Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse - A.C. 17-B - Seconda lettura alla Camera
Riferimenti:
AC n. 472/XV   AC n. 397/XV
AC n. 51/XV   AC n. 39/XV
AC n. 17/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 5    Progressivo: 2
Data: 24/07/2006
Descrittori:
COMMISSIONI D'INCHIESTA     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

A.C. 17-B

 

Seconda lettura alla Camera

 

 

 

 

 

 

n. 5/2

 

 

24 Luglio 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AM0003

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi C. 17-B   3

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Rispetto degli altri principi costituzionali7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  8

Schede di lettura

§      La proposta di legge all’esame dell’VIII Commissione  11

§      L’attività della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse nelle precedenti legislature  15

Progetto di legge

§      A.C. 17-B, (on. Realacci), Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  25

Normativa nazionale

§      L. 10 aprile 1997, n. 97. Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  35

§      L. 31 ottobre 2001, n. 399. Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse  38

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria
legislativa


Dati identificativi C. 17-B

Numero del progetto di legge

17-B

Titolo

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

si

Numero di articoli

6

Date

 

§          presentazione o trasmissione alla Camera

19 luglio 2006

§          annuncio

 

§          assegnazione

20 luglio 2006

Commissione competente

VIII ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

I e II

 


 

Contenuto del provvedimento

 

 

La proposta di legge, approvata in prima lettura dalla Camera nella seduta del 6 luglio scorso, è stata nuovamente trasmessa dal Senato. In base all’articolo 70, comma 2, del regolamento, la Camera, prima della votazione finale, è chiamata a deliberare soltanto sulle modificazioni apportate dal Senato.

La proposta di legge dispone la ricostituzione – per la durata della nuova legislatura – della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, operante già dalla XIII legislatura.

L’articolo 1, commi 1 e 2, che riproduce nella sostanza la corrispondente disposizione della legge istitutiva della Commissione d’inchiesta nella precedente legislatura (legge 31 ottobre 2001, n. 399), affida alla Commissione i seguenti compiti:

§         svolgere indagini sul ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono, sui relativi assetti societari, sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, e quindi individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del paese e verso altre nazioni;

§         verificare l’attuazione delle normative vigenti e i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica e in particolare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

§         proporre le soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie ai fini di un migliore coordinamento e di una maggiore incisività dell’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere e disfunzioni accertate, anche attraverso la sollecitazione al recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell’ordinamento e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall’Italia.

§         riferire al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori.

Il comma 3 riproduce nel primo periodo il dettato costituzionale (articolo 82, secondo comma, secondo periodo, Cost.), secondo il quale la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. Il secondo periodo, introdotto nel corso dell’esame al Senato, esclude in termini generali che la Commissione d’inchiesta possa adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. In connessione con tale modifica è stato soppresso l’articolo 4 (introdotto nel corso dell’esame in prima lettura alla Camera), che prescriveva una specifica procedura (maggioranza dei due terzi dei componenti e atto motivato) e limitava ai soli casi e modi previsti dalla legge l’adozione delle deliberazioni aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti .

 

Le restanti disposizioni della proposta di legge non sono state modificate nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento. Se ne riporta comunque sinteticamente il contenuto:

L’articolo 2 disciplina la composizione della Commissione (composta da venti senatori e da venti deputati) e dispone l’elezione, nella prima seduta, del presidente, di due vicepresidenti e di due segretari, prevedendo contestualmente una specifica procedura per l’elezione del Presidente.

L’articolo 3 disciplina il profilo delle testimonianze davanti alla Commissione, attraverso il riferimento agli articoli da 366 a 384-bis del codice penale, esplicita l’operatività dell’intero Capo I del Titolo III del Libro II del codice penale relativo ai delitti contro l’attività giudiziaria (con l’esclusione delle fattispecie di reato evidentemente non applicabili).

L’articolo 4 (corrispondente al precedente articolo 5) disciplina, al comma 1, il profilo dell’acquisizione di copie di atti e documenti relativi a procedimenti in corso presso l’autorità giudiziaria e altri organismi inquirenti ovvero di atti e documenti in merito a inchieste e indagini parlamentari, prevedendo contestualmente il mantenimento del regime di segretezza e la possibilità che l’autorità giudiziaria emetta decreto motivato di rigetto per ragioni di natura istruttoria. I successivi commi 2 e 3 disciplinano il segreto c.d. funzionale, in relazione agli atti e ai documenti che la Commissione stabilisca non debbano essere divulgati, prevedendone in particolare l’inopponibilità ad altre Commissioni d’inchiesta in relazione agli atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di associazione a delinquere e di associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.).

