Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Tutela, governo e gestione pubblica delle acque e ripubblicizzazione del servizio idrico A.C. 2889
Riferimenti:
AC n. 2889/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 258
Data: 02/10/2007
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Tutela, governo e gestione pubblica delle acque e ripubblicizzazione del servizio idrico

A.C. 2889

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 258

 

2 ottobre 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

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File: Am0104.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali7

§      Compatibilità comunitaria  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  11

§      Impatto sui destinatari delle norme  15

§      Formulazione del testo  15

Schede di lettura

Quadro normativo  21

§      L’accesso all’acqua come diritto universale  21

§      La gestione delle risorse idriche nel decreto legislativo n. 152 del 2006  27

§      La gestione del servizio idrico integrato  29

§      Art. 1 (Finalità)35

§      Art. 2 (Princìpi generali)36

§      Art. 3 (Princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione)38

§      Art. 4 (Princìpi relativi alla gestione del servizio idrico)42

§      Art. 5 (Governo pubblico del ciclo integrato dell'acqua)43

§      Art. 6 (Ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato. Decadenza delle forme di gestione. Fase transitoria)47

§      Art. 7 (Istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato)52

§      Art. 8 (Norme generali sul finanziamento del servizio idrico integrato)53

§      Art. 9 (Finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa)54

§      Art. 10 (Governo partecipativo del servizio idrico integrato)56

§      Art. 11 (Fondo nazionale di solidarietà internazionale)58

§      Art. 12 (Disposizioni finanziarie)60

Proposta di legge

§      A.C. N. 2889 , Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico  65

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica italiana. (Artt. 43 e 117)85

§      Codice Civile (artt. 822-824)87

§      D.Lgs. 28 agosto 1997 n. 281 Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)89

§      D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (artt. 8, 113 e 113-bis)91

§      D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 Norme in materia ambientale (Parte terza e all. 2)95

§      L. 27 dicembre 2006 n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). (art. 1, co. 1284)189

Normativa comunitaria

§      Dir. 23 ottobre 2000, n. 2000/60/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque  193

Giurisprudenza costituzionale

§      Sentenza Corte cost. n. 272 del 27 luglio 2004  245

 

 


 

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa

 


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

2889

Titolo

Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per ripubblicizzazione del servizio idrico

Iniziativa

Popolare

Settore d’intervento

Ambiente

Iter al Senato

No

Numero di articoli

12

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

10 luglio 2007

§       annuncio

18 luglio 2007

§       assegnazione

18 luglio 2007

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

III Commissione (Affari esteri)
IV Commissione (Difesa)

V Commissione (Bilancio)

VI Commissione (Finanze)

X Commissione (Attività produttive)

XII Commissione (Affari sociali)

XIII Commissione (Agricoltura)

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Questioni regionali


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge, di iniziativa popolare, detta principi relativi alla gestione delle risorse idriche, con particolare riferimento ai profili della tutela e della pianificazione, interviene sulla disciplina della gestione del servizio idrico integrato, disciplinando anche la fase transitoria e le tariffe del servizio idrico, e reca misure dirette a favorire l’accesso universale all’acqua potabile.

La finalità del provvedimento, esplicitata nell’articolo 1, comma 2, è quella di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale.

I principi generali dell’uso delle risorse idriche sono contenuti nell’articolo 2, che reca l’esplicito riconoscimento della disponibilità e dell’accesso individuale e collettivo all’acqua potabile quale diritto inalienabile e inviolabile della persona. Tale disposizione conferma il carattere pubblico delle acque superficiali e sotterranee e disciplina in particolare i criteri per l’uso delle acque (affermando la priorità dell’uso per alimentazione e igiene umana e, nell’ambito degli altri usi, dell’agricoltura e dell’alimentazione animale).

L’articolo 3 reca i principi relativi alla tutela e alla pianificazione, dettando in particolare disposizioni relative alla predisposizione del bilancio idrico (da parte dell’autorità e secondo i criteri che spetta al Ministro dell’ambiente individuare con proprio decreto) e conferma l’applicazione dei principi contenuti nella cd. direttiva acque sull'informazione e la consultazione pubblica nella redazione degli strumenti di pianificazione. Esso inoltre disciplina le modalità per il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque, per i quali indica specifici vincoli, conferma il criterio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici e consente l’utilizzo delle acque «destinabili all'uso umano» per un uso diverso solo se non siano presenti altre risorse idriche (in tale caso prevedendo che venga decuplicato l'ammontare del relativo canone di concessione).

Per quanto riguarda la gestione del servizio idrico integrato – sulla base dei principi di cui all’articolo 4 e della sua definizione quale servizio pubblico privo di rilevanza economica – il provvedimento prevede la proprietà pubblica e la natura demaniale delle infrastrutture afferenti al servizio idrico e la conseguente inalienabilità e destinazione perpetua ad uso pubblico, nonché la non separabilità della gestione e dell’erogazione del servizio idrico integrato e l’affidamento esclusivo a enti di diritto pubblico (articolo 5), con conseguente esclusione, contenuta nell’articolo 6, della possibilità di acquisizione di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato. Tale ultima disposizione regola anche la fase transitoria, prevedendo in particolare: la decadenza di tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate in concessione a terzi; nel caso di affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, l’avvio del processo di trasformazione in società a capitale interamente pubblico, con obbligo di successiva trasformazione in ente pubblico; nel caso di affidamento a società a capitale interamente pubblico, la trasformazione in enti di diritto pubblico. La disposizione demanda ad un successivo decreto ministeriale la definizione dei criteri e delle modalità ai quali le regioni e gli enti locali devono attenersi per garantire la continuità del servizio idrico durante tale fase transitoria.

Al fine di attuare i processi di trasferimento di gestione, si prevede inoltre l’istituzione di un apposito Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato (articolo 7).

Il provvedimento, sulla base delle norme generali sul finanziamento contenute nell’articolo 8, interviene anche sul profilo della tariffa del servizio idrico integrato, la cui determinazione deve avvenire sulla base del metodo che spetta al Governo definire (articolo 9). Con particolare riferimento all’uso domestico, la tariffa deve coprire i costi ordinari di esercizio del servizio idrico integrato, ad eccezione del quantitativo minimo vitale garantito, che viene fissato in cinquanta litri al giorno per persona. Alla normativa regionale spetta, limitatamente alle fasce di consumo domestico superiori a cinquanta litri, l’individuazione di fasce tariffarie articolate per scaglioni di consumo, nonché la definizione di tetti di consumo individuale oltre i quali l'utilizzo dell'acqua è assimilato all'uso commerciale.

L’articolo 10 afferma il principio del governo democratico della gestione del servizio idrico integrato e a tal fine attribuisce agli enti locali il compito di adottare forme di democrazia partecipativa che conferiscano ai lavoratori del servizio idrico integrato e agli abitanti del territorio strumenti di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione e alle regioni il compito di definire, attraverso normative di indirizzo, le forme e le modalità più idonee ad assicurare l'esercizio di tale diritto.

L’articolo 11 istituisce il Fondo nazionale di solidarietà internazionale, che ha la finalità di favorire l'accesso all'acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta e di contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale che garantisca tale accesso.

L’articolo 12 reca disposizioni finanziarie e contiene, tra l’altro, una norma di delega per l’introduzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e sull’uso di sostanze chimiche inquinanti per l’ambiente idrico.

Relazioni allegate

La proposta di legge è corredata della relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento interviene in modo sostanziale su aspetti di una materia già disciplinata da fonti di rango legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Si segnalano in particolare le disposizioni relative alla gestione del servizio idrico integrato, tra cui l’articolo 4 che definisce tale servizio quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica.

In proposito si richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 272 del 2004 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 113-bis del Testo unico degli enti locali. Tale disposizione, introdotta dall’articolo 35 della legge n. 448 del 2001 (modificato dall’articolo 14, comma 2, del d.l. n. 269 del 2006), disciplinava la gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza economica, prevedendone, al comma 1, l’affidamento diretto a: a) istituzioni, b) aziende speciali, anche consortili; c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitassero sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzasse la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. La medesima disposizione consentiva inoltre, al comma 2, la possibilità della gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non fosse opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1.

Secondo la Corte, l’intervento del legislatore statale nel settore dei servizi pubblici locali si giustifica unicamente in relazione allo scopo della “tutela della concorrenza” (materia che l’articolo 117, secondo comma, lett. e), riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato). Nel caso di servizi pubblici di rilevanza economica, tale titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale non è applicabile, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale. L’intervento sulla disciplina dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica “non può essere certo riferito ad esigenze di tutela della libertà di concorrenza e quindi, sotto questo profilo, si configura come illegittima compressione dell'autonomia regionale e locale”.

 

Ai fini della qualificazione di un servizio di rilevanza economico o meno, la Corte richiama gli orientamenti delle Istituzioni comunitarie. Essa in particolare fa riferimento al Libro Verde sui servizi di interesse generale (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, nel quale la Commissione europea ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura “non economica”. Viene inoltre richiamata la costante giurisprudenza comunitaria, secondo cui spetta al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche dell'eventuale finanziamento pubblico dell'attività in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001).

 

Con riferimento al provvedimento in esame, esso prevede una disciplina di dettaglio per la gestione del servizio idrico integrato e per la determinazione della tariffa (rinviando peraltro a successivi adempimenti normativi -su cui cfr. infra - in relazione ai quali non è sempre previsto un coinvolgimento delle Regioni) e istituisce un fondo per la ripubblicizzazione del servizio, rinviando anche in tal caso ad un successivo atto del Governo per la cui emanazione non è previsto il coinvolgimento delle Regioni.

 

Si richiama brevemente la sentenza n. 222 del 2005, secondo la quale, nell'ambito del nuovo Titolo V della Costituzione, “non è quindi di norma consentito allo Stato prevedere propri finanziamenti in ambiti di competenza delle Regioni (cfr. sentenze numeri 160 e 77 del 2005, 320 e 49 del 2004), né istituire fondi settoriali di finanziamento delle attività regionali (cfr. sentenze n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003). Le eccezioni a questo divieto sono possibili solo nell'ambito e negli stretti limiti di quanto previsto negli artt. 118, primo comma, Cost., 119, quinto comma, (cfr. sentenze n. 49 e n. 16 del 2004), 117, secondo comma, lettera e), Cost. (cfr. sentenze n. 77 del 2005 e n. 14 del 2004)”.

Si richiamano inoltre i principi affermati nella sentenza n. 16 del 2004 (che ha dichiarato l’incostituzionalità del Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni), confermati dalla giurisprudenza successiva, secondo cui nelle materie di legislazione concorrente «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi», se non nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. La Corte aggiunge che per ricondurre una determinata tipologia di interventi a favore dei comuni nell'ambito degli interventi speciali di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, occorre che tali interventi:

§          siano aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai comuni e riferirsi a finalità di perequazione e di garanzia enunciate dalla stessa norma costituzionale o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni;

§          siano indirizzati a determinati comuni o categorie di comuni;

§          prevedano, qualora riguardino ambiti di competenza legislativa delle regioni, che quest'ultime siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Nulla da segnalare

Compatibilità comunitaria

Varie parti della proposta di legge fanno esplicito riferimento ai principi e alle disposizioni contenute nella direttiva 2000/60/CE (cd. direttiva acque), recepita nel nostro ordinamento con la Parte Terza del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Si segnala tuttavia l’articolo 3, comma 8, che prevede il raggiungimento per tutti i corpi idrici di uno “stato di qualità vicino a quello naturale”. Occorre chiarire il contenuto di tale obiettivo ambientale, posto che la classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici contenuta nell’Allegato 5 alla direttiva cd. acque (corrispondente all’Allegato 2 alla Parte Terza del codice ambientale) fa invece riferimento allo stato elevato, buono e sufficiente (e, relativamente alle acque sotterranee, contiene la definizione dello stato buono).

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Standard di qualità delle acque

Il 17 luglio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE, in particolare per quanto riguarda l’inquinamento chimico[1].

Si ricorda che l’articolo 16 della direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) definisce una strategia per far fronte all’inquinamento chimico delle acque. Il primo intervento nell'ambito di tale strategia è stata l'adozione di un elenco di sostanze prioritarie (decisione n. 2455/2001/CE), che annovera 33 sostanze che destano particolari timori a livello comunitario. La proposta di direttiva intende garantire un livello elevato di protezione contro i rischi che tali sostanze prioritarie e alcuni altri inquinanti comportano per l’ambiente acquatico e per questo definisce standard di qualità ambientale (SQA).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura il 22 maggio 2007 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il 28 giugno 2007 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta.

Direttiva quadro sulle acque

Il 22 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione sulla prima fase di attuazione della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE[2].

In base alla valutazione delle relazioni presentate da tutti i 27 Stati membri, la Commissione rileva che, nonostante gli indubbi progressi compiuti nel settore, il recepimento della direttiva negli ordinamenti nazionali è in molti casi inadeguato e lamenta il considerevole ritardo di alcuni Stati membri nell'incorporare strumenti economici nei sistemi di gestione dell'acqua. Per quanto riguarda le disposizioni amministrative della direttiva (art. 3), gli Stati membri hanno, invece, proceduto con successo all’istituzione dei distretti idrografici e alla designazione delle autorità competenti. A tale proposito la Commissione ricorda che gli Stati membri devono ultimare il primo piano di gestione dei bacini idrografici entro il 2009 ed istituire una politica tariffaria per le acque nel 2010.  Gli Stati membri sono inoltre invitati:

·          ad attuare completamente la normativa UE attinente alla direttiva quadro sulle acque, ed in particolare le direttive sulle acque reflue urbane (91/271/CEE) e  sull’inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole (91/676/CEE);

·          a mettere in atto tutti gli strumenti economici previsti dalla direttiva (definizione delle tariffe, recupero dei costi dei servizi idrici, costi ambientali e delle risorse e principio “chi inquina paga”);

·          ad istituire un sistema nazionale completo di valutazione e classificazione ecologica che costituisca la base per attuare la direttiva e raggiungere l’obiettivo di un “buono stato ecologico” delle acque.

Ulteriori approfondimenti circa i temi affrontati dalla Comunicazione sono contenuti nel documento di lavoro della Commissione[3].

Si segnala inoltre che il 22 dicembre 2006 è stata presentata una proposta di modifica della direttiva quadro 2000/60/CE[4], concernente aspetti relativi alla procedura di comitatologia.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata l’11 luglio 2007 in prima lettura dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti accolti dalla Commissione.

Carenza idrica e siccità

Il 18 luglio 2007, la Commissione ha presentato la comunicazione “Affrontare il problema della carenza idrica e della siccità nell'Unione europea”[5].

Nella comunicazione la Commissione rileva come - benché si ritenga generalmente che risorse idriche europee siano largamente adeguate - la scarsità d’acqua sia un fenomeno in costante crescita nell’Unione europea. Infatti, come indicato dagli studi commissionati sull’argomento, negli ultimi trent'anni i fenomeni di siccità nella UE sono aumentati drasticamente in frequenza e intensità, tanto che tra il 1976 e il 2006 il numero di zone e persone colpite da siccità è aumentato di quasi il 20%. A tutt'oggi inoltre almeno l'11% della popolazione e il 17% del territorio europei sono stati interessati da fenomeni di carenza idrica che, secondo le tendenze in atto, tendono a diffondersi in tutta Europa.

Sulla base di tali considerazioni, la Commissione propone dunque una prima serie di opzioni strategiche a livello europeo, nazionale e regionale per affrontare e ridurre i problemi di carenza idrica e siccità all'interno dell'Unione europea:

·          procedere verso la piena attuazione della direttiva quadro sulle acque è considerato un intervento prioritario per affrontare il problema della gestione inefficace delle risorse idriche. Tale problema è dovuto sovente, secondo la Commissione, a politiche tariffarie inefficaci che, in generale, non riflettono il livello di importanza delle risorse idriche a livello locale. Il principio secondo cui "l'utente paga" è raramente attuato al di fuori degli ambiti della fornitura di acqua potabile e del trattamento delle acque reflue. Introdurre questo principio a livello UE consentirebbe di mettere fine agli sprechi e alle perdite inutili, garantendo la disponibilità di acqua per gli usi essenziali in tutta Europa e in particolare nei bacini idrografici transfrontalieri;

·          anche la pianificazione dell'uso del suolo è uno dei fattori che secondo la Commissione maggiormente incidono sull'uso dell'acqua. Una ripartizione inadeguata delle risorse idriche tra settori economici si traduce in situazioni di squilibrio tra fabbisogno di acqua e risorse idriche esistenti;

·          la Commissione rileva che in Europa esistono enormi potenzialità di risparmio idrico; basti pensare che almeno il 20% dell'acqua va perso per motivi di inefficienza. Il risparmio idrico deve diventare una priorità e, pertanto, devono essere esplorate tutte le possibilità per migliorare l'efficienza in questo ambito.

·          infine, a parere della Commissione, per essere pienamente efficaci gli interventi nel campo della carenza idrica e della siccità devono essere basati su conoscenze e informazioni di alto livello sull'entità dei problemi e sulle evoluzioni previste. I programmi di valutazione e monitoraggio europei non sono né integrati né completi. È pertanto essenziale porre rimedio alle lacune conoscitive e garantire la comparabilità dei dati a livello di Unione europea. In questo ambito la Commissione ritiene che la ricerca possa svolgere un ruolo significativo nel fornire informazioni e sostegno al processo decisionale.

All’argomento è stato dedicato il Consiglio informale ambiente che si è tenuto il 1° settembre 2007.

Acque destinate al consumo umano

Si segnala infine che la Commissione, insieme con gli Stati membri e gli altri soggetti interessati, sta valutando le diverse opzioni per la revisione della direttiva 98/83/CE del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano. Il 23 ottobre 2007 si terrà a tale scopo a Bruxelles una consultazione dei soggetti interessati.

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Il 12 gennaio 2006 la Corte di giustizia ha condannato l’Italia per mancata attuazione della direttiva quadro in materia di acque 2000/60/CE[6]. La direttiva, contenuta nell’allegato B della legge comunitaria 2003 (legge n. 306 del 2003), è stata successivamente recepita con l’articolo 170 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, che è in vigore con esclusione della parte seconda (procedure per la valutazione ambientale strategica, per la valutazione di impatto ambientale e per l’autorizzazione ambientale integrata). Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato ex articolo 228 del Trattato che istituisce la Comunità europeaper non essersi adeguata alla sentenza della Corte[7]. La Commissione ritiene infatti che non tutte le disposizioni della direttiva 2000/60/CE siano state trasposte nell’ordinamento italiano per mezzo di tale decreto legislativo. In particolare a parere della Commissione risultano tuttora non trasposti i paragrafi 4, lettera c), 5, lettere a) e b), e 7 dell’articolo 4.

 

Il 15 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso contro l’Italia[8] per non aver completato le analisi e l’esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio - come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE - entro il 22 dicembre 2004. L’Italia, come tutti gli altri Stati membri, avrebbe inoltre dovuto presentare entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall’articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8 della medesima direttiva.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Si rinvia al paragrafo Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite.

Attribuzione di poteri normativi

Si segnala, in primo luogo, l’articolo 12, comma 2, che delega il Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, un decreto legislativo recante l'istituzione e le modalità di applicazione della tassa di scopo di cui al comma 1, lettera e) (relativa al prelievo fiscale sulla produzione e sull'uso di sostanze chimiche inquinanti per l'ambiente idrico). Si osserva che manca un’esplicita indicazione dei principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, facendo la disposizione soltanto generico riferimento ai principi e criteri desumibili dal provvedimento.

 

Per quanto riguarda gli ulteriori adempimenti previsti dal provvedimento, si richiamano:

§         l’articolo 3, comma 2, che demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente, adottato previo parere della Conferenza Stato-Regioni, l’individuazione dell’autorità responsabile per la redazione e per l'approvazione dei bilanci idrici di bacino e dei relativi criteri di redazione;

§         l’articolo 6, comma 8, che - con riferimento alla gestione della fase transitoria in vista della ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico - demanda ad un decreto dei Ministri competenti da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, la definizione dei criteri e delle modalità ai quali le regioni e gli enti locali devono attenersi per garantire la continuità del servizio idrico e la qualità dello stesso durante tale fase, assicurando la trasparenza e la partecipazione dei lavoratori e dei cittadini ai relativi controlli;

§         l’articolo 9, comma 1, che demanda ad un apposito decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, la definizione da parte del Governo del metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato per tutti gli usi dell'acqua.

Con riferimento ai decreti previsti dalle ultime due disposizioni richiamate, si segnala che sarebbe opportuno individuare più esplicitamente a quale soggetto ne spetta l’adozione.

 

§         l’articolo 7, comma 2, e l’articolo 11, comma 3, che prevedono l’emanazione da parte del Governo di un apposito regolamento per disciplinare le modalità di accesso rispettivamente al Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e al Fondo nazionale di solidarietà internazionale.

 

Si segnala inoltre il rinvio alla normativa regionale contenuto nell’articolo 9, commi 5 e 6 (per l’individuazione di fasce tariffarie articolate per scaglioni di consumo limitatamente alle fasce di consumo domestico superiori a cinquanta litri e per la definizione di tetti di consumo individuale).

In proposito sembra necessario un coordinamento tra tali disposizioni e il già richiamato articolo 9, comma 1, che rinvia ad un decreto del Governo la definizione del metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato per tutti gli usi dell'acqua.

Si segnala, inoltre, con specifico riferimento al comma 6, che andrebbe meglio definito il principio della commisurazione della tariffa all’uso commerciale, anche al fine di comprendere se spetta alle regioni dare attuazione a tale principio.

 

Si richiama, infine, l’articolo 10, comma 1 che rinvia a normative di indirizzo delle regioni la definizione delle forme e delle modalità più idonee ad assicurare l'esercizio del diritto di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione da parte dei lavoratori del servizio idrico integrato e degli abitanti del territorio.

Il comma 2 di tale ultima disposizione demanda invece agli statuti comunali la disciplina puntale degli strumenti di democrazia partecipativa.

Il comma 3, infine, prevede, invece la definizione, senza tuttavia definirne la natura giuridica, della Carta nazionale del servizio idrico integrato, al fine di riconoscere il diritto all'acqua nonché fissare i livelli e gli standard minimi di qualità del servizio idrico integrato.

Coordinamento con la normativa vigente

È necessario un coordinamento delle disposizioni della proposta di legge in commento con la normativa vigente in materia di tutela e gestione delle acque e di gestione del servizio idrico, per la cui ricostruzione si rinvia alle schede di lettura.

Tale esigenza è particolarmente evidente con riferimento alla disciplina del bilancio idrico che, in base a quanto previsto dall’articolo 145 del cd. codice ambientale, spetta all’autorità di bacino definire e che è diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi secondo nel rispetto dei criteri e degli obiettivi fissati dall’articolo 144 (art. 145). Tale istituto è disciplinato dall’articolo 3 del provvedimento in esame, che peraltro rinvia ad un successivo decreto l’individuazione dell’autorità responsabile per la redazione e per l'approvazione dei bilanci idrici di bacino e i relativi criteri di redazione.

Le altre disposizioni contenute nell’articolo 3 attinenti alla tutela e alla pianificazione (anche relative alle modalità per il rilascio e il rinnovo delle concessioni) sono informate a principi analoghi a quelli che ispirano la Parte Terza del codice ambientale, e talora riproducono nella sostanza specifiche norme di quest’ultimo. Appare opportuno quindi espungere le disposizioni ripetitive di norme vigenti e, con riferimento alle modifiche sostanziali, apportare le necessarie novelle al codice ambientale.

Le disposizioni della proposta di legge volte alla “ripubblicizzazione” della gestione del servizio idrico integrato (anche con riferimento alla tariffa del servizio) dettano invece principi profondamente divergenti rispetto a quelli che informano la disciplina contenuta nel codice ambientale (Titolo II della Parte Terza relativa alla gestione del servizio idrico integrato). Per questo, occorrerebbe procedere alle necessarie novelle e abrogazioni delle disposizioni contenute nel codice ambientale.

Con riferimento al governo partecipativo del servizio idrico integrato(articolo 10), si rinvia a leggi regionali (per la normativa di indirizzo) e agli statuti dei comuni (per le norme di dettaglio) la definizione degli strumenti di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione.

La disposizione, che afferma il principio del governo democratico della gestione del servizio idrico integrato, al comma 1, attribuisce agli enti locali il compito di adottare forme di democrazia partecipativa che conferiscono ai lavoratori del servizio idrico integrato e agli abitanti del territorio e alle regioni il compito di definire, attraverso normative di indirizzo, le forme e le modalità più idonee ad assicurare l'esercizio di tale diritto. Anche tali forme di partecipazione sono puntualmente disciplinate da varie disposizioni del codice ambientale (cfr. la scheda di lettura), coerentemente con l’articolo 14 della direttiva 2000/60/CE, sicché è evidente l’esigenza di un coordinamento con tali disposizioni.

Si segnala da ultimo la necessità di un coordinamento tra l’articolo 11 della proposta di legge, che istituisce il Fondo nazionale di solidarietà internazionale e l’articolo 1, comma 1284, della legge finanziaria 2007, che ha istituito il Fondo di solidarietà per il maggior accesso alle risorse idriche, in considerazione della parziale sovrapposizione delle finalità dei due Fondi.

 

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Con specifico riferimento alla materia della gestione del servizio idrico integrato, si richiamano:

§         l’articolo 9 dell’AS n. 1644 (Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali),  attualmente all’esame del Senato, che prevede, al fine di assicurare la razionalizzazione e la solidarietà nell'uso delle acque e fino alla revisione della disciplina della gestione delle risorse idriche e dei servizi idrici integrati (attraverso un correttivo al decreto legislativo n. 152 del 2006), che non possono essere disposti nuovi affidamenti a soggetti privati. Viene anche precisato che la titolarità delle concessioni di derivazione delle acque pubbliche è assegnata ad enti pubblici (comma 1). Si prevede, inoltre, che nell'ambito delle procedure siano ricomprese anche le procedure in corso alla data di entrata in vigore della legge (comma 2) e che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, predispone e trasmette alle Camere una relazione sullo stato delle gestioni esistenti (comma 3);

§         l’articolo 2, comma 13, dello schema di decreto legislativo correttivo del codice ambientale, assegnato alla Commissione ambiente, che interviene in modo molto limitato sulla materia. In particolare, il comma 13, attraverso due novelle all’art. 147 relativo all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e all’art. 150 sulla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, prevede l’unitarietà, anziché l’unicità, della gestione del servizio idrico integrato e il comma 14, che conferma la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane richiedendo le condizioni che i comuni gestiscano l’intero servizio idrico integrato e che vi sia il consenso dell’Autorità d’ambito competente.

Impatto sui destinatari delle norme

Con riferimento alla gestione del servizio idrico integrato, si segnala in particolare l’articolo 6 che prevede la “ripubblicizzazione” della gestione del servizio idrico integrato e interviene quindi sulle gestioni esistenti. La disposizione prevede: la decadenza di tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate in concessione a terzi; nel caso di affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, l’avvio del processo di trasformazione in società a capitale interamente pubblico, con obbligo di successiva trasformazione in enti pubblici; nel caso di affidamento a società a capitale interamente pubblico, il processo di trasformazione in enti di diritto pubblico.

Si richiama inoltre l’articolo 9 che interviene sulla disciplina della tariffa del servizio idrico integrato e la previsione, in tale disposizione, di un quantitativo minimo vitale garantito, pari a cinquanta litri per persona, la cui erogazione è gratuita.

Si segnala, infine, l’articolo 10 che, rinviando alla normativa regionale e comunale, detta disposizioni volte a prevedere la partecipazione attiva da parte dei lavoratori del servizio idrico integrato e degli abitanti del territorio alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione.

Formulazione del testo

Con riferimento all’articolo 3, comma 6, appare poco chiaro il significato dell’espressione “in assenza di quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4”, che probabilmente si riferisce al mancato adempimento dei compiti che i commi 1, 2, 3 e 4 pongono in capo a vari soggetti.

 

Con riferimento all’articolo 5:

§         la specificazione contenuta nel primo periodo del comma 2 secondo cui gli enti locali non possono cedere la proprietà delle infrastrutture afferenti il servizio idrico integrato appare ultronea, posto che essa è già compresa nel vincolo di inalienabilità disposto dal secondo periodo, oltre che in termini generali dalla condizione giuridica del demanio pubblico, cui tali beni sono assoggettati.

§         andrebbe meglio precisata la formulazione del comma 3, specificando che la gestione si riferisce alla gestione delle infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato di cui al comma 2; è necessaria inoltre una più chiara individuazione dei soggetti cui può essere affidata la gestione delle reti e l’erogazione del servizio idrico, attualmente identificati con gli “enti di diritto pubblico”.

 

Con riferimento all’articolo 6:

§         occorre modificare la formulazione del comma 2, al fine di meglio chiarire a quali forme di gestione del servizio idrico esso si riferisce; sembrerebbe inoltre opportuno precisare meglio le modalità di cessazione dei rapporti di concessione attualmente in essere, per i quali la proposta in esame fa riferimento alla categoria giuridica della “decadenza”. Al riguardo, si segnala che il termine decadenza è utilizzato nell’ambito del diritto amministrativo con riferimento a fattispecie piuttosto eterogenee (mancato esercizio delle facoltà inerenti ad un rapporto derivante da un provvedimento amministrativo, inadempimento da parte del privato di obblighi o oneri inerenti ad un rapporto a carattere continuativo con la P.A. ovvero sopravvenuto venir meno dei presupposti necessari alla regolarità del rapporto). In proposito potrebbe rilevare la disciplina prevista dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) con riferimento alla revoca del provvedimento;

§         ai commi 3 e 5, che fanno generico riferimento alle forme di gestione del servizio idrico, occorre esplicitare qual è il soggetto tenuto alla trasformazione in società a capitale interamente pubblico e in enti di diritto pubblico;

§         sempre al comma 3, con riferimento al caso di gestione di una pluralità di servizi, occorre chiarire il significato dell’espressione “previo recesso del settore acqua”;

§         al comma 4, appare necessario precisare la nozione di “ente di diritto pubblico”;

§         al comma 7, andrebbe precisata quale sia la disciplina prevista per il potere sostitutivo del Governo, posto che la disposizione si limita a fare riferimento ai poteri “previsti dalla legge”. In questa ottica dovrebbe altresì valutarsi se l’intervento rientri nell’ambito di una delle fattispecie rispetto alle quali l’articolo 120, secondo comma, della Costituzione consente l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Governo.

 

Con riferimento all’articolo 8, si segnala che appare alquanto generico il riferimento contenuto nel comma 1 alla fiscalità generale e specifica.

 

Con riferimento all’articolo 10, comma 3, si segnala che la disposizione non definisce l’atto attraverso cui viene adottata la Carta nazionale del servizio idrico integrato, né risulta chiara la natura giuridica della medesima Carta.

 

Con riferimento all’articolo 11, istitutivo del Fondo nazionale di solidarietà internazionale:

§         si segnala preliminarmente che la disposizione non specifica presso quale Ministero esso è istituito;

§         si osserva che, posto che la formulazione del comma 2 lascia intendere che le disponibilità indicate sono soltanto alcune delle risorse che afferiscono al Fondo, occorre precisare anche le ulteriori risorse del medesimo.

 

Con riferimento alle disposizioni finanziarie contenute nell’articolo 12, comma 1, si osserva che:

§         la modalità di copertura recata dalla lettera a) non appare coerente con le norma di contabilità pubblica, stante l’assenza dell’indicazione puntuale dell’autorizzazione di spesa nel settore militare che si intende sopprimere al fine di reperire risorse da destinare agli interventi previsti dal progetto di legge;

§         la modalità di copertura di cui alla lettera b) appare inidonea in quanto la risorse derivanti dalla lotta all’evasione e all’elusione fiscale sono meramente eventuali, e in quanto tali non utilizzabili a copertura di oneri certi;

§         anche con riferimento alla lettera c), analogamente a quanto affermato in ordine alla lettera b), le risorse derivanti dall’irrogazioni di sanzioni hanno un carattere meramente eventuale; Si segnala, inoltre, che tali risorse verrebbero destinate ad una finalità diversa rispetto a quella contemplata per le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative dall’articolo 136 del codice ambientale (opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici)

§         la modalità di copertura di cui alla lettera d) è da considerarsi inidonea in quanto non reca né maggiori entrate, né minori spese, ai sensi del citato articolo 11-ter della legge n. 468.

§         con riferimento alla lettera e), in mancanza di una dettagliata individuazione di specifici principi e criteri direttivi di delega, e di una conseguente quantificazione del possibile gettito del nuovo tributo, tale modalità di copertura deve considerarsi inidonea.

§          


Schede di lettura

 


Quadro normativo

L’accesso all’acqua come diritto universale

Il problema della disponibilità di risorse idriche negli ultimi anni ha assunto a livello internazionale un'importanza sempre maggiore, sia per effetto dei  cambiamenti climatici, sia per la crescente mobilitazione contro i processi di privatizzazione che tendono a delegare la gestione delle risorse idriche al mercato.

Dai dati delle Nazioni Unite risulta che in America Latina, Africa, Asia più di un miliardo di persone, cioè un abitante della terra su cinque, non ha accesso all'acqua potabile e circa il 40% della popolazione non ha a disposizione un sistema fognario. Si contano 3900 decessi quotidiani legati all'insalubrità dell'acqua e la situazione non accenna a migliorare. Otto milioni di persone muoiono ogni anno per le malattie legate all'acqua.

L'obiettivo fissato dalle Nazioni Unite è di dimezzare il numero di persone private dell'accesso all'acqua potabile per il 2015. Secondo diverse stime dovrebbero essere investiti tra i 7,5 e i 25 miliardi di euro ogni anno per raggiungere l'obiettivo prefissato.

Accordi e iniziative internazionali

1968

La Carta dell’acqua, redatta il 6 maggio 1968 a Strasburgo dal Comitato europeo per la salvaguardia della natura e delle sue risorse, rappresenta uno dei primi documenti programmatici che affermano il valore della risorsa acqua e danno delle indicazioni per la sua tutela, attraverso undici principi.

1977

La Conferenza ONU tenutasi a Mar de la Plata (Argentina) rappresenta la prima grande conferenza dell’ONU incentrata sul problema dell’acqua; vi si afferma che "tutti hanno diritto di accedere all'acqua potabile in quantità e qualità corrispondenti ai propri bisogni fondamentali".

1980

Proclamazione del Decennio internazionale dell'acqua potabile e del risanamento -1981/1990.

1987

Nel 1987, la Commissione Brundtland (The World Commission on Environment and Development), propone uno “sviluppo sostenibile per il mondo e identifica, nel suo rapporto intitolato "Our Common Future", l’acqua come uno dei temi chiave tra le problematiche ambientali globali.

1990

Il Forum Internazionale su "Acqua potabile e risanamento" organizzato da molte organizzazioni non governative (ONG) in occasione della conclusione del decennio Internazionale dell'Acqua Potabile, si chiude con l’approvazione, nel giugno 1990, della cd. Charte de Montreal.

Nel settembre dello stesso anno si tiene, a Nuova Delhi, la Conferenza finale del Decennio Internazionale, che si chiude con la Dichiarazione di Nuova Delhi che rappresenta  un appello a tutte le Nazioni per un'azione concertata, mirata ad ottenere due tra i bisogni umani basilari: acqua potabile sicura ed igiene ambientale.

1992

Si tiene la Conferenza internazionale delle Nazioni Unite su Acqua e ambiente (ICWE), che si chiude con la Dichiarazione di Dublino nella quale, tra i principi-base, vengono indicati quello dell’acqua dolce quale risorsa limitata e fragile e quello del valore economico dell’acqua con il conseguente diritto fondamentale di tutti gli esseri umani all'accesso ad acqua salubre e igiene ambientale ad un prezzo abbordabile.

Viene firmata la Convenzione di Helsinki sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, con l’obiettivo di prevenire e controllare l'inquinamento dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali istituendo una cooperazione internazionale.

1993

L’Assemblea delle Nazioni Unite proclama, il 22 marzo di ogni anno, la celebrazione della “Giornata Mondiale dell’Acqua”.

1994

In attuazione dell’Agenda 21 si tiene a Nordwijck (Olanda), la Conferenza ministeriale internazionale su "Acqua potabile e risanamento ambientale”.

Nello stesso anno viene siglata la Convenzione ONU sulle norme per corsi d'acqua internazionali per usi diversi dalla navigazione.

1996

Vengono istituiti il World Water Council (WWC) e il Global Water Partnership (GWP), organizzazioni create attraverso l’iniziativa coordinata di una serie di organizzazioni e fondazioni internazionali con la specifica finalità di favorire iniziative per il supporto e la gestione integrate di risorse idriche nei paesi in via di sviluppo.

1997

Nel marzo del 1997 si tiene a Marrakech (Marocco), su iniziativa del WWC, il 1° Forum mondiale sull'acqua per incoraggiare lo sviluppo del positivo trend internazionale di mobilitazione, per approfondire il dibattito verso la soluzione delle problematiche internazionali collegate alla risorsa idrica, per formulare proposte concrete e portare la loro importanza all’attenzione del mondo.

1998

Nel febbraio 1998 si svolge il Forum europeo organizzato dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, dal Segretariato internazionale dell'Acqua e da Solidarité Eau Europe, che si conclude con la Dichiarazione di Strasburgo "L'acqua, fonte di cittadinanza, di pace e di sviluppo regionale".

2000

Dal 17 al 22 marzo 2000 si svolge il 2° Forum mondiale sull'acqua a L'Aja che si chiude con la Dichiarazione ministeriale "La sicurezza dell'acqua nel XXI secolo", ove si legge che: “L'acqua è essenziale per la vita e la salute dell'uomo e dell'ambiente naturale ed una condizione fondamentale per lo sviluppo dei Paesi, ma nel mondo donne, uomini e bambini soffrono la mancanza di accesso ad acqua sana sufficiente a soddisfare i bisogni primari…”.

L’8 settembre dello stesso anno viene enunciata la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni unite.

2001

Nel dicembre del 2001 si tiene la Conferenza sull'acqua dolce di Bonn.

2002

Si tiene in Svezia lo Stockholm Water Symposia incentrato sulle azioni urgenti per la sicurezza dell'acqua, con l’obiettivo, contenuto nella Dichiarazione del Millennio, di dimezzare, entro il 2015, la percentuale della popolazione mondiale che vive in condizioni di estrema povertà e la percentuale di persone che soffrono la fame e che non sono in condizione di raggiungere o non possono permettersi di bere acqua potabile.

Nel febbraio 2002 si tiene il Social Forum Mondiale del 2002 a Porto Alegre al termine della quale viene adottata la Dichiarazione di Porto Alegre sull'acqua, sviluppata in 8 principi ed una Dichiarazione di intenti.

 

Tra i principi si ricordano:

§          il settore pubblico è l'affidatario, sotto il profilo giuridico e costituzionale, designato a rappresentare l'interesse pubblico, mentre il settore privato non può essere delegato a svolgere la funzione di pubblico interesse;

§          i cittadini devono farsi carico di partecipare ai processi decisionali e devono concorrere nelle decisioni politiche che incidono sulle loro vite come il controllo dell'acqua, sia a livello "locale", che a livello internazionale e mondiale;

§          le politiche di gestione e di accesso all'acqua devono assicurare l'equità sociale cosi come l'equità di genere, della salute pubblica e l'equità ambientale;

§          il "modello francese" di privatizzazione, basato su contratti di concessione a lungo termine, non è ritenuto una buona soluzione per garantire un controllo sostenibile e democratico ed una gestione di accesso all'acqua potabile nell'interesse pubblico della comunità e dei singoli cittadini.

2003

Dal 16 al 23 marzo 2003 si svolge a Kyoto il 3° Forum mondiale sull'acqua conclusosi con la Dichiarazione ministeriale nella quale viene ribadita, tra l’altro, la necessità, a livello internazionale, di attribuire carattere prioritario alle questioni relative alle risorse idriche.

Il 2003 è dichiarato dall'ONU Anno Internazionale dell'Acqua Dolce.

2006

Si volge a Città del Messico, dal 16 al 22 marzo[9], sotto l'egida del Consiglio mondiale dell'acqua, il 4° Forum mondiale sull'acqua che ha visto riuniti ministri e rappresentanti di 140 paesi con l’intento immediato di trovare soluzioni concrete alla crisi idrica mondiale e di avviare, nel futuro, un sensibile cambiamento della cultura dell’acqua quale “bene comune”. Nella Dichiarazioni ministeriale conclusiva[10] si sottolinea la necessità di riconoscere l’importante ruolo delle autorità locali nel sostenere un accesso  sostenibile all’acqua e nella gestione di tale risorsa.

Presso il Parlamento europeo si svolge, dal 18 al 20 marzo, la “1a Assemblea Mondiale dei cittadini per l'Acqua” (AMECE).

L’Assemblea riunisce i rappresentanti delle componenti della società civile che si sono maggiormente mobilitati per promuovere una nuova cultura dell’acqua come bene comune, come diritto umano da sottrarre ai processi di privatizzazione proposti dal mercato, con l’obiettivo di stabilire un collegamento tra cittadini e le istituzioni al fine di prendere degli impegni concreti per garantire un accesso all’acqua per tutti.[11]

2007

Le Nazioni Unite individuano il tema dell’annuale Giornata mondiale dell’acqua del 2007 nel seguente: “Coping with water scarcity” al fine di sottolineare il problema della scarsità delle risorse idriche a livello mondiale. Una consapevolezza che impone integrazione e cooperazione a livello internazionale perché la gestione dell’acqua sia sostenibile, efficiente ed equa.

La politica comunitaria in materia di acque

Il più significavo intervento normativo a livello comunitario in materia di acque è la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (modificata dalla Decisione n. 2455/2001/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2001), recepita in Italia con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Codice ambientale). La direttiva ha l’obiettivo di fissare un quadro comunitario per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee, che assicuri la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, agevoli l'utilizzo idrico sostenibile, protegga l'ambiente, migliori le condizioni degli ecosistemi acquatici e mitighi gli effetti delle inondazioni e della siccità.

In occasione del 4° Forum mondiale sull'acqua, il Parlamento europeo ha approvato una specifica risoluzione (15 marzo 2006)[12].

La risoluzione parte dalla premessa che l’acqua è da considerarsi un "bene comune dell'umanità”, il cui accesso “costituisce un diritto fondamentale della persona umana” e chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l'accesso all'acqua alle popolazioni più povere entro il 2015. La risoluzione, dopo avere evidenziato che l’acqua dovrebbe essere un “servizio pubblico universale definito e gestito a livello locale”, sottolinea che proprio attorno a tali “servizi pubblici locali può svilupparsi una capacità comunale innovativa e democratica in materia di governance” e afferma che “il controllo dell'acqua e della sua qualità è indispensabile allo sviluppo sostenibile delle popolazioni più indigenti”. Sulla base di tali considerazioni, nella risoluzione si chiede che “che le autorità locali dell'Unione europea siano incentivate a destinare una parte delle tariffe applicate agli utenti per la fornitura di servizi idrici e di depurazione ad azioni di cooperazione decentrate e che l'Unione si doti di strumenti che le permettano di sostenere e accompagnare tali azioni, in particolare a livello del coordinamento delle informazioni, della valorizzazione e della divulgazione dei risultati”.

Viene, infine, sottolineata l'importanza di una prevenzione tempestiva dei conflitti regionali latenti dovuti all'acqua, in particolare nelle regioni in cui diversi paesi condividono lo stesso bacino; chiede, a questo proposito, ulteriori sforzi da parte dell'UE e della comunità internazionale atti a migliorare il coordinamento regionale delle politiche in materia di acqua e a promuovere l'istituzione di enti regionali per la gestione delle risorse idriche.

Si segnala, infine, il Programma SMAP,Programma quadro d'azione sull'ambiente per le priorità di breve e medio termine ("Short and Medium-term Priority Environmental Action Programme") per la protezione dell'ambiente nel Mediterraneo, adottato nel contesto del Partenariato Euro-Mediterraneo[13] che annovera, tra i campi d'azione prioritari anche la gestione integrata dell'acqua.

 

Le iniziative a livello parlamentare

Nella scorsa legislatura è stata approvata (24 giungo 2003) la mozione 1-00159 (Cima), nelle cui premesse si ribadisce che “l'accesso all'acqua deve essere riconosciuto come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo. È compito della società stessa nel suo complesso garantire a tutti il diritto di accesso all'acqua, senza discriminazioni di razza, sesso, religione, reddito o classe sociale”. Il Governo si è impegnato, a sua volta, ad assumere una serie di impegni ed iniziative in sede internazionale e nazionale.

Anche nella mozione n. 1-00073 (Violante), approvata il 20 giugno 2002, al fine di promuove una politica per l'accesso universale all'acqua, come diritto e non come merce, si richiede l’impegno del Governo in sede internazionale mediante la stipula di un Protocollo internazionale per la tutela, per l'accesso paritario e la giusta distribuzione delle risorse idriche mondiali, e in ambito nazionale, per una serie di iniziative volte a promuovere una vera e propria campagna per l'uso intelligente e solidale delle acque italiane.

Nell’attuale legislatura le Commissioni riunite VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) e XIII (Agricoltura) della Camera dei deputati, a seguito di un'approfondita discussione, hanno approvato, nella seduta del 28 marzo 2007, una risoluzione (8-00046, a prima firma del Presidente Realacci) concernente il sistema idrico, che prende in considerazione sia le problematiche relative alle modalità di utilizzo e gestione dell'acqua e alle carenze della dotazione infrastrutturale, comuni a tutto il territorio nazionale, sia le difficoltà specifiche delle singole aree del Paese. Tra gli impegni contenuti nel dispositivo, vi è quello relativo all’indizione “di una Conferenza Nazionale sull'Acqua, nella quale promuovere, nel pieno rispetto del principio di solidale e leale collaborazione, un approccio integrato di tutte le politiche e porre in essere tutte le possibili iniziative di programmazione e di coordinamento di interventi strutturali e non, eliminando l'attuale preoccupante frammentazione delle competenze e coinvolgendo - con la massima tempestività - il Parlamento, tutti i Ministeri interessati, le istituzioni statali, regionali, provinciali e locali, le Autorità di bacino, gli ATO, i consorzi di bonifica, le autorità di settore, le forze economiche e sociali, le Associazioni di categoria, le Associazioni e gli organismi specializzati, tecnici e scientifici”.

Successivamente sono state presentate alcune mozioni sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale - Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 – che evidenziano tutte nella premessa come l'acqua sia un bene primario e comune e come la sua carenza costituisca un problema a livello mondiale che impone ormai interventi immediati e non più rinviabili  a tutti i livelli: internazionale, nazionale e locale.

Con tali mozioni, discusse congiuntamente ed approvate il 19 aprile 2007, si richiede, pertanto, un impegno congiunto del Parlamento e del Governo affinché la scarsità delle risorse idriche diventi una priorità essenziale nell'azione legislativa e di governo, riconoscendo all’acqua quel ruolo primario per il quale tutte le autorità competenti devono essere chiamate ad operare per garantirne la salvaguardia ed una corretta gestione.

 


La gestione delle risorse idriche nel decreto legislativo n. 152 del 2006

Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), ha operato un intervento complesso di  riordino di quasi tutta la legislazione ambientale, tra cui anche quella relativa alla gestione delle risorse idriche. Tale materia – insieme alla difesa del suolo e alla tutela delle acque - è disciplinata nella Parte Terza del codice, che ha introdotto significative novità rispetto alla disciplina precedente.

In primo luogo viene operata una unificazione di normative che fino ad oggi erano state strutturalmente separate, che vengono riaccorpate sulla base del comune denominatore di concorrere alla disciplina complessiva delle risorse idriche, sia sotto il profilo della tutela dagli inquinanti, sia sotto quello della gestione dei servizi acquedottistici, di depurazione e fognatura, sia infine sotto il profilo degli interventi di regimentazione.

Un secondo elemento di novità è rappresentato dal recepimento di una importante direttiva comunitaria, la direttiva 2000/60/CE (cd “direttiva acque”), e dalla riforma dell’assetto amministrativo disegnato dalla legge n. 183 del 1989 sul governo dei bacini idrografici.

In attuazione di tale direttiva – che prevede l’innovativo istituto dei “distretti idrografici” – sono state soppresse le vecchie autorità di bacino e sono stati istituiti otto distretti idrografici che coprono l’intero territorio nazionale. Ognuno di tali distretti accorpa pertanto una serie di bacini (tranne il distretto idrografico padano che corrisponde all’ex bacino di rilievo nazionale del Po, e il distretto idrografico pilota del Serchio, che corrisponde all’ex bacino-pilota omonimo[14]). I distretti sono governati secondo un modello amministrativo unico (delineato agli artt. 63 e 64 del decreto), che prevede in particolare la redazione del piano di bacino distrettuali che ha “valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato” (art. 65, comma 1).

