli 17 e 18 della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, poste dall'Italia all'atto della sottoscrizione della convenzione stessa. Il Governo provvede agli adempimenti necessari per il formale ritiro di tale limitazione e di tali riserve.

 

2. Al fine di garantire l'efficace attuazione della norma di cui al comma 1, il Governo provvede ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 , a riordinare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi e le procedure per l'esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, nel rispetto di quanto disposto dal comma 1 (3).

 

3. Agli stranieri extraeuropei «sotto mandato» dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR) alla data del 31 dicembre 1989 è riconosciuto, su domanda da presentare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, al Ministro dell'interno, lo status di rifugiato. Tale riconoscimento non comporta l'erogazione dell'assistenza.

 

4. Non è consentito l'ingresso nel territorio dello Stato dello straniero che intende chiedere il riconoscimento dello status di rifugiato quando, da riscontri obiettivi da parte della polizia di frontiera, risulti che il richiedente:

 

a) sia stato già riconosciuto rifugiato in altro Stato. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'articolo 7, comma 10;

 

b) provenga da uno Stato, diverso da quello di appartenenza, che abbia aderito alla convenzione di Ginevra, nel quale abbia trascorso un periodo di soggiorno, non considerandosi tale il tempo necessario per il transito del relativo territorio sino alla frontiera italiana. In ogni caso non è consentito il respingimento verso uno degli Stati di cui all'articolo 7, comma 10;

 

c) si trovi nelle condizioni previste dall'articolo 1, paragrafo F, della convenzione di Ginevra;

 

d) sia stato condannato in Italia per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale o risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato, ovvero risulti appartenere ad associazioni di tipo mafioso o dedite al traffico degli stupefacenti o ad organizzazioni terroristiche.

 

5. Salvo quanto previsto dal comma 3, lo straniero che intende entrare nel territorio dello Stato per essere riconosciuto rifugiato deve rivolgere istanza motivata e, in quanto possibile, documentata all'ufficio di polizia di frontiera. Qualora si tratti di minori non accompagnati, viene data comunicazione della domanda al tribunale dei minori competente per territorio ai fini della adozione dei provvedimenti di competenza. Qualora non ricorrano le ipotesi di cui al comma 4, lo staniero elegge domicilio nel territorio dello Stato. Il questore territorialmente competente, quando non ricorrano le ipotesi previste negli articoli 1-bis e 1-ter, rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento (4).

 

6. Avverso la decisione di respingimento presa in base ai commi 4 e 5 è ammesso ricorso giurisdizionale.

 

7. [Fino alla emanazione della nuova disciplina dell'assistenza in materia di rifugiati, in sostituzione di ogni altra forma di intervento di prima assistenza prevista dalla normativa vigente, nei limiti delle disponibilità iscritte per lo scopo nel bilancio dello Stato, il Ministero dell'interno è autorizzato a concedere, ai richiedenti lo status di rifugiato che abbiano fatto ingresso in Italia dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, un contributo di prima assistenza per un periodo non superiore a quarantacinque giorni. Tale contributo viene corrisposto, a domanda, ai richiedenti di cui al comma 5 che risultino privi di mezzi di sussistenza o di ospitalità in Italia] (5).

 

8. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite la misura e le modalità di erogazione del contributo di cui al comma 7.

 

9. All'onere derivante dall'attuazione dei commi 2 e 7 valutato rispettivamente in lire 3.000 milioni ed in lire 67.500 milioni in ragione di anno per ciascuno degli anni 1990, 1991 e 1992, si provvede, quanto a lire 20.000 milioni, a carico dello stanziamento iscritto al capitolo 4239 dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 1990 e corrispondenti capitoli per gli anni successivi e, quanto a lire 50.500 milioni, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il 1990, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento «Interventi in favore dei lavoratori immigrati». All'eventuale maggiore onere si provvede sulla base di una nuova specifica autorizzazione legislativa.

 

10. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

11. I richiedenti asilo che hanno fatto ricorso alle disposizioni previste per la sanatoria dei lavoratori immigrati non perdono il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato. Nei loro confronti non si fa luogo a interventi di prima assistenza (6).

 

 

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(3)  Vedi, anche, il D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136.

(4)  Comma così modificato dall'art. 31, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

(5)  Comma abrogato dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

(6)  Così sostituito dalla legge di conversione 28 febbraio 1990, n. 39.

 

 

Art. 1-bis

Casi di trattenimento.

1. Il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di asilo presentata. Esso può, tuttavia, essere trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei seguenti casi:

 

a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d'identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi;

 

b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili;

 

c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.

 

2. Il trattenimento deve sempre essere disposto nei seguenti casi:

 

a) a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;

 

b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.

 

3. Il trattenimento previsto nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), e nei casi di cui al comma 2, lettera a), è attuato nei centri di identificazione secondo le norme di apposito regolamento. Il medesimo regolamento determina il numero, le caratteristiche e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. Nei centri di identificazione sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno (7).

 

4. Per il trattenimento di cui al comma 2, lettera b), si osservano le norme di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui al medesimo articolo 14 sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno.

 

5. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter, e qualora la stessa non si sia ancora conclusa, allo straniero è concesso un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura stessa (8).

 

 

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(7)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

(8)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

 

 

 

Art. 1-ter

Procedura semplificata.

1. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell'articolo 1-bis è istituita la procedura semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6.

 

2. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera a), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

3. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di permanenza temporanea di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ove già sia in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di cui al presente articolo. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

4. L'allontanamento non autorizzato dai centri di cui all'articolo 1-bis, comma 3, equivale a rinuncia alla domanda.

 

5. Lo Stato italiano è competente all'esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano, ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23 dicembre 1992, n. 523.

 

6. La commissione territoriale, integrata da un componente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, procede, entro dieci giorni, al riesame delle decisioni su richiesta adeguatamente motivata dello straniero di cui è disposto il trattenimento in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. La richiesta va presentata alla commissione territoriale entro cinque giorni dalla comunicazione della decisione. L'eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall'estero tramite le rappresentanze diplomatiche. Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale; il richiedente asilo può tuttavia chiedere al prefetto competente di essere autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino all'esito del ricorso. La decisione di rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva (9).

 

 

 

 

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(9)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

 

 

Art. 1-quater

Commissioni territoriali.

1. Presso le prefetture-uffici territoriali del Governo indicati con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono istituite le commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Le predette commissioni, nominate con decreto del Ministro dell'interno, sono presiedute da un funzionario della carriera prefettizia e composte da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante dell'ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR. Per ciascun componente deve essere previsto un componente supplente. Tali commissioni possono essere integrate, su richiesta del Presidente della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, in ordine alle domande dei quali occorra disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. In caso di parità, prevale il voto del Presidente. Ove necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, le commissioni possono essere composte da personale posto in posizione di distacco o di collocamento a riposo. La partecipazione del personale di cui al precedente periodo ai lavori delle commissioni non comporta la corresponsione di compensi o di indennità di qualunque natura.

 

2. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro trenta giorni provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

3. Durante lo svolgimento dell'audizione, ove necessario, le commissioni territoriali si avvalgono di interpreti. Del colloquio con il richiedente viene redatto verbale. Le decisioni sono adottate con atto scritto e motivato. Le stesse verranno comunicate al richiedente, unitamente all'informazione sulle modalità di impugnazione, nelle forme previste dall'articolo 2, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

4. Nell'esaminare la domanda di asilo le commissioni territoriali valutano per i provvedimenti di cui all'articolo 5, comma 6, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.

 

5. Avverso le decisioni delle commissioni territoriali è ammesso ricorso al tribunale ordinario territorialmente competente che decide ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6 (10).

 

 

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(10)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002, l'art. 8, O.P.C.M. 27 dicembre 2006, n. 3559 e l'art. 3, O.P.C.M. 29 marzo 2007, n. 3576, corretta con Comunicato 4 aprile 2007.

 

 

Art. 1-quinquies

Commissione nazionale per il diritto di asilo.

1. La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, è trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo, di seguito denominata «Commissione nazionale», nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell'ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga composizione.

 

2. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi.

 

3. Con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono stabilite le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e di quelle territoriali (11).

 

 

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(11)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002 e l'art. 8, O.P.C.M. 27 dicembre 2006, n. 3559.

 

 

Art. 1-sexies

Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell'àmbito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter.

 

2. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, e nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 1, in misura non superiore all'80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale.

 

3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 2:

 

a) stabilisce le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca;

 

b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati;

 

c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, le modalità e la misura dell'erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell'àmbito dei servizi di accoglienza di cui al comma 1 (12).

 

4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell'interno attiva, sentiti l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'ACNUR, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 1 (13). Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all'ANCI.

 

5. Il servizio centrale di cui al comma 4 provvede a:

 

a) monitorare la presenza sul territorio dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario;

 

b) creare una banca dati degli interventi realizzati a livello locale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;

 

c) favorire la diffusione delle informazioni sugli interventi;

 

d) fornire assistenza tecnica agli enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di cui al comma 1;

 

e) promuovere e attuare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l'Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.

 

6. Le spese di funzionamento e di gestione del servizio centrale sono finanziate nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies (14).

 

 

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(12)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 28 novembre 2005.

(13)  Per l'interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente periodo vedi l'art. 2, comma 8, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

(14)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002.

 

 

Art. 1-septies

Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.

1. Ai fini del finanziamento delle attività e degli interventi di cui all'articolo 1-sexies, presso il Ministero dell'interno, è istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, la cui dotazione è costituita da:

 

a) le risorse iscritte nell'unità previsionale di base 4.1.2.5 «Immigrati, profughi e rifugiati» - capitolo 2359 - dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2002, già destinate agli interventi di cui all'articolo 1-sexies e corrispondenti a 5,16 milioni di euro;

 

b) le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, ivi comprese quelle già attribuite all'Italia per gli anni 2000, 2001 e 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del Ministero dell'economia e delle finanze;

 

c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.

 

2. Le somme di cui al comma 1, lettere b) e c), sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al medesimo comma 1.

 

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (15).

 

 

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(15)  Articolo aggiunto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 34, comma 3, della citata legge n. 189 del 2002 e l'art. 13, D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140.

(omissis)


 

Legge 19 marzo 1990, n. 55.
Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale
(art. 14)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 marzo 1990, n. 69.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 12 marzo 1996, n. 60;

- Ministero dell'interno: Circ. 30 giugno 1999, n. 2/99; Circ. 19 ottobre 2000, n. 8/2000.

(omissis)

Capo II - Ambito di applicazione delle L. 31 maggio 1965, n. 575 , e L. 13 settembre 1982, n. 646 . Effetti della riabilitazione e disposizioni a tutela della trasparenza dell'attività delle regioni e degli enti locali e in materia di pubblici appalti

 

Art. 14

1. Salvo che si tratti di procedimenti di prevenzione già pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, da tale data le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575 , concernenti le indagini e l'applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché quelle contenute negli articoli da 10 a 10-sexies della medesima legge, si applicano con riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate nell'articolo 1 della predetta legge o a quelle previste dall'articolo 75, L. 22 dicembre 1975, n. 685 , ovvero ai soggetti indicati nei numeri 1) e 2) del primo comma dell'articolo 1 della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli articoli 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter del codice penale, ovvero quella di contrabbando (26).

 

2. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, la riabilitazione prevista dall'art. 15, L. 3 agosto 1988, n. 327, può essere richiesta dopo cinque anni dalla cessazione della misura di prevenzione.

 

3. La riabilitazione comporta, altresì, la cessazione dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (27).

 

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(26)  Comma così modificato prima dall'art. 11, D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, poi dall'art. 9, L. 7 marzo 1996, n. 108 ed infine dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228. Vedi, anche, l'art. 16 della citata legge n. 228 del 2003.

(27)  In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 18, L. 22 maggio 1975, n. 152, come modificato dall'art. 14, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

(omissis)


 

D.M. 24 luglio 1990, n. 237.
Regolamento per l'attuazione dell'art. 1, comma 8, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in materia di prima assistenza ai richiedenti lo status di rifugiato.

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 agosto 1990, n. 189.

(2)  Riportato al n. Y/XIV.

 

IL MINISTRO DELL'INTERNO

 

di concerto con

 

IL MINISTRO DEL TESORO

 

Vista la legge 24 luglio 1954, n. 722, di ratifica della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati;

 

Visto l'articolo 1, commi 7 e 8 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato;

 

Ritenuta la necessità, ai sensi dell'art. 1, comma 8, della richiamata legge 28 febbraio 1990, n. 39, di definire la misura e le modalità di erogazione del contributo di prima assistenza ai richiedenti lo status di rifugiato;

 

Visto l'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e in particolare la avvenuta comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dello schema del presente decreto;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, reso all'adunanza generale del 28 giugno 1990;

 

Adotta il seguente regolamento:

 

Art. 1

1. Fino all'emanazione di una nuova disciplina dell'assistenza in materia di rifugiati, ai richiedenti lo status di rifugiato privi di mezzi di sussistenza o di ospitalità in Italia è concesso un contributo giornaliero di prima assistenza di lire trentaquattromila, limitatamente al periodo in cui sussiste lo stato di indigenza. In ogni caso, la durata del contributo non potrà essere superiore a quarantacinque giorni (3).

 

2. Il titolo al contributo cessa il giorno in cui viene comunicata al richiedente la deliberazione sulla domanda di riconoscimento dello status di rifugiato emessa dalla commissione di cui all'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136.

 

3. Coloro che hanno conseguito lo status di rifugiato fruiscono, ai sensi dell'art. 23 della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata con legge 24 luglio 1954, n. 722, dello stesso trattamento assistenziale riservato ai cittadini italiani.

 

 

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(3)  Comma così sostituito dall'art. 1, D.M. 24 giugno 1998, n. 284 (Gazz. Uff. 17 agosto 1998, n. 190).

 

 

Art. 2

1. Il contributo viene erogato in ratei quindicinali anticipati. Qualora il titolo al contributo venga meno per effetto del provvedimento di cui all'art. 1, comma 2, le somme già pagate non sono soggette a rimborso.

 

 

Art. 3

1. La domanda, in carta libera, diretta al conseguimento del contributo di prima assistenza va presentata dal richiedente lo status di rifugiato ad un ufficio di polizia situato nel comune nel quale ha eletto il proprio domicilio.

 

2. L'ufficio di polizia trasmette tempestivamente la domanda, corredata di attestazione inerente l'accertamento dei requisiti soggettivi di cui all'art. 1, alla prefettura competente per territorio, che provvede sulla domanda medesima.

 

3. Ove il richiedente sia avviato presso uno dei centri di prima accoglienza di cui all'art. 11, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, viene sospesa l'erogazione del contributo di cui al presente decreto.

 

4. Dell'esito della domanda la prefettura dà comunicazione all'interessato e trasmette gli estremi del provvedimento adottato al Ministero dell'interno - Direzione generale dei servizi civili.

 

 

Art. 4

1. Per la riscossione dei ratei di contributo il richiedente deve presentarsi alla tesoreria provinciale competente per territorio munito di valido documento di identificazione; qualora ne sia sprovvisto, potrà richiedere il rilascio della carta di identità al comune del luogo prescelto come domicilio, ai sensi dell'art. 6, comma 3, del citato decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39.

 

Art. 5

1. Avverso il provvedimento di diniego del contributo di prima assistenza l'interessato può presentare ricorso in carta libera, entro trenta giorni dalla notifica, al Ministro dell'interno.

 

 

Art. 6

1. Le prefetture presentano semestralmente al Ministero dell'interno - Direzione generale dei servizi civili, il piano di fabbisogno occorrente per l'erogazione dei contributi di cui al presente decreto.

 

2. Il Ministero dell'interno provvede, nei limiti di autorizzazione di spesa di cui al comma 9 dell'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, a ripartire i fondi disponibili tra i piani di cui al comma 1, accreditando le relative quote alle prefetture.

 

 

 


 

D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136.
Regolamento per l'attuazione dell'art. 1, comma 2, del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 1990, n. 132.

(2)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 10 e 87, quinto comma, della Costituzione;

 

Vista la legge 24 luglio 1954, n. 722, di ratifica della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati;

 

Vista la legge 14 febbraio 1970, n. 95, di ratifica del protocollo di New York del 31 gennaio 1967, relativo allo status dei rifugiati;

 

Vista la legge 15 dicembre 1954, n. 1271, concernente approvazione ed esecuzione dell'accordo fra il Governo italiano e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, concluso a Roma il 2 aprile 1952;

 

Ritenuta la necessità, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, di riorganizzare la disciplina del procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

Visto l'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nella adunanza generale del 26 febbraio 1990;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 aprile 1990;

 

Sulla proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno;

 

Emana il seguente regolamento:

 

Art. 1

1. Ai fini della procedura di cui al presente regolamento, l'ufficio di polizia di frontiera, ricevuta l'istanza volta al riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi dell'art. 1, comma 5, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, qualora non ricorra alcuna delle cause ostative di cui al comma 4 dello stesso art. 1, invita il richiedente ad eleggere domicilio ed a recarsi presso la questura competente per territorio e trasmette alla stessa l'istanza ricevuta. In caso di indigenti si provvede con foglio di viaggio.

 

2. La questura raccoglie i dati sull'identità del richiedente la qualifica di rifugiato e i documenti prodotti o comunque acquisiti anche d'ufficio, redige un verbale delle dichiarazioni dell'interessato e, sempre che non risultino i motivi ostativi di cui all'art. 1, comma 4, del decreto-legge sopra richiamato, invia entro sette giorni tutta la documentazione istruttoria alla commissione di cui all'art. 2, rilasciando al richiedente un permesso di soggiorno temporaneo valido sino alla definizione della procedura (3).

 

 

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(3)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 

 

Art. 2

1. La Commissione nazionale per il diritto di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato è nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri. Essa è presieduta da un prefetto ed è composta da un funzionario dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con qualifica non inferiore a consigliere di legazione, da due funzionari del Ministero dell'interno, di cui uno appartenente al Dipartimento della pubblica sicurezza ed uno alla Direzione generale dei servizi civili, con qualifica non inferiore a primo dirigente o equiparata. Alle riunioni della Commissione partecipa, con funzioni consultive, un rappresentante del Delegato in Italia dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (4).

 

2. Con i criteri di cui al comma 1 il Presidente del Consiglio dei Ministri può costituire più sezioni anche per aree geografiche di provenienza dei richiedenti il riconoscimento (5).

 

3. Nell'ipotesi in cui siano state costituite più sezioni, è istituito altresì un consiglio di presidenza composto dai presidenti delle singole sezioni e presieduto dal presidente della prima sezione.

 

4. Il consiglio di presidenza fissa le direttive e i criteri di massima per le attività delle sezioni.

 

5. Ciascuna amministrazione interessata designa un supplente per ogni componente spettantele nella Commissione e nelle sezioni (6).

 

 

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(4)  La denominazione della Commissione è stata così modificata dall'art. 1-quinquies, D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, introdotto dall'art. 32, comma 1, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(5)  Per la costituzione di ulteriori sezioni della commissione, vedi l'art. 6-bis, D.L. 21 aprile 1999, n. 110, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(6)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 

 

Art. 3

1. Il richiedente lo status di rifugiato, ove lo richieda, deve essere sentito personalmente da parte della Commissione. Il richiedente ha diritto ad esprimersi nella propria lingua e, ove questa non sia conosciuta da almeno un membro della Commissione, ha diritto ad esprimersi in lingua francese o inglese o spagnola. Se non conosce le predette lingue e, comunque, quando occorra la Commissione nomina un interprete.

 

2. La Commissione può altresì, ove lo ritenga opportuno, disporre d'ufficio l'audizione del richiedente con le garanzie di cui al comma 1.

 

3. La Commissione si pronunzia nei quindici giorni dal ricevimento della domanda. La decisione motivata è notificata per iscritto all'interessato (7).

 

 

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(7)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 

 

Art. 4

1. Allo straniero cui sia stato riconosciuto lo status di rifugiato la Commissione rilascia apposito certificato.

 

2. Il questore rilascia allo straniero in possesso di detto certificato un permesso di soggiorno nel territorio nazionale (8).

 

 

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(8)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 

 

Art. 5

1. Il richiedente al quale non sia riconosciuto dalla Commissione centrale di cui all'art. 2 lo status di rifugiato deve lasciare il territorio dello Stato, nel rispetto dei limiti di cui all'art. 7, comma 6, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, salvo che venga ad esso concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo (9).

 

 

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(9)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 

 

Art. 6

1. Le attività relative al riconoscimento dello status di rifugiato esercitate dalla Commissione paritetica di eleggibilità, di cui al decreto interministeriale 12 gennaio 1989, sono prorogate sino all'entrata in funzione della Commissione di cui all'art. 2.

 

2. Per quanto non espressamente previsto nel presente regolamento si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di rifugiati e di ingresso e soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale (10).

 

 

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(10)  Vedi, anche, il D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.

 


 

D.L. 30 ottobre 1995, n. 451, conv. con mod., Legge 29 dicembre 1995, n. 563.
Disposizioni urgenti per l'ulteriore impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 31 ottobre 1995, n. 255 e convertito in legge con l'art. 1, comma 1, L. 29 dicembre 1995, n. 563 (Gazz. Uff. 30 dicembre 1995, n. 303). Il comma 2 dello stesso art. 1 ha, inoltre, disposto che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 30 giugno 1995, n. 266, e del D.L. 28 agosto 1995, n. 365.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di utilizzare, ad integrazione delle Forze di polizia già dislocate sul territorio, contingenti di Forze armate in attività di controllo dell'immigrazione clandestina lungo le coste pugliesi;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 ottobre 1995;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro del tesoro e dei Ministri dell'interno e della difesa, di concerto con il Ministro del bilancio e della programmazione economica;

 

Emana il seguente decreto-legge:

 

Art. 1

1. A decorrere dal 1° luglio 1995 e fino al 31 ottobre 1995, i prefetti delle province della regione Puglia sono autorizzati ad avvalersi di contingenti di personale militare per lo svolgimento di attività di controllo della frontiera marittima per esigenze connesse con il fenomeno dell'immigrazione clandestina nelle medesime province. Al personale militare impiegato nelle predette attività sono attribuite le funzioni e le indennità rispettivamente previste dall'articolo 1 e dall'articolo 3 del decreto-legge 25 luglio 1992, n. 349 , convertito, con modificazioni, dalla legge 23 settembre 1992, n. 386, con l'osservanza delle modalità indicate dai medesimi articoli e dall'articolo 2 dello stesso decreto.

 

 

Art. 2

1. Per far fronte a situazioni di emergenza connesse con le attività di controllo indicate all'articolo 1 e che coinvolgono gruppi di stranieri privi di qualsiasi mezzo di sostentamento ed in attesa di identificazione o espulsione è autorizzata, per ciascuno degli anni 1995, 1996 e 1997, la spesa di lire tre miliardi, da destinarsi anche alla istituzione, a cura del Ministero dell'interno, sentita la regione Puglia, di tre centri dislocati lungo la frontiera marittima delle coste pugliesi per le esigenze di prima assistenza a favore dei predetti gruppi di stranieri. Al relativo onere, da imputare ad apposito capitolo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell'interno, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, per l'anno 1995, al capitolo 4295 del medesimo stato di previsione e corrispondenti capitoli per gli anni successivi.

 

2. Gli interventi previsti dal comma 1 sono effettuati con le stesse modalità e con le risorse ivi indicate per fronteggiare situazioni di emergenza che si verificano in altre aree del territorio nazionale.

 

3. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, da adottarsi nel termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinati i criteri e le modalità di utilizzo e di erogazione dei fondi per l'attuazione degli interventi straordinari di cui al comma 1. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 17, comma 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , per l'emanazione del decreto di cui al presente comma non è richiesto il previo parere del Consiglio di Stato (2).

 

 

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(2)  Per il regolamento, vedi il D.M. 2 gennaio 1996, n. 233.

 

 

Art. 3

1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1 del presente decreto, valutato in lire 5.097 milioni per l'anno finanziario 1995, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, per l'anno medesimo, all'uopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 3.823 milioni, l'accantonamento relativo al Ministero di grazia e giustizia e, quanto a lire 1.274 milioni, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

Art. 4

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 


 

D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali
(art. 8)

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero delle finanze: Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E;

- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 19 febbraio 1998, n. 60.

 

 

Capo III - Conferenza unificata

 

Art. 8

Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (13).

 

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici (14).

 

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (15).

 

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (16).

 

 

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(13)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.

(15)  Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(16)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(omissis)


 

D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 agosto 1998, n. 191, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 dicembre 1998, n. 258; Circ. 26 marzo 1999, n. 67; Circ. 3 giugno 1999, n. 123; Circ. 20 febbraio 2001, n. 44; Circ. 27 marzo 2001, n. 75; Circ. 22 marzo 2002, n. 56; Circ. 9 giugno 2003, n. 99; Circ. 8 luglio 2003, n. 122; Msg. 19 febbraio 2004, n. 4674;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 24 marzo 1999, n. 23/99; Circ. 30 marzo 1999, n. 27/99; Circ. 12 aprile 1999, n. 31/99; Circ. 30 luglio 1999, n. 63/99; Circ. 13 settembre 1999, n. 69/99; Circ. 2 dicembre 1999, n. 81/99; Circ. 17 febbraio 2000, n. 11/2000; Circ. 5 giugno 2000, n. 34/2000; Circ. 12 luglio 2000, n. 47/2000; Circ. 21 luglio 2000, n. 54/2000; Circ. 27 luglio 2000, n. 3562; Circ. 28 luglio 2000, n. 55/2000; Circ. 29 settembre 2000, n. 67/2000; Lett.Circ. 2 ottobre 2000, n. 4851; Circ. 23 novembre 2000, n. 82/2000; Circ. 22 gennaio 2001, n. 13/2001; Nota 30 gennaio 2001, n. VII/A3-1/210; Circ. 5 febbraio 2001, n. 20/2001; Circ. 23 febbraio 2001, n. 25/2001; Lett.Circ. 23 febbraio 2001, n. VII/3/I/381; Circ. 28 febbraio 2001, n. 26/2001; Circ. 8 marzo 2001, n. 30/2001;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Lett.Circ. 2 luglio 2001, n. VII/3.1/1234; Circ. 12 luglio 2001, n. 69/2001; Circ. 6 agosto 2001, n. 78/2001; Circ. 30 ottobre 2001, n. 84/2001; Circ. 14 gennaio 2002, n. 2/2002; Circ. 21 gennaio 2002, n. 4/2002; Circ. 13 marzo 2002, n. 15/2002; Circ. 8 ottobre 2002, n. 51/2002;

- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 4 aprile 2000, n. 3484/C;

- Ministero dell'interno: Circ. 27 maggio 1999, n. 300/C/227729/12/207; Circ. 27 maggio 1999, n. 3123/50; Circ. 22 marzo 2000, n. 300/C/2000; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 7 novembre 2000, n. 300/C/2000/5464/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 settembre 2000, n. 300/C/2000/4761/A/12.214.19/1DIV; Circ. 24 agosto 2000, n. 300/C/2000/4742/A/12.229.52/1DIV; Circ. 2 agosto 2000, n. 300C/2000/4038/A/12.229.52/1DIV; Circ. 12 aprile 2001, n. 1650/50; Circ. 4 dicembre 2002, n. 48145/30-I.A.; Circ. 19 giugno 2003, n. 14/2003; Circ. 28 aprile 2004, n. 400/C/2004/500/P/10.2.45.1;

- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 13 novembre 2002, n. 9551; Nota 3 aprile 2003, n. 1576; Nota 16 dicembre 2003, n. 3969;

- Ministero della sanità: Circ. 31 marzo 1999, n. 400.3/114.9/1290; Circ. 24 marzo 2000, n. 5; Circ. 14 aprile 2000, n. DPS/III/L.40/00-1259;

- Ministero della università e della ricerca scientifica e tecnologica: Circ. 3 agosto 1999, n. 1315/22-SP;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 13 febbraio 2003.

(3)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 140 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l'emanazione di un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri, nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, e quelle dell'articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995, n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n. 40;

 

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 15 giugno 1998;

 

Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati;

 

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;

 

Emana il seguente decreto:

 

TITOLO I

Princìpi generali

 

Art. 1

Àmbito di applicazione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1)

1. Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri.

 

2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme più favorevoli, e salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.

 

3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.

 

4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni, le disposizioni del presente testo unico costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

 

5. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato di guerra.

 

6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico, di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40 (4).

 

7. Prima dell'emanazione, lo schema di regolamento di cui al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.

 

 

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(4)  Il regolamento di attuazione di cui al presente comma è stato emanato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

 

 

Art. 2

Diritti e doveri dello straniero.

(legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1)

1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.

 

2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione dell'OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.

 

4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale.

 

5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.

 

6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti, anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero, quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con preferenza per quella indicata dall'interessato.

 

7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale interessato al procedimento. L'autorità giudiziaria, l'autorità di pubblica sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l'obbligo di informare, nei modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal territorio dello Stato, di tutela dei minori, di status personale ovvero in caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno altresì l'obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per motivi umanitari.

 

8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di cui all'articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine.

 

9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque tenuto all'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente.

 

 

Art. 2-bis

Comitato per il coordinamento e il monitoraggio.

1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato «Comitato».

 

2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

 

3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell'interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l'innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, delle attività produttive, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rappresentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all'attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1.

 

4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri (5) (6).

 

 

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(5)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 6 febbraio 2004, n. 100.

(6)  Articolo aggiunto dall'art. 2, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

 

 

Art. 3

Politiche migratorie.

Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3)

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale, predispone ogni tre anni salva la necessità di un termine più breve il documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro dell'Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico (7).

 

2. Il documento programmatico indica le azioni e gli interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli Stati membri dell'Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge.

 

3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purché non confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.

 

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato di cui all'articolo 2-bis, comma 2, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 20. Qualora se ne ravvisi l'opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l'anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente (8).

 

5. Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obbiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelle inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana.

 

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede all'istituzione di Consigli territoriali per l'immigrazione, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale.

 

6-bis. Fermi restando i trattamenti dei dati previsti per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, il Ministero dell'interno espleta, nell'ambito del Sistema statistico nazionale e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, le attività di raccolta di dati a fini statistici sul fenomeno dell'immigrazione extracomunitaria per tutte le pubbliche amministrazioni interessate alle politiche migratorie (9).

 

7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di cui al comma 4.

 

8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.

 

 

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(7)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(8)  Comma così sostituito dal comma 2 dell'art. 3, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi, per l'anno 2003, il D.P.C.M. 20 dicembre 2002 e il D.P.C.M. 6 giugno 2003; per l'anno 2004, il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori stagionali e il D.P.C.M. 19 dicembre 2003 per i lavoratori non stagionali; per l'anno 2005, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004 per i lavoratori stagionali e non stagionali; per l'anno 2006, il D.P.C.M. 15 febbraio 2006, per i lavoratori stagionali e non stagionali, e il D.P.C.M. 14 luglio 2006, per i lavoratori stagionali. Vedi, inoltre, per i lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri dell'Unione europea, il D.P.C.M. 20 aprile 2004 e il D.P.C.M. 8 ottobre 2004, per l'anno 2004, il D.P.C.M. 17 dicembre 2004, per l'anno 2005, il D.P.C.M. 14 febbraio 2006, per l'anno 2006 e il D.P.C.M. 9 gennaio 2007, per l'anno 2007. Vedi, anche, l'art. 1-ter, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(9)  Comma aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 

 

TITOLO II

Disposizioni sull'ingresso, il soggiorno e l'allontanamento dal territorio dello Stato

 

Capo I - Disposizioni sull'ingresso e il soggiorno

 

Art. 4

Ingresso nel territorio dello Stato.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)

1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti.

 

2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo, che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l'autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera (10).

 

3. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 4, l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo 3, comma 1. Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Lo straniero per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, non è ammesso in Italia quando rappresenti una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone (11) (12) (13) (14) (15).

 

4. L'ingresso in Italia può essere consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni e per soggiorni di lunga durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto. Per soggiorni inferiori a tre mesi, saranno considerati validi anche i motivi esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia ovvero a norme comunitarie (16).

 

5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni opportuno provvedimento di revisione o modifica dell'elenco dei Paesi i cui cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi derivanti da accordi internazionali in vigore.

 

6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.

 

7. L'ingresso è comunque subordinato al rispetto degli adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione.

 

 

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(10)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(11)  Comma così modificato prima dal comma 1 dell'art. 4, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(12)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi la Dir.Min. 1° marzo 2000.

(13)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-14 gennaio 2005, n. 9 (Gazz. Uff. 19 gennaio 2005, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, come sostituito dall'art. 4, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 13, 16, e 29 e seguenti della Costituzione.

(14) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 dicembre 2006, n. 414 (Gazz. Uff. 20 dicembre 2006, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 16, 27 e 35 della Costituzione.

(15) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(16) Vedi, anche, la L. 28 maggio 2007, n. 68.

 

 

Art. 5

Permesso di soggiorno.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5)

1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità, a norma del presente testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici accordi (17).

 

2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto d'ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può provvedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché ai soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze (18) (19).

 

2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (20).

 

3. La durata del permesso di soggiorno non rilasciato per motivi di lavoro è quella prevista dal visto d'ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La durata non può comunque essere (21):

 

a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo (22);

 

 

b) [superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione] (23);

 

c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;

 

d) [superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari] (24);

 

e) superiore alle necessità specificatamente documentate, negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione (25).

 

3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all'articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:

 

a) [in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi] (26);

 

b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;

 

c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni (27).

 

3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell'ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico (28).

 

3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26 del presente testo unico. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni (29).

 

3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell'interno e all'INPS nonché all'INAIL per l'inserimento nell'archivio previsto dal comma 9 dell'articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell'interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all'articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione (30).

 

3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni (31).

 

4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale (32).

 

4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici (33).

 

5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale (34) (35) (36).

 

5-bis. Nel valutare la pericolosità dello straniero per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone ai fini dell'adozione del provvedimento di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, si tiene conto anche di eventuali condanne per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui all'articolo 12, commi 1 e 3 (37).

 

6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

 

7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo equipollente rilasciato dall'autorità di uno Stato appartenente all'Unione europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga resa entro 60 giorni dall'ingresso nel territorio dello Stato può essere disposta l'espulsione amministrativa.

 

8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai modelli da approvare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, in attuazione del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, riguardante l'adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno rilasciati in conformità ai predetti modelli recano inoltre i dati personali previsti, per la carta di identità e gli altri documenti elettronici, dall'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (38).

 

8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale (39).

 

9. Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico (40).

 

 

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(17)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(19) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.

(18) Il presente comma era stato sostituito dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. La sostituzione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

(20)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 2, comma 3, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

(21)  Alinea così modificato dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(22) La presente lettera era stata soppressa dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. La soppressione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

(23)  Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(24)  Lettera abrogata dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(25) Vedi, anche, la L. 28 maggio 2007, n. 68.

(26) Lettera soppressa dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10.

(27)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(28)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(29)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(30)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 10 dell'art. 80, L. 27 dicembre 2002, n. 289. Vedi, anche, l'art. 38 della suddetta legge n. 189 del 2002.

(31)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(32)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(33)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(34) Periodo aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(35) La Corte costituzionale, con sentenza 4-14 dicembre 2006, n. 414 (Gazz. Uff. 20 dicembre 2006, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 16, 27 e 35 della Costituzione.

(36) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(37) Comma aggiunto dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(38)  Comma così sostituito prima dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi dall'art. 11, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, l'art. 38 della legge n. 189/2002.

(39)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 5, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(40)  Con D.M. 3 agosto 2004 sono state dettate le regole tecniche e di sicurezza relative al permesso ed alla carta di soggiorno. Vedi, anche, i commi 5 e 6 dell'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195 e l'art. 7-vicies ter, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l'art. 2, D.L. 27 luglio 2005, n. 144.

 

 

Art. 5-bis

Contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea o apolide, contiene:

 

a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

 

b) l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

 

2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.

 

3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall'articolo 22 presso lo sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione (41).

 

 

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(41)  Articolo aggiunto dal comma 1 dell'art. 6, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 2, comma 9, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

 

 

Art. 6

Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6; R.D. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2°, e 148)

1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro subordinato, lavoro autonomo e familiari per essere utilizzato anche per le altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione (42).

 

2. Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.

 

3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno è punito con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire ottocentomila (43).

 

4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale dello straniero, questi è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici (44).

 

5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato.

 

6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.

 

7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abitualmente anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.

 

8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni del proprio domicilio abituale.

 

9. Il documento di identificazione per stranieri è rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro dell'interno. Esso non è valido per l'espatrio, salvo che sia diversamente disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.

 

10. Contro i provvedimenti di cui all'articolo 5 e al presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale competente (45).

 

 

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(42)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 7, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(43)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7 - 16 marzo 2001, n. 68 (Gazz. Uff. 21 marzo 2001, n. 12, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, sollevata in riferimento agli artt. 3, 27 e 97 della Costituzione.

(44)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 7, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 2, comma 6, D.L. 9 settembre 2002, n. 195.

(45)  La Corte costituzionale, con ordinanza 3-18 dicembre 2001, n. 414 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2001, Ediz. Str.), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 10, e 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 7

Obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro.

(R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 147)

1. Chiunque, a qualsiasi titolo, dà alloggio ovvero ospita uno straniero o apolide, anche se parente o affine, ovvero cede allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all'autorità locale di pubblica sicurezza (46).

 

2. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospita o presta servizio ed il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.

 

2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro (47) (48).

 

 

 

 

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(46)  Comma così modificato dal comma 6-bis dell'art. 4-bis, D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, aggiunto dal comma 1184 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(47)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 8, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(48) Il presente articolo era stato abrogato dall’art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10. L’abrogazione non è più prevista dalla nuova formulazione del citato articolo 5 dopo la conversione in legge del suddetto decreto.

 

 

Art. 8

Disposizioni particolari.

(R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 149)

1. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.

 

 

Art. 9

Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

1. Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sè e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1 (49).

 

2. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato ed è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta.

 

3. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli stranieri che:

 

a) soggiornano per motivi di studio o formazione professionale;

 

b) soggiornano a titolo di protezione temporanea o per motivi umanitari ovvero hanno chiesto il permesso di soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione su tale richiesta;

 

c) soggiornano per asilo ovvero hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa tale richiesta;

 

d) sono titolari di un permesso di soggiorno di breve durata previsto dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione;

 

e) godono di uno status giuridico previsto dalla convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche, dalla convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari, dalla convenzione del 1969 sulle missioni speciali o dalla convenzione di Vienna del 1975 sulla rappresentanza degli Stati nelle loro relazioni con organizzazioni internazionali di carattere universale.

 

4. Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero.

 

5. Ai fini del calcolo del periodo di cui al comma 1, non si computano i periodi di soggiorno per i motivi indicati nelle lettere d) ed e) del comma 3.

 

6. Le assenze dello straniero dal territorio nazionale non interrompono la durata del periodo di cui al comma 1 e sono incluse nel computo del medesimo periodo quando sono inferiori a sei mesi consecutivi e non superano complessivamente dieci mesi nel quinquennio, salvo che detta interruzione sia dipesa dalla necessità di adempiere agli obblighi militari, da gravi e documentati motivi di salute ovvero da altri gravi e comprovati motivi.

 

7. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato:

 

a) se è stato acquisito fraudolentemente;

 

b) in caso di espulsione, di cui al comma 9;

 

c) quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4;

 

d) in caso di assenza dal territorio dell'Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi;

 

e) in caso di conferimento di permesso di soggiorno di lungo periodo da parte di altro Stato membro dell'Unione europea, previa comunicazione da parte di quest'ultimo, e comunque in caso di assenza dal territorio dello Stato per un periodo superiore a sei anni.

 

8. Lo straniero al quale è stato revocato il permesso di soggiorno ai sensi delle lettere d) ed e) del comma 7, può riacquistarlo, con le stesse modalità di cui al presente articolo. In tal caso, il periodo di cui al comma 1, è ridotto a tre anni.

 

9. Allo straniero, cui sia stato revocato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e nei cui confronti non debba essere disposta l'espulsione è rilasciato un permesso di soggiorno per altro tipo in applicazione del presente testo unico.

 

10. Nei confronti del titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, l'espulsione può essere disposta:

 

a) per gravi motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato;

 

b) nei casi di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155;

 

c) quando lo straniero appartiene ad una delle categorie indicate all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sempre che sia stata applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55.

 

11. Ai fini dell'adozione del provvedimento di espulsione di cui al comma 10, si tiene conto anche dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.

 

12. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo può:

 

a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente sul territorio nazionale salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 6;

 

b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero. Per lo svolgimento di attività di lavoro subordinato non è richiesta la stipula del contratto di soggiorno di cui all'articolo 5-bis;

 

c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all'accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l'accesso alla procedura per l'ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale;

 

d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa.

 

13. È autorizzata la riammissione sul territorio nazionale dello straniero espulso da altro Stato membro dell'Unione europea titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di cui al comma 1 che non costituisce un pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (50).

 

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(49) La Corte costituzionale, con sentenza 2-6 ottobre 2006, n. 324 (Gazz. Uff. 11 ottobre 2006, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, come modificato dall'art. 9 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 32, 35, terzo comma, 38, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione.

(50) Articolo prima modificato dal comma 1 dell'art. 9, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3. Vedi, anche, il D.M. 3 agosto 2004.

 

 

Art. 9-bis

Stranieri in possesso di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro.

1. Lo straniero, titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro dell'Unione europea e in corso di validità, può chiedere di soggiornare sul territorio nazionale per un periodo superiore a tre mesi, al fine di:

 

a) esercitare un'attività economica in qualità di lavoratore subordinato o autonomo, ai sensi degli articoli 5, comma 3-bis, 22 e 26. Le certificazioni di cui all'articolo 26 sono rilasciate dallo Sportello unico per l'immigrazione;

 

b) frequentare corsi di studio o di formazione professionale, ai sensi della vigente normativa;

 

c) soggiornare per altro scopo lecito previa dimostrazione di essere in possesso di mezzi di sussistenza non occasionali, di importo superiore al doppio dell'importo minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria e di una assicurazione sanitaria per il periodo del soggiorno.

 

2. Allo straniero di cui al comma 1 è rilasciato un permesso di soggiorno secondo le modalità previste dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione.

 

3. Ai familiari dello straniero titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo e in possesso di un valido titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di provenienza, è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, ai sensi dell'articolo 30, commi 2, 3 e 6, previa dimostrazione di aver risieduto in qualità di familiari del soggiornante di lungo periodo nel medesimo Stato membro e di essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 29, comma 3.

 

4. Per soggiorni inferiori a tre mesi, allo straniero di cui ai commi 1 e 3 si applica l'articolo 5, comma 7, con esclusione del quarto periodo.

 

5. Agli stranieri di cui ai commi 1 e 3 è consentito l'ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e si prescinde dal requisito dell'effettiva residenza all'estero per la procedura di rilascio del nulla osta di cui all'articolo 22.

 

6. Il permesso di soggiorno di cui ai commi 2 e 3 è rifiutato e, se rilasciato, è revocato, agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne, anche non definitive, per i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, nonchè, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo codice. Nell'adottare il provvedimento si tiene conto dell'età dell'interessato, della durata del soggiorno sul territorio nazionale, delle conseguenze dell'espulsione per l'interessato e i suoi familiari, dell'esistenza di legami familiari e sociali nel territorio nazionale e dell'assenza di tali vincoli con il Paese di origine.

 

7. Nei confronti degli stranieri di cui al comma 6 è adottato il provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettera b), e l'allontanamento è effettuato verso lo Stato membro dell'Unione europea che ha rilasciato il permesso di soggiorno. Nel caso sussistano i presupposti per l'adozione del provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, comma 1, e dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, l'espulsione è adottata sentito lo Stato membro che ha rilasciato il permesso di soggiorno e l'allontanamento è effettuato fuori dal territorio dell'Unione europea.

 

8. Allo straniero di cui ai commi 1 e 3, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 9, è rilasciato, entro novanta giorni dalla richiesta, un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Dell'avvenuto rilascio è informato lo Stato membro che ha rilasciato il precedente permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (51).

 

 

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(51) Articolo aggiunto dall'art. 1, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3.

 

 

Capo II - Controllo delle frontiere, respingimento ed espulsione

 

Art. 10

Respingimento.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 8)

1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato.

 

2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:

 

a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendoli ai controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;

 

b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.

 

3. Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti di cui all'articolo 4, o che deve essere comunque respinto a norma del presente articolo, è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero. Tale disposizione si applica anche quando l'ingresso è negato allo straniero in transito, qualora il vettore che avrebbe dovuto trasportarlo nel Paese di destinazione rifiuti di imbarcarlo o le autorità dello Stato di destinazione gli abbiano negato l'ingresso o lo abbiano rinviato nello Stato (52).

 

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell'articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.

 

5. Per lo straniero respinto è prevista l'assistenza necessaria presso i valichi di frontiera.

 

6. I respingimenti di cui al presente articolo sono registrati dall'autorità di pubblica sicurezza.

 

 

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(52)  Comma così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).

 

 

Art. 11

Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 9)

1. Il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri adottano il piano generale degli interventi per il potenziamento ed il perfezionamento, anche attraverso l'automazione delle procedure, delle misure di controllo di rispettiva competenza, nell'ambito delle compatibilità con i sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o convenzioni internazionali in vigore e delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali.

 

1-bis. Il Ministro dell'interno, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana. Il Ministro dell'interno promuove altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull'immigrazione e le autorità europee competenti in materia di controlli sull'immigrazione ai sensi dell'Accordo di Schengen, ratificato ai sensi della legge 30 settembre 1993, n. 388 (53).

 

2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione all'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione (54).

 

3. Nell'àmbito e in attuazione delle direttive adottate dal Ministro dell'interno, i prefetti delle province di confine terrestre ed i prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, d'intesa con i prefetti delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone di polizia di frontiera, nonché le autorità marittime e militari ed i responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendendo all'attuazione delle direttive emanate in materia.

 

4. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'interno promuovono le iniziative occorrenti, d'intesa con i Paesi interessati, al fine di accelerare l'espletamento degli accertamenti ed il rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorare l'efficacia dei provvedimenti previsti dal presente testo unico, e per la reciproca collaborazione a fini di contrasto dell'immigrazione clandestina. A tale scopo, le intese di collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorità dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente individuate, nei limiti delle compatibilità funzionali e finanziarie definite dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, se si tratta di beni, apparecchiature o servizi accessori forniti da altre amministrazioni, con il Ministro competente (55).

 

5. Per le finalità di cui al comma 4, il Ministro dell'interno predispone uno o più programmi pluriennali di interventi straordinari per l'acquisizione degli impianti e mezzi tecnici e logistici necessari, per acquistare o ripristinare i beni mobili e le apparecchiature in sostituzione di quelli ceduti ai Paesi interessati, ovvero per fornire l'assistenza e altri servizi accessori. Se si tratta di beni, apparecchiature o servizi forniti da altre amministrazioni, i programmi sono adottati di concerto con il Ministro competente (56).

 

5-bis. Il Ministero dell'interno, nell'àmbito degli interventi di sostegno alle politiche preventive di contrasto all'immigrazione clandestina dei Paesi di accertata provenienza, contribuisce, per gli anni 2004 e 2005, alla realizzazione, nel territorio dei Paesi interessati, di strutture, utili ai fini del contrasto di flussi irregolari di popolazione migratoria verso il territorio italiano (57).

 

6. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che intendano presentare domanda di asilo o fare ingresso in Italia per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a disposizione, ove possibile, all'interno della zona di transito (58).

 

 

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(53)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 10, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(54)  La denominazione «Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione» è da intendersi sostituita da quella di «Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione» ai sensi di quanto disposto dall'art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(55)  Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257).

(56)  Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257).

(57)  Comma aggiunto dall'art. 1-bis, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(58)  Gli attuali commi 4, 5 e 6 così sostituiscono gli originari commi 4 e 5 in virtù di quanto disposto dall'art. 1, D.Lgs. 19 ottobre 1998, n. 380 (Gazz. Uff. 3 novembre 1998, n. 257). Vedi, anche, il D.M. 14 luglio 2003.

 

 

Art. 12

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a procurare l'ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona (59) (60).

 

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.

 

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona (61).

 

3-bis. Le pene di cui ai commi 1 e 3 sono aumentate se:

 

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

 

b) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;

 

c) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante;

 

c-bis) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti (62).

 

3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona (63).

 

3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti (64).

 

3-quinquies. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti (65).

 

3-sexies. All'articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo le parole: «609-octies del codice penale» sono inserite le seguenti: «nonché dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286» (66).

 

3-septies. [In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal comma 3, si applicano le disposizioni dell'articolo 10 della legge 11 agosto 2003, n. 228, e successive modificazioni. L'esecuzione delle operazioni è disposta d'intesa con la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere] (67).

 

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini (68) (69).

 

5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni (70).

 

6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre, è tenuto ad accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonché a riferire all'organo di polizia di frontiera dell'eventuale presenza a bordo dei rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 3.500 a euro 5.500 per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciata dall'autorità amministrativa italiana inerenti all'attività professionale svolta e al mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (71).

 

7. Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell'ambito delle direttive di cui all'articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo. Dell'esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni, con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 352, commi 3 e 4 del codice di procedura penale.

 

8. I beni sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, sono affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, salvo che vi ostino esigenze processuali, agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia ovvero ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. I mezzi di trasporto non possono essere in alcun caso alienati. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2 e 3, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (72).

 

8-bis. Nel caso che non siano state presentate istanze di affidamento per mezzi di trasporto sequestrati, si applicano le disposizioni dell'articolo 301-bis, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (73).

 

8-ter. La distruzione può essere direttamente disposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dalla autorità da lui delegata, previo nullaosta dell'autorità giudiziaria procedente (74).

 

8-quater. Con il provvedimento che dispone la distruzione ai sensi del comma 8-ter sono altresì fissate le modalità di esecuzione (75).

 

8-quinquies. I beni acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca sono, a richiesta, assegnati all'amministrazione o trasferiti all'ente che ne abbiano avuto l'uso ai sensi del comma 8 ovvero sono alienati o distrutti. I mezzi di trasporto non assegnati, o trasferiti per le finalità di cui al comma 8, sono comunque distrutti. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Ai fini della determinazione dell'eventuale indennità, si applica il comma 5 dell'articolo 301-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e successive modificazioni (76).

 

9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per uno dei reati previsti dal presente articolo, nonché le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati, anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno, rubrica «Sicurezza pubblica».

 

9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato (77).

 

9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis (78).

 

9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza (79).

 

9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti (80).

 

9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo (81).

 

 

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(59)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(60) La Corte costituzionale, con ordinanza 21 febbraio-9 marzo 2007, n. 75 (Gazz. Uff. 14 marzo 2007, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 25 e 35, quarto comma, della Costituzione.

(61)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(62)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(63)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(64)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dall'art. 5, L. 14 febbraio 2003, n. 34.

(65)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(66)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(67)  Comma aggiunto dall'art. 1-ter, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi abrogato dal comma 11 dell'art. 9, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(68)  Comma così sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(69)  La Corte costituzionale con ordinanza 19-23 marzo 2001, n. 78 (Gazz. Uff. 28 marzo 2001, n. 13, serie speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 4, come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 113, sollevata in riferimento all'art. 27, primo comma, della Costituzione.

(70) Vedi, anche, l'art. 10, L. 16 marzo 2006, n. 146.

(71)  Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 87 (Gazz. Uff. 23 aprile 2003, n. 94).

(72)  Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(73)  Il comma 8 è stato così sostituito, con i commi 8 e 8-bis, dall'art. 2, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). Successivamente il comma 8-bis è stato così sostituito, con i commi da 8-bis a 8-quinquies, dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

(74)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.

(75)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51.

(76)  Gli attuali commi da 8-bis a 8-quinquies così sostituiscono l'originario comma 8-bis ai sensi di quanto disposto dall'art. 1, D.L. 4 aprile 2002, n. 51 nel testo modificato dalla relativa legge di conversione.

(77)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(78)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(79)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(80)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 14 luglio 2003.

(81)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 11, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 13

Espulsione amministrativa.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)

1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri (82).

 

2. L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:

 

a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10 (83);

 

b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1-bis, o senza aver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non è stato chiesto il rinnovo (84) (85) (86);

 

c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituto dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646 (87) (88) (89).

 

2-bis. Nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonchè dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine (90).

 

3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell'articolo 14 (91) (92) (93) (94).

 

3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3 (95).

 

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore (96).

 

3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14 (97) (98) (99).

 

3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'articolo 307 del codice di procedura penale (100).

 

3-sexies. [Il nulla osta all'espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall'articolo 12 del presente testo unico] (101).

 

4. L'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5 (102) (103).

 

5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento (104) (105).

 

5-bis. Nei casi previsti ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua adozione, al giudice di pace territorialmente competente il provvedimento con il quale è disposto l'accompagnamento alla frontiera. L'esecuzione del provvedimento del questore di allontanamento dal territorio nazionale è sospesa fino alla decisione sulla convalida. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8, in quanto compatibili. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. In attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 14, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili. Quando la convalida è concessa, il provvedimento di accompagnamento alla frontiera diventa esecutivo. Se la convalida non è concessa ovvero non è osservato il termine per la decisione, il provvedimento del questore perde ogni effetto. Avverso il decreto di convalida è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione dell'allontanamento dal territorio nazionale. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria (106) (107).

 

5-ter. Al fine di assicurare la tempestività del procedimento di convalida dei provvedimenti di cui ai commi 4 e 5, ed all'articolo 14, comma 1, le questure forniscono al giudice di pace, nei limiti delle risorse disponibili, il supporto occorrente e la disponibilità di un locale idoneo (108).

 

6. [Negli altri casi, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni, e ad osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione dell'ufficio di polizia di frontiera. Quando l'espulsione è disposta ai sensi del comma 2, lettera b), il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento] (109).

 

7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 14, nonché ogni altro atto concernente l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, sono comunicati all'interessato unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola (110) (111) (112) (113).

 

8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al giudice di pace del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il giudice di pace accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'àmbito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete (114) (115).

 

9. [Il ricorso, a cui deve essere allegato il provvedimento impugnato, è presentato al pretore del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Nei casi di espulsione con accompagnamento immediato, sempreché sia disposta la misura di cui al comma 1 dell'articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di deposito del ricorso, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile] (116).

 

10. [Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione, entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, nonché, ove necessario, da un interprete] (117).

 

11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

 

12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò non sia possibile, allo Stato di provenienza.

 

13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con la reclusione da uno a quattro anni ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti dello straniero già espulso ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e b), per il quale è stato autorizzato il ricongiungimento, ai sensi dell'articolo 29 (118) (119) (120).

 

13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (121).

 

13-ter. Per i reati previsti dai commi 13 e 13-bis è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo (122).

 

14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia (123) (124).

 

15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma 1.

 

16. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (125) (126) (127) (128) (129).

 

 

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(82)  Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(83) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(84) Lettera così sostituita dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(85) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(86) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-19 dicembre 2006, n. 431 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3, «applicato in correlazione» con i successivi artt. 5, comma 5, e 13, comma 2, lettera b), nel testo risultante dalle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 13 e 16 della Costituzione.

(87)  Vedi anche l'art. 3, comma 1, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(88)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 146 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 35 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata, di nuovo, a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre profili o argomenti nuovi con ordinanza 9-16 maggio 2002, n. 200 (Gazz. Uff. 22 maggio 2002, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 2.

(89) La Corte costituzionale, con sentenza 14-23 dicembre 2005, n. 463 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2005, n. 52, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 2, e 5, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione.

(90) Comma aggiunto dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(91)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche il comma 6 dello stesso art. 3.

(92) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(93) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(94) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(95)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(96)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(97)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(98) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 142 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 3 e 3-quater, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(99) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 marzo 2006, n. 143 (Gazz. Uff. 12 aprile 2006, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, introdotto dall'art. 12, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, sollevate in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

(100)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(101)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e successivamente abrogato dall'art. 3, comma 7, D.L. 27 luglio 2005, n. 144, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(102)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(103)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.

(104)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(105)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4 e 5, come sostituito dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione.

(106)  Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione. Peraltro, la Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 222 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-bis, nella parte in cui non prevedeva che il giudizio di convalida dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa. In deroga a quanto disposto dal presente comma vedi il comma 2 dell'art. 3, D.L. 27 luglio 2005, n. 144. Vedi, anche, il comma 6 dello stesso art. 3.

(107) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 110 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 5-bis, come modificato dal decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(108)  Gli attuali commi 5-bis e 5-ter così sostituiscono l'originario comma 5-bis - aggiunto dall'art. 2, D.L. 4 aprile 2002, n. 51, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione - ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(109)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(110)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.

(111) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(112) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(113) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-16 marzo 2007, n. 84 (Gazz. Uff. 21 marzo 2007, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(114)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 2 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(115) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(116)  Comma prima sostituito dall'art. 3, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97) e poi abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(117)  Comma così modificato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, anche, l'art. 142 del citato D.P.R. n. 115 del 2002. Successivamente il presente comma è stato abrogato dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(118)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13 è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e dalla lettera c) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(119)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 142 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, sollevata in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(120) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 261 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.

(121)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-bis è stato così modificato dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 14-28 dicembre 2005, n. 466 (Gazz. Uff. 4 gennaio 2006, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del secondo periodo del presente comma 13-bis, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal citato art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(122)  Gli attuali commi 13, 13-bis e 13-ter hanno sostituito l'originario comma 13 ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189. Successivamente il comma 13-ter è stato così sostituito dal comma 2-ter dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(123)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 12, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(124) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(125)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(126)  La Corte costituzionale, con ordinanza 16-29 dicembre 2004, n. 439 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, come modificato dall'art. 12 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(127) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.

(128) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 375 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 10, secondo comma, 24 e 111 della Costituzione.

(129) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-17 marzo 2006, n. 109 (Gazz. Uff. 22 marzo 2006, n. 12, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 della Costituzione.

 

 

Art. 13-bis

Partecipazione dell'amministrazione nei procedimenti in camera di consiglio.

1. Se il ricorso di cui all'articolo 13 è tempestivamente proposto, il giudice di pace fissa l'udienza in camera di consiglio con decreto, steso in calce al ricorso. Il ricorso presentato fuori dei termini è inammissibile. Il ricorso con in calce il provvedimento del giudice è notificato, a cura della cancelleria, all'autorità che ha emesso il provvedimento (130).

 

2. L'autorità che ha emesso il decreto di espulsione può stare in giudizio personalmente o avvalersi di funzionari appositamente delegati. La stessa facoltà può essere esercitata nel procedimento di cui all'articolo 14, comma 4.

 

3. Gli atti del procedimento e la decisione sono esenti da ogni tassa e imposta.

 

4. La decisione non è reclamabile, ma è impugnabile per Cassazione (131) (132).

 

 

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(130)  Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(131)  Articolo aggiunto dall'art. 4, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(132) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 14

Esecuzione dell'espulsione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)

1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso dello straniero, accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (133) (134).

 

2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno (135).

 

3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall'adozione del provvedimento (136) (137) (138) (139).

 

4. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell'articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro permanenza temporanea ed assistenza di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione (140) (141) (142) (143) (144).

 

5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice (145).

 

5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione (146) (147) (148) (149) (150).

 

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione è stata disposta per ingresso illegale sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato (151). Si applica la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo. In ogni caso si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (152) (153) (154) (155) (156) (157) (158) (159) (160).

 

5-quater. Lo straniero già espulso ai sensi del comma 5-ter, primo periodo, che viene trovato, in violazione delle norme del presente testo unico, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Se l'ipotesi riguarda lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter, secondo periodo, la pena è la reclusione da uno a quattro anni (161).

 

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il questore dispone i provvedimenti di cui al comma 1. Per i reati previsti dai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto (162) (163) (164) (165) (166) (167) (168).

 

6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura.

 

7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa venga violata.

 

8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività di assistenza per stranieri.

 

9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri (169).

 

 

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(133)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione;

ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(134)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10-25 luglio 2002, n. 402 (Gazz. Uff. 31 luglio 2002, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.

La Corte costituzionale, con ordinanza 16 - 30 gennaio 2003, n. 17 (Gazz. Uff. 5 febbraio 2003, n. 5, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione.

(135)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(136)  Comma così modificato dal comma 4 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241.

(137)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

(138)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(139)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(140)  Comma così sostituito dal comma 5 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(141)  La Corte costituzionale, con sentenza 22 marzo-10 aprile 2001, n. 105 (Gazz. Uff. 18 aprile 2001, n. 16, serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, comma 4, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.; dichiara inoltre non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5, sollevata in riferimento all'art. 13, commi secondo e terzo, della Costituzione.

(142)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 297 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 11, 13, 24 e 111 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 14-26 febbraio 2002, n. 35 (Gazz. Uff. 6 marzo 2002, n. 10, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli artt. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione. La stessa Corte con successiva ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 45 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli art. 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

(143)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-25 luglio 2001, n. 298 (Gazz. Uff. 1° agosto 2001, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 25 febbraio-6 marzo 2002, n. 44 (Gazz. Uff. 13 marzo 2002, n. 11, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e 6, e dell'art. 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La stessa Corte con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 170 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 176 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4 e 5, e dell'articolo 14, comma 5, nonché dell'articolo 14 del medesimo decreto legislativo, sollevate in riferimento agli articoli 13 e 24 della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 187 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 13, commi 4, 5 e 6, e dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevate in riferimento agli articoli 13, secondo e terzo comma, e 24 della Costituzione.

(144)  La Corte costituzionale, con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 385 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 3, sollevata in riferimento all'articolo 24 della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 386 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

La stessa Corte con ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 387 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 3, 4 e 5, sollevata in riferimento agli articoli 3, 10, 13, 24 e 111 della Costituzione.

La stessa Corte con altra ordinanza 22 novembre-6 dicembre 2001, n. 388 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2001, n. 48, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata, in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 22 aprile-3 maggio 2002, n. 148 (Gazz. Uff. 8 maggio 2002, n. 18, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1, 4 e 5, sollevata in riferimento all'art. 13, secondo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 3, sollevata in riferimento all'art. 24 della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 177 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 4 e 5, sollevate in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale, con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 181 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma della Costituzione. La stessa Corte con altra ordinanza 6-10 maggio 2002, n. 188 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 4 e 5, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo e terzo comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre, la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 1, sollevata in riferimento all'articolo 13, secondo comma, della Costituzione.

(145)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(146)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(147)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-21 luglio 2004, n. 257 (Gazz. Uff. 28 luglio 2004, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 7, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 13 della Costituzione;

ha infine dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 7, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 27 della Costituzione.

(148) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 280 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 3 e 8, e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, e 113, secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 35 e 36 della Costituzione; ha infine dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 13 e 24 della Costituzione.

(149) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-7 luglio 2006, n. 283 (Gazz. Uff. 12 luglio 2006, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2, lettere a) e b), 3 e 7, 13-bis e 14, comma 5-bis, sollevate in riferimento agli artt. 3, 13, commi primo, secondo e terzo, e 24 della Costituzione.

(150) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

(151) La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost.

(152)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(153)  La Corte costituzionale, con sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 5 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27 e 97 della Costituzione. La stessa Corte, chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre nuovi profili, con ordinanza 23 febbraio-2 marzo 2004, n. 80 (Gazz. Uff. 10 marzo 2004, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 27-29 settembre 2004, n. 302 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2004, n. 39, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione; ha inoltre dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del citato art. 14, comma 5-ter, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 27 della Costituzione.

(154)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri. La stessa Corte, con altra ordinanza 12-21 ottobre 2005, n. 395 (Gazz. Uff. 26 ottobre 2005, n. 43, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento all'art. 25 della Costituzione.

(155)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(156)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-6 aprile 2005, n. 141 (Gazz. Uff. 13 aprile 2005, n. 15, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(157) La stessa Corte, con altra ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 364 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24, 27, 104 e 111 della Costituzione.

(158) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 386 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-bis e 5-ter, come modificato della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione.

(159) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(160) La Corte costituzionale, con ordinanza 24 gennaio-9 febbraio 2007, n. 35 (Gazz. Uff. 14 febbraio 2007, n. 7, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(161)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 5-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(162)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 13, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dal comma 6 dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, come sostituito dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 8-15 luglio 2004, n. 223 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28 - Prima serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità dell'originario comma 5-quinquies nella parte in cui stabiliva che per il reato previsto dal comma 5-ter del presente articolo fosse obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto.

(163)  La Corte costituzionale, con ordinanza 28 ottobre-5 novembre 2004, n. 333 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, inseriti dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata dal Tribunale di Velletri.

(164)  La Corte costituzionale, con ordinanza 13-21 dicembre 2004, n. 405 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13 della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.

(165)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 febbraio-8 marzo 2005, n. 100 (Gazz. Uff. 16 marzo 2005, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 30 novembre-13 dicembre 2005, n. 447 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

(166) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-22 luglio 2005, n. 313 (Gazz. Uff. 27 luglio 2005, n. 30, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, inserito dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevata in riferimento agli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione.

(167) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-21 novembre 2006, n. 388 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, nelle parti riguardanti l'arresto obbligatorio e l'obbligatorietà del rito direttissimo, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 13 della Costituzione; inoltre ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, in relazione all'art. 13, comma 7, nella parte in cui non prescrive l'obbligatoria traduzione dell'ordine di espulsione dello straniero in una lingua conosciuta dallo stesso, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

(168) La Corte costituzionale, con sentenza 22 gennaio-2 febbraio 2007, n. 22 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2007, n. 6, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo, come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271, nella parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 16 e 27 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio dello straniero che si trattenga nel territorio dello Stato in violazione del precedente comma 5-ter, primo periodo, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 27 Cost.

(169)  Vedi, anche, il comma 2-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 15

Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l'esecuzione dell'espulsione (170).

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 13)

1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso.

 

1-bis. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l'esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione (171).

 

 

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(170)  Rubrica così sostituita dal comma 2 dell'art. 14, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(171)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 


 

Art. 16

Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 14)

1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.

 

2. L'espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4.

 

3. L'espulsione di cui al comma 1 non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni.

 

4. Se lo straniero espulso a norma del comma 1 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente.

 

5. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l'espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico (172) (173).

 

6. Competente a disporre l'espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull'identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni (174) (175).

 

7. L'esecuzione del decreto di espulsione di cui al comma 6 è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e, comunque, lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. L'espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (176) (177).

 

8. La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena (178) (179).

 

9. L'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione non si applica ai casi di cui all'articolo 19 (180) (181) (182).

 

 

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(172)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(173)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(174)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(175)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(176)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(177)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(178)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(179)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(180)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 15, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(181)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-15 luglio 2004, n. 226 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 24, 25, secondo comma, 27, 97, 101, secondo comma, 102, primo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

(182)  La Corte costituzionale, con ordinanza 15-23 dicembre 2004, n. 422 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2004, n. 50, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 5 e seguenti, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 27, terzo comma, e 111, commi primo e secondo, della Costituzione.

 

 

Art. 17

Diritto di difesa.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 15)

1. Lo straniero parte offesa ovvero sottoposto a procedimento penale è autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza. L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta della parte offesa o dell'imputato o del difensore (183) (184).

 

 

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(183)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 16, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(184) La Corte costituzionale, con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 363 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), con ordinanza 28 settembre-4 ottobre 2005, n. 376 (Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 41, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13 e 17 come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sollevate in riferimento agli artt. 3, 24, 104 e 111 della Costituzione.

 

 

Capo III - Disposizioni di carattere umanitario

 

Art. 18

Soggiorno per motivi di protezione sociale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16)

1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.

 

2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo ed alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per l'efficace contrasto dell'organizzazione criminale ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei delitti indicati nello stesso comma. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza ed integrazione sociale sono comunicate al Sindaco.

 

3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le disposizioni occorrenti per l'affidamento della realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell'ente locale, e per l'espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e la capacità di favorire l'assistenza e l'integrazione sociale, nonché la disponibilità di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.

 

4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio sociale dell'ente locale, o comunque accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.

 

5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l'iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del permesso di soggiorno, l'interessato risulti avere in corso un rapporto di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi.

 

6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo può essere altresì rilasciato, all'atto delle dimissioni dall'istituto di pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi durante la minore età, e già dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza e integrazione sociale.

 

6-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea che si trovano in una situazione di gravità ed attualità di pericolo (185).

 

7. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 5 miliardi per l'anno 1997 e in lire 10 miliardi annui a decorrere dall'anno 1998 (186).

 

 

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(185) Comma aggiunto dal comma 4 dell’art. 6, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come sotituito dalla relativa legge di conversione.

(186)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Comunicato 26 settembre 2002, n. 4, il Comunicato 2 gennaio 2004, n. 5, il Comunicato 24 gennaio 2005, n. 6, il Comunicato 20 gennaio 2006, n. 7 e il Comunicato 21 febbraio 2007, n. 8. Vedi, anche, l'art. 13, L. 11 agosto 2003, n. 228.

 

 

 

Art. 19

Divieti di espulsione e di respingimento.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 17)

1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.

 

2. Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti:

 

a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

 

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;

 

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto grado o con il coniuge, di nazionalità italiana (187) (188);

 

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono (189) (190) (191) (192) (193) (194) (195) (196).

 

 

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(187)  La Corte costituzionale, con ordinanza 25 ottobre-8 novembre 2000, n. 481 (Gazz. Uff. 15 novembre 2000, n. 47, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), sollevate in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(188) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 158 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera c), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(189)  La Corte costituzionale, con sentenza 12-27 luglio 2000, n. 376 (Gazz. Uff. 2 agosto 2000, n. 32 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità della presente lettera, che sostituisce la lettera d) del comma 2 dell'art. 17 della L. 6 marzo 1998, n. 40, nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio.

(190)  La Corte costituzionale, con ordinanza 4-6 luglio 2001, n. 232 (Gazz. Uff. 11 luglio 2001, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(191)  La Corte costituzionale, con sentenza 5-17 luglio 2001, n. 252 (Gazz. Uff. 25 luglio 2001, n. 29, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 32 della Costituzione.

(192) La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-1° luglio 2005, n. 260 (Gazz. Uff. 6 luglio 2005, n. 27, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(193) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 161 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, sollevata in riferimento all'art. 2 della Costituzione.

(194) La Corte costituzionale, con ordinanza 5-14 aprile 2006, n. 162 (Gazz. Uff. 19 aprile 2006, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 19 e 29, comma 1, lettera b-bis), sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10, 29 e 30 della Costituzione.

(195) La Corte costituzionale, con ordinanza 3-11 maggio 2006, n. 192 (Gazz. Uff. 17 maggio 2006, n. 20, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), sollevata in riferimento agli artt. 2, 30 e 32 della Costituzione.

(196) La Corte costituzionale, con ordinanza 6-22 dicembre 2006, n. 444 (Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 51, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 2, lettera d), sollevata in riferimento agli artt. 2, 30, 31 e 32 della Costituzione.

 

 

Art. 20

Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 18)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d'intesa con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, per la solidarietà sociale, e con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea (197).

 

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro da lui delegato riferiscono annualmente al Parlamento sull'attuazione delle misure adottate.

 

 

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(197)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma, vedi il D.P.C.M. 12 maggio 1999.

 

 

TITOLO III

Disciplina del lavoro

 

Art. 21

Determinazione dei flussi di ingresso.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 19; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, comma 3, e art. 10; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)

1. L'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale e di lavoro autonomo, avviene nell'ambito delle quote di ingresso stabilite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4. Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche all'ingresso di lavoratori di Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto all'immigrazione clandestina o nella riammissione di propri cittadini destinatari di provvedimenti di rimpatrio. Con tali decreti altresì assegnate in via preferenziale quote riservate ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, nonché agli Stati non appartenenti all'Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi d'ingresso e delle procedure di riammissione. Nell'ambito di tali intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza (198).

 

2. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono inoltre prevedere la utilizzazione in Italia, con contratto di lavoro subordinato, di gruppi di lavoratori per l'esercizio di determinate opere o servizi limitati nel tempo; al termine del rapporto di lavoro i lavoratori devono rientrare nel paese di provenienza.

 

3. Gli stessi accordi possono prevedere procedure e modalità per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro.

 

4. I decreti annuali devono tenere conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sull'andamento dell'occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonché sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea iscritti nelle liste di collocamento.

 

4-bis. Il decreto annuale ed i decreti infrannuali devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali di utenza, elaborati dall'anagrafe informatizzata, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui al comma 7. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio (199).

 

4-ter. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 novembre di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo (200).

 

5. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono prevedere che i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o mansioni, nonché gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione. Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle liste, per il successivo inoltro agli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

 

6. Nell'àmbito delle intese o accordi di cui al presente testo unico, il Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne esistano le condizioni e siano fornite idonee garanzie dai governi dei Paesi di provenienza, ovvero l'approvazione di domande di enti pubblici e privati, che richiedano di predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi.

 

7. Il regolamento di attuazione prevede forme di istituzione di un'anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri e stabilisce le modalità di collegamento con l'archivio organizzato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) e con le questure.

 

8. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in lire 350 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.

 

 

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(198)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(199)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(200)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 17, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

 

 

Art. 22

Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20; legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)

1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l'immigrazione, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.

 

2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:

 

a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;

 

b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;

 

c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;

 

d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.

 

3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.

 

4. Lo sportello unico per l'immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l'impiego di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l'impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario, anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l'impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.

 

5. Lo sportello unico per l'immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.

 

6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l'immigrazione. Entro otto giorni dall'ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest'ultimo, trasmesso in copia all'autorità consolare competente ed al centro per l'impiego competente.

 

7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l'immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l'accertamento e l'irrogazione della sanzione è competente il prefetto.

 

8. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini dell'ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.

 

9. Le questure forniscono all'INPS e all'INAIL, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l'accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l'INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un «Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari», da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all'ufficio finanziario competente che provvede all'attribuzione del codice fiscale (201).

 

10. Lo sportello unico per l'immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (202).

 

11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.

 

12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato (203).

 

13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall'articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.

 

15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.

 

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione (204).

 

 

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(201)  Comma così modificato dall'art. 80, comma 11, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(202)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 419 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 10, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 secondo comma, e 101 della Costituzione.

(203)  Vedi, anche, il comma 6 dell'art. 33, L. 30 luglio 2002, n. 189 e il comma 6 dell'art. 1, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(204)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge. Per la definizione della modulistica dello Sportello unico per l'immigrazione vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.

 

 

Art. 23

Titoli di prelazione.

1. Nell'àmbito di programmi approvati, anche su proposta delle regioni e delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell'immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.

 

2. L'attività di cui al comma 1 è finalizzata:

 

a) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dello Stato;

 

b) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dei Paesi di origine;

 

c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.

 

3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all'articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione del presente testo unico.

 

4. Il regolamento di attuazione del presente testo unico prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1 (205).

 

 

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(205)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 19, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

 


 

Art. 24

Lavoro stagionale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 22)

1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare richiesta nominativa allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ai sensi dell'articolo 22. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta, redatta secondo le modalità previste dall'articolo 22, deve essere immediatamente comunicata al centro per l'impiego competente, che verifica nel termine di cinque giorni l'eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari a ricoprire l'impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3.

 

2. Lo sportello unico per l'immigrazione rilascia comunque l'autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, decorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 e non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.

 

3. L'autorizzazione al lavoro stagionale ha validità da venti giorni ad un massimo di nove mesi, in corrispondenza della durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento all'accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.

 

4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell'anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.

 

5. Le commissioni regionali tripartite, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l'accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonché eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l'attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all'accoglienza.

 

6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell'articolo 22, comma 12 (206).

 

 

 

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(206)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 20, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge e il D.M. 31 marzo 2006.

 

 

Art. 25

Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 23)

1. In considerazione della durata limitata dei contratti nonché della loro specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applicano le seguenti forme di previdenza e assistenza obbligatoria, secondo le norme vigenti nei settori di attività:

 

a) assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;

 

b) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

 

c) assicurazione contro le malattie;

 

d) assicurazione di maternità.

 

2. In sostituzione dei contributi per l'assegno per il nucleo familiare e per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria, il datore di lavoro è tenuto a versare all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un contributo in misura pari all'importo dei medesimi contributi ed in base alle condizioni e alle modalità stabilite per questi ultimi. Tali contributi sono destinati ad interventi di carattere socio-assistenziale a favore dei lavoratori di cui all'articolo 45.

 

3. Nei decreti attuativi del documento programmatico sono definiti i requisiti, gli àmbiti e le modalità degli interventi di cui al comma 2.

 

4. Sulle contribuzioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano le riduzioni degli oneri sociali previste per il settore di svolgimento dell'attività lavorativa.

 

5. Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell'articolo 22, comma 13, concernenti il trasferimento degli stessi all'istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza. È fatta salva la possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in caso di successivo ingresso (207).

 

 

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(207)  Comma così modificato dal comma 2 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

 

 

Art. 26

Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)

1. L'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all'Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un'attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l'esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione Europea.

 

2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per l'esercizio dell'attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l'esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l'iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell'autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione o della licenza prevista per l'esercizio dell'attività che lo straniero intende svolgere.

 

3. Il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (208).

 

4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da accordi internazionali in vigore per l'Italia.

 

5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno e del Ministero eventualmente competente in relazione all'attività che lo straniero intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro autonomo, con l'espressa indicazione dell'attività cui il visto si riferisce, nei limiti numerici stabiliti a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21. La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell'esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo (209).

 

6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro centottanta giorni dalla data del rilascio.

 

7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (210) (211) (212) (213).

 

 

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(208)  Comma così modificato dal comma 3 dell'art. 28, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(209)  Periodo aggiunto dal comma 2 dell'art. 18, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(210)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 21, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(211) La Corte costituzionale, con ordinanza 2-4 maggio 2005, n. 189 (Gazz. Uff. 11 maggio 2005, n. 19, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35 e 113 della Costituzione.

(212) La Corte costituzionale, con sentenza 7-22 giugno 2006, n. 240 (Gazz. Uff. 28 giugno 2006, n. 26, 1ª Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, e 41 della Costituzione; ha infine dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, sollevata in riferimento agli artt. 3, 100, primo comma, e 103, primo comma, della Costituzione.

(213) La Corte costituzionale, con ordinanza 7-21 marzo 2007, n. 101 (Gazz. Uff. 28 marzo 2007, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, comma 7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, 35, 41, 100, 103 e 113 della Costituzione.

 

 

Art. 27

Ingresso per lavoro in casi particolari.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 25; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 14, commi 2 e 4)

1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell'àmbito delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri:

 

a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'Unione europea;

 

b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;

 

c) professori universitari e ricercatori destinati a svolgere in Italia un incaricato accademico o un'attività retribuita di ricerca presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;

 

d) traduttori e interpreti;

 

e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso all'estero da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell'Unione europea residenti all'estero che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto di lavoro domestico;

 

f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano nell'ambito del lavoro subordinato (214);

 

g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente a domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali compiti o funzioni siano terminati;

 

h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le modalità stabilite nel regolamento di attuazione;

 

i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'art. 1655 del codice civile e della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e comunitarie;

 

l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli viaggianti all'estero;

 

m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici, teatrali, concertistici o di balletto;

 

n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso locali di intrattenimento;

 

o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private, o da enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;

 

p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai sensi della legge 23 marzo 1981, n. 91;

 

q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;

 

r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali in vigore per l'Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro occasionale nell'ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di giovani o sono persone collocate «alla pari»;

r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private (215).

 

1-bis. Nel caso in cui i lavoratori di cui alla lettera i) del comma 1 siano dipendenti regolarmente retribuiti dai datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea, il nulla osta al lavoro è sostituito da una comunicazione, da parte del committente, del contratto in base al quale la prestazione di servizi ha luogo, unitamente ad una dichiarazione del datore di lavoro contenente i nominativi dei lavoratori da distaccare e attestante la regolarità della loro situazione con riferimento alle condizioni di residenza e di lavoro nello Stato membro dell'Unione europea in cui ha sede il datore di lavoro. La comunicazione è presentata allo sportello unico della prefettura-ufficio territoriale del Governo, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno (216).

 

2. In deroga alle disposizioni del presente testo unico i lavoratori extracomunitari dello spettacolo possono essere assunti alle dipendenze dei datori di lavoro per esigenze connesse alla realizzazione e produzione di spettacoli previa apposita autorizzazione rilasciata dall'ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o sue sezioni periferiche che provvedono, sentito il Dipartimento dello spettacolo, previo nulla osta provvisorio dell'autorità provinciale di pubblica sicurezza. L'autorizzazione è rilasciata, salvo che si tratti di personale artistico ovvero di personale da utilizzare per periodi non superiori a tre mesi, prima che il lavoratore extracomunitario entri nel territorio nazionale. I lavoratori extracomunitari autorizzati a svolgere attività lavorativa subordinata nel settore dello spettacolo non possono cambiare settore di attività né la qualifica di assunzione. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo competenti in materia di turismo ed in materia di spettacolo, determina le procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione prevista dal presente comma.

 

3. Rimangono ferme le disposizioni che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate attività.

 

4. Il regolamento di cui all'articolo 1 contiene altresì norme per l'attuazione delle convenzioni ed accordi internazionali in vigore relativamente all'ingresso e soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto internazionale aventi sede in Italia.

 

5. L'ingresso e il soggiorno dei lavoratori frontalieri non appartenenti all'Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.

 

5-bis. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell'interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d'ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all'approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili (217) (218).

 

 

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(214) Vedi, anche, il D.M. 22 marzo 2006.

(215)  Lettera aggiunta dal comma 1 dell'art. 22, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(216) Comma aggiunto dall'art. 5, D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

(217)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 22, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(218) Vedi, anche, il D.M. 31 marzo 2006.

 

 

TITOLO IV

Diritto all'unità familiare e tutela dei minori

 

Art. 28

Diritto all'unità familiare.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 26)

1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari (219).

 

2. Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, fatte salve quelle più favorevoli del presente testo unico o del regolamento di attuazione.

 

3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.

 

 

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(219) Comma così sostituito dalla lettera d) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

 

 

Art. 29

Ricongiungimento familiare.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 27)

1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari:

 

a) coniuge;

 

b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;

 

c) figli maggiorenni a carico qualora permanentemente non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute (220);

 

d) genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.

 

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell'istanza di ricongiungimento. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.

 

3. Salvo quanto previsto dall'articolo 29-bis, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:

 

a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio. Nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà (221);

 

b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici è richiesto, in ogni caso, un reddito minimo non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.

 

4. È consentito l'ingresso, al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi, dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.

 

5. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è consentito l'ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno dall'ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3.

 

6. Al familiare autorizzato all'ingresso ovvero alla permanenza sul territorio nazionale ai sensi dell'articolo 31, comma 3, è rilasciato, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 3-bis, un permesso per assistenza minore, rinnovabile, di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale per i minorenni. Il permesso di soggiorno consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro.

 

7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della documentazione relativa ai requisiti di cui al comma 3, è presentata allo sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del governo competente per il luogo di dimora del richiedente, il quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L'ufficio, acquisito dalla questura il parere sulla insussistenza dei motivi ostativi all'ingresso dello straniero nel territorio nazionale, di cui all'articolo 4, comma 3, ultimo periodo, e verificata l'esistenza dei requisiti di cui al comma 3, rilascia il nulla osta ovvero un provvedimento di diniego dello stesso. Il rilascio del visto nei confronti del familiare per il quale è stato rilasciato il predetto nulla osta è subordinato all'effettivo accertamento dell'autenticità, da parte dell'autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o stato di salute.