L’articolo 5 (corrispondente al precedente articolo 6) impone ai componenti della Commissione, al personale addetto e a chiunque compie o concorre a compiere atti di inchiesta, o ne venga a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio l’obbligo del segreto (sanzionato a norma dell’articolo 326 c.p.) rispetto agli atti e ai documenti di cui all’articolo 4, comma 2 (ovvero agli atti che la Commissione stabilisca non debbano essere divulgati, nonché in ogni caso agli atti e ai documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari).

Per quanto infine riguarda l’organizzazione interna della Commissione il testo dell’articolo 6 (corrispondente al precedente articolo 7) riproduce, nei primi cinque commi, le corrispondenti disposizioni della precedente legge istitutiva (relative in particolare al rinvio ad un apposito regolamento interno per la disciplina del funzionamento e dell’attività della Commissione, alla previsione della possibilità per la Commissione di organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, di riunirsi in seduta segreta, di avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, nonché alla previsione dell’utilizzo per l’espletamento delle sue funzioni di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro).

Il comma 6, invece dispone un limite massimo alle spese per il funzionamento della Commissione (di euro 75.000 per l'anno 2006, e di euro 150.000 per ciascuno degli anni successivi) poste per metà a carico del bilancio del Senato e per metà a carico del bilancio della Camera e prevede inoltre la possibilità che i Presidenti dei due rami del Parlamento, con determinazione adottata d'intesa tra loro, autorizzino annualmente un incremento delle spese comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Necessità dell’intervento con legge

Secondo il dettato costituzionale, le inchieste parlamentari possono essere disposte da ciascuna Camera. L’atto formale per la costituzione della Commissione d’inchiesta non viene espressamente previsto dalla disposizione costituzionale. In via di prassi si è affermato sia il modello della deliberazione monocamerale, sia quello del provvedimento legislativo. Quest’ultimo strumento è quello ordinariamente adoperato per l’istituzione di commissioni bicamerali.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia, attenendo all’esercizio di un potere costituzionale delle Assemblee parlamentari, può ricondursi alla disciplina degli organi dello Stato, riservata dall’articolo 117, secondo comma, lettera f), della Costituzione all’esclusiva competenza legislativa statale.

Rispetto degli altri principi costituzionali

L’articolo 1, comma 3 (secondo periodo), nel testo modificato dal Senato, stabilisce che “in nessun caso [la Commissione] può adottare provvedimenti attinenti la libertà  personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”. Tale divieto segue alla consueta formula, mutuata dall’art. 82, secondo comma, della Costituzione, secondo la quale “la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.

Anche alla luce delle perplessità emerse nel corso dell’esame da parte della I Commissione di una disposizione di tenore analoga inserita nella proposta di istituzione della Commissione “anti-mafia”, andrebbe verificato come il divieto in questione si inserisca nell’ambito della disposizione costituzionale appena citata, che individua i poteri propri delle Commissioni d’inchiesta.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 7, comma 1, prevede che la Commissione adotti un regolamento interno per disciplinare la propria attività e attribuisce a ciascun componente l’iniziativa di proporre la modifica delle norme regolamentari.

Coordinamento con la normativa vigente

Il progetto di legge in esame è volto alla ricostituzione per la nuova legislatura di una Commissione d’inchiesta istituita per legge già dalla XIII legislatura[1].


Schede di lettura


 

La proposta di legge all’esame dell’VIII Commissione

Finalità generali, durata dell’inchiesta e compiti della Commissione (articolo 1, commi 1 e 2)

Ø      L’oggetto dell’inchiestaè individuato con riferimento al ciclo dei rifiuti e alle attività illecite ad esso connesse;

Ø      la durata dell’inchiesta coincide conla durata della XV legislatura;

Ø      l’elencazione dei compiti attribuiti alla Commissione di inchiestariproduce nella sostanza le corrispondenti disposizioni della legge istitutiva della Commissione d’inchiesta nella precedente legislatura (l. n. 399 del 2001).

 

Tali compiti in particolare consistono:

a)         nello svolgere indagini sul ciclo dei rifiuti e sulle organizzazioni che lo gestiscono. In proposito, si specifica che oggetto delle indagini dovranno essere anche gli assetti societari di tali organizzazioni e il ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con particolare riferimento alle organizzazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale (ovvero, rispettivamente, associazione per delinquere ed associazione di tipo mafioso);

b)         nell’individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti ed altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

c)         nel verificare l’attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse;

d)         nel verificare i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, al fine di accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente;

e)         nel verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

f)           nel proporre soluzioni legislative ed amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate, anche attraverso la sollecitazione al recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell’ordinamento e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall’Italia.

 

Anche la previsione contenuta nell’articolo 1, comma 2 – secondo la quale la Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori - riproduce la corrispondente disposizione dell’ultima legge istitutiva della Commissione d’inchiesta.

