Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Tutela dei prodotti italiani - A.C. 664 e A.C. 848 - Lavori parlamentari nella XIV legislatura
Riferimenti:
AC n. 848/XV   AC n. 664/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 23    Progressivo: 1
Data: 17/07/2006
Descrittori:
ETICHETTATURA DI PRODOTTI   MARCHI DI QUALITA' GARANZIA E IDENTIFICAZIONE
TUTELA DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI     
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Tutela dei prodotti italiani

A.C. 664 e A.C. 848

Lavori parlamentari nella XIV legislatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n.23/1

 

17 luglio 2006

 


La documentazione predisposta per l’esame delle proposte di legge A.C. 848 e A.C. 664 recante "Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani" si articola nei seguenti fascicoli:

§         dossier n. 23 , Schede di lettura;

§         dossiern. 23/1, Iter parlamentare nella XIV legislatura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Attività produttive

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AP0018a.doc


INDICE

Iter parlamentare

Camera dei deputati

§      A.C. 472 (on. Contento), Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualità dei prodotti italiani3

§      A.C. 1250, (on. Paola Mariani), Istituzione del marchio made in Italy  7

§      A.C. 2689, (on. Rotundo ed altri), Istituzione del marchio made in Italy per la tutela della qualità dei prodotti del settore tessile e dell'abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  17

§      A.C. 2805, (on. Scaltritti), Istituzione dell’identificazione di provenienza e qualità made in Italy certificato  29

§      A.C. 3817 (on. Raisi ed altri), Istituzione del marchio Made in Italy  35

§      A.C. 4001, (on. Gianfranco Conte), Istituzione del marchio Made in Italy e norme di contrasto alla contraffazione dei beni industriali e artigianali45

§      A.C. 4497, (on. Didonè e Polledri), Istituzione del marchio Made in Italy, Full Made in Italyu, Designed in Italy e Styled in Italy per la tutela dei prodotti italiani83

Esame in sede referente

-       X Commissione (Attività produttive)

Seduta del 4 giugno 2002  99

Seduta del 19 giugno 2002  102

Seduta del 26 giugno 2002  104

-       Comitato ristretto

Seduta del 10 luglio 2002  105

Seduta del 23 luglio 2002  106

Seduta del17 ottobre 2002  107

Seduta del 24 ottobre 2002  109

Seduta del 28 novembre 2002  111

Seduta del 5 dicembre 2002  113

Seduta del 20 febbraio 2003  115

Seduta dell’11 marzo 2003  117

Seduta del 18 marzo 2003  119

Seduta del 1° aprile 2003  121

Seduta del 18 aprile 2003  123

Seduta del 24 settembre 2003  125

Seduta del 30 settembre 2003  127

Seduta del 2 ottobre 2003  128

Seduta del 29 ottobre 2003  129

Seduta del 5 novembre 2003  130

Seduta del 26 febbraio 2004  138

Seduta del 21 ottobre 2004  140

Seduta del 10 novembre 2004  141

Seduta del 18 novembre 2004  142

Seduta del 25 novembre 2004  143

Seduta dell’1 dicembre 2004  151

Seduta del 16 dicembre 2004  159

Seduta del 16 marzo 2005  163

Seduta del 7 aprile 2005  168

Seduta del 4 maggio 2005  176

Seduta del 12 maggio 2005  190

Seduta del 18 maggio 2005  193

Seduta del 25 maggio 2005  207

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla X Commissione (Attività produttive)

-       I Commissione (Affari costituzionali) – comitato pareri

Seduta del 25 maggio 2005  214

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 24 maggio 2005  217

Seduta del 25 maggio 2005  220

-       V Commissione (Bilancio))

Seduta del 25 maggio 2005  221

-       VI Commissione (Finanze)

Seduta del 24 maggio 2005  226

Seduta del 25 maggio 2005  232

-       XI Commissione (Lavoro)

Seduta del 25 maggio 2005  237

-       XII Commissione (Affari sociali)

Seduta del 24 MAGGIO 2005  241

-       XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Seduta del 25 maggio 2005  242

§      Pareri resi All’Assembela

-       I Commissione (Affari costituzionali) – comitato pareri

Seduta del 30 maggio 2005  251

-       V Commissione (Bilancio)

Seduta del 30 maggio 2005  252

-       X Commissione (Attività produttive) – comitato dei nove

Seduta del 30 maggio 2005  256

Proposta di legge

§      A.C. 472-1250-2689-2805-3817-4001-4497-A, Relazione della Commissione  259

Discussione in Assemblea

Seduta del 26 maggio 2005  281

Seduta del 30 maggio 2005  299

Senato della Repubblica

§      A.S. 405, (sen. Magnalbò), Istituzione del marchioMade in Italy per la tutela della qualità delle calzature italiane  391

§      A.S. 1404, (sen. Stanisci), Istituzione del marchiomade in Italy per la tutela della qualità dei prodotti del settore tessile e dell’abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  403

§      A.S.1595, (sen. Guerzoni), Istituzione del marchioMade in Italy per i capi del tessile e dell’abbigliamento prodotti interamente in Italia  413

§      A.S. 1646, (sen. Bastianoni), Istituzione del marchioMade in Italy per la tutela della qualità dei prodotti italiani423

§      A.S. 1736 (sen. Curto), Istituzione del marchio Made in Italy  per la tutela della qualità dei prodotti italiani435

§      A.S. 2698 (sen. Greco ed altri), Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualità delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell’abbigliamento, del mobile imbottito, nonché delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  445

§      A.S. 3278 (sen. Magnalbò), Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili455

§      A.S.3463, (on. Contento ed altri), Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani463

Esame in sede referente

-       Commissione 10a(Industria)

Seduta del 14 settembre 2005  479

Seduta dell’11 ottobre 2005  485

Seduta del 16 novembre 2005  487

Seduta del 22 novembre 2005  489

Seduta del 13 dicembre 2006  497

Seduta dell’11 gennaio 2006  499

Seduta del 17 gennaio 2006  505

Seduta del 18 gennaio 2006  513

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla Commissione 10a (Industria)

-       Commissione 1a (Affari costituzionali) - sottocommissione

Seduta del 29 novembre 2005  517

-       [….]Commissione 5a (Bilancio) - sottocommissione

Seduta dell’11 gennaio 2006  519

-       Commissione 6a (Finanze e Tesoro) - sottocommissione

Seduta del 22 novembre 2005  521

-       Commissione 9 a  (Agricoltura)

Seduta del 14 settembre 2005  523

Seduta del 15 settembre 2005  527

-       Commissione 11a (Lavoro)

Seduta del 22 novembre 2005  535

-       Commissione 12a (Igiene e sanità) - sottocommissione

Seduta del 4 ottobre 2005  537

-       Commissione 14a (Politiche dell’UE)

Seduta del 20 dicembre 2005  539

Seduta dell’11 gennaio 2006  549

Seduta del 18 gennaio 2006  555

Disegno di legge

§      A.S. 405, 1404, 1595, 1646, 1736, 2698 e 3278-A , Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani (n. 3463), relazione orale  563

 

 


Camera dei deputati

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 472

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

 

d'iniziativa del deputato CONTENTO

 

 

Istituzione del marchio "Made in Italy" per la tutela

della qualità dei prodotti italiani

 

             

Presentata il 4 giugno 2001

             

 

 

 


     Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende porre l'accento sulla necessità, sempre più sentita, di definire validi strumenti di tutela di quei prodotti frutto della creatività, dell'ingegno e del lavoro italiani. La certezza della provenienza del prodotto diviene, quindi, garanzia essenziale tanto per il fruitore, cliente o consumatore, quanto per i produttori italiani impegnati da sempre nel concorrere sulla qualità. Proprio quella qualità che si propone come elemento caratteristico dei prodotti dell'Italia e che distingue e privilegia la nostra offerta rispetto a quella degli altri Paesi.

        Sappiamo bene, poi, che il sostegno legislativo diviene ancor più necessario di fronte al fenomeno della globalizzazione e dell'apertura dei mercati internazionali. Reputiamo indispensabile, dunque, attraverso l'introduzione di una normativa ad hoc, arginare il dirompente fenomeno della contraffazione che minaccia l'economia di artigiani e imprenditori. E' a salvaguardia di questo prezioso patrimonio, allora, che vogliamo introdurre il marchio "Made in Italy", il cui tratto distintivo viene identificato nel lavoro necessario a realizzare il prodotto, che deve essere svolto completamente nel territorio nazionale. Non solo, ciò di cui rileviamo l'urgenza e a cui cerchiamo di dare risposta attraverso la presente proposta di legge, è altresì la definizione di un sistema sanzionatorio appropriato a quella che ci auguriamo sia presto la realtà del marchio "Made in Italy".

 

 

 

 

 

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

        1. E' istituito il marchio "Made in Italy".

        2. Il marchio di cui al comma 1 può essere apposto per identificare i prodotti realizzati in Italia.

        3. Ai fini di cui alla presente legge si considera realizzato in Italia il prodotto ottenuto esclusivamente con il lavoro svolto nel territorio nazionale.

 

 

Art. 2.

        1. L'utilizzazione del marchio "Made in Italy" è subordinata alla preventiva denuncia alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura in cui ha sede l'impresa produttrice.

        2. La denuncia di cui al comma 1 deve contenere la sommaria descrizione del bene prodotto, corredata da una sua riproduzione fotografica, nonché l'attestazione, resa nelle forme previste dalla legge per l'autocertificazione, del titolare o del legale rappresentante dell'impresa, che il prodotto è realizzato nel territorio italiano.

 

 

Art. 3.

        1. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato sono stabilite le modalità relative alla presentazione della denuncia di cui all'articolo 2, comma 1, nonché quelle dirette ad assicurarne la registrazione, la conservazione e il rilascio di copia mediante utilizzo di procedure informatiche.

        2. Con il medesimo decreto di cui al comma 1 sono disciplinate le modalità per l'apposizione del marchio "Made in Italy".

 

Art. 4.

        1. Chiunque contraffà o altera il marchio "Made in Italy", ovvero, senza avere concorso alla contraffazione o alterazione, fa uso di tale marchio o di segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire 4 milioni.

        2. Alla medesima pena di cui al comma 1 soggiace chiunque, fuori dei casi di concorso nel delitto previsto al comma 1, introduce nel territorio dello Stato al fine di farne commercio, detiene per vendere, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione prodotti con il marchio "Made in Italy" contraffatti o alterati.

