Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse A.C. 17, 39, 51, 397 e 472
Riferimenti:
AC n. 472/XV   AC n. 397/XV
AC n. 51/XV   AC n. 39/XV
AC n. 17/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 5
Data: 12/06/2006
Descrittori:
COMMISSIONI D'INCHIESTA   CRIMINALITA' ORGANIZZATA
RIFIUTI E MATERIALE DI SCARTO   SMALTIMENTO DI RIFIUTI
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

A.C. 17, 39, 51, 397 e 472

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 5

 

 

12 giugno 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AM0003

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi C. 17  3

Dati identificativi C. 39  4

Dati identificativi C. 51  5

Dati identificativi C. 397  6

Dati identificativi C. 472  7

§      Relazioni allegate  9

§      Necessità dell’intervento con legge  10

§      Coordinamento con la normativa vigente  10

Schede di lettura

§      Le inchieste parlamentari13

§      L’attività della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse nelle precedenti legislature  16

§      Altre precedenti inchieste parlamentari di interesse per l’VIII Commissione  23

§      Le proposte di legge all’esame dell’VIII Commissione  27

§      L’evoluzione normativa in materia di rifiuti e bonifiche dei siti inquinati nella XIV legislatura  35

Progetti di legge

§      A.C. 17, (on. Realacci), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  45

§      A.C. 39, (on. Boato), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  51

§      A.C. 51, (on. Paolo Russo), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  59

§      A.C. 397, (on. Foti ed altri), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  65

§      A.C. 472, (on. Pezzella ed altri), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'emergenza nel settore dei rifiuti in Campania  71

Normativa nazionale

§      Cost. 27-12-1947 (art. 82)79

§      Codice Penale (artt. 326, 366-384, 416 e 416-bis)80

§      Codice di Procedura Penale (art. 329)96

§      L. 10 aprile 1997, n. 97.  Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.97

§      L. 14 giugno 1999, n. 184.  Modifiche alla L. 10 aprile 1997, n. 97, recante istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.101

§      L. 31 ottobre 2001, n. 399.  Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.102

Documentazione

§      Doc. XXIII n. 19 relazione finale del 15 febbraio 2006 – relatore On. Paolo Russo  109

§      Regolamento Camera dei deputati artt. 140-142  221

§      Regolamento Senato della Repubblica artt. 162 e 163  223

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria
legislativa


Dati identificativi C. 17

Numero del progetto di legge

17

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

28 aprile 2006

§          annuncio

 

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

VIII ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

I e II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni)

 


Dati identificativi C. 39

Numero del progetto di legge

39

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

28 aprile 2006

§          annuncio

 

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

VIII ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

I e II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni)

 


Dati identificativi C. 51

Numero del progetto di legge

51

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

28 aprile 2006

§          annuncio

 

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

VIII ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e XII

 


Dati identificativi C. 397

Numero del progetto di legge

397

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

3 maggio 2006

§          annuncio

 

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

VIII Ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

I II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni)

 


Dati identificativi C. 472

Numero del progetto di legge

472

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'emergenza nel settore dei rifiuti in Campania

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

4 maggio 2006

§          annuncio

 

§          assegnazione

6 giugno 2006

Commissione competente

VIII ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

I e II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni)

 


 

Contenuto dei provvedimenti

 

 

Alla Commissione ambiente della Camera sono state assegnate le proposte di legge: AC 17 dell’on. Realacci; AC 39 dell’on. Boato; AC 51 dell’on. Paolo Russo; AC 397 dell’on. Foti ed altri; AC 472 dell’on. Pezzella e altri.

Le suddette proposte di legge sono state abbinate per l’esame in Commissione in quanto vertenti sulla stessa materia.

 

Tutte le proposte di legge hanno come titolo Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, con l’eccezione della proposta di legge AC 472, recante Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza nel settore dei rifiuti in Campania.

 

L’istituzione della Commissione d’inchiesta rappresenta una ricostituzione – per la nuova legislatura – di una commissione bicamerale operante già dalla XIII legislatura[1].

In particolare, nella XIV legislatura, la ricostituzione della Commissione era stata disposta dalla legge 31 ottobre 2001, n. 399. Essa, in continuità con la precedente legge istitutiva (legge 10 aprile 1997, n. 97), aveva attribuito alla Commissione di inchiesta il compito di:

§         svolgere indagini sul ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono, sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, e quindi individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del paese e verso altre nazioni;

§         verificare l’attuazione delle normative vigenti e i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, in particolare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

§         proporre le soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie ai fini di un migliore coordinamento e di una maggiore incisività dell’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere e disfunzioni accertate.

Con riferimento a tale ultimo aspetto, la legge del 2001 – rispetto alla precedente legge istitutiva – prevedeva inoltre la possibilità per la Commissione di inchiesta di sollecitare il recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell’ordinamento e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall’Italia.

 

L’attività della Commissione nella XIV legislatura si è svolta tra il febbraio 2002 e il febbraio 2006. Essa ha prodotto 10 documenti, oltre alla relazione finale, approvata nella seduta del 15 febbraio 2006  (DOC XXIII n. 19).

Relazioni allegate

Ciascuna proposta di legge è accompagnata dalla relazione illustrativa del provvedimento.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Necessità dell’intervento con legge

Secondo il dettato costituzionale, le inchieste parlamentari possono essere disposte da ciascuna Camera. L’atto formale per la costituzione della Commissione d’inchiesta non viene espressamente previsto dalla disposizione costituzionale. In via di prassi si è affermato sia il modello della deliberazione monocamerale, sia quello del provvedimento legislativo. Quest’ultimo strumento è quello ordinariamente adoperato per l’istituzione di commissioni bicamerali.

 

Coordinamento con la normativa vigente

 

Per i problemi di coordinamento fra le disposizioni recate dalle proposte di legge in esame e la normativa vigente in materia di rapporti fra inchieste parlamentari e concorrenti attività dell’autorità giudiziaria, si fa rinvio alle Schede di lettura.

 

 

 

 


Schede di lettura

 


Le inchieste parlamentari

 

La Costituzione prevede che “ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse” (art. 82). L’inchiesta può quindi essere anche deliberata da una sola Camera, con atto non legislativo.

Sin dalla terza legislatura (1958-1963), tuttavia, numerose inchieste sono state deliberate con legge eaffidate a Commissioni composte di deputati e senatori.

Nel prospetto di seguito riportato sono indicati il numero e la tipologia delle inchieste parlamentari finora deliberate nelle legislature repubblicane .

 


Legislatura


Istituite con legge

Istituite con deliberazione monocamerale
dalla Camera

Istituite con deliberazione monocamerale
dal Senato

I

-

2

-

II

-

1(*)

-

III

3

1

-

IV

1

-

1

V

2

-

-

VI

1

-

-

VII

3

-

-

VIII

3(**)

-

-

IX

-

2

-

X

3

1

3

XI

3

-

1

XII

2

2

3

XIII

4

1

1

XIV

5

1

4

totale

30

11

13

 

(*) La Commissione di inchiesta sulle condizioni dei lavoratori fu istituita con distinte deliberazioni della Camera e del Senato.

(**) Nella VIII Legislatura la Commissione di inchiesta sulle commesse d’armi e mezzi di uso militare, già costituita nella Legislatura precedente, fu nuovamente istituita per due volte con leggi successive (L. 18 dicembre 1980, n. 865 e L. 29 aprile 1982, n. 186).

 

L’inchiesta parlamentare rappresenta senza dubbio lo strumento più incisivo del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze; l’art. 82, secondo comma, della Costituzione, dispone infatti che la commissione parlamentare d’inchiesta” procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.

Appare quindi evidente la differenza con l’indagine conoscitiva, che non prevede poteri coercitivi di acquisizione delle informazioni, pur essendo anch’essa finalizzata all’approfondimento di temi di ampia portata.

I poteri coercitivi che la Commissione d’inchiesta può esercitare sono naturalmente limitati alla fase “istruttoria”, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.

In particolare, per le convocazioni di testimoni davanti alla Commissione si applicano gli articoli 366 – rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, o custode di cose sottoposte a custodia e da parte dei testimoni – e 372 – falsa testimonianza – del codice penale, ferme restando le competenze dell’autorità giudiziaria.

 

Le limitazioni ai poteri istruttori delle Commissioni d’inchiesta riguardano essenzialmente la disciplina del segreto di Stato (art. 202 c.p.p. e artt. 12 e 16 della legge 24 ottobre 1977 n. 801), d’ufficio (art. 201 c.p.p.), professionale (200 c.p.p.) e bancario.

Si ricorda che il segreto di Stato è opponibile all’autorità giudiziaria e, in tal caso, il giudice ne informa il Presidente del Consiglio per la relativa conferma: se tale conferma non interviene nei sessanta giorni successivi alla richiesta il giudice ordina che il testimone deponga (art. 202 c.p.p.); la legge 24 settembre n. 801, agli artt. 12 e 16, prevede, inoltre, che di ogni caso di conferma il Presidente del Consiglio deve dare comunicazione, motivandone le ragioni essenziali, al Comitato parlamentare per i servizi segreti. Se il Comitato, a maggioranza assoluta, ritenga infondata la opposizione del segreto ne riferisce a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni politiche.

Per il segreto d’ufficio (art. 201 c.p.p.) e il segreto professionale (art. 200 c.p.p.) non è previsto l’obbligo di deporre: tuttavia il giudice, in caso di dubbio sulla fondatezza di tale rifiuto, provvede ad accertamenti da cui può derivare l’ordine di deporre.

Per il segreto bancario la possibilità per l’autorità giudiziaria di accesso alle fonti è garantita dall’art. 255 del c.p.p. relativo al sequestro presso banche ed istituti

 

Particolarmente complesso è il problema dei rapporti tra l’attività delle Commissioni d’inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria, specie per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto: su questo tema si richiama la sentenza n. 231/75 della Corte costituzionale, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e Milano. La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l’obbligo di trasmettere ai Tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (c.d. segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario. La Corte ha stabilito invece l’obbligo per la Commissione di trasmettere ai Tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all’origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all’autorità giudiziaria.

Si sottolinea peraltro che alcune recenti leggi istitutive di Commissioni d’inchiesta non hanno confermato l’opponibilità del segreto funzionale all’autorità giudiziaria e ad altre Commissioni d’inchiesta.

 


L’attività della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse nelle precedenti legislature

 

La Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse è stata istituita nella XIV legislatura – in continuità con l’analogo organo istituito nelle precedenti legislature – con la legge 31 ottobre 2001, n. 339.

Un primo resoconto dei lavori effettuati durante i primi due anni di attività della Commissione è stato effettuato con la trasmissione alle Camere, il 28 luglio 2004, del documento XXIII, n. 9, Relazione alle Camere sull’attività svolta.

La Commissione d’inchiesta ha continuato i suoi lavori effettuando numerose (ben ventotto) missioni conoscitive nelle regioni italiane e tre all’estero, approfondendo temi specifici riguardanti aspetti rilevanti del ciclo dei rifiuti ed organizzando momenti di confronto pubblico (cinque convegni) al fine di favorire la comunicazione tra diverse competenze, esperienze e prospettive.

Durante la legislatura la Commissione ha approvato undici documenti[2]; tutta la documentazione acquisita è stata organizzata e classificata attraverso la creazione di una apposita banca dati.

La Commissione d’inchiesta ha, tra l’altro, cercato di far luce sull’intero ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono e sugli eventuali rapporti con la criminalità organizzata, accertando la legittimità e la congruità dei comportamenti della pubblica amministrazione, nonché ha provveduto ad individuare le innovazione tecnologiche atte a migliorare la gestione integrata del ciclo dei rifiuti stesso.

La relazione conclusiva (Doc XXIII, n. 19), approvata nella seduta del 15 febbraio 2006[3], ha precisato alcuni elementi critici relativi agli argomenti affrontati, con la finalità di proporre soluzioni operative, normative e/o amministrative rispetto alle specifiche criticità riscontrate.