Si richiama brevemente la normativa previgente, contenuta nella legge n. 183 del 1989, che aveva istituito i bacini idrografici, quali ecosistemi unitari, ai fini di un effettivo ed unitario governo dei fenomeni fisici connessi al regime delle acque e alla difesa del suolo. Lo strumento principale di tale funzione di governo del territorio era il piano di bacino. Nell’impostazione della legge n. 183 i bacini potevano essere di tre livelli, a seconda delle dimensioni fisiche del bacino stesso: nazionali (venivano istituiti 11 bacini di rilievo nazionale), interregionali (18) e regionali (per tutta la parte rimanente del territorio, non compresa nei 29 bacini indicati dalla legge). Il governo dei primi, i bacini idrografici nazionali, e soprattutto le funzioni di pianificazione, venivano affidate ad Autorità di bacino, i cui organi di governo erano il Comitato istituzionale, il Comitato tecnico, il Segretario generale e la Segreteria tecnico operativa. Nei 18 bacini interregionali, le funzioni amministrative erano esercitate dalle regioni territorialmente interessate, che dovevano operare d’intesa; infine nei bacini regionali tali funzioni erano esercitate dalla regione.

 

Si ricorda tuttavia che con il primo decreto correttivo al codice ambientale (8 novembre 2006, n. 284) sono state prorogate le autorità di bacino istituite dalla legge n. 183 del 1989, sino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo, che ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge delega, definisca la disciplina dei distretti idrografici.

 

Si richiamano brevemente anche le disposizioni contenute nella Parte Terza in materia di risparmio idrico, alcune delle quali ricalcano sostanzialmente la precedente normativa recata dal D.lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e dalla legge n. 36 del 1994.

Analogamente a quanto disponeva l’art. 22 del decreto legislativo n. 152 del 1999, le norme del Codice ambientale in materia di pianificazione del bilancio idrico (art. 95) prevedono la predisposizione dei piani di tutela al fine di raggiungere gli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta a evitare ripercussioni sulla loro qualità e a consentire un consumo idrico sostenibile.

I piani di tutela contengono tutte le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dall'Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla legislazione vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

Per quanto riguarda poi le norme sull'equilibrio del bilancio idrico (art. 145) esse sono formalmente e sostanzialmente identiche a quelle contenute nella previgente normativa (art. 3 della legge n. 36 del 1994). Si prevede in particolare che l'Autorità di bacino definisca ed aggiorni periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi e che spetti alla medesima adottare, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

L’art. 146 innova invece la previgente disciplina in materia di risparmio idrico (art. 5 della legge n. 36 del 1994) attraverso la previsione di tre misure aggiuntive per la razionalizzazione dei consumi e l'eliminazione degli sprechi consistenti nella:

§         previsione, costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni nonché l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;

§         adozione di sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;

§         individuazione di aree di ricarica delle falde ed adozione di misure protettive e di gestione per garantire un processo di ricarica idoneo sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.

Inoltre la competenza regolamentare per la definizione dei criteri e dei metodi idonei alla valutazione delle perdite degli acquedotti e delle fognature è trasferita dal Ministero dei lavori pubblici a quello dell'ambiente.

 

Si richiama, da ultimo, anche l’art. 144 (che riproduce, nella sostanza, le norme di cui agli articoli 1 e 2 della legge n. 36 del 1994), che dispone la demanialità di tutte le acque superficiali e sotterranee e la tutela delle stesse ispirata al principio della razionalizzazione del loro uso per evitare sprechi che pregiudichino il patrimonio idrico, nonché la vivibilità dell'ambiente considerato nell'interezza delle sue interconnessioni con le attività umane.

La gestione del servizio idrico integrato

Il servizio idrico integrato è costituito, ai sensi della definizione recata dall’art. 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue”[15].

La disciplina del servizio idrico integrato è contenuta negli articoli 147-158[16] del d.lgs. n. 152/2006, la cui struttura si basa in buona parte sulle disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. legge Galli), ora abrogata dall’art. 175 del medesimo decreto.

L’organizzazione del servizio

In base all’art. 147 l’organizzazione dei servizio idrici è basata sugli ambiti territoriali ottimali (d’ora in poi ATO) definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli.

Lo stesso articolo (al comma 2) fissa i seguenti importanti principi informatori della gestione del servizio:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui;

b) unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

 

Si segnala che l’articolo 2, comma 13, dello schema di decreto legislativo correttivo del codice ambientale, assegnato alla Commissione ambiente, prevede – attraverso due novelle all’art. 147 relativo all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e all’art. 150 sulla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento – l’unitarietà, anziché l’unicità, della gestione del servizio idrico integrato. La ragione delle novelle risiede nella considerazione che non è necessario che ci sia un unico gestore, bensì che la gestione avvenga con criteri unitari, come sottolineato anche nei pareri delle competenti Commissioni parlamentari durante l’esame dell’Atto del Governo n. 12 (ora d.lgs. n. 284/2006).

 

Un’importante innovazione introdotta dal codice ambientale è rappresentata dalla norma recata dall’art. 148, comma 1, che attribuisce personalità giuridica alle autorità d'ambito[17], costituite in ciascun ATO delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente. Si segnala anche l’articolo 148, comma 5, che prevede la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane. La disposizione richiede la condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune e precisa che su tali gestioni l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo.

 

Si segnala che l’articolo 2, comma 14, dello schema di decreto legislativo correttivo richiede la condizione che i comuni gestiscano l’intero servizio idrico integrato, nonché il consenso dell’Autorità d’ambito competente.

 

Il successivo art. 149 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del decreto n. 152[18], l'Autorità d'ambito provveda alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito, e disciplina i contenuti del medesimo. Tale piano rappresenta lo strumento programmatorio cardine dell'Autorità d'ambito, risultato di un'attività di ricognizione delle infrastrutture esistenti, della stesura di un programma degli interventi infrastrutturali necessari e di un piano finanziario connesso ad un modello gestionale ed organizzativo.

Le modalità di affidamento del servizio

Le principali disposizioni in materia di affidamento del servizio idrico integrato sono contenute nell’articolo 150 e nell’articolo 170 (in particolare, comma 3, lettera i), per quanto riguarda la disciplina transitoria) del d.lgs. n. 152/2006.

In materia di modalità di affidamento, una prima lettura dell’articolo 150 sembra limitarsi a richiamare la disciplina oggi vigente dell’art. 113 del testo unico enti locali (d’ora in poi TUEL, recato dal decreto legislativo n. 267 del 2000). In realtà le norme introdotte recano rilevanti innovazioni.

 

Appare opportuna una breve ricostruzione delle complesse vicende della disciplina dei servizi pubblici locali.

La materia, regolata (prevalentemente ma non solo) dall’art. 113 del Testo unico, è stata oggetto - durante la XIV legislatura - di una ampia riforma volta a promuovere la progressiva privatizzazione e liberalizzazione di mercati nei quali tradizionalmente le aziende speciali “municipalizzate” avevano una posizione di preminenza. Tale riforma è stata operata dapprima con l’art. 35 della legge finanziaria per il 2002 (L. 28 dicembre 2001, n. 448) e successivamente completata con il decisivo intervento del decreto-legge n. 269 del 2003 (art. 14, comma 1) ed della legge finanziaria per il 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350) che ha integrato e chiarito ulteriori aspetti della disciplina[19].

L’art. 35 della legge n. 448 del 2001 ha riformato interamente la materia la cui regolamentazione risaliva in gran parte alla legge n. 142 del 1990 (artt. 22 e seguenti, successivamente confluiti negli artt. 113 e seguenti del TUEL).

In particolare, tale disposizione ha sostituito integralmente l’art. 113 del TUEL sulla gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici di rilevanza industriale (ed ha introdotto un nuovo art. 113-bis relativo alla gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza industriale).

Di particolare rilievo è l’introduzione del principio generale secondo il quale l’erogazione dei servizi di rilevanza industriale avviene in regime di concorrenza e nel rispetto delle seguenti due condizioni:

1.       il soggetto erogatore del servizio deve essere costituito in forma di società di capitali;

2.       l’affidamento del servizio deve avvenire attraverso l’espletamento di una gara pubblica.

L’ente locale titolare del servizio rimane proprietario delle reti e degli impianti necessari all’erogazione del servizio. L’azienda speciale – che tradizionalmente costituiva la forma prevalente per la gestione dei servizi – è destinata a scomparire progressivamente, dal momento che gli enti locali devono procedere alla trasformazione delle aziende speciali in società per azioni.

Tra le altre disposizioni recate dal citato art. 35, si ricordano i co. 2, 3 e 4, i quali recavano norme sulla durata delle concessioni per il periodo transitorio, e il co. 5, concernente l’affidamento da parte delle regioni del servizio idrico integrato.

Successivamente è intervenuto l’art. 14 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con lo scopo di avviare la riforma (in realtà ancora non completata), e di risolvere un contenzioso a livello europeo nel frattempo sorto (per violazione dei principi di non discriminazione e trasparenza nella disciplina in materia di servizi pubblici locali).

Tra le principali modifiche apportate dal decreto legge alla disciplina previgente si segnalano:

§         la sostituzione della nozione di servizi di rilevanza industriale con quella di servizi di rilevanza economica;

§         la previsione della possibilità di affidare l’erogazione dei servizi di rilevanza economica non esclusivamente a società scelte mediante gara, ma anche a società a capitale misto pubblico-privato, oppure a società interamente pubbliche mediante procedura c.d. in house;

§         la soppressione del regime transitorio previsto dall’art. 35 con la determinazione di una data unica – il 31 dicembre 2006, prorogata (limitatamente al servizio idrico) al 31 dicembre 2007 dall’art. 15 del D.L. n. 223/2006[20] – entro la quale tutte le gestioni rilasciate con procedure diverse dall’evidenza pubblica cesseranno, ad eccezione:

-        delle concessioni rilasciate con procedura di evidenza pubblica (che, quindi, giungono a scadenza contrattuale);

-        dei casi in cui la disciplina di settore stabilisce un congruo periodo di transizione;

-        delle concessioni affidate in house.

 

Occorre preliminarmente ricordare, inoltre, quanto dispone l’art. 113 TUEL in merito al rapporto fra disciplina generale (di cui all’art 113) e discipline di settore.

 

A tal fine deve essere considerata sia la dizione del comma 1 dello stesso art. 113 - nel quale le norme in esso contenuto si autodichiarano (con una certa contraddittorietà) “inderogabili e integrative delle discipline di settore” – sia la dizione del successivo comma 5, ove si dispone che “l’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea”, pur proseguendo poi in una precisa elencazione delle tre note modalità di affidamento (a società di capitali, con gara, a società a capitale misto con scelta del socio privato attraverso gara e affidamento in house).

Infine, sempre al fine di chiarire l’intreccio fra norme generali e norme di settore, il comma 5-bis aggiunge che “le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio”.

 

Dal quadro generale sopra delineato, si evince un ampio grado di libertà delle normative di settore di discostarsi dal modello generale recato dall’art. 113 TUEL. Per quanto riguarda il richiamato art. 150 del d.lgs. n. 152/2006, si evidenzia che la scelta della forma di affidamento del servizio da parte dell’Autorità d’ambito (a discrezione della stessa, ma comunque nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito) sembrerebbe potere essere effettuata nei limiti di una delle tre forme indicate dal comma 5 dell’art. 113.

Tuttavia, il comma 3 reca due importanti limitazioni:

§         il ricorso all’affidamento in house può essere ammesso solo “qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche” (e tale inciso sembra coerente con le indicazioni di fonte europea, sia normative, sia giurisprudenziali, sia di indirizzo);

 

Si ricorda, in proposito, che pur non esistendo una direttiva comunitaria che disciplina i servizi pubblici locali, tuttavia, in più occasioni la Commissione Europea ha ricordato come le modalità di affidamento di tali servizi, non privi di rilevanza economica, siano comunque assoggettate alle norme dei trattati sulla tutela della concorrenza e come un indefinito protrarsi di concessioni affidate senza procedura di evidenza pubblica sia da considerarsi contrario alla progressiva apertura al mercato richiesta, anche in questi settori, dagli stessi trattati. L’unica eccezione ammessa, sul piano del diritto comunitario, sono i cd. affidamenti “in house”, fattispecie per la quale è necessaria la sussistenza di determinate condizioni (particolari forme di controllo da parte dell’amministrazione sul soggetto affidatario, capitale interamente pubblico del soggetto affidatario stesso, prevalenza dell’attività svolta con l’ente pubblico rispetto al complesso delle attività svolte dal soggetto affidatario).

§         l’Autorità d’ambito può ricorrere all’affidamento a società a capitale misto con scelta del socio privato con gara (ipotesi sub lettera b) del comma 5 dell’art. 113) “purché il socio privato sia stato scelto, prima dell’affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2”.

 

In merito a quest’ultimo punto, si sottolinea che l’inciso recato in fondo al comma 3 ha innovato il regime preesistente, che non prevedeva questa limitazione ed ammetteva anche l’ipotesi della scelta del socio privato dopo l’affidamento.

 

Il comma 2 dell’articolo 150 prevede l’aggiudicazione, da parte dell'Autorità d'ambito, della gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, TUEL, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente, non ancora emanato[21].

 

Da quanto detto, le norme recate dall’art. 150 del d.lgs. n. 152 sembrerebbero mirate alle finalità ipotizzate dal comma 5-bis dell’art. 113, laddove si prevede che le discipline di settore possano introdurre “regole che assicurino la concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati”.

Con riferimento al richiamato comma 7 dell’art. 113 del TUEL, esso prevede che la gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale.

Il quarto periodo della medesima disposizione precisa che “le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore”.

Occorre ricordare che la sentenza n. 272 del 2004 della Corte costituzionale – che rappresenta il principale riferimento giurisprudenziale successivo al Titolo V in materia di riparto di competenze Stato/Regioni nella materia dei servizi pubblici locali - ha disposto che “l’art. 113, comma 7, pone in essere una illegittima compressione dell'autonomia regionale, poiché risulta ingiustificato e non proporzionato rispetto all'obiettivo della tutela della concorrenza l'intervento legislativo statale” e ha pertanto dichiarato illegittimi il secondo e il terzo periodo di tale disposizione.  

 

L’articolo 151 disciplina, invece, i rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato, disponendo che tali rapporti siano regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito sulla base di convenzioni tipo adottate dalle regioni e dalle province autonome.

 

Tale meccanismo viene tuttavia giudicato da alcuni contradditorio, nel momento in cui prevede che “tali rapporti vengano disciplinati su base convenzionale, in relazione alla corretta esigenza di promuovere una piena autonomia imprenditoriale; (e) dall’altro, in contrasto con questa logica, si stabilisce che la convenzione faccia riferimento ad un Piano d’ambito definito dall’ATO in modo tale da interferire con la sfera aziendale”[22].

 

Si segnala che l’articolo 9[23] dell’AS n. 1644 (Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali) – attualmente all’esame del Senato – prevede, al fine di assicurare la razionalizzazione e la solidarietà nell'uso delle acque e fino alla revisione della disciplina della gestione delle risorse idriche e dei servizi idrici integrati (attraverso un correttivo al decreto legislativo n. 152 del 2006), che non possono essere disposti nuovi affidamenti a soggetti privati. Viene anche precisato che la titolarità delle concessioni di derivazione delle acque pubbliche è assegnata ad enti pubblici (comma 1). Si prevede, inoltre, che nell'ambito delle procedure siano ricomprese anche le procedure in corso alla data di entrata in vigore della legge (comma 2) e che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, predispone e trasmette alle Camere una relazione sullo stato delle gestioni esistenti (comma 3).

La tariffazione

Per quanto riguarda le modalità di determinazione della tariffa, che costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato, l’art. 154 del d.lgs. n. 152/2006 richiama in buona parte i contenuti del previgente art. 13 della legge n. 36 del 1994 con alcune differenze, tra cui si segnalano le seguenti:

§         a carico della tariffa viene posta “una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito” (ma non ne vengono specificate né la misura, né i criteri di determinazione);

 

Tale previsione si aggiunge a quella che contempla, quali fattori per la determinazione della tariffa, la qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, le opere e gli adeguamenti necessari, l'entità dei costi di gestione delle opere, l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia.

 

§         cambiano le modalità di definizione delle componenti di costo della tariffa, che dovranno essere fissate (ma ancora non lo sono state) con decreto del Ministro dell’ambiente.

L’art. 170, comma 3, lettera l) del d.lgs. n. 152 dispone - in via transitoria - che fino all’emanazione del citato decreto di cui al comma 2 dell’articolo 154 sulle tariffe del servizio idrico, continua ad applicarsi il D.M. 1 agosto 1996 recante criteri di definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato costituenti un "metodo normalizzato".


Art. 1
(Finalità)

L’articolo in esame individua nelle seguenti le finalità del provvedimento:

§         dettare i princìpi con cui deve essere utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico nazionale;

In proposito viene richiamato l’art. 117, secondo comma, lettere m) ed s) della Costituzione, ai sensi delle quali lo Stato ha legislazione esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale nonché relativamente alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

§         favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale

 

 


Art. 2
(Princìpi generali)

L’articolo in esame detta i principi generali della materia:

diritto all’acqua

Nel comma 1 viene disposto che la disponibilità e l'accesso individuale e collettivo all'acqua potabile sono garantiti in quanto diritti umani universali, inalienabili e inviolabili della persona.

 

Con riferimento al primo periodo, si segnala che più che l’acqua in sé, la disponibilità e l’accesso all’acqua costituiscono oggetto di un diritto umano universale.

 

carattere pubblico della risorsa

Nel comma 2 viene sancito che tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 144, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006 dispone che “tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato”.

criteri e priorità gestionali

Nei commi 2, 3 e 4 vengono indicati numerosi criteri che devono informare la gestione delle acque:

§         solidarietà;

§         salvaguardia delle aspettative e dei diritti delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro;

§         risparmio e rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici;

§         priorità per l'alimentazione e per l'igiene umane rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo;

§         ammissibilità degli altri usi dell'acqua solo quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell'acqua per il consumo umano;

Si fa notare che tali principi ripropongono quelli enucleati nei commi 2, 3 e 4 dell’art. 144 del d.lgs. n. 152/2006.

§         reciprocità e mutuo aiuto tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa, al fine di garantire gli usi prioritari summenzionati;

§         priorità, tra tali “altri usi”, per l'agricoltura e per l'alimentazione animale;

Si fa notare che tale principio ripropone, almeno in parte, quello recato dall’art. 167, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006.

Tale comma prevede, infatti, che “nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102”.

 

Il comma 5 dispone che tutti i prelievi di acqua devono essere misurati a mezzo di un contatore conforme alla normativa dell'Unione europea vigente in materia, fornito dall'autorità competente e installato a cura dell'utilizzatore secondo i criteri stabiliti dall'autorità stessa.

Si rammenta che l’art. 146 del d.lgs. n. 152/2006 impone alle regioni di provvedere, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, di adottare norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare, tra l’altro, ad “installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano” (lettera f). Il successivo comma 2 prevede, inoltre, che g”il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di contatori per ogni singola unità abitativa”.

 

Alla luce di quanto esposto, si segnala la necessità di un coordinamento della disposizione in commento con la Parte Terza del codice ambientale, che reca principi in gran parte analoghi.


Art. 3
(Princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione)

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede la predisposizione, per ogni bacino idrografico, di un bilancio idrico entro due anni dall’entrata in vigore della presente legge.

Viene inoltre disposto che il bilancio idrico deve essere:

§         recepito negli atti e negli strumenti di pianificazione concernenti la gestione dell'acqua e del territorio;

§         aggiornato periodicamente.

Si ricorda che in base all’art. 95 del codice ambientale, “la tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile” e che “nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative”.

 

Il comma 2 dispone che, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente, sentita la Conferenza Stato-Regioni, provveda all’individuazione, con proprio decreto, dell'autorità responsabile per la redazione e per l'approvazione dei bilanci idrici di bacino e i relativi criteri per la loro redazione secondo i princìpi contenuti nella direttiva n. 2000/60/CE, al fine di assicurare:

          a) il diritto all'acqua;

          b) l'equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico;

          c) la presenza di una quantità minima di acqua, in relazione anche alla naturale dinamica idrogeologica ed ecologica, necessaria a permettere il mantenimento di biocenosi autoctone e il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, per garantire la tutela e la funzionalità degli ecosistemi acquatici naturali.

 

Si ricorda che, in base all’art. 145 del codice ambientale, “l'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144”; la disposizione aggiunge che “per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse”.

 

 

Il comma 3, al fine di favorire la partecipazione democratica, dispone che lo Stato e gli enti locali applicano nella redazione degli strumenti di pianificazione quanto previsto dall'articolo 14 della citata direttiva 2000/60/CE sull'informazione e la consultazione pubblica.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 14 della cd. direttiva acque prevede, in particolare, che “gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della presente direttiva, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione delle acque importanti, identificati nel bacino idrografico, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce”.

Il secondo paragrafo dispone che “per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati membri concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti in questione”.

Il contenuto di tali disposizioni è stato recepito fedelmente dall’art. 66, comma 7, del d.lgs. n. 152/2006.

Si osserva che il comma in esame si limita a confermare una disposizione già contenuta nella normativa vigente (art. 66, comma 7, del codice ambientale).

 

I commi da 4 a 7 disciplinano le modalità per il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque.

 

Il comma 4 prevede i seguenti vincoli per il rilascio o il rinnovo delle concessioni:

§         rispetto delle priorità stabilite all'articolo 2, commi 3 e 4;

§         definizione del bilancio idrico di bacino, corredato da una pianificazione delle destinazioni d'uso delle risorse idriche.

 

Il comma 5 dispone che, fatti salvi i prelievi destinati al consumo umano per il soddisfacimento del diritto all'acqua, il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque devono considerare il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, in conformità al principio «chi inquina paga», previsto dall'articolo 9 della citata direttiva 2000/60/CE, fermo restando quanto stabilito all'articolo 8 della presente legge. (che detta norme generali sul finanziamento del servizio idrico integrato). La disposizione prevede inoltre la possibilità per gli enti preposti alla pianificazione di limitare comunque il rilascio o il rinnovo delle concessioni di prelievo dell'acqua anche in presenza di remunerazione dell'intero costo qualora sussistano esigenze ambientali o sociali.

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Si ricorda, in proposito, che l’art. 119 del d.lgs. n. 152/2006 detta le disposizioni attuative dell’art. 9 della direttiva.

L’art. 119 citato, infatti, dispone, al comma 1, che “le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio «chi inquina paga»".

Al comma 2 poi viene previsto che “entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell’acqua; […]”.

 

Il comma 6 prevede che, in assenza di quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4, non possono essere rilasciate nuove concessioni e quelle esistenti devono essere sottoposte a revisione annuale.

 

Si osserva che appare poco chiara la formulazione “in assenza di quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4”, che probabilmente si riferisce al mancato adempimento dei compiti che i commi 1, 2, 3 e 4 pongono in capo a vari soggetti.

 

Il comma 7 prevede che le acque che, per le loro caratteristiche qualitative, sono definite «destinabili all'uso umano», non devono di norma essere utilizzate per usi diversi.

La destinazione ad usi diversi viene consentita solo se non siano presenti altre risorse idriche, nel qual caso l'ammontare del relativo canone di concessione è decuplicato.

 

Si ricorda, in proposito, che parte delle disposizioni citate riproducono quanto disposto dall’art. 12-bis del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, come sostituito dall’art. 96 del d.lgs. n. 152/2006.

Il testo vigente del citato art. 12-bis prevede, infatti, al comma 1, che “il provvedimento di concessione è rilasciato se:

a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;

b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;

c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico”.

Il comma 2 dispone che “i volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque”.

Ai sensi del successivo comma 3, “l'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se:

a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;

b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;

c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.

Il comma 4, infine, prevede che, “nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicato. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto".

 

Il comma 8 dispone che devono essere garantiti la conservazione o il raggiungimento, per tutti i corpi idrici, di uno stato di qualità vicino a quello naturale entro l'anno 2015, ai sensi di quanto previsto dalla direttiva 2000/60/CE attraverso:

          a) il controllo e la regolazione degli scarichi idrici;

          b) l'uso corretto e razionale delle acque;

          c) l'uso corretto e razionale del territorio.

Le disposizioni sugli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione delle acque sono contenuti, nella legislazione vigente, negli artt. 76 e segg. Del d.lgs. n. 152/2006.

 

Si osserva che occorre chiarire che cosa la disposizione intende per stato di qualità vicino a quello naturale, posto che la classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici contenuta nell’Allegato 5 alla direttiva cd. acque (corrispondente all’Allegato 2 alla Parte Terza del codice ambientale) fa riferimento allo stato elevato, buono e sufficiente (e definisce lo stato buono con riferimento alle acque sotterranee).

 

Il comma 9 prevede la revocabilità, da parte dell’autorità competente, delle concessioni al prelievo e delle autorizzazioni allo scarico per gli usi differenti da quello potabile, anche prima della loro scadenza amministrativa, se è verificata l'esistenza di gravi problemi qualitativi e quantitativi al corpo idrico interessato.

In tali casi la norma prevede che la revoca avvenga senza risarcimenti di alcun genere, salvo il rimborso degli oneri per il canone di concessione delle acque non prelevate.

Una disposizione analoga sembra rinvenirsi all’art. 95, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, in base al quale “tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione”.

 

Il comma 10 richiede l’aggiornamento dei piani d'ambito di cui all'art. 149 del d.lgs. n. 152/2006, per consentirne l’adeguamento ai princìpi della presente legge e alle indicazioni degli specifici strumenti pianificatori di cui al presente articolo.

Si tratta di un adempimento già previsto dall’art. 149 del d.lgs. n. 152/2006 per tener conto delle novità introdotte dal codice ambientale, e che troverebbe il suo fondamento nelle ulteriori innovazioni contemplate dal provvedimento in esame.

 

Il comma 11 vieta il rilascio -  dalla data di entrata in vigore della presente legge – di concessioni per uso potabile (per sfruttamento, imbottigliamento o utilizzazione di sorgenti, fonti, acque minerali o corpi idrici idonei all'uso potabile) in contrasto con quanto previsto nel presente articolo. La disposizione si limita a ulteriormente rafforzare i vincoli al rilascio di concessioni previsti dall’articolo in commento.


Art. 4
(Princìpi relativi alla gestione del servizio idrico)

La disposizione qualifica il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in considerazione dell'esigenza di tutelare il pubblico interesse allo svolgimento di un servizio essenziale, con situazione di monopolio naturale definita ai sensi dell'articolo 43 della Costituzione

 

Si ricorda che l’articolo 113-bis del TUEL, introdotto dall’articolo 35 della legge n. 448 del 2001, modificato dall’articolo 14, comma 2, del d.l. n. 269 del 2006, disciplinava la gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza economica. In particolare, la disposizione, al comma 1, prevedeva l’affidamento diretto a: a) istituzioni, b) aziende speciali, anche consortili; c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitassero sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzasse la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Al comma 2, la medesima disposizione consentiva possibilità della gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non fosse opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 272 del 2004, ha dichiarato la illegittimità costituzionale della disposizione, in quanto, premesso che la Corte giudica necessario l’intervento del legislatore statale nel settore dei servizi pubblici locali unicamente allo scopo della tutela della concorrenza e che per tutti gli altri aspetti esso spetti alle autonomie locali, ai servizi privi di rilevanza economica di per sé non sono applicabili criteri concorrenziali sicché manca un titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale.

 

In conseguenza di tale qualificazione, il successivo comma 2 esclude l’applicazione del principio della libera concorrenza rispetto alla gestione del servizio idrico integrato, che quindi è realizzata senza finalità lucrative, persegue finalità di carattere sociale e ambientale, ed è finanziata attraverso meccanismi di fiscalità generale e specifica nonché mediante meccanismi tariffari.

 

Il successivo comma 3 vincola espressamente il Governo al rispetto delle disposizioni indicate ai fini della sottoscrizione e ratifica di qualsiasi trattato o accordo internazionale in materia.

In proposito, si segnala che occorre valutare la portata normativa della disposizione, posto che essa, oltre a costituire un impegno per la futura attività del Governo, appare suscettibile di condizionare anche la partecipazione a processi internazionali in corso, con particolare riferimento a quelli avviati a seguito dell’Uruguay Round del GATT, tra i quali figura il GATS (accordo generale sul commercio dei servizi), pur non esistendo allo stato uno specifico GATS sui servizi idrici.


Art. 5
(Governo pubblico del ciclo integrato dell'acqua)

Il comma 1 della disposizione ribadisce che la gestione delle acque avviene mediante servizio idrico integrato, come definito dalla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Le finalità di tale previsione sono individuate nella salvaguardia dell'unitarietà e della qualità del servizio.

 

La definizione di servizio idrico integrato è contenuta nell’art. 141, comma 2, del codice ambientale, secondo cui tale servizio è costituito “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue”. L’articolo 150 del medesimo codice ambientale, relativo alla scelta della forma di gestione e alle procedure di affidamento, reca il principio dell’unicità della gestione del servizio idrico integrato. L’articolo 2, comma 13, dello schema di decreto correttivo al codice ambientale, assegnato alla Commissione ambiente, sostituisce tale principio con quello dell’unitarietà della gestione del servizio idrico integrato. La ragione delle novelle risiede nella considerazione che non è necessario che ci sia un unico gestore, bensì che la gestione avvenga con criteri unitari, come sottolineato anche nei pareri delle competenti Commissioni parlamentari durante l’esame dell’Atto del Governo n. 12 (ora d.lgs. n. 284/2006).

 

Con riferimento alle infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti a tale servizio (tra cui gli acquedotti, le fognature e gli impianti di depurazione), essi – in quanto capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio – vengono attribuiti alla proprietà degli enti locali, i quali non possono cederla

Tali beni vengono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico ai sensi dell'articolo 822 del codice civile e ad essi si applica la disposizione dell'articolo 824 del medesimo codice. Essi, pertanto, sono inalienabili e gravati dal vincolo perpetuo di destinazione a uso pubblico.

 

Si segnala che l’articolo 143 del codice ambientale prevede che gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. La medesima disposizione attribuisce all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.

Si ricorda che l’articolo 822 c.c. individua i beni di proprietà dello Stato appartenenti al demanio pubblico. Tradizionalmente si distingue tra il demanio necessario (articolo 822, primo comma), costituito da beni immobili di proprietà dello Stato ed eccezionalmente delle regioni (porti lacuali) che data la loro natura, non possono che essere demaniali, e il demanio accidentale (articolo 822, secondo comma) che, invece, comprende beni immobili e universalità di mobili che non sono naturalmente di proprietà di enti pubblici territoriali e che acquisiscono carattere demaniale solo nel caso in cui diventino di proprietà di questi ultimi. Tra i beni del demanio accidentale, la disposizione fa riferimento agli acquedotti.

L’articolo 824 assoggetta al regime del demanio pubblico i beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell’articolo 822 che appartengono a province o comuni.

La condizione giuridica dei beni demaniali è disciplinata dall’articolo 823 c.c., e può essere riassunta nelle seguenti caratteristiche:

§          inalienabilità;

§          impossibilità di formare oggetto di diritti a favore di terzi (se non nei limiti e nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano);

§          possibilità per l’autorità di procedere a tutela dei beni demaniali sia in via amministrativa sia avvalendosi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso.

Si ricorda che, in base all’articolo 4 del T.U. in materia di espropriazione (d.P.R. n. 327 del 2001), tali beni non sono suscettibili di espropriazione fino a quando non ne viene pronunciata la sdemanializzazione.

Con riferimento ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, si ricorda che l’articolo 113, comma 2, TUEL, esclude la cessione da parte degli enti locali della proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo il conferimento della medesima a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile.

 

La previsione di un vincolo perpetuo di destinazione ad uso pubblico porta a ritenere che i beni indicati non possono perdere il carattere della demanialità sicché non è possibile una procedura di “sdemanializzazione” da parte dell’amministrazione locale.

 

Secondo la giurisprudenza, la “sdemanializzazione” può essere espressa, risultando da un formale provvedimento di cessazione della demanialità, o tacita, in presenza di atti e/o fatti che mostrano in maniera del tutto inequivocabile la volontà dell’amministrazione di sottrarre il bene alla destinazione all’uso pubblico e di rinunciare definitivamente al suo ripristino. Tale volontà non si può desumere dalla pura e semplice circostanza che il bene non sia più adibito, anche per lungo tempo, all’uso pubblico (cfr. Cons. Stato, 7 febbraio 2000, n. 725).

 

Si segnala che la specificazione contenuta nel primo periodo del comma 2 secondo cui gli enti locali non possono cedere la proprietà delle infrastrutture afferenti il servizio idrico integrato appare ultronea, posto che essa è già compresa nel vincolo di inalienabilità disposto dal secondo periodo, oltre che in termini generali dalla condizione giuridica del demanio pubblico, cui tali beni sono assoggettati.

 

Il comma 3 della disposizione afferma il principio della non separabilità della gestione e dell’erogazione del servizio idrico integrato e dell’affidamento esclusivamente a enti di diritto pubblico.

Con riferimento ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, si ricorda che l’articolo 113, comma 3, TUEL, rinvia alle discipline di settore per la definizione dei casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi possa essere separata da quella di erogazione degli stessi. La medesima disposizione contiene anche l’espressa garanzia dell'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.

 

Con riferimento al comma 3, si segnala che andrebbe meglio precisata la formulazione della norma, specificando che la gestione si riferisce alla gestione delle infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato di cui al comma 2

 

Si segnala inoltre l’opportunità di una più chiara individuazione dei soggetti cui può essere affidata la gestione delle reti e l’erogazione del servizio idrico, attualmente identificati con gli “enti di diritto pubblico”.

 

Può essere in proposito opportuno un breve cenno alle figure, di derivazione comunitaria, dell’organo in house e dell’organismo di diritto pubblico.

Il già citato articolo 113 del TUEL tra le varie modalità di affidamento del servizio pubblico locale, consente il cd. affidamento in house, ovvero a società a capitale interamente pubblico, a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.

La normativa in materia di appalti contempla invece la figura dell’organismo di diritto pubblico (articolo 3, comma 1, n. 26), al fine di estendere le regole sugli appalti pubblici a soggetti che, pur non essendo pubbliche amministrazioni, a causa della forte caratterizzazione in senso pubblicistico possono operare con criteri suscettibili di pregiudicare il pieno esplicarsi della libertà di concorrenza. Per la ricorrenza di tale figura la disposizione richiede la ricorrenza prevede le seguenti condizioni:

- che l’organismo sia istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

- che sia dotato di personalità giuridica;

- che la sua attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Un elenco, ancorché non tassativo, degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico operanti nei settori regolamentati del codice è contenuto nell’Allegato III del codice stesso. In tale elenco sono compresi alcuni specifici organismi (la Società «Stretto di Messina», l’ Ente autonomo mostra d'oltremare e del lavoro italiano nel mondo, l’Ente nazionale per l'aviazione civile – ENAC, l’Ente nazionale per l'assistenza al volo – ENAV e l’ANAS S.p.A) ed alcune categorie di soggetti di carattere pubblico. Si tratta, in particolare, di:

§          Enti portuali e aeroportuali,

§          Consorzi per le opere idrauliche,

§          Università statali, gli istituti universitari statali, i consorzi per i lavori interessanti le università,

§          Istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza,

§          Istituti superiori scientifici e culturali, osservatori astronomici, astrofisici, geofisici o vulcanologici,

§          Enti di ricerca e sperimentazione,

§          Enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza,

§          Consorzi di bonifica,

§          Enti di sviluppo e di irrigazione,

§          Consorzi per le aree industriali,

§          Comunità montane,

§          Enti preposti a servizi di pubblico interesse,

§          Enti pubblici preposti ad attività di spettacolo, sportive, turistiche e del tempo libero,

§          Enti culturali e di promozione artistica.

L’influenza pubblica che caratterizza l’organo in house è più marcata rispetto all’organismo di diritto pubblico, posto che, secondo la giurisprudenza comunitaria, il concetto di controllo analogo presuppone la partecipazione totalitaria pubblica e che si caratterizza per la destinazione della parte più importante della propria attività all’ente pubblico. Per contro, la nozione di organismo di diritto pubblico richiede il requisito della personalità giuridica, costantemente interpretata come soggettività giuridica distinta dalla P.A.

Più in generale, si osserva che l'ordinamento giuridico non fornisce una definizione espressa di ente pubblico. in quanto i diversi organismi esistenti non sono riconducibili ad un unico modello. Sono state quindi tentate in dottrina varie classificazioni, fondate su criteri diversi (attività svolta, dipendenza dallo Stato, rapporto con i gruppi interessati e tipo di collegamento con il territorio, struttura organizzativa, etc.). Una catalogazione possibile può fondarsi sulla disciplina giuridica applicabile alla categoria individuata; sulla base di questo criterio è stata proposta dalla dottrina una tipologia degli enti pubblici così articolata:

-        enti pubblici territoriali (regioni, province, comuni, aree metropolitane, comunità montane; sono così definiti in quanto il territorio è da considerarsi l'elemento costitutivo e rappresentano gli interessi della popolazione presente sul territorio);

-        enti parastatali (disciplinati dalla L. n. 70 del 1975);

-        enti pubblici economici (operanti nel campo della produzione, degli scambi e dei servizi come imprenditori, ma legati all'ente di riferimento, che può essere lo Stato o gli altri enti pubblici territoriali. Essi sono soggetti ad una disciplina giuridica che ha profili privatistici e pubblicistici insieme);

-        altri enti (categoria residuale per la quale non vi è una disciplina comune tranne che per alcuni aspetti essenziali: agiscono con atti amministrativi; il rapporto di lavoro dipendente è di pubblico impiego; sono soggetti, se sovvenzionati dallo Stato, al controllo della Corte dei conti.


 

Art. 6
(Ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato. Decadenza delle forme di gestione. Fase transitoria)

In conseguenza delle nuove regole sulla gestione del servizio idrico, il comma 1 della disposizione in commento esclude la possibilità di acquisire quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato.

 

Si segnala che l’articolo 9 dell’AS n. 1644 (Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali) – attualmente all’esame del Senato – prevede, al fine di assicurare la razionalizzazione e la solidarietà nell'uso delle acque e fino alla revisione della disciplina della gestione delle risorse idriche e dei servizi idrici integrati (attraverso un correttivo al decreto legislativo n. 152 del 2006), che non possono essere disposti nuovi affidamenti a soggetti privati. Viene anche precisato che la titolarità delle concessioni di derivazione delle acque pubbliche è assegnata ad enti pubblici (comma 1).

In base al comma 2, tali disposizioni trovano applicazione anche rispetto alle procedure in corso alla data di entrata in vigore della legge; il successivo comma 3 prevede poi che entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, predisponga e trasmetta alle Camere una relazione sullo stato delle gestioni esistenti (comma 3).

 

I commi successivi precisano le conseguenze dei nuovi criteri per l’affidamento del servizio rispetto alle gestioni esistenti, in relazione alle diverse modalità di gestione del servizio (sulle quali cfr. il quadro introduttivo).

 

Il comma 2 prevede la decadenza di tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate in concessione a terzi in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento, che non siano già decadute per contratto. La disposizione sembrerebbe fare riferimento al caso di affidamento del servizio ai sensi dell’articolo 150, comma 2, del codice ambientale ovvero al caso di aggiudicazione, da parte dell'Autorità d'ambito, della gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, TUEL.

 

Occorre modificare la formulazione della norma, al fine di meglio chiarire a quali forme di gestione del servizio idrico essa si riferisce.

Sembrerebbe inoltre opportuno precisare meglio le modalità di cessazione dei rapporti di concessione attualmente in essere, per i quali la proposta in esame fa riferimento alla categoria giuridica della “decadenza”. Al riguardo, si segnala che il termine decadenza è utilizzato nell’ambito del diritto amministrativo con riferimento a fattispecie piuttosto eterogenee (mancato esercizio delle facoltà inerenti ad un rapporto derivante da un provvedimento amministrativo, inadempimento da parte del privato di obblighi o oneri inerenti ad un rapporto a carattere continuativo con la P.A. ovvero sopravvenuto venir meno dei presupposti necessari alla regolarità del rapporto). In proposito potrebbe rilevare la disciplina prevista dalla legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990) con riferimento alla revoca del provvedimento.

 

L’art. 21-quinquies della L. 241, aggiunto dall'art. 14 della L. 15/2005 e da ultimo modificato a seguito della conversione in legge del D.L. 7/2007, prevede al riguardo che per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole possa essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.

Quanto agli effetti della revoca, essa determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo e la competenza sulle controversie in materia di determinazione e corresponsione di tale 'indennizzo è attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Con riferimento alla quantificazione dell’indennizzo, la disposizione precisa altresì che, qualora la revoca incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati sia parametrato esclusivamente al danno emergente (e non, quindi, all’eventuale lucro cessante) e tenga conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.

 

Il comma 3 reca invece la norma transitoria relativa alle forme di gestione del servizio idrico in essere affidate a società a capitale misto pubblico-privato.

 

Si ricorda che, in base all’articolo 150, comma 3, del codice ambientale è possibile il ricorso a società solo parzialmente partecipate da comuni o da altri enti locali compresi nell’ambito territoriale ottimale, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2. L’articolo 113, comma 5, lett. b) prevede l’affidamento del servizio pubblico locale a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche.

 

In tal caso, si prevede l’avvio del processo di trasformazione in società a capitale interamente pubblico, previo recesso del settore acqua e scorporo del ramo d'azienda relativo, in caso di gestione di una pluralità di servizi. Tale processo deve essere completato entro due anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento.

 

La disposizione presenta una formulazione alquanto ambigua, posto che, facendo generico riferimento alle forme di gestione del servizio idrico, non è chiaro qual è il soggetto tenuto alla trasformazione in società a capitale interamente pubblico. Inoltre, con riferimento al caso di gestione di una pluralità di servizi, occorre chiarire il significato dell’espressione “previo recesso del settore acqua”.

 

Il comma 4 definisce nei seguenti gli obblighi cui soggiacciono le società risultanti dal processo di trasformazione:

a) divieto di cessione di quote di capitale a qualsiasi titolo;

b) esercizio della propria attività in via esclusiva nel servizio affidato;

c) obbligo di sottostare a controllo da parte degli enti affidanti analogo a quello dagli stessi esercitato sui servizi a gestione diretta;

d) obbligo di trasformazione in enti di diritto pubblico entro tre anni dalla data di costituzione.

 

Anche in relazione alla disposizione in esame appare necessario precisare la nozione di “ente di diritto pubblico” (v. supra  il  commento all’art. 5).

 

 

Un obbligo di contenuto analogo a quello previsto dalla lettera d) è contemplato dal comma 5, che con riferimento alle forme di gestione del servizio idrico affidate a società a capitale interamente pubblico, prevede il completamento del processo di trasformazione in enti di diritto pubblico entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, prorogabile fino a un massimo di sette anni con riferimento alle società che rispettino le condizioni vincolanti di cui al precedente comma 4, lett. a), b) e c) (comma 6)

 

Anche tale ultima disposizione presenta una formulazione alquanto ambigua, posto che, facendo generico riferimento alle forme di gestione del servizio idrico, non è chiaro qual è il soggetto tenuto alla trasformazione in società a capitale interamente pubblico.

 

Il comma 7 prevede l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Governo, nel caso di mancata osservanza delle prescrizioni contenute nella disposizione in commento.

Al riguardo si segnala l’opportunità di precisare quale sia la disciplina prevista per il potere sostitutivo del Governo, posto che la disposizione si limita a fare riferimento ai poteri “previsti dalla legge”. In questa ottica dovrebbe altresì valutarsi se l’intervento rientri nell’ambito di una delle fattispecie rispetto alle quali l’articolo 120, secondo comma, della Costituzione consente l’esercizio di poteri sostitutivi da parte del Governo.

 

In proposito si ricorda che il secondo comma dell’art. 120, come sostituito dall’art. 6 della legge di riforma del Titolo V della Costituzione , disciplina l’esercizio da parte dello Stato di poteri sostitutivi rispetto agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni.

Tali poteri sono attivabili quando si riscontri che tali enti non abbiano adempiuto a norme e trattati internazionali o alla normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza e l’incolumità pubblica, ovvero lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

La disposizione costituzionale demanda ad una successiva legge statale di attuazione il compito di disciplinare l’esercizio dei poteri sostituitivi nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione.

L’articolo 8 della L. 131/2003 , nel dettare le norme attuative dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione, ha in primo luogo delineato (comma 1) un meccanismo che ruota attorno alla fissazione di un congruo termine per l’adozione da parte dell’ente degli “atti dovuti o necessari”.

La fissazione del termine e la previsione, dopo il suo inutile decorso, dell’intervento sostitutivo del Governo viene a configurare un’ipotesi di inadempienza avente ad oggetto atti che, in quanto “dovuti” dovrebbero trovare un proprio fondamento in una disposizione di legge o comunque normativa.

Viene individuata una procedura che può essere qualificata come “generale” (comma 1), sul cui tronco si innestano, poi, le procedure “settoriali” previste dai successivi commi per le specifiche ipotesi ivi indicate.

Alla fissazione del “congruo termine” per l’adozione degli atti “dovuti o necessari” provvede il Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio, esercita il potere sostitutivo, che può esprimersi adottando direttamente i “provvedimenti necessari, anche normativi”, ovvero nominando un apposito Commissario . Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

Il successivo articolo 10 della L. 131/2003 affida l’esecuzione di provvedimenti costituenti esercizio del potere sostitutivo direttamente adottati dal Consiglio dei ministri al Rappresentante dello Stato, ossia al prefetto titolare dell’Ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione, cui sono trasferite le funzioni del Commissario del Governo compatibili con la riforma costituzionale.

Il comma 1 dell’articolo 8, facendo espresso riferimento a provvedimenti “anche normativi”, prefigura la possibile adozione, da parte del Governo, di atti di natura regolamentare, nonché di natura legislativa.

Per quanto riguarda il potere sostitutivo in materia comunitaria, l’articolo 8 (comma 2) individua la prima “disciplina settoriale” che si innesta sul tronco della procedura generale di cui al comma 1, ed ha ad oggetto le ipotesi di violazione della normativa comunitaria.

La L. 131/2003 prevede una seconda “procedura settoriale” (art. 8, comma 3) per i casi in cui l’esercizio del potere sostitutivo riguardi gli enti locali (Comuni, province o Città metropolitane).

In questi casi si prevede che la nomina del Commissario debba tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione e si richiede, per l’adozione dei provvedimenti sostitutivi da parte del Commissario stesso, che sia sentito il Consiglio delle autonomie locali (qualora tale organo sia stato istituito).

Poiché anche tale disposizione pare innestarsi come specificazione di una particolare fase procedurale, nell’ambito della disciplina generale delineata dal comma 1, essa non comporta l’esclusione dell’esercizio dei poteri sostitutivi nei riguardi degli enti locali secondo l’altra opzione indicata dal comma 1, ossia attraverso l’adozione, direttamente da parte del Consiglio dei ministri, dei provvedimenti necessari, anche normativi.

L’articolo 8 prevede poi una “procedura d’urgenza” (comma 4), ricalcando almeno in parte quanto disposto dall’articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 112 del 1998 : si tratta di una procedura speciale, cui il Governo può fare ricorso nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione: in questi casi, i provvedimenti necessari sono adottati dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali. I provvedimenti in questione sono poi immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che possono chiederne il riesame.

Il comma 4 configura regole procedurali ridotte, rispetto a quelle recate dal comma 1: il “peso” del principio di “leale collaborazione”, richiesto dall’art. 120 della Costituzione, appare infatti minore .

il medesimo articolo 8 (comma 5) impone, per l’adozione dei provvedimenti sostitutivi, il criterio della proporzionalità degli stessi in rapporto alle finalità perseguite.

 

 

Il comma 8 demanda, infine, ad un decreto dei Ministri competenti da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, la definizione dei criteri e delle modalità ai quali le regioni e gli enti locali devono attenersi per garantire la continuità del servizio idrico e la qualità dello stesso durante la fase transitoria di cui al presente articolo, assicurando la trasparenza e la partecipazione dei lavoratori e dei cittadini ai relativi controlli.


Art. 7
(Istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato)

La disposizione, al comma 1, prevede l’istituzione – presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato.

Le finalità del Fondo sono individuate nell’attuazione dei processi di trasferimento di gestione di cui all'articolo 6.

Le modalità di accesso al Fondo sono demandate ad un apposito regolamento, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento.

 


Art. 8
(Norme generali sul finanziamento del servizio idrico integrato)

La disposizione, al comma 1, prevede in termini generali il finanziamento del servizio idrico integrato attraverso:

§         la fiscalità generale e specifica;

§         la tariffa di cui all'articolo 9.

 

Si segnala che appare alquanto generico il riferimento contenuto nella disposizione alla fiscalità generale e specifica.

 

Il comma 2 destina i finanziamenti reperiti attraverso il ricorso alla fiscalità generale alla copertura di parte dei costi di investimento e dei costi di erogazione del quantitativo minimo vitale garantito, come definito dal successivo articolo 9, comma 3.

La disposizione prevede che ad essi – cioè, sembrerebbe, a tali costi – sono inoltre destinate le risorse ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 12.


Art. 9
(Finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa)

Il comma 1 demanda ad un decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, la definizione da parte del Governo del metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato per tutti gli usi dell'acqua.