        3. La condanna per ciascuno dei delitti previsti ai commi 1 e 2 comporta la pubblicazione della sentenza su un quotidiano a diffusione nazionale.

 

 


 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1250

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

 

 

 

d'iniziativa del deputatoPAOLA MARIANI

 

Istituzione del marchio "made in Italy"

 

             

Presentata il 6 giugno 2001

             

 

 

 

 


 Onorevoli Colleghi! - Nel nostro Paese la produzione di calzature è qualificata da manodopera specializzata in grado di immettere sul mercato un prodotto di alta qualità oltre che per le materie prime anche per il pregio della lavorazione. E' evidente però che la produzione di calzature interamente svolta sul territorio nazionale ha costi maggiori rispetto a quella che, dislocando in altri Paesi, europei ed extraeuropei, alcune fasi di lavorazione può così agevolarsi di un costo del lavoro molto più basso.

        E' comprensibile che, in un'ottica di apertura dei mercati e di una sempre crescente globalizzazione dell'economia, molti imprenditori adottino le misure più rispondenti alle esigenze di competitività dei loro prodotti; non è però giusto che sia il prodotto interamente italiano che quello magari solo assemblato in Italia si pregino dello stesso marchio "made in Italy". In particolare tutto ciò non è giusto per quelle imprese che, non possedendo marchi autonomi di grande prestigio, vedono nel marchio "made in Italy" quel valore aggiunto in grado di renderle competitive sul mercato nazionale e soprattutto internazionale.

        C'è poi un aspetto, non secondario, da considerare: la chiarezza e il rispetto nei confronti del consumatore, che deve essere messo in condizione di valutare al momento dell'acquisto le caratteristiche, la qualità, la provenienza, unitamente al prezzo del prodotto.

        Partendo da queste considerazioni, nonché dalla evidente necessità di tutelare l'occupazione in quelle zone dove la calzatura rappresenta l'economia primaria, nasce la presente proposta di legge sollecitata in particolare dalle istanze della piccola e media impresa e da alcune associazioni di categoria, come la confederazione nazionale dell'artigianato e delle piccole imprese (CNA).

        La proposta di legge disciplina, quindi, l'uso del marchio "made in Italy" limitandolo a quelle calzature e a quei prodotti la cui lavorazione si svolge interamente sul territorio nazionale.

 


PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio).

        1. E' istituito il marchio "made in Italy" al fine di identificare le calzature prodotte interamente sul territorio italiano.

        2. Le calzature si intendono prodotte sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

        3. La proprietà del marchio "made in Italy" è dello Stato. La concessione dell'uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

        4. L'uso del marchio è concesso subordinatamente al rispetto delle procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministro delle attitivà produttive.

        5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in conformità alle leggi vigenti.

 

 

Art. 2.

(Modalità di impiego del marchio).

        1. Il marchio deve essere apposto esclusivamente sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

        2. L'apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alla sola impresa calzaturiera.

        3. E' fatto divieto alle imprese di produzione di accessori e di componenti per calzature l'apposizione del marchio o di riferimenti al marchio in parti o in zone che risulteranno visibili sul prodotto finito.

 

 

Art. 3.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione del marchio).

        1. Le imprese che intendono commercializzare calzature che si caratterizzano per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità devono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all'articolo 1.

        2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla commissione di cui all'articolo 4, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

        3. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l'impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

                a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

                b) dichiarazione di conformità alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro e in campo fiscale e contributivo; attestazione dell'esclusione dell'impiego di minori e del pieno rispetto della normativa relativa alla salvaguardia dell'ambiente.

        4. Nel protocollo di adesione, l'impresa richiedente assume espressamente l'impegno di favorire l'attività istruttoria ed ispettiva della commissione di cui all'articolo 4.

 

 

Art. 4.

(Commissione).

        1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine "made in Italy", di seguito denominata "commissione".

        2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese calzaturiere, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di istituire un'unica commissione regionale.

        3. La commissione provvede all'esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all'articolo 3, presentata dall'impresa richiedente.

 

 

Art. 5.

(Funzioni della commissione).

        1. La commissione è composta da cinque membri, di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative del settore, e da un dirigente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

        2. La commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto di un apposito regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro delle attività produttive.

        3. La commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del presidente.

        4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvede, entro trenta giorni, alla sostituzione.

 

 

Art. 6.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all'uso).

        1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l'obbligo di rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l'autocertificazione di cui all'articolo 3.

        2. La commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l'attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanze relative a violazioni nell'uso del marchio, la commissione può deliberare l'apertura di un'istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la commissione delibera la decadenza del diritto all'uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione locale e nazionale.

        3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la commissione provvede a darne comunicazione all'autorità giudiziaria.

        4. Il trasferimento della totalità dell'impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla qualità e sulla provenienza del prodotto.

 

 

Art. 7.

(Autofinanziamento del marchio).

        1. E' istituito presso il Ministero delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione del prodotto calzatura di origine italiana garantita, di seguito denominato "fondo".

        2. Il fondo è alimentato per il 75 per cento mediante il versamento delle quote aziendali di cui al comma 3. Il restante 25 per cento, a carico del Ministero delle attività produttive, è a disposizione della commissione per la copertura dei propri costi operativi.

        3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

        4. Il versamento della quota aziendale di cui al comma 3 deve essere effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla commissione. Il diritto all'uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

 

Art. 8.

(Pubblicazione del marchio).

        1. Il Ministro delle attività produttive, sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore, predispone programmi annuali di pubblicazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fini della tutela del consumatore.

        2. Le risorse necessarie all'attuazione dei programmi di cui al comma 1 sono messe a disposizione dal fondo ed eventualmente integrate con appositi stanziamenti a carico del Ministero delle attività produttive.

 

 

Art. 9.

(Sanzioni).

        1. Qualora ne abbia notizia, la commissione segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di uso abusivo del marchio o di sua contraffazione.

        2. L'uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all'articolo 3 della presente legge sono puniti ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale. La condanna comporta la revoca del marchio.

        3. Fermo restando il disposto dell'articolo 6, la commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l'attribuzione.

        4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, decorsi due anni dal provvedimento.

 

 

Art. 10.

(Registrazione del marchio comunitario).

        1. Il Ministro delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l'apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, ai sensi di quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

        2. Contro le decisioni dell'Ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.

 

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2689

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

 

 

ROTUNDO, LUIGI PEPE, DELL'ANNA, LAZZARI,
LECCISI, LISI, VILLANI MIGLIETTA

 

Istituzione del marchio "made in Italy" per la tutela
della qualità dei prodotti del settore tessile e
dell'abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane

 

             

Presentata il 24 aprile 2002

             

 

 

 


        Onorevoli Colleghi! - Soprattutto in questi ultimi anni, la grande e media impresa italiana, in particolare nel settore tessile, dell'abbigliamento, delle cravatte e delle calzature, ha spostato all'estero la propria produzione o parte di essa.

        Questo trasferimento è di carattere temporaneo in quanto il prodotto ritorna in Italia per essere assemblato o semplicemente per prendere il marchio "made in Italy".

        Il prodotto viene, quindi, messo sul mercato come se fosse stato fabbricato in Italia.

        Tale processo di delocalizzazione in altri Paesi produce un danno grave soprattutto nei confronti dei "contoterzisti", cioè coloro che effettuano in Italia questo tipo di lavorazioni in via principale, ed un danno altrettanto grave e rilevante subiscono gli imprenditori che non operano la scelta di recarsi all'estero, ma producono, dall'inizio alla fine del processo produttivo, i capi in Italia, immettendo sul mercato beni aventi un costo di lavorazione più alto di coloro che, trasferitisi ad esempio in Romania, Ungheria o addirittura in Cina ed in India, possono risparmiare sul costo della manodopera.

        Naturalmente non ha senso, e sarebbe anacronistico, pensare di proporre controlli o barriere ai confini del nostro Paese, laddove l'appartenenza all'Unione europea impone la libera circolazione delle merci.

        Non ci sembra, al contrario, insensato il suggerimento avanzato da più parti, sia dai produttori che dal sindacato, concernente la creazione di un brevetto "made in Italy".

        Esso non impedisce a chi ritiene più conveniente per la sua produzione e alle proprie necessità industriali di spostarsi all'estero utilizzando altri tipi di prodotto e di lavorazione, ma salvaguarda chi fa una scelta diversa, di qualità, dove sono soprattutto valorizzate le abilità e la professionalità delle maestranze italiane.

        Il sistema di tutela che questa proposta di legge individua si concretizza attraverso la creazione di un vero marchio "made in Italy", applicabile al settore tessile, dell'abbigliamento, delle cravatte e calzaturiero, garantendone la salvaguardia proprio in virtù del carattere istituzionale della certificazione.

        Sembra questo un modo efficace per raggiungere un duplice obiettivo innanzi tutto quello di tutelare le migliaia di piccole e medie aziende del mezzogiorno che lavorano à facon per le grandi firme della moda italiana che sempre più esternalizzano le proprie produzioni; tale processo delocalizzativo - è questa la verità - di fatto scarica sulle aziende "faconiste" costi insopportabili che le costringono molte volte ad una pratica di bassi salari pur in presenza di una elevata capacità professionale dei lavoratori e delle lavoratrici. In questi anni, molte di queste aziende nel mezzogiorno hanno utilizzato i contratti di gradualità.

        Raggiunto, però, il pieno riallineamento retributivo, le stesse non sono in grado di sostenere retribuzioni più alte e rischiano, come sta avvenendo nel Salento, di chiudere o di ricorrere ad artifici quali la chiusura e la successiva riapertura con diversa ragione sociale (usufruendo in questo modo delle agevolazioni per i nuovi assunti) oppure tornando all'applicazione delle cosiddette "paghe di fatto", cioè quelle che l'impresa si può permettere.

        E' evidente che se vogliamo tutelare questo comparto produttivo dobbiamo incidere su quella che è una vera e propria concorrenza sleale da parte di Paesi nei quali il costo del lavoro è infinitamente più basso rispetto al nostro.

        Per fare ciò occorre valorizzare le produzioni in Italia (full made in Italy) e rendere l'etichettatura di origine obbligatoria, allineando così la legislazione italiana (ed anche quella europea) alle norme americane e giapponesi dove è obbligatorio, per legge, etichettare il capo con il made in (...).