 

Composizione e organizzazione interna della Commissione (articoli 2 e 6)

Ø      La composizione della Commissione è disciplinata dall’articolo 2, che riproduce il testo della corrispondente disposizione della legge n. 399 del 2001, salvo che per la previsione, al comma 3, di una specifica maggioranza e di una specifica procedura per l’elezione del Presidente.

 

Si prevede in particolare:

§       che la Commissione sia composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento (comma 1);

§       che essa elegga, nella prima seduta, il presidente, due vicepresidenti e due segretari (comma 2);

§       la maggioranza assoluta per l’elezione del Presidente e, in mancanza di tale maggioranza, il ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti.

 

Ø      L’organizzazione interna della Commissione è disciplinata dall’articolo 6 con norme di analogo tenore rispetto a quelle contenute nella precedente legge istitutiva, salvo che per la previsione, contenuta nel comma 6, di un limite massimo alle spese per il funzionamento della Commissione.

 

L’articolo 6 prevede in particolare:

§       che l’attività e il funzionamento della Commissione d’inchiesta siano disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dei lavori e che ciascun componente possa proporre la modifica di tali norme regolamentari (comma 1);

§       la possibilità per la Commissione di organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il citato regolamento (comma 2), di riunirsi in seduta segreta tutte le volte che lo ritenga opportuno (comma 3), e di avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie (comma 4).

§       che, per l’espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisca di personale, locali e strumenti operativi  messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro (comma 5);

§       un limite massimo alle spese per il funzionamento della Commissione (di euro 75.000 per l'anno 2006, e di euro 150.000 per ciascuno degli anni successivi) poste per metà a carico del bilancio del Senato e per metà a carico del bilancio della Camera e prevede inoltre la possibilità che i Presidenti dei due rami del Parlamento, con determinazione adottata d'intesa tra loro, autorizzino annualmente un incremento delle spese comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta (comma 6).

 

Poteri della Commissione e obbligo del segreto (articolo 1, comma 3, e articoli 3, 4 e 5)

Ø      Con generale riferimento ai poteri della Commissione, il primo periodo dell’articolo 1, comma 3, prevede che la Commissione proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria.

Il secondo periodo del comma 3, introdotto nel corso dell’esame al Senato, esclude in termini generali che la commissione d’inchiesta possa adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. In connessione con tale modifica è stato soppresso l’articolo 4, introdotto dalla Camera nel corso della prima lettura, che prescriveva una specifica procedura (maggioranza dei due terzi dei componenti e atto motivato) e limitava ai soli casi e modi previsti dalla legge l’adozione delle deliberazioni aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti.

 

Tali modifiche sono state approvate in accoglimento del parere reso dalla 1a Commissione del Senato nella seduta di martedì 18 luglio 2006.

 

Ø      Con specifico riferimento al profilo delle testimonianze davanti alla Commissione, l’articolo 3 riproduce nella sostanza le corrispondenti disposizioni della legge 399 del 2001, disponendo l’applicazione delle disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384-bis del codice penale;

 

Attraverso il riferimento agli articoli da 366 a 384-bis, si esplicita l’operatività dell’intero Capo I del Titolo III del Libro II del codice penale - relativo ai delitti contro l’attività giudiziaria – con l’esclusione delle fattispecie di reato contemplate dagli articoli da 361 a 365, evidentemente non applicabili alle testimonianze innanzi alle Commissioni di inchiesta (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale, di un incaricato di pubblico servizio, del cittadino e omissione di referto).

 

Ø      L’articolo 4 contempla la facoltà della Commissione di acquisire copie di atti e documenti relativia procedimenti in corso presso l’autorità giudiziaria e altri organismi inquirenti ovvero di atti e documenti in merito a inchieste e indagini parlamentari (anche se coperti dal segreto), prevedendo contestualmente il mantenimento del regime di segretezza.

 

Tale disposizione prevede inoltre:

§       la possibilità che l’autorità giudiziaria emetta decreto motivato di rigetto, qualora per ragioni di natura istruttoria ritenga di non potere derogare al segreto di cui all’articolo 329 c.p.p., specificando altresì che qualora tali ragioni vengono meno, l’autorità provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto (comma 1).

Sul punto, si segnala che, nel corso dell’esame della proposta di legge istitutiva della Commissione ”antimafia”, attualmente all’esame della Camera (A.C. 40 e abb.-B), il Senato ha modificato l'articolo 5, comma 4, stabilendo una limitazione della possibilità per l'autorità giudiziaria di ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti dalla Commissione di inchiesta. Al riguardo, il testo approvato dalla Camera prevedeva che ciò potesse avvenire solo con decreto motivato e per ragioni di natura istruttoria, stabilendo altresì che tale decreto avesse efficacia per sei mesi e potesse essere rinnovato, mentre il testo approvato dal Senato precisa che tale rinnovo può avvenire una sola volta.