 

L’articolo 154, comma 1, del codice ambientale disciplina la tariffa del servizio idrico integrato, che costituisce il corrispettivo del medesimo servizio. Quali fattori per la determinazione della tariffa, la disposizione contempla la qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, le opere e gli adeguamenti necessari, l'entità dei costi di gestione delle opere, l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia. Ai fini della sua determinazione, inoltre si tiene conto di “una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito”. Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente la definizione delle componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua;

L’art. 170, comma 3, lettera l) del d.lgs. n. 152 dispone - in via transitoria - che fino all’emanazione del citato decreto di cui al comma 2 dell’articolo 154 sulle tariffe del servizio idrico, continua ad applicarsi il D.M. 1 agosto 1996 recante criteri di definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato costituenti un "metodo normalizzato".

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Il comma 2 definisce la nozione di “uso domestico” con riferimento ad ogni utilizzo d'acqua atto ad assicurare il fabbisogno individuale per l'alimentazione e per l'igiene umane. La disposizione precisa che la tariffa per l'uso domestico deve coprire i costi ordinari di esercizio del servizio idrico integrato, ad eccezione del quantitativo minimo vitale garantito di cui al comma 3.

L’erogazione di quest’ultimo infatti, secondo il comma 3 – espressamente qualificata come diritto umano - è gratuita ed è coperta dalla fiscalità generale. La disposizione quantifica il minimo vitale garantito nell’erogazione giornaliera di acqua per l'alimentazione e per l'igiene umane pari a cinquanta litri per persona.

Il comma 4 prevede ulteriori disposizioni volte a garantire l’erogazione del quantitativo minimo, escludendo in particolare la possibilità che essa sia sospesa dal gestore, in caso di morosità nel pagamento. In tal caso, il gestore infatti provvede a installare un apposito meccanismo limitatore dell'erogazione, idoneo a garantire esclusivamente la fornitura giornaliera essenziale di cinquanta litri al giorno per persona.

I commi 5 e 6 demandano alla normativa regionale:

§         limitatamente alle fasce di consumo domestico superiori a cinquanta litri, l’individuazione di fasce tariffarie articolate per scaglioni di consumo, tenendo conto dei criteri indicati (reddito individuale, composizione del nucleo familiare; quantità dell'acqua erogata; esigenza di razionalizzazione dei consumi e di eliminazione degli sprechi);

§         la definizione di tetti di consumo individuale – comunque non superiori a trecento litri al giorno per abitante – oltre i quali l'utilizzo dell'acqua è assimilato all'uso commerciale. In tal caso la tariffa è commisurata a tale uso e l'erogazione dell'acqua è regolata secondo i princìpi di cui all'articolo 2.

 

Con specifico riferimento agli usi domestici, sembra necessario un coordinamento tra il comma che rinvia ad un decreto del Governo la definizione del metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato per tutti gli usi dell'acqua e i commi 5 e 6 che attribuiscono alle leggi regionali l’individuazione di fasce tariffarie (informata peraltro a taluni specifici criteri), oltre che l’individuazione di tetti di consumo individuale oltre cui l’utilizzo dell’acqua è assimilato all’uso commerciale.

Con specifico riferimento al comma 6, andrebbe meglio definito il principio della commisurazione della tariffa all’uso commerciale, anche al fine di comprendere se spetta alle regioni dare attuazione a tale principio.

 

Ulteriori criteri per la determinazione delle tariffe vengono stabilite dal comma 7, che:

 

§         con riferimento alle tariffe per tutti gli usi, rinvia ai princìpi di cui all'articolo 9 della direttiva 2000/60/CE.

 

Tale disposizione, in particolare, afferma il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato III e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

Essa inoltre prevede che, entro il 2010 gli Stati membri provvedono:

- a che le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva,

- a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III e tenendo conto del principio "chi inquina paga".

 

§         con riferimento alle tariffe per tutti gli usi, con l’eccezione di quello domestico, prevede una componente aggiuntiva di costo per compensare:

®      la copertura parziale dei costi d'investimento;

®      le attività di depurazione o di riqualificazione ambientale necessarie per compensare l'impatto delle attività per cui è concesso l'uso dell'acqua;

®      la copertura dei costi relativi alle attività di prevenzione e di controllo.


Art. 10
(Governo partecipativo del servizio idrico integrato)

La disposizione, che afferma il principio del governo democratico della gestione del servizio idrico integrato, al comma 1, attribuisce agli enti locali il compito di adottare forme di democrazia partecipativa che conferiscono strumenti di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione ai lavoratori del servizio idrico integrato e agli abitanti del territorio e alle regioni il compito di definire, attraverso normative di indirizzo, le forme e le modalità più idonee ad assicurare l'esercizio di tale diritto.

 

Si segnala che l’articolo 14 della già richiamata direttiva 2000/60/CE disciplina l’informazione e la consultazione pubblica, prevedendo che gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della presente direttiva, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici.

L’articolo 66 del codice ambientale (che, nella Parte Terza, ha dato attuazione alla richiamata direttiva) prevede, al comma 7, che le Autorità di bacino promuovano la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

Disposizioni di contenuto analogo volte a garantire l’informazione e la consultazione pubblica con riferimento all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei Piani di tutela delle acque sono contenute nell’articolo 122 del codice.

Si segnala anche l’articolo 162 che con riferimento alla gestione del servizio idrico integrato, disciplina i compiti del gestore al fine di garantire l’informazione degli utenti e prevede forme di pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi.

 

Il comma 2 rinvia agli statuti dei comuni (ai sensi dell'articolo 8 del TUEL) la disciplina degli strumenti di democrazia partecipativa di cui al comma precedente.

 

L’articolo 8 del TUEL, al comma 1, attribuisce ai comuni il compito di valorizzare le libere forme associative e di promuovere organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale, demandando agli statuti la disciplina dei rapporti di tali forme associative. Il comma 2 rinvia allo statuto la definizione delle modalità di partecipazione degli interessati con riferimento ai procedimenti relativi all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive; il comma 3 dispone inoltre che lo statuto preveda forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi (oltre che le garanzie per il loro tempestivo esame), consentendo inoltre che siano previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini. In base al successivo comma 4, le consultazioni e i referendum devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali. Il comma 5, infine prevede che lo statuto promuova forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.

 

Il comma 3, infine, attribuisce al Governo il compito di definire – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento – la Carta nazionale del servizio idrico integrato.

La finalità e il contenuto della Carta sono individuati nei seguenti:

§         il riconoscimento del diritto all'acqua, come definito all’articolo 9, comma 3;

§         la fissazione dei livelli e degli standard minimi di qualità del servizio idrico integrato;

§         la disciplina delle modalità di vigilanza sulla sua corretta applicazione, definendo le eventuali sanzioni applicabili.

 

Si segnala che l’articolo 151 del codice ambientale prevede che le convenzioni tipo che devono adottare le regioni e le province autonome (sulla base delle quali sono predisposte da parte dell’Autorità d’ambito le convenzioni dirette a regolare i rapporti tra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato) prevedano l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti.

Si richiama brevemente l’articolo 2 del decreto-legge n. 163 del 1995 (convertito dalla legge n. 273 del 1995), abrogato dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 286 del 1999, che prevedeva che con D.P.C.M. fossero emanati schemi generali di riferimento di carte di servizi pubblici e che gli enti erogatori di servizi pubblici, non oltre centoventi giorni dalla data di emanazione dei decreti di cui al comma 1, adottassero le rispettive carte dei servizi pubblici sulla base dello schema generale di riferimento, dandone adeguata pubblicità agli utenti e comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica Sulla base di tale disposizione, con D.P.C.M. 29 aprile 1999 era stato emanato lo schema generale di riferimento per la predisposizione della carta del servizio idrico integrato.

 

Si segnala che la disposizione non definisce l’atto attraverso cui viene adottata la Carta nazionale del servizio idrico integrato, né risulta chiara la natura giuridica della medesima Carta.


Art. 11
(Fondo nazionale di solidarietà internazionale)

La disposizione, al comma 1, prevede l’istituzione del Fondo nazionale di solidarietà internazionale. Le finalità del Fondo sono individuate  nel favorire l'accesso all'acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta e di contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale che garantisca tale accesso, da realizzare attraverso la destinazione delle sue risorse a progetti di sostegno all'accesso all'acqua, gestiti attraverso forme di cooperazione decentrata e partecipata dalle comunità locali dei Paesi di erogazione e dei Paesi di destinazione, con l'esclusione di qualsivoglia profitto o interesse privatistico.

 

Per l’importanza sempre maggiore assunta a livello internazionale e comunitario del problema della disponibilità di risorse idriche si rinvia al quadro introduttivo.

 

Si segnala preliminarmente che la disposizione non specifica presso quale Ministero è istituito il Fondo.

 

In base al comma 2, le risorse destinate ad alimentare il Fondo sono individuate - tra le altre - nelle seguenti:

a) prelievo in tariffa di 1 centesimo di euro per metro cubo di acqua erogata a cura del gestore del servizio idrico integrato;

b) prelievo fiscale nazionale di 1 centesimo di euro per ogni bottiglia di acqua minerale commercializzata.

 

Posto che la formulazione del comma 2 lascia intendere che le disponibilità indicate sono soltanto alcune delle risorse che afferiscono al Fondo, occorre precisare anche le ulteriori risorse del medesimo.

 

Il comma 3, infine, demanda ad un apposito regolamento, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore provvedimento, la disciplina delle modalità di accesso al Fondo.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1284, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo di solidarietà finalizzato a promuovere il finanziamento esclusivo di progetti ed interventi nazionali e internazionali, atti a garantire il maggior accesso possibile alle risorse idriche secondo il principio della garanzia dell’accesso all’acqua a livello universale.

Ai fini del finanziamento di tale fondo, viene disposto che per ogni bottiglia di acqua minerale o da tavola in materiale plastico venduta al pubblico sia istituito un contributo pari a 0,1 centesimi di euro.

Con successivo decreto del Ministro dell’ambiente (per il quale non viene, però, indicata una data entro la quale dovrà essere emanato), di concerto con il Ministro degli affari esteri, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 281/1997, dovranno essere precisate le modalità di funzionamento e di erogazione delle risorse del Fondo, mentre spetterà al Ministro dell’economia emanare i necessari regolamenti attuativi.

 

Si osserva che occorre un coordinamento tra l’articolo in commento e l’articolo 1, comma 1284, della legge finanziaria 2007, in considerazione della parziale sovrapposizione delle finalità dei Fondi istituiti dalle due disposizioni.


Art. 12
(Disposizioni finanziarie)

L'articolo 12, comma 1 reca la copertura finanziaria delle misure contenute  negli articoli 7, comma 1, e 8, comma 2, del progetto di legge, relative rispettivamente all’istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e al finanziamento del servizio idrico integrato.

L’articolo dispone che la copertura sia garantita attraverso:

a) la destinazione di risorse annuali non inferiori al 5 per cento delle somme destinate nell'anno finanziario 2007 alle spese militari, le quali sono ridotte in misura corrispondente.

Si ricorda che l’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978, recante le modalità tassative di copertura finanziaria delle leggi comportanti oneri, prescrive che essa possa essere determinata mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa, mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate, mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali destinati alla copertura finanziaria di provvedimenti legislativi che si prevede siano approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale e i cui importi sono annualmente iscritti nella legge finanziaria.

 

La modalità di copertura recata dalla lettera in commento non appare coerente con le norma di contabilità pubblica, stante l’assenza dell’indicazione puntuale dell’autorizzazione di spesa nel settore militare che si intende sopprimere al fine di reperire risorse da destinare agli interventi previsti dal progetto di legge.

 

b) la destinazione di una quota parte, pari a 2 miliardi di euro annui, delle risorse derivanti dalla lotta all'elusione e all'evasione fiscali;

 

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 1, comma 4 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) dispone in via generale la destinazione prioritaria delle maggiori entrate tributarie che vengano a realizzarsi nel 2007 alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica.

 Dispone altresì che le eventuali maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale che risultino eccedenti rispetto agli obiettividi finanza pubblica sono destinate, se di carattere permanente, a riduzioni della pressione fiscaleper il conseguimento di obiettivi di sviluppo ed equità sociale, con priorità per le misure di sostegno del reddito di soggetti incapienti ovvero appartenenti alle fasce di reddito più basse, salvo che si renda necessario assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti ed imprevisti necessari per fronteggiare calamità naturali ovvero improrogabili esigenze di tutela della sicurezza del Paese.

Si segnala che tale modalità di copertura appare inidonea in quanto la risorse derivanti dalla lotta all’evasione e all’elusione fiscale sono meramente eventuali, e in quanto tali non utilizzabili a copertura di oneri certi.

 

c) la destinazione dei fondi derivanti dall'irrogazione delle sanzioni previste per la violazione delle leggi di tutela del patrimonio idrico;

 

Si ricorda in particolare che la disciplina sanzionatoria per le violazione delle prescrizioni attinenti alla tutela delle acque dall’inquinamento (Sezione II della Parte Terza del codice ambientale) è contenuta nel Titolo V e consiste in sanzioni amministrative (articoli 133-136) e sanzioni penali (articoli (137-140), che contemplano anche l’irrogazione di pene pecuniarie.

Si segnala che l’articolo 136 prevede il versamento delle somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del provvedimento all'entrata del bilancio regionale e la successiva rassegnazione alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Alle regioni viene attribuito il compito di provvedere alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

 

Analogamente a quanto affermato in ordine alla lettera b), si osserva che anche in tal caso le risorse derivanti dall’irrogazioni di sanzioni hanno un carattere meramente eventuale. Si segnala, inoltre, che tali risorse verrebbero destinate ad una finalità diversa rispetto a quella contemplata per le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative dall’articolo 136 del codice ambientale (opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici)

 

d) la destinazione di una quota parte, non inferiore al 10 per cento dell'imposta sul valore aggiunto applicata al commercio delle acque minerali;

Per quanto riguarda l’IVA sulle cessioni ed importazioni di acque minerali si ricorda che si applica l’aliquota ridotta pari al 10%, in base alla tabella A allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, recante istituzione e disciplina dell’IVA.

Anche tale modalità di copertura è da considerarsi inidonea in quanto non reca né maggiori entrate, né minori spese,  ai sensi del citato articolo 11-ter della legge n. 468.

 

e) l'allocazione di una quota annuale delle risorse derivanti dall'introduzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e sull'uso di sostanze chimiche inquinanti per l'ambiente idrico.

Si ricorda che con il termine di “imposta di scopo” si intende una forma di imposizione che trova la sua giustificazione nel collegamento tra imposizione e destinazione del gettito. L’imposta di scopo costituisce quindi una deroga al principio dell’unità del bilancio, in base al quale, nel bilancio, la corrispondenza tra entrate e spese deve essere garantita a livello globale, non essendo possibile stabilire una specifica correlazione tra una singola entrata ed una singola spesa.

 

La lettera in commento non specifica quale quota del gettito dell’imposta di scopo dovrebbe  essere destinata a copertura del presente provvedimento.

In ogni caso le modalità di introduzione della suddetta tassa di scopo e tutte le sue caratteristiche (base imponibile, aliquote, eventuali agevolazioni, modalità di versamento etc.), saranno definite in un successivo decreto legislativo.

Infatti, il comma 2 delega il Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante l'istituzione e le modalità di applicazione della tassa di scopo di cui al comma 1, lettera e), in conformità ai princìpi e criteri direttivi desumibili dalla medesima proposta di legge.

 

Si rileva pertanto che in mancanza di una dettagliata individuazione di specifici principi e criteri direttivi di delega, e di una conseguente quantificazione del possibile gettito del nuovo tributo, tale modalità di copertura debba considerarsi inidonea.

 

 

 


Proposta di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2889

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE

 

                              

 

Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico

 

                                                                             

Presentata il 10 luglio 2007

                                                                             

 


Onorevoli Deputati! - L'acqua è fonte di vita. Senza acqua non c'è vita. L'acqua costituisce pertanto un bene comune dell'umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: dunque l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
      Oggi sulla Terra più di un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all'acqua potabile. Si prevede che nel giro di pochi anni tale numero raggiunga i tre miliardi. Il principale responsabile di tutto ciò è il modello neoliberista che ha prodotto un'enorme disuguaglianza nell'accesso all'acqua, generando oltretutto una sempre maggiore scarsità di quest'ultima, a causa di modi di produzione distruttivi dell'ecosistema.
      E, tuttavia, le pressioni ai diversi livelli (internazionale, nazionale e locale), finalizzate ad affermare la privatizzazione e l'affidamento al cosiddetto «libero mercato della gestione della risorsa idrica», continuano imperterrite e travalicano trasversalmente le diverse culture politiche e amministrative.
      Per questo affermiamo che arrestare i processi di privatizzazione dell'acqua assume, nel XXI secolo, sempre più le caratteristiche di un problema di civiltà, che chiama in causa politici e cittadini, e che chiede a ciascuno di valutare i propri atti, assumendosene la responsabilità rispetto alle generazioni viventi e future.
      Le istituzioni economiche, finanziarie e politiche, che per decenni hanno creato il degrado delle risorse naturali e l'impoverimento idrico di migliaia di comunità umane, oggi dicono che l'acqua è un bene prezioso e raro e che solo il suo valore economico può regolare e legittimare la sua distribuzione.
      Noi sappiamo che non è così. Dopo decenni di «ubriacatura» neoliberista, gli effetti della messa sul mercato dei servizi pubblici e dell'acqua dimostrano come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possono garantire la tutela della risorsa, il diritto e l'accesso all'acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future.
      In questa battaglia, insieme globale e locale, è ormai largamente diffusa la consapevolezza delle popolazioni riguardo alla necessità di non mercificare il bene comune acqua e non esiste quasi più territorio che non sia attraversato da vertenze per l'acqua.
      Le lotte per il riconoscimento e per la difesa dell'acqua come bene comune hanno acquisito in questi anni una rilevanza e una diffusione senza precedenti, assumendo anche nuovi significati ed essendo oggetto di approfondimenti.
      Da una parte, le lotte contro la privatizzazione e per il diritto d'accesso all'acqua e alle risorse naturali sono state il motore di cambiamenti sociali e politici epocali in un continente come l'America latina (basti pensare alla Bolivia che oggi, primo Paese al mondo, ha un Ministro per l'acqua, o all'Uruguay, che ha deciso, attraverso referendum, di inserire l'acqua come diritto umano e bene comune nella propria Costituzione) e in diverse aree geografiche planetarie (prima fra tutte, la lotta delle donne e dei contadini indiani, contro le dighe del Narmada); dall'alta parte, le lotte per l'acqua tendono sempre più a divenire strumento di costruzione di pace contro la guerra globale, oggi sempre più determinata dalla competizione per il controllo delle risorse naturali strategiche, di cui l'acqua è la più importante.
      Anche nel nostro Paese l'importanza della questione acqua ha raggiunto nel tempo una forte consapevolezza sociale e una capillare diffusione territoriale, aggregando culture ed esperienze differenti e facendo divenire la battaglia per l'acqua il paradigma di un altro modello di società.
      È un percorso che parte da lontano. Nel 2003, dichiarato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) «Anno mondiale dell'acqua», proprio a Firenze si svolse il Forum mondiale alternativo dell'acqua che, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune necessario alla vita, bocciò le politiche fondate sulla trasformazione dell'acqua in merce, anche mediante l'introduzione del cosiddetto «partenariato pubblico-privato», chiedendone con forza la proprietà e la gestione pubbliche come garanzia di libero accesso per tutti.
      Da allora sono state decine e decine le vertenze che si sono aperte nei territori contro la privatizzazione dell'acqua e per un nuovo governo pubblico e partecipato della stessa: dall'Abruzzo alla Sicilia, dalla Campania alla Lombardia, dal Lazio alla Toscana, dove nel 2005 sono state raccolte più di 43.000 firme in calce a una legge regionale d'iniziativa popolare.
      La necessità di mettere in rete e di collegare fra loro queste diverse esperienze, unita alla consapevolezza che per poter produrre un cambiamento effettivo occorreva costruire sull'acqua una vertenza di dimensione nazionale, sono state il terreno di coltura che ha permesso nel marzo 2006 l'effettuazione a Roma del primo Forum italiano dei movimenti per l'acqua, cui hanno partecipato centinaia di realtà territoriali e decine di reti nazionali, associative, sindacali e politiche.
      Il Forum, attraverso i suoi seminari, ha messo a fuoco l'intera questione acqua, dagli aspetti di politica globale a quelli territoriali, dalla tutela della risorsa alla sua gestione, dalla critica delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni alla ricerca di nuovi modelli di pubblico basati sulla democrazia partecipativa.
      Con un'importante conclusione condivisa: la necessità di un cambiamento normativo nazionale, che segnasse una svolta radicale rispetto alle politiche, trasversalmente condivise negli ultimi vent'anni, che hanno fatto dell'acqua una merce e del mercato il punto di riferimento della sua gestione. Provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, diseconomicità della gestione, mancanza di trasparenza e di democrazia Ovvero il totale fallimento degli obiettivi promessi da una martellante campagna di promozione comunicativa in ordine ai benefìci della privatizzazione e del cosiddetto partenariato pubblico-privato» - maggiore qualità, maggiore economicità, maggiori investimenti - che, alla prova dei fatti si sono dimostrati totalmente inconsistenti.
      Nel frattempo, il cambiamento realizzatosi con le elezioni politiche dell'aprile 2006 ha portato al governo la coalizione de L'Unione, che nel suo programma contiene il principio del mantenimento nelle mani pubbliche della proprietà e della gestione del servizio idrico integrato. Un importante passaggio, frutto anche della mobilitazione sociale che in questi anni ha reso cultura di massa l'idea dell'acqua come bene comune non mercificabile.
      Proprio perché tale cultura diventi politica concreta ed esperienza consolidata, le realtà territoriali e le reti nazionali che hanno promosso il Forum italiano dei Movimenti per l'acqua hanno deciso di darsi e di fornire al Paese uno strumento normativo che disegni il quadro della svolta auspicata: una proposta di legge d'iniziativa popolare con gli obiettivi di tutela della risorsa e della sua qualità, di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato e di gestione dello stesso attraverso strumenti di democrazia partecipativa.
      Una proposta di legge che passiamo ad illustrare.

          L'articolo 1 stabilisce le finalità della legge, identificate con la definizione dei princìpi con cui deve essere gestito il patrimonio idrico nazionale e con la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua.

          L'articolo 2 stabilisce i princìpi generali, definendo l'accesso all'acqua come diritto umano inviolabile, l'acqua come bene esauribile da tutelare anche per le generazioni future, l'indisponibilità dell'uso della stessa secondo logiche di mercato, la priorità dell'uso per l'alimentazione e l'igiene umane, la priorità dell'uso produttivo per l'agricoltura e per l'alimentazione animale, la necessità che ad ogni prelievo concesso corrisponda un contatore dell'uso.

          L'articolo 3 stabilisce i princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione della risorsa acqua, definendo l'obbligatorietà per ogni bacino idrografico di dotarsi, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, di un bilancio idrico di bacino e di una pianificazione delle destinazioni d'uso dell'acqua, vincolando all'esistenza di questi ultimi le concessioni al prelievo, designando l'esclusività di destinazione all'uso umano delle acque così definite per le loro caratteristiche qualitative e stabilendo gli strumenti per la conservazione della qualità della risorsa.

          L'articolo 4 stabilisce i princìpi relativi alla gestione del servizio idrico, definendo tale servizio privo di rilevanza economica e sottratto ai princìpi della libera concorrenza, poiché persegue finalità sociali e ambientali di pubblico interesse.

          L'articolo 5 stabilisce i princìpi del governo pubblico del ciclo integrato dell'acqua, definendo le modalità della gestione integrata, la proprietà pubblica e inalienabile delle infrastrutture e delle reti e l'affidamento della gestione e dell'erogazione del servizio idrico integrato in via esclusiva ad enti di diritto pubblico.

          L'articolo 6 stabilisce le modalità della fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato, stabilendo la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi, e definendo i tempi e i vincoli per la trasformazione degli affidamenti in essere attraverso società a capitale misto pubblico-privato o attraverso società a capitale interamente pubblico. Il medesimo articolo definisce anche il ricorso ai poteri sostitutivi in caso di mancata ottemperanza a quanto previsto, nonché la necessità di assicurare forme di trasparenza e di partecipazione durante la fase di transizione.

          L'articolo 7 stabilisce, al fine di favorire i processi previsti dalla fase di transizione, l'istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, prevedendo che il Governo adotti un apposito regolamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per disciplinare le modalità di accesso a tale Fondo.

          L'articolo 8 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la fiscalità generale, definendo a carico della stessa la copertura in parte dei costi di investimento e la copertura dei costi di erogazione del quantitativo minimo vitale giornaliero per persona.

          L'articolo 9 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa, definendo l'erogazione gratuita di cinquanta litri per abitante come quantitativo minimo vitale giornaliero; stabilendo i princìpi cui dovranno conformarsi le normative regionali per la definizione delle fasce tariffarie per consumi superiori; definendo come interna alla tariffa per gli usi non domestici una quota parte da destinare alla copertura dei costi di investimento, dei costi delle attività di bonifica dagli inquinanti e delle attività di prevenzione e controllo.

          L'articolo 10 stabilisce i princìpi del governo partecipativo del servizio idrico integrato che le normative regionali dovranno disciplinare.

          L'articolo 11 stabilisce l'istituzione del Fondo nazionale di solidarietà internazionale, finalizzato a favorire l'accesso all'acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta e a contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale per garantire tale accesso.

          L'articolo 12 stabilisce la copertura finanziaria della legge, attraverso una destinazione di risorse annuali pari al 5 per cento delle somme destinate nell'anno finanziario 2007 alle spese militari; attraverso la destinazione annuale delle risorse derivanti dalla lotta all'elusione e all'evasione fiscali e dalle sanzioni previste per la violazione delle legge di tutela del patrimonio idrico nonché attraverso la destinazione di una quota parte dell'imposta sul valore aggiunto applicata al commercio delle acque minerali. La copertura finanziaria è altresì assicurata attraverso l'istituzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e sull'uso di sostanze chimiche inquinanti per l'ambiente idrico. Il medesimo articolo delega il Governo all'adozione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto legislativo di definizione della citata tassa di scopo e prevede la non inclusione delle menzionate risorse nel patto di stabilità economica interno.

 

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

D'INIZIATIVA POPOLARE

Art. 1.

(Finalità).

      1. La presente legge, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere m) ed s), della Costituzione, detta i princìpi con cui deve essere utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico nazionale.
      2. La presente legge si prefigge l'obiettivo di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell'acqua, in grado di garantirne un uso sostenibile e solidale.

Art. 2.

(Princìpi generali).

      1. L'acqua è un bene naturale e un diritto umano universale. La disponibilità e l'accesso individuale e collettivo all'acqua potabile sono garantiti in quanto diritti inalienabili e inviolabili della persona.
      2. L'acqua è un bene finito, indispensabile all'esistenza di tutti gli esseri viventi. Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili e costituiscono una risorsa che è salvaguardata e utilizzata secondo criteri di solidarietà. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrogeologici.
      3. L'uso dell'acqua per l'alimentazione e per l'igiene umane è prioritario rispetto agli altri usi del medesimo corpo idrico superficiale o sotterraneo, e come tale, esso deve essere sempre garantito, anche attraverso politiche di pianificazione degli interventi che consentano reciprocità e mutuo aiuto tra bacini idrografici con disparità di disponibilità della risorsa. Gli altri usi dell'acqua sono ammessi quando la risorsa è sufficiente e a condizione che non ledano la qualità dell'acqua per il consumo umano.
      4. L'uso dell'acqua per l'agricoltura e per l'alimentazione animale è prioritario rispetto agli altri usi, ad eccezione di quello di cui al comma 3.
      5. Tutti i prelievi di acqua devono essere misurati a mezzo di un contatore conforme alla normativa dell'Unione europea vigente in materia, fornito dall'autorità competente e installato a cura dell'utilizzatore secondo i criteri stabiliti dall'autorità stessa.

Art. 3.

(Princìpi relativi alla tutela e alla pianificazione).

      1. Per ogni bacino idrografico è predisposto un bilancio idrico entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il bilancio idrico è recepito negli atti e negli strumenti di pianificazione concernenti la gestione dell'acqua e del territorio e deve essere aggiornato periodicamente.
      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, individua, con proprio decreto, l'autorità responsabile per la redazione e per l'approvazione dei bilanci idrici di bacino e i relativi criteri per la loro redazione secondo i princìpi contenuti nella direttiva 60/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, al fine di assicurare:

          a) il diritto all'acqua;           b) l'equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico;

          c) la presenza di una quantità minima di acqua, in relazione anche alla naturale dinamica idrogeologica ed ecologica, necessaria a permettere il mantenimento di biocenosi autoctone e il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, per garantire la tutela e la funzionalità degli ecosistemi acquatici naturali.

      3. Al fine di favorire la partecipazione democratica, lo Stato e gli enti locali applicano nella redazione degli strumenti di pianificazione quanto previsto dall'articolo 14 della citata direttiva 2000/60/CE sull'informazione e la consultazione pubblica.
      4. Il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque deve essere vincolato al rispetto delle priorità stabilite all'articolo 2, commi 3 e 4, e alla definizione del bilancio idrico di bacino, corredato da una pianificazione delle destinazioni d'uso delle risorse idriche.
      5. Fatti salvi i prelievi destinati al consumo umano per il soddisfacimento del diritto all'acqua, il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque devono considerare il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, in conformità al principio «chi inquina paga», previsto dall'articolo 9 della citata direttiva 2000/60/CE, fermo restando quanto stabilito all'articolo 8 della presente legge. Per esigenze ambientali o sociali gli enti preposti alla pianificazione della gestione dell'acqua possono comunque disporre limiti al rilascio o al rinnovo delle concessioni di prelievo dell'acqua anche in presenza di remunerazione dell'intero costo.
      6. In assenza di quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4, non possono essere rilasciate nuove concessioni e quelle esistenti devono essere sottoposte a revisione annuale.
      7. Le acque che, per le loro caratteristiche qualitative, sono definite «destinabili all'uso umano», non devono di norma essere utilizzate per usi diversi. Possono essere destinate a usi diversi solo se non siano presenti altre risorse idriche, nel qual caso l'ammontare del relativo canone di concessione è decuplicato.
      8. Per tutti i corpi idrici devono essere garantiti la conservazione o il raggiungimento di uno stato di qualità vicino a quello naturale entro l'anno 2015, ai sensi di quanto previsto dalla direttiva 2000/60/CE attraverso:

          a) il controllo e la regolazione degli scarichi idrici;

          b) l'uso corretto e razionale delle acque;

          c) l'uso corretto e razionale del territorio.

      9. Le concessioni al prelievo e le autorizzazioni allo scarico per gli usi differenti da quello potabile possono essere revocate dall'autorità competente, anche prima della loro scadenza amministrativa, se è verificata l'esistenza di gravi problemi qualitativi e quantitativi al corpo idrico interessato. In tali casi non sono dovuti risarcimenti di alcun genere, salvo il rimborso degli oneri per il canone di concessione delle acque non prelevate.
      10. I piani d'ambito di cui all'articolo 149 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, devono essere aggiornati adeguandoli ai princìpi della presente legge e alle indicazioni degli specifici strumenti pianificatori di cui al presente articolo.
      11. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, nessuna nuova concessione per sfruttamento, imbottigliamento o utilizzazione di sorgenti, fonti, acque minerali o corpi idrici idonei all'uso potabile può essere rilasciata, se in contrasto con quanto previsto nel presente articolo.

Art. 4.

(Princìpi relativi alla gestione del servizio idrico).

      1. In considerazione dell'esigenza di tutelare il pubblico interesse allo svolgimento di un servizio essenziale, con situazione di monopolio naturale definita ai sensi dell'articolo 43 della Costituzione, il servizio idrico integrato è da considerare servizio pubblico locale privo di rilevanza economica.
      2. La gestione del servizio idrico integrato è sottratta al principio della libera concorrenza, è realizzata senza finalità lucrative, persegue finalità di carattere sociale e ambientale, ed è finanziata attraverso meccanismi di fiscalità generale e specifica nonché mediante meccanismi tariffari.
      3. Le disposizioni del presente articolo costituiscono impegni del Governo italiano ai fini della sottoscrizione e ratifica di qualsiasi trattato o accordo internazionale in materia.

Art. 5.

(Governo pubblico del ciclo integrato dell'acqua).

      1. Al fine di salvaguardare l'unitarietà e la qualità del servizio, la gestione delle acque avviene mediante servizio idrico integrato, come definito dalla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni.
      2. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali, i quali non possono cederla. Tali beni sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico ai sensi dell'articolo 822 del codice civile e ad essi si applica la disposizione dell'articolo 824 del medesimo codice. Essi, pertanto, sono inalienabili e gravati dal vincolo perpetuo di destinazione a uso pubblico.
      3. La gestione e l'erogazione del servizio idrico integrato non possono essere separate e possono essere affidate esclusivamente a enti di diritto pubblico.

Art. 6.

(Ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico integrato. Decadenza delle forme di gestione. Fase transitoria).

      1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge non sono possibili acquisizioni di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato.
      2. Tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate in concessione a terzi in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, se non decadute per contratto, decadono alla medesima data.
      3. Tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate a società a capitale misto pubblico-privato in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, se non decadute per contratto, sono tenute ad avviare il processo di trasformazione in società a capitale interamente pubblico, previo recesso del settore acqua e scorporo del ramo d'azienda relativo, in caso di gestione di una pluralità di servizi. Tale processo deve essere completato entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      4. Le società risultanti dal processo di trasformazione di cui al comma 3 possono operare alle seguenti condizioni vincolanti:

          a) divieto di cessione di quote di capitale a qualsiasi titolo;

          b) esercizio della propria attività in via esclusiva nel servizio affidato;

          c) obbligo di sottostare a controllo da parte degli enti affidanti analogo a quello dagli stessi esercitato sui servizi a gestione diretta;

          d) obbligo di trasformazione in enti di diritto pubblico entro tre anni dalla data di costituzione.

      5. Tutte le forme di gestione del servizio idrico affidate a società a capitale interamente pubblico in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, se non decadute per contratto, sono tenute a completare il processo di trasformazione in enti di diritto pubblico entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      6. Per le forme di gestione del servizio idrico di cui al comma 5, che rispettano le condizioni vincolanti di cui al comma 4, lettere a), b) e c), il termine di cui al medesimo comma 5 è prorogabile fino a un massimo di sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      7. In caso di mancata osservanza di quanto stabilito dal presente articolo, il Governo esercita i poteri sostitutivi stabiliti dalla legge.
      8. Con decreto dei Ministri competenti da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definiti i criteri e le modalità ai quali le regioni e gli enti locali devono attenersi per garantire la continuità del servizio idrico e la qualità dello stesso durante la fase transitoria di cui al presente articolo, assicurando la trasparenza e la partecipazione dei lavoratori e dei cittadini ai relativi controlli.

Art. 7.

(Istituzione del Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato).

      1. Al fine di attuare i processi di trasferimento di gestione di cui all'articolo 6, è istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. Il Fondo nazionale è alimentato dalle risorse finanziarie di cui all'articolo 12.
      2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo emana un apposito regolamento per disciplinare le modalità di accesso al Fondo nazionale di cui al comma 1.

Art. 8.

(Norme generali sul finanziamento del servizio idrico integrato).

      1. Il servizio idrico integrato è finanziato attraverso la fiscalità generale e specifica nonché attraverso la tariffa di cui all'articolo 9.
      2. I finanziamenti reperiti attraverso il ricorso alla fiscalità generale sono destinati a coprire parte dei costi di investimento e i costi di erogazione del quantitativo minimo vitale garantito, come definito all'articolo 9, comma 3. Ad essi sono altresì destinate risorse ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 12.

Art. 9.

(Finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa).

      1. Con apposito decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo definisce il metodo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato per tutti gli usi dell'acqua, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo.
      2. Si definisce uso domestico ogni utilizzo d'acqua atto ad assicurare il fabbisogno individuale per l'alimentazione e per l'igiene umane. La tariffa per l'uso domestico deve coprire i costi ordinari di esercizio del servizio idrico integrato, ad eccezione del quantitativo minimo vitale garantito di cui al comma 3.
      3. L'erogazione giornaliera di acqua per l'alimentazione e per l'igiene umane, considerata diritto umano e quantitativo minimo vitale garantito, è pari a cinquanta litri per persona. Essa è gratuita ed è coperta dalla fiscalità generale.
      4. L'erogazione del quantitativo minimo vitale garantito non può essere sospesa. In caso di morosità nel pagamento, il gestore provvede a installare un apposito meccanismo limitatore dell'erogazione, idoneo a garantire esclusivamente la fornitura giornaliera essenziale di cinquanta litri al giorno per persona di cui al comma 3.
      5. Per le fasce di consumo domestico superiori a cinquanta litri al giorno per persona, le normative regionali individuano fasce tariffarie articolate per scaglioni di consumo tenendo conto:

          a) del reddito individuale;

          b) della composizione del nucleo familiare;

          c) della quantità dell'acqua erogata;

          d) dell'esigenza di razionalizzazione dei consumi e di eliminazione degli sprechi.

      6. Le normative regionali definiscono, inoltre, tetti di consumo individuale, comunque non superiori a trecento litri al giorno per abitante, oltre i quali l'utilizzo dell'acqua è assimilato all'uso commerciale. La tariffa è commisurata a tale uso e l'erogazione dell'acqua è regolata secondo i princìpi di cui all'articolo 2.
      7. Le tariffe per tutti gli usi devono essere definite tenendo conto dei princìpi di cui all'articolo 9 della citata direttiva 2000/60/CE e devono contemplare, con eccezione per l'uso domestico, una componente aggiuntiva di costo per compensare:

          a) la copertura parziale dei costi d'investimento;

          b) le attività di depurazione o di riqualificazione ambientale necessarie per compensare l'impatto delle attività per cui è concesso l'uso dell'acqua;

          c) la copertura dei costi relativi alle attività di prevenzione e di controllo.

Art. 10.

(Governo partecipativo del servizio idrico integrato).

      1. Al fine di assicurare un governo democratico della gestione del servizio idrico integrato, gli enti locali adottano forme di democrazia partecipativa che conferiscono strumenti di partecipazione attiva alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione ai lavoratori del servizio idrico integrato e agli abitanti del territorio. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni definiscono, attraverso normative di indirizzo, le forme e le modalità più idonee ad assicurare l'esercizio di tale diritto.
      2. Ai sensi dell'articolo 8 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli strumenti di democrazia partecipativa di cui al comma 1 del presente articolo sono disciplinati dagli statuti dei comuni.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo definisce la Carta nazionale del servizio idrico integrato, al fine di riconoscere il diritto all'acqua, come definito all'articolo 9, comma 3, nonché fissare i livelli e gli standard minimi di qualità del servizio idrico integrato. La Carta nazionale del servizio idrico integrato disciplina, altresì, le modalità di vigilanza sulla sua corretta applicazione, definendo le eventuali sanzioni applicabili.

Art. 11.

(Fondo nazionale di solidarietà internazionale).

      1. Al fine di favorire l'accesso all'acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta e di contribuire alla costituzione di una fiscalità generale universale che garantisca tale accesso, è istituito il Fondo nazionale di solidarietà internazionale, da destinare a progetti di sostegno all'accesso all'acqua, gestiti attraverso forme di cooperazione decentrata e partecipata dalle comunità locali dei Paesi di erogazione e dei Paesi di destinazione, con l'esclusione di qualsivoglia profitto o interesse privatistico.
      2. Il Fondo di cui al comma 1 si avvale, fra le altre, delle seguenti risorse:

          a) prelievo in tariffa di 1 centesimo di euro per metro cubo di acqua erogata a cura del gestore del servizio idrico integrato;

          b) prelievo fiscale nazionale di 1 centesimo di euro per ogni bottiglia di acqua minerale commercializzata.

      3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo adotta un apposito regolamento per disciplinare le modalità di accesso al Fondo di cui al comma 1.

Art. 12.

(Disposizioni finanziarie).

      1. La copertura finanziaria della presente legge, per quanto attiene alla fiscalità generale di cui all'articolo 8, comma 2, e al Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, di cui all'articolo 7, comma 1, è garantita attraverso:

          a) la destinazione, in sede di approvazione della legge finanziaria, di una quota annuale di risorse non inferiore al 5 per cinque delle somme destinate nell'anno finanziario 2007 alle spese militari, prevedendo per queste ultime una riduzione corrispondente;

          b) la destinazione di una quota parte, pari a 2 miliardi di euro annui, delle risorse derivanti dalla lotta all'elusione e all'evasione fiscali;

          c) la destinazione dei fondi derivanti dall'irrogazione delle sanzioni previste per la violazione delle leggi di tutela del patrimonio idrico;

          d) la destinazione di una quota parte, non inferiore al 10 per cento dell'imposta sul valore aggiunto applicata al commercio delle acque minerali;

          e) l'allocazione di una quota annuale delle risorse derivanti dall'introduzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e sull'uso di sostanze chimiche inquinanti per l'ambiente idrico.

      2. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante l'istituzione e le modalità di applicazione della tassa di scopo di cui al comma 1, lettera e), in conformità ai princìpi e criteri direttivi desumibili dalla presente legge.
      3. Le risorse destinate dagli enti locali al finanziamento del servizio idrico integrato, secondo le modalità di cui alla presente legge, non rientrano nei calcoli previsti dal patto di stabilità interno disciplinati dalla legge finanziaria annuale.

 

 


Normativa nazionale

 


 

Costituzione della Repubblica italiana. (Artt. 43 e 117)

La Costituzione fu approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 1947, n. 298, ediz. straord., ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Vedi XVIII disp. trans. fin., comma primo.

(omissis)

43.  A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale (38).

 

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(38)  Vedi art. 41, comma terzo.

 

117.  La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali .

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali .

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato .

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato .

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni .

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (165).

 

(165)  Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione del presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131 e il D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 208.

(omissis)


Codice Civile (artt. 822-824)

(omissis)

822. Demanio pubblico.

Appartengono allo Stato (1) e fanno parte del demanio pubblico [c.c. 1145] il lido del mare [c.c. 942], la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti [c.c. 945], i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia [c.c. 2774; c.n. 28, 29, 692] (2); le opere destinate alla difesa nazionale [c.c. 879].

Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade (3), le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia (4), le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico [c.c. 11, 823] (5).

-----------------------

(1) Per quanto riguarda il demanio delle Regioni vedi l'art. 119, quarto comma, Cost.; l'art. 57, L. cost. 26 febbraio 1948, n. 5, Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; gli artt. 32 sgg. del R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, Statuto della Regione siciliana; l'art. 14, L. cost. 26 febbraio 1948, n. 3, Statuto speciale per la Sardegna; l'art. 5, L. cost. 26 febbraio 1948, n. 4, Statuto speciale per la Valle d'Aosta; l'art. 55, L. cost. 31 gennaio 1963, n. 1, Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia.

(2) Vedi il R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, di approvazione del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici.

(3) Vedi la L. 12 febbraio 1958, n. 126, recante disposizioni per la classificazione e la sistemazione delle strade di uso pubblico.

(4) Per quanto riguarda la protezione delle bellezze naturali gli immobili di interesse storico, vedi la L. 29 giugno 1939, n. 1497, ed il relativo regolamento di esecuzione approvato con il R.D. 3 giugno 1940, n. 1357.

(5) Vedi, anche, gli artt. 3, 4, 5, R.D. 23 maggio 1924, n. 827, di approvazione del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato. I beni culturali indicati nel presente articolo, appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni, costituiscono il demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico, sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico, ai sensi dell'art. 54, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e sono destinati al godimento pubblico ai sensi dell'art. 98 dello stesso decreto.

 

823. Condizione giuridica del demanio pubblico.

I beni che fanno parte del demanio pubblico [c.c. 822, 825], sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi [c.c. 1145], se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano [c.n. 30, 700] (1).

Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà [c.c. 948, 949, 950, 951] e del possesso [c.c. 1168, 1169, 1170, 1171, 1172] regolati dal presente codice.

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(1) Vedi il D.L. 5 luglio 1972, n. 288, sulla esportazione delle cose di interesse artistico ed archivistico ed il R.D. 23 maggio 1924, n. 827, di approvazione del regolamento per l'amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato.

824. Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali.

I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico [c.c. 823, 1145].

Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali [c.c. 11, 825].


D.Lgs. 28 agosto 1997 n. 281
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (art. 8)

 

Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.

(omissis)

Capo III - Conferenza unificata

8. Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (13).

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici (14).

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (15).

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (16).


(13)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.

(15)  Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(16)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.


D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (artt. 8, 113 e 113-bis)

Pubblicato nella Gazz. Uff. 28 settembre 2000, n. 227, S.O. 

(omissis)

8.  Partecipazione popolare.

1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.

2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato numero di cittadini.

4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.

5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti (12).

 

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(12)  Il presente articolo corrisponde all'art. 6, L. 8 giugno 1990, n. 142, ora abrogata.

 (omissis)

Articolo 113.

Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (140).

1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n. 164 (141).

1-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al settore del trasporto pubblico locale che resta disciplinato dal decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni (142).

2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.

2-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane (143).

3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l'accesso alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.

4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:

a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico cui può essere affidata direttamente tale attività, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (144);

b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.

5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:

a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;

b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;

c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (145).

5-bis. Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta della modalità di conferimento del servizio (146).

5-ter. In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e all'articolo 143 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi. Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente (147).

6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.

7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio. Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore (148).

8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici locali diversi da quelli del trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.

9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.

10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.

11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.

12. L'ente locale può cedere tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento. Tale cessione non comporta effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere (149).

13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5 (150).

14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale, salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori.

15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione (151).

15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonché quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Sono altresì escluse dalla cessazione le concessioni affidate alla data del 1° ottobre 2003 a società già quotate in borsa e a quelle da esse direttamente partecipate a tale data a condizione che siano concessionarie esclusive del servizio, nonché a società originariamente a capitale interamente pubblico che entro la stessa data abbiano provveduto a collocare sul mercato quote di capitale attraverso procedure ad evidenza pubblica, ma, in entrambe le ipotesi indicate, le concessioni cessano comunque allo spirare del termine equivalente a quello della durata media delle concessioni aggiudicate nello stesso settore a seguito di procedure di evidenza pubblica, salva la possibilità di determinare caso per caso la cessazione in una data successiva qualora la stessa risulti proporzionata ai tempi di recupero di particolari investimenti effettuati da parte del gestore (152).

15-ter. Il termine del 31 dicembre 2006, relativamente al solo servizio idrico integrato al 31 dicembre 2007, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:

a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;

b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un àmbito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni (153).

15-quater. A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell'espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per l'ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati (154).

 

(140)  Rubrica così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(141)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(142)  Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

(143)  Comma aggiunto dall'art. 1, comma 48, L. 15 dicembre 2004, n. 308.

(144)  Lettera così modificata dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(145)  Comma così sostituito dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(146)  Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

(147)  Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

(148)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269. La Corte costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente comma, limitatamente al secondo ed al terzo periodo.

(149)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(150)  Comma così modificato dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(151)  Articolo così sostituito dal comma 1 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. Vedi, anche, le altre disposizioni dello stesso articolo 35.

(152)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 e poi così modificato dal comma 234 dell'art. 4, L. 24 dicembre 2003, n. 350 e dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, l'art. 204, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

(153)  Comma aggiunto dal comma 1 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, come modificato dalla relativa legge di conversione e poi così modificato dall'art. 15, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione.

(154)  Comma aggiunto dall'art. 4, comma 234, L. 24 dicembre 2003, n. 350.

 

113-bis. Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica (156).

1. Ferme restando le disposizioni previste per i singoli settori, i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica sono gestiti mediante affidamento diretto a (157):

a) istituzioni;

b) aziende speciali, anche consortili;

c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano (158).

2. È consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno procedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1.

3. Gli enti locali possono procedere all'affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate.

4. [Quando sussistono ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale, i servizi di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere affidati a terzi, in base a procedure ad evidenza pubblica, secondo le modalità stabilite dalle normative di settore] (159).

5. I rapporti tra gli enti locali ed i soggetti erogatori dei servizi di cui al presente articolo sono regolati da contratti di servizio (160).

 

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(156)  Rubrica così modificata dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(157)  Alinea così modificato dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(158)  Lettera così sostituita dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(159)  Comma abrogato dal comma 2 dell'art. 14, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.

(160)  Articolo aggiunto dal comma 15 dell'art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448. La Corte Costituzionale, con sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità del presente articolo.

 

 


D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
Norme in materia ambientale (Parte terza e all. 2)

 

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 14 aprile 2006, n. 88, S.O.

(2) Vedi, anche, l'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(omissis)

Parte terza

Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche

 

Sezione I

Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione

Titolo I

Principi generali e competenze

Capo I

Principi generali

53. Finalità.

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione,

2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonchè preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

 

54. Definizioni.

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;

b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;

c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;

g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;

i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonchè di acque di transizione o un tratto di acque costiere;

m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;

o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;

r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonchè del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate;

v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici, del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;

z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico.