        Oltre a ciò con la presente proposta di legge si intende dare ai consumatori la garanzia che il marchio made in Italy significa che l'intero processo produttivo è avvenuto nel nostro Paese.

 

 

 

 

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio).

        1. E' istituito il marchio "made in Italy" al fine di identificare i capi dei settori tessile e dell'abbigliamento, le cravatte e le calzature prodotti interamente sul territorio italiano.

        2. Ai fini di cui alla presente legge i capi tessili e di abbigliamento, le cravatte, le calzature si intendono prodotti sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

        3. La proprietà del marchio "made in Italy" è dello Stato. La concessione dell'uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

        4. L'uso del marchio è concesso nel rispetto delle procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministro delle attività produttive.

        5. Il marchio è accompagnato da certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in conformità alle leggi vigenti.

 

Art. 2.

(Modalità di impiego del marchio).

        1. Il marchio deve essere apposto solo sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

        2. L'apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alle sole imprese di uno dei settori di cui all'articolo 1, comma 1.

        3. E' vietata alle imprese di produzione di accessori e di componenti l'apposizione del marchio o di riferimenti al marchio in parti o zone che risulteranno visibili sul prodotto finito.

 

Art. 3.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione).

        1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti tessili e dell'abbigliamento, ovvero cravatte e calzature, che si caratterizzano per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità devono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all'articolo 1.

        2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla commissione di cui all'articolo 4, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

        3. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l'impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

                a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

                b) dichiarazione di conformità alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell'esclusione dell'impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente.

        4. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2 l'impresa richiedente assume espressamente l'impegno di favorire l'attività istruttoria e ispettiva della commissione di cui all'articolo 4.

 

Art. 4.

(Commissione).

        1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine "made in Italy", di seguito denominata "commissione".

        2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese dei settori tessili, dell'abbigliamento, delle cravatte e delle calzature, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire un'unica commissione regionale.

        3. La commissione provvede all'esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all'articolo 3, presentata dall'impresa richiedente.

 

Art. 5.

(Composizione e organizzazione della commissione).

        1. La commissione è composta da cinque membri, di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative, e da un dirigente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

        2. La commissione opera in piena autonomia per il proseguimento dei propri fini istituzionali e nel rispetto di un apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro delle attività produttive.

        3. La commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità prevale il voto del presidente.

        4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvede, entro un mese, alla sostituzione.

 

Art. 6.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all'uso del marchio).

        1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio devono rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l'autocertificazione di cui all'articolo 3.

        2. La commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l'attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate relative a presunte violazioni, la commissione può deliberare l'apertura di un'istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente tale termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la commissione delibera la decadenza dal diritto all'uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione locale e nazionale.

        3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la commissione provvede a darne comunicazione all'autorità giudiziaria.

        4. Il trasferimento della titolarità dell'impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio possa indurre in errore il pubblico sulla qualità e sulla provenienza del prodotto.

 

Art. 7.

(Autofinanziamento del marchio).

        1. E' istituito presso il Ministero delle attività produttive il fondo nazionale per il finanziamento del sistema di certificazione "made in Italy", di seguito denominato "fondo".

        2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali di cui al comma 3. Il restante 25 per cento, a carico del Ministero delle attività produttive, è a disposizione della commissione per la copertura dei propri costi operativi.

        3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

        4. Il versamento della quota aziendale di cui al comma 3 deve essere effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla commissione. Il diritto all'uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 8.

(Pubblicazione del marchio).

        1. Il Ministro delle attività produttive sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative dei settori di cui all'articolo 1, comma 1, predispone programmi annuali di pubblicazione del marchio sui principali mercati e di sensibilizzazione pubblica ai fini della tutela del consumatore.

        2. Le risorse necessarie all'attuazione dei programmi di cui al comma 1 sono messe a disposizione dal fondo ed eventualmente integrate con appositi stanziamenti a carico dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 9.

(Sanzioni).

        1. Qualora ne abbia notizia, la commissione segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui si faccia uso abusivo del marchio o si proceda alla sua contraffazione.

        2. L'uso illecito del marchio e le false dichiarazioni del protocollo di adesione di cui all'articolo 3 della presente legge sono puniti ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

        3. Fermo restando il disposto dell'articolo 6, la commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l'attribuzione.

        4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello cui è stata disposta la decadenza, decorsi due anni dal provvedimento.

 

 

Art. 10.

(Registrazione del marchio comunitario).

        1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l'apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, ai sensi di quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, ratificato ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.


 

CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 2805

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputatoSACALTRITTI

 

 

Istituzione dell'identificazione di provenienza e qualità
"made in Italy certificato"

 

 

             

Presentata il 29 maggio 2002

             

 

 


        Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende tutelare quei prodotti che sono frutto della creatività, dell'ingegno e del lavoro italiani, fornendo loro un'indicazione di provenienza che li faccia riconoscere fin da subito come prodotti del nostro Paese.

        L'assoluta mancanza di una specifica normativa, che consenta di tutelare l'impegno delle imprese nel proporre sul mercato prodotti ricchi di contenuto creativo e di qualità, rischia di mortificare diversi e vasti settori della nostra piccola e media impresa, specialmente nel settore tessile e dei prodotti in pelle. L'Italia, d'altronde, si caratterizza per una spiccata vocazione al "sistema moda", comprendendo in tale denominazione i comparti della calzatura, dell'abbigliamento e degli accessori destinati alla calzatura ed al tessile, senza dimenticare altri settori dove il marchio "made in Italy certificato" è sinonimo di ricerca, serietà di produzione ed affidabilità del prodotto stesso.

        La globalizzazione dei mercati e la sempre crescente liberalizzazione degli scambi hanno determinato fenomeni di significativa difficoltà, perché molte merci sono prodotte ed assemblate in luoghi lontanissimi dall'Italia, spesso utilizzando materiali di bassa qualità senza alcun apporto tecnico e manifatturiero delle nostre qualificate maestranze, e giungono poi sul mercato fregiandosi dell'etichetta di prodotto "italiano". Sembra quindi indispensabile arginare il dirompente fenomeno della contraffazione, che minaccia l'economia di artigiani e di imprenditori e produce effetti distorsivi sul mercato. Le disposizioni della presente proposta di legge intendono individuare, attraverso un'idonea descrizione delle fasi lavorative, i prodotti cui può essere riconosciuto l'appellativo di "made in Italy certificato". In tale senso, le imprese che intendono utilizzare il marchio "made in Italy certificato" dovranno darne idonea comunicazione ed autocertificare che la fase produttiva prevalente del prodotto è stata realizzata in territorio italiano. La mancanza di tali requisiti o l'eventuale contraffazione determina pesanti sanzioni a carico dei trasgressori. Snellezza nelle procedure, responsabilizzazione degli operatori e strutture competenti e decentrate sono gli obiettivi fondamentali da raggiungere nella gestione amministrativa; quindi la scelta delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura come organi abilitati a ricevere la documentazione da parte degli imprenditori è, per quanto detto, consequenziale, visto il loro radicamento nel territorio e la conoscenza che hanno delle diverse realtà operative.

        E' quindi indispensabile che il Parlamento e il Governo prendano coscienza che la specificità italiana è importante per lo sviluppo dell'economia e dell'occupazione, soprattutto attraverso le piccole e medie imprese, che restano la trama forte del tessuto produttivo. La sollecitazione è rivolta sia al Parlamento - perché prenda in esame i progetti di legge che su questo argomento sono stati presentati - che al Governo, perché si attivi presso l'Unione europea per risolvere i problemi che possano ostacolare l'approvazione della normativa in materia.

        Non si vogliono, pertanto, introdurre con la presente proposta di legge norme protezionistiche o dettare norme preferenziali per talune merci, ma semmai si vuole tutelare l'attività di migliaia di artigiani e di piccoli imprenditori che lavorano con grande professionalità, realizzando prodotti apprezzati in tutto il mondo.

 

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

 

 

Art. 1.

(Istituzione dell'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato").

        1. E' istituita l'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato", al fine di identificare i prodotti le cui fasi di ideazione, di progettazione e di produzione avvengono totalmente nel territorio italiano.

        2. Il rilascio dell'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato" è effettuato secondo le modalità di cui all'articolo 2.

 

 

Art. 2.

(Comunicazione).

        1. Le imprese che intendano utilizzare l'identificazione di provenienza e qualità di cui all'articolo 1 devono darne apposita comunicazione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del luogo in cui ha sede l'impresa produttrice.

        2. Per il rilascio dell'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato" la comunicazione del titolare o del legale rappresentante dell'impresa di cui al comma 1, resa nelle forme previste dalla normativa vigente per l'autocertificazione, deve contenere:

                a) l'attestazione che le fasi di ideazione, di progettazione e di produzione del prodotto sono state realizzate nel territorio italiano;

                b) l'attestazione del rispetto dei requisiti del prodotto e dei requisiti aziendali, come definiti al comma 3.

        3. I requisiti del prodotto sono la certificazione dell'uso di materiali di qualità, la certificazione di sicurezza a norma CE, la certificazione del rispetto delle norme igieniche; i requisiti aziendali sono la certificazione del rispetto delle norme ambientali e la certificazione etica.

        4. Le imprese di cui al comma 1 devono rinnovare, ad ogni variazione del progetto o delle metodiche di produzione, la certificazione del titolare o del legale rappresentante resa ai sensi del comma 2. In assenza di tale rinnovo il rilascio delle relative identificazioni di provenienza e qualità è revocato.

 

 

Art. 3.

(Regolamento di attuazione).

        1. L'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato" può essere apposta dagli aventi diritto in forma visibile solo su prodotti finiti o destinati al consumatore finale; nel caso di semilavorati o di prodotti componenti di prodotti più complessi, l'identificazione di cui al presente comma deve essere apposta in punti che non saranno visibili quando il prodotto andrà ad assolvere la sua funzione di parte del prodotto finale.

        2. Ulteriori modalità per l'apposizione dell'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato" e per il suo utilizzo sono definite con il regolamento di attuazione della presente legge, adottato, entro tre mesi della data della sua entrata in vigore, con decreto del Ministro delle attività produttive, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

 

Art. 4.