 

8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l'interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l'immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.

 

9. La richiesta di ricongiungimento familiare è respinta se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di consentire all'interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello Stato.

 

10. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano:

 

a) quando il soggiornante chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la sua domanda non è ancora stata oggetto di una decisione definitiva;

 

b) agli stranieri destinatari delle misure di protezione temporanea, disposte ai sensi del decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, ovvero delle misure di cui all'articolo 20;

 

c) nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 6 (222).

 

 

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(220) La Corte costituzionale, con sentenza 25 ottobre-9 novembre 2006, n. 368 (Gazz. Uff. 15 novembre 2006, n. 45, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 1, lettera c), come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 29 della Costituzione.

(221) La Corte costituzionale, con ordinanza 8-23 novembre 2006, n. 395 (Gazz. Uff. 29 novembre 2006, n. 47, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 3, lettera a), sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 31 della Costituzione.

(222) Articolo prima modificato dal comma 1 dell'art. 23, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così sostituito dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennio 2007, n. 5.

 

 

Art. 29-bis

Ricongiungimento familiare dei rifugiati.

1. Lo straniero al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato può richiedere il ricongiungimento familiare per le medesime categorie di familiari e con la stessa procedura di cui all'articolo 29. Non si applicano, in tal caso, le disposizioni di cui all'articolo 29, comma 3.

 

2. Qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un'autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall'autorità locale, rilevata anche in sede di cooperazione consolare Schengen locale, ai sensi della decisione del Consiglio europeo del 22 dicembre 2003, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati. Può essere fatto ricorso, altresì, ad altri mezzi atti a provare l'esistenza del vincolo familiare, tra cui elementi tratti da documenti rilasciati dagli organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall'assenza di documenti probatori.

 

3. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, è consentito l'ingresso ed il soggiorno, ai fini del ricongiungimento, degli ascendenti diretti di primo grado (223).

 

 

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(223) Articolo aggiunto dalla lettere f) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

 

 

Art. 30

Permesso di soggiorno per motivi familiari.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28)

1. Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:

 

a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare nei casi previsti dall'articolo 29, ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore;

 

b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti;

 

c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare;

 

d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana.

 

1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l'effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole (224). La richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero di cui al comma 1, lettera a), è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato se è accertato che il matrimonio o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di soggiornare nel territorio dello Stato (225).

 

2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.

 

3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'articolo 29 ed è rinnovabile insieme con quest'ultimo.

 

4. [Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea è rilasciata una carta di soggiorno] (226).

 

5. In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e in caso di separazione legale o di scioglimento del matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro (227).

 

6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché contro gli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare, l'interessato può presentare ricorso al pretore del luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa. L'onere derivante dall'applicazione del presente comma è valutato in lire 150 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.

 

 

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(224)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 29, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(225) Periodo aggiunto dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 5.

(226) Comma così modificato dall'art. 2, D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 e poi abrogato dall'art. 25, D.Lgs.6 febbraio 2007, n. 30.

(227)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 24, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 31

Disposizioni a favore dei minori.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)

1. Il figlio minore della straniero con questi convivente e regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive. Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica di quest'ultimo, se più favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo dell'iscrizione.

 

2. Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.

 

3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico. L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli adempimenti di rispettiva competenza.

 

4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere disposta l'espulsione di un minore straniero il provvedimento è adottato, su richiesta del questore, dal Tribunale per i minorenni.

 

 

Art. 32

Disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30)

1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23 (228).

 

1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 (229).

 

1-ter. L'ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l'interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato (230).

 

1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4 (231) (232).

 

 

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(228)  La Corte costituzionale, con sentenza 23 maggio-5 giugno 2003, n. 198 (Gazz. Uff. 11 giugno 2003, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, comma 1, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(229)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(230)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(231)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 25, L. 30 luglio 2002, n. 189. Vedi, anche, l'art. 38 della stessa legge.

(232)  La Corte costituzionale, con sentenza 8-16 luglio 2004, n. 234 (Gazz. Uff. 21 luglio 2004, n. 28, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

 

Art. 33

Comitato per i minori stranieri.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 31)

1. Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate è istituito, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, un Comitato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri composto da rappresentanti dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, del Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché da due rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante dell'Unione province d'Italia (UPI) e da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore dei problemi della famiglia.

 

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. In particolare sono stabilite:

 

a) le regole e le modalità per l'ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato dei minori stranieri in età superiore a sei anni, che entrano in Italia nell'ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie italiane, nonché per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi;

 

 

b) le modalità di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti nel territorio dello Stato, nell'ambito delle attività dei servizi sociali degli enti locali e i compiti di impulso e di raccordo del Comitato di cui al comma 1 con le amministrazioni interessate ai fini dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento del minore con la sua famiglia nel Paese d'origine o in un Paese terzo (233).

 

2-bis. Il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato per le finalità di cui al comma 2, è adottato dal Comitato di cui al comma 1. Nel caso risulti instaurato nei confronti dello stesso minore un procedimento giurisdizionale, l'autorità giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali (234) (235).

 

3. Il Comitato si avvale, per l'espletamento delle attività di competenza, del personale e dei mezzi in dotazione al Dipartimento degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sede presso il Dipartimento medesimo.

 

 

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(233)  Comma così sostituito dall'art. 5, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97). In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535.

(234)  Comma aggiunto dall'art. 5, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(235)  La Corte costituzionale, con ordinanza 10 luglio-4 agosto 2003, n. 295 (Gazz. Uff. 13 agosto 2003, n. 32, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 2-bis, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.

 

 

TITOLO V

Disposizioni in materia sanitaria, nonché di istruzione, alloggio, partecipazione alla vita pubblica e integrazione sociale

 

Capo I - Disposizioni in materia sanitaria

 

Art. 34

Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)

1. Hanno l'obbligo di iscrizione al servizio sanitario nazionale e hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata in Italia dal servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:

 

a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento;

 

b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza.

 

2. L'assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell'iscrizione al servizio sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento dei minori iscritti.

 

3. Lo straniero regolarmente soggiornate, non rientrante tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero, valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo conseguito nell'anno precedente in Italia e all'estero. L'ammontare del contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.

 

4. L'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale può essere altresì richiesta:

 

a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio;

 

b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla pari, ai sensi dell'accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969, ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18 maggio 1973, n. 304.

 

5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.

 

6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4, lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.

 

7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione.

 

 

Art. 35

Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)

1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini stranieri non iscritti al servizio sanitario nazionale devono essere corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

 

2. Restano salve le norme che disciplinano l'assistenza sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti dall'Italia.

 

3. Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presìdi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. Sono, in particolare garantiti:

 

a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi della L. 29 luglio 1975, n. 405, e della L. 22 maggio 1978, n. 194, e del decreto 6 marzo 1995 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;

 

b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;

 

c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

 

d) gli interventi di profilassi internazionale;

 

e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventualmente bonifica dei relativi focolai.

 

4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i cittadini italiani.

 

5. L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.

 

6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero dell'interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche sufficienti, si provvede nell'ambito delle disponibilità del Fondo sanitario nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli interventi di emergenza.

 

 

Art. 36

Ingresso e soggiorno per cure mediche.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)

1. Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l'eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del trattamento terapeutico, devono attestare l'avvenuto deposito di una somma a titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di attuazione, nonché documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio per l'accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell'interessato. La domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.

 

2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell'ambito di programmi umanitari definiti ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità, d'intesa con il Ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.

 

3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche documentate.

 

4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di profilassi internazionale.

 

 

Capo II - Disposizioni in materia di istruzione e diritto allo studio e professione

 

Art. 37

Attività professionali.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)

1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia abilitanti all'esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana, entro un anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40, l'iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni sprovviste di albi, l'iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione. L'iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per l'esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.

 

2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per l'autorizzazione all'esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini professionali e le associazioni di categoria interessate.

 

3. Gli stranieri di cui al comma 1, a decorrere dalla scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed elenchi speciali nell'ambito delle quote definite a norma dell'articolo 3, comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.

 

4. In caso di lavoro subordinato, è garantita la parità di trattamento retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.

 

 

Art. 38

Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale.

(Legge 6 marzo 1998. n. 40, art. 36)

(Legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)

1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.

 

2. L'effettività del diritto allo studio è garantita dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l'attivazione di appositi corsi ed iniziative per l'apprendimento della lingua italiana.

 

3. La comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d'origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni.

 

4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.

 

5. Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni con le Regioni e gli enti locali, promuovono:

 

a) l'accoglienza degli stranieri adulti regolarmente soggiornanti mediante l'attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole elementari e medie;

 

b) la realizzazione di un'offerta culturale valida per gli stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo di studio della scuola dell'obbligo;

 

c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi sostenuti nel paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;

 

d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua italiana;

 

e) la realizzazione di corsi di formazione anche nel quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.

 

6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali, promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari. Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici insegnamenti integrativi, nella lingua e cultura di origine.

 

7. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente capo, con specifica indicazione:

 

a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti nazionali e locali, con particolare riferimento all'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana nonché dei corsi di formazione ed aggiornamento del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado e dei criteri per l'adattamento dei programmi di insegnamento;

 

b) dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell'inserimento scolastico, nonché dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli alunni stranieri, anche con l'ausilio di mediatori culturali qualificati;

 

c) dei criteri per l'iscrizione e l'inserimento nelle classi degli stranieri provenienti dall'estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi e per l'attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;

 

d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai commi 4 e 5.

 

 

Art. 39

Accesso ai corsi delle università.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)

1. In materia di accesso all'istruzione universitaria e di relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le modalità di cui al presente articolo.

 

2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento degli obiettivi del documento programmatico di cui all'articolo 3, promuovendo l'accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all'articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in particolare riguardo all'inserimento di una quota di studenti universitari stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la mobilità studentesca, nonché organizzando attività di orientamento e di accoglienza.

 

3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:

 

a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte dello studente straniero;

 

b) la rinnovabilità del permesso di soggiorno per motivi di studio e l'esercizio in vigenza di esso di attività di lavoro subordinato o autonomo da parte dello straniero titolare;

 

c) l'erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di reciprocità;

 

d) i criteri per la valutazione della condizione economica dello straniero ai fini dell'uniformità di trattamento in ordine alla concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);

 

e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli stranieri che intendono accedere all'istruzione universitaria in Italia;

 

f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero.

 

4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'interno, il numero massimo dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso all'istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all'estero. Lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi trenta giorni (236).

 

5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari e alle scuole di specializzazione delle università, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all'estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all'estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l'ingresso per studio (237).

 

 

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(236)  Il numero dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso ai corsi universitari presso gli atenei nazionali statali e non statali abilitati al rilascio di titoli di studio aventi valore legale, rilasciati in favore dei cittadini stranieri residenti all'estero, è stato fissato, per l'anno accademico 2000-2001, in 20.220, con D.M. 10 novembre 2000 (Gazz. Uff. 12 dicembre 2000, n. 289); per l'anno accademico 2001-2002, in 22.019, con D.M. 19 dicembre 2001 (Gazz. Uff. 16 aprile 2002, n. 89); per l'anno accademico 2006-2007, in 47.128, con D.M. 11 ottobre 2006 (Gazz. Uff. 30 novembre 2006, n. 279).

(237)  Comma prima sostituito dal comma 1 dell'art. 26, L. 30 luglio 2002, n. 189 e poi così modificato dal comma 6-bis dell'art. 1, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Capo III - Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale

 

Art. 40

Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)

1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. [Il sindaco, quando vengano individuate situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento nei centri di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali condizioni] (238).

 

1-bis. L'accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente testo unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia (239).

 

2. I criteri di accoglienza sono finalizzati a rendere autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e culturali idonei a favorire l'autonomia e l'inserimento sociale degli ospiti. Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.

 

3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze alloggiative ed alimentari, nonché, ove possibile, all'offerta di occasioni di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di scambi culturali con la popolazione italiana, e all'assistenza socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'autonomia personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo straniero.

 

4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti secondo i criteri previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato ovvero da altri enti pubblici o privati, nell'ambito di strutture alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell'attesa del reperimento di un alloggio ordinario in via definitiva.

 

5. [Le regioni concedono contributi a comuni, province, consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni di stranieri titolari di carta soggiorno o di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto capitale o a fondo perduto e comportano l'imposizione, per un numero determinato di anni, di un vincolo sull'alloggio all'ospitalità temporanea o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L'assegnazione e il godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale] (240).

 

6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione (241).

 

 

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(238)  Periodo soppresso dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(239)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(240)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

(241)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 27, L. 30 luglio 2002, n. 189.

 

 

Art. 41

Assistenza sociale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)

1. Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonché i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti (242).

 

 

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(242)  Vedi, anche, l'art. 80, comma 19, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

 


 

Capo IV - Disposizioni sull'integrazione sociale, sulle discriminazioni e istituzione del fondo per le politiche migratorie

 

Art. 42

Misure di integrazione sociale.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)

1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle proprie competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonché in collaborazione con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine, favoriscono:

 

a) le attività intraprese in favore degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;

 

b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e dall'associazionismo, nonché alle possibilità di un positivo reinserimento nel Paese di origine;

 

c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle cause dell'immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o della xenofobia anche attraverso la raccolta presso le biblioteche scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri residenti in Italia o provenienti da essi;

 

d) la realizzazione di convenzioni con associazioni regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l'impiego all'interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi etnici, nazionali, linguistici e religiosi;

 

e) l'organizzazione di corsi di formazione, ispirati a criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di immigrazione.

 

2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti previsti nel regolamento di attuazione.

 

3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, un organismo nazionale di coordinamento. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolge inoltre compiti di studio e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sulla applicazione del presente testo unico.

 

4. Ai fini dell'acquisizione delle osservazioni degli enti e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati di cui all'articolo 3, comma 1, e del collegamento con i Consigli territoriali di cui all'art. 3, comma 6, nonché dell'esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:

 

a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti nell'organismo di cui al comma 3 e rappresentanti delle associazioni che svolgono attività particolarmente significative nel settore dell'immigrazione in numero non inferiore a dieci (243);

 

b) rappresentanti degli stranieri extracomunitari designati dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non inferiore a sei (244);

 

c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;

 

d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non inferiore a tre;

 

e) otto esperti designati rispettivamente dai Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione, dell'interno, di grazia e giustizia, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della solidarietà sociale e delle pari opportunità (245);

 

f) otto rappresentanti delle autonomie locali, di cui due designati dalle regioni, uno dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), uno dall'Unione delle province italiane (UPI) e quattro dalla Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (246);

 

g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL);

 

g-bis) esperti dei problemi dell'immigrazione in numero non superiore a dieci (247).

 

5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un supplente.

 

6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con competenza nelle loro materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari e delle loro famiglie.

 

7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli territoriali.

 

8. La partecipazione alle Consulte di cui ai commi 4 e 6 dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non siano dipendenti dalla pubblica amministrazione e non risiedano nel comune nel quale hanno sede i predetti organi.

 

 

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(243)  Lettera così sostituita dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(244)  Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(245)  Lettera così modificata dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(246)  Lettera così sostituita dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(247)  Lettera aggiunta dall'art. 6, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 

 

Art. 43

Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)

1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.

 

2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:

 

a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità che nell'esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità, lo discriminino ingiustamente;

 

b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;

 

c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione, all'alloggio, all'istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità;

 

d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni, l'esercizio di un'attività economica legittimamente intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, confessione religiosa, etnia o nazionalità;

 

e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa.

 

3. Il presente articolo e l'articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi, razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea presenti in Italia.

 

 

Art. 44

Azione civile contro la discriminazione.

(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42)

1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice però, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.

 

2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di domicilio dell'istante.

 

3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.

 

4. Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda emette i provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.

 

5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza, il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati nel decreto.

 

6. Contro i provvedimenti del pretore è ammesso reclamo al tribunale nei termini di cui all'articolo 739, secondo comma, del codice di procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e 739 del codice di procedura civile.

 

7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non patrimoniale.

 

8. Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti del pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è punito ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale.

 

9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i fatti dedotti nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice civile.

 

10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.

 

11. Ogni accertamento di atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell'articolo 43 posti in essere da imprese alle quali siano stati accordati benefìci ai sensi delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è immediatamente comunicato dal Pretore, secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni, o enti revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.

 

12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

 


 

Art. 45

Fondo nazionale per le politiche migratorie.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie; destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilito in lire 12.500 milioni per l'anno 1997, in lire 58.000 milioni per l'anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l'anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni successivi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell'Unione europea, che sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo. Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l'esame, l'erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento del Fondo (248).

 

2. Lo Stato, le regioni, le province, i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attività concernenti l'immigrazione, con particolare riguardo all'effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l'erogazione di contributi agli enti locali per l'attuazione del programma.

 

3. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio 1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo unico tale destinazione è disposta per l'intero ammontare delle predette somme. A tal fine le medesime somme sono versate dall'INPS all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943, è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.

 

 

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(248)  Alla ripartizione dell'80% dello stanziamento del Fondo nazionale per le politiche migratorie si è provveduto con D.P.C.M. 28 settembre 1998 (Gazz. Uff. 19 novembre 1998, n. 271). Alla ripartizione del residuo 20% si è provveduto con D.P.C.M. 17 dicembre 1998 (Gazz. Uff. 18 marzo 1999, n. 64). Per il 1999, si è provveduto con D.P.C.M. 6 agosto 1999 (Gazz. Uff. 12 novembre 1999, n. 266), corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 2000, n. 132. Per il 2000, si è provveduto con D.P.C.M. 23 giugno 2000 (Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 173).

 

 

 

Art. 46

Commissione per le politiche di integrazione.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)

1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituita la commissione per le politiche di integrazione.

 

2. La commissione ha i compiti di predisporre per il Governo, anche ai fini dell'obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l'integrazione degli immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali politiche nonché di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l'immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il razzismo.

 

3. La commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento per gli affari sociali e del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, di grazia e giustizia, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonché da un numero massimo di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell'analisi sociale, giuridica ed economica dei problemi dell'immigrazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro per la solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città ed autonomie locali di altre amministrazioni pubbliche interessate a singole questioni oggetto di esame (249).

 

4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati l'organizzazione della segreteria della commissione istituita presso il Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo svolgimento dei propri compiti.

 

5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per il funzionamento della commissione dal decreto di cui all'articolo 45, comma 1, la commissione può affidare l'effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della medesima, e provvedere all'acquisto di pubblicazioni o materiale necessario per lo svolgimento dei propri compiti.

 

6. Per l'adempimento dei propri compiti la commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali.

 

 

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(249)  Comma così modificato dall'art. 7, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 

 

TITOLO VI

Norme finali

 

Art. 47

Abrogazioni.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 46)

1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, sono abrogati:

 

a) gli articoli 144, 147, 148 e 149 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

 

b) le disposizioni della legge 30 dicembre 1986, n. 943, ad eccezione dell'art. 3;

 

c) il comma 13 dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

2. Restano abrogate le seguenti disposizioni:

 

a) l'articolo 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

 

b) l'articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152;

 

c) l'articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 943;

 

d) l'articolo 5, commi sesto, settimo e ottavo, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33;

 

e) gli articoli 2 e seguenti del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;

 

f) l'articolo 4 della legge 18 gennaio 1994, n. 50;

 

g) l'articolo 116 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

 

3. All'art. 20, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, restano soppresse le parole:

 

«, sempre che esistano trattati o accordi internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità tra la Repubblica italiana e gli Stati di origine degli studenti, fatte salve le diverse disposizioni previste nell'ambito dei programmi in favore dei Paesi in via di sviluppo».

 

4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione del presente testo unico sono abrogate le disposizioni ancora in vigore del Titolo V del regolamento di esecuzione del Testo unico 18 giugno 1941, n. 773, delle leggi di sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.

 

 

Art. 48

Copertura finanziaria.

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 48)

1. All'onere derivante dall'attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40 e del presente testo unico, valutato in lire 42.500 milioni per il 1997 e in lire 124.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede:

 

a) quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 104.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 1997-1999 al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 29.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 50.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999 l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri;

 

b) quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.

 

2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

Art. 49

Disposizioni finali e transitorie (250).

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 49)

1. Nella prima applicazione delle disposizioni della legge 6 marzo 1998, n. 40, e del presente testo unico si provvede a dotare le questure che ancora non ne fossero provviste delle apparecchiature tecnologiche necessarie per la trasmissione in via telematica dei dati di identificazione personale nonché delle operazioni necessarie per assicurare il collegamento tra le questure e il sistema informativo della Direzione centrale della polizia criminale.

 

1-bis. Agli stranieri già presenti nel territorio dello Stato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, in possesso dei requisiti stabiliti dal decreto di programmazione dei flussi per il 1998 emanato ai sensi dell'articolo 3, comma 4, in attuazione del documento programmatico di cui all'articolo 3, comma 1, che abbiano presentato la relativa domanda con le modalità e nei termini previsti dal medesimo decreto, può essere rilasciato il permesso di soggiorno per i motivi ivi indicati. Per gli anni successivi al 1998, gli ingressi per motivi di lavoro di cui all'articolo 3, comma 4, restano disciplinati secondo le modalità ivi previste. In mancanza dei requisiti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, si applicano le misure previste dal presente testo unico (251).

 

2. All'onere conseguente all'applicazione del comma 1, valutato in lire 8.000 milioni per l'anno 1998, si provvede a carico delle risorse di cui all'articolo 48 e comunque nel rispetto del tetto massimo di spesa ivi previsto.

 

2-bis. Per il perfezionamento delle operazioni di identificazione delle persone detenute o internate, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria adotta modalità di effettuazione dei rilievi segnaletici conformi a quelle già in atto per le questure e si avvale delle procedure definite d'intesa con il Dipartimento della pubblica sicurezza (252).

 

 

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(250)  Rubrica così sostituita dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(251)  Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

(252)  Comma aggiunto dall'art. 8, D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 113 (Gazz. Uff. 27 aprile 1999, n. 97).

 


 

Legge 12 marzo 1999, n. 68.
Norme per il diritto al lavoro dei disabili

 

 

(1) (2) (3)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 marzo 1999, n. 68, S.O.

(2)  Per il regolamento di esecuzione della presente legge vedi il D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333. Vedi, anche, l'art. 7, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 10 dicembre 2004, n. 66;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 19 novembre 2001, n. 203; Msg. 16 luglio 2002, n. 320; Msg. 27 settembre 2002, n. 337; Msg. 22 novembre 2002, n. 366; Msg. 3 febbraio 2003, n. 14; Msg. 17 dicembre 2003, n. 151; Msg. 15 marzo 2004, n. 7390; Msg. 15 settembre 2004, n. 28643; Msg. 19 ottobre 2004, n. 33491;

- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 24 novembre 1999, n. 76/99; Circ. 24 novembre 1999, n. 77/99; Circ. 17 gennaio 2000, n. 4/2000; Lett.Circ. 16 febbraio 2000, n. 346/M22; Circ. 6 giugno 2000, n. 36/2000; Circ. 26 giugno 2000, n. 41/2000; Circ. 9 novembre 2000, n. 79/2000; Circ. 11 dicembre 2000, n. 2198/M165; Circ. 22 febbraio 2001, n. 293/M2; Circ. 23 febbraio 2001, n. 305/M165; Circ. 3 aprile 2001, n. 533/M96; Circ. 20 aprile 2001, n. 631/M6; Circ. 8 maggio 2001, n. 729/M6; Circ. 20 luglio 2001, n. 1238/M20;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 10 luglio 2001, n. 66/2001; Circ. 6 agosto 2001, n. 77/2001; Nota 10 ottobre 2001, n. 1629/M63; Nota 11 ottobre 2001, n. 1630/M76; Nota 18 luglio 2002, n. 972/110/002; Nota 11 marzo 2003; Nota 18 marzo 2003; Circ. 21 febbraio 2005, n. 257/01.14;

- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 7 maggio 2001, n. 150;

- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 7 novembre 2000, n. 248;

- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 20 maggio 1999, n. 13/99;

- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 14 novembre 2003, n. 2/2003.

 

 

Capo I

Diritto al lavoro dei disabili

 

Art. 1

Collocamento dei disabili.

1. La presente legge ha come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica:

 

a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509 , dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità;

 

 

b) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti;

 

c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alla L. 27 maggio 1970, n. 382 , e successive modificazioni, e alla L. 26 maggio 1970, n. 381 , e successive modificazioni;

 

d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 , e successive modificazioni.

 

2. Agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono per sordomuti coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell'apprendimento della lingua parlata.

 

3. Restano ferme le norme per i centralinisti telefonici non vedenti di cui alla legge 14 luglio 1957, n. 594 , e successive modificazioni, alla legge 28 luglio 1960, n. 778 , alla legge 5 marzo 1965, n. 155 , alla legge 11 aprile 1967, n. 231, alla legge 3 giugno 1971, n. 397 , e alla legge 29 marzo 1985, n. 113 , le norme per i massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti di cui alla legge 21 luglio 1961, n. 686 , e alla legge 19 maggio 1971, n. 403 , le norme per i terapisti della riabilitazione non vedenti di cui alla legge 11 gennaio 1994, n. 29 , e le norme per gli insegnanti non vedenti di cui all'articolo 61 della legge 20 maggio 1982, n. 270 . Per l'assunzione obbligatoria dei sordomuti restano altresì ferme le disposizioni di cui agli articoli 6 e 7 della legge 13 marzo 1958, n. 308 .

 

4. L'accertamento delle condizioni di disabilità di cui al presente articolo, che danno diritto di accedere al sistema per l'inserimento lavorativo dei disabili, è effettuato dalle commissioni di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 , secondo i criteri indicati nell'atto di indirizzo e coordinamento emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1. Con il medesimo atto vengono stabiliti i criteri e le modalità per l'effettuazione delle visite sanitarie di controllo della permanenza dello stato invalidante (4).

 

5. In considerazione dei criteri adottati, ai sensi del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 , per la valutazione e la verifica della residua capacità lavorativa derivante da infortunio sul lavoro e malattia professionale, ai fini dell'accertamento delle condizioni di disabilità è ritenuta sufficiente la presentazione di certificazione rilasciata dall'INAIL.

 

6. Per i soggetti di cui al comma 1, lettera d), l'accertamento delle condizioni di disabilità che danno diritto di accedere al sistema per l'inserimento lavorativo dei disabili continua ad essere effettuato ai sensi delle disposizioni del testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 , e successive modificazioni.

 

7. I datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti a garantire la conservazione del posto di lavoro a quei soggetti che, non essendo disabili al momento dell'assunzione, abbiano acquisito per infortunio sul lavoro o malattia professionale eventuali disabilità.

 

 

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(4)  Con D.P.C.M. 13 gennaio 2000, è stato approvato l'atto di indirizzo e coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili.

 

 

Art. 2

Collocamento mirato.

1. Per collocamento mirato dei disabili si intende quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione.

 

 

Art. 3

Assunzioni obbligatorie. Quote di riserva.

1. I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1 nella seguente misura:

 

a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;

 

b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;

 

c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti (5).

 

2. Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l'obbligo di cui al comma 1 si applica solo in caso di nuove assunzioni.

 

3. Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l'obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione.

 

4. Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi.

 

5. Gli obblighi di assunzione di cui al presente articolo sono sospesi nei confronti delle imprese che versano in una delle situazioni previste dagli articoli 1 e 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223 , e successive modificazioni, ovvero dall'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono sospesi per la durata dei programmi contenuti nella relativa richiesta di intervento, in proporzione all'attività lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre per la durata della procedura di mobilità disciplinata dagli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 , e successive modificazioni, e, nel caso in cui la procedura si concluda con almeno cinque licenziamenti, per il periodo in cui permane il diritto di precedenza all'assunzione previsto dall'articolo 8, comma 1, della stessa legge.

 

6. Agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati.

 

7. Nella quota di riserva sono computati i lavoratori che vengono assunti ai sensi della legge 21 luglio 1961, n. 686 , e successive modificazioni, nonché della legge 29 marzo 1985, n. 113 , e della legge 11 gennaio 1994, n. 29 (6).

 

 

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(5)  Vedi, anche, l'art. 2, D.M. 7 luglio 2000, n. 357.

(6)  Sull'applicabilità delle disposizioni contenute nel presente articolo vedi l'art. 132, D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217.

 

 

Art. 4

Criteri di computo della quota di riserva.

1. Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, non sono computabili tra i dipendenti i lavoratori occupati ai sensi della presente legge ovvero con contratto a tempo determinato di durata non superiore a nove mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, nonché i dirigenti. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale si applicano le norme contenute nell'articolo 18, comma secondo, della legge 20 maggio 1970, n. 300 , come sostituito dall'articolo 1 della legge 11 maggio 1990, n. 108 .

 

2. Nel computo le frazioni percentuali superiori allo 0,50 sono considerate unità.

 

3. I lavoratori disabili dipendenti occupati a domicilio o con modalità di tele-lavoro, ai quali l'imprenditore affida una quantità di lavoro atta a procurare loro una prestazione continuativa corrispondente all'orario normale di lavoro in conformità alla disciplina di cui all'articolo 11, secondo comma, della legge 18 dicembre 1973, n. 877 , e a quella stabilita dal contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori dell'azienda che occupa il disabile a domicilio o attraverso il tele-lavoro, sono computati ai fini della copertura della quota di riserva.

 

4. I lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia non possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se hanno subìto una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8.

 

5. Le disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738 , si applicano anche al personale militare e della protezione civile.

 

6. Qualora si renda necessaria, ai fini dell'inserimento mirato, una adeguata riqualificazione professionale, le regioni possono autorizzare, con oneri a proprio carico, lo svolgimento delle relative attività presso la stessa azienda che effettua l'assunzione oppure affidarne lo svolgimento, mediante convenzioni, alle associazioni nazionali di promozione, tutela e rappresentanza, di cui all'articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , e successive modificazioni, che abbiano le adeguate competenze tecniche, risorse e disponibilità, agli istituti di formazione che di tali associazioni siano emanazione, purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge 21 dicembre 1978, n. 845 , nonché ai soggetti di cui all'articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 . Ai fini del finanziamento delle attività di riqualificazione professionale e della corrispondente assistenza economica ai mutilati ed invalidi del lavoro, l'addizionale di cui al primo comma dell'articolo 181 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 , detratte le spese per l'assegno di incollocabilità previsto dall'articolo 180 dello stesso testo unico, per l'assegno speciale di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 248 , e per il fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori, di cui all'articolo 62 della legge 29 aprile 1949, n. 264 , è attribuita alle regioni, secondo parametri predisposti dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , di seguito denominata «Conferenza unificata».

 

 

Art. 5

Esclusioni, esoneri parziali e contributi esonerativi.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto, e la Conferenza unificata, sono individuate le mansioni che, in relazione all'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici, non consentono l'occupazione di lavoratori disabili o la consentono in misura ridotta. Il predetto decreto determina altresì la misura della eventuale riduzione.

 

2. I datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante e navigante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3. Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro pubblici e privati del solo settore degli impianti a fune, in relazione al personale direttamente adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto. Per consentire al comparto dell'autotrasporto nazionale di evolvere verso modalità di servizio più evolute e competitive e per favorire un maggiore grado di sicurezza nella circolazione stradale di mezzi, ai sensi del comma 1 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, i datori di lavoro pubblici e privati che operano nel settore dell'autotrasporto non sono tenuti, per quanto concerne il personale viaggiante, all'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3 (7).

 

3. I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che, per le speciali condizioni della loro attività, non possono occupare l'intera percentuale dei disabili, possono, a domanda, essere parzialmente esonerati dall'obbligo dell'assunzione, alla condizione che versino al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di cui all'articolo 14 un contributo esonerativo per ciascuna unità non assunta, nella misura di lire 25.000 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non occupato.

 

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, sentita la Conferenza unificata e sentite altresì le Commissioni parlamentari competenti per materia, che esprimono il loro parere con le modalità di cui al comma 1, sono disciplinati i procedimenti relativi agli esoneri parziali dagli obblighi occupazionali, nonché i criteri e le modalità per la loro concessione, che avviene solo in presenza di adeguata motivazione (8).

 

5. In caso di omissione totale o parziale del versamento dei contributi di cui al presente articolo, la somma dovuta può essere maggiorata, a titolo di sanzione amministrativa, dal 5 per cento al 24 per cento su base annua. La riscossione è disciplinata secondo i criteri previsti al comma 7.

 

6. Gli importi dei contributi e della maggiorazione di cui al presente articolo sono adeguati ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata.

 

7. Le regioni, entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, determinano i criteri e le modalità relativi al pagamento, alla riscossione e al versamento, al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili di cui all'articolo 14, delle somme di cui al presente articolo.

 

8. I datori di lavoro, pubblici e privati, possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in un'unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione. Per i datori di lavoro privati la compensazione può essere operata in riferimento ad unità produttive ubicate in regioni diverse (9).

 

 

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(7)  Comma così modificato prima dall'art. 2-bis, D.L. 20 dicembre 1999, n. 484, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dall'art. 78, comma 9, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

(8)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 luglio 2000, n. 357.

(9)  Per i criteri e le modalità relativi al rilascio dell'autorizzazione alla compensazione territoriale di cui al presente comma vedi il D.M. 24 aprile 2007. Vedi, anche, l'art. 116, comma 12, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

 

 

 

 

Capo II

Servizi del collocamento obbligatorio

 

Art. 6

Servizi per l'inserimento lavorativo dei disabili e modifiche al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 .

1. Gli organismi individuati dalle regioni ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , di seguito denominati «uffici competenti», provvedono, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi del territorio, secondo le specifiche competenze loro attribuite, alla programmazione, all'attuazione, alla verifica degli interventi volti a favorire l'inserimento dei soggetti di cui alla presente legge nonché all'avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all'attuazione del collocamento mirato.

 

2. All'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) le parole: «maggiormente rappresentative» sono sostituite dalle seguenti: «comparativamente più rappresentative»;

 

b) ... (10).

 

 

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(10)  Aggiunge due periodi al comma 3 dell'art. 6, D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469.

 

 

Capo III

Avviamento al lavoro

 

Art. 7

Modalità delle assunzioni obbligatorie.

1. Ai fini dell'adempimento dell'obbligo previsto dall'articolo 3 i datori di lavoro assumono i lavoratori facendone richiesta di avviamento agli uffici competenti ovvero attraverso la stipula di convenzioni ai sensi dell'articolo 11. Le richieste sono nominative per:

 

a) le assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali e sociali e gli enti da essi promossi;

 

b) il 50 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti;

 

c) il 60 per cento delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti.

 

2. I datori di lavoro pubblici effettuano le assunzioni in conformità a quanto previsto dall'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , come modificato dall'articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 , salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 11 della presente legge. Per le assunzioni di cui all'articolo 36, comma 1, lettera a), del predetto decreto legislativo n. 29 del 1993 , e successive modificazioni, i lavoratori disabili iscritti nell'elenco di cui all'articolo 8, comma 2, della presente legge hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso.

 

3. La Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, che esercitano le funzioni di vigilanza sul sistema creditizio e in materia valutaria, procedono alle assunzioni di cui alla presente legge mediante pubblica selezione, effettuata anche su base nazionale.

 

 

Art. 8

Elenchi e graduatorie.

1. Le persone di cui al comma 1 dell'articolo 1, che risultano disoccupate e aspirano ad una occupazione conforme alle proprie capacità lavorative, si iscrivono nell'apposito elenco tenuto dagli uffici competenti; per ogni persona, l'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , come modificato dall'articolo 6 della presente legge, annota in una apposita scheda le capacità lavorative, le abilità, le competenze e le inclinazioni, nonché la natura e il grado della minorazione e analizza le caratteristiche dei posti da assegnare ai lavoratori disabili, favorendo l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Gli uffici competenti provvedono al collocamento delle persone di cui al primo periodo del presente comma alle dipendenze dei datori di lavoro.

 

2. Presso gli uffici competenti è istituito un elenco, con unica graduatoria, dei disabili che risultano disoccupati; l'elenco e la graduatoria sono pubblici e vengono formati applicando i criteri di cui al comma 4. Dagli elementi che concorrono alla formazione della graduatoria sono escluse le prestazioni a carattere risarcitorio percepite in conseguenza della perdita della capacità lavorativa.

 

3. Gli elenchi e le schede di cui ai commi 1 e 2 sono formati nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni.

 

4. Le regioni definiscono le modalità di valutazione degli elementi che concorrono alla formazione della graduatoria di cui al comma 2 sulla base dei criteri indicati dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4 (11).

 

5. I lavoratori disabili, licenziati per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, mantengono la posizione in graduatoria acquisita all'atto dell'inserimento nell'azienda.

 

 

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(11)  Vedi, anche, l'art. 1-bis, D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297.

 

 

Art. 9

Richieste di avviamento.

1. I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento in cui sono obbligati all'assunzione dei lavoratori disabili.

 

2. In caso di impossibilità di avviare lavoratori con la qualifica richiesta, o con altra concordata con il datore di lavoro, gli uffici competenti avviano lavoratori di qualifiche simili, secondo l'ordine di graduatoria e previo addestramento o tirocinio da svolgere anche attraverso le modalità previste dall'articolo 12.

 

3. La richiesta di avviamento al lavoro si intende presentata anche attraverso l'invio agli uffici competenti dei prospetti informativi di cui al comma 6 da parte dei datori di lavoro.

 

4. I disabili psichici vengono avviati su richiesta nominativa mediante le convenzioni di cui all'articolo 11. I datori di lavoro che effettuano le assunzioni ai sensi del presente comma hanno diritto alle agevolazioni di cui all'articolo 13.

 

5. Gli uffici competenti possono determinare procedure e modalità di avviamento mediante chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro; la chiamata per avviso pubblico può essere definita anche per singoli ambiti territoriali e per specifici settori.

 

6. I datori di lavoro, pubblici e privati, soggetti alle disposizioni della presente legge sono tenuti ad inviare agli uffici competenti un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva di cui all'articolo 3, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori di cui all'articolo 1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Conferenza unificata, stabilisce con proprio decreto, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, la periodicità dell'invio dei prospetti e può altresì disporre che i prospetti contengano altre informazioni utili per l'applicazione della disciplina delle assunzioni obbligatorie. I prospetti sono pubblici. Gli uffici competenti, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso ai predetti documenti amministrativi, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 , dispongono la loro consultazione nelle proprie sedi, negli spazi disponibili aperti al pubblico (12).

 

7. Ove l'inserimento richieda misure particolari, il datore di lavoro può fare richiesta di collocamento mirato agli uffici competenti, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 , nel caso in cui non sia stata stipulata una convenzione d'integrazione lavorativa di cui all'articolo 11, comma 4, della presente legge.

 

8. Qualora l'azienda rifiuti l'assunzione del lavoratore invalido ai sensi del presente articolo, la direzione provinciale del lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti ed all'autorità giudiziaria.

 

 

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(12)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma vedi il D.M. 22 novembre 1999.

 

 

Art. 10

Rapporto di lavoro dei disabili obbligatoriamente assunti.

1. Ai lavoratori assunti a norma della presente legge si applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi.

 

2. Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni.

 

3. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 , integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , come modificato dall'articolo 6 della presente legge. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda.

 

4. Il recesso di cui all'articolo 4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223 , ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all'articolo 3 della presente legge.

 

5. In caso di risoluzione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione, nel termine di dieci giorni, agli uffici competenti, al fine della sostituzione del lavoratore con altro avente diritto all'avviamento obbligatorio.

 

6. La direzione provinciale del lavoro, sentiti gli uffici competenti, dispone la decadenza dal diritto all'indennità di disoccupazione ordinaria e la cancellazione dalle liste di collocamento per un periodo di sei mesi del lavoratore che per due volte consecutive, senza giustificato motivo, non risponda alla convocazione ovvero rifiuti il posto di lavoro offerto corrispondente ai suoi requisiti professionali e alle disponibilità dichiarate all'atto della iscrizione o reiscrizione nelle predette liste.

 

Capo IV

Convenzioni e incentivi

 

Art. 11

Convenzioni e convenzioni di integrazione lavorativa.

1. Al fine di favorire l'inserimento lavorativo dei disabili, gli uffici competenti, sentito l'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , come modificato dall'articolo 6 della presente legge, possono stipulare con il datore di lavoro convenzioni aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali di cui alla presente legge.

 

2. Nella convenzione sono stabiliti i tempi e le modalità delle assunzioni che il datore di lavoro si impegna ad effettuare. Tra le modalità che possono essere convenute vi sono anche la facoltà della scelta nominativa, lo svolgimento di tirocini con finalità formative o di orientamento, l'assunzione con contratto di lavoro a termine, lo svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l'esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non costituisca motivo di risoluzione del rapporto di lavoro.

 

3. La convenzione può essere stipulata anche con datori di lavoro che non sono obbligati alle assunzioni ai sensi della presente legge.

 

4. Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro convenzioni di integrazione lavorativa per l'avviamento di disabili che presentino particolari caratteristiche e difficoltà di inserimento nel ciclo lavorativo ordinario.

 

5. Gli uffici competenti promuovono ed attuano ogni iniziativa utile a favorire l'inserimento lavorativo dei disabili anche attraverso convenzioni con le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 , e con i consorzi di cui all'articolo 8 della stessa legge, nonché con le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266 , e comunque con gli organismi di cui agli articoli 17 e 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 , ovvero con altri soggetti pubblici e privati idonei a contribuire alla realizzazione degli obiettivi della presente legge.

 

6. L'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 , come modificato dall'articolo 6 della presente legge, può proporre l'adozione di deroghe ai limiti di età e di durata dei contratti di formazione-lavoro e di apprendistato, per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 3 ed al primo periodo del comma 6 dell'articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451. Tali deroghe devono essere giustificate da specifici progetti di inserimento mirato.

 

7. Oltre a quanto previsto al comma 2, le convenzioni di integrazione lavorativa devono:

 

a) indicare dettagliatamente le mansioni attribuite al lavoratore disabile e le modalità del loro svolgimento;

 

b) prevedere le forme di sostegno, di consulenza e di tutoraggio da parte degli appositi servizi regionali o dei centri di orientamento professionale e degli organismi di cui all'articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 , al fine di favorire l'adattamento al lavoro del disabile;

 

c) prevedere verifiche periodiche sull'andamento del percorso formativo inerente la convenzione di integrazione lavorativa, da parte degli enti pubblici incaricati delle attività di sorveglianza e controllo (13).

 

 

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(13) In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il Provv. 16 novembre 2006, n. 992/CU.

 

 

Art. 12

Cooperative sociali.

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 9 e 11, gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all'articolo 3, con le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 , e successive modificazioni, e con i disabili liberi professionisti, anche se operanti con ditta individuale, apposite convenzioni finalizzate all'inserimento temporaneo dei disabili appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1 presso le cooperative sociali stesse, ovvero presso i citati liberi professionisti, ai quali i datori di lavoro si impegnano ad affidare commesse di lavoro. Tali convenzioni, non ripetibili per lo stesso soggetto, salvo diversa valutazione del comitato tecnico di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 6, non possono riguardare più di un lavoratore disabile, se il datore di lavoro occupa meno di 50 dipendenti, ovvero più del 30 per cento dei lavoratori disabili da assumere ai sensi dell'articolo 3, se il datore di lavoro occupa più di 50 dipendenti.

 

2. La convenzione è subordinata alla sussistenza dei seguenti requisiti:

 

a) contestuale assunzione a tempo indeterminato del disabile da parte del datore di lavoro;

 

b) copertura dell'aliquota d'obbligo di cui all'articolo 3 attraverso l'assunzione di cui alla lettera a);

 

c) impiego del disabile presso la cooperativa sociale ovvero presso il libero professionista di cui al comma 1, con oneri retributivi, previdenziali e assistenziali a carico di questi ultimi, per tutta la durata della convenzione, che non può eccedere i dodici mesi, prorogabili di ulteriori dodici mesi da parte degli uffici competenti;

 

d) indicazione nella convenzione dei seguenti elementi:

 

1) l'ammontare delle commesse che il datore di lavoro si impegna ad affidare alla cooperativa ovvero al libero professionista di cui al comma 1; tale ammontare non deve essere inferiore a quello che consente alla cooperativa stessa ovvero al libero professionista di cui al comma 1 di applicare la parte normativa e retributiva dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ivi compresi gli oneri previdenziali e assistenziali, e di svolgere le funzioni finalizzate all'inserimento lavorativo dei disabili;

 

2) i nominativi dei soggetti da inserire ai sensi del comma 1;

 

3) l'indicazione del percorso formativo personalizzato.

 

3. Alle convenzioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 11, comma 7.

 

4. Gli uffici competenti possono stipulare con i datori di lavoro privati soggetti agli obblighi di cui all'articolo 3 e con le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 , e successive modificazioni, apposite convenzioni finalizzate all'inserimento lavorativo temporaneo dei detenuti disabili.

 

 

Art. 13

Agevolazioni per le assunzioni.

1. Attraverso le convenzioni di cui all'articolo 11, gli uffici competenti possono concedere ai datori di lavoro privati, sulla base dei programmi presentati e nei limiti delle disponibilità del Fondo di cui al comma 4 del presente articolo:

 

a) la fiscalizzazione totale, per la durata massima di otto anni, dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla presente legge, abbia una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla terza categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 , e successive modificazioni; la medesima fiscalizzazione viene concessa in relazione ai lavoratori con handicap intellettivo e psichico, assunti in base alla presente legge, indipendentemente dalle percentuali di invalidità, previa definizione da parte delle regioni di criteri generali che consentano di contenere gli oneri a tale titolo nei limiti del 10 per cento della quota di loro competenza a valere sulle risorse annue di cui al comma 4 e con indicazione delle modalità di utilizzo delle risorse eventualmente non impiegate;

 

b) la fiscalizzazione nella misura del 50 per cento, per la durata massima di cinque anni, dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ad ogni lavoratore disabile che, assunto in base alla presente legge, abbia una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67 per cento e il 79 per cento o minorazioni ascritte dalla quarta alla sesta categoria di cui alle tabelle citate nella lettera a);

 

c) il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alle possibilità operative dei disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento o per l'apprestamento di tecnologie di tele-lavoro ovvero per la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione lavorativa del disabile.

 

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 sono estese anche ai datori di lavoro che, pur non essendo soggetti agli obblighi della presente legge, procedono all'assunzione di disabili.

 

3. Il datore di lavoro che, attraverso le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 11, assicura ai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 1 la possibilità di svolgere attività di tirocinio finalizzata all'assunzione, per un periodo fino ad un massimo di dodici mesi, rinnovabili per una sola volta, assolve per la durata relativa l'obbligo di assunzione. I datori di lavoro sono tenuti ad assicurare i tirocinanti contro gli infortuni sul lavoro, mediante convenzioni con l'INAIL, e per la responsabilità civile. I relativi oneri sono posti a carico del Fondo di cui al comma 4.

 

4. Per le finalità di cui al presente articolo è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, per il cui finanziamento è autorizzata la spesa di lire 40 miliardi per l'anno 1999, euro 37 milioni per l'anno 2007 ed euro 42 milioni a decorrere dall'anno 2008 (14).

 

5. Dopo cinque anni, gli uffici competenti sottopongono a verifica la prosecuzione delle agevolazioni di cui al comma 1 del presente articolo.

 

6. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a lire 40 miliardi per l'anno 1999 e a lire 60 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, si provvede mediante corrispondente utilizzo dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 29-quater del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30. Le somme non impegnate nell'esercizio di competenza possono esserlo in quelli successivi.

 

7. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

8. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza unificata, sono indicati i criteri e le modalità per la ripartizione fra le regioni delle disponibilità del Fondo di cui al comma 4, nonché la disciplina dei procedimenti per la concessione delle agevolazioni di cui al comma 1 (15).

 

9. Il Governo della Repubblica, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, procede ad una verifica degli effetti delle disposizioni del presente articolo e ad una valutazione dell'adeguatezza delle risorse finanziarie ivi previste.

 

 

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(14) Comma così modificato dal comma 1162 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.

(15)  In attuazione di quanto disposto nel presente comma, vedi il D.M. 13 gennaio 2000, n. 91.

 

 

Art. 14

Fondo regionale per l'occupazione dei disabili.

1. Le regioni istituiscono il Fondo regionale per l'occupazione dei disabili, di seguito denominato «Fondo», da destinare al finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi.

 

2. Le modalità di funzionamento e gli organi amministrativi del Fondo sono determinati con legge regionale, in modo tale che sia assicurata una rappresentanza paritetica dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei disabili.

 

3. Al Fondo sono destinati gli importi derivanti dalla irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge ed i contributi versati dai datori di lavoro ai sensi della presente legge, nonché il contributo di fondazioni, enti di natura privata e soggetti comunque interessati.

 

4. Il Fondo eroga:

 

a) contributi agli enti indicati nella presente legge, che svolgano attività rivolta al sostegno e all'integrazione lavorativa dei disabili;

 

b) contributi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall'articolo 13, comma 1, lettera c);

 

c) ogni altra provvidenza in attuazione delle finalità della presente legge.

 

 

Capo V

Sanzioni e disposizioni finali e transitorie

 

Art. 15

Sanzioni.

 

1. Le imprese private e gli enti pubblici economici che non adempiano agli obblighi di cui all'articolo 9, comma 6, sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro 578,43 (16) per ritardato invio del prospetto, maggiorata di euro 28,02 (17) per ogni giorno di ulteriore ritardo.

 

2. Le sanzioni amministrative previste dalla presente legge sono disposte dalle direzioni provinciali del lavoro e i relativi introiti sono destinati al Fondo di cui all'articolo 14.

 

3. Ai responsabili, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, di inadempienze di pubbliche amministrazioni alle disposizioni della presente legge si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego.

 

4. Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui insorge l'obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota dell'obbligo di cui all'articolo 3, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a titolo di sanzione amministrativa, al Fondo di cui all'articolo 14, di una somma pari a euro 57,17 (18) al giorno per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata.

 

5. Le somme di cui ai commi 1 e 4 sono adeguate ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

 

 

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(16)  Importo così modificato dall'art. 1, D.M. 12 dicembre 2005 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2005, n. 302).

(17)  Importo così modificato dall'art. 1, D.M. 12 dicembre 2005 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2005, n. 302).

(18)  Importo così modificato dall'art. 1, D.M. 12 dicembre 2005 (Gazz. Uff. 29 dicembre 2005, n. 302).

 

 

Art. 16

Concorsi presso le pubbliche amministrazioni.

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 4, e 5, comma 1, i disabili possono partecipare a tutti i concorsi per il pubblico impiego, da qualsiasi amministrazione pubblica siano banditi. A tal fine i bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire ai soggetti suddetti di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri.

 

2. I disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di cui all'articolo 3, anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso.

 

3. Salvi i requisiti di idoneità specifica per singole funzioni, sono abrogate le norme che richiedono il requisito della sana e robusta costituzione fisica nei bandi di concorso per il pubblico impiego.

 

 

Art. 17

Obbligo di certificazione.

1. Le imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della presente legge, pena l'esclusione (19).

 

 

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(19)  Vedi, anche, l'art. 5, D.M. 7 luglio 2000, n. 357, l'art. 77-bis, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e la Circ. 28 marzo 2003, n. 10/2003.

 

 

Art. 18

Disposizioni transitorie e finali.

1. I soggetti già assunti ai sensi delle norme sul collocamento obbligatorio sono mantenuti in servizio anche se superano il numero di unità da occupare in base alle aliquote stabilite dalla presente legge e sono computati ai fini dell'adempimento dell'obbligo stabilito dalla stessa.

 

2. In attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, il cui status è riconosciuto ai sensi della legge 26 dicembre 1981, n. 763 , è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la disciplina di cui all'articolo 3, commi 3, 4 e 6, e all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, della presente legge. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Le assunzioni sono effettuate con le modalità di cui all'articolo 7, comma 1. Il regolamento di cui all'articolo 20 stabilisce le relative norme di attuazione (20).

 

3. Per un periodo di ventiquattro mesi (21) a decorrere dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, gli invalidi del lavoro ed i soggetti di cui all'articolo 4, comma 5, che alla medesima data risultino iscritti nelle liste di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482 , e successive modificazioni, sono avviati al lavoro dagli uffici competenti senza necessità di inserimento nella graduatoria di cui all'articolo 8, comma 2. Ai medesimi soggetti si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 6.

 

 

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(20)  Vedi, anche, l'art. 2, D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, nel testo sostituito dalla relativa legge di conversione.

(21)  Termine differito di diciotto mesi a partire dalla sua scadenza ai sensi del comma 1 dell'art. 19, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Successivamente il suddetto termine è stato prorogato di ulteriori dodici mesi dall'art. 34, comma 24, L. 27 dicembre 2002, n. 289 e al 31 dicembre 2004 dall'art. 23-quinquies, D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

 

Art. 19

Regioni a statuto speciale e province autonome.

1. Sono fatte salve le competenze legislative nelle materie di cui alla presente legge delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

Art. 20

Regolamento di esecuzione.

1. Entro centoventi giorni dalla data di cui all'articolo 23, comma 1, sono emanate, sentita la Conferenza unificata, norme di esecuzione, aventi carattere generale, cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano si conformano, nell'ambito delle rispettive competenze, ai fini dell'attuazione delle disposizioni della presente legge (22).

 

 

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(22)  La Corte costituzionale, con sentenza 21-30 marzo 2001, n. 84 (Gazz. Uff. 4 aprile 2001, n. 14 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo, limitatamente all'inciso «e le provincie autonome di Trento e Bolzano». Per il regolamento di esecuzione della presente legge vedi il D.P.R. 10 ottobre 2000, n. 333.

 

 

Art. 21

Relazione al Parlamento.

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ogni due anni, entro il 30 giugno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, sulla base dei dati che le regioni annualmente, entro il mese di marzo, sono tenute ad inviare al Ministro stesso.

 

 

Art. 22

Abrogazioni.

1. Sono abrogati:

 

a) la legge 2 aprile 1968, n. 482 , e successive modificazioni;

 

b) l'articolo 12 della legge 13 agosto 1980, n. 466 ;

 

c) l'articolo 13 della legge 26 dicembre 1981, n. 763 ;

 

d) l'articolo 9 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17 , convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79;

 

e) l'articolo 9 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 , convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638;

 

f) l'articolo 14 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 .

 

 

Art. 23

Entrata in vigore.

1. Le disposizioni di cui agli articoli 1, comma 4, 5, commi 1, 4 e 7, 6, 9, comma 6, secondo periodo, 13, comma 8, 18, comma 3, e 20 entrano in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

 

2. Le restanti disposizioni della presente legge entrano in vigore dopo trecento giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 

Legge 30 luglio 2002, n. 189.
Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 agosto 2002, n. 199, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Circ. 10 settembre 2002, n. 58; Nota 26 giugno 2003;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 16 ottobre 2002, n. 353; Circ. 25 ottobre 2002, n. 161; Circ. 14 novembre 2002, n. 169; Msg. 20 dicembre 2002, n. 821; Msg. 7 febbraio 2003, n. 16; Msg. 7 febbraio 2003, n. 17; Circ. 28 febbraio 2003, n. 45; Msg. 23 luglio 2003, n. 28; Msg. 17 febbraio 2004, n. 4383; Circ. 6 aprile 2004, n. 61;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 20 settembre 2002, n. 50/2002; Circ. 20 dicembre 2002, n. 62/2002;

- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 16 ottobre 2002, n. 79/E; Circ. 21 marzo 2003, n. 16/E;

- Ministero dell'interno: Circ. 9 settembre 2002, n. 14; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 9 gennaio 2003, n. 300/C/2002/2800/P/12.222.11/1^Div.; Circ. 20 gennaio 2003, n. 300/C/2002/2879/P/12.222.8/1^Div.

 

 

Capo I

Disposizioni in materia di immigrazione

 

Art. 1

Cooperazione con Stati stranieri.

1. Al fine di favorire le elargizioni in favore di iniziative di sviluppo umanitario, di qualunque natura, al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), dopo le parole: «organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS),» sono inserite le seguenti: «delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nei Paesi non appartenenti all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)»;

 

b) all'articolo 65, comma 2, lettera c-sexies), dopo le parole: «a favore delle ONLUS» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, nonché le iniziative umanitarie, religiose o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), nei Paesi non appartenenti all'OCSE;».

 

2. Nella elaborazione e nella eventuale revisione dei programmi bilaterali di cooperazione e di aiuto per interventi non a scopo umanitario nei confronti dei Paesi non appartenenti all'Unione europea, con esclusione delle iniziative a carattere umanitario, il Governo tiene conto anche della collaborazione prestata dai Paesi interessati alla prevenzione dei flussi migratori illegali e al contrasto delle organizzazioni criminali operanti nell'immigrazione clandestina, nel traffico di esseri umani, nello sfruttamento della prostituzione, nel traffico di stupefacenti, di armamenti, nonché in materia di cooperazione giudiziaria e penitenziaria e nella applicazione della normativa internazionale in materia di sicurezza della navigazione.

 

3. Si può procedere alla revisione dei programmi di cooperazione e di aiuto di cui al comma 2 qualora i Governi degli Stati interessati non adottino misure di prevenzione e vigilanza atte a prevenire il rientro illegale sul territorio italiano di cittadini espulsi.

 

 

Art. 2

Comitato per il coordinamento e il monitoraggio.

1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato «testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998», dopo l'articolo 2, è inserito il seguente:

 

«Art. 2-bis. - (Comitato per il coordinamento e il monitoraggio) - 1. È istituito il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio delle disposizioni del presente testo unico, di seguito denominato «Comitato».

 

2. Il Comitato è presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ed è composto dai Ministri interessati ai temi trattati in ciascuna riunione in numero non inferiore a quattro e da un presidente di regione o di provincia autonoma designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

 

3. Per l'istruttoria delle questioni di competenza del Comitato, è istituito un gruppo tecnico di lavoro presso il Ministero dell'interno, composto dai rappresentanti dei Dipartimenti per gli affari regionali, per le pari opportunità, per il coordinamento delle politiche comunitarie, per l'innovazione e le tecnologie, e dei Ministeri degli affari esteri, dell'interno, della giustizia, delle attività produttive, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della difesa, dell'economia e delle finanze, della salute, delle politiche agricole e forestali, per i beni e le attività culturali, delle comunicazioni, oltre che da un rappresentante del Ministro per gli italiani nel mondo e da tre esperti designati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Alle riunioni, in relazione alle materie oggetto di esame, possono essere invitati anche rappresentanti di ogni altra pubblica amministrazione interessata all'attuazione delle disposizioni del presente testo unico, nonché degli enti e delle associazioni nazionali e delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro di cui all'articolo 3, comma 1.

 

4. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le politiche comunitarie, sono definite le modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico con le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri».

 

 

Art. 3

Politiche migratorie.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 3, al comma 1, dopo le parole: «ogni tre anni» sono inserite le seguenti: «salva la necessità di un termine più breve».

 

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 3, il comma 4 è sostituito dal seguente:

 

«4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Comitato di cui all'articolo 2-bis, comma 2, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le competenti Commissioni parlamentari, sono annualmente definite, entro il termine del 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del decreto, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell'articolo 20. Qualora se ne ravvisi l'opportunità, ulteriori decreti possono essere emanati durante l'anno. I visti di ingresso ed i permessi di soggiorno per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono rilasciati entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei ministri può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote stabilite per l'anno precedente».

 

 

Art. 4

Ingresso nel territorio dello Stato.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 4, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

 

«2. Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nello Stato di origine o di stabile residenza dello straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi sono equiparati ai visti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto di ingresso l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo, che illustri i diritti e i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Qualora non sussistano i requisiti previsti dalla normativa in vigore per procedere al rilascio del visto, l'autorità diplomatica o consolare comunica il diniego allo straniero in lingua a lui comprensibile, o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. In deroga a quanto stabilito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, per motivi di sicurezza o di ordine pubblico il diniego non deve essere motivato, salvo quando riguarda le domande di visto presentate ai sensi degli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39. La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l'inammissibilità della domanda. Per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera»;

 

b) al comma 3, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente:

 

«Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite».

 

 

Art. 5

Permesso di soggiorno.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 5 sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1, dopo le parole: «permesso di soggiorno rilasciati», sono inserite le seguenti: «, e in corso di validità,»;

 

b) dopo il comma 2, è inserito il seguente:

 

«2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici»;

 

c) al comma 3, alinea, dopo le parole: «La durata del permesso di soggiorno» sono inserite le seguenti: «non rilasciato per motivi di lavoro»;

 

d) al comma 3, le lettere b) e d) sono abrogate;

 

e) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:

 

«3-bis. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro di cui all'articolo 5-bis. La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque non può superare:

 

a) in relazione ad uno o più contratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi;

 

b) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, la durata di un anno;

 

c) in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni.

 

3-ter. Allo straniero che dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha usufruito nell'ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento. Il relativo visto di ingresso è rilasciato ogni anno. Il permesso è revocato immediatamente nel caso in cui lo straniero violi le disposizioni del presente testo unico.

 

3-quater. Possono inoltre soggiornare nel territorio dello Stato gli stranieri muniti di permesso di soggiorno per lavoro autonomo rilasciato sulla base della certificazione della competente rappresentanza diplomatica o consolare italiana della sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26 del presente testo unico. Il permesso di soggiorno non può avere validità superiore ad un periodo di due anni.

 

3-quinquies. La rappresentanza diplomatica o consolare italiana che rilascia il visto di ingresso per motivi di lavoro, ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 4, ovvero il visto di ingresso per lavoro autonomo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 26, ne dà comunicazione anche in via telematica al Ministero dell'interno e all'INPS per l'inserimento nell'archivio previsto dal comma 9 dell'articolo 22 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione. Uguale comunicazione è data al Ministero dell'interno per i visti di ingresso per ricongiungimento familiare di cui all'articolo 29 entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione.

 

3-sexies. Nei casi di ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, la durata del permesso di soggiorno non può essere superiore a due anni»;

 

f) il comma 4 è sostituito dal seguente:

 

«4. Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno novanta giorni prima della scadenza nei casi di cui al comma 3-bis, lettera c), sessanta giorni prima nei casi di cui alla lettera b) del medesimo comma 3-bis, e trenta giorni nei restanti casi, ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è rinnovato per una durata non superiore a quella stabilita con rilascio iniziale»;

 

g) dopo il comma 4, è inserito il seguente:

 

«4-bis. Lo straniero che richiede il rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici»;

 

h) il comma 8 è sostituito dal seguente:

 

«8. Il permesso di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 9 sono rilasciati mediante utilizzo di mezzi a tecnologia avanzata con caratteristiche anticontraffazione conformi ai tipi da approvare con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie in attuazione dell'Azione comune adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 16 dicembre 1996, riguardante l'adozione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno»;

 

i) dopo il comma 8, è inserito il seguente:

 

«8-bis. Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale».

 

 

Art. 6

Contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:

 

«Art. 5-bis. - (Contratto di soggiorno per lavoro subordinato) - 1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea o apolide, contiene:

 

a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

 

b) l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

 

2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.

 

3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall'articolo 22 presso lo sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione».

 

2. Con il regolamento di cui all'articolo 34, comma 1, si procede all'attuazione e all'integrazione delle disposizioni recate dall'articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dal comma 1 del presente articolo, con particolare riferimento all'assunzione dei costi per gli alloggi di cui al comma 1, lettera a), del medesimo articolo 5-bis, prevedendo a quali condizioni gli stessi siano a carico del lavoratore.

 

 

Art. 7

Facoltà inerenti il soggiorno.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 6, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1, dopo le parole: «prima della sua scadenza,» sono inserite le seguenti: «e previa stipula del contratto di soggiorno per lavoro ovvero previo rilascio della certificazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 26,»;

b) al comma 4, le parole: «può essere sottoposto a rilievi segnaletici» sono sostituite dalle seguenti: «è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici».

 

 

Art. 8

Sanzioni per l'inosservanza degli obblighi di comunicazione dell'ospitante e del datore di lavoro.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 7, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente:

 

«2-bis. Le violazioni delle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 160 a 1.100 euro».

 

 

Art. 9

Carta di soggiorno.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 9, comma 1, le parole: «cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «sei anni».

 

 

Art. 10

Coordinamento dei controlli di frontiera.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 11, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

«1-bis. Il Ministro dell'interno, sentito, ove necessario, il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, emana le misure necessarie per il coordinamento unificato dei controlli sulla frontiera marittima e terrestre italiana. Il Ministro dell'interno promuove altresì apposite misure di coordinamento tra le autorità italiane competenti in materia di controlli sull'immigrazione e le autorità europee competenti in materia di controlli sull'immigrazione ai sensi dell'Accordo di Schengen, ratificato ai sensi della legge 30 settembre 1993, n. 388».

 

 

 

 

 

Art. 11

Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.

1. All'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

 

«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque in violazione delle disposizioni del presente testo unico compie atti diretti a procurare l'ingresso nel territorio dello Stato di uno straniero ovvero atti diretti a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona»;

 

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

 

«3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre profitto anche indiretto, compie atti diretti a procurare l'ingresso di taluno nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico, ovvero a procurare l'ingresso illegale in altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona. La stessa pena si applica quando il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti»;

 

c) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:

 

«3-bis. Le pene di cui al comma 3 sono aumentate se:

 

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

 

b) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata esposta a pericolo per la sua vita o la sua incolumità;

 

c) per procurare l'ingresso o la permanenza illegale la persona è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante.

 

3-ter. Se i fatti di cui al comma 3 sono compiuti al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, si applica la pena della reclusione da cinque a quindici anni e la multa di 25.000 euro per ogni persona.

 

3-quater. Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

 

3-quinquies. Per i delitti previsti dai commi precedenti le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti.

 

3-sexies. All'articolo 4-bis, comma 1, terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, dopo le parole: "609-octies del codice penale" sono inserite le seguenti: "nonché dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,"»;

 

d) dopo il comma 9, sono aggiunti i seguenti:

 

«9-bis. La nave italiana in servizio di polizia, che incontri nel mare territoriale o nella zona contigua, una nave, di cui si ha fondato motivo di ritenere che sia adibita o coinvolta nel trasporto illecito di migranti, può fermarla, sottoporla ad ispezione e, se vengono rinvenuti elementi che confermino il coinvolgimento della nave in un traffico di migranti, sequestrarla conducendo la stessa in un porto dello Stato.

 

9-ter. Le navi della Marina militare, ferme restando le competenze istituzionali in materia di difesa nazionale, possono essere utilizzate per concorrere alle attività di cui al comma 9-bis.

 

9-quater. I poteri di cui al comma 9-bis possono essere esercitati al di fuori delle acque territoriali, oltre che da parte delle navi della Marina militare, anche da parte delle navi in servizio di polizia, nei limiti consentiti dalla legge, dal diritto internazionale o da accordi bilaterali o multilaterali, se la nave batte la bandiera nazionale o anche quella di altro Stato, ovvero si tratti di una nave senza bandiera o con bandiera di convenienza.

 

9-quinquies. Le modalità di intervento delle navi della Marina militare nonché quelle di raccordo con le attività svolte dalle altre unità navali in servizio di polizia sono definite con decreto interministeriale dei Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti.

 

9-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 9-bis e 9-quater si applicano, in quanto compatibili, anche per i controlli concernenti il traffico aereo».

 

 

Art. 12

Espulsione amministrativa.

1. All'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

 

«3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale e non si trova in stato di custodia cautelare in carcere, il questore, prima di eseguire l'espulsione, richiede il nulla osta all'autorità giudiziaria, che può negarlo solo in presenza di inderogabili esigenze processuali valutate in relazione all'accertamento della responsabilità di eventuali concorrenti nel reato o imputati in procedimenti per reati connessi, e all'interesse della persona offesa. In tal caso l'esecuzione del provvedimento è sospesa fino a quando l'autorità giudiziaria comunica la cessazione delle esigenze processuali. Il questore, ottenuto il nulla osta, provvede all'espulsione con le modalità di cui al comma 4. Il nulla osta si intende concesso qualora l'autorità giudiziaria non provveda entro quindici giorni dalla data di ricevimento della richiesta. In attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore può adottare la misura del trattenimento presso un centro di permanenza temporanea, ai sensi dell'articolo 14»;

 

b) dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:

 

«3-bis. Nel caso di arresto in flagranza o di fermo, il giudice rilascia il nulla osta all'atto della convalida, salvo che applichi la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, o che ricorra una delle ragioni per le quali il nulla osta può essere negato ai sensi del comma 3.

 

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3 si applicano anche allo straniero sottoposto a procedimento penale, dopo che sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti. Il giudice, con lo stesso provvedimento con il quale revoca o dichiara l'estinzione della misura, decide sul rilascio del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione. Il provvedimento è immediatamente comunicato al questore.

 

3-quater. Nei casi previsti dai commi 3, 3-bis e 3-ter, il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. È sempre disposta la confisca delle cose indicate nel secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 13, 13-bis, 13-ter e 14.

 

3-quinquies. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. Se lo straniero era stato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare, quest'ultima è ripristinata a norma dell'articolo 307 del codice di procedura penale.

 

3-sexies. Il nulla osta all'espulsione non può essere concesso qualora si proceda per uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché dall'articolo 12 del presente testo unico»;

 

c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

 

«4. L'espulsione è sempre eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ad eccezione dei casi di cui al comma 5»;

 

d) il comma 5 è sostituito dal seguente:

 

«5. Nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo, l'espulsione contiene l'intimazione a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni. Il questore dispone l'accompagnamento immediato alla frontiera dello straniero, qualora il prefetto rilevi il concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del provvedimento»;

 

e) il comma 8 è sostituito dal seguente:

 

«8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato unicamente il ricorso al tribunale in composizione monocratica del luogo in cui ha sede l'autorità che ha disposto l'espulsione. Il termine è di sessanta giorni dalla data del provvedimento di espulsione. Il tribunale in composizione monocratica accoglie o rigetta il ricorso, decidendo con unico provvedimento adottato, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Il ricorso di cui al presente comma può essere sottoscritto anche personalmente, ed è presentato anche per il tramite della rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di destinazione. La sottoscrizione del ricorso, da parte della persona interessata, è autenticata dai funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari che provvedono a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da parte di un patrocinatore legale di fiducia munito di procura speciale rilasciata avanti all'autorità consolare. Lo straniero è altresì ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal giudice nell'àmbito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete»;

 

f) i commi 6, 9 e 10 sono abrogati;

 

g) il comma 13 è sostituito dai seguenti:

 

«13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno ed è nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera.

 

13-bis. Nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La stessa pena si applica allo straniero che, già denunciato per il reato di cui al comma 13 ed espulso, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale.

 

13-ter. Per i reati di cui ai commi 13 e 13-bis è sempre consentito l'arresto in flagranza dell'autore del fatto e, nell'ipotesi di cui al comma 13-bis, è consentito il fermo. In ogni caso contro l'autore del fatto si procede con rito direttissimo»;

 

h) il comma 14 è sostituito dal seguente:

 

«14. Salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall'interessato nel periodo di permanenza in Italia».

 

 

Art. 13

Esecuzione dell'espulsione.

1. All'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) il comma 5 è sostituito dal seguente:

 

«5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni. Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità, ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice»;

 

b) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti:

 

«5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze penali della sua trasgressione.

 

5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno. In tale caso si procede a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

 

5-quater. Lo straniero espulso ai sensi del comma 5-ter che viene trovato, in violazione delle norme del presente testo unico, nel territorio dello Stato è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

 

5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter e 5-quater è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto e si procede con rito direttissimo. Al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione, il questore può disporre i provvedimenti di cui al comma 1 del presente articolo».

 

2. Per la costruzione di nuovi centri di permanenza temporanea e assistenza è autorizzata la spesa nel limite massimo di 12,39 milioni di euro per l'anno 2002, 24,79 milioni di euro per l'anno 2003 e 24,79 milioni di euro per l'anno 2004 (3).

 

 

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(3)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12 aprile 2005, n. 153 (Gazz. Uff. 20 aprile 2005, n. 16, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, lettera c), in combinato disposto con il successivo comma 5 - come sostituito dall'art. 12, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 sollevata in riferimento agli artt. 3, 13, commi secondo e terzo, 16 e 24 della Costituzione.

 

 

Art. 14

Ulteriori disposizioni per l'esecuzione dell'espulsione.

1. All'articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

 

«1-bis. Della emissione del provvedimento di custodia cautelare o della definitiva sentenza di condanna ad una pena detentiva nei confronti di uno straniero proveniente da Paesi extracomunitari viene data tempestiva comunicazione al questore ed alla competente autorità consolare al fine di avviare la procedura di identificazione dello straniero e consentire, in presenza dei requisiti di legge, l'esecuzione della espulsione subito dopo la cessazione del periodo di custodia cautelare o di detenzione».

 

2. La rubrica dell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituita dalla seguente: «Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l'esecuzione dell'espulsione».

 

 

Art. 15

Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione.

1. L'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:

 

«Art. 16. - (Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione) - 1. Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163 del codice penale né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni.

 

2. L'espulsione di cui al comma 1 è eseguita dal questore anche se la sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4.

 

3. L'espulsione di cui al comma 1 non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguardi uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni.

 

4. Se lo straniero espulso a norma del comma 1 rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente.

 

5. Nei confronti dello straniero, identificato, detenuto, che si trova in taluna delle situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, che deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, è disposta l'espulsione. Essa non può essere disposta nei casi in cui la condanna riguarda uno o più delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero i delitti previsti dal presente testo unico.

 

6. Competente a disporre l'espulsione di cui al comma 5 è il magistrato di sorveglianza, che decide con decreto motivato, senza formalità, acquisite le informazioni degli organi di polizia sull'identità e sulla nazionalità dello straniero. Il decreto di espulsione è comunicato allo straniero che, entro il termine di dieci giorni, può proporre opposizione dinanzi al tribunale di sorveglianza. Il tribunale decide nel termine di venti giorni.

 

7. L'esecuzione del decreto di espulsione di cui al comma 6 è sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e, comunque, lo stato di detenzione permane fino a quando non siano stati acquisiti i necessari documenti di viaggio. L'espulsione è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione dello straniero con la modalità dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

 

8. La pena è estinta alla scadenza del termine di dieci anni dall'esecuzione dell'espulsione di cui al comma 5, sempre che lo straniero non sia rientrato illegittimamente nel territorio dello Stato. In tale caso, lo stato di detenzione è ripristinato e riprende l'esecuzione della pena.

 

9. L'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione non si applica ai casi di cui all'articolo 19».

 

 

Art. 16

Diritto di difesa.

1. All'articolo 17, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo le parole: «Lo straniero» sono inserite le seguenti: «parte offesa ovvero» e dopo la parola: «richiesta» sono inserite le seguenti: «della parte offesa o».

 

 

Art. 17

Determinazione dei flussi di ingresso.

1. All'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Nello stabilire le quote i decreti prevedono restrizioni numeriche all'ingresso di lavoratori di Stati che non collaborano adeguatamente nel contrasto all'immigrazione clandestina o nella riammissione di propri cittadini destinatari di provvedimenti di rimpatrio»;

 

b) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «quote riservate» sono inserite le seguenti: «ai lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea retta di ascendenza, residenti in Paesi non comunitari, che chiedano di essere inseriti in un apposito elenco, costituito presso le rappresentanze diplomatiche o consolari, contenente le qualifiche professionali dei lavoratori stessi, nonché»;

 

c) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

 

«4-bis. Il decreto annuale ed i decreti infrannuali devono altresì essere predisposti in base ai dati sulla effettiva richiesta di lavoro suddivisi per regioni e per bacini provinciali di utenza, elaborati dall'anagrafe informatizzata, istituita presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui al comma 7. Il regolamento di attuazione prevede possibili forme di collaborazione con altre strutture pubbliche e private, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.

 

4-ter. Le regioni possono trasmettere, entro il 30 novembre di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati extracomunitari nel territorio regionale, contenente anche le indicazioni previsionali relative ai flussi sostenibili nel triennio successivo in rapporto alla capacità di assorbimento del tessuto sociale e produttivo».

 

 

Art. 18

Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato e lavoro autonomo.

1. L'articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:

 

«Art. 22. - (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato) - 1. In ogni provincia è istituito presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo uno sportello unico per l'immigrazione, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.

 

2. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione lavorativa:

 

a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;

 

b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero;

 

c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza;

 

d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro.

 

3. Nei casi in cui non abbia una conoscenza diretta dello straniero, il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia può richiedere, presentando la documentazione di cui alle lettere b) e c) del comma 2, il nulla osta al lavoro di una o più persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.

 

4. Lo sportello unico per l'immigrazione comunica le richieste di cui ai commi 2 e 3 al centro per l'impiego di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, competente in relazione alla provincia di residenza, domicilio o sede legale. Il centro per l'impiego provvede a diffondere le offerte per via telematica agli altri centri ed a renderle disponibili su sito INTERNET o con ogni altro mezzo possibile ed attiva gli eventuali interventi previsti dall'articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. Decorsi venti giorni senza che sia stata presentata alcuna domanda da parte di lavoratore nazionale o comunitario, anche per via telematica, il centro trasmette allo sportello unico richiedente una certificazione negativa, ovvero le domande acquisite comunicandole altresì al datore di lavoro. Ove tale termine sia decorso senza che il centro per l'impiego abbia fornito riscontro, lo sportello unico procede ai sensi del comma 5.

 

5. Lo sportello unico per l'immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla presentazione della richiesta, a condizione che siano state rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21, e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio.

 

6. Gli uffici consolari del Paese di residenza o di origine dello straniero provvedono, dopo gli accertamenti di rito, a rilasciare il visto di ingresso con indicazione del codice fiscale, comunicato dallo sportello unico per l'immigrazione. Entro otto giorni dall'ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi conservato e, a cura di quest'ultimo, trasmesso in copia all'autorità consolare competente ed al centro per l'impiego competente.

 

7. Il datore di lavoro che omette di comunicare allo sportello unico per l'immigrazione qualunque variazione del rapporto di lavoro intervenuto con lo straniero, è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro. Per l'accertamento e l'irrogazione della sanzione è competente il prefetto.

 

8. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini dell'ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore.

 

9. Le questure forniscono all'INPS, tramite collegamenti telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque idoneo per l'accesso al lavoro, e comunicano altresì il rilascio dei permessi concernenti i familiari ai sensi delle disposizioni di cui al titolo IV; l'INPS, sulla base delle informazioni ricevute, costituisce un «Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari», da condividere con altre amministrazioni pubbliche; lo scambio delle informazioni avviene in base a convenzione tra le amministrazioni interessate. Le stesse informazioni sono trasmesse, in via telematica, a cura delle questure, all'ufficio finanziario competente che provvede all'attribuzione del codice fiscale.

 

10. Lo sportello unico per l'immigrazione fornisce al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il numero ed il tipo di nulla osta rilasciati secondo le classificazioni adottate nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4.

 

11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari.

 

12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato.

 

13. Salvo quanto previsto per i lavoratori stagionali dall'articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di reciprocità al verificarsi della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

14. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di assistenza sociale, di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 152, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare attività di lavoro in Italia.

 

15. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.

 

16. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli statuti e delle relative norme di attuazione».

 

2. All'articolo 26, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La rappresentanza diplomatica o consolare rilascia, altresì, allo straniero la certificazione dell'esistenza dei requisiti previsti dal presente articolo ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 5, comma 3-quater, per la concessione del permesso di soggiorno per lavoro autonomo».

 

 

Art. 19

Titoli di prelazione.

1. L'articolo 23 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:

 

«Art. 23. - (Titoli di prelazione) - 1. Nell'àmbito di programmi approvati, anche su proposta delle regioni e delle province autonome, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e realizzati anche in collaborazione con le regioni, le province autonome e altri enti locali, organizzazioni nazionali degli imprenditori e datori di lavoro e dei lavoratori, nonché organismi internazionali finalizzati al trasferimento dei lavoratori stranieri in Italia ed al loro inserimento nei settori produttivi del Paese, enti ed associazioni operanti nel settore dell'immigrazione da almeno tre anni, possono essere previste attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine.

 

2. L'attività di cui al comma 1 è finalizzata:

 

a) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dello Stato;

 

b) all'inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani che operano all'interno dei Paesi di origine;

 

c) allo sviluppo delle attività produttive o imprenditoriali autonome nei Paesi di origine.

 

3. Gli stranieri che abbiano partecipato alle attività di cui al comma 1 sono preferiti nei settori di impiego ai quali le attività si riferiscono ai fini della chiamata al lavoro di cui all'articolo 22, commi 3, 4 e 5, secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione del presente testo unico.

 

4. Il regolamento di attuazione del presente testo unico prevede agevolazioni di impiego per i lavoratori autonomi stranieri che abbiano seguito i corsi di cui al comma 1».

 

 

Art. 20

Lavoro stagionale.

1. L'articolo 24 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:

 

«Art. 24. - (Lavoro stagionale) - 1. Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale con uno straniero devono presentare richiesta nominativa allo sportello unico per l'immigrazione della provincia di residenza ai sensi dell'articolo 22. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta, redatta secondo le modalità previste dall'articolo 22, deve essere immediatamente comunicata al centro per l'impiego competente, che verifica nel termine di cinque giorni l'eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari a ricoprire l'impiego stagionale offerto. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 3.

 

2. Lo sportello unico per l'immigrazione rilascia comunque l'autorizzazione nel rispetto del diritto di precedenza maturato, decorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 1 e non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro.

 

3. L'autorizzazione al lavoro stagionale ha validità da venti giorni ad un massimo di nove mesi, in corrispondenza della durata del lavoro stagionale richiesto, anche con riferimento all'accorpamento di gruppi di lavori di più breve periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.

 

4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il rientro in Italia nell'anno successivo per ragioni di lavoro stagionale, rispetto ai cittadini del suo stesso Paese che non abbiano mai fatto regolare ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può, inoltre, convertire il permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le condizioni.

 

5. Le commissioni regionali tripartite, di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l'accesso dei lavoratori stranieri ai posti di lavoro stagionale. Le convenzioni possono individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee condizioni di lavoro della manodopera, nonché eventuali incentivi diretti o indiretti per favorire l'attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure complementari relative all'accoglienza.

 

6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito ai sensi dell'articolo 22, comma 12».

 

 

Art. 21

Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 26, dopo il comma 7, è aggiunto, in fine, il seguente:

 

«7-bis. La condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli articoli 473 e 474 del codice penale comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica».

 

 

Art. 22

Attività sportive.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 27, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1, dopo la lettera r) è aggiunta la seguente:

 

«r-bis) infermieri professionali assunti presso strutture sanitarie pubbliche e private;»;

 

b) dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:

 

«5-bis. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), sentiti i Ministri dell'interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d'ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le federazioni sportive nazionali. Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all'approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica anche al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili».

 

 

Art. 23

Ricongiungimento familiare.