55. Attività conoscitiva.

1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;

b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;

d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;

e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.

2. L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta, sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.

3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonchè alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente interessata ed al Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente articolo.

4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) contribuisce allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma 1, lettera e), nonchè ai fini della diffusione dell'informazione ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:

a) inquinamento dell'aria;

b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico integrato;

c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;

d) tutela del territorio;

e) sviluppo sostenibile;

f) ciclo integrato dei rifiuti;

g) energie da fonti energetiche rinnovabili;

h) parchi e aree protette.

5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di cui al comma 4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Per l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale (8).

 

(8) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 

56. Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione.

1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico;

b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonchè delle zone umide;

c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;

d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;

e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonchè la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;

f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee;

g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;

h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonchè la polizia delle acque;

i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, nonchè della gestione dei relativi impianti;

l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni;

m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;

n) il riordino del vincolo idrogeologico.

2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:

a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;

b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.

 

Capo II

Competenze

57. Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo.

1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:

a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:

1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonchè per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di intervento;

2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;

3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;

4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla presente sezione;

b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma nazionale di intervento.

2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, è composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali, nonchè dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile.

3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.

4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi atti.

5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.

6. I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

58. Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale di protezione civile.

2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:

a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni, ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, nonchè la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);

c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela dell'ambiente.

3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:

a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo;

b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi di somma urgenza;

c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo 63;

d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonchè con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali;

e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), e di consultazione dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonchè definizione degli indirizzi per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;

f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della difesa del suolo;

g) coordinamento dei sistemi cartografici.

 

59. Competenze della conferenza Stato-regioni.

1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. In particolare:

a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;

b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono attività di rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;

c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;

d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;

e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.

 

60. Competenze dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici - APAT.

1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico d’Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:

a) svolgere l'attività conoscitiva, qual'è definita all'articolo 55;

b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;

c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.

 

61.  Competenze delle regioni.

1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in particolare:

a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano gli atti di competenza;

b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;

c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione dei piani di tutela di cui all’articolo 121;

d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni;

e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni;

f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio entro il mese di dicembre;

h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.

2. Il Registro italiano dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.

3. Rientrano nella competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto tecnico richiesto.

4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza e capacità di invaso.

5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.

6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite o delegate alle regioni.

 

62.  Competenze degli enti locali e di altri soggetti.

1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.

2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e sono tenuti a collaborare con la stessa.

63. Autorità di bacino distrettuale.

1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito Autorità di bacino, ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.

2. Sono organi dell'Autorità di bacino: la Conferenza istituzionale permanente, il Segretario generale, la Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato-regioni entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei sindacati.

3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.

4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonchè i Presidenti delle regioni e delle province autonome il cui territorio è interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile. Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per ciascuna delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:

a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;

b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che potrà eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;

c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a più regioni;

d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque l'elaborazione del Piano di bacino;

e) adotta il Piano di bacino;

f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

g) nomina il Segretario generale.

6. La Conferenza operativa di servizi è composta dai rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni e delle province autonome interessate, nonchè da un rappresentante del Dipartimento della protezione civile; è convocata dal Segretario Generale, che la presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai sensi del comma 5, nonchè al compimento degli atti gestionali. La conferenza operativa di servizi delibera a maggioranza.

7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:

a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65;

b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;

c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonchè di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.

8. Fatte salve le discipline adottate dalle regioni ai sensi dell'articolo 62, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonchè del consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio dell’Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.

 

Titolo II

I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi

Capo I

Distretti idrografici

64. Distretti idrografici.

1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è ripartito nei seguenti distretti idrografici:

a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183;

2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

b) distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;

e) distretto idrografico dell’Appennino centrale, con superficie di circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Sangro, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:

1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;

10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;

h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.

 

Capo II

Gli strumenti

65. Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale.

1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle.

3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:

a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonchè dei vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e potenziali, di degrado del sistema fisico, nonchè delle relative cause;

c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;

d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:

1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del dissesto;

2) dei pericoli di siccità;

3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;

4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonchè del tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;

e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;

f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;

g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;

h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;

i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;

l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;

m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;

n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;

o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della stessa;

p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;

q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione od altre;

r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le quantità;

s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;

t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonchè per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato.

5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.

6. Fermo il disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le regioni.

7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente comma.

8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.

9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

66. Adozione ed approvazione dei piani di bacino.

1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.

2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:

a) i termini per l'adozione da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;

b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più regioni.

3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.

4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata, assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario "ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.

5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.

6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.

7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti documenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

 

67. I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione per le aree a rischio.

1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.

2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per quanto di rispettiva competenza.

5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.

6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del verificarsi di calamità naturali.

7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.

 

68. Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio.

1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo 66.

2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.

3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di bacino.

4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.

 

Capo III

Gli interventi

69. Programmi di intervento.

1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.

2. I programmi triennali debbono destinare una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:

a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;

b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;

c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.

3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della predetta conferenza.

4. Le province, i comuni, le comunità montane e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.

 

70. Adozione dei programmi.

1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in seno alla conferenza.

2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.

3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge finanziaria.

4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

71. Attuazione degli interventi.

1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.

2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.

3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa fissa.

 

72. Finanziamento.

1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.

2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni, predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.

5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni dalla richiesta.

Sezione II

Tutela delle acque dall'inquinamento

Titolo I

Principi generali e competenze

73. Finalità.

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:

a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;

b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;

c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;

d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonchè la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;

e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:

1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo;

2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;

3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.

2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:

a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;

b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni;

c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonchè la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore;

d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;

e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;

f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;

g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;

h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.

3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia.

 

74. Definizioni.

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;

b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;

c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;

e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa (9);

f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;

g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;

i) acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;

l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;

n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento in una fognatura dinamica delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;

o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;

p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;

q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;

r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;

s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;

t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;

u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;

v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;

z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;

aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;

bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;

cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;

dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;

ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;

ff) scarico: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;

gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;

hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonchè gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;

ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;

ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;

mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;

oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo;

pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;

d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;

f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;

h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

i) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o delta;

n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;

o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;

q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali o fissati dal presento, ossia lo stallo raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti noti supera gli standard di qualità ambientali fissati dall'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A ed ai sensi della parte terza del presente decreto;

aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonchè danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;

ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;

gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;

hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;

ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;

ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;

mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:

1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;

2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;

nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;

oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:

1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di acque superficiali o sotterranee;

2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;

qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;

rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;

ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;

tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;

uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento.

 

(9) I limiti esterni dell'estuario sono stati definiti con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 10 maggio 2006, n. 107). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

 

75. Competenze.

1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:

a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;

b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.

2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonchè quanto disposto dall'articolo 132.

3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.

4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonchè quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora a livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.

6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei piani di tutela di cui all'articolo 121.

7. Le regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.

8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della Comunità europea, lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.

9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.

 

 

Titolo II

Obiettivi di qualità

Capo I

Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica destinazione

76. Disposizioni generali.

1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.

2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.

4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22 dicembre 2015:

a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono";

b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;

c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.

5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.

6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.

7. Le regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati, nonchè individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi di qualità.

 

77. Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.

3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.

4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree sono state istituite.

5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

1) sull'ambiente in senso ampio;

2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul diporto;

3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;

4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;

5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

6. Le regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato di "buono" entro il 22 dicembre 2015, nel rispetto di quanto stabilito al comma 9 e purchè sussista almeno uno dei seguenti motivi:

a) la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;

b) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;

c) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti.

7. Le regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle condizioni seguenti:

a) il corpo idrico ha subito, in conseguenza dell'attività umana, gravi ripercussioni che rendono manifestamente impossibile o economicamente insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;

b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non è perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza.

8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello stesso bacino idrografico.

9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonchè le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.

10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purchè ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla circostanza;

b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;

d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;

e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.

 

78. Standard di qualità per l'ambiente acquatico.

1. Ai fini della tutela delle acque superficiali dall'inquinamento provocato dalle sostanze pericolose, i corpi idrici significativi di cui all'articolo 76 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli standard di qualità riportati alla Tabella 1/A dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, la cui disciplina sostituisce ad ogni effetto quella di cui al decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367.

2. I Piani di tutela delle acque di cui all'articolo 121 contengono gli strumenti per il conseguimento degli standard di cui al comma 1, anche ai fini della gestione dei fanghi derivanti dagli impianti di depurazione e dalla disciplina degli scarichi.

3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio viene data attuazione al disposto dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE entro il 31 dicembre 2015. Entro gli stessi termini le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 79 devono essere conformi agli standard dettati dal medesimo decreto.

 

79. Obiettivo di qualità per specifica destinazione.

1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:

a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) le acque destinate alla balneazione;

c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) le acque destinate alla vita dei molluschi.

2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso, l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.

3. Le regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di cui al comma 1.

 

Capo II

Acque a specifica destinazionee

80. Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie A1, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:

a) Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;

b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;

c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.

3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.

4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano.

 

81. Deroghe.

1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:

a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;

b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;

c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;

d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20 metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).

2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto pericolo per la salute pubblica.

 

82. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile.

1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico di appartenenza, individuano:

a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e

b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

2. L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla parte terza dei presente decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.

3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.

 

83. Acque di balneazione.

1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.

2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo 75, comma 6.

 

84. Acque dolci idonee alla vita dei pesci.

1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:

a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonchè di parchi e riserve naturali regionali;

b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;

c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonchè quelle comprese nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.

2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".

3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.

4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di acque reflue industriali.

 

85. Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci.

1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.

2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente le misure appropriate.

3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi biologica delle acque designate e classificate.

 

86. Deroghe.

1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.

 

87. Acque destinate alla vita dei molluschi.

1. Le regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.

2. Le regioni possono procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.

3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.

 

88. Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi.

1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi per ridurne l'inquinamento.

2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.

 

89. Deroghe.

1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.

 

90. Norme sanitarie.

1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.

 

Titolo III

Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi

Capo I

Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento

91. Aree sensibili.

1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:

a) i laghi di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonchè i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;

c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;

d) le aree costiere dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;

e) il lago di Garda e il lago d’Idro;

f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;

g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;

h) il golfo di Castellammare in Sicilia;

i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto.

3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.

4. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.

5. Le regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.

6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.

7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.

8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo 106.

 

92. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola.

1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.

2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto.

3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare i criteri di cui al comma 1.

4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.

5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le regioni, sentite le Autorità di bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto, nonchè riesaminano lo stato eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione e delle acque marine costiere.

6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonchè le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.

7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.

8. Le regioni provvedono, inoltre, a:

a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;

b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica agricola;

c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.

9. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonchè degli interventi di formazione e informazione.

10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.

 

93. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione.

1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.

2. Le regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.

3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.

 

94. Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano.

1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonchè per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonchè, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al consumo umano.

3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.

4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;

b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;

c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilità delle risorse idriche;

d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da piazzali e strade.

e) aree cimiteriali;

f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;

g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;

h) gestione di rifiuti;

i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;

l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;

m) pozzi perdenti;

n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio e distribuzione. É comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona di rispetto ristretta.

5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:

a) fognature;

b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;

c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;

d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.

6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.

7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.

8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:

a) aree di ricarica della falda;

b) emergenze naturali ed artificiali della falda;

c) zone di riserva.

 

Capo II

Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico

95. Pianificazione del bilancio idrico.

1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.

2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.

3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.

4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.

 

96. Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante ai competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un Commissario "ad acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".

2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:

"1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:

a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate all'uso potabile;

b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in relazione all'uso;

c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico oggetto di prelievo;

d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella prelevata.

1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema ISO 14001, ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).

1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di recupero e di riciclo.".

3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Articolo 12-bis.

1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:

a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;

b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;

c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico.

2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior regime delle acque.

3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi diversi da quello potabile se:

a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;

b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico;

c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di approvvigionamento.

4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso diverso da quello potabile è triplicalo. Sono escluse le concessioni ad uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".

4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Articolo 17.

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.

2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".

5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.

6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.

7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e 4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 31 dicembre 2007. In tali casi i canoni demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico (10).

8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:

"Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79".

9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:

"Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.".

10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.

 

(10) Comma così modificato dal comma 1 dell’art. 2, D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

 

97. Acque minerali naturali e di sorgenti.

1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.

 

98. Risparmio idrico.

1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.

2. Le regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.

 

99. Riutilizzo dell'acqua.

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue (11).

2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo delle acque reflue depurate (12).

 

(11) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(12) Il riferimento dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell'art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

Capo III

Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi

100. Reti fognarie.

1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.

2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in particolare:

a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;

b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;

c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.

3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento degli scarichi a detti sistemi,

 

101. Criteri generali della disciplina degli scarichi.

1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime.

2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;

d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.

4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.

5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno stabilimento.

6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.

7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali di settore.

8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 5 (13).

9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali, una relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.

10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.

 

(13) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

102. Scarichi di acque termali.

1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi dell'articolo 124, comma 5:

a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi danni alla salute ed all'ambiente;

b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;

c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di ambito;

d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.

 

103. Scarichi sul suolo.

1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;

b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefìci ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;

e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;

f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.

2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.

3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

 

104. Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee.

1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.

2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.

3. In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro delle attività produttive per i giacimenti a mare ed anche con le regioni per i giacimenti a terra, può altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti, oppure in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.

4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione allo scarico.

5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, purché la concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.

6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:

a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;

b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.

7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi acquatici.

8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.

 

105. Scarichi in acque superficiali.

1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2,

5. Le regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.

6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare, dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente,

 

106. Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili.

1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per l'azoto totale.

3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.

 

107. Scarichi in reti fognarie.

1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.

3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione, misti ad acque provenienti da usi civili, trattati mediante l'installazione, preventivamente comunicata all'ente gestore del servizio idrico integrato, di apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte del gestore del servizio idrico integrato che è responsabile del corretto funzionamento del sistema.

4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

 

108. Scarichi di sostanze pericolose.

1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, nei casi in cui risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.

3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente.

4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come rifiuti. Qualora l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo Allegato 5, riceva acque reflue contenenti sostanze pericolose non sensibili al tipo di trattamento adottato, in sede di autorizzazione l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di emissione indicati nella tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.

6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione europea.

 

Capo IV

Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici

109. Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa in mare di cavi e condotte.

1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità ambientale;

c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dall'autorità competente solo quando è dimostrata, nell'ambito della relativa istruttoria, l'impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione, con esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.

4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera ), non è soggetta ad autorizzazione.

5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione delle stesse reti.

 

110. Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.

2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'Autorità d'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;

b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;

c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente,

4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.

5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3.

6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.

7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

 

111. Impianti di acquacoltura e piscicoltura.

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

 

112. Utilizzazione agronomica.

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.

2. Le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto (14).

3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinali in particolare:

a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;

b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto ambientale;

c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo agronomico;

d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;

e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.

 

(14) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 7 aprile 2006.

 

113. Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia.

1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, disciplinano e attuano:

a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;

b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

3. Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

 

114. Dighe.

1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al titolo II della parte terza del presente decreto.

2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.

3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.

4. Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

5. Il progetto di gestione è approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo parere dell’amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario, gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando il potere di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale termine.

6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.

7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.

8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.

9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

 

115. Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici.

1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica incolumità.

3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.

4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.

 

116. Programmi di misure.

1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.

 

Titolo IV

Strumenti di tutela

Capo I

Piani di gestione e piani di tutela delle acque

117. Piani di gestione e registro delle aree protette.

1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti istituzionali competenti nello specifico settore.

2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

3. L'Autorità di bacino, sentite le Autorità d'ambito del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni, un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della normativa vigente.

118. Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica.

1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano di tutela di cui all'articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. Le risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono aggiornati ogni sei anni.

3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.

 

119. Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici.

1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE nonché di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione. In particolare:

a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi all'utilizzo dell’acqua;

b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.

3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.

 

120. Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici.

1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.

2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle indicazioni di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).

3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le province, le Autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle informazioni.

 

121. Piani di tutela delle acque.

1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e le Autorità d'ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza.

3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a) i risultati dell'attività conoscitiva;

b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;

c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;

d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;

g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;

h) l'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;

i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.

 

122. Informazione e consultazione pubblica.

1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata, le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali é stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni provvedono affinché, per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;

c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.

3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.

 

123. Trasmissione delle informazioni e delle relazioni.

1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al fine del successivo inoltro alla Commissione europea.

2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:

a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;

b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e successivamente con cadenza annuale.

3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o supplementari di cui all'articolo 116.

 

 

Capo II

Autorizzazione agli scarichi

124. Criteri generali.

1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto. Ove uno o più stabilimenti effettuino scarichi in comune senza essersi costituiti in consorzio, l'autorizzazione allo scarico è rilasciata al titolare dello scarico finale, fermo restando che il rilascio del provvedimento di autorizzazione o il relativo rinnovo sono subordinati all'approvazione di idoneo progetto comprovante la possibilità tecnica di parzializzazione dei singoli scarichi.

3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.

4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito.

5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue termali è definito dalle regioni; tali scarichi sono ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione rilasciata dall'Autorità di ambito.

6. Le regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.

7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di autorizzazione è presentata alla provincia ovvero all'Autorità d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Qualora detta autorità risulti inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, salvo revoca.

8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito della medesima.

9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.

10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.

11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.

12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.

 

125. Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali.

1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.

 

126. Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.

 

127. Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue.

1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.

2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

 

Capo III

Controllo degli scarichi

128. Soggetti tenuti al controllo.

1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale sistema di controlli.

2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione.

 

129. Accessi ed ispezioni.

1. L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.

 

130. Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico.

1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze:

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.

 

131. Controllo degli scarichi di sostanze pericolose.

Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.

 

132. Interventi sostitutivi.

1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.

2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.

 

Titolo V

Sanzioni

Capo I

Sanzioni amministrative

133. Sanzioni amministrative.

1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro.

2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione è da seicento euro a tremila euro.

3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro chiunque:

a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2:

b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto di gestione.

8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.

9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.

 

134. Sanzioni in materia di aree di salvaguardia.

1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.

 

135. Competenza e giurisdizione.

1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità.

2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente (C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.

3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.

4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

136. Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie.

1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.

 

Capo II

Sanzioni penali

137. Sanzioni penali.

1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila euro.

2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena è dell'arresto da tre mesi a tre anni.

3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma 1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.

4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di cui al comma 3.

5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente a norma dell'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.

6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.

7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.

9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui all'articolo 137, comma 1.

10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.

11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.

12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.

13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.

14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui alla normativa vigente.

 

138. Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura.

1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, nonché la regione e la provincia autonoma competente, ai quali è inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.

 

139. Obblighi del condannato.

1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.

 

140. Circostanza attenuante.

1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.

Sezione III

Gestione delle risorse idriche

Titolo I

Principi generali e competenze

141. Ambito di applicazione.

1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.

2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.

 

142. Competenze.

1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente sezione (15).

2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo territorio.

3. Gli enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.

 

(15) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

143. Proprietà delle infrastrutture.

1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.

2. Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.

 

144. Tutela e uso delle risorse idriche.

1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.

2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.

3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.

4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.

5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.

 

145. Equilibrio del bilancio idrico.

1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo 144.

2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.

3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.

 

146. Risparmio idrico.

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, nel rispetto dei princìpi della legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:

a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;

b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;

c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi compatibili;

d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo;

e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;

f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano;

g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque reflue e di prima pioggia;

h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.

2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché del collegamento a reti duali, ove già disponibili.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle rilevazioni eseguite con i predetti metodi (16).

 

(16) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

Titolo II

Servizio idrico integrato

147. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.

1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

b) unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

 

148. Autorità d'ambito territoriale ottimale.

1. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestiore delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.

2. Le regioni e le province autonome possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico integrato.

3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere (17).

4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorità d'ambito.

5. Fermare restando la partecipazione obbligatoria all'Autorità d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune. Sulle gestioni di cui al presente comma l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo. Con apposito contratto di servizio stipulato con l'Autorità d'ambito, previo accordo di programma, sono definiti criteri e modalità per l'eventuale partecipazione ad iniziative promosse dall'Autorità d'ambito medesima.

 

(17) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

149. Piano d'ambito.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito è costituito dai seguenti atti:

a) ricognizione delle infrastrutture;

b) programma degli interventi;

c) modello gestionale ed organizzativo;

d) piano economico finanziario.

2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.

4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l'andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'Autorità d'ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati (18).

 

(18) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

150. Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento.

1. L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico integrato mediante gara disciplinata dai princìpi e dalle disposizioni comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 257, secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia (19).

3. La gestione può essere altresì affidata a società partecipate esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di cui al comma 2.

4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.

 

(19) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 maggio 2006. Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

151. Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico integrato.

1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito.

2. A tal fine, le regioni e le province autonome adottano convenzioni tipo, con relativi disciplinari, che devono prevedere in particolare:

a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:

b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;

c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario della gestione;

d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;

e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze;

f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;

g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli interventi;

h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come previsto dall'articolo 165;

i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorità d'ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di affidamento;

l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'Autorità d'ambito del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;

m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere,

degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;

n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;

o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;

p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.

3. Sulla base della convenzione di cui al comma 2, l'Autorità d'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare ai capitolati di gara. Ove la regione o la provincia autonoma non abbiano provveduto all'adozione delle convenzioni e dei disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorità predispone lo schema sulla base della normativa vigente. Le convenzioni esistenti devono essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2.

4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e finanziario di esecuzione.

5. L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.

6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini stabiliti dalla convenzione.

7. L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso dell'Autorità d'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.

8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non inferiore al dieci per cento è offerta in sottoscrizione agli utenti del servizio.

 

152. Poteri di controllo e sostitutivi.

1. L'Autorità d'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l'Autorità d'ambito interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un commissario "ad acta" (20).

4. L'Autorità d'ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione (21).

 

(20) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(21) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

153. Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.

1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare.

2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli oneri per la finanza pubblica.

 

154. Tariffa del servizio idrico integrato.

1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua (22).

3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.

4. L'Autorità d'ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (23).

5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.

6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali.

7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio idrico integrato.

 

(22) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(23) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

155. Tariffa del servizio di fognatura e depurazione.

1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito. La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.

2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato, i comuni già provvisti di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.

3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo titolo ad altri enti pubblici.

4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.

5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo è determinata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga". È fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.

6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque primarie impiegate.

 

156. Riscossione della tariffa.

1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla riscossione.

2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto delle spese di riscossione.

3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l’Agenzia delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica (24).

 

(24) Comma così sostituito dal comma 10 dell'art. 2, D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, come sostituito dalla relativa legge di conversione.

 

157. Opere di adeguamento del servizio idrico.

1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità d'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.

 

158. Opere e interventi per il trasferimento di acqua.

1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.

2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione degli impianti.

 

Titolo III

Vigilanza, controlli e partecipazione

159. Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti.

[1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata "Autorità", con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto (25).

2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione è composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato esecutivo è composto dal presidente dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, due su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla "Sezione per la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

3. Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante, presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola. Il comitato esecutivo è l'organo deliberante dell'Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.

4. L'organizzazione e il funzionamento, anche contabile, dell'Autorità sono disciplinati, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell'Autorità ed emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

5. I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente al settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati, né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza.

6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche", tra i quali il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente ed i componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore e di componenti della "Sezione per la vigilanza sui rifiuti".

7. L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono le incompatibilità di cui al comma 5 con le relative conseguenze previste. L'Autorità può richiedere ad altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.

8. I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.

9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.

10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è dato avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

11. L'Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale i programmi di attività e le iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

12. L'Autorità è rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato] (26).

 

(25) All'attuazione di quanto disposto dal presente comma si è provveduto con D.M. 2 maggio 2006 (Gazz. Uff. 11 maggio 2006, n. 108). Con Comunicato 26 giugno 2006 (Gazz. Uff. 26 giugno 2006, n. 146) è stata segnalata l’inefficacia del suddetto D.M. 2 maggio 2006 il quale, non essendo stato inviato alla Corte dei Conti per essere sottoposto al preventivo e necessario controllo, non ha ottenuto la registrazione prevista dalla legge e, conseguentemente, non può considerarsi giuridicamente produttivo di effetti.

(26) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

160. Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza.

[1. Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo 159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.

2. L'Autorità in particolare:

a) assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;

b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle reti e degli impianti;

c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;

d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;

e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell'ambiente;

f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio che disciplinano la materia;

g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;

h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia all'autorità giudiziaria le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;

i) formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio proposte di revisione della disciplina vigente, segnalando nei casi di grave inosservanza e di non corretta applicazione;

l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso delle risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella produzione di energia;

m) definisce, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle regioni e dalle province autonome competenti;

n) esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall'articolo 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;

o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria competenza a favore delle Autorità d'ambito e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità, anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.

3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:

a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio di cui all'articolo 161;

c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d'ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;

d) può intervenire, suistanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti delle Autorità d'ambito.

4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio] (27).

 

(27) Articolo abrogato dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

161. Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti.

1. L'Autorità, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi formando una banca dati connessa con i sistemi informativi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle Autorità di bacino e dei soggetti pubblici che detengono informazioni nel settore. In particolare, l'Osservatorio raccoglie ed elabora dati inerenti:

a) al censimento dei partecipanti alle gare per l'affidamento dei servizi, nonché dei soggetti gestori relativamente ai dati dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;

b) alle condizioni generali di contratto e convenzioni per l'esercizio dei servizi;

c) ai modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;

d) ai livelli di qualità dei servizi erogati;

e) alle tariffe applicate;

f) ai piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo sviluppo dei servizi.

2. I gestori dei servizi idrici e di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasmettono ogni dodici mesi all'Osservatorio i dati e le informazioni di cui al comma 1 e comunque tutti i dati che l'Osservatorio richieda loro in qualsiasi momento.

3. Sulla base dei dati acquisiti, l'Osservatorio effettua, su richiesta dell'Autorità, elaborazioni al fine, tra l'altro, di:

a) definire indici di produttività per la valutazione della economicità delle gestioni a fronte dei servizi resi;

b) individuare livelli tecnologici e modelli organizzativi ottimali dei servizi;

c) definire parametri di valutazione per il controllo delle politiche tariffarie praticate, anche a supporto degli organi decisionali in materia di fissazione di tariffe e dei loro adeguamenti, verificando il rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;

d) individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionale dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in materia;

e) promuovere la sperimentazione e l'adozione di tecnologie innovative;

f) verificare la fattibilità e la congruità dei programmi di investimento in relazione alle risorse finanziarie e alla politica tariffaria;

g) realizzare quadri conoscitivi di sintesi.

4. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate secondo deliberazione dell'Autorità e nel rispetto delle disposizioni generali.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, sono determinate, nel rispetto del principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, la dotazione organica dell'Osservatorio, cui è preposto un dirigente, e le spese di funzionamento. Per l'espletamento dei propri compiti, l'Osservatorio, su indicazione dell'Autorità, può avvalersi della consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con enti pubblici di ricerca e con società specializzate.

162. Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti.

1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento, oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.

3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli atti delle amministrazioni pubbliche.

 

163. Gestione delle aree di salvaguardia.

1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico esercitati.

2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle risorse ambientali.

 

164. Disciplina delle acque nelle aree protette.

1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.

2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

 

 

165. Controlli.

1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.

2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.

3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.

 

Titolo IV

Usi produttivi delle risorse idriche

166. Usi delle acque irrigue e di bonifica.

1.I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.

2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.

3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.

4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.

 

 

167. Usi agricoli delle acque.

1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.

2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi provvedimenti.

3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.

4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.

5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.

 

168. Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico.

1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:

a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;

b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;

c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.

 

169. Piani, studi e ricerche.

1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

 

Sezione IV

Disposizioni transitorie e finali

170. Norme transitorie.

1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 3 65, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto, ove compatibili.

2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina (28).

3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente decreto:

a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;

b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;

c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;

d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;

e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;

f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;

h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;

i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,

all’affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 6 dicembre 2004;

l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2,

continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.

4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento delle seguenti direttive comunitarie:

a) direttiva 75/440/CEE relativa alla qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

b) direttiva 76/464/CEE concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;

c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;

d) direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile;

e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura;

f) direttiva 80/68/CEE relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;

g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

h) direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio;

i) direttiva 84/156/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;

l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano;

m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato della direttiva 76/464/CEE;

n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della direttiva 76/464/CEE;

o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;

q) direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda alcuni requisiti dell'Allegato 1;

r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.

5. Le regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.

6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della direttiva 96/92/CE.

7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica.

9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.

10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.

11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.

12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.

 

(28) Comma aggiunto dal comma 3 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284. Vedi, anche, il comma 4 dello stesso articolo 1.

 

171. Canoni per le utenze di acqua pubblica.

1. Delle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:

a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;

b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;

c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;

d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro. Il canone è ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si applicano per l'uso industriale;

e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;

f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;

g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.

2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.

172. Gestioni esistenti.

1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto abbiano già provveduto alla redazione del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed avviato la procedure di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare i predetti provvedimenti.

2. In relazione alla s cadenza del termine di cui al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti tale scadenza.

3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, la regione, entro trenta giorni, esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti, spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, i poteri sostitutivi preordinati al completamento della procedura di affidamento (29).

4. Qualora gli enti locali non aderiscano alle Autorità d'ambito ai sensi dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, la regione esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni e dandone comunicazione all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono a carico dell'ente inadempiente (30).

5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle gestioni in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.

6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le regioni, le province e gli enti interessati.

 

(29) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

(30) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

173. Personale.

1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.

 

174. Disposizioni di attuazione e di esecuzione.

1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.

2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE, attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva (31).

 

(31) Il riferimento all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti è stato soppresso ai sensi di quanto disposto dal comma 5 dell’art. 1, D.Lgs. 8 novembre 2006, n. 284.

 

175. Abrogazione di norme.

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo, ed in particolare:

a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;

c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;

d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;

e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;

f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;

g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;

h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione,

con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;

i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24

maggio 1988, n. 236;

1) la legge 18 maggio 1989, n. 183;

m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;

n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;

o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;

p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;

q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;

r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;

s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;

t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 408;

u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma 6;

v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione,

con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;

z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni,

del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;

aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;

bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;

cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.

 

176. Norma finale.

1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.

3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione.

(omissis)

Allegato 2

 

Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale

 

SEZIONE A: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e per la classificazione delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati.

 

1) Calcolo delta conformità e classificazione

 

Per la classificazione delle acque in una delle categorie Al, A2, A3, di cui alla tabella 1/A i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel 95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in misura superiore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.

 

2) Campionamento

 

2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo

Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l'approvvigionamento idrico potabile - fermo restando quanto previsto nell'allegato 1 - le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque da utilizzare.

Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto soprattutto conto di possibili fattori di rischio d'inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità di approfondire la conoscenza della qualità del corpo idrico, per gli opportuni interventi.

2.2) Frequenza minima dei campionamenti e delle analisi di ogni parametro.

 

 

GRUPPO DI PARAMETRI [°]

 

 

 

 

 

 

 

I

II

III

 

 

 

 

Frequenza minima annua dei

 

 

 

campionamenti e delle analisi per i

12

12

12

corpi idrici da classificare

 

 

 

 

 

 

 

 

GRUPPO DI PARAMETRI [°A]

 

 

 

 

 

 

Frequenza minima annua dei

I [*]

II

III [**]

campionamenti e delle analisi per i

 

 

 

corpi idrici già classificati

8

8

8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[*] Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.

[°] I parametri dei diversi gruppi comprendono:

 

PARAMETRI I GRUPPO

 

pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività, odore,

nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto), BOD5, ammoniaca

 

PARAMETRI II GRUPPO

 

ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli, azoto

Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali.

 

PARAMETRI III GRUPPO

 

fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio,

bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsioni, idrocarburi policiclici

aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con cloroformio,

streptococchi fecali e salmonelle.

 

 

 

[**] Per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell'autorità competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinare la loro presenza nelle acque, la frequenza di campionamento può essere ridotta.

 

3. Modalità di prelievo, di conservazione e di trasporto dei campioni

 

I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle analisi.

§          a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli parametri, alla colonna G.

§          b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:

i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;

qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di sodio tiosolfato, nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL di capacità della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;

le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità idonea a prelevare l'acqua necessaria all'esecuzione delle analisi microbiologiche;

i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10 °C) al riparo della luce e dovranno, nel più breve tempo possibile, e comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.

 

Tabella 1/A: Caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

 

Num.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parametro

Unità di

A1

A1

A2

A2

A3

A3

Param

 

misura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

G

I

G

I

G

I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

pH

unità pH

6,5-8,5

-

5,5-9

-

5,5-9

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colore (dopo

 

 

 

 

 

 

 

2

filtrazione

mg/L scala

10

20[o]

50

100(0)

50

200[o]

 

semplice)

pt

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Totale

 

 

 

 

 

 

 

3

materie in

mg/L MES

25

-

-

-

-

-

 

sospensione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4

Temperatura

°C

22

25[o]

22

25[o]

22

25[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5

Conduttività

mS/cm a 20°

1000

-

1000

-

1000

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fattore di

 

 

 

 

 

 

6

Odore

diluizione a

3

-

10

-

20

-

 

 

25 °C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7 *

Nitrati

mg/L NO3

25

50[o]

-

50[o]

-

50[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8

Fluoruri [l]

mg/ L F

0,7/1

1,5

0,7/1,7

-

0,7/1,7

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cloro

 

 

 

 

 

 

 

 

organico

 

 

 

 

 

 

 

9

totale

mg/L Cl

-

-

-

-

-

-

 

estraibile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ferro

 

 

 

 

 

 

 

10 *

disciolto

mg/L Fe

0,1

0,3

1

2

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11 *

Manganese

mg/L Mn

0,05

-

0,1

-

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

12

Rame

mg/L Cu

0,02

0,05[o]

0,05

-

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

13

Zinco

mg/L Zn

0,5

2

1

5

1

5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

14

Boro

mg/L B

1

-

1

-

1

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

15

Berillio

mg/L Be

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

16

Cobalto

mg/L Co

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17

Nichelio

mg/L Ni

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

18

Vanadio

mg/L V

-

-

-

-

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

19

Arsenico

mg/L As

0,01

0,05

-

0,05

0,05

0,1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

20

Cadmio

mg/L Cd

0,001

0,005

0,001

0,005

0,001

0,005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cromo

 

 

 

 

 

 

 

21

totale

mg/L Cr

-

0,05

-

0,05

-

0,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22

Piombo

mg/L Pb

-

0,05

-

0,05

-

0,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

23

Selenio

mg/L Se

-

0,01

-

0,01

-

0,01

 

 

 

 

 

 

 

 

 

24

Mercurio

mg/L Hg

0,0005

0,001

0,0005

0,001

0,0005

0,001

 

 

 

 

 

 

 

 

 

25

Bario

mg/L Ba

-

0,1

-

1

-

1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

26

Cianuro

mg/L CN

-

0,05

-

0,05

-

0,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

27

Solfati

mg/L SO4

150

250

150

250(0)

150

250[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

28

Cloruri

mg/L Cl

200

-

200

-

200

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tensioattivi

 

 

 

 

 

 

 

 

(che

 

 

 

 

 

 

 

29

reagiscono al blu di metilene

mg/L (solfato

0,2

-

0,2

-

0,5

-

 

 

di laurile)

 

 

 

 

 

 

30 *

Fosfati [2]

mg/L P205

0,4

-

0,7

-

0,7

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fenoli

 

 

 

 

 

 

 

 

(indice

 

 

 

 

 

 

 

 

fenoli)

 

 

 

 

 

 

 

31

paranitroanilina,

mg/L

-

0,001

0,001

0,005

0,01

0,1

 

4

C6H5OH

 

 

 

 

 

 

 

amminoantipirina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Idrocarburi

 

 

 

 

 

 

 

 

disciolti o

 

 

 

 

 

 

 

 

emulsionati

 

 

 

 

 

 

 

32

(dopo

mg/L

-

0,05

-

0,2

0,5

1

 

estrazione

 

 

 

 

 

 

 

 

mediante

 

 

 

 

 

 

 

 

etere di

 

 

 

 

 

 

 

 

petrolio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Idrocarburi

 

 

 

 

 

 

 

33

policiclici

mg/L

-

0,0002

-

0,0002

-

0,001

 

aromatici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Antiparassitari-

 

 

 

 

 

 

 

 

totale

 

 

 

 

 

 

 

34

(parathion

mg/L

-

0,001

-

0,0025

-

0,005

 

HCH,

 

 

 

 

 

 

 

 

dieldrine)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Domanda

 

 

 

 

 

 

 

35 *

chimica

mg/L 02

-

-

-

-

30

-

 

ossigeno

 

 

 

 

 

 

 

 

(COD)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tasso di

 

 

 

 

 

 

 

36 *

saturazione

% 02

< 70

-

< 50

-

< 30

-

 

dell'ossigeno

 

 

 

 

 

 

 

 

disciolto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A 20 °C

 

 

 

 

 

 

 

 

senza

 

 

 

 

 

 

 

 

nitrificazione

 

 

 

 

 

 

 

37 *

domanda

mg/L 02

< 3

-

< 5

-

< 7

-

 

biochimica

 

 

 

 

 

 

 

 

di ossigeno

 

 

 

 

 

 

 

 

(BOD5)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Azoto

 

 

 

 

 

 

 

 

Kjeldahl

 

 

 

 

 

 

 

38

(tranne NO2

mg/L N

1

-

2

-

3

-

 

ed NO3)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

39

Ammoniaca

mg/L NH4

0,05

-

1

1,5

2

4[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sostanze

 

 

 

 

 

 

 

40

estraibili al

mg/L SEC

0,1

-

0,2

-

0,5

-

 

cloroformio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

 

 

 

 

 

 

 

41

organico

mg/L C

-

-

-

-

-

-

 

totale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

 

 

 

 

 

 

 

 

organico

 

 

 

 

 

 

 

 

residuo

 

 

 

 

 

 

 

 

(dopo

 

 

 

 

 

 

 

42

flocculazione

mg/L C

-

-

-

-

-

-

 

e filtrazione

 

 

 

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

 

 

 

membrana

 

 

 

 

 

 

 

 

da 5p) TOC

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coliformi

 

 

 

 

 

 

 

43

totali

/100 mL

50

-

5000

-

50000

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coliformi

 

 

 

 

 

 

 

44

fecali

/100 mL

20

-

2000

-

20000

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

45

Streptococchi

 

 

 

 

 

 

 

 

fecali

/100 mL

20

-

1000

-

10000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

assenza

 

assenza

 

 

 

 

 

 

in

 

in

 

 

 

46

Salmonelle

-

5000

-

1000

-

-

-

 

 

 

mL

 

mL

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Legenda:

 

- Categoria Al - Trattamento fisico semplice e disinfezione

- Categoria A2 - Trattamento fisico e chimico normale e disinfezione

- Categoria A3 - Trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione

- I = Imperativo

- G = Guida

- [o] = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto

*= sono possibili deroghe in conformità al presente decreto

 

 

Note:

 

[1] I valori indicati costituiscono i limiti superiori determinati in base alla temperatura media annua (alta e bassa temperatura)

[2] Tale parametro è inserito per soddisfare le esigenze ecologiche di taluni ambienti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tab. 2/A: metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico-fisici di cui alla tab. 1/A

 

 

(A)

(B)

(C)

(D)

(E)

(F)

(G)

 

 

 

 

 

 

 

 

Num.

 

Unità

Limite

 

Accuratezza

Metodi di

 

Param.

Parametro

di

di

Precisione

 

misura [*] 1

a) Materiale del

 

 

misura

rilevamento

±

±

 

contenitore del

 

 

 

 

 

 

 

campione;

 

 

 

 

 

 

 

b) metodo di

 

 

 

 

 

 

 

conservazione;

 

 

 

 

 

 

 

c) tempo

 

 

 

 

 

 

 

massimo tra il

 

 

 

 

 

 

 

campionamento e

 

 

 

 

 

 

 

l'analisi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elettrometria

 

1

PH

Unità

-

0,1

0,2

La misura va

a) polietilene o

 

 

pH

 

 

 

eseguita

vetro;

 

 

 

 

 

 

preferibilmente

 

 

 

 

 

 

 

sul posto al

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

momento del

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

campionamento.

 

 

 

 

 

 

 

Il valore va

 

 

 

 

 

 

 

sempre riferito

 

 

 

 

 

 

 

alla temperatura

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

dell'acqua al

 

 

 

 

 

 

 

momento

 

 

 

 

 

 

 

del prelievo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Colore

 

 

 

 

 

 

2

(dopo

mg/L

 

 

 

Colorimetria.

 

 

filtrazione

scala

5

10%

20%

Metodo

a) polietilene o

 

semplice)

pt

 

 

 

fotometrico

vetro;

 

 

 

 

 

 

secondo gli

 

 

 

 

 

 

 

standard

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

della scala

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

platino cobalto

 

 

 

 

 

 

 

(previa

 

 

 

 

 

 

 

filtrazione

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

su membrana

 

 

 

 

 

 

 

di fibra di vetro).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Materiali

 

 

 

 

 

 

3

in

mg/L

-

5%

10%

Gravimetria.

a) polietilene o

 

sospensione

 

 

 

 

Filtrazione su

vetro;

 

totali

 

 

 

 

membrana da

 

 

 

 

 

 

 

0,45 mm,

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

essiccazione a

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

105 °C a peso

 

 

 

 

 

 

 

costante.

 

 

 

 

 

 

 

Centrifugazione

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

(tempo minimo

 

 

 

 

 

 

 

5 min,

 

 

 

 

 

 

 

velocità media

 

 

 

 

 

 

 

2800/3000

 

 

 

 

 

 

 

giri-minuto).

 

 

 

 

 

 

 

Filtrazione ed

 

 

 

 

 

 

 

essiccazione a

 

 

 

 

 

 

 

105 °C a peso

 

 

 

 

 

 

 

costante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Termometria.

 

 

 

 

 

 

 

La misura deve

 

 

 

 

 

 

 

essere eseguita

 

4

Temperatura

° C

-

0,5

1

sul posto, al

 

 

 

 

 

 

 

momento del

 

 

 

 

 

 

 

campionamento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

μS/c

 

 

 

 

a) vetro o

5

Conduttività

m a

-

5%

10%

Elettrometria

polietilene;

 

 

20 °C

 

 

 

 

c) 1-3 giorni [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fattore

 

 

 

Tecnica

a) vetro;

6

Odore

di

-

-

-

delle

 

 

 

diluizione

 

 

 

diluizioni

b) refrigerazione

 

 

a 25 °C

 

 

 

successive.

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) 6-24 ore [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) polietilene o

7

Nitrati

mg/L

2

10%

20%

di

vetro;

 

 

NO3

 

 

 

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

b) refrigerazione

 

 

 

 

 

 

 

a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) 1-3 giorni [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

Spettrofotometria

 

8

Fluoruri

F

0,05

10%

20%

di assorbimento

a) polietilene;

 

 

 

 

 

 

molecolare previa

 

 

 

 

 

 

 

distillazione se

 

 

 

 

 

 

 

necessaria.

 

 

 

 

 

 

 

Elettrometria.

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

Elettrodiionici

 

 

 

 

 

 

 

specifici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

(A)

(B)

(C)

(D)

(E)

(F)

(G)

 

 

 

 

 

 

 

 

Num.

 

Unità

Limite

 

Accuratezza

Metodi di

 

Param.

Parametro

di

di

Precisione

 

misura [*] 1

a) Materiale del

 

 

misura

rilevamento

±

±

 

contenitore del

 

 

 

 

 

 

 

campione;

 

 

 

 

 

 

 

b) metodo di

 

 

 

 

 

 

 

conservazione;

 

 

 

 

 

 

 

c) tempo

 

 

 

 

 

 

 

massimo tra il

 

 

 

 

 

 

 

campionamento e

 

 

 

 

 

 

 

l'analisi

 

 

 

 

 

 

 

 

9

Cloro

mg/L

pm [***]

pm

pm

pm

pm

 

organico

Cl

 

 

 

 

 

 

totale

 

 

 

 

 

 

 

estraibile

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10

Ferro

mg/L

 

 

 

Spettrometria di

a) polietilene o

 

disciolto

Fe

0,02

10%

20%

assorbimento

vetro;

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

Previa

b) campione ben

 

 

 

 

 

 

filtrazione su

chiuso e

 

 

 

 

 

 

membrana da 0,45

refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

mm.

4 °C

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare, previa

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

filtrazione su

 

 

 

 

 

 

 

membrana da 0,45

 

 

 

 

 

 

 

mm.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

11

Manganese

mg/L

 

 

 

Spettrometria

a) polietilene o

 

 

Mn

0,01 [2]

10%

20%

di

vetro;

 

 

 

 

 

 

assorbimento

b) acidificare a

 

 

 

 

 

 

atomico.

pH < 2

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

(preferibilmente

 

 

 

 

 

 

di

con HNO3

 

 

 

 

 

 

assorbimento

concentrato)

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

0,02 [3]

10%

20%

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

12

Rame [9]

mg/L

0,005

10%

20%

assorbimento

Come specificato

 

 

Cu

 

 

 

atomico.

al parametro n.

 

 

 

 

 

 

Polarografia.

11

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

 

 

 

0,02 [4]

10%

20%

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

Polarografia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

13

Zinco [9]

mg/L

 

 

 

assorbimento

 

 

 

Zn

0,01 [2]

10%

20%

atomico.

Come specificato

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

al parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

0,02 [3]

10%

20%

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) polietilene;

14

Boro [9]

mg/L

 

 

 

di

 

 

 

B

0,1

10%

20%

assorbimento

b) acidificare a

 

 

 

 

 

 

molecolare.

Ph < 2

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

(preferibilmente

 

 

 

 

 

 

di

con HNO3 diluito

 

 

 

 

 

 

assorbimento

1:1)

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

15

Berillio

Be

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

16

Cobalto

Co

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

17

Nichelio

Ni

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

 

come specificato al

18

Vanadio

V

pm

pm

pm

pm

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

19

Arsenico

mg/L

0,002 [2]

20%

20%

assorbimento

come specificato al

 

[9]

As

 

 

 

atomico.

parametro n.

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

11

 

 

 

0,01 [5]

-

-

assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

20

Cadmio

mg/L

0,0002

30%

30%

assorbimento

come specificato al

 

[9]

Cd

 

 

 

atomico.

parametro n. 11

 

 

 

0,0001 [5]

 

 

Polarografia

 

 

 

 

 

 

 

.

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

21

Cromo

mg/L

 

 

 

assorbimento

 

 

totale [9]

Cr

0,01

20%

30%

atomica

come specificato al

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

22

Piombo

mg/L

 

 

 

assorbimento

come specificato al

 

[9]

Pb

0,01

20%

30%

atomico.

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

Polarografia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

23

Selenio

mg/L

0,005

-

-

assorbimento

come specificato al

 

[9]

Se

 

 

 

atomico.

parametro n. 11

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

a) polietilene o

24

Mercurio

mg/L

 

 

 

di

vetro;

 

[9]

Hg

0,0001

30%

30%

assorbimento

b) per ogni litro di

 

 

 

 

 

 

atomico

campione

 

 

 

 

 

 

senza

addizionare 5 mL

 

 

 

 

 

 

fiamma (su

di HNO3

 

 

 

 

 

 

vapori

concentrato e 10

 

 

 

 

 

 

freddi).

mL di soluzione di

 

 

 

 

 

 

 

KMnO4 al 5%;

 

 

 

0,0002[5]

 

 

 

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

Come specificato

25

Bario [9]

mg/L

0,02

15%

30%

di assorbimento

al parametro n. 11

 

 

Ba

 

 

 

atomico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

a) polietilene o

26

Cianuro

mg/L

0,01

20%

30%

assorbimento

vetro;

 

 

CN

 

 

 

molecolare.

b) addizionare

 

 

 

 

 

 

 

NaOH in gocce o

 

 

 

 

 

 

 

in soluzione

 

 

 

 

 

 

 

concentrata (pH

 

 

 

 

 

 

 

circa 12) e

 

 

 

 

 

 

 

raffreddare a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

 

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gravimetria.

 

27

Solfati

mg/L

 

 

 

Complessometria

a) polietilene o

 

 

SO4

10

10%

10%

con EDTA.

vetro;

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

b) refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

4 °C;

 

 

 

 

 

 

molecolare.

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Determinazione

a) polietilene o

28

Cloruri

mg/L

 

 

 

volumetrica

vetro;

 

 

Cl

10

10%

10%

(metodo di Mohr).

b) refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

Metodo

4 °C;

 

 

 

 

 

 

mercurimetrico con

 

 

 

 

 

 

 

indicatore.

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

molecolare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a) vetro o

29

Tensioattivi

mg/L

 

 

 

Spettrofotometria

polietilene;

 

 

MBAS

0,05

20%

-

di

b) refrigerazione a

 

 

 

 

 

 

assorbimento

4 °C;

 

 

 

 

 

 

molecolare.

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) vetro;

30

Fosfati

mg/L

 

 

 

di

b) acidificazione

 

 

P205

0,02

10%

20%

assorbimento

con H2SO4 a pH

 

 

 

 

 

 

molecolare.