§       il potere della Commissione di stabilire quali atti non dovranno essere divulgati, anche in relazione alle esigenze di riserbo istruttorio e ferma restando la segretezza di documenti attinenti a procedimenti ancora in fase di indagine preliminare (comma 2);

§       l’inopponibilità ad altre Commissioni d’inchiesta del citato segreto funzionale quando riguardi atti e documenti relativi a reati di associazione a delinquere e di associazione di tipo mafioso (artt. 416 e 416-bis c.p.) (comma 3).

 

Ø      L’articolo 5 disciplina l’obbligo del segreto, imposto  ai componenti della Commissione, al personale addetto e a chiunque compie o concorre a compiere atti di inchiesta, o ne venga a conoscenza, per ragioni di ufficio o di servizio e sanzionato a norma dell’articolo 326 c.p.

 

L’art. 326 del codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che riveli notizie coperte da segreto d’ufficio o ne agevoli la conoscenza. La rivelazione colposa è invece punita con la reclusione fino ad un anno. L’ultimo comma dell’art. 326 prevede l’ipotesi “aggravata” del reato stabilendo che quando gli stessi soggetti si avvalgano illegittimamente di notizie di ufficio destinate a rimanere segrete, al fine di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si applica la reclusione da due a cinque anni. Nel caso invece in cui il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

 


L’attività della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse nelle precedenti legislature

 

La Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse è stata istituita nella XIV legislatura – in continuità con l’analogo organo istituito nelle precedenti legislature – con la legge 31 ottobre 2001, n. 399.

Un primo resoconto dei lavori effettuati durante i primi due anni di attività della Commissione è stato effettuato con la trasmissione alle Camere, il 28 luglio 2004, del documento XXIII, n. 9, Relazione alle Camere sull’attività svolta.

La Commissione d’inchiesta ha continuato i suoi lavori effettuando numerose (ben ventotto) missioni conoscitive nelle regioni italiane e tre all’estero, approfondendo temi specifici riguardanti aspetti rilevanti del ciclo dei rifiuti ed organizzando momenti di confronto pubblico (cinque convegni) al fine di favorire la comunicazione tra diverse competenze, esperienze e prospettive.

Durante la legislatura la Commissione ha approvato undici documenti[2]; tutta la documentazione acquisita è stata organizzata e classificata attraverso la creazione di una apposita banca dati.

La Commissione d’inchiesta ha, tra l’altro, cercato di far luce sull’intero ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono e sugli eventuali rapporti con la criminalità organizzata, accertando la legittimità e la congruità dei comportamenti della pubblica amministrazione, nonché ha provveduto ad individuare le innovazione tecnologiche atte a migliorare la gestione integrata del ciclo dei rifiuti stesso.

La relazione conclusiva (Doc XXIII, n. 19), approvata nella seduta del 15 febbraio 2006[3], ha precisato alcuni elementi critici relativi agli argomenti affrontati, con la finalità di proporre soluzioni operative, normative e/o amministrative rispetto alle specifiche criticità riscontrate.

Le principali tematiche oggetto di indagine hanno riguardato:

§         il ciclo integrato dei rifiuti: il quadro, le tecnologie, le prospettive;

§         l’istituto del commissariamento straordinario in materia di rifiuti;

§         l’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto comunitario in materia di rifiuti, in particolare l’attuazione di alcune «direttive-cardine» ed la questione della nozione giuridica del termine «rifiuto», nonché i procedimenti di infrazione in corso contro l’Italia avviati nel 2005 per violazione della normativa europea sui rifiuti;

§         la bonifica dei siti inquinati;

§         i consorzi (il sistema CONAI ed il consorzio POLIECO);

§         il delitto ambientale con i possibili percorsi futuri per una effettiva tutela penale dell’ambiente;

§         il sapere ambientale, inteso quale accesso alle informazioni, la raccolta e la circolarità dei dati;

§         la criminalità ambientale transnazionale.

 

In merito al ciclo integrato dei rifiuti, la Commissione d’inchiesta ha rilevato la necessità di compiere “ulteriori passi in avanti in direzione di un sistema in grado di rappresentare le esigenze di crescita e di sviluppo sostenibile del Paese”.

In tale prospettiva, i tre pilastri fondamentali di una corretta impostazione di qualunque sistema di gestione dei rifiuti, previsti, tra l’altro, anche dalle norme vigenti, sono stati individuati nei seguenti:

§         riduzione del volume, della quantità e della pericolosità dei rifiuti;

§         recupero di materia, riuso e riciclaggio;

§         smaltimento attraverso sistemi mirati, in primo luogo, al recupero di materia, energia e calore e, solo residualmente, all’abbandono in sicurezza.