1. All'articolo 29 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1:

 

1) dopo la lettera b) è inserita la seguente:

 

«b-bis) figli maggiorenni a carico, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale»;

 

2) alla lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza ovvero genitori ultrasessantacinquenni qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute»;

 

3) la lettera d) è abrogata;

 

b) i commi 7, 8 e 9 sono sostituiti dai seguenti:

 

«7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, corredata della prescritta documentazione compresa quella attestante i rapporti di parentela, coniugio e la minore età, autenticata dall'autorità consolare italiana, è presentata allo sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per il luogo di dimora del richiedente, la quale ne rilascia copia contrassegnata con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. L'ufficio, verificata, anche mediante accertamenti presso la questura competente, l'esistenza dei requisiti di cui al presente articolo, emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del nulla osta.

 

8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta, l'interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della copia degli atti contrassegnata dallo sportello unico per l'immigrazione, da cui risulti la data di presentazione della domanda e della relativa documentazione.

 

9. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane rilasciano altresì il visto di ingresso al seguito nei casi previsti dal comma 5».

 

 

Art. 24

Permesso di soggiorno per motivi familiari.

1. All'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, al comma 5, prima delle parole: «In caso di separazione», sono inserite le seguenti: «In caso di morte del familiare in possesso dei requisiti per il ricongiungimento e».

 

 

Art. 25

Minori affidati al compimento della maggiore età.

1. All'articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:

 

«1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.

 

1-ter. L'ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l'interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.

 

1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4».

 

 

Art. 26

Accesso ai corsi delle università.

1. Il comma 5 dell'articolo 39 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 è sostituito dal seguente:

 

«5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari, a parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia, nonché agli stranieri, ovunque residenti, che sono titolari dei diplomi finali delle scuole italiane all'estero o delle scuole straniere o internazionali, funzionanti in Italia o all'estero, oggetto di intese bilaterali o di normative speciali per il riconoscimento dei titoli di studio e soddisfino le condizioni generali richieste per l'ingresso per studio».

 

 

Art. 27

Centri di accoglienza e accesso all'abitazione.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 40, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) al comma 1, l'ultimo periodo è soppresso;

 

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

«1-bis. L'accesso alle misure di integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell'Unione europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia ai sensi del presente testo unico e delle leggi e regolamenti vigenti in materia»;

 

c) il comma 5 è abrogato;

 

d) il comma 6 è sostituito dal seguente:

 

«6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione».

 

 

Art. 28

Aggiornamenti normativi.

1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, ovunque ricorrano, le parole: «ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale» sono sostituite dalle seguenti: «prefettura-ufficio territoriale del Governo» e le parole: «il pretore» sono sostituite dalle seguenti: «il tribunale in composizione monocratica».

 

2. All'articolo 25 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il primo periodo del comma 5 è sostituito dal seguente: «Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si applicano le disposizioni dell'articolo 22, comma 13, concernenti il trasferimento degli stessi all'istituto o ente assicuratore dello Stato di provenienza».

 

3. All'articolo 26 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, nel comma 3, le parole da: «o di corrispondente garanzia» fino alla fine del comma sono soppresse.

 

 

Art. 29

Matrimoni contratti al fine di eludere le norme sull'ingresso e sul soggiorno dello straniero.

1. Al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 30, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

 

«1-bis. Il permesso di soggiorno nei casi di cui al comma 1, lettera b), è immediatamente revocato qualora sia accertato che al matrimonio non è seguita l'effettiva convivenza salvo che dal matrimonio sia nata prole».

 

 

Art. 30

Misure di potenziamento delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari.

1. Al fine di provvedere alle straordinarie esigenze di servizio connesse con l'attuazione delle misure previste dalla presente legge, e nelle more del completamento degli organici del Ministero degli affari esteri mediante ricorso alle ordinarie procedure di assunzione del personale, le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari di prima categoria possono assumere, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, personale con contratto temporaneo della durata di sei mesi, nel limite complessivo di ottanta unità, anche in deroga ai limiti del contingente di cui all'articolo 152, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni. Per le stesse esigenze il contratto può essere rinnovato per due ulteriori successivi periodi di sei mesi, anche in deroga al limite temporale di cui all'articolo 153, secondo e terzo comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967. Le suddette unità di personale sono destinate a svolgere mansioni amministrative ordinarie nelle predette sedi all'estero. Nelle medesime sedi un corrispondente numero di unità di personale di ruolo appartenente alle aree funzionali è conseguentemente adibito all'espletamento di funzioni istituzionali in materia di immigrazione ed asilo, nonché di rilascio dei visti di ingresso.

 

2. Per l'assunzione del personale di cui al comma 1 si applicano le procedure previste per il personale temporaneo di cui all'articolo 153 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967.

 

 

Capo II

Disposizioni in materia di asilo

 

Art. 31

Permesso di soggiorno per i richiedenti asilo.

1. L'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, è sostituito dal seguente: «Il questore territorialmente competente, quando non ricorrano le ipotesi previste negli articoli 1-bis e 1-ter, rilascia, su richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo valido fino alla definizione della procedura di riconoscimento».

 

 

Art. 32

Procedura semplificata.

1. Al decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all'articolo 1, il comma 7 è abrogato;

 

b) dopo l'articolo 1 sono inseriti i seguenti:

 

«Art. 1-bis. - (Casi di trattenimento) - 1. Il richiedente asilo non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la domanda di asilo presentata. Esso può, tuttavia, essere trattenuto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle autorizzazioni alla permanenza nel territorio dello Stato in base alle disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nei seguenti casi:

 

a) per verificare o determinare la sua nazionalità o identità, qualora egli non sia in possesso dei documenti di viaggio o d'identità, oppure abbia, al suo arrivo nello Stato, presentato documenti risultati falsi;

 

b) per verificare gli elementi su cui si basa la domanda di asilo, qualora tali elementi non siano immediatamente disponibili;

 

c) in dipendenza del procedimento concernente il riconoscimento del diritto ad essere ammesso nel territorio dello Stato.

 

2. Il trattenimento deve sempre essere disposto nei seguenti casi:

 

a) a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque, in condizioni di soggiorno irregolare;

 

b) a seguito della presentazione di una domanda di asilo da parte di uno straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione o respingimento.

 

3. Il trattenimento previsto nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), e nei casi di cui al comma 2, lettera a), è attuato nei centri di identificazione secondo le norme di apposito regolamento. Il medesimo regolamento determina il numero, le caratteristiche e le modalità di gestione di tali strutture e tiene conto degli atti adottati dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR), dal Consiglio d'Europa e dall'Unione europea. Nei centri di identificazione sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno.

 

4. Per il trattenimento di cui al comma 2, lettera b), si osservano le norme di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Nei centri di permanenza temporanea e assistenza di cui al medesimo articolo 14 sarà comunque consentito l'accesso ai rappresentanti dell'ACNUR. L'accesso sarà altresì consentito agli avvocati e agli organismi ed enti di tutela dei rifugiati con esperienza consolidata nel settore, autorizzati dal Ministero dell'interno.

 

5. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter, e qualora la stessa non si sia ancora conclusa, allo straniero è concesso un permesso di soggiorno temporaneo fino al termine della procedura stessa.

 

Art. 1-ter. - (Procedura semplificata) - 1. Nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 dell'articolo 1-bis è istituita la procedura semplificata per la definizione della istanza di riconoscimento dello status di rifugiato secondo le modalità di cui ai commi da 2 a 6.

 

2. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera a), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

3. Appena ricevuta la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), il questore competente per il luogo in cui la richiesta è stata presentata dispone il trattenimento dello straniero interessato in uno dei centri di permanenza temporanea di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ove già sia in corso il trattenimento, il questore chiede al tribunale in composizione monocratica la proroga del periodo di trattenimento per ulteriori trenta giorni per consentire l'espletamento della procedura di cui al presente articolo. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che, entro quindici giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

4. L'allontanamento non autorizzato dai centri di cui all'articolo 1-bis, comma 3, equivale a rinuncia alla domanda.

 

5. Lo Stato italiano è competente all'esame delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato di cui al presente articolo, ove i tempi non lo consentano, ai sensi della Convenzione di Dublino ratificata ai sensi della legge 23 dicembre 1992, n. 523.

 

6. La commissione territoriale, integrata da un componente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, procede, entro dieci giorni, al riesame delle decisioni su richiesta adeguatamente motivata dello straniero di cui è disposto il trattenimento in uno dei centri di identificazione di cui all'articolo 1-bis, comma 3. La richiesta va presentata alla commissione territoriale entro cinque giorni dalla comunicazione della decisione. L'eventuale ricorso avverso la decisione della commissione territoriale è presentato al tribunale in composizione monocratica territorialmente competente entro quindici giorni, anche dall'estero tramite le rappresentanze diplomatiche. Il ricorso non sospende il provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale; il richiedente asilo può tuttavia chiedere al prefetto competente di essere autorizzato a rimanere sul territorio nazionale fino all'esito del ricorso. La decisione di rigetto del ricorso è immediatamente esecutiva.

 

Art. 1-quater. - (Commissioni territoriali) - 1. Presso le prefetture-uffici territoriali del Governo indicati con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono istituite le commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato. Le predette commissioni, nominate con decreto del Ministro dell'interno, sono presiedute da un funzionario della carriera prefettizia e composte da un funzionario della Polizia di Stato, da un rappresentante dell'ente territoriale designato dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e da un rappresentante dell'ACNUR. Per ciascun componente deve essere previsto un componente supplente. Tali commissioni possono essere integrate, su richiesta del Presidente della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da un funzionario del Ministero degli affari esteri con la qualifica di componente a tutti gli effetti, ogni volta che sia necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, in ordine alle domande dei quali occorra disporre di particolari elementi di valutazione in merito alla situazione dei Paesi di provenienza di competenza del Ministero degli affari esteri. In caso di parità, prevale il voto del Presidente. Ove necessario, in relazione a particolari afflussi di richiedenti asilo, le commissioni possono essere composte da personale posto in posizione di distacco o di collocamento a riposo. La partecipazione del personale di cui al precedente periodo ai lavori delle commissioni non comporta la corresponsione di compensi o di indennità di qualunque natura.

 

2. Entro due giorni dal ricevimento dell'istanza, il questore provvede alla trasmissione della documentazione necessaria alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato che entro trenta giorni provvede all'audizione. La decisione è adottata entro i successivi tre giorni.

 

3. Durante lo svolgimento dell'audizione, ove necessario, le commissioni territoriali si avvalgono di interpreti. Del colloquio con il richiedente viene redatto verbale. Le decisioni sono adottate con atto scritto e motivato. Le stesse verranno comunicate al richiedente, unitamente all'informazione sulle modalità di impugnazione, nelle forme previste dall'articolo 2, comma 6, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

 

4. Nell'esaminare la domanda di asilo le commissioni territoriali valutano per i provvedimenti di cui all'articolo 5, comma 6, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali di cui l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.

 

5. Avverso le decisioni delle commissioni territoriali è ammesso ricorso al tribunale ordinario territorialmente competente che decide ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6.

 

Art. 1-quinquies. - (Commissione nazionale per il diritto di asilo) - 1. La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, è trasformata in Commissione nazionale per il diritto di asilo, di seguito denominata «Commissione nazionale», nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri. La Commissione è presieduta da un prefetto ed è composta da un dirigente in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, da un funzionario della carriera diplomatica, da un funzionario della carriera prefettizia in servizio presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione e da un dirigente del Dipartimento della pubblica sicurezza. Alle riunioni partecipa un rappresentante del delegato in Italia dell'ACNUR. Ciascuna amministrazione designa, altresì, un supplente. La Commissione nazionale, ove necessario, può essere articolata in sezioni di analoga composizione.

 

2. La Commissione nazionale ha compiti di indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime commissioni, di raccolta di dati statistici oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli status concessi.

 

3. Con il regolamento di cui all'articolo 1-bis, comma 3, sono stabilite le modalità di funzionamento della Commissione nazionale e di quelle territoriali.

 

Art. 1-sexies. - (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) - 1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell'àmbito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter.

 

2. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, e nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 1, in misura non superiore all'80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale.

 

3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 2:

 

a) stabilisce le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca;

 

b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati;

 

c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, le modalità e la misura dell'erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell'àmbito dei servizi di accoglienza di cui al comma 1.

 

4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell'interno attiva, sentiti l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'ACNUR, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 1. Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all'ANCI.

 

5. Il servizio centrale di cui al comma 4 provvede a:

 

a) monitorare la presenza sul territorio dei richiedenti asilo, dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario;

 

b) creare una banca dati degli interventi realizzati a livello locale in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati;

 

c) favorire la diffusione delle informazioni sugli interventi;

 

d) fornire assistenza tecnica agli enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di cui al comma 1;

 

e) promuovere e attuare, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, programmi di rimpatrio attraverso l'Organizzazione internazionale per le migrazioni o altri organismi, nazionali o internazionali, a carattere umanitario.

 

6. Le spese di funzionamento e di gestione del servizio centrale sono finanziate nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies.

 

Art. 1-septies. - (Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo) - 1. Ai fini del finanziamento delle attività e degli interventi di cui all'articolo 1-sexies, presso il Ministero dell'interno, è istituito il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, la cui dotazione è costituita da:

 

a) le risorse iscritte nell'unità previsionale di base 4.1.2.5 "Immigrati, profughi e rifugiati" - capitolo 2359 - dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2002, già destinate agli interventi di cui all'articolo 1-sexies e corrispondenti a 5,16 milioni di euro;

 

b) le assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati, ivi comprese quelle già attribuite all'Italia per gli anni 2000, 2001 e 2002 ed in via di accreditamento al Fondo di rotazione del Ministero dell'economia e delle finanze;

 

c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da privati, enti o organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.

 

2. Le somme di cui al comma 1, lettere b) e c), sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al medesimo comma 1.

 

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

 

2. Per la costruzione di nuovi centri di identificazione è autorizzata la spesa nel limite massimo di 25,31 milioni di euro per l'anno 2003.

 

 

Art. 33

Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare.

1. Chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può denunciare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio mediante presentazione della dichiarazione di emersione nelle forme previste dal presente articolo. La dichiarazione di emersione è presentata dal richiedente, a proprie spese, agli uffici postali. Per quanto concerne la data, fa fede il timbro dell'ufficio postale accettante. La denuncia di cui al primo periodo del presente comma è limitata ad una unità per nucleo familiare, con riguardo al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

 

2. La dichiarazione di emersione contiene a pena di inammissibilità:

 

a) le generalità del datore di lavoro ed una dichiarazione attestante la cittadinanza italiana o, comunque, la regolarità della sua presenza in Italia;

 

b) l'indicazione delle generalità e della nazionalità dei lavoratori occupati;

 

c) l'indicazione della tipologia e delle modalità di impiego;

 

d) l'indicazione della retribuzione convenuta, in misura non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.

 

3. Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione di emersione sono allegati:

 

a) attestato di pagamento di un contributo forfettario, pari all'importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro dichiarato, senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penali ed interessi;

 

b) copia di impegno a stipulare con il prestatore d'opera, nei termini di cui al comma 5, il contratto di soggiorno previsto dall'articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall'articolo 6 della presente legge;

 

c) certificazione medica della patologia o handicap del componente la famiglia alla cui assistenza è destinato il lavoratore. Tale certificazione non è richiesta qualora il lavoratore extracomunitario sia adibito al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

 

4. Nei venti giorni successivi alla ricezione della dichiarazione di cui al comma 1, la prefettura - ufficio territoriale del Governo competente per territorio verifica l'ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e la questura accerta se sussistono motivi ostativi all'eventuale rilascio del permesso di soggiorno della durata di un anno, dandone comunicazione alla prefettura - ufficio territoriale del Governo, che assicura la tenuta di un registro informatizzato di coloro che hanno presentato la denuncia di cui al comma 1 e dei lavoratori extracomunitari cui è riferita la denuncia. È data facoltà all'INAIL di accedere al registro informatizzato (4).

 

5. Nei dieci giorni successivi alla comunicazione della mancanza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4, la prefettura - ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per stipulare il contratto di soggiorno nelle forme previste dalla presente legge e alle condizioni contenute nella dichiarazione di emersione e per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno, permanendo le condizioni soggettive di cui al comma 4. Il permesso di soggiorno è rinnovabile previo accertamento da parte dell'organo competente della prova della continuazione del rapporto e della regolarità della posizione contributiva previdenziale ed assistenziale del lavoratore extracomunitario interessato, salvo quanto previsto dall'articolo 5, commi 5 e 9, e dall'articolo 6, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. La mancata presentazione delle parti comporta l'archiviazione del relativo procedimento (5).

 

6. I soggetti di cui al comma 1, che inoltrano la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare ai sensi dei commi da 1 a 3, non sono punibili per le violazioni delle norme relative al soggiorno, al lavoro, di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale nonché per gli altri reati e le violazioni amministrative comunque afferenti all'occupazione dei lavoratori extracomunitari indicati nella dichiarazione di emersione, compiute antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge. Fino alla data del rilascio del permesso di soggiorno ovvero fino alla data della comunicazione della sussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno non si applica l'articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina con proprio decreto i parametri retributivi e le modalità di calcolo e di corresponsione delle somme di cui al comma 3, lettera a), nonché le modalità per la successiva imputazione delle stesse sia per fare fronte all'organizzazione e allo svolgimento dei compiti di cui al presente articolo, sia in relazione alla posizione contributiva previdenziale e assistenziale del lavoratore interessato in modo da garantire l'equilibrio finanziario delle relative gestioni previdenziali. Il Ministro, con proprio decreto, determina altresì le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi dovuti per i contributi previdenziali concernenti periodi denunciati antecedenti ai tre mesi di cui al comma 3 (6).

 

7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro che occupino prestatori d'opera extracomunitari: a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non può essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni. Le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato di cui all'articolo 3, comma 4, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998, come sostituito dall'art. 3, comma 2, della presente legge, sono decurtate dello stesso numero di permessi di soggiorno per lavoro, rilasciati a seguito di revoca di provvedimenti di espulsione ai sensi della presente lettera; b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato; c) che risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che i relativi procedimenti si siano conclusi con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo ha commesso ovvero nei casi di archiviazione previsti dall'articolo 411 del codice di procedura penale, ovvero risultino destinatari dell'applicazione di una misura di prevenzione, salvi in ogni caso gli effetti della riabilitazione. Le disposizioni del presente articolo non costituiscono impedimento all'espulsione degli stranieri che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato (7) (8).

 

8. Chiunque presenta una falsa dichiarazione di emersione ai sensi del comma 1, al fine di eludere le disposizioni in materia di immigrazione della presente legge, è punito con la reclusione da due a nove mesi, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

 

 

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(4)  Periodo aggiunto dall'art. 80, comma 12, L. 27 dicembre 2002, n. 289.

(5)  Comma così modificato prima dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dall'art. 1-quater, D.L. 14 settembre 2004, n. 241, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(6)  Comma così modificato dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 26 agosto 2002.

(7)  Comma così modificato dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. La Corte costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 2005, n. 78 (Gazz. Uff. 23 febbraio 2005, n. 8 - Prima Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità della lettera c) del presente comma, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l'arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza.

(8) La Corte costituzionale, con ordinanza 22 febbraio-3 marzo 2006, n. 86 (Gazz. Uff. 8 marzo 2006, n. 10, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 33, comma 7, lettera b), sollevate in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

 

 

Capo III

Disposizioni di coordinamento

 

Art. 34

Norme transitorie e finali.

1. Entro sei mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, all'emanazione delle norme di attuazione ed integrazione della presente legge, nonché alla revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. Con il medesimo regolamento sono definite le modalità di funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione previsto dalla presente legge; fino alla data di entrata in vigore del predetto regolamento le funzioni già esercitate in materia di immigrazione dalle direzioni provinciali del lavoro alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad essere svolte dalle direzioni medesime (9).

 

2. Entro quattro mesi dalla data della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale si procede, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, alla revisione ed integrazione delle disposizioni regolamentari vigenti sull'immigrazione, sulla condizione dello straniero e sul diritto di asilo, limitatamente alle seguenti finalità:

 

a) razionalizzare l'impiego della telematica nelle comunicazioni, nelle suddette materie, tra le amministrazioni pubbliche;

 

b) assicurare la massima interconnessione tra gli archivi già realizzati al riguardo o in via di realizzazione presso le amministrazioni pubbliche;

 

c) promuovere le opportune iniziative per la riorganizzazione degli archivi esistenti (10).

 

3. Il regolamento previsto dall'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 32, è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le disposizioni di cui agli articoli 31 e 32 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto regolamento; fino a tale data si applica la disciplina anteriormente vigente.

 

4. Fino al completamento di un adeguato programma di realizzazione di una rete di centri di permanenza temporanea e assistenza, accertato con decreto del Ministro dell'interno, sentito il Comitato di cui al comma 2 dell'articolo 2-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, il sindaco, in particolari situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento, nei centri di accoglienza di cui all'articolo 40 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e sul soggiorno nel territorio dello Stato, fatte salve le disposizioni sul loro allontanamento dal territorio medesimo.

 

 

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(9)  Comma così modificato dall'art. 2, D.L. 9 settembre 2002, n. 195, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In attuazione di quanto disposto dal presente comma è stato emanato il D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 (Gazz. Uff. 10 febbraio 2005, n. 33, S.O.) che apporta modifiche al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.

(10)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.P.R. 27 luglio 2004, n. 242.

 

 

Art. 35

Istituzione della Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere.

1. È istituita, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere con compiti di impulso e di coordinamento delle attività di polizia di frontiera e di contrasto dell'immigrazione clandestina, nonché delle attività demandate alle autorità di pubblica sicurezza in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri. Alla suddetta Direzione centrale è preposto un prefetto, nell'àmbito della dotazione organica esistente.

 

2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, la determinazione del numero e delle competenze degli uffici in cui si articola la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, nonché la determinazione delle piante organiche e dei mezzi a disposizione, sono effettuate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 5 della legge 1° aprile 1981, n. 121. Dall'istituzione della Direzione centrale, che si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti, non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

3. La denominazione della Direzione centrale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera h), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001, n. 398, è conseguentemente modificata in «Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato».

 

4. Eventuali integrazioni e modifiche delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono effettuate con la procedura di cui all'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

 

Art. 36

Esperti della Polizia di Stato.

1. Nell'àmbito delle strategie finalizzate alla prevenzione dell'immigrazione clandestina, il Ministero dell'interno, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, può inviare presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari funzionari della Polizia di Stato in qualità di esperti nominati secondo le procedure e le modalità previste dall'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. A tali fini il contingente previsto dal citato articolo 168 è aumentato sino ad un massimo di ulteriori undici unità, riservate agli esperti della Polizia di Stato, corrispondenti agli esperti nominati ai sensi del presente comma.

 

2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato nella misura di 778.817 euro per l'anno 2002 e di 1.557.633 euro annui a decorrere dall'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

 

Art. 37

Disposizioni relative al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

1. Al Comitato parlamentare istituito dall'articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, che assume la denominazione di «Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione» sono altresì attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, nonché degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato riferisce annualmente alle Camere sulla propria attività.

 

 

Art. 38

Norma finanziaria.

1. Dall'applicazione degli articoli 2, 5, 17, 18, 19, 20, 25 e 34 non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

 

2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 30, comma 1, valutato in euro 1.515.758 per l'anno 2002, e in euro 3.031.517 per l'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

3. All'onere derivante dall'attuazione degli articoli 1, 12, comma 1, lettera c), 13 e 32, valutato in 25,91 milioni di euro per l'anno 2002, 130,65 milioni di euro per l'anno 2003, 125,62 milioni di euro per l'anno 2004 e 117,75 milioni di euro a decorrere dal 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


 

D.Lgs. 7 aprile 2003, n. 85.
Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in àmbito comunitario

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 2003, n. 93.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001, del Consiglio, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli stati membri che ricevono sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi;

 

Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2001, che ha delegato il Governo a recepire la citata direttiva 2001/55/CE, ed in particolare l'articolo 1 e l'allegato A;

 

Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 marzo 2003;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali;

 

Emana il seguente decreto legislativo:

 

Art. 1

Finalità.

1. Il presente decreto disciplina la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nei Paesi di origine secondo le indicazioni della direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001 del Consiglio dell'Unione europea, di seguito denominato Consiglio.

 

 

Art. 2

Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto s'intende per:

 

a) «protezione temporanea»: la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea che non possono rientrare nel loro Paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora sussista il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso;

 

b) «Convenzione di Ginevra»: la Convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

 

c) «sfollati»: i cittadini di Paesi terzi o apolidi che hanno forzatamente abbandonato il loro Paese o regione d'origine o che sono stati evacuati, in particolare in risposta all'appello di organizzazioni internazionali, ed il cui rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta momentaneamente impossibile in dipendenza della situazione nel Paese stesso, anche nell'àmbito d'applicazione dell'articolo 1A della Convenzione di Ginevra, ed in particolare le persone fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica ovvero le persone che siano soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani o siano state vittime di siffatte violazioni;

 

d) «afflusso massiccio»: l'arrivo nel territorio dell'Unione europea di un numero considerevole di sfollati, provenienti da un Paese determinato o da una zona geografica determinata, sia che il loro arrivo avvenga spontaneamente o sia agevolato, per esempio, mediante un programma di evacuazione;

 

e) «rifugiati»: i cittadini di Paesi terzi o apolidi ai sensi dell'articolo 1A della Convenzione di Ginevra;

 

f) «minori non accompagnati»: i cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio nazionale senza essere accompagnati da una persona adulta, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono stati abbandonati, una volta entrati nel territorio nazionale;

 

g) «richiedente il ricongiungimento»: un cittadino di un Paese estraneo all'Unione europea che gode della protezione temporanea e che intende ricongiungersi ai suoi familiari;

 

h) «decisione del Consiglio europeo»: la decisione del Consiglio presa ai sensi degli articoli 5 e 6 della direttiva 2001/55/CE del 20 luglio 2001 che accerta l'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati ovvero dichiara la sopravvenuta possibilità di rimpatrio.

 

 

Art. 3

Misure di protezione temporanea.

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato ai sensi dell'articolo 20 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato: «testo unico», sono stabilite, nei limiti delle risorse di cui all'articolo 12, le misure di protezione temporanea per fronteggiare l'afflusso massiccio di sfollati accertato con decisione del Consiglio, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2001/55/CE per la durata massima di un anno, prorogabile, con decisione del Consiglio, una sola volta per un pari periodo e nei limiti previsti dalla dichiarazione di disponibilità a ricevere sfollati rilasciata al Consiglio dal Governo italiano.

 

2. La protezione temporanea cessa alla scadenza del termine deliberato dal Consiglio ovvero in qualsiasi momento per effetto di decisione del medesimo Consiglio.

 

 

Art. 4

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

1. Il decreto di cui all'articolo 3, comma 1, stabilisce:

 

a) la data di decorrenza della protezione temporanea;

 

b) le categorie di sfollati ammessi alla protezione temporanea;

 

c) la disponibilità ricettiva per l'accoglienza degli sfollati;

 

d) le procedure, con le relative agevolazioni, per il rilascio agli sfollati individuati dalla lettera b), degli eventuali visti per l'ingresso nel territorio nazionale;

 

e) le procedure per il rilascio agli sfollati individuati dalla lettera b), del permesso di soggiorno esteso allo studio e al lavoro, quelle relative alla disciplina degli eventuali ricongiungimenti familiari e alla registrazione dei dati personali degli sfollati. Del numero dei permessi di soggiorno rilasciati si tiene conto nell'adozione del decreto di programmazione annuale ai sensi di quanto disposto all'articolo 3, comma 4, del testo unico;

 

f) il punto di contatto nazionale per la cooperazione amministrativa con gli altri Stati membri dell'Unione europea ai fini dell'attuazione della protezione temporanea e dell'interscambio di dati di cui al presente decreto;

 

g) le misure assistenziali, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, anche mediante il coinvolgimento delle associazioni ed enti di volontariato, comprese quelle per l'alloggio, l'assistenza sociale, per le cure mediche, per il sostentamento e l'accesso al sistema educativo per i minori alla pari con i cittadini italiani, nonché per l'accesso alla formazione professionale o a tirocini nelle imprese. Misure specifiche assistenziali sono stabilite per le categorie di persone con bisogni particolari, quali i minori non accompagnati e le persone che abbiano subito torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale;

 

h) gli interventi, anche con la collaborazione di associazioni od organizzazioni internazionali o intergovernative, per consentire il rimpatrio volontario;

 

i) gli altri interventi necessari per l'attuazione della decisione del Consiglio, compresi quelli relativi al trasferimento della persona protetta temporaneamente fra Stati membri e quelli inerenti la cooperazione amministrativa di cui alla lettera f);

 

l) le procedure da attuarsi nel caso di presentazione di una domanda di asilo da parte di una persona temporaneamente protetta.

 

2. Nei confronti dei minori non accompagnati si applicano le norme di cui all'articolo 33 del testo unico.

 

 

Art. 5

Casi di esclusione.

1. Gli sfollati possono essere esclusi dalle misure di protezione temporanea quando sussistano gravi motivi per ritenere che abbiano commesso:

 

a) un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità così come definiti dagli strumenti internazionali elaborati per stabilire disposizioni riguardo a tali crimini, così come recepiti dall'ordinamento interno;

 

b) un reato grave, di natura non politica, al di fuori del territorio nazionale e prima dell'ammissione alle procedure di protezione temporanea. La valutazione della gravità del reato deve tenere conto della gravità del pericolo cui andrebbe incontro lo straniero in caso di rimpatrio. Le condotte connotate di particolare crudeltà, anche se attuate con finalità politica, sono considerate di natura non politica;

 

c) atti contrari ai princìpi e alle finalità delle Nazioni Unite.

 

2. Sono esclusi dalle misure di protezione temporanea gli sfollati che abbiano riportato condanna, con sentenza passata in giudicato, anche nei casi di applicazione di pena a richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite ovvero per motivi di ordine o sicurezza pubblica.

 

3. Le decisioni di esclusione dalla protezione temporanea sono adottate esclusivamente in base al comportamento personale dell'interessato e sul principio di proporzionalità.

 

4. Gli sfollati esclusi dalle misure di protezione temporanea sono allontanati dal territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13 del testo unico.

 

 

Art. 6

Ricongiungimento familiare.

1. Il ricongiungimento familiare nei confronti della persona ammessa alla protezione temporanea ai sensi del presente decreto può essere richiesto per:

 

a) il coniuge non legalmente separato;

 

b) i figli minori a carico anche adottivi, ed anche del solo coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati. I minori in affidamento o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a diciotto anni;

 

c) i genitori della persona ammessa alla protezione temporanea che vivevano insieme come parte del nucleo familiare nel periodo in cui gli eventi hanno determinato il forzato abbandono e che erano totalmente o parzialmente a carico del richiedente il ricongiungimento in tale periodo, qualora non abbiano altri figli nel Paese d'origine o di provenienza, ovvero i genitori ultrasessantacinquenni conviventi nel medesimo periodo e a carico, anche parzialmente, degli stessi richiedenti, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute;

 

d) i figli maggiorenni della persona ammessa alla protezione temporanea che vivevano insieme come parte del nucleo familiare nel periodo in cui gli eventi hanno determinato il forzato abbandono e che erano totalmente o parzialmente a carico del richiedente il ricongiungimento in tale periodo, qualora non possano per ragioni oggettive provvedere al proprio sostentamento a causa del loro stato di salute che comporti invalidità totale.

 

2. I ricongiungimenti nei confronti delle persone indicate alla lettera c) del comma 1 possono essere disposti solo nei confronti di coloro che risultino soggiornanti fuori del territorio degli Stati membri dell'Unione europea.

 

3. Ai familiari ricongiunti è rilasciato un permesso di soggiorno per protezione temporanea di durata pari a quella del familiare che ha chiesto il ricongiungimento.

 

4. I trasferimenti da o verso uno Stato membro dell'Unione europea non possono essere effettuati senza il consenso degli interessati.

 

 

Art. 7

Istanze di asilo.

1. L'ammissione alle misure di protezione temporanea non preclude la presentazione dell'istanza per il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra. Il decreto di cui all'articolo 3, comma 1, stabilisce i tempi dell'esame delle domande per il riconoscimento dello status di rifugiato presentate da persone che beneficiano della protezione temporanea, con riferimento all'eventuale rinvio dell'esame e della decisione sull'istanza al termine della protezione temporanea.

 

2. Qualora l'esame delle domande per il riconoscimento dello status di rifugiato non sia stato differito ai sensi del comma 1, il richiedente lo status di rifugiato potrà beneficiare del regime di protezione temporanea solo se presenti rinuncia alla istanza di riconoscimento dello status di rifugiato e o se la medesima istanza ha avuto un esito finale negativo.

 

3. Qualora l'esame delle domande per il riconoscimento dello status di rifugiato sia stato differito ai sensi del comma 1, il decreto di cui all'articolo 3, comma 2, stabilisce le modalità del soggiorno in attesa della decisione per le persone che hanno goduto della protezione temporanea e che hanno presentato una domanda di asilo.

 

 

Art. 8

Informazioni.

1. Alla persona che gode della protezione temporanea viene consegnato un documento redatto in una lingua che è presumibile che essa conosca o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo che illustra i suoi diritti, i suoi doveri e le norme inerenti alla protezione temporanea.

 

2. Le persone che godono della protezione temporanea e che, nell'àmbito della collaborazione amministrativa con gli altri Stati membri, vengono trasferite da uno Stato membro all'altro o chiedono ed ottengano il trasferimento vengono fornite di un lasciapassare conforme al modello di cui all'allegato I.

 

 

Art. 9

Ricorsi.

1. Avverso i provvedimenti di diniego della protezione temporanea e gli altri provvedimenti connessi al presente decreto si osservano le norme dell'articolo 6, comma 10, del testo unico , ad eccezione dei ricorsi fondati su norme contenute nell'articolo 6 del presente decreto per i quali si osservano le norme di cui all'articolo 30, comma 6, del testo unico.

 

2. I provvedimenti di diniego della protezione temporanea e tutti gli altri provvedimenti di rigetto di istanze della persona protetta temporaneamente sono motivati e recano l'indicazione dell'autorità presso la quale è possibile ricorrere e dei relativi termini di presentazione del ricorso.

 

 

Art. 10

Divieto di allontanamento.

1. Le persone che godono della protezione temporanea, salvo accordi bilaterali con un altro Stato membro, ovvero in caso di trasferimento volontario tra Stati membri, ovvero previa autorizzazione dell'Autorità che ha rilasciato il permesso di soggiorno, non possono allontanarsi dal territorio nazionale. La persona che gode della protezione temporanea accordata da un altro Stato membro che entri illegalmente nel territorio nazionale è allontanata verso quest'ultimo.

 

 

Art. 11

Rimpatri.

1. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 2, sono stabilite:

 

a) le modalità per il rimpatrio volontario o assistito da attuare anche con la collaborazione di associazioni od organizzazioni nazionali, internazionali od intergovernative;

 

b) le modalità per attuare il rimpatrio forzoso, da attuarsi in modo rispettoso della dignità umana;

 

c) le modalità per la temporanea permanenza sul territorio nazionale delle persone che per gravi motivi di salute o per impellenti ragioni umanitarie non sono in grado di rientrare nel Paese di provenienza alla scadenza del regime di protezione temporanea;

 

d) le modalità per la temporanea permanenza sul territorio nazionale per coloro nella cui famiglia vi siano minori che frequentino corsi scolastici fino al termine dell'anno scolastico in corso.

 

 

Art. 12

Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dall'attuazione del presente decreto, valutato in 35 milioni di euro per l'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

 

2. Le somme non utilizzate entro il 31 dicembre 2004 vengono riversate dal Ministero dell'interno al Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della citata legge n. 183 del 1987.

 

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio in applicazione del presente articolo.

 

 

Art. 13

Norme finali.

1. Per tutto quanto non previsto dal presente decreto, si applicano le disposizioni del testo unico, e successive modificazioni.

 

2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.


 

D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303.
Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 299.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

 

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

 

Visto l'articolo 1-bis, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall'articolo 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189, che dispone l'emanazione di apposito regolamento per l'attuazione della medesima norma e dei successivi articoli 1-quater, comma 1, e 1-quinquies, comma 3;

 

Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, espresso nella seduta del 10 dicembre 2003;

 

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nelle adunanze del 26 gennaio 2004 e del 19 aprile 2004;

 

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 9 luglio 2004;

 

Sulla proposta del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'interno e del Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione, di concerto con i Ministri degli affari esteri e del lavoro e delle politiche sociali;

 

Emana il seguente regolamento:

 

 

Art. 1

Definizioni.

1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

 

a) «testo unico»: il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

b) «decreto»: il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e successive modificazioni;

 

c) «richiedente asilo»: lo straniero richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, e modificata dal Protocollo di New York del 3l gennaio 1967;

 

d) «domanda di asilo»: la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della citata Convenzione di Ginevra;

e) «centri»: i centri di identificazione istituiti ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 3, del predetto decreto-legge;

 

f) «Commissione territoriale»: la Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

g) «Commissione nazionale»: la Commissione nazionale per il diritto di asilo;

 

h) «Procedura semplificata»: la procedura prevista dall'articolo 1-ter del citato decreto-legge;

 

i) «ACNUR»: l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati;

 

l) «minore non accompagnato»: il minore degli anni 18, apolide o di cittadinanza di Stati estranei all'Unione europea, che si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza legale.

 

 

Art. 2

Istruttoria della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.

1. L'ufficio di polizia di frontiera che riceve la domanda d'asilo prende nota delle generalità fornite dal richiedente asilo, lo invita ad eleggere domicilio e, purché non sussistano motivi ostativi, lo autorizza a recarsi presso la questura competente per territorio, alla quale trasmette, anche in via informatica, la domanda redatta su moduli prestampati. Ove l'ufficio di polizia di frontiera non sia presente nel luogo di ingresso sul territorio nazionale, si intende per tale l'ufficio di questura territorialmente competente. Alle operazioni prende parte, ove possibile, un interprete della lingua del richiedente. Nei casi in cui il richiedente è una donna, alle operazioni partecipa personale femminile.

 

2. La questura, ricevuta la domanda di asilo, che non ritenga irricevibile ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto, redige un verbale delle dichiarazioni del richiedente, su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione eventualmente presentata o acquisita d'ufficio. Del verbale sottoscritto e della documentazione allegata è rilasciata copia al richiedente.

 

3. Salvo quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 5, del decreto, la questura avvia le procedure sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri dell'Unione europea.

 

4. Il questore, quando ricorrono le ipotesi previste dall'articolo 1-bis del decreto, dispone l'invio del richiedente asilo nel centro di identificazione ovvero, unicamente quando ricorre l'ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 2, lettera b), del decreto, nel centro di permanenza temporanea e assistenza. Negli altri casi rilascia un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione territoriale.

 

5. Qualora la richiesta di asilo sia presentata da un minore non accompagnato, l'autorità che la riceve sospende il procedimento, dà immediata comunicazione della richiesta al Tribunale per i minorenni territorialmente competente ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 346 e seguenti del codice civile, nonché di quelli relativi all'accoglienza del minore e informa il Comitato per i minori stranieri presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il tutore, così nominato, conferma la domanda di asilo e prende immediato contatto con la competente questura per la riattivazione del procedimento. In attesa della nomina del tutore, l'assistenza e accoglienza del minore sono assicurate dalla pubblica autorità del Comune ove si trova. I minori non accompagnati non possono in alcun caso essere trattenuti presso i centri di identificazione o di permanenza temporanea.

 

6. La questura consegna al richiedente asilo un opuscolo redatto dalla Commissione nazionale secondo le modalità di cui all'articolo 4, in cui sono spiegati:

 

a) le fasi della procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

b) i principali diritti e doveri del richiedente asilo durante la sua permanenza in Italia;

 

c) le prestazioni sanitarie e di accoglienza per il richiedente asilo e le modalità per richiederle;

 

d) l'indirizzo ed il recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo;

 

e) le modalità di iscrizione del minore alla scuola dell'obbligo, l'accesso ai servizi finalizzati all'accoglienza del richiedente asilo, sprovvisto di mezzi di sostentamento, erogati dall'ente locale, le modalità di acceso ai corsi di formazione e riqualificazione professionale, la cui durata non può essere superiore alla durata della validità del permesso di soggiorno.

 

 

Art. 3

Trattenimento del richiedente asilo.

1. Il provvedimento con il quale il questore dispone l'invio del richiedente asilo nei centri di identificazione è sinteticamente comunicato all'interessato secondo le modalità di cui all'articolo 4. Nelle ipotesi di trattenimento, previste dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto, il provvedimento stabilisce il periodo massimo di permanenza nel centro del richiedente asilo, in ogni caso non superiore a venti giorni.

 

2. Al richiedente asilo inviato nel centro è rilasciato, a cura della questura, un attestato nominativo che certifica la sua qualità di richiedente lo status di rifugiato presente nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea e assistenza.

 

3. Con la comunicazione di cui al comma 1, il richiedente asilo è altresì informato:

 

a) della possibilità di contattare l'ACNUR in ogni fase della procedura;

 

b) della normativa del presente regolamento in materia di visite e di permanenza nel centro.

 

4. Allo scadere del periodo previsto per la procedura semplificata ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto e qualora la stessa non sia ancora conclusa, ovvero allo scadere del termine previsto al comma 1, o, comunque, cessata l'esigenza che ha imposto il trattenimento previsto dall'articolo 1-bis, comma 1, del decreto, al momento dell'uscita dal centro è rilasciato all'interessato un permesso di soggiorno valido per tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione territoriale.

 

 

Art. 4

Comunicazioni.

1. Le comunicazioni al richiedente asilo concernenti il procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato sono rese in lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile, in lingua inglese, francese, spagnola o araba, secondo la preferenza indicata dall'interessato.

 

 

Art. 5

Istituzione dei centri di identificazione.

1. Sono istituiti sette centri di identificazione nelle province individuate con decreto del Ministro dell'interno, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e le regioni e le province autonome interessate, che si esprimono entro trenta giorni.

 

2. Qualora ne ravvisi la necessità, il Ministro dell'interno, con proprio decreto, può disporre, anche temporaneamente, l'istituzione di nuovi centri o la chiusura di quelli esistenti, nel rispetto delle procedure di cui al comma 1.

 

3. Le strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, possono essere destinate alle finalità di cui al comma 1 mediante decreto del Ministro dell'interno.

 

 

Art. 6

Apprestamento dei centri di identificazione.

1. Per l'apprestamento dei centri di identificazione, il Ministero dell'interno può disporre, previa acquisizione di studi di fattibilità e progettazione tecnica:

 

a) acquisizioni in proprietà, anche tramite locazione finanziaria, nonché locazione di aree o edifici;

 

b) costruzione, allestimenti, riadattamenti e manutenzioni di edifici o aree;

 

c) posizionamento di padiglioni anche mobili ed ogni altro intervento necessario alla realizzazione di idonea struttura.

 

2. Nell'àmbito del centro sono previsti idonei locali per l'attività della Commissione territoriale di cui all'articolo 12, nonché per le visite ai richiedenti asilo, per lo svolgimento di attività ricreative o di studio e per il culto.

 

 

Art. 7

Convenzione per la gestione del centro.

1. Il prefetto della provincia in cui è istituito il centro può affidarne la gestione, attraverso apposite convenzioni, ad enti locali, ad enti pubblici o privati che operino nel settore dell'assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati, ovvero nel settore dell'assistenza sociale.

 

2. In particolare, nella convenzione è previsto:

 

a) l'individuazione del direttore del centro, da scegliere tra personale in possesso di diploma di assistente sociale, rilasciato dalle scuole dirette a fini speciali, o diploma universitario di assistente sociale unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione, con esperienza lavorativa di almeno un quinquennio nel settore dell'assistenza agli immigrati o nell'assistenza sociale; laurea in servizio sociale, unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione; laurea specialistica in scienze del servizio sociale unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione; laurea in psicologia unitamente all'abilitazione per l'esercizio della professione e con esperienza lavorativa per almeno un biennio nel settore dell'assistenza agli immigrati o nell'assistenza sociale;

 

b) il numero delle persone necessarie, in via ordinaria, alla gestione del centro, forniti di capacità adeguate alle caratteristiche e alle esigenze dei richiedenti asilo, nonché alle necessità specifiche dei minori e delle donne;

 

c) le modalità di svolgimento del servizio di ricezione dei richiedenti asilo da ospitare nel centro e di registrazione delle presenze;

 

d) un costante servizio di vigilanza e la presenza anche durante l'orario notturno e festivo del personale ritenuto necessario per il funzionamento del centro;

 

e) un servizio di interpretariato, per almeno quattro ore giornaliere, per le esigenze connesse al procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato ed in relazione ai bisogni fondamentali degli ospiti del centro;

 

f) un servizio di informazione legale in materia di riconoscimento dello status di rifugiato;

 

g) modalità per la comunicazione delle presenze giornaliere e degli eventuali allontanamenti non autorizzati alla prefettura - Ufficio territoriale del Governo, al Ministero dell'interno e alla Commissione territoriale;

 

h) l'obbligo di riservatezza per il personale del centro sui dati e le informazioni riguardanti i richiedenti asilo presenti nel centro anche dopo che gli stessi abbiano lasciato il centro;

 

i) le attività ed i servizi per garantire il rispetto della dignità ed il diritto alla riservatezza dei richiedenti asilo nell'àmbito del centro.

 

3. La prefettura - Ufficio territoriale del Governo dispone i necessari controlli su amministrazione e gestione del centro e trasmette al Ministero dell'interno, alla regione, alla provincia ed al comune, rispettivamente competenti, entro il mese di marzo di ciascun anno, una relazione sull'attività effettuata nel centro l'anno precedente.

 

 

Art. 8

Funzionamento.

1. Nel rispetto delle direttive impartite dalla prefettura - Ufficio territoriale del Governo, il direttore del centro di cui all'articolo 7, comma 2, lettera a) predispone servizi al fine di assicurare una qualità di vita che garantisca dignità e salute dei richiedenti asilo, tenendo conto delle necessità dei nuclei familiari, composti dai coniugi e dai parenti entro il primo grado, e delle persone portatrici di particolari esigenze, quali minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone che sono state soggette nel paese di origine a discriminazioni, abusi e sfruttamento sessuale. Ove possibile, dispone, sentito il questore, il ricovero in apposite strutture esterne dei disabili e delle donne in stato di gravidanza.

 

2. Il direttore del centro provvede a regolare lo svolgimento delle attività per assicurare l'ordinata convivenza e la migliore fruizione dei servizi da parte dei richiedenti asilo.

 

3. Il prefetto adotta le disposizioni relative alle modalità e agli orari delle visite ai richiedenti asilo e quelle relative alle autorizzazioni all'allontanamento dal centro, prevedendo:

 

a) un orario per le visite articolato giornalmente su quattro ore, nel rispetto di una ordinata convivenza;

 

b) visite da parte dei rappresentanti dell'ACNUR e degli avvocati dei richiedenti asilo;

 

c) visite di rappresentanti di organismi e di enti di tutela dei rifugiati autorizzati dal Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 11;

 

d) visite di familiari o di cittadini italiani per i quali vi è una richiesta da parte del richiedente asilo, previa autorizzazione della prefettura - Ufficio territoriale del Governo.

 

 

Art. 9

Modalità di permanenza nel centro.

1. È garantita, salvo il caso di nuclei familiari, la separazione fra uomini e donne durante le ore notturne.

 

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 4, del decreto, è consentita, purché compatibile con l'ordinario svolgimento della procedura semplificata e previa comunicazione al direttore del centro, l'uscita dal centro dalle ore otto alle ore venti, nei confronti dei richiedenti asilo che non versino nelle ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera a), del decreto. Il competente funzionario prefettizio può rilasciare al richiedente asilo, anche nelle ipotesi di cui all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), e comma 2, lettera a), del decreto, permessi temporanei di allontanamento per un periodo di tempo diverso o superiore a quello indicato, secondo le disposizioni stabilite ai sensi dell'articolo 8, comma 3, per rilevanti e comprovati motivi personali, di salute o di famiglia o per comprovati motivi attinenti all'esame della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. L'allontanamento deve, comunque, essere compatibile con i tempi della procedura semplificata. Il diniego è motivato e comunicato all'interessato secondo le modalità di cui all'articolo 4.

 

3. All'ingresso nel centro è consegnato al richiedente asilo un opuscolo informativo, redatto secondo le modalità di cui all'articolo 4, in cui sono sinteticamente indicate le regole di convivenza e le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 3, unitamente all'indicazione dei tempi della procedura semplificata di cui all'articolo 1-ter del decreto e alle conseguenze che l'articolo 1-ter, comma 4, del decreto stesso prevede in caso di allontanamento non autorizzato dal centro.

 

4. Le informazioni di cui al comma 3 possono essere richieste anche agli interpreti presenti nel centro.

 

 

Art. 10

Assistenza medica.

1. Il richiedente asilo, presente nel centro, ha diritto alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative per malattia o infortunio, erogate dal Servizio sanitario ai sensi dell'articolo 35, comma 3, del testo unico in base a convenzioni stipulate, ove possibile, dal Ministero dell'interno.

 

2. Servizi di prima assistenza medico generica, per almeno quattro ore giornaliere, sono attivati nei centri in cui siano presenti oltre 100 richiedenti asilo.

 

 

Art. 11

Associazioni ed enti di tutela.

1. I rappresentanti delle associazioni e degli enti di tutela dei rifugiati, purché forniti di esperienza, dimostrata e maturata in Italia per almeno tre anni nel settore, possono essere autorizzati dal prefetto della provincia in cui è istituito il centro all'ingresso nei locali adibiti alle visite, realizzati nei centri di identificazione, durante l'orario stabilito. Il prefetto concede l'autorizzazione che contiene l'invito a tenere conto della tutela della riservatezza e della sicurezza dei richiedenti asilo.

 

2. Gli enti locali ed il servizio centrale di cui all'articolo 1-sexies, comma 4, del decreto possono attivare nei centri, previa comunicazione al prefetto, che può negare l'accesso per motivate ragioni, servizi di insegnamento della lingua italiana, di informazione ed assistenza legale, di sostegno socio-psicologico nonché di informazione su programmi di rimpatrio volontario, nell'àmbito delle attività svolte ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto.

 

 

Art. 12

Individuazione delle Commissioni territoriali.

1. Ai sensi dell'art. 1-quater del decreto, le Commissioni territoriali sono istituite presso le seguenti prefetture - Uffici territoriali del Governo:

 

Gorizia con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino-Alto Adige;

 

Milano con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Lombardia, Valle d'Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna;

 

Roma con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni: Lazio, Campania, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Marche, Umbria;

 

Foggia con competenza a conoscere delle domande presentate nella Regione Puglia;

 

Siracusa con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Province di Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Catania;

 

Crotone con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Regioni Calabria, Basilicata;

 

Trapani con competenza a conoscere delle domande presentate nelle Province di Agrigento, Trapani, Palermo, Messina, Enna.

 

2. Competente a conoscere delle domande presentate dai richiedenti asilo presenti nei centri di identificazione o nei centri di permanenza temporanea e assistenza è la Commissione territoriale nella cui circoscrizione territoriale è collocato il centro. Negli altri casi è competente la Commissione nella cui circoscrizione è presentata la domanda.

 

3. I membri della Commissione territoriale sono ammessi a seguire un apposito corso di preparazione all'attività, organizzato dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo.

 

4. Nella provincia in cui sono istituiti il centro di identificazione e la Commissione territoriale, il prefetto, ove ritenuto opportuno anche per la migliore razionalizzazione delle risorse, può destinare idonei locali del centro a sede degli uffici della Commissione territoriale (2).

 

 

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(2)  Vedi, anche, l'art. 13, O.P.C.M. 23 marzo 2006, n. 3506.

 

 

Art. 13

Convocazione.

1. La convocazione per l'audizione presso la Commissione territoriale è comunicata all'interessato tramite la questura territorialmente competente. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1-ter, comma 4, del decreto, se non è stato possibile eseguire la notifica della convocazione nonostante nuove ricerche dell'interessato, particolarmente nel luogo del domicilio eletto e dell'ultima dimora, la Commissione, dopo aver accertato che il permesso di soggiorno rilasciato allo straniero per richiesta asilo è scaduto e l'interessato non ne ha richiesto il rinnovo, decide in ordine alla domanda di asilo anche in assenza dell'audizione individuale, sulla base della documentazione disponibile.

 

2. L'audizione può essere rinviata qualora le condizioni di salute del richiedente asilo, adeguatamente certificate, non la rendano possibile ovvero qualora l'interessato richieda ed ottenga il rinvio per gravi e fondati motivi. La mancata presentazione all'audizione individuale non impedisce la decisione della Commissione territoriale sulla domanda d'asilo.

 

 

Art. 14

Audizione.

1. La Commissione territoriale in seduta non pubblica procede all'audizione del richiedente asilo. Dell'audizione viene redatto verbale e ne viene consegnata copia allo straniero unitamente a copia della documentazione da lui prodotta.

 

2. Il richiedente può esprimersi nella propria lingua o in una lingua a lui nota. Se necessario la Commissione nomina un interprete.

 

3. La Commissione territoriale adotta le idonee misure per garantire la riservatezza dei dati che riguardano l'identità e le dichiarazioni dei richiedenti lo status di rifugiato, nonché le condizioni dei soggetti di cui all'articolo 8, comma 1. Il richiedente asilo ha facoltà di farsi assistere da un avvocato.

 

4. L'audizione dei minori richiedenti asilo non accompagnati viene disposta dalla Commissione territoriale alla presenza della persona che esercita la potestà sul minore. In ogni caso l'audizione del minore avviene alla presenza del genitore o del tutore e può essere esclusa nei casi in cui la Commissione ritenga di aver acquisito sufficienti elementi per una decisione positiva.

 

5. Il richiedente asilo può inviare alla competente Commissione territoriale ed alla Commissione nazionale per il diritto di asilo memorie e documentazione in ogni fase del procedimento.

 

 

Art. 15

Decisione.

1. La Commissione territoriale è validamente costituita con la presenza di tutti i componenti previsti dall'articolo 1-quater del decreto e delibera a maggioranza.

 

2. La Commissione territoriale, entro i tre giorni feriali successivi alla data dell'audizione, adotta, con atto scritto e motivato, una delle seguenti decisioni:

 

a) riconosce lo status di rifugiato al richiedente in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;

 

b) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra;

 

c) rigetta la domanda qualora il richiedente non sia in possesso dei requisiti previsti dalla Convenzione di Ginevra ma, valutate le conseguenze di un rimpatrio alla luce degli obblighi derivanti dalle Convenzioni internazionali delle quali l'Italia è firmataria e, in particolare, dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, chiede al questore l'applicazione dell'articolo 5, comma 6, del testo unico.

 

3. La decisione è comunicata al richiedente unitamente alle informazioni sulle modalità di impugnazione nonché, per le ipotesi di cui all'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, sulla possibilità di chiedere il riesame e l'autorizzazione al prefetto a permanere sul territorio nazionale.

 

4. Allo straniero al quale sia stato riconosciuto lo status di rifugiato la Commissione territoriale rilascia apposito certificato sulla base del modello stabilito dalla Commissione nazionale.

 

5. Lo straniero al quale non sia stato riconosciuto lo status di rifugiato è tenuto a lasciare il territorio dello Stato, salvo che gli sia stato concesso un permesso di soggiorno ad altro titolo. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, il questore provvede, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del testo unico, nei confronti dello straniero già trattenuto nel centro di identificazione ovvero di permanenza temporanea e assistenza e, ai sensi dell'articolo 13, comma 5, del testo unico, nei confronti dello straniero cui era stato rilasciato il permesso di soggiorno per richiesta di asilo.

 

 

Art. 16

Riesame.

1. Il richiedente trattenuto presso uno dei centri di identificazione, di cui all'articolo 1-bis, comma 3, del decreto, può presentare, entro cinque giorni dalla decisione che rigetta la domanda, ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, richiesta di riesame al Presidente della Commissione territoriale. In attesa della decisione sul riesame l'interessato permane nel centro di identificazione.

 

2. La richiesta di riesame ha ad oggetto elementi sopravvenuti ovvero preesistenti, non adeguatamente valutati in prima istanza, che siano determinanti al fine del riconoscimento dello status di rifugiato.

 

3. Entro tre giorni dalla data di presentazione della richiesta di riesame, il Presidente della Commissione territoriale chiede al Presidente della Commissione nazionale di provvedere all'integrazione della Commissione territoriale con un componente della Commissione nazionale.

 

4. La Commissione territoriale integrata può procedere ad una nuova audizione dell'interessato, ove richiesto dallo stesso o dal componente della Commissione nazionale. La Commissione decide con provvedimento motivato, comunicato all'interessato nelle quarantotto ore successive e contro cui è ammesso ricorso, nei quindici giorni successivi alla comunicazione, al tribunale territorialmente competente, che decide in composizione monocratica.

 

 

Art. 17

Autorizzazione a permanere sul territorio nazionale in pendenza di ricorso giurisdizionale.

1. Il richiedente asilo che ha presentato ricorso al tribunale può chiedere al prefetto, competente ad adottare il provvedimento di espulsione, di essere autorizzato, ai sensi dell'articolo 1-ter, comma 6, del decreto, a permanere sul territorio nazionale fino alla data di decisione del ricorso. In tal caso il richiedente è trattenuto nel centro di permanenza temporanea ed assistenza, secondo le disposizioni di cui all'articolo 14 del testo unico.

 

2. La richiesta dell'autorizzazione a permanere deve essere presentata per iscritto ed adeguatamente motivata in relazione a fatti sopravvenuti, che comportino gravi e comprovati rischi per l'incolumità o la libertà personale, successivi alla decisione della Commissione territoriale ed a gravi motivi personali o di salute che richiedono la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato. L'autorizzazione è concessa qualora sussista l'interesse a permanere sul territorio dello Stato ed il prefetto non rilevi il concreto pericolo che il periodo d'attesa della decisione del ricorso possa essere utilizzato dallo straniero per sottrarsi all'esecuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale.

 

3. La decisione del prefetto è adottata entro cinque giorni dalla presentazione in forma scritta e motivata ed è comunicata all'interessato nelle forme di cui all'articolo 4. In caso di accoglimento, il prefetto definisce con il provvedimento le modalità di permanenza sul territorio, anche disponendo il trattenimento dello straniero in un centro di identificazione o di accoglienza ed assistenza.

 

4. In caso di autorizzazione a permanere sul territorio dello Stato, il questore rilascia un permesso di soggiorno di durata non superiore a sessanta giorni, rinnovabile nel caso che il prefetto ritenga che persistono le condizioni che hanno consentito l'autorizzazione a permanere sul territorio nazionale.

 

 

Art. 18

Commissione nazionale per il diritto di asilo.

1. La Commissione nazionale opera presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.

 

2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta congiunta dei Ministri dell'interno e degli affari esteri, provvede, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, alla nomina della Commissione nazionale ed alla sua eventuale articolazione in più Sezioni.

 

 

Art. 19

Funzioni della Commissione nazionale per il diritto d'asilo.

1. Ai sensi dell'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto, la Commissione nazionale, nell'àmbito delle funzioni attribuitele dalla legge provvede:

 

a) alla realizzazione di un centro di documentazione sulla situazione socio-politico-economica dei paesi di origine dei richiedenti asilo, sulla base delle informazioni raccolte e del suo continuo aggiornamento;

 

b) all'individuazione di linee guida per la valutazione delle domande di asilo, anche in relazione alla applicazione dell'articolo 5, comma 6, del testo unico;

 

c) alla collaborazione nelle materie di propria competenza con il Ministero degli affari esteri, ed in particolare con le Rappresentanze permanenti d'Italia presso le organizzazioni internazionali di rilievo nel settore dell'asilo e della protezione dei diritti umani;

 

d) alla collaborazione con gli analoghi organismi dei Paesi membri dell'Unione europea;

 

e) alla organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento per i componenti delle Commissioni territoriali;

 

f) alla costituzione e all'aggiornamento di una banca dati informatica contenente le informazioni utili al monitoraggio delle richieste d'asilo;

 

g) al monitoraggio dei flussi di richiedenti asilo, anche al fine di proporre, ove sia ritenuto necessario, l'istituzione di nuove Commissioni territoriali o di Commissioni territoriali straordinarie;

 

h) a fornire, ove necessario, informazioni al Presidente del Consiglio dei Ministri per l'eventuale adozione del provvedimento di cui all'articolo 20, comma 1, del testo unico.

 

 

Art. 20

Cessazioni e revoche dello status di rifugiato.

1. Ai sensi dell'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto, i casi di cessazione o revoca dello status di rifugiato, di cui all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra, debitamente istruiti dalle questure competenti per territorio, sono esaminati dalla Commissione nazionale.

 

2. La convocazione per l'audizione, ove ritenuta necessaria, deve essere notificata all'interessato tramite la questura competente per territorio. L'interessato può, per motivi di salute o per altri motivi debitamente certificati o documentati, chiedere di essere convocato in altra data; non può essere chiesto più di un rinvio. La Commissione decide entro trenta giorni dall'audizione.

 

3. La Commissione decide sulla base della documentazione in suo possesso nel caso in cui l'interessato non si presenti all'audizione senza avere presentato richiesta di rinvio.

 

 

Art. 21

Norma transitoria.

1. Le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato pendenti presso la Commissione centrale alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono decise, ai sensi dell'articolo 34, comma 3, della legge 30 luglio 2002, n. 189, secondo le norme del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 maggio 1990, n. 136, da una speciale sezione della Commissione nazionale, da istituire ai sensi dell'articolo 18, comma 2 (3).

 

2. Salvo quanto previsto dal comma 3, le disposizioni del presente regolamento hanno effetto a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento si provvede alla nomina dei componenti delle Commissioni territoriali, ai sensi dell'articolo 12, e della Commissione nazionale, ai sensi dell'articolo 18. La Commissione nazionale, nei trenta giorni successivi alla nomina, organizza, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera e), il primo corso di formazione per i componenti delle Commissioni territoriali e provvede, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, all'adozione delle linee guida di cui all'articolo 19, comma 1, lettera b).

 

 

 

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(3)  Vedi, anche, l'art. 13, O.P.C.M. 23 marzo 2006, n. 3506.

 

 


 

Legge 7 aprile 2005, n. 57.
Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004
(Artt. II-78, 79; III-257, III-265-268)

 

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 21 aprile 2005, n. 92, S.O.

(omissis)

Articolo II-78

Diritto di asilo.

Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma della Costituzione.

 

 

Articolo II-79

Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione.

1. Le espulsioni collettive sono vietate.

 

2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

(omissis)

TITOLO III

Politiche e azioni interne.

 

Capo IV - Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Sezione 1 - Disposizioni generali

 

Articolo III-257

1. L'Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti e tradizioni giuridici degli Stati membri.

 

2. Essa garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi. Ai fini del presente capo gli apolidi sono equiparati ai cittadini dei paesi terzi.

 

3. L'Unione si adopera per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di contrasto della criminalità, del razzismo e della xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché attraverso il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali.

 

4. L'Unione facilita l'accesso alla giustizia, in particolare attraverso il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali in materia civile.

(omissis)

TITOLO III

Politiche e azioni interne.

 

Capo IV - Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Sezione 2 - Politiche relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione

 

Articolo III-265

1. L'Unione sviluppa una politica volta a:

 

a) garantire che non vi siano controlli sulle persone, a prescindere dalla cittadinanza, all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne;

 

b) garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento delle frontiere esterne;

 

c) instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne.

 

2. Ai fini del paragrafo 1, la legge o legge quadro europea stabilisce le misure riguardanti:

 

a) la politica comune dei visti e di altri titoli di soggiorno di breve durata;

 

b) i controlli ai quali sono sottoposte le persone che attraversano le frontiere esterne;

 

c) le condizioni alle quali i cittadini dei paesi terzi possono circolare liberamente nell'Unione per un breve periodo;

 

d) qualsiasi misura necessaria per l'istituzione progressiva di un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne;

 

e) l'assenza di controllo sulle persone, a prescindere dalla cittadinanza, all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne.

 

3. Il presente articolo lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri riguardo alla delimitazione geografica delle rispettive frontiere, conformemente al diritto internazionale.

 

 

Articolo III-266

1. L'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti.

 

2. Ai fini del paragrafo 1, la legge o legge quadro europea stabilisce le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:

 

a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l'Unione;

 

b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell'asilo europeo, necessitano di protezione internazionale;

 

c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio;

 

d) procedure comuni per la concessione e la revoca dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria;

 

e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria;

 

f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria;

 

g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea.

 

3. Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare regolamenti o decisioni europei che comportano misure temporanee a beneficio dello o degli Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo.

 

 

 

Articolo III-267

1. L'Unione sviluppa una politica comune dell'immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

 

2. Ai fini del paragrafo 1, la legge o legge quadro europea stabilisce le misure nei seguenti settori:

 

a) condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare;

 

b) definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri;

 

c) immigrazione e soggiorno irregolari, compresi l'allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare;

 

d) lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare donne e minori.

 

3. L'Unione può concludere con i paesi terzi accordi ai fini della riammissione, nei paesi di origine o di provenienza, di cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni per l'ingresso, la presenza o il soggiorno nel territorio di uno degli Stati membri.

 

4. La legge o legge quadro europea può stabilire misure volte a incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri al fine di favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti nel loro territorio, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.

 

5. Il presente articolo non incide sul diritto degli Stati membri di determinare il volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi, provenienti da paesi terzi, allo scopo di cercarvi un lavoro subordinato o autonomo.

 

 

Articolo III-268

Le politiche dell'Unione di cui alla presente sezione e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in virtù della presente sezione contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale principio.

(omissis)

 


 

D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140.
Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri

 

 

(1)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 21 luglio 2005, n. 168.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

 

Vista la direttiva 2003/9/CE del 27 gennaio 2003 del Consiglio dell'Unione europea, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri;

 

Vista la legge 31 ottobre 2003, n. 306, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2003 che ha delegato il Governo a recepire la citata direttiva 2003/9/CE, compresa nell'elenco di cui all'allegato A della medesima legge;

 

Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, e successive modificazioni, nonché il relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;

 

Visto il decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, così come integrato e modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, recante il regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 maggio 2005;

 

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri degli affari esteri, del lavoro e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze;

 

 

Emana il seguente decreto legislativo:

 

Art. 1

Finalità.

1. Il presente decreto ha lo scopo di stabilire le norme relative all'accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato nel territorio nazionale.

 

2. Il presente decreto non si applica nell'ipotesi in cui sono operative le misure di protezione temporanea, disposte ai sensi del decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, recante attuazione della direttiva 2001/55/CE, relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in àmbito comunitario.

 

 

Art. 2

Definizioni.

1. Ai fini del presente decreto s'intende per:

 

a) «richiedente asilo»: lo straniero richiedente il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722;

 

b) «straniero»: il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea e l'apolide;

 

c) «domanda di asilo»: la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato presentata dallo straniero, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, resa esecutiva in Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722;

 

d) «Commissione territoriale»: la Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

e) «minore non accompagnato»: lo straniero di età inferiore agli anni diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale;

 

f) «familiare»: i soggetti per i quali è previsto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito denominato: «testo unico», che si trovano nel territorio nazionale al momento della presentazione della domanda di asilo.

 

 

Art. 3

Informazione.

1. La questura che riceve la domanda di asilo ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303, di seguito denominato: «regolamento» provvede, entro un termine non superiore a quindici giorni dalla presentazione, all'informazione sulle condizioni di accoglienza del richiedente asilo, con la consegna all'interessato dell'opuscolo di cui all'articolo 2, comma 6, del regolamento.

 

 

Art. 4

Documentazione.

1. Quando non è disposto il trattenimento del richiedente asilo, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, di seguito denominato: «decreto-legge», la questura rilascia, entro tre giorni dalla presentazione della domanda, al medesimo un attestato nominativo, che certifica la sua qualità di richiedente asilo, nonché, entro venti giorni dalla presentazione della domanda, il permesso di soggiorno per richiesta di asilo, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante regolamento di attuazione del testo unico.

 

2. Quando è disposto il trattenimento del richiedente asilo, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge, la questura rilascia al medesimo un attestato nominativo, che certifica la sua qualità di richiedente asilo presente nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea ed assistenza, di cui all'articolo 3, comma 2, del regolamento.

 

3. Le attestazioni di cui ai commi 1 e 2 non certificano l'identità del richiedente asilo.

 

 

Art. 5

Misure di accoglienza.

1. Il richiedente asilo inviato nel centro di identificazione ovvero nel centro di permanenza temporanea e assistenza ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge, ha accoglienza nelle strutture in cui è ospitato, per il tempo stabilito e secondo le disposizioni del regolamento.

 

2. Il richiedente asilo, cui è rilasciato il permesso di soggiorno, che risulta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per la salute e per il sostentamento proprio e dei propri familiari, ha accesso, con i suoi familiari, alle misure di accoglienza, secondo le norme del presente decreto.

 

3. La valutazione dell'insufficienza dei mezzi di sussistenza, di cui al comma 2, da riferirsi ad un periodo non superiore a sei mesi, è effettuata dalla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, in base ai criteri relativi al soggiorno per motivi di turismo, definiti dalla direttiva del Ministro dell'interno, di cui all'articolo 4, comma 3, del testo unico.

 

4. L'accesso alle misure di accoglienza di cui al comma 2 è garantito a condizione che il richiedente dimostri che ha presentato la domanda di asilo, entro il termine previsto dall'articolo 5, comma 2, del testo unico, decorrente dall'ingresso nel territorio nazionale. Nel caso in cui il richiedente sia soggiornante legalmente nel territorio nazionale ad altro titolo, il suddetto termine decorre dal verificarsi dei motivi di persecuzione addotti nella domanda.

 

5. L'accesso alle misure di accoglienza è disposto dal momento della presentazione della domanda di asilo. Eventuali interventi assistenziali e di soccorso, precedenti alla presentazione della domanda di asilo, sono attuati a norma delle disposizioni del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e del relativo regolamento di attuazione, adottato con decreto ministeriale 2 gennaio 1996, n. 233 del Ministro dell'interno.

 

6. Le misure di accoglienza hanno termine al momento della comunicazione della decisione sulla domanda di asilo, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del regolamento.

 

7. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 17 del regolamento, in caso di ricorso giurisdizionale avverso la decisione di rigetto della domanda d'asilo, il ricorrente autorizzato a soggiornare sul territorio nazionale ha accesso all'accoglienza solo per il periodo in cui non gli è consentito il lavoro, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, ovvero nel caso in cui le condizioni fisiche non gli consentano il lavoro.

 

 

Art. 6

Accesso all'accoglienza.

1. Nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 2, il richiedente asilo, ai fini dell'accesso alle misure di accoglienza per sé e per i propri familiari, redige apposita richiesta, previa dichiarazione, al momento della presentazione della domanda, di essere privo di mezzi sufficienti di sussistenza.

 

2. La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, cui viene trasmessa, da parte della questura, la documentazione di cui al comma 1, valutata, l'insufficienza dei mezzi di sussistenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, accerta, secondo le modalità stabilite con provvedimento del Capo del Dipartimento per libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, la disponibilità di posti all'interno del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge.

 

3. In caso d'indisponibilità nelle strutture di cui al comma 2, l'accoglienza è disposta nei centri d'identificazione ovvero nelle strutture allestite ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, per il tempo strettamente necessario all'individuazione del centro di cui al citato comma. In tale ipotesi, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, comma 2, del regolamento.

 

4. La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo provvede all'invio del richiedente nella struttura individuata, anche avvalendosi dei mezzi di trasporto messi a disposizione dal centro stesso. Gli oneri conseguenti sono a carico della Prefettura.

 

5. L'accoglienza è disposta nella struttura individuata ed è subordinata all'effettiva residenza del richiedente in quella struttura, salvo il trasferimento in altro centro, che può essere disposto, per motivate ragioni, dalla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo in cui ha sede la struttura di accoglienza che ospita il richiedente.

 

6. L'indirizzo della struttura di accoglienza, è comunicato, a cura della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, alla Questura, nonché alla Commissione territoriale e costituisce il luogo di residenza del richiedente, valevole agli effetti della notifica e della comunicazione degli atti relativi al procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato, nonché alle procedure relative all'accoglienza, disciplinate dal presente decreto. È nella facoltà del richiedente asilo comunicare tale luogo di residenza al proprio difensore o consulente legale.

 

7. Nei casi d'indisponibilità di posti nelle strutture di cui ai commi 2 e 3, la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo eroga il contributo di cui all'articolo 1-sexies, comma 3, lettera c), del decreto-legge. L'erogazione del contributo è limitata al tempo strettamente necessario ad acquisire la disponibilità presso un centro di accoglienza e subordinata alla comunicazione del domicilio eletto alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo che lo eroga.

 

8. Avverso il provvedimento di diniego delle misure di accoglienza è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente.

 

 

Art. 7

Competenza delle Commissioni territoriali.

1. Competente a conoscere delle domande d'asilo presentate dai richiedenti ammessi alle misure di accoglienza, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, è la Commissione territoriale nella cui circoscrizione territoriale è collocato il centro individuato per l'accoglienza.

 

2. La documentazione relativa alla domanda d'asilo è trasmessa alla Commissione territoriale competente ai sensi del comma 1, nei casi in cui quest'ultima sia diversa da quella individuata secondo l'articolo 12, comma 2, del regolamento.

 

 

Art. 8

Accoglienza di persone portatrici di esigenze particolari.

1. L'accoglienza è effettuata in considerazione delle esigenze dei richiedenti asilo e dei loro familiari, in particolare delle persone vulnerabili quali minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.

 

2. Nei centri di identificazione sono previsti servizi speciali di accoglienza delle persone portatrici di esigenze particolari, stabiliti dal direttore del centro, ove possibile, in collaborazione con la ASL competente per territorio, che garantiscono misure assistenziali particolari ed un adeguato supporto psicologico, finalizzato all'esigenze della persona, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, del regolamento.

 

3. Nell'àmbito del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, sono attivati servizi speciali di accoglienza per i richiedenti asilo portatori di esigenze particolari, che tengano conto delle misure assistenziali da garantire alla persona in relazione alle sue specifiche esigenze.

 

4. L'accoglienza ai minori non accompagnati è effettuata, secondo il provvedimento del Tribunale dei minorenni, ad opera dell'ente locale. Nell'àmbito dei servizi del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, gli enti locali interessati possono prevedere specifici programmi di accoglienza riservati ai minori non accompagnati, richiedenti asilo e rifugiati, che partecipano alla ripartizione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo.

 

5. Il Ministero dell'interno stipula convenzioni, sulla base delle risorse disponibili del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, sentito il Comitato per i minori, con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni (OIM) ovvero con la Croce Rossa Italiana, per l'attuazione di programmi diretti a rintracciare i familiari dei minori non accompagnati. L'attuazione dei programmi è svolta nel superiore interesse dei minori e con l'obbligo della assoluta riservatezza, in modo da tutelare la sicurezza del richiedente asilo.

 

 

Art. 9

Modalità relative alle condizioni materiali di accoglienza.

1. Salvo per i richiedenti ospitati nei centri di permanenza temporanea e assistenza, per i quali vigono le disposizioni del testo unico, i richiedenti asilo sono alloggiati in strutture che garantiscono:

 

a) la tutela della vita e del nucleo familiare, ove possibile;

 

b) la possibilità di comunicare con i parenti, gli avvocati, nonché con i rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, di seguito denominato «ACNUR», ed i rappresentanti delle associazioni e degli enti di cui all'articolo 11 del regolamento.

 

2. La Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, nel cui territorio è collocato il centro di accoglienza di cui all'articolo 6, comma 2, dispone, anche avvalendosi dei servizi sociali del comune, i necessari controlli per accertare la qualità dei servizi erogati.

 

3. Le persone che lavorano nei centri di accoglienza hanno una formazione adeguata alle funzioni che esercitano nelle strutture di assistenza e sono soggette all'obbligo di riservatezza in ordine ai dati e le notizie concernenti i richiedenti asilo.

 

4. Fatto salvo quanto previsto dal testo unico in materia di centri di permanenza temporanea e assistenza e dall'articolo 8 del regolamento, sono ammessi nei centri, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, gli avvocati, i rappresentanti dell'ACNUR e le associazioni o gli enti di cui all'articolo 11 del regolamento, al fine di prestare assistenza ai richiedenti asilo ivi ospitati.

 

 

Art. 10

Assistenza sanitaria e istruzione dei minori.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 10 del regolamento, i richiedenti asilo e i loro familiari, inseriti nei servizi, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, sono iscritti, a cura del gestore del servizio di accoglienza, al Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del testo unico.

 

2. Fatto salvo il periodo di eventuale permanenza nel centro di identificazione, comunque non superiore a tre mesi, i minori richiedenti asilo o i minori figli di richiedenti asilo sono soggetti all'obbligo scolastico, ai sensi dell'articolo 38 del testo unico.

 

 

Art. 11

Lavoro e formazione professionale.

1. Qualora la decisione sulla domanda di asilo non venga adottata entro sei mesi dalla presentazione della domanda ed il ritardo non possa essere attribuito al richiedente asilo, il permesso di soggiorno per richiesta asilo è rinnovato per la durata di sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa fino alla conclusione della procedura di riconoscimento.

 

2. Il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del comma 1 non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

 

3. Il ritardo è attribuito al richiedente asilo, in particolare, nei seguenti casi:

 

a) presentazione di documenti e certificazioni false relative alla sua identità o nazionalità o, comunque, attinenti agli elementi della domanda di asilo;

 

b) rifiuto di fornire le informazioni necessarie per l'accertamento della sua identità o nazionalità;

 

c) mancata presentazione del richiedente asilo all'audizione davanti l'organo di esame della domanda, nonostante la convocazione sia stata comunicata presso il centro di accoglienza ovvero nel luogo del domicilio eletto, fatti salvi i motivi di forza maggiore.

 

4. Il richiedente asilo, che svolge attività lavorativa, ai sensi del comma 1, può continuare ad usufruire delle condizioni di accoglienza, erogate dai servizi attivati ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge, nel centro assegnato e a condizione di contribuire alle relative spese. Il gestore del servizio di accoglienza determina l'entità e le modalità di riscossione del contributo, tenendo conto del reddito del richiedente e dei costi dell'accoglienza erogata. Il contributo versato non costituisce corrispettivo del servizio ed è utilizzato per il pagamento delle spese di accoglienza erogate a favore del richiedente che lo versa.

 

5. I richiedenti asilo, inseriti nei servizi, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge, possono frequentare corsi di formazione professionale, eventualmente previsti dal programma dell'ente locale dedicato all'accoglienza del richiedente asilo.

 

Art. 12

Revoca delle misure di accoglienza.

1. Il prefetto della provincia in cui ha sede il centro di accoglienza di cui all'articolo 6, commi 2 e 3, dispone, con proprio motivato decreto, la revoca delle misure d'accoglienza in caso di:

 

a) mancata presentazione presso la struttura individuata ovvero abbandono del centro di accoglienza da parte del richiedente asilo, senza preventiva motivata comunicazione alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo competente;

 

b) mancata presentazione del richiedente asilo all'audizione davanti l'organo di esame della domanda, nonostante la convocazione sia stata comunicata presso il centro di accoglienza;

 

c) presentazione in Italia di precedente domanda di asilo;

 

d) accertamento della disponibilità del richiedente asilo di mezzi economici sufficienti per garantirsi l'assistenza;

 

e) violazione grave o ripetuta delle regole del centro di accoglienza da parte del richiedente asilo, ivi ospitato, ovvero comportamenti gravemente violenti.

 

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera a), il gestore del centro è tenuto a comunicare, immediatamente, alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo la mancata presentazione o l'abbandono del centro da parte del richiedente asilo. Qualora il richiedente asilo sia rintracciato o si presenti volontariamente alle Forze dell'ordine o al centro di assegnazione, il prefetto dispone, con decisione motivata, sulla base degli elementi addotti dal richiedente, l'eventuale ripristino delle misure di accoglienza. Il ripristino è disposto soltanto se la mancata presentazione o l'abbandono sono stati causati da forza maggiore o caso fortuito.

 

3. Nell'ipotesi di cui al comma 1, lettera e), il gestore del centro deve trasmettere alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo una relazione sui fatti che possono dare luogo all'eventuale revoca, entro tre giorni dal loro verificarsi.

 

4. Il provvedimento di revoca delle misure di accoglienza ha effetto dal momento della sua comunicazione, ai sensi dell'articolo 6, comma 6. Avverso il provvedimento di revoca è ammesso ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente.

 

5. Nell'ipotesi di revoca, disposta ai sensi del comma 1, lettera d), il richiedente asilo deve rimborsare al gestore del centro, che ha provveduto all'accoglienza, i costi sostenuti per le misure precedentemente erogate.

 

 

Art. 13

Disposizioni finanziarie.

1. Per le esigenze dell'accoglienza di cui all'articolo 5, commi 2 e 7, la dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo di cui all'articolo 1-septies del decreto-legge è aumentata, per l'anno 2005, di euro 8.865.500 e, a decorrere dal 2006, di euro 17.731.000.

 

2. Per il trasporto di cui all'articolo 6, comma 4, è autorizzata la spesa nel limite massimo di euro 62.400 per l'anno 2005 e di euro 124.800 a decorrere dal 2006.

 

3. All'onere derivante dall'attuazione del presente decreto, valutato in euro 8.927.900 per l'anno 2005 e in euro 17.855.800 a decorrere dall'anno 2006, si provvede:

 

per gli anni 2005, 2006 e 2007, mediante corrispondente utilizzo delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183, per la quota destinata al processo normativo comunitario; i predetti importi sono versati, per ciascuno di detti anni, all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero dell'interno;

 

a decorrere dall'anno 2008, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

4. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, si provvede all'eventuale armonizzazione delle linee guida e del formulario, di cui all'articolo 1-sexies, comma 3, lettera a), del decreto-legge, con le disposizioni del presente decreto. La Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, esprime il suo parere nel termine di cui all'articolo 5, comma 1, del regolamento. Con il medesimo decreto si prevede la fissazione di un termine non superiore a trenta giorni per la presentazione delle domande di contributo, relative all'anno 2005, da parte degli enti locali, a carico del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo. Per gli anni successivi, la ripartizione del Fondo avviene secondo le modalità ed i tempi previsti dal decreto del Ministro dell'interno, di cui al citato articolo 1-sexies del decreto-legge (2).

 

5. Il sostegno finanziario per le misure di accoglienza, erogato nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, è fissato, anche in deroga al limite dell'80 per cento previsto dall'articolo 1-sexies, comma 2, del decreto-legge, entro un limite massimo individuato annualmente, con riferimento al costo dell'accoglienza, giornaliero ed a persona, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che per gli anni 2005 e 2006 è adottato entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente decreto ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, ovvero delle misure correttive da assumere, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti adottati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, n. 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

 

 

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(2)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 28 novembre 2005

 

 

Art. 14

Disposizioni transitorie.

1. Le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 1, 2, 3 e 5, si applicano anche ai richiedenti asilo titolari di permesso di soggiorno, la cui domanda di asilo è pendente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

2. Per i richiedenti asilo di cui al comma 1, per i quali non è applicabile l'articolo 1-bis, comma 2, del decreto-legge, l'accoglienza è disposta, esclusivamente, nell'àmbito del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del medesimo decreto-legge e nei limiti della disponibilità già finanziata prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Art. 15

Norme finali.

 

1. Fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 13, commi 4 e 5, il presente decreto entra in vigore novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

 


 

Legge 6 febbraio 2007, n. 13.
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 200
(artt. 1, 2, 12)

 

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 2007, n. 40, S.O.