(Sanzioni).

        1. Chiunque usi abusivamente, alteri o contraffaccia l'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato" è punito con la multa da 50.000 euro a 300.000 euro; della sanzione è data comunicazione, a spese del trasgressore, sui principali quotidiani nazionali, nonché sulle riviste specializzate del settore di riferimento.

        2. Chiunque utilizzi l'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato" in modo non conforme o con altre scritte che inducano in errore il consumatore non comprovando la reale provenienza del prodotto è punito con la multa da 25.000 euro a 125.000 euro; della sanzione è data comunicazione, a spese del trasgressore, sui principali quotidiani nazionali, nonché sulle riviste specializzate del settore di riferimento.

        3. L'applicazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 comporta automaticamente la revoca di utilizzo dell'identificazione di provenienza e qualità "made in Italy certificato", se concesso all'impresa per altri prodotti.

 

 

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3817

¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

 

 

d'iniziativa dei deputati

 

RAISI, BUTTI, GARNERO SANTANCHE', SAGLIA

 

Istituzione del marchio "Made in Italy"

 

             

Presentata il 24 marzo 2003

             

 

 


        Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge persegue una finalità di tutela dei nostri prodotti e del nostro brand da sostenere anche nei consessi bilaterali e multilaterali a livello internazionale.

        La fattispecie prevista agli articoli 23 e 24 del regolamento (CEE) 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, relativa all'origine delle merci, è sufficientemente ampia. Tuttavia esistono prodotti che potrebbero richiedere una protezione ancora più significativa come, ad esempio, le merci integralmente prodotte con materie prime italiane, ideazione e lavorazione in Italia. In tale senso quanto previsto nell'ambito WTO (indicazioni geografiche) e nell'ambito dell'Unione europea (direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, che stabilisce i criteri per l'etichettatura e la tracciabilità) garantisce una efficace tutela per tali prodotti. E' da osservare, altresì, che molti prodotti, sulla base della loro indiscussa eccellenza, riescono a comunicare già da soli la propria provenienza; dunque tali previsioni riguardano essenzialmente, se non esclusivamente, i prodotti "medi".

        A tutela dei nostri prodotti deve essere condotta la lotta alla contraffazione, nel senso di garantire una cornice di regole per il libero dispiegarsi delle risorse del Paese e per la sua affermazione.

        In tal senso il Governo italiano si è impegnato su vari livelli:

 

            a) in ambito WTO con riferimento alla proprietà intellettuale (accordo TRIPS - Trade Related aspects of Intellectual Property Rights- ed agricoltura) relativamente all'impegno negoziale sulle indicazioni geografiche (diritto dei popoli alla propria storia ed identità);

 

            b) in ambito comunitario, proponendo di rivedere la normativa vigente per renderla più omogenea e prevedendo un ampio ricorso al diritto penale nei casi di accertata violazione del diritto di proprietà intellettuale con relativa distruzione della merce;

 

            c) a livello nazionale la legge n. 273 del 2002 ("Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza") contempla misure per la lotta alla contraffazione prevedendo una delega al Governo per il riassetto della disciplina in materia di proprietà intellettuale, l'istituzione di dodici sezioni di tribunale specializzate, l'attribuzione all'autorità amministrativa del potere di distruzione, anche d'ufficio, della merce contraffatta.

 

        Si illustra di seguito il contenuto della proposta di legge.

        L'articolo 1 amplia il novero dei soggetti legittimati a richiedere l'uso del marchio, prevedendo i casi di "full made in Italy". E' stata anche precisata la titolarità del marchio, che spetta al Ministero delle attività produttive, il cui rilascio in concessione avviene secondo modalità da stabilire con un successivo provvedimento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

        Al comma 3 si prevede la necessità, ai fini dell'uso del marchio, di produrre idonea documentazione che comprovi il rispetto della normativa, specie comunitaria, in materia di caratteristiche merceologiche a tutela del consumatore.

        Il comma 4 prevede, infine, l'apposizione del marchio esclusivamente sul prodotto finito.

        L'articolo 3 fissa in due anni il termine per la verifica della sussistenza delle condizioni nel diritto d'uso (il termine di tre anni attualmente previsto non sembra dare sufficienti garanzie qualora eventuali modifiche del ciclo produttivo alterino i prodotti con riferimento ai requisiti per l'utilizzo del marchio).

        In caso di trasferimento di impresa è stata prevista la verifica della sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio in capo al nuovo concessionario (comma 5), poiché tale utilizzo presuppone una dichiarazione del concessionario stesso (articolo 2, comma 2), oltre alla sussistenza dei requisiti medesimi.

        L'articolo 4 introduce un sistema sanzionatorio sostanzialmente legato alle norme del codice penale e alle leggi speciali in materia di abuso e contraffazione dei marchi e dei brevetti. Il richiamo appare sufficiente poiché le pene previste, pecuniarie e detentive, assicurano un buon effetto deterrente.

        L'articolo 5 prevede un'azione di promozione del Ministero delle attività produttive a sostegno del marchio e per la valorizzazione della produzione italiana, al cui onere si provvede ai sensi dell'articolo 7.

 


PROPOSTA DI LEGGE

 

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio).

        1. E' istituito il marchio "Made in Italy" al fine di identificare le merci la cui produzione sia avvenuta integralmente sul territorio italiano o ai sensi dell'articolo 24 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992.

        2. La titolarità del marchio "Made in Italy" è del Ministero delle attività produttive che ne concede l'uso secondo modalità definite con apposito decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

        3. Il marchio "Made in Italy" è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in ottemperanza alle leggi vigenti.

        4. Il marchio "Made in Italy" deve essere apposto esclusivamente sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

 

 

Art. 2.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione).

        1. La richiesta di attribuzione del marchio "Made in Italy" è presentata dalle imprese interessate al Ministero delle attività produttive, unitamente alla documentazione comprovante che la produzione della merce è avvenuta integralmente sul territorio italiano o ai sensi dell'articolo 24 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992.

        2. La documentazione di cui al comma 1 è corredata da una dichiarazione di conformità alle norme vigenti in materia di lavoro e di contribuzione fiscale e previdenziale e da un'attestazione che escluda l'impiego di minori nella produzione nonché il rispetto della normativa vigente in materia ambientale.

 

 

Art. 3.

(Condizioni per la continuazione nel diritto d'uso).

        1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio "Made in Italy" hanno l'obbligo di presentare ogni due anni dalla data di concessione del marchio, a pena di decadenza, la documentazione di cui all'articolo 2.

        2. Il Ministero delle attività produttive può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l'attribuzione del marchio "Made in Italy".

        3. Il Ministero delle attività produttive nel caso rilevi a carico dell'impresa violazioni nell'utilizzazione del marchio "Made in Italy" provvede a darne comunicazione all'autorità giudiziaria, inibendo cautelativamente l'uso del marchio.

        4. Nel caso siano giudizialmente accertate gravi violazioni di legge a carico dell'impresa il Ministero delle attività produttive revoca il diritto all'uso del marchio "Made in Italy".

        5. Il trasferimento dell'impresa implica la verifica della sussistenza in capo al nuovo concessionario dei requisiti di cui all'articolo 2, ai fini del trasferimento del marchio "Made in Italy".

 

 

Art. 4.

(Sanzioni).

        1. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio "Made in Italy".

        2. L'uso illecito del marchio "Made in Italy" è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale. La condanna comporta la revoca del diritto all'uso del marchio.

        3. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio "Made in Italy" possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la revoca, decorsi due anni dal provvedimento.

        4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio "Made in Italy" possono farne nuovamente richiesta per lo stesso prodotto decorsi cinque anni dal provvedimento.

 

 

Art. 5.

(Pubblicizzazione del marchio).

        1. Il Ministero delle attività produttive predispone programmi annuali di pubblicizzazione del marchio "Made in Italy" sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.

 

 

Art. 6.

(Registrazione del marchio comunitario).

        1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l'apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

 

 

Art. 7.

(Copertura finanziaria).

        1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 5, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, nell'ambito dell'unità previsionale di base 5.1.2.2 "Istituto commercio estero", capitolo 5102, "Somma da assegnare all'Istituto nazionale per il commercio con l'estero per il finanziamento dell'attività di promozione e di sviluppo degli scambi commerciali con l'estero".


 

CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 4001

¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

 

 

d'iniziativa dei deputati

 

GIANFRANCO CONTE, DANIELE GALLI, CROSETTO, ZANETTA, ANNA  MARIA LEONE, LUPI, MILANATO, PACINI, FONTANA, ROSSO, GARAGNANI, RICCIOTTI, STRADELLA, VERRO, LENNA, ROMOLI, ORSINI, GIULIO CONTI, GALVAGNO, PATRIA, SPINA DIANA, DI TEODORO, ZORZATO

 

 

 

Istituzione del marchio "Made in Italy" e norme di
contrasto alla contraffazione dei beni industriali e
artigianali

 

             

Presentata il 22 maggio 2003

             

 

 


        Onorevoli Colleghi! - Il giro d'affari mondiale della contraffazione commerciale è valutato in 250 miliardi di dollari annui. Secondo le ultime statistiche, pubblicate nel luglio 2002 dalla Commissione europea con l'aiuto delle autorità doganali, il mercato del falso è aumentato in Europa del 900 per cento rispetto al 1998; ha origini sempre più difficili da individuare e potrebbe nascondere legami con le reti terroristiche. Il rischio di destabilizzazione di taluni mercati, quali ad esempio il tessile, è altissimo e sono segnalati materiali sanitari difettosi, detersivi con agenti caustici, sostanze cancerogene negli indumenti, bevande alcoliche e profumi tossici. La contraffazione e la pirateria, un tempo condotte su scala artigianale, sono oggi riconducibili alla criminalità organizzata e rappresentano un rischio per l'ordine pubblico.

        Va anche ricordato che a maggio del 2004 la frontiera dell'Unione europea si troverà tra Polonia ed Ucraina, la quale ultima è considerata uno dei Paesi con le maggiori percentuali di prodotti falsificati in tutti i settori.