 

Secondo la Commissione, a tale sistema deve essere accompagnarsi un generale ripensamento anche delle politiche industriali, economiche e fiscali.

Analizzando poi le singole realtà regionali, la Commissione ha rilevato, analogamente alle conclusioni emerse al termine della precedente legislatura, che non sono state ancora superate le gravi situazioni di criticità presenti in molte regioni, e in particolare in quelle meridionali ove esse assumono caratteristiche di estrema gravità e di vera e propria emergenza.

 

Il dato sicuramente più preoccupante, secondo la Commissione, riguarda la situazione  delle regioni di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia sottoposte a commissariamentoed all’interno delle quali la criminalità organizzata è più presente e radicata.

Per ciò che concerne in particolare la Campania, la Commissione ha preso atto della gravità della situazione in ordine all’intera gestione del ciclo dei rifiuti, partendo dal profilo programmatorio, passando per quello gestionale e sanitario, per poi arrivare a quello criminale. È stato rilevato che l’aspetto più preoccupante è costituito dal fatto che, nonostante l’attribuzione di poteri straordinari ai Commissari ed ai Vice- Commissari che si sono succeduti nel tempo, il raggiungimento di risultati di apprezzabile sufficienza appare ancora molto lontano

Particolare attenzione è stata poi rivolta al Piemonte ed alla Basilicata, sia per la presenza in entrambe le regioni di impianti di stoccaggio di materiali radioattivi, sia per il fatto che si tratta di territori caratterizzati da una incompleta attuazione dei piani in materia di ciclo integrato dei rifiuti.

 

La Commissione ha, infine, svolto una riflessione sulle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA), il cui funzionamento è condizione imprescindibile per la produzione di risultati soddisfacenti da parte dell’intero sistema dei rifiuti a livello regionale.

Sul punto, la Commissione d’inchiesta ha auspicato l’adozione di opportuni strumenti amministrativi e di adeguate dotazioni strumentali, al fine di garantire alle agenzie stesse sia l’assegnazione di personale di elevata professionalità e l’utilizzazione delle migliori tecnologie, sia l’efficacia e l’affidabilità degli interventi attraverso un più penetrante sistema di controlli interni.

 

Per quanto riguarda l’istituto del Commissariamento straordinario in materia di rifiuti, sono state ribadite le perplessità e le critiche per le situazioni di anomala ordinarietà della gestione commissariale, auspicando che il rientro nel regime ordinario avvenga senza soluzione di continuità.

La Commissione ha, pertanto, valutato favorevolmente l’istituzione, con il decreto-legge n. 245 del 2005, di una Consulta regionale per la gestione dei rifiuti, presieduta dal Presidente della Regione, cui sono chiamati a far parte i presidente delle province nonché i rappresentanti dei comuni interessati ad una equilibrata localizzazione dei siti per le discariche e lo stoccaggio dei rifiuti trattati. L’istituzione di tale organo rappresenta, secondo la Commissione, “una tappa significativa di un’exit strategy dal Commissariamento” (che, invece, rappresenta, sempre secondo la Commissione d’inchiesta, un “incentivo alla de-responsabilizzazione, anche politica, degli enti ed organi che in base alla ripartizione di competenze debbono occuparsi della materia dei rifiuti”), “per il suo significato di istituzione-ponte, chiamata cioè a preparare la transizione verso la riespansione del regime ordinario, ed, in qualche modo, ad allenare gli enti locali a fronteggiare le proprie competenze e responsabilità”.

 

La Commissione d’inchiesta ha svolto quindi un’articolata ed approfondita riflessione sullo stato di attuazione del processo di adeguamento del diritto interno a quello comunitario, soprattutto in relazione alla questione della nozione giuridica di “rifiuto” ed ai procedimenti di infrazione contro l’Italia, avviati nel 2005, per violazione della normativa europea sui rifiuti.

 

Dal complesso delle considerazioni svolte, la Commissione ha elencato una serie di priorità, al fine di meglio garantire la corretta applicazione del diritto comunitario relativo alla materia dei rifiuti, tra cui:

·       la sollecitazione di interventi in sede comunitaria per la formulazione di una direttiva più dettagliata al fine di dare una soluzione alla questione della definizione della nozione giuridica di “rifiuto”;

·       in merito all’obbligo di predisposizione dei piani di gestione dei rifiuti, di cui alla direttiva 75/442/CE, una maggiore cooperazione con le istituzioni comunitarie, volta a fornire adeguate e dettagliate informazioni sui piani regionali di smaltimento dei rifiuti, onde vanificare le procedure di infrazione in atto contro l’Italia ed adeguare i piani alla normativa europea;

·       in relazione alla tematica dei rifiuti da imballaggio, di cui alla direttiva 94/62/CE, l’inserimento nei piani di gestione dei rifiuti di un capitolo specifico relativo ai rifiuti di imballaggio.