Le principali tematiche oggetto di indagine hanno riguardato:

§         il ciclo integrato dei rifiuti: il quadro, le tecnologie, le prospettive;

§         l’istituto del commissariamento straordinario in materia di rifiuti;

§         l’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto comunitario in materia di rifiuti, in particolare l’attuazione di alcune «direttive-cardine» ed la questione della nozione giuridica del termine «rifiuto», nonché i procedimenti di infrazione in corso contro l’Italia avviati nel 2005 per violazione della normativa europea sui rifiuti;

§         la bonifica dei siti inquinati;

§         i consorzi (il sistema CONAI ed il consorzio POLIECO);

§         il delitto ambientale con i possibili percorsi futuri per una effettiva tutela penale dell’ambiente;

§         il sapere ambientale, inteso quale accesso alle informazioni, la raccolta e la circolarità dei dati;

§         la criminalità ambientale transnazionale.

 

In merito al ciclo integrato dei rifiuti, la Commissione d’inchiesta ha rilevato la necessità di compiere “ulteriori passi in avanti in direzione di un sistema in grado di rappresentare le esigenze di crescita e di sviluppo sostenibile del Paese”.

In tale prospettiva, i tre pilastri fondamentali di una corretta impostazione di qualunque sistema di gestione dei rifiuti, previsti, tra l’altro, anche dalle norme vigenti, sono stati individuati nei seguenti:

§         riduzione del volume, della quantità e della pericolosità dei rifiuti;

§         recupero di materia, riuso e riciclaggio;

§         smaltimento attraverso sistemi mirati, in primo luogo, al recupero di materia, energia e calore e, solo residualmente, all’abbandono in sicurezza.

 

Secondo la Commissione, a tale sistema deve essere accompagnarsi un generale ripensamento anche delle politiche industriali, economiche e fiscali.

Analizzando poi le singole realtà regionali, la Commissione ha rilevato, analogamente alle conclusioni emerse al termine della precedente legislatura, che non sono state ancora superate le gravi situazioni di criticità presenti in molte regioni, e in particolare in quelle meridionali ove esse assumono caratteristiche di estrema gravità e di vera e propria emergenza.

 

Il dato sicuramente più preoccupante, secondo la Commissione, riguarda la situazione  delle regioni di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia sottoposte a commissariamentoed all’interno delle quali la criminalità organizzata è più presente e radicata.

Per ciò che concerne in particolare la Campania, la Commissione ha preso atto della gravità della situazione in ordine all’intera gestione del ciclo dei rifiuti, partendo dal profilo programmatorio, passando per quello gestionale e sanitario, per poi arrivare a quello criminale. È stato rilevato che l’aspetto più preoccupante è costituito dal fatto che, nonostante l’attribuzione di poteri straordinari ai Commissari ed ai Vice- Commissari che si sono succeduti nel tempo, il raggiungimento di risultati di apprezzabile sufficienza appare ancora molto lontano

Particolare attenzione è stata poi rivolta al Piemonte ed alla Basilicata, sia per la presenza in entrambe le regioni di impianti di stoccaggio di materiali radioattivi, sia per il fatto che si tratta di territori caratterizzati da una incompleta attuazione dei piani in materia di ciclo integrato dei rifiuti.

 

La Commissione ha, infine, svolto una riflessione sulle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), il cui funzionamento è condizione imprescindibile per la produzione di risultati soddisfacenti da parte dell’intero sistema dei rifiuti a livello regionale.

Sul punto, la Commissione d’inchiesta ha auspicato l’adozione di opportuni strumenti amministrativi e di adeguate dotazioni strumentali, al fine di garantire alle agenzie stesse sia l’assegnazione di personale di elevata professionalità e l’utilizzazione delle migliori tecnologie, sia l’efficacia e l’affidabilità degli interventi attraverso un più penetrante sistema di controlli interni.

 

Per quanto riguarda l’istituto del Commissariamento straordinario in materia di rifiuti, sono state ribadite le perplessità e le critiche per le situazioni di anomala ordinarietà della gestione commissariale, auspicando che il rientro nel regime ordinario avvenga senza soluzione di continuità.

La Commissione ha, pertanto, valutato favorevolmente l’istituzione, con il decreto-legge n. 245 del 2005, di una Consulta regionale per la gestione dei rifiuti, presieduta dal Presidente della Regione, cui sono chiamati a far parte i presidente delle province nonché i rappresentanti dei comuni interessati ad una equilibrata localizzazione dei siti per le discariche e lo stoccaggio dei rifiuti trattati. L’istituzione di tale organo rappresenta, secondo la Commissione, “una tappa significativa di un’exit strategy dal Commissariamento” (che, invece, rappresenta, sempre secondo la Commissione d’inchiesta, un “incentivo alla de-responsabilizzazione, anche politica, degli enti ed organi che in base alla ripartizione di competenze debbono occuparsi della materia dei rifiuti”), “per il suo significato di istituzione-ponte, chiamata cioè a preparare la transizione verso la riespansione del regime ordinario, ed, in qualche modo, ad allenare gli enti locali a fronteggiare le proprie competenze e responsabilità”.

 

La Commissione d’inchiesta ha svolto quindi un’articolata ed approfondita riflessione sullo stato di attuazione del processo di adeguamento del diritto interno a quello comunitario, soprattutto in relazione alla questione della nozione giuridica di “rifiuto” ed ai procedimenti di infrazione contro l’Italia, avviati nel 2005, per violazione della normativa europea sui rifiuti.

 

Dal complesso delle considerazioni svolte, la Commissione ha elencato una serie di priorità, al fine di meglio garantire la corretta applicazione del diritto comunitario relativo alla materia dei rifiuti, tra cui:

·       la sollecitazione di interventi in sede comunitaria per la formulazione di una direttiva più dettagliata al fine di dare una soluzione alla questione della definizione della nozione giuridica di “rifiuto”;

·       in merito all’obbligo di predisposizione dei piani di gestione dei rifiuti, di cui alla direttiva 75/442/CE, una maggiore cooperazione con le istituzioni comunitarie, volta a fornire adeguate e dettagliate informazioni sui piani regionali di smaltimento dei rifiuti, onde vanificare le procedure di infrazione in atto contro l’Italia ed adeguare i piani alla normativa europea;

·       in relazione alla tematica dei rifiuti da imballaggio, di cui alla direttiva 94/62/CE, l’inserimento nei piani di gestione dei rifiuti di un capitolo specifico relativo ai rifiuti di imballaggio.

Altri aspetti nodali sono rappresentati dai veicoli fuori uso e dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, su cui la Commissione d’inchiesta ha svolto specifici approfondimenti.

 

La Commissione d’inchiesta ha affrontato anche la problematica delle bonifiche dei siti inquinati sia in riferimento alle attività poste in essere dalle Regioni attraverso la redazione dei piani regionali di bonifica, previsti dalla legge n. 441 del 1987, sia in relazione alle attività definite dal «Piano nazionale di bonifica e ripristino ambientale» di cui all’art. 1 della legge n. 426 del 1998. In tale contesto, non sono state trascurate le molteplici segnalazioni e denunce provenienti in ordine a situazioni di degrado e di abbandono di aree del territorio ove sono state verificate attività di illecito smaltimento.

 

In relazione ai piani regionali di bonifica, la Commissione ha auspicato che una periodicità, almeno biennale, nell’aggiornamento dei Piani, anche al fine di monitorare l’andamento dell’inquinamento e del ripristino ambientale del territorio degradato dai fenomeni di contaminazione. Inoltre ha ritenuto necessario che venga portata a compimento la realizzazione dell’anagrafe prevista dalla normativa, così da avere un quadro omogeneo sullo stato di inquinamento del territorio.

Per quanto riguarda il Piano nazionale di bonifica (approvato con il decreto ministeriale n. 468 del 2001), l’attività della Commissione di inchiesta si è concentrata sullo stato di attuazione del Piano. Ad avviso della Commissione sono necessari ulteriori sforzi da parte di tutte le realtà istituzionali e imprenditoriali coinvolte al fine  dotarlo di nuove e maggiori risorse economiche e di meccanismi procedimentali più snelli.

 

La Commissione d’inchiesta, al fine di rendere concreto il contributo delle attività di bonifica verso uno «sviluppo sostenibile», come già avviene in altri Paesi europei, ha evidenziato la necessità di perseguire alcuni obiettivi, tra i quali:

Ø      migliorare il grado di conoscenza nel campo delle aree e dei siti industriali inquinati a livello nazionale;

Ø      sviluppare e applicare le tecnologie di bonifica a basso impatto ambientale;

Ø      sviluppare attività di ricerca finalizzate alla sperimentazione sulle bonifiche e sul ripristino ambientale di ecosistemi compromessi dall’inquinamento;

Ø      sviluppare sistemi di monitoraggio e prevenzione dell’inquinamento sia del suolo che indotto nelle acque superficiali e sotterranee;

Ø      formare figure professionali ad elevata qualificazione nel campo delle bonifiche di aree e siti inquinati.

 

La Commissione d’inchiesta ha dedicato particolare attenzione anche alle realtà consortili, sotto il profilo in particolare del relativo finanziamento.

In relazione alle inefficienze emerse - dovute, probabilmente, alla posizione monopolistica dei consorzi - la Commissione ha auspicato un approfondimento, sia a livello legislativo che imprenditoriale, di tali realtà anche a fronte dell’eventualità di una graduale trasformazione degli attuali consorzi da obbligatori in volontari, nell’ottica di non escludere la percorribilità di una linea di tendenza mirante a consentire e ad alimentare sempre più estese forme consortili od associative in competizione con l’istituzione obbligatoria. La Commissione ha poi esaminato alcune problematiche relative due realtà consortili specifiche: il recupero dei rifiuti da imballaggi da parte del Conai ed il contributo di riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene previsto dal PolieCo.

 

La Commissione d’inchiesta si è anche soffermata sui percorsi futuri per una effettiva tutela penale dell’ambiente, anche a seguito di una importante pronuncia della Corte di giustizia[4].

Per garantire l’effettività della prevenzione, la Commissione ha auspicato, tra l’altro, la revisione della disciplina amministrativa di gestione delle attività economiche e produttive, nel rispetto dell’ambiente, accanto ad un affinamento dei sistemi atti a rintracciare i profitti economici illeciti e restituire, in tal modo, all’ordinamento, un efficace ruolo dissuasivo nei confronti dei responsabili del crimine ambientale.

 

Con riferimento al profilo della dimensione trasnazionale della criminalità ambientale, la Commissione ha affrontato la problematica delle movimentazioni illecite transfrontaliere di rifiuti (ed in particolare dei traffici che hanno utilizzato la via marittima, svolgendo approfonditi accertamenti sulla vicenda dello spiaggiamento della motonave «Rosso») e ha anche dedicato un particolare approfondimento alla vicenda Somalia, confermando il fatto che tale Paese è stato utilizzato quale terminale di traffici di rifiuti, a partire dalla fine degli anni ottanta e auspicando che ulteriori approfondimenti vengano realizzati dall’autorità giudiziaria.

 

Un’ulteriore tematica oggetto di indagine da parte della Commissione di inchiesta ha riguardato l’accesso alle informazioni ambientali. IN proposito, la Commissione ha auspicato la creazione, presso le Agenzie regionali di Protezione Ambientale o la stessa APAT, di un Osservatorio permanente necessario a migliorare la conoscenza reale dei processi produttivi delle aziende a rischio e studiare i sistemi di controllo più appropriati, nonché l’istituzione di un Protocollo per la costituzione di una banca dati a fini epidemiologici, gestita dall’Istituto Superiore di Sanità ed implementata da tutte le forze dell’ordine e dagli organi di controllo delle pubbliche amministrazioni interessate.

 

La Commissione ha, infine, approfondito alcune tematiche specifiche relative ai rifiuti industriali (in particolare quelli relativi all’area industriale di Priolo e di Porto Marghera), ai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ai rifiuti radioattivi, con particolare riferimento ai preparati ramiferi utilizzati in ambito sanitario, ed ai rifiuti derivanti da veicoli fuori uso.