        Sono circa 95 milioni gli articoli contraffatti sequestrati nel 2001 alle frontiere dell'Unione, per un valore equivalente a circa due miliardi di euro sul mercato comunitario legale. Rispetto all'anno precedente i cambiamenti sono quantitativi e qualitativi: il fenomeno è aumentato di circa il 39 per cento e si è allargato dalla sfera dei prodotti di lusso a quello dei prodotti di più largo consumo. In appena un anno sono aumentate considerevolmente le contraffazioni di CD di musica e giochi (+349 per cento), i telefonini e altri oggetti elettronici (+252 per cento), i prodotti alimentari e le bevande (+75 per cento).

        Quasi la metà (45 per cento) dei prodotti contraffatti sequestrati nel 2001 è rappresentata da articoli di largo consumo (42 milioni di oggetti), come medicine, dentifrici, profilattici, shampoo, detersivi in polvere. L'altra metà (42 per cento) è rappresentata da CD, DVD e cassette; a seguire vengono i prodotti alimentari (4 per cento) con 4 milioni di prodotti contraffatti.

        Complessivamente si è stimata una perdita di posti di lavoro pari a 200.000 unità.

        In Italia, Paese purtroppo in prima fila nel commercio illegale, si calcola come questo faccia perdere circa 40 mila posti di lavoro all'anno, oltre al 13 per cento di entrate fiscali ed al 23 per cento di IVA. Secondo la Confesercenti gli operatori abusivi commerciali sono circa 400 mila e danno vita ad un giro d'affari stimato in 13 miliardi di euro, 8 secondo il Ministro delle attività produttive, Antonio Marzano.

        In pochi anni la contraffazione si è globalizzata ed adotta i medesimi canali distributivi del commercio mondiale; a volte anche le medesime fabbriche; oltre a ciò si è estremamente raffinata, tanto da falsificare anche loghi e marchi di fabbrica. In conseguenza di ciò, pur ritenendo necessaria l'istituzione di un marchio "Made in Italy" la si ritiene insufficiente se non inserita in un sistema complessivo di protezione e di controllo, che non è possibile far gravare, come accaduto sinora, sulle singole aziende e nemmeno sulle loro associazioni, ma di cui devono farsi carico lo Stato e l'Unione europea.

        A fronte di questo quadro e nei limiti delle attività possibili all'interno del nostro Stato, la presente proposta di legge nasce dall'esigenza di tutelare non solo i consumatori, ma anche il sistema produttivo italiano che, per sua natura, è proiettato verso i mercati esteri. Si consideri che dalla metà degli anni '90 i settori dell'alta qualità italiana - moda, scarpe, legno-arredo, casa, alimentazione mediterranea, meccanica e componentistica - hanno assicurato un bilancio positivo annuale di circa 70-75 miliardi di euro, in grado di coprire ampiamente il costo della bolletta energetica. Tali settori, basati prevalentemente su aziende piccole e medie e su circa 200 distretti industriali, rappresentano due terzi della occupazione manifatturiera del nostro Paese e costituiscono un elemento di progresso, di coesione civile e di orgoglio nazionale. E ne abbiamo ben ragione: senza averne praticamente i mezzi l'Italia si colloca tra i primi Paesi esportatori al mondo: dai dati relativi al 2001 siamo ottavi nell'esportazione di merci con 241 miliardi di dollari (primi gli Stati Uniti con 731 miliardi di dollari); ma è buona anche la performance nell'esportazione di servizi: settimi con 52 miliardi di dollari.

        Sotto questo profilo va sottolineata la notevole attività posta in essere dal Governo. L'accorpamento del Ministero del commercio estero con il Ministero delle attività produttive è un positivo segnale di concentrazione delle forze a scapito delle burocrazie. Il richiamo operato dal Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi in relazione ad una maggiore attenzione nei riguardi delle nostre imprese da parte del Ministero degli affari esteri, lungi dal "mercantilizzarlo", ne ha invece arricchito i contenuti, ricordando che l'Italia è un Paese trasformatore e che pertanto la nostra politica estera deve facilitare l'accesso alle materie prime ed ai mercati di sbocco. Il Ministero delle attività produttive si è mosso a tutela e per la promozione delle realtà produttive italiane, effettuando numerose missioni cui hanno preso parte, oltre ai rappresentanti degli istituti che operano con il commercio estero, anche associazioni di categoria e le stesse imprese. Le aree seguite sono quelle dell'Estremo Oriente, dei Balcani, dell'Europa dell'est, ma anche l'area mediterranea.

        Nella sua visita in Cina del giugno 2002, il Ministro delle attività produttive ha sottolineato la necessità per le imprese di unirsi in consorzi sia per la penetrazione commerciale in Cina, sia per la tutela dei diritti industriali. Su impulso governativo l'Associazione bancaria italiana ha annunziato che i principali istituti di credito italiani provvederanno all'apertura di linee di credito per 3,5 miliardi di dollari destinate alla penetrazione commerciale delle aziende italiane.

        Con la legge n. 273 del 2002 (cosiddetto "collegato concorrenza") è stata prevista l'istituzione, nei tribunali delle principali città italiane, di 12 sezioni specializzate in materia di tutela industriale; si sana così un ritardo dei precedenti Governi, poiché infatti il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, prevedeva l'istituzione delle sezioni specializzate entro il 1997.

        Inoltre si delega al Governo la riforma del sistema di tutela della proprietà industriale.

        Con l'articolo 49 della legge finanziaria per il 2002 (legge n. 448 del 2001) è stata approvata una norma che consente di avviare a distruzione la merce contraffatta, sequestrata anche dall'autorità amministrativa (i vigili ad esempio), salvo tenere dei campioni a scopo di prova.

        Ci si muove anche in ambito regionale: la Lombardia ha da pochi mesi approvato la cosiddetta "legge Ferretto" dal nome del presidente della commissione commercio della regione, che prevede l'immediato sequestro e la distruzione entro 48 ore della merce sequestrata; la normativa si pone a tutela dell'esercizio commerciale svolto su aree pubbliche.

        Infine ricordiamo la provocazione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti che, in un'intervista al Corsera del 14 febbraio 2003, stigmatizzando l'invasione dei prodotti asiatici falsificati ha minacciato l'impossibile in ambito WTO (World Trade Organization), cioè l'imposizione di dazi rivolti contro i Paesi contraffattori. Tremonti ha anche chiesto di muoversi con sollecitudine prima che il marchio CE finisca per significare China export.

        Anche l'Unione europea recentemente si è mossa presentando nel gennaio 2003 due documenti. Una proposta di regolamento del 20 gennaio 2003, che agevola il sequestro delle merci contraffatte da parte delle autorità doganali; nella bozza è prevista la procedibilità d'ufficio contro le aziende contraffattrici, in caso di sequestro alla dogana, sollevando le aziende da rivalse legali.

        Inoltre è stata presentata una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, avente il fine di armonizzare gli strumenti destinati ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, ambito nel quale l'Unione si attribuisce la completa competenza.

        Se la progressiva armonizzazione del diritto di proprietà intellettuale ha facilitato la libera circolazione delle merci, gli autori di contraffazioni hanno approfittato delle lacune nelle legislazioni nazionali e europee, spostando luoghi di produzione e di smercio della merce contraffatta, in Paesi meno attenti. L'armonizzazione degli strumenti per assicurare il rispetto delle norme permetterà anche di garantire una circolazione senza distorsioni nel mercato interno.

        La protezione giuridica degli Stati membri è caratterizzata da notevoli disparità che non consentono di beneficiare di una pari condizione su tutto il territorio dell'Unione.

        Ad esempio, in Grecia, la sanzione non implica colpa e quindi può essere diretta anche alle persone in buona fede. Svezia e Finlandia la pensano in maniera opposta, mentre in Italia, Danimarca e Spagna la sanzione non si applica solo a chi fa un uso privato del bene contraffatto (l'acquirente finale).

        In materia di prove in Gran Bretagna è ammessa sia l'ispezione che il sequestro di prove nei locali del presunto autore della violazione (senza averlo ascoltato), sia un procedimento nel quale è possibile richiedere documenti o beni. E' possibile inoltre bloccare conti o beni del presunto responsabile. In Germania e nel Benelux sussiste il diritto di informazione, che si esercita contro chiunque sia implicato nella violazione, obbligandolo a fornire informazioni sull'origine delle merci, sui circuiti di distribuzione e sull'identità dei partecipanti alle precedenti operazioni.

        Quanto alle pene e alle ammende esse sono assai differenti tra i vari Stati. Le ammende variano da alcune migliaia di euro (Italia e Lussemburgo) a 500.000 euro (Belgio), fino a 750.000 euro (Francia), per le persone giuridiche. In Gran Bretagna non esistono importi massimi ma ci si affida all'apprezzamento del giudice. Altri Paesi valutano l'ammenda secondo i redditi dell'autore della violazione (Paesi nordici, Austria e Germania). Le pene detentive variano da alcuni giorni fino a 10 anni (Grecia e Gran Bretagna).

 

 

Quali sono i Paesi che maggiormente producono o acquistano beni contraffati ? Ne esaminiamo due: la Cina tra i produttori e la Russia tra gli acquirenti.

 

        Da tempo il "nocciolo duro" del "Made in Italy" circa una ventina di tipologie di prodotto, è sotto il tiro della contraffazione in particolare cinese. E' possibile rendersene conto in via indiretta, osservando la crescita dell'export cinese: posto a 100 l'export italiano, per il corrispondente export cinese dal 1996 al 2000 si osservano incrementi vistosi: gli occhiali da 31 a 39; l'oreficeria da 23 a 30; le sedie e i divani da 18 a 41; i mobili e le cucine da 21 a 45; la ferramenta da 57 a 64; la rubinetteria da 11 a 27; addirittura per il pentolame da 159 a 405; nei settori dove eravamo già stati superati (tessuti, abiti, calzature) è proseguito, e forte, il trend negativo.

        Per impostazione culturale copiare in Cina non è considerato moralmente riprovevole. In Cina si copiano anche i Ferrero Rocher: si tratta di copy cat, cioè non di contraffazione integrale, ma di copia dei principali elementi ornamentali con un nome lievemente storpiato. Una ditta cinese addirittura aveva posto il copyright sulla traslitterazione cinese del nome Rocher; e questo accade per moltissimi altri prodotti.

        Il diritto d'autore è stato introdotto in Cina solo da pochi anni, se si considera che la prima legge in materia risale al 1990 e che solo nel 1992 ha aderito alla Convenzione di Berna e ha istituito la Copyright Agency of China chiamata a tutelare i diritti degli autori.