 

 

Capo I - Delega al governo per l'attuazione di direttive comunitarie

 

Art. 1

Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B. Per le direttive il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al presente comma è ridotto a sei mesi.

 

2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

 

3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato A sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni.

 

4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportano conseguenze finanziarie sono corredati dalla relazione tecnica di cui all'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni. La procedura di cui al presente comma si applica in ogni caso per gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive: 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005; 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005; 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005; 2005/81/CE della Commissione, del 28 novembre 2005; 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005; 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005; 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006.

 

5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.

 

6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, adottati per il recepimento di direttive per le quali la Commissione europea si sia riservata di adottare disposizioni di attuazione, il Governo è autorizzato, qualora tali disposizioni siano state effettivamente adottate, a recepirle nell'ordinamento nazionale con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e con le procedure ivi previste.

 

7. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 8, della medesima legge n. 11 del 2005.

 

8. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risultino ancora esercitate decorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza.

 

9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono adottati anche in mancanza di nuovo parere.

 

 

Art. 2

Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa.

. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo IV e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

 

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative;

 

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa;

 

c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli indicati nel secondo periodo della presente lettera. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Entro i limiti di pena indicati dalla presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi;

 

d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per un ammontare complessivo non superiore a 50 milioni di euro;

 

e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

 

f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

 

g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili.

(omissis)

Art. 12

Attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

1. Nella predisposizione del decreto legislativo per l'attuazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, anche il seguente: nel caso in cui il richiedente asilo sia cittadino di un Paese terzo sicuro, ovvero, se apolide, vi abbia in precedenza soggiornato abitualmente, ovvero provenga da un Paese di origine sicuro, prevedere che la domanda di asilo è dichiarata infondata, salvo che siano invocati gravi motivi per non ritenere sicuro quel Paese nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente. Tra i gravi motivi possono essere comprese gravi discriminazioni e repressioni di comportamenti riferiti al richiedente e che risultano oggettivamente perseguiti nel Paese d'origine o di provenienza e non costituenti reato per l'ordinamento italiano.

(omissis)

 

 

 


Normativa comunitaria

 


 

Risoluzione del Consiglio
del 20 giugno 1995
sulle garanzie minime per le procedure di asilo

 

 

 

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Gazzetta ufficiale n. C 274 del 19/09/1996

 

 

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

 

visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.1,

deciso, nel rispetto della tradizione umanitaria comune degli Stati membri, di garantire ai rifugiati, che ne hanno necessità, un'adeguata protezione, come previsto dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, modificata dal Protocollo di New York del 31 gennaio 1967, relativi allo status di rifugiati,

rammentando gli impegni degli Stati membri ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950,

considerando che, conformemente alle rispettive legislazioni nazionali, gli Stati membri possono autorizzare il soggiorno a titolo eccezionale di stranieri per ragioni impellenti, diverse da quelle previste dalla Convenzione di Ginevra del 1951,

affermando la volontà degli Stati membri di applicare la Convenzione di Dublino, del 15 giugno 1990, «sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo, presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee»,

persuaso della necessità che tutti gli Stati membri decidano in merito alle domande di asilo in base a procedure equivalenti e adottino a tal fine garanzie procedurali comuni per i richiedenti asilo, tenendo conto delle conclusioni del comitato esecutivo dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (in appresso, per brevità, «UNHCR») e della raccomandazione n. R(81)16 del comitato dei ministri del Consiglio d'Europa,

 

HA ADOTTATO LA SEGUENTE RISOLUZIONE:

 

I. Le garanzie previste nella presente risoluzione si applicano all'esame delle domande di asilo conformemente all'articolo 3 della Convenzione di Dublino, ad eccezione delle procedure per la determinazione dello Stato competente ai sensi della medesima convenzione. Le garanzie specifiche applicabili a queste procedure sono definite dal comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di Dublino.

 

 

II. Principi generali relativi a procedure eque in materia di asilo

 

1. Le procedure di asilo sono attuate nella piena osservanza della Convenzione di Ginevra del 1951 e del Protocollo di New York del 1967 relativi allo status dei rifugiati, nonché degli altri obblighi di diritto internazionale concernenti i rifugiati e i diritti dell'uomo. Nel corso della procedura sono in particolare rispettati pienamente l'articolo 1 della Convenzione del 1951 concernente la definizione della nozione di «rifugiato», l'articolo 33 concernente il principio del «non respingimento» e l'articolo 35 concernente la cooperazione con l'ufficio dell'UNHCR, in particolare al fine di facilitargli il compito di sorveglianza dell'attuazione della convenzione.

2. Per garantire efficacemente l'applicazione del principio del non respingimento non viene applicata nessuna misura in tal senso finché non sia stata presa una decisione in merito alla domanda di asilo.

 

III. Garanzie relative all'esame delle domande di asilo

 

3. Le norme di accesso alla procedura di asilo, le caratteristiche essenziali di tale procedura e la designazione delle autorità competenti per l'esame delle domande di asilo devono essere definite dalla legislazione di ciascuno Stato membro.

4. Le domande di asilo sono esaminate da un'autorità pienamente qualificata per quanto concerne le questioni relative al diritto di asilo e ai rifugiati. Le decisioni vengono prese in modo indipendente, cioè in base ad un esame obiettivo ed imparziale di tutte le singole domande di asilo.

5. All'atto dell'esame della domanda d'asilo l'autorità competente deve, di propria iniziativa, tener conto di tutti i fatti pertinenti, nonché accertarli, e dare al richiedente la possibilità di fornire una descrizione dettagliata delle circostanze che si riferiscono al suo caso, nonché le relative prove. Il richiedente deve, da parte sua, presentare tutte le informazioni a lui note sui fatti e sulle circostanze e mettere a disposizione tutti i mezzi di prova di cui dispone.

Il riconoscimento dello status di rifugiato non è subordinato all'esistenza di mezzi di prova formali determinati.

6. Le autorità competenti per l'esame delle domande di asilo sono pienamente qualificate per quanto concerne le questioni relative al diritto di asilo e ai rifugiati. A tal fine:

- esse dispongono di personale specializzato in possesso delle conoscenze e dell'esperienza necessarie per quanto concerne le questioni relative al diritto di asilo e ai rifugiati, in grado di giudicare la particolare situazione del richiedente asilo;

- hanno accesso ad informazioni precise ed aggiornate provenienti da fonti diverse, segnatamente ad informazioni dell'UNHCR, in merito alla situazione esistente nel paese di origine e nei paesi di transito del richiedente asilo;

- sono autorizzate a chiedere, se necessario, pareri ad esperti in merito a questioni specifiche, per esempio di carattere medico o culturale.

7. Le autorità responsabili dei controlli alle frontiere e le autorità locali presso le quali sono presentate le domande di asilo devono ricevere indicazioni chiare e dettagliate affinché le domande, corredate di tutte le altre informazioni disponibili, possano essere immediatamente trasmesse all'autorità competente per esame.

8. In caso di decisione negativa occorre prevedere la possibilità di ricorso in tribunale o dinanzi ad un altro organo di revisione che delibera in piena indipendenza sui singoli casi alle condizioni di cui al punto 4.

9. Gli Stati membri provvedono affinché i servizi competenti dispongano di personale e di mezzi sufficienti per poter eseguire il loro compito rapidamente e nelle migliori condizioni possibili.

 

 


 

IV. Diritti dei richiedenti asilo nell'ambito delle procedure di esame, di appello e di revisione 10. Il richiedente asilo deve avere l'effettiva possibilità di presentare la propria domanda di asilo con la massima tempestività.

 

11. Le dichiarazioni del richiedente asilo e gli altri dati contenuti nella sua domanda sono dati estremamente sensibili che devono essere protetti. La legislazione nazionale deve pertanto prevedere adeguate garanzie in materia di protezione dei dati, in particolare nei confronti delle autorità del paese di origine del richiedente asilo.

12. Finché non è stata presa una decisione in merito alla domanda di asilo si applica il principio generale secondo il quale il richiedente può rimanere nel territorio dello Stato membro in cui è stata presentata o esaminata la domanda di asilo.

13. I richiedenti asilo sono informati della procedura da seguire e dei loro diritti e doveri nel corso di tale procedura in una lingua che essi comprendono. In particolare - essi possono, se necessario, avvalersi dei servizi di un interprete per presentare i loro argomenti alle autorità interessate. I servizi di interpretazione vengono pagati con fondi pubblici se l'interprete è stato convocato dall'autorità competente;

- essi possono ricorrere ad un avvocato abilitato conformemente alle disposizioni dello Stato membro in questione o ad un altro consulente per essere assistiti durante la procedura;

- hanno la possibilità, in tutte le fasi della procedura, di prendere contatto con i servizi dell'UNHCR o con altre organizzazioni di assistenza ai rifugiati che agiscano in nome dell'UNHCR nello Stato membro interessato e viceversa.

I richiedenti asilo possono, inoltre, prendere contatto con altre organizzazioni di assistenza ai rifugiati, in base alle modalità definite dagli Stati membri.

La possibilità del richiedente di prendere contatto con l'UNHCR e altre organizzazioni di assistenza ai rifugiati non impedisce necessariamente l'esecuzione della decisione;

- il rappresentante dei servizi dell'UNHCR deve poter essere informato in merito allo svolgimento della procedura e alle decisioni delle autorità competenti e poter presentare le sue osservazioni.

14. Prima dell'adozione della decisione definitiva in merito alla domanda di asilo, il richiedente ha la possibilità di avere un colloquio personale con un funzionario qualificato, autorizzato conformemente alla legislazione nazionale.

15. La decisione relativa alla domanda di asilo è comunicata per iscritto al richiedente. Se la domanda è respinta, il richiedente è informato dei motivi della decisione e delle possibilità di revisione della medesima. Sempreché ciò sia previsto dalla legislazione nazionale, il richiedente ha la possibilità di informarsi o di essere informato in una lingua che comprende sul contenuto della decisione e sulle possibilità di ricorso.

16. Il richiedente asilo dispone di un termine sufficiente per fare ricorso e preparare la sua argomentazione qualora richieda la revisione della decisione. Tale termine viene comunicato per tempo al richiedente asilo.

17. Finché non è presa una decisione in merito al ricorso, si applica il principio generale secondo il quale il richiedente asilo è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro in questione. Nel caso in cui la legislazione nazionale di uno Stato membro consentisse, in determinati casi, una deroga a tale principio, il richiedente asilo dovrebbe avere almeno la possibilità di chiedere, agli organi di cui al punto 8 (tribunale od organo di revisione indipendente), la concessione di un'autorizzazione provvisoria a soggiornare nel territorio dello Stato durante il procedimento dinanzi a tali organi, a causa delle particolari circostanze del suo caso. Fino a quando non sarà stata presa una decisione in merito alla domanda non si potrà procedere all'allontanamento.

 

Domande di asilo manifestamente infondate

 

18. Le domande di asilo manifestamente infondate ai sensi della risoluzione adottata dai ministri responsabili dell'immigrazione nella sessione del 30 novembre e 1° dicembre 1992, sono trattate a norma delle disposizioni di tale risoluzione. Le garanzie della presente risoluzione si applicano conformemente ai principi ivi enunciati.

19. In deroga al principio di cui al punto 8 gli Stati membri possono escludere la possibilità di presentare un ricorso contro una decisione negativa qualora, in alternativa a tale procedura, un organo indipendente, distinto dall'autorità incaricata dell'esame, abbia confermato in precedenza la decisione.

20. Gli Stati membri constatano che, non dovrebbero sussistere motivi di diritto o di fatto, nel rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951, per riconoscere lo status di rifugiato ad un richiedente asilo, cittadino di un altro Stato membro.

Su questa base la domanda d'asilo presentata da un cittadino di un altro Stato membro sarà oggetto secondo le norme e gli usi di ciascuno Stato membro, di una procedura particolarmente rapida o semplificata, fermo restando che gli Stati membri sono comunque tenuti - come prevede la Convenzione di Ginevra cui fa riferimento il trattato sull'Unione europea - a procedere ad un esame individuale di ciascuna domanda di asilo.

21. In casi limitati, stabiliti nelle rispettive legislazioni nazionali, gli Stati membri possono prevedere deroghe al principio di cui al punto 17 qualora, in base a criteri obiettivi non inerenti alla domanda stessa, una domanda è manifestamente infondata ai sensi dei punti 9 e 10 della risoluzione adottata dai ministri responsabili dell'immigrazione nella sessione del 30 novembre e 1° dicembre 1992. Tuttavia si dovrà almeno garantire che la decisione sulla domanda sia presa ad un livello elevato e che sufficienti misure supplementari (per esempio la stessa valutazione da parte di un'altra autorità, che sia centrale e che disponga delle necessarie competenze ed esperienze in materia di diritto d'asilo e di rifugiati, prima dell'esecuzione della decisione) assicurino la giustezza della decisione.

22. Gli Stati membri possono prevedere deroghe al principio di cui al punto 17 per le domande d'asilo purché si applichi, secondo la legislazione nazionale, la nozione di paesi terzi ospitanti definita nella risoluzione adottata dai, ministri responsabili dell'immigrazione nella sessione del 30 novembre e 1° dicembre 1992. In questi casi gli Stati membri possono anche prevedere, in deroga al principio di cui al punto 15, che la decisione di rifiuto, la relativa motivazione e i diritti del richiedente siano comunicati all'interessato oralmente invece che per iscritto. La decisione viene, tuttavia, confermata per iscritto su richiesta. Le autorità dello Stato terzo devono, all'occorrenza, essere messe al corrente del fatto che la domanda di asilo non è stata esaminata quanto al merito.

 

Domande di asilo alla frontiera

 

23. Gli Stati membri adottano misure amministrative per garantire che i richiedenti asilo abbiano la possibilità di presentare una domanda di asilo alla frontiera.

24. Gli Stati membri, se ciò è previsto dalla legislazione nazionale, possono applicare procedure speciali prima della decisione relativa all'ingresso, per stabilire se la domanda d'asilo sia manifestamente infondata. Durante tali procedure non si attuano provvedimenti di allontanamento.

Se la domanda è manifestamente infondata può essere rifiutato l'ingresso al richiedente asilo. In questi casi la legislazione può prevedere una deroga al principio generale che stabilisce l'effetto sospensivo del ricorso (punto 17). In tal caso deve essere almeno garantito che la decisione di rifiuto di ingresso sia presa da un ministero o da un'autorità centrale di tipo equivalente e che la giustezza della decisione sia assicurata da ulteriori misure di salvaguardia sufficienti (per esempio l'esame preliminare da parte di un'altra autorità centrale). Queste autorità dispongono delle conoscenze e delle esperienze necessarie in materia di asilo.

25. Gli Stati membri possono altresì prevedere deroghe ai principi di cui ai punti 7 e 17 purché, secondo la legislazione nazionale, sia applicabile la nozione di paesi terzi ospitanti, definita nella risoluzione adottata dai ministri responsabili dell'immigrazione nella sessione del 30 novembre e 1° dicembre 1992. Gli Stati membri possono parimenti prevedere, in deroga al principio di cui al punto 15, che la decisione di rifiuto, la relativa motivazione e i diritti di ricorso del richiedente siano comunicati all'interessato oralmente invece che per iscritto. La decisione viene, tuttavia, confermata per iscritto su richiesta.

La procedura relativa ai casi di cui alla prima frase del comma precedente può essere applicata prima della decisione inerente all'ingresso. In questi casi l'ingresso può essere rifiutato.

 

V. Garanzie supplementari per i minorenni non accompagnati e le donne Minorenni non accompagnati

 

26. Occorre prevedere disposizioni affinché i minorenni non accompagnati che chiedono asilo vengano rappresentati da un'istituzione o da un adulto designato, qualora il diritto nazionale non riconosca loro la capacità di agire. Durante il colloquio personale i minorenni non accompagnati possono essere assistiti dagli adulti o dai rappresentanti delle istituzioni di cui sopra. Essi devono tutelare gli interessi del minorenne.

27. In sede di esame della domanda di asilo di un minorenne non accompagnato occorre tener conto dello sviluppo mentale e della maturità dello stesso.

 

Donne

 

28. Gli Stati membri provvedono affinché, se necessario, funzionari qualificati, nonché interpreti di sesso femminile, partecipino alle procedure di asilo, in particolare nei casi in cui, per gli eventi vissuti o l'origine culturale, le richiedenti asilo incontrino difficoltà ad esporre esaurientemente i motivi della loro domanda.

 

VI. Soggiorno per le persone che soddisfano i criteri della definizioni di rifugiato

 

29. Lo Stato membro che, fatta salva l'applicazione della nozione di paesi terzi ospitanti prevista dalla legislazione nazionale, ha esaminato la domanda d'asilo, riconosce lo status di rifugiato al richiedente asilo che soddisfi i criteri di cui all'articolo 1 della Convenzione di Ginevra. In tal caso gli Stati membri possono prevedere, nella loro legislazione nazionale, di non avvalersi pienamente delle clausole di esclusione di cui alla suddetta Convenzione.

Al rifugiato dovrebbe essere in linea di massima garantito il diritto di soggiorno nello Stato membro in questione.

 

VII. Altri casi

 

30. La presente risoluzione non pregiudica le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri per quanto riguarda i casi indicati al punto 11 della risoluzione sulle domande di asilo manifestamente infondate adottata dai ministri competenti per l'immigrazione nella sessione del 30 novembre e 1° dicembre 1992.

 

VIII. Misure complementari

 

30. Gli Stati membri terranno conto di questi principi in relazione a qualsiasi proposta di modifica delle legislazioni nazionali. Inoltre, gli Stati membri si adopereranno affinché le rispettive legislazioni nazionali siano armonizzate con detti principi entro il 1° gennaio 1996. Essi procederanno periodicamente, in cooperazione con la Commissione e d'intesa con l'UNHCR, all'esame di questi principi, nonché alla valutazione della necessità di adottare ulteriori misure.

 

IX. Norme più favorevoli

 

32. Gli Stati membri hanno il diritto di prevedere, nelle rispettive legislazioni nazionali, norme più favorevoli di quelle contenute nelle garanzie minime comuni per quanto riguarda le garanzie per le procedure applicabili ai richiedenti asilo.

 

 

 


 

 

 

A4-0315/96

 

Risoluzione sulla risoluzione del Consiglio sulle garanzie minime per le procedure d'asilo (5585/95 - C4-0356/95)

 

Gazzetta ufficiale n. C 362 del 02/12/1996 pag. 0270

 

Il Parlamento europeo,

 

- vista la risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1995 sulle garanzie minime per le procedure d'asilo (5585/95 - C4-0356/95) (( GU C 274 del 19.9.1996, pag. 13.)),

 

- vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, del 10 dicembre 1948,

 

- vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e il relativo settimo protocollo,

 

- vista la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951 e il relativo Protocollo del 1967,

 

- visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici,

 

- vista la Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti,

 

- visti gli articoli K-K.9 del trattato sull'Unione europea e la dichiarazione sull'asilo che figura nell'atto finale di tale trattato,

 

- viste le conclusioni 8, 15, 22, 30, 44, 58, 64, 65, 68 e 73 del Comitato esecutivo dell'UNHCR,

 

- visti i principi generali del diritto in vigore negli Stati membri,

 

- vista la sua risoluzione del 21 settembre 1995 sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle politiche di immigrazione e di asilo (( GU C 269 del 16.10.1995, pag. 156.)),

 

- vista la sua risoluzione del 18 novembre 1992 sull'armonizzazione nella Comunità europea delle legislazioni e delle politiche in materia di diritto di asilo ((GU C 337 del 21.12.1992, pag. 97.)),

 

- viste le risoluzioni di Londra del 30 novembre e del 1° dicembre 1992 del Consiglio dei ministri della giustizia e degli affari interni ((10518/92 (Stampa 230-G).)),

 

- visti la relazione della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni e i pareri della commissione giuridica e per i diritti dei cittadini nonché della commissione per i diritti della donna (A4-0315/96),

 

A. considerando che la risoluzione sulle garanzie minime per le procedure d'asilo costituisce un prezioso punto di partenza in cui sono formulati alcuni principi essenziali, attraverso il cui sviluppo è possibile fare avanzare l'obiettivo prefissato dell'armonizzazione,

 

B. considerando che la risoluzione del Consiglio non contiene norme vincolanti e che delle garanzie non vincolanti non costituiscono una garanzia e devono quindi essere recepite nell'ordinamento giuridico comunitario e in quello nazionale,

 

C. considerando che l'armonizzazione delle politiche di asilo degli Stati membri è un requisito imprenscindibile per garantire in tutta l'Unione europea le regole dello stato di diritto;

 

D. considerando che il Consiglio e la Commissione non hanno provveduto a consultare il Parlamento europeo come previsto dall'articolo K.6 del trattato sull'Unione europea,

 

E. considerando che la maggior parte dei rifugiati è originaria di paesi non europei e dovrebbe trovare accoglienza nella propria regione,

 

F. considerando che la legislazione e le procedure devono operare una distinzione tra i richiedenti asilo e altri cittadini di paesi terzi,

 

G. considerando che un richiedente asilo può essere rinviato nel paese d'origine solo qualora si accerti che il ritorno al paese d'origine non configura una violazione dell'articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 (principio del non respingimento),

 

H. considerando che sempre più spesso le domande di asilo sono presentate alle frontiere,

 

I. considerando che il concetto di paesi terzi sicuri deve essere considerato come un mezzo per determinare chi è responsabile dell'esame di una domanda d'asilo ed evitare in tal modo situazioni in cui il richiedente passa da un paese all'altro,

 

J. considerando che i seguenti elementi costituiscono delle condizioni per un'effettiva tutela giuridica a livello procedurale:

 

- la procedura d'asilo deve offrire a ciascun richiedente la possibilità di presentare la sua richiesta con la massima tempestività possibile,

 

- deve essere garantita alle parti un'assistenza giuridica e linguistica,

 

- l'esame dei fatti e la libertà di accertamento devono consentire alle istanze competenti di tener conto, nella loro decisione, di tutti gli aspetti essenziali,

 

- le domande di asilo devono venir esaminate da un organo specializzato indipendente che ha competenza esclusiva in materia,

 

- deve esistere una possibilità di ricorso dinanzi a un organismo indipendente contro una decisione negativa; tale ricorso deve avere in generale effetto sospensivo, tranne che nei casi di palese infondatezza della richiesta di asilo,

 

K. considerando che le persone appartenenti a determinati gruppi di richiedenti asilo, quali le donne e i minorenni non accompagnati, devono essere sentite in un adeguato colloquio condotto da funzionari appositamente formati al contatto con i gruppi in questione,

 

L. considerando che essere al riparo dall'arresto o dalla detenzione è un diritto fondamentale dell'uomo, come formulato nell'articolo 9 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e nell'articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

 

M. considerando che l'espulsione delle persone la cui domanda è stata respinta nell'ambito di una procedura equa e soddisfacente dovrebbe ispirarsi al principio di sicurezza e di dignità,

 

N. considerando che la risoluzione del Consiglio può essere approvata fermo restando quanto segue,

 

O. considerando che la risoluzione del Consiglio deve essere completata riguardo ad alcuni punti essenziali,

 

1. esprime nuovamente il suo sdegno di fronte alle vessazioni cui sono quotidianamente soggette, per ragioni politiche o religiose, migliaia di persone in diversi paesi,

 

2. chiede di essere consultato a norma dell'articolo K.6 prima che il Consiglio adotti decisioni sulla base del trattato sull'Unione europea;

 

3. auspica, in generale, che i documenti e le deliberazioni del Consiglio siano, a partire da questo momento, pubblici e, in particolare, che si ponga termine alla prassi consistente nel lavorare a porte chiuse seguita dal comitato istituito in virtù dell'articolo K.4 e dai gruppi di lavoro che lo informano nonché dai centri di coordinamento CIREA e CIREFI; chiede altresì di essere regolarmente informato sulle attività svolte in tale settore e si augura che il punto di vista del Parlamento sia tenuto in debita considerazione;

 

4. ritiene che, costituendo una pseudolegislazione, la risoluzione in parola e altre decisioni di portata generale adottate dal Consiglio in materia di asilo non siano totalmente vincolanti e sfuggano, indebitamente, a ogni controllo parlamentare e giudiziario, motivo per cui non sono accettabili come forme di normativa dell'Unione;

 

5. invita il Consiglio a comunitarizzare la politica in materia d'asilo (articolo K.1, paragrafo 1 del TUE) e ad armonizzarla poi nel pieno rispetto dei principi della convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, onde evitare i problemi sopra enunciati;

 

6. chiede, nella misura in cui la comunitarizzazione della politica in materia d'asilo non sia realizzabile a breve termine, che sia introdotta con un atto giuridico vincolante a livello internazionale, una regolamentazione globale europea del diritto d'asilo e per la protezione dei rifugiati politici nel pieno rispetto dei principi della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati;

 

7. chiede al Consiglio di stabilire con chiarezza e carattere vincolante che qualsiasi Stato membro qualifica come palesemente infondata, e quindi respinge, la richiesta di asilo o di status di profugo presentata da un cittadino di un altro Stato membro;

 

8. ritiene necessario che i funzionari addetti ai contatti e al processo decisionale siano degli esperti nel settore dei diritti dell'uomo e del diritto internazionale e nazionale in materia di rifugiati;

 

9. rivolge un pressante invito affinché le decisioni relative alle domande di asilo vengano adottate entro un periodo di tempo ragionevole, tenendo conto tuttavia, se del caso, della complessità della domanda di asilo;

 

10. chiede che gli Stati membri, nell'elaborare le loro relazioni congiunte sulla situazione dei diritti umani in taluni paesi terzi da cui provengono i richiedenti asilo, tengano presente se il «Centro per la documentazione in materia di rifugiati» dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e altre organizzazioni internazionali per la salvaguardia dei diritti dell'uomo siano riusciti a sorvegliare il rispetto dei diritti umani;

 

11. chiede agli Stati membri di rispettare le raccomandazioni dell'Alto Commissariato per i rifugiati, il quale conformemente al disposto del paragrafo 65 della guida delle procedure e dei criteri da applicare per la determinazione dello status di rifugiato, ribadisce che la Convenzione di Ginevra si applica alle persone vittime dell'azione di taluni gruppi, qualora i pubblici poteri siano manifestamente incapaci di proteggerle;

 

12. chiede che, oltre a un'assistenza linguistica, venga offerta altresì un'assistenza giuridica gratuita ai richiedenti asilo che non dispongono di mezzi sufficienti a coprirne le spese, come già previsto nelle rispettive disposizioni procedurali a livello nazionale;

 

13. auspica che contro la decisione di dichiarare manifestamente infondate delle domande di asilo sia sempre possibile presentare ricorso dinanzi a un'autorità giudiziaria istituita per legge, indipendente e imparziale, abilitata ad adottare, con la massima tempestività, decisioni vincolanti;

 

14. chiede che il principio dell'effetto sospensivo dell'appello possa essere limitato soltanto nei casi di una domanda di asilo respinta perché palesemente infondata; il richiedente asilo sarà espulso soltanto se ha già avuto la possibilità di chiedere il ripristino dell'effetto sospensivo del suo appello;

 

15. ritiene necessario che, prima di procedere all'espulsione di un richiedente asilo in un paese terzo sicuro, gli Stati membri ottengano delle garanzie che il richiedente asilo abbia accesso alla procedura, che si proceda a una valutazione di merito della domanda di asilo e che venga rispettato il principio del non respingimento;

 

16. ritiene necessario che venga accordato al richiedente asilo un periodo di tempo sufficiente per preparare il colloquio di valutazione della domanda di asilo e procedere allo stesso; ritiene altresì che debba essere redatta una relazione del colloquio in una lingua che il richiedente asilo capisce e che il richiedente asilo, o chi gli fornisce l'assistenza giuridica, abbia il diritto di prendere visione della relazione;

 

17. chiede che le decisioni relative alle domande di asilo siano debitamente motivate, di modo che risulti su quali dati si è basata la decisione, perché tali dati abbiano condotto alla decisione adottata e per quale motivo delle informazioni disponibili non siano state prese in considerazione;

 

18. sottolinea fermamente che le autorità addette al controllo delle frontiere non possono assolutamente essere responsabili della valutazione di merito della domanda di asilo;

 

19. chiede che, qualora l'ingresso sia rifiutato sulla base di una domanda d'asilo «manifestamente infondata» e non si applichi la garanzia della protezione giuridica temporanea, la decisione di rifiutare l'ingresso sia presa da un'autorità centrale che disponga delle conoscenze e dell'esperienza necessarie nel settore della legislazione in materia d'asilo;

 

20. chiede che tutte le decisioni adottate in materia di procedura di asilo vengano comunicate per iscritto, in una lingua che il richiedente asilo capisce, segnatamente la decisione in virtù della quale, a norma del diritto nazionale, va applicato il principio del paese terzo sicuro;

 

21. chiede agli Stati membri di concordare un elenco armonizzato di paesi d'orgine sicuri, basato su analisi dettagliate e che ci sia in tutto il territorio di detti paesi e per tutte le persone e i gruppi di popolazione la sicurezza di non essere perseguitati politicamente; la presunzione legale della sicurezza da persecuzioni deve poter essere invalidata qualora l'interessato dimostri con coerenza, fondatezza e credibilità di essere perseguitato; tale elenco, valido in tutto il territorio dell'Unione, deve essere sottoposto, per approvazione, a questo Parlamento;

 

22. chiede che venga data al richiedente asilo la possibilità di contestare, nel quadro di una procedura individuale, la presunta sicurezza del paese di origine; ritiene che al richiedente asilo debba altresì essere data la possibilità di dimostrare che la sua domanda si fonda su circostanze particolari che, contrariamente alla situazione esistente nel paese d'origine, possono far sospettare che il richiedente asilo abbia fondate ragioni di temere una persecuzione;

 

23. chiede che, tra i requisiti posti all'adesione di futuri Stati membri, vi siano delle condizioni in materia di politica di asilo;

 

24. ritiene necessario che i richiedenti asilo minorenni non accompagnati abbiano la possibilità di presentare una propria domanda di asilo; il richiedente asilo minorenne è eventualmente assistito da un tutore o curatore autonomamente designato;

 

25. si compiace che la risoluzione del Consiglio riconosca per la prima volta le esigenze delle donne ma ritiene che il testo della risoluzione lasci troppa libertà agli Stati membri, che possono così continuare a non intervenire a sostegno delle donne richiedenti asilo;

 

26. raccomanda che l'Unione europea e i suoi Stati membri, seguendo nella fattispecie il Consiglio d'Europa, il Canadà, gli Stati Uniti e l'UNHCR, riconoscano il diritto di asilo per le donne e le bambine che subiscano o rischino di subire discriminazioni in base al sesso;

 

27. esorta tutti gli Stati membri ad adottare orientamenti relativi alle donne che richiedono asilo, come deciso dal Comitato esecutivo dell'UNHCR nelle conclusioni n. 73 del 1993, e che tali orientamenti comprendano anche l'assistenza in caso di violenze sessuali;

 

28. ritiene indispensabile che la violenza sessuale sia riconosciuta come forma di tortura, visti in particolare l'uso dello stupro come arma da guerra e le tradizioni culturali di taluni paesi, che implicano la persecuzione in base al sesso;

 

29. sottolinea la necessità di un'informazione adeguata sulla situazione dei diritti delle donne nonché sulle specifiche forme di persecuzione spesso inflitte alle donne, in particolare nei paesi dai quali proviene la maggior parte dei richiedenti asilo nell'Unione;

 

30. invita tutti gli Stati membri ad avviare programmi di formazione per assicurare che i funzionari incaricati di trattare le domande di asilo siano sufficientemente sensibilizzati sulle questioni inerenti alle persecuzioni legate al sesso e sulle esigenze delle donne traumatizzate che richiedono asilo; raccomanda agli Stati membri di avvalersi il più possibile della raccomandazione, formulata al punto 28 della risoluzione del Consiglio, di affidare a funzionarie e interpreti di sesso femminile l'incarico di accogliere le donne interessate a una richiesta di asilo;

 

31. sottolinea la necessità che, nel caso in cui i richiedenti asilo siano accompagnati dalla propria famiglia, sia concesso alle donne uno status giuridico indipendente affinché non perdano i propri diritti autonomi in caso di morte, divorzio o rottura della relazione;

 

32. chiede programmi speciali per le donne che necessitano di assistenza medica e psicosociale a seguito della violenza sessuale subita;

 

33. insiste affinché gli Stati membri applichino programmi di azione che favoriscono il rapido accesso delle donne rifugiate all'indipendenza economica;

 

34. chiede inoltre che le donne richiedenti asilo possano anch'esse presentare una propria domanda di asilo; ritiene che debbano, su loro richiesta, essere sentite separatamente dal coniuge, in colloquio indipendente, valido a tutti gli effetti, condotto da funzionarie competenti in materia;

 

35. constata, con apprensione che non esiste ancora una politica soddisfacente per quanto riguarda i richiedenti asilo la cui procedura è stata conclusa, di quelli la cui domanda è stata respinta, delle persone che è difficile espellere e di quelle in posizione irregolare;

 

36. chiede che vengano pienamente rispettare le garanzie di cui all'articolo 9 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, l'articolo 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e le direttive dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e che, anche in caso di detenzione, sia garantito un accesso libero e permanente alle ONG autorizzate e agli avvocati;

 

37. rammenta alla Commissione l'impegno assunto di elaborare, entro il 1996, una convenzione in materia di politica di asilo e rivolge un pressante invito affinché non vengano soltanto codificati gli accordi esistenti ma vengano altresì colmate - tenendo conto delle obiezioni formulate - le lacune che il diritto d'asilo attualmente presenta;

 

38. ritiene che, in sede di armonizzazione delle procedure, i governi e i parlamenti degli Stati membri debbano tener conto del quadro formulato da questo Parlamento in merito alla risoluzione e possano fornire i chiarimenti che l'esame da esso effettuato ha rivelato essere necessari;

 

39. auspica di essere consultato dal Consiglio qualora esso decida di apportare modifiche alla sua risoluzione sulle garanzie minime per le procedure d'asilo o di sostituirla con un altro testo;

 

40. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati all'adesione, al Consiglio d'Europa, all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, all'ECRE (Conferenza europea sui rifugiati e gli esuli) e ad Amnesty International.

 


 

Regolamento (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003.
Regolamento del Consiglio
che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo

 

 

(1) (2)

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 25 febbraio 2003, n. L 50. Entrata in vigore: 17 marzo 2003.

(2) Vedi, per le modalità di applicazione del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 1560/2003.

 

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

 

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 1, lettera a),

 

vista la proposta della Commissione (3),

 

visto il parere del Parlamento europeo (4),

 

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (5),

 

considerando quanto segue:

 

(1) Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce un elemento fondamentale dell'obiettivo dell'Unione europea di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità.

 

(2) Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha deciso di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, integrata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, e di garantire in tal modo che nessuno sia rinviato in un paese nel quale rischia di essere nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di non respingimento. Sotto tale profilo, e senza pregiudizio dei criteri di competenza definiti nel presente regolamento, gli Stati membri, tutti rispettosi del principio di non respingimento, sono considerati Stati sicuri per i cittadini di paesi terzi.

 

(3) Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo.

 

(4) Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande d'asilo.

 

(5) Nel contesto della progressiva realizzazione di un regime europeo comune in materia di asilo che potrebbe portare, a termine, all'introduzione di una procedura comune e uno status uniforme e valido in tutta l'Unione per le persone alle quali è stato riconosciuto il diritto d'asilo, è opportuno, nella presente fase, pur apportandovi i necessari miglioramenti individuati alla luce dell'esperienza, ribadire i principi che ispirano la convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Dublino il 15 giugno 1990 (di seguito «convenzione di Dublino»), la cui attuazione ha stimolato il processo d'armonizzazione delle politiche in materia di asilo.

 

(6) L'unità del nucleo familiare dovrebbe essere preservata, nella misura compatibile con gli altri obiettivi perseguiti attraverso l'individuazione dei criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo.

 

(7) Il trattamento congiunto delle domande d'asilo degli appartenenti alla stessa famiglia da parte di un unico Stato membro consente di assicurare un esame approfondito delle domande e la coerenza delle decisioni adottate nei loro confronti. Nondimeno, gli Stati membri dovrebbero poter derogare ai criteri di competenza per permettere la riunione dei membri di una stessa famiglia quando ciò è reso necessario da motivi umanitari.

 

(8) La progressiva instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, entro il quale è garantita la libera circolazione delle persone in forza del trattato che istituisce la Comunità europea, e la definizione di politiche comunitarie relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini dei paesi terzi, compresi gli sforzi comuni per la gestione delle frontiere esterne, rende necessario instaurare un equilibrio tra i criteri di competenza in uno spirito di solidarietà.

 

(9) Si può facilitare l'attuazione del presente regolamento e rafforzarne l'efficacia attraverso accordi bilaterali tra Stati membri volti a migliorare le comunicazioni tra i servizi competenti, ridurre le scadenze procedurali o semplificare il trattamento delle richieste di prendere o riprendere in carico i richiedenti asilo o stabilire le modalità per l'esecuzione dei trasferimenti.

 

(10) Si dovrebbe garantire la continuità tra il meccanismo di determinazione dello Stato competente istituito dalla convenzione di Dublino e quello previsto dal presente regolamento. Inoltre, occorre garantire la coerenza tra il presente regolamento e il regolamento (CE) n. 2725/2000 del Consiglio, dell'11 dicembre 2000, che istituisce il sistema «Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino.

 

(11) Il funzionamento del sistema Eurodac quale istituito dal regolamento (CE) n. 2725/2000 e in particolare l'attuazione degli articoli 4 e 8 dovrebbero facilitare l'attuazione del presente regolamento.

 

(12) Per quanto riguarda il trattamento di persone che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti giuridici internazionali di cui sono parti.

 

(13) Le misure di attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

 

(14) L'applicazione del presente regolamento dovrebbe formare oggetto di periodiche valutazioni.

 

(15) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi che sono riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (6). In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18.

 

(16) Poiché l'obiettivo dell'azione prevista, ossia l'introduzione di criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell'azione in questione, può essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire conformemente al principio di sussidiarietà enunciato dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

 

(17) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 30 ottobre 2001, la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.

 

(18) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione del presente regolamento e di conseguenza non è vincolata da esso, né è soggetta alla sua applicazione.

 

(19) La convenzione di Dublino resta in vigore e continua ad applicarsi tra la Danimarca e gli Stati membri vincolati dal presente regolamento finché non sarà concluso un accordo che consenta la partecipazione della Danimarca al presente regolamento,

 

 

ha adottato il presente regolamento:

 

 

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(3) Pubblicato nella G.U.C.E. 30 ottobre 2001, n. C 304 E.

(4) Parere reso il 9 aprile 2002.

(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 27 maggio 2002, n. C 125.

(6) Pubblicata nella G.U.C.E. 18 dicembre 2000, n. C 364.

 

 

Capo I

Oggetto e definizioni

 

Art. 1

Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo.

 

 

Art. 2

Ai fini del presente regolamento si intende per:

 

a) «cittadino di un paese terzo»: qualsiasi persona che non è un cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato che istituisce la Comunità europea;

 

b) «convenzione di Ginevra»: la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

 

c) «domanda d'asilo»: la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo che può considerarsi una richiesta di protezione internazionale da parte di uno Stato membro, a norma della convenzione di Ginevra. Tutte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo, salvo che il cittadino di un paese terzo solleciti esplicitamente un distinto tipo di protezione, che può essere richiesto con domanda separata;

 

d) «richiedente» o «richiedente asilo»: il cittadino di un paese terzo che ha presentato una domanda di asilo in merito alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

 

e) «esame di una domanda d'asilo»: l'insieme delle misure d'esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda d'asilo conformemente alla legislazione interna, ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione delle disposizioni del presente regolamento;

 

f) «ritiro della domanda d'asilo»: l'azione con la quale il richiedente asilo mette termine alle procedure avviate con la presentazione della sua domanda d'asilo, conformemente alla legislazione interna, esplicitamente o tacitamente;

 

g) «rifugiato»: qualsiasi cittadino di un paese terzo al quale è stato riconosciuto lo status definito dalla convenzione di Ginevra ed ammesso a risiedere in quanto tale nel territorio di uno Stato membro;

 

h) «minori non accompagnati»: le persone non coniugate di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per esse in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per esse responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri;

 

i) «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare del richiedente asilo già costituito nel paese di origine che si trovano nel territorio degli Stati membri:

 

i) il coniuge del richiedente asilo o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione stabile, qualora la legislazione o la prassi dello Stato membro interessato assimili la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della legge sugli stranieri;

 

ii) i figli minori di coppie di cui al punto i) o del richiedente, a condizione che non siano coniugati e siano a carico, indipendentemente dal fatto che siano figli legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale;

 

iii) il padre, la madre o il tutore quando il richiedente o rifugiato è minorenne e non coniugato;

 

j) «titolo di soggiorno»: qualsiasi permesso rilasciato dalle autorità di uno Stato membro che autorizza il soggiorno di un cittadino di un paese terzo nel suo territorio, compresi i documenti che consentono all'interessato di soggiornare nel territorio nazionale nell'ambito di un regime di protezione temporanea o fino a quando avranno termine le circostanze che ostano all'esecuzione di un provvedimento di allontanamento, ad eccezione dei visti e delle autorizzazioni di soggiorno rilasciati nel periodo necessario a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento o durante l'istruzione di una domanda d'asilo o di una richiesta di permesso di soggiorno;

 

k) «visto»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per il transito o per l'ingresso ai fini di soggiorno in tale Stato membro o in diversi Stati membri. La natura del visto è illustrata dalle seguenti definizioni:

 

i) «visto per soggiorno di lunga durata»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per l'ingresso ai fini di un soggiorno nel territorio di tale Stato membro per una durata superiore ai tre mesi;

 

ii) «visto per soggiorno di breve durata»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per l'ingresso ai fini di un soggiorno nel territorio di tale Stato membro o di più Stati membri per un periodo di durata inferiore ai tre mesi;

 

iii) «visto di transito»: l'autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per l'ingresso ai fini di transito attraverso il territorio di tale Stato membro o di diversi Stati membri, ad eccezione del transito aeroportuale;

 

iv) «visto di transito aeroportuale»: l'autorizzazione o la decisione che permette al cittadino di un paese terzo, soggetto specificamente a tale obbligo, di attraversare la zona di transito di un aeroporto, vale a dire senza accedere al territorio nazionale dello Stato membro interessato, in occasione di uno scalo o di un trasferimento tra due tratte di un volo internazionale.

 

 

Capo II

Principi generali

 

Art. 3

1. Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d'asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

 

2. In deroga al paragrafo 1, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d'asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Eventualmente, esso ne informa lo Stato membro anteriormente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo.

 

3. Ogni Stato membro mantiene la possibilità, conformemente alla propria legislazione nazionale, di inviare un richiedente asilo in un paese, nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Ginevra.

 

4. Il richiedente asilo è informato per iscritto in una lingua che possa essere sufficientemente compresa dallo stesso, dell'applicazione del presente regolamento, delle date e degli effetti pertinenti.

 

 

Art. 4

1. Il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento è avviato non appena una domanda d'asilo è presentata per la prima volta in uno Stato membro.

 

2. La domanda d'asilo si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente asilo o un verbale redatto dalle autorità. Nel caso di domanda non scritta, il periodo che intercorre dalla dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto più breve possibile.

 

3. Ai fini del presente regolamento, la situazione del minore che accompagna il richiedente asilo e risponde alla definizione di familiare ai sensi dell'articolo 2, lettera i), è indissociabile da quella del genitore o tutore e rientra nella competenza dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo del suddetto genitore o tutore, anche se il minore non è personalmente un richiedente asilo. Lo stesso trattamento è riservato ai figli nati dopo che i richiedenti sono giunti nel territorio degli Stati membri senza che sia necessario cominciare una nuova procedura di presa in carico degli stessi.

 

4. Quando una domanda d'asilo è presentata alle autorità competenti di uno Stato membro da un richiedente che si trova nel territorio di un altro Stato membro, la determinazione dello Stato membro competente spetta allo Stato membro nel cui territorio si trova il richiedente asilo. Tale Stato membro è informato tempestivamente dallo Stato membro che ha ricevuto la domanda d'asilo e, ai fini del presente regolamento, è considerato lo Stato nel quale la domanda è stata presentata.

 

Il richiedente è informato per iscritto di tale comunicazione e della data alla quale essa è avvenuta.

 

5. Lo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda d'asilo è tenuto, alle condizioni di cui all'articolo 20 e al fine di portare a termine il procedimento di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda, a riprendere in carico il richiedente asilo che si trova in un altro Stato membro e ha presentato colà una nuova domanda d'asilo dopo aver ritirato la domanda di asilo durante il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente.

 

Tale obbligo viene meno se il richiedente asilo ha lasciato nel frattempo i territori degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi o se uno Stato membro gli ha rilasciato un titolo di soggiorno.

 

 

Capo III

Gerarchia dei criteri

 

Art. 5

1. I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell'ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

 

2. La determinazione dello Stato membro competente in applicazione di tali criteri avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente asilo ha presentato domanda di asilo per la prima volta in uno Stato membro.

 

 

Art. 6

Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato, è competente per l'esame della domanda di asilo lo Stato membro nel quale si trova legalmente un suo familiare, purché ciò sia nel miglior interesse del minore.

 

In mancanza di un familiare, è competente per l'esame della domanda lo Stato membro in cui il minore ha presentato la domanda d'asilo.

 

 

Art. 7

Se un familiare del richiedente asilo, a prescindere dal fatto che la famiglia fosse già costituita nel paese di origine, è stato autorizzato a soggiornare in qualità di rifugiato in uno Stato membro, tale Stato membro è competente per l'esame della domanda d'asilo, purché gli interessati lo desiderino.

 

 

Art. 8

Se un familiare di un richiedente asilo ha presentato in uno Stato membro una domanda sulla quale non è ancora stata presa una prima decisione di merito, l'esame della domanda d'asilo compete a detto Stato membro, sempre che gli interessati lo desiderino.

 

 

Art. 9

1. Se il richiedente asilo è titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità, lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo è quello che ha rilasciato tale titolo.

 

2. Se il richiedente asilo è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo è quello che ha rilasciato il visto, a meno che il visto non sia stato rilasciato in rappresentanza o su autorizzazione scritta di un altro Stato membro. In tal caso, l'esame della domanda d'asilo compete a quest'ultimo. Allorché uno Stato membro consulta preventivamente, per ragioni segnatamente di sicurezza, l'autorità centrale di un altro Stato membro, la risposta di quest'ultimo alla consultazione non costituisce un'autorizzazione scritta ai sensi della presente disposizione.

 

3. Se il richiedente asilo è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità, rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo è, nell'ordine:

 

a) lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se la validità temporale è identica, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno la cui scadenza è più lontana;

 

b) lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura;

 

c) quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato membro che ha rilasciato il visto di validità più lunga o, in caso di validità identica, lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana.

 

4. Se il richiedente asilo è titolare soltanto di uno o più titoli di soggiorno scaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l'ingresso nel territorio di uno Stato membro, si applicano i paragrafi 1, 2 e 3 fino a che il richiedente asilo non abbia lasciato i territori degli Stati membri.

 

Qualora il richiedente asilo sia titolare di uno o più titoli di soggiorno scaduti da oltre due anni o di uno o più visti scaduti da oltre sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l'ingresso nel territorio di uno Stato membro e non abbia lasciato i territori degli Stati membri, è competente lo Stato membro in cui è presentata la domanda.

 

5. Il fatto che il titolo di soggiorno o il visto sia stato rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all'attribuzione della competenza allo Stato membro che lo ha rilasciato. Tuttavia, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno o il visto non è competente se può dimostrare che la frode è avvenuta successivamente al rilascio del titolo o del visto.

 

 

Art. 10

1. Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all'articolo 18, paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento (CE) n. 2725/2000, che il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l'esame della domanda d'asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera.

 

2. Quando uno Stato membro non può o non può più essere ritenuto responsabile ai sensi del paragrafo 1 e quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all'articolo 18, paragrafo 3, che il richiedente asilo - entrato illegalmente nei territori degli Stati membri o del quale non si possano accertare le circostanze dell'ingresso - all'atto della presentazione della domanda ha soggiornato in precedenza per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda d'asilo.

 

Se il richiedente asilo ha soggiornato per periodi di almeno cinque mesi in vari Stati membri, lo Stato membro in cui ciò si è verificato per l'ultima volta è competente per l'esame della domanda d'asilo.

 

 

Art. 11

1. Se un cittadino di un paese terzo entra nel territorio di uno Stato membro in cui è dispensato dal visto, l'esame della domanda di asilo compete in questo caso a tale Stato membro.

 

2. Il principio di cui al paragrafo 1 non si applica se il cittadino di un paese terzo presenta la domanda d'asilo in un altro Stato membro in cui è parimenti dispensato dal visto per l'ingresso nel suo territorio. In questo caso quest'ultimo Stato membro è competente per l'esame della domanda.

 

 

Art. 12

Quando la domanda d'asilo è presentata in una zona internazionale di transito di un aeroporto di uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo, detto Stato membro è competente per l'esame della domanda.

 

 

Art. 13

Quando lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Art. 14

Quando diversi membri di una famiglia presentano una domanda d'asilo nel medesimo Stato membro simultaneamente, o in date sufficientemente ravvicinate perché le procedure di determinazione dello Stato competente possano essere svolte congiuntamente, e se l'applicazione dei criteri enunciati nel presente regolamento porterebbe a trattarle separatamente, la determinazione dello Stato competente si basa sulle seguenti disposizioni:

 

a) è competente per l'esame delle domande d'asilo di tutti gli appartenenti alla medesima famiglia lo Stato membro che i criteri designano come competente per prendere in carico il maggior numero di familiari;

 

b) negli altri casi, è competente lo Stato membro che i criteri designano come competente per l'esame della domanda del familiare più anziano.

 

 

Capo IV

Clausola umanitaria

 

Art. 15

1. Qualsiasi Stato membro può, pur non essendo competente in applicazione dei criteri definiti dal presente regolamento, procedere al ricongiungimento dei membri di una stessa famiglia nonché di altri parenti a carico, per ragioni umanitarie, fondate in particolare su motivi familiari o culturali. In tal caso detto Stato membro esamina, su richiesta di un altro Stato membro, la domanda di asilo dell'interessato. Le persone interessate debbono acconsentire.

 

2. Nel caso in cui la persona interessata sia dipendente dall'assistenza dell'altra a motivo di una gravidanza, maternità recente, malattia grave, serio handicap o età avanzata, gli Stati membri possono lasciare insieme o ricongiungere il richiedente asilo e un altro parente che si trovi nel territorio di uno degli Stati membri, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d'origine.

 

3. Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato in un altro Stato membro che ha uno o più parenti che possono occuparsi di lui/lei, gli Stati membri cercano di ricongiungere il minore con il(i) parente(i), a meno che ciò sia in contrasto con il miglior interesse del minore.

 

4. Se lo Stato membro richiesto acconsente a tale richiesta, la competenza dell'esame della domanda gli è trasferita.

 

5. Le condizioni e procedure d'applicazione del presente articolo, ed anche, eventualmente, meccanismi di conciliazione intesi a comporre le divergenze tra Stati membri circa la necessità o il luogo nel quale procedere al ricongiungimento delle persone interessate, sono adottati conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

 

 

Capo V

Obbligo di prendere o riprendere in carico un richiedente asilo

 

Art. 16

1. Lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo in forza del presente regolamento è tenuto a:

 

a) prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli da 17 a 19, il richiedente asilo che ha presentato domanda d'asilo in un altro Stato membro;

 

b) portare a termine l'esame della domanda d'asilo;

 

c) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il richiedente asilo la cui domanda è in corso d'esame e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato;

 

d) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il richiedente asilo che ha ritirato la sua domanda in corso d'esame e che ha presentato una domanda d'asilo in un altro Stato membro;

 

e) riprendere in carico, alle condizioni di cui all'articolo 20, il cittadino di un paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato.

 

2. Se uno Stato membro rilascia al richiedente asilo un titolo di soggiorno, gli obblighi previsti al paragrafo 1 ricadono su detto Stato membro.

 

3. Gli obblighi di cui al paragrafo 1 vengono meno se il cittadino di un paese terzo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che detto cittadino di un paese terzo non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente.

 

4. Gli obblighi previsti al paragrafo 1, lettere d) ed e), vengono meno, inoltre, non appena lo Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo ha adottato ed effettivamente messo in atto, a seguito del ritiro o del rigetto della domanda d'asilo, le disposizioni necessarie perché il cittadino di un paese terzo rientri nel suo paese d'origine o in un altro paese in cui poteva legalmente recarsi.

 

 

Art. 17

1. Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda d'asilo e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l'esame della stessa può interpellare tale Stato membro affinché prenda in carico il richiedente asilo quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda d'asilo ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2.

 

Se la richiesta di prendere in carico il richiedente asilo non è formulata entro tre mesi, la competenza dell'esame della domanda d'asilo spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata.

 

2. Lo Stato membro richiedente può sollecitare una risposta urgente nei casi in cui la domanda d'asilo sia stata presentata a seguito di un rifiuto d'ingresso o di soggiorno, di un arresto per soggiorno irregolare o della notificazione o dell'esecuzione di un provvedimento di allontanamento e/o nel caso in cui il richiedente asilo sia detenuto.

 

La richiesta riporta i motivi che giustificano una risposta urgente e il termine entro il quale tale risposta è attesa. Tale termine è pari ad almeno una settimana.

 

3. In entrambi i casi, la richiesta di presa in carico da parte di un altro Stato membro viene effettuata utilizzando un formulario uniforme ed accludendo elementi di prova o circostanze indiziarie quali descritti nei due elenchi dell'articolo 18, paragrafo 3, e/o elementi pertinenti tratti dalla dichiarazione del richiedente asilo, che permettano alle autorità dello Stato richiesto di verificare la competenza di questo in base ai criteri definiti dal presente regolamento.

 

Le norme relative all'emissione e alle modalità di trasmissione delle richieste sono adottate in conformità della procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

 

Art. 18

1. Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie, in particolare nei suoi archivi, e deliberà sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla data in cui ha ricevuto la richiesta.

 

2. Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo stabilita nel presente regolamento, sono utilizzati elementi di prova e prove indiziarie.

 

3. Conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2, sono compilati due elenchi, da riesaminare periodicamente, ove figurano gli elementi di prova e le prove indiziarie conformemente ai seguenti criteri:

 

a) Prove:

 

i) Si tratta di prove formali che determinano la competenza ai sensi del presente regolamento, finché non siano confutate da prove contrarie.

 

ii) Gli Stati membri forniscono al comitato di cui all'articolo 27 modelli dei diversi tipi di documenti amministrativi, conformemente alla tipologia stabilita nell'elenco di prove formali.

 

b) Prove indiziarie:

 

i) Si tratta di elementi indicativi che, pur essendo oppugnabili, possono essere sufficienti, in alcuni casi, a seconda del valore probatorio ad essi attribuito.

 

ii) Il loro valore probatorio, in relazione alla competenza per l'esecuzione della procedura di asilo, è esaminato caso per caso.

 

4. Il requisito della prova non dovrebbe andare oltre quanto necessario ai fini della corretta applicazione del presente regolamento.

 

5. In mancanza di prove formali, lo Stato membro richiesto si dichiara competente se le prove indiziarie sono coerenti, verificabili e sufficientemente particolareggiate per stabilire la competenza.

 

6. Se lo Stato membro richiedente ha invocato l'urgenza, conformemente alle disposizioni dell'articolo 17, paragrafo 2, lo Stato membro richiesto compie ogni sforzo al fine di rispettare il termine indicato. In casi eccezionali, quando è possibile dimostrare che l'esame di una richiesta ai fini della presa in carico di un richiedente è particolarmente complessa, lo Stato membro richiesto può fornire la risposta dopo il termine richiesto, ma comunque entro un mese. In tali situazioni lo Stato membro richiesto deve comunicare la propria decisione di differire la risposta allo Stato richiedente entro il termine originariamente richiesto.

 

7. La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all'accettazione della richiesta e comporta l'obbligo di prendere in carico la persona, comprese le disposizioni appropriate all'arrivo della stessa.

 

 

Art. 19

1. Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l'obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente.

 

2. La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all'esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell'esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l'organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.

 

3. Il trasferimento del richiedente asilo dallo Stato membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale del primo Stato membro, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall'accettazione della richiesta di presa in carico o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo.

 

Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente asilo un lasciapassare conforme al modello adottato con la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell'arrivo a destinazione del richiedente asilo o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti.

 

4. Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale la domanda d'asilo è stata presentata. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile.

 

5. Norme complementari concernenti l'esecuzione dei trasferimenti possono essere adottate in conformità della procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

 

Art. 20

1. La ripresa in carico di un richiedente asilo in conformità dell'articolo 4, paragrafo 5, e dell'articolo 16, paragrafo 1, lettere c), d) ed e), è effettuata con le seguenti modalità:

 

a) la richiesta in tal senso deve contenere indicazioni che permettano allo Stato membro richiesto di verificare se è competente;

 

b) lo Stato membro richiesto è tenuto a procedere alle verifiche necessarie e rispondere a tale richiesta quanto prima e senza comunque superare il termine di un mese dalla data in cui è investito della questione. Quando la richiesta è basata su dati ottenuti dal sistema Eurodac, tale termine è ridotto a due settimane;

 

c) se lo Stato membro richiesto non comunica la propria decisione entro il termine di un mese o di due settimane di cui alla lettera b), si ritiene che abbia accettato di riprendere in carico il richiedente asilo;

 

d) lo Stato membro che accetta di riprendere in carico il richiedente asilo è tenuto a riammetterlo nel suo territorio. Il trasferimento avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e, al più tardi, entro sei mesi dall'accettazione della richiesta di presa in carico da parte di un altro Stato membro o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo;

 

e) lo Stato membro richiedente notifica al richiedente asilo la decisione relativa alla richiesta allo Stato membro competente di riprenderlo in carico. Detta decisione è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all'esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell'esecuzione del trasferimento eccetto quando il giudice o l'organo giurisdizionale competente decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.

 

Se necessario, lo Stato membro richiedente rilascia al richiedente asilo un lasciapassare conforme al modello adottato con la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

Lo Stato membro competente informa lo Stato membro richiedente dell'arrivo a destinazione del richiedente asilo o, eventualmente, del fatto che il medesimo non si è presentato nei termini prescritti.

 

2. Se il trasferimento non avviene entro sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda d'asilo. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento o l'esame della domanda a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile.

 

3. Le norme relative alle prove e agli indizi, alla loro interpretazione, nonché all'emissione ed alle modalità di trasmissione delle richieste sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

4. Norme complementari concernenti l'esecuzione dei trasferimenti possono essere adottate in conformità della procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

 

Capo VI

Cooperazione amministrativa

 

Art. 21

1. Ciascuno Stato membro comunica allo Stato membro che ne faccia richiesta i dati di carattere personale riguardanti il richiedente asilo che sono idonei, pertinenti e non eccessivi ai fini:

 

a) della determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo;

 

b) dell'esame della domanda d'asilo;

 

c) dell'attuazione di qualsiasi obbligo derivante dal presente regolamento.

 

2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono riguardare soltanto:

 

a) i dati relativi all'identificazione del richiedente e, eventualmente, dei suoi familiari (cognome, nome - eventualmente, cognome precedente - soprannomi o pseudonimi, nazionalità - attuale e precedente - data e luogo di nascita);

 

b) i documenti d'identità e di viaggio (riferimento, periodo di validità, date di rilascio, autorità di rilascio, luogo di rilascio, ecc.);

 

c) gli altri elementi necessari per stabilire l'identità del richiedente, comprese le impronte digitali trattate a norma delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2725/2000;

 

d) i luoghi di soggiorno e gli itinerari di viaggio;

 

e) i titoli di soggiorno o i visti rilasciati da uno Stato membro;

 

f) il luogo nel quale la domanda è stata presentata;

 

g) la data di presentazione di un'eventuale domanda d'asilo precedente, la data di presentazione della domanda attuale, lo stato di avanzamento della procedura e l'eventuale decisione adottata.

 

3. Inoltre, e sempre che ciò sia necessario ai fini dell'esame della domanda di asilo, lo Stato membro competente può chiedere a un altro Stato membro di comunicargli le ragioni invocate dal richiedente asilo a sostegno della sua domanda e le ragioni dell'eventuale decisione adottata nei suoi confronti. Lo Stato membro interpellato può rifiutare di dare seguito alla richiesta se la comunicazione delle informazioni può ledere gli interessi fondamentali dello Stato membro o la protezione delle libertà e dei diritti fondamentali della persona interessata o di terzi. In ogni caso, la comunicazione di dette informazioni è subordinata al consenso scritto del richiedente asilo.

 

4. Qualsiasi richiesta di informazioni è motivata e, quando ha per oggetto la verifica dell'esistenza di un criterio che potrebbe determinare la competenza dello Stato membro interpellato, indica su quale indizio, comprese le informazioni pertinenti, provenienti da fonti affidabili, sulle modalità e sui mezzi con cui i richiedenti asilo entrano nei territori degli Stati membri, o elemento circostanziato e verificabile delle dichiarazioni del richiedente asilo essa si fonda, fermo restando che tali informazioni pertinenti provenienti da fonti affidabili non sono di per sé sufficienti a determinare la responsabilità e la competenza di uno Stato membro ai sensi del presente regolamento, ma che possono contribuire alla valutazione degli ulteriori indizi relativi al singolo richiedente asilo.

 

5. Lo Stato membro interpellato è tenuto a rispondere entro sei settimane.

 

6. Lo scambio di informazioni avviene dietro richiesta di uno Stato membro e può avere luogo soltanto tra le autorità di cui lo Stato membro ha dato comunicazione alla Commissione, che ne informa gli altri Stati membri.

 

7. Le informazioni scambiate possono essere utilizzate soltanto ai fini previsti al paragrafo 1. In ciascuno Stato membro, tali informazioni possono, secondo la loro natura e secondo la competenza dell'autorità destinataria, essere comunicate soltanto alle autorità e giurisdizioni incaricate:

 

a) della determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo;

 

b) dell'esame della domanda d'asilo;

 

c) dell'attuazione di qualsiasi obbligo derivante dal presente regolamento.

 

8. Lo Stato membro che trasmette i dati ne garantisce l'esattezza e l'aggiornamento. Se risulta che detto Stato membro ha trasmesso dati inesatti o che non avrebbero dovuto essere trasmessi, gli Stati membri destinatari ne sono informati immediatamente. Essi sono tenuti a rettificare tali informazioni o a cancellarle.

 

9. Il richiedente asilo ha il diritto, dietro richiesta, di conoscere i dati trattati che lo riguardano.

 

Se constata che dette informazioni sono state trattate in violazione delle disposizioni del presente regolamento o della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, soprattutto perché incomplete o inesatte, ha il diritto di ottenerne la rettifica, la cancellazione o il congelamento.

 

L'autorità che effettua la rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati ne dà comunicazione, a seconda dei casi, allo Stato membro emittente o destinatario delle informazioni.

 

10. In ciascuno Stato membro interessato è fatta menzione, nel fascicolo intestato alla persona interessata e/o in un registro, della trasmissione e della ricezione delle informazioni scambiate.

 

11. I dati scambiati sono conservati per una durata non superiore a quanto necessario ai fini per i quali sono scambiati.

 

12. Se i dati non sono trattati automaticamente o non sono contenuti o non sono destinati ad essere inseriti in un archivio, ciascuno Stato membro dovrebbe adottare misure idonee per garantire il rispetto del presente articolo mediante idonei mezzi di controllo.

 

 

Art. 22

1. Gli Stati membri notificano alla Commissione le autorità responsabili dell'esecuzione degli obblighi risultanti dal presente regolamento e provvedono affinché esse dispongano delle risorse necessarie per lo svolgimento dei loro compiti e in particolare per rispondere entro i termini previsti alle richieste di informazione, alle richieste di presa in carico e alle richieste di ripresa in carico dei richiedenti asilo.

 

2. Norme relative all'istituzione di linee di comunicazione elettronica sicure tra le autorità di cui al paragrafo 1, per inviare richieste e garantire che il mittente riceva automaticamente un avviso di ricevimento per via elettronica, sono fissate conformemente alla procedura di cui all'articolo 27, paragrafo 2.

 

 

Art. 23

1. Gli Stati membri possono concludere tra loro accordi amministrativi bilaterali relativi alle modalità pratiche di esecuzione del presente regolamento, al fine di facilitarne l'attuazione e aumentarne l'efficacia. Detti accordi possono avere per oggetto:

 

a) scambi di ufficiali di collegamento;

 

b) una semplificazione delle procedure e un accorciamento dei termini applicabili alla trasmissione e all'esame delle richieste di presa in carico o di ripresa in carico dei richiedenti asilo.

 

2. Gli accordi di cui al paragrafo 1 sono comunicati alla Commissione. La commissione verifica che gli accordi di cui al paragrafo 1, lettera b), non siano contrari alle disposizioni del presente regolamento.

 

 

Capo VII

Disposizioni transitorie e finali

 

Art. 24

1. Il presente regolamento sostituisce la convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, firmata a Dublino il 15 giugno 1990 (convenzione di Dublino).

 

2. Tuttavia, per garantire la continuità del meccanismo di determinazione dello Stato membro competente della domanda d'asilo, quando la domanda d'asilo è stata presentata dopo la data citata all'articolo 29, secondo comma, i fatti che potrebbero determinare la competenza di uno Stato membro in virtù delle disposizioni del presente regolamento sono presi in considerazione anche se precedenti a tale data, ad esclusione di quelli indicati all'articolo 10, paragrafo 2.

 

3. Quando, nel regolamento (CE) n. 2725/2000, è fatto riferimento alla convenzione di Dublino, tale riferimento s'intende fatto al presente regolamento.

 

 

Art. 25

1. I termini previsti dal presente regolamento si calcolano nel modo seguente:

 

a) se un termine espresso in giorni, in settimane o in mesi deve essere calcolato dal momento in cui si verifica un evento o si compie un atto, il giorno nel quale si verifica tale evento o si compie tale atto non è incluso nel termine;

 

b) un termine espresso in settimane o in mesi scade con lo spirare del giorno che, nell'ultima settimana o nell'ultimo mese ha lo stesso nome o lo stesso numero del giorno in cui si è verificato l'evento o è stato compiuto l'atto a partire dai quali il termine dev'essere calcolato. Se in un termine espresso in mesi il giorno determinato per la sua scadenza manca nell'ultimo mese, il termine scade con lo spirare dell'ultimo giorno di detto mese;

 

c) i termini comprendono i sabati, le domeniche e i giorni festivi legali nello Stato membro interessato.

 

2. Le richieste e le risposte sono inviate utilizzando metodi che consentano di ottenere prova del ricevimento.

 

 

Art. 26

Per quanto riguarda la Repubblica francese, le disposizioni del presente regolamento sono applicabili soltanto al suo territorio europeo.

 

 

Art. 27

1. La Commissione è assistita da un comitato.

 

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.

 

Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

 

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

 

 

Art. 28

Entro tre anni dalla data di cui all'articolo 29, primo comma, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento, proponendo all'occorrenza le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione qualsiasi informazione utile per la stesura della relazione al più tardi sei mesi prima di detta data.

 

Successivamente alla presentazione di tale relazione, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione del presente regolamento contemporaneamente alla presentazione delle relazioni sull'attuazione del sistema Eurodac di cui all'articolo 24, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 2725/2000.

 

 

Art. 29

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

Il presente regolamento si applica alle domande d'asilo presentate a partire dal primo giorno del sesto mese successivo alla sua entrata in vigore e, da tale data, si applica ad ogni richiesta di presa in carico o di ripresa in carico di richiedenti asilo indipendentemente dalla data di presentazione della domanda. Per le domande presentate prima di tale data, lo Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo è individuato conformemente ai criteri enunciati nella convenzione di Dublino.

 

 

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

 

 

Fatto a Bruxelles, addì 18 febbraio 2003.

 

 

Per il Consiglio

Il Presidente

N. Christodoulakis

 


 

Direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004.
Direttiva del Consiglio
recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta


 

(1) (2)

-----------------------------------------

 

(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 30 settembre 2004, n. L 304. Entrata in vigore il 20 ottobre 2004.

(2) Termine di recepimento: 10 ottobre 2006.

 

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

 

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 1), lettera c), punto 2), lettera a) e punto 3), lettera a),

 

vista la proposta della Commissione (3),

 

visto il parere del Parlamento europeo europeo (4),

 

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (5),

 

visto il parere del Comitato delle regioni (6),

 

considerando quanto segue:

 

(1) Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità.

 

(2) Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951 («convenzione di Ginevra»), integrata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 («protocollo»), e di garantire in tal modo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di non «nonrefoulement» (divieto di rimpatrio a rischio di persecuzione).

 

(3) La convenzione di Ginevra ed il relativo protocollo costituiscono la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati.

 

(4) Le conclusioni di Tampere stabiliscono che il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere, a breve termine, il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e al contenuto dello status di rifugiato.

 

(5) Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere precisano che lo status di rifugiato deve essere completato da misure relative a forme sussidiarie di protezione che offrano uno status appropriato a chiunque abbia bisogno di protezione internazionale.

 

(6) Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall'altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri.

 

(7) Il ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti esclusivamente alla diversità delle normative.

 

(8) Discende dalla natura stessa delle norme minime che gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è o un rifugiato ai sensi dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra o una persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale.

 

(9) La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi cui è concesso di rimanere nel territorio di uno Stato membro non perché bisognosi di protezione internazionale, ma per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base di discrezionale.

 

(10) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito.

 

(11) Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti e che vietano le discriminazioni.

 

(12) Nell'applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all'«interesse superiore del minore.»

 

(13) La direttiva si applica nel rispetto del protocollo sull'asilo dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea.

 

(14) Il riconoscimento dello status di rifugiato è un atto declaratorio.

 

(15) Delle consultazioni con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati possono offrire preziose indicazioni agli Stati membri all'atto di decidere se riconoscere lo status di rifugiato ai sensi dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra.

(16) Dovrebbero essere stabilite norme minime per la definizione ed il contenuto dello status di rifugiato, al fine di orientare le competenti autorità nazionali degli Stati membri nell'applicazione della convenzione di Ginevra.

 

(17) È necessario introdurre dei criteri comuni per l'attribuzione ai richiedenti asilo, della qualifica di rifugiati ai sensi dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra.

 

(18) In particolare, è necessario introdurre definizioni comuni per: bisogno di protezione internazionale sorto fuori dal paese d'origine (sur place); fonti del danno e della protezione; protezione interna; persecuzione ivi compresi i motivi di persecuzione.

 

(19) La protezione può essere offerta non soltanto dallo Stato ma anche dai partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che soddisfano le condizioni di cui alla presente direttiva che controllano una regione o una zona più estesa all'interno del territorio dello Stato.

 

(20) Nel valutare le domande di protezione internazionale presentate da minori, è necessario che gli Stati membri considerino con attenzione le forme di persecuzione riguardanti specificamente i minori.

 

(21) È altresì importante introdurre una definizione comune del motivo di persecuzione costituito dall'«appartenenza ad un determinato gruppo sociale.»

 

(22) Gli atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite sono enunciati nel preambolo e agli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite e si rispecchiano, tra l'altro, nelle risoluzioni delle Nazioni unite relative alle misure di lotta al terrorismo, nelle quali è dichiarato che «atti, metodi e pratiche di terrorismo sono contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite» e che «chiunque inciti, pianifichi, finanzi deliberatamente atti di terrorismo compie attività contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite.»

 

(23) In linea con il riferimento di cui all'articolo 14, «status» può includere anche lo status di rifugiato.

 

(24) Inoltre occorre stabilire le norme minime per la definizione e gli elementi essenziali della protezione sussidiaria. La protezione sussidiaria dovrebbe avere carattere complementare e supplementare rispetto alla protezione dei rifugiati sancito dalla convenzione di Ginevra.

 

(25) È necessario introdurre i criteri per l'attribuzione, alle persone richiedenti protezione internazionale, della qualifica di beneficiari della protezione sussidiaria. Tali criteri dovrebbero essere elaborati sulla base degli obblighi internazionali derivanti da atti internazionali in materia di diritti dell'uomo e sulla base della prassi seguita negli Stati membri.

 

(26) I rischi a cui è esposta in generale la popolazione o una parte della popolazione di un paese di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave.

 

(27) I familiari, semplicemente per la loro relazione con il rifugiato, sono di norma esposti ad atti di persecuzione al punto che questo aspetto potrebbe costituire la base per beneficiare dello status di rifugiato.

 

(28) Nella nozione di sicurezza nazionale e di ordine pubblico rientrano pure i casi in cui un cittadino di un paese terzo faccia parte di un'organizzazione che sostiene il terrorismo internazionale o sostenga una siffatta organizzazione.

 

(29) Mentre i benefici offerti ai familiari dei beneficiari della protezione sussidiaria non devono essere necessariamente gli stessi previsti per il beneficiario di tale status, essi devono essere equi rispetto a quelli offerti ai beneficiari della protezione sussidiaria.

 

(30) Entro i limiti derivanti dagli obblighi internazionali, gli Stati membri possono stabilire che la concessione di prestazioni in materia di accesso all'occupazione, assistenza sociale, assistenza sanitaria e accesso agli strumenti d'integrazione sia subordinata al rilascio di un permesso di soggiorno.

 

(31) La presente direttiva non si applica alle agevolazioni finanziarie accordate dagli Stati membri per promuovere l'istruzione e la formazione.

 

(32) Si dovrebbe tener conto delle difficoltà pratiche incontrate dai beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria per quanto riguarda l'autentificazione dei loro diplomi, certificati o altri titoli stranieri.

 

(33) Per scongiurare soprattutto il disagio sociale, è opportuno offrire ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, senza discriminazioni nel quadro dei servizi sociali, assistenza sociale e mezzi di sostentamento adeguati.

 

(34) Con riferimento all'assistenza sociale ed assistenza sanitaria le modalità e i dettagli concernenti l'attribuzione delle prestazioni essenziali dovrebbero essere determinate secondo la legislazione nazionale. La possibilità di limitare le prestazioni per i beneficiari della protezione sussidiaria a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l'assistenza in caso di malattia, di gravidanza e l'assistenza parentale, nella misura in cui le medesime prestazioni siano offerte ai cittadini dello Stato membro in questione conformemente alla legislazione nazionale.

 

(35) Occorre assicurare l'accesso all'assistenza sanitaria, per quanto riguarda la salute sia fisica che mentale, ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria.

 

(36) L'attuazione della presente direttiva dovrebbe formare oggetto di valutazioni periodiche, tenendo conto in particolare dell'evolversi degli obblighi internazionali degli Stati membri in materia di «non refoulement», dell'evoluzione dei mercati del lavoro negli Stati membri e dell'elaborazione di principi fondamentali comuni in materia d'integrazione.

 

(37) Poiché gli scopi della direttiva proposta ossia l'elaborazione di norme minime per la concessione della protezione internazionale a cittadini di paesi terzi e ad apolidi da parte degli Stati membri ed il contenuto della protezione concessa non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

 

(38) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 28 gennaio 2002, la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.

 

(39) In applicazione dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, l'Irlanda ha notificato con lettera del 13 febbraio 2002 la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.

 

(40) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,

 

ha adottato la presente direttiva:

 

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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 26 febbraio 2002, n. C 51 E.

(4) Pubblicato nella G.U.U.E. 11 dicembre 2003, n. C 300 E.

(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 17 settembre 2002, n. C 221.

(6) Pubblicato nella G.U.C.E. 14 novembre 2002, n. C 278.

 

Capo I

Disposizioni generali

 

Art. 1

Oggetto e campo d'applicazione.

La presente direttiva stabilisce norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

 

 

Art. 2

Definizioni.

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

 

a) «protezione internazionale»: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria quale definito alle lettere d) e f);

 

b) «convenzione di Ginevra»: la convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, come modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

 

c) «rifugiato»: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l'articolo 12;

 

d) «status di rifugiato»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

 

e) «persona ammissibile alla protezione sussidiaria»: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all'articolo 15, e al quale non si applica l'articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;

 

f) «status di protezione sussidiaria»: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona ammissibile alla protezione sussidiaria;

 

g) «domanda di protezione internazionale»: una richiesta di protezione rivolta ad uno Stato membro da parte di un cittadino di un paese terzo o di un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione, non contemplato nel campo d'applicazione della presente direttiva, che possa essere richiesto con domanda separata;

 

h) «familiari»: i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare, già costituito nel paese di origine, del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria che si trovano nel medesimo Stato membro in connessione alla domanda di protezione internazionale:

 

- il coniuge del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, o il suo partner non sposato, avente con questi una relazione stabile, se la legislazione o la prassi dello Stato membro interessato equipara le coppie non sposate a quelle sposate nel quadro della legge sugli stranieri,

 

- i figli minori della coppia di cui al primo trattino o del beneficiario dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria, a condizione che siano non sposati ed a suo carico, indipendentemente dal fatto che siano legittimi, naturali o adottivi secondo le definizioni del diritto nazionale;

 

i) «minore non accompagnato»: il cittadino di un paese terzo o l'apolide d'età inferiore ai diciotto anni che giunga nel territorio dello Stato membro senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile in base alla legge o agli usi, fino a quando non sia effettivamente affidato ad un tale adulto; il termine include i minori che vengono abbandonati dopo essere entrati nel territorio degli Stati membri;

 

j) «permesso di soggiorno»: qualsiasi titolo o autorizzazione rilasciati dalle autorità di uno Stato membro nella forma prevista dalla legislazione nazionale, che permetta ad un cittadino di un paese terzo o ad un apolide di soggiornare nel territorio dello Stato membro stesso;

 

k) «paese di origine»: il paese o i paesi di cui il richiedente è cittadino o, per un apolide, in cui aveva precedentemente la dimora abituale.

 

 

Art. 3

Disposizioni più favorevoli.

Gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone ammissibili alla protezione sussidiaria nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva.

 

 

Capo II

Valutazione delle domande di protezione internazionale

 

Art. 4

Esame dei fatti e delle circostanze.

1. Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

 

2. Gli elementi di cui al paragrafo 1 sono le dichiarazioni del richiedente e tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d'asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di identità e di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

 

3. L'esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

 

a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d'origine al momento dell'adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d'origine e relative modalità di applicazione;

 

b) della dichiarazione e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

 

c) della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l'estrazione, il sesso e l'età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;

 

d) dell'eventualità che le attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato il paese d'origine abbiano mirato esclusivamente o principalmente a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o a danno grave in caso di rientro nel paese;

 

e) dell'eventualità che ci si possa ragionevolmente attendere dal richiedente un ricorso alla protezione di un altro paese di cui potrebbe dichiararsi cittadino.

 

4. Il fatto che un richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di siffatte persecuzioni o danni costituisce un serio indizio della fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, a meno che vi siano buoni motivi per ritenere che tali persecuzioni o danni gravi non si ripeteranno.

 

5. Quando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto a motivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

 

a) il richiedente ha compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda;

 

b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una spiegazione soddisfacente dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi;

 

c) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone;

 

d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che egli non dimostri di aver avuto buoni motivi per ritardarla; e

 

e) è accertato che il richiedente è in generale attendibile.

 

 

Art. 5

Bisogno di protezione internazionale sorto fuori dal paese d'origine («sur place»).

1. Il timore fondato di essere perseguitato o il rischio effettivo di subire un danno grave può essere basato su avvenimenti verificatisi dopo la partenza del richiedente dal suo paese di origine.

 

2. Il timore fondato di essere perseguitato o il rischio effettivo rischio di subire un danno grave può essere basato su attività svolte dal richiedente dopo la sua partenza dal paese d'origine, in particolare quando sia accertato che le attività addotte costituiscono l'espressione e la continuazione di convinzioni od orientamenti già manifestati nel paese d'origine.

 

3. Fatta salva la convenzione di Ginevra, gli Stati membri possono stabilire di non riconoscere di norma lo status di rifugiato a un richiedente che abbia introdotto una domanda successiva se il rischio di persecuzioni è basato su circostanze determinate dal richiedente stesso dopo la partenza dal paese di origine.

 

 

Art. 6

Responsabili della persecuzione o del danno grave.

I responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere:

 

a) lo Stato;

 

b) i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio;

 

c) soggetti non statuali, se può essere dimostrato che i responsabili di cui alle lettere a) e b), comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi come definito all'articolo 7.

 

 

Art. 7

Soggetti che offrono protezione.

1. La protezione può essere offerta:

 

a) dallo Stato; oppure

 

b) dai partiti o organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio.

 

2. La protezione è in generale fornita se i soggetti di cui al paragrafo 1 adottano adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, avvalendosi tra l'altro di un sistema giuridico effettivo che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione o danno grave e se il richiedente ha accesso a tale protezione.

 

3. Per stabilire se un'organizzazione internazionale controlla uno Stato o una parte consistente del suo territorio e se fornisce protezione come enunciato al paragrafo 2, gli Stati membri tengono conto degli eventuali orientamenti impartiti nei pertinenti atti del Consiglio.

 

 

Art. 8

Protezione all'interno del paese d'origine.

1. Nell'ambito dell'esame della domanda di protezione internazionale, gli Stati membri possono stabilire che il richiedente non necessita di protezione internazionale se in una parte del territorio del paese d'origine egli non abbia fondati motivi di temere di essere perseguitato o non corra rischi effettivi di subire danni gravi e se è ragionevole attendere dal richiedente che si stabilisca in quella parte del paese.

 

2. Nel valutare se una parte del territorio del paese d'origine è conforme al paragrafo 1, gli Stati membri tengono conto delle condizioni generali vigenti in tale parte del paese nonché delle circostanze personali del richiedente all'epoca della decisione sulla domanda.

 

3. Il paragrafo 1 si può applicare nonostante ostacoli tecnici al ritorno al paese d'origine.

 

 

Capo III

Requisiti per essere considerato rifugiato

 

Art. 9

Atti di persecuzione.

1. Gli atti di persecuzione ai sensi dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra devono:

 

a) essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, della convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; oppure

 

b) costituire la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani, il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo a quello di cui alla lettera a).

 

2. Gli atti di persecuzione che rientrano nella definizione di cui al paragrafo 1 possono, tra l'altro, assumere la forma di:

 

a) atti di violenza fisica o psichica, compresa la violenza sessuale;

 

b) provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia e/o giudiziari, discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio;

 

c) azioni giudiziarie o sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie;

 

d) rifiuto di accesso ai mezzi di ricorso giuridici e conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria;

 

e) azioni giudiziarie o sanzioni penali in conseguenza al rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto, quando questo comporterebbe la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nelle clausole di esclusione di cui all'articolo 12, paragrafo 2;

 

f) atti specificamente diretti contro un sesso o contro l'infanzia.

 

3. In conformità dell'articolo 2, lettera c), i motivi di cui all'articolo 10 devono essere collegati agli atti di persecuzione quali definiti al paragrafo 1.

 

 

Art. 10

Motivi di persecuzione.