 

Può essere utile, infine, un cenno al documento XXIII, n. 63, approvato nella seduta del 28 marzo 2001 dalla Commissione d’inchiesta istituita nella XIII legislatura dalla legge n. 97 del 1997.

In tale documento, si è in particolare evidenziato che:

§         il ciclo dei rifiuti solidi urbani ha mostrato un Paese che “viaggia a tre velocità”: il meridione con una situazione di prolungata emergenza (ad eccezione della Basilicata), un’Italia centrale ove, accanto alla Toscana ed all’Umbria che hanno intrapreso la strada indicata dalla normativa comunitaria e nazionale, coesistono altre regioni con una situazione ancora insoddisfacente ed infine, l’Italia del Nord invece al passo con la media dell’Europa settentrionale, sia in termini di gestione che di trattamento.

§         il ciclo dei rifiuti solidi urbani risente di scarsità di investimenti da parte dell’imprenditoria, con società che spesso operano con procedure di scarsa trasparenza;

§         il mercato dell’illecito,che fattura diverse migliaia di miliardi l’anno, con ingenti danni anche per l’erario, è invece caratterizzato dallo smaltimento illegale all’estero - nei Paesi in via di sviluppo - di una parte dei rifiuti. Contro tale business illegale è stata rilevata una debolezza dello Stato. Secondo la Commissione, i fattori che consentiranno di “marginalizzare” le attività illecite nel ciclo dei rifiuti e di aprire la strada ad una gestione integrata del ciclo dei rifiuti sono costituite da una maggiore efficacia ed efficienza dei controlli amministrativi, da una normativa penale con reali funzioni di deterrenza e dall’adozione delle tecnologie migliori per l’abbattimento degli inquinanti.

La Commissione ha affrontato anche la problematica delle bonifiche dei siti inquinati evidenziando – positivamente – come negli anni più recenti la bonifica dei territori inquinati, sia da attività industriali decennali che da fenomeni di illecito smaltimento, abbia finalmente ricevuto l’adeguata attenzione, nonché la situazione dei rifiuti radioattivi e quella dell’eliminazione dell’amianto.

La Commissione, a conclusione della propria attività, ha formulato i seguenti indirizzi:

§         l’avvio da parte del Ministero dell’ambiente di un’ampia indagine sui rifiuti speciali, con particolare attenzione ai rifiuti pericolosi;

§         lo svolgimento, da parte dello stesso Ministero, di programmi di “education” nei confronti del sistema delle imprese;

§         il completamento a livello locale del sistema dei controlli Anpa-Arpa-Appa;

§         la redazione di un testo unico in materia di legislazione dei rifiuti per fornire un quadro di riferimento certo e meno farraginoso a tutti gli operatori del settore, alle amministrazioni, alle imprese ed agli organi giudiziari;

§         il coordinamento tra tutte le forze addette al contrasto ed alla repressione delle ecomafie in campo nazionale, favorendo lo sviluppo di appositi settori di “intelligence” e di analisi economica.

La Commissione ha, infine, suggerito l’istituzione di analoga Commissione d’inchiesta anche per la successiva legislatura, con un ampliamento dei suoi compiti in relazione all’attività estrattiva abusiva ed all’abusivismo edilizio, al dissesto idrogeologico ed alla depurazione delle acque, al fine di fornire un contributo significativo nella riduzione dei rischi di crisi nelle singole aree territoriali.  Nella XIV legislatura, non si è proceduto ad estendere le finalità generale dell’inchiesta.

 

 


Altre precedenti inchieste parlamentari di interesse per l’VIII Commissione

 

Fra le inchieste deliberate nelle precedenti legislature, aventi ad oggetto temi di specifico interesse per la VIII Commissione, si segnalano, in particolare:

 

IV LEGISLATURA (16 maggio 1963 – 4 giugno 1968)

Inchiesta sul disastro del Vajont

Deliberata con L. 22 maggio 1964, n. 370 e prorogata con L. 9 ottobre 1964, n. 880 e L. 23 aprile 1965, n. 352. L’inchiesta si concluse il 15 luglio 1965, cioè un anno dopo l’inizio effettivo dei lavori della Commissione, che fu presieduta dal sen. Rubinacci.

VII LEGISLATURA (5 luglio 1976 – 19 giugno 1979)

Inchiesta sulla fuga di sostanze tossiche avvenuta nello stabilimento ICMESA e sui rischi derivanti da attività industriali

Deliberata con L. 16 giugno 1977, n. 357 e prorogata con L. 24 gennaio 1978, n. 12. La relazione (acquisita anche da numerosi Parlamenti e organismi scientifici esteri) è stata presentata il 25 luglio 1978. La Commissione, presieduta dall’on. Bruno Orsini, ha indagato: sulle cause e responsabilità dell’incidente, verificatosi il 10 luglio 1976; sui danni registrati; sull’intervento delle autorità locali e centrali; ha formulato infine indicazioni per una più efficace normativa.

Inchiesta sugli interventi nella Valle del Belice

Deliberata con L. 30 marzo 1978, n. 96. La Commissione, presieduta dall’on. Ascari Raccagni e successivamente dal sen. Dal Falco, è stata prorogata con le leggi 19 marzo 1979, n. 78; 24 dicembre 1979, n. 670; 22 dicembre 1980, n. 890 ed ha presentato la relazione conclusiva il 7 giugno 1981.

X LEGISLATURA (2 luglio 1987 – 22 aprile 1992)

Inchiesta sull’attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori della Basilicata e della Campania colpiti dai terremoti del novembre 1980 e febbraio 1981

Deliberata con L. 7 aprile 1989, n. 128 (G.U. 88/1989) e prorogata con L. 8 agosto 1990, n. 246 (G.U. 196/1990). Successivamente, con L. 28 novembre 1990, n. 349 (G.U. 278/1990), è stato prorogato solo il termine per la presentazione della relazione conclusiva ferma restando la data del 28 novembre 1990 quale termine per la conclusione dell’attività istruttoria della Commissione.

Presidente è stato l’on. Scalfaro (DC). La Commissione ha presentato la relazione conclusiva, il 5 febbraio 1991, unitamente a una relazione propositiva, prevista dall’art. 2, co. 2 della legge istitutiva, concernente gli interventi legislativi o regolamentari necessari a garantire, nel futuro, procedure di controllo più efficaci sulla gestione di risorse pubbliche negli interventi di emergenza, di ricostruzione e di ripresa economica e sociale successivi a gravi calamità naturali (Doc. XXIII, n. 27).

Sulle conclusioni della Commissione d’inchiesta si è svolto alla Camera un dibattito nelle sedute del 28, 29 e 30 maggio 1991, al termine del quale è stata approvata la risoluzione 6-00171, presentata dai Presidenti dei gruppi parlamentari della maggioranza, con cui sono state recepite le indicazioni contenute nella relazione della Commissione. Al Senato sono state discusse nelle sedute del 27 e 28 (antimeridiana) novembre 1991 le mozioni relative alle conclusioni della Commissione d’inchiesta. Al termine del dibattito è stato votato un ordine del giorno presentato dai Presidenti dei gruppi parlamentari della maggioranza, con cui sono state approvate le relazioni conclusive e propositive della Commissione.

XII LEGISLATURA (15 aprile 1994 – 8 maggio 1996)

Inchiesta sulla vicenda dell’ACNA di Cengio

Istituita dalla sola Camera dei deputati con deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 20 giugno 1995 (G.U. 146/1995). La deliberazione istitutiva ha previsto che la Commissione dovesse concludere i propri lavori entro sei mesi, prorogabili per altri tre mesi, dal suo insediamento; il termine è stato successivamente prorogato di tre mesi con deliberazione dell’Assemblea del 24 gennaio 1996 (G.U. n. 20/1996). La Commissione ha proceduto alla propria costituzione il 26 luglio 1995 eleggendo come Presidente l’on. Mazzuca (Misto).

A causa dello scioglimento anticipato delle Camere, la Commissione non ha potuto completare le indagini e concludere i propri lavori entro il termine del 26 aprile 1996 (previsto dalla deliberazione del 24 gennaio 1996, che ha prorogato il termine originario). La Commissione ha svolto la sua ultima seduta il 5 aprile 1996 (in periodo di prorogatiodelle Camere); nel corso della seduta sono stati deliberati i criteri per la pubblicazione degli atti e dei documenti predisposti o acquisiti nel corso dell’inchiesta ed è stata avviata la discussione della proposta di relazione sull’attività svolta dalla Commissione (che è stata pubblicata in allegato al Bollettino delle Commissioni della stessa seduta). Il seguito della discussione è stato rinviato ad altra seduta e non è più proseguito a causa della conclusione anticipata della legislatura.

Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Istituita, per la durata della XII legislatura, dalla sola Camera dei deputati con deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 20 giugno 1995 (G.U. 146/1995). La Commissione si è costituita il 27 luglio 1995 eleggendo come Presidente l’on. Scalia (Progressisti federativo).

La Commissione ha terminato i propri lavori con l’approvazione della relazione conclusiva l’11 marzo 1996.

Nel corso della propria attività la Commissione ha presentato:

§         la relazione trimestrale sull’attività della Commissione, approvata dalla Commissione nella seduta del 21 dicembre 1995 (Doc.XXII-bis, n. 1);

§         la relazione conclusiva sull’attività della Commissione, discussa e approvata dalla Commissione nella seduta dell’11 marzo 1996 (in periodo di prorogatio delle Camere; Doc. XXII-bis, n. 2); nella stessa seduta la Commissione ha approvato uno schema di deliberazione sui criteri di pubblicazione degli atti della Commissione.

Inchiesta sul problema dei rifiuti e sulle attività poste in essere in materia dalle pubbliche Amministrazioni centrali e periferiche

Istituita dal solo Senato della Repubblica con deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 12 ottobre 1995 (G.U. 241/1995). La deliberazione istitutiva ha previsto che la Commissione operasse per la durata della XII legislatura. La nomina dei componenti della Commissione da parte del Presidente del Senato è stata annunciata nella seduta del 30 gennaio 1996. La Commissione non ha svolto alcuna attività nel corso della legislatura.

XIII LEGISLATURA (9 maggio 1996 – 29 maggio 2001)

Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.

In merito all’attività della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti – istituita con la legge 10 aprile 1997, n. 97, come modificata dalla legge 14 giugno 1999, n. 184 – vedi supra.

XIV LEGISLATURA (30 maggio 2001–27 aprile 2006)

Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.

In merito all’attività della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti – istituita con la legge 31 ottobre 2001, n. 399 – vedi supra.

Inchiesta sulle cause dell'inquinamento del fiume Sarno

Istituita dal solo Senato della Repubblica con deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 2 aprile 2003 (G.U. 81/2003). Il termine per la conclusione dei lavori di due anni dalla relativa costituzione (avvenuta nella seduta dell’8 ottobre 2003) è stato successivamente prorogato con deliberazione del 20 luglio 2005 (G.U. 173/2005) alla conclusione della XIV legislatura.

Nella seduta del 12 aprile 2006 la Commissione ha ultimato i suoi lavori con l’approvazione della relazione conclusiva.


Le proposte di legge all’esame dell’VIII Commissione

Le proposte di legge all’esame della Commissione sono le seguenti:

§         AC 17 del deputato Realacci;

§         AC 39 del deputato Boato;

§         AC 51 del deputato Paolo Russo;

§         AC 397 del deputato Foti ed altri;

§         AC 472 del deputato Pezzella ed altri.

 

Si osserva preliminarmente che le proposte di legge A.C. 17, del deputato Realacci, e A.C. 397, del deputato Foti ed altri, riproducono sostanzialmente il testo dell’ultima legge istitutiva della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti (legge n. 399 del 2001).

 

Finalità generali dell’inchiesta e durata

Per quanto riguarda le finalità generali dell’inchiesta:

§         le pdl 17, 39 e 397 individuano, quale oggetto dell’inchiesta, il ciclo dei rifiuti e le attività illecite ad esso connesse.