        Recentemente però la Cina si è trovata a dovere affrontare la tutela della proprietà intellettuale in modo concreto, spinta a uniformarsi a seguito del suo ingresso nel WTO avvenuto nel 2001, alle normative internazionali in materia. In quell'anno la Cina ha così modificato la legge sui marchi, la legge sui brevetti e la legge sul copyright, introducendo una nuova normativa anche in materia di concorrenza sleale, tutela del software, licencing, nomi a dominio e tutela dei prodotti farmaceutici.

        Un'importante novità è costituita dal fatto che contro chi viola la normativa sul copyright si può agire chiedendo un'inibitoria e il risarcimento dei danni quantificato in base alle perdite economiche subite dall'autore a causa del plagio e incluso il rimborso delle spese sostenute per il giudizio fino a un importo massimo stabilito per legge. Inoltre i titolari del diritto d'autore possono adire una Corte per ottenere una preliminary injunction; una sorta di provvedimento d'urgenza con il quale si chiede di bloccare immediatamente un plagio in corso.

        Con il Giappone sono stati presi accordi per lo scambio di informazioni in materia di contraffazione tra la Japanese Society for Rights of Authors e la corrispondente agenzia cinese.

        Il consiglio per le aziende che intendono operare in Cina è: registrare subito il marchio seguendo scrupolosamente le norme locali.

        Tra i mercati emergenti la Russia, con i suoi 144 milioni di consumatori, è sempre stata uno dei paradisi per le merci contraffatte, con danni evidenti per il Made in Italy soprattutto per beni di consumo come scarpe, vestiti e occhiali. In realtà, le contraffazioni si estendono a una vasta gamma di prodotti, dagli articoli sportivi agli alimentari, ai farmaceutici, fino ai microprocessori per personal computer. Certamente, non esistono cifre precise, ma il mercato di merci contraffatte in Russia nel 2002 si stima in oltre 2 miliardi di dollari, mentre quest'anno la cifra potrebbe salire a 3-4 miliardi.

        Il capo dipartimento del Ministero degli Interni per la lotta contro la criminalità economica ha precisato che i medicinali contraffatti sono stimati al 10 per cento del mercato farmaceutico, fruttando circa 250-300 milioni di dollari all'anno. Il livello dei prodotti contraffatti supera in Russia gli indici medi dei mercati mondiali di 3 volte per i ricambi auto, di 6 volte per i capi di abbigliamento e di ben 12 volte per gli articoli di profumeria e cosmetica.

        Il grado di tolleranza sociale varia molto in rapporto alle categorie di prodotti: l'80 per cento dei russi ritiene inaccettabile la contraffazione di medicine, alimentari e alcolici. Tra l'altro, nel Paese si sono avuti numerosi decessi, l'anno scorso, di persone intossicate da alcolici contraffatti. Nei settori cinema e musica l'opposizione ai falsi scende già al 47 per cento, mentre il 30 per cento della gente li ritiene "accettabili". Ancor più tolleranza incontrano i vestiti e gli articoli sportivi contraffatti, ritenuti inaccettabili da appena il 34 per cento dei potenziali consumatori. E qui il fascino o il prestigio del Made in Italy è tale che varie donne russe comprano al mercato scarpe con l'etichetta italiana, a prezzo conveniente, pur sapendo che quasi certamente sono contraffatte e potrebbero rompersi presto.

        Le autorità russe, soprattutto in vista dell'ingresso del Paese nel WTO, stanno cercando di prendere sul serio il fenomeno anche perché, per i tre quarti, il mercato dei falsi è controllato da organizzazioni criminali. Ma c'è molto da fare a cominciare dalla modifica di leggi che, per ora, nemmeno prevedono il concetto di "prodotto contraffatto", soprattutto in campo cosmetico e farmaceutico.

 

 

Due inquietanti questioni: la contraffazione dei farmaci ed il finanziamento del terrorismo internazionale.

 

        Il problema della contraffazione dei farmaci, sinora riscontrato nel Terzo mondo, si sta allargando al mondo industrializzato, con numerosi casi segnalati anche negli Stati Uniti. Il fenomeno è favorito dalla vendita on line dei farmaci. I medicinali falsi imitano prodotti ad alto costo e, in genere, di volume contenuto. Gli incentivi economici sono enormi ed aumentano i segnali di coinvolgimento della criminalità organizzata internazionale: mafia russa, triade cinese, signori della droga colombiani e messicani, camorra. Le tipologie di falsificazione sono diverse e vanno dall'utilizzo degli stessi princìpi attivi, o di una quantità ridotta di essi, o all'utilizzo di placebo, sino all'utilizzo di sostanze nocive, quali vernici al piombo per la colorazione. L'Organizzazione mondiale della sanità ha attivato nel 2000, una task force per contrastare queste attività, ma poche sono le segnalazioni ed i sequestri sinora effettuati. I principali Paesi produttori sono Cina e India. In Cina addirittura, è stata scoperta un'azienda farmaceutica pubblica che contraffaceva tre medicinali di tre diverse case farmaceutiche.

        In Messico sembra che un quarto dei medicinali in circolazione sia falso. Negli Stati Uniti tali prodotti entrano tramite cittadini americani che vanno a fare incetta di farmaci a basso prezzo. In uno studio condotto dalla dogana statunitense su 200 viaggiatori di ritorno dal Messico è risultato che ognuno di essi aveva acquistato una media di 28 mila singole dosi. Il che vuol dire che almeno 7000 dosi a testa erano false. Ed ogni giorno 15 mila americani attraversano la frontiere con il Messico.

        In Europa i sequestri sono in forte aumento, poiché sono state adottate le stesse misure per la lotta alla droga; ma in Paesi come la Russia e l'Ucraina, la situazione è drammatica; a volte sono le stesse case farmaceutiche locali ad organizzare linee di produzione parallele di farmaci prevalentemente destinati al mercato africano o mediorientale. Si calcola che in Russia almeno il 10 per cento degli antibiotici, degli analgesici, degli antistaminici e dei farmaci cardiovascolari sia falso.

        Per l'Europa occidentale il problema riguarda per ora gli steroidi e gli anabolizzanti distribuiti nei circuiti illegali. Ma la dogana tedesca negli ultimi tempi ha sequestrato una gran quantità di Viagra contraffatto spedito per posta. Per non destare sospetti le fabbriche asiatiche spediscono in mercati "neutri" (Nuova Zelanda, Australia, Usa, Canada) da dove, a seguito di ordini on line, vengono spediti i pacchi.

        In Italia esistono sistemi anticontraffazione applicati ai medicinali, nati per contrastare le truffe al Servizio sanitario nazionale. Il sistema, già operativo, potrebbe tornare utile contro i falsi veri e propri.

        Un'inchiesta del Sole 24 Ore del settembre 2002, ha messo in luce che le organizzazioni terroristiche potrebbero finanziarsi, riciclare denaro o trasmettere fondi da un Paese all'altro, tramite i prodotti contraffatti. Secondo il gruppo di monitoraggio su Al Qaeda delle Nazioni Unite tale metodo è usato dalla organizzazione per finanziare le proprie cellule. Alcune settimane dopo l'attacco alle Torri gemelle viene sequestrato a Copenhagen un carico di otto tonnellate di prodotti per l'igiene personale, decongestionanti, lubrificanti e cosmetici, tutti, falsi, partito da Dubai. Il mittente: un importante membro di Al Qaeda. Che l'organizzazione abbia parte dei propri fondi in conti bancari a Dubai è del resto confermato dall'ONU. E a Dubai, i capi talebani e i membri di Al Qaeda avrebbero trasferito forti quantitativi d'oro prima di abbandonare Kabul. Dubai ha la sua free trade zone da cui entra ed esce qualsiasi cosa inclusa, naturalmente, la merce contrabbandata e contraffatta. Ed è da tempo una delle basi operative e finanziarie di Al Qaeda.

        Ma perché contraffare, oltre a costosi profumi italiani e francesi, anche prodotti a basso costo, come lo shampoo e la vasellina ?

        Secondo i funzionari dell'ONU la scelta del prodotto avviene in funzione della rete di distribuzione; i membri di Al Qaeda hanno così più facile accesso alla comunità degli immigrati, che acquista lo shampoo e gli altri prodotti di largo consumo a basso costo. Inoltre nel business dei prodotti falsi i margini di guadagno sono elevati anche per beni relativamente economici, se i volumi smerciati sono rilevanti. E se sono state sequestrate 8 tonnellate di merce contraffatta, è possibile che ne siano passate 80, se non addirittura 800.

        Secondo Roslyn Mazer, all'epoca dell'amministrazione Clinton responsabile per la proprietà intellettuale del dipartimento USA della giustizia, bisogna indagare sulle vie commerciali di alcuni Paesi in via di sviluppo nei quali Al Qaeda ha disteso i propri tentacoli. Fiumi di prodotti falsi hanno inondato Pakistan, Egitto, Kazakistan, Uzbekistan: tutti Paesi in cui esistono cellule di Al Qaeda. Insomma, il carico di Copenhagen potrebbe essere la classica punta dell'iceberg.

 

 

Il problema dell'import parallelo.

 

        L'import parallelo consiste nell'importazione al di fuori dei canali distributivi delle imprese; il guadagno consiste nel lucrare i differenziali dei prezzi dei prodotti tra Paese e Paese. Attualmente è vietato importare liberamente prodotti acquistati su mercati extracomunitari senza un accordo con il titolare del marchio, ma è in corso un confronto in sede europea tra Parlamento e Commissione teso ad una liberalizzazione, definita selvaggia dai diretti interessati, degli scambi. In sostanza verrebbe meno la protezione dei marchi. La Commissione sta effettuando una approfondita ricognizione sull'impatto economico della deregulation e dovrà pronunziarsi a breve. Le griffe valutano il danno della commercializzazione senza controllo attorno al 30 per cento del volume complessivo dell'interscambio; i settori colpiti sono: ottica, automobili, articoli sportivi, abbigliamento, elettrodomestici, cosmetici e profumi. La Confindustria ha stimato una diminuzione della redditività delle imprese interessate sino al 35 per cento.

        Ma vediamo, settore per settore, quali sono le questioni segnalate ed i problemi che il sistema produttivo ha sottoposto all'attenzione del Governo e del Parlamento.

 

 

Settore legno-arredo.