< 2;

 

 

 

 

 

 

 

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mg/L

 

 

 

Spettrofotometria

a) vetro;

31

Fenoli

 

0,0005

0,0005

0,0005

di

 

 

 

C6H5

 

 

 

assorbimento

b) acidificazione

 

 

OH

 

 

 

molecolare.

con H3PO4 a pH

 

 

(indice

 

 

 

 

< 4 ed

 

 

fenoli)

 

 

 

Metodo alla 4-

aggiunta di

 

 

 

 

 

 

ammino-antipirina.

CuSO4 5 H2O

 

 

 

 

 

 

 

c) 24 ore

 

 

 

0,001 [6]

30%

50%

Metodo alla

 

 

 

 

 

 

 

p-nitro-anilina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

a) vetro;

32

Idrocarburi

mg/L

0,01

20%

30%

all'infrarosso

 

 

disciolti o

 

 

 

 

previa estrazione

b) acidificare a

 

emulsionati

 

 

 

 

con tetracloruro di

pH < 2

 

 

 

 

 

 

carbonio.

(H2SO4 o HC1);

 

 

 

 

 

 

Gravimetria previa

 

 

 

 

0,04 [3]

 

 

estrazione

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

mediante etere di

 

 

 

 

 

 

 

petrolio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Misura della

a) vetro scuro od

33

Idrocarburi

mg/L

0,00004

50%

50%

fluorescenza in

alluminio;

 

policiclici

 

 

 

 

UV previa

 

 

aromatici

 

 

 

 

cromatografia su

b)tenere al buio a

 

[9]

 

 

 

 

strato sottile.

4 °C;

 

 

 

 

 

 

Misura

 

 

 

 

 

 

 

comparativa

 

 

 

 

 

 

 

rispetto ad un

c) 24 ore 34

 

 

 

 

 

 

miscuglio di 6

 

 

 

 

 

 

 

sostanze standard

 

 

 

 

 

 

 

aventi la stessa

 

 

 

 

 

 

 

concentrazione [7].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cromatografia in

a) vetro;

34

Antiparassitari

mh/L

0,0001

50%

50%

fase gassosa o

 

 

totale

 

 

 

 

liquida previa

b) per IICII e

 

[parathion,

 

 

 

 

estrazione

dieldrin acidificare

 

esaclorocicloe

 

 

 

 

mediante solventi

con HCI

 

sano

 

 

 

 

adeguati e

concentrato [1]

 

(HCH)

 

 

 

 

purificazione.

mL per litro di;

 

dieldrine [9]

 

 

 

 

Identificazione

campione) e

 

 

 

 

 

 

dei componenti

refrigerare a 4 °C;

 

 

 

 

 

 

del miscuglio

per parathion

 

 

 

 

 

 

e determinazione

acidificare a pH 5

 

 

 

 

 

 

quantitativa

con H2SO4 (1:1) e

 

 

 

 

 

 

[8].

refrigerare a 4 °C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) 7 giorni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Metodo al

a) vetro;

 

Domanda

mg/L

15

20%

20%

bicromato di

 

35

chimica

O2

 

 

 

potassio (ebollizione

b) acidificare a pH

 

ossigeno

 

 

 

 

2 ore)

< 2 con H2SO4; 1-

 

(COD)

 

 

 

 

 

7 giorni [**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Metodo di Winkler.

a) vetro;

36

Tasso di

% O2

5

10%

10%

Metodo di

 

 

saturazione

 

 

 

 

elettrochimico

b) fissare

 

dell'ossigeno

 

 

 

 

(determinazione in

l'ossigeno sul posto

 

disciolto

 

 

 

 

situ)

con solfato

 

 

 

 

 

 

 

manganoso e

 

 

 

 

 

 

 

ioduro-sodio-azide;

 

 

 

 

 

 

 

1-5 giorni a 4 °C

 

 

 

 

 

 

 

[**]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Determinazione

a) vetro;

37

Domanda

mg/L

2

1,5

2

dell'O2 disciolto

 

 

biochimica di

O2

 

 

 

prima e dopo

b) refrigerazione a

 

ossigeno

 

 

 

 

incubazione di 5

4 °C;

 

(BOD5) a 20

 

 

 

 

giorni (20 ± 1 °C) al

 

 

°C senza

 

 

 

 

buio. Aggiunta di un

c) 4-24 ore

 

nitrificazione

 

 

 

 

inibitore di

 

 

 

 

 

 

 

nitrificazione

 

 

 

 

 

 

 

(Preferibilmente

 

 

 

 

 

 

 

alliltiourea).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria di

a) vetro;

38

Azoto Kieldahl

mg/ L

0,5

0,5

0,5

assorbimento

 

 

(escluso azoto

N

 

 

 

molecolare e

b) acidificare con

 

di NO2 ed

 

 

 

 

determinazione

H2SO4 fino a pH

 

NO3)

 

 

 

 

volumetrica previa

< 2;

 

 

 

 

 

 

mineralizzazione e

 

 

 

 

 

 

 

distillazione secondo

c) refrigerare a 4

 

 

 

 

 

 

il metodo Kieldahl.

°C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria di

 

39

Ammoniaca

mg/L

0,01 [2]

0,03 [2]

0,03 [2]

assorbimento

come specificato al

 

 

NH4

 

 

 

molecolare.

parametro n. 38

 

 

 

0,1 [3]

10% [3]

20% [3]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gravimetria

a) vetro;

40

Sostanze

mg/L

-

-

-

Estrazione a pH

 

 

estraibili con

 

 

 

 

neutro mediante

b) refrigerazione a

 

cloroformio

 

 

 

 

cloroformio distillato

4 °C;

 

 

 

 

 

 

di fresco,

 

 

 

 

 

 

 

evaporazione sotto

 

 

 

 

 

 

 

vuoto moderato a

c) 24 ore

 

 

 

 

 

 

temperatura

 

 

 

 

 

 

 

ambiente e pesata

 

 

 

 

 

 

 

del residuo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

mg/L

 

 

 

 

 

41

organico totale

C

pm

pm

pm

pm

pm

 

(TOC)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Carbonio

 

 

 

 

 

 

42

organico

 

pm

 

pm

pm

pm

 

residuo

 

 

 

 

 

 

 

(dopo

 

 

 

 

 

 

 

flocculazione e

 

 

 

 

 

 

 

filtrazione su

 

 

 

 

 

 

 

membrana da 5

 

 

 

 

 

 

 

mm)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[*] Possono adottarsi metodo di misura diversi, purché i limiti di rilevamento, la precisione e l'accuratezza siano compatibili con quelli indicati per i metodi riportati per ciascun parametro nel presente allegato. In tal caso deve indicarsi il metodo adottato.

[**] Il tempo massimo dipende dal tipo di campione.

[***] Per memoria.

[1] I campioni di acqua superficiali prelevati nel luogo di estrazione vengono analizzati e misurati previa eliminazione, mediante filtrazione semplice (vaglio a rete), dei residui galleggianti come legno, plastica.

[2] Per le acque della categoria Al valore G.

[3] Per le acque delle categorie A2, A3.

[4] Per le acque della categoria A3.

[5] Per le acque delle categorie Al, A2, A3, valore I.

[6] Per le acque delle categorie A2, valore I ed A3.

[7] Miscuglio di sei sostanze standard aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: fluorantrene, benzo-3, 4, fluorantrene, benzo 11, 12 fluorantrene, benzo 3, 4 pirene, benzo 1, 12 perilene, indeno (1, 2, 3-ed) pirene.

[8] Miscuglio di tre sostanze aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: parathion, esaclorocicloesano, dieldrin.

[9] Se il tenore di materie in sospensione dei campioni è elevato al punto da rendere necessario un trattamento preliminare speciale di tali campioni, i valori dell'accuratezza riportati nella colonna E del presente allegato potranno eccezionalmente essere superati e costituiranno un obiettivo. Questi campioni dovranno essere trattati in maniera tale che l'analisi copra la quantità maggiore delle sostanze da misurare.

 

 

 

Tab. 3/A: Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

 

Num.

 

 

Param.

Parametro

Metodi di misura [*]

 

 

 

 

Coliformi totali

 

1

100 Ml

(A) Metodo MPM

 

 

 

 

 

Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre serie) di Brodo Lattosato. Incubare a 36 ± 1 °C per 24 ± 24 ore. I tubi positivi (presenza di gas) debbono essere sottoposti a conferma in Brodo Lattosio Bile Verde Brillante a 36 ± 1 °C. Sulla base della positività su tale terreno riportare il valore come MPN/100 mL, di campione.

 

 

(B) Metodo MF

 

 

Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante. Incubate su m-Endo-Agar per 24 ore a 36 ± 1 °C. Contare le colonie rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.

 

 

 

2

Coliformi fecali

 

 

100 Ml

(A) Metodo MPN

 

 

I tubi positivi in Brodo Lattosato di cui al numero 1 lettera (A) debbono essere sottoposti a conferma in tubi di EC-Broth per 24 ore a 44 ± 0,2 °C in bagnomaria. Sulla base della positività dei tubi di EC-Broth riportate il valore come MPN/100 mL.

 

 

(B) Metodo MF

 

 

Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante come al numero 1 lettera (B). Incubare su m-FC-Agar a 44 ± 0,2 °C per 24 ore in bagnomaria. Contare le colonie blu. Riportare il valore a100 mL di campione.

 

 

 

3

Streptococchi

 

 

fecali

(A) Metodo MPN

 

 

Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre) di Azide Dextrose Broth. Incubare a 36 ± 1 °C per 24 ± 24 ore. I tubi positivi (torbidi) debbono essere sottoposti a conferma in Ethyl Violet Azide Broth per 48 ore a 36 ± 1°C. Leggere i tubi positivi (torbidi con fondo porpora).

 

 

Riportare il valore come MPN/ 100 mL di campione.

 

 

(B) Metodo MF

 

 

Filtrare mL 100 di campione (e/o sue diluizioni) attraverso membrana filtrante come al numero 1, lettera(B). Incubare su KF-Agar a 36 ± 1 °C per 48 ore. Leggere le colonie rosse.

 

 

Riportare il valore a 100 mL di campione.

 

 

 

4

Salmonelle [1]

Metodo MF

 

 

Filtrare 1000 e 5000 mL di campione attraverso membrana filtrante. Se la torbidità non consente di filtrare la quantità richiesta di campione, utilizzare idoneo prefiltro. Incubare il filtro (e l'eventuale prefiltro) in acqua peptonata e temperatura ambiente per 6 ore.

 

 

Passare nei seguenti terreni:

 

 

a) Terreno di MULLER-KAUFFMAN (incubare a 42 °C per 24-48 ore);

 

 

b) Terreno di Brodo Selenite (incubare a 36 °C per 24-48 ore);

 

 

Dai predetti terreni ed alle scadenze temporali indicate eseguire semine isolanti sui seguenti terreni:

 

 

SS-Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).

 

 

Hektoen Enteric Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).

 

 

d) Desossicolato Citrato Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).

 

 

Le colonie sospette devono essere sottoposte ad identificazione.

 

 

 

 

[*] Per i parametri dal n. 1 al n. 3 è facoltativa la scelta tra i metodi di analisi MPN ed MF specificando il metodo impiegato.

Assenza in 5000 mL (Al, G) e assenza in 1000 mL (A2, G).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sezione B: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo della conformità delle acque dolci superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicolie ciprinicoli.

I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.

 

1) Calcolo della conformità

Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima riportata nella Tab. 1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualità conformi ai limiti imperativi indicati e alle relative note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:

§          a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:

- pH

- BOD5

- ammoniaca indissociata

- ammoniaca totale

- nitriti

- cloro residuo totale

- zinco totale

- rame disciolto.

Quando la frequenza di campionamento è inferiore ad un prelievo al mese, i valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni prelevati;

§          b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:

- temperatura

- ossigeno disciolto;

§          c) la concentrazione media fissata per il parametro:

- materie in sospensione.

Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa di piene, alluvioni o altre calamità naturali.

 

2) Campionamento

Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al punto 1:

§          a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B può essere ridotta ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente migliore di quella riscontrabile, per i singoli parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto 1;

§          b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati sono definiti dall'autorità competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.

 

Tab. 1/B: Qualità delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e ciprinidi

 

 

 

 

 

 

 

Frequenza

 

 

 

Unità

Acque per

Acque per

Metodo di

minima di

Riferimento

N.

Parametro

di

salmonidi

ciprinidi

analisi e

campionamento

in note

prog.

 

misura

 

 

rilevamento

e di

esplicative

 

 

 

G

I

G

I

 

misura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

 

 

 

 

 

 

1

(aumento)

Δ °C

 

1,5

 

3

- Termometria

Mensile

[1]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

21,5

 

28 [o]

 

 

 

 

(massima)

°C

 

[o]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(periodi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di

°C

 

10 [o]

 

 

 

 

 

 

riproduzione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Volumetria

 

 

2

Ossigeno

mg/L

≥ 9

≥ 9

≥ 8

≥ 7

(metodo di

Mensile

[2]

 

 

O2

(50%)

(50%)

(50%)

(50%)

Winkler)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

 

 

≥ 7

 

≥ 5

 

Elettrometria

 

 

 

 

 

(100%)

 

(100%)

 

(elettrodi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

specifici)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concentrazione

 

 

 

 

 

 

 

 

3

azione di

pH

6-9 [o]

 

6-9 [o]

 

Potenziometria

Mensile

[3]

 

ioni idrogeno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4

Materiali

mg/L

25 [o]

60 [o]

25 [o]

80 [o]

- Gravimetria

Mensile

[4]

 

in

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sospensione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Volumetria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(metodo di

 

 

5

BOD5

mg /L

 

 

 

 

Winklcr)

Mensile

[5]

 

 

O2

3

5

6

9

Elettrometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Respirometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Metodo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

all'acidofosfo

 

 

6

Fosforo

mg/L

 

 

 

 

molibdico in

Mensile

[6]

 

totale

P

0,07

 

0,14

 

presenza di acido

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ascorbico, previa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mineralizzazione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

7

Nitriti

mg/ L

0,01

0,88

0,03

1,77

(Metodo alla

Mensile

[7]

 

 

NO2

 

 

 

 

N- 1- naftiletilen-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

diammina e

 

 

 

 

 

 

 

 

 

sul fanilammide)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

8

Composti

mg/L

 

 

 

 

(Metodo alla

 

 

 

fenolici

C6H5

0,01

**

0,01

**

4-

Mensile

[8]

 

 

OH

 

 

 

 

aminoantipirina o

 

 

 

 

 

 

 

 

 

alla p-nitroanilina)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Esame gustativo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IR (previa

 

 

 

Idrocarburi di

 

 

 

 

 

estrazione con

 

 

9

origine

mg/L

0,2

***

0,2

***

CC14 o solvente

Mensile

[9]

 

petrolifera

 

 

 

 

 

equivalente)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Esame visivo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Esame gustativo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

10

Ammoniaca

mg/ L

0,005

0,025

0,005

0,025

(Metodo al blu di

Mensile

[10]

 

non ionizzata

NH3

 

 

 

 

indofenolo -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

oppure - Metodo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Nessler)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

molecolare

 

 

11

Ammoniaca

mg/ L

0,04

1

0,2

1

(Metodo al blu di

Mensile

[11]

 

totale

NH4

 

 

 

 

indofenolo -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

oppure - Metodo di

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessler)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

 

Cloro

mg/L

 

 

 

 

molecolare o

 

 

12

residuo

come

 

0,004

 

0,004

volumetria

Mensile

[12]

 

totale

HOC1

 

 

 

 

(Metodo DPD:N,N-dietil-p-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-fenilendiammina)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrometria di

 

 

13

Zinco

mg/L

 

300

 

400

assorbimento

Mensile

[14]

 

totale *

Zn

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

μg/L

 

 

 

 

Spettrometria di

 

 

14

Rame

Cu

 

40

 

40

assorbimento

Mensile

[14]

 

 

 

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spettrofotometria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di

 

 

15

Tensioattivi

mg/L

 

 

 

 

assorbimento

 

 

 

(anionici)

come

0,2

 

0,2

 

molecolare

Mensile

[13]

 

 

MBAS

 

 

 

 

(Metodo al blu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di metilene)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

μg/L

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

16

Arsenico

As

 

50

 

50

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

 

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

17

Cadmio

μg/L

0,2

2,5

0,2

2,5

di assorbimento

Mensile

[14]

 

totale *

Cd

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

18

Cromo

μg/L

 

20

 

100

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

Cr

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

 

Mercurio

μg/L

 

 

 

 

di assorbimento

 

 

19

totale *

Hg

0,05

0,5

0,05

0,5

atomico (su

Mensile

[14]

 

 

 

 

 

 

 

vapori freddi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

20

Nichel

μg/L

 

75

 

75

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

Ni

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Spettrometria

 

 

21

Piombo

μg/L

 

10

 

50

di assorbimento

Mensile

[14]

 

 

Pb

 

 

 

 

atomico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ABBREVIAZIONI: G = guida o indicativo; I = imperativo od obbligatorio.

Note: [o]: Conformemente al presente decreto sono possibili deroghe;

* Totale = Disciolto più particolato;

** I composti fenolici non devono essere presenti in concentrazioni tali da alterare il sapore dei pesci

*** I prodotti di origine petrolifera non devono essere presenti in quantità tali da:

- produrre alla superficie dell'acqua una pellicola visibile o da depositarsi in strati sul letto dei corsi d'acqua o sul fondo

dei laghi

- dare ai pesci un sapore percettibile di idrocarburi

- provocare effetti nocivi sui pesci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Osservazioni di carattere generale:

Occorre rilevare che nel fissare i valori dei parametri si è partiti dal presupposto che gli altri parametri, considerati ovvero non considerati nella presente sezione, sono favorevoli. Ciò significa in particolare che le concentrazioni di sostanze nocive diverse da quelle enumerate sono molto deboli. Qualora due o più sostanze nocive siano presenti sotto forma di miscuglio, è possibile che si manifestino, in maniera rilevante, effetti additivi, sinergici o antagonistici.

 

Metodiche analitiche e di campionamento:

Le metodiche analitiche e di campionamento da impiegarsi nella determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volumi «Metodi analitici per le acque» pubblicati dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del C.N.R. (Roma), e successivi aggiornamenti.

 

NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B

(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)


[l] Per la verifica del ΔT la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.

Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non è stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilità di temperatura ideale di riproduzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.

[2] a) Valore limite «I» - acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 6 mg/L, le Autorità competenti devono intervenire ai sensi della parte terza del presente decreto;

b) Valore limite «I» - acque per Ciprinidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 4 mg/L, le Autorità competenti applicano le disposizioni della parte terza del presente decreto;

§          - quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le Autorità competenti devono provare che dette situazioni non avranno conseguenze dannose allo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche;

§          - tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. ≥ 9 (50%) significa che almeno nel 50% delle misure di controllo la concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);

§          - campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle condizioni di minima ossigenazione nel corso dell'anno. Tuttavia se si sospettano variazioni giornaliere sensibili dovranno essere prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti situazioni nel giorno del prelievo.

[3] Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di ± 0,5 unità-pH i valori estremi figuranti nel prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinano un aumento della nocività di altre sostanze presenti nell'acqua.

[4] Si può derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropico;

§          - i valori limite (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi proprietà chimiche nocive. In quest'ultimo caso le Autorità competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se individuata l'origine antropica;

§          - nell'analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su membrana di porosità 0,45 mm o dopo centrifugazione (tempo 5 min. ed accelerazione media di 2.800 3.200 g), dovrà essere essiccato a 105 °C fino a peso costante.

[5] La determinazione dell'ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni, al buio completo, a 20 °C1 °C) e senza impedire la nitrificazione.

[6] I valori limite «G» riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;

§          - per i laghi aventi profondità media compresa tra 18 e 300 metri, per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di controllare l'eutrofizzazione, può essere utilizzata la seguente formula:

 

 

Z

 

L = A

 

(1 - vTw)

 

 

 

 

Tw

 

 

 

 

 

dove:

§          L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;

§          Z = profondità media del lago in metri (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie);

§          Tw = tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell'emissario);

§          A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la maggior parte dei laghi italiani «A» può essere considerato pari a 20.

Tuttavia per ogni singolo ambiente è possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l'applicazione di una delle seguenti equazioni. (Il valore ottenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).

 

 

Log [P] = 1,48 + 0,33 (± 0,09) Log MEI* alcal.

 

Log [P] = 0,75 + 0,27 (± 0,11) Log MEI* cond.

 

 

 

dove:

§          P = A = Concentrazione di fosforo totale di mg/L;

§          MEI alcal. = Rapporto tra alcalinità (meq/L) e profondità media (m);

§          MEI cond. = Rapporto tra conducibilità (μS/cm) e profondità media (m);

§          (*) MEI = Indice morfoedafico.

[7] Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente più tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori «I» indicati nella tabella 1/B corrispondono ad un criterio di qualità per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/L.

Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite «I» corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.

 

Tab. 2/B - Valori limite «Imperativi» per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

 

Cloruri

Acque per salmonidi

Acque per ciprinidi

(mg/L)

(mg/L NO2)

(mg/ L NO2)

 

 

 

1

0,10

0,19

 

 

 

5

0,49

0,98

 

 

 

10

0,88

1,77

 

 

 

20

1,18

2,37

 

 

 

40

1,48

2,96

 

 

 

 

 

 

 

[8] Data la complessità della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1/B può risultare a seconda del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;

§          - poiché la direttiva del Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio 1978) prevede soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B la concentrazione più alta delle sostanze più rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA - Ambient Water Quality Criteria, 1978):

 

Tab. 3/B

 

Fenoli

Livelli

Fenoli

Livelli

 

(μg/L)

 

(μg/L)

2-clorofenolo

60

2,5-diclorofenolo

23

 

 

 

 

4-clorofenolo

45

2,6-diclorofenolo

35

 

 

 

 

 

 

4, 2, 6-

 

2,3-diclorofenolo

84

triclorofenolo

52

 

 

 

 

2,4-diclorofenolo

0,4 [*]

 

 

 

 

 

 

 

[*] Questo valore indica che si possono riscontrare alterazioni del sapore dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del valore guida (G) proposto.

 

 

 

 

 

 

Appare infine utile richiamare, nella tabella 4/B, i criteri, di qualità per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo Australiano in «Australian Water Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 (1984)».

 

Tab. 4/B

 

Fenoli

(μg/L)

Fenoli

(μg/L)

 

 

 

 

Fenolo

100

4-clorofenolo

400

 

 

 

 

o-cresolo

100

2,4-diclorofenolo

30

 

 

 

 

 

 

2, 4, 6-,

 

m-cresolo

100

triclorofenolo

30

 

 

 

 

p-cresolo

100

Pentaclorofenolo

1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[9] Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell'acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emulsionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:

§          - concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per forme ittiche giovanili ed alterare il sapore del pesce;

§          - la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con tetracloruro di carbonio o altro solvente equivalente.

[10] La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4+) dipende dalla temperatura e dal pH;

§          - le concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4+) che contengono una concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:

 

Tab. 5/B

 

Temperatura

 

(°C)

Valori di PH

 

 

 

6,5

7,0

7,5

8,0

8,5

9,0

9,5

 

 

 

 

 

 

 

 

5

63,3

20,0

6,3

2,0

0,66

0,23

0,089

 

 

 

 

 

 

 

 

10

42,4

13,4

4,3

1,4

0,45

0,16

0,067

 

 

 

 

 

 

 

 

15

28,9

9,2

2,9

0,94

0,31

0,12

0,053

 

 

 

 

 

 

 

 

20

20,0

6,3

2,0

0,66

0,22

0,088

0,045

 

 

 

 

 

 

 

 

25

13,9

4,4

1,4

0,46

0,16

0,069

0,038

 

 

 

 

 

 

 

 

30

9,8

3,1

1,0

0,36

0,12

0,056

0,035

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori «I» indicati nel prospetto della tabella 1/B;

§          - tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e di diminuzione della nitrificazione o qualora l'Autorità competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, è consentito il superamento dei valori tabellari.

[12] Quando il cloro è presente in acqua in forma disponibile, cioè in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, «disponibile» «attivo», o «residuo» si equivalgono;

§          - il «cloro residuo totale» corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioè quello presente come una miscela in equilibrio di ioni ipoclorito (OCI) ed acido ipocloroso (HOCI] e del cloro combinato disponibile [cioè quello presente nelle cloroammine o in altri composti con legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];

§          - la concentrazione più elevata di cloro (Cl2) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili, entro 5 giorni, è di 0,005 mg Cl2/L (corrispondente a 0,004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro è troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lentamente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata concentrazione di cloro attivo, come valore è stato confermato il limite suddetto;

§          - le quantità di cloro totale, espresse in mg/L di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOC1, variano in funzione della temperatura e soprattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell'acido ipocloroso HOC1 <-> H+ + ClO-) secondo la seguente tabella 6/B:

 

Tab. 6/B

 

Temperatura

 

(°C)

Valori di PH

 

 

 

6

7

8

9

 

 

 

 

 

5

0,004

0,005

0,011

0,075

 

 

 

 

 

25

0,004

0,005

0,016

0,121

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pertanto i valori «I» risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH più alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (Cl2) più elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella 6/B;

§          - per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che, dell'equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corrisponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOCl).

§          - in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilità strumentale del metodo di riferimento.

[13] L'attenzione è rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;

§          - il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee legge 22 aprile 1982, n. 109), appare ancora il più valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro è da prevedere l'inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.

[14] Gli otto metalli presi in considerazione risultano più o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacità di bioaccumularsi anche su pesci commestibili.

La tossicità è spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua di 100 mg/L come CaCO3. Per durezze comprese tra < 50 e > 250 i valori limite corrispondenti sono riportali nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e dei Ciprinidi.

 

Protezione Salmonidi

 

 

Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)

 

Parametri

 

 

[*]

 

<50

50-99

100-

150-

200-

>250

 

 

 

 

149

199

250

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

12

Arsenico

AS

50

50

50

50

50

50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cadmio

come

 

 

 

 

 

 

 

13

totale

Cd

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

14

Cromo

Cr

5

10

20

20

50

50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mercurio

come

 

 

 

 

 

 

 

15

totale

Hg

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

16

Nichel

Ni

25

50

75

75

100

100

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

17

Piombo

Pb

4

10

10

20

20

20

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

18

Rame

Cu

5[a]

22

40

40

40

112

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

19

Zinco totale

Zn

30

200

300

300

300

500

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[a] La presenza di pesci in acque con più alte concentrazioni può significare che predominano complessi organocuprici disciolti.

 

 

 

Protezione Ciprinidi

 

 

 

 

Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)

 

Parametri

 

 

[*]

 

 

 

100-

150-

200-

 

 

 

<50

50-99

149

199

250

>250

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

50

50

50

50

50

50

 

12

Arsenico

As

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

13

Cadmio totale

Cd

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

2,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

14

Cromo

Cr

75

80

100

100

125

125

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

15

Mercurio totale

Hg

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

25

50

75

75

100

100

 

16

Nichel

Ni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

17

Piombo

Pb

50

125

125

250

250

250

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

18

Rame

Cu

5

22

40

40

40

112

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come

 

 

 

 

 

 

 

19

Zinco totale

Zn

150

350

400

500

500

1000

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) I valori limite si riferiscono al metallo disciolto, salvo diversa indicazione e sono espressi in mg/L.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sezione C: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative ed il calcolo della conformità delle acque destinate alla vita dei molluschi

I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualità (dei prodotti della molluschicoltura destinati al consumo umano.

 

1) Calcolo della conformità

1. Le acque designate ai sensi dell'art. 87 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi, secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:

§          a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo alogenate e metalli;

§          b) il 95% dei campioni per i parametri ed ossigeno disciolto;

§          c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab. 1/C.

2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli, sia inferiore a quella indicata nella tab. 1/C, la conformità ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.

3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa di eventi calamitosi.

 

2) Campionamento

1. L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni devono essere prelevati, sono definiti dall'Autorità competente in funzione delle condizioni ambientali locali.

2. Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/C può essere ridotta dall'Autorità competente ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall'applicazione dei valori limite e relative note.

3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterioramento.

 

Tab. 1/C Qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

 

 

 

 

 

 

 

Frequenza

 

 

Unità di

 

 

Metodo di

minima di

 

Parametro

misura

G

1

analisi di

campionamenti

 

 

 

 

 

riferimento

e delle misurazioni

 

 

 

 

 

 

 

1

pH

unità pH

 

7-9

- Elettrometria

Trimestrale

 

 

 

 

 

La misurazione

 

 

 

 

 

 

viene eseguita sul

 

 

 

 

 

 

posto al momento

 

 

 

 

 

 

del campionamento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La differenza di

 

 

 

2

Temperatura

°C

temperatura

 

- Termometria

Trimestrale

 

 

 

provocata da uno

 

 

 

 

 

 

scarico non deve

 

La misurazione

 

 

 

 

superare, nelle

 

viene eseguita

 

 

 

 

acque destinate

 

sul posto al momento

 

 

 

 

alla vita dei

 

del campionamento

 

 

 

 

molluschi

 

 

 

 

 

 

influenzate da

 

 

 

 

 

 

tale scarico, di

 

 

 

 

 

 

oltre 2 °C la

 

 

 

 

 

 

temperatura

 

 

 

 

 

 

misurata

 

 

 

 

 

 

nelle acque

 

 

 

 

 

 

non influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo filtrazione

 

 

 

 

 

 

il colore

 

 

 

 

 

 

dell'acqua,

 

 

 

 

 

 

provocato da uno

-Filtrazione su

 

 

 

 

 

scarico, non deve

membrana

 

 

 

 

 

discostarsi nelle

filtrante di 0,45 hym.

 

 

 

 

 

acque destinate

Metodo

 

 

 

 

 

alla vita dei

fotometrico,

 

 

Colorazione

 

 

molluschi

secondo gli

 

3

(dopo

mg Pt/L

 

influenzate

standard della

Trimestrale

 

filtrazione)

 

 

da tale scarico

scala platino-

 

 

 

 

 

di oltre 10 mg

cobalto

 

 

 

 

 

Pt/ L dal colore

 

 

 

 

 

 

misurato nelle

 

 

 

 

 

 

acque non

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'aumento del

- Filtrazione su

 

 

 

 

 

tenore di materie

membrana filtrante

 

 

 

 

 

in sospensione

di 0,45 μm,

 

 

 

 

 

e provocato

essiccazione a

 

 

 

 

 

da uno scarico

105 °C e pesatura;-

 

 

 

 

 

non deve

Centrifugazione

 

 

 

 

 

superare, nelle

(tempo minimo

 

 

 

 

 

acque destinate

5 min accelerazione

 

 

 

 

 

alla vita dei

media di 2800-

 

 

 

 

 

dei molluschi

3200 g)

 

4

Materiali in

 

 

influenzate da

essiccazione a 105

Trimestrale

 

sospensione

mg/L

 

tale scarico, di

°C e pesatura

 

 

 

 

 

oltre il 30% il

 

 

 

 

 

 

tenore misurato

 

 

 

 

 

 

nelle acque

 

 

 

 

 

 

non

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5

Salinità

%,

12-38‰

- ≤ 40‰,

Conduttometria

 

 

 

 

 

 

 

Mensile

 

 

 

 

- La variazione

 

 

 

 

 

 

della salinità

 

 

 

 

 

 

provocata da uno

 

 

 

 

 

 

scarico non deve

 

 

 

 

 

 

superare, nelle

 

 

 

 

 

 

acque destinate

 

 

 

 

 

 

alla vita dei

 

 

 

 

 

 

molluschi

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

da tale scarico,

 

 

 

 

 

 

± 10% la salinità

 

 

 

 

 

 

misurata nelle

 

 

 

 

 

 

acque non

 

 

 

 

 

 

influenzate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6

Ossigeno

 

 

- = 70%

 

Mensile, con

.

disciolto

% di

- ≤ 80%

(valore medio).

- Metodo di

almeno un

 

 

saturazione

 

Se una singola

Winkler-

campione

 

 

 

 

singola

Metodo

rappresentativo

 

 

 

 

misurazione

elettrochimico

del basso tenore di

 

 

 

 

e indica un

 

ossigeno

 

 

 

 

valore inferiore

 

presente nel

 

 

 

 

al 70% le

 

giorno del

 

 

 

 

misurazioni

 

prelievo.

 

 

 

 

vengono

 

Tuttavia se si

 

 

 

 

proseguite-

 

presentano

 

 

 

 

Una singola

 

variazioni

 

 

 

 

misurazione può

 

diurne

 

 

 

 

indicare un

 

significative

 

 

 

 

valore inferiore

 

saranno

 

 

 

 

al 60% soltanto

 

effettuati

 

 

 

 

qualora non vi

 

almeno due

 

 

 

 

siano

 

prelievi al

 

 

 

 

conseguenze

 

giorno.

 

 

 

 

dannose per lo

 

 

 

 

 

 

sviluppo delle

 

 

 

 

 

 

popolazioni

 

 

 

 

 

 

di molluschi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli idrocarburi

 

 

 

 

 

 

non devono

 

 

 

Idrocarburi

 

 

essere presenti

 

 

7

di origine

 

 

nell'acqua in

 

 

 

petrolifera

 

 

quantità tale:

- Esame visivo

Trimestrale

 

 

 

 

- da produrre

 

 

 

 

 

 

un film visibile

 

 

 

 

 

 

alla superficie

 

 

 

 

 

 

dell'acqua e/o un

 

 

 

 

 

 

deposito sui

 

 

 

 

 

 

molluschi

 

 

 

 

 

 

- da avere

 

 

 

 

 

 

effetti nocivi

 

 

 

 

 

 

per i molluschi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La

 

 

 

 

 

La

concentrazione

 

 

 

 

 

concentrazione

di ogni sostanza

Cromatografia

 

 

 

 

di ogni

nell'acqua

in fase

 

 

 

 

sostanza nella

o nella polpa

gassosa, previa

 

 

 

 

polpa del

del mollusco non

estrazione

 

 

Sostanze

 

mollusco

deve superare

mediante

 

8

organo-

 

deve essere tale

un livello tale

appropriati

Semestrale

 

alogenate

 

da contribuire

da provocare

solventi e

 

 

 

 

ad una buona

effetti nocivi

purificazione

 

 

 

 

qualità dei

per i molluschi

 

 

 

 

 

prodotti della

e per le

 

 

 

 

 

molluschicoltura

loro larve

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La

La

-

 

 

 

 

concentrazione

concentrazione

Spettrofotometria

Semestrale

9

Metalli:

ppm

di ogni sostanza

di ogni sostanza

di assorbimento

 

 

Argento Ag

 

nella polpa del

nell'acqua o nella

atomico,

 

 

Arsenico As

 

mollusco deve

polpa del

eventualmente

 

 

Cadmio Cd

 

essere tale da

mollusco non

preceduta da

 

 

Cromo Cr

 

contribuire

deve superare un

concentrazione e/o

 

 

Rame Cu

 

ad una buona

livello tale da

estrazione

 

 

Mercurio Hg [*]

 

qualità dei

provocare effetti

 

 

 

Nichelio Ni

 

prodotti della

nocivi per i

 

 

 

Piombo Pb [**]

 

molluschicoltura

molluschi e per

 

 

 

Zinco Zn

 

 

le loro larve.

 

 

 

 

 

 

È necessario

 

 

 

 

 

 

prendere in

 

 

 

 

 

 

considerazione

 

 

 

 

 

 

gli effetti

 

 

 

 

 

 

sinergici dei

 

 

 

 

 

 

vari metalli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

≤ 300 nella

Metodo di

 

10

Coliformi

n°/ 100m

 

polpa del

diluizione con

Trimestrale

 

fecali

 

 

mollusco e

fermentazione in

 

 

 

 

 

nel liquido

substrati liquidi in

 

 

 

 

 

intervalvare

almeno tre provette,

 

 

 

 

 

 

in tre diluizioni.

 

 

 

 

 

 

Trapianto delle

 

 

 

 

 

 

provette positive sul

 

 

 

 

 

 

terreno di conferma.

 

 

 

 

 

 

Computo secondo il

 

 

 

 

 

 

sistema M.P.N.

 

 

 

 

 

 

(Numero più

 

 

 

 

 

 

probabile).

 

 

 

 

 

 

Temperatura

 

 

 

 

 

 

di incubazione

 

 

 

 

 

 

44±0,5°C

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concentrazione

Esame gustativo dei

 

 

Sostanze che

 

 

inferiore a quella

molluschi, allorché

 

11

influiscono

 

 

che può alterare

si presume la

 

 

sul sapore

 

 

il sapore dei

presenza di tali

 

 

dei molluschi

 

 

molluschi

sostanze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sassitossina

 

 

 

 

 

12

(prodotta dai

 

 

 

 

 

 

dinoflagellati)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[*] valore imperativo nella polpa del mollusco = 0,5 ppm

[**] valore imperativo nella polpa del mollusco = 2 ppm

 

ABBREVIAZIONI

G = guida o indicativo

I = imperativo o obbligatorio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


L. 27 dicembre 2006 n. 296
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). (art. 1, co. 1284)

Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 299, S.O. 

(omissis)

Articolo 1

(omissis)

Comma1284. È istituito un fondo di solidarietà, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, finalizzato a promuovere il finanziamento esclusivo di progetti ed interventi, in ambito nazionale e internazionale, atti a garantire il maggior accesso possibile alle risorse idriche secondo il principio della garanzia dell'accesso all'acqua a livello universale. Per ogni bottiglia di acqua minerale o da tavola in materiale plastico venduta al pubblico è istituito un contributo pari a 0,1 centesimi di euro che va a confluire nel fondo di cui al presente comma. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro degli affari esteri, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono indicate le modalità di funzionamento e di erogazione delle risorse del fondo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a emanare i regolamenti attuativi necessari.

 

 


Normativa comunitaria

 


Dir. 23 ottobre 2000, n. 2000/60/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque

--------------------------------------------------------------------------------

(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 22 dicembre 2000, n. L 327. Entrata in vigore il 22 dicembre 2000.

(2)  Termine di recepimento: 22 dicembre 2003.

(3)  Per l'istituzione di un registro di siti destinati a formare la rete di intercalibrazione conformemente alla presente direttiva, vedi la decisione 2005/646/CE.

(omissis)

Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,

vista la proposta della Commissione (4),

visto il parere del Comitato economico e sociale (5),

visto il parere del Comitato delle regioni (6),

deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (7), visto il progetto comune adottato dal comitato di conciliazione il 18 luglio 2000,

considerando quanto segue:

(1) L'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale.

(2) Le conclusioni del seminario ministeriale sulla politica comunitaria in materia di acque, tenutosi a Francoforte nel 1988, avevano messo in luce la necessità che la legislazione comunitaria disciplinasse la qualità ecologica delle acque. Nella risoluzione del 28 giugno 1988 (8), il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare proposte per migliorare la qualità ecologica delle acque superficiali all'interno della Comunità.

(3) La dichiarazione del seminario ministeriale sulle acque sotterranee, tenutosi a L'Aia nel 1991, riconosceva l'esigenza di intervenire per evitare il deterioramento delle acque dolci nel lungo periodo, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, e richiedeva l'attuazione di un programma di interventi che garantisse, entro il 2000, la gestione e la protezione sostenibili delle fonti di acqua dolce. Nelle risoluzioni del 25 febbraio 1992 (9) e del 20 febbraio 1995 (10), il Consiglio ha auspicato l'elaborazione di un programma d'azione per le acque sotterranee, nonché la revisione della direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, sulla protezione delle acque sotterranee contro l'inquinamento provocato da alcune sostanze pericolose nell'ambito di una politica globale per la protezione delle acque dolci.

(4) Le acque comunitarie subiscono pressioni sempre maggiori a causa del continuo aumento della domanda di acqua di buona qualità in quantità sufficienti per qualsiasi utilizzo. Il 10 novembre 1995, nella relazione "L'ambiente nell'Unione europea è 1995", l'Agenzia europea per l'ambiente ha presentato una relazione aggiornata sullo stato dell'ambiente, nella quale confermava la necessità di intervenire per tutelare le acque comunitarie sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo.

(5) Il 18 dicembre 1995, il Consiglio ha adottato conclusioni che richiedevano, tra l'altro, l'elaborazione di una nuova direttiva quadro che fissi i principi di base di una politica sostenibile in materia di acque a livello dell'Unione europea, invitando la Commissione a presentare una proposta.

(6) Il 21 febbraio 1996, la Commissione ha adottato una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio dal titolo "Politica comunitaria in materia di acque", nella quale vengono definiti i principi della politica nel settore.

(7) Il 9 settembre 1996, la Commissione ha presentato una proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione per la protezione e la gestione integrate delle acque sotterranee (11). In tale proposta, la Commissione ha sottolineato la necessità di definire le procedure per regolamentare l'estrazione delle acque dolci e controllarne la quantità e la qualità.

(8) Il 29 maggio 1995, la Commissione ha adottato una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'uso razionale e la conservazione delle zone umide, nella quale si riconosce l'importante funzione da esse svolta per la protezione delle risorse idriche.

(9) È necessario sviluppare una politica comunitaria integrata in materia di acque.

(10) Il Consiglio, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale e il Parlamento europeo hanno invitato la Commissione, rispettivamente in data 25 giugno, 19 settembre, 26 settembre e 23 ottobre 1996, a presentare una proposta di direttiva del Consiglio che istituisca un quadro per la politica comunitaria in materia di acque.

(11) Come stabilito dall'articolo 174 del trattato, la politica ambientale della Comunità deve contribuire a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, che dev'essere fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga".

(12) A norma dell'articolo 174 del trattato, nel predisporre la politica in materia ambientale, la Comunità deve tener conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni della Comunità, dello sviluppo socioeconomico della Comunità nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni, nonché dei vantaggi e dei costi potenziali di un'azione o di una mancanza di azione.

(13) Le diverse condizioni ed esigenze riscontrabili all'interno della Comunità richiedono l'adozione di soluzioni specifiche. È opportuno tener conto di tale diversità nella programmazione e nell'esecuzione di misure atte a garantire la protezione ed un utilizzo sostenibile delle acque nell'ambito del bacino idrografico. Le decisioni dovrebbero essere adottate al livello più vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle acque. Si dovrebbero privilegiare le azioni che rientrino fra le competenze degli Stati membri, attraverso programmi di misure adeguati alle condizioni regionali e locali.

(14) Il successo della presente direttiva dipende da una stretta collaborazione e da un'azione coerente a livello locale, della Comunità e degli Stati membri, oltre che dall'informazione, dalla consultazione e dalla partecipazione dell'opinione pubblica, compresi gli utenti.

(15) La fornitura idrica è un servizio d'interesse generale, come indicato nella comunicazione della Commissione "I servizi di interesse generale in Europa" (12).

(16) È necessario integrare maggiormente la protezione e la gestione sostenibile delle acque in altre politiche comunitarie come la politica energetica, dei trasporti, la politica agricola, la politica della pesca, la politica regionale e in materia di turismo. La presente direttiva dovrebbe rappresentare la base per un dialogo continuo e per lo sviluppo di strategie tese ad ottenere una maggiore integrazione tra le varie politiche. La presente direttiva può altresì apportare un contributo decisivo in altri settori della cooperazione tra Stati membri, tra l'altro la "Prospettiva per lo sviluppo territoriale europeo" (ESDP).

(17) Una politica delle acque efficace e coerente deve tener conto della fragilità degli ecosistemi acquatici vicini alla costa o alle foci di fiumi, o in golfi o mari relativamente chiusi, in quanto il loro equilibrio è molto influenzato dalla qualità delle acque interne che ricevono. La tutela dello stato delle acque in un bacino idrografico porta vantaggi economici contribuendo alla protezione delle popolazioni ittiche, anche costiere.

(18) La politica comunitaria nel settore delle acque richiede un quadro legislativo trasparente, efficace e coerente. La Comunità dovrebbe fornire principi comuni e il quadro globale in cui inserire gli interventi. La presente direttiva dovrebbe fornire tale quadro e coordinare, integrare e, nel lungo periodo, sviluppare ulteriormente i principi e le strutture generali idonei a garantire la protezione e un utilizzo sostenibile delle acque comunitarie, nel rispetto del principio della sussidiarietà.

(19) La presente direttiva intende mantenere e migliorare l'ambiente acquatico all'interno della Comunità. Tale obiettivo riguarda principalmente la qualità delle acque interessate. Il controllo della quantità è un elemento secondario fra quelli che consentono di garantire una buona qualità idrica e pertanto si dovrebbero istituire altresì misure riguardanti l'aspetto quantitativo ad integrazione di quelle che mirano a garantire una buona qualità.

(20) Lo stato quantitativo di un corpo idrico sotterraneo può influire sulla qualità ecologica delle acque superficiali e sugli ecosistemi terrestri connessi a tale corpo idrico sotterraneo.

(21) La Comunità e gli Stati membri sono parti di vari accordi internazionali che prevedono obblighi rilevanti in materia di protezione delle acque marine dall'inquinamento, in particolare la convenzione sulla protezione dell'ambiente marino nella zona del Mar Baltico, firmata ad Helsinki il 9 aprile 1992 e approvata dal Consiglio con decisione 94/157/CE, la convenzione per la protezione dell'ambiente marino nell'Atlantico nordorientale, firmata a Parigi il 22 settembre 1992 e approvata dal Consiglio con decisione 98/249/CE, e la convenzione sulla salvaguardia del Mar Mediterraneo dall'inquinamento, firmata a Barcellona il 16 febbraio 1976 e approvata dal Consiglio con decisione 77/585/CEE, nonché il protocollo relativo alla protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento di origine tellurica, firmato ad Atene il 17 maggio 1980 e approvato dal Consiglio con decisione 83/101/CEE. La presente direttiva contribuirà a consentire alla Comunità e agli Stati membri di rispettare detti obblighi.

(22) La presente direttiva deve contribuire alla graduale riduzione delle emissioni di sostanze pericolose nelle acque.

(23) Occorre disporre di principi comuni per coordinare gli interventi degli Stati membri diretti a migliorare la protezione delle acque della Comunità sia quantitativamente che qualitativamente, promuovere un'utilizzazione sostenibile dell'acqua, contribuire al controllo dei problemi delle acque di rilevanza transfrontaliera, per proteggere gli ecosistemi acquatici nonché gli ecosistemi terrestri e le zone umide che dipendono direttamente da essi, e per salvaguardare e sviluppare le utilizzazioni potenziali delle acque della Comunità.

(24) Una buona qualità delle acque contribuirà ad assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione.

(25) È opportuno stabilire definizioni comuni di stato delle acque, sotto il profilo qualitativo e anche, laddove ciò si riveli importante per la protezione dell'ambiente, sotto il profilo quantitativo. Si dovrebbero fissare obiettivi ambientali per raggiungere un buono stato delle acque superficiali e sotterranee in tutta la Comunità e impedire il deterioramento dello stato delle acque a livello comunitario.

(26) Gli Stati membri dovrebbero cercare di raggiungere almeno l'obiettivo di un buono stato delle acque definendo e attuando le misure necessarie nell'ambito di programmi integrati di misure, nell'osservanza dei vigenti requisiti comunitari. Ove le acque abbiano già raggiunto un buono stato, si dovrebbe mantenere tale situazione. Per le acque sotterranee, oltre ai requisiti di un buono stato, si dovrebbe identificare e correggere qualsiasi tendenza significativa e prolungata all'aumento della concentrazione di sostanze inquinanti.

(27) L'obiettivo finale della presente direttiva è quello di eliminare le sostanze pericolose prioritarie e contribuire a raggiungere valori vicini a quelli del fondo naturale per le concentrazioni in ambiente marino di sostanze presenti in natura.

(28) In teoria, le acque superficiali e sotterranee sono risorse naturali rinnovabili. In particolare, per garantire un buono stato delle acque sotterranee è necessario un intervento tempestivo e una programmazione stabile sul lungo periodo delle misure di protezione, visti i tempi necessari per la formazione e il ricambio naturali di tali acque. Nel calendario delle misure adottate per conseguire un buono stato delle acque sotterranee e invertire le tendenze significative e durature all'aumento della concentrazione delle sostanze inquinanti nelle acque sotterranee è opportuno tener conto di tali tempi.

(29) Gli Stati membri, nel prefiggersi di conseguire gli obiettivi indicati nella presente direttiva e nel definire un programma delle misure da adottare a tal fine, possono attuare gradualmente il programma di misure al fine di ripartire i costi dell'attuazione.

(30) Per garantire l'attuazione piena e coerente della presente direttiva, qualsiasi proroga del calendario dovrebbe effettuarsi in base a criteri adeguati, chiari e trasparenti ed essere giustificata dagli Stati membri nell'ambito dei piani di gestione dei bacini idrografici.

(31) Ove le ripercussioni subite dal corpo idrico in seguito all'attività umana o a motivo delle sue condizioni naturali siano tali che risulti impossibile o eccessivamente oneroso ottenere un buono stato delle acque, possono essere fissati obiettivi ambientali meno rigorosi, fondati su criteri oggettivi e trasparenti, e si dovrebbe fare il possibile per prevenire un ulteriore deterioramento dello stato delle acque.