§         la pdl 51 amplia la portata dell’inchiesta, estendendola all’inquinamento determinato dai rifiuti sulle acque interne sia superficiali sia sotterranee;

§         la pdl 472 circoscrive l’ambito dell’inchiesta parlamentare all’emergenza rifiuti in Campania.

Con riferimento alla durata dell’inchiesta:

§         le pdl 17, 51, 397 e 472 prevedono che essa coincida con la durata della XV legislatura  (articolo 1, comma 1).

§         la pdl 39, invece, all’articolo 1, comma 2, stabilisce che la Commissione concluda i propri lavori entro due anni dalla data della sua costituzione e presenti al Parlamento entro i successivi due mesi la relazione finale.

 

Si segnala che tale formulazione è identica a quella originaria dell’articolo 1 della citata legge istitutiva della Commissione d’inchiesta nella XIII legislatura (legge n. 97 del 1997) prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 184/1999. Si osserva inoltre che nell’articolo 1 della pdl 39 manca l’esplicito riferimento (contenuto anche nella citata legge n. 399 del 2001) all’articolo 82 Cost., che fonda la competenza di ciascuna Camera a disporre inchieste parlamentari su materie di pubblico interesse

 

I compiti della Commissione d’inchiesta

Per quanto riguarda i compiti specificamente attribuiti alla Commissione di inchiesta:

§         l’elencazione contenuta nelle pdl 17 e 397 riproduce nella sostanza le corrispondenti disposizioni della legge n. 399 del 2001.

 

In particolare, in base all’articolo 1, comma 1 delle due proposte di legge, tali compiti consistono:

a)         nello svolgere indagini sul ciclo dei rifiuti e sulle organizzazioni che lo gestiscono. In proposito, si specifica che oggetto delle indagini dovranno essere anche gli assetti societari di tali organizzazioni e il ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con particolare riferimento alle organizzazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale (ovvero, rispettivamente, associazione per delinquere ed associazione di tipo mafioso);

b)         nell’individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

c)         nel verificare l’attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse;

d)         nel verificare i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, al fine di accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente;

e)         nel verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

f)           nel proporre soluzioni legislative ed amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate, anche attraverso la sollecitazione al recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell’ordinamento e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall’Italia.

Anche la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 2, delle due proposte di legge - secondo la quale la Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori – riproduce la corrispondente disposizione dell’ultima legge istitutiva della Commissione d’inchiesta.

§         tale elenco di attività corrisponde sostanzialmente a quello contenuto nell’articolo 1, comma 1, dell’AC 39, salvo che per la mancata previsione in quest’ultima proposta di legge, da un lato, della parte relativa al compito di sollecitare il recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell’ordinamento e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall’Italia; dall’altro dell’obbligo annuale di riferire (in relazione alla diversa durata della Commissione).

La lettera g) della disposizione citata indica comunque tra i compiti della Commissione quello di riferire al termine dei suoi lavori e “ogniqualvolta ne ravvisi la necessità”.

La formulazione della norma è identica a quella originaria dell’articolo 1 della citata legge istitutiva della Commissione d’inchiesta nella XIII legislatura (legge n. 97 del 1997) prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 184/1999..

§         l’articolo 1, comma 1, della pdl 51 prevede lo svolgimento da parte della Commissione di ulteriori compiti connessi alla maggiore ampiezza dell’oggetto dell’inchiesta.

 

Tra questi si segnala la verifica degli effetti del ciclo dei rifiuti sull’ambiente e in particolare sull’inquinamento delle acque interne, delle falde freatiche e delle acque marine (lett. c). La pdl attribuisce inoltre alla Commissione il compito di accertare l’attuale stato di conservazione dei rifiuti di natura nucleare anche in ordine alla costituzione di un sito nazionale per i rifiuti e le scorie nucleari (lett. d), di accertare l’efficienza e la funzionalità dei sistemi di raccolta, smaltimento e stoccaggio dei rifiuti (lett. f), le cause dell’accumulo di rifiuti non raccolti, della difficoltà di smaltire rifiuti in discariche idonee e della mancata realizzazione di un numero adeguato di discariche equamente diffuse in tutto il territorio nazionale (lett. g), i rischi per la salute dei cittadini derivanti dalle disfunzioni del ciclo dei rifiuti (lett. h). La disposizione prevede inoltre la trasmissione di relazioni all’autorità giudiziaria (lett. l).

Il successivo comma 2, relativo alla presentazione di relazioni da parte della Commissione, corrisponde sostanzialmente alle disposizioni recate dall’articolo 1, comma 1, dell’AC 17 e dell’AC 397, salvo che per l’esplicita previsione dell’indicazione, sin dalla prima relazione annuale, degli interventi legislativi e amministrativi più urgenti.

Con specifico riferimento al tema dei rifiuti nucleari, richiamato dall’articolo 1, comma 1, lett. d), si ricorda brevemente che il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, prevedeva la realizzazione il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e individuava, in un’area compresa nel territorio comunale di Scanzano Jonico in provincia di Matera, la localizzazione del deposito. A seguito delle manifestazioni popolari seguite alla pubblicazione del decreto, le disposizioni che indicavano il sito sono state espunte dal testo in sede di conversione (legge 24 dicembre 2003, n. 368). Successivamente, tali disposizioni sono state ulteriormente modificate dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 di riordino del settore energetico.

§         In relazione al più circoscritto oggetto dell’inchiesta, l’articolo 1, comma 1, della pdl 472 attribuisce alla Commissione compiti specificamente connessi all’emergenza rifiuti in Campania.

 

Tra questi, lo svolgimento di accertamenti sull’uso dei fondi comunitari, regionali e di altra fonte, destinati dal Governo a fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti (lettera d).

Si segnala che, nella XIV legislatura, la Commissione d’inchiesta ha specificamente approfondito la situazione di emergenza rifiuti in Campania e ha approvato una specifica Relazione territoriale sulla Campania (Doc. XXIII, n. 17).

 

Composizione e organizzazione interna della Commissione

Le proposte di legge disciplinano la composizione della Commissione con norme identiche (tutte contenute nell’articolo 2) che riproducono il testo dell’art. 2 della legge 399 del 2001.

 

In esse si prevede in particolare che:

§         la Commissione sia composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

§         essa elegga, nella prima seduta, il presidente, due vicepresidenti e due segretari.

 

Con riferimento all’organizzazione interna della Commissione:

§         le pdl 17, 39, 397, 472 recano disposizioni di analogo tenore (tutte contenute nell’articolo 6), che riproducono la corrispondente disposizione della legge 399 del 2001.

 

In esse si prevede:

§       che l’attività e il funzionamento della Commissione d’inchiesta siano disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dei lavori e che ciascun componente possa proporre la modifica di tali norme regolamentari (comma 1);

§       la possibilità per la Commissione di organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il citato regolamento (comma 2), di riunirsi in seduta segreta tutte le volte che lo ritenga opportuno (comma 3), e di avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie (comma 4).

§       che, per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisca di personale, locali e strumenti operativi (“strutture” secondo la pdl 472) messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro (comma 5);

§       che le spese per il funzionamento della Commissione, come di regola previsto dalle leggi istitutive di commissioni bicamerali, siano poste per metà a carico del bilancio del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio della Camera dei deputati (comma 6).

 

La corrispondente disposizione della pdl 51, oltre a non esplicitare la facoltà di ciascun componente della Commissione di proporre modifiche delle norme  regolamentari:

§         non prevede la possibilità che la Commissione organizzi i propri lavori attraverso uno o più comitati;

§         integra la platea di soggetti dei quali la Commissione può avvalersi, facendo riferimento “ai cittadini con specifiche competenze in materia di indagine sulla criminalità ambientale organizzata e non organizzata” (articolo 6, comma 3).

 

Poteri della Commissione e obbligo del segreto

Con generale riferimento ai poteri della Commissione:

§         le pdl 17, 39, 397 e 472 - con disposizioni di identico tenore (art. 1, comma 3) - prevedono che la Commissione proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria.

 

Tale formulazione riproduce il contenuto dell’articolo 82, secondo comma, secondo periodo, della Costituzione, ripreso anche dall’art. 141, comma 2, del regolamento della Camera. L’art. 162, comma 5, del regolamento del Senato, reca una diversa formulazione, prevedendo che “i poteri della Commissione sono, a norma della Costituzione italiana, gli stessi dell’autorità giudiziaria”.

La possibilità dell’esercizio di poteri coercitivi rende l’inchiesta parlamentare lo strumento più incisivo del quale le Camere possono avvalersi per acquisire conoscenze. Diversamente, l’indagine conoscitiva pur essendo anch’essa finalizzata all’approfondimento di temi di ampia portata non prevede poteri coercitivi di acquisizione delle informazioni.

I poteri coercitivi che la Commissione d’inchiesta può esercitare sono naturalmente limitati alla fase “ istruttoria”, dato che la Commissione è priva di poteri giudicanti e non può quindi accertare reati ed irrogare sanzioni.

 

§         Il testo dell’articolo 1, comma 3, della pdl 51, nella definizione dei poteri e delle limitazioni cui soggiace l’attività della Commissione, fa esclusivo riferimento alle “indagini” e non anche agli “esami”, in tal modo discostandosi rispetto allo stesso articolo 82 Cost.

 

 

Con più specifico riferimento al profilo delle testimonianze davanti alla Commissione:

§         le pdl 17, 397 e 472 - con norme di identico tenore (articolo 3) che riproducono le corrispondenti disposizioni della legge 399 del 2001 - dispongono l’applicazione delle disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384 del codice penale;

§         l’articolo 3 della pdl 39 fa esclusivo riferimento agli articoli 366 e 372 del codice penale;

§         l’articolo 3 della pdl 51 fa specifico riferimento a tali ultime due disposizioni (comma 1) e prevede, inoltre, la possibilità per la Commissione di disporre direttamente della polizia giudiziaria con le modalità previste dal codice di procedura penale (comma 2).

 

Attraverso il riferimento agli articoli da 366 a 384, si esplicita l’operatività dell’intero Capo I del Titolo III del Libro II del codice penale - relativo ai delitti contro l’attività giudiziaria – con l’esclusione delle fattispecie di reato contemplate dagli articoli da 361 a 365, evidentemente non applicabili alle testimonianze innanzi alle Commissioni di inchiesta (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, di un incaricato di pubblico servizio, del cittadino e omissione di referto).

 

Gli articoli 366 e 372 c.p. contemplano rispettivamente il rifiuto di uffici legalmente dovuti da parte dei periti, interpreti, o custode di cose sottoposte a custodia e da parte dei testimoni la falsa testimonianza. Per tali reati sono previste, rispettivamente, la reclusione fino a sei mesi o la multa da L. 60.000 a 1.000.000 (art. 366) e la reclusione da 2 anni a 6 anni (art. 372 come modificato dall’art. 11 del D.L. n. 306/1992, convertito con la L. 7 agosto 1992, n. 356, che ha aumentato l’originaria pena consistente nella reclusione da sei mesi a tre anni).

 

All’articolo 4, tutte le proposte di legge prevedono esplicitamente la possibilità per la Commissione di acquisire di copie di atti e documenti relativia procedimenti in corso presso l’autorità giudiziaria e altri organismi inquirenti ovvero di atti e documenti in merito a inchieste e indagini parlamentari (anche se coperti dal segreto), prevedendo contestualmente il mantenimento del regime di segretezza.

Si segnala che la proposta di legge 472 prevede l’acquisizione di atti e documenti, oltre che presso l’autorità giudiziaria, anche presso organismi inquirenti “e non”.

Esse prevedono inoltre:

§         il potere della Commissione di stabilire quali atti non dovranno essere divulgati, anche in relazione alle esigenze di riserbo istruttorio e ferma restando la segretezza di documenti attinenti a procedimenti ancora in fase di indagine preliminare;

 

In relazione a tale opzione, si segnala come la norma non preveda alcun obbligo di concerto con l’autorità giudiziaria in relazione a questa opzione.