 

        C'è un'azienda cinese nel Donguan, la provincia dove è concentrata la produzione del mobile, con il nome italiano di Borralli, che presenta i suoi divani con la sigla "made in China - italian design", basta prendere un architetto italiano per sviluppare una linea di mobili, poi la si realizza in Cina. L'industria del mobile italiano costituisce per i cinesi un punto di riferimento. Sino a pochi anni fa l'Italia era contemporaneamente il maggior produttore ed esportatore di mobili; il primo dei due primati l'abbiamo perso. Tuttavia, il settore rappresenta uno dei più grossi raggruppamenti manufatturieri dell'industria italiana con un fatturato (dati relativi al 2002) di oltre 38 miliardi di euro, di cui 12,6 esportati con quasi 88 mila imprese e 412 mila addetti.

        Occorre anche considerare che l'enorme mercato interno cinese ha consentito ad aziende come la Landbond di crescere enormemente e sfondare anche negli Stati Uniti.

        Considerata la qualità, nel medio periodo, la concorrenza cinese sarà devastante nella fascia bassa, limitata nella fascia medio-alta e nulla nel segmento medio-alto. Il settore legno-arredo pertanto si trova di fronte all'opzione di delocalizzare, ponendosi come obiettivo anche il mercato cinese, oppure gestire il mercato per conto dei cinesi come è avvenuto nel tessile: trasferire le produzioni in Cina mantenendo la realizzazione del design, dei cataloghi e del marketing. Tutto ciò, però, comporta una profonda ristrutturazione del sistema che, se non accompagnata da adeguati provvedimenti di politica industriale, potrebbe comportare la distruzione di quel "reticolo produttivo" che lo caratterizza e lo rende così innovativo e competitivo.

 

 

Moda.

 

        A dicembre il Governo italiano ha segnalato a quello di Pechino circa 1000 violazioni nel settore della moda. Il giro d'affari illegale è di 4 miliardi di euro l'anno, oltre a 1,5 miliardi nel settore calzature e pelletterie. Se si valuta che il settore tessile-abbigliamento italiano ha una produttività media di 165 mila euro ad addetto ne consegue una perdita di posti di lavoro pari a 25 mila unità. Nell'ultima indagine campione effettuata dal "Sistema moda Italia" due capi su dieci erano falsi. Il settore richiede un aumento abnorme delle pene pecuniarie. Il tema della reciprocità di accesso ai mercati e della tracciatura dei beni importati sono le storiche battaglie della moda italiana, svantaggiata anche da barriere all'ingresso degli altri mercati.

 

 

Scarpe.

 

        L'Agenzia delle dogane ha firmato (gennaio 2003) un memorandum d'intesa con i rappresentanti dei calzaturieri. Ormai una scarpa su tre è prodotta in Cina, ma anche a Taiwan, Polonia e Russia. Si tratta di 50,2 milioni di scarpe nel 2002. Inoltre ci si scontra con barriere tariffarie e non, pari a circa il 65 per cento del prezzo per l'ingresso in India ed in Cina, mentre il Giappone si rifiuta da anni di rinegoziare i contingenti di importazione oltre a gravare con pesanti dazi la merce in ingresso. Va ricordato che il sistema esporta l'83 per cento della produzione, ma nel 2002 ha subito un calo dell'export di circa il 10 per cento.

 

 

Meccanica e componentistica.

 

        Nel settore della rubinetteria (nel 2002 15 mila addetti, con un fatturato di 4,5 miliardi di euro di cui 3,3 esportati) la nostra industria tenta di difendersi con il marchio collettivo di qualità "Q Avr". Ma rubinetti e valvole vengono imitati alla perfezione compresi i marchi delle aziende italiane; un caso è stato denunziato recentemente ai presentatori della proposta di legge dalla Cimberio, che ha visto imitato anche il proprio trademark, ed i certificati degli enti certificatori internazionali. L'azienda citata ha osservato che spesso le valvole imitate hanno una presenza di piombo fuori dalla norma; si consideri che sono destinate ad acqua potabile per uso umano, che sono al di fuori di qualsiasi normativa internazionale e che sono pericolose per i consumatori. In taluni casi i consumatori truffati hanno citato l'azienda colpita dalla contraffazione e la dimostrazione che non si tratta di prodotti italiani comporta ulteriori spese legali. Così oltre al danno c'è anche la beffa.

        La FICEP, azienda varesina specializzata negli impianti per la lavorazione dei metalli si è vista copiare qualcosa come 60 installazioni in Cina, ed ha avuto anche la spiacevole sorpresa di scoprire, alla EMO di Hannover, un clone delle proprie macchine presentato da una ditta spagnola.

        Un piccolo ritocco al nome, da FASEP a PASEF, la copiatura di sana pianta del logo dell'azienda, e per l'impresa fiorentina che produce attrezzature per la manutenzione delle automobili la vicenda si è tradotta in 1,5 milioni di euro di perdita di fatturato. Con una prospettiva ancora più pesante: l'impossibilità di restare sul mercato cinese e il rischio di perdere altri sbocchi nell'area orientale. Non è stata intentata nemmeno una causa perché servono soldi e gente in loco per seguirla.

        La ditta Maselli combatte invece da quattro anni con gli avvocati. L'azienda produce attrezzature per montaggio e smontaggio di ruote ed equilibratori, ed è in Cina dai primi anni '90. Ha scoperto la contraffazione per una serie di telefonate di clienti insoddisfatti: i produttori cinesi, inizialmente suoi distributori, avevano fotocopiato addirittura il libretto delle istruzioni, compreso il numero di telefono dell'azienda. Il prodotto cinese funziona male, ma si vende a prezzi stracciati. In Cina ormai la Maselli non riesce più a vendere.

        La Corghi, 150 milioni di euro di fatturato, leader nel campo delle autoattrezzature, ha intentato due cause, una nel 1995, l'altra nel 1998, che due anni fa si sono concluse con la condanna dei contraffattori. La Corghi è in Cina da 40 anni, da 10 ha una filiale e anche uno stabilimento produttivo. Ha mezzi e forze per poter affrontare il problema: ad ogni fiera si controlla la documentazione commerciale degli altri stand e se si vede qualcosa che non convince, viene mandata una lettera di diffida.

        I produttori segnalano inoltre che taluni fabbricanti italiani importano direttamente prodotti fabbricati in Cina su loro progetto, marchiandoli "Made in Italy". Si segnala inoltre che recentemente la società cinese Su Jie Bin - China ha depositato in Perù il marchio WALITALY per diversi prodotti di rubinetteria e purtroppo il marchio è stato registrato. I produttori italiani hanno fatto ricorso, poiché secondo la legge peruviana non è possibile registrare marchi con denominazioni di Paesi, tuttavia i risultati sono limitati e le spese legali assai elevate.

        Il Sottosegretario per l'economia e le finanze, Vegas, al salone internazionale dei componenti (22^ Automotor), tenutosi nel marzo al Lingotto di Torino, ha proposto un marchio DOC per la componentistica auto italiana, settore che ha fatturato 22.200 milioni di euro nel 2002. Il direttore generale dell'Istituto per il commercio estero, Ugo Calzoni, ha annunziato un progetto speciale di comunicazione dell'Istituto per la penetrazione dei mercati internazionali da parte delle aziende di settore.

 

 

Altri casi recenti.

 

        Si riportano, in ordine cronologico, alcuni dei più clamorosi casi di contraffazione e di commercio abusivo scoperti in Italia nell'ultimo anno; ovviamente non si ha alcuna pretesa di esaustività, ma solo di mera elencazione di fatti riportati dalle agenzie di stampa nazionali.

        Nel luglio 2002 i carabinieri hanno sequestrato a Napoli oltre 2000 borse griffate, di qualità tale da non essere facilmente distinguibili dalle originali. Probabilmente erano destinate al mercato legale. Nell'operazione denominata "Veronica" oltre le borse sono state scoperte due fabbriche abusive con sofisticati macchinari; 17 operai vi lavoravano in totale assenza di tutele.

        Un'organizzazione commerciale cinese con sede legale e depositi a Roma riproduceva perfettamente le scarpe Nike e gli accessori per cellulari Nokia, completi di confezioni. E' stata scoperta a dicembre dalla Guardia di finanza, che ha avviato le indagini da sequestri effettuati a venditori ambulanti abusivi.

        A Campi Bisenzio nel gennaio 2003 la Guardia di finanza ha sequestrato due capannoni in cui venivano stoccati capi di pelletteria col logo Fendi e Alviero Martini. I pezzi erano 150 mila. L'organizzazione era completamente cinese, sia l'amministratore, che gli operai e gli acquirenti.

        Un cittadino cinese, titolare di una ditta di import-export con sede a Roma stava per mettere in commercio 200 mila occhiali da vista e 9 mila Pokemon contraffatti, completi di marchio CE contraffatto, e non rispondenti alla normativa di sicurezza. E' stato denunziato dalla Guardia di finanza a gennaio.

        A gennaio 2003 la Guardia di finanza ha sequestrato a Roma un container proveniente dalla Cina con 50 mila articoli contraffatti: 30 mila indumenti intimi marca Lycra, 3 mila orologi Rolex, Breitling e Panerai, 20 mila cover Nokia e penne Mont Blanc. Il livello di perfezione era tale che è stato necessario ricorrere ad esperti.

        A La Spezia nel febbraio 2003 la Guardia di finanza ha sequestrato 28 mila penne di qualità perfettamente imitate, tra cui 11 mila Parker e 1000 Mont Blanc. La contraffazione comprendeva i pennini in oro, le garanzie e gli astucci. Secondo gli inquirenti la merce era destinata ad esercizi commerciali.

        A febbraio 2003 un maxi sequestro a Fiumicino con 3,5 milioni di capi contraffatti delle marche Levi's, Versace, Hugo Boss, per un valore di 6 milioni di euro. Le due spedizioni sequestrate provenivano da Turchia ed Egitto; i contraffattori avevano attaccato sopra le etichette delle griffe, quelle di marchi locali.

        All'inizio di maggio 2003 la Guardia di finanza ha scoperto a Casalnuovo (Napoli) un deposito del valore di oltre 300 mila euro, con migliaia di profumi falsi (Chanel, Calvin Klein, Biagiotti, Dolce e Gabbana), false borse griffate Fendi, Gucci, Vuitton. In particolare risultano essere pericolose le creme solari. Le indagini dovranno appurare se questi prodotti sono stati smerciati anche attraverso le normali rivendite.