Altri aspetti nodali sono rappresentati dai veicoli fuori uso e dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, su cui la Commissione d’inchiesta ha svolto specifici approfondimenti.

 

La Commissione d’inchiesta ha affrontato anche la problematica delle bonifiche dei siti inquinati sia in riferimento alle attività poste in essere dalle Regioni attraverso la redazione dei piani regionali di bonifica, previsti dalla legge n. 441 del 1987, sia in relazione alle attività definite dal «Piano nazionale di bonifica e ripristino ambientale» di cui all’art. 1 della legge n. 426 del 1998. In tale contesto, non sono state trascurate le molteplici segnalazioni e denunce provenienti in ordine a situazioni di degrado e di abbandono di aree del territorio ove sono state verificate attività di illecito smaltimento.

 

In relazione ai piani regionali di bonifica, la Commissione ha auspicato che una periodicità, almeno biennale, nell’aggiornamento dei Piani, anche al fine di monitorare l’andamento dell’inquinamento e del ripristino ambientale del territorio degradato dai fenomeni di contaminazione. Inoltre ha ritenuto necessario che venga portata a compimento la realizzazione dell’anagrafe prevista dalla normativa, così da avere un quadro omogeneo sullo stato di inquinamento del territorio.

Per quanto riguarda il Piano nazionale di bonifica (approvato con il decreto ministeriale n. 468 del 2001), l’attività della Commissione di inchiesta si è concentrata sullo stato di attuazione del Piano. Ad avviso della Commissione sono necessari ulteriori sforzi da parte di tutte le realtà istituzionali e imprenditoriali coinvolte al fine  dotarlo di nuove e maggiori risorse economiche e di meccanismi procedimentali più snelli.

 

La Commissione d’inchiesta, al fine di rendere concreto il contributo delle attività di bonifica verso uno «sviluppo sostenibile», come già avviene in altri Paesi europei, ha evidenziato la necessità di perseguire alcuni obiettivi, tra i quali:

Ø      migliorare il grado di conoscenza nel campo delle aree e dei siti industriali inquinati a livello nazionale;

Ø      sviluppare e applicare le tecnologie di bonifica a basso impatto ambientale;

Ø      sviluppare attività di ricerca finalizzate alla sperimentazione sulle bonifiche e sul ripristino ambientale di ecosistemi compromessi dall’inquinamento;

Ø      sviluppare sistemi di monitoraggio e prevenzione dell’inquinamento sia del suolo che indotto nelle acque superficiali e sotterranee;

Ø      formare figure professionali ad elevata qualificazione nel campo delle bonifiche di aree e siti inquinati.

 

La Commissione d’inchiesta ha dedicato particolare attenzione anche alle realtà consortili, sotto il profilo in particolare del relativo finanziamento.

In relazione alle inefficienze emerse - dovute, probabilmente, alla posizione monopolistica dei consorzi - la Commissione ha auspicato un approfondimento, sia a livello legislativo che imprenditoriale, di tali realtà anche a fronte dell’eventualità di una graduale trasformazione degli attuali consorzi da obbligatori in volontari, nell’ottica di non escludere la percorribilità di una linea di tendenza mirante a consentire e ad alimentare sempre più estese forme consortili od associative in competizione con l’istituzione obbligatoria. La Commissione ha poi esaminato alcune problematiche relative due realtà consortili specifiche: il recupero dei rifiuti da imballaggi da parte del Conai ed il contributo di riciclaggio dei rifiuti di beni in polietilene previsto dal PolieCo.

 

La Commissione d’inchiesta si è anche soffermata sui percorsi futuri per una effettiva tutela penale dell’ambiente, anche a seguito di una importante pronuncia della Corte di giustizia[4].

Per garantire l’effettività della prevenzione, la Commissione ha auspicato, tra l’altro, la revisione della disciplina amministrativa di gestione delle attività economiche e produttive, nel rispetto dell’ambiente, accanto ad un affinamento dei sistemi atti a rintracciare i profitti economici illeciti e restituire, in tal modo, all’ordinamento, un efficace ruolo dissuasivo nei confronti dei responsabili del crimine ambientale.

 

Con riferimento al profilo della dimensione trasnazionale della criminalità ambientale, la Commissione ha affrontato la problematica delle movimentazioni illecite transfrontaliere di rifiuti (ed in particolare dei traffici che hanno utilizzato la via marittima, svolgendo approfonditi accertamenti sulla vicenda dello spiaggiamento della motonave «Rosso») e ha anche dedicato un particolare approfondimento alla vicenda Somalia, confermando il fatto che tale Paese è stato utilizzato quale terminale di traffici di rifiuti, a partire dalla fine degli anni ottanta e auspicando che ulteriori approfondimenti vengano realizzati dall’autorità giudiziaria.