 

§         l’inopponibilità ad altre Commissioni d’inchiesta del citato segreto funzionale quando riguardi atti e documenti relativi a reati di associazione a delinquere e di associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.).

 

Si osserva tuttavia che le pdl 17, 397 e 472 disciplinano inoltre – in conformità con le corrispondenti disposizioni della legge 399 del 2001 - l’ipotesi che l’autorità giudiziaria emetta decreto motivato di rigetto qualora, per ragioni di natura istruttoria, ritenga di non poter derogare al segreto; al venir meno delle indicate ragioni istruttorie consegue però l’obbligo della magistratura di trasmettere “senza ritardo” gli atti richiesti (comma 1).

 

Si segnala che tale norma, non contemplata nella legge istitutiva della Commissione nella XIII legislatura (97/1997) è stata introdotta nella legge n. 399 del 2001 con la finalità di tutelare in maggior misura il segreto d’indagine opponibile dall’autorità giudiziaria alla Commissione.

Si segnala, più in generale, come particolarmente complesso sia il problema dei rapporti tra l’attività delle Commissioni d’inchiesta e le concorrenti indagini della autorità giudiziaria, specie per quanto riguarda i profili di reciproca opponibilità del segreto: da una parte, il segreto di indagine cui è tenuta l’autorità giudiziaria; dall’altra, il segreto funzionale che può essere opposto dalla Commissione.

Su questo tema è opportuno richiamare la sentenza n. 231/75 della Corte costituzionale, che ha risolto il conflitto di attribuzioni tra Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia ed i tribunali di Torino e Milano. La Corte ha stabilito che la Commissione non ha l’obbligo di trasmettere ai Tribunali gli atti e documenti da essa formati o direttamente disposti, gli scritti e gli anonimi ad essa originariamente rivolti, che la Commissione abbia ritenuto di mantenere segreti (c.d. segreto funzionale), nonché gli atti già a disposizione del potere giudiziario. La Corte ha stabilito invece l’obbligo per la Commissione di trasmettere ai Tribunali predetti gli altri atti e documenti in suo possesso che non siano coperti all’origine da segreto o siano coperti da segreto non opponibile all’autorità giudiziaria. Si sottolinea peraltro che alcune recenti leggi istitutive di Commissioni d’inchiesta non hanno confermato l’opponibilità del segreto funzionale all’autorità giudiziaria e ad altre Commissioni d’inchiesta.

 

Per quanto infine concerne l’obbligo del segreto (che tutte le proposte di legge impongono ai componenti della Commissione, al personale addetto e a chiunque compie o concorre a compiere atti di inchiesta, o ne venga a conoscenza, per ragioni di ufficio o di servizio e sanzionato a norma dell’articolo 326 c.p.):

§         le pdl 17, 39 e 51 lo riferiscono agli atti e ai documenti di cui all’articolo 4, comma 2, ovvero agli atti che la Commissione stabilisca non debbano essere divulgati, nonché in ogni caso agli atti e ai documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari;

§         le pdl 397 e 472, oltre che a tale categoria di atti, fanno esplicito riferimento anche agli atti e documenti di cui all’articolo 4, comma 1, secondo periodo, ovvero agli atti acquisiti dall’autorità giudiziaria, rispetto ai quali viene comunque garantito il mantenimento del regime di segretezza.

 

Con riguardo agli atti acquisiti dall’autorità giudiziaria, si ricorda che, in base all’articolo 329 del codice di procedura penale, sono coperti dal segreto gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria finché l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Sebbene a tali atti faccia comunque riferimento il secondo periodo dell’articolo 4, comma 2 (che prevede che essi siano comunque coperti dal segreto), l’esplicito riferimento anche agli atti di cui all’articolo 4, comma 1, secondo periodo, potrebbe rendere più chiara la portata dell’obbligo del segreto, anche ai fini dell’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 326 c.p.

 

L’art. 326 del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che riveli notizie coperte da segreto d’ufficio o ne agevoli la conoscenza. La rivelazione colposa è invece punita con la reclusione fino ad un anno. L’ultimo comma dell’art. 326 prevede l’ipotesi “aggravata” del reato stabilendo che quando gli stessi soggetti si avvalgano illegittimamente di notizie di ufficio destinate a rimanere segrete, al fine di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si applica la reclusione da due a cinque anni. Nel caso invece in cui il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

 

Si ricorda che la precedente legge istitutiva faceva esclusivo riferimento agli atti e ai documenti di cui all’articolo 4, comma 2.

 

Si segnala, infine, che la pdl 51 (articolo 5, comma 3) prevede esplicitamente l’inopponibilità alla Commissione d’inchiesta del segreto d’ufficio o del segreto di Stato.


L’evoluzione normativa in materia di rifiuti e bonifiche dei siti inquinati nella XIV legislatura

I molti fattori che determinano la produzione di rifiuti e la differente tipologia di questi ultimi hanno richiesto, negli ultimi anni, un intervento normativo molto dettagliato e articolato. Ciò al fine di perseguire l’obiettivo prioritario di prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti, che, lasciata a sé, ha una naturale tendenza alla crescita.

Il 27 maggio 2003 la Commissione europea ha presentato la comunicazione Verso una strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti (COM (2003) 301 def.), come primo passo per la definizione di una nuova strategia comunitaria per la riduzione della produzione di rifiuti, che è stata accompagnata dall’emanazione di numerose direttive volte a disciplinare molteplici aspetti della gestione dei rifiuti.

A tale imponente produzione normativa a livello comunitario ha fatto seguito un’intensa attività di recepimento. In tal modo, si è notevolmente arricchito il panorama legislativo in materia, stratificatosi nel corso degli anni, e costruito attorno al decreto legislativo n. 22 del 1997 (cd. decreto Ronchi) – anch’esso di derivazione comunitaria – che rappresenta una sorta di legge quadro del settore.

Agli interventi normativi di derivazione comunitaria si sono inoltre affiancati numerosi interventi di manutenzione normativa.

A fronte della molteplicità di disposizioni introdotte a seguito di tale intensa attività normativa, la legge n. 308/2004 ha conferito delega al Governo per il riordino ed il coordinamento della normativa ambientale nella materia dei rifiuti e dei siti inquinati.

Con l’emanazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, numerose disposizioni (ivi compreso il decreto Ronchi) sono state accorpate e raccolte in un unico testo, all’interno della Parte quarta del citato decreto.

La nozione di rifiuto

La definizione della nozione di “rifiuto”, su cui si dibatte da diversi anni[5], rappresenta il fulcro della legislazione comunitaria e nazionale in materia di rifiuti.

L’incertezza che caratterizza la definizione comunitaria recata dall’art. 1, lett. a), della direttiva 75/442/CEE[6], riprodotta dall’art. 6 del d.lgs. n. 22/1997, si è ripercossa anche a livello nazionale. Essa è stata quindi oggetto di numerosi interventi legislativi, in una prima fase finalizzati ad escludere tipologie determinate di residui dall’area giuridica del rifiuto (come risulta dall’elenco, in continua mutazione, dell’art. 8 del decreto Ronchi, che reca appunto le esclusioni dal campo di applicazione del medesimo decreto); successivamente, attraverso una norma di interpretazione autentica della nozione di “rifiuto”, introdotta con l’art. 14 del decreto-legge n. 138 del 2002, che tuttavia ha aperto un contenzioso non ancora risolto con l’Unione europea e prodotto una fittissima giurisprudenza in materia.

Con l’emanazione del d.lgs. n. 152/2006, che nella Parte quarta ha provveduto a riscrivere interamente il decreto Ronchi, il Governo ha rimodulato le definizioni normative esistenti (art. 183) al fine del superamento del contenzioso e dei problemi applicativi.

Il recepimento delle direttive comunitarie

Negli ultimi anni l’Unione europea ha provveduto ad integrare i principi generali e i requisiti fissati dalla cd. legislazione orizzontale sui rifiuti[7] soprattutto mediante interventi normativi più dettagliati nei due campi seguenti:

§         trattamento e smaltimento dei rifiuti (attraverso in particolare le direttive sulle discariche e sull’incenerimento);

§         gestione di flussi specifici di rifiuti, in considerazione della crescita del loro volume e della relativa complessità di gestione (attraverso, in particolare, la nuova direttiva imballaggi e le direttive sui veicoli fuori uso e i rifiuti elettrici ed elettronici.

 

Nella tabella seguente viene fornito l’elenco delle principali direttive emanate e dei relativi provvedimenti nazionali di attuazione:

Materia

Direttiva

Recepimento

Discariche di rifiuti

1999/31

D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36

Veicoli fuori uso

2000/53

D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209

Rifiuti prodotti da navi

2000/59

D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 182

Incenerimento dei rifiuti

2000/76

D.Lgs. 11 maggio 2005, n. 133

Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

2002/95
2002/96

D.Lgs. 25 luglio 2005, n. 151

Imballaggi

2004/12

D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152

 

La finalità principale del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 di recepimento della cd. direttiva discariche (1999/31/CE) è quella di garantire che l’ambiente non rimanga deturpato o inquinato da sostanze pericolose i cui effetti possono verificarsi sia durante l’intero ciclo di vita della discarica, sia nella fase successiva alla chiusura (fase post-operativa).

La disciplina introdotta si articola sostanzialmente in una nuova classificazione delle varie tipologie di discarica (e nella definizione dei rifiuti ammessi in ciascuna delle categorie indicate), nelle prescrizioni relative al contenuto necessario della autorizzazione alla costruzione e gestione degli impianti, nella previsione di un regime sanzionatorio e, infine, nelle disposizioni transitorie (principalmente volte all’adeguamento degli impianti in esercizio al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina).

Con il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 sull’incenerimento dei rifiuti è stata recepita la direttiva 2000/76. Le norme introdotte hanno l’obiettivo di stabilire le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre gli effetti negativi sull’ambiente e per la salute umana dell’incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti. A tale scopo vengono disciplinati i valori limite di emissione degli impianti e i metodi di campionamento e valutazione degli inquinanti. Vengono inoltre fissate le condizioni di esercizio degli impianti e i criteri temporali di adeguamento di quelli esistenti, oltre alla previsione di nuove fattispecie sanzionatorie.

Per quanto riguarda le disposizioni introdotte relativamente ad alcunecategorie particolari di rifiuti, il filo conduttore – che deriva dalle priorità individuate in sede comunitaria – è quello della responsabilizzazione del produttore, in ossequio al principio “chi inquina paga”[8].

Ad esempio, in materia di veicoli fuori uso, il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, prevede l'instaurazione di un sistema di raccolta dei veicoli fuori uso alla fine del loro ciclo di vita a carico del produttore. Nella stessa ottica operano le disposizioni del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, in materia di rifiuti delle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Tale ultimo decreto legislativo, oltre a vietare l’uso nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche di determinate sostanze, prevede l’istituzione di un vero e proprio ciclo per il trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici, ponendo in capo ai produttori l’onere di organizzare e finanziare l’attività di trattamento e recupero di tali rifiuti.

Ancora, si ricorda il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, che, al fine di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti e dei residui del carico da parte delle navi, prevede - tra l’altro - la predisposizione di piani di raccolta e gestione dei rifiuti per ciascun porto, disciplina le modalità di conferimento dei rifiuti prodotti dalle navi e istituisce un regime tariffario applicabile alle navi, al fine di recuperare i costi degli impianti portuali di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti da esse prodotti.

Le emergenze-rifiuti

Nel corso della XIV legislatura sono stati emanati numerosi provvedimenti volti alla gestione delle situazioni emergenziali verificatesi soprattutto nelle regioni meridionali.

In particolare, con riferimento alle dimensioni dell’emergenza rifiuti in Calabria e in Campania, il Governo è intervenuto attraverso la decretazione d’urgenza, oltre che con le normali procedure emergenziali adottate con ordinanze della Presidenza del Consiglio.