(32) A precise condizioni, vi possono essere motivi per dispensare dall'obbligo di prevenire un ulteriore deterioramento o di conseguire un buono stato, se il mancato raggiungimento dei risultati è dovuto a circostanze impreviste o eccezionali, in particolare inondazioni o siccità o a motivi di interesse pubblico di primaria importanza, o a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello dei corpi sotterranei, purché sia fatto il possibile per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico.

(33) L'obiettivo di ottenere un buono stato delle acque dovrebbe essere perseguito a livello di ciascun bacino idrografico, in modo da coordinare le misure riguardanti le acque superficiali e sotterranee appartenenti al medesimo sistema ecologico, idrologico e idrogeologico.

(34) Ai fini della protezione ambientale, è necessario integrare maggiormente gli aspetti qualitativi e quantitativi delle acque superficiali e sotterranee tenendo conto delle condizioni naturali di scorrimento delle acque nel ciclo idrologico.

(35) Nei bacini idrografici ove l'utilizzo dell'acqua può avere ripercussioni a livello transfrontaliero, i requisiti per il conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dalla presente direttiva e, in particolare, tutti i programmi di misure dovrebbero essere coordinati per l'ultimo distretto idrografico. Per i bacini idrografici che si estendono oltre le frontiere della Comunità, gli Stati membri dovrebbero cercare di assicurare l'opportuno coordinamento con i paesi terzi interessati. La presente direttiva deve contribuire al rispetto degli obblighi assunti dalla Comunità in forza delle convenzioni internazionali sulla protezione e la gestione delle acque, in particolare della convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, approvata con decisione 95/308/CE del Consiglio, e dei successivi accordi di applicazione.

(36) È necessario procedere ad analisi delle caratteristiche di un bacino idrografico e dell'impatto delle attività umane nonché all'analisi economica dell'utilizzo idrico. L'evoluzione dello stato delle acque dovrebbe essere sorvegliata dagli Stati membri in modo sistematico e comparabile in tutta la Comunità. Questa informazione è necessaria affinché gli Stati membri dispongano di una base valida per sviluppare programmi di intervento volti al conseguimento degli obiettivi fissati dalla presente direttiva.

(37) Gli Stati membri dovrebbero designare le acque usate per la produzione di acqua potabile, garantendo il rispetto della direttiva 80/778/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.

(38) Può risultare opportuno che gli Stati membri ricorrano a strumenti economici nell'ambito di un programma di misure. Il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e delle risorse, in relazione ai danni o alle ripercussioni negative per l'ambiente acquatico, dovrebbe essere preso in considerazione, in particolare, in base al principio "chi inquina paga". A tal fine, sarà necessaria un'analisi economica dei servizi idrici, basata sulle previsioni a lungo termine della domanda e dell'offerta nel distretto idrografico.

(39) È necessario prevenire o attenuare le conseguenze degli inquinamenti dovuti a cause accidentali. È opportuno stabilire misure a tal fine nel programma di misure.

(40) Per quanto riguarda la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, la politica comunitaria dell'acqua dovrebbe ispirarsi ad un approccio combinato che riduca l'inquinamento alla fonte, fissando valori limite per le emissioni e norme di qualità ambientali.

(41) Sotto il profilo quantitativo, è opportuno istituire principi generali per limitare l'estrazione e l'arginazione delle acque, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile sotto il profilo ambientale dei sistemi idrici interessati.

(42) È opportuno fissare norme di qualità ambientali comuni e valori limite di emissione come prescrizioni minime nella legislazione comunitaria per alcuni gruppi o famiglie di sostanze inquinanti. È opportuno fissare disposizioni affinché tali norme vengano adottate a livello comunitario.

(43) L'inquinamento causato dallo scarico, da emissioni e da perdite di sostanze pericolose prioritarie deve essere arrestato o gradualmente eliminato. Il Parlamento europeo e il Consiglio, su proposta della Commissione, dovrebbero definire le sostanze da considerare prioritarie ai fini dell'azione e le misure specifiche da adottare contro l'inquinamento dell'acqua da esse causato, tenendo conto di tutte le fonti significative e identificando il livello e l'insieme di controlli economicamente valido ed equilibrato.

(44) L'identificazione delle sostanze pericolose prioritarie dovrebbe tener conto del principio di precauzione e fondarsi sulla individuazione di effetti potenzialmente negativi del prodotto e su una valutazione scientifica del pericolo.

(45) Gli Stati membri dovrebbero adottare misure per eliminare l'inquinamento delle acque superficiali ad opera delle sostanze prioritarie e ridurre gradualmente l'inquinamento causato dalle altre sostanze che impedirebbero loro altrimenti di conseguire gli obiettivi per i corpi idrici superficiali.

(46) Per garantire la partecipazione del pubblico, compresi gli utenti dell'acqua, nel processo di elaborazione ed aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici, è necessario fornire informazioni adeguate sulle misure previste e riferire in merito ai progressi della loro attuazione in modo da coinvolgere il pubblico prima di adottare le decisioni definitive e le misure necessarie.

(47) La presente direttiva dovrebbe fornire i meccanismi atti ad affrontare gli ostacoli al miglioramento dello stato delle acque che non rientrino nella sfera di applicazione della normativa comunitaria sulle acque, al fine di preparare le strategie opportune per superarli.

(48) A scadenze annue, la Commissione dovrebbe presentare un programma aggiornato sulle iniziative che intende proporre nel settore idrico.

(49) È necessario definire, nell'ambito della presente direttiva, specifiche tecniche che garantiscano un approccio coerente in tutta la Comunità. I criteri di valutazione dello stato delle acque costituiscono un importante progresso. È opportuno che l'adeguamento di alcuni elementi tecnici al progresso tecnico e la standardizzazione dei metodi di controllo, di campionamento e di analisi siano realizzati attraverso la procedura del comitato. Per favorire una piena comprensione e un'applicazione coerente dei criteri per la caratterizzazione dei bacini idrografici e la valutazione dello stato delle acque, la Commissione può adottare direttive per l'applicazione dei criteri suddetti.

(50) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

(51) L'attuazione della presente direttiva deve consentire di pervenire ad un livello di protezione delle acque almeno equivalente a quello previsto in taluni atti precedenti, che dovrebbero quindi essere abrogati una volta che sia data piena attuazione alle pertinenti disposizioni della presente direttiva.

(52) Le disposizioni della presente direttiva riprendono quelle relative alla riduzione dell'inquinamento provocato da sostanze pericolose, di cui alla direttiva 76/464/CEE. Pertanto, detta direttiva dovrebbe essere abrogata una volta che sia data piena attuazione alle disposizioni della presente direttiva.

(53) È necessario garantire la piena attuazione e applicazione della legislazione vigente in materia ambientale ai fini della protezione delle acque. È indispensabile garantire la corretta applicazione delle disposizioni di attuazione della presente direttiva in tutta la Comunità, prevedendo sanzioni adeguate nelle legislazioni degli Stati membri. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive,

 

hanno adottato la presente direttiva:

 

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(4)  In G.U.C.E. 17 giugno 1997, n. C 184 e in G.U.C.E. 20 gennaio 1998, n. C 16.

(5)  Pubblicato nella G.U.C.E. 21 novembre 1997, n. C 355.

(6)  Pubblicato nella G.U.C.E. 11 giugno 1998, n. C 180.

(7)  Parere del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999 (G.U.C.E. 28 maggio 1999, n. C 150) confermato il 16 settembre 1999, posizione comune del Consiglio del 22 ottobre 1999 (G.U.C.E. 30 novembre 1999, n. C 343) e decisione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2000, decisione del Parlamento europeo del 7 settembre 2000 e decisione del Consiglio del 14 settembre 2000.

(8)  Pubblicato nella G.U.C.E. 9 agosto 1988, n. C 209.

(9)  Pubblicato nella G.U.C.E. 6 marzo 1992, n. C 59.

(10)  Pubblicato nella G.U.C.E. 28 febbraio 1995, n. C 49.

(11)  Pubblicato nella G.U.C.E. 25 novembre 1996, n. C 355.

(12)  Pubblicato nella G.U.C.E. 26 settembre 1996, n. C 281.

 

 

 

Articolo 1

Scopo.

Scopo della presente direttiva è istituire un quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee che:

a) impedisca un ulteriore deterioramento, protegga e migliori lo stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico;

b) agevoli un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;

c) miri alla protezione rafforzata e al miglioramento dell'ambiente acquatico, anche attraverso misure specifiche per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite di sostanze prioritarie e l'arresto o la graduale eliminazione degli scarichi, delle emissioni e delle perdite di sostanze pericolose prioritarie;

d) assicuri la graduale riduzione dell'inquinamento delle acque sotterranee e ne impedisca l'aumento, e

e) contribuisca a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità

contribuendo quindi a:

- garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo,

- ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee,

- proteggere le acque territoriali e marine, e

- realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino: con azione comunitaria ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 3, per arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche.

 

Articolo 2

Definizioni.

Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

1) "acque superficiali": le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee; le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

2) "acque sotterranee": tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

3) "acque interne": tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;

4) "fiume": un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;

5) "lago": un corpo idrico superficiale interno fermo;

6) "acque di transizione": i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;

7) "acque costiere": le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

8) "corpo idrico artificiale": un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;

9) "corpo idrico fortemente modificato": un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dallo Stato membro in base alle disposizioni dell'allegato II;

10) "corpo idrico superficiale": un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

11) "falda acquifera": uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;

12) "corpo idrico sotterraneo": un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;

13) "bacino idrografico": il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;

14) "sottobacino": il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua (di solito un lago o la confluenza di un fiume);

15) "distretto idrografico": area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, è definito la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;

16) "autorità competente": l'autorità o le autorità definite dall'articolo 3, paragrafi 2 e 3;

17) "stato delle acque superficiali": espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;

18) "buono stato delle acque superficiali": lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

19) "stato delle acque sotterranee": espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;

20) "buono stato delle acque sotterranee": lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";

21) "stato ecologico": espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'allegato V;

22) "buono stato ecologico": stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'allegato V;

23) "buon potenziale ecologico": stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'allegato V;

24) "buono stato chimico delle acque superficiali": stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dall'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non supera gli standard di qualità ambientali fissati dall'allegato IX, e in forza dell'articolo 16, paragrafo 7 e di altre normative comunitarie pertinenti che istituiscono standard di qualità ambientale a livello comunitario;

25) "buono stato chimico delle acque sotterranee": stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella 2.3.2 dell'allegato V;

26) "stato quantitativo": espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;

27) "risorse idriche sotterranee disponibili": velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 4, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;

28) "buono stato quantitativo": stato definito nella tabella 2.1.2 dell'allegato V;

29) "sostanze pericolose": le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;

30) "sostanze prioritarie": le sostanze definite ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, ed elencate nell'allegato X. Tra queste sostanze, vi sono "sostanze pericolose prioritarie" che sono quelle definite ai sensi dell'articolo 16, paragrafi 3 e 6, che devono essere oggetto di misure a norma dell'articolo 16, paragrafi 1 e 8;

31) "inquinante": qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'allegato VIII;

32) "immissione diretta nelle acque sotterranee": immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;

33) "inquinamento": l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno, che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;

34) "obiettivi ambientali": gli obiettivi fissati all'articolo 4;

35) "standard di qualità ambientale": la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata, per tutelare la salute umana e l'ambiente;

36) "approccio combinato": il controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo l'impostazione di cui all'articolo 10;

37) "acque destinate al consumo umano": le acque disciplinate dalla direttiva 80/778/CEE, modificata dalla direttiva 98/83/CE;

38) "servizi idrici": tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:

a) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee;

b) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;

39) "utilizzo delle acque": servizi idrici assieme alle altre attività di cui all'articolo 5 e all'allegato II, che incidono in modo significativo sullo stato delle acque.

Tale nozione si applica ai fini dell'articolo 1 e dell'analisi economica effettuata a norma dell'articolo 5 dell'allegato III, lettera b);

40) "valori limite di emissione": la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, in particolare quelle di cui all'articolo 16.

I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione. Per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;

41) "controlli delle emissioni": controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni. L'uso del termine "controllo delle emissioni" nella presente direttiva, in riferimento alle disposizioni di altre direttive, non va considerato in alcun modo come una reinterpretazione di tali disposizioni.

 

Articolo 3

Coordinamento delle disposizioni amministrative all'interno dei distretti idrografici.

1. Gli Stati membri individuano i singoli bacini idrografici presenti nel loro territorio e, ai fini della presente direttiva, li assegnano a singoli distretti idrografici. Ove opportuno, è possibile accomunare in un unico distretto bacini idrografici di piccole dimensioni e bacini di dimensioni più grandi, oppure unificare piccoli bacini limitrofi. Qualora le acque sotterranee non rientrino interamente in un bacino idrografico preciso, esse vengono individuate e assegnate al distretto idrografico più vicino o più consono. Le acque costiere vengono individuate e assegnate al distretto idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più consoni.

2. Gli Stati membri provvedono a adottare le disposizioni amministrative adeguate, ivi compresa l'individuazione dell'autorità competente, per l'applicazione delle norme previste dalla presente direttiva all'interno di ciascun distretto idrografico presente nel loro territorio.

3. Gli Stati membri provvedono affinché un bacino idrografico che si estende sul territorio di più Stati membri sia assegnato a un distretto idrografico internazionale. Su richiesta degli Stati membri interessati, la Commissione interviene per agevolare l'assegnazione di tali distretti idrografici internazionali.

Ciascuno Stato membro provvede ad adottare le disposizioni amministrative adeguate, ivi compresa l'individuazione dell'autorità competente, per l'applicazione delle norme previste dalla presente direttiva in ogni parte di distretto idrografico internazionale presente nel suo territorio.

4. Gli Stati membri provvedono affinché i requisiti stabiliti dalla presente direttiva per conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4, in particolare tutti i programmi di misure, siano coordinati in tutto il distretto idrografico. Per i distretti idrografici internazionali, gli Stati membri interessati provvedono congiuntamente al coordinamento e possono avvalersi a tal fine di strutture esistenti risultanti da accordi internazionali. Su richiesta degli Stati membri interessati, la Commissione interviene per agevolare la definizione dei programmi di misure.

5. Se un distretto idrografico supera i confini della Comunità, lo Stato membro o gli Stati membri interessati si adoperano per instaurare un coordinamento adeguato con gli Stati terzi in questione, per realizzare gli obiettivi della presente direttiva in tutto il distretto idrografico. Gli Stati membri provvedono all'applicazione delle disposizioni della presente direttiva nell'ambito del loro territorio.

6. Ai fini della presente direttiva, gli Stati membri possono individuare quale autorità competente un organismo nazionale o internazionale esistente.

7. Gli Stati membri individuano l'autorità competente entro il termine di cui all'articolo 24.

8. Entro sei mesi dalla data di cui all'articolo 24 gli Stati membri forniscono alla Commissione un elenco delle rispettive autorità competenti e delle autorità competenti di tutti gli organismi internazionali di cui fanno parte. Per ciascuna autorità competente forniscono le informazioni stabilite nell'allegato I.

9. Gli Stati membri comunicano alla Commissione eventuali cambiamenti delle informazioni presentate in base al paragrafo 8 entro tre mesi dalla data in cui essi hanno effetto.

 

Articolo 4

Obiettivi ambientali.

1. Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici:

a) Per le acque superficiali

i) gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l'applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;

ii) gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l'applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all'allegato V entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l'applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iii) gli Stati membri proteggono e migliorano tutti i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all'allegato V entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l'applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;

iv) gli Stati membri attuano le misure necessarie a norma dell'articolo 16, paragrafo 1, e dell'articolo 16, paragrafo 8, al fine di ridurre progressivamente l'inquinamento causato dalle sostanze prioritarie (13) e arrestare o eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite di sostanze pericolose prioritarie,

fermi restando, per le parti interessate, i pertinenti accordi internazionali di cui all'articolo 1.

b) Per le acque sotterranee

 

i) gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire o limitare l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei, salva l'applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8 del presente articolo e salva l'applicazione dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera j);

ii) gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano i corpi idrici sotterranei, e assicurano un equilibrio tra l'estrazione e il ravvenamento delle acque sotterranee al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all'allegato V, entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l'applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, salvo il paragrafo 8 e salva l'applicazione dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera g);

iii) gli Stati membri attuano le misure necessarie a invertire le tendenze significative e durature all'aumento della concentrazione di qualsiasi inquinante derivante dall'impatto dell'attività umana per ridurre progressivamente l'inquinamento delle acque sotterranee.

Le misure volte a conseguire l'inversione di tendenza vengono attuate a norma dell'articolo 17, paragrafi 2, 4 e 5, tenendo conto degli standard applicabili stabiliti nella pertinente normativa comunitaria, fatta salva l'applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8.

c) Per le aree protette

gli Stati membri si conformano a tutti gli standard e agli obiettivi entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salvo diversa disposizione della normativa comunitaria a norma della quale le singole aree protette sono state istituite.

2. Quando un corpo idrico è interessato da più di uno degli obiettivi di cui al paragrafo 1, si applica quello più rigoroso.

3. Gli Stati membri possono definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:

a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:

i) sull'ambiente in senso più ampio,

ii) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o il diporto;

iii) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione,

iv) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo, o

v) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti;

b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi i quali rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.

Tali designazioni e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani di gestione dei bacini idrografici prescritti dall'articolo 13 e sono riesaminate ogni sei anni.

4. A condizione che non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione, è possibile prorogare i termini fissati dal paragrafo 1 allo scopo di conseguire gradualmente gli obiettivi per quanto riguarda i corpi idrici, e che sussistano tutte le seguenti condizioni:

a) gli Stati membri stabiliscono che tutti i miglioramenti necessari dello stato dei corpi idrici non possono essere ragionevolmente raggiunti entro i termini fissati nel suddetto paragrafo per almeno uno dei seguenti motivi:

i) la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;

ii) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente costoso;

iii) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del corpo idrico nei tempi richiesti;

b) la proroga dei termini e le relative motivazioni sono espressamente indicate e spiegate nel piano di gestione dei bacini idrografici prescritto dall'articolo 13;

c) le proroghe non superano il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico, tranne i casi in cui le condizioni naturali non consentono di conseguire gli obiettivi entro tale periodo;

d) nel piano di gestione del bacino idrografico figurano un elenco delle misure previste dall'articolo 11 e considerate necessarie affinché i corpi idrici raggiungano progressivamente lo stato richiesto entro il termine prorogato, la giustificazione di ogni significativo ritardo nell'attuazione di tali misure, nonché il relativo calendario di attuazione. Negli aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico devono essere inclusi un riesame dell'attuazione di tali misure e un elenco delle eventuali misure aggiuntive.

5. Gli Stati membri possono prefiggersi di conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi rispetto a quelli previsti dal paragrafo 1, per corpi idrici specifici qualora, a causa delle ripercussioni dell'attività umana, definita ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, o delle loro condizioni naturali, il conseguimento di tali obiettivi sia non fattibile o esageratamente oneroso, e ricorrano le seguenti condizioni:

a) i bisogni ambientali e socioeconomici cui sono finalizzate dette attività umane del corpo idrico non possono essere soddisfatti con altri mezzi i quali rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale e tale da non comportare oneri esagerati;

b) gli Stati membri garantiscono:

- per le acque superficiali, il raggiungimento del migliore stato ecologico e chimico possibile, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell'attività umana o dell'inquinamento,

- per le acque sotterranee, le minime modifiche possibili allo stato delle acque sotterranee, tenuto conto degli impatti che non avrebbero potuto ragionevolmente essere evitati data la natura dell'attività umana o dell'inquinamento;

c) non si verifica alcun ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione;

d) gli obiettivi ambientali meno rigorosi e le relative motivazioni figurano espressamente nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall'articolo 13 e tali obiettivi sono rivisti ogni sei anni.

6. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate, o in esito a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non costituisce una violazione delle prescrizioni della presente direttiva, purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) è fatto tutto il possibile per impedire un ulteriore deterioramento dello stato e per non compromettere il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici non interessati da dette circostanze;

b) il piano di gestione del bacino idrografico prevede espressamente le situazioni in cui possono essere dichiarate dette circostanze ragionevolmente imprevedibili o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;

c) le misure da adottare quando si verificano tali circostanze eccezionali sono contemplate nel programma di misure e non compromettono il ripristino della qualità del corpo idrico una volta superate le circostanze in questione;

d) gli effetti delle circostanze eccezionali o imprevedibili sono sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui al paragrafo 4, lettera a), è fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente fattibile, lo stato precedente agli effetti di tali circostanze;

e) una sintesi degli effetti delle circostanze e delle misure adottate o da adottare a norma delle lettere a) e d) sia inserita nel successivo aggiornamento del piano di gestione del bacino idrografico.

7. Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:

- il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l'incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

- l'incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a) è fatto tutto il possibile per mitigare l'impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall'articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l'ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale.

8. Gli Stati membri, nell'applicare i paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7, assicurano che l'applicazione non pregiudichi la realizzazione degli obiettivi della presente direttiva in altri corpi idrici dello stesso distretto idrografico e che essa sia coerente con l'attuazione di altri atti normativi comunitari in materia di ambiente.

9. È necessario prendere provvedimenti per garantire che l'applicazione delle nuove disposizioni, inclusa l'applicazione dei paragrafi 3, 4, 5, 6 e 7 garantisca almeno il medesimo livello di protezione rispetto alla vigente legislazione comunitaria.

 

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(13)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

 

 

 

Articolo 5

Caratteristiche del distretto idrografico, esame dell'impatto ambientale delle attività umane e analisi economica dell'utilizzo idrico.

1. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel loro territorio, siano effettuati, secondo le specifiche tecniche che figurano negli allegati II e III, e completati entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva:

- un'analisi delle caratteristiche del distretto,

- un esame dell'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, e

- un'analisi economica dell'utilizzo idrico.

2. Le analisi e gli esami di cui al paragrafo 1 sono riesaminati ed eventualmente aggiornati entro tredici anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni sei anni.

 

Articolo 6

Registro delle aree protette.

1. Gli Stati membri provvedono all'istituzione di uno o più registri di tutte le aree di ciascun distretto idrografico alle quali è stata attribuita una protezione speciale in base alla specifica normativa comunitaria al fine di proteggere le acque superficiali e sotterranee ivi contenute o di conservarne gli habitat e le specie presenti che dipendono direttamente dall'ambiente acquatico. Essi provvedono affinché i registri delle aree protette siano ultimati entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.

2. Il registro o i registri contengono tutti i corpi idrici individuati a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, e tutte le aree protette di cui all'allegato IV.

3. Il registro o i registri delle aree protette devono essere tenuti aggiornati per ciascun distretto idrografico.

 

Articolo 7

Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile.

1. All'interno di ciascun distretto idrografico gli Stati membri individuano:

- tutti i corpi idrici utilizzati per l'estrazione di acque destinate al consumo umano che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e

- i corpi idrici destinati a tale uso futuro.

Gli Stati membri provvedono al monitoraggio, a norma dell'allegato V, dei corpi idrici che, in base all'allegato V, forniscono in media oltre 100 m 3 al giorno.

2. Per ciascuno dei corpi idrici individuati a norma del paragrafo 1, gli Stati membri, oltre a conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 4 attenendosi ai requisiti prescritti dalla presente direttiva per i corpi idrici superficiali, compresi gli standard di qualità fissati a livello comunitario a norma dell'articolo 16, provvedono a che, secondo il regime di trattamento delle acque applicato e conformemente alla normativa comunitaria, l'acqua risultante soddisfi i requisiti di cui alla direttiva 80/778/CEE, modificata dalla direttiva 98/83/CE.

3. Gli Stati membri provvedono alla necessaria protezione dei corpi idrici individuati al fine di impedire il peggioramento della loro qualità per ridurre il livello della depurazione necessaria alla produzione di acqua potabile. Gli Stati membri possono definire zone di salvaguardia per tali corpi idrici.

 

Articolo 8

Monitoraggio dello stato delle acque superficiali, dello stato delle acque sotterranee e delle aree protette.

1. Gli Stati membri provvedono a elaborare programmi di monitoraggio dello stato delle acque al fine di definire una visione coerente e globale dello stato delle acque all'interno di ciascun distretto idrografico:

- nel caso delle acque superficiali, i programmi in questione riguardano

i) il volume e il livello o la proporzione del flusso idrico nella misura adeguata ai fini dello stato ecologico e chimico e del potenziale ecologico

ii) lo stato ecologico e chimico e il potenziale ecologico è nel caso delle acque sotterranee, riguardano il monitoraggio dello stato chimico e quantitativo,

- nel caso delle aree protette, i suddetti programmi sono integrati dalle specifiche contenute nella normativa comunitaria in base alla quale le singole aree protette sono state create.

2. I programmi devono essere operativi entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, se non specificato diversamente nella pertinente normativa. Il monitoraggio in questione è effettuato secondo le prescrizioni di cui all'allegato V.

3. Le specifiche tecniche e i metodi uniformi per analizzare e monitorare lo stato delle acque sono stabiliti secondo la procedura di cui all'articolo 21.

 

Articolo 9

Recupero dei costi relativi ai servizi idrici.

1. Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato III e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".

Gli Stati membri provvedono entro il 2010:

- a che le politiche dei prezzi dell'acqua incentivino adeguatamente gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente e contribuiscano in tal modo agli obiettivi ambientali della presente direttiva,

- a un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e agricoltura, sulla base dell'analisi economica effettuata secondo l'allegato III e tenendo conto del principio "chi inquina paga".

Al riguardo, gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione.

2. Nei piani di gestione dei bacini idrografici, gli Stati membri riferiscono circa i passi previsti per attuare il paragrafo 1 che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi ambientali della presente direttiva, nonché circa il contributo dei vari settori di impiego dell'acqua al recupero dei costi dei servizi idrici.

3. Il presente articolo non osta al finanziamento di particolari misure di prevenzione o di risanamento volte al conseguimento degli obiettivi della presente direttiva.

4. Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora decidano, secondo prassi consolidate, di non applicare le disposizioni di cui al paragrafo 1, secondo periodo, e le pertinenti disposizioni del paragrafo 2 per una determinata attività di impiego delle acque, ove ciò non comprometta i fini ed il raggiungimento degli obiettivi della presente direttiva. Gli Stati membri riferiscono sui motivi della applicazione incompleta del paragrafo 1, secondo periodo, nei piani di gestione dei bacini idrografici.

 

Articolo 10

Approccio combinato per le fonti puntuali e diffuse.

1. Gli Stati membri garantiscono che tutti gli scarichi nelle acque superficiali, di cui al paragrafo 2, siano controllati secondo l'approccio combinato indicato nel presente articolo.

2. Gli Stati membri provvedono all'istituzione e/o alla realizzazione dei:

a) controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili,

b) controlli dei pertinenti valori limite di emissione,

c) in caso di impatti diffusi, controlli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali,

stabiliti:

- nella direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento,

- nella direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane,

- nella direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole,

- nelle direttive adottate a norma dell'articolo 16 della presente direttiva,

- nelle direttive elencate nell'allegato IX,

- in ogni altra normativa comunitaria pertinente,

entro 12 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, salvo diversa indicazione della normativa in questione.

3. Qualora un obiettivo di qualità o uno standard di qualità, stabilito a norma della presente direttiva, delle direttive elencate nell'allegato IX o di ogni altra normativa comunitaria, prescriva requisiti più severi di quelli che risulterebbero dall'applicazione del paragrafo 2, sono fissati di conseguenza controlli più rigidi sulle emissioni.

 

Articolo 11

Programma di misure.

1. Per ciascun distretto idrografico o parte di distretto idrografico internazionale compreso nel suo territorio, ciascuno Stato membro prepara un programma di misure, che tiene conto dei risultati delle analisi prescritte dall'articolo 5, allo scopo di realizzare gli obiettivi di cui all'articolo 4. Tali programmi di misure possono fare riferimento a misure derivanti dalla legislazione adottata a livello nazionale e applicabili all'intero territorio di uno Stato membro. Lo Stato membro può eventualmente adottare misure applicabili a tutti i distretti idrografici e/o a tutte le parti di distretti idrografici internazionali compresi nel suo territorio.

2. Ciascun programma annovera le "misure di base" indicate al paragrafo 3 e, ove necessario, "misure supplementari".

3. Con l'espressione "misure di base" si intendono i requisiti minimi del programma, in particolare:

a) misure necessarie per attuare la normativa comunitaria in materia di protezione delle acque, ivi comprese quelle contemplate dalla normativa di cui all'articolo 10 e all'allegato VI, parte A;

b) misure ritenute appropriate ai fini dell'articolo 9;

c) misure volte a garantire un impiego efficiente e sostenibile dell'acqua, per non compromettere la realizzazione degli obbiettivi di cui all'articolo 4;

d) misure per adempiere alle prescrizioni di cui all'articolo 7, incluse le misure relative alla tutela della qualità dell'acqua al fine di ridurre il livello della depurazione necessaria per la produzione di acqua potabile;

e) misure di controllo dell'estrazione delle acque dolci superficiali e sotterranee e dell'arginamento delle acque dolci superficiali, compresi la compilazione di uno o più registri delle estrazioni e l'obbligo di un'autorizzazione preventiva per l'estrazione e l'arginamento. Dette misure sono periodicamente riesaminate e, se del caso, aggiornate. Gli Stati membri possono esentare dalle misure di controllo le estrazioni e gli arginamenti che non hanno alcun impatto significativo sullo stato delle acque;

f) misure di controllo, compreso l'obbligo di ottenere un'autorizzazione preventiva per il ravvenamento o l'accrescimento artificiale dei corpi sotterranei. L'acqua impiegata può essere di qualunque provenienza superficiale o sotterranea, a condizione che l'impiego della fonte non comprometta la realizzazione degli obiettivi ambientali fissati per la fonte o per il corpo idrico sotterraneo oggetto di ravvenamento o accrescimento. Tali misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;

g) per gli scarichi da origini puntuali che possono provocare inquinamento, l'obbligo di una disciplina preventiva, come il divieto di introdurre inquinanti nell'acqua, o un obbligo di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, che stabiliscono controlli delle emissioni per gli inquinanti in questione, compresi i controlli a norma dell'articolo 10 e dell'articolo 16. Tali misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;

h) per le fonti diffuse che possono provocare inquinamento, misure atte a impedire o controllare l'immissione di inquinanti. Le misure di controllo possono consistere in un obbligo di disciplina preventiva, come il divieto di introdurre inquinanti nell'acqua, o in un obbligo di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, qualora tale obbligo non sia altrimenti previsto dalla normativa comunitaria. Tali misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;

i) per qualsiasi altro impatto negativo considerevole sullo stato dei corpi idrici, di cui all'articolo 5 e all'allegato II, in particolare misure volte a garantire che le condizioni idromorfologiche del corpo idrico permettano di raggiungere lo stato ecologico prescritto o un buon potenziale ecologico per i corpi idrici designati come artificiali o fortemente modificati. Le misure di controllo possono consistere in un obbligo di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti, qualora un tale obbligo non sia altrimenti previsto dalla normativa comunitaria. Le misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre;

j) divieto di scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee, fatte salve le disposizioni in appresso.

Gli Stati membri possono autorizzare la reintroduzione nella medesima falda di acque utilizzate a scopi geotermici.

Essi possono autorizzare inoltre, a determinate condizioni:

- l'introduzione di acque contenenti sostanze derivanti da operazioni di prospezione e estrazione di idrocarburi o attività minerarie e l'inserimento di acque per motivi tecnici in formazioni geologiche da cui siano stati estratti idrocarburi o altre sostanze o in formazioni geologiche che per motivi naturali siano permanentemente inidonee per altri scopi. Tale inserimento non deve comportare sostanze diverse da quelle derivanti dalle operazioni summenzionate,

- la reintroduzione di acque sotterranee estratte da miniere e cave oppure di acque associate alla costruzione o alla manutenzione di opere di ingegneria civile,

- l'introduzione di gas naturale o di gas di petrolio liquefatto (GPL) a fini di stoccaggio in formazioni geologiche che per motivi naturali siano permanentemente inidonee per altri scopi,

- l'introduzione di gas naturale o di gas di petrolio liquefatto (GPL) a fini di stoccaggio in altre formazioni geologiche ove sussista l'esigenza imprescindibile di assicurare la fornitura di gas e ove l'introduzione eviti qualsiasi pericolo attuale o futuro di deterioramento della qualità delle acque sotterranee riceventi,

- la costruzione, le opere di ingegneria civile e attività analoghe sul o nel terreno che vengono direttamente a contatto con le acque sotterranee. A tal fine gli Stati membri possono determinare quali di queste attività debbano ritenersi autorizzate, a condizione che siano effettuate in base alle norme vincolanti di carattere generale elaborate dallo Stato membro in relazione a dette attività,

- gli scarichi di piccoli quantitativi di sostanze finalizzati alla marcatura, alla protezione o al risanamento del corpo idrico, limitati al quantitativo strettamente necessario per le finalità in questione,

purché tali scarichi non compromettano il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati per il corpo idrico in questione;

k) in base all'azione intrapresa a norma dell'articolo 16, misure per eliminare l'inquinamento di acque superficiali da parte delle sostanze precisate nell'elenco delle sostanze prioritarie (14) convenuto in osservanza dell'articolo 16, paragrafo 2, e per ridurre progressivamente l'inquinamento da altre sostanze che altrimenti impedirebbe agli Stati membri di conseguire gli obiettivi fissati all'articolo 4 per i corpi idrici superficiali;

l) ogni misura necessaria al fine di evitare perdite significative di inquinanti dagli impianti tecnici e per evitare e/o ridurre l'impatto degli episodi di inquinamento accidentale, ad esempio dovuti ad inondazioni, anche mediante sistemi per rilevare o dare l'allarme al verificarsi di tali eventi, comprese tutte le misure atte a ridurre il rischio per gli ecosistemi acquatici, in caso di incidenti che non avrebbero potuto essere ragionevolmente previsti.

4. Per "misure supplementari" si intendono i provvedimenti studiati e messi in atto a complemento delle misure di base, con l'intento di realizzare gli obiettivi fissati a norma dell'articolo 4. L'allegato VI, parte B, presenta un elenco non limitativo di tali misure supplementari.

Gli Stati membri possono altresì adottare ulteriori misure supplementari per garantire una protezione aggiuntiva ai corpi idrici contemplati nella presente direttiva ovvero un loro miglioramento, fra l'altro nell'attuazione di pertinenti accordi internazionali di cui all'articolo 1.

5. Allorché i dati del monitoraggio o dati di altro tipo indicano che il raggiungimento degli obiettivi enunciati all'articolo 4 per il corpo idrico considerato è improbabile, gli Stati membri assicurano che:

- si indaghi sulle cause delle eventuali carenze,

- siano esaminati e riveduti, a seconda delle necessità, i pertinenti permessi e autorizzazioni,

- siano riesaminati e adattati, a seconda delle necessità, programmi di monitoraggio,

- siano stabilite le misure supplementari eventualmente necessarie per consentire il raggiungimento di detti obiettivi, compresa la fissazione di appropriati standard di qualità ambientale secondo le procedure di cui all'allegato V.

Allorché le cause in questione derivano da circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e tali da non poter essere ragionevolmente previste, in particolare alluvioni violente e siccità prolungate lo Stato membro può decretare che le misure supplementari non sono applicabili, fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 6.

6. Gli Stati membri, nell'applicare le misure a norma del paragrafo 3, prendono le iniziative necessarie per non accrescere l'inquinamento delle acque marine. Fatta salva la normativa vigente, l'attuazione delle misure adottate a norma del paragrafo 3 non può in nessun caso condurre, in maniera diretta o indiretta, ad un aumento dell'inquinamento delle acque superficiali. Tale condizione non si applica, ove comporti un aumento dell'inquinamento dell'ambiente nel suo complesso.

7. I programmi di misure sono approntati entro nove anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e tutte le misure sono applicate entro 12 anni da tale data.

8. I programmi di misure sono riesaminati ed eventualmente aggiornati entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e successivamente, ogni sei anni. Eventuali misure nuove o modificate, approvate nell'ambito di un programma aggiornato, sono applicate entro tre anni dalla loro approvazione.

 

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(14)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

 

Articolo 12

Aspetti che non possono essere affrontati a livello di Stato membro.

1. Qualora uno Stato membro venga a conoscenza di un aspetto che presenta ripercussioni per la gestione delle sue acque ma che non può essere risolto al suo interno, esso può demandare la questione alla Commissione e a qualsiasi altro Stato membro interessato, eventualmente raccomandando soluzioni.

2. La Commissione risponde ad ogni relazione o raccomandazione da parte di uno Stato membro entro sei mesi.

 

Articolo 13

Piani di gestione dei bacini idrografici.

1. Per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a far predisporre un piano di gestione del bacino idrografico.

2. Per i distretti idrografici interamente compresi nella Comunità, gli Stati membri si coordinano al fine di predisporre un unico piano di gestione del bacino idrografico internazionale. Se detto piano unico non è predisposto, gli Stati membri approntano piani di gestione del bacino idrografico che abbraccino almeno le parti del distretto idrografico internazionale comprese nel loro territorio, ai fini del conseguimento degli obiettivi della presente direttiva.

3. Per i distretti idrografici internazionali che oltrepassano i confini della Comunità, gli Stati membri si impegnano per predisporre un unico piano di gestione del bacino e, se ciò non risulta possibile, un piano che abbracci almeno la parte del distretto idrografico internazionale compresa nel territorio dello Stato membro in questione.

4. Il piano di gestione del bacino idrografico comprende le informazioni riportate all'allegato VII.

5. I piani di gestione dei bacini idrografici possono essere integrati da programmi e piani di gestione più dettagliati per sotto-bacini, settori, problematiche o categorie di acque al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica. L'attuazione di tali misure non esenta gli Stati membri dagli obblighi loro imposti dal resto della presente direttiva.

6. I piani di gestione dei bacini idrografici sono pubblicati entro nove anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.

7. I piani di gestione dei bacini idrografici sono riesaminati e aggiornati entro 15 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni sei anni.

 

Articolo 14

Informazione e consultazione pubblica.

1. Gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'attuazione della presente direttiva, in particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici. Gli Stati membri provvedono affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti:

a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;

b) una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione delle acque importanti, identificati nel bacino idrografico, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;

c) copie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.

Su richiesta, si autorizza l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del piano di gestione del bacino idrografico.

2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati membri concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte sui documenti in questione.

3. I paragrafi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei piani in questione.

 

Articolo 15

Relazioni.

1. Entro tre mesi dalla loro pubblicazione, gli Stati membri inviano alla Commissione e agli altri Stati membri interessati copia dei piani di gestione dei bacini idrografici e di tutti gli aggiornamenti successivi:

a) per i distretti idrografici interamente situati nel territorio di uno Stato membro, tutti i piani di gestione dei bacini idrografici relativi al loro territorio nazionale e pubblicati a norma dell'articolo 13;

b) per i distretti idrografici internazionali, almeno la parte dei piani di gestione dei bacini idrografici che riguarda il territorio dello Stato membro.

2. Gli Stati membri presentano, entro tre mesi dal loro completamento, relazioni sintetiche:

- delle analisi richieste a norma dell'articolo 5, e

- dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 8, effettuati per le finalità previste dai piani di gestione dei bacini idrografici.

3. Gli Stati membri, entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun piano di gestione dei bacini idrografici o dall'aggiornamento previsto all'articolo 13, presentano una relazione provvisoria che riferisce i progressi realizzati nell'attuazione del programma di misure previsto.

 

Articolo 16

Strategie per combattere l'inquinamento idrico.

1. Il Parlamento europeo e il Consiglio adottano misure specifiche per combattere l'inquinamento idrico prodotto da singoli inquinanti o gruppi di inquinanti che presentino un rischio significativo per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile. Le misure contro tali inquinanti mirano a ridurre progressivamente e, per la sostanze pericolose prioritarie di cui all'articolo 2, punto 30, ad arrestare o gradualmente eliminare gli scarichi (15), emissioni e perdite. Tali misure sono adottate sulla base di proposte presentate dalla Commissione, secondo le procedure stabilite dal trattato.

2. La Commissione presenta una proposta contenente un primo elenco delle sostanze prioritarie (16) per le sostanze scelte tra quelle che presentano un rischio significativo per o attraverso l'ambiente acquatico. La priorità d'intervento attribuita alle sostanze viene definita in base al rischio di inquinamento dell'ambiente acquatico o da esso originato, determinato in base:

a) a una valutazione dei rischi effettuata a norma del regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, o

b) a una valutazione mirata dei rischi [secondo la metodologia di cui al regolamento (CEE) n. 793/93] incentrata unicamente sulla determinazione dell'ecotossicità acquatica e della tossicità per le persone attraverso l'ambiente acquatico,

Qualora risulti necessario al fine di rispettare il calendario di cui al paragrafo 4, la priorità d'intervento attribuita alle sostanze viene definita in base al rischio per l'ambiente acquatico o da esso originato, determinato in base a una procedura semplificata di valutazione dei rischi, fondata su principi scientifici e che tenga conto in particolare di quanto segue:

- prove riguardanti il rischio intrinseco della sostanza interessata e, in particolare, la sua ecotossicità acquatica e la tossicità per le persone attraverso vie di esposizione acquatiche,

- prove derivanti dal monitoraggio di fenomeni di contaminazione ambientale diffusi, e

- altri fattori comprovati che possano indicare la possibilità di una contaminazione ambientale diffusa, quali il volume di produzione o di uso della sostanza interessata e le modalità d'uso.

3. La proposta della Commissione individua inoltre le sostanze pericolose prioritarie (17). In tale contesto la Commissione tiene conto della selezione di sostanze potenzialmente pericolose effettuata nella pertinente normativa comunitaria sulle sostanze pericolose o nei pertinenti accordi internazionali.

4. La Commissione riesamina l'elenco delle (18) sostanze prioritarie adottato al più tardi entro quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente direttiva, e successivamente almeno ogni quattro anni, e presenta eventuali proposte.

5. Nel preparare la proposta, la Commissione tiene conto delle raccomandazioni del comitato scientifico consultivo della tossicità, dell'ecotossicità e dell'ambiente, degli Stati membri, del Parlamento europeo, dell'Agenzia europea per l'ambiente, delle raccomandazioni contenute nei programmi di ricerca comunitari, di quelle fornite dalle organizzazioni internazionali di cui la Comunità è parte, delle organizzazioni imprenditoriali europee, comprese quelle che rappresentano le piccole e medie imprese, delle organizzazioni ambientaliste europee e di ogni altra informazione pertinente di cui sia venuta a conoscenza.

6. Per le sostanze incluse nell'elenco delle sostanze prioritarie (19), la Commissione presenta proposte in materia di controlli per:

- la riduzione progressiva di scarichi, emissioni e perdite delle sostanze interessate e, in particolare,

- l'arresto o la graduale eliminazione di scarichi, emissioni e perdite delle sostanze individuate a norma del paragrafo 3, con un opportuno calendario a tale scopo. Il calendario non supera i 20 anni dalla adozione di dette proposte da parte del Parlamento europeo e del Consiglio a norma del presente articolo.

Allo stesso tempo, la Commissione identifica il livello e la combinazione di misure di controllo dei prodotti e dei processi che garantiscano adeguatezza, efficacia dei costi e proporzionalità per le fonti puntuali e diffuse e tiene conto dei valori limite a livello comunitario per il controllo dei processi. Se necessario, può essere istituita una azione a livello comunitario per il controllo dei processi settore per settore. Qualora i controlli dei prodotti comprendano un riesame delle pertinenti autorizzazioni rilasciate a norma della direttiva 91/414/CEE e della direttiva 98/8/CE, tale riesame è effettuato in base alle disposizioni di tali direttive. Ogni proposta in materia di controlli specifica le disposizioni di riesame, di aggiornamento e di valutazione della loro efficacia.

7. La Commissione presenta proposte riguardanti gli standard di qualità relativi alla concentrazione delle sostanze prioritarie nelle acque superficiali, nei sedimenti e nel biota.

8. La Commissione presenta le proposte, a norma dei paragrafi 6 e 7, e almeno relativamente al controllo delle emissioni per le fonti puntuali e gli standard di qualità ambientale, entro due anni dall'inclusione di una sostanza nell'elenco delle sostanze prioritarie. Per quanto riguarda le sostanze incluse nel primo elenco delle sostanze prioritarie, gli Stati membri, in assenza di un accordo a livello comunitario entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, istituiscono standard di qualità ambientale per tali sostanze per tutte le acque superficiali interessate dal loro scarico, e stabiliscono controlli delle fonti principali di tali scarichi basati, fra l'altro, sull'esame di tutte le opzioni tecniche in materia di riduzione. Per le sostanze incluse nell'elenco delle sostanze prioritarie successivamente, gli Stati membri, in assenza di un accordo a livello comunitario, intraprendono tale azione cinque anni dopo l'inclusione nell'elenco.

9. La Commissione può predisporre strategie per combattere l'inquinamento delle acque provocato da altri inquinanti o gruppi di inquinanti, ivi compresi i fenomeni di inquinamento provocati da incidenti.

10. Nell'elaborare le proposte di cui ai paragrafi 6 e 7, la Commissione riesamina tutte le direttive elencate nell'allegato IX. Essa propone, entro il termine di cui al paragrafo 8, una revisione dei controlli di cui all'allegato IX per tutte le sostanze incluse nell'elenco delle sostanze prioritarie (20) e propone le misure opportune per le altre sostanze, compresa l'eventuale abrogazione dei controlli di cui all'allegato IX.

Tutti i controlli di cui all'allegato IX per i quali è proposta una revisione sono soppressi entro l'entrata in vigore della revisione.

11. L'elenco delle sostanze prioritarie per le sostanze proposto dalla Commissione, di cui ai paragrafi 2 e 3, diviene, al momento dell'adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, l'allegato X della presente direttiva. La sua revisione prevista al paragrafo 4 segue la stessa procedura.

 

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(15)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(16)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(17)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(18)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(19)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(20)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

 

Articolo 17

Strategie per prevenire e controllare l'inquinamento delle acque sotterranee.

1. Il Parlamento europeo e il Consiglio adottano misure specifiche per prevenire e controllare l'inquinamento delle acque sotterranee. Tali misure sono volte a raggiungere l'obiettivo del buono stato chimico delle acque sotterranee, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), e sono adottate sulla base di una proposta che la Commissione presenta entro due anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, secondo le procedure stabilite dal trattato.

2. Nel proporre le misure, la Commissione tiene conto dell'analisi effettuata conformemente all'articolo 5 e all'allegato II. Tali misure sono proposte in anticipo, se sono disponibili i dati, e comprendono:

a) criteri per valutare il buono stato chimico delle acque sotterranee, secondo l'allegato II, punto 2.2 e dell'allegato V, punti 2.3.2 e 2.4.5;

b) criteri per individuare tendenze significative e durature all'aumento e per la determinazione di punti di partenza da utilizzare per le inversioni di tendenza secondo l'allegato V, punto 2.4.4.

3. Le misure derivanti dall'applicazione del paragrafo 1 sono incluse nei programmi di misure prescritti dall'articolo 11.

4. In mancanza di criteri adottati ai sensi del paragrafo 2 a livello comunitario, gli Stati membri stabiliscono criteri adeguati al più tardi cinque anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva.

5. In assenza di criteri adottati ai sensi del paragrafo 4 a livello nazionale, l'inversione di tendenza prende come punto di partenza al massimo il 75% del livello degli standard qualitativi stabiliti dalla vigente legislazione comunitaria applicabile alle acque sotterranee.

Articolo 18

Relazione della Commissione.

1. La Commissione pubblica una relazione sull'attuazione della presente direttiva entro 12 anni dalla data della sua entrata in vigore, e successivamente ogni sei anni, e la sottopone al Parlamento europeo e al Consiglio.

2. La relazione comprende almeno i seguenti aspetti:

a) una verifica dei progressi realizzati nell'attuazione della direttiva;

b) un riesame dello stato delle acque superficiali e sotterranee all'interno della Comunità, effettuato in coordinamento con l'Agenzia europea dell'ambiente;

c) un'indagine dei piani di gestione dei bacini idrografici presentati secondo le disposizioni dell'articolo 15, compresi eventuali suggerimenti per migliorare i piani futuri;

d) una sintesi della risposta a ciascuna delle relazioni o raccomandazioni presentate alla Commissione dagli Stati membri a norma dell'articolo 12;

e) una sintesi delle eventuali proposte, misure di controllo e strategie elaborate in base all'articolo 16;

f) una sintesi delle risposte alle osservazioni del Parlamento europeo e del Consiglio sulle precedenti relazioni di attuazione.

3. La Commissione pubblica altresì una relazione sui progressi compiuti nell'attuazione basata sulle relazioni sintetiche che gli Stati membri presentano a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, e la sottopone al Parlamento europeo e agli Stati membri, entro due anni dalle date di cui agli articoli 5 e 8.

4. La Commissione pubblica, entro tre anni dalla pubblicazione di ciascuna relazione di cui al paragrafo 1, una relazione provvisoria che riferisce i progressi compiuti nell'attuazione sulla base delle relazioni provvisorie degli Stati membri come indicato all'articolo 15, paragrafo 3. Tale relazione è sottoposta al Parlamento europeo e al Consiglio.