 

Un’ulteriore tematica oggetto di indagine da parte della Commissione di inchiesta ha riguardato l’accesso alle informazioni ambientali. IN proposito, la Commissione ha auspicato la creazione, presso le Agenzie regionali di Protezione Ambientale o la stessa APAT, di un Osservatorio permanente necessario a migliorare la conoscenza reale dei processi produttivi delle aziende a rischio e studiare i sistemi di controllo più appropriati, nonché l’istituzione di un Protocollo per la costituzione di una banca dati a fini epidemiologici, gestita dall’Istituto Superiore di Sanità ed implementata da tutte le forze dell’ordine e dagli organi di controllo delle pubbliche amministrazioni interessate.

 

La Commissione ha, infine, approfondito alcune tematiche specifiche relative ai rifiuti industriali (in particolare quelli relativi all’area industriale di Priolo e di Porto Marghera), ai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, ai rifiuti radioattivi, con particolare riferimento ai preparati ramiferi utilizzati in ambito sanitario, ed ai rifiuti derivanti da veicoli fuori uso.

 

Può essere utile, infine, un cenno al documento XXIII, n. 63, approvato nella seduta del 28 marzo 2001 dalla Commissione d’inchiesta istituita nella XIII legislatura dalla legge n. 97 del 1997.

In tale documento, si è in particolare evidenziato che:

§         il ciclo dei rifiuti solidi urbani ha mostrato un Paese che “viaggia a tre velocità”: il meridione con una situazione di prolungata emergenza (ad eccezione della Basilicata), un’Italia centrale ove, accanto alla Toscana ed all’Umbria che hanno intrapreso la strada indicata dalla normativa comunitaria e nazionale, coesistono altre regioni con una situazione ancora insoddisfacente ed infine, l’Italia del Nord invece al passo con la media dell’Europa settentrionale, sia in termini di gestione che di trattamento.

§         il ciclo dei rifiuti solidi urbani risente di scarsità di investimenti da parte dell’imprenditoria, con società che spesso operano con procedure di scarsa trasparenza;

§         il mercato dell’illecito,che fattura diverse migliaia di miliardi l’anno, con ingenti danni anche per l’erario, è invece caratterizzato dallo smaltimento illegale all’estero - nei Paesi in via di sviluppo - di una parte dei rifiuti. Contro tale business illegale è stata rilevata una debolezza dello Stato. Secondo la Commissione, i fattori che consentiranno di “marginalizzare” le attività illecite nel ciclo dei rifiuti e di aprire la strada ad una gestione integrata del ciclo dei rifiuti sono costituite da una maggiore efficacia ed efficienza dei controlli amministrativi, da una normativa penale con reali funzioni di deterrenza e dall’adozione delle tecnologie migliori per l’abbattimento degli inquinanti.

La Commissione ha affrontato anche la problematica delle bonifiche dei siti inquinati evidenziando – positivamente – come negli anni più recenti la bonifica dei territori inquinati, sia da attività industriali decennali che da fenomeni di illecito smaltimento, abbia finalmente ricevuto l’adeguata attenzione, nonché la situazione dei rifiuti radioattivi e quella dell’eliminazione dell’amianto.

La Commissione, a conclusione della propria attività, ha formulato i seguenti indirizzi:

§         l’avvio da parte del Ministero dell’ambiente di un’ampia indagine sui rifiuti speciali, con particolare attenzione ai rifiuti pericolosi;

§         lo svolgimento, da parte dello stesso Ministero, di programmi di “education” nei confronti del sistema delle imprese;

§         il completamento a livello locale del sistema dei controlli Anpa-Arpa-Appa;

§         la redazione di un testo unico in materia di legislazione dei rifiuti per fornire un quadro di riferimento certo e meno farraginoso a tutti gli operatori del settore, alle amministrazioni, alle imprese ed agli organi giudiziari;

§         il coordinamento tra tutte le forze addette al contrasto ed alla repressione delle ecomafie in campo nazionale, favorendo lo sviluppo di appositi settori di “intelligence” e di analisi economica.

La Commissione ha, infine, suggerito l’istituzione di analoga Commissione d’inchiesta anche per la successiva legislatura, con un ampliamento dei suoi compiti in relazione all’attività estrattiva abusiva ed all’abusivismo edilizio, al dissesto idrogeologico ed alla depurazione delle acque, al fine di fornire un contributo significativo nella riduzione dei rischi di crisi nelle singole aree territoriali.  Nella XIV legislatura, non si è proceduto ad estendere le finalità generale dell’inchiesta.

 


Progetto di legge


N. 17_B

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

APPROVATA DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
il 6 luglio 2006 (v. stampato Senato n. 768)

MODIFICATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 19 luglio 2006

d’iniziativa del deputato REALACCI

¾

 

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

 

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Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica

il 19 luglio 2006

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TESTO

approvato dalla Camera dei Deputati

 

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

Art. 1.