In particolare, con il decreto-legge 17 febbraio 2005, n. 14[9], recante Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania, il Governo ha previsto – tra l’altro - una procedura volta a permettere l’estinzione delle situazioni debitorie dei Comuni campani a seguito del mancato versamento al Commissario delegato per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania delle somme connesse al conferimento dei rifiuti solidi urbani agli impianti per la produzione del combustibile derivato dai rifiuti (CDR).

Lo stesso decreto ha incaricato il Commissario delegato di dettare prescrizioni agli impianti citati al fine di superare i motivi che avevano causato il sequestro penale degli impianti stessi.

Il decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90[10], recante Disposizioni urgenti in materia di protezione civile,ha invece esteso la procedura riguardante l’estinzione dei debiti dei Comuni campani prevista dal citato D.L. n. 14/2005 anche alla Regione Calabria.

Infine, il decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245[11] ha introdotto ulteriori disposizioni per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti in Campania, tra cui la risoluzione dei contratti stipulati dal Commissario delegato per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania con le società affidatarie del servizio di smaltimento dei rifiuti e misure dirette a promuovere la raccolta riciclata; tale decreto inoltre ha disposto la proroga fino al 31 maggio 2006 dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti e delle bonifiche nelle regioni Campania, Calabria, Lazio, Puglia e Sicilia[12] e l’istituzione della Consulta regionale per la gestione dei rifiuti nella Regione Campania.

Quest’ultima disposizione è stata giudicata favorevolmente da più parti. In particolare, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse – nel suo rapporto finale – ha sottolineato come “l’istituzione di una Consulta regionale per la gestione dei rifiuti, presieduta dal Presidente della Regione, cui sono chiamati a far parte i presidente delle province nonché i rappresentanti dei comuni interessati ad una equilibrata localizzazione dei siti per le discariche e lo stoccaggio dei rifiuti trattati, costituisce indubbiamente tappa significativa di un’exit strategy dal Commissariamento" (che, invece, rappresenta, sempre secondo la Commissione d’inchiesta, un “incentivo alla de-responsabilizzazione, anche politica, degli enti ed organi che in base alla ripartizione di competenze debbono occuparsi della materia dei rifiuti”) “per il suo significato di istituzione-ponte, chiamata cioè a preparare la transizione verso la riespansione del regime ordinario, ed, in qualche modo, ad allenare gli enti locali a fronteggiare le proprie competenze e responsabilità”.

La bonifica dei siti inquinati

La produzione normativa registrata in materia nel corso della XIV legislatura è stata caratterizzata da due distinte fasi.

Nella prima fase, il Governo ha completato la definizione degli interventi di bonifica ritenuti di interesse prioritario, avviata nel corso della legislatura precedente, con l’approvazione del D.M. ambiente 18 settembre 2001, n. 468, con il quale, in attuazione della legge 9 dicembre 1998, n. 426, è stato emanato il Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati[13]. Con tale programma il Governo ha provveduto all’individuazione degli interventi giudicati, per le loro caratteristiche, di interesse nazionale e ammessi a beneficiare del concorso pubblico ai finanziamenti per la loro realizzazione.

 

Oltre agli interventi già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), il DM n. 468/2001 ha individuato ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F)[14]. Lo stesso DM (Allegato G) ha disposto una prima assegnazione delle risorse disponibili (oltre 500 milioni di euro[15]) per gli interventi prioritari e la relativa ripartizione per regione.

Con l’articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179, l’elenco dei siti di interesse nazionale è stato ulteriormente integrato[16]. Tale elenco attualmente consta di un totale di 49 siti[17].

Si segnala, inoltre, che con il DM ambiente 31 luglio 2003, relativo al Piano di completamento della bonifica e del recupero dell’area ambientale di Bagnoli, è stato approvato un primo elenco di interventi di bonifica, a stralcio di un futuro Piano straordinario per la bonifica delle aree ex estrattive minerarie, in attuazione dell’art. 114 della legge n. 388 del 2000, che ha stanziato per tale finalità 30 miliardi di lire, da ripartire fra le varie aree distribuite nel territorio nazionale.

 

Con l’art. 18 della legge 31 luglio 2002, n. 179 si apre, nella legislazione nazionale in materia di bonifiche, una nuova fase in cui l’obiettivo – completato quello della definizione di un piano nazionale di bonifica - è rivolto a sostenere le esigenze finanziarie per la realizzazione del Programma nazionale di bonifica. Ciò attraverso l’introduzione di nuovi meccanismi finanziari che rendano meno onerosa, per la parte pubblica, l’effettuazione degli interventi di bonifica.

 

Con tale norma – che non ha tuttavia trovato ancora attuazione, non essendo intervenuti i previsti decreti attuativi – si prevede un nuovo meccanismo di finanziamento delle bonifiche dei siti inquinati, attraverso il ricorso ad una procedura alternativa (rispetto a quella ordinaria[18]) basata sull’affidamento con gara a soggetti privati delle attività di bonifica e riqualificazione delle aree inquinate, anche previo esproprio delle aree stesse (a spese, comunque, del soggetto privato affidatario della bonifica), e sulla previsione, quale corrispettivo, della disponibilità delle aree bonificate.

 

A tale disposizione si è poi recentemente aggiunta quella recata dai commi 434-437 dell’art. 1 della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) che hanno introdotto una disciplina speciale riguardante i siti di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari.

 

Le disposizioni introdotte intervengono sulla specifica ipotesi di concorso fra procedura fallimentare dell’impresa responsabile dell’inquinamento e intervento di bonifica del sito e sono finalizzate ad accelerare la bonifica dei siti di interesse nazionale sottoposti a procedure fallimentari dotando l’amministrazione pubblica di strumenti più incisivi nell’effettuazione complessiva dell’intervento e nella programmazione del finanziamento, fino a riconoscere a quest’ultima la stessa proprietà del sito.

Viene infatti prevista la possibilità di stipulare accordi di programma tra il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, le regioni, le province e i comuni interessati relativamente a tali siti con il passaggio di proprietà del sito stesso ad un ente pubblico, ferme restando le disposizioni vigenti che riguardano la responsabilità del soggetto che ha causato l’inquinamento.

Il trasferimento di proprietà avviene, subordinatamente all’inerzia dello stesso soggetto responsabile protratta oltre il previsto periodo di centottanta giorni, quale forma di adempimento dell’obbligo di risarcimento previsto dalla normativa vigente in materia di danno ambientale (art. 18, comma 1, della legge n. 349/1986).

Le novità introdotte dalla Parte quarta del d.lgs. n. 152/2006

Con l’emanazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il Governo, sulla base della delega conferita dalla legge n. 308/2004 ha provveduto ad una rilevante opera di manutenzione normativa della disciplina dei rifiuti e delle bonifiche, attraverso una riscrittura – operata nella Parte quarta del decreto (artt. 177-266) - del decreto Ronchi.

Si indicano di seguito le principali novità introdotte.

In primo luogo, il decreto procede a chiarire le definizioni previste dal decreto Ronchi ed utili ai fini dell’individuazione di ciò che è rifiuto e ciò che non lo è (artt. 183-186).

Esso contempla inoltre numerose disposizioni volte ad attuare una generale semplificazione amministrativa, rafforzando lo strumento degli accordi di programma, già previsti dalle norme vigenti e dalle norme comunitarie (art. 206).

Il decreto provvede, poi, a riorganizzare l'assetto degli ambiti territoriali ottimali e le procedure di affidamento dei servizi, introducendo norme che favoriscono la concorrenza e quindi l'industrializzazione del settore (artt. 200-204). Analoghe norme volte a favorire la concorrenza sono state introdotte nella disciplina dei consorzi (artt. 233-237).

Vengono quindi introdotte novità relativamente alla disciplina degli imballaggi (artt. 217-226), la maggior parte delle quali ha la finalità di adeguare la disciplina italiana alla nuova direttiva imballaggi (direttiva 2004/12/CE).

In materia di bonifica dei siti inquinati (artt. 239-253) la principale novità risiede nell’introduzione di una nuova procedura preventiva alla bonifica dei siti basata sull'analisi di rischio, sottraendo la normativa a meccanismi meramente tabellari che - per quanto formalmente severi - non hanno finora consentito di sviluppare in Italia un’efficace e diffusa politica di bonifica dei siti inquinati.

 

 


Progetti di legge


N. 17

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato REALACCI

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

 

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Presentata il28 aprile 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta ad istituire, anche nella XV legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Legambiente, associazione di protezione ambientale riconosciuta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, da tempo impegnata in una costante iniziativa di indagine, ricerca e denuncia dei fenomeni d'illegalità ambientale nel nostro Paese, ha dedicato una particolare attenzione ad uno dei due cicli a maggiore impatto ambientale, quello dei rifiuti (dalle discariche illegali ai traffici e smaltimenti illeciti), oggetto di indagine delle precedenti Commissioni parlamentari d'inchiesta. Questo lavoro, che si è concretizzato nell'elaborazione di numerosi dossier e rapporti annuali sull'ecomafia che hanno suscitato l'attenzione dei mass media e delle istituzioni, anche a livello internazionale, ha, tra l'altro, messo in risalto il ruolo della criminalità organizzata ed il coinvolgimento, in particolare, delle regioni meridionali. Una prima Commissione parlamentare di inchiesta su tale materia è stata istituita, nel corso della XIII legislatura, con la legge 10 aprile 1997, n. 97. I suoi compiti principali sono stati quelli di verificare l'attuazione delle normative vigenti in materia di rifiuti nonché i comportamenti della pubblica amministrazione e le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali, di indagare sul rapporto tra le organizzazioni criminali e la gestione del ciclo dei rifiuti, le cosiddette «ecomafie», e più in generale sulle attività illecite collegate al settore dei rifiuti. La Commissione, oltre a proporre soluzioni legislative, aveva il compito di riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori oppure quando ne ravvisasse la necessità.

      In tale ambito la Commissione ha compiuto audizioni di membri del Governo, magistrati, rappresentanti degli enti locali, degli industriali e delle associazioni ambientaliste per valutare nel dettaglio la situazione nel ciclo dei rifiuti. Inoltre, delegazioni della Commissione hanno effettuato missioni in diverse regioni italiane, per approfondire ed osservare nel concreto le problematiche - anche criminali - del settore.

      La pubblicazione dell'attività della Commissione anche su INTERNET ha costituito uno strumento in più per tutti coloro che - a vario titolo - sono impegnati nel settore dei rifiuti; su queste pagine è possibile rinvenire informazioni riguardanti i diversi aspetti della sua attività. Il lavoro svolto dalla Commissione è proseguito nella XIV legislatura ai sensi della legge 31 ottobre 2001, n. 399, che ha istituito un'analoga Commissione sul ciclo dei rifiuti e delle attività illecite ad esso connesse.

      Con l'intenzione di favorire la circolazione delle informazioni, delle esperienze e delle competenze sviluppate, nel corso della XIII e della XIV legislatura entrambe le Commissioni hanno organizzato convegni e forum sulle materie di propria competenza.

      Come già è accaduto per la Commissione istituita dalla legge n. 97 del 1997 e per quella istituita dalla legge n. 399 del 2001, la Commissione che la presente proposta di legge istituisce svolgerà una serie di sopralluoghi in diverse regioni italiane, allo scopo di acquisire le informazioni necessarie allo svolgimento dei propri compiti.

      La Commissione, analogamente a quanto previsto dalla citata legge n. 399 del 2001, riferirà al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità. È comunque prevista una relazione finale al termine dei suoi lavori.

      Considerato, quindi, il lavoro egregio svolto nella XIII e nella XIV legislatura dalle Commissioni parlamentari di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, si auspica una rapida approvazione della presente proposta di legge.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzione e compiti della Commissione).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse con il compito di:

          a) svolgere indagini atte a fare luce sul ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alle associazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale;

          b) individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

          c) verificare l'attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse;

          d) verificare i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, al fine di accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente;

          e) verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

          f) proporre le soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate anche attraverso la sollecitazione al recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell'ordinamento italiano ed in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall'Italia.

      2. La Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori.

      3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.

Art. 3.