1. Nel valutare i motivi di persecuzione, gli Stati membri tengono conto dei seguenti elementi:

 

a) il termine «razza» si riferisce, in particolare, a considerazioni inerenti al colore della pelle, alla discendenza o all'appartenenza ad un determinato gruppo etnico;

 

b) il termine «religione» include, in particolare, le convinzioni teiste, non teiste e ateiste, la partecipazione a, o l'astensione da, riti di culto celebrati in privato o in pubblico, sia singolarmente sia in comunità, altri atti religiosi o professioni di fede, nonché le forme di comportamento personale o sociale fondate su un credo religioso o da esso prescritte;

 

c) il termine «nazionalità» non si riferisce esclusivamente alla cittadinanza, o all'assenza di cittadinanza, ma designa, in particolare, l'appartenenza ad un gruppo caratterizzato da un'identità culturale, etnica o linguistica, comuni origini geografiche o politiche o la sua affinità con la popolazione di un altro Stato;

 

d) si considera che un gruppo costituisce un particolare gruppo sociale in particolare quando:

 

- i membri di tale gruppo condividono una caratteristica innata o una storia comune che non può essere mutata oppure condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l'identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, e

 

- tale gruppo possiede un'identità distinta nel paese di cui trattasi, perché vi è percepito come diverso dalla società circostante.

 

In funzione delle circostanze nel paese d'origine, un particolare gruppo sociale può includere un gruppo fondato sulla caratteristica comune dell'orientamento sessuale. L'interpretazione dell'espressione «orientamento sessuale» non può includere atti classificati come penali dal diritto interno degli Stati membri; possono valere considerazioni di genere, sebbene non costituiscano di per sé stesse una presunzione di applicabilità del presente articolo;

 

e) il termine «opinione politica» si riferisce, in particolare, alla professione di un'opinione, un pensiero o una convinzione su una questione inerente ai potenziali persecutori di cui all'articolo 6 e alle loro politiche o metodi, indipendentemente dal fatto che il richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti.

 

2. Nell'esaminare se un richiedente abbia un timore fondato di essere perseguitato è irrilevante che il richiedente possegga effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una siffatta caratteristica gli venga attribuita dall'autore delle persecuzioni.

 

 

Art. 11

Cessazione.

1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere un rifugiato qualora:

 

a) si sia volontariamente avvalso di nuovo della protezione del paese di cui ha la cittadinanza; o

 

b) avendo perso la cittadinanza, l'abbia volontariamente riacquistata; o

 

c) abbia acquistato una nuova cittadinanza e goda della protezione del paese di cui ha acquistato la cittadinanza; o

 

d) si sia volontariamente ristabilito nel paese che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato; o

 

e) non possa più rinunciare alla protezione del paese di cui ha la cittadinanza, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato;

 

f) se trattasi di un apolide, sia in grado di tornare nel paese nel quale aveva la dimora abituale, perché sono venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato.

 

2. Ai fini dell'applicazione delle lettere e) e f) del paragrafo 1, gli Stati membri esaminano se il cambiamento delle circostanze ha un significato e una natura non temporanea tali da eliminare il fondato timore di persecuzioni.

 

 

Art. 12

Esclusione.

1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

 

a) rientra nel campo d'applicazione dell'articolo 1D della convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un'agenzia delle Nazioni unite diversi dall'Alto Commissario delle Nazioni unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall'assemblea generale delle Nazioni unite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva;

 

b) le autorità competenti del paese nel quale ha stabilito la sua residenza gli riconoscono i diritti e gli obblighi connessi al possesso della cittadinanza del paese stesso o diritti e obblighi equivalenti.

 

2. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato ove sussistano fondati motivi per ritenere:

 

a) che abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

 

b) che abbia commesso al di fuori del paese di accoglienza un reato grave di diritto comune prima di essere ammesso come rifugiato, ossia prima del momento in cui gli è rilasciato un permesso di soggiorno basato sul riconoscimento dello status di rifugiato, abbia commesso atti particolarmente crudeli, anche se perpetrati con un dichiarato obiettivo politico, che possono essere classificati quali reati gravi di diritto comune;

 

c) che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite.

 

3. Il paragrafo 2 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati.

 

 

Capo IV

Status di rifugiato

 

Art. 13

Riconoscimento dello status di rifugiato.

Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all'apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III.

 

 

 

 

Art. 14

Revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status.

1. Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all'entrata in vigore della presente direttiva gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di essere un rifugiato ai sensi dell'articolo 11.

 

2. Fatto salvo l'obbligo del rifugiato, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di rifugiato dimostra su base individuale che l'interessato ha cessato di essere o non è mai stato un rifugiato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo.

 

3. Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato, lo Stato membro interessato abbia stabilito che:

a) la persona in questione avrebbe dovuto essere esclusa o è esclusa dallo status di rifugiato ai sensi dell'articolo 12;

 

b) il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l'ottenimento dello status di rifugiato.

 

4. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status riconosciuto a un rifugiato da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario quando:

 

a) vi sono fondati motivi per ritenere che la persona in questione costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato membro in cui si trova;

 

b) la persona in questione, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, costituisce un pericolo per la comunità di tale Stato membro.

 

5. Nelle situazioni previste al paragrafo 4, gli Stati membri possono decidere di non riconoscere lo status ad un rifugiato quando la decisione non è ancora stata presa.

 

6. Le persone cui si applicano i paragrafi 4 o 5 godono dei diritti analoghi conferiti dagli articoli 3, 4, 16, 22, 31 e 32 e 33 della convenzione di Ginevra, o di diritti analoghi, purché siano presenti nello Stato membro.

 


 

Capo V

Requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria

 

Art. 15

Danno grave.

Sono considerati danni gravi:

 

a) la condanna a morte o all'esecuzione; o

 

b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o

 

c) la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

 

 

Art. 16

Cessazione.

1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di essere ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria quando le circostanze che hanno indotto alla concessione dello status di protezione sussidiaria sono venute meno o mutate in una misura tale che la protezione non è più necessaria.

 

2. Nell'applicare il paragrafo 1 gli Stati membri considerano se le mutate circostanze siano di natura così significativa e non temporanea che la persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria non sia più esposta a un rischio effettivo di danno grave.

 

 

Art. 17

Esclusione.

1. Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria ove sussistano fondati motivi per ritenere:

 

a) che egli abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

 

b) che abbia commesso un reato grave;

 

c) che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite;

 

d) che rappresenti un pericolo per la comunità o la sicurezza dello Stato in cui si trova.

 

2. Il paragrafo 1 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati.

 

3. Gli Stati membri possono escludere un cittadino di un paese terzo o un apolide dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria se questi, prima di essere ammesso nello Stato membro, ha commesso uno o più reati non contemplati al paragrafo 1, che sarebbero punibili con la reclusione se fossero stati perpetrati nello Stato membro interessato e se ha lasciato il paese d'origine soltanto al fine di evitare le sanzioni risultanti da tali reati.

 

 

Capo VI

Status di protezione sussidiaria

 

Art. 18

Riconoscimento dello status di protezione sussidiaria.

Gli Stati membri riconoscono lo status di protezione sussidiaria a un cittadino di un paese terzo o a un apolide ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria in conformità dei capi II e V.

 

 

Art. 19

Revoca, cessazione o rifiuto del rinnovo dello status di protezione sussidiaria.

1. Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all'entrata in vigore della presente direttiva gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di protezione sussidiaria riconosciuta a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di essere una persona ammissibile alla protezione sussidiaria in conformità dell'articolo 16.

 

2. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status di protezione sussidiaria riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi, dopo aver ottenuto lo status di protezione sussidiaria, avrebbe dovuto essere escluso dall'ammissibilità a tale status in conformità dell'articolo 17, paragrafo 3.

 

3. Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di protezione sussidiaria di un cittadino di un paese terzo o di un apolide se:

 

a) questi, successivamente al riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, avrebbe dovuto essere escluso o è escluso dalla qualifica di persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria ai sensi dell'articolo 17, paragrafi 1 e 2;

 

b) il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l'ottenimento dello status di protezione sussidiaria.

 

4. Fatto salvo l'obbligo del cittadino di un paese terzo o dell'apolide, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di protezione sussidiaria dimostra su base individuale che l'interessato ha cessato di essere o non è ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria ai sensi dei paragrafi da 1 a 3 del presente articolo.

 

 

Capo VII

Contenuto della protezione internazionale

 

Art. 20

Disposizioni generali.

1. Le disposizioni del presente capo non pregiudicano i diritti sanciti dalla convenzione di Ginevra.

 

2. Le disposizioni del presente capo si applicano sia ai rifugiati sia alle persone ammissibili a beneficiare della protezione sussidiaria, ove non diversamente indicato.

 

3. Nell'attuare il presente capo, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologia, fisica o sessuale.

 

4. Il paragrafo 3 si applica soltanto alle persone per cui si riscontrano esigenze particolari mediante la valutazione della loro situazione individuale.

 

5. Il prevalente interesse del minore è la principale considerazione degli Stati membri quando attuano le disposizioni del presente capo che coinvolgono i minori.

 

6. Entro i limiti stabiliti dalla convenzione di Ginevra, gli Stati membri hanno la facoltà di ridurre i benefici del presente capo, riconosciuti a un rifugiato, il cui status di rifugiato sia stato ottenuto per attività svolte al fine esclusivo o principale di creare le condizioni necessarie al riconoscimento di tale status.

 

7. Entro i limiti derivanti dagli obblighi internazionali degli Stati membri, gli Stati membri hanno la facoltà di ridurre i benefici del presente capo, riconosciuti ad una persona ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria, il cui status di protezione sussidiaria sia stato ottenuto per attività svolte al fine esclusivo o principale di creare le condizioni necessarie al riconoscimento come persona ammissibile alla protezione sussidiaria.

 

 

 

Art. 21

Protezione dal respingimento

1. Gli Stati membri rispettano il principio di «non refoulement» in conformità dei propri obblighi internazionali.

 

2. Qualora non sia vietato dagli obblighi internazionali previsti dal paragrafo 1, gli Stati membri possono respingere un rifugiato, formalmente riconosciuto o meno, quando:

 

a) vi siano ragionevoli motivi per considerare che detta persona rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato membro nel quale si trova; o

 

b) che, essendo stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità, detta persona costituisca un pericolo per la comunità di tale Stato membro.

 

3. Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare il rinnovo o il rilascio di un permesso di soggiorno di un (o a un) rifugiato al quale si applichi il paragrafo 2.

 

 

Art. 22

Informazioni.

Quanto prima possibile dopo aver riconosciuto loro lo status, gli Stati membri forniscono alle persone che considerano bisognose di protezione internazionale, in una lingua che queste siano in grado di comprendere, l'accesso a informazioni sui diritti e gli obblighi previsti dallo status di protezione loro applicabile.

 

 

Art. 23

Mantenimento dell'unità del nucleo familiare.

1. Gli Stati membri provvedono a che possa essere preservata l'unità del nucleo familiare.

 

2. Gli Stati membri provvedono a che i familiari del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, che individualmente non hanno diritto a tale status o protezione, siano ammessi ai benefici di cui agli articoli da 24 a 34, in conformità delle procedure nazionali e nella misura in cui ciò sia compatibile con lo status giuridico personale del familiare.

 

Gli Stati membri possono definire le condizioni applicabili ai benefici relativi ai familiari dei beneficiari della protezione sussidiaria.

 

In tali casi gli Stati membri assicurano che i benefici offerti garantiscano un adeguato tenore di vita.

 

3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano quando il familiare è o sarebbe escluso dallo status di rifugiato o dalla protezione sussidiaria in base ai capi III e V.

 

4. Nonostante i paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono rifiutare, ridurre o revocare i benefici ivi menzionati, per motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.

 

5. Gli Stati membri possono decidere che il presente articolo si applica anche agli altri congiunti che vivevano nel nucleo familiare al momento della partenza dal paese d'origine e che in quel momento erano completamente o principalmente a carico del beneficiario dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

 

 

Art. 24

Permesso di soggiorno.

1. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di rifugiato, il più presto possibile dopo aver riconosciuto loro lo status, un permesso di soggiorno valido per un periodo di almeno tre anni rinnovabile, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico e fatto salvo l'articolo 21, paragrafo 3.

 

Fatto salvo l'articolo 23, paragrafo 1, il permesso di soggiorno da rilasciare ai familiari dei beneficiari dello status di rifugiato può essere valido per un periodo inferiore a tre anni e rinnovabile.

 

2. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari della protezione sussidiaria, il più presto possibile dopo aver riconosciuto loro lo status, un permesso di soggiorno valido per un periodo non inferiore ad un anno rinnovabile, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.

 

 

Art. 25

Documenti di viaggio.

1. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari dello status di rifugiato documenti di viaggio nella forma prevista dall'allegato della convenzione di Ginevra, allo scopo di permettere loro di viaggiare al di fuori del loro territorio, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.

 

2. Gli Stati membri rilasciano ai beneficiari della protezione sussidiaria che si trovino nell'impossibilità di ottenere un passaporto nazionale, documenti che consentono loro di viaggiare, almeno quando sussistano gravi ragioni umanitarie che rendano necessaria la loro presenza in un altro Stato, purché non vi ostino imperiosi motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.

 

 

Art. 26

Accesso all'occupazione.

1. Gli Stati membri autorizzano i beneficiari dello status di rifugiato ad esercitare un'attività dipendente o autonoma nel rispetto della normativa generalmente applicabile alle professioni e agli impieghi nella pubblica amministrazione, non appena sia stato loro riconosciuto lo status di rifugiato.

 

2. Gli Stati membri provvedono a che siano offerte ai beneficiari dello status di rifugiato opportunità di formazione occupazionale per adulti, formazione professionale e tirocinio sul luogo di lavoro secondo modalità equivalenti a quelle previste per i loro cittadini.

 

3. Gli Stati membri autorizzano i beneficiari dello status di protezione sussidiaria ad esercitare un'attività dipendente o autonoma nel rispetto della normativa generalmente applicabile alle professioni e agli impieghi nella pubblica amministrazione, non appena sia stato loro riconosciuto lo status di protezione sussidiaria. Può essere tenuta in considerazione la situazione esistente sul mercato del lavoro degli Stati membri, eventualmente anche per stabilire un ordine di precedenza per l'accesso all'occupazione per un periodo di tempo limitato da determinare conformemente alla normativa nazionale. Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari dello status di protezione sussidiaria accedano al posto per il quale hanno ricevuto un'offerta, in conformità delle norme nazionali in materia di ordine di precedenza sul mercato del lavoro.

 

4. Gli Stati membri provvedono a che ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria siano offerte opportunità di formazione occupazionale per adulti, formazione professionale e tirocinio sul luogo di lavoro secondo modalità che saranno decise dagli Stati membri stessi.

 

5. Si applica la normativa vigente negli Stati membri in materia di retribuzione, di accesso ai regimi di sicurezza sociale connessa all'attività di lavoro dipendente o autonomo, nonché di ogni altra condizione di lavoro.

 

 

Art. 27

Accesso all'istruzione.

1. Gli Stati membri offrono il pieno accesso al sistema scolastico, secondo le stesse modalità previste per i loro cittadini, a tutti i minori beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

 

2. Gli Stati membri consentono agli adulti beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria di accedere al sistema di istruzione generale e di aggiornamento e perfezionamento professionale secondo le stessa modalità previste per i cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare.

 

3. Gli Stati membri garantiscono la parità di trattamento tra i beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ed i loro cittadini nel quadro delle vigenti procedure di riconoscimento di diplomi, certificati ed altri titoli stranieri.

 

 

Art. 28

Assistenza sociale.

1. Gli Stati membri provvedono affinché i beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria ricevano, nello Stato membro che ha concesso tali status, adeguata assistenza sociale, alla stregua dei cittadini Stato membro in questione.

 

2. In via d'eccezione alla regola generale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare l'assistenza sociale per i beneficiari della protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione.

 

 

Art. 29

Assistenza sanitaria.

1. Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria abbiano accesso all'assistenza sanitaria secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha riconosciuto loro tali status.

 

2. In via d'eccezione alla regola generale di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare l'assistenza sanitaria per i beneficiari della protezione sussidiaria alle prestazioni essenziali, che in tal caso sono offerte allo stesso livello e alle stesse condizioni di ammissibilità previste per i cittadini dello Stato membro in questione.

 

3. Gli Stati membri forniscono adeguata assistenza sanitaria, secondo le stesse modalità previste per i cittadini dello Stato membro che ha concesso tali status, ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria che presentano particolari esigenze, quali le donne in stato di gravidanza, i disabili, le vittime di torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale, o i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso, negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato.

 

 

Art. 30

Minori non accompagnati.

1. Gli Stati membri adottano quanto prima dopo la concessione dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, misure atte ad assicurare la necessaria rappresentanza dei minori non accompagnati, da parte di un tutore legale oppure, ove necessario, la rappresentanza da parte di un organismo incaricato della cura e del benessere dei minori, oppure qualsiasi altra forma adeguata di rappresentanza, inclusa quella basata sulla legislazione o su un provvedimento giudiziario.

 

2. Nel dare attuazione alla presente direttiva, gli Stati membri provvedono affinché le esigenze del minore siano debitamente soddisfatte dal tutore o rappresentante designato. Le autorità competenti procedono a valutazioni periodiche.

 

3. Gli Stati membri provvedono affinché i minori non accompagnati siano alloggiati:

 

a) presso familiari adulti; o

 

b) presso una famiglia affidataria; o

 

c) in centri specializzati nell'ospitare i minori; o

 

d) secondo altre modalità che offrano un alloggio idoneo per i minori.

 

In questo contento si tiene conto del parere del minore conformemente all'età e al grado di maturità dello stesso

 

4. Per quanto possibile i fratelli sono alloggiati insieme, tenendo conto del prevalente interesse del minore in questione e, in particolare, della sua età e del grado di maturità. I cambi di residenza di minori non accompagnati sono limitati al minimo.

 

5. Gli Stati membri, a tutela del prevalente interesse del minore non accompagnato, si adoperano per rintracciare quanto prima i suoi familiari. Nei casi in cui sussistano rischi per la vita o l'integrità del minore o dei suoi parenti stretti, in particolare se questi sono rimasti nel paese di origine, la raccolta, il trattamento e la diffusione delle informazioni relative a queste persone sono effettuate in via confidenziale.

 

6. Le persone che si occupano di minori non accompagnati devono aver ricevuto o ricevono una specifica formazione in merito alle particolari esigenze degli stessi.

 

 

Art. 31

Accesso all'alloggio.

Gli Stati membri provvedono a che i beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria abbiano accesso ad un alloggio secondo modalità equivalenti a quelle previste per altri cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare nei loro territori.

 

 

Art. 32

Libera circolazione nel territorio dello Stato membro.

Gli Stati membri concedono ai beneficiari dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria la libertà di circolazione all'interno del territorio nazionale, secondo le stesse modalità e restrizioni previste per altri cittadini di paesi terzi in soggiorno regolare nei loro territori.

 

 

Art. 33

Accesso agli strumenti di integrazione.

1. Al fine di facilitare l'integrazione dei rifugiati nella società, gli Stati membri stabiliscono i programmi d'integrazione che considerano adeguati o creano i presupposti che garantiscono l'accesso a tali programmi.

 

2. Laddove lo ritengano opportuno, gli Stati membri consentono ai beneficiari dello status di protezione sussidiaria di accedere ai programmi d'integrazione.

 

 

Art. 34

Rimpatrio.

Gli Stati membri possono fornire assistenza ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria che desiderano rimpatriare.

 

 

Capo VIII

Cooperazione amministrativa

 

Art. 35

Cooperazione.

Ciascuno Stato membro designa un punto nazionale di contatto, trasmettendone l'indirizzo alla Commissione che a sua volta lo comunica a tutti gli altri Stati membri.

 

Gli Stati membri, in collegamento con la Commissione, adottano ogni misura idonea ad instaurare una cooperazione diretta e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti.

 

 

Art. 36

Personale.

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché tutte le autorità competenti e le altre organizzazioni che danno attuazione alla presente direttiva abbiano ricevuto la necessaria formazione di base e siano soggette, conformemente a quanto stabilito dal diritto nazionale, all'obbligo di riservatezza relativamente alle informazioni di cui dovessero venire a conoscenza durante l'attività da loro svolta.

 

 

 


 

Capo IX

Disposizioni finali

 

Art. 37

Relazioni.

1. Entro il 10 aprile 2008, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri, proponendo all'occorrenza le necessarie modifiche. Dette proposte di modifica riguardano in via prioritaria agli articoli 15, 26 e 33. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni informazione utile ai fini di tale relazione entro il 10 ottobre 2007.

 

2. Successivamente, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio almeno ogni cinque anni sull'applicazione della presente direttiva.

 

 

Art. 38

Recepimento.

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 10 ottobre 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

 

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Gli Stati membri determinano le modalità di tali riferimenti.

 

2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni nazionali di legge che adottano nel settore trattato dalla presente direttiva.

 

 

Art. 39

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

 

Art. 40

Destinatari.

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

 

 

 

Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004.

 

 

Per il Consiglio

Il presidente

M. McDOWELL

 

 

 


 

Dir. 2005/85/CE del 1° dicembre 2005.
Direttiva del Consiglio
recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato

 

 

(1) (2)

-----------------------------------------

 

(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 13 dicembre 2005, n. L 326. Entrata in vigore il 2 gennaio 2006.

(2) Termine di recepimento: vedi articolo 43 della presente direttiva. Direttiva recepita con L. 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006).

 

 

Il Consiglio dell'Unione europea,

 

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, primo comma, punto 1, lettera d),

 

vista la proposta della Commissione (3),

 

visto il parere del Parlamento europeo (4),

 

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (5),

 

considerando quanto segue:

 

(1) Una politica comune nel settore dell'asilo, che preveda un regime europeo comune in materia di asilo, costituisce uno degli elementi fondamentali dell'obiettivo dell'Unione europea relativo all'istituzione progressiva di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, cercano legittimamente protezione nella Comunità.

 

(2) Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all'istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull'applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 (di seguito «convenzione di Ginevra»), affermando in questo modo il principio di «non refoulement» (non respingimento) e garantendo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione.

 

(3) Le conclusioni di Tampere prevedono che il regime europeo comune in materia di asilo debba stabilire, a breve termine, norme comuni per procedure di asilo eque ed efficaci negli Stati membri e che, nel lungo periodo, le norme comunitarie debbano indirizzarsi verso una procedura comune in materia di asilo nella Comunità europea.

 

(4) Le norme minime di cui alla presente direttiva sulle procedure applicabili negli Stati membri per il riconoscimento o la revoca dello status di rifugiato costituiscono pertanto un primo passo in materia di procedure di asilo.

 

(5) Obiettivo principale della presente direttiva è stabilire un quadro minimo nella Comunità sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato.

 

(6) Il ravvicinamento delle norme sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, nei casi in cui tali movimenti siano dovuti alla diversità delle normative.

 

(7) Discende dalla natura stessa delle norme minime che gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di stabilire o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli per i cittadini di paesi terzi o per gli apolidi che chiedono ad uno Stato membro protezione internazionale, qualora tale richiesta sia intesa come basata sul fatto che la persona interessata è un rifugiato a norma dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra.

 

(8) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

 

(9) Per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti e che vietano le discriminazioni.

 

(10) È indispensabile che le decisioni in merito a tutte le domande di asilo siano adottate sulla base dei fatti e, in primo grado, da autorità il cui organico dispone di conoscenze adeguate o riceve la formazione necessaria in materia di asilo e di diritto dei rifugiati.

 

(11) È nell'interesse, sia degli Stati membri sia dei richiedenti asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande di asilo. L'organizzazione dell'esame delle domande di asilo dovrebbe essere lasciata alla discrezione degli Stati membri, di modo che possano scegliere, in base alle esigenze nazionali, di esaminare in via prioritaria talune domande, o accelerarne l'esame, conformemente alle norme stabilite nella presente direttiva.

 

(12) La nozione di ordine pubblico può contemplare una condanna per aver commesso un reato grave.

 

(13) Ai fini di una corretta individuazione delle persone bisognose di protezione in quanto rifugiati a norma dell'articolo 1 della convenzione di Ginevra, è opportuno che, fatte salve talune eccezioni, ciascun richiedente abbia un accesso effettivo alle procedure, l'opportunità di cooperare e comunicare correttamente con le autorità competenti per presentare gli elementi rilevanti della sua situazione nonché disponga di sufficienti garanzie procedurali per far valere i propri diritti in ciascuna fase della procedura. Inoltre, è opportuno che la procedura di esame di una domanda di asilo contempli di norma per il richiedente asilo almeno il diritto di rimanere in attesa della decisione dell'autorità accertante, la possibilità di ricorrere a un interprete per esporre la propria situazione nei colloqui con le autorità, la possibilità di comunicare con un rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (di seguito «UNHCR») o con altre organizzazioni che operino per conto dell'UNHCR, il diritto a un'appropriata notifica della decisione, corredata di una motivazione in fatto e in diritto, la possibilità di consultare un avvocato o altro consulente legale e il diritto di essere informato circa la sua posizione giuridica nei momenti decisivi del procedimento, in una lingua che è ragionevole supporre possa capire.

 

(14) È inoltre opportuno prevedere specifiche garanzie procedurali per i minori non accompagnati, in considerazione della loro vulnerabilità. L'interesse superiore del minore dovrebbe pertanto costituire un criterio fondamentale per gli Stati membri.

 

(15) Qualora il richiedente reiteri la domanda senza addurre prove o argomenti nuovi, sarebbe sproporzionato imporre agli Stati membri l'obbligo di esperire una nuova procedura di esame completa. In tali casi gli Stati membri dovrebbero poter scegliere tra diverse procedure con deroghe alle garanzie di cui beneficia di norma il richiedente.

 

(16) Molte domande di asilo sono presentate alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro prima che sia presa una decisione sull'ammissione del richiedente. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di mantenere le procedure vigenti adeguate alla situazione particolare di detti richiedenti alla frontiera. Si dovrebbero stabilire norme comuni sulle eventuali deroghe fatte in tali condizioni alle garanzie di cui beneficiano di norma i richiedenti. Le procedure di frontiera dovrebbero applicarsi principalmente ai richiedenti che non soddisfano le condizioni per l'ingresso nel territorio degli Stati membri.

 

(17) Criterio fondamentale per stabilire la fondatezza della domanda di asilo è la sicurezza del richiedente nel paese di origine. Se un paese terzo può essere considerato paese di origine sicuro, gli Stati membri dovrebbero poterlo designare paese sicuro e presumerne la sicurezza per uno specifico richiedente, a meno che quest'ultimo non adduca controindicazioni fondate.

 

(18) Visto il grado di armonizzazione raggiunto in relazione all'attribuzione della qualifica di rifugiato ai cittadini di paesi terzi e agli apolidi, si dovrebbero definire criteri comuni per la designazione dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri.

 

(19) Se il Consiglio ha accertato che uno specifico paese di origine soddisfa i suddetti criteri e, pertanto, lo ha inserito nell'elenco comune minimo di paesi di origine sicuri da adottare a norma della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero essere tenuti ad esaminare le domande dei cittadini di detto paese o degli apolidi già residenti abitualmente in detto paese, in base alla presunzione confutabile della sicurezza dello stesso. Alla luce dell'importanza politica della designazione dei paesi di origine sicuri, soprattutto in vista delle implicazioni di una valutazione della situazione dei diritti dell'uomo di un paese di origine e delle relative implicazioni per le politiche dell'Unione europea nel settore delle relazioni esterne, il Consiglio dovrebbe prendere le decisioni relative alla fissazione o alla modifica dell'elenco previa consultazione del Parlamento europeo.

 

(20) La Bulgaria e la Romania, grazie al loro status di paesi candidati all'adesione all'Unione europea e ai progressi compiuti in vista dell'adesione, dovrebbero essere considerati paesi di origine sicuri a norma della presente direttiva fino alla data di adesione all'Unione europea.

 

(21) La designazione di un paese terzo quale paese di origine sicuro ai fini della presente direttiva non può stabilire una garanzia assoluta di sicurezza per i cittadini di tale paese. Per la sua stessa natura, la valutazione alla base della designazione può tener conto soltanto della situazione civile, giuridica e politica generale in tale paese e se in tale paese i responsabili di persecuzioni, torture o altre forme di punizione o trattamento disumano o degradante siano effettivamente soggetti a sanzioni se riconosciuti colpevoli. Per questo motivo è importante che, quando un richiedente dimostra che vi sono fondati motivi per non ritenere sicuro tale paese per la sua situazione particolare, la designazione del paese come sicuro non può più applicarsi al suo caso.

 

(22) Gli Stati membri dovrebbero esaminare tutte le domande nel merito, valutare cioè se al richiedente di cui trattasi è attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto dello status di protezione, salvo se altrimenti previsto dalla presente direttiva, in particolare se si può ragionevolmente presumere che un altro paese proceda all'esame o fornisca sufficiente protezione. In particolare, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a valutare il merito della domanda di asilo se il paese di primo asilo ha concesso al richiedente lo status di rifugiato o ha altrimenti concesso sufficiente protezione e il richiedente sarà riammesso in detto paese.

 

(23) Gli Stati membri non dovrebbero neppure essere tenuti a valutare il merito della domanda di asilo, se si può ragionevolmente prevedere che il richiedente, per un legame con un paese terzo definito nel diritto nazionale, chieda protezione in detto paese terzo. Gli Stati membri dovrebbero procedere in tal modo solo nel caso in cui il richiedente in questione possa essere sicuro nel paese terzo interessato. Per evitare movimenti secondari di richiedenti, si dovrebbero definire principi comuni per la presa in considerazione o la designazione, da parte degli Stati membri, di paesi terzi quali paesi sicuri.

 

(24) Inoltre, per determinati paesi terzi europei che rispettano norme particolarmente elevate in materia di diritti dell'uomo e di protezione dei rifugiati, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di non procedere all'esame o all'esame completo delle domande di asilo dei richiedenti che entrano nel loro territorio in provenienza da detti paesi terzi europei. Viste le potenziali conseguenze derivanti per il richiedente da un esame limitato od omesso, l'applicazione del concetto di paese terzo sicuro dovrebbe essere limitata ai casi di paesi terzi di cui il Consiglio abbia accertato che rispettano le norme elevate di sicurezza stabilite nella presente direttiva. Al riguardo il Consiglio dovrebbe deliberare previa consultazione del Parlamento europeo.

 

(25) Discende dalla natura delle norme comuni relative ad entrambi i concetti di paese terzo sicuro definiti nella presente direttiva che l'effetto pratico di tali concetti dipende dal fatto che il paese terzo in questione conceda al richiedente interessato l'ingresso nel suo territorio.

 

(26) Riguardo alla revoca dello status di rifugiato, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i beneficiari di tale status siano debitamente informati dell'eventuale riesame del loro status ed abbiano la possibilità di esporre la loro opinione prima che le autorità possano prendere una decisione motivata di revoca del loro status. A dette garanzie si può tuttavia derogare quando i motivi della cessazione dello status di rifugiato non sono connessi ad un mutamento delle condizioni su cui si fondava il riconoscimento.

 

(27) È un principio fondamentale del diritto comunitario che le decisioni relative a una domanda di asilo e alla revoca dello status di rifugiato siano soggette ad un rimedio effettivo dinanzi a un giudice a norma dell'articolo 234 del trattato. L'effettività del rimedio, anche per quanto concerne l'esame degli elementi pertinenti, dipende dal sistema amministrativo e giudiziario di ciascuno Stato membro considerato nel suo complesso.

 

(28) A norma dell'articolo 64 del trattato, la presente direttiva non osta all'esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.

 

(29) La presente direttiva non contempla le procedure disciplinate dal regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo.

 

(30) È opportuno che l'attuazione della presente direttiva formi oggetto di valutazioni periodiche con scadenza non superiore a due anni.

 

(31) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire l'elaborazione di norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione proposta, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

 

(32) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 24 gennaio 2001, la propria volontà di partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.

 

(33) In applicazione dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, l'Irlanda ha notificato, con lettera del 14 febbraio 2001, la propria volontà di partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.

 

(34) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,

 

ha adottato la presente direttiva:

 

 

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(3) Pubblicata nella G.U.C.E. 27 febbraio 2001, n. C 62, e G.U.C.E. 26 novembre 2002, n. C 291.

(4) Pubblicato nella G.U.C.E. 28 marzo 2002, n. C 77.

(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 10 luglio 2001, n. C 193. Parere espresso in seguito a consultazione non obbligatoria.

 

 

Capo I

Disposizioni generali

 

 

Art. 1

Obiettivo.

Obiettivo della presente direttiva è stabilire norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

 

 

Art. 2

Definizioni.

Ai fini della presente direttiva, si intende per:

 

a) «convenzione di Ginevra»: la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;

 

b) «domanda» o «domanda di asilo»: la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide che si può equiparare a una domanda di protezione internazionale ad uno Stato membro a norma della convenzione di Ginevra. Tutte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo, salvo che la persona interessata richieda esplicitamente un altro tipo di protezione, che possa essere richiesta con domanda separata;

 

c) «richiedente» o «richiedente asilo»: qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di asilo sulla quale non sia stata ancora presa una decisione definitiva;

 

d) «decisione definitiva»: una decisione che stabilisce se a un cittadino di un paese terzo o a un apolide è concesso lo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE e che non è più impugnabile nell'ambito del capo V della presente direttiva, indipendentemente dal fatto che il mezzo di impugnazione produca l'effetto di autorizzare i richiedenti a rimanere negli Stati membri interessati in attesa del relativo esito, fatto salvo l'allegato III della presente direttiva;

 

e) «autorità accertante»: qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di asilo e a prendere una decisione di primo grado al riguardo, fatto salvo l'allegato I;

 

f) «rifugiato»: qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide rispondente ai criteri stabiliti dall'articolo 1 della convenzione di Ginevra, quali specificati nella direttiva 2004/83/CE;

 

g) «status di rifugiato»: il riconoscimento di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato da parte di uno Stato membro;

 

h) «minore non accompagnato»: una persona d'età inferiore ai diciotto anni che arrivi nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnata da un adulto che ne sia responsabile per la legge o in base agli usi, fino a quando non sia effettivamente affidata a tale adulto, compreso il minore che venga abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri;

 

i) «rappresentante»: la persona che agisca per conto di un'organizzazione che rappresenta il minore non accompagnato in qualità di tutore, la persona che agisca per conto di un'organizzazione nazionale responsabile dell'assistenza ai minori e del loro benessere, o qualunque altro idoneo rappresentante, nominato nell'interesse superiore del minore;

 

j) «revoca dello status di rifugiato»: la decisione di un'autorità competente di revocare, far cessare o rifiutare di rinnovare lo status di rifugiato a una determinata persona, a norma della direttiva 2004/83/CE;

 

k) «rimanere nello Stato membro»: il fatto di rimanere nel territorio, compreso alla frontiera o in zone di transito, dello Stato membro in cui la domanda di asilo è stata presentata o è oggetto d'esame.

 

 

Art. 3

Ambito d'applicazione.

1. La presente direttiva si applica a tutte le domande di asilo presentate nel territorio, compreso alla frontiera o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca dello status di rifugiato.

 

2. La presente direttiva non si applica in caso di domande di asilo diplomatico o territoriale presentate presso le rappresentanze degli Stati membri.

 

3. Qualora gli Stati membri utilizzino o avviino un procedimento in cui le domande di asilo sono esaminate sia quali domande a norma della convenzione di Ginevra sia quali domande concernenti altri tipi di protezione internazionale a seconda delle circostanze definite dall'articolo 15 della direttiva 2004/83/CE, essi applicano la presente direttiva nel corso dell'intero procedimento.

 

4. Gli Stati membri possono inoltre decidere di applicare la presente direttiva nei procedimenti di esame di domande intese ad ottenere qualsiasi forma di protezione internazionale.

 

 

Art. 4

Autorità responsabili.

1. Per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un'autorità che sarà competente per l'esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva, in particolare dell'articolo 8, paragrafo 2, e dell'articolo 9.

 

A norma dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 343/2003, le domande di asilo presentate in uno Stato membro alle autorità di un altro Stato membro che vi svolgono controlli sull'immigrazione sono trattate dallo Stato membro nel cui territorio è presentata la domanda.

 

2. Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che sia competente un'altra autorità al fine di:

 

a) trattare i casi in cui si prevede il trasferimento del richiedente in un altro Stato ai sensi della normativa che stabilisce criteri e meccanismi di determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda d'asilo, fino a che non avvenga il trasferimento o lo Stato richiesto abbia rifiutato di prendere a carico il richiedente o di riprenderlo;

 

b) decidere in merito alla domanda alla luce delle disposizioni nazionali in materia di sicurezza, purché sia consultata l'autorità accertante prima di decidere se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE;

 

c) svolgere un esame preliminare a norma dell'articolo 32, purché detta autorità abbia accesso al fascicolo del richiedente asilo relativo alla domanda precedente;

 

d) trattare i casi nell'ambito della procedura di cui all'articolo 35, paragrafo 1;

 

e) rifiutare il permesso di ingresso nell'ambito della procedura di cui all'articolo 35, paragrafi da 2 a 5, secondo le condizioni di cui a detti paragrafi e come da essi stabilito;

 

f) stabilire che un richiedente asilo sta tentando di entrare o è entrato nello Stato membro da un paese terzo sicuro a norma dell'articolo 36, secondo le condizioni di cui a detto articolo e come da esso stabilito.

 

3. Ove siano designate autorità a norma del paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché il relativo personale disponga delle conoscenze adeguate o riceva la formazione necessaria per ottemperare agli obblighi che ad esso incombono nell'applicazione della presente direttiva.

 

 

Art. 5

Disposizioni più favorevoli.

Gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore criteri più favorevoli in ordine alle procedure di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato, purché tali criteri siano compatibili con la presente direttiva.

 

 

Capo II

Principi fondamentali e garanzie

 

Art. 6

Accesso alla procedura.

1. Gli Stati membri possono esigere che le domande di asilo siano introdotte personalmente dal richiedente e/o in un luogo designato.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché ciascun adulto con capacità giuridica abbia il diritto di presentare una domanda di asilo per proprio conto.

 

3. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda possa essere presentata da un richiedente a nome delle persone a suo carico. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché gli adulti a carico acconsentano a che la domanda sia presentata per conto loro, in caso contrario essi hanno l'opportunità di presentare la domanda per proprio conto.

 

È richiesto il consenso all'atto della presentazione della domanda o, al più tardi, all'atto del colloquio personale con l'adulto a carico.

 

4. Gli Stati membri possono determinare nella legislazione nazionale:

 

a) i casi in cui il minore può presentare per proprio conto una domanda;

 

b) i casi in cui la domanda di un minore non accompagnato deve essere introdotta da un rappresentante a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, lettera a);

 

c) i casi in cui si ritiene che la presentazione di una domanda d'asilo costituisca anche la presentazione di una domanda d'asilo per eventuali minori celibi o nubili.

 

5. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità cui potrebbe rivolgersi chi intende presentare domanda d'asilo siano in grado di fornire indicazioni sulle modalità e sulle sedi per la presentazione della domanda e/o per chiedere che le autorità in questione trasmettano la domanda all'autorità competente.

 

 

Art. 7

Diritto di rimanere nello Stato membro durante l'esame della domanda.

1. I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l'autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno.

 

2. Gli Stati membri possono derogare a questa disposizione solo se, a norma degli articoli 32 e 34, non sarà dato seguito a una domanda reiterata o se essi intendono consegnare o estradare, ove opportuno, una persona in altro Stato membro in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo [1] o altro, o in un paese terzo, o presso una corte o un tribunale penale internazionale.

 

 

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[1] Cfr. decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri.

 

 

Art. 8

Criteri applicabili all'esame delle domande.

1. Fatto salvo l'articolo 23, paragrafo 4, lettera i), gli Stati membri provvedono affinché le domande d'asilo non siano respinte né escluse dall'esame per il semplice fatto di non essere state presentate tempestivamente.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell'autorità accertante relative alle domande di asilo siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

 

a) che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;

 

b) che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

 

c) che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito abbia una conoscenza dei criteri applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati.

 

3. Le autorità di cui al capo V, per il tramite dell'autorità accertante o del richiedente o in altro modo, hanno accesso alle informazioni generali di cui al paragrafo 2, lettera b), necessarie per l'adempimento delle loro funzioni.

 

4. Gli Stati membri possono prevedere norme relative alla traduzione dei documenti pertinenti ai fini dell'esame delle domande.

 

 

Art. 9

Criteri applicabili alle decisioni dell'autorità accertante.

1. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni sulle domande di asilo siano comunicate per iscritto.

 

2. Gli Stati membri dispongono inoltre che la decisione con cui viene respinta una domanda sia corredata di motivazioni de jure e de facto e che il richiedente sia informato per iscritto dei mezzi per impugnare tale decisione negativa.

 

Gli Stati membri non sono tenuti a motivare il rifiuto di riconoscere lo status di rifugiato in una decisione con la quale al richiedente è riconosciuto uno status che offre gli stessi diritti e gli stessi vantaggi che il diritto nazionale e quello comunitario riconoscono allo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE. In tali casi gli Stati membri provvedono affinché le motivazioni del rifiuto di riconoscere lo status di rifugiato siano esposte nel fascicolo del richiedente e il richiedente abbia accesso, su richiesta, al suo fascicolo.

 

Inoltre, nel comunicare al richiedente una decisione negativa, gli Stati membri non sono tenuti a informarlo per iscritto dei mezzi per impugnare una decisione, qualora ne sia stata data comunicazione in precedenza per iscritto o per via elettronica, secondo i mezzi cui abbia accesso.

 

3. Ai fini dell'articolo 6, paragrafo 3, e ogniqualvolta la domanda sia fondata sui medesimi motivi, gli Stati membri possono adottare un'unica decisione che contempli tutte le persone a carico.

 

 

Art. 10

Garanzie per i richiedenti asilo.

1. In relazione alle procedure di cui al capo III, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti asilo godano delle seguenti garanzie:

 

a) il richiedente asilo è informato, in una lingua che è ragionevole supporre possa capire, della procedura da seguire e dei suoi diritti e obblighi durante il procedimento, nonché delle eventuali conseguenze di un mancato adempimento degli obblighi e della mancata cooperazione con le autorità. È informato in merito ai tempi e ai mezzi a sua disposizione per adempiere all'obbligo di addurre gli elementi di cui all'articolo 4 della direttiva 2004/83/CE. Tali informazioni sono fornite in tempo utile affinché il richiedente asilo possa far valere i diritti sanciti dalla presente direttiva e conformarsi agli obblighi descritti nell'articolo 11;

 

b) il richiedente asilo riceve, laddove necessario, l'assistenza di un interprete per spiegare la propria situazione nei colloqui con le autorità competenti. Gli Stati membri reputano necessario fornire tale assistenza almeno quando l'autorità accertante convoca il richiedente a un colloquio personale di cui agli articoli 12 e 13 e una comunicazione adeguata risulta impossibile in sua mancanza. In questo e negli altri casi in cui le autorità competenti convocano il richiedente asilo, tale assistenza è retribuita con fondi pubblici;

 

c) non è negata al richiedente asilo la possibilità di comunicare con l'UNHCR o con altre organizzazioni che operino per conto dell'UNHCR nel territorio dello Stato membro conformemente a un accordo con detto Stato membro;

 

d) la decisione dell'autorità accertante relativa alla domanda di asilo è comunicata al richiedente asilo con anticipo ragionevole. Se il richiedente è legalmente rappresentato da un avvocato o altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di comunicare la decisione al suo avvocato o consulente anziché al richiedente asilo;

 

e) il richiedente asilo è informato dell'esito della decisione dell'autorità accertante in una lingua che è ragionevole supporre possa capire, quando non è assistito o rappresentato da un avvocato o altro consulente legale e quando non è disponibile il gratuito patrocinio. Il richiedente è contestualmente informato dei mezzi per impugnare una decisione negativa a norma dell'articolo 9, paragrafo 2.

 

2. In relazione alle procedure di cui al capo V, gli Stati membri provvedono affinché tutti i richiedenti asilo godano di garanzie equivalenti a quelle di cui al paragrafo 1, lettere b), c) e d), del presente articolo.

 

 

Art. 11

Obblighi dei richiedenti asilo.

1. Gli Stati membri possono imporre ai richiedenti asilo l'obbligo di cooperare con le autorità competenti nella misura in cui detto obbligo sia necessario ai fini del trattamento della domanda.

 

2. In particolare, gli Stati membri possono prevedere che:

 

a) i richiedenti asilo abbiano l'obbligo di riferire alle autorità competenti o di comparire personalmente dinanzi alle stesse, sia senza indugio sia in una data specifica;

 

b) i richiedenti asilo debbano consegnare i documenti in loro possesso pertinenti ai fini dell'esame della domanda, quali i passaporti;

 

c) i richiedenti asilo siano tenuti a informare le autorità competenti del loro luogo di residenza o domicilio del momento e di qualsiasi cambiamento dello stesso, non appena possibile. Gli Stati membri possono prevedere che il richiedente sia tenuto ad accettare eventuali comunicazioni presso il luogo di residenza o domicilio più recente dallo stesso appositamente indicato;

 

d) le autorità competenti possano perquisire il richiedente e i suoi effetti personali;

 

e) le autorità competenti possano fotografare il richiedente; e

 

f) le autorità competenti possano registrare le dichiarazioni orali del richiedente, purché questi ne sia stato preventivamente informato.

 

 

Art. 12

Colloquio personale.

1. Prima che l'autorità accertante decida, è data facoltà al richiedente asilo di sostenere un colloquio personale sulla sua domanda di asilo con una persona competente, a norma della legislazione nazionale, a svolgere tale colloquio.

 

Gli Stati membri possono inoltre accordare la facoltà di sostenere un colloquio personale a ciascuno degli adulti a carico di cui all'articolo 6, paragrafo 3.

 

Gli Stati membri possono stabilire nel diritto interno i casi in cui a un minore è data facoltà di sostenere un colloquio personale.

 

2. Il colloquio personale può essere omesso se:

 

a) l'autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva basandosi sulle prove acquisite; oppure

 

b) l'autorità competente ha già avuto un incontro con il richiedente, al fine di assisterlo nella compilazione della domanda e nella trasmissione delle informazioni essenziali attinenti alla stessa, ai termini dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2004/83/CE; oppure

 

c) l'autorità accertante, in base a un esame completo delle informazioni fornite dal richiedente, reputa la domanda infondata nei casi in cui si applicano le circostanze di cui all'articolo 23, paragrafo 4, lettere a), c), g), h) e j).

 

3. Si può parimenti soprassedere al colloquio personale quando non è ragionevolmente fattibile, in particolare quando l'autorità competente reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo. In caso di dubbio, gli Stati membri possono esigere il certificato di un medico o di uno psicologo.

 

Quando lo Stato membro non prevede la possibilità per il richiedente di un colloquio personale a norma del presente paragrafo oppure, ove applicabile, per la persona a carico, devono essere compiuti ragionevoli sforzi al fine di consentire al richiedente o alla persona a carico di produrre ulteriori informazioni.

 

4. La mancanza di un colloquio personale a norma del presente articolo non osta a che l'autorità accertante prenda una decisione sulla domanda di asilo.

 

5. La mancanza di un colloquio personale a norma del paragrafo 2, lettere b) e c), e del paragrafo 3, non incide negativamente sulla decisione dell'autorità accertante.

 

6. A prescindere dall'articolo 20, paragrafo 1, gli Stati membri, all'atto di decidere riguardo a una domanda di asilo, possono tener conto del fatto che il richiedente non si sia presentato al colloquio personale, a meno che non avesse validi motivi per farlo.

 

 

Art. 13

Criteri applicabili al colloquio personale.

1. Il colloquio personale si svolge, di norma, senza la presenza dei familiari, a meno che l'autorità accertante non ritenga che un esame adeguato deve comportare la presenza di altri familiari.

 

2. Il colloquio personale si svolge in condizioni atte ad assicurare la riservatezza adeguata.

 

3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il colloquio personale si svolga in condizioni che consentano al richiedente di esporre in modo esauriente i motivi della sua domanda. A tal fine gli Stati membri:

 

a) provvedono affinché la persona incaricata di condurre il colloquio abbia la competenza sufficiente per tener conto del contesto personale o generale in cui nasce la domanda, compresa l'origine culturale o la vulnerabilità del richiedente, per quanto ciò sia possibile; e

 

b) selezionano un interprete idoneo a garantire una comunicazione appropriata fra il richiedente e la persona incaricata di condurre il colloquio. Il colloquio non deve svolgersi necessariamente nella lingua prescelta dal richiedente asilo, se esiste un'altra lingua che è ragionevole supporre possa capire e nella quale è in grado di comunicare.

 

4. Gli Stati membri possono prevedere norme relative alla presenza di terzi durante un colloquio personale.

 

5. Il presente articolo si applica anche all'incontro previsto all'articolo 12, paragrafo 2, lettera b).

 

 

Art. 14

Valore giuridico del verbale del colloquio personale ai fini della procedura.

1. Gli Stati membri dispongono che sia redatto il verbale di ogni singolo colloquio personale, in cui figurino almeno le informazioni più importanti in merito alla domanda, presentata dal richiedente, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2004/83/CE.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti abbiano accesso tempestivo al verbale del colloquio personale. Se l'accesso è autorizzato solo dopo la decisione dell'autorità accertante, gli Stati membri provvedono affinché l'accesso sia possibile non appena necessario per consentire la preparazione e la presentazione del ricorso in tempo utile.

 

3. Gli Stati membri possono chiedere che il richiedente approvi il contenuto del verbale del colloquio personale.

 

Se un richiedente asilo rifiuta di approvare il contenuto del verbale, le motivazioni di tale rifiuto sono registrate nel fascicolo del richiedente.

 

Il rifiuto da parte del richiedente di approvare il contenuto del verbale non osta a che l'autorità accertante prenda una decisione sulla sua domanda di asilo.

 

4. Il presente articolo si applica anche all'incontro di cui all'articolo 12, paragrafo 2, lettera b).

 

 

Art. 15

Diritto all'assistenza e alla rappresentanza legali.

1. Gli Stati membri accordano ai richiedenti asilo la possibilità di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, autorizzato o riconosciuto a norma della legislazione nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di asilo.

 

2. Nell'eventualità di una decisione negativa dell'autorità accertante, gli Stati membri dispongono che, su richiesta, siano concesse assistenza e/o rappresentanza legali gratuite nel rispetto delle disposizioni del paragrafo 3.

 

3. Gli Stati membri possono prevedere nella legislazione nazionale di accordare assistenza e/o rappresentanza legali gratuite:

 

a) soltanto nei procedimenti dinanzi a un giudice a norma del capo V e non per i ricorsi o riesami ulteriori previsti dalla legislazione nazionale, compreso il riesame della causa in seguito ad un ricorso o riesame ulteriori; e/o

 

b) soltanto a chi non disponga delle risorse necessarie; e/o

 

c) soltanto rispetto agli avvocati o altri consulenti legali che sono specificamente designati dalla legislazione nazionale ad assistere e/o rappresentare i richiedenti asilo; e/o

 

d) soltanto se il ricorso o il riesame hanno buone probabilità di successo.

 

Gli Stati membri provvedono affinché l'assistenza e la rappresentanza legali di cui alla lettera d) non siano oggetto di restrizioni arbitrarie.

 

4. Le norme a disciplina delle modalità di presentazione e di trattamento di richieste di assistenza e/o rappresentanze legali possono essere previste dagli Stati membri.

 

5. Gli Stati membri possono altresì:

 

a) imporre limiti monetari e/o temporali alla prestazione di assistenza e/o rappresentanza legali gratuite, purché essi non costituiscano restrizioni arbitrarie all'accesso all'assistenza e/o rappresentanza legali;

 

b) prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell'assistenza legale.

 

6. Gli Stati membri possono esigere un rimborso integrale o parziale delle spese sostenute, allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata presa in base a informazioni false fornite dal richiedente.

 

 

Art. 16

Ambito di applicazione dell'assistenza e della rappresentanza legali.

1. Gli Stati membri provvedono affinché l'avvocato o altro consulente legale autorizzato o riconosciuto a norma della legislazione nazionale e che assiste o rappresenta un richiedente asilo a norma della legislazione nazionale, abbia accesso alle informazioni contenute nella pratica del richiedente che potrebbero costituire oggetto di esame da parte delle autorità di cui al capo V, nella misura in cui le informazioni sono pertinenti per la valutazione della domanda.

 

Gli Stati membri possono derogare a tale disposizione, qualora la divulgazione di informazioni o fonti comprometta la sicurezza nazionale, la sicurezza delle organizzazioni o delle persone che forniscono dette informazioni o la sicurezza delle persone cui le informazioni si riferiscono o qualora gli interessi investigativi relativi all'esame delle domande di asilo da parte delle autorità competenti degli Stati membri o le relazioni internazionali degli Stati membri siano compromesse. In questi casi l'accesso alle informazioni o alle fonti in questione è aperto alle autorità di cui al capo V, salvo che tale accesso sia vietato in casi riguardanti la sicurezza nazionale.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché l'avvocato o altro consulente legale che assiste o rappresenta un richiedente asilo possa accedere alle aree chiuse, quali le strutture di permanenza temporanea e le zone di transito, per consultare quel richiedente. Gli Stati membri possono limitare le visite ai richiedenti nelle aree chiuse soltanto nei casi in cui questa limitazione è, a norma della legislazione nazionale, oggettivamente necessaria, ai fini della sicurezza, dell'ordine pubblico o della gestione amministrativa dell'area o per garantire un esame efficace della domanda, purché l'accesso da parte dell'avvocato o altro consulente legale non risulti in tal modo seriamente limitato o non sia reso impossibile.

 

3. Gli Stati membri possono adottare norme che dispongano la presenza di un avvocato o altro consulente legale a tutti i colloqui previsti nel procedimento, fatto salvo il presente articolo o l'articolo 17, paragrafo 1, lettera b).

 

4. Gli Stati membri possono disporre che il richiedente sia autorizzato a portare con sé al colloquio personale un avvocato o altro consulente legale autorizzato o riconosciuto ai sensi della legislazione nazionale.

 

Gli Stati membri possono richiedere la presenza del richiedente al colloquio personale, anche se questi è rappresentato a norma della legislazione nazionale da un avvocato o altro consulente legale, e possono chiedere al richiedente di rispondere personalmente alle domande poste.

 

L'assenza di un avvocato o altro consulente legale non osta a che l'autorità competente svolga il colloquio personale con il richiedente.

 

Art. 17

Garanzie per i minori non accompagnati.

1. In relazione a tutte le procedure previste dalla presente direttiva e fatti salvi gli articoli 12 e 14, gli Stati membri:

 

a) non appena possibile adottano misure atte a garantire che un rappresentante rappresenti e/o assista il minore non accompagnato in relazione all'esame della domanda di asilo. Questo rappresentante può anche essere il rappresentante a cui si fa riferimento nell'articolo 19 della direttiva 2003/9/CE, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri;

 

b) provvedono affinché al rappresentante sia data la possibilità di informare il minore non accompagnato sul significato e le eventuali conseguenze del colloquio personale e, laddove opportuno, di informarlo su come prepararsi ad esso. Gli Stati membri permettono al rappresentante di partecipare al colloquio, porre domande o formulare osservazioni, nel quadro stabilito dalla persona che conduce il colloquio.

 

Gli Stati membri possono richiedere la presenza del minore non accompagnato al colloquio personale, anche se è presente il rappresentante.

 

2. Gli Stati membri possono astenersi dal nominare un rappresentante, se il minore non accompagnato:

 

a) raggiungerà presumibilmente la maggiore età prima che sia presa una decisione in primo grado; o

 

b) può disporre gratuitamente di un avvocato o altro consulente legale autorizzato, a norma della legislazione nazionale, a svolgere i compiti di cui sopra assegnati al rappresentante; ovvero

 

c) è, o è stato, sposato.

 

3. Gli Stati membri, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari in vigore il 1° dicembre 2005, possono altresì astenersi dal nominare un rappresentante, se il minore non accompagnato ha 16 anni o più, a meno che questi non sia in grado di occuparsi della sua domanda senza un rappresentante.

 

4. Gli Stati membri provvedono affinché:

 

a) qualora il minore non accompagnato sia convocato a un colloquio personale sulla sua domanda di asilo a norma degli articoli 12, 13 e 14, tale colloquio sia condotto da una persona con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori;

 

b) la decisione sulla domanda di asilo di un minore non accompagnato, presa dall'autorità accertante, sia preparata da un funzionario con la competenza necessaria a trattare i particolari bisogni dei minori.

 

5. Gli Stati membri possono effettuare visite mediche per accertare l'età del minore non accompagnato nel quadro dell'esame di una domanda di asilo.

 

Se vengono effettuate visite mediche gli Stati membri provvedono affinché:

 

a) il minore non accompagnato sia informato, prima dell'esame della domanda di asilo e in una lingua che è ragionevole supporre possa capire, della possibilità che la loro età possa essere determinata attraverso una visita medica. Le informazioni comprendono il tipo di visita previsto e le possibili conseguenze dei risultati della visita medica ai fini dell'esame della domanda d'asilo, così come le conseguenze cui va incontro il minore non accompagnato che si rifiuti di sottoporsi a visita medica;

 

b) i minori non accompagnati e/o i loro rappresentanti acconsentano allo svolgimento di una visita atta ad accertare l'età dei minori interessati; e

 

c) la decisione di respingere la domanda di asilo di un minore non accompagnato che ha rifiutato di sottoporsi alla visita medica non sia motivata unicamente da tale rifiuto.

 

Il fatto che un minore non accompagnato abbia rifiutato di sottoporsi alla visita medica non osta a che l'autorità accertante prenda una decisione sulla domanda di asilo.

 

6. L'interesse superiore del minore costituisce un criterio fondamentale nell'attuazione, da parte degli Stati membri, del presente articolo.

 

 

Art. 18

Arresto.

1. Gli Stati membri non trattengono in arresto una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente asilo.

 

2. Qualora un richiedente asilo sia trattenuto in arresto, gli Stati membri provvedono affinché sia possibile un rapido sindacato giurisdizionale.

 

 

Art. 19

Procedura in caso di ritiro della domanda.

1. Nella misura in cui gli Stati membri prevedano la possibilità di un ritiro esplicito della domanda in virtù della legislazione nazionale, ove il richiedente asilo ritiri esplicitamente la domanda, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità accertante prenda la decisione di sospendere l'esame ovvero di respingere la domanda.

 

2. Gli Stati membri possono altresì stabilire che l'autorità accertante può decidere di sospendere l'esame senza prendere una decisione. In questo caso, gli Stati membri dispongono che l'autorità accertante inserisca una nota nella pratica del richiedente asilo.

 

 

Art. 20

Procedura in caso di ritiro implicito della domanda o di rinuncia ad essa.

1. Qualora vi siano ragionevoli motivi per ritenere che il richiedente asilo abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità accertante prenda la decisione di sospendere l'esame ovvero respingere la domanda in base al fatto che il richiedente non ha accertato il suo diritto allo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.

 

Gli Stati membri possono presumere che il richiedente asilo abbia implicitamente ritirato la domanda o rinunciato ad essa, in particolare quando è accertato che:

 

a) il richiedente non ha risposto alla richiesta di fornire informazioni essenziali per la sua domanda a norma dell'articolo 4 della direttiva 2004/83/CE né è comparso al colloquio personale di cui agli articoli 12, 13 e 14, a meno che dimostri, entro un ragionevole periodo di tempo, di non aver potuto per cause di forza maggiore;

 

b) è fuggito o si è allontanato senza autorizzazione dal luogo in cui viveva o era trattenuto, senza contattare l'autorità competente in tempi ragionevoli oppure, trascorso un termine ragionevole, non ha ottemperato al dovere di presentarsi o ad altri obblighi di comunicazione.

 

Per l'attuazione delle presenti disposizioni gli Stati membri possono fissare termini od orientamenti.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché il richiedente che si ripresenta all'autorità competente dopo che è stata presa la decisione di sospendere l'esame di cui al paragrafo 1 del presente articolo, abbia il diritto di chiedere la riapertura del suo caso, a meno che la domanda non sia esaminata a norma degli articoli 32 e 34.

 

Gli Stati membri possono prevedere un termine dopo il quale un caso non può più essere riaperto.

 

Gli Stati membri garantiscono che quella persona non sia allontanata in violazione del principio di «non refoulement».

 

Gli Stati membri possono autorizzare l'autorità accertante a riprendere l'esame della domanda dal momento in cui è stato sospeso.

 

 

Art. 21

Ruolo dell'UNHCR.

1. Gli Stati membri consentono che l'UNHCR:

 

a) abbia accesso ai richiedenti asilo, compresi quelli trattenuti e quelli che si trovano in zone di transito aeroportuale o portuale;

 

b) abbia accesso, previo consenso del richiedente asilo, alle informazioni sulle singole domande di asilo, sullo svolgimento della procedura e sulle decisioni prese;

 

c) nell'esercizio della funzione di controllo conferitagli a norma dell'articolo 35 della convenzione di Ginevra, presenti pareri a qualsiasi autorità competente e in qualsiasi fase della procedura sulle singole domande di asilo.

 

2. Il paragrafo 1 si applica anche ad altre organizzazioni che operino per conto dell'UNHCR nel territorio dello Stato membro interessato, conformemente ad un accordo con lo Stato membro stesso.

 

 

Art. 22

Raccolta di informazioni su singoli casi.

Per l'esame di singoli casi, gli Stati membri:

 

a) non rivelano direttamente ai presunti responsabili della persecuzione ai danni del richiedente asilo le informazioni relative alle singole domande di asilo o il fatto che sia stata presentata una domanda;

 

b) non ottengono informazioni dai presunti responsabili della persecuzione secondo modalità che potrebbero rivelare direttamente a tali responsabili che il richiedente ha presentato una domanda e che potrebbero nuocere all'incolumità fisica del richiedente e delle persone a suo carico o alla libertà e alla sicurezza dei familiari che ancora risiedono nel paese d'origine.

 

 

Capo III

Procedure di primo grado

 

Sezione I

Art. 23

Procedure di esame.

1. Gli Stati membri esaminano le domande di asilo con procedura di esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché siffatta procedura sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo.

 

Gli Stati membri provvedono affinché, nell'impossibilità di prendere una decisione entro sei mesi, il richiedente asilo interessato:

 

a) sia informato del ritardo; oppure

 

b) sia informato, su sua richiesta, del termine entro cui è prevista la decisione in merito alla sua domanda. Tali informazioni non comportano per lo Stato membro alcun obbligo, nei confronti del richiedente in questione, di prendere una decisione entro il suddetto termine.

 

3. Gli Stati membri possono esaminare in via prioritaria o accelerare l'esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, anche qualora la domanda sia verosimilmente fondata o il richiedente abbia particolari bisogni.

 

4. Gli Stati membri possono altresì prevedere che una procedura d'esame sia valutata in via prioritaria o accelerata conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, se:

 

a) il richiedente ha sollevato soltanto questioni che non hanno alcuna pertinenza o hanno pertinenza minima per esaminare se attribuirgli la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE; oppure

 

b) il richiedente chiaramente non può essere considerato rifugiato o non è a lui attribuibile la qualifica di rifugiato in uno Stato membro a norma della direttiva 2004/83/CE; o

 

c) la domanda di asilo è giudicata infondata:

 

i) poiché il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma degli articoli 29, 30 e 31; o

 

ii) poiché il paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente, fatto salvo l'articolo 28, paragrafo 1; o

 

d) il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente; o

 

e) il richiedente ha presentato un'altra domanda di asilo contenente dati personali diversi; o

 

f) il richiedente non ha fornito le informazioni necessarie per accertare, con ragionevole certezza, la sua identità o cittadinanza oppure è probabile che, in mala fede, abbia distrutto o comunque fatto sparire un documento d'identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l'identità o la cittadinanza; o

 

g) il richiedente ha rilasciato dichiarazioni incoerenti, contraddittorie, improbabili o insufficienti, che rendono chiaramente non convincente la sua asserzione di essere stato oggetto di persecuzione di cui alla direttiva 2004/83/CE; o

 

h) il richiedente ha reiterato la domanda di asilo senza addurre nuovi elementi pertinenti in merito alle sue condizioni personali o alla situazione nel suo paese d'origine; o

 

i) il richiedente, senza un valido motivo e pur avendo avuto la possibilità di presentare la domanda in precedenza, ha omesso di farlo; o

 

j) il richiedente presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l'allontanamento; o

 

k) il richiedente, senza un valido motivo, non ha adempiuto agli obblighi di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/83/CE o all'articolo 11, paragrafo 2, lettere a) e b), e all'articolo 20, paragrafo 1, della presente direttiva; o

 

l) il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità e/o non ha presentato la domanda di asilo quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso; o

 

m) il richiedente costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale o l'ordine pubblico dello Stato membro o il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza e di ordine pubblico a norma della legislazione nazionale; o

 

n) il richiedente rifiuta di adempiere all'obbligo del rilievo dattiloscopico a norma della pertinente normativa comunitaria e/o nazionale; o

 

o) la domanda è stata presentata da un minore non coniugato cui si applica l'articolo 6, paragrafo 4, lettera c), dopo che una decisione abbia respinto la domanda dei genitori o del genitore responsabili del minore e non siano stati addotti nuovi elementi pertinenti rispetto alle particolari circostanze del minore o alla situazione nel suo paese d'origine.

 

 

Art. 24

Procedure specifiche.

1. Gli Stati membri possono inoltre prevedere le seguenti procedure specifiche che derogano ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II:

 

a) un esame preliminare per il trattamento dei casi considerati nell'ambito della sezione IV;

 

b) procedure per il trattamento dei casi considerati nell'ambito della sezione V.

 

2. Gli Stati membri possono inoltre prevedere una deroga per quanto riguarda la sezione VI.

 

 

Sezione II

Art. 25

Domande irricevibili.

1. Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (CE) n. 343/2003, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, qualora la domanda di asilo sia giudicata irricevibile a norma del presente articolo.

 

2. Gli Stati membri possono giudicare una domanda di asilo irricevibile a norma del presente articolo se:

 

a) un altro Stato membro ha concesso lo status di rifugiato;

 

b) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell'articolo 26;

 

c) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell'articolo 27;

 

d) il richiedente è autorizzato a rimanere nello Stato membro interessato per un altro motivo ed in conseguenza di ciò gli è stato concesso uno status equivalente ai diritti e ai benefici dello status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE;

 

e) il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato membro interessato per altri motivi che lo proteggono dal «refoulement» in attesa dell'esito di una procedura relativa alla determinazione del suo status a norma della lettera d);

 

f) il richiedente ha presentato una domanda identica dopo che sia stata presa una decisione definitiva;

 

g) una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell'articolo 6, paragrafo 3, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata.

 

 

Art. 26

Concetto di paese di primo asilo.

Un paese può essere considerato paese di primo asilo di un particolare richiedente, qualora:

 

a) quest'ultimo sia stato riconosciuto in detto paese quale rifugiato e possa ancora avvalersi di tale protezione, ovvero

 

b) goda altrimenti di protezione sufficiente in detto paese, tra cui il fatto di beneficiare del principio di «non refoulement»,

 

purché sia riammesso nel paese stesso.

 

Nell'applicare il concetto di paese di primo asilo alle circostanze particolari di un richiedente asilo gli Stati membri possono tener conto dell'articolo 27, paragrafo 1.

 

 

Art. 27

Concetto di paese terzo sicuro.

1. Gli Stati membri possono applicare il concetto di paese terzo sicuro solo se le autorità competenti hanno accertato che una persona richiedente asilo nel paese terzo in questione riceverà un trattamento conforme ai seguenti criteri:

 

a) non sussistono minacce alla sua vita ed alla sua libertà per ragioni di razza, religione, nazionalità, opinioni politiche o appartenenza a un determinato gruppo sociale;

 

b) è rispettato il principio di «non refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;

 

c) è osservato il divieto di allontanamento in violazione del diritto a non subire torture né trattamenti crudeli, disumani o degradanti, sancito dal diritto internazionale;

 

d) esiste la possibilità di chiedere lo status di rifugiato e, per chi è riconosciuto come rifugiato, ottenere protezione in conformità della convenzione di Ginevra.

 

2. L'applicazione del concetto di paese terzo sicuro è subordinata alle norme stabilite dalla legislazione nazionale, comprese:

 

a) norme che richiedono un legame tra la persona richiedente asilo e il paese terzo in questione, secondo le quali sarebbe ragionevole per detta persona recarsi in tale paese;

 

b) norme sul metodo mediante il quale le autorità competenti accertano che il concetto di paese terzo sicuro può essere applicato a un determinato paese o a un determinato richiedente. Tale metodo comprende l'esame caso per caso della sicurezza del paese per un determinato richiedente e/o la designazione nazionale dei paesi che possono essere considerati generalmente sicuri;

 

c) norme conformi al diritto internazionale per accertare con un esame individuale se il paese terzo interessato sia sicuro per un determinato richiedente, norme che consentano almeno al richiedente di impugnare l'applicazione del concetto di paese terzo sicuro a motivo del fatto che egli vi sarebbe soggetto a tortura o ad altra forma di pena o trattamento crudele, disumano o degradante.

 

3. Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri:

 

a) ne informano il richiedente; e

 

b) gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest'ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito.

 

4. Se il paese terzo non concede al richiedente asilo l'ingresso nel suo territorio, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritte al capo II.

 

5. Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto in questione a norma del presente articolo.

 

 

Sezione III

 

Art. 28

Domande infondate.

1. Fatti salvi gli articoli 19 e 20, gli Stati membri possono ritenere infondata una domanda di asilo solo se l'autorità accertante ha stabilito che al richiedente non è attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.

 

2. Nei casi di cui all'articolo 23, paragrafo 4, lettera b), e nei casi di domande di asilo infondate cui si applichi una qualsiasi delle circostanze elencate nell'articolo 23, paragrafo 4, lettere a) e da c) a o), gli Stati membri possono altresì ritenere una domanda manifestamente infondata, se così definita dalla legislazione nazionale.

 

 

Art. 29

Elenco comune minimo di paesi terzi considerati paesi di origine sicuri.

1. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta un elenco comune minimo dei paesi terzi considerati dagli Stati membri paesi d'origine sicuri a norma dell'allegato II.

 

2. Il Consiglio può modificare, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, l'elenco comune minimo aggiungendo o depennando paesi terzi a norma dell'allegato II. La Commissione esamina le richieste fatte dal Consiglio o dagli Stati membri di presentare una proposta di modifica dell'elenco comune minimo.

 

3. Nell'elaborare la proposta, a norma dei paragrafi 1 o 2, la Commissione utilizza le informazioni fornite dagli Stati membri, le proprie informazioni e, se necessario, quelle fornite dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

 

4. Quando il Consiglio chiede alla Commissione di presentare una proposta intesa a depennare un paese terzo dall'elenco comune minimo, è sospeso l'obbligo degli Stati membri a norma dell'articolo 31, paragrafo 2, nei confronti del paese terzo a decorrere dal giorno successivo alla decisione con cui il Consiglio chiede tale presentazione.

 

5. Quando uno Stato membro chiede alla Commissione di presentare al Consiglio una proposta intesa a depennare un paese terzo dall'elenco comune minimo, lo Stato membro notifica al Consiglio per iscritto la richiesta rivolta alla Commissione. L'obbligo dello Stato membro a norma dell'articolo 31, paragrafo 2, è sospeso nei confronti del paese terzo a decorrere dal giorno successivo alla notifica al Consiglio.

 

6. Il Parlamento europeo è informato delle sospensioni a norma dei paragrafi 4 e 5.

 

7. Le sospensioni a norma dei paragrafi 4 e 5 cessano dopo tre mesi, a meno che la Commissione non proponga, prima dello scadere di detto termine, di depennare il paese terzo dall'elenco comune minimo. Le sospensioni cessano comunque se il Consiglio respinge la proposta della Commissione di depennare il paese terzo dall'elenco.

 

8. Su richiesta del Consiglio, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio se la situazione di un paese incluso nell'elenco comune minimo è ancora conforme all'allegato II. Nel presentare la relazione la Commissione può formulare le raccomandazioni o le proposte che ritiene adeguate.

 

 

Art. 30

Designazione nazionale dei paesi terzi quali paesi di origine sicuri.

1. Fatto salvo l'articolo 29, gli Stati membri possono mantenere in vigore o introdurre una normativa che consenta, a norma dell'allegato II, di designare a livello nazionale paesi terzi diversi da quelli che figurano nell'elenco comune minimo quali paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di asilo. È anche possibile designare come sicura una parte di un paese, purché siano soddisfatte le condizioni di cui all'allegato II relativamente a tale parte.

 

2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere la normativa in vigore al 1° dicembre 2005 che consente di designare a livello nazionale paesi terzi diversi da quelli figuranti nell'elenco comune minimo quali paesi di origine sicuri ai fini dell'esame delle domande di asilo, se hanno accertato che le persone nei paesi terzi in questione non sono in genere sottoposte a:

 

a) persecuzione quale definita nell'articolo 9 della direttiva 2004/83/CE; o

 

b) tortura o altra forma di pena o trattamento disumano o degradante.

 

3. Gli Stati membri possono altresì mantenere la normativa in vigore al 1° dicembre 2005, che consente di designare a livello nazionale una parte di un paese sicura o di designare un paese o parte di esso sicuri per un gruppo determinato di persone in detto paese, se sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 2 relativamente a detta parte o a detto gruppo.

 

4. Nel valutare se un paese è un paese di origine sicuro a norma dei paragrafi 2 e 3, gli Stati membri considerano lo status giuridico, l'applicazione della legge e la situazione politica generale del paese terzo in questione.

 

5. La valutazione volta ad accertare che un paese è un paese di origine sicuro a norma del presente articolo si basa su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall'UNHCR, dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.

 

6. Gli Stati membri notificano alla Commissione i paesi designati quali paesi di origine sicuri a norma del presente articolo.

 

 

Art. 31

Concetto di paese di origine sicuro.

1. Un paese terzo designato paese di origine sicuro a norma dell'articolo 29 o dell'articolo 30, previo esame individuale della domanda, può essere considerato paese di origine sicuro per un determinato richiedente asilo solo se:

 

a) questi ha la cittadinanza di quel paese; ovvero

 

b) è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese;

 

e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze specifiche in cui si trova il richiedente stesso e per quanto riguarda la sua qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.

 

2. A norma del paragrafo 1 gli Stati membri considerano infondata la domanda di asilo, se il paese terzo è designato sicuro a norma dell'articolo 29.

 

3. Gli Stati membri stabiliscono nella legislazione nazionale ulteriori norme e modalità inerenti all'applicazione del concetto di paese di origine sicuro.

 

 

Sezione IV

Art. 32

Domande reiterate.

1. Se una persona che ha chiesto asilo in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questi può esaminare le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell'ambito dell'esame della precedente domanda o dell'esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito.

 

2. Inoltre, gli Stati membri possono applicare una procedura specifica di cui al paragrafo 3, qualora il richiedente reiteri la domanda di asilo:

 

a) dopo il ritiro della sua precedente domanda o la rinuncia alla stessa a norma degli articoli 19 o 20;

 

b) dopo che sia stata presa una decisione sulla domanda precedente. Gli Stati membri possono inoltre decidere di applicare questa procedura solo dopo che sia stata presa una decisione definitiva.

 

3. Una domanda di asilo reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se, dopo il ritiro della domanda precedente o dopo che sia stata presa la decisione di cui al paragrafo 2, lettera b), del presente articolo, su quella domanda, siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l'esame dell'eventuale qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE.

 

4. Se, in seguito all'esame preliminare di cui al paragrafo 3 del presente articolo, emergono o sono addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentino in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, la domanda viene sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II.

 

5. Gli Stati membri, in conformità della legislazione nazionale, possono procedere ad un ulteriore esame di una domanda reiterata, se vi sono altre ragioni che rendono necessario avviare nuovamente un procedimento.

 

6. Gli Stati membri possono decidere di procedere ad un ulteriore esame della domanda solo se il richiedente, senza alcuna colpa, non è riuscito a far valere, nel procedimento precedente, la situazione esposta nei paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo, in particolare esercitando il suo diritto a un rimedio effettivo a norma dell'articolo 39.

 

7. La procedura di cui al presente articolo può essere applicata anche nel caso di una persona a carico che presenti una domanda dopo aver acconsentito, a norma dell'articolo 6, paragrafo 3, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a nome suo. In tal caso l'esame preliminare di cui al paragrafo 3 del presente articolo consiste nell'esaminare se i fatti connessi alla situazione della persona a carico giustifichino una domanda separata.

 

 

Art. 33

Mancata presentazione.

Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare la procedura di cui all'articolo 32 nel caso di una domanda di asilo presentata in una data successiva da un richiedente che, intenzionalmente o per negligenza grave, non si rechi in un centro di accoglienza o non si presenti dinanzi alle autorità competenti ad una data stabilita.

 

 

Art. 34

Norme procedurali.

1. Gli Stati membri provvedono affinché i richiedenti asilo la cui domanda è oggetto di un esame preliminare a norma dell'articolo 32 godano delle garanzie di cui all'articolo 10, paragrafo 1.

 

2. Gli Stati membri possono stabilire nella legislazione nazionale norme che disciplinino l'esame preliminare di cui all'articolo 32. Queste disposizioni possono in particolare:

 

a) obbligare il richiedente a indicare i fatti e a produrre le prove che giustificano una nuova procedura;

 

b) obbligare il richiedente a presentare le nuove informazioni entro un determinato termine dopo che è venuto in possesso di tale informazione;

 

c) fare in modo che l'esame preliminare si basi unicamente su osservazioni scritte e non comporti alcun colloquio personale.

 

Queste disposizioni non rendono impossibile l'accesso del richiedente asilo a una nuova procedura, né impediscono di fatto o limitano seriamente tale accesso.

 

3. Gli Stati membri provvedono affinché:

 

a) il richiedente sia opportunamente informato dell'esito dell'esame preliminare e, ove sia deciso di non esaminare ulteriormente la domanda, dei motivi di tale decisione e delle possibilità di presentare ricorso o chiedere il riesame della decisione;

 

b) se ricorre una delle situazioni di cui all'articolo 32, paragrafo 2, l'autorità accertante procede quanto prima a un ulteriore esame della domanda reiterata, a norma del capo II.

 

 

Sezione V

Art. 35

Procedure di frontiera.

1. Gli Stati membri possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro in merito alle domande di asilo ivi presentate.

 

2. Tuttavia, ove non esistano le procedure di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere in vigore, fatte salve le disposizioni del presente articolo e conformemente alle leggi o ai regolamenti vigenti il 1° dicembre 2005, procedure che derogano ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II per decidere, alla frontiera o nelle zone di transito, in merito all'ammissione nel loro territorio di richiedenti asilo che arrivano e ivi presentano domanda di asilo.

 

3. Le procedure di cui al paragrafo 2 assicurano in particolare che le persone in questione:

 

a) siano autorizzate a rimanere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro, fatto salvo l'articolo 7;

 

b) siano immediatamente informate dei loro diritti ed obblighi, a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, lettera a);

 

c) abbiano accesso, se necessario, ai servizi di un interprete, a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, lettera b);

 

d) abbiano un colloquio prima che l'autorità competente prenda una decisione nell'ambito di siffatte procedure, in relazione alla loro domanda d'asilo con persone che abbiano un'adeguata conoscenza delle norme applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati, a norma degli articoli 12, 13 e 14;

 

e) possano consultare un avvocato o consulente legale, autorizzato o riconosciuto a norma della legislazione nazionale, a norma dell'articolo 15, paragrafo 1;

 

f) in caso di minori non accompagnati, dispongano di un rappresentante nominato a norma dell'articolo 17, paragrafo 1, salvo nel caso in cui si applichi l'articolo 17, paragrafo 2 o 3;

 

Inoltre, nel caso in cui l'ingresso sia rifiutato da un'autorità competente, quest'ultima specifica i motivi de jure e de facto che fanno ritenere infondata o inammissibile la domanda di asilo.

 

4. Gli Stati membri provvedono affinché la decisione nell'ambito delle procedure di cui al paragrafo 2 sia presa entro un termine ragionevole. Se la decisione non è stata presa entro un termine di quattro settimane, il richiedente asilo è ammesso nel territorio dello Stato membro, affinché la sua domanda di asilo sia esaminata conformemente alle altre disposizioni della presente direttiva.

 

5. Nel caso in cui particolari tipi di arrivo, o arrivi in cui è coinvolto un gran numero di cittadini di paesi terzi o di apolidi che presentano domande di asilo alla frontiera o in una zona di transito, rendano all'atto pratico impossibile applicare ivi le disposizioni di cui al paragrafo 1 o la procedura specifica di cui ai paragrafi 2 e 3, dette procedure si possono applicare anche nei luoghi e per il periodo in cui i cittadini di paesi terzi o gli apolidi in questione sono normalmente accolti nelle immediate vicinanze della frontiera o della zona di transito.

 

 

Sezione VI

Art. 36

Concetto di paesi terzi europei sicuri.

1. Gli Stati membri possono prevedere che l'esame della domanda di asilo e della sicurezza del richiedente stesso relativamente alle sue condizioni specifiche, secondo quanto prescritto al capo II, non abbia luogo o non sia condotto esaurientemente nei casi in cui un'autorità competente abbia stabilito, in base agli elementi disponibili, che il richiedente asilo sta cercando di entrare o è entrato illegalmente nel suo territorio da un paese terzo sicuro a norma del paragrafo 2.

 

2. Un paese terzo può essere considerato paese terzo sicuro ai fini del paragrafo 1, se:

 

a) ha ratificato e osserva la convenzione di Ginevra senza limitazioni geografiche;

 

b) dispone di una procedura di asilo prescritta per legge;

 

c) ha ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e ne rispetta le disposizioni, comprese le norme riguardanti i rimedi effettivi; e

 

d) è stato designato tale dal Consiglio a norma del paragrafo 3.

 

3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta o modifica un elenco comune di paesi terzi considerati paesi terzi sicuri ai fini del paragrafo 1.

 

4. Gli Stati membri interessati stabiliscono nel diritto interno le modalità di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 e le conseguenze di decisioni adottate a norma delle disposizioni stesse, in conformità del principio di «non refoulement» a norma della convenzione di Ginevra, prevedendo altresì le eccezioni all'applicazione del presente articolo per motivi umanitari o politici o di diritto internazionale.

 

5. Quando applicano una decisione basata esclusivamente sul presente articolo gli Stati membri interessati:

 

a) ne informano il richiedente; e

 

b) gli forniscono un documento con il quale informano le autorità del paese terzo, nella lingua di quest'ultimo, che la domanda non è stata esaminata nel merito.

 

6. Se il paese terzo non riammette il richiedente asilo, gli Stati membri assicurano il ricorso a una procedura in conformità dei principi e delle garanzie fondamentali descritte al capo II.

 

7. Gli Stati membri che hanno designato paesi terzi sicuri in conformità della legislazione nazionale vigente il 1° dicembre 2005 e sulla base dei criteri di cui al paragrafo 2, lettere a), b) e c), possono applicare il paragrafo 1 ai suddetti paesi terzi fintantoché il Consiglio avrà adottato l'elenco comune a norma del paragrafo 3.

 


 

Capo IV

Procedure di revoca dello status di rifugiato

 

Art. 37

Revoca dello status di rifugiato.

Gli Stati membri provvedono affinché un esame per la revoca dello status di rifugiato di una data persona possa cominciare quando emergano elementi o risultanze nuovi dai quali risulti che vi sono motivi per riesaminare lo status di rifugiato di quella persona.

 

 

Art. 38

Norme procedurali.

1. Gli Stati membri provvedono affinché, se l'autorità competente prende in considerazione di revocare lo status di rifugiato di un cittadino di un paese terzo o di un apolide a norma dell'articolo 14 della direttiva 2004/83/CE, l'interessato goda delle seguenti garanzie:

 

a) sia informato per iscritto che l'autorità competente procede al riesame del suo diritto all'attribuzione dello status di rifugiato e dei motivi del riesame; e

 

b) gli sia data la possibilità di esporre in un colloquio personale a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, lettera b), e degli articoli 12, 13 e 14, o in una dichiarazione scritta, i motivi per cui il suo status di rifugiato non dovrebbe essere revocato.