(Istituzione e compiti della Commissione).

Art. 1.

(Istituzione e compiti della Commissione).

      1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse con il compito di:

      1. Identico.

          a) svolgere indagini atte a fare luce sul ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni che lo gestiscono, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alle associazioni di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale;

 

          b) individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e altre attività economiche, con particolare riguardo al traffico dei rifiuti tra le diverse regioni del Paese e verso altre nazioni;

 

          c) verificare l'attuazione delle normative vigenti e le eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati destinatari delle stesse;

 

          d) verificare i comportamenti della pubblica amministrazione centrale e periferica, al fine di accertare la congruità degli atti e la coerenza con la normativa vigente;

 

          e) verificare le modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali e i relativi sistemi di affidamento;

 

          f) proporre le soluzioni legislative e amministrative ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e per rimuovere le disfunzioni accertate, anche attraverso la sollecitazione

 

al recepimento di normative previste in direttive comunitarie non introdotte nell'ordinamento italiano e in trattati o accordi internazionali non ancora ratificati dall'Italia.

 

      2. La Commissione riferisce al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali e ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori.

      2. Identico.

      3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

      3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. In nessun caso può adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

Art. 2.

(Composizione della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

      Identico.

      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il proprio ufficio di presidenza, costituito dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari.

 

      3. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. Nel ballottaggio è proclamato eletto colui che ottiene il maggiore numero di voti; in caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.

 

Art. 3.

(Testimonianze).

Art. 3.

(Testimonianze).

      1. Per le testimonianze davanti alla Commissione si applicano le disposizioni previste dagli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

      Identico.

Art. 4.

(Provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti).

 

      1. La Commissione adotta le deliberazioni aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti a maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

      Soppresso.

Art. 5.

(Acquisizione di atti e documenti).

Art. 4.

(Acquisizione di atti e documenti).

      1. La Commissione può acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti dal segreto. In tale ultimo caso la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza. Se l'autorità giudiziaria, per ragioni di natura istruttoria, ritiene di non poter derogare al segreto di cui all'articolo 329 del codice di procedura penale, emette decreto motivato di rigetto. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto.
      2. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.
      3. Il segreto funzionale riguardante atti e documenti acquisiti dalla Commissione in riferimento ai reati di cui agli articoli 416 e 416-bis del codice penale non può essere opposto ad altre Commissioni parlamentari di inchiesta.

      Identico.

Art. 6.

(Obbligo del segreto).

Art. 5.

(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 5, comma 2.

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, comma 2.

      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

      2. Identico.

Art. 7.

(Organizzazione interna).

Art. 6.

(Organizzazione interna).

      1. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente può proporre la modifica delle norme regolamentari.

      Identico.

      2. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui al comma 1.

 

      3. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

 

      4. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie.

 

      5. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.

 

      6. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 75.000 euro per l'anno 2006 e di

 

150.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata di intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

 

 

 




[1] Nella XII legislatura era stata istituita dalla sola Camera una commissione monocamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (deliberazione dell’Assemblea del 20 giugno 1995).

Le leggi istitutive nella XIII e nella XIV legislatura sono rispettivamente: la legge 10 aprile 1997, n. 97 (modificata dalla legge 14 giugno 1999, n. 184) e la legge 31 ottobre 2001, n. 399.

 

[2] Nella seduta del 18 dicembre 2002, il documento sui commissariamenti per l’emergenza rifiuti; nella seduta del 16 aprile 2003, il documento sull’attuazione della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai veicoli fuori uso; nella seduta del 4 novembre 2003, la Relazione territoriale sulla Calabria; nella seduta del 18 dicembre 2003, il secondo documento sui commissariamenti per l’emergenza rifiuti; nella seduta del 1° luglio 2004, il documento sulla nozione giuridica del termine «rifiuto»; nella seduta del 28 luglio 2004, la Relazione alle Camere sull’attività svolta; nella seduta del 21 dicembre 2004, il documento sull’introduzione nel sistema penale dei delitti contro l’ambiente e contro il fenomeno criminale dell’«ecomafia»; nella seduta dell’8 marzo 2005, la Relazione territoriale sul Friuli-Venezia Giulia; nella seduta del 21 dicembre 2005, la Relazione territoriale sulla Sicilia e nella seduta del 26 gennaio 2006, la Relazione territoriale sulla Campania. Infine, nella seduta del 15 febbraio 2006 è stata approvata la Relazione finale (Doc. XXIII, n. 19).

[3] Tale relazione, allegata al presente dossier, è anche disponibile all’indirizzo internet www.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/023/019/intero.pdf.

[4] Causa C – 176/03 del 13 settembre 2005.