(Testimonianze).

      1. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384 del codice penale.

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti).

      1. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non dovranno essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

      3. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, comma 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.

      3. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

      5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 


N. 39

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato BOATO

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

 

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Presentata il28 aprile 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta ad istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Una Commissione parlamentare di inchiesta su tale materia era già stata istituita con la legge 10 aprile 1997, n. 97. I suoi compiti principali sono stati quelli di verificare l'attuazione delle normative vigenti in materia di rifiuti nonché i comportamenti della pubblica amministrazione e le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali, di indagare sul rapporto tra le organizzazioni criminali e la gestione del ciclo dei rifiuti, e, più in generale, sulle attività illecite collegate al settore dei rifiuti.

      Anche nelle legislature successive, attesa l'enorme importanza di una attività di controllo e di indagine sulle pericolose conseguenze - in termini sanitari e ambientali - di una illecita gestione dell'attività di raccolta, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, il Parlamento ha ritenuto opportuno attivare una commissione di inchiesta in materia.

      Da ultimo, nel corso della XIV legislatura, è stata approvata la legge 31 ottobre 2001, n. 399, istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. L'attività della Commissione è stata, ancora una volta, di grande utilità ed ha prodotto una significativa quantità di documentazione e di resoconti.

      Un primo resoconto dei lavori effettuati durante i primi due anni di attività della Commissione è stato trasmesso alla Presidenza delle Camere il 28 luglio 2004 (documento XXIII, n. 9 «Relazione sull'attività della Commissione»). La Commissione ha continuato i suoi lavori effettuando missioni conoscitive nelle regioni italiane, approfondendo temi specifici riguardanti aspetti rilevanti del ciclo dei rifiuti ed organizzando momenti di confronto pubblico al fine di favorire la comunicazione tra diverse competenze, esperienze e prospettive.

      Nello svolgimento della propria attività istituzionale la Commissione ha effettuato 31 missioni, di cui tre all'estero, durante le quali sono state sentite oltre 1000 persone e sono stati svolti sopralluoghi presso siti d'interesse. Si sono tenute 178 sedute plenarie della Commissione nel corso delle quali si è proceduto all'audizione di oltre 460 persone. Sono stati organizzati cinque convegni: il 22 ottobre 2002 a Roma un convegno sul tema «Indagine conoscitiva sulle discariche abusive», in collaborazione con il Corpo forestale dello Stato; il 1o aprile 2004 a Salerno un convegno sul tema della qualificazione giuridica del termine «rifiuto», in collaborazione con l'Università degli Studi di Salerno; il 16 luglio 2004 a Venezia un convegno sulle bonifiche dei siti inquinati, in collaborazione con l'Università Ca' Foscari di Venezia; il 16 novembre 2004 a Roma un convegno internazionale sulle prospettive nella lotta al traffico illecito di rifiuti in Europa e in Italia ed infine il 1o e 2 dicembre 2005 a Napoli un convegno sull'emergenza rifiuti in Campania.

      Durante i suoi lavori la Commissione ha approvato nove documenti: nella seduta del 18 dicembre 2002 il documento sui commissariamenti per l'emergenza rifiuti; nella seduta del 16 aprile 2003 il documento sull'attuazione della direttiva 2000/53/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai veicoli fuori uso; nella seduta del 4 novembre 2003 la relazione territoriale sulla Calabria; nella seduta del 18 dicembre 2003 il secondo documento sui commissariamenti per l'emergenza rifiuti; nella seduta del 1o luglio 2004, il documento sulla nozione giuridica del termine «rifiuto»; nella seduta del 28 luglio 2004 la relazione alle Camere sull'attività svolta; nella seduta del 21 dicembre 2004 il documento sull'introduzione nel sistema penale dei delitti contro l'ambiente e contro il fenomeno criminale dell'«ecomafia»; nella seduta dell'8 marzo 2005, la relazione territoriale sul Friuli-Venezia Giulia; nella seduta del 21 dicembre 2005 la relazione territoriale sulla Sicilia e nella seduta del 26 gennaio 2006 la relazione territoriale sulla Campania. Tali documenti, approvati dalla Commissione, sono stati trasmessi ai Presidenti delle Camere, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della citata legge n. 399 del 2001.

      La documentazione acquisita o pervenuta alla Commissione è stata organizzata e classificata nel suo Archivio mediante un banca di dati contenente oltre 2500 schede. Nell'Archivio sono custodite oltre 160.000 pagine che alla conclusione del lavoro di digitalizzazione, saranno disponibili, ai fini della ricerca e della consultazione, su supporto ottico.

      Nell'esercizio delle funzioni d'indagine tipiche delle commissioni di inchiesta la Commissione ha operato nella ricerca di stabilire un rapporto collaborativo con i suoi interlocutori.

      Nel corso dei suoi lavori la Commissione ha, tra l'altro, cercato di fare luce sull'intero ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono e su eventuali rapporti con la criminalità organizzata, ha accertato la legittimità e la congruità dei comportamenti della pubblica amministrazione, ha individuato le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche ed ha studiato le innovazione tecnologiche atte a migliorare la gestione integrata del ciclo dei rifiuti.

      Appare opportuno consentire al nuovo Parlamento di proseguire l'egregio lavoro svolto nelle passate legislature e di dare vita ad una nuova Commissione che, sulla base dell'esperienza maturata, sia in grado - continuando il lavoro propriamente conoscitivo e di indagine - di proporre soluzioni per il superamento di un problema che, oltre a pregiudicare la nostra salute e il nostro ambiente, rappresenta una fonte illecita di arricchimento delle organizzazioni criminali.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Istituzione e compiti della Commissione).

      1. È istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, di seguito denominata «Commissione», con il compito di:

          a) verificare l'attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse;

          b) verificare i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, al fine di accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente;

          c) verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

          d) svolgere indagini atte a fare luce sul ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alle associazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale;

          e) individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

          f) proporre soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate;

          g) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità.

      2. La Commissione conclude i propri lavori entro due anni dalla data della sua costituzione e presenta al Parlamento la relazione finale entro i successivi due mesi.

      3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e venti deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.

Art. 3.

(Testimonianze).

      1. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti).

      1. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza.

      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non dovranno essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

      3. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, comma 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.

      3. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

      5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 


N. 51

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

PAOLO RUSSO

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta
sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

 

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Presentata il28 aprile 2006

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Onorevoli Colleghi! - Le Commissioni parlamentari di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse istituite nelle passate legislature hanno svolto un lavoro meritevole ma non completo, in quanto si sono accertate solo parzialmente le cause delle gravi disfunzioni della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti che spesso mettono a rischio la salute dei cittadini, nonché delle interferenze della criminalità organizzata nell'opera di smaltimento e nella gestione di discariche abusive e no.

      In concreto non si sono individuate ancora appieno le ragioni di fondo di tale stato di cose , soprattutto, i correttivi legislativi e amministrativi da apportare al fine di rendere efficiente la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e per escludere tassativamente l'interferenza della criminalità nella gestione del ciclo dei rifiuti.

      Per tale ragione riproponiamo anche per la presente legislatura l'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, modificandone parzialmente ma significativamente il campo d'azione al fine di arrivare nei tempi più brevi a risultati concreti.

      In particolare, questa nuova Commissione dovrà individuare fino in fondo le cause delle disfunzioni del ciclo dei rifiuti e indicarne con precisione, fin dalla conclusione del primo anno di attività, gli interventi

 

legislativi e amministrativi necessari per risanare e rendere efficiente il servizio.

      Nella proposta di legge prevediamo inoltre di estendere l'indagine anche alle cause che hanno determinato le difficoltà di reperire discariche idonee diffuse equamente in tutto il territorio nazionale, difficoltà che sono una delle ragioni principali delle disfunzioni nello smaltimento dei rifiuti e dell'interferenza della criminalità organizzata e no. Anche su questo aspetto decisivo la Commissione dovrà indicare correttivi precisi e incisivi.

      Prevediamo inoltre di estendere l'indagine anche sugli effetti del ciclo dei rifiuti sull'ambiente e in particolare sulle acque interne superficiali e sotterranee, sulle acque marine costiere e soprattutto sulla salute dei cittadini.

      Altra integrazione rispetto alla precedente legislatura è l'estensione dell'indagine allo stato di conservazione dei rifiuti nucleari esistenti in Italia anche in ordine alla costituzione di un sito nazionale di tali rifiuti.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzioni e compiti della Commissione).

      1. È istituita per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Commissione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, sulle attività illecite ad esso eventualmente connesse nonché sull'inquinamento determinato dai rifiuti sulle acque interne sia superficiali sia sotterranee, di seguito denominata «Commissione», con il compito di:

          a) svolgere indagini sull'assetto e sull'attuale funzionamento del ciclo dei rifiuti, sulle persone fisiche e giuridiche che lo gestiscono, sugli effettivi assetti proprietari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con particolare riferimento alle associazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale;

          b) individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti, e in particolare di quelli più pericolosi, tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

          c) verificare gli effetti del ciclo dei rifiuti sull'ambiente e in particolare sull'inquinamento delle acque interne, delle falde freatiche e delle acque marine;

          d) accertare l'attuale stato di conservazione dei rifiuti di natura nucleare anche in ordine alla costituzione di un sito nazionale per i rifiuti e le scorie nucleari;

          e) verificare l'applicazione della normativa vigente in materia di raccolta e di

smaltimento dei rifiuti da parte della pubblica amministrazione, degli enti locali e dei soggetti privati cui sono affidati la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti;

          f) accertare l'efficienza e la funzionalità dei sistemi di raccolta, smaltimento e stoccaggio dei rifiuti;

          g) accertare le cause che hanno determinato in molti casi l'accumulo di rifiuti non raccolti per lunghi periodi in diversi centri abitati, le cause della difficoltà di smaltire rifiuti in discariche idonee e le cause che hanno impedito di realizzare un numero adeguato di discariche equamente diffuse in tutto il territorio nazionale;

          h) accertare se e come le disfunzioni del ciclo dei rifiuti abbiano messo e mettono a rischio la salute dei cittadini;

          i) proporre soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali, per rendere efficiente, trasparente e sicuro per la salute pubblica e l'ambiente il ciclo dei rifiuti e per rimuovere le disfunzioni accertate;

          l) trasmettere relazioni all'autorità giudiziaria al fine di promuovere l'esercizio dei relativi poteri di indagine quando si ravvisino ipotesi di reato.

      2. La Commissione riferisce al Parlamento sulle attività svolte con una relazione annuale e con specifiche relazioni ogni qual volta ne ravvisi la necessità, nonché al termine dei suoi lavori, presentando una relazione finale. Fin dalla prima relazione annuale sono indicati gli interventi legislativi e amministrativi ritenuti più urgenti.

      3. La Commissione procede alle indagini con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.

Art. 3.

(Testimonianze).

      1. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

      2. La Commissione può disporre direttamente della polizia giudiziaria con le modalità previste dal codice di procedura penale.

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti).

      1. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza.

      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non dovranno essere divulgati, anche in relazione a esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

      3. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, comma 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

      3. Alla Commissione non può essere opposto il segreto d'ufficio o il segreto di Stato.

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori.

      2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, nonché di cittadini con specifiche competenze in materia di indagine sulla criminalità ambientale organizzata e non organizzata.

      4. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione utilizza personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.

      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 


N. 397

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

FOTI, AIRAGHI, LISI, ANTONIO PEPE, RAISI

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

 

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Presentata il3 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - Nelle precedenti legislature il Parlamento ha approvato, a larghissima maggioranza, l'istituzione di Commissioni parlamentari di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. La gravità dei fenomeni di smaltimento illegale dei rifiuti e il ruolo assai significativo svolto in questo campo dalla criminalità organizzata (già da tempo evidenziato dall'ampia documentazione prodotta da vari organismi istituzionali, come la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, gli uffici giudiziari e le associazioni ambientaliste, in particolare Legambiente) non potevano non essere oggetto di particolare attenzione e analisi da parte del Parlamento.