Inoltre, gli Stati membri provvedono affinché nell'ambito di tale procedura:

 

c) l'autorità competente sia in grado di ottenere informazioni esatte ed aggiornate da varie fonti, come, se del caso, dall'UNHCR, circa la situazione generale esistente nei paesi di origine degli interessati; e

 

d) se su ogni singolo caso sono raccolte informazioni ai fini del riesame dello status di rifugiato, esse non siano ottenute dai responsabili della persecuzione secondo modalità che potrebbero rivelare direttamente a tali responsabili che l'interessato è un rifugiato il cui status è oggetto di riesame e che potrebbero nuocere all'incolumità fisica dell'interessato e delle persone a suo carico o alla libertà e alla sicurezza dei familiari rimasti nel paese di origine.

 

2. Gli Stati membri provvedono affinché la decisione dell'autorità competente di revocare lo status di rifugiato sia comunicata per iscritto. La decisione specifica i motivi de jure e de facto e le informazioni sulle modalità per l'impugnazione della decisione sono comunicate per iscritto.

 

3. Non appena l'autorità competente ha preso la decisione di revocare lo status di rifugiato, sono applicabili anche l'articolo 15, paragrafo 2, l'articolo 16, paragrafo 1, e l'articolo 21.

 

4. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo, gli Stati membri possono decidere che lo status di rifugiato decada per legge in caso di cessazione a norma dell'articolo 11, paragrafo 1, lettere da a) a d), della direttiva 2004/83/CE o se il rifugiato ha rinunciato espressamente ad essere riconosciuto come rifugiato.

 

 

Capo V

Procedure di impugnazione

 

Art. 39

Diritto a un mezzo di impugnazione efficace.

1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

 

a) la decisione sulla sua domanda di asilo, compresa la decisione:

 

i) di considerare la domanda irricevibile a norma dell'articolo 25, paragrafo 2;

 

ii) presa alla frontiera o nelle zone di transito di uno Stato membro a norma dell'articolo 35, paragrafo 1;

 

iii) di non procedere a un esame a norma dell'articolo 36;

 

b) il rifiuto di riaprire l'esame di una domanda, sospeso a norma degli articoli 19 e 20;

 

c) una decisione di non esaminare ulteriormente la domanda reiterata a norma degli articoli 32 e 34;

 

d) una decisione di rifiutare l'ingresso nell'ambito delle procedure di cui all'articolo 35, paragrafo 2;

 

e) una decisione di revoca dello status di rifugiato a norma dell'articolo 38.

 

2. Gli Stati membri prevedono i termini e le altre norme necessarie per l'esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace di cui al paragrafo 1.

 

3. Gli Stati membri prevedono, se del caso, norme conformi ai loro obblighi internazionali intese:

 

a) a determinare se il rimedio di cui al paragrafo 1 produce l'effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito;

 

b) a prevedere la possibilità di un mezzo di impugnazione giurisdizionale o di misure cautelari, qualora il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 non produca l'effetto di consentire ai richiedenti di rimanere nello Stato membro interessato in attesa del relativo esito. Gli Stati membri possono anche prevedere un mezzo di impugnazione d'ufficio; e

 

c) a stabilire i motivi per impugnare una decisione a norma dell'articolo 25, paragrafo 2, lettera c), conformemente al metodo applicato a norma dell'articolo 27, paragrafo 2, lettere b) e c).

 

4. Gli Stati membri possono stabilire i termini entro i quali il giudice di cui al paragrafo 1 esamina la decisione dell'autorità accertante.

 

5. Qualora ad un richiedente sia stato riconosciuto uno status che offre gli stessi diritti e vantaggi secondo il diritto nazionale e comunitario dello status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, si può considerare che il richiedente disponga di un mezzo di impugnazione efficace, se un giudice decide che il mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1 è inammissibile o ha poche possibilità di successo a motivo di un insufficiente interesse del richiedente alla continuazione del procedimento.

 

6. Gli Stati membri possono altresì stabilire nella legislazione nazionale le condizioni che devono sussistere affinché si possa presumere che il richiedente abbia implicitamente ritirato o rinunciato al mezzo di impugnazione di cui al paragrafo 1, nonché le norme procedurali applicabili.

 

 

Capo VI

Disposizioni generali e finali

 

Art. 40

Impugnazione da parte delle autorità pubbliche.

La presente direttiva non pregiudica per le autorità pubbliche la possibilità di impugnare le decisioni amministrative e/o giudiziarie conformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale.

 

 

Art. 41

Riservatezza.

Gli Stati membri garantiscono che le autorità che danno attuazione alla presente direttiva siano vincolate dal principio di riservatezza, quale definito nel proprio diritto interno, relativamente a tutte le informazioni ottenute nel corso del loro lavoro.

 

 

Art. 42

Relazioni.

Entro il 1° dicembre 2009, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri, proponendo all'occorrenza le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni informazione utile ai fini della relazione. Dopo la prima relazione la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri almeno ogni due anni.

 

 

Art. 43

Recepimento.

Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° dicembre 2007. Per quanto concerne l'articolo 15, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° dicembre 2008. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

 

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.

 

Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

 

 

Art. 44

Transizione.

Gli Stati membri applicano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative di cui all'articolo 43 alle domande di asilo presentate dopo il 1° dicembre 2007 ed alle procedure di revoca dello status di rifugiato avviate dopo il 1° dicembre 2007.

 

 

Art. 45

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

 

Art. 46

Destinatari.

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva, conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.

 

Fatto a Bruxelles, addì 1° dicembre 2005.

 

Per il Consiglio

Il presidente

Ashton of UPHOLLAND

 

Allegato I

 

 

Definizione di «autorità accertante»

 

Nell'attuare le disposizioni della presente direttiva e nella misura in cui continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 17, paragrafo 1, della legge sui rifugiati del 1996 (e relative modifiche), l'Irlanda può considerare quanto segue:

 

- per «autorità accertante» di cui all'articolo 2, lettera e), della presente direttiva s'intende l'Office of the Refugee Applications Commissioner, per quanto attiene all'esame volto a determinare se a un richiedente debba essere o meno attribuita la qualifica di rifugiato, e

 

- le «decisioni di primo grado» di cui all'articolo 2, lettera e), della presente direttiva comprendono le raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner in merito all'opportunità o meno di attribuire a un richiedente la qualifica di rifugiato.

 

L'Irlanda notificherà alla Commissione le eventuali modifiche delle disposizioni dell'articolo 17, paragrafo 1, della legge sui rifugiati del 1996 (e relative modifiche).

 

 

 

Allegato II

 

 

Designazione dei paesi di origine sicuri ai fini degli articoli 29 e 30, paragrafo 1

 

Un paese è considerato paese di origine sicuro se, sulla base dello status giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell'articolo 9 della direttiva 2004/83/CE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

 

Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l'altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

 

a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;

 

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea;

 

c) il rispetto del principio di «non refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;

 

d) un sistema di rimedi efficaci contro le violazioni di tali diritti e libertà.

 

 

 

Allegato III

 

 

Definizione di «richiedente» o «richiedente asilo»

 

Nell'applicare le disposizioni della presente direttiva e nella misura in cui continuano ad applicarsi le disposizioni della «Ley 30/1992 de Régimen jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común» del 26 novembre 1992 e della «Ley 29/1998 reguladora de la Jurisdicción Contencioso-Administrativa» del 13 luglio 1998, la Spagna può considerare che, ai fini del capo V, la definizione di «richiedente» o «richiedente asilo» di cui all'articolo 2, lettera c), della presente direttiva comprende il «recurrente» secondo quanto stabilito nelle leggi suindicate.

 

Un «recurrente» gode delle stesse garanzie di un «richiedente» o «richiedente asilo» fissate nella direttiva ai fini dell'esercizio del diritto a un mezzo di impugnazione efficace secondo quanto prescritto al capo V.

 

La Spagna notificherà alla Commissione le eventuali modifiche alle leggi suindicate.

 

 

 

 


 

Convenzioni internazionali

 


 

Legge 24 luglio 1954, n. 722.
Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951

 

 

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951.

2. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione suddetta a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.

Atto finale della Conferenza dei plenipotenziari delle Nazioni Unite sullo Statuto dei rifugiati e degli apolidi

I

Par sa résolution 429 (V) du 14 décembre 1950, l'Assemblée générale des Nations Unies a décidé de réunir à Genève une Conférence de plénipotentiaires pour achever de rédiger et pour signer une Convention relative au statut des réfugiés et aussi un Protocole relatif au statut des apatrides.

La Conférence s'est réunie à l'Office européen des Nations Unies à Genève où elle a siégé du 2 au 25 juillet 1951.

Les Gouvernements des vingt-six Etats suivants avaient envoyé des représentants qui ont tous présenté des lettres de créance ou autres pouvoirs reconnus valables les habilitant à participer aux travaux de la Conférence:

Australie

Autriche

Belgique

Brésil

Canada

Colombie

Danemark

Egypte

Etats-Unis d'Amérique

France

Grèce

Irak

Israël

Italie

Luxembourg

Monaco

Norvège

Pays-Bas

République fédéral d'Allemagne

Royaume-Uni de Grande-Bretagne et d'Irlande du Nord

Saint-Siège

Suède

Suisse (la Délégation suisse représentait aussi le Liechtenstein)

Turquie

Vénézuela

Yougoslavie

 

Les Gouvernements des deux Etats suivant étaient représentés par des observateurs:

 

Cuba

Iran

 

Conformément à la demande de l'Assemblée générale, le Haut Commissaire des Nations Unies pour les Réfugiés a participé, sans droit de vote, aux travaux de la Conférence.

L'Organisation internationale du Travail et l'Organisation internationale pour les réfugiés étaient représentées à la Conférence, sans droit de vote.

La Conférence a invité le Conseil de l'Europe a se faire représenter, sans droit de vote.

Des représentants des organisations non gouvernementales suivantes, dotées du statut consultatif auprès du Conseil économique et social, étaient ègalement présent en qualité d'observateurs:

Catégorie A

Confédération internationale des syndicats libres.

Fédération internationale des syndicats chrétiens.

Union interparlementaire.

 

Catégorie B

Alliance universelle des Unions chrétiennes de jeunes filles.

Association internationale du droit pénal.

Bureau international pour l'organisation du droit pénal.

Caritas Internationalis.

Comité des Eglises pour les affaires internationales.

Comité consultatif mondial de la Société des amis.

Comité de coordination d'organisations juives.

Comité international de la Croix-Rouge.

Congrès juif mondial.

Conseil consultatif d'organisations juives.

Conseil international des femmes.

Fédération internationale des amis de la jeune fille.

Ligue internationale des droits de l'homme.

Ligue internationale des femmes pour la paix et la liberté.

Organisation mondiale Agudas Istraël.

Pax Romana.

Service social international.

Union catholique internationale de service social.

Union internationale des ligues féminines catholiques.

Union internationale de protection de l'enfance.

World Union for Progressive Judaism.

 

Registre

Association mondiale des guides et des éclaireuses.

Comité international d'aide aux intellectuels.

Comité permanent des organisations bénévoles.

Ligue des sociétés de la Croix-Rouge.

World University Service.

Les représentants des organisations non gouvernementales auxquelles le Conseil économique et social a accordé le statut consultatif et les représentants des organisations inscrites par le Secrétaire général sur le Registre et dont il est question au paragraphe 17 de la résolution 288 B (X) du Conseil économique et social, avaient, aux termes du Règlement intérieur adopté par la Conférence, le droit de présenter à celle-ci des déclarations écrites ou verbales.

La Conférence a élu Président M. Knud Larsen, représentant du Danemark, et Vice-Présidents M. A. Herment, représentant de la Belgique, et M. Talat Miras, représentant de la Turquie.

A sa seconde séance, la Conférence, sur la proposition du représentant de l'Egypte, a décidé à l'unanimité d'adresser une invitation au Saint-Siège, le priant de bien vouloir désigner un plénipotentiaire pour participer aux travaux de la Conférence. Le 10 juillet 1951 un représentant du Saint-Siège est venu prendre place parmi les membres de la Conférence.

La Conférence a adopté comme ordre du jour l'ordre du jour provisoire établi par le Secrétaire général (A/CONF.2/2/REV.1). Elle a également adopté le Règlement intérieur provisoire rédigé par le Secrétaire général, en y ajoutant une disposition qui autorisait un représentant du Conseil de l'Europe à assister à la Conférence sans droit de vote, et à présenter des propositions (A/CONF.2/3/REV.1).

Conformément au Règlement intérieur de la Conférence, le Président et les Vice-Présidents ont vérifié les pouvoirs des représentants et, le 17 juillet 1951, ils ont fait rapport à la Conférence sur les résultats de cette vérification. La Conférence a adopté ce rapport.

 

La Conférence a pris pour base de travail le projet de Convention relatif au statut des réfugiés et le projet de Protocole relatif au statut des apatrides préparés par le Comité spécial pour les réfugiés et les apatrides lors de sa deuxième session, tenute à Genève du 14 au 25 août 1950, à l'exception du préambule et de l'article 1 (Définition du terme «réfugié») du projet de Convention. Le texte du préambule dont la Conférence était saisie était celui que le Conseil économique et social avait adopté le 11 août 1950 dans sa résolution 319 B II (XI). Le texte de l'article 1 soumis à la Conférence était celui que l'Assemblée générale avait recommandé le 14 décembre 1950 et qui figure à l'annexe de la résolution 429 (V). Ce texte reprenait, en le modifiant celui qui avait été adopté par le Conseil économique et social dans sa résolution 319 B II (XI) [1].

 

-------------------------

[1] Les textes mentionnés dans le paragraphe ci-dessus sont reproduits dans le document A/CONF. 2/1.

La Conférence a adopté en première et en deuxième lecture la Convention relative au statut des réfugiés. Avant la seconde lecture, elle avait constitué un comité de style composé du Président et des représentants de la Belgique, des Etats-Unis d'Amérique, de la France, d'Israël, de l'Italie et du Royaume Uni de Grande-Bretagne et d'Irlande du Nord, ainsi que du Haut Commissaire pour les Réfugiés: ce comité de style a élu Président M. G. Warren, représentant des Etats-Unis d'Amérique. Le comité de style a modifié le texte adopté par la Conférence en première lecture; ces modifications ont porté en particulier sur des questions de langue et sur la concordance à assurer entre les textes anglais et français.

La Convention a été adoptée le 25 juillet par 24 voix contre zéro sans abstention. Elle sera ouverte à la signature à l'Office européen des Nations Unies du 28 juillet au 31 août 1951. Elle sera de nouveau ouverte à la signature au Siège permanent des Nations Unies à New-York du 17 septembre 1951 au 31 décembre 1952.

On trouvera, joints au présent Acte final, les textes anglais et français de la Convention, qui font également foi.

II

La Conférence a décidé, par 17 votes contre 3 et 3 abstentions, que les titres des chapitres et des articles de la Convention sont inclus aux fins d'information et ne constituent pas des éléments d'interprétation.

III

En ce qui concerne le projet de Protocole relatif au statut des apatrides, la Conférence a adopté la resolution suivante:

 

«La Conférence,

«Ayant pris en considération le projet de Protocole relatif au statut des apatrides,

«Considérant que ce sujet exige encore une étude plus approfondie,

«Décide de ne pas prendre de décision à ce sujet à cette Conférence et renvoie le projet de Protocole pour plus ample étude aux organes appropriés des Nations Unies».

IV

La Conférence a adopté à l'unanimité les recommandations suivantes:

A

«La Conférence,

«Considérant que la délivrance et la reconnaissance des titres de voyage sont nécessaires pour faciliter le mouvement des réfugiés et, en particulier, leur reinstallation,

«Demande instamment aux Gouvernements parties à l'Accord concernant la délivrance d'un titre de voyage à des réfugiés relevant de la compétence du Comité inter-gouvernemental pour les réfugiés, signé à Londres le 15 octobre 1946, ou qui reconnaissent la validité des titres de voyage délivrés conformément aux dispositions de ce Accord, de continuer à délivrer ou à reconnaître lesdits titres de voyage et de délivrer ces titres de voyage à tous les réfugiés répondant à la définition donnée de ce terme à l'article premier de la Convention relative au statut des réfugiés ou de reconnaître les titres de voyage ainsi délivrés à ces personnes, jusqu'à ce qu'ils aient assumé les obligations qui découlent de l'article 28 de ladite Convention».

B

«La Conférence,

«Considérant que l'unité de famille, cet élément naturel et fondamental de la société, est un droit essentiel du réfugié, et que cette unité est constamment menacée, et,

«Constatant avec satisfaction que, d'après le commentaire officiel du Comité spécial de l'apatridie et des problèmes connexes (E/1618, p. 38) les droits de réfugié sont étendus aux membres de sa famille,

«Recommande aux Gouvernements de prendre les mesures nécessaires pour la protection de la famille du réfugié et en particulier pour:

«1) Assurer le maintien de l'unité de la famille du réfugié, notamment dans le cas où le chef de la famille a réuni les conditions voulues pour son admission dans un pays;

«2) Assurer la protection des réfugiés mineurs, notamment des enfants isolés et des jeunes filles, spécialement en ce qui concerne la tutelle et l'adoption».

C

«La Conférence,

«Considérant que le réfugié a besoin, dans les divers domaines moraux, juridiques et matériels, du concours de services sociaux appropriés, notamment de celui des organisations non gouvernementales qualifiées,

«Recommande aux Governements et aux organismes intergouvernementaux de faciliter, d'encourager et de soutenir les efforts des organisations dûment qualifiées pour leur tâche».

 

D

«La Conférence,

«Considérant que nombre de personnes quittent encore leur pays d'origine pour des raisons de persécution et qu'elles ont droit à une protection spéciale à cause de leur condition particulière,

«Recommande aux Gouvernements de continuer à recevoir les réfugiés sur leur territoire et d'agir de concert dans un véritable esprit de solidarité internationale, afin que les réfugiés puissent trouver asile et possibilité de réétablissement».

E

«La Conférence,

«Exprime l'espoir que la Convention relative au statut des réfugiés aura valeur d'exemple, en plus de sa portée contractuelle, et qu'elle incitera tous les Etats à accorder dans toute la mesure du possible aux personnes se trouvant sur leur territoire en tant que réfugiés et qui ne seraient pas couvertes par les dispositions de la Convention, le traitement prévu par cette Convention».

En foi de quoi, le président, les Vice-Présidents et le Secrétaire exécutif de la Conférence ont signé le présent Acte final.

Fait à Genève, ce 28 juillet mil neuf cent cinquante et en un seul exemplaire rédigé en langue anglaise et française, chacun des deux textes faisant également foi. Des traductions du présent Acte final en chinois, en espagnol et en russe seront faites par les soins du Secrétaire général des Nations Unies, qui enverra, sur demande, des exemplaires de ces traductions à chacun des Gouvernements invités à assister à la Conférence.

 

 

Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati

Préambule.

 

Les HAUTES PARTIES CONTRACTANTES,

Considérant que la Charte des Nations Unies et la Déclaration universelle des droits de l'homme approuvée le 10 décembre 1948 (2) par l'Assemblée générale ont affirmé ce principe que les êtres humains, sans distinction, doivent jouir des droits de l'homme et des libertés fondamentales,

Considérant que l'Organisation des Nations Unies a, à plusieurs reprises, manifesté la profonde sollicitude qu'elle éprouve pour les réfugiés et qu'elle s'est préeoccupée d'assurer à ceux-ci l'exercice le plus large possible des droits de l'homme et des libertés fondamentales,

Considérant qu'il est désirable de reviser et de codifier les accords internationaux antérieurs relatifs au statut des réfugiés et d'étendre l'application de ces instruments et la protection qu'ils constituent pour les réfugiés au moyen d'un nouvel accord.

Considérant qu'il peut résulter de l'octroi du droit d'asile des charges exceptionnellement lourdes pour certains pays et que la solution satisfaisante des problèmes dont l'Organisation des Nations Unies a reconnu la portée et le caractère internationaux, ne saurait, dans cette hypothèse, être obtenue sans une solidarité internationale,

Exprimant le voeu que tous les Etats, reconnaissant le caractère social et humanitaire du problème des réfugiés, fassent tout ce qui est en leur pouvoir pour éviter que ce problème ne devienne une cause de tension entre Etats,

Prenant acte de ce que le Haut Commissaire des Nations Unies pour les réfugiés a pour tâche de veiller à l'application des conventions internationales qui assurent la protection des réfugiés, et reconnaissant que la coordination effective des mesures prises pour résoudre ce problème dépendra de la coopération des Etats avec le Haut Commissaire,

Sont convenues des dispositions ci-après:

 

                                                                                               Artt.

Chapitre I   - Dispositions generales                                           1-11

Chapitre II  - Condition juridique                                                  12-16

Chapitre III - Emplois lucratifs.                                                   17-19

Chapitre IV  - Bien-etre.                                                             20-24

Chapitre V   - Mesures administratives                                       25-34

Chapitre VI - Dispositions executoires et transitoires                   35-37

 

Chapitre VII - Clauses finales                                                     38-46

 

Annexe

 

CHAPITRE I - Dispositions generales.

Article premier.

Définition du terme «réfugié».

 

A) Aux fins de la présente Convention, le terme «réfugié» s'appliquera à toute personne:

1) Qui a été considérée comme réfugiée en application des Arrangements du 12 mai 1926 et du 30 juin 1928, ou en application des Conventions du 28 octobre 1933 (3) et du 10 février 1939, ou encore en application de la Constitution de l'Organisation internationale pour les réfugiés;

Les décisions de non-élégibilité prises par l'Organisation internationale pour les réfugiés pendant la durée de son mandat ne font pas obstacle à ce que la qualité de réfugié soit accordée à des personnes qui remplissent les conditions prévues au paragraphe 2 de la présente section;

2) Qui, par suite d'événements survenus avant le premier janvier 1951 et craignant avec raison d'être persécutée du fait de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques, se trouve hors du pays dont elle a la nationalité et qui ne peut ou, du fait de cette crainte, ne veut se réclamer de la protection de ce pays; ou, qui, si elle n'a pas de nationalité et se trouve hors du pays dans lequel elle avait sa résidence habituelle à la suite de tels événements, ne peut ou, en raison de ladite crainte, ne veut y retourner.

Dans le cas d'une personne qui a plus d'une nationalité, l'expression «du pays dont elle a la nationalité» vise chacun des pays dont cette personne a la nationalité. Ne sera pas considérée comme privée de la protection du pays dont elle a la nationalité, toute personne qui, sans raison valable fondée sur une crainte justifiée, ne s'est pas réclamée de la protection de l'un des pays dont elle a la nationalité.

B) 1. Aux fins de la présente Convention, les mots «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, pourront être compris dans le sens de soit.

a) «événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe»; soit

b) «événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe ou ailleurs»;

et chaque Etat Contractant fera, au moment de la signature, de la ratification ou de l'adhésion, une déclaration précisant la portée qu'il entend donner à cette expression au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la présente Convention.

2. Tout Etat Contractant qui a adopté la formule a) pourra à tout moment étendre ses obligations en adoptant la formule b) par notification adressée au Secrétaire général des Nations Unies.

C) Cette Convention cessera, dans le cas ci après, d'être applicable à toute personne visée par les dispositions de la section A ci-dessus:

1) Si elle s'est volontairement réclamée à nouveau de la protection du pays dont elle a la nationalité; ou

2) Si, ayant perdu sa nationalité, elle l'a volontairement recouvrée; ou

3) Si elle a acquis une nouvelle nationalité et jouit de la protection du pays dont elle a acquis la nationalité; ou

4) Si elle est retournée volontairement s'établir dans le pays qu'elle a quitté ou hors duquel elle est demeurée de crainte d'être persécutée; ou

5) Si, les circonstances à la suite desquelles elle a été reconnue comme réfugié ayant cessé d'exister, elle ne peut plus continuer à refuser de se réclamer de la protection du pays dont elle a la nationalité;

Etant entendu, toutefois, que les dispositions du présent paragraphe ne s'appliqueront pas à tout réfugié visé au paragraphe 1 de la section A du présent article qui peut invoquer, pour refuser de se réclamer de la protection du pays dont il a la nationalité, des raisons impérieuses tenant à des persécutions antérieures;

6) S'agissant d'une personne qui n'a pas de nationalité, si, les circonstances à la suite desquelles elle a été reconnue comme réfugiée ayant cessé d'exister, elle est en mesure de retourner dans le pays dans lequel elle avait sa résidence habituelle;

Etant entendu, toutefois, que les dispositions du présent paragraphe ne s'appliqueront pas à tout réfugié visé au paragraphe 1 de la section A du présent article qui peut invoquer, pour refuser de retourner dans le pays dans lequel il avait sa résidence habituelle, des raisons imperieuses tenant à des persécutions antérieures.

D) Cette Convention ne sera pas applicable aux personnes qui bénéficient actuellement d'une protection ou d'une assistance de la part d'un organisme ou d'une institution des Nations Unies autre que le Haut Commissaire des Nations Unies pour les réfugiés.

Lorsque cette protection ou cette assistance aura cessé pour une raison quelconque, sans que le sort de ces personnes ait été définitivement réglé, conformement aux résolutions y relatives adoptées par l'Assemblée générale des Nations Unies, ces personnes bénéficieront de plein droit du régime de cette Convention.

E) Cette Convention ne sera pas applicable à une personne considérée par les autorités compétentes du pays dans lequel cette personne a établi sa résidence comme ayant les droits et les obligations attachés à la possession de la nationalité de ce pays.

F) Les dispositions de cette Convention ne seront pas applicables aux personnes dont on aura des raisons serieuses de penser:

a) qu'elles ont commis un crime contre la paix, un crime de guerre ou un crime contre l'humanité, au sens des instruments internationaux élaborés pour prévoir des dispositions relatives à ces crimes;

b) qu'elles ont commis un crime grave de droit commun en dehors du pays d'accueil avant d'y être admises comme réfugiés;

c) qu'elles se sont rendues coupables d'agissements contraires aux buts et aux principes des Nations Unies.

 

Article 2.

Obligations générales.

Tout réfugié, a, à l'égard du pays où il se trouve, des devoirs qui comportent notamment l'obbligation de se conformer aux lois et règlements ainsi qu'aux mesures prises pour le maintien de l'ordre public.

 

Article 3.

Non-discrimination.

Les Etats Contractants appliqueront les dispositions de cette Convention aux réfugiés sans discrimination quant à la race, la religion ou le pays d'origine.p

 

Article 4.

Religion.

Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés sur leur territoire un traitement au moins aussi favorable que celui accordé aux nationaux en ce qui concerne la liberté de pratiquer leur religion et en ce qui concerne la liberté d'instruction religieuse de leurs enfants.p

 

Article 5.

Droits accordés indépendamment de cette Convention.

Aucune disposition de cette Convention ne porte atteinte aux autres droits et avantages accordés, indépendamment de cette Convention, aux réfugiés.p

 

Article 6.

L'expression «dans les mêmes circonstances».

Aux fins de cette Convention, les termes «dans les mêmes circonstances», impliquent que toutes les conditions (et notamment celles qui ont trait à la durée et aux conditions de séjour ou de résidence) que l'intéressé devrait remplir, pour pouvoir exercer le droit en question s'il n'était pas un réfugié doivent être remplies par lui à l'exception des conditions qui, en raison de leur nature, ne peuvent être remplies par un réfugié.p

 

Article 7.

Dispense de réciprocité.

1. Sous réserve des dispositions plus favorables prévues par cette Convention, tout Etat Contractant accordera aux réfugiés le régime qu'il accorde aux ètrangers en général.

2. Après un délai de résidence de trois ans, tous les réfugiés bénéficieront, sur le territoire des Etats Contractants, de la dispense de réciprocité legislative.

3. Tout Etat Contractant continuera à accorder aux réfugiés les droits et avantages auxquels ils pouvaient déjà prétendre, en l'absence de réciprocité, à la date d'entrée en vigueur de cette Convention pour ledit Etat.

4. Les Etats Contractants envisageront avec bienveillance la possibilité d'accorder aux réfugiés, en l'absence de réciprocité, des droits et des avantages outres ceux auxquels ils peuvent prétendre en vertu des paragraphes 2 et 3 ainsi que la possibilité de faire bénéficier de la dispense de réciprocité des réfugiés qui ne remplissent pas les conditions visées aux paragraphes 2 et 3.

5. Les dispositions des paragraphes 2 et 3 ci-dessus s'appliquent aussi bien aux droits et avantages visés aux articles 13, 18, 19, 21 et 22 de cette Convention qu'aux droits et avantages qui ne sont pas prévus par elle.p

 

Article 8.

Dispense de mesures exceptionnelles.

En ce qui concerne les mesures exceptionnelles qui peuvent être prises contre la personne, les biens ou les intérêts des ressortissants d'un Etat déterminé, les Etats Contractants n'appliqueront pas ces mêsures à un réfugié ressortissant formellement dudit Etat uniquement en raison de sa nationalité. Les Etats Contractants, qui de par leur législation, ne peuvent appliquer le principe général consacré dans cet article accorderont dans des cas appropriés des dispenses en faveur de tels réfugiés.p

 

Article 9.

Mesures provisoires.

Aucune des dispositions de la présente Convention n'a pour effet d'empêcher un Etat Contractant, en temps de guerre ou dans d'autres circonstances graves et exceptionnelles, de prendre provisoirement, à l'égard d'une personne déterminée, les mesures que cet Etat estime indispensables à la sécurité nationale, en attendant qu'il soit établi par ledit Etat Contractant que cette personne est effectivement un réfugié et que le maintien desdites mesures est nécessaire à son égard dans l'intérêt de sa sécurité nationale.p

 

Article 10.

Continuité de résidence.

1. Lorsqu'un réfugié a été-déporté au cours de la deuxième guerre mondiale et transporté sur le territoire de l'un des Etats Contractants et y réside, la durée de ce séjour forcé comptera comme résidence régulière sur ce territoire.

2. Lorsqu'un réfugié a été déporté du territoire d'un Etat Contractant au cours de la deuxième guerre mondiale et y est retourné avant l'entrée en vigueur de cette Convention pour y établir sa résidence, la période qui précède et celle qui suit cette déportation seront considérées, à toutes les fins pour lesquelles une résidence ininterrompue est nécessaire, comme ne constituant qu'une seule période ininterrompue.p

 

Article 11.

Gens de mer réfugiés.

Dans le cas de réfugiés régulièrement employés comme membres de l'équipage à bord d'un navire battant pavillon d'un Etat Contractant, cet Etat examinera avec bienveillance la possibilité d'autoriser lesdits réfugiés à s'établir sur son territoire et de leur délivrer des titres de voyage ou de les admettre à titre temporaire sur son territoire, afin, notamment, de faciliter leur établissement dans un autre pays.

 

 

CHAPITRE II - Condition juridique.

 

Article 12.

Statut personnel.

1. Le statut personnel de tout réfugié sera régi par la loi du pays de son domicile ou, à défaut de domicile, par la loi du pays de sa résidence.

2. Les droits, précédemment acquis par le réfugié et découlant du statut personnel, et notamment ceux qui résultent du mariage, seront respectés par tout Etat Contractant, sous réserve, le cas échéant, de l'accomplissement des formalités prévues par la législation dudit Etat, étant entendu, toutefois, que le droit en cause doit être de ceux qui auraient été reconnus par la législation dudit Etat si l'intéressé n'était devenu un réfugié.p

 

Article 13.

Propriété mobilière et immobilière.

Les Etats Contractants accorderont à tout réfugié un traitement aussi favorable que possible et de toute façon un traitement qui ne soit pas moins favorable que celui qui est accordé, dans les mêmes circonstances, aux étrangers en général en ce qui concerne l'acquisition de la propriété mobilière et immobilière et autres droits s'y rapportant, le louage et les autres contrats relatifs à la propriété mobilière et immobilière.

 

Article 14.

Propriété intellectuelle et industrielle.

En matière de protection de la propriété industrielle, notamment d'inventions, dessins, modèles, marques de fabrique, nom commercial, et en matière de protection de la propriété littéraire, artistique et scientifique, tout réfugié bénéficiera dans le pays où il a sa résidence habituelle de la protection qui est accordée aux nationaux dudit pays. Dans le territoire de l'un quelconque des autres Etats Contractants, il bénéficiera de la protection qui est accordée dans ledit territoire aux nationaux du pays dans lequel il a sa résidence habituelle.p

 

Article 15.

Droits d'association.

Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés qui résident régulièrement sur leur territoire, en ce qui concerne les associations à but non politique et non lucratif et les syndicats professionnels, le traitement le plus favorable accordé aux ressortissants d'un pays étranger, dans les mêmes circonstances.p

 

Article 16.

Droit d'ester en justice.

1. Tout réfugié aura, sur le territoire des Etats Contractants, libre et facile accès devant les tribunaux.

2. Dans l'Etat Contractant où il a sa résidence habituelle, tout réfugié jouira du même traitement qu'un ressortissant en ce qui concerne l'accès aux tribunaux, y compris l'assistance judiciaire et l'exemption de la caution judicatum solvi.

3. Dans les Etats Contractants autres que celui où il a sa résidence habituelle, et en ce qui concerne les questions visées au paragraphe 2, tout réfugié jouira du même traitement qu'un national du pays dans lequel il a sa résidence habituelle.

 

 

CHAPITRE III - Emplois .

 

Article 17.

Professions salariées.

1. Les Etats Contractants accorderont à tout réfugié résidant régulièrement sur leur territoire le traitement le plus favorable accordé, dans les mêmes circonstances, aux ressortissants d'un pays étranger en ce qui concerne l'exercice d'une activité professionnelle salariée.

2. En tout cas, les mesures restrictives imposées aux étrangers ou à l'emploi d'étrangers pour la protection du marché national du travail ne seront pas applicables aux réfugiés qui en étaient déjà dispensés à la date de l'entrée en vigueur de cette Convention par l'Etat Contractant intéressé, ou qui remplissent l'une des conditions suivantes:

a) compter trois ans de résidence dans le pays;

b) avoir pour conjoint une personne possédant la nationalité du pays de résidence. Un réfugié ne pourrait invoquer le bénéfice de cette disposition au cas où il aurait abbandonné son conjoint;

c) avoir un ou plusieurs enfants possédant la nationalité du pays de résidence.

3. Les Etats Contractants envisageront avec bienveillance l'adoption de mesures tendant à assimiler les droits de tous les réfugiés en ce qui concerne l'exercice des professions salariées à ceux de leurs nationaux et ce, notamment pour les réfugiés qui sont entrés sur leur territoire en application d'un programme de recrutement de la main-d'±uvre ou d'un plan d'immigration.

 

Article 18.

Professions non salariées.

Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés se trouvant régulièrement sur leur territoire le traitement aussi favorable que possible et en tout cas un traitement non moins favorable que celui accordé dans les mêmes circonstances aux étrangers en général, en ce qui concerne l'exercice d'une profession non salariée dans l'agriculture, l'industrie, l'artisanat et le commerce, ainsi que la création de sociétés commerciales et industrielles.

 

Article 19.

Professions libérales.

1. Tout Etats Contractants accordera aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire, qui sont titulaires de diplômes reconnus par les autorités compétentes dudit Etat et qui sont désireux d'exercer une profession libérale, un traitement aussi favorable que possible et en tout cas un traitement non moins favorable que celui accordé, dans les mêmes circonstances, aux étrangers en général.

2. Les Etats Contractants feront tout ce qui est en leur pouvoir, conformément à leurs lois et constitutions, pour assurer l'installation de tels réfugiés dans les territoires, autres que le territoire métropolitain dont ils assument la responsabilité des relations internationales.

 

CHAPITRE IV - Bien-être.

 

Article 20.

Rationnement.

Dans le cas où il existe un système de rationnement auquel est soumise la population dans son ensemble et qui réglemente la répartition générale de produits dont il y a pénurie, les réfugiés seront traités comme les nationaux.

 

Article 21.

Logement.

En ce qui concerne le logement, les Etats Contractants accorderont, dans la mesure où cette question tombe sous le coup des lois et règlements ou est soumise au contrôle des autorités publiques, aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire un traitement aussi favorable que possible; ce traitement ne saurait être, en tout cas, moins favorable que celui qui est accordé, dans les mêmes circonstances, aux étrangers en général.

 

Article 22.

Education publique.

1. Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés le même traitement qu'aux nationaux en ce qui concerne l'enseignement primaire.

2. Les Etats Contractants accorderont aux refugiés un traitement aussi favorable que possible, et en tout cas non moins favorable que celui qui est accordé aux étrangers en général dans les mêmes circonstances quant aux catégories d'enseignement autre que l'enseignement primaire et notamment en ce qui concerne l'accès aux études, la reconnaissance de certificats d'études, de diplômes et de titres universitaires délivrés à l'étranger, la remise des droits et taxes et l'attribution de bourses d'études.

 

Article 23.

Assistance publique.

Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire le même traitement en matière d'assistance et de secours publics qu'à leurs nationaux.

 

Article 24.

Législation du travail et sécurité sociale.

1. Les Etats Contractants accorderont aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire le même traitement qu'aux nationaux en ce qui concerne les matières suivantes:

a) dans la mesure où ces questions sont réglementées par la législation ou dépendent des autorités administratives: la rémunération, y compris les allocations familiales lorsque ces allocations font partie de la rémunération, la durée du travail, les heures supplémentaires, les congés payés, les restrictions au travail à domicile, l'âge d'admission à l'emploi, l'apprentissage et la formation professionnelle, le travail des femmes et des adolescents et la jouissance des avantages offerts par les conventions collectives; b) la sécurité sociale (les dispositions légales relatives aux accidents du travail, aux maladies professionnelles, à la maternité, à la maladie, à l'invalidité, à la vieillesse et au décès, au chômage, aux charges de famille, ainsi qu'à tout autre risque qui, conformément à la législation nationale, est couvert par un système de sécurité sociale), sous réserve:

I) des arrangements appropriés visant le maintien des droits acquis et des droits en cours d'acquisition;

II) des dispositions particulières prescrites par la législation nationale du pays des résidence et visant les prestations ou fractions de prestations payables exclusivement sur les fonds publics, ainsi que les allocations versées aux personnes qui ne réunissent pas les conditions de cotisation exigées pour l'attribution d'une pension normale.

2. Les droits à prestation ouverts par le décès d'un réfugié survenu du fait d'un accident du travail ou d'une maladie professionnelle ne seront pas affectés par le fait que l'ayant droit réside en dehors du territoire de l'Etat Contractant. 3. Les Etats Contractants étendront aux réfugiés le bénéfice des accords qu'ils ont conclus ou viendront à conclure entre eux, concernant le maintien des droits acquis ou en cours d'acquisition en matière de sécurité sociale, pour autant que les réfugiés réunissent les conditions prévues pour les nationaux des Pays signataires des accords en question.

4. Les Etats Contractants examineront avec bienveillance la possibilité d'étendre, dans toute la mesure du possible, aux réfugiés, le bénéfice d'accords similaires qui sont ou seront en vigueur entre ces Etats Contractants et des Etats non contractants.

 

 

CHAPITRE V - Mesures administratives.

 

Article 25.

Aide administrative.

1. Lorsque l'exercice d'un droit par un réfugié nécessiterait normalement le concours d'autorités étrangères auxquelles il ne peut recourir, les Etats Contractants sur le territoire desquels il réside veilleront à ce que ce concours lui soit fourni soit par leurs propres autorités, soit par une autorité internationale.

2. La ou les autorités visées au paragraphe 1 délivreront ou feront délivrer, sous leur contrôle, aux réfugiés, les documents ou certificats qui normalment seraient délivrés à un étranger par ses autorités nationales ou par leur intermédiaire. 3. Les documents ou certificats ainsi délivrés remplaceront les actes officiels délivrés à des étrangers par leurs autorités nationales ou par leur intermédiaire, et feront foi jusqu'à preuve du contraire.

4. Sous réserve des exceptions qui pourraient être admises en faveur des indigents, les services mentionnés dans le présent article pourront être rétribués; mais ces rétributions seront modérées et en rapport avec les perceptions opérées sur les nationaux à l'occasion de services analogues. 5. Les dispositions de cet article n'affectent en rien les articles 27 et 28.

 

Article 26.

Liberté de circulation.

Tout Etat Contractant accordera aux réfugiés se trouvant régulièrement sur son territoire le droit d'y choisir leur lieu de résidence et d'y circuler librement sous les réserves instituées par la réglementation applicable aux étrangers en général dans les mêmes circonstance.

 

Article 27.

Pièces d'identité.

Les Etats Contractans délivreront des pièces d'identité à tout refugié se trouvant sur leur territoire et qui ne possède pas un titre de voyage valable.

 

 

Article 28.

Titres de voyage.

1. Les Etats Contractans délivreront aux réfugiés résidant régulièrement sur leur territoire, des titres de voyage destinés à leur permettre de voyager hors de ce territoire à moins que des raisons impérieuses de sécurité nationale ou d'ordre public ne s'y opposent; les dispositions de l'Annexe à cette Convention s'appliqueront à ces documents. Les Etats Contractans pourront délivrer un tel titre de voyage à tout autre réfugié se trouvant sur leur territoire; ils accorderont une attention particulière aux cas de rèfugiés se trouvant sur leur territoire et qui ne sont pas en mesure d'obtenir un titre de voyage du pays de leur résidence régulière.

2. Les documents de voyage délivrés aux termes d'accords internationaux antérieurs par les Parties à ces accords seront reconnus par les Etats Contractants, et traités comme s'ils avaient été délivrés aux réfugiés en vertu du présent article.

 

Article 29.

Charges fiscales.

1. Les Etats Contractants n'assujettiront pas les réfugiés à des droits, taxes, impôts, sous quelque dénomination que ce soit, autres ou plus élévés que ceux qui sont ou qui seront perçus sur leurs nationaux dans des situations analogues.

2. Les dispositions du paragraphe précédent ne s'opposent pas à l'application aux réfugiés des dispositions des lois et règlements concernant les taxes afférentes à la délivrance aux étrangers de documents administratifs, pièces d'identité y comprises.

 

Article 30.

Transfert des avoirs.

1. Tout Etat Contractant permettra aux réfugiés, conformément aux lois et règlements de leur pays, de transférer les avoirs qu'ils ont fait entrer sur son territoire, dans le territoire d'un autre pays où ils ont été admis afin de s'y réinstaller. 2. Tout Etat Contractant accordera sa bienveillante attention aux demandes présentées par des réfugiés qui désirent obtenir l'autorisation de transférer tous autres avoirs nécessaires à leur réinstallation dans un autre pays où ils ont été admis afin de s'y réinstaller.

 

Article 31.

Réfugiés en situation irrégulière dans le pays d'accueil.

1. Les Etats Contractants n'appliqueront pas de sanctions pénales, du fait de leur entrée ou de leur séjour irréguliers, aux réfugiés qui, arrivant directement du territoire où leur vie ou leur liberté était menacée au sens prévu par l'article premier, entrent ou se trouvent sur leur territoire sans autorisation, sous la réserve qu'ils se présentent sans délai aux autorités et leur exposent des raisons reconnues valables de leur entrée ou présence irrégulières.

2. Les Etats Contractants n'appliqueront aux déplacements de ces réfugiés d'autres restrinctions que celles qui sont nécessaires; ces restrictions seront appliquées seulement en attendant que le statut de ces réfugiés dans le pays d'accueil ait été régularisé ou qu'ils aient réussi à se faire admettre dans un autre pays. En vue de cette dernière admission les Etats Contractants accorderont à ces réfugiés un délai raisonnable ainsi que toutes facilités nécessaires.

 

 

 

 

Article 32.

Expulsion.

1. Les Etats Contractants n'expulseront un réfugié se trouvant régulièrement sur leur territoire que pour des raisons de sécurité nationale ou d'ordre public.

2. L'expulsion de ce réfugié n'aura lieu qu'en exécution d'une décision rendue conformément à la procédure prévue par la loi. Le réfugié devra, sauf si des raisons impérieuses de sécurité nationale s'y opposent, être admis à fournir des preuves tendant à le disculper, à présenter un recours et à se faire représenter à cet effet devant une autorité compétente ou devant une ou plusieurs personnes spécialement désignées par l'autorité compétente.

3. Les Etats Contractants accorderont à un tel réfugié un délai raisonnable pour lui permettre de chercher à se faire admettre régulièrement dans un autre pays. Les Etats Contractants peuvent appliquer, pendant ce délai, telle mesure d'ordre interne qu'ils jugeront opportune.

 

Article 33.

Défense d'expulsion et de refoulement.

1. Aucun des Etats Contractants n'expulsera ou ne refoulera, de quelque manière que ce soit, un réfugié sur les frontières des territoires où sa vie ou sa liberté serait menacée en raison de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ces opinions politiques.

2. Le bénéfice de la présente disposition ne pourra toutefois être invoqué par un réfugié qu'il y aura des raisons sérieuses de considérer comme un danger pour la sécurité du pays où il se trouve ou qui, ayant été l'objet d'une condamnation définitive pour un crime ou délit particulièrement grave, constitue une menace pour la communauté dudit pays (4).

 

Article 34.

Naturalisation.

Les Etats Contractants faciliteront, dans toute la mesure du possible, l'assimilation et la naturalisation des réfugiés. Ils s'efforceront notamment d'accélérer la procédure de naturalisation et de réduire, dans toute la mesure du possible, les taxes et les frais de cette procédure.

 

 

CHAPITRE VI - Dispositions executoires et transitoires.

 

Article 35.

Coopération des autorités nationales avec les Nations Unies.

1. Les Etats Contractants s'engagent à coopérer avec le Haut Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés, ou toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait, dans l'exercice de ses fonctions et en particulier à faciliter sa tâche de surveillance de l'application des dispositions de cette Convention.

2. Afin de permettre au Haut Commissariat ou à toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait de présenter des rapports aux organes compétents des Nations Unies, les Etats Contractants s'engagent à leurs fournir dans la forme appropriée les informations et les données statistiques demandées relatives:

a) au statut des réfugiés,

b) à la mise en oeuvre de cette Convention, et,

c) aux lois, règlements et décrets, qui sont ou entreront en vigueur en ce qui concerne les réfugiés (5).

 

Article 36.

Renseignements portant sur les lois et règlements nationaux.

Les Etats Contractants communiqueront au Secrétaire général des Nations Unies le texte des lois et des règlements qu'ils pourront promulguer pour assurer l'application de cette Convention.

 

Article 37.

Relations avec les conventions antérieures.

Sans préjudice des dispositions du paragraphe 2 de l'article 28, cette Convention remplace, entre les Parties à la Convention, les Accords des 5 juillet 1922, 31 mai 1924, 12 mai 1926, 30 juin 1928 et 30 juillet 1935 ainsi que les Conventions des 28 octobre 1933 (6), 10 février 1938, le Protocole du 14 septembre 1939 et l'Accord du 15 octobre 1946 (7).

 

 

CHAPITRE VII - Clauses finales.

 

Article 38.

Réglement des différends.

Tout différend entre les Parties à cette Convention relatif à son interprétation ou à son application, qui n'aura pu être réglé par d'autres moyens, sera soumis à la Cour internationale de justice à la demande de l'une des Parties au différend.

 

Article 39.

Signature, ratification et adhésion.

1. Cette Convention sera ouverte à la signature à Genève le 28 juillet 1952 et, après cette date, déposée auprès du Secrétaire général des Nations Unies. Elle sera ouverte à la signature à l'Office européen des Nations Unies du 28 juillet au 31 août 1951, puis ouverte à nouveau à la signature au Siège de l'Organisation des Nations Unies du 17 septembre 1951 au 31 décembre 1952.

2. Cette Convention sera ouverte à la signature de tous les Etats Membres de l'Organisation des Nations Unies ainsi que de tout autre Etat non membre invité à la Conférence de plénipotentiaires sur le statut des réfugiés et des apatrides ou de tout Etat auquel l'Assemblée générale aura adressé une invitation à signer. Elle devra être ratifiée et les instruments de ratification seront déposés auprés du Secrétaire général des Nations Unies.

3. Les Etats visés au paragraphe 2 du présent article pourront adhèrer à cette Convention à dater du 28 juillet 1951. L'adhésion se fera par le dépôt d'un instrument d'adhésion auprès du Secrétaire général des Nations Unies.p

 

Article 40.

Clause d'application territoriale.

1. Tout Etat pourra, au moment de la signature, ratification ou adhésion, déclarer que cette Convention s'étendra à l'ensemble des territoires qu'il représente sur le plan international, ou à l'un ou plusieurs d'entre eux. Une telle déclaration produira ses effets au moment de l'entrée en vigueur de la Convention pour ledit Etat.

2. A tout moment ultérieur cette extension se fera par notification adressée au Secrétaire général des Nations Unies et produira ses effets à partir du quatre-vingt-dixième jour qui suivra la date à laquelle le Secrétaire général des Nations Unies aura reçu la notification ou à la date d'entrée en vigueur de la Convention pour ledit Etat si cette dernière date est postérieure.

3. En ce qui concerne les territoires auxquels cette Convention ne s'appliquerait pas à la date de la signature, ratification ou adhésion, chaque Etat intéressé examinera la possibilité de prendre aussitôt que possible toutes mesures nécessaires afin d'aboutir à l'application de cette Convention auxdits territoires sous réserve, le cas échéant, de l'assentiment des gouvernements de ces territoires qui serait requis pour des raisons constitutionnelles.

 

Article 41.

Clauses fédérale.

Dans le cas d'un Etat fédératif ou non unitaire, les dispositions ci-après s'appliqueront:

a) en ce qui concerne les articles de cette Convention dont la mise en ±uvre relève de l'action législative du pouvoir législatif fédéral, les obligations du Gouvernement fédéral seront, dans cette mesure, les mêmes que celles des Parties qui ne sont pas des Etats fédératifs;

b) en ce qui concerne les articles de cette Convention dont l'application relève de l'action législative de chacun des états, provinces ou cantons constituants, qui ne sont pas, en vertu du système constitutionnel de la fédération, tenus de prendre des mesures législatives, le Gouvernement fédéral portera le plus tôt possible, et avec son avis favorable, lesdits articles à la connaissance des autorités compétentes des états, provinces ou cantons;

c) un Etat fédératif Partie à cette Convention communiquera, à la demande de tout autre Etat Contractant qui lui aura été transmise par le Secrétaire général des Nations Unies, un exposé de la législation et des pratiques en vigueur dans la Fédération et ses unités constituantes en ce qui concerne telle ou telle disposition de la Convention, indiquant la mesure dans laquelle effet a été donné, par une action législative ou autre, à ladite disposition.

 

Article 42.

Réserves.

1. Au moment de la signature, de la ratification ou de l'adhésion tout Etat pourra formuler des réserves aux articles de la Convention autres que les articles 1, 3, 4, 16 (1), 33, 36 à 46 inclus.

2. Tout Etat Contractant ayant formulé une réserve conformément au paragraphe 1 de cet article pourra à tout moment la retirer par une communication à cet effet adressée au Secrétaire général des Nations Unies.

 

Article 43.

Entrée en vigueur.

1. Cette Convention entrera en vigueur le quatre-vingt-dixième jour qui suivra la date du dépôt du sixième instrument de ratification ou d'adhésion.

2. Pour chacun des Etats qui ratifieront la Convention ou y adhéreront après le dépôt du sixième instrument de ratification ou d'adhésion, elle entrera en vigueur le quatre-vingt-dixième jour qui suivra la date du dépòt par cet Etat de son instrument de ratification ou d'adhésion.p

 

Article 44.

Dénonciation.

1. Tout Etat Contractant pourra dénoncer la Convention à tout moment par notification adressée au Secrétaire général des Nations Unies.

2. La dénonciation prendra effet pour l'Etat intéressé un an aprés la date à laquelle elle aura été reçue par le Secrétaire général des Nations Unies.

3. Tout Etat qui a fait une déclaration ou une notification conformément à l'article 40 pourra notifier ultérieurement au Secrétaire général des Nations Unies que la Convention cessera de s'appliquer à tout territoire désigné dans la notification. La Convention cessera alors de s'appliquer au territoire en question un an après la date à laquelle le Secrétaire général aura reçu cette notification.

 

Article 45.

Revision.

1. Tout Etat Contractant pourra en tout temps, par voie de notification adressée au Secrétaire géneral des Nations Unies, demander la revision de cette Convention.

2. L'Assemblée générale des Nations Unies recommandera les mesures à prendre, le cas échéant, au sujet de cette demande.p

 

Article 46.

Notifications par le Secrétaire général des Nations Unies.

Le Secrétaire général des Nations Unies notifiera à tous les Etats Membres des Nations Unies et aux Etats non membres visés à l'article 39:

a) les déclarations et les notifications visées à la section B de l'article premier;

b) les signatures, ratifications et adhésions visées à l'article 39;

c) les déclarations et les notifications visées à l'article 40;

d) les réserves formulées ou retirées visées à l'article 42;

e) la date à laquelle cette Convention entrera en vigueur, en application de l'article 43;

f) les dénonciations et les notifications visées à l'article 44;

g) les demandes de revision visées à l'article 45.

En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés, ont signé, au nom de leurs Gouvernements respectif, la présente Convention,

Fait à Genève, le 28 juillet mil neuf cent cinquante et un, en un seul exemplaire dont les textes anglais et français font également foi et qui sera déposé dans les archives de l'Organisation des Nations Unies et dont les copies certifiés conformes seront remises à tous les Etats Membres des Nations Unies et aux Etats non membres visés à l'article 39.

Pour l'Afghanistan:

Pour l'Albanie:

Pour l'Argentine:

Pour l'Australie:

Pour l'Autriche:

 

DR. KAR. FRITZER

Sous les réserves qui suivent: a) les stipulations figurant aux articles 6, 7 (2), 8, 17 (1 et 2), 23 et 25 ne sont reconnues que comme des recommandations et non comme des obligations qui s'imposent juridiquement; b) les stipulations figurant à l'article 22 (1 et 2) ne sont acceptées que dans la mesure où elles s'appliquent à l'education publique; c) les stipulations figurant à l'article 31 (1) ne sont acceptées qu'en ce qui concerne les réfugiés qui n'ont pas fait l'objet dans le passé d'une décision émanant d'une autorité juridictionnelle ou administrative compétente autrichienne d'interdiction de séjour (Aufenthaltverbot) ou d'expulsion (Ausweisung ou Abschaffung); d) les stipulations figurant à l'article 32 ne sont acceptées qu'en ce qui concerne les réfugiés qui ne feraient pas l'objet d'une expulsion pour des raisons de sécurité nationale ou d'ordre public, comme conséquence d'une mesure trouvant son fondement dans le droit pénal, ou pour un autre motif d'intérêt public.

Il est déclaré en outre qu'au point de vue des obligations assumées par la République d'Autriche en vertu de la Convention l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe ou ailleurs. Pour la Belgique:

 

HERMENT

 

Sous la réserve suivante: Dans tous les cas où la Convention confère aux réfugiés le traitement le plus favorables accordé aux ressortissants d'un pays étranger, cette clause ne sera pas interprétée par le Gouvernement belge comme devant comporter le régime accordé aux nationaux des pays avec lesquels la Belgique a conclu des accords régionaux, douaniers, économiques ou politiques.

 

Pour la Bolivie:

Pour le Bréil:

Pour la Bulgarie:

Pour la Birmanie:

Pour la République socialiste soviétique de Biélorussie:

Pour la Cambodge:

Pour le Canada:

Pour le Ceylan:

Pour le Chili:

Pour la Chine:

Pour la Colombie:

 

G.GIRALDO-JARAMILLO

 

En signant cette Convention, le Gouvernement de la Colombie déclare qu'au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la Convention, l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe.

 

Pour la Costa-Rica:

Pour le Cuba:

Pour la Tchécoslovaquie:

Pour le Danemark:

 

KNUD LARSEN

 

In signing this Convention, the Government of Denmark declares that for the purpose of its obligations thereunder the words «events occuring before 1 January 1951» in article 1, section A shall be understood as referring to events occurring in Europe or elsewhere before 1 January 1951.

 

Pour la République Dominicaine:

Pour l'Equateur:

Pour l'Egypte:

Pour le Salvador:

Pour l'Ethiopie:

Pour la République Fédérale d'Allemagne:

Pour la Finlande:

Pour la France:

Pour la Grèce:

Pour le Guatemala:

Pour le Haíti:

Pour le Royaume Hachémite de Jordanie:

Pour le Saint-Siège:

Pour le Honduras:

Pour la Hongrie:

Pour l'Islande:

Pour l'Inde:

Pour l'Indonésie:

Pour l'Iran:

Pour l'Irak:

Pour l'Irlande:

Pour Israël:

 

JACOB ROBINSON

 

1 August 1951

Pour l'Italie:

Pour le Japon:

Pour le Laos:

Pour le Liban:

Pour la Libéria:

Pour le Liechtenstein:

 

PH. ZUTTER

O.SCHURCH

 Pour le Luxembourg:

 

J. STURN

 

Sous la réserve suivante:

Dans tous les cas où la Convention confère aux réfugiés le traitement le plus favorable accordé aux ressortissants d'un pays étranger, cette clause ne sera pas interprétée comme devant comporter le régime accordé aux nationaux des pays avec lesquels le Grand-Duché du Luxembourg a conclu des accords régionaux, douaniers, économiques ou politiques.

 

Pour le Mexique:

Pour le Monaco:

Pour le Népal:

Pour les Pays-Bas:

 

E.O.BOETZELAER

 

En signant cette Convention, le Gouvernement des Pays-Bas déclare qu'au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la Convention, l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier 1951 en Europe ou ailleurs.

Cette signature est faite sous la réserve que dans tous les cas où cette Convention confère aux réfugiés le traitement le plus favorable accordé aux ressortissants d'un pays étranger, cette clause ne sera pas interprétée comme comportant le régime accordé aux nationaux de pays avec lesquels les Pays-Bas ont conclu des accords régionaux, douaniers, économiques ou politiques.

 

Pour la Nouvelle-Zélande:

Pour le Nicaragua:

Pour la Norvège:

 

PETER ANKER (Sous réserve de ratification)

 

Pour le Pakistan:

Pour le Panama:

Pour le Paraguay:

Pour le Pérou:

Pour les Philippines:

Pour la Pologne:

Pour le Portugal:

Pour la République de Corée:

Pour la Roumanie:

Pour l'Arabie Séoudite:

Pour la Suède:

 

STUPRE PETREN

 

Pour la Suisse:

PH. ZUTTER

O. SCHURCH

 

Pour la Syrie:

Pour la Thaílande:

Pour la Turquie:

 

TALAT MIRAS

 

24 août 1951

 

En signant cette Convention, le Gouvernement de la République Turque déclare qu'au point de vue des obligations assumées par lui en vertu de la Convention, l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» figurant à l'article 1, section A, sera comprise comme se référant aux événements survenus avant le premier janvier en Europe. Il n'entend donc assumer aucune obligation en relation avec les événements survenus en dehors de l'Europe.

Le Gouvernement Turc considère, d'autre part, que l'expression «événements survenus avant le premier janvier 1951» se rapporte au commencement des événements. Par conséquent, comme la pression exercée sur la minorité turque de Bulgarie, qui commença avant le premier janvier 1951, continue toujours, les réfugiés de Bulgarie d'origine turque, obligés de quitter ce pays par suite de cette pression, qui, ne pouvant passer en Turquie, se réfugieraient sur le territoire d'une autre partie contractante après le premier janvier 1951, doivent également bénéficier des dispositions de cette Convention.

Le Gouvernement Turc formulera, au moment de la ratification, des réserves qu'il pourrait faire conformément à l'article 42 de la Convention.

 

Pour la République socialiste soviétique d'Ukraine:

Pour l'Union Sud-Africaine:

Pour l'Union des Républiques Socialistes Soviétiques:

Pour le Royaume-Uni de Grande-Bretagne et  d'Irlande du Nord:

 

S. HOARE

J.B. HOWARD

 

In signing this Convention, the Governement of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland declares that for the purpose of its obligations thereunder the words «events occurring before 1 January 1951» in article 1, section A, shall be understood as referring to events occurring in Europe or elsewhere before 1 January 1951.

Pour les Etats-Unis d'Amérique:

Pour l'Uruguay:

Pour le Vénézuela:

Pour le Viet Nam:

Pour le Yémen:

Pour la Yougoslavie:

 

S. MAKIEDO

 

 

Le Gouvernement de la RPF de Yougoslavie se réserve le droit de formuler en ratifiant la Convention telles réserves qu'il jugera appropriées, conformément à l'article 42 de la Convention.

 

ANNEXE

Paragraphe 1.

1. Le titre de voyage visé par l'article 28 de cette Convention sera conforme au modèle joint en annexe.

2. Ce titre sera rédigé en deux langues au moins: l'une des deux sera la langue anglaise ou la langue française.

Paragraphe 2.

Sous réserve des règlements du pays de délivrance, les enfants pourront être mentionnés dans le titre d'un parent, ou, dans des circonstances exceptionnelles, d'un autre réfugié adulte.

 

Paragraphe 3.

 

Les droits à percevoir pour la délivrance du titre ne dépasseront pas le tarif le plus bas appliqué aux passeports nationaux.

 

 

Paragraphe 4.

 

Sous réserve de cas spéciaux ou exceptionnels, le titre sera délivré pour le plus grand nombre possible de pays.

 

 

Paragraphe 5.

 

La durée de validité du titre sera d'une année ou de deux années, au choix de l'autorité qui le délivre.

 

 

Paragraphe 6.

 

1. Le renouvellement ou la prolongation de validité du titre est du ressort de l'autorité qui l'a délivré, aussi longtemps que le titulaire ne s'est pas établi régulièrement sur le territoire de ladite autorlté. L'établissement d'un nouveau titre est, dans les mêmes conditions, du ressort de l'autorité qui a délivré l'ancien titre.

2. Les représentants diplomatiques ou consulaires, spécialement habilités à cet effet, auront qualité

pour prolonger, pour une période qui ne dépassera pas six mois, la validité des titres de voyage délivrés par leurs gouvernements respectifs.

3. Les Etats Contractants examineront avec bienveillance la possibilité de renouveler ou de prolonger la validité des titres de voyage ou d'en délivrer de nouveaux à des réfugiés qui ne sont plus des résidents réguliers dans leur territoire dans les cas où ces réfugiés ne sont pas en mesure d'obtenir un titre de voyage du pays de leur résidence régulière.

 

 

Paragraphe 7.

 

Les Etats Contractants reconnaîtront la validité des titres délivrés conformément aux dispositions de l'article 28 de cette Convention.

 

 

Paragraphe 8.

 

Lcs autorités compétentes du pays dans lequel le réfugié désire se rendre apposeront, si elles sont disposées à l'admettre, un visa sur le titre dont il est détenteur, si un tel visa est nécessaire.

 

Paragraphe 9.

 

1. Les Etats Contractants s'engagent à délivrer des visas de transit aux réfugiés ayant obtenu le visa d'un territoire de destination finale.

2. La délivrance de ce visa pourra être refusée pour les motifs pouvant justifier le refus de visa à tout étranger.

 

 

Paragraphe 10.

 

Les droits afférents à la délivrance de visas de sortie, d'admission ou de transit ne dépasseront pas le tarif le plus bas appliqué aux visas de passeports étrangers.

 

 

Paragraphe 11.

 

Dans le cas d'un réfugié changeant de résidence et s'établissant régulièrement dans le territoire d'un autre Etat Contractant, la responsabilité de délivrer un nouveau titre incombera désormais, aux termes et aux conditions de l'article 28, à l'autorité compétente dudit territoire, à laquelle le réfugié aura le droit de présenter sa demande.

 

 

Paragraphe 12.

 

L'autorité qui délivre un nouveau titre est tenue de retirer l'ancien titre et d'en faire retour au pays qui l'a délivré si l'ancien document spécifie qu'il doit être retourné au pays qui l'a délivré; en cas contraire, l'autorité qui délivre le titre nouveau retirera et annulera l'ancien.

 

 

 

Paragraphe 13.

 

1. Chacun des Etats Contractants s'engage à permettre au titulaire d'un titre de voyage qui lui aura été delivré par ledit Etat en application de l'article 28 de cette Convention, de revenir sur son territoire à n'importe quel moment pendant la période de validité de ce titre.

2. Sous réserve des dispositions de l'alinéa précédent, un Etat Contractant peut exiger que le titulaire de ce titre se soumette à toutes les formalités qui peuvent être imposées à ceux qui sortent du pays ou à ceux qui y rentrent.

3. Les Etats Contractants se réservent la faculté, dans les cas exceptionnels, ou dans les cas où le permis de séjour du réfugié est valable pour une période déterminée, de limiter, au moment de la délivrance dudit titre, la période pendant laquelle le réfugié pourra rentrer, cette période ne pouvant être inférieure à trois mois.

 

 

Paragraphe 14.

 

Sous la seule réserve des stipulations du paragraphe 13, les dispositions de la présente annexe n'affectent en rien les lois et règlements régissant, dans les territoires des Etats Contractants, les conditions d'admission, de transit, de séjour, d'établissement et de sortie.

 

 

Paragraphe 15.

 

La délivrance du titre pas plus que les mentions y apposées, ne déterminent ni n'affectent Ie statut du détenteur, notamment en ce qui concerne la nationalité.

 

 

Paragraphe 16.

 

La délivrance du titre ne donne au détenteur aucun droit à la protection des représentants diplomatiques et consulaires du pays de délivrance, et ne confère pas à ces représentants un droit de protection.

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 agosto 1954, n. 196.

(2) La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo è riportata nella nota 2 posta alla L. 4 agosto 1965, n. 848, riportata alla voce DIRITTI DELL'UOMO E DELLE GENTI.

(3) Convenzione approvata con L. 4 gennaio 1937, n. 205, vedi anche il seguente art. 37 della presente Convenzione nel quale sono stabiliti i rapporti che essa ha con le precedenti convenzioni.

(4) Vedi anche la parte IV dell'Atto finale della conferenza delle Nazioni Unite, premesso alla Convenzione relativa allo statuto degli apolidi, adottata a New York il 28 settembre 1954 e ratificata in Italia con L. 1° febbraio 1962, n. 306, riportata al n. Y/V di questa voce.

(5) Fra il Governo italiano e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è stato, in data 2 aprile 1952, a Roma, stipulato un Accordo, approvato e reso esecutivo in Italia con L. 15 novembre 1954, n. 1271, riportata al n. Y/II di questa voce.

(6) Tale Convenzione, stipulata a Ginevra il 28 ottobre 1933, era stata approvata dall'Italia con L. 4 gennaio 1937, n. 205.

(7) Tale Accordo, relativo al rilascio di un documento di viaggio ai rifugiati, concluso a Londra il 15 ottobre 1946, era stato approvato dall'Italia con D.Lgs 18 marzo 1948, n. 604.

 

 


Legge 14 febbraio 1970, n. 95.
Adesione al protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e sua esecuzione

 

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 marzo 1970, n. 79.

 

 

 

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato ad aderire al protocollo relativo alla condizione giuridica dei rifugiati, adottato e New York il 31 gennaio 1967.

2. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo indicato nell'articolo precedente a decorrere dalla sua entrata in vigore, in conformità all'articolo VIII del protocollo stesso.

 

 

Protocollo relativo allo statuto dei rifugiati

(New York, 31 gennaio 1967)

 

 

Protocole relatif au statut des réfugiés

 

 

Les Etats parties au présent Protocole,

 

Considérant que la Convention relative au status des réfugiés signée à Genève le 28 juillet 1951 (ci-après dénommée la Convention) ne s'applique qu'aux personnes qui sont devenues réfugiées par suite d'événements survenus avant le 1 janvier 1951,

 

Considérant que de nouvelles catégories de réfugiés sont apparues depuis que la Convention a été adoptée et que, de ce fait, lesdits réfugiés, peuvent ne pas être admis au bénéfice de la Convention,

 

Considérant qu'il est souhaitable que le même statut s'applique à tous les réfugiés couverts par la définition données dans la Convention sans qu'il soit tenu compte de la date limite du 1 janvier 1951,

 

Sont convenus de ce qui suit:

 

Article 1

Disposition générale

1. Les Etats parties au présent Protocole s'engagent à appliquer aux réfugiés, tels qu'ils sont définis ci-après, les articles 2 à 34 inclus de la Convention.

2. Aux fins du présent Protocole, le terme «réfugié», sauf en ce qui concerne l'application du paragraphe 3 du présent article, s'entend de toute personne répondant à la définition donnée à l'article premier de la Convention comme si les mots «par suite d'événements survenus avant le 1 janvier 1951 et ...» et les mots «...à la suite de tels événements» ne figuraient pas au paragraphe 2 de la section A de l'article premier.

3. Le présent Protocole sera appliqué par les Etats qui y sont parties sans aucune limitation géographique; toutefois, les déclarations déjà faites, en vertu de l'alinéa a du paragraphe 1 de la section B de l'article premier de la Convention par des Etats déjà parties à celle-ci, s'appliqueront aussi sous le régime du présent Protocole, à moins que les obligations de l'Etat déclarant n'aient été étendues conformément au paragraphe 2 de la section B de l'article premier de la Convention.

 

 

Article II

Coopération des autorités nationales avec les Nations Unies

1. Les Etats parties au présent Protocole s'engagent à coopérer avec le Haut Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés ou toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait, dans l'exercice de ses fonctions et, en particulier, à faciliter sa tâche de surveillance de l'application des dispositions du présent Protocole.

2. Afin de permettre au Haut Commissariat ou à toute autre institution des Nations Unies qui lui succéderait de présenter des rapports aux organes compétents des Nations Unies, les Etats parties au présent Protocole s'engagent à leur fournir, dans la forme appropriée, les informations et les données statistiques demandées relatives:

a) Au statut des réfugiés;

b) A la mise en oeuvre du présent Protocole;

c) Aux lois, règlements et décrets qui sont ou entreront en vigueur en ce qui concerne les réfugiés.

 

Article III

Renseignements portant sur les lois et règlements nationaux

Les Etats parties au présent Protocole communiqueront au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies le texte des lois et des règlements qu'ils pourront promulguer pour assurer l'application du présent Protocole.

 

Article IV

Règlements des différends

Tout différend entre les parties au présent Protocole relatif à son interprétation et à son application, qui n'aurait pu être réglé par d'autres moyens, sera soumis à la Cour internationale de Justice à la demande de l'une des parties au différend.

 

Article V

Adhésion

Le présent Protocole sera ouvert à l'adhésion de tous les Etats parties à la Convention et de tout autre Etat membre de l'Organisation des Nations Unies ou membre de l'une des institutions spécialisées ou de tout Etat auquel l'Assemblée générale aura adressé une invitation à adhérer au Protocole. L'adhésion se fera par le dépôt d'un instrument d'adhésion auprès du Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies.

 

Article VI

Clause fédérale

Dans le cas d'un Etat fédératif ou non unitaire, les dispositions ci-après s'appliqueront:

a) En ce qui concerne les articles de la Convention à appliquer conformément au paragraphe 1 de l'article premier du présent Protocole et dont la mise en oeuvre relève de l'action législative du pouvoir législatif fédéral, les obligations du gouvernement fédéral seront, dans cette mesure, le mêmes que celles des Etats parties qui ne sont pas des Etats fédératifs;

b) En ce qui concerne les articles de la Convention à appliquer conformément au paragraphe 1 de l'article premier du présent Protocole et dont l'application relève de l'action législative de chacun des Etats, provinces ou cantons constituants, qui ne sont pas, en vertu du système constitutionnel de la fédération, tenus de prendre des mesures législatives, le gouvernement fédéral portera le plus tôt possible, et avec son avis favorable, lesdits articles à la connaissance des autorités compétentes des Etats, provinces ou cantons;

c) Un Etat fédératif partie au présent Protocole communiquera, à la demande de tout autre Etat partie au présent Protocole qui lui aura été transmise par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies, un exposé de la législation et des pratiques en vigueur dans la fédération et ses unités constituantes en ce qui concerne telle ou telle disposition de la Convention à appliquer conformément au paragraphe 1 de l'article premier du présent Protocole, indiquant la mesure dans laquelle effet a été donné, par son action législative ou autre, à ladite disposition.

 

 

Article VII

Réserves et déclarations

1. Au moment de son adhésion, tout Etat pourra formuler des réserves sur l'article IV du présent Protocole, et au sujet de l'application, en vertu de l'article premier du présent Protocole, de toutes dispositions de la Convention autres que celles des articles premier, 3, 4, 16 (1) et 33, à condition que, dans le cas d'un Etat partie à la Convention, les réserves faites en vertu du présent article ne s'étendent pas aux réfugiés auxquels s'applique la Convention.

2. Les réserves faites par des Etats parties à la Convention conformément à l'article 42 de ladite Convention s'appliqueront, à moins qu'elles ne soient retirées, à leurs obligations découlant du présent Protocole.

3. Tout Etat formulant une réserve en vertu du paragraphe 1 du présent article peut la retirer à tout moment par une communication adressée à cet effet au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies.

4. Les déclarations faites en vertu des paragraphes 1 et 2 de l'article 40 de la Convention, par un Etat partie à celle-ci, qui adhère au présent Protocole, seront censées s'appliquer sous le régime du présent Protocole, à moins que, au moment de l'adhésion, un avis contraire n'ait été notifié par la partie intéressée au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies. Les dispositions des paragraphes 2 et 3 de l'article 40 et du paragraphe 3 de l'article 44 de la Convention seront censées s'appliquer, mutatis mutandis, au présent Protocole.

 

 (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 marzo 1970, n. 79.

 

Article VIII

Entrée en vigueur

1. Le présent Protocole entrera en vigueur à la date du dépôt du sixième instrument d'adhésion.

2. Pour chacun des Etats adhérant au Protocole après le dépôt du sixième instrument d'adhésion, le Protocole entrera en vigueur à la date oú cet Etat aura déposé son instrument d'adhésion.

 

Article IX

Dénonciation

1. Tout Etat partie au présent protocole pourra le dénoncer à tout moment par notification adressée au Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies.

2. La dénonciation prendra effet, pour l'Etat intéressé, un an après la date à laquelle elle aura été reçcue par le Secrétaire général de l'organisation des Nations Unies.

 

 

Article X

Notifications par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies

Le Secrétaire de l'Organisation des Nations Unies notifiera à tous les Etats visés à l'article V, en ce qui concerne le présent Protocole, les dates d'entrée en vigueur, d'adhésion, de dépôt et de retrait de réserves, de dénonciation et de déclarations et notifications s'y rapportant.

 

 

Article XI

Dépôt du Protocole aux archives du Secrétariat de l'Organisation des Nations Unies

Un exemplaire du présent Protocole, dont les textes anglais, chinois, espagnol, françcais et russe font également foi, signé par le Président de l'Assemblée générale et par le Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies, sera déposé aux archives du Secrétariat de l'Organisation. Le Secrétaire général en trasmettra copie certifiée conforme à tous les Etats membres de l'Organisation des Nations Unies et aux autres Etats visés à l'article V.

Conformément à l'article XI du Protocole, nous avons apposé notre signature le trente et un janvier mil neuf cent soixante-sept.

 

 

A. A. Pazhwak

 

Président de l'Assemblée générale de l'Organisation des Nations Unies

 

U. Thant

 

Secrétaire général de l'Organisation des Nations Unies


 

Legge 26 maggio 1984, n. 225.
Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983
(art. IX)

 

 

(1) (2) (3)

-------------------------------------------

 

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 16 giugno 1984, n. 165, S.O.

(2)  Il Ministero degli affari esteri, con comunicato pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 1984, n. 290, ha reso noto che lo scambio degli strumenti di ratifica del Trattato qui allegato è avvenuto il 24 settembre 1984; di conseguenza il medesimo Trattato a norma dell'art. XXIV, secondo comma dello stesso, è entrato in vigore il 24 settembre 1984.

(3)  La Corte Costituzionale, con sentenza 25-27 giugno 1996, n. 223 (Gazz. Uff. 3 luglio 1996, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità della presente legge, nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato di estradizione.

 

 

Art. 1

Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983.

 

 

Art. 2

Piena ed intera esecuzione è data al trattato di cui all'articolo precedente a decorrere dalla sua entrata in vigore in conformità a quanto previsto dall'art. XXIV, n. 2, del trattato stesso.

 

 

Art. 3

La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d'America

 

Il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America,

 

Prendendo atto della loro stretta cooperazione nella repressione dei reati;

 

Desiderando rendere ancora più efficace detta cooperazione;

 

Desiderando concludere un nuovo Trattato per la reciproca estradizione dei criminali;

 

Hanno convenuto quanto segue:

(omissis)

Art. IX

Pena capitale.

Se il reato per il quale viene chiesta l'estradizione è punibile con la pena di morte secondo le leggi della Parte richiedente, e le leggi della Parte richiesta non prevedono, per il reato in questione, tale pena, l'estradizione sarà rifiutata salvo che la Parte richiedente non si impegni con garanzie ritenute sufficienti dalla Parte richiesta, a non fare infliggere la pena di morte oppure, se inflitta, a non farla eseguire (4).

 

 

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(4)  La Corte Costituzionale, con sentenza 25-27 giugno 1996, n. 223 (Gazz. Uff. 3 luglio 1996, n. 27 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità della presente legge, nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato di estradizione.

(omissis)

 

 


 

 

Legge 27 maggio 1991, n. 176.
Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989

 

 

(1) (2) (1/circ)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 giugno 1991, n. 135, S.O.

(2) Si riporta soltanto il testo della traduzione non ufficiale. Vedi, anche, i protocolli opzionali alla presente convenzione resi esecutivi con L. 11 marzo 2002, n. 46.

(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:

- Ministero della sanità: Circ. 22 aprile 1998, n. DPS-X40/98/1010;

- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 2 settembre 1998, n. 371.

 

 

Art. 1.

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989.

 

 

Art. 2.

1. Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 49 della convenzione stessa.

 

Art. 3.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

TRADUZIONE NON UFFICIALE

 

CONVENZIONE SUI DIRITTI DEL FANCIULLO

 

Preambolo

 

Gli Stati parti alla presente Convenzione

 

Considerando che, in conformità con i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana nonché l'uguaglianza ed il carattere inalienabile dei loro diritti sono le fondamenta della libertà, della giustizia e della pace nel mondo,

 

Tenendo presente che i popoli delle Nazioni Unite hanno ribadito nella Carta la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo e nella dignità e nel valore della persona umana ed hanno risolto di favorire il progresso sociale e di instaurare migliori condizioni di vita in una maggiore libertà,

 

Riconoscendo che le Nazioni Unite, nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e nei Patti internazionali relativi ai Diritti dell'Uomo hanno proclamato ed hanno convenuto che ciascuno può avvalersi di tutti i diritti e di tutte le libertà che vi sono enunciate, senza distinzione di sorta in particolare di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di ogni altra opinione, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di ogni altra circostanza,

 

Rammentando che nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, le Nazioni Unite hanno proclamato che l'infanzia ha diritto ad un aiuto e ad una assistenza particolari,

 

Convinti che la famiglia, unità fondamentale della società ed ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri ed in particolare dei fanciulli, deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività,

 

Riconoscendo che il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione,

 

In considerazione del fatto che occorra preparare pienamente il fanciullo ad avere una sua vita individuale nella Società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà,

 

Tenendo presente che la necessità di concedere una protezione speciale al fanciullo è stata enunciata nella Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo adottata dall'Assemblea Generale il 20 novembre 1959 e riconosciuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici - in particolare negli articoli 23 e 24 - nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali - in particolare all'articolo 10 - e negli Statuti e strumenti pertinenti delle Istituzioni specializzate e delle Organizzazioni internazionali che si preoccupano del benessere del fanciullo,

 

Tenendo presente che, come indicato nella Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica ed intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita,

 

Rammentando le disposizioni della Dichiarazione sui principi sociali e giuridici applicabili alla protezione ed al benessere dei fanciulli, considerati soprattutto sotto il profilo delle prassi in materia di adozione e di collocamento familiare a livello nazionale e internazionale; dell'Insieme delle regole minime delle Nazioni Unite relative all'amministrazione della giustizia minorile (Regole di Beijing) e della Dichiarazione sulla protezione delle donne e dei fanciulli in periodi di emergenza e di conflitto armato,

 

Riconoscendo che vi sono in tutti i paesi del mondo fanciulli che vivono in condizioni particolarmente difficili e che è necessario prestare ad essi una particolare attenzione,

 

Tenendo debitamente conto dell'importanza delle tradizioni e dei valori culturali di ciascun popolo per la protezione e lo sviluppo armonioso del fanciullo,

 

Riconoscendo l'importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita dei fanciulli di tutti i paesi, in particolare nei paesi in via di sviluppo,

 

Hanno convenuto quanto segue:

 

PRIMA PARTE

 

Articolo 1

Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile.

 

Articolo 2

1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza;

2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

 

Articolo 3

1. In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.

2. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed amministrativi appropriati.

3. Gli Stati parti vigilano affinché il funzionamento delle istituzioni, servizi ed istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle Autorità competenti in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute e per quanto riguarda il numero e la competenza del loro personale nonché l'esistenza di un adeguato controllo.

 

Articolo 4

Gli Stati parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi ed altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono, e, se del caso, nell'ambito della cooperazione internazionale.

 

Articolo 5

Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest'ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l'orientamento ed i consigli adeguati all'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione.

 

Articolo 6

1. Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita.

2. Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo.

 

Articolo 7

1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi.

2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

 

Articolo 8

1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come sono riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali.

2. Se un fanciullo è illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua identità o di alcuni di essi, gli Stati parti devono concedergli adeguata assistenza e protezione affinché la sua identità sia ristabilita il più rapidamente possibile.

 

Articolo 9

1. Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo oppure se vivono separati ed una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo.

2. In tutti i casi previsti al paragrafo 1 del presente articolo, tutte le Parti interessate devono avere la possibilità di partecipare alle deliberazioni e di far conoscere le loro opinioni.

3. Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori e da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo.

4. Se la separazione è il risultato di provvedimenti adottati da uno Stato Parte, come la detenzione, l'imprigionamento, l'esilio, l'espulsione o la morte (compresa la morte, quale che ne sia la causa, sopravvenuta durante la detenzione) di entrambi i genitori o di uno di essi, o del fanciullo, lo Stato parte fornisce dietro richiesta ai genitori, al fanciullo oppure, se del caso, ad un altro membro della famiglia, le informazioni essenziali concernenti il luogo dove si trovano il familiare o i familiari, a meno che la divulgazione di tali informazioni possa mettere a repentaglio il benessere del fanciullo. Gli Stati parti vigilano inoltre affinché la presentazione di tale domanda non comporti di per sé conseguenze pregiudizievoli per la persona o per le persone interessate.

 

Articolo 10

1. In conformità con l'obbligo che incombe agli Stati parti in virtù del paragrafo 1 dell'articolo 9, ogni domanda presentata da un fanciullo o dai suoi genitori in vista di entrare in uno Stato Parte o di lasciarlo ai fini di un ricongiungimento familiare sarà considerata con uno spirito positivo, con umanità e diligenza, Gli Stati parti vigilano inoltre affinché la presentazione di tale domanda non comporti conseguenze pregiudizievoli per gli autori della domanda e per i loro familiari.

2. Un fanciullo i cui genitori risiedono in Stati diversi ha diritto ad intrattenere rapporti personali e contatti diretti regolari con entrambi i suoi genitori, salvo circostanze eccezionali.