5. La Commissione convoca, quando opportuno in sintonia con il ciclo di relazioni, una conferenza cui partecipano le parti interessate alla politica comunitaria in materia di acque di ciascuno Stato membro, per un commento delle relazioni di attuazione della Commissione e uno scambio di esperienze.

Fra i partecipanti dovrebbero figurare rappresentanti delle autorità competenti, compreso il Parlamento europeo, delle ONG, delle parti sociali e dei soggetti economici delle associazioni dei consumatori, del mondo accademico e scientifico.

 

Articolo 19

Piani per future misure comunitarie.

1. A scadenze annuali, la Commissione presenta, a fini informativi, al comitato istituito dall'articolo 21 un piano indicativo delle misure che hanno ripercussioni sulla normativa in materia di acque e che intende proporre in futuro, compresi gli eventuali interventi risultanti dalle proposte, misure di controllo e strategie elaborate in base all'articolo 16. La prima relazione è prevista al più tardi entro due anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.

2. La Commissione riesamina la presente direttiva al più tardi entro 19 anni dall'entrata in vigore della presente direttiva proponendo eventuali modifiche.

 

 Articolo 20

Adeguamenti tecnici della direttiva.

1. Gli allegati I, III, e il punto 1.3.6 dell'allegato V possono essere adeguati all'evoluzione scientifica e tecnica secondo la procedura dell'articolo 21, tenendo conto dei periodi di riesame e di aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici di cui all'articolo 13. Ove necessario, la Commissione può adottare orientamenti relativi all'attuazione degli allegati II e V secondo la procedura dell'articolo 21.

2. Ai fini dell'invio e dell'elaborazione dei dati, comprese le informazioni statistiche e cartografiche, i formati tecnici necessari ai fini del paragrafo 1 possono essere adottati secondo la procedura dell'articolo 21.

 

Articolo 21

Comitato di regolamentazione.

1. La Commissione è assistita da un comitato.

2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.

Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.

3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.

 

Articolo 22

Abrogazioni e disposizioni provvisorie.

1. I seguenti atti sono abrogati sette anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva:

- direttiva 75/440/CEE, del 16 giugno 1975, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri,

- decisione 77/795/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, che instaura una procedura comune di scambio di informazioni sulla qualità delle acque dolci superficiali nella Comunità,

- direttiva 79/869/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1979, relativa ai metodi di misura alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri.

2. I seguenti atti sono abrogati 13 anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva:

- direttiva 78/659/CEE del Consiglio, del 18 luglio 1978, sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci,

- direttiva 79/923/CEE del Consiglio, del 30 ottobre 1979, relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura,

- direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose,

[- direttiva 76/464/CEE, ad eccezione dell'articolo 6, che è abrogato a decorrere dall'entrata in vigore della presente direttiva] (21).

3. Alla direttiva 76/464/CEE si applicano le seguenti disposizioni transitorie:

a) l'elenco di priorità adottato a norma dell'articolo 16 della presente direttiva sostituisce l'elenco delle sostanze prioritarie riportato nella comunicazione della Commissione al Consiglio del 22 giugno 1982;

b) ai fini dell'articolo 7 della direttiva 76/464/CEE, gli Stati membri possono applicare i principi previsti nella presente direttiva per individuare i problemi relativi all'inquinamento e le sostanze che li provocano, istituire standard di qualità e adottare misure.

4. Per quanto riguarda le sostanze prioritarie per le quali non esistono ancora norme comunitarie, gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4 e gli standard di qualità ambientale stabiliti nell'allegato IX e a norma dell'articolo 16, paragrafo 7, e dagli Stati membri, in base all'allegato V per le sostanze che non sono incluse nell'elenco delle sostanze prioritarie (22) e a norma dell'articolo 16, paragrafo 8, sono considerati standard di qualità ambientale ai fini dell'articolo 2, punto 7, e dell'articolo 10 della direttiva 96/61/CE.

5. Una sostanza che sia inclusa nell'elenco delle sostanze prioritarie adottato a norma dell'articolo 16 e che non figuri nell'allegato VIII della presente direttiva o nell'allegato III della direttiva 96/61/CE è inclusa in tali allegati.

6. Per i corpi idrici superficiali, gli obiettivi ambientali stabiliti dai piani di gestione dei bacini idrici previsti dalla presente direttiva dovranno avere standard di qualità almeno altrettanto rigorosi di quelli richiesti per l'attuazione della direttiva 76/464/CEE.

 

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(21)  Trattino abrogato dall'allegato II, parte A della direttiva 2006/11/CE.

(22)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

 

Articolo 23

Sanzioni.

Gli Stati membri determinano le sanzioni applicabili alle violazioni delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

 

Articolo 24

Attuazione.

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 22 dicembre 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.

 

Articolo 25

Entrata in vigore.

La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 26

Destinatari.

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Lussemburgo, addì 23 ottobre 2000.

Per il Parlamento europeo

 

La Presidente

N. Fontaine

 

Per il Consiglio

Il Presidente

J. Glavany

(omissis)

Allegato V

Indice

1. STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI

1.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico

1.1.1. Fiumi

1.1.2. Laghi

1.1.3. Acque di transizione

1.1.4. Acque costiere

1.1.5. Corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati

1.2. Definizioni normative per la classificazione dello stato ecologico

1.2.1. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei fiumi

1.2.2. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei laghi

1.2.3. Definizioni di stato ecologico elevato, buono e sufficiente nelle acque di transizione

1.2.4. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente delle acque costiere

1.2.5. Definizioni del potenziale ecologico massimo, buono e sufficiente dei corpi idrici fortemente modificati o artificiali

1.2.6. Procedura per la fissazione degli standard di qualità chimica da parte degli Stati membri

1.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali

1.3.1. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza

1.3.2. Carattere del monitoraggio operativo

1.3.3. Progettazione del monitoraggio di indagine

1.3.4. Frequenza temporale del monitoraggio

1.3.5. Requisiti supplementari per il monitoraggio delle aree protette

1.3.6. Norme per il monitoraggio degli elementi di qualità

1.4. Classificazione e presentazione dello stato ecologico

1.4.1. Comparabilità dei risultati del monitoraggio biologico

1.4.2. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato e del potenziale ecologici

1.4.3. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato chimico

2. ACQUE SOTTERRANEE

2.1. Stato quantitativo delle acque sotterranee

2.1.1. Parametro per la classificazione dello stato quantitativo

2.1.2. Definizione di stato quantitativo

2.2. Monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee

2.2.1. Rete di monitoraggio del livello delle acque sotterranee

2.2.2. Intervallo spaziale tra i siti di monitoraggio

2.2.3. Frequenza temporale del monitoraggio

2.2.4. Interpretazione e presentazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee

2.3. Stato chimico delle acque sotterranee

2.3.1. Parametri per la determinazione dello stato chimico delle acque sotterranee

2.3.2. Definizione di stato chimico buono delle acque sotterranee

2.4. Monitoraggio dello stato chimico delle acque sotterranee

2.4.1. Rete di monitoraggio delle acque sotterranee

2.4.2. Monitoraggio di sorveglianza

2.4.3. Monitoraggio operativo

2.4.4. Rilevamento delle tendenze riguardo agli inquinanti

2.4.5. Interpretazione e presentazione dello stato chimico delle acque sotterranee

2.5. Presentazione dello stato delle acque sotterranee

 

1.1. Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico

1.1.1. Fiumi

Elementi biologici

Composizione e abbondanza della flora acquatica

Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici

Composizione, abbondanza e struttura di età della fauna ittica

Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici

Regime idrologico

massa e dinamica del flusso idrico

connessione con il corpo idrico sotterraneo

Continuità fluviale

Condizioni morfologiche

variazione della profondità e della larghezza del fiume

struttura e substrato dell'alveo

struttura della zona ripariale

Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici

Elementi generali

Condizioni termiche

Condizioni di ossigenazione

Salinità

Stato di acidificazione

Condizioni dei nutrienti

Inquinanti specifici

Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (23) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico

Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative

1.1.2. Laghi

Elementi biologici

Composizione, abbondanza e biomassa del fitoplancton

Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica

Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici

Composizione, abbondanza e struttura di età della fauna ittica

Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici

Regime idrologico

massa e dinamica del flusso idrico

tempo di residenza

connessione con il corpo idrico sotterraneo

Condizioni morfologiche

variazione della profondità del lago

massa, struttura e substrato del letto

struttura della zona ripariale

Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici

Elementi generali

Trasparenza

Condizioni termiche

Condizioni di ossigenazione

Salinità

Stato di acidificazione

Condizioni dei nutrienti

Inquinanti specifici

Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (24) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico

Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative

1.1.3. Acque di transizione

Elementi biologici

Composizione, abbondanza e biomassa del fitoplancton

Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica

Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici

Composizione e abbondanza della fauna ittica

Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici

Condizioni morfologiche

variazione della profondità

massa, struttura e substrato del letto

struttura della zona intercotidale

Regime di marea

flusso di acqua dolce

esposizione alle onde

Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici

Elementi generali

Trasparenza

Condizioni termiche

Condizioni di ossigenazione

Salinità

Condizioni dei nutrienti

Inquinanti specifici

Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (25) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico

Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative

1.1.4. Acque costiere

Elementi biologici

Composizione, abbondanza e biomassa del fitoplancton

Composizione e abbondanza dell'altra flora acquatica

Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati bentonici

Elementi idromorfologici a sostegno degli elementi biologici

Condizioni morfologiche

variazione della profondità

struttura e substrato del letto costiero

struttura della zona intercotidale

Regime di marea

direzione delle correnti dominanti

esposizione alle onde

Elementi chimici e fisico-chimici a sostegno degli elementi biologici

Elementi generali

Trasparenza

Condizioni termiche

Condizioni di ossigenazione

Salinità

Condizione dei nutrienti

Inquinanti specifici

Inquinamento da tutte le sostanze prioritarie (26) di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico

Inquinamento da altre sostanze di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in quantità significative

1.1.5. Corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati

Ai corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati si applicano gli elementi di qualità applicabili a quella delle suesposte quattro categorie di acque superficiali naturali che più si accosta al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione.

 

(23)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(24)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(25)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(26)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.


Tabella 1.2. Definizione generale per fiumi, laghi, acque di transizione e acque costiere

Il testo seguente fornisce una definizione generale della qualità ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli elementi di qualità dello stato ecologico per ciascuna categoria di acque superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da 1.2.1 a 1.2.4 in appresso.

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Generale

Nessuna alterazione antropica, o

I valori degli elementi di qualità biologica

I valori degli elementi di qualità biologica

 

alterazioni antropiche poco rilevanti, dei

del tipo di corpo idrico superficiale

del tipo di corpo idrico superficiale si

 

valori degli elementi di qualità fisico-

presentano livelli poco elevati di

discostano moderatamente da quelli di

 

chimica e idromorfologica del tipo di

distorsione dovuti all'attività umana, ma

norma associati al tipo di corpo idrico

 

corpo idrico superficiale rispetto a quelli

si discostano solo lievemente da quelli di

superficiale inalterato. I valori presentano

 

di norma associati a tale tipo inalterato.

norma associati al tipo di corpo idrico

segni moderati di distorsione dovuti

 

 

superficiale inalterato.

all'attività umana e alterazioni

 

 

 

significativamente maggiori rispetto alle

 

 

 

condizioni dello stato buono.

 

I valori degli elementi di qualità biologica

 

 

 

del corpo idrico superficiale rispecchiano

 

 

 

quelli di norma associati a tale tipo

 

 

 

inalterato e non evidenziano nessuna

 

 

 

distorsione, o distorsioni poco rilevanti.

 

 

 

Si tratta di condizioni e comunità tipiche

 

 

 

specifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le acque aventi uno stato inferiore al moderato sono classificate come aventi stato scarso o cattivo.

Le acque che presentano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali le comunità biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato scarso.

Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali mancano ampie porzioni di comunità biologiche interessate di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato cattivo.

 

Elementi di qualità biologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Fitoplancton

Composizione tassonomica del

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione dei taxa planctonici che si

 

fitoplancton che corrisponde totalmente

abbondanza dei taxa planctonici rispetto

discosta moderatamente dalle comunità

 

o quasi alle condizioni inalterate.

alle comunità tipiche specifiche. Tali

tipiche specifiche.

 

Abbondanza media del fitoplancton

variazioni non indicano nessuna crescita

Abbondanza moderatamente alterata, che

 

totalmente conforme alle condizioni

accelerata di alghe tale da provocare

potrebbe provocare una significativa

 

fisico-chimiche tipiche specifiche e non

un'alterazione indesiderata della

alterazione indesiderata dei valori di altri

 

tale da alterare significativamente le

composizione equilibrata degli organismi

elementi di qualità biologica e fisico-

 

condizioni di trasparenza tipiche

presenti nel corpo idrico o

chimica.

 

specifiche.

della qualità fisico-chimica delle

Possibile un moderato aumento nella

 

Fioriture di fitoplancton con frequenza e

acque o dei sedimenti.

frequenza e intensità delle fioriture di

 

intensità conformi alle condizioni fisico-

Possibile un lieve aumento della

fitoplancton. Possibili fioriture

 

chimiche tipiche specifiche.

frequenza e intensità delle fioriture di

persistenti nei mesi estivi.

 

 

fitoplancton tipiche specifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Macrofite e

Composizione tassonomica che

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione dei taxa macrofitici e

fitobentos

corrisponde totalmente o quasi alle

abbondanza di taxa macrofitici e

fitobentonici che si discosta

 

condizioni inalterate.

fitobentonici rispetto alle comunità

moderatamente dalle comunità tipiche

 

Nessuna variazione riscontrabile

tipiche specifiche. Tali variazioni non

specifiche e diverge molto di più dallo

 

dell'abbondanza macrofitica e

indicano nessuna crescita accelerata di

stato buono.

 

fitobentonica media.

fitobentos o di forme più elevate di vita

Evidenti variazioni moderate

 

 

vegetale tale da provocare un'alterazione

dell'abbondanza macrofitica e

 

 

indesiderata della composizione

fitobentonica media.

 

 

equilibrata degli organismi presenti nel

Gruppi/stati batterici dovuti ad attività

 

 

corpo idrico o della qualità fisico-

antropiche che possono interferire con e,

 

 

chimica delle acque o dei sedimenti.

in talune aree, soppiantare la comunità

 

 

Presenza di gruppi/strati batterici dovuti

Fitobentonica.

 

 

ad attività antropiche, che non danneggia

 

 

 

la comunità fitobentonica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroinvertebrati

Composizione e abbondanza

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione e abbondanza dei taxa

bentonici

tassonomica che corrispondono

abbondanza dei taxa invertebrati rispetto

invertebrati che si discosta

 

totalmente o quasi alle condizioni

alle comunità tipiche specifiche.

moderatamente dalle comunità tipiche

 

inalterate.

 

specifiche.

 

Rapporto tra taxa sensibili e taxa

Rapporto tra taxa sensibili e taxa

Assenti i gruppi tassonomici principali

 

tolleranti che non presenta variazioni

tolleranti che presenta lievi variazioni

della comunità tipica specifica.

 

rispetto ai livelli inalterati.

rispetto a livelli tipici specifici.

 

 

Livello di diversità dei taxa invertebrati

Livello di diversità dei taxa invertebrati

Rapporto tra taxa sensibili e taxa

 

che non presenta variazioni rispetto ai

che presenta lievi variazioni rispetto ai

tolleranti e livello di diversità che sono

 

livelli inalterati.

livelli tipici specifici.

sostanzialmente inferiori al livello tipico

 

 

 

specifico e significativamente inferiori

 

 

 

allo stato buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fauna ittica

Composizione e abbondanza della specie

Lievi variazioni della composizione e

Composizione e abbondanza delle specie

 

che corrispondono totalmente o quasi

abbondanza delle specie rispetto alle

che si discostano moderatamente dalle

 

alle condizioni inalterate.

comunità tipiche specifiche, attribuibili

comunità tipiche specifiche a causa di

 

Presenza di tutte le specie sensibili alle

agli impatti antropici sugli elementi di.

impatti antropici sugli elementi di qualità

 

alterazioni tipiche specifiche.

qualità fisico-chimica e idromorfologica

fisico-chimica o idromorfologica.

 

Strutture di età delle comunità ittiche che

Strutture di età delle comunità ittiche che

Struttura di età delle comunità ittiche che

 

presentano segni minimi di alterazioni

presentano segni di alterazioni

presenta segni rilevanti di alterazioni

 

antropiche e non indicano l'incapacità a

attribuibili a impatti antropici sugli

antropiche che provocano l'assenza o la

 

riprodursi o a svilupparsi di specie

elementi di qualità fisico-chimica o

presenza molto limitata di una

 

particolari.

idromorfologica e, in taluni casi,

percentuale moderata delle specie tipiche

 

 

indicano l'incapacità a riprodursi o a

specifiche.

 

 

svilupparsi di una specie particolare che

 

 

 

può condurre alla scomparsa di talune

 

 

 

classi d'età.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità idromorfologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Regime idrologico

Massa e dinamica del flusso e la

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

 

risultante connessione con le acque

raggiungimento dei valori sopra

raggiungimento dei valori sopra

 

sotterranee, rispecchiano totalmente o

precisati per gli elementi di qualità

precisati per gli elementi di qualità

 

quasi le condizioni inalterate.

biologica.

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Continuità del fiume

La continuità del fiume non è alterata

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

 

da attività antropiche; è possibile la

raggiungimento dei valori sopra

raggiungimento dei valori sopra

 

migrazione indisturbata degli organismi

precisati per gli elementi di qualità

precisati per gli elementi di qualità

 

acquatici e il trasporto del sedimento.

biologica.

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni

Caratteristiche del solco fluviale,

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

morfologiche

variazioni della larghezza e della

raggiungimento dei valori sopra

raggiungimento dei valori sopra

 

profondità, velocità di flusso,

precisati per gli elementi di qualità

precisati per gli elementi di qualità

 

condizioni del substrato nonché

biologica.

biologica.

 

struttura e condizioni delle zone

 

 

 

ripariali corrispondono totalmente o

 

 

 

quasi alle condizioni inalterate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità fisico-chimica [1]

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni generali

Valori degli elementi fisico-chimici che

Temperatura, bilancio dell'ossigeno,

Condizioni coerenti con il

 

corrispondono totalmente o quasi alle

pH, capacità di neutralizzare gli acidi e

raggiungimento dei valori sopra

 

condizioni inalterate.

salinità che non raggiungono livelli

precisati per gli elementi di qualità

 

Concentrazioni di nutrienti entro la

superiori alla forcella fissata per

biologica.

 

forcella di norma associata alle

assicurare il funzionamento

 

 

condizioni inalterate

dell'ecosistema tipico specifico e il

 

 

Livelli di salinità, pH, bilancio

raggiungimento dei valori sopra

 

 

dell'ossigeno, capacità e temperatura di

precisati per gli elementi di qualità

 

 

neutralizzazione degli acidi che non

biologica.

 

 

presentano segni di alterazioni

Concentrazioni dei nutrienti che non

 

 

antropiche e restano entro la forcella di

superano i livelli fissati per assicurare il

 

 

norma associata alle condizioni

funzionamento dell'ecosistema e il

 

 

inalterate.

raggiungimento dei valori sopra

 

 

 

precisati per gli elementi di qualità

 

 

 

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti sintetici

Concentrazioni prossime allo zero e

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

specifici

almeno inferiori ai limiti di rilevazione

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

delle più avanzate tecniche di analisi di

cui al punto 1.2.6, fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

impiego generale.

direttive 91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa)

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti non

Concentrazioni entro la forcella di

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

sintetici specifici

norma associata alle condizioni

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

inalterate (livello di fondo naturale =

cui al punto 1.2.6 [2] fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

bgl).

direttive 91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa)

biologica.

 

 

 

 

 

[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale.

[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di

fondo naturale: (sqa > bgl).

 

 

 

 

 


 


Elementi di qualità biologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Fitoplancton

Composizione e abbondanza

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione e abbondanza dei taxa

 

tassonomica del fitoplancton che

abbondanza dei taxa planctonici rispetto

planctonici che si discostano

 

corrisponde totalmente o quasi alle

alle comunità tipiche specifiche. Tali

moderatamente dalle comunità tipiche

 

condizioni inalterate.

variazioni non indicano nessuna crescita

specifiche.

 

Biomassa media del fitoplancton

accelerata di alghe tale da provocare

Biomassa moderatamente alterata, che

 

conforme alle condizioni fisico-

un'alterazione indesiderata della

potrebbe provocare una significativa

 

chimiche tipiche specifiche e non tale

composizione equilibrata degli

alterazione indesiderata delle condizioni

 

da alterare significativamente le

organismi presenti nel corpo idrico o

di altri elementi di qualità biologica e

 

condizioni di trasparenza tipiche

della qualità fisico-chimica delle acque

della qualità fisico-chimica delle acque

 

specifiche.

o dei sedimenti.

o dei sedimenti.

 

Fioriture di fitoplancton con frequenza e

Possibile un lieve aumento della

Possibile un moderato aumento nella

 

intensità conformi alle condizioni fisico-

frequenza e intensità delle fioriture di

frequenza e intensità delle fioriture di

 

chimiche tipiche specifiche.

fitoplancton tipiche specifiche.

fitoplancton. Possibili fioriture

 

 

 

persistenti nei mesi estivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Macrofite e

Composizione tassonomica che

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione dei taxa macrofitici e

fitobentos

corrisponde totalmente o quasi alle

abbondanza dei taxa macrofitici e

fitobentonici che si discosta

 

condizioni inalterate.

fitobentonici rispetto alle comunità

moderatamente dalle comunità tipiche

 

Nessuna variazione riscontrabile

tipiche specifiche. Tali variazioni non

specifiche e diverge molto di più dalla

 

dell'abbondanza macrofitica e

indicano nessuna crescita accelerata di

qualità buona.

 

fitobentonica media.

fitobentos o di forme più elevate di vita

Evidenti variazioni moderate

 

 

vegetale tale da provocare

dell'abbondanza macrofitica e

 

 

un'alterazione indesiderata della

fitobentonica media.

 

 

composizione equilibrata degli

Gruppi/stati batterici dovuti ad attività

 

 

organismi presenti nel corpo idrico o

antropiche che possono interferire con e,

 

 

della qualità fisico-chimica delle acque.

in talune aree, soppiantare la comunità

 

 

Presenza di gruppi/strati batterici dovuti

fitobentonica.

 

 

ad attività antropiche, che non

 

 

 

danneggia la comunità fitobentonica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroinvertebrati

Composizione e abbondanza

Lievi variazioni della composizione e

Composizione e abbondanza dei taxa

bentonici

tassonomica che corrispondono

abbondanza dei taxa invertebrati

invertebrati che si discosta

 

totalmente o quasi alle condizioni

rispetto alle comunità tipiche specifiche.

moderatamente dalle condizioni tipiche

 

inalterate.

Rapporto tra taxa sensibili e taxa

specifiche.

 

Il rapporto tra taxa sensibili e taxa

tolleranti che presenta lievi variazioni

Assenti i gruppi tassonomici principali

 

tolleranti non presenta variazioni

rispetto ai livelli tipici inalterati.

della comunità tipica specifica.

 

rispetto ai livelli inalterati.

Livello di diversità dei taxa invertebrati

Rapporto tra taxa sensibili e taxa

 

Il livello di diversità dei taxa

che presenta lievi variazioni rispetto ai

tolleranti e livello di diversità che sono

 

invertebrati non presenta variazioni

livelli tipici specifici.

sostanzialmente inferiori al livello tipico

 

rispetto ai livelli inalterati.

 

specifico e significativamente inferiori

 

 

 

allo stato buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fauna ittica

Composizione e abbondanza delle

Lievi variazioni della composizione e

Composizione e abbondanza delle

 

specie che corrispondono totalmente o

abbondanza delle specie rispetto alle

specie che si discostano moderatamente

 

quasi alle condizioni inalterate.

comunità tipiche specifiche, attribuibili

dalle comunità tipiche specifiche a

 

Presenza di tutte le specie sensibili alle

agli impatti antropici sugli elementi di

causa di impatti antropici sugli elementi

 

alterazioni tipiche specifiche.

qualità fisico-chimica e

di qualità fisico-chimica o

 

Strutture di età delle comunità ittiche

idromorfologica.

idromorfologica.

 

che presentano segni minimi di

Strutture di età delle comunità ittiche

Struttura di età delle comunità ittiche

 

alterazioni antropiche e non indicano

che presentano segni di alterazioni

che presenta segni rilevanti di

 

l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi

attribuibili agli impatti antropici sugli

alterazioni attribuibili agli impatti

 

di specie particolari.

elementi di qualità fisico-chimica o

antropici sugli elementi di qualità fisico-

 

 

idromorfologica e, in taluni casi,

chimica o idromorfologica che

 

 

indicano l'incapacità a riprodursi o a

provocano l'assenza o la limitatissima

 

 

svilupparsi di una specie particolare che

abbondanza di una porzione moderata

 

 

può condurre alla scomparsa di talune

delle specie tipiche specifiche.

 

 

classi di età.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità idromorfologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Regime idrologico

Massa e dinamica del flusso, livello,

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

 

tempo di residenza e risultante

raggiungimento dei valori sopra

raggiungimento dei valori sopra

 

collegamento alle acque sotterranee che

precisati per gli elementi di qualità

precisati per gli elementi di qualità

 

rispecchiano totalmente o quasi le

biologica.

biologica.

 

condizioni inalterate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni

Variazioni della profondità del lago,

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

morfologiche

massa e struttura del substrato e

raggiungimento dei valori sopra

raggiungimento dei valori sopra

 

struttura e condizione della zona

precisati per gli elementi di qualità

precisati per gli elementi di qualità

 

ripariale che corrispondono totalmente

biologica.

biologica.

 

o quasi alle condizioni inalterate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità fisico-chimica [1]

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni generali

Valori degli elementi fisico-chimici

Temperatura, bilancio dell'ossigeno,

Condizioni coerenti con il

 

che corrispondono totalmente o quasi

pH, capacità di neutralizzare gli acidi,

raggiungimento dei valori sopra

 

alle condizioni inalterate.

trasparenza e salinità che non

precisati per gli elementi di qualità

 

Concentrazioni di nutrienti entro la

raggiungono livelli esterni alla forcella

biologica.

 

forcella di norma associata alle

fissata per assicurare il funzionamento

 

 

condizioni inalterate.

dell'ecosistema e il raggiungimento

 

 

Livelli di salinità, pH, bilancio

dei valori sopra precisati per gli

 

 

dell'ossigeno, capacità di neutralizzare

elementi di qualità biologica.

 

 

gli acidi, trasparenza e temperatura che

Concentrazioni dei nutrienti che non

 

 

non presentano segni di alterazioni

superano i livelli fissati per assicurare

 

 

antropiche e restano entro la forcella di

il funzionamento dell'ecosistema e il

 

 

norma associata alle condizioni

raggiungimento dei valori sopra

 

 

inalterate.

precisati per gli elementi di qualità

 

 

 

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti sintetici

Concentrazioni prossime allo zero o

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

specifici

almeno inferiori ai limiti di rilevazione

standard fissati secondo la procedura

raggiungimento dei valori sopra

 

delle più avanzate tecniche di analisi

di cui al punto 1.2.6, fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

di impiego generale.

direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (<

biologica.

 

 

sqa)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti non sintetici

Concentrazioni entro la forcella di

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

specifici

norma associata alla condizioni

standard fissati secondo la procedura

raggiungimento dei valori sopra

 

inalterate (livello di fondo naturale =

di cui al punto 1.2.6 [2], fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

bgl).

direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (<

biologica.

 

 

sqa)

 

 

 

 

 

 

[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni: bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale.

[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di

fondo naturale.

 

 

 

 

 


 


Elementi di qualità biologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Fitoplancton

Composizione e abbondanza dei taxa di

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione e abbondanza dei taxa di

 

fitoplancton conformi alle condizioni

abbondanza dei taxa di fitoplancton.

fitoplancton che si discostano

 

inalterate.

Lievi variazioni della biomassa rispetto

moderatamente dalle condizioni tipiche

 

Biomassa media del fitoplancton

alle condizioni tipiche specifiche. Tali

specifiche.

 

conforme alle condizioni fisico-chimiche

variazioni non indicano nessuna crescita

Biomassa moderatamente alterata, che

 

tipiche specifiche e non tale da alterare

accelerata di alghe tale da provocare

potrebbe determinare una significativa

 

significativamente le condizioni di

un'alterazione indesiderata della

alterazione indesiderata della condizione

 

trasparenza tipiche specifiche.

composizione equilibrata degli organismi

di altri elementi di qualità biologica.

 

Fioriture di fitoplancton con frequenza e

presenti nel corpo idrico o della qualità

Possibile un moderato aumento nella

 

intensità conformi alle condizioni fisico-

fisico-chimica dell'acqua.

frequenza e intensità delle fioriture di

 

chimiche tipiche specifiche.

Possibile un lieve aumento della

fitoplancton. Possibili fioriture persistenti

 

 

frequenza e intensità delle fioriture di

nei mesi estivi.

 

 

fitoplancton tipiche specifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroalghe

Composizione dei taxa di macroalghe

Lievi variazioni nella composizione e

Composizione dei taxa di macroalghe che

 

conforme alle condizioni inalterate.

abbondanza dei taxa di macroalghe

si discosta moderatamente dalle

 

Nessuna variazione riscontrabile della

rispetto alle comunità tipiche specifiche.

condizioni tipiche specifiche e diverge

 

copertura di macroalghe in conseguenza

Tali variazioni non indicano nessuna

molto di più dalla qualità buona.

 

di attività antropiche.

crescita accelerata di fitobentos o di

Evidenti variazioni moderate

 

 

forme più elevate di vita vegetale tale da

dell'abbondanza media di macroalghe,

 

 

provocare un'alterazione indesiderata

che potrebbero determinare

 

 

della composizione equilibrata degli

un'alterazione indesiderata della

 

 

organismi presenti nel corpo idrico o

composizione equilibrata degli organismi

 

 

della qualità fisico-chimica delle acque.

presenti nel corpo idrico.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angiosperme

Composizione tassonomica che

Lievi variazioni nella composizione dei

Composizione dei taxa di angiosperme

 

corrisponde totalmente o quasi alle

taxa di angiosperme rispetto alle

che si discosta moderatamente dalle

 

condizioni inalterate.

comunità tipiche specifiche.

comunità tipiche specifiche e diverge

 

Nessuna variazione riscontrabile

Lievi segni di alterazione

molto di più dalla qualità buona.

 

dell'abbondanza di angiosperme in

nell'abbondanza di angiosperme.

Alterazioni moderate nell'abbondanza di

 

conseguenza di attività antropiche.

 

taxa di angiosperme.

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroinverte-

Livello di diversità e abbondanza dei taxa

Livello di diversità e abbondanza dei taxa

Livello di diversità e abbondanza dei taxa

brati bentonici

di invertebrati entro la forcella di norma

di invertebrati leggermente esterno alla

di invertebrati moderatamente esterno alla

 

associata alle condizioni inalterate.

forcella associata alle condizioni tipiche

forcella associata alle condizioni tipiche

 

Presenza di tutti i taxa sensibili alle

specifiche.

specifiche.

 

alterazioni associati alle condizioni

Presenza della maggior parte dei taxa

Presenza di taxa indicativi di

 

inalterate.

sensibili delle comunità tipiche

inquinamento.

 

 

specifiche.

Assenza di molti dei taxa sensibili delle

 

 

 

comunità tipiche specifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

Fauna ittica

Composizione e abbondanza delle specie

Abbondanza delle specie sensibili alle

Assenza di una percentuale moderata

 

conformi alle condizioni inalterate.

alterazioni che presenta lievi segni di

delle specie sensibili alle alterazioni

 

 

discostamento dalle condizioni tipiche

tipiche specifiche, dovuta agli impatti

 

 

specifiche, attribuibili agli impatti

antropici sugli elementi di qualità fisico-

 

 

antropici sugli elementi di qualità fisico-

chimica o idromorfologica.

 

 

chimica o idromorfologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità idromorfologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Regime di marea

Regime di flusso di acqua dolce che

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

 

corrisponde totalmente o quasi alle

raggiungimento dei valori sopra precisati

raggiungimento dei valori sopra precisati

 

condizioni inalterate.

per gli elementi di qualità biologica.

per gli elementi di qualità biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni

Variazioni di profondità, condizioni del

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

morfologiche

substrato nonché struttura e condizione

raggiungimento dei valori sopra precisati

raggiungimento dei valori sopra precisati

 

delle zone intercotidali che

per gli elementi di qualità biologica.

per gli elementi di qualità biologica.

 

corrispondono totalmente o quasi alle

 

 

 

condizioni inalterate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità fisico-chimica [1]

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni generali

Elementi fisico-chimici che

Temperatura, condizioni di

Condizioni coerenti con il

 

corrispondono totalmente o quasi alle

ossigenazione e trasparenza che non

raggiungimento dei valori sopra

 

condizioni inalterate.

raggiungono livelli esterni alle forcelle

precisati per gli elementi di qualità

 

Concentrazioni di nutrienti entro la

fissate per assicurare il funzionamento

biologica.

 

forcella di norma associata alle

dell'ecosistema e il raggiungimento dei

 

 

condizioni inalterate.

valori sopra precisati per gli elementi di

 

 

Temperatura, bilancio dell'ossigeno e

qualità biologica.

 

 

trasparenza che non presentano segni di

Concentrazioni dei nutrienti che non

 

 

alterazioni antropiche e restano entro la

superano i livelli fissati per assicurare il

 

 

forcella di norma associata alle

funzionamento dell'ecosistema e il

 

 

condizioni inalterate.

raggiungimento dei valori sopra

 

 

 

precisati per gli elementi di qualità

 

 

 

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti sintetici

Concentrazioni prossime allo zero o

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

specifici

almeno inferiori ai limiti di rilevazione

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

delle più avanzate tecniche di analisi di

cui al punto 1.2.6, fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

impiego generale.

direttive 91/414/CEE e 98/8/CE.

biologica.

 

 

(< sqa)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti non

Concentrazioni entro la forcella di

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

sintetici specifici

norma associata alle condizioni

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

inalterate (livello di fondo naturale =

cui al punto 1.2.6 [2], fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

bgl).

direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (<

biologica.

 

 

sqa)

 

 

 

 

 

 

[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale.

[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di

fondo naturale.

 

 

 

 

 


 


Elementi di qualità biologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Fitoplancton

Composizione e abbondanza dei taxa di

Lievi segni di alterazione nella

Composizione e abbondanza dei taxa di

 

fitoplancton conformi alle condizioni

composizione e abbondanza dei taxa di

fitoplancton che presentano segni di

 

inalterate.

fitoplancton.

moderata alterazione.

 

Biomassa media del fitoplancton

Lievi variazioni della biomassa rispetto

Biomassa di alghe sostanzialmente al di

 

conforme alle condizioni fisico-

alle condizioni tipiche specifiche. Tali

fuori della forcella associata alle

 

chimiche tipiche specifiche e non tale

variazioni non indicano nessuna crescita

condizioni tipiche specifiche e tale da

 

da alterare significativamente le

accelerata di alghe tale da provocare

influire sugli altri elementi di qualità

 

condizioni di trasparenza tipiche

un'alterazione indesiderata della

biologica.

 

specifiche.

composizione equilibrata degli

Possibile un moderato aumento nella

 

Fioriture di fitoplancton con frequenza e

organismi presenti nel corpo idrico o

frequenza e intensità delle fioriture di

 

intensità conformi alle condizioni fisico-

della qualità delle acque.

fitoplancton. Possibili fioriture

 

chimiche tipiche specifiche.

Possibile un lieve aumento della

persistenti nei mesi estivi.

 

 

frequenza e intensità delle fioriture di

 

 

 

fitoplancton tipiche specifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroalghe e

Presenza di tutti i taxa di macroalghe e

Presenza della maggior parte dei taxa di

Assenza di un moderato numero di taxa

angiosperme

di angiosperme sensibili alle alterazioni

macroalghe e di angiosperme sensibili

di macroalghe e di angiosperme

 

associati alle condizioni inalterate.

alle alterazioni e associati alle

sensibili alle alterazioni associati alle

 

Livelli di copertura delle macroalghe e

condizioni inalterate.

condizioni inalterate.

 

di abbondanza delle angiosperme

Livelli di copertura delle macroalghe e

Copertura delle macroalghe e

 

conformi alle condizioni inalterate.

di abbondanza delle angiosperme che

abbondanza delle angiosperme

 

 

presentano lievi segni di alterazione.

moderatamente alterate e tali da poter

 

 

 

provocare un'alterazione indesiderata

 

 

 

della composizione equilibrata degli

 

 

 

organismi presenti nel corpo idrico.

 

 

 

 

 

 

 

 

Macroinvertebrati

Livello di diversità e di abbondanza dei

Livello di diversità e di abbondanza dei

Livello di diversità e di abbondanza dei

bentonici

taxa di invertebrati entro la forcella di

taxa di invertebrati leggermente al di

taxa di invertebrati moderatamente al di

 

norma associata alle condizioni

fuori della forcella associata alle

fuori della forcella associata alle

 

inalterate.

condizioni tipiche specifiche.

condizioni tipiche specifiche.

 

Presenza di tutti i taxa sensibili alle

Presenza della maggior parte dei taxa

Presenza di taxa indicativi di

 

alterazioni associati alle condizioni

sensibili delle comunità tipiche

inquinamento.

 

inalterate.

specifiche.

Assenza di numerosi taxa sensibili delle

 

 

 

comunità tipiche specifiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità idromorfologica

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Regime di marea

Regime di flusso di acqua dolce nonché

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

 

direzione e velocità delle correnti

raggiungimento dei valori sopra precisati

raggiungimento dei valori sopra precisati

 

dominanti che corrispondono totalmente

per gli elementi di qualità biologica.

per gli elementi di qualità biologica.

 

o quasi alle condizioni inalterate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni

Variazione di profondità, struttura e

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

morfologiche

substrato del fondo costiero nonché

raggiungimento dei valori sopra precisati

raggiungimento dei valori sopra precisati

 

struttura e condizioni delle zone

per gli elementi di qualità biologica.

per gli elementi di qualità biologica.

 

intercotidali che corrispondono

 

 

 

totalmente o quasi alle condizioni

 

 

 

inalterate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità fisico-chimica [1]

 

 

 

 

Elemento

Stato elevato

Stato buono

Stato sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni generali

Elementi fisico-chimici che

Temperatura, condizioni di

Condizioni coerenti con il

 

corrispondono totalmente o quasi alle

ossigenazione e trasparenza che non

raggiungimento dei valori sopra

 

condizioni inalterate.

raggiungono livelli al di fuori delle

precisati per gli elementi di qualità

 

Concentrazioni di nutrienti entro la

forcelle fissate per assicurare il

biologica.

 

forcella di norma associata alle

funzionamento dell'ecosistema e il

 

 

condizioni inalterate.

raggiungimento dei valori sopra

 

 

Temperatura, bilancio dell'ossigeno e

precisati per gli elementi di qualità

 

 

trasparenza che non presentano segni di

biologica.

 

 

alterazioni di origine antropica e restano

Concentrazioni di nutrienti che non

 

 

nei limiti di norma associati alle

superano i livelli fissati per assicurare il

 

 

condizioni inalterate.

funzionamento dell'ecosistema e il

 

 

 

raggiungimento dei valori sopra

 

 

 

precisati per gli elementi di qualità

 

 

 

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti sintetici

Concentrazioni prossime allo zero o

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

specifici

almeno inferiori ai limiti di rilevazione

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

delle più avanzate tecniche di analisi di

cui al punto 1.2.6, fatte salve le direttive

precisati per gli elementi di qualità

 

impiego generale.

91/414/CEE e 98/8/CE. (< sqa)

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti non

Concentrazioni entro la forcella di

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

sintetici specifici

norma associata alle condizioni

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

inalterate (livelli di fondo naturale =

cui al punto 1.2.6 [2], fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

bgl).

direttive 91/414/CEE e 98/8/CE. (< sqa)

biologica.

 

 

 

 

 

[1] Sono utilizzate le seguenti abbreviazioni bgl = livello di fondo naturale; sqa = standard di qualità ambientale.

[2] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di

fondo naturale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elemento

Potenziale ecologico massimo

Potenziale ecologico buono

Potenziale ecologico sufficiente

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità

Valori relativi ai pertinenti elementi di

Lievi variazioni nei valori relativi ai

Moderate variazioni nei valori relativi ai

biologica

qualità biologica che riflettono, nella

pertinenti elementi di qualità biologica

pertinenti elementi di qualità biologica

 

misura del possibile, quelli associati al

rispetto ai valori riscontrabili in una

rispetto ai valori riscontrabili in una

 

tipo di corpo idrico superficiale

situazione di massimo potenziale

situazione di massimo potenziale

 

maggiormente comparabile, tenuto

ecologico.

ecologico.

 

conto delle condizioni fisiche risultanti

 

Tali valori sono nettamente più alterati

 

dalle caratteristiche artificiali o

 

di quelli riscontrabili in condizioni di

 

fortemente modificate del corpo idrico.

 

stato ecologico buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi

Condizioni idromorfologiche conformi

Condizioni coerenti con il

Condizioni coerenti con il

idromorfologici

alla situazione in cui i soli impatti sul

raggiungimento dei valori sopra

raggiungimento dei valori sopra

 

corpo idrico superficiale sono quelli

precisati per gli elementi di qualità

precisati per gli elementi di qualità

 

risultanti dalle caratteristiche artificiali

biologica.

biologica.

 

o fortemente modificate del corpo

 

 

 

idrico,quando siano state prese tutte le

 

 

 

misure di limitazione possibili, in modo

 

 

 

da consentire il miglior ravvicinamento

 

 

 

realizzabile al continuum ecologico, in

 

 

 

particolare per quanto concerne la

 

 

 

migrazione della fauna, nonché le

 

 

 

adeguate zone di deposizione delle uova

 

 

 

e di riproduzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elementi fisico-

 

 

 

chimici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condizioni generali

Elementi fisico-chimici che

Valori degli elementi fisico-chimici che

Condizioni coerenti con il

 

corrispondono totalmente o quasi alle

rientrano nelle forcelle fissate per

raggiungimento dei valori sopra

 

condizioni inalterate associate al tipo di

assicurare il funzionamento

precisati per gli elementi di qualità

 

corpo idrico superficiale maggiormente

dell'ecosistema e il raggiungimento dei

biologica.

 

comparabile al corpo idrico artificiale o

valori sopra precisati per gli elementi di

 

 

fortemente modificato in questione.

qualità biologica.

 

 

Concentrazioni di nutrienti entro la

Temperatura e pH che non raggiungono

 

 

forcella di norma associata alle

livelli al di fuori delle forcelle fissate per

 

 

condizioni inalterate.

assicurare il funzionamento

 

 

Livelli relativi a temperatura, bilancio

dell'ecosistema e il raggiungimento dei

 

 

dell'ossigeno e pH conformi a quelli

valori sopra precisati per gli elementi di

 

 

riscontrabili nei tipi di corpo idrico

qualità biologica.

 

 

superficiale in condizioni inalterate

Concentrazioni di nutrienti che non

 

 

maggiormente comparabili.

superano i livelli fissati per assicurare il

 

 

 

funzionamento dell'ecosistema e il

 

 

 

raggiungimento dei valori sopra

 

 

 

precisati per gli elementi di qualità

 

 

 

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti sintetici

Concentrazioni prossime allo zero e

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

specifici

almeno inferiori ai limiti di rilevazione

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

delle più avanzate tecniche di analisi di

cui al punto 1.2.6, fatte salve le direttive

precisati per gli elementi di qualità

 

impiego generale.

91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa)

biologica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Inquinanti non

Le concentrazioni restano nei limiti di

Concentrazioni non superiori agli

Condizioni coerenti con il

sintetici specifici

norma associati alle condizioni

standard fissati secondo la procedura di

raggiungimento dei valori sopra

 

inalterate riscontrabili nel tipo di corpo

cui al punto 1.2.6 [1], fatte salve le

precisati per gli elementi di qualità

 

idrico superficiale maggiormente

direttive 91/414/CE e 98/8/CE. (< sqa)

biologica.

 

comparabile al corpo idrico artificiale o

 

 

 

fortemente modificato in questione.

 

 

 

(livelli di fondo naturale = bgl)

 

 

 

 

 

 

 

[1] L'applicazione degli standard risultanti da tale protocollo non implica la riduzione delle concentrazioni degli inquinanti al di sotto dei livelli di

fondo naturale.

 

 

 

 

 

Nel derivare gli standard di qualità ambientale per gli inquinanti di cui ai punti da 1 a 9 dell'allegato VIII per la protezione del biota acquatico, gli Stati membri procedono conformemente alle disposizioni in appresso. Gli standard possono essere fissati per l'acqua, i sedimenti o il biota.

Ove possibile, dovrebbero essere ottenuti dati relativi agli effetti acuti e cronici per i taxa indicati in appresso, che sono importanti per il tipo di corpo idrico in questione, nonché per gli altri taxa acquatici per i quali sono disponibili dati. L'"insieme di base" dei taxa è il seguente:

- alghe e/o macrofite

- dafnia od organismi rappresentativi delle acque saline

- pesci.

Fissazione degli standard di qualità ambientale

Per fissare la concentrazione massima media annuale si applica la procedura seguente:

i) gli Stati membri fissano fattori di sicurezza appropriati per ciascun caso, secondo la natura e la qualità dei dati disponibili, agli orientamenti contenuti nella sezione 3.3.1 della parte II del documento tecnico di orientamento a integrazione della direttiva 93/67/CEE della Commissione, che stabilisce i principi per la valutazione dei rischi delle sostanze notificate e del regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, che stabilisce i principi per la valutazione dei rischi delle sostanze esistenti, e ai fattori di sicurezza indicati nella seguente tabella:

 

Fattore di sicurezza

Almeno una L(E)C50 acuta per ognuno dei tre livelli trofici dell'insieme di base

1.000

Una NOEC cronica (per pesci o dafnia o un organismo rappresentativo delle acque saline)

100

Due NOEC croniche per specie appartenenti a due livelli trofici (pesci e/o dafnia o un

50

organismo rappresentativo delle acque saline e/o alghe)

 

NOEC croniche per almeno tre specie (di norma pesci, dafnia o un organismo

10

rappresentativo delle acque saline e alghe) appartenenti a tre livelli trofici

 

Altri casi, compresi dati sul campo o ecosistemi modello, che permettono di calcolare e

Valutazione caso per caso

applicare fattori di sicurezza più precisi

 

 

 

ii) se sono disponibili dati sulla persistenza e sul bioaccumulo, questi sono presi in considerazione nel derivare il valore finale dello standard di qualità ambientale;

iii) lo standard così derivato dovrebbe essere confrontato con ogni riscontro emerso dagli studi in campo; se si rilevano anomalie, la derivazione è riveduta per permettere di calcolare un fattore di sicurezza più preciso;

iv) lo standard derivato è sottoposto a un'intercalibrazione e ad una consultazione pubblica, per permettere di calcolare un fattore di sicurezza più preciso.

 

La rete di monitoraggio delle acque superficiali è istituita a norma dei requisiti dell'articolo 8. Essa è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato ecologico e chimico all'interno di ciascun bacino idrografico e permettere la classificazione dei corpi idrici in cinque classi, secondo le definizioni normative di cui alla sezione 1.2. Gli Stati membri forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio delle acque superficiali nel piano di gestione dei bacini idrografici.

In base alla caratterizzazione e alla valutazione dell'impatto svolte a norma dell'articolo 5 e all'allegato II, gli Stati membri definiscono, per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione dei bacini idrografici, un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di monitoraggio operativo. In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d'indagine.

Gli Stati membri sorvegliano i parametri indicativi dello stato di ogni elemento di qualità pertinente. Nel selezionare i parametri relativi agli elementi di qualità biologica, gli Stati membri individuano il livello tassonomico appropriato per ottenere la necessaria attendibilità e precisione nella classificazione degli elementi di qualità. Nel piano sono fornite stime del livello di attendibilità e precisione dei risultati garantito dai programmi di monitoraggio.

1.3.1. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza

Obiettivo

Gli Stati membri istituiscono programmi di monitoraggio di sorveglianza al fine di ottenere informazioni per:

- integrare e convalidare la procedura di valutazione dell'impatto di cui all'allegato II,

- la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio,

- la valutazione delle variazioni a lungo termine delle condizioni naturali,

- la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica.

I risultati di tale monitoraggio sono riesaminati e utilizzati, insieme alla procedura di valutazione dell'impatto di cui all'allegato II, per determinare i requisiti per i programmi di monitoraggio dei piani di gestione dei bacini idrografici in corso e successivi.