      Nel corso della XIV legislatura la Commissione parlamentare di inchiesta istituita dalla legge n. 399 del 2001 ha potuto verificare uno scenario ancora più grave e preoccupante di quello inizialmente ipotizzato. I sopralluoghi svolti, in particolare nelle regioni meridionali, hanno evidenziato un'estesa illegalità, caratterizzata in alcuni ambiti territoriali da situazioni di vera e propria emergenza.

      Le audizioni svolte hanno consentito di acquisire, soprattutto dagli uffici giudiziari maggiormente impegnati nelle indagini sui traffici illegali delle cosiddette «ecomafie», ulteriori e preoccupanti riscontri circa la penetrazione della criminalità organizzata nelle attività di raccolta e di smaltimento dei rifiuti di ogni tipologia.

      La Commissione parlamentare di inchiesta di cui si propone l'istituzione potrà dunque proseguire proficuamente il lavoro svolto nella scorsa legislatura, al fine di svelare gli intrecci e le coperture, anche di carattere politico, che hanno consentito l'espandersi e l'arricchirsi di quella che è stata chiamata la «Rifiuti Spa».

      Per questi motivi si ritiene opportuno riproporre anche nella XV legislatura la istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.

      In particolare l'articolo 1 istituisce la Commissione parlamentare di inchiesta e ne definisce l'oggetto di intervento.

      L'articolo 2 ne determina la composizione.

      L'articolo 3 disciplina le testimonianze.

      L'articolo 4 determina le modalità di richiesta di atti e documenti.

      L'articolo 5 disciplina l'obbligo del segreto.

      L'articolo 6 prevede la possibilità per la Commissione di organizzare i propri lavori sulla base di un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzione e funzioni della Commissione).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, di seguito denominata «Commissione» con il compito di:

          a) svolgere indagini atte a fare luce sul ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alle associazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale;

          b) individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

          c) verificare l'attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse;

          d) verificare i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica al fine di accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente;

          e) verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

          f) proporre soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate anche attraverso la sollecitazione al recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell'ordinamento italiano e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall'Italia.

      2. La Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori.

      3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.

Art. 3.

(Testimonianze).

      1. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384 del codice penale.

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti).

      1. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.

      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non dovranno essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

      3. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 1, secondo periodo, e 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.

      3. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

      5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 


N. 472

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

PEZZELLA, BELLOTTI, BRIGUGLIO, GIULIO CONTI

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta
sull'emergenza nel settore dei rifiuti in Campania

 

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Presentata il4 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - L'emergenza nel settore dei rifiuti in Campania rappresenta un problema all'ordine del giorno. Ormai la situazione si è fatta piuttosto grave poiché sono mesi che impera questo disagio. Per le strade marciscono mucchi enormi di spazzatura, tonnellate di pattume che non riescono a trovare una destinazione finale od un modo per essere smaltite in fretta.

      È necessario intervenire a livello di precauzione per poter minimizzare il degrado ambientale. Ridurre, riusare, riciclare e rispettare: queste le quattro «R» da cui partire per responsabilizzare tutti a qualsiasi livello e costruire un nuovo rapporto con i rifiuti.

      Devono modificarsi i criteri di produzione e di consumo e l'organizzazione di tutta la filiera puntando seriamente sulla raccolta differenziata.

      La Campania, una delle pianure italiane in cui l'agricoltura ha più storia, è stata trasformata in un gigantesco deposito di spazzatura. Una groviera purulenta dalla quale escono esalazioni fetide che contaminano i campi e fanno impennare l'indice delle malattie.

      In questa regione la ricchezza sembra aver cambiato fonte. Una volta il fatturato veniva dagli ortaggi, dalle primizie, dalla falangina, dal turismo. Oggi viene dalla diossina, dai metalli pesanti, eccetera.

      Con la presente proposta di legge si prevede l'istituzione di un'apposita Commissione parlamentare di inchiesta sull'emergenza nel settore dei rifiuti in Campania, che accerti i motivi e le ragioni del perché, dopo anni di lamentele, di proteste e di rimostranze, imperi, ancora, una forte negligenza nell'affrontare tale gravissimo problema.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Istituzione e funzioni della Commissione parlamentare di inchiesta).

      1. È istituita per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sull'emergenza nel settore dei rifiuti in Campania, di seguito denominata «Commissione», con le seguenti funzioni:

          a) accertare le reali condizioni della regione Campania in merito alla situazione dei rifiuti;

          b) individuare le connessioni tra eventuali attività illecite e interessi mafiosi e non;

          c) proporre soluzioni legislative e amministrative per fare recuperare alla regione Campania un ruolo adeguato al suo patrimonio storico, culturale e paesaggistico;

          d) svolgere accertamenti sull'uso dei fondi comunitari, regionali e di altra fonte, destinati dal Governo a fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti.

      2. La Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori.

      3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

 

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ogni gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.

Art. 3.

(Testimonianze).

      1. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384 del codice penale.

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti).

      1. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti e non, nonché copie di atti e documenti relativi ad indagini ed inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere alla Commissione quanto richiesto.

      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non debbano essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie od inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

      3. Il segreto funzionale riguardante atti o documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

      1. I componenti della Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 1, secondo periodo, e 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca un più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.

      3. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

      4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e di ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

      5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strutture messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa fra loro.

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 


SIWEB

Documentazione


Doc. XXIII n. 19 relazione finale del 15 febbraio 2006 – relatore On. Paolo Russo

 


Regolamento Camera dei deputati artt. 140-142

 


Regolamento Senato della Repubblica artt. 162 e 163



[1] Nella XII legislatura era stata istituita dalla sola Camera una commissione monocamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (deliberazione dell’Assemblea del 20 giugno 1995).

[2] Nella seduta del 18 dicembre 2002, il documento sui commissariamenti per l’emergenza rifiuti; nella seduta del 16 aprile 2003, il documento sull’attuazione della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai veicoli fuori uso; nella seduta del 4 novembre 2003, la Relazione territoriale sulla Calabria; nella seduta del 18 dicembre 2003, il secondo documento sui commissariamenti per l’emergenza rifiuti; nella seduta del 1° luglio 2004, il documento sulla nozione giuridica del termine «rifiuto»; nella seduta del 28 luglio 2004, la Relazione alle Camere sull’attività svolta; nella seduta del 21 dicembre 2004, il documento sull’introduzione nel sistema penale dei delitti contro l’ambiente e contro il fenomeno criminale dell’«ecomafia»; nella seduta dell’8 marzo 2005, la Relazione territoriale sul Friuli-Venezia Giulia; nella seduta del 21 dicembre 2005, la Relazione territoriale sulla Sicilia e nella seduta del 26 gennaio 2006, la Relazione territoriale sulla Campania. Infine, nella seduta del 15 febbraio 2006 è stata approvata la Relazione finale (Doc. XXIII, n. 19).

[3] Tale relazione, allegata al presente dossier, è anche disponibile all’indirizzo internet www.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/019/intero.pdf.

[4] Causa C – 176/03 del 13 settembre 2005.

[5] Nel corso della XIII legislatura, la Commissione ambiente della Camera ha approvato la risoluzione n. 7-00525, a firma Gerardini e altri, che impegnava il Governo ad elaborare una proposta del nostro Paese che contenesse chiari riferimenti per la definizione di "rifiuto" e del termine "disfarsi", nonché per la distinzione tra rifiuto e prodotto, attivandosi presso l'Unione europea perché fosse discussa tutta la materia.

[6] La necessità che sia precisata la distinzione tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è, è stata segnalata, tra l’altro, anche nella citata comunicazione della Commissione del 27 maggio 2003, secondo cui “la definizione di rifiuto è una costruzione giuridica certamente migliorabile”.

[7] Formata dalla direttiva quadro sui rifiuti (75/442/CEE), dalla direttiva sui rifiuti pericolosi (91/689/CEE), nonché dal regolamento sulle spedizioni di rifiuti (Regolamento n. 259/1993).

[8] Cfr. articolo 174 del trattato CE.

[9] Convertito con modificazioni dalla legge 15 aprile 2005, n. 53.

[10] Convertito con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152.

[11] Convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.

[12] Più precisamente, l’art. 1, comma 6, del decreto prevede la proroga degli stati di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nelle regioni Campania, Calabria, Lazio, Puglia e Sicilia, mentre per il settore delle bonifiche la proroga riguarda solamente le regioni Calabria, Campania e Puglia.

Sulla situazione emergenziale nel territorio e sui commissariamenti la Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha prodotto diversi documenti (Doc. XXIII, nn. 1, 4, 5, 15 e 17) disponibili all’indirizzo internet www.camera.it/_bicamerali/leg14/rifiuti/inddoc.htm.

[13] Una breve panoramica sullo stato di attuazione del Programma viene fornita nel capitolo 4 della citata relazione finale della Commissione d’inchiesta.

[14] Gli interventi di interesse nazionale contemplati dall’art. 1 della legge n. 426 del 1998 – inclusi nell’Allegato A al D.M. n. 468 del 2001 – riguardano 14 siti: Porto Marghera (Veneto); Napoli Orientale e Litorale Domizio-Flegreo-Agro Aversano (Campania); Gela-Priolo (Sicilia); Manfredonia, Taranto e Brindisi (Puglia); Cengio-Saliceto (Liguria-Piemonte); Piombino e Massa-Carrara (Toscana); Casale Monferrato, Balangero e Pieve Vergonte (Piemonte); Pitelli (Liguria).

L’Allegato C al D.M. n. 468 del 2001 riporta i 3 siti di interesse nazionale individuati dalla legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001): Sesto San Giovanni e Pioltello-Rodano (Lombardia) e Napoli Bagnoli-Coroglio (Campania).

Il D.M. n. 468/2001 ha individuato – nell’Allegato E - altri 23 siti: Tito (Basilicata); Fiumi Saline e Alento (Abruzzo); Crotone-Cassano-Cerchiara (Calabria); Sassuolo-Scandiano e Fidenza (Emilia Romagna); Trieste e Laguna di Grado e Marano (Friuli Venezia Giulia); Frosinone (Lazio); Cogoleto-Stoppani (Liguria); Cerro al Lambro e Milano-Bovisa (Lombardia); Basso bacino del fiume Chienti (Marche); Campobasso-Guglionesi II (Molise); Basse di Stura (Piemonte); Bari-Fibronit (Puglia); Sulcis-Iglesiente-Guspinese (Sardegna); Biancavilla (Sicilia); Livorno (Toscana); Terni-Papigno (Umbria); Emarese (Valle d’Aosta); Mardimago-Ceregnano-Rovigo (Veneto); Bolzano e Trento nord.

[15] A tali risorse devono essere aggiunte quelle provenienti dall’applicazione del DM ambiente 14 ottobre 2003 recante la disciplina delle modalità di funzionamento ed accesso al fondo di rotazione istituito, per l’effettuazione di interventi di bonifica, dal comma 9-bis dell'art. 18 della legge n. 349/1986, e alimentato dalle “somme derivanti dalla riscossione dei crediti a favore dello Stato per risarcimento del danno ambientale, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo” (art. 4, comma 1, del citato DM).

[16] L’art. 14 della legge n. 179 del 2002 ha modificato l’art. 1, comma 4, della legge n. 426 del 1998, individuando altri 9 siti di interesse nazionale: Brescia-Caffaro, Broni e Laghi di Mantova e polo chimico (Lombardia); Falconara Marittima (Marche); Serravalle Scrivia (Piemonte); Orbetello area ex Sitoco (Toscana); Aree del litorale vesuviano (Campania); Aree industriali di Porto Torres (Sardegna); Area industriale della Val Basento (Basilicata).

[17] Si fa notare che gli interventi da considerare sono in realtà 50, atteso che i siti di Gela e Priolo (sito unico nella legge n. 426 del 1998) rappresentano due realtà geografiche ben distinte.

[18] Delineata dalla legge n. 426 del 1998 e dal DM n. 468/2001.