A tal fine, ed in conformità con l'obbligo incombente agli Stati parti, in virtù del paragrafo 1 dell'articolo 9, gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo e dei suoi genitori di abbandonare ogni paese, compreso il loro e di fare ritorno nel proprio paese. Il diritto di abbandonare ogni paese può essere regolamentato solo dalle limitazioni stabilite dalla legislazione, necessarie ai fini della protezione della sicurezza interne, dell'ordine pubblico, della salute o della moralità pubbliche, o dei diritti e delle libertà di altrui, compatibili con gli altri diritti riconosciuti nella presente Convenzione.

 

Articolo 11

1. Gli Stati parti adottano provvedimenti per impedire gli spostamenti ed i non-ritorni illeciti di fanciulli all'estero.

2. A tal fine, gli Stati parti favoriscono la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali oppure l'adesione ad accordi esistenti.

 

Articolo 12

1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

2. A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale.

 

Articolo 13

1. Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni ed idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro mezzo a scelta del fanciullo.

2. L'esercizio di questo diritto può essere regolamentato unicamente dalle limitazioni stabilite dalla legge e che sono necessarie:

a) al rispetto dei diritti o della reputazione di altrui; oppure

b) alla salvaguardia della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico, della salute o della moralità pubbliche.

 

Articolo 14

1. Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

2. Gli Stati parti rispettano il diritto ed il dovere dei genitori oppure, se del caso, dei rappresentanti legali del bambino, di guidare quest'ultimo nello esercizio del summenzionato diritto in maniera che corrisponda allo sviluppo delle sue capacità.

3. La libertà di manifestare la propria religione o convinzioni può essere soggetta unicamente alle limitazioni prescritte dalla legge, necessarie ai fini del mantenimento della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico, della sanità e della moralità pubbliche, oppure delle libertà e diritti fondamentali dell'uomo.

 

Articolo 15

1. Gli Stati parti riconoscono i diritti del fanciullo alla libertà di associazione ed alla libertà di riunirsi pacificamente.

2. L'esercizio di tali diritti può essere oggetto unicamente delle limitazioni stabilite dalla legge, necessarie in una società democratica nell'interesse della sicurezza nazionale, della sicurezza o dell'ordine pubblico, oppure per tutelare la sanità o la moralità pubbliche, o i diritti e le libertà altrui.

 

Articolo 16

1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione.

2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti.

 

Articolo 17

Gli Stati parti riconoscono l'importanza della funzione esercitata dai mass-media e vigilano affinché il fanciullo possa accedere ad una informazione ed a materiali provenienti da fonti nazionali ed internazionali varie, soprattutto se finalizzati a promuovere il suo benessere sociale, spirituale e morale nonché la sua salute fisica e mentale. A tal fine, gli Stati parti:

a) Incoraggiano i mass-media a divulgare informazioni e materiali che hanno una utilità sociale ciale e culturale per il fanciullo e corrispondono allo spirito dell'articolo 29;

b) Incoraggiano la cooperazione internazionale in vista di produrre, di scambiare e di divulgare informazioni e materiali di questo tipo provenienti da varie fonti culturali, nazionali ed internazionali;

c) Incoraggiano la produzione e la diffusione di libri per l'infanzia;

d) Incoraggiano i mass-media a tenere conto in particolar modo delle esigenze linguistiche dei fanciulli autoctoni o appartenenti ad un gruppo minoritario;

e) favoriscono l'elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere in considerazione delle disposizioni degli articoli 13 e 18.

 

Articolo 18

1. Gli Stati parti faranno del loro meglio per garantire il riconoscimento del principio comune secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l'educazione del fanciullo ed il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori oppure, se del caso ai genitori del fanciullo oppure, se del caso ai suoi rappresentanti legali i quali devono essere guidati principalmente dall'interesse preminente del fanciullo.

2. Al fine di garantire e di promuovere i diritti enunciati nella presente Convenzione, gli Stati parti accordano gli aiuti appropriati ai genitori ed ai rappresentanti legali del fanciullo nell'esercizio della responsabilità che incombe loro di allevare il fanciullo e provvedono alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo.

3. Gli Stati parti adottano ogni appropriato provvedimento per garantire ai fanciulli i cui genitori lavorano, il diritto di beneficiare dei servizi e degli istituti di assistenza all'infanzia, per i quali essi abbiano i requisiti necessari.

 

Articolo 19

Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o ad entrambi, i suoi genitori, al suo rappresentante legale (o rappresentanti legali), oppure ad ogni altra persona che ha il suo affidamento.

2. Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l'appoggio necessario al fanciullo e a coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di prevenzione, ed ai fini dell'individuazione, del rapporto dell'arbitrato, dell'inchiesta, della trattazione e dei seguiti da dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse dovranno altresì includere, se necessario, procedure di intervento giudiziario.

 

Articolo 20

1. Ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello Stato.

2. Gli Stati parti prevedono per questo fanciullo una protezione sostitutiva, in conformità con la loro legislazione nazionale.

3. Tale protezione sostitutiva può in particolare concretizzarsi per mezzo di sistemazione in una famiglia, della Kafalah di diritto islamico, dell'adozione o in caso di necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l'infanzia. Nell'effettuare una selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una certa continuità nell'educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica, religiosa, culturale e liguistica.

 

Articolo 21

Gli Stati parti che ammettono e/o autorizzano l'adozione, si accertano che l'interesse superiore del fanciullo sia la considerazione fondamentale in materia, e:

a) Vigilano affinché l'adozione di un fanciullo sia autorizzata solo dalle Autorità competenti le quali verificano, in conformità con la legge e con le procedure applicabili ed in base a tutte le informazioni affidabili relative al caso in esame, che l'adozione può essere effettuata in considerazione della situazione del bambino in rapporto al padre ed alla madre, genitori e rappresentanti legali e che, ove fosse necessario, le persone interessate hanno dato il loro consenso all'adozione in cognizione di causa, dopo aver acquisito i pareri necessari;

b) Riconoscono che l'adozione all'estero può essere presa in considerazione come un altro mezzo per garantire le cure necessarie al fanciullo, qualora quest'ultimo non possa essere messo a balia in una famiglia, oppure in una famiglia di adozione oppure essere allevato in maniera adeguata;

c) Vigilano, in caso di adozione all'estero, affinché il fanciullo abbia il beneficio di garanzie e di norme equivalenti a quelle esistenti per le adozioni nazionali;

d) Adottano ogni adeguata misura per vigilare affinché, in caso di adozione all'estero, il collocamento del fanciullo non diventi fonte di profitto materiale indebito per le persone che ne sono responsabili;

e) Ricercano le finalità del presente articolo stipulando accordi o intese bilaterali o multilaterale rali a seconda dei casi, e si sforzano in questo contesto di vigilare affinché le sistemazioni di fanciulli all'estero siano effettuate dalle autorità o dagli organi competenti.

 

Articolo 22

1. Gli Stati parti adottano misure adeguate affinché un fanciullo il quale cerca di ottenere lo statuto di rifugiato, oppure è considerato come rifugiato ai sensi delle regole e delle procedure del diritto internazionale o nazionale applicabile, solo o accompagnato dal padre e dalla madre o da ogni altra persona, possa beneficiare della protezione e della assistenza umanitaria necessarie per consentirgli di usufruire dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione e dagli altri strumenti internazionali relativi ai diritti dell'uomo o di natura umanitaria di cui detti Stati sono parti.

2. A tal fine, gli Stati parti collaborano, a seconda di come lo giudichino necessario, a tutti gli sforzi compiuti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e le altre organizzazioni intergovernative o non governative competenti che collaborano con l'Organizzazione delle Nazioni Unite, per proteggere ed aiutare i fanciulli che si trovano in tale situazione e per ricercare i genitori o altri familiari di ogni fanciullo rifugiato al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia. Se il padre, la madre o ogni altro familiare sono irreperibili, al fanciullo sarà concessa, secondo i principi enunciati nella presente Convenzione, la stessa protezione di quella di ogni altro fanciullo definitivamente oppure temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualunque motivo.

 

Articolo 23

1. Gli Stati parti riconoscono che i fanciulli mentalmente o fisicamente handicappati devono condurre una vita piena e decente, in condizioni che garantiscano la loro dignità, favoriscano la loro autonomia ed agevolino una loro attiva partecipazione alla vita della comunità.

2. Gli Stati parti riconoscono il diritto dei fanciulli handicappati di beneficiare di cure speciali ed incoraggiano e garantiscono, in considerazione delle risorse disponibili, la concessione, dietro richiesta, ai fanciulli handicappati in possesso dei requisiti richiesti, ed a coloro i quali ne hanno la custodia, di un aiuto adeguato alle condizioni del fanciullo ed alla situazione dei suoi genitori o di coloro ai quali egli é affidato.

3. In considerazione delle particolari esigenze dei minori handicappati. L'aiuto fornito in conformità con il paragrafo 2 del presente articolo è gratuito ogni qualvolta ciò sia possibile, tenendo conto delle risorse finanziarie dei loro genitori o di coloro ai quali il minore è affidato. Tale aiuto è concepito in modo tale che i minori handicappati abbiano effettivamente accesso alla educazione, alla formazione, alle cure sanitarie, alla riabilitazione, alla preparazione al lavoro ed alle attività ricreative e possono beneficiare di questi servizi in maniera atta a concretizzare la più completa integrazione sociale ed il loro sviluppo personale, anche nell'ambito culturale e spirituale.

4. In uno spirito di cooperazione internazionale, gli Stati parti favoriscono lo scambio di informazioni pertinenti nel settore delle cure sanitarie preventive e del trattamento medico, psicologico e funzionale dei minori handicappati, anche mediante la divulgazione di informazioni concernenti i metodi di riabilitazione ed i servizi di formazione professionale, nonché l'accesso a tali dati, in vista di consentire agli Stati parti di migliorare le proprie capacità e competenze e di allargare la loro esperienza in tali settori. A tal riguardo, si terrà conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

Articolo 24

1. Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi medici e di riabilitazione. Essi si sforzano di garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere accesso a tali servizi.

2. Gli Stati parti si sforzano di garantire l'attuazione integrale del summenzionato diritto ed in particolare, adottano ogni adeguato provvedimento per:

a) Diminuire la mortalità tra i bambini lattanti ed i fanciulli;

b) Assicurare a tutti i minori l'assistenza medica e le cure sanitarie necessarie, con particolare attenzione per lo sviluppo delle cure sanitarie primarie;

c) Lottare contro la malattia e la malnutrizione, anche nell'ambito delle cure sanitarie primarie, in particolare mediante l'utilizzazione di tecniche agevolmente disponibili e la fornitura di alimenti nutritivi e di acqua potabile, tenendo conto dei pericoli e dei rischi di inquinamento dell'ambiente naturale;

d) Garantire alle madri adeguate cure prenatali e postnatali;

e) Fare in modo che tutti i gruppi della società in particolare i genitori ed i minori ricevano informazioni sulla salute e sulla nutrizione del minore sui vantaggi dell'allattamento al seno, sull'igiene e sulla salubrità dell'ambiente e sulla prevenzione degli incidenti e beneficino di un aiuto che consenta loro di mettere in pratica tali informazioni;

f) Sviluppare le cure sanitarie preventive, i consigli ai genitori e l'educazione ed i servizi in materia di pianificazione familiare.

3. Gli Stati parti adottano ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori.

4. Gli Stati parti si impegnano a favorire ed a incoraggiare la cooperazione internazionale in vista di attuare gradualmente una completa attuazione del diritto riconosciuto nel presente articolo. A tal fine saranno tenute in particolare considerazione le necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

Articolo 25

Gli Stati parti riconoscono al fanciullo che è stato collocato dalle Autorità competenti al fine di ricevere cure, una protezione oppure una terapia fisica o mentale, il diritto ad una verifica periodica di detta terapia e di ogni altra circostanza relativa alla sua collocazione.

 

Articolo 26

1. Gli Stati parti riconoscono ad ogni fanciullo il diritto di beneficiare della sicurezza sociale, compresa la previdenza sociale, ed adottano le misure necessarie per garantire una completa attuazione di questo diritto in conformità con la loro legislazione nazionale.

2. Le prestazioni, se necessarie, dovranno essere concesse in considerazione delle risorse e della situazione del minore e delle persone responsabili del suo mantenimento e tenendo conto di ogni altra considerazione relativa ad una domanda di prestazione effettuata dal fanciullo o per suo conto.

 

Articolo 27

1. Gli Stati parti riconoscono il diritto di ogni fanciullo ad un livello di vita sufficiente per consentire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.

2. Spetta ai genitori o ad altre persone che hanno l'affidamento del fanciullo la responsabilità fondamentale di assicurare, entro i limiti delle loro possibilità e dei loro mezzi finanziari, le condizioni di vita necessarie allo sviluppo del fanciullo.

3. Gli Stati parti adottano adeguati provvedimenti, in considerazione delle condizioni nazionali e compatibilmente con i loro mezzi, per aiutare i genitori ed altre persone aventi la custodia del fanciullo di attuare questo diritto ed offrono, se del caso, una assistenza materiale e programmi di sostegno, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, il vestiario e l'alloggio.

4. Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento al fine di provvedere al ricupero della pensione alimentare del fanciullo presso i suoi genitori o altre persone aventi una responsabilità finanziaria nei suoi confronti, sul loro territorio o all'estero. In particolare, per tener conto dei casi in cui la persona che ha una responsabilità finanziaria nei confronti del fanciullo vive in uno Stato diverso da quello del fanciullo, gli Stati parti favoriscono l'adesione ad accordi internazionali oppure la conclusione di tali accordi, nonché l'adozione di ogni altra intesa appropriata.

 

Articolo 28

1. Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, ed in particolare, al fine di garantire l'esercizio di tale diritto gradualmente ed in base all'uguaglianza delle possibilità:

a) Rendono l'insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti;

b) Incoraggiano l'organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte ed accessibili ad ogni fanciullo e adottano misure adeguate come la gratuità dell'insegnamento e l'offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;

c) Garantiscono a tutti l'accesso all'insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;

d) Fanno in modo che l'informazione e l'orientamento scolastico e professionale siano aperte ed accessibili ad ogni fanciullo;

e) Adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola.

2. Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile con la dignità del fanciullo in quanto essere umano ed in conformità con la presente Convenzione.

3. Gli Stati parti favoriscono ed incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore dell'educazione, in vista soprattutto di contribuire ad eliminare l'ignoranza e l'analfabetismo nel mondo e facilitare l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche ed ai metodi di insegnamento moderni. A tal fine, si tiene conto in particolare delle necessità dei paesi in via di sviluppo.

 

Articolo 29

1. Gli Stati parti convengono che l'educazione del fanciullo deve avere come finalità:

a) di favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità;

b) di inculcare al fanciullo il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite;

c) di inculcare al fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nel quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua;

d) preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi, con le persone di origine autoctona;

e) di inculcare al fanciullo il rispetto dell'ambiente naturale.

2. Nessuna disposizione del presente articolo o dell'articolo 28 sarà interpretata in maniera da nuocere alla libertà delle persone fisiche o morali di creare e di dirigere istituzioni didattiche a condizione che i principi enunciati al paragrafo 1 del presente articolo siano rispettati e che l'educazione impartita in tali istituzioni sia conforme alle norme minime prescritte dallo Stato.

 

Articolo 30

Negli Stati in cui esistono minoranze etniche, religiose o linguistiche oppure persone di origine autoctona, un fanciullo autoctono o che appartiene a una di tali minoranze non può essere privato del diritto di avere una propria vita culturale, di professare e di praticare la propria religione o di far uso della propria lingua insieme agli altri membri del suo gruppo.

 

Articolo 31

1. Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed al tempo libero, di dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.

2. Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale ed artistica ed incoraggiano l'organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.

 

Articolo 32

1. Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.

2. Gli Stati parti adottano misure legislative, amministrative, sociali ed educative per garantire l'applicazione del presente articolo. A tal fine, ed in considerazione delle disposizioni pertinenti degli altri strumenti internazionali, gli Stati parti, in particolare:

a) stabiliscono un'età minima oppure età minime di ammissione all'impiego;

b) prevedono un'adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni d'impiego;

c) prevedono pene o altre sanzioni appropriate per garantire l'attuazione effettiva del presente articolo.

 

Articolo 33

Gli Stati parti adottano ogni adeguata misura, comprese misure legislative, amministrative, sociali ed educative per proteggere i fanciulli contro l'uso illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope, così come definite dalle Convenzioni internazionali pertinenti e per impedire che siano utilizzati fanciulli per la produzione ed il traffico illecito di queste sostanze.

 

Articolo 34

Gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire:

a) che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi ad una attività sessuale illegale;

b) che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre pratiche sessuali illegali;

c) che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico.

 

Articolo 35

Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire il rapimento, la vendita o la tratta di fanciulli per qualunque fine e sotto qualsiasi forma.

 

Articolo 36

Gli Stati parti proteggono il fanciullo contro ogni altra forma di sfruttamento pregiudizievole al suo benessere in ogni suo aspetto.

 

Articolo 37

Gli Stati parti vigilano affinché:

a) nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Né la pena capitale né l'imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età inferiore a diciotto anni;

b) nessun fanciullo sia privato di libertà in maniera illegale o arbitraria. L'arresto, la detenzione o l'imprigionamento di un fanciullo devono essere effettuati in conformità con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile;

c) ogni fanciullo privato di libertà sia trattato con umanità e con il rispetto dovuto alla dignità della persona umana ed in maniera da tener conto delle esigenze delle persone della sua età. In particolare, ogni fanciullo privato di libertà sara separato dagli adulti, a meno che si ritenga ga preferibile di non farlo nell'interesse preminente del fanciullo, ed egli avrà diritto di rimanere in contatto con la sua famiglia per mezzo di corrispondenza e di visite, tranne che in circostanze eccezionali;

d) i fanciulli privati di libertà abbiano diritto ad avere rapidamente accesso ad un'assistenza giuridica o ad ogni altra assistenza adeguata, nonché il diritto di contestare la legalità della loro privazione di libertà dinnanzi un Tribunale o altra autorità competente, indipendente ed imparziale, ed una decisione sollecita sia adottata in materia.

 

Articolo 38

1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare ed a far rispettare le regole del diritto umanitario internazionale loro applicabili in caso di conflitto armato, e la cui protezione si estende ai fanciulli.

2. Gli Stati parti adottano ogni misura possibile a livello pratico per vigilare che le persone che non hanno raggiunto l'età di quindici anni non partecipino direttamente alle ostilità.

3. Gli Stati parti si astengono dall'arruolare nelle loro forze armate ogni persona che non ha raggiunto l'età di quindici anni. Nell'incorporare persone aventi più di quindici anni ma meno di diciotto anni, gli Stati parti si sforzano di arruolare con precedenza i più anziani.

4. In conformità con l'obbligo che spetta loro in virtù del diritto umanitario internazionale di proteggere la popolazione civile in caso di conflitto armato, gli Stati parti adottano ogni misura possibile a livello pratico affinché i fanciulli coinvolti in un conflitto armato possano beneficiare di cure e di protezione.

 

Articolo 39

Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per agevolare il riadattamento fisico e psicologico ed il reinserimento sociale di ogni fanciullo vittima di ogni forma di negligenza, di sfruttamento o di maltrattamenti; di torture o di ogni altra forma di pene o di trattamenti crudeli, inumani o degradanti, o di un conflitto armato. Tale riadattamento e tale riinserimento devono svolgersi in condizioni tali da favorire la salute, il rispetto della propria persona e la dignità del fanciullo.

 

Articolo 40

1. Gli Stati parti riconoscono ad ogni fanciullo sospettato accusato o riconosciuto colpevole di reato penale di diritto ad un trattamento tale da favorire il suo senso della dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e che tenga conto della sua età nonché della necessità di facilitare il suo riinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in seno a quest'ultima.

2. A tal fine, e tenendo conto delle disposizioni pertinenti degli strumenti internazionali, gli Stati parti vigilano in particolare:

a) affinché nessun fanciullo sia sospettato, accusato o riconosciuto di reato penale a causa di azioni o di omissioni che non erano vietate dalla legislazione nazionale o internazionale nel momento in cui furono commesse;

b) affinché ogni fanciullo sospettato o accusato di reato penale abbia almeno diritto alle seguenti garanzie:

i) di essere ritenuto innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente stabilita;

ii) di essere informato il prima possibile e direttamente, oppure, se del caso, tramite i suoi genitori o rappresentanti legali, delle accuse portate contro di lui, e di beneficiare di un'assistenza legale o di ogni altra assistenza appropriata per la preparazione e la presentazione della sua difesa;

iii) che il suo caso sia giudicato senza indugio da un'autorità o istanza giudiziaria competenti, indipendenti ed imparziali per mezzo di un procedimento equo ai sensi di legge in presenza del suo legale o di altra assistenza appropriata, nonché in presenza dei suoi genitori o rappresentanti legali a meno che ciò non sia ritenuto contrario all'interesse preminente del fanciullo a causa in particolare della sua età o della sua situazione;

iv) di non essere costretto a rendere testimonianza o dichiararsi colpevole; di interrogare o far interrogare i testimoni a carico e di ottenere la comparsa e l'interrogatorio dei testimoni a suo discarico a condizioni di parità;

v) qualora venga riconosciuto che ha commesso reato penale, poter ricorrere contro questa decisione ed ogni altra misura decisa di conseguenza dinanzi una autorità o istanza giudiziaria superiore competente, indipendente ed imparziale, in conformità con la legge;

vi) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua utilizzata;

vii) che la sua vita privata sia pienamente rispettata in tutte le fasi della procedura.

3. Gli Stati parti si sforzano di promuovere l'adozione di leggi, di procedure, la costituzione di autorità e di istituzioni destinate specificamente ai fanciulli sospettati, accusati o riconosciuti colpevoli di aver commesso reato, ed in particolar modo:

a) di stabilire un'età minima al di sotto della quale si presume che i fanciulli non abbiano la capacità di commettere reato;

b) di adottare provvedimenti ogni qualvolta ciò sia possibile ed auspicabile per trattare questi fanciulli senza ricorrere a procedure giudiziarie rimanendo tuttavia inteso che i diritti dell'uomo e le garanzie legali debbono essere integralmente rispettate.

4. Sarà prevista tutta una gamma di disposizioni concernenti in particolar modo le cure, l'orientamento, la supervisione, i consigli, la libertà condizionata, il collocamento in famiglia, i programmi di formazione generale e professionale, nonché soluzioni alternative all'assistenza istituzionale, in vista di assicurare ai fanciulli un trattamento conforme al loro benessere e proporzionato sia alla loro situazione che al reato.

 

Articolo 41

Nessuna delle disposizioni della presente Convenzione pregiudica disposizioni più propizie all'attuazione dei diritti del fanciullo che possono figurare:

a) nella legislazione di uno Stato parte; oppure

b) nel diritto internazionale in vigore per questo Stato.

 

 

SECONDA PARTE

 

Articolo 42

Gli Stati parti si impegnano a far largamente conoscere i principi e le disposizioni della presente Convenzione, con mezzi attiviti ed adeguati sia agli adulti che ai fanciulli.

 

Articolo 43

1. Al fine di esaminare i progressi compiuti dagli Stati parti nell'esecuzione degli obblighi da essi contratti in base alla presente Convenzione, e istituito un Comitato dei Diritti del Fanciullo che adempie alle funzioni definite in appresso;

2. Il Comitato si compone di dieci esperti di alta moralità ed in possesso di una competenza riconosciuta nel settore oggetto della presente Convenzione. I suoi membri sono eletti dagli Stati parti tra i loro cittadini e partecipano a titolo personale, secondo il criterio di un'equa ripartizione geografica ed in considerazione dei principali ordinamenti giuridici.

3. I membri del Comitato sono eletti a scrutinio segreto su una lista di persone designate dagli Stati parti. Ciascun Stato parte può designare un candidato tra i suoi cittadini.

4. La prima elezione avrà luogo entro sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente Convenzione. Successivamente, si svolgeranno elezioni ogni due anni. Almeno quattro mesi prima della data di ogni elezione, il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite inviterà per iscritto gli Stati parti a proporre i loro candidati entro un termine di due mesi. Quindi il Segretario generale stabilirà l'elenco alfabetico dei candidati in tal modo designati, con l'indicazione degli Stati parti che li hanno designati, e sottoporrà tale elenco agli Stati parti alla presente Convenzione.

5. Le elezioni avranno luogo in occasione delle riunioni degli Stati parti, convocate dal Segretario Generale presso la Sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. In queste riunioni per le quali il numero legale sarà rappresentato da due terzi degli Stati parti, i candidati eletti al Comitato sono quelli che ottengono il maggior numero di voti, nonché la maggioranza assoluta degli Stati parti presenti e votanti.

6. I membri del Comitato sono eletti per quattro anni. Essi sono rieleggibili se la loro candidatura è ripresentata. Il mandato di cinque dei membri eletti nella prima elezione scade alla fine di un periodo di due anni; i nomi di tali cinque membri saranno estratti a sorte dal presidente della riunione immediatamente dopo la prima elezione.

7. In caso di decesso o di dimissioni di un membro del Comitato oppure se, per qualsiasi altro motivo, un membro dichiara di non poter più esercitare le sue funzioni in seno al Comitato, lo Stato parte che aveva presentato la sua candidatura nomina un altro esperto tra i suoi cittadini per coprire il seggio resosi vacante, fino alla scadenza del mandato corrispondente, sotto riserva dell'approvazione del Comitato.

8. Il Comitato adotta il suo regolamento interno.

9. Il Comitato elegge il suo Ufficio per un periodo di due anni.

10. Le riunioni del Comitato si svolgono normalmente presso la Sede della Organizzazione delle Nazioni Unite, oppure in ogni altro luogo appropriato determinato dal Comitato. Il Comitato si riunisce di regola ogni anno. La durata delle sue sessioni è determinata e se necessario modificata da una riunione degli Stati parti alla presente Convenzione, sotto riserva dell'approvazione dell'Assemblea Generale.

11. Il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite mette a disposizione del Comitato il personale e le strutture di cui quest'ultimo necessita per adempiere con efficacia alle sue mansioni in base alla presente Convenzione.

12. I membri del Comitato istituito in base alla presente Convenzione ricevono con l'approvazione dell'Assemblea Generale, emolumenti prelevati sulle risorse dell'Organizzazione delle Nazioni Unite alle condizioni e secondo le modalità stabilite dall'Assemblea Generale.

 

Articolo 44

1. Gli Stati parti si impegnano a sottoporre al Comitato, tramite il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, rapporti sui provvedimenti che essi avranno adottato per dare effetto ai diritti riconosciuti nella presente Convenzione e sui progressi realizzati per il godimento di tali diritti:

a) entro due anni a decorrere dalla data dell'entrata in vigore della presente Convenzione per gli Stati parti interessati;

b) in seguito, ogni cinque anni.

2. I rapporti compilati in applicazione del presente articolo debbono se del caso indicare i fattori e le difficoltà che impediscono agli Stati parti di adempiere agli obblighi previsti nella presente Convenzione. Essi debbono altresì contenere informazioni sufficienti a fornire al Comitato una comprensione dettagliata dell'applicazione della Convenzione del paese in esame.

3. Gli Stati parti che hanno presentato al Comitato un rapporto iniziale completo non sono tenuti a ripetere nei rapporti che sottoporranno successivamente - in conformità con il capoverso b) del paragrafo 1 del presente articolo - le informazioni di base in precedenza fornite.

4. Il Comitato può chiedere agli Stati parti ogni informazione complementare relativa all'applicazione della Convenzione.

5. Il Comitato sottopone ogni due anni all'Assemblea generale, tramite il Consiglio Economico e sociale, un rapporto sulle attività del Comitato.

6. Gli Stati parti fanno in modo affinché i loro rapporti abbiano una vasta diffusione nei loro paesi.

 

 

Articolo 45

Al fine di promuovere l'attuazione effettiva della Convenzione ed incoraggiare la cooperazione internazionale nel settore oggetto della Convenzione:

a) Le Istituzioni Specializzate, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia ed altri organi delle Nazioni Unite hanno diritto di farsi rappresentare nell'esame dell'attuazione di quelle disposizioni della presente Convenzione che rientrano nell'ambito del loro mandato. Il Comitato può invitare le Istituzioni Specializzate, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia ed ogni altro organismo competente che riterrà appropriato, a dare pareri specializzati sull'attuazione della Convenzione in settori di competenza dei loro rispettivi mandati. Il Comitato può invitare le Istituzioni specializzate, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia ed altri organi delle Nazioni Unite a sottoporgli rapporti sull'attuazione della Convenzione in settori che rientrano nell'ambito delle loro attività.

b) Il Comitato trasmette, se lo ritiene necessario, alle Istituzioni Specializzate, al Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia ed agli altri Organismi competenti ogni rapporto degli Stati parti contenente una richiesta di consigli tecnici o di assistenza tecnica, o che indichi una necessità in tal senso, accompagnato da eventuali osservazioni e proposte del Comitato concernenti tale richiesta o indicazione;

c) Il Comitato può raccomandare all'Assemblea generale di chiedere al Segretario Generale di procedere, per conto del Comitato, a studi su questioni specifiche attinenti ai diritti del fanciullo;

d) Il Comitato può fare suggerimenti e raccomandazioni generali in base alle informazioni ricevute in applicazione degli articoli 44 e 45 della presente Convenzione. Questi suggerimenti e raccomandazioni generali sono trasmessi ad ogni Stato parte interessato e sottoposti all'Assemblea Generale insieme ad eventuali osservazioni degli Stati parti.

 

 

TERZA PARTE

 

Articolo 46

La presente Convenzione è aperta alla firma di tutti gli Stati.

 

Articolo 47

La presente Convenzione è soggetta a ratifica. Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

Articolo 48

La presente Convenzione rimarrà aperta all'adesione di ogni Stato. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il Segretario Generale della Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

Articolo 49

1. La presente Convenzione entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite del ventesimo strumento di ratifica o di adesione.

2. Per ciascuno degli Stati che ratificheranno la presente Convenzione o che vi aderiranno dopo il deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione la Convenzione entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito da parte di questo Stato del suo strumento di ratifica o di adesione.

 

Articolo 50

1. Ogni Stato parte può proporre un emendamento e depositarne il testo presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale comunica quindi la proposta di emendamento agli Stati parti, con la richiesta di far sapere se siano favorevoli ad una Conferenza degli Stati parti al fine dell'esame delle proposte e della loro votazione. Se, entro quattro mesi a decorrere dalla data di questa comunicazione, almeno un terzo degli Stati parti si pronuncia a favore di tale Conferenza, il Segretario Generale convoca la Conferenza sotto gli auspici dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni emendamento adottata da una maggioranza degli Stati parti presenti e votanti alla Conferenza è sottoposto per approvazione all'Assemblea Generale.

2. Ogni emendamento adotta in conformità con le disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo entra in vigore dopo essere stato approvato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed accettato da una maggioranza di due terzi degli Stati parti.

3. Quando un emendamento entra in vigore esso ha valore obbligatorio per gli Stati parti che lo hanno accettato, gli altri Stati parti rimanendo vincolati dalle disposizioni della presente Convenzione e da tutti gli emendamenti precedenti da essi accettati.

 

Articolo 51

1. Il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite riceverà e comunicherà a tutti gli Stati il testo delle riserve che saranno state formulate dagli Stati all'atto della ratifica o dell'adesione.

2. Non sono autorizzate riserve incompatibili con l'oggetto e le finalità della presente Convenzione.

3. Le riserve possono essere ritirate in ogni tempo per mezzo di notifica indirizzata in tal senso al Segretario Generale delle Nazioni Unite il quale ne informerà quindi tutti gli Stati. Tale notifica avrà effetto alla data in cui è ricevuta dal Segretario Generale.

 

Articolo 52

Ogni Stato parte può denunciare la presente Convenzione per mezzo di notifica scritta indirizzata al Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. La denuncia avrà effetto un anno dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

 

Articolo 53

Il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite è designato come depositario della presente Convenzione.

 

Articolo 54

L'originale della presente Convenzione i cui testi in Lingua araba, cinese, francese, inglese, russa e spagnola fanno ugualmente fede, sarà depositato presso il Segretario Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

In fede di che i plenipotenziari sottoscritti debitamente abilitati a tal fine dai loro rispettivi governi, hanno firmato la presente Convenzione.

 


Legge 23 dicembre 1992, n. 523.
Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990

 

(1)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 5 gennaio 1993, n. 3, S.O.

 

 

1. 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.

2. 1. Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 22 della convenzione medesima.

3. 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Convenzione sulla determinazione dello stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli stati membri delle comunità europee.

SUA MAESTÀ IL RE DEI BELGI

SUA MAESTÀ LA REGINA DI DANIMARCA

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ELLENBICA

SUA MAESTÀ IL RE DI SPAGNA

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE

IL PRESIDENTE DELL'IRLANDA

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

SUA ALTEZZA REALE IL GRANDUCA DEL LUSSEMBURGO

SUA MAESTÀ LA REGINA DEI PAESI BASSI

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PORTOGHESE

SUA MAESTÀ LA REGINA DEL REGNO UNITO

DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD

in appresso denominati «Stati membri»,

 

Considerando l'obiettivo di armonizzare le politiche in materia di asilo, fissato dal Consiglio europeo di Strasburgo dell'8 e 9 dicembre 1989;

Decisi, nel rispetto della loro comune tradizione umanitaria, a garantire ai rifugiati un'adeguata protezione, come previsto dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, in appresso denominati rispettivamente «convenzione di Ginevra» e «protocollo di New York»;

Considerando l'obiettivo comune di uno spazio senza frontiere interne nel cui ambito, in particolare, sarà garantita la libera circolazione delle persone conformemente alle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità economica europea, modificato dall'Atto unico europeo;

Consapevoli della necessità di adottare misure per evitare che la realizzazione di questo obiettivo determini situazioni che lascino troppo a lungo un richiedente l'asilo nell'incertezza quanto all'esito della sua domanda e desiderosi di dare a ogni richiedente l'asilo la garanzia che la sua domanda sarà esaminata da uno Stato membro e di evitare che i richiedenti l'asilo siano successivamente rinviati da uno Stato membro ad un altro senza che nessuno di questi Stati si riconosca competente per l'esame della domanda di asilo.

Desiderosi di proseguire il dialogo avviato con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati al fine di raggiungere i suddetti obiettivi;

Decisi ad attuare, per l'applicazione della presente convenzione, una stretta cooperazione con mezzi diversi e, tra questi, lo scambio di informazioni;

Hanno deciso di concludere la presente convenzione e a tal fine hanno designato:

Sua Maestà il Re dei Belgi,

Sua Maestà la Regina di Danimarca,

Il Presidente della Repubblica federale di Germania,

Il Presidente della Repubblica ellenica,

Sua Maestà il Re di Spagna,

Il Presidente della Repubblica francese,

Il Presidente dell'Irlanda,

Il Presidente della Repubblica italiana,

Sua Altezza Reale il Granduca del Lussemburgo,

Sua Maestà la Regina dei Paesi Bassi,

Il Presidente della Repubblica Portoghese,

Sua Maestà la Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

I quali, dopo aver scambiato i loro pieni poteri riconosciuti in buona e debita forma,

Hanno convenuto le disposizioni che seguono:

 

Articolo 1

1. Ai fini della presente convenzione si intende per:

a) straniero chi non è cittadino di uno Stato membro;

b) domanda di asilo: domanda con cui uno straniero chiede ad uno Stato membro la protezione della convenzione di Ginevra invocando la qualità di rifugiato ai sensi dell'articolo 1 della summenzionata convenzione, modificata dal protocollo di New York;

c) richiedente l'asilo: straniero che ha presentato una domanda di asilo in merito alla quale non è ancora stata presa una decisione definitiva;

d) esame di una domanda di asilo: l'insieme dei provvedimenti relativi all'esame di una domanda di asilo, delle decisioni o delle sentenze ad essa afferenti, adottati dalle autorità competenti, ad eccezione delle procedure di determinazione dello Stato competente per l'esame della domanda di asilo in virtù delle disposizioni della presente convenzione;

e) titolo di soggiorno: qualsiasi autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che autorizzi il soggiorno di uno straniero nel suo territorio, ad eccezione dei visti e delle autorizzazioni di soggiorno rilasciate durante l'istruzione di una domanda per ottenere un titolo di soggiorno o di una domanda di asilo;

f) visto d'entrata: autorizzazione o decisione di uno Stato membro per consentire l'ingresso di uno straniero nel suo territorio, sempreché siano soddisfatte le altre condizioni di ingresso;

g) visto di transito: autorizzazione o decisione di uno Stato membro per consentire il transito di uno straniero attraverso il suo territorio o nella zona di transito di uno porto o di un aeroporto, sempreché siano soddisfatte le altre condizioni di transito.

2. La natura del visto viene valutata in relazione alle definizioni di cui al paragrafo 1, lettere f) e g).

 

Articolo 2

Gli Stati membri riaffermano i propri obblighi ai sensi della convenzione di Ginevra, modificata dal protocollo di New York, senza alcuna limitazione geografica della sfera di applicazione di questi strumenti, e il loro impegno a cooperare con i servizi dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ai fini dell'applicazione di questi strumenti.

 

Articolo 3

1. Gli Stati membri si impegnano affinché la domanda di asilo di qualsiasi straniero, presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio sia esaminata.

2. La domanda è presa in esame da un solo Stato membro, secondo i criteri previsti dalla presente convenzione. I criteri di cui agli articoli da 4 a 8 si applicano seguendo l'ordine in cui sono presentati.

3. La domanda è presa in esame da detto Stato in conformità della sua legislazione nazionale e dei suoi obblighi internazionali.

4. Ogni Stato membro ha diritto di prendere in esame una domanda di asilo presentatagli da uno straniero, anche se detto esame non gli compete in virtù dei criteri definiti nella presente convenzione, a condizione che il richiedente l'asilo vi consenta.

Lo stato membro competente secondo i succitati criteri è quindi liberato dai suoi obblighi che vengono trasferiti allo Stato membro che desidera prendere in esame la domanda di asilo. Quest'ultimo Stato informa lo Stato membro competente in conformità dei suddetti criteri, se quest'ultimo è stato adito con tale domanda.

5. Ogni Stato membro mantiene la possibilità, conformemente alla propria legislazione nazionale, di inviare un richiedente l'asilo in uno Stato terzo, nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Ginevra, modificata dal protocollo di New York.

6. Il procedimento per la determinazione dello Stato membro che a norma della presente convenzione è competente per l'esame della domanda di asilo ha inizio allorché una domanda di asilo viene sottoposta ad uno Stato membro per la prima volta.

7. Lo Stato membro al quale è stata presentata la domanda di asilo è tenuto, alle condizioni di cui all'articolo 13 e al fine di concludere il procedimento di determinazione dello Stato competente per l'esame della domanda di asilo, ad accettare il richiedente l'asilo che si trovi in un altro Stato membro ove abbia presentato una domanda di asilo dopo aver ritirato la sua domanda durante il procedimento di determinazione dello Stato competente.

Tale obbligo cessa se il richiedente l'asilo ha lasciato nel frattempo il territorio degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi o se uno Stato membro gli ha concesso un titolo di soggiorno di durata superiore a tre mesi.

 

Articolo 4

Se ad un membro della famiglia del richiedente l'asilo è stato riconosciuto lo status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra, modificata dal protocollo di New York, in uno Stato membro ove risiede legalmente, questo Stato è responsabile dell'esame della domanda, purché gli interessati lo desiderino.

Membro della famiglia sono esclusivamente il coniuge del richiedente l'asilo, i figli di età inferiore ai 18 anni, non sposati, oppure il padre o la madre se il richiedente l'asilo è egli stesso minore di età inferiore ai 18 anni non sposato.

 

Articolo 5

1. Se il richiedente l'asilo ha un titolo di soggiorno in corso di validità, lo Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo è quello che ha rilasciato tale titolo.

2. Se il richiedente l'asilo è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo è quello che ha rilasciato il visto, tranne nei seguenti casi:

a) se il visto è stato rilasciato su autorizzazione scritta di un altro Stato membro, l'esame della domanda di asilo compete a quest'ultimo.

Allorché uno Stato membro consulta preventivamente, per ragioni essenzialmente di sicurezza, le autorità centrali di un altro Stato membro, l'accordo di quest'ultimo non costituisce un'autorizzazione scritta ai sensi della presente disposizione;

b) se il richiedente l'asilo, titolare di un visto di transito, presenta la sua domanda di un altro Stato membro nel quale non è soggetto all'obbligo del visto, l'esame della domanda di asilo compete a quest'ultimo Stato;

c) se il richiedente l'asilo, titolare di un visto di transito, presenta la sua domanda nello Stato che gli ha rilasciato detto visto e che ha ricevuto conferma scritta da parte delle autorità diplomatiche o consolari dello Stato membro di destinazione che lo straniero dispensato dall'obbligo di visto soddisfa le condizioni di ingresso vigenti in questo Stato, l'esame della domanda di asilo compete a quest'ultimo Stato.

3. Se il richiedente l'asilo è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo è nell'ordine:

a) lo Stato che ha rilasciato il titolo di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, in caso di identica durata di validità di questi titoli, lo Stato che ha rilasciato il titolo di soggiorno la cui scadenza è più lontana;

b) lo Stato che ha rilasciato il visto con la scadenza più lontana, quando i vari visti sono di analoga natura;

c) quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato che ha rilasciato il visto di più lunga durata di validità o, in caso di identica durata di validità, lo Stato che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana. Tale disposizione non è applicabile qualora il richiedente sia titolare di uno o più visti di transito rilasciati su presentazione di un visto di entrata in un altro Stato membro. In questo caso è competente tale Stato membro.

4. Se il richiedente l'asilo ha soltanto di uno o più titoli di soggiorno scaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi che gli hanno effettivamente consentito l'ingresso nel territorio di uno Stato membro, i paragrafi 1, 2 e 3 si applicano fino a che lo straniero non abbia lasciato il territorio degli Stati membri.

Qualora il richiedente l'asilo sia titolare di uno o più titoli di soggiorno scaduti da più di due anni o di uno o più visti scaduti da più di sei mesi che gli hanno effettivamente consentito l'ingresso nel territorio di uno Stato membro e se lo straniero non è uscito dal territorio comune, è competente lo Stato membro in cui è presentata la domanda.

 

Articolo 6

Se il richiedente l'asilo ha varcato irregolarmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da uno Stato non membro delle Comunità europee, la frontiera di uno Stato membro, e se il suo ingresso attraverso detta frontiera può essere provato, l'esame della domanda di asilo è di competenza di quest'ultimo Stato membro.

La competenza di detto Stato è tuttavia esclusa qualora sia provato che il richiedente l'asilo ha soggiornato nello Stato membro nel quale ha presentato la sua domanda almeno sei mesi prima della presentazione della domanda stessa, in tal caso l'esame della domanda di asilo è di competenza di quest'ultimo Stato.

 

Articolo 7

1. L'esame della domanda di asilo compete allo Stato membro responsabile del controllo dell'entrata dello straniero nel territorio degli Stati membri, a meno che, dopo essere legalmente entrato in uno Stato membro in cui è dispensato dal visto, lo straniero non presenti la domanda di asilo in un altro Stato membro in cui è parimenti dispensato dal visto per l'ingresso nel suo territorio. In questo caso l'esame della domanda di asilo compete a quest'ultimo Stato.

2. Fino all'entrata in vigore di un accordo tra gli Stati membri in materia di modalità di attraversamento dei confini esterni, lo Stato membro che autorizza un transito senza visto attraverso le zone di transito dei suoi aeroporti non è considerato responsabile del controllo dell'entrata, per viaggiatori che non escono dalla zona di transito.

3. Qualora la domanda di asilo sia presentata al momento del transito in un aeroporto di uno Stato membro, l'esame di detta domanda compete a quest'ultimo Stato.

 

Articolo 8

Se lo Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo non può essere designato in base agli altri criteri previsti nella presente convenzione, l'esame della domanda di asilo è di competenza del primo Stato membro al quale essa è stata presentata.

 

Articolo 9

Ogni Stato membro, anche se non competente per l'esame in base ai criteri previsti nella presente convenzione, può esaminare per motivi umanitari, in particolare di carattere familiare o culturale, una domanda di asilo a richiesta di un altro Stato membro, a condizione tuttavia che il richiedente l'asilo lo desideri.

Se lo Stato membro interpellato accetta detta richiesta, la competenza in merito viene ad esso trasferita.

 

Articolo 10

1. Lo Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo in base ai criteri previsti nella presente convenzione ha l'obbligo di:

a) accettare alle condizioni di cui all'art. 11, il richiedente l'asilo che ha presentato domanda in un altro Stato membro;

b) condurre a termine l'esame della domanda di asilo;

c) riammettere o riprendere alle condizioni di cui all'art. 13 il richiedente l'asilo la cui domanda è in esame e che si trova irregolarmente in un altro Stato membro;

d) riprendere alle condizioni di cui all'art. 13 il richiedente l'asilo che abbia formulato una domanda di asilo in un altro Stato membro dopo aver ritirato la domanda oggetto d'esame;

e) riprendere alle condizioni di cui all'art. 13 lo straniero di cui ha respinto la domanda e che si trova irregolarmente in un altro Stato membro.

2. Se uno Stato membro rilascia al richiedente l'asilo un titolo di soggiorno di durata superiore a tre mesi, gli obblighi di cui al paragrafo 1, lettere da a) a e) gli sono trasferiti.

3. Gli obblighi di cui al paragrafo 1, lettere da a) a d) si estinguono se lo straniero in questione ha lasciato il territorio degli Stati membri per un periodo non inferiore a tre mesi.

4. Gli obblighi di cui al paragrafo 1, lettere d) e e) si estinguono se lo Stato competente per l'esame della domanda di asilo ha adottato e effettivamente applicato, successivamente al ritiro o al respingimento della domanda, le misure necessarie affinché lo straniero si rechi nel suo Paese di origine o in qualsiasi altro Paese nel quale possa legalmente recarsi.

 

Articolo 11

1. Se lo Stato membro al quale una domanda di asilo è stata presentata ritiene che la competenza per l'esame di detta domanda incomba ad un altro Stato membro, esso può chiedere a quest'ultimo di accettare l'interessato quanto più rapidamente possibile e comunque entro sei mesi dalla presentazione della domanda di asilo.

Se la richiesta non è formulata entro sei mesi, l'esame della domanda di asilo è di competenza dello Stato al quale la domanda di asilo è stata presentata.

2. La richiesta deve essere corredata dei dati occorrenti alle autorità dello Stato cui è stata sottoposta la richiesta per poter riconoscere la competenza di questo Stato in base ai criteri definiti dalla presente convenzione.

3. La determinazione dello Stato competente in applicazione di tali criteri è effettuata sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente l'asilo ha presentato per la prima volta la sua domanda ad uno Stato membro.

4. Lo Stato membro ha l'obbligo di pronunciarsi in merito alla richiesta entro tre mesi dalla data di presentazione della stessa. La mancata risposta alla scadenza di tale termine equivale all'accettazione della richiesta.

5. Il trasferimento del richiedente l'asilo dallo Stato membro ove è stata presentata la domanda di asilo allo Stato membro competente deve avvenire al massimo un mese dopo l'accettazione della richiesta o un mese dopo la conclusione della procedura contenziosa eventualmente avviata dallo straniero contro la decisione di trasferimento, qualora la procedura ha effetto sospensivo.

6. Le modalità specifiche per l'accettazione dell'interessato potranno essere ulteriormente precisate da disposizioni adottate in applicazione dell'articolo 18.

 

Articolo 12

Se una domanda di asilo è presentata presso le competenti autorità di uno Stato membro da un richiedente che si trova nel territorio di un altro Stato membro, la determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo spetta allo Stato membro nel cui territorio il richiedente si trova. Detto Stato è informato senza indugio dallo Stato membro cui è stata presentata la domanda e, quindi, ai fini dell'applicazione della presente convenzione, esso è considerato come lo Stato membro presso il quale la domanda di asilo è stata presentata.

 

Articolo 13

1. La riaccettazione di un richiedente l'asilo nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 7 e all'articolo 10 avviene secondo le seguenti modalità:

a) la richiesta di riaccettazione deve essere corredata dei dati occorrenti allo Stato cui detta richiesta è stata presentata per constatare la propria competenza conformemente all'art. 3, paragrafo 7 e all'art. 10;

b) lo Stato cui viene richiesta la riaccettazione ha l'obbligo di rispondere nel termine di otto giorni a decorrere dalla data della richiesta. Esso è tenuto a riaccettare effettivamente il richiedente l'asilo entro i più brevi termini e al massimo entro un mese dall'accettazione della ripresa a carico.

2. Le modalità specifiche per la riaccettazione potranno essere ulteriormente precisate da disposizioni adottate in applicazione dell'art. 18.

 

Articolo 14

1. Gli Stati membri procedono a scambi reciproci riguardanti:

le disposizioni legislative o regolamentari o le prassi nazionali applicabili in materia di asilo;

i dati statistici relativi al numero mensile di richiedenti l'asilo e alla loro ripartizione per nazionalità. Essi vengono trasmessi trimestralmente tramite il Segretariato generale del Consiglio delle Comunità europee che ne assicura la diffusione agli Stati membri, alla Commissione delle Comunità europee e all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

2. Gli Stati membri possono procedere a reciproci scambi riguardanti:

le informazioni di carattere generale sulle nuove tendenze in materia di domande di asilo;

le informazioni di carattere generale sulla situazione nei Paesi di origine o di provenienza dei richiedenti l'asilo.

3. Se lo Stato membro che fornisce le informazioni di cui al paragrafo 2 desidera che le stesse siano considerate riservate, gli altri Stati membri devono rispettare tale loro carattere.

 

Articolo 15

1. Ogni Stato membro comunica a qualsiasi Stato membro che ne faccia domanda le informazioni di carattere personale necessarie per:

determinare lo Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo:

l'esame della domanda di asilo;

esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente convenzione.

2. Dette informazioni possono riguardare esclusivamente:

i dati personali del richiedente ed eventualmente dei membri della sua famiglia (cognome, nome - eventualmente cognome precedente soprannomi o pseudonimi, nazionalità - attuale e precedente - data e luogo di nascita);

i documenti d'identità e di viaggio (dati, durata di validità, data di rilascio, autorità che li ha rilasciati, luogo del rilascio, ecc.);

gli altri elementi necessari per l'identificazione del richiedente;

i luoghi di soggiorno e gli itinerari di viaggio;

i documenti di soggiorno o i visti rilasciati da uno Stato membro;

il luogo in cui è stata presentata la domanda;

la data dell'eventuale presentazione di una precedente domanda di asilo, la data di presentazione della domanda attuale, lo stato della procedura e l'eventuale decisione adottata.

3. Uno Stato membro può inoltre chiedere ad un altro Stato membro di comunicare i motivi invocati dal richiedente l'asilo a sostegno della sua domanda e, se del caso, i motivi della decisione presa nei suoi confronti. Spetta allo Stato membro richiesto giudicare se può o meno dare seguito alla richiesta presentatagli. Comunque la comunicazione di dette informazioni è subordinata all'assenso del richiedente l'asilo.

4. Lo scambio di informazioni si fa su richiesta di uno Stato membro e può aver luogo esclusivamente tra le autorità la cui designazione, da parte di ogni Stato membro, è comunicata al Comitato di cui all'articolo 18.

5. Le informazioni fornite possono essere utilizzate soltanto ai fini previsti al paragrafo 1. In ogni Stato membro queste informazioni possono essere comunicate soltanto alle autorità e giurisdizioni aventi il compito di:

determinare lo Stato competente per l'esame della domanda di asilo;

esaminare la domanda di asilo;

dare esecuzione agli obblighi derivanti dalla presente convenzione.

6. Lo Stato membro che trasmette i dati ne cura l'esattezza e l'attualità.

Qualora risulti che i dati forniti da detto Stato membro sono inesatti o non avrebbero dovuto essere trasmessi, gli Stati membri destinatari ne sono immediatamente informati. Essi debbono rettificare tali dati o eliminarli.

7. Il richiedente l'asilo ha diritto a farsi comunicare, su richiesta, i dati trasmessi che, lo riguardano, fintantoché sono disponibili.

Se egli constata che tali dati sono inesatti o non avrebbero dovuto essere trasmessi, egli ha il diritto ad ottenere che essi vengano rettificati o eliminati. Questo diritto è esercitato alle condizioni previste al paragrafo 6.

8. La trasmissione e la ricezione delle informazioni scambiate è oggetto di annotazione in ogni Stato membro interessato.

9. Questi dati sono conservati per un periodo non superiore a quello necessario ai fini per cui essi sono stati scambiati. La necessità di conservarli deve essere valutata al momento opportuno dallo Stato membro interessato.

10. In ogni caso alle informazioni comunicate è accordata almeno la stessa protezione di quella che lo Stato destinatario riserva a informazioni di tipo analogo.

11. Se i dati non sono trattati automaticamente, ma in altra maniera, ogni Stato membro prende misure appropriate per garantire l'osservanza del presente articolo mediante controlli efficaci. Se uno Stato membro dispone di un servizio del tipo di quello menzionato al paragrafo 12 esso può incaricare tale servizio di assumere i compiti di controllo.

12. Se uno o più Stati membri desiderano informatizzare il trattamento di tutti o di parte dei dati di cui ai paragrafi 2 e 3, l'informatizzazione è ammessa soltanto se gli Stati interessati hanno adottato una legislazione applicabile a tale trattamento che attui i principi della convenzione di Strasburgo del 28 febbraio 1981 per la protezione delle persone nei confronti del trattamento automatizzato dei dati di carattere personale, e se hanno affidato ad un'istanza nazionale adeguata il controllo indipendente del trattamento e l'uso dei dati trasmessi conformemente alla presente convezione.

 

Articolo 16

1. Ogni Stato membro può presentare al comitato di cui all'articolo 18 progetti di revisione della presente convenzione, aventi lo scopo di eliminare le difficoltà riscontrate nella sua attuazione.

2. Se si rivela necessaria una revisione o una modifica della presente convenzione in funzione della realizzazione delle finalità dell'articolo 8 A del trattato che istituisce la Comunità economica europea, collegata in particolare all'istaurazione di una politica di asilo armonizzata e di una politica comune in materia di visti, lo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio delle Comunità europee organizza una riunione del Comitato di cui all'articolo 18.

3. Le revisioni o le modifiche della presente convenzione sono adottate dal Comitato di cui all'articolo 18. Esse entrano in vigore conformemente all'articolo 22.

 

Articolo 17

1. Qualora per uno Stato membro si presentino rilevanti difficoltà a seguito di un mutamento sostanziale delle circostanze nelle quali è stata conclusa la presente convenzione, detto Stato può rivolgersi al Comitato di cui all'articolo 18 affinché quest'ultimo proponga agli Stati membri misure per far fronte a questa situazione o adotti le revisioni o le modifiche che risulta necessario apportare alla presente convenzione e che entrano in vigore alle condizioni previste all'articolo 16, paragrafo 3.

2. Se al termine di un periodo di sei mesi la situazione di cui al paragrafo 1 persiste, il Comitato, deliberando conformemente all'articolo 18, paragrafo 2, può autorizzare lo Stato membro interessato da questo mutamento a sospendere provvisoriamente l'applicazione delle disposizioni della convenzione; questa sospensione non deve ostacolare il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 8 A del trattato che istituisce la Comunità economica europea o contravvenire ad altri obblighi internazionali degli Stati membri.

3. Durante la sospensione di cui al paragrafo 2 il Comitato, se non ha ancora raggiunto un accordo, prosegue i suoi lavori allo scopo di rivedere le disposizioni della presente convenzione.

 

Articolo 18

1. E' istituito un Comitato composto da un rappresentante del governo di ogni Stato membro.

La Presidenza di tale Comitato spetta allo Stato membro che esercita la Presidenza del Consiglio delle Comunità europee.

La Commissione delle Comunità europee può assistere ai lavori del Comitato e dei gruppi di lavoro di cui al paragrafo 4.

2. Il Comitato esamina, su richiesta di uno o più Stati membri, qualsiasi problema di carattere generale relativo all'applicazione e all'interpretazione della presente convenzione.

Il Comitato adotta le misure di cui all'articolo 11, paragrafo 6 e all'articolo 13, paragrafo 2 e dà l'autorizzazione di cui all'articolo 17, paragrafo 2.

Il Comitato adotta a norma dell'articolo 16 e 17 le revisioni o le modifiche della presente convenzione.

3. Il Comitato adotta le sue decisioni all'unanimità, salvo quando delibera in applicazione dell'articolo 17, paragrafo 2; in quest'ultimo caso esso adotta le sue decisioni alla maggioranza di due terzi dei voti dei suoi membri.

4. Il Comitato stabilisce le proprie norme procedurali e può creare gruppi di lavoro.

Il segretariato del Comitato e dei gruppi di lavoro è affidato al segretariato generale del Consiglio delle Comunità europee.

 

Articolo 19

Per quanto concerne il Regno di Danimarca, le disposizioni della presente convenzione non sono applicabili alle isole Faeroer ed alla Groenlandia, salvo dichiarazione contraria del Regno di Danimarca. Tale dichiarazione può essere fatta in qualsiasi momento mediante comunicazione al governo dell'Irlanda che ne informa i governi degli altri Stati membri.

Per quanto riguarda la Repubblica francese, le disposizioni della presente convenzione sono applicabili soltanto al territorio europeo della Repubblica francese.

Per quanto riguarda il Regno dei Paesi Bassi, le disposizioni della presente convenzione sono applicabili soltanto al territorio europeo del Regno dei Paesi Bassi.

Per quanto riguarda il Regno Unito, le disposizioni della presente convenzione sono applicabili al Regno Unito stesso ed ai territori europei di cui esso assume la rappresentanza nei rapporti con l'estero. Esse non sono tuttavia applicabili al Bailiwick of Guernsey, al Bailiwick of Jersey ed all'Isola di Man, salvo dichiarazione contraria del Regno Unito. Tale dichiarazione può essere fatta in qualsiasi momento mediante comunicazione al Governo dell'Irlanda che ne informa i Governi degli altri Stati membri.

 

Articolo 20

E' esclusa la possibilità di formulare riserve alla presente convenzione.

 

Articolo 21

1. La presente convenzione è aperta all'adesione di qualsiasi Stato che diventi membro delle Comunità europee. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il governo dell'Irlanda.

2. La presente convenzione entra in vigore per ciascuno Stato che vi aderisca il primo giorno del terzo mese successivo al deposito del suo strumento di adesione.

 

Articolo 22

1. La presente convenzione è soggetta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il governo dell'Irlanda.

2. Il governo dell'Irlanda notifica ai governi degli altri Stati membri il deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione o di ratificazione.

3. La presente convenzione entra in vigore il primo giorno del terzo mese successivo al deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione dello Stato firmatario che espleterà per ultimo tale formalità.

Lo Stato depositario degli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione informa gli Stati membri della data di entrata in vigore della presente convenzione.

Fatto a Dublino, addì quindici giugno millenovecentonovanta, a Roma, addì sette dicembre millenovecentonovanta e a Lussemburgo, addì tredici giugno millenovecentonovantuno, in esemplare unico, nelle lingue danese, francese, greca, inglese, irlandese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, il cui testo in ciascuna di queste lingue fa ugualmente fede ed è depositato negli archivi del Governo d'Irlanda che provvederà a rimettere copia certificata conforme a ciascuno degli altri Stati membri.

 

 


Legge 16 giugno 1998, n. 209.
Ratifica ed esecuzione del Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti connessi, con allegato e protocolli, fatto ad Amsterdam il 2 ottobre 1997

 

 

(1) (1/a)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 luglio 1998, n. 155, S.O.

(1/a) Il Ministero degli affari esteri ha reso noto che il 24 luglio 1998 si è provveduto a depositare lo strumento di ratifica del presente trattato; di conseguenza il suddetto atto è entrato in vigore il 1° maggio 1999 (comunicato in Gazz. Uff. 8 aprile 1999, n. 81).

 

 

Art. 1.

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti connessi, con allegato e protocolli, fatto ad Amsterdam il 2 ottobre 1997.

 

 

Art. 2.

1. Piena ed intera esecuzione è data al trattato di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 14 del trattato stesso.

 

 

Art. 3.

[1. Il Governo assicura che siano tempestivamente messi a disposizione delle Camere, delle regioni e delle province autonome tutti i documenti di consultazione redatti dalla Commissione («libri verdi», «libri bianchi» e comunicazioni), le proposte legislative della Commissione, quali definite dal regolamento interno del Consiglio dell'Unione europea, e le proposte relative alle misure da adottare a norma del titolo VI del trattato sull'Unione europea.

2. Nei termini previsti dalle norme comunitarie, le Camere formulano osservazioni ad adottano ogni opportuno atto di indirizzo al Governo] (1/b).

 

-------------------------------------------

(1/b) Articolo abrogato dall'art. 6, L. 29 dicembre 2000, n. 422 - Legge comunitaria 2000.

 

 

Art. 4.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni Atti connessi

 

Sua Maestà il Re dei belgi,

Sua Maestà la Regina di Danimarca,

Il Presidente della Repubblica Federale di Germania,

Il Presidente della Repubblica Ellenica,

Sua Maestà il Re di Spagna,

Il Presidente della Repubblica Francese,

La Commissione autorizzata dall'articolo 14 della Costituzione irlandese ad esercitare ed a svolgere le competenze e le funzioni del Presidente dell'Irlanda,

Il Presidente della Repubblica Italiana,

Sua Altezza reale il Granduca del Lussemburgo,

Sua Maestà la Regina dei Paesi Bassi,

Il Presidente Federale della Repubblica d'Austria,

Il Presidente della Repubblica Portoghese,

Il Presidente della Repubblica di Finlandia,

Sua Maestà il Re di Svezia,

Sua Maestà la Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

Hanno deciso di modificare il trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi,

 

ed a tal fine hanno designato come plenipotenziari:

 

Sua Maestà il Re dei belgi,

Sig. Erik Derycke,

Ministro degli affari esteri;

Sua Maestà la Regina di Danimarca,

Sig. Niels Helveg Petersen,

Ministro degli affari esteri;

Il Presidente della Repubblica Federale di Germania,

Dr. Kaus Kinkel,

Ministro federale degli affari esteri e Vice-Cancelliere federale;

Il Presidente della Repubblica Ellenica,

Sig. Theodoros Pangalos,

Ministro degli affari esteri;

Sua Maestà il Re di Spagna,

Sig. Juan Abel Matutes,

Ministro degli affari esteri;

Il Presidente della Repubblica Francese,

Sig. Hubert Védrine,

Ministro degli affari esteri;

 

La Commissione autorizzata dall'articolo 14 della Costituzione irlandese ad esercitare ed a svolgere le competenze e le funzioni del Presidente dell'Irlanda,

 

Sig. Raphael P. Burke,

Ministro degli affari esteri;

Il Presidente della Repubblica Italiana,

Sig. Lamberto Dini,

Ministro degli affari esteri;

Sua Altezza reale il Granduca del Lussemburgo,

Sig. Jaques F. Poos,

Vice Primo Ministro,

Ministro degli affari esteri, del commercio con l'estero e della cooperazione;

Sua Maestà la Regina dei Paesi Bassi,

Sig. Hans van Mierlo,

Vice Primo Ministro e Ministro degli affari esteri;

Il Presidente Federale della Repubblica d'Austria,

Sig. Wolfgang Schussel,

Ministro federale degli affari esteri e Vice-cancelliere;

Il Presidente della Repubblica Portoghese,

Sig. Jaime Gama,

Ministro degli affari esteri;

Il Presidente della Repubblica di Finlandia,

Sig.ra Tarja Halonen,

Ministro degli affari esteri;

Sua Maestà il Re di Svezia,

Sig.ra Lena Hjelm-Wallén,

Ministro degli affari esteri;

Sua Maestà la Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord,

Sig. Douglas Henderson,

Ministro aggiunto presso il Ministero degli affari esteri e del Commonwealth;

 

I quali, dopo aver scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma,

 

Hanno convenuto le disposizioni che seguono:

 

 

PARTE PRIMA

Modifiche di merito

 

Art. 1

Il Trattato sull'Unione europea è modificato in base alle disposizioni del presente articolo.

 

(2).

 

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(2)L'articolo che si omette modifica il Trattato sull'Unione europea, ratificato con L. 3 novembre 1992, n. 454, riportata al n. A/LVII. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

 

 

Articolo 2

Il trattato che istituisce la Comunità europea è modificato in base alle disposizioni del presente articolo.

 

1)-57) (3).

 

58) Il protocollo sulla politica sociale e l'accordo sulla politica sociale allo stesso allegato sono soppressi.

 

59) Il protocollo sul Comitato economico e sociale e sul Comitato delle Regioni sono soppressi.

 

 

---------------------------------------

 

(3) L'articolo che si omette modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea, ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203, riportata al n. A/I. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

 

 

Articolo 3

Il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio è modificato in base alle disposizioni del presente articolo.

 

(4).

 

 

--------------------------------------

 

(4) L'articolo che si omette modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, ratificato con L. 25 giugno 1952, n. 766, riportata al n. B/I. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

 

 

Articolo 4

Il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica è modificato in base alle disposizioni del presente articolo.

 

(5).

 

 

-------------------------------------------

 

 (5) L'articolo che si omette modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203, riportata al n. C/I. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

 

Articolo 5

L'atto relativo all'elezione dei rappresentanti nel Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione del Consiglio del 20 settembre 1976, è modificato in base alle disposizioni del presente articolo.

 

(6).

 

 

-----------------------------------------

 

 (6) L'articolo che si omette modifica l'atto relativo all'elezione dei rappresentanti del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, approvato con L. 6 aprile 1977, n. 150, riportata al n. A/XX. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto atto.

 

 

PARTE SECONDA

Semplificazione

 

Articolo 6

Il trattato che istituisce la Comunità europea, compresi i suoi allegati e i suoi protocolli, è modificato secondo le disposizioni del presente articolo al fine di sopprimere disposizioni obsolete di tale trattato e di adattare di conseguenza il testo di talune delle sue disposizioni.

 

I. Testo degli articoli del trattato

 

(7).

 

II. Allegati

 

1) L'allegato I «Elenchi da A a G previsti dagli articoli 19 e 20 del trattato» è soppresso.

2) L'allegato II «Elenco previsto dall'articolo 38 del trattato» diventa l'allegato I e il riferimento all'«allegato II del trattato» di cui ai numeri ex 22.08 e ex 22.09 diventa un riferimento all'«allegato I del trattato».

3) L'allegato III «Elenco delle transazioni invisibili contemplato dall'articolo 73 H del trattato» è soppresso.

4) L'allegato IV «Paesi e territori d'oltremare cui si applicano le disposizioni della parte quarta del trattato» diventa l'allegato II. Esso è aggiornato ed è così redatto:

 

(8).

 

 

III. Protocolli e altri atti

 

1) Sono abrogati i seguenti protocolli e atti:

a) il protocollo che modifica il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee;

b) il protocollo relativo al commercio interno tedesco e ai problemi che vi si connettono;

c) il protocollo relativo a talune disposizioni riguardanti la Francia;

d) il protocollo concernente il Granducato del Lussemburgo;

e) il protocollo relativo al regime da applicare ai prodotti di competenza della Comunità europea del carbone e dell'acciaio nei confronti dell'Algeria e dei dipartimenti d'oltremare della Repubblica francese;

f) il protocollo concernente gli oli minerali e taluni loro derivati;

g) il protocollo concernente l'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea alle parti non europee del Regno dei Paesi Bassi;

h) la Convenzione di applicazione relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare alla Comunità;

- il protocollo relativo al contingente tariffario per le importazioni di banane (ex 08.01 della nomenclatura di Bruxelles);

- il protocollo relativo al contingente tariffario per le importazioni di caffè verde (ex 09.01 della nomenclatura di Bruxelles).

2) Alla fine del protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti, l'elenco dei firmatari è soppresso.

3) Il protocollo sullo statuto della Corte di giustizia della Comunità europea è modificato come segue:

a) le parole «hanno designato, a tal fine, come plenipotenziari:» nonché l'elenco dei capi di Stato e dei loro plenipotenziari sono soppressi;

b) le parole «i quali, dopo aver scambiato i loro poteri, riconosciuti in buona e debita forma,» sono soppresse;

c) all'articolo 3, è aggiunto come quarto comma il testo adattato dell'articolo 21 del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee; pertanto, questo nuovo quarto comma è così redatto:

«Gli articoli da 12 a 15 incluso e 18 del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee sono applicabili ai giudici, agli avvocati generali, al cancelliere e ai relatori aggiunti della Corte di giustizia, senza pregiudizio delle disposizioni relative all'unanimità di giurisdizione dei giudici che figurano nei commi precedenti»;

d) l'articolo 57 è abrogato;

e) la formula finale «in fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente protocollo» è soppressa;

f) l'elenco dei firmatari è soppresso.

4) All'articolo 40 del protocollo sullo statuto del Sistema europeo di Banche centrali e della Banca centrale europea, le parole «allegato al trattato che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee» sono soppresse.

5) All'articolo 21 del protocollo sullo statuto dell'Istituto monetario europeo, le parole «allegato al trattato che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee» sono soppresse.

6) Il protocollo concernente l'Italia è modificato come segue:

a) all'ultimo paragrafo, che inizia con le parole «RICONOSCONO in particolare che», il rinvio agli articoli 108 e 109 è sostituito da un rinvio agli articoli 109 H e 109 I;

b) l'elenco dei firmatari è soppresso.

7) Il protocollo relativo alle merci originarie e provenienti da taluni paesi che beneficiano di un regime particolare all'importazione in uno degli Stati membri è modificato come segue:

a) nella parte introduttiva del punto 1:

- le parole «al momento dell'entrata in vigore del trattato» sono sostituite da «al 1° gennaio 1958»;

- dopo le parole «alle importazioni» è aggiunto il testo della lettera a); pertanto il testo che risulta da tale aggiunta è così redatto:

«alle importazioni nei paesi del Benelux di merci originarie e provenienti dal Suriname o dalle Antille olandesi»;

b) al punto 1, le lettere a), b) e c) sono soppresse;

c) al punto 3, le parole «Entro la fine del primo anno successivo all'entrata in vigore del trattato, gli Stati membri trasmettono » sono sostituite da «Gli stati membri trasmettono »;

d) l'elenco dei firmatari è soppresso.

8) Il protocollo sulle importazioni nella Comunità europea di prodotti del petrolio raffinati nelle Antille olandesi è modificato come segue:

a) la formula conclusiva «in fede di che i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente protocollo.» è soppressa;

b) l'elenco dei firmatari è soppresso.

9) Nel protocollo concernente il regime particolare applicabile alla Groenlandia, l'articolo 3 è soppresso.

 

 (7) La parte I dell'articolo che si omette modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea, ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203, riportata al n. A/I, le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

(8) Il testo è stato inserito nell'allegato indicato contenuto nella L. 14 ottobre 1957, n. 1203, riportata al n. A/I.

 

 

Articolo 7

Il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, compresi i suoi allegati, i protocolli e altri atti ad esso connessi, è modificato secondo le disposizioni del presente articolo al fine di sopprimere disposizioni obsolete del trattato e di adattare di conseguenza il testo di alcune delle sue disposizioni.

 

I. Testo degli articoli del trattato

 

(9).

 

II. Testo dell'allegato III «Acciai speciali»

 

Alla fine dell'allegato III, le iniziali dei plenipotenziari dei capi di Stato e di governo sono soppresse.

 

III. Protocolli e altri atti allegati al trattato

 

1) Sono abrogati i seguenti atti:

a) lo scambio di lettere tra il governo della Repubblica federale tedesca e il governo della Repubblica francese in riguardo della Saar;

b) la Convenzione relativa alle disposizioni transitorie.

2) Il protocollo sullo statuto della Corte di giustizia della Comunità europea del carbone e dell'acciaio è modificato come segue:

a) i titoli I e II del protocollo sono sostituiti dal testo dei titoli I e II del protocollo sulla Corte di giustizia della Comunità europea allegato al trattato che istituisce la Comunità europea;

b) l'articolo 56 è abrogato e il titolo «Disposizione transitoria» che lo precede è soppresso;

c) l'elenco dei firmatari è soppresso.

3) Il protocollo sulle relazioni con Il Consiglio d'Europa è modificato come segue:

a) l'articolo 1 è abrogato;

b) l'elenco dei firmatari è soppresso.

 

 

 

------------------------------------------------

 

 (9) La parte dell'articolo che si omette modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, ratificato con L. 25 giugno 1952, n. 766, riportata al n. B/I. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

 

 

Articolo 8

Il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, compresi i suoi allegati e protocolli, è modificato secondo le disposizioni del presente articolo al fine di sopprimere disposizioni obsolete di tale trattato e di adattare di conseguenza il testo di alcune delle sue disposizioni.

 

I. Testo degli articoli del trattato

 

(10).

 

II. Allegati

 

L'allegato V, «Programma iniziale di ricerche e di insegnamento di cui all'articolo 215 del trattato», compresa la tabella «Ripartizione per grandi rubriche », è soppresso.

 

III. Protocolli

 

1) Il protocollo relativo all'applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica alle parti non europee del Regno dei Paesi Bassi è soppresso.

2) Il protocollo sullo statuto della Corte di giustizia della Comunità europea dell'energia atomica è modificato come segue:

a) le parole «hanno designato, a tal fine, come plenipotenziari:»,nonché l'elenco dei capi di Stato e dei loro plenipotenziari sono soppressi;

b) le parole «i quali, dopo aver scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma,» sono soppresse;

c) all'articolo 3, è aggiunto come quarto comma il testo adattato dell'articolo 21 del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee; pertanto, questo nuovo quarto comma è così redatto:

«Gli articoli da 12 a 15 incluso e 18 del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee sono applicabili ai giudici, agli avvocati generali, al cancelliere e ai relatori aggiunti della Corte di giustizia, senza pregiudizio delle disposizioni relative all'immunità di giurisdizione dei giudici che figurano nei commi precedenti»;

d) l'articolo 58 è abrogato;

e) la formula finale «in fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente protocollo.» è soppressa;

f) l'elenco dei firmatari è soppresso.

 

 

---------------------------------------------------

 

(10) La parte di articolo che si omette modifica il Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, ratificato con L. 14 ottobre 1957, n. 1203, riportata al n. C/I. Le modifiche sono state inserite nel testo del predetto Trattato.

 

 

Articolo 9

1. Senza pregiudizio dei paragrafi successivi, che mirano a conservare gli elementi essenziali delle loro disposizioni, la Convenzione del 25 marzo 1957 relativa a talune istituzioni comuni alle Comunità europee e il trattato dell'8 aprile 1965 che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee sono abrogati, ad eccezione del protocollo di cui al paragrafo 5.

2. Le competenze conferite al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Corte di giustizia e alla Corte dei conti dal trattato che istituisce la Comunità europea, dal trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica sono esercitate da istituzioni uniche, alle condizioni rispettivamente previste dai suddetti trattati e dal presente articolo.

Le funzioni attribuite al Comitato economico e sociale dal trattato che istituisce la Comunità europea e dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica sono esercitate da un comitato unico, alle condizioni rispettivamente previste dai suddetti trattati. A tale comitato si applicano le disposizioni degli articoli 193 e 197 del trattato che istituisce la Comunità europea.

3. I funzionari e altri agenti delle Comunità europee fanno parte dell'amministrazione unica di tali Comunità e ad essi si applicano le disposizioni adottate a norma dell'articolo 212 del trattato che istituisce la Comunità europea.

4. Le Comunità europee godono sul territorio degli Stati membri dei privilegi e delle immunità necessari all'assolvimento dei loro compiti, alle condizioni definite nel protocollo di cui al paragrafo 5. Lo stesso vale per la Banca centrale europea, per l'Istituto monetario europeo e per la Banca europea per gli investimenti.

5. Nel protocollo dell'8 aprile 1965 sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, è inserito un articolo 23, quale era previsto dal protocollo che modifica il suddetto protocollo; tale articolo è così redatto: (11).

6. Le entrate e le spese della Comunità europea, le spese d'amministrazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e le relative entrate, le entrate e le spese della Comunità europea dell'energia atomica, ad eccezione di quelle dell'agenzia di approvvigionamento e delle imprese comuni, sono iscritte nel bilancio delle Comunità europee, alle condizioni rispettivamente previste dai trattati che istituiscono le tre Comunità.

7. Senza pregiudizio dell'applicazione dell'articolo 216 del trattato che istituisce la Comunità europea, dell'articolo 77 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, dell'articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica e dell'articolo 1, secondo comma del protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti, i rappresentanti dei governi degli Stati membri stabiliscono di comune accordo le disposizioni necessarie al fine di risolvere taluni problemi specifici del Granducato del Lussemburgo che derivano dalla creazione di un Consiglio unico e di una Commissione unica delle Comunità europee.

 

 

------------------------------------------------

 

(11) Le modifiche sono state inserite nell'art. 23 del protocollo ratificato con L. 3 maggio 1966, n. 437, riportata al n. F/I.

 

 

Articolo 10

1. L'abrogazione o la soppressione in questa Parte di disposizioni obsolete del trattato che istituisce la Comunità europea, del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica nel testo in vigore anteriormente all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam e l'adattamento di talune delle loro disposizioni non pregiudicano gli effetti giuridici delle disposizioni di tali trattati, in particolare quelli risultanti dai termini che gli stessi prescrivono, né di quelle dei trattati di adesione.

2. Rimangono impregiudicati gli effetti degli atti in vigore adottati sulla base dei suddetti trattati.

3. Lo stesso vale per quanto riguarda l'abrogazione della Convenzione del 25 marzo 1957 relativa ad alcune istituzioni comuni alle Comunità europee e l'abrogazione del trattato dell'8 aprile 1965, che istituisce un Consiglio unico e una Commissione unica delle Comunità europee.

 

 

Articolo 11

Le disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica relative alle competenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e all'esercizio di tali competenze, si applicano alle disposizioni della presente Parte e del protocollo sui privilegi e sulle immunità di cui all'articolo 9, paragrafo 5.

 

 

PARTE TERZA

Disposizioni generali e finali

 

Articolo 12

1. Agli articoli, ai titoli e alle sezioni del trattato sull'Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea, quali modificati dalle disposizioni del presente trattato, si applica la seguente nuova numerazione, secondo le tabelle di corrispondenza contenute nell'allegato del presente trattato, che ne costituiscono parte integrante.

2. I riferimenti incrociati ad articoli, titoli e sezioni nel trattato sull'Unione europea e nel trattato che istituisce la Comunità europea, nonché tra gli stessi, sono adattati di conseguenza. Lo stesso vale per quanto riguarda i riferimenti ad articoli, titoli e sezioni di tali trattati contenuti negli altri trattati comunitari.

3. I riferimenti agli articoli, titoli e sezioni dei trattati di cui al paragrafo 2 contenuti in altri strumenti o atti si intendono come riferimenti agli articoli, titoli e sezioni del trattato secondo la nuova numerazione di cui al paragrafo 1 e, rispettivamente, ai paragrafi di detti articoli secondo la nuova numerazione introdotta da alcune disposizioni dell'articolo 6.

4. I riferimenti, contenuti in altri strumenti o atti, a paragrafi degli articoli dei trattati di cui agli articoli 7 e 8 si intendono riferiti a quei paragrafi per i quali alcune disposizioni degli articoli 7 e 8 hanno previsto una nuova numerazione.

 

 

Articolo 13

Il presente trattato è concluso per un periodo illimitato.

 

 

Articolo 14

1. Il presente trattato è ratificato dalle Alte Parti contraenti secondo le rispettive norme costituzionali. Gli strumenti di ratifica sono depositati presso il governo della Repubblica italiana.

2. Il presente trattato entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo a quello in cui lo strumento di ratifica è depositato dallo Stato firmatario che procede per ultimo a tale formalità.

 

 

Articolo 15

Il presente trattato, redatto in unico esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, irlandese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, testi facenti tutti ugualmente fede, sarà depositato negli archivi del governo della Repubblica italiana che provvederà a rimetterne copia certificata conforme a ciascuno dei governi degli altri Stati firmatari.

In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente trattato.

 

Fatto ad Amsterdam, addì due ottobre millenovecentonovantasette.

 

 

 


 

Allegato

 

Tabelle di corrispondenza di cui all'articolo 12 del trattato di Amsterdam

 

 

A. Trattato sull'Unione europea (12)

 

Numerazione precedente

Nuova numerazione

 

 

 

 

Titolo I

Titolo I

 

Articolo A

Articolo 1

 

Articolo B

Articolo 2

 

Articolo C

Articolo 3

 

Articolo D

Articolo 4

 

Articolo E

Articolo 5

 

Articolo F

Articolo 6

 

Articolo F.1 (*)

Articolo 7

 

 

 

 

Titolo II

Titolo II

 

Articolo G

Articolo 8

 

 

 

 

Titolo III

Titolo III

 

Articolo H

Articolo 9

 

 

 

 

Titolo IV

Titolo IV

 

Articolo I

Articolo 10

 

 

 

 

Titolo V (***)

Titolo V

 

Articolo J.1

Articolo 11

 

Articolo J.2

Articolo 12

 

Articolo J.3

Articolo 13

 

Articolo J.4

Articolo 14

 

Articolo J.5

Articolo 15

 

Articolo J.6

Articolo 16

 

Articolo J.7

Articolo 17

 

Articolo J.8

Articolo 18

 

Articolo J.9

Articolo 19

 

Articolo J.10

Articolo 20

 

Articolo J.11

Articolo 21

 

Articolo J.12

Articolo 22

 

Articolo J.13

Articolo 23

 

Articolo J.14

Articolo 24

 

Articolo J.15

Articolo 25

 

Articolo J.16

Articolo 26

 

Articolo J.17

Articolo 27

 

Articolo J.18

Articolo 28

 

 

 

 

Titolo VI (***)

Titolo VI

 

Articolo K.1

Articolo 29

 

Articolo K.2

Articolo 30

 

Articolo K.3

Articolo 31

 

Articolo K.4

Articolo 32

 

Articolo K.5

Articolo 33

 

Articolo K.6

Articolo 34

 

Articolo K.7

Articolo 35

 

Articolo K.8

Articolo 36

 

Articolo K.9

Articolo 37

 

Articolo K.10

Articolo 38

 

Articolo K.11

Articolo 39

 

Articolo K.12

Articolo 40

 

Articolo K.13

Articolo 41

 

Articolo K.14

Articolo 42

 

 

 

 

Titolo VI-bis (**)

Titolo VII

 

Articolo K.15 (*)

Articolo 43

 

Articolo K.16 (*)

Articolo 44

 

Articolo K.17 (*)

Articolo 45

 

 

 

 

Titolo VII

Titolo VIII

 

Articolo L

Articolo 46

 

Articolo M

Articolo 47

 

Articolo N

Articolo 48

 

Articolo O

Articolo 49

 

Articolo P

Articolo 50

 

Articolo Q

Articolo 51

 

Articolo R

Articolo 52

 

Articolo S

Articolo 53

 

 

 

 

 

(*) Nuovo Articolo introdotto dal trattato di Amsterdam.

(**) Nuovo titolo introdotto dal trattato di Amsterdam.

(***) Titolo ristrutturato dal trattato di Amsterdam.