 

 

Considerazioni finali.

 

        Nell'esaminare i documenti e nel predisporre i testi due considerazioni hanno colpito i presentatori. La prima, poco più che una curiosità, che pure legittimamente andrebbe soddisfatta è la seguente: non si sente mai parlare dei costi di trasporto, che pure non dovrebbero essere irrilevanti. Eppure né le aziende globalizzate, che assemblano parti provenienti da tutto il mondo, se ne lamentano, né le distanze sembrano fermare i contraffattori; anzi in taluni casi, per eludere la sorveglianza, le merci false fanno dei percorsi molto più lunghi di quelli che potrebbero fare.

        La seconda è invece più seria e si richiama all'etica dell'economia, più volte citata quando i crolli borsistici ed i fallimenti di grandi società hanno minato la fiducia dei risparmiatori. Forse si potrebbe disporre di un'arma in più nei riguardi della contraffazione e del falso se i prezzi dei prodotti fossero maggiormente riferiti al costo di produzione. Altrimenti per chi pretende di vendere a centinaia di volte il costo di produzione, magari realizzata in Paesi poveri e senza tutele, il falso sarà sempre in agguato.

L'articolato.

 

        L'articolo 1 istituisce il marchio "Made in Italy" allo scopo di contraddistinguere i beni industriali ed artigianali che "presentino caratteristiche di eccellenza sotto il profilo della qualità, dell'originalità, della progettazione, del design o del valore artistico, dell'innovazione tecnologica o produttiva, nonché dell'elevata competitività sui mercati esteri". Diversamente dagli altri progetti in materia non è richiesto che il bene sia interamente prodotto in Italia, limitazione che ha sollevato perplessità nelle diverse organizzazioni imprenditoriali e che per taluni versi, è anacronistica, ove si consideri che in tempi di globalizzazione i mercati di approvvigionamento di ogni singola parte del bene possono essere sparsi su tutto il pianeta. Viceversa si richiede che siano realizzate in Italia "tutte le parti di prodotto e le fasi della lavorazione che ne conferiscono le caratteristiche di eccellenza".

        L'impostazione del testo consente pertanto un'ampia gamma di tutele sia di prodotti industriali che artigianali, di qualsiasi comparto merceologico, allo scopo di avere uno strumento agile ed adattabile alle diverse circostanze. D'altra parte si ritiene del tutto insufficiente l'apposizione di un semplice marchio, metodo di tutela passivo in quanto anch'esso falsificabile, mentre è necessario che il marchio sia il punto di partenza di tutta una serie di interventi propri sia dell'azienda danneggiata, sia della pubblica amministrazione. Sarà poi cura del Ministero delle attività produttive dettare criteri applicativi dettagliati, presumibilmente comparto per comparto, per l'attribuzione del marchio. Spetta inoltre al Ministero la registrazione del marchio "Made in Italy" in sede comunitaria e internazionale.

        L'articolo 2 detta il procedimento di attribuzione del marchio. Il compito è affidato ad un'apposita Commissione, la cui istituzione è ottenuta mediante modifica delle attribuzioni del Ministero delle attività produttive in materia di proprietà industriale, inserite nel "collegato concorrenza" approvato nel dicembre 2002 (legge 12 dicembre 2002, n. 273). Si è adottato questo procedimento in modo da alterare il minimo possibile l'attuazione delle disposizioni del testo citato.

        Il comma 2 indica gli elementi formali per l'inoltro alla Commissione del protocollo di richiesta di attribuzione: attestazione di "italianità delle fasi salienti"; attestazione di ottemperanza alle norme vigenti in materia di sicurezza del lavoro, fiscali, contributive e di tutela dei consumatori; certificazione di qualità rilasciata da enti terzi certificatori. Le attestazioni sono rilasciate a cura delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura o, per le aziende consorziate, dalle Unioni delle camere.

        Si sottolinea l'importanza delle certificazioni, nelle varie tipologie con cui esse possono essere adottate. Su scala nazionale il mercato è di 1,5 miliardi e cresce ad un ritmo del 15 per cento annuo. Tra il 2000 ed il 2002 la pattuglia di aziende certificate ISO 9000 è aumentata del 66 per cento; quelle con certificazione ambientale di 10 volte. In ogni caso la certificazione sta diventando un vantaggio competitivo: apre la strada ai contributi pubblici, migliora l'efficienza dei processi aziendali.

        L'università di Padova ha varato un master di primo livello in sistemi di gestione ambientale. A 300 ore di aula si aggiungono 500 ore di stage, per maturare la sensibilità dei nuovi professionisti in ambito aziendale.

        Quanto alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura si è voluto esaltarne il ruolo anche, come vedremo, con i poteri ad esse delegabili da parte della Commissione centrale, in conformità ad una visione liberista dell'economia, che vuole che il sistema economico si regoli e si controlli da solo. Infatti, le stesse aziende concorrenti potranno, nell'ambito del procedimento di attribuzione, ma anche successivamente, sollevare obiezioni in caso di richiesta di iscrizione non dotata di sufficienti requisiti.

        Il complessivo iter è ricalcato su quello istruttorio dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che prevede l'intervento di organizzazioni datoriali dei lavoratori e dei consumatori.

        Delle iscrizioni o cancellazioni al marchio viene data notizia sulla Gazzetta Ufficiale, coma avviene per i DOC, DOP o IGP agricoli. Norme di raccordo (comma 6) prevedono la comunicazione della Commissione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per fatti lesivi della stessa o all'autorità giudiziaria per fatti penalmente rilevanti.

        Con l'articolo 3 si interviene sull'articolo 18 del "collegato concorrenza" (legge n. 273 del 2002) sostanzialmente riscrivendolo. Precedentemente il suddetto articolo conteneva un mandato al Ministero delle attività produttive per la riorganizzazione dei servizi di proprietà industriale, con un apposito stanziamento. Tale stanziamento, finalizzato anche ad interventi internazionali, viene elevato a 3 milioni di euro a decorrere dal 2003, con possibilità di mantenimento delle eventuali somme residue. Lo stanziamento può sembrare esiguo, ma va ricordato che esso si aggiunge alle risorse ministeriali già finalizzate allo scopo e che complessivamente verranno riorganizzate. Inoltre, sostanzialmente, si indirizza parte dell'attività del Ministero alla tutela internazionale delle aziende italiane, che siano o meno coperte dal marchio, come richiesto dal sistema produttivo.

        Il comma 2 istituisce la Commissione per l'attribuzione del marchio "Made in Italy". La sua organizzazione e la sua composizione sono demandate al Ministero delle attività produttive salvo taluni princìpi generali quali efficienza, rapidità di decisione, applicazione delle procedure informatiche in tutte le fasi del procedimento e collegamento con il Ministero degli affari esteri, gli uffici del commercio estero e le rappresentanze commerciali italiane nei Paesi esteri.

        L'articolo 4 contiene una serie di disposizioni centrali riguardanti la tutela dei disegni e dei modelli industriali e per la riforma delle disposizioni in materia di tutela della proprietà industriale. Quest'ultima è stata già avviata, con delega al Governo, dall'articolo 15 del "collegato concorrenza".

        Il comma 1 riduce da 10 a 5 anni l'inoperabilità del diritto d'autore, che prevede tutele sino a 50 anni dalla morte dell'autore per i disegni e modelli industriali. Con l'articolo 22 del decreto legislativo n. 95 del 2001 si è riconosciuto il valore di opera di ingegno del design industriale, inserendo apposita previsione <articolo 2, primo comma, numero 10)> nella legge generale in materia, legge n. 633 del 1941. Tuttavia, per motivi di natura economica, concernenti la tutela degli utilizzatori in buona fede, l'articolo 25-bis del medesimo decreto legislativo n. 95 del 2001 prevedeva 10 anni di inoperabilità di tale diritto a decorrere dal 19 aprile 2001. Nel "collegato concorrenza" si interveniva di nuovo in materia, prevedendo la riduzione dell'inoperabilità ad un anno dopo l'entrata in vigore della legge e ritenendo la sospensione "eccessiva sul piano giuridico e ingiustificata sul piano economico"; il testo, emendato più volte - segno evidente degli interessi in campo - ha finito per occuparsi (articolo 17 della legge n. 273 del 2002) degli adempimenti amministrativi connessi all'estensione del diritto d'autore per i disegni industriali, limitando a 25 anni la durata dei diritti di utilizzazione economica del disegno o modello, protetto dal diritto d'autore. La questione dell'inoperabilità sino al 2011, che il Governo voleva modificare, è così rimasta in piedi. Concordando con le finalità del Governo, coincidenti con quelle del presente progetto, riprendiamo la questione proponendo la riduzione alla metà del suddetto termine, cioè sino al 19 aprile 2006.

        Il medesimo comma, inoltre, provvede a riallineare, con la disposizione generale, la restante normativa introducendo la tutela del diritto d'autore per i modelli di particolare valore nel testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per modelli industriali, di cui al regio decreto n. 1411 del 1940 (lettera b) del comma 1), e modificando il regolamento per l'esecuzione della legge n. 633 del 1941 di cui al regio decreto n. 1369 del 1942 (lettera c) del comma 1).

        Il comma 2 dispone ulteriori criteri direttivi oltre quelli previsti per la delega al riassetto della normativa sulla proprietà industriale di cui alla legge n. 273 del 2002. Al criterio relativo all'adeguamento della normativa alla disciplina internazionale e comunitaria, si aggiunge la dizione "fatte salve le maggiori tutele previste dall'ordinamento italiano"; al criterio (lettera e) del comma 1 dell'articolo 15 della legge n. 273 del 2002) relativo al riordino e potenziamento della struttura istituzionale preposta alla gestione della normativa, si aggiunge la "collaborazione con le strutture istituzionali, anche sopranazionali con chiaro riferimento in particolare al WTO, preposte alla lotta alle contraffazioni ed agli abusi in tema di proprietà industriale".

        Le restanti lettere aggiuntive costituiscono l'anticipazione della citata direttiva comunitaria destinata ad uniformare la normativa in tema di lotta alla contraffazione, la cui bozza, ancora ben lontana dall'essere definita, è stata diffusa alla fine del mese di gennaio 2003. Contestualmente l'Unione europea ha diffuso il testo di una direttiva in materia di uniformazione della politica doganale degli Stati