Selezione dei punti di monitoraggio

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato su un numero sufficiente di corpi idrici superficiali, in modo da fornire una valutazione dello stato complessivo delle acque superficiali di ciascun bacino o sotto-bacino idrografico compreso nel distretto idrografico. Nel selezionare i corpi idrici, gli Stati membri si assicurano che il monitoraggio sia effettuato, secondo i casi, in:

- punti in cui la proporzione del flusso idrico è significativa nell'ambito del distretto idrografico considerato nell'insieme, compresi punti di grandi fiumi il cui bacino idrografico è superiore a 2.500 km2,

- punti in cui il volume d'acqua presente è significativo nell'ambito del distretto idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali,

- corpi idrici significativi situati a cavallo della frontiera di uno Stato membro,

- siti identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di informazioni,

- altri siti necessari per valutare la quantità d'inquinanti trasferiti attraverso le frontiere degli Stati membri e nell'ambiente marino.

Selezione degli elementi di qualità

Per ciascun sito di monitoraggio, il monitoraggio di sorveglianza è effettuato per un anno durante il periodo contemplato dal piano di gestione del bacino idrico per:

- i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità biologica,

- i parametri indicativi di tutti gli elementi di qualità idromorfologica,

- i parametri indicativi di tutti gli elementi generali di qualità fisico-chimica,

- gli inquinanti che figurano nell'elenco delle sostanze prioritarie (27) scaricati nel bacino idrografico o nel sotto-bacino,

- gli altri inquinanti scaricati in quantitativi significativi nel bacino idrografico o nel sotto-bacino,

salvo che il monitoraggio di sorveglianza precedente abbia evidenziato che il corpo interessato ha raggiunto uno stato buono e che dall'esame dell'impatto delle attività antropiche di cui all'allegato II non risulti alcuna variazione degli impatti sul corpo. In tal caso il monitoraggio di sorveglianza è effettuato ogni tre piani di gestione del bacino idrografico.

1.3.2. Progettazione del monitoraggio operativo

Il monitoraggio operativo è effettuato al fine di:

- stabilire lo stato dei corpi che si reputa rischino di non soddisfare gli obiettivi ambientali;

- valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi, risultante dai programmi di misure.

Il programma può essere modificato durante il periodo previsto dal piano di gestione del bacino idrografico sulla scorta delle informazioni ottenute nell'ambito dei requisiti fissati all'allegato II o nell'ambito del presente allegato, in particolare per consentire una riduzione della frequenza, qualora l'impatto si rivelasse non significativo o non sussistesse più la pressione pertinente.

Selezione dei siti di monitoraggio

Il monitoraggio operativo è effettuato per tutti i corpi idrici che, sulla base della valutazione dell'impatto svolta in base all'allegato II o del monitoraggio di sorveglianza, sono classificati a rischio di non soddisfare gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4 e per i corpi idrici nei quali sono scaricate le sostanze riportate nell'elenco delle sostanze prioritarie. Per le sostanze riportate nell'elenco delle sostanze prioritarie i punti di monitoraggio sono selezionati secondo la normativa che stabilisce gli standard di qualità ambientale pertinenti. In tutti gli altri casi, incluse le sostanze che figurano nell'elenco delle sostanze prioritarie per le quali tale normativa non prevede orientamenti specifici, i punti di monitoraggio sono selezionati come segue (28):

- per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte puntuale, in ogni corpo si situano punti di monitoraggio sufficienti a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte puntuale. Se il corpo è esposto a varie pressioni di una fonte puntuale, i punti di monitoraggio possono essere selezionati per valutare ampiezza e impatto dell'insieme delle pressioni,

- per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte diffusa, nell'ambito di una selezione di corpi si situano punti di monitoraggio sufficienti a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte diffusa. La selezione dei corpi deve essere fatta in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi al verificarsi delle pressioni della fonte diffusa e dei relativi rischi di non raggiungere un buono stato delle acque superficiali,

- per i corpi esposti a un rischio di pressione idromorfologica significativa, nell'ambito di una selezione di corpi si situano punti di monitoraggio sufficienti a valutare ampiezza e impatto delle pressioni idromorfologiche. La selezione dei corpi è indicativa dell'impatto globale della pressione idromorfologica cui sono esposti tutti i corpi.

Selezione degli elementi di qualità

Per valutare l'ampiezza della pressione cui sono esposti i corpi idrici superficiali, gli Stati membri effettuano il monitoraggio degli elementi di qualità indicativi delle pressioni cui il corpo idrico o i corpi idrici sono esposti. Al fine di valutare l'impatto di tali pressioni gli Stati membri, ove pertinente, effettuano il monitoraggio:

- dei parametri indicativi dell'elemento o degli elementi di qualità biologica più sensibili alle pressioni cui sono esposti i corpi idrici,

- di tutte le sostanze prioritarie scaricate, e degli altri inquinanti scaricati in quantitativi significativi,

- dei parametri indicativi dell'elemento di qualità idromorfologica più sensibile alle pressioni individuate.

1.3.3. Progettazione del monitoraggio di indagine

Obiettivo

Il monitoraggio di indagine è effettuato:

- quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti,

- quando il monitoraggio di sorveglianza indica che per un corpo idrico gli obiettivi di cui all'articolo 4 non saranno probabilmente raggiunti e il monitoraggio operativo non è ancora stato stabilito, al fine di appurare le cause che hanno impedito al corpo idrico o ai corpi idrici di raggiungere gli obiettivi ambientali, o

- per valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale

e costituisce la base per l'elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di misure specifiche atte a porre rimedio agli effetti dell'inquinamento accidentale.

1.3.4. Frequenza temporale del monitoraggio

Nel periodo coperto dal monitoraggio di sorveglianza vanno applicate le frequenze sottoindicate per il monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità fisico-chimica, a meno che le conoscenze tecniche e le perizie degli esperti non giustifichino intervalli più lunghi. Riguardo agli elementi di qualità biologica o idromorfologica, il monitoraggio è effettuato almeno una volta nell'arco del periodo coperto dal monitoraggio di sorveglianza.

Nell'ambito del monitoraggio operativo, gli Stati membri fissano per ciascun parametro una frequenza di monitoraggio che garantisca dati sufficienti a delineare una valutazione attendibile dello stato del pertinente elemento qualitativo. In linea di massima, il monitoraggio è effettuato a intervalli non superiori a quelli indicati nella tabella in appresso, a meno che le conoscenze tecniche e le perizie degli esperti non giustifichino intervalli più lunghi.

Le frequenze sono scelte in modo da garantire un livello accettabile di attendibilità e precisione. Il livello di attendibilità e precisione conseguito dal sistema di monitoraggio è definito nel piano di gestione del bacino idrografico.

Per il monitoraggio sono fissate frequenze che tengono conto della variabilità dei parametri derivante da condizioni sia naturali che antropiche. Il momento in cui effettuare il monitoraggio è scelto in modo da minimizzare l'incidenza delle variazioni stagionali sul risultato ed assicurare quindi che quest'ultimo rispecchi i mutamenti intervenuti nel corpo idrico a seguito di cambiamenti dovuti alla pressione antropica. Per conseguire quest'obiettivo sono effettuati, se necessario, monitoraggi supplementari in stagioni diverse del medesimo anno.

 

 

 

 

 

 

Elementi di qualità

Fiumi

Laghi

Acque di transizione

Acque costiere

 

 

 

 

 

 

Biologica

 

Fitoplancton

6 mesi

6 mesi

6 mesi

6 mesi

Altra flora acquatica

3 anni

3 anni

3 anni

3 anni

Macroinvertebrati

3 anni

3 anni

3 anni

3 anni

Pesci

3 anni

3 anni

3 anni

 

 

Idromorfologica

 

Continuità

6 anni

 

 

 

Idrologia

continuo

1 mese

 

 

Morfologia

6 anni

6 anni

6 anni

6 anni

 

Fisico-chimica

 

Condizioni termiche

3 mesi

3 mesi

3 mesi

3 mesi

Ossigenazione

3 mesi

3 mesi

3 mesi

3 mesi

Salinità

3 mesi

3 mesi

3 mesi

 

Stato dei nutrienti

3 mesi

3 mesi

3 mesi

3 mesi

Stato di acidificazione

3 mesi

3 mesi

 

 

Altri inquinanti

3 mesi

3 mesi

3 mesi

3 mesi

Sostanze prioritarie (29)

1 mese

1 mese

1 mese

1 mese

 

 

 

 

 

1.3.5. Requisiti supplementari per il monitoraggio delle aree protette

I programmi di monitoraggio di cui sopra sono integrati per garantire il soddisfacimento dei requisiti seguenti.

Punti di estrazione per la produzione di acqua potabile

I corpi idrici superficiali individuati a norma dell'articolo 7 che forniscono in media più di 100 m3 al giorno sono designati come siti di monitoraggio e sono sottoposti all'eventuale monitoraggio supplementare necessario al soddisfacimento dei requisiti dell'articolo 8. Il monitoraggio in tali corpi riguarda tutti gli scarichi di sostanze prioritarie (30) e gli scarichi in quantità significativa di qualsiasi altra sostanza che possano incidere sullo stato del corpo idrico e che vengono controllati a norma della direttiva sull'acqua potabile. Il monitoraggio segue le frequenze indicate nella tabella seguente.

 

 

Comunità servita

Frequenza

 

 

< 10000

4 volte l'anno

da 10000 a 30000

8 volte l'anno

> 30000

12 volte l'anno

 

 

Aree di protezione dell'habitat e delle specie

I corpi idrici che formano queste aree sono compresi nel programma di monitoraggio operativo di cui sopra se, in base alla valutazione dell'impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4. È effettuato il monitoraggio per valutare la grandezza e l'impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su detti corpi e, se necessario, per rilevare le variazioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finché le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi di cui all'articolo 4.

1.3.6. Norme per il monitoraggio degli elementi di qualità

I metodi impiegati per il monitoraggio dei parametri tipo devono essere conformi alle norme internazionali sottoelencate ovvero ad altre norme nazionali o internazionali analoghe che assicurino dati comparabili ed equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.

Campionamento di macroinvertebrati

ISO 5667-3:1995

Qualità dell'acqua. Campionamento. Parte 3: guida alla conservazione e

 

manipolazione dei campioni

EN 27828:1994

Qualità dell'acqua. Metodi di campionamento biologico. Guida al

 

campionamento di macroinvertebrati bentonici mediante retino manuale

EN 28265:1994

Qualità dell'acqua. Metodi di campionamento biologico. Guida alla

 

progettazione e utilizzo di campionatori quantitativi di macroinvertebrati

 

bentonici dei substrati rocciosi in acque dolci poco profonde

EN ISO 9391:1995

Qualità dell'acqua. Campionamento in acque profonde di macroinvertebrati.

 

Guida all'utilizzo di campionatori di colonizzazione, qualità e quantità

EN ISO 8689-1:1999

Classificazione biologica dei fiumi. Parte I: guida all'interpretazione dei

 

dati sulla qualità biologica risultanti da indagini su macroinvertebrati

 

bentonici in acqua corrente

EN ISO 8689-2:1999

Classificazione biologica dei fiumi. Parte II: guida alla presentazione dei

 

dati sulla qualità biologica risultanti da indagini su macroinvertebrati

 

bentonici in acqua corrente

 

 

Campionamento di macrofite

Pertinenti norme CEN/ISO, una volta elaborate

Campionamento di pesci

Pertinenti norme CEN/ISO, una volta elaborate

Campionamento di diatomee

Pertinenti norme CEN/ISO, una volta elaborate

Norme per i parametri fisico-chimici

Eventuali norme CEN/ISO pertinenti

Norme per i parametri idromorfologici

Eventuali norme CEN/ISO pertinenti

 

(27)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(28)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(29)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

(30)  Testo così rettificato dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 19 gennaio 2001, n. L 17.

 

1.4.1. Comparabilità dei risultati del monitoraggio biologico

i) Gli Stati membri istituiscono dei sistemi di monitoraggio per stimare i valori degli elementi di qualità biologica specificati per ciascuna categoria di acque superficiali o per i corpi idrici superficiali fortemente modificati o artificiali. Nell'applicare ai corpi idrici fortemente modificati o artificiali la procedura sotto esposta, i riferimenti allo stato ecologico vanno intesi come riferimenti al potenziale ecologico. Tali sistemi possono basarsi su determinate specie o gruppi di specie rappresentativi dell'elemento qualitativo nel suo complesso.

ii) Ai fini della classificazione dello stato ecologico e per assicurare la comparabilità dei sistemi di monitoraggio, i risultati conseguiti in ciascuno Stato membro in base al sistema applicato sono espressi come rapporti di qualità ecologica. Questi rapportano i valori dei parametri biologici riscontrati in un dato corpo idrico superficiale a quelli constatabili nelle condizioni di riferimento applicabili al medesimo corpo. Il rapporto è espresso come valore numerico compreso tra 0 e 1: i valori prossimi a 1 tendono allo stato ecologico elevato, quelli prossimi a 0 allo stato ecologico cattivo.

iii) Per ciascuna categoria di acque superficiali, ogni Stato membro suddivide la gamma dei rapporti di qualità ecologica nel sistema di monitoraggio in cinque classi, che spaziano dallo stato ecologico elevato a quello cattivo, come definito al punto 1.2, assegnando un valore numerico a ciascuna delimitazione tra le classi. Il valore corrispondente alla delimitazione tra stato "elevato" e "buono" e quello tra stato "buono" e "sufficiente" sono fissati mediante l'operazione di intercalibrazione descritta in appresso.

iv) La Commissione contribuisce all'operazione di intercalibrazione al fine di assicurare che le classi siano delimitate secondo le definizioni normative di cui al punto 1.2 e siano comparabili tra i vari Stati membri.

v) In questo contesto la Commissione agevola tra gli Stati membri uno scambio di informazioni che consenta di individuare, in ciascuna ecoregione della Comunità, la serie di siti che formerà la rete di intercalibrazione. Questa è composta di siti selezionati all'interno della gamma dei tipi di corpo idrico superficiale presenti in ciascuna ecoregione. Per ogni tipo di corpo idrico superficiale selezionato, la rete comprende almeno due siti corrispondenti al valore di delimitazione fra le definizioni normative di stato "elevato" e "buono" e almeno due siti corrispondenti a quello tra "buono" e "sufficiente". I siti sono selezionati mediante una perizia di esperti basata su ispezioni congiunte e su tutte le altre informazioni disponibili.

vi) Ogni sistema di monitoraggio degli Stati membri è applicato ai siti della rete di intercalibrazione che si trovano nell'ecoregione interessata e contemporaneamente appartengono a uno dei tipi di corpo idrico superficiale cui il sistema è destinato a norma dei requisiti della presente direttiva. I risultati conseguenti a quest'applicazione sono utilizzati per fissare i valori numerici relativi alle corrispondenti delimitazioni tra le classi in ciascun sistema di monitoraggio degli Stati membri.

vii) Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva la Commissione compila una bozza di registro dei siti destinati a formare la rete di intercalibrazione, che potrà essere adattato secondo le procedure di cui all'articolo 21. Il registro definitivo dei siti è compilato entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva ed è pubblicato a cura della Commissione.

viii) La Commissione e gli Stati membri completano l'operazione di intercalibrazione entro 18 mesi dalla pubblicazione del registro definitivo.

ix) I risultati dell'operazione di intercalibrazione e i valori fissati per le classificazioni adottate nei sistemi di monitoraggio degli Stati membri sono pubblicati a cura della Commissione entro sei mesi dal completamento dell'operazione stessa.

1.4.2. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato e del potenziale ecologici

i) Per le varie categorie di acque superficiali, lo stato ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico e fisico-chimico relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella qui riportata. Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che riporta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della medesima tabella per rispecchiare la classificazione dello stato ecologico del corpo idrico.

 

 

Classificazione dello stato ecologico

Schema cromatico

 

 

elevato

blu

buono

verde

sufficiente

giallo

scarso

arancione

cattivo

rosso

 

 

ii) Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali, il potenziale ecologico del corpo idrico in questione è classificato in base al più basso dei valori riscontrati durante il monitoraggio biologico e fisico-chimico relativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la prima colonna della tabella qui riportata. Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che riporta la classificazione del potenziale ecologico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli fortemente modificati, nella terza.

 

 

 

Schema cromatico

Classificazione del potenziale ecologico

 

 

 

 

 

Corpi idrici artificiali

Corpi idrici fortemente modificati

 

 

 

buono e oltre

rigatura uniforme verde e grigio chiaro

rigatura uniforme verde e grigio scuro

sufficiente

rigatura uniforme giallo e grigio chiaro

rigatura uniforme giallo e grigio scuro

scarso

rigatura uniforme arancione e grigio chiaro

rigatura uniforme arancione e grigio scuro

cattivo

rigatura uniforme rosso e grigio chiaro

rigatura uniforme rosso e grigio scuro

 

 

 

iii) Gli Stati membri indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui lo stato o il buon potenziale ecologico non è stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità ambientale fissati per il corpo idrico in questione relativamente a determinati inquinanti sintetici e non sintetici (secondo il regime di conformità previsto dallo Stato membro).

1.4.3. Presentazione dei risultati del monitoraggio e classificazione dello stato chimico

Il corpo idrico che soddisfa tutti gli standard di qualità ambientale fissati nell'allegato IX, all'articolo 21 e ai sensi di altri pertinenti atti normativi comunitari che fissano standard di qualità ambientale è classificato "in buono stato chimico". In caso negativo, il corpo è classificato come corpo cui non è riconosciuto il buono stato chimico.

Per ciascun distretto idrografico gli Stati membri forniscono una mappa che indica lo stato chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda colonna della tabella qui riportata per rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.

 

 

Classificazione dello stato chimico

Schema cromatico

 

 

 

 

buono

blu

mancato conseguimento dello stato buono

rosso

 

 

 

 


 


2.1.1. Parametro per la classificazione dello stato quantitativo

Regime di livello delle acque sotterranee

2.1.2. Definizione di stato quantitativo

 

 

Elementi

Stato buono

 

 

 

 

Livello delle acque sotterranee

Il livello di acque sotterranee nel corpo sotterraneo è tale che la media annua dell'estrazione a

 

lungo termine non esaurisca le risorse idriche sotterranee disponibili.

 

Di conseguenza, il livello delle acque sotterranee non subisce alterazioni antropiche tali da:

 

- impedire il conseguimento degli obiettivi ecologici specificati all'articolo 4 per le acque

 

superficiali connesse,

 

- comportare un deterioramento significativo della qualità di tali acque,

 

- recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico

 

sotterraneo.

 

Inoltre, alterazioni della direzione di flusso risultanti da variazioni del livello possono verificarsi,

 

su base temporanea o permanente, in un'area delimitata nello spazio; tali inversioni non causano

 

tuttavia l'intrusione di acqua salata o di altro tipo né imprimono alla direzione di flusso alcuna

 

tendenza antropica duratura e chiaramente identificabile che possa determinare siffatte

 

intrusioni.

 

 

 

 

 

2.2.1. Rete di monitoraggio del livello delle acque sotterranee

La rete di monitoraggio delle acque sotterranee è istituita a norma dei requisiti di cui agli articoli 7 e 8. Essa è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Gli Stati membri inseriscono nel piano di gestione del bacino idrografico una o più mappe che riportano la rete di monitoraggio delle acque sotterranee.

2.2.2. Intervallo spaziale tra i siti di monitoraggio

La rete si articola in sufficienti punti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine e in particolare:

- per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4, fissa un intervallo spaziale tra i punti di monitoraggio sufficiente a valutare l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee,

- per i corpi idrici sotterranei le cui acque sotterranee fluiscono attraverso la frontiera di uno Stato membro, designa sufficienti punti di monitoraggio per stimare la direzione e la velocità del flusso di acque sotterranee attraverso la frontiera dello Stato membro.

2.2.3. Frequenza temporale del monitoraggio

La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:

- per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee,

- per i corpi idrici sotterranei le cui acque sotterranee fluiscono attraverso la frontiera di uno Stato membro, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a stimare la direzione e la velocità del flusso di acque sotterranee attraverso la frontiera dello Stato membro.

2.2.4. Interpretazione e presentazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee

I risultati ottenuti grazie alla rete di monitoraggio per un corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei sono utilizzati per calcolare lo stato quantitativo del corpo o dei corpi in questione. Fatto salvo il punto 2.5, gli Stati membri forniscono una mappa basata sulla conseguente constatazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee, conforme allo schema cromatico seguente:

buono: verde

scarso: rosso.

 

2.3.1. Parametri per la determinazione dello stato chimico delle acque sotterranee

Conduttività

Concentrazioni di inquinanti

2.3.2. Definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee

 

 

Elementi

Stato buono

 

 

 

 

Generali

La composizione chimica del corpo idrico sotterraneo è tale che le concentrazioni di inquinanti:

 

- sottoindicate non presentano effetti di intrusione salina o di altro tipo,

 

- non superano gli standard di qualità applicabili ai sensi di altri atti normativi comunitari, ai sensi

 

dell'articolo 17,

 

- non sono tali da impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali di cui all'articolo 4 per le acque

 

superficiali connesse né da comportare un deterioramento significativo della qualità ecologica o chimica di tali

 

corpi né da recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico

 

sotterraneo.

 

 

 

 

Conduttività

Le variazioni della conduttività non indicano intrusioni saline o di altro tipo nel corpo idrico sotterraneo.

 

 

 

 

 

2.4.1. Rete di monitoraggio delle acque sotterranee

La rete di monitoraggio delle acque sotterranee è istituita a norma dei requisiti degli articoli 7 e 8. Essa è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico e da rilevare eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo agli inquinanti.

In base alla caratterizzazione e alla valutazione dell'impatto svolte a norma dell'articolo 5 e dell'allegato II, gli Stati membri definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma sono utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.

Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.

2.4.2. Monitoraggio di sorveglianza

Obiettivo

Il monitoraggio di sorveglianza è finalizzato a:

- integrare e convalidare la procedura di valutazione dell'impatto,

- fornire informazioni utili per la valutazione delle tendenze a lungo termine risultanti sia da mutamenti delle condizioni naturali che dall'attività dell'uomo.

Selezione dei siti di monitoraggio

È selezionato un numero sufficiente di siti di monitoraggio per:

- i corpi classificati a rischio in base alla caratterizzazione effettuata a norma dell'allegato II, e

- i corpi che attraversano una frontiera degli Stati membri.

Selezione dei parametri

In tutti i corpi idrici sotterranei selezionati il monitoraggio riguarda tutti i parametri fondamentali seguenti:

- tenore di ossigeno,

- valore del pH,

- conduttività,

- nitrati,

- ione ammonio.

Per i corpi che, in base all'allegato II, si ritiene rischino pesantemente di non raggiungere lo stato buono il monitoraggio riguarda anche i parametri indicativi dell'impatto delle pressioni in questione.

I corpi idrici transfrontalieri sono controllati rispetto ai parametri utili per tutelare tutti gli usi cui è destinato il flusso di acque sotterranee.

2.4.3. Monitoraggio operativo

Obiettivo

Il monitoraggio operativo è effettuato nei periodi che intercorrono tra due programmi di monitoraggio di sorveglianza, al fine di:

- constatare lo stato chimico di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei classificati a rischio;

- rilevare le eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo alla concentrazione di inquinanti.

Selezione dei siti di monitoraggio

Il monitoraggio operativo è effettuato su tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei che, in base alla valutazione dell'impatto di cui all'allegato II e al monitoraggio di sorveglianza, risulta rischino di non conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 4. I siti di monitoraggio sono selezionati anche previa valutazione della rappresentatività dei dati ivi rilevati rispetto alla qualità del corpo o corpi idrici sotterranei interessati.

Frequenza temporale del monitoraggio

Il monitoraggio operativo è effettuato nei periodi che intercorrono fra due programmi di monitoraggio di sorveglianza a una frequenza sufficiente a rilevare gli impatti delle pressioni in questione, e comunque almeno una volta l'anno.

2.4.4. Rilevamento delle tendenze riguardo agli inquinanti

Per rilevare le eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo alla concentrazione degli inquinanti, e per invertirle, gli Stati membri si valgono dei dati ottenuti sia con il monitoraggio di sorveglianza che con quello operativo. È stabilito un anno o periodo di riferimento rispetto al quale calcolare le tendenze rilevate. Queste sono calcolate per un corpo idrico sotterraneo o, se del caso, per un gruppo di corpi idrici sotterranei. L'inversione di una tendenza deve essere statisticamente dimostrata e deve essere dichiarato il grado di attendibilità associato al rilevamento.

2.4.5. Interpretazione e presentazione dello stato chimico delle acque sotterranee

Per stabilire lo stato, i risultati ottenuti nei singoli punti di monitoraggio all'interno di un corpo idrico sotterraneo sono aggregati per il corpo nel suo complesso. Fatte salve le direttive applicabili, perché a un corpo idrico sotterraneo sia riconosciuto lo stato buono relativamente ai parametri chimici per i quali la normativa comunitaria fissa standard di qualità ambientale:

- deve essere calcolata la media dei risultati del monitoraggio ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei,

- a norma dell'articolo 17, la conformità al buono stato chimico delle acque sotterraneele deve essere dimostrata dalle medie così calcolate.

Fatto salvo il punto 2.5, gli Stati membri forniscono una mappa dello stato chimico delle acque sotterranee, conforme allo schema cromatico seguente:

buono: verde

scarso: rosso.

Gli Stati membri indicano inoltre con un punto nero sulla mappa i corpi idrici sotterranei cui è impressa, riguardo alle concentrazioni di un qualsiasi inquinante, una tendenza ascendente significativa e duratura dovuta all'impatto di un'attività umana. L'inversione di una di queste tendenze è segnalata sulla mappa da un punto blu.

Tali mappe sono incorporate nel piano di gestione del bacino idrografico.

 

Gli Stati membri inseriscono nel piano di gestione del bacino idrografico una mappa che riporta, per ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei, sia lo stato quantitativo che quello chimico, secondo lo schema cromatico prescritto ai punti 2.2.4 e 2.4.5. Gli Stati membri possono evitare di fornire mappe distinte in applicazione dei punti 2.2.4 e 2.4.5, ma in tal caso devono inoltre indicare sulla mappa prevista al punto 2.4.5, secondo i requisiti di cui al medesimo punto, i corpi cui è impressa una tendenza ascendente significativa e duratura riguardo alla concentrazione di un qualsiasi inquinante o l'eventuale inversione di una tale tendenza.

 


Giurisprudenza costituzionale

 


SENTENZA N. 272

ANNO 2004

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Gustavo          ZAGREBELSKY                      Presidente

- Valerio            ONIDA                     Giudice

- Guido             NEPPI MODONA                    “

- Piero Alberto  CAPOTOSTI                           “

- Annibale         MARINI                   “

- Franco            BILE                        “

- Giovanni Maria              FLICK                      “

- Francesco       AMIRANTE                             “

- UgoDE SIERVO                            “

- Romano          VACCARELLA                        “

- Paolo              MADDALENA                          “

- Alfonso           QUARANTA                            “

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 21 gennaio 2004, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2004.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2004 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi l’avvocato Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. ― La Regione Toscana, con ricorso notificato il 21 gennaio 2004 e depositato il successivo 29 gennaio, ha impugnato diverse norme del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, e, per quanto qui interessa, ha denunciato l’art. 14, commi 1 e 2, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione.

2. ― Il censurato art. 14, commi 1 e 2, del d.l. n. 269 del 2003, come modificato dalla legge di conversione n. 326 del 2003, ha modificato sia l’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) – già modificato dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002) in tema di servizi pubblici locali di rilevanza economica – sia l’art. 113-bis del medesimo d. lgs. n. 267 del 2000, introdotto dal citato art. 35 della legge n. 448 del 2001, sui servizi pubblici locali privi di rilevanza economica.

In particolare, la normativa impugnata ha sostituito la distinzione fra servizi pubblici locali “di rilevanza industriale” e servizi pubblici locali “privi di rilevanza industriale” con quella fra servizi pubblici locali “di rilevanza economica” e servizi pubblici locali “privi di rilevanza economica” ed ha specificato che le disposizioni che disciplinano puntualmente le modalità di gestione dei servizi pubblici locali – anch’esse oggetto di modifica – attengono alla tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle specifiche normative di settore. Quanto alla disciplina delle modalità di gestione dei predetti servizi, la normativa impugnata ha stabilito che: la gestione dei servizi di rilevanza economica può essere affidata a società di capitali individuate con gara ad evidenza pubblica o a società miste, i cui soci privati siano scelti con gara ad evidenza pubblica, o a società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti pubblici che la controllano; la gestione dei servizi privi di rilevanza economica avviene mediante affidamento diretto ad istituzioni ed aziende speciali o anche a società a capitale interamente pubblico, con esclusione dei privati e delle società miste. Infine, si è provveduto a disciplinare la scadenza del periodo di affidamento in esito alla successiva gara di affidamento al nuovo gestore nonché il periodo di transizione per il passaggio dalle esistenti gestioni a quelle da affidarsi con le nuove regole.

2.1. ― Secondo la Regione Toscana, le disposizioni impugnate violerebbero in primo luogo l’art. 117 della Costituzione, in quanto porrebbero una disciplina dettagliata ed autoapplicativa dei servizi pubblici locali, materia che l’art. 117 non contempla fra quelle riservate alla legislazione esclusiva dello Stato e che quindi spetta alle regioni disciplinare nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Tale materia non sarebbe, infatti, riconducibile alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), la quale riguarderebbe solo i servizi sociali e non quelli di rilevanza economica e comunque – essendo limitata alla determinazione degli standard minimi delle prestazioni – non precluderebbe al legislatore regionale la possibilità di disciplinare gli aspetti concernenti l’organizzazione del servizio e le modalità di gestione del medesimo; né essa potrebbe ricollegarsi alle “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione), non costituendo la gestione dei servizi pubblici locali una funzione fondamentale dell’ente locale, ma “un’attività di regola esercitata in regime di concorrenza e quindi sottratta ad una gestione effettuata con gli strumenti del potere pubblico”. Le disposizioni impugnate non si potrebbero, inoltre, giustificare – ad avviso della ricorrente – neppure in relazione alla competenza legislativa statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” (art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione), in quanto la disciplina dei servizi pubblici locali riguarderebbe non già la “tutela della concorrenza”, ma la diversa materia della “promozione della concorrenza”, costituita da un insieme di regole e procedure di tipo pubblicistico volte a creare in modo artificiale le condizioni per la concorrenza, di competenza regionale.

La ricorrente deduce, infine, che le disposizioni censurate violerebbero anche l’art. 118 della Costituzione, non essendo indicati i “presupposti per l’intervento legislativo statale in sussidiarietà” e non essendo comunque prevista “l’intesa con la regione che sarebbe invece imprescindibile a fronte dell’interferenza della disciplina in ambiti materiali di competenza regionale”.

2.2. ― Nell’imminenza dell’udienza pubblica la Regione Toscana ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

3. ― Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile e, comunque, infondato.

In via preliminare, la difesa erariale ritiene che il ricorso sia inammissibile, giacché, con riferimento alle disposizioni legislative già presenti nel decreto-legge n. 269 del 2003 e quindi già in vigore dal 2 ottobre 2003, “a sé stanti e non modificate dalla legge di conversione”, esso sarebbe tardivo e comunque conterrebbe censure prive di motivazione.

Nel merito, la difesa erariale sostiene l’infondatezza del ricorso, deducendo che sussisterebbe una competenza legislativa esclusiva dello Stato, non solo in relazione alla materia “tutela della concorrenza” (secondo comma, lettera e), dell’art. 117 della Costituzione), ma anche in relazione alla materia “funzioni fondamentali degli enti locali” (secondo comma, lettera p), dell’art. 117 della Costituzione), in quanto le funzioni di gestione, organizzazione ed erogazione dei servizi pubblici locali sarebbero “essenziali” rispetto ai bisogni delle comunità servite nonché in riferimento alla cospicua incidenza sull’equilibrio finanziario degli enti locali dei costi per gli investimenti e per l’esercizio dei servizi stessi. Si ravviserebbe, altresì, una competenza legislativa statale esclusiva in tema di servizi pubblici locali anche in relazione alla materia “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (secondo comma, lettera m), dell’art. 117 della Costituzione), dal momento che, attraverso la prestazione dei servizi pubblici locali, si concretizzerebbero “molteplici ed importanti diritti sociali” che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

3.1. ― Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la difesa erariale ha depositato memoria nella quale insiste perché la Corte dichiari inammissibile e/o infondato il ricorso.

In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato precisa che le modifiche apportate alla disciplina dei servizi pubblici locali dalle disposizioni impugnate costituirebbero l’esito di “un pluriennale dialogo con l’Unione europea” e sarebbero perciò volte “ad assicurare la realizzazione di un valore e di un risultato – quello di una (per quanto tecnicamente possibile) effettiva e non ostacolata concorrenza fra operatori economici” – esplicitamente indicato dai Trattati come fondamentale. Pertanto, le disposizioni impugnate sarebbero sorrette da più parametri costituzionali contenuti nell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, in particolare alla lettera e) ed alla lettera a).

4. ― All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.

Considerato in diritto

1. ― La questione di legittimità costituzionale, sollevata con il ricorso in epigrafe dalla Regione Toscana, ha ad oggetto l’art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Secondo la ricorrente, le disposizioni impugnate, che hanno introdotto una disciplina dettagliata ed autoapplicativa dei servizi pubblici locali sia “di rilevanza economica”, sia “privi di rilevanza economica”, non sarebbero riconducibili a nessuna delle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato previste dall’art. 117, secondo comma, della Costituzione, né, in particolare, a quella relativa alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, o a quella relativa alle “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”. Neppure invocabile, secondo la ricorrente, sarebbe la competenza statale in materia di “tutela della concorrenza”, prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera e), giacché al massimo si potrebbe fare riferimento alla “promozione della concorrenza” in tutti quei casi in cui il mercato non appaia concorrenziale.

La disciplina in oggetto, dettagliata ed autoapplicativa, esulerebbe quindi dalla sfera di competenza legislativa dello Stato e rientrerebbe nell’ambito della competenza esclusiva della Regione ricorrente, dal momento che non sono neppure indicati i “presupposti” di un eventuale intervento “in sussidiarietà” dello Stato, ai sensi dell’art. 118 della Costituzione, e non è comunque previsto un accordo sul punto tra Stato e Regione.

2. ― In via preliminare vanno rigettate le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato in ordine all’asserita tardività delle censure proposte dalla ricorrente nei confronti di disposizioni della legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, che hanno confermato quelle originariamente contenute nel d.l. 30 settembre 2003, n. 269. Ed infatti, indipendentemente dalla circostanza che nella specie la legge di conversione ha introdotto rilevanti modifiche, in considerazione del carattere intrinsecamente precario del decreto – legge, il ricorso può essere proposto nei confronti della relativa legge di conversione che rende permanente e definitiva la asserita lesione da cui scaturisce l’interesse a ricorrere della Regione (sentenza n. 25 del 1996).

3. ― La questione è parzialmente fondata, nei termini di seguito esposti.

Le disposizioni impugnate, che recano una nuova disciplina della gestione dei servizi pubblici locali, si inseriscono in un quadro normativo molto articolato, che sostanzialmente prende le mosse dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante la legge finanziaria per il 2002, il quale introduce profonde modifiche alla impostazione normativa risalente agli anni novanta e consacrata nell’art. 113 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). Ma subito dopo la riforma del 2001, si è proceduto ad ulteriori innovazioni su aspetti rilevanti della disciplina in esame, dapprima con il censurato art. 14 del d.l. n. 269 del 2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326 del 2003, e successivamente ancora con l’art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004). Tali innovazioni sono state in larga parte indotte dai rilievi espressi dalla Commissione europea sulla precedente normativa e dall’esigenza di trovare un esplicito fondamento nel novellato art. 117 della Costituzione. Sotto questi profili sono significativi, nella disciplina in esame, sia il testuale riferimento alla tutela della concorrenza, sia la nuova qualificazione di “rilevanza economica” attribuita a determinati servizi pubblici locali – in analogia con la denominazione che viene attualmente adottata in sede comunitaria – in luogo della precedente qualificazione di “rilevanza industriale”.

La disciplina in esame non appare riferibile – come osserva la ricorrente – né alla competenza legislativa statale in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), giacché riguarda precipuamente servizi di rilevanza economica e comunque non attiene alla determinazione di livelli essenziali, né a quella in tema di “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p), giacché la gestione dei predetti servizi non può certo considerarsi esplicazione di una funzione propria ed indefettibile dell’ente locale. Viceversa, in relazione ai riferimenti testuali e soprattutto ai caratteri funzionali e strutturali della regolazione prevista, la medesima disciplina può essere agevolmente ricondotta nell’ambito della materia “tutela della concorrenza”, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Non appare però condivisibile la prospettazione della Regione ricorrente, secondo cui il regime in oggetto, incidendo su situazioni di non concorrenzialità del mercato per la presenza di diffuse condizioni di monopolio naturale e riguardando interventi propriamente di “promozione” e non già di “tutela” della concorrenza, sarebbe estraneo, in quanto tale, all’ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato e pertinente invece alla competenza regionale in tema di servizi pubblici locali. Secondo l’interpretazione di questa Corte, la tutela della concorrenza “non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali” (sentenza n. 14 del 2004). In altri termini, la tutela della concorrenza riguarda nel loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude perciò anche interventi promozionali dello Stato. Alla stregua dei principi espressi da questo indirizzo giurisprudenziale, dunque, non può essere accolta la tesi della ricorrente su una pretesa distinzione di competenze legislative tra Stato e Regioni in ordine rispettivamente a misure di “tutela” o a misure di “promozione” della concorrenza, dal momento che la indicata configurazione della tutela della concorrenza ha una portata così ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuovere, sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato.

Sotto questo profilo è quindi significativa la dichiarazione, contenuta nel censurato art. 14 di modifica del comma 1 dell’art. 113 del t.u. citato, secondo cui le predette disposizioni sulle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica “concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore”. L’art. 14 si può dunque sostanzialmente considerare una norma-principio della materia, alla cui luce è possibile interpretare il complesso delle disposizioni in esame nonché il rapporto con le altre normative di settore, nel senso cioè che il titolo di legittimazione dell’intervento statale in oggetto è fondato sulla tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e che la disciplina stessa contiene un quadro di principi nei confronti di regolazioni settoriali di fonte regionale. L’accoglimento di questa interpretazione comporta, da un lato, che l’indicato titolo di legittimazione statale è riferibile solo alle disposizioni di carattere generale che disciplinano le modalità di gestione e l’affidamento dei servizi pubblici locali di “rilevanza economica” e dall’altro lato che solo le predette disposizioni non possono essere derogate da norme regionali.

Alla luce di queste considerazioni, nella questione di costituzionalità in esame, non appaiono censurabili tutte quelle norme impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell’ambito di rapporti – come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi – i quali per la loro diretta incidenza sul mercato appaiono più meritevoli di essere preservati da pratiche anticoncorrenziali. Alle stesse finalità garantistiche della concorrenza appare ispirata anche la disciplina transitoria, che, in modo non irragionevole, stabilisce i casi di cessazione delle concessioni già assentite in relazione all’effettuazione di procedure ad evidenza pubblica e al tipo di società affidataria del servizio.

Non spetta peraltro a questa Corte valutare in concreto la rilevanza degli effetti economici derivanti dalle singole previsioni di interventi statali in materia: stabilire cioè se una determinata regolazione abbia effetti così importanti sull’economia di mercato, da postulare misure di tutela della concorrenza, tali da trascendere l’ambito regionale; quello che invece non può sottrarsi al sindacato di costituzionalità è il fatto che i vari “strumenti di intervento siano disposti in una relazione ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi” (sentenza n. 14 del 2004). Il criterio della proporzionalità e dell’adeguatezza appare quindi essenziale per definire l’ambito di operatività della competenza legislativa statale attinente alla “tutela della concorrenza” e conseguentemente la legittimità dei relativi interventi statali. Trattandosi infatti di una cosiddetta materia-funzione, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, la quale non ha un’estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma, per così dire, “trasversale” (cfr. sentenza n. 407 del 2002), poiché si intreccia inestricabilmente con una pluralità di altri interessi – alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle Regioni – connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese, è evidente la necessità di basarsi sul criterio di proporzionalità-adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.

Proprio sotto questo profilo appare fondata la censura della ricorrente relativa all’art. 14, comma 1, lettera e), che, in riferimento all’art. 113, comma 7, del citato testo unico, là dove stabilisce, dettagliatamente e con tecnica autoapplicativa, i vari criteri in base ai quali la gara viene aggiudicata, introduce la prescrizione che le previsioni dello stesso comma 7 “devono considerarsi integrative delle discipline di settore”. L’estremo dettaglio nell’indicazione di questi criteri, che peraltro non prendono in considerazione ulteriori requisiti dell’aspirante, quali, ad esempio, precedenti esperienze di gestione nel settore, va al di là della pur doverosa tutela degli aspetti concorrenziali inerenti alla gara, che peraltro appaiono sufficientemente garantiti dalla puntuale indicazione, nella prima parte del comma, di una serie di standard – coerenti con quelli contenuti nella direttiva 2004/18/CE – nel cui rispetto la gara appunto deve essere indetta ed aggiudicata. È evidente quindi che la norma in esame, prescrivendo che deve considerarsi integrativa delle discipline settoriali di fonte regionale la disposizione estremamente dettagliata ed autoapplicativa di cui al citato art. 113, comma 7, pone in essere una illegittima compressione dell’autonomia regionale, poiché risulta ingiustificato e non proporzionato rispetto all’obiettivo della tutela della concorrenza l’intervento legislativo statale.

Va pertanto dichiarata, per le ragioni esposte, l’illegittimità costituzionale della norma censurata e, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche dell’art. 113, comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo del testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002).

4. ― La tutela della concorrenza e l’inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali sono però esplicitamente evocate in riferimento ai soli servizi pubblici locali attualmente classificati come “di rilevanza economica”, di cui all’art. 113, e non già in riferimento ai servizi “privi di rilevanza economica” previsti dall’art. 113-bis. La nuova denominazione di questi servizi, adottata in conformità a tendenze emerse in sede di Commissione europea a decorrere dal settembre 2000, già di per sé può indicare che il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale.

A questo proposito la Commissione europea, nel “Libro Verde sui servizi di interesse generale” (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche, dopo aver precisato che la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale di natura “non economica”. Secondo la costante giurisprudenza comunitaria spetta infatti al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell’assenza di uno scopo precipuamente lucrativo, della mancata assunzione dei rischi connessi a tale attività ed anche dell’eventuale finanziamento pubblico dell’attività in questione (Corte di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001). Per i servizi locali, quindi, che, in relazione al soggetto erogatore, ai caratteri ed alle modalità della prestazione, ai destinatari, appaiono privi di “rilevanza economica”, ci sarà dunque spazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale.

Alla luce di queste considerazioni, l’intervento del censurato art. 14, comma 2, sulla disciplina della gestione dei servizi pubblici locali “privi di rilevanza economica”, di cui all’art. 113-bis del citato testo unico, non può essere certo riferito ad esigenze di tutela della libertà di concorrenza e quindi, sotto questo profilo, si configura come illegittima compressione dell’autonomia regionale e locale.

Per tutte queste ragioni va dichiarata l’illegittimità costituzionale del censurato art. 14, comma 2 e, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche dell’art. 113-bis, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 della legge n. 448 del 2001.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, lettera e), e comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326;

2) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 113, comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), nel testo sostituito dall’art. 35, comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002);

3) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 113-bis dello stesso decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel testo introdotto dal comma 15 dell’art. 35 della citata legge n. 448 del 2001;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 – ad eccezione della lettera e)già dichiarata costituzionalmente illegittima –del medesimo decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella citata legge 24 novembre 2003, n. 326, sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.

F.to:

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2004.

 



[1] COM (2006) 397.

[2]    COM (2007) 128.

[3]    SEC (2007) 362.

[4]    COM (2006) 921.

[5] COM (2007) 414.

[6]    Procedura 2004/59 – causa C-85/05.

[7]    l 12 dicembre 2006 la Commissione aveva inviato all’Italia la lettera di messa in mora ex articolo 228. Sulla base di detto articolo, qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire nuovamente la Corte di giustizia, in questo caso precisando l'importo della somma forfetaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.

[8]    Procedura 2005/2315 – causa C-85/07.

[9]     I lavori del quarto Forum sono consultabili sul sito internet http://www.worldwaterforum4.org.mx/home/home.asp

[10]   http://www.worldwaterforum4.org.mx/files/Declaraciones/MinisterialDeclaration.pdf

[11]   Tale evento è stato promosso da un Comitato internazionale AMECE, composto da oltre 40 rappresentanti di movimenti e associazioni impegnati a difesa dell’acqua nei vari continenti e può contare sul sostegno organizzativo di un comitato belga composto da oltre 30 associazioni. In Italia oltre al Comitato Italiano del Contratto Mondiale sull’acqua, ne sono promotori il Cipsi – coordinamento di 37 associazioni di solidarietà internazionale-, il CEVI, il Cospe, il Cric e Legambiente.

[12]http://www.contrattoacqua.it/public/up//documenti_PDF/parlamentoEuropeo/parlamentoeuropeo2006.pdf

[13]   http://www.europa.eu.int/comm/environment/smap/home.htm

[14]   Si ricorda che l’art. 30 della legge n. 183 del 1989 aveva previsto l’individuazione di un bacino-pilota (scelto per le particolari condizioni di dissesto idrogeologico, di rischio sismico e di inquinamento delle acque), nel quale procedere alla predisposizione del piano di bacino e alla sperimentazione delle normative tecniche e delle più opportune modalità di coordinamento con i piani di risanamento delle acque e di smaltimento dei rifiuti. Tale bacino era stato individuato nel bacino del Serchio. In quanto bacino-pilota, il bacino del Serchio è dotato di piena autonomia funzionale ed organizzativa, come i bacini di rilievo nazionale.

[15]   Si tratta di una definizione che riproduce quella recata dall’art. 4, comma 1, lettera f), della legge Galli, che nel 1994 introdusse una profonda riforma del settore volta ad unificare “in un unico ciclo di prestazioni attività fino a quel momento separatamente considerate e conseguentemente organizzate secondo soluzioni particolari. E così il servizio idrico diventa “integrato”: un ampio contenitore, che raccoglie al suo interno il complesso dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, oltre che di fognatura e depurazione delle acque reflue” con l’intento di “rimediare alla “parcellizzazione” operativa che i vecchi meccanismi avevano generato, con migliaia di strutture deputate alla gestione e una certa dispersione di risorse economiche”. C. Mancuso, Il servizio idrico integrato in Emilia-Romagna: tra esigenze di aggregazione e nuovi municipalismi, in “Le istituzioni del federalismo” n. 2/2006. Tale numero della rivista è un fascicolo monografico dedicato al servizio idrico integrato, completamente disponibile anche all’indirizzo internet http://www.regione.emilia-romagna.it/affari_ist/rivista_2_2006/indice2_06.htm.

[16]   Costituenti il Titolo II della Sezione III della Parte terza del decreto n. 152.

[17]   Tale novella ha consentito di superare le difficoltà operative legate al fatto che in alcune regioni non si era provveduto a conferire personalità giuridica agli enti d’ambito, secondo quanto sottolineato nella Relazione annuale al Parlamento sullo stato dei servizi idrici per l’anno 2005, redatta nel luglio 2006 dal Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche e consultabile all’indirizzo internet http://www2.minambiente.it/Sito/cvri/docs/relazione_2005.pdf.

[18]   Vale a dire entro il 29 aprile 2007.

[19]   Si rammenta, inoltre, che è attualmente all’esame della 1a Commissione (Affari costituzionali) del Senato, il disegno di legge A.S. 772 recante “Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali”.

[20]   Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248.

[21]   In realtà il Ministero dell’ambiente ha emanato il D.M. 2 maggio 2006 (G.U. n. 113/2006) recante “Disciplina delle modalità e dei termini di aggiudicazione della gestione del Servizio idrico integrato, ai sensi dell'articolo 150, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”, tuttavia lo stesso Ministero ha comunicato l’inefficacia (G.U. n. 146/2006) di tale decreto, poiché privo del necessario visto della Corte dei conti.

[22]   B. Spadoni, La regolazione dei servizi idrici (relazione tenuta al Convegno “Dopo la legge Galli. La regolazione fra regime transitorio e metodo normalizzato” svoltosi a Ferrara nel maggio 2006 e disponibile su http://www.indisunioncamere.it/allegati/Relaz_IdricoMaggio06_Spadoni.doc).

Lo stesso autore sottolinea, altresì, che “i principali rischi di un approccio così dirigistico sono, da un lato, la prevedibile incapacità del soggetto pubblico a svolgere un ruolo estraneo alle sue competenze, con la conseguenza di indicare obiettivi e misure incoerenti o incompatibili, dall’altro, la rinuncia di fatto a sfruttare le potenzialità di innovazione tecnica, organizzativa e gestionale proprie della funzione imprenditoriale”.

[23]   Il testo dell’art. 9 deriva dall’approvazione, nella seduta dello scorso 30 maggio sull’A.C. 2272-bis-A, di un emendamento della Commissione e un subemendamento ad esso riferito (emendamento 6. 0300 e subemendamento Bonelli 0.6.0300.3).