 

 

B. Trattato che istituisce la Comunità europea(13)

Numerazione precedente

Nuova numerazione

 

 

Parte prima

Parte prima

Articolo 1

Articolo 1

Articolo 2

Articolo 2

Articolo 3

Articolo 3

Articolo 3 A

Articolo 4

Articolo 3 B

Articolo 5

Articolo 3 C (*)

Articolo 6

Articolo 4

Articolo 7

Articolo 4 A

Articolo 8

Articolo 4 B

Articolo 9

Articolo 5

Articolo 10

Articolo 5 A (*)

Articolo 11

Articolo 6

Articolo 12

Articolo 6 A (*)

Articolo 13

Articolo 7 (abrogato)

-

Articolo 7 A

Articolo 14

Articolo 7 B (abrogato)

-

Articolo 7 C

Articolo 15

Articolo 7 D (*)

Articolo 16

 

 

Parte seconda

Parte seconda

Articolo 8

Articolo 17

Articolo 8 A

Articolo 18

Articolo 8 B

Articolo 19

Articolo 8 C

Articolo 20

Articolo 8 D

Articolo 21

Articolo 8 E

Articolo 22

 

 

Parte terza

Parte terza

Titolo I

Titolo I

Articolo 9

Articolo 23

Articolo 10

Articolo 24

Articolo 11 (abrogato)

-

 

 

Capo 1

Capo 1

 

 

Sezione 1 (soppressa)

-

Articolo 12

Articolo 25

Articolo 13 (abrogato)

-

Articolo 14 (abrogato)

-

Articolo 15 (abrogato)

-

Articolo 16 (abrogato)

-

Articolo 17 (abrogato)

-

 

 

Sezione 2 (soppressa)

-

Articolo 18 (abrogato)

-

Articolo 19 (abrogato)

-

Articolo 20 (abrogato)

-

Articolo 21 (abrogato)

-

Articolo 22 (abrogato)

-

Articolo 23 (abrogato)

-

Articolo 24 (abrogato)

-

Articolo 25 (abrogato)

-

Articolo 26 (abrogato)

-

Articolo 27 (abrogato)

-

Articolo 28

Articolo 26

Articolo 29

Articolo 27

 

 

Capo 2

Capo 2

Articolo 30

Articolo 28

Articolo 31 (abrogato)

-

Articolo 32 (abrogato)

-

Articolo 33 (abrogato)

-

Articolo 34

Articolo 29

Articolo 35 (abrogato)

-

Articolo 36

Articolo 30

Articolo 37

Articolo 31

 

 

Titolo II

Titolo II

Articolo 38

Articolo 32

Articolo 39

Articolo 33

Articolo 40

Articolo 34

Articolo 41

Articolo 35

Articolo 42

Articolo 36

Articolo 43

Articolo 37

Articolo 44 (abrogato)

-

Articolo 45 (abrogato)

-

Articolo 46

Articolo 38

Articolo 47 (abrogato)

-

 

 

Titolo III

Titolo III

Capo 1

Capo 1

Articolo 48

Articolo 39

Articolo 49

Articolo 40

Articolo 50

Articolo 41

Articolo 51

Articolo 42

 

 

Capo 2

Capo 2

Articolo 52

Articolo 43

Articolo 53 (abrogato)

-

Articolo 54

Articolo 44

Articolo 55

Articolo 45

Articolo 56

Articolo 46

Articolo 57

Articolo 47

Articolo 58

Articolo 48

 

 

Capo 3

Capo 3

Articolo 59

Articolo 49

Articolo 60

Articolo 50

Articolo 61

Articolo 51

Articolo 62 (abrogato)

-

Articolo 63

Articolo 52

Articolo 64

Articolo 53

Articolo 65

Articolo 54

Articolo 66

Articolo 55

 

 

Capo 4

Capo 4

Articolo 67 (abrogato)

-

Articolo 68 (abrogato)

-

Articolo 69 (abrogato)

-

Articolo 70 (abrogato)

-

Articolo 71 (abrogato)

-

Articolo 72 (abrogato)

-

Articolo 73 (abrogato)

-

Articolo 73 A (abrogato)

-

Articolo 73 B

Articolo 56

Articolo 73 C

Articolo 57

Articolo 73 D

Articolo 58

Articolo 73 E (abrogato)

-

Articolo 73 F

Articolo 59

Articolo 73 G

Articolo 60

Articolo 73 H (abrogato)

-

 

 

Titolo III-bis (**)

Titolo IV

Articolo 73 I (*)

Articolo 61

Articolo 73 J (*)

Articolo 62

Articolo 73 K (*)

Articolo 63

Articolo 73 L (*)

Articolo 64

Articolo 73 M (*)

Articolo 65

Articolo 73 N (*)

Articolo 66

Articolo 73 O (*)

Articolo 67

Articolo 73 P (*)

Articolo 68

Articolo 73 Q (*)

Articolo 69

 

 

Titolo IV

Titolo V

Articolo 74

Articolo 70

Articolo 75

Articolo 71

Articolo 76

Articolo 72

Articolo 77

Articolo 73

Articolo 78

Articolo 74

Articolo 79

Articolo 75

Articolo 80

Articolo 76

Articolo 81

Articolo 77

Articolo 82

Articolo 78

Articolo 83

Articolo 79

Articolo 84

Articolo 80

 

 

Titolo V

Titolo VI

Capo 1

Capo 1

 

 

Sezione 1

Sezione 1

Articolo 85

Articolo 81

Articolo 86

Articolo 82

Articolo 87

Articolo 83

Articolo 88

Articolo 84

Articolo 89

Articolo 85

Articolo 90

Articolo 86

 

 

Sezione 2 (soppressa)

-

Articolo 91 (abrogato)

-

 

 

Sezione 3

Sezione 2

Articolo 92

Articolo 87

Articolo 93

Articolo 88

Articolo 94

Articolo 89

 

 

Capo 2

Capo 2

Articolo 95

Articolo 90

Articolo 96

Articolo 91

Articolo 97 (abrogato)

-

Articolo 98

Articolo 92

Articolo 99

Articolo 93

 

 

Capo 3

Capo 3

Articolo 100

Articolo 94

Articolo 100 A

Articolo 95

Articolo 100 B (abrogato)

-

Articolo 100 C (abrogato)

-

Articolo 100 D (abrogato)

-

Articolo 101

Articolo 96

Articolo 102

Articolo 97

 

 

Titolo VI

Titolo VII

Capo 1

Capo 1

Articolo 102 A

Articolo 98

Articolo 103

Articolo 99

Articolo 103 A

Articolo 100

Articolo 104

Articolo 101

Articolo 104 A

Articolo 102

Articolo 104 B

Articolo 103

Articolo 104 C

Articolo 104

 

 

Capo 2

Capo 2

Articolo 105

Articolo 105

Articolo 105 A

Articolo 106

Articolo 106

Articolo 107

Articolo 107

Articolo 108

Articolo 108

Articolo 109

Articolo 108 A

Articolo 110

Articolo 109

Articolo 111

 

 

Capo 3

Capo 3

Articolo 109 A

Articolo 112

Articolo 109 B

Articolo 113

Articolo 109 C

Articolo 114

Articolo 109 D

Articolo 115

 

 

Capo 4

Capo 4

Articolo 109 E

Articolo 116

Articolo 109 F

Articolo 117

Articolo 109 G

Articolo 118

Articolo 109 H

Articolo 119

Articolo 109 I

Articolo 120

Articolo 109 J

Articolo 121

Articolo 109 K

Articolo 122

Articolo 109 L

Articolo 123

Articolo 109 M

Articolo 124

 

 

Titolo VI-bis (**)

Titolo VIII

Articolo 109 N (*)

Articolo 125

Articolo 109 O (*)

Articolo 126

Articolo 109 P (*)

Articolo 127

Articolo 109 Q (*)

Articolo 128

Articolo 109 R (*)

Articolo 129

Articolo 109 S (*)

Articolo 130

 

 

Titolo VII

Titolo IX

Articolo 110

Articolo 131

Articolo 111 (abrogato)

-

Articolo 112

Articolo 132

Articolo 113

Articolo 133

Articolo 114 (abrogato)

-

Articolo 115

Articolo 134

 

 

Titolo VII-bis (*)

Titolo X

Articolo 116 (*)

Articolo 135

 

 

 

Titolo VIII

Titolo XI

Capo 1 (***)

Capo 1

Articolo 117

Articolo 136

Articolo 118

Articolo 137

Articolo 118 A

Articolo 138

Articolo 118 B

Articolo 139

Articolo 118 C

Articolo 140

Articolo 119

Articolo 141

Articolo 119 A

Articolo 142

Articolo 120

Articolo 143

Articolo 121

Articolo 144

Articolo 122

Articolo 145

 

 

Capo 2

Capo 2

Articolo 123

Articolo 146

Articolo 124

Articolo 147

Articolo 125

Articolo 148

 

 

Capo 3

Capo 3

Articolo 126

Articolo 149

Articolo 127

Articolo 150

 

 

Titolo IX

Titolo XII

Articolo 128

Articolo 151

 

 

Titolo X

Titolo XIII

Articolo 129

Articolo 152

 

 

Titolo XI

Titolo XIV

Articolo 129 A

Articolo 153

 

 

Titolo XII

Titolo XV

Articolo 129 B

Articolo 154

Articolo 129 C

Articolo 155

Articolo 129 D

Articolo 156

 

 

Titolo XIII

Titolo XVI

Articolo 130

Articolo 157

 

 

Titolo XIV

Titolo XVII

Articolo 130 A

Articolo 158

Articolo 130 B

Articolo 159

Articolo 130 C

Articolo 160

Articolo 130 D

Articolo 161

Articolo 130 E

Articolo 162

 

 

Titolo XV

Titolo XVIII

Articolo 130 F

Articolo 163

Articolo 130 G

Articolo 164

Articolo 130 H

Articolo 165

Articolo 130 I

Articolo 166

Articolo 130 J

Articolo 167

Articolo 130 K

Articolo 168

Articolo 130 L

Articolo 169

Articolo 130 M

Articolo 170

Articolo 130 N

Articolo 171

Articolo 130 O

Articolo 172

Articolo 130 P

Articolo 173

Articolo 130 Q (abrogato)

-

 

 

Titolo XVI

Titolo XIX

Articolo 130 R

Articolo 174

Articolo 130 S

Articolo 175

Articolo 130 T

Articolo 176

 

 

Titolo XVII

Titolo XX

Articolo 130 U

Articolo 177

Articolo 130 V

Articolo 178

Articolo 130 W

Articolo 179

Articolo 130 X

Articolo 180

Articolo 130 Y

Articolo 181

 

 

Parte quarta

Parte quarta

Articolo 131

Articolo 182

Articolo 132

Articolo 183

Articolo 133

Articolo 184

Articolo 134

Articolo 185

Articolo 135

Articolo 186

Articolo 136

Articolo 187

Articolo 136 A

Articolo 188

 

 

Parte quinta

Parte quinta

Titolo I

Titolo I

Capo 1

Capo 1

 

 

Sezione 1

Sezione 1

Articolo 137

Articolo 189

Articolo 138

Articolo 190

Articolo 138 A

Articolo 191

Articolo 138 B

Articolo 192

Articolo 138 C

Articolo 193

Articolo 138 D

Articolo 194

Articolo 138 E

Articolo 195

Articolo 139

Articolo 196

Articolo 140

Articolo 197

Articolo 141

Articolo 198

Articolo 142

Articolo 199

Articolo 143

Articolo 200

Articolo 144

Articolo 201

 

 

Sezione 2

Sezione 2

Articolo 145

Articolo 202

Articolo 146

Articolo 203

Articolo 147

Articolo 204

Articolo 148

Articolo 205

Articolo 149 (abrogato)

-

Articolo 150

Articolo 206

Articolo 151

Articolo 207

Articolo 152

Articolo 208

Articolo 153

Articolo 209

Articolo 154

Articolo 210

 

 

Sezione 3

Sezione 3

Articolo 155

Articolo 211

Articolo 156

Articolo 212

Articolo 157

Articolo 213

Articolo 158

Articolo 214

Articolo 159

Articolo 215

Articolo 160

Articolo 216

Articolo 161

Articolo 217

Articolo 162

Articolo 218

Articolo 163

Articolo 219

 

 

Sezione 4

Sezione 4

Articolo 164

Articolo 220

Articolo 165

Articolo 221

Articolo 166

Articolo 222

Articolo 167

Articolo 223

Articolo 168

Articolo 224

Articolo 168 A

Articolo 225

Articolo 169

Articolo 226

Articolo 170

Articolo 227

Articolo 171

Articolo 228

Articolo 172

Articolo 229

Articolo 173

Articolo 230

Articolo 174

Articolo 231

Articolo 175

Articolo 232

Articolo 176

Articolo 233

Articolo 177

Articolo 234

Articolo 178

Articolo 235

Articolo 179

Articolo 236

Articolo 180

Articolo 237

Articolo 181

Articolo 238

Articolo 182

Articolo 239

Articolo 183

Articolo 240

Articolo 184

Articolo 241

Articolo 185

Articolo 242

Articolo 186

Articolo 243

Articolo 187

Articolo 244

Articolo 188

Articolo 245

 

 

Sezione 5

Sezione 5

Articolo 188 A

Articolo 246

Articolo 188 B

Articolo 247

Articolo 188 C

Articolo 248

 

 

Capo 2

Capo 2

Articolo 189

Articolo 249

Articolo 189 A

Articolo 250

Articolo 189 B

Articolo 251

Articolo 189 C

Articolo 252

Articolo 190

Articolo 253

Articolo 191

Articolo 254

Articolo 191 A (*)

Articolo 255

Articolo 192

Articolo 256

 

 

Capo 3

Capo 3

Articolo 193

Articolo 257

Articolo 194

Articolo 258

Articolo 195

Articolo 259

Articolo 196

Articolo 260

Articolo 197

Articolo 261

Articolo 198

Articolo 262

 

 

Capo 4

Capo 4

Articolo 198 A

Articolo 263

Articolo 198 B

Articolo 264

Articolo 198 C

Articolo 265

 

 

Capo 5

Capo 5

Articolo 198 D

Articolo 266

Articolo 198 E

Articolo 267

 

 

Titolo II

Titolo II

Articolo 199

Articolo 268

Articolo 200 (abrogato)

-

Articolo 201

Articolo 269

Articolo 201 A

Articolo 270

Articolo 202

Articolo 271

Articolo 203

Articolo 272

Articolo 204

Articolo 273

Articolo 205

Articolo 274

Articolo 205-bis

Articolo 275

Articolo 206

Articolo 276

Articolo 206-bis (abrogato)

-

Articolo 207

Articolo 277

Articolo 208

Articolo 278

Articolo 209

-

Articolo 209 A

Articolo 279

Articolo 280

 

 

 

Parte sesta

Parte sesta

Articolo 210

Articolo 281

Articolo 211

Articolo 282

Articolo 212 (*)

Articolo 283

Articolo 213

Articolo 284

Articolo 213 A (*)

Articolo 285

Articolo 213 B (*)

Articolo 286

Articolo 214

Articolo 287

Articolo 215

Articolo 288

Articolo 216

Articolo 289

Articolo 217

Articolo 290

Articolo 218 (*)

Articolo 291

Articolo 219

Articolo 292

Articolo 220

Articolo 293

Articolo 221

Articolo 294

Articolo 222

Articolo 295

Articolo 223

Articolo 296

Articolo 224

Articolo 297

Articolo 225

Articolo 298

Articolo 226 (abrogato)

-

Articolo 227

Articolo 299

Articolo 228

Articolo 300

Articolo 228 A

Articolo 301

Articolo 229

Articolo 302

Articolo 230

Articolo 303

Articolo 231

Articolo 304

Articolo 232

Articolo 305

Articolo 233

Articolo 306

Articolo 234

Articolo 307

Articolo 235

Articolo 308

Articolo 236 (*)

Articolo 309

Articolo 237 (abrogato)

-

Articolo 238

Articolo 310

Articolo 239

Articolo 311

Articolo 240

Articolo 312

Articolo 241 (abrogato)

-

Articolo 242 (abrogato)

-

Articolo 243 (abrogato)

-

Articolo 244 (abrogato)

-

Articolo 245 (abrogato)

-

Articolo 246 (abrogato)

-

 

 

Disposizioni finali

Disposizioni finali

Articolo 247

Articolo 313

Articolo 248

Articolo 314

 

 

 

 

(*) Nuovo Articolo introdotto dal trattato di Amsterdam.

(**) Nuovo titolo introdotto dal trattato di Amsterdam.

(***) Titolo ristrutturato dal trattato di Amsterdam.

 


 

PROTOCOLLI

 

A. Protocollo allegato al trattato sull'Unione europea

 

Protocollo sull'Articolo J.7 del trattato sull'Unione europea

 

Le Alte Parti contraenti,

Tenendo presente la necessità di una piena applicazione delle disposizioni dell'articolo J.7, paragrafo 1, secondo comma, e paragrafo 3 del trattato sull'Unione europea,

Tenendo presente che la politica dell'Unione a norma dell'articolo J.7 non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri e rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri i quali ritengono che la loro difesa si realizzi tramite la NATO, nell'ambito del trattato dell'Atlantico del Nord, e sia compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto,

Hanno convenuto la seguente disposizione che è allegata al trattato sull'Unione europea.

L'Unione europea elabora, insieme con l'Unione europea occidentale, disposizioni per il miglioramento della cooperazione reciproca entro un anno dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

------------------------

 

 

B. Protocolli allegati al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea

 

 

Protocollo sull'Integrazione dell'Acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea

 

Le Alte Parti Contraenti,

Rilevando che gli accordi relativi all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni firmati da alcuni Stati membri dell'Unione europea a Schengen il 14 giugno 1985 e il 19 giugno 1990, nonché gli accordi connessi e le norme adottate sulla base dei suddetti accordi mirano a promuovere l'integrazione europea e, in particolare, a consentire all'Unione europea di trasformarsi più rapidamente in uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia,

Desiderosi di incorporare gli accordi e le norme summenzionati nel quadro dell'Unione europea,

Confermando che le disposizioni dell'acquis di Schengen sono applicabili solo se e nella misura in cui essi sono compatibili con l'Unione e il diritto comunitario,

Tenendo conto della particolare posizione della Danimarca,

Tenendo conto del fatto che l'Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord non sono parti dei suddetti accordi e non li hanno firmati; che dovrebbero tuttavia essere previste disposizioni per consentire a tali Stati di accettare, in tutto o in parte, le disposizioni di tali accordi,

Riconoscendo che, pertanto, è necessario avvalersi delle disposizioni del trattato sull'Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea relative ad una cooperazione rafforzata tra alcuni Stati membri e che a tali disposizioni si dovrebbe fare ricorso solo in ultima istanza,

Tenendo conto della necessità di mantenere un rapporto speciale con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia, Stati che hanno entrambi confermato la loro intenzione di essere vincolati dalle disposizioni summenzionate, in base all'accordo firmato a Lussemburgo il 19 dicembre 1996,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea,

 

Articolo 1

Il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia, firmatari degli accordi di Schengen, sono autorizzati a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel campo di applicazione di tali accordi e delle disposizioni collegate, quali sono elencati nell'allegato del presente protocollo, in prosieguo denominato acquis di Schengen. Tale cooperazione è realizzata nell'ambito istituzionale e giuridico dell'Unione europea e nel rispetto delle pertinenti disposizioni del trattato sull'Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea.

 

 

Articolo 2

1. A decorrere dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'acquis di Schengen, incluse le decisioni del Comitato esecutivo istituito dagli accordi di Schengen che sono state adottate anteriormente a tale data, si applica immediatamente ai tredici Stati membri di cui all'articolo 1, fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo. A decorrere dalla medesima data, il Consiglio si sostituirà al suddetto Comitato esecutivo.

Il Consiglio, deliberando all'unanimità dei membri di cui all'articolo 1, adotta le disposizioni necessarie per l'attuazione del presente paragrafo. Il Consiglio, deliberando all'unanimità, determina, in base alle pertinenti disposizioni dei trattati, la base giuridica di ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis di Schengen.

Relativamente a tali disposizioni e decisioni e in base a detta determinazione delle basi giuridiche, la Corte di giustizia delle Comunità europee esercita le competenze conferitele dalle pertinenti disposizioni applicabili dei trattati. La Corte di giustizia non è comunque competente per quanto concerne le misure e le decisioni relative al mantenimento dell'ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna.

Fino all'adozione delle misure di cui sopra e fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 2, le disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis di Schengen sono considerate atti fondati sul titolo VI del trattato sull'Unione europea.

2. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano agli Stati membri che hanno firmato protocolli di adesione agli accordi di Schengen a decorrere dalle date stabilite dal Consiglio, che delibera all'unanimità dei Membri di cui all'articolo 1, a meno che le condizioni per l'adesione di uno di tali Stati all'acquis di Schengen siano soddisfatte prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

 

 

Articolo 3

A seguito della determinazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, la Danimarca mantiene rispetto agli altri firmatari degli accordi di Schengen gli stessi diritti e gli stessi obblighi che aveva anteriormente a detta determinazione per quanto concerne le parti dell'acquis di Schengen la cui base giuridica è individuata nel titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea.

Per quanto attiene alle parti dell'acquis di Schengen la cui base giuridica è individuata nel titolo VI del trattato sull'Unione europea, la Danimarca mantiene gli stessi diritti e gli stessi obblighi degli altri firmatari degli accordi di Schengen.

 

 

Articolo 4

L'Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, i quali non sono vincolati dall'acquis di Schengen, possono in qualsiasi momento, chiedere di partecipare, in tutto o in parte, alle disposizioni di detto acquis.

Il Consiglio decide in merito a tale richiesta all'unanimità dei suoi membri di cui all'articolo 1 e del rappresentante del governo dello Stato interessato.

 

 

Articolo 5

1. Le proposte e le iniziative che si baseranno sull'acquis di Schengen sono soggette alle pertinenti disposizioni dei trattati.

In tale contesto, laddove l'Irlanda o il Regno Unito, o entrambi, non abbiano notificato per iscritto al Presidente del Consiglio entro un congruo periodo di tempo, che desiderano partecipare, l'autorizzazione di cui all'articolo 5 A del trattato che istituisce la Comunità europea o all'articolo K.12 del trattato sull'Unione europea si considera concessa agli Stati membri di cui all'articolo 1 nonché all'Irlanda e al Regno Unito, laddove uno di essi desideri partecipare ai settori di cooperazione in questione.

2. Le pertinenti disposizioni dei trattati di cui al paragrafo 1, primo comma, si applicano anche nel caso in cui il Consiglio non abbia adottato le misure di cui all'articolo 2, paragrafo 1, secondo comma.

 

 

Articolo 6

La Repubblica di Islanda e il Regno di Norvegia sono associati all'attuazione dell'acquis di Schengen e al suo ulteriore sviluppo, in base all'accordo firmato a Lussemburgo il 19 dicembre 1996. A tal fine vengono concordate procedure appropriate in un accordo che sarà concluso con tali Stati dal Consiglio, che delibera all'unanimità dei suoi membri di cui all'articolo 1. Tale accordo include disposizioni relative al contributo dell'Islanda e della Norvegia ad ogni conseguenza finanziaria derivante dall'attuazione del presente protocollo.

Il Consiglio, deliberando all'unanimità, conclude con l'Islanda e la Norvegia un accordo separato, al fine di stabilire i diritti e gli obblighi fra l'Irlanda e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, da un lato, e l'Islanda e la Norvegia, dall'altro, nei settori dell'acquis di Schengen che riguardano tali Stati.

 

 

Articolo 7

Il Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, adotta le modalità relative all'integrazione del Segretariato Schengen nel Segretariato Generale del Consiglio.

 

Articolo 8

Ai fini dei negoziati relativi all'adesione di nuovi Stati membri all'Unione europea, l'acquis di Schengen e le ulteriori misure adottate dalle istituzioni nell'ambito del suo campo d'applicazione sono considerati un acquis che deve essere accettato integralmente da tutti gli Stati candidati all'adesione.

 

Allegato

 

ACQUIS DI SCHENGEN

 

1. L'accordo, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, tra i Governi degli Stati dell'Unione economica del Benelux, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese, relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni.

2. La Convenzione, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo e il Regno dei Paesi Bassi, recante applicazione dell'accordo relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, nonché l'atto finale e le dichiarazioni comuni relativi.

3. I protocolli e gli accordi di adesione all'accordo del 1985 e la Convenzione di applicazione del 1990 con l'Italia (firmata a Parigi il 27 novembre 1990), la Spagna e il Portogallo (entrambe firmate a Bonn il 25 giugno 1991), la Grecia (firmata a Madrid il 6 novembre 1992), l'Austria (firmata a Bruxelles il 28 aprile 1995) e la Danimarca, la Finlandia e la Svezia (tutte firmate a Lussemburgo il 19 dicembre 1996), con i relativi atti finali e dichiarazioni.

4. Le decisioni e le dichiarazioni adottate dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di applicazione del 1990, nonché gli atti per l'attuazione della Convenzione adottati dagli organi cui il Comitato esecutivo ha conferito poteri decisionali.

 

 

Protocollo sull'applicazione di alcuni aspetti dell'Articolo 7 A del Trattato che istituisce la Comunità europea al Regno Unito e all'Irlanda

 

Le Alte Parti Contraenti,

Desiderose di risolvere talune questioni relative al Regno Unito e all'Irlanda,

Considerando che da molti anni esistono tra il Regno Unito e l'Irlanda intese speciali in materia di libero spostamento,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato che istituisce la Comunità europea e al trattato sull'Unione europea,

 

 

Articolo 1

Nonostante l'Articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea, qualsiasi altra disposizione di tale trattato o del trattato sull'Unione europea, qualsiasi misura adottata a norma di questi trattati o qualsiasi accordo internazionale concluso dalla Comunità o dalla Comunità e dai suoi Stati membri con uno o più Stati terzi, il Regno Unito è autorizzato ad esercitare, alle sue frontiere con altri Stati membri, sulle persone che intendono entrare nel Regno Unito, quei controlli che ritenga necessari al fine di:

a) verificare il diritto di accesso al Regno Unito per i cittadini di Stati che sono Parti contraenti dell'Accordo sullo spazio economico europeo e per le persone a loro carico, che esercitano diritti conferiti loro dal diritto comunitario, nonché per cittadini di altri Stati cui tali diritti sono stati conferiti mediante un accordo vincolante per il Regno Unito; e

b) stabilire se concedere o meno ad altre persone il permesso di entrare nel Regno Unito.

Nessuna disposizione dell'Articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea né qualsiasi altra disposizione di tale trattato o del trattato sull'Unione europea o qualsiasi misura adottata a norma degli stessi pregiudica il diritto del Regno Unito di adottare o esercitare siffatti controlli. I riferimenti al Regno Unito contenuti nel presente articolo includono i territori delle cui relazioni esterne è responsabile il Regno Unito.

 

 

Articolo 2

Il Regno Unito e l'Irlanda possono continuare a concludere intese reciproche in materia di circolazione di persone tra i loro territori («zona di libero spostamento»), nel pieno rispetto dei diritti delle persone di cui nell'articolo 1, primo comma, lettera a) del presente protocollo. In questo contesto, finché essi manterranno dette intese, le disposizioni dell'articolo 1 del presente protocollo si applicano all'Irlanda negli stessi termini e condizioni con cui saranno applicate al Regno Unito. Nessuna disposizione dell'articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea, né qualsiasi altra disposizione di tale trattato o del trattato sull'Unione europea o qualsiasi misura adottata a norma degli stessi pregiudica tali intese.

 

 

Articolo 3

Gli altri Stati membri hanno la facoltà di esercitare, alle loro frontiere o in ogni punto di entrata nel loro territorio, controlli analoghi sulle persone che intendono entrare nel loro territorio dal Regno Unito o da altri territori le cui relazioni esterne ricadono sotto la responsabilità di quest'ultimo, per gli stessi scopi indicati all'articolo 1 del presente protocollo, oppure dall'Irlanda nella misura in cui l'articolo 1 del presente protocollo si applica all'Irlanda.

Nessuna disposizione dell'articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea né qualsiasi altra disposizione di tale trattato o del trattato sull'Unione europea o qualsiasi misura adottata a norma degli stessi pregiudica il diritto degli altri Stati membri di adottare o esercitare siffatti controlli.

 

 

Le Alte Parti Contraenti,

Desiderose di risolvere talune questioni relative al Regno Unito e all'Irlanda,

Considerando il protocollo sull'applicazione di alcuni aspetti dell'articolo 7 A del trattato che istituisce la Comunità europea al Regno Unito e all'Irlanda,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato che istituisce la Comunità europea e al trattato sull'Unione europea:

 

 

Articolo 1

Fatto salvo l'articolo 3, il Regno Unito e l'Irlanda non partecipano all'adozione da parte del Consiglio delle misure proposte a norma del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea. In deroga all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, si definisce maggioranza qualificata una proporzione dei voti ponderati dei membri del Consiglio interessati equivalente a quella prevista al predetto articolo 148, paragrafo 2. Per le decisioni del Consiglio che devono essere adottate all'unanimità si richiede l'unanimità dei membri del Consiglio, ad eccezione dei rappresentanti dei governi del Regno Unito e dell'Irlanda.

 

 

Articolo 2

In conseguenza dell'articolo 1 e fatti salvi gli articoli 3, 4 e 6, nessuna disposizione del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea, nessuna misura adottata a norma di detto titolo, nessuna disposizione di accordi internazionali conclusi dalla Comunità a norma di detto titolo e nessuna decisione della Corte di giustizia sull'interpretazione di tali disposizioni o misure è vincolante o applicabile nel Regno Unito o in Irlanda; nessuna di tali disposizioni, misure o decisioni pregiudica in alcun modo le competenze, i diritti e gli obblighi di tali Stati; e nessuna di tali disposizioni, misure o decisioni pregiudica in alcun modo l'acquis comunitario né costituisce parte del diritto comunitario, quali applicabili al Regno Unito o all'Irlanda.

 

 

Articolo 3

1. Il Regno Unito o l'Irlanda possono notificare per iscritto al Presidente del Consiglio, entro tre mesi dalla presentazione di una proposta o un'iniziativa al Consiglio, a norma del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea, che desiderano partecipare all'adozione ed applicazione di una delle misure proposte; una volta effettuata detta notifica tali Stati sono abilitati a partecipare. In deroga all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, si definisce maggioranza qualificata una proporzione dei voti ponderati dei membri del Consiglio interessati equivalente a quella prevista al predetto articolo 148, paragrafo 2.

Per le decisioni del Consiglio che devono essere adottate all'unanimità si richiede l'unanimità dei membri del Consiglio, ad eccezione del membro che non ha proceduto a tale notifica. Una misura adottata a norma del presente paragrafo è vincolante per tutti gli Stati membri che hanno preso parte alla sua adozione.

2. Se una misura di cui al paragrafo 1 non può essere adottata entro un congruo periodo di tempo con la partecipazione del Regno Unito o dell'Irlanda, essa può essere adottata dal Consiglio a norma dell'articolo 1 senza la partecipazione del Regno Unito o dell'Irlanda. In tal caso si applica l'articolo 2.

 

Articolo 4

Il Regno Unito o l'Irlanda, in qualsiasi momento dopo l'adozione di una misura da parte del Consiglio a norma del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea, possono notificare al Consiglio e alla Commissione la loro intenzione di accettarla. In tal caso si applica, con gli opportuni adattamenti, la procedura di cui all'articolo 5 A, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità europea.

 

 

Articolo 5

Uno Stato membro che non sia vincolato da una misura adottata a norma del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea non subisce alcuna conseguenza finanziaria di tale misura diversa dai costi amministrativi che ne derivano per le istituzioni.

 

Articolo 6

Qualora, nei casi previsti nel presente protocollo, il Regno Unito e o l'Irlanda siano vincolati da una misura adottata dal Consiglio a norma del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea, a tale Stato si applicano, in relazione a detta misura, le pertinenti disposizioni di tale trattato, compreso l'Articolo 73 P.

 

 

Articolo 7

Gli articoli 3 e 4 non pregiudicano il protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea.

 

 

Articolo 8

L'Irlanda può notificare per iscritto al Presidente del Consiglio che non desidera più essere vincolata dai termini del presente protocollo. In tal caso si applicano all'Irlanda le normali disposizioni del trattato.

 

 

Protocollo sulla posizione della Danimarca

 

Le Alte Parti Contraenti,

Nel rammentare la decisione dei Capi di Stato e di Governo, riuniti in sede di Consiglio europeo a Edimburgo il 12 dicembre 1992, concernente taluni problemi sollevati dalla Danimarca in merito al trattato sull'Unione europea,

Preso atto della posizione della Danimarca per quanto concerne la cittadinanza, l'unione economica e monetaria, la politica di difesa e il settore della giustizia e degli affari interni, quale stabilita nella decisione di Edimburgo,

Tenendo presente l'articolo 3 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato che istituisce la Comunità europea e al trattato sull'Unione europea:

 

PARTE I

 

Articolo 1

La Danimarca non partecipa all'adozione da parte del Consiglio delle misure proposte a norma del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea. In deroga all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, si definisce maggioranza qualificata la stessa proporzione dei voti dei membri del Consiglio interessati secondo la ponderazione di cui al predetto articolo 148, paragrafo 2. Per le decisioni del Consiglio che devono essere adottate all'unanimità si richiede l'unanimità dei membri del Consiglio, ad eccezione del rappresentante del governo della Danimarca.

 

 

Articolo 2

Nessuna disposizione del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea, nessuna misura adottata a norma di detto titolo, nessuna disposizione di alcun accordo internazionale concluso dalla Comunità a norma di detto titolo e nessuna decisione della Corte di giustizia sull'interpretazione di tali disposizioni o misure è vincolante o applicabile in Danimarca; nessuna di tali disposizioni, misure o decisioni pregiudica in alcun modo le competenze, i diritti e gli obblighi della Danimarca; e nessuna di tali disposizioni, misure o decisioni pregiudica in alcun modo l'acquis comunitario né costituisce parte del diritto comunitario, quali applicabili alla Danimarca.

 

 

Articolo 3

La Danimarca non sostiene le conseguenze finanziarie delle misure di cui all'articolo 1 diverse dalle spese amministrative connesse con le istituzioni.

 

 

Articolo 4

Gli articoli 1, 2 e 3 non si applicano alle misure che determinano quali siano i paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso di un visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, né a misure relative all'instaurazione di un modello uniforme per i visti.

 

 

Articolo 5

1. La Danimarca decide, entro un periodo di sei mesi dalla decisione del Consiglio su una proposta o iniziativa di sviluppare l'acquis di Schengen in forza delle disposizioni del titolo III-bis del trattato che istituisce la Comunità europea, se intende recepire tale decisione nel proprio diritto interno. Se decide in tal senso, questa decisione creerà un obbligo a norma del diritto internazionale tra la Danimarca e gli altri Stati membri di cui all'articolo 1 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea, nonché l'Irlanda o il Regno Unito, se questi ultimi Stati membri partecipano ai settori di cooperazione in questione.

2. Se la Danimarca decidesse di non applicare una decisione del Consiglio di cui al paragrafo 1, gli Stati membri di cui all'articolo 1 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea esamineranno le misure appropriate da adottare.

 

 

PARTE II

Articolo 6

Per quanto attiene alle misure adottate dal Consiglio nell'ambito degli articoli J.3, paragrafo 1 e J.7 del trattato sull'Unione europea, la Danimarca non partecipa all'elaborazione e all'attuazione di decisioni e azioni dell'Unione che hanno implicazioni di difesa, ma non impedirà lo sviluppo di una cooperazione rafforzata tra gli Stati membri in questo settore. Pertanto la Danimarca non prende parte alla loro adozione. La Danimarca non ha l'obbligo di contribuire al finanziamento di spese operative connesse con tali misure.

 

 

PARTE III

Articolo 7

La Danimarca può in qualunque momento, secondo le proprie norme costituzionali, informare gli altri Stati membri che non intende più avvalersi, in tutto o in parte, del presente protocollo. In tal caso la Danimarca applicherà pienamente tutte le misure pertinenti in vigore a quel momento nell'ambito dell'Unione europea.

 

 

C. Protocolli allegati al trattato che istituisce la Comunità europea

 

Protocollo sull'asilo per i cittadini degli Stati Membri dell'Unione europea

 

Le Alte Parti Contraenti,

Considerando che, in base alle disposizioni dell'articolo F, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea, l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950;

Considerando che la Corte di giustizia delle Comunità europee è competente ad assicurare il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dell'articolo F, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea da parte della Comunità europea;

Considerando che, a norma dell'articolo O del trattato sull'Unione europea, per domandare di diventare membri dell'Unione tutti gli Stati europei devono rispettare i princìpi sanciti nell'articolo F, paragrafo 1 del trattato sull'Unione europea;

Tenendo presente che l'articolo 236 del trattato che istituisce la Comunità europea instaura un meccanismo per la sospensione di taluni diritti in caso di una violazione grave e persistente di tali princìpi da parte di uno Stato membro;

Rammentando che ogni cittadino di uno Stato membro, quale cittadino dell'Unione, gode di uno status e di una tutela speciali che sono garantiti dagli Stati membri a norma delle disposizioni della Parte seconda del trattato che istituisce la Comunità europea;

Tenendo presente che il trattato che istituisce la Comunità europea istituisce uno spazio senza frontiere interne e conferisce ad ogni cittadino dell'Unione il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

Rammentando che la questione dell'estradizione dei cittadini degli Stati membri dell'Unione è disciplinata dalla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 e dalla Convenzione del 27 settembre 1996, stabilita sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, relativa all'estradizione tra gli Stati membri dell'Unione europea;

Intenzionati ad evitare che l'istituto dell'asilo sia travisato per conseguire finalità diverse da quelle cui tende;

Considerando che il presente protocollo rispetta la finalità e gli obiettivi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati;

Hanno convenuto le disposizioni seguenti, che sono allegate al trattato che istituisce la Comunità europea:

 

 

Articolo Unico

Gli Stati membri dell'Unione europea, dato il livello di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali da essi garantito, si considerano reciprocamente paesi d'origine sicuri a tutti i fini giuridici e pratici connessi a questioni inerenti l'asilo. Pertanto, la domanda d'asilo presentata da un cittadino di uno Stato membro può essere presa in esame o dichiarata ammissibile all'esame in un altro Stato membro unicamente nei seguenti casi:

a) se lo Stato membro di cui il richiedente è cittadino procede, dopo l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, avvalendosi dell'articolo 15 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, all'adozione di misure che derogano, nel suo territorio, agli obblighi previsti da detta Convenzione;

b) se è stata avviata la procedura di cui all'articolo F.1, paragrafo 1 del trattato sull'Unione europea e finché il Consiglio non prende una decisione in merito;

c) se il Consiglio, deliberando a norma dell'articolo F.1, paragrafo 1 del trattato sull'Unione europea, ha constatato riguardo allo Stato membro di cui il richiedente è cittadino una violazione grave e persistente, ad opera di detto Stato, dei princìpi menzionati all'articolo F, paragrafo 1;

d) se uno Stato membro così decide unilateralmente per la domanda di un cittadino di un altro Stato membro; in tal caso il Consiglio ne è immediatamente informato; la domanda è esaminata partendo dal presupposto che sia manifestamente infondata senza che ciò pregiudichi, in alcun caso, il potere decisionale dello Stato membro.

 

Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità

 

Le Alte Parti Contraenti,

Determinate a fissare le condizioni dell'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e proporzionalità sanciti nell'articolo 3 B del trattato che istituisce la Comunità europea allo scopo di definire con più precisione i criteri della loro applicazione e assicurarne la stretta osservanza e attuazione coerente da parte di tutte le istituzioni;

Desiderose di garantire che le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini dell'Unione;

Tenendo conto dell'accordo interistituzionale del 25 ottobre 1993 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulle procedure di attuazione del principio di sussidiarietà;

Hanno confermato che l'azione delle istituzioni dell'Unione nonché l'evoluzione dell'applicazione del principio di sussidiarietà continueranno a ispirarsi alle conclusioni del Consiglio europeo di Birmingham del 16 ottobre 1992 e a quanto convenuto nel Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992 circa l'approccio generale all'applicazione del principio di sussidiarietà e, a tal fine,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato che istituisce la Comunità europea:

1) Ciascuna istituzione assicura, nell'esercizio delle sue competenze, il rispetto del principio della sussidiarietà. Assicura inoltre il rispetto del principio della proporzionalità, secondo il quale l'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato.

2) L'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e proporzionalità avviene nel rispetto delle disposizioni generali e degli obiettivi del trattato, con particolare riguardo al completo mantenimento dell'acquis comunitario e dell'equilibrio istituzionale; non deve ledere i princìpi elaborati dalla Corte di giustizia relativamente al rapporto fra diritto nazionale e diritto comunitario e dovrebbe tenere conto dell'articolo F, paragrafo 4, del trattato sull'Unione europea, secondo il quale «l'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche».

3) Il principio di sussidiarietà non rimette in questione le competenze conferite alla Comunità dal trattato, come interpretato dalla Corte di giustizia. I criteri di cui all'articolo 3 B, secondo comma del trattato, riguardano settori che non sono di esclusiva competenza della Comunità.

Il principio di sussidiarietà dà un orientamento sul modo in cui tali competenze debbono essere esercitate a livello comunitario. La sussidiarietà è un concetto dinamico e dovrebbe essere applicata alla luce degli obiettivi stabiliti nel trattato. Essa consente che l'azione della Comunità, entro i limiti delle sue competenze, sia ampliata laddove le circostanze lo richiedano e, inversamente, ristretta e sospesa laddove essa non sia più giustificata.

4) Le motivazioni di ciascuna proposta di normativa comunitaria sono esposte, onde giustificare la conformità della proposta ai princìpi di sussidiarietà e proporzionalità; le regioni che hanno portato a concludere che un obiettivo comunitario può essere conseguito meglio dalla Comunità devono essere confortate da indicatori qualitativi o, ove possibile, quantitativi.

5) Affinché l'azione comunitaria sia giustificata, devono essere rispettati entrambi gli aspetti del principio di sussidiarietà: gli obiettivi dell'azione proposta non possono essere sufficientemente realizzati con l'azione degli Stati membri nel quadro dei loro sistemi costituzionali nazionali e perciò possono dunque essere meglio conseguiti mediante l'azione da parte della Comunità.

Per valutare se la condizione di cui sopra è soddisfatta dovrebbero essere applicati i seguenti princìpi guida:

- il problema in esame presenta aspetti transnazionali che non possono essere disciplinati in maniera soddisfacente mediante l'azione degli Stati membri;

- le azioni dei soli Stati membri o la mancanza di un'azione comunitaria sarebbero in conflitto con le prescrizioni del trattato (come la necessità di correggere distorsioni di concorrenza o evitare restrizioni commerciali dissimulate o rafforzare la coesione economica e sociale) o comunque pregiudicherebbero in modo rilevante gli interessi degli Stati membri;

- l'azione a livello comunitario produrrebbe evidenti vantaggi per la sua dimensione o i suoi effetti rispetto all'azione a livello di Stati membri.

6) La forma dell'azione comunitaria deve essere quanto più possibile semplice, in coerenza con un soddisfacente conseguimento dell'obiettivo della misura e con la necessità di un'efficace applicazione. La Comunità legifera soltanto per quanto necessario. A parità di altre condizioni, le direttive dovrebbero essere preferite ai regolamenti e le direttive quadro a misure dettagliate. Le direttive di cui all'articolo 189 del trattato, mentre sono vincolanti per lo Stato membro al quale sono indirizzate per quanto concerne il risultato da raggiungere, lasciano alle autorità nazionali facoltà di scelta riguardo alla forma e ai metodi.

7) Riguardo alla natura e alla portata dell'azione comunitaria, le misure comunitarie dovrebbero lasciare il maggior spazio possibile alle decisioni nazionali, purché sia garantito lo scopo della misura e siano soddisfatte le prescrizioni del trattato. Nel rispetto del diritto comunitario, si dovrebbe aver cura di salvaguardare disposizioni nazionali consolidate nonché l'organizzazione ed il funzionamento dei sistemi giuridici degli Stati membri. Se opportuno, e fatta salva l'esigenza di un'effettiva attuazione, le misure comunitarie dovrebbero offrire agli Stati membri vie alternative per conseguire gli obiettivi delle misure.

8) Quando, in virtù dell'applicazione del principio della sussidiarietà, la Comunità non intraprende alcuna azione, gli Stati membri sono tenuti a conformare la loro azione alle norme generali enunciate all'articolo 5 del trattato, adottando tutte le misure idonee ad assicurare l'assolvimento degli obblighi loro incombenti in forza del trattato e astenendosi da qualsiasi misura che possa compromettere il conseguimento degli obiettivi del trattato.

9) Fatto salvo il suo diritto d'iniziativa, la Commissione dovrebbe:

- eccettuati i casi di particolare urgenza o riservatezza, effettuare ampie consultazioni prima di proporre atti legislativi e se necessario pubblicare i documenti delle consultazioni;

- giustificare la pertinenza delle sue proposte con riferimento al principio di sussidiarietà; se necessario, la motivazione che accompagna la proposta fornirà dettagli a questo riguardo. Il finanziamento, totale o parziale, di azioni comunitarie con fondi del bilancio comunitario richiede una spiegazione;

- tenere nel debito conto la necessità che gli oneri, siano essi finanziari o amministrativi, che ricadono sulle Comunità, sui governi nazionali, sugli enti locali, sugli operatori economici, sui cittadini, siano minimi e commisurati all'obiettivo da conseguire;

- presentare una relazione annuale al Consiglio europeo, al Parlamento europeo e al Consiglio circa l'applicazione dell'articolo 3 B del trattato. La relazione annuale deve anche essere inviata al Comitato delle Regioni e al Comitato economico e sociale.

10) Il Consiglio europeo tiene conto della relazione della Commissione di cui al paragrafo 9, quarto trattino, nel quadro della relazione sui progressi compiuti dall'Unione, che deve presentare al Parlamento europeo a norma dell'articolo D del trattato sull'Unione europea.

11) Nel pieno rispetto delle procedure applicabili, il Parlamento europeo e il Consiglio procedono all'esame della conformità delle proposte della Commissione con le disposizioni dell'articolo 3 B del trattato, quale parte integrante dell'esame generale delle medesime. La presente disposizione riguarda sia la proposta iniziale della Commissione sia le modifiche che il Parlamento e il Consiglio prevedono di apportare alla proposta.

12) Nel corso delle procedure di cui agli articoli 189 B e 189 C del trattato, il Parlamento europeo è informato della posizione del Consiglio sull'applicazione dell'articolo 3 B del trattato mediante l'esposizione dei motivi che hanno

indotto il Consiglio ad adottare la posizione comune. Il Consiglio informa il Parlamento europeo dei motivi in base ai quali una proposta della Commissione è giudicata in tutto o in parte non conforme all'articolo 3 B del trattato.

13) L'osservanza del principio di sussidiarietà è riveduta secondo le regole stabilite dal trattato.

 

 

Protocollo sulle relazioni esterne degli Stati Membri in materia di attraversamento delle frontiere esterne

 

Le Alte Parti Contraenti,

Tenendo conto dell'esigenza degli Stati membri di garantire controlli efficaci alle loro frontiere esterne, se opportuno in cooperazione con i paesi terzi,

Hanno convenuto la seguente disposizione, che è allegata al trattato che istituisce la Comunità europea:

Le disposizioni sulle misure relative all'attraversamento delle frontiere esterne di cui all'articolo 73 J, punto 2, lettera a) del titolo III-bis del trattato non pregiudicano la competenza degli Stati membri a negoziare o concludere accordi con i paesi terzi, a condizione che tali accordi rispettino il diritto comunitario e gli altri accordi internazionali pertinenti.

 

 

Protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati Membri

 

Le Alte Parti Contraenti,

Considerando che il sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri è direttamente collegato alle esigenze democratiche, sociali e culturali di ogni società, nonché all'esigenza di preservare il pluralismo dei mezzi di comunicazione,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni interpretative, che sono allegate al trattato che istituisce la Comunità europea:

Le disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea non pregiudicano la competenza degli Stati membri a provvedere al finanziamento del servizio pubblico di radiodiffusione, nella misura in cui tale finanziamento sia accordato agli organismi di radiodiffusione ai fini dell'adempimento della missione di servizio pubblico conferita, definita e organizzata da ciascuno Stato membro e nella misura un cui tale finanziamento non perturbi le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune, tenendo conto nel contempo dell'adempimento della missione di servizio pubblico.

 

 

Protocollo sulla protezione ed il benessere degli animali

 

Le Alte Parti Contraenti,

Desiderando garantire maggiore protezione e rispetto del benessere degli animali, in quanto esseri senzienti,

Hanno convenuto la seguente disposizione, che è allegata al trattato che istituisce la Comunità europea:

Nella formulazione e nell'attuazione delle politiche comunitarie nei settori dell'agricoltura, dei trasporti, del mercato interno e della ricerca, la Comunità e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.

 

D. Protocolli allegati al trattato sull'Unione europea e ai trattati che istituiscono la Comunità europea, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la Comunità europea dell'energia atomica

 

 

Protocollo sulle istituzioni nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea (14)

 

Le Alte Parti Contraenti,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato sull'Unione europea e ai trattati che istituiscono le Comunità europee,

 

 

--------------------------------------------

(14) Il presente protocollo è stato abrogato dall'art. 1 del Protocollo sull'allargamento dell'Unione europea, allegato al Trattato di Nizza, ratificato con L. 11 maggio 2002, n. 102.

 

 

Articolo 1

[Alla data dell'entrata in vigore del primo allargamento dell'Unione, nonostante l'articolo 157, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea, l'articolo 9, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e l'articolo 126, paragrafo 1 del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, la Commissione sarà composta da un cittadino di ciascuno Stato membro, a condizione che, entro tale data, la ponderazione dei voti in sede di Consiglio sia stata modificata, con l'introduzione di una nuova ponderazione dei voti o di un sistema di doppia maggioranza, in maniera accettabile a tutti gli Stati membri, tenendo conto di tutti i pertinenti elementi, in particolare prevedendo una compensazione per gli Stati membri che rinunciano alla possibilità di nominare un secondo membro della Commissione] (15).

 

 

----------------------------------

 

(15) Il presente protocollo è stato abrogato dall'art. 1 del Protocollo sull'allargamento dell'Unione europea, allegato al Trattato di Nizza, ratificato con L. 11 maggio 2002, n. 102.

 

 

Articolo 2

[Almeno un anno prima che il numero degli Stati membri dell'Unione sia superiore a venti, è convocata una Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri allo scopo di procedere ad un riesame globale delle disposizioni dei trattati concernenti la composizione e il funzionamento delle istituzioni] (16).

 

 

-----------------------------

 

(16) Il presente protocollo è stato abrogato dall'art. 1 del Protocollo sull'allargamento dell'Unione europea, allegato al Trattato di Nizza, ratificato con L. 11 maggio 2002, n. 102.

 

 

Protocollo sulle sedi delle istituzioni e di determinati organismi e servizi delle Comunità europee nonché di Europol

 

I rappresentanti dei Governi degli Stati Membri,

Visto l'articolo 216 del trattato che istituisce la Comunità economica europea, l'articolo 77 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e l'articolo 189 del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica,

Visto il trattato sull'Unione europea,

Ricordando e confermando la decisione dell'8 aprile 1965 e fatte salve le decisioni concernenti la sede di future istituzioni, organi e servizi,

Hanno convenuto le seguenti disposizioni, che sono allegate al trattato sull'Unione europea e ai trattati che istituiscono le Comunità europee,

 

 

Articolo unico

a) Il Parlamento europeo ha sede a Strasburgo, ove si tengono in linea di massima 12 tornate plenarie mensili, compresa la tornata del bilancio. Le tornate plenarie aggiuntive si tengono a Bruxelles. Le commissioni del Parlamento europeo si riuniscono a Bruxelles. Il Segretariato generale del Parlamento europeo e i suoi servizi restano a Lussemburgo.

b) Il Consiglio ha sede a Bruxelles. In aprile, giugno e ottobre il Consiglio tiene le sessioni a Lussemburgo.

c) La Commissione ha sede a Bruxelles. I servizi elencati negli articoli 7, 8 e 9 della decisione dell'8 aprile 1965 sono stabiliti a Lussemburgo.

d) La Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado hanno sede a Lussemburgo.

e) La Corte dei conti ha sede a Lussemburgo.

f) Il Comitato economico e sociale ha sede a Bruxelles.

g) Il Comitato delle regioni ha sede a Bruxelles.

h) La Banca europea per gli investimenti ha sede a Lussemburgo.

i) L'Istituto monetario europeo e la Banca centrale europea hanno sede a Francoforte.

j) L'ufficio europeo di polizia (Europol) ha sede all'Aia.

 

 

Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali nell'Unione europea

 

Le Alte Parti Contraenti,

Ricordando che il controllo dei singoli Parla

menti nazionali sui rispettivi governi relativamente alle attività dell'Unione è una questione disciplinata dall'ordinamento costituzionale e dalla prassi costituzionale propri di ciascuno Stato membro,

Desiderose tuttavia di incoraggiare una maggiore partecipazione dei Parlamenti nazionali alle attività dell'Unione europea e di potenziarne la capacità di esprimere i loro pareri su problemi che rivestano per loro un particolare interesse,

Hanno convenuto le disposizioni seguenti, che sono allegate al trattato sull'Unione europea ed ai trattati che istituiscono le Comunità europee:

I. Comunicazione di informazioni ai Parlamenti nazionali degli Stati membri

1. Tutti i documenti di consultazione redatti dalla Commissione (Libri verdi, Libri bianchi e comunicazioni) sono tempestivamente trasmessi ai Parlamenti nazionali degli Stati membri.

2. Le proposte legislative della Commissione, quali definite dal Consiglio a norma dell'articolo 151, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità europea, sono messe a disposizione dei governi degli Stati membri in tempo utile per permettere loro di accertarsi che i Parlamenti nazionali possono debitamente riceverle.

3. Un periodo di sei settimane intercorre tra la data in cui la Commissione mette a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio, in tutte le lingue, una proposta legislativa o una proposta relativa ad una misura da adottare a norma del titolo VI del trattato sull'Unione europea e la data in cui questa è iscritta all'ordine del giorno del Consiglio ai fini di una decisione, per l'adozione di un atto o per l'adozione di una posizione comune a norma dell'articolo 189 B o 189 C del trattato che istituisce la Comunità europea, fatte salve le eccezioni dettate da motivi di urgenza, le cui motivazioni sono riportate nell'atto o nella posizione comune.

 

II. Conferenza delle commissioni per gli affari europei

 

4. La Conferenza delle commissioni per gli affari europei, in prosieguo denominata COSAC, istituita a Parigi il 16/17 novembre 1989, può sottoporre all'attenzione delle istituzioni dell'Unione europea i contributi che ritiene utili, in particolare sulla base di progetti di testi giuridici che i rappresentanti dei governi degli Stati membri possono decidere di comune accordo di trasmetterle, in considerazione della materia trattata.

5. La COSAC può esaminare qualsiasi proposta o iniziativa legislativa concernente l'istituzione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia che potrebbe incidere direttamente sui diritti e sulle libertà dei singoli. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono informati di qualsiasi contributo fornito dalla COSAC relativamente al presente punto.

6. La COSAC può trasmettere al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione qualsiasi contributo che ritenga utile sulle attività legislative dell'Unione, in particolare per quanto riguarda l'applicazione del principio di sussidiarietà, lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nonché questioni relative ai diritti fondamentali.

7. I contributi della COSAC non vincolano in alcun modo i Parlamenti nazionali e non pregiudicano la loro posizione.

 

 

 


Documentazione delle Nazioni Unite

 


Declaration on Territorial Asylum
Adopted by General Assembly resolution 2312 (XXII) of 14 December 1967

The General Assembly,

Recalling its resolutions 1839 (XVII) of 19 December 1962, 2100 (XX) of 20 December 1965 and 2203 (XXI) of 16 December 1966 concerning a declaration on the right of asylum,

Considering the work of codification to be undertaken by the International Law Commission in accordance with General Assembly resolution 1400 (XIV) of 21 November 1959,

Adopts the following Declaration:

DECLARATION ON TERRITORIAL ASYLUM

The General Assembly,

Noting that the purposes proclaimed in the Charter of the United Nations are to maintain international peace and security, to develop friendly relations among all nations and to achieve international co-operation in solving international problems of an economic, social, cultural or humanitarian character and in promoting and encouraging respect for human rights and for fundamental freedoms for all without distinction as to race, sex, language or religion,

Mindful of the Universal Declaration of Human Rights, which declares in article 14 that:

" 1. Everyone has the right to seek and to enjoy in other countries asylum from persecution.

"2. This right may not be invoked in the case of prosecutions genuinely arising from non-political crimes or from acts contrary to the purposes and principles of the United Nations,',

Recalling also article 13, paragraph 2, of the Universal Declaration of Human Rights, which states:

"Everyone has the right to leave any country, including his own, and to return to his country',,

Recognizing that the grant of asylum by a State to persons entitled to invoke article 14 of the Universal Declaration of Human Rights is a peaceful and humanitarian act and that, as such, it cannot be regarded as unfriendly by any other State,

Recommends that, without prejudice to existing instruments dealing with asylum and the status of refugees and stateless persons, States should base themselves in their practices relating to territorial asylum on the following principles:

Article 1

1. Asylum granted by a State, in the exercise of its sovereignty, to persons entitled to invoke article 14 of the Universal Declaration of Human Rights, including persons struggling against colonialism, shall be respected by all other States.

2. The right to seek and to enjoy asylum may not be invoked by any person with respect to whom there are serious reasons for considering that he has committed a crime against peace, a war crime or a crime against humanity, as defined in the international instruments drawn up to make provision in respect of such crimes.

3. It shall rest with the State granting asylum to evaluate the grounds for the grant of asylum.

Article 2

1. The situation of persons referred to in article 1, paragraph 1, is, without prejudice to the sovereignty of States and the purposes and principles of the United Nations, of concern to the international community.

2. Where a State finds difficulty in granting or continuing to grant asylum, States individually or jointly or through the United Nations shall consider, in a spirit of international solidarity, appropriate measures to lighten the burden on that State.

Article 3

1. No person referred to in article 1, paragraph 1, shall be subjected to measures such as rejection at the frontier or, if he has already entered the territory in which he seeks asylum, expulsion or compulsory return to any State where he may be subjected to persecution.

2. Exception may be made to the foregoing principle only for overriding reasons of national security or in order to safeguard the population, as in the case of a mass influx of persons. 

3. Should a State decide in any case that exception to the principle stated in paragraph I of this article would be justified, it shall consider the possibility of granting to the persons concerned, under such conditions as it may deem appropriate, an opportunity, whether by way of provisional asylum or otherwise, of going to another State.

Article 4

States granting asylum shall not permit persons who have received asylum to engage in activities contrary to the purposes and principles of the United Nations.

 

 

 


 

United Nations High Commissioner for Refugees
Family Reunification

(No. 24 (XXXII) - 1981)

 

The Executive Committee,

Adopted the following conclusions on the reunification of separated refugee families.

1.    In application of the Principle of the unity of the family and for obvious humanitarian reasons, every effort should be made to ensure the reunification of separated refugee families.

2.    For this purpose it is desirable that countries of asylum and countries of origin support the efforts of the High Commissioner to ensure that the reunification of separated refugee families takes place with the least Possible delay.

3.    The generally positive trends in regard to the reunification of separated refugee families are greatly to be welcomed but a number of outstanding problems still need to be resolved.

4.    Given the recognized right of everyone to leave any country including his own, countries of origin should facilitate family reunification by granting exit permission to family members of refugees to enable them to join the refugee abroad.

5.    It is hoped that countries of asylum will apply liberal criteria in identifying those family members who can be admitted with a view to promoting a comprehensive reunification of the family.

6.    When deciding on family reunification, the absence of documentary proof of the formal validity of a marriage or of the filiation of children should not per se be considered as an impediment.

7.    The separation of refugee families has, in certain regions of the world, given rise to a number of particularly delicate problems relating to unaccompanied minors. Every effort should be made to trace the parents or other close relatives of unaccompanied minors before their resettlement. Efforts to clarify their family situation with sufficient certainty should also be continued after resettlement. Such efforts are of particular importance before an adoption -- involving a severance of links with the natural family -- is decided upon.

8.    In order to promote the rapid integration of refugee families in the country of settlement, joining close family members should in principle be granted the same legal status and facilities as the head of the family who has been formally recognized as a refugee.

9.    In appropriate cases family reunification should be facilitated by special measures of assistance to the head of family so that economic and housing difficulties in the country of asylum do not unduly delay the granting of permission for the entry of the family members.

 


 

Giurisprudenza

 


 

Corte Costituzionale.
Sentenza 27 luglio 1996, n. 223

 

 

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, e della legge 26 maggio 1984, n. 225 (Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983), nella parte in cui da esecuzione all'art. IX del trattato stesso, promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1996 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Venezia Pietro contro il Ministero di grazia e giustizia, iscritta al n. 404 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1996.

 

Visti gli atti di costituzione di Venezia Pietro e del Governo degli Stati Uniti d'America, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

Udito nella udienza pubblica del 28 maggio 1996 il giudice relatore Francesco Guizzi;

 

Uditi gli avvocati, Mario Salerni per Venezia Pietro, Giuseppe Frigo e Giorgio Luceri per il Governo degli Stati Uniti d'America, e l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Avverso il decreto del Ministro di grazia e giustizia del 14 dicembre 1995, con cui si concede al Governo degli Stati Uniti l'estradizione del cittadino italiano Pietro Venezia, raggiunto da provvedimento restrittivo emesso il 30 dicembre 1993 dal giudice della contea di Dade (Florida) con l'imputazione di omicidio di primo grado, l'estradando proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio volto a ottenere l'annullamento, previa sospensione, del citato decreto.

 

A fondamento dell'azione, il ricorrente deduceva l'illegittimità del decreto ministeriale per l'incostituzionalità sia dell'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, sia della legge 26 maggio 1984, n. 225 (Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983), nella parte in cui ratifica e dà esecuzione all'art. IX del trattato stesso.

 

2. - Disattese le eccezioni sul difetto di giurisdizione prospettate dall'Avvocatura dello Stato, il Tribunale adito sospendeva in via provvisoria il decreto ministeriale impugnato e con provvedimento contestuale promoveva, in relazione agli artt. 2, 3, 11 e 27, quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, e della legge n. 225 del 1984, nella parte in cui ratifica e dà esecuzione all'art. IX del citato trattato di estradizione.

 

2.1. - Osserva il collegio rimettente che il decreto impugnato non va ascritto al novero degli atti politici e, dunque, è sottoposto al sindacato del giudice amministrativo. Esso verrebbe a concludere due autonome fasi procedimentali distinte l'una dall'altra, ancorché unite da un nesso di presupposizione, e non v'è dubbio che l'autorità amministrativa esplichi una propria attività di valutazione. Sì che la giurisdizione amministrativa verrebbe a radicarsi sul provvedimento finale, anche se non la si voglia estendere al riesame della sussistenza delle condizioni richieste per l'accoglimento della domanda di estradizione, accertate dal giudice ordinario ai sensi dell'art. 704 del codice di procedura penale. Con altrettanta autonomia, il giudice amministrativo potrebbe conoscere le censure inerenti alla legittimità delle fonti normative su cui si basa l'esercizio del potere ministeriale, spettandogli di verificare i presupposti di legittimità dell'atto amministrativo alla luce di quanto dispongono gli artt. 24 e 113 della Costituzione.

 

2.2. - Motivando specificamente sulla rilevanza, il Tribunale amministrativo del Lazio ricorda l'orientamento della Corte costituzionale sull'ammissibilità della questione sollevata dal giudice rimettente che sospenda l'atto impugnato, in via provvisoria, sino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalità (cfr. sentenza n. 440 del 1990 e ordinanza n. 24 del 1995). La questione sarebbe quindi rilevante ai fini della decisione sulla domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, che sembrerebbe - prima facie - immune da vizi di eccesso di potere e procedimentali, in quanto congruamente motivato circa l'affidabilità delle garanzie fornite dal Governo degli Stati Uniti di non infliggere la pena capitale all'estradando e, comunque, di non darvi esecuzione. Detto provvedimento si palesa illegittimo, perché adottato in base a disposizioni ritenute incostituzionali. La possibilità di estradare un cittadino italiano affinché venga sottoposto da parte dello Stato richiedente a un processo per un reato punito con la pena capitale - quantunque subordinata a garanzie o assicurazioni sufficienti in ordine alla mancata irrogazione o esecuzione di essa - sarebbe in conflitto con i principi fondamentali della Costituzione, quale che sia la natura delle assicurazioni fornite. Di qui, la non manifesta infondatezza della questione.

 

2.3. - Viene innanzitutto in rilievo, ad avviso del rimettente, l'art. 2 della Costituzione, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali vi è certo quello alla vita, la cui assolutezza è stata sottolineata da questa Corte nella sentenza n. 54 del 1979. Nel contempo va ricordato che con specifico riferimento all'art. 11 - ove si consente l'estradizione sub condicione - il Governo italiano ha apposto riserva alla convenzione europea di estradizione ratificata con la legge 30 gennaio 1963, n. 300, impegnandosi a negare la concessione per i reati punibili dalla legge dello Stato richiedente con la pena capitale.

 

2.4. - Vi sarebbe lesione, altresì, dell'art. 27 della Costituzione per il rischio di valutazioni soggettive difformi, in momenti storico-politici diversi, poiché la clausola denunciata affida all'apprezzamento discrezionale del Ministro di grazia e giustizia - secondo criteri non definiti - il giudizio sulle assicurazioni fornite dallo Stato richiedente, le quali non presentano quel carattere di certezza che i menzionati parametri costituzionali impongono, fondandosi la garanzia soltanto sulla capacità dell'organismo governativo che ha contratto l'impegno di esigerne il rispetto. Né in proposito suffraga il richiamo all'art. 6 della Costituzione degli Stati Uniti d'America, giacché manca nel trattato un presidio di effettività per tali garanzie, non essendo il Governo federale vincolato a particolari forme o tipi di assicurazione, che incontrerebbero, d'altronde, un limite nell'autonomia dei singoli Stati. Il giudice a quo invoca quindi l'art. 3, sotto il profilo dell'uguaglianza, che sarebbe vulnerato per il diverso atteggiamento che lo Stato italiano ha assunto nello stipulare convenzioni con altri Paesi - da ultimo con la Romania, l'Ungheria e il Marocco - nelle quali si è stabilito un vincolo diretto per il giudice dello Stato richiedente a non irrogare, o a non eseguire, la pena di morte. E infine deduce il contrasto con l'art. 11 della Costituzione, sottolineando ch'esso consente "limitazioni di sovranità" solo in quanto "necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni".

 

3. - È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità e, comunque, per l'infondatezza.

 

3.1. - La questione sarebbe inammissibile, poiché il sindacato sulla legittimità dell'atto amministrativo di concessione dell'estradizione è circoscritto alla decisione dell'autorità governativa e non può estendersi alla fase giurisdizionale svoltasi davanti alla corte d'appello competente per territorio e, poi, dinanzi alla Corte di cassazione in sede d'impugnazione nel merito. Le due decisioni non potrebbero sovrapporsi, spettando all'autorità giudiziaria l'esame dei requisiti previsti dalla legge e dalla convenzione internazionale, e inerendo al Ministro il compito di vagliare, in base a considerazioni di natura politica (anche contingenti) circa lo stato delle relazioni diplomatiche con il Paese richiedente, se concedere l'estradizione. Il rapporto fra i due momenti, giurisdizionale e politico-amministrativo, sarebbe chiaramente enunciato dall'art. 701 del codice di procedura penale. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non poteva espandere il proprio sindacato alla pronuncia sui diritti dell'estradando già apprezzati dall'autorità giudiziaria: doveva limitarsi a giudicare degli interessi legittimi vantati da costui con riguardo alla salvaguardia del giusto procedimento e alla legittimità delle valutazioni di ordine politico compiute dal Ministro; né potrebbe avere cognizione delle censure sulle fonti normative sottostanti all'atto impugnato. Può infatti dubitare, ad avviso dell'Avvocatura, soltanto delle fonti che attribuiscono discrezionalità al Ministro, mentre il collegio rimettente pone in discussione il provvedimento di estradizione, richiamando i diritti soggettivi dell'estradando, fra cui quello alla vita già esaminato dal giudice ordinario.

 

3.2. - Nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, e il richiamo alla sentenza n. 54 del 1979 di questa Corte non pertinente: la norma denunciata in quella circostanza consentiva l'estradizione senza alcuna limitazione o cautela anche per i reati sanzionati con la pena capitale; mentre quella oggetto della presente censura postula garanzie che la condanna a morte non sarà irrogata, o eseguita, qualora sia concessa l'estradizione. Del pari irrilevante sarebbe il riferimento alla espressa riserva apposta dall'Italia alla convenzione europea di estradizione, in quanto anteriore al trattato con gli Stati Uniti. La norma censurata ricollega il provvedimento di estradizione alla sussistenza di parametri certi, obiettivi e autovincolanti che - a giudizio della Corte di cassazione - sono riscontrabili nell'impegno assunto dal Governo federale statunitense con le peculiari caratteristiche dell'obbligazione internazionale, resa vincolante nei confronti dello Stato federato dall'art. 6 della Costituzione del 1787. D'altronde, analoga situazione si verifica anche nel nostro ordinamento, allorché si ottenga l'estradizione soltanto per alcuni reati: in tale ipotesi l'art. 720 del codice di procedura penale vincola l'autorità giudiziaria alle condizioni poste dallo Stato estradante, e liberamente accettate. L'obbligo internazionale è dunque recepito in una norma interna, mentre nell'ordinamento statunitense il rispetto di esso sarebbe assicurato - in ragione della struttura federale - direttamente dalla norma costituzionale. Nel caso di specie - è quanto rileva la Corte di cassazione - la sanzione capitale deve aversi come non più esistente o comunque inoperante. Non vi sarebbe lesione, pertanto, degli indicati parametri costituzionali.

 

L'art. 27, quarto comma, della Costituzione, non si può leggere, infatti, al di fuori del sistema, ma deve coordinarsi sia con l'art. 26 - pertinente nella sua specificità - sia con gli artt. 10 e 11, che conferiscono rango costituzionale ai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti, fra cui l'antico e consolidato pacta sunt servanda. Il divieto della pena di morte non può quindi porre in crisi quella fondamentale forma di collaborazione giudiziaria internazionale che si attua mediante l'estradizione. Significativamente, l'art. 26 della Costituzione consente l'estradizione del cittadino ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali, escludendola per i reati politici. Assolutizzando il divieto per i reati puniti con la pena capitale, si verrebbe a configurare un diritto di asilo o, quanto meno, un ingiustificato diritto a essere assoggettati alla giurisdizione penale italiana per i reati di maggiore gravità (art. 9 del codice penale), e ciò in aperta elusione, secondo l'Avvocatura, del principio della territorialità della legge penale.

 

4. - Destinatario di notifica tanto da parte del giudice a quo quanto da parte del ricorrente, il Governo degli Stati Uniti - che assume di essere titolare dell'interesse alla legittimità del provvedimento di estradizione - si è costituito, concludendo per l'infondatezza della questione limitatamente alla legge di ratifica e di esecuzione del trattato di estradizione.

 

4.1. - Nel merito, si richiamano le argomentazioni svolte dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri sul punto della vincolatività dell'impegno assunto mediante assicurazioni dallo Stato richiedente; e si sottolinea che - in base all'art. 1, sezione X, della Costituzione statunitense - gli Stati federati non possono sottoscrivere trattati internazionali, di esclusiva competenza dell'Autorità federale, e sono obbligati a osservarne le disposizioni, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte Suprema federale. Sì che le assicurazioni fornite dal Governo degli Stati Uniti con le note verbali del 28 luglio 1994, 24 agosto 1995 e 12 gennaio 1996 sono da considerare vincolanti per lo Stato della Florida e i suoi giudici. In caso di violazione, il Governo degli Stati Uniti attiverà i rimedi necessari, sino a provocare l'intervento della Corte federale.

 

5. - Si è costituita anche la parte privata, chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme denunciate. L'estradando osserva che il trattato fra l'Italia e gli Stati Uniti non fornisce adeguata tutela all'imputato di un reato punibile, nel territorio degli Stati Uniti, con la pena di morte; mentre più ampie garanzie si riscontrano, ad esempio, nel trattato fra l'Italia e il Marocco, ov'è prevista la sostituzione della pena capitale con quella stabilita, nel nostro Paese, per il medesimo reato. Non vi sarebbe quindi ragionevole certezza circa la mancata irrogazione o non esecuzione della pena di morte, giacché l'art. VI della Costituzione statunitense coprirebbe i trattati fra gli Stati dell'Unione e non quelli internazionali, fra i quali rientra il trattato di estradizione.

 

 

 

Considerato in diritto

 

1. - Viene all'esame della Corte, in relazione agli artt. 2, 3, 11 e 27, quarto comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, e della legge 26 maggio 1984, n. 225 (Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983), nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato ora citato, ove si prevede l'estradizione anche per i reati puniti con la pena capitale a fronte dell'impegno assunto dal Paese richiedente - con garanzie ritenute sufficienti dal Paese richiesto - a non infliggere la pena di morte o, se già inflitta, a non farla eseguire.

 

2. - È ammissibile la costituzione del Governo degli Stati Uniti d'America, in quanto parte legittimata a resistere nel giudizio a quo come risulta dal ricorso del Venezia - notificato all'Ambasciata degli Stati Uniti in Italia - e dalle ordinanze di rimessione e di sospensione adottate dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ritualmente comunicate. Al profilo formale corrisponde la titolarità dell'interesse sostanziale, sia con riguardo all'oggetto della controversia di merito, sia con riferimento all'incidente di costituzionalità su norme che sono a fondamento della richiesta e del provvedimento di concessione dell'estradizione, una delle quali è quella che dà esecuzione al trattato di cui il Governo degli Stati Uniti è contraente.

 

3. - Occorre quindi valutare se la questione sia ammissibile perché sollevata nell'ambito di un giudizio, pendente davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, riguardante la legittimità del decreto con cui il Ministro di grazia e giustizia ha concesso l'estradizione di Pietro Venezia su richiesta del Governo degli Stati Uniti d'America. L'Avvocatura dello Stato osserva, in proposito, che tale giudizio verte sull'interesse legittimo dell'estradando al corretto esercizio del potere politico-amministrativo del Ministro e non sul diritto soggettivo, quello alla vita, già considerato dal giudice ordinario, con competenza esclusiva, in duplice grado (Corte d'appello e, in sede di impugnazione estesa al merito, Corte di cassazione). Né verrebbero in rilievo le disposizioni denunciate, poiché attengono alla giurisdizione ordinaria rispetto alla quale il decreto ministeriale appare un diaframma insormontabile.

 

3.1. - L'eccezione va disattesa.

 

L'art. 697 del codice di procedura penale stabilisce che la consegna d'una persona a uno Stato estero può aver luogo soltanto mediante estradizione; e l'art. 698, secondo comma, prevede garanzie processuali e procedimentali per i fatti puniti con la pena di morte dalla legge dello Stato estero, subordinando la concessione del provvedimento di estradizione alla decisione del giudice ordinario circa le assicurazioni fornite dal Paese richiedente, e alla successiva valutazione del Ministro di grazia e giustizia su di esse.

 

Il decreto impugnato davanti al giudice amministrativo ha considerato, in relazione al diritto alla vita dell'estradando, le assicurazioni fornite dallo Stato estero. Ha dunque rilevanza il dubbio di costituzionalità riguardante l'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, poiché esso attribuisce un potere al Ministro che, nella specie, ne ha fatto uso; e ha rilevanza, altresì, quello che concerne la legge di esecuzione del trattato, n. 225 del 1984, poiché in forza di essa sono investite le due autorità (giudiziaria e amministrativa) indicate nel citato art. 698. Né può sostenersi che il giudice a quo avrebbe invocato diritti soggettivi esclusi dalla propria cognizione: il sindacato di legittimità del provvedimento impugnato - condotto sul piano dell'osservanza delle leggi che regolano l'azione ministeriale - non può non compiersi, infatti, anche con riguardo alla legalità costituzionale, che è, anzi, il primo doveroso controllo da parte di ogni giudice dello Stato. Controllo di legalità che, tuttavia, non può intendersi limitato ai principi dell'azione amministrativa in senso stretto se, e in quanto, essa insista su beni o interessi tutelati (in massimo grado) dalla Costituzione. Di qui, l'ammissibilità della questione.

 

4. - Nel merito la questione è fondata.

 

Il divieto della pena di morte ha un rilievo del tutto particolare - al pari di quello delle pene contrarie al senso di umanità - nella prima parte della Carta costituzionale. Introdotto dal quarto comma dell'art. 27, sottende un principio "che in molti sensi può dirsi italiano" - sono parole tratte dalla relazione della Commissione dell'Assemblea costituente al progetto di Costituzione, nella parte dedicata ai rapporti civili - principio che "ribadito nelle fasi e nei regimi di libertà del nostro Paese, è stato rimosso nei periodi di reazione e di violenza", configurandosi nel sistema costituzionale quale proiezione della garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti dall'art. 2. L'assolutezza di tale garanzia costituzionale incide sull'esercizio delle potestà attribuite a tutti i soggetti pubblici dell'ordinamento repubblicano, e nella specie su quelle potestà attraverso cui si realizza la cooperazione internazionale ai fini della mutua assistenza giudiziaria. Sì che l'art. 27, quarto comma, letto alla luce dell'art. 2 della Costituzione, si pone quale essenziale parametro di valutazione della legittimità costituzionale della norma generale sulla concessione dell'estradizione (art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale), e delle leggi che danno esecuzione a trattati internazionali di estradizione e di assistenza giudiziaria.

 

5. - Questa Corte ha già affermato che il concorso, da parte dello Stato italiano, all'esecuzione di pene "che in nessuna ipotesi, e per nessun tipo di reati, potrebbero essere inflitte in Italia nel tempo di pace" è di per sé lesivo della Costituzione (sentenza n. 54 del 1979). Il punto ora in esame è se rappresentino un rimedio adeguato le "garanzie" o "assicurazioni" previste dal citato art. 698, secondo comma, e dalla legge 26 maggio 1984, n. 225, di ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione fra il Governo della Repubblica italiana e quello degli Stati Uniti d'America firmato a Roma il 13 ottobre 1983; e in particolare se sia conforme alla Costituzione detta legge, nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato stesso, ove si stabilisce che l'estradizione sarà negata qualora il reato sia punibile con la pena di morte secondo le leggi della Parte richiedente. Salvo che quest'ultima "non si impegni con garanzie ritenute sufficienti dalla Parte richiesta a non fare infliggere la pena di morte oppure, se inflitta, a non farla eseguire". Come già si è detto, il procedimento delineato dall'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, si impernia su un duplice vaglio espletato, caso per caso, dall'autorità giudiziaria e dal Ministro di grazia e giustizia circa la "sufficienza" delle predette garanzie. L'estradizione è dunque concessa (o negata) in seguito a valutazioni svolte dalle autorità italiane sulle singole richieste con accertamenti nei limiti indicati. Tale soluzione offre, in astratto, il vantaggio di una politica flessibile da parte dello Stato richiesto, e consente adattamenti, nel tempo, in base a considerazioni di politica criminale; ma nel nostro ordinamento, in cui il divieto della pena di morte è sancito dalla Costituzione, la formula delle "sufficienti assicurazioni" - ai fini della concessione dell'estradizione per fatti in ordine ai quali è stabilita la pena capitale dalla legge dello Stato estero - non è costituzionalmente ammissibile. Perché il divieto contenuto nell'art. 27, quarto comma, della Costituzione, e i valori ad esso sottostanti - primo fra tutti il bene essenziale della vita - impongono una garanzia assoluta.

 

Non hanno fondamento i dubbi della parte privata sulla sussistenza di rimedi giudiziari nell'ordinamento statunitense a tutela della vincolatività dei trattati internazionali stipulati dal Governo federale, e non è in questione l'interpretazione dell'art. VI della Costituzione statunitense. Il punto che qui rileva non è quello dei rimedi contenuti nell'ordinamento straniero, bensì l'intrinseca inadeguatezza del meccanismo adottato dal codice di procedura penale e dalla legge di esecuzione del trattato in esame rispetto al canone costituzionale: l'assolutezza del principio costituzionale richiamato viene infirmata dalla presenza di una norma che demanda a valutazioni discrezionali, caso per caso, il giudizio sul grado di affidabilità e di effettività delle garanzie accordate dal Paese richiedente.

 

6. - Si impone dunque la declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale, e della legge n. 225 del 1984, nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato di estradizione tra il Governo italiano e quello degli Stati Uniti d'America, per contrasto con gli artt. 2 e 27, quarto comma, della Costituzione. Va da sé che resta applicabile il rimedio predisposto dall'art. 9, terzo comma, del codice penale, in ottemperanza agli obblighi alternativi che gravano sullo Stato (consegnare o punire): a richiesta del Ministro di grazia e giustizia, sono puniti secondo la legge italiana i colpevoli di delitti commessi in territorio estero, sanzionati con almeno tre anni di reclusione, allorché l'estradizione non sia stata o non possa essere concessa (sentenza n. 54 del 1979, n. 7 del Considerato in diritto).

 

Sono assorbite le censure mosse in riferimento agli artt. 3 e 11 della Costituzione.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

a) Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 698, secondo comma, del codice di procedura penale;

 

b) Dichiara l'illegittimità costituzionale della legge 26 maggio 1984, n. 225 (Ratifica ed esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati Uniti d'America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983), nella parte in cui dà esecuzione all'art. IX del trattato di estradizione ora citato.

 

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 giugno 1996.

 

Il Presidente: Ferri

Il redattore: Guizzi

Il cancelliere: Fruscella

 

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1996.

 

Il cancelliere: Fruscella


 

Corte di Cassazione.
Sentenza 26 maggio 1997, n. 4674

 

 

 

 

Inapplicabilità della giurisdizione amministrativa prevista per le controversie sullo "status" di rifugiato alle controversie sul diritto di asilo

 

Le controversie che riguardano il diritto di asilo, di cui al terzo comma dell'art. 10 Cost., rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un diritto soggettivo al quale non è applicabile la disciplina sullo "status" di rifugiato (D.L. n. 416 del 1989, convertito in legge n. 39 del 1990), la quale, invece, espressamente prevede la giurisdizione del giudice amministrativo.

 

Sez. U., sent. n. 4674 del 26-05-1997, Jaber Allen c. Ministero dell'interno (rv 504706).

 

 

 

 

 


 

Corte di Cassazione.
Sentenza 17 dicembre 1999, n. 907

 

 

Inapplicabilità della giurisdizione amministrativa prevista per le controversie sullo "status" di rifugiato alle controversie sul diritto di asilo

 

La qualifica di rifugiato politico ai sensi della Convenzione di Ginevra del 29 luglio 1951 costituisce, come quella di avente diritto all'asilo (dalla quale si distingue perché richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato, cioè un requisito non richiesto dall'art. 10, terzo comma, della Costituzione), una figura giuridica riconducibile alla categoria degli "status" e dei diritti soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti dai competenti organi in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, e le controversie riguardanti il riconoscimento della posizione di rifugiato (così come quelle sul riconoscimento del diritto di asilo) rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, una volta espressamente abrogato dall'art. 46 della legge n. 40 del 1998, l'art. 5 del D.L. n. 416 del 1989, convertito con modificazioni dalla legge n. 39 del 1990 (abrogazione confermata dall'art. 47 del D.Lgs. n. 286 del 1998 - Testo unico sull'immigrazione e la condizione dello straniero -), che attribuiva al giudice amministrativo la competenza per l'impugnazione del provvedimento di diniego dello status di rifugiato.

 

 

Sez. U., sent. n. 907 del 17-12-1999, Boysele Kumayo c. Ministero dell'interno (rv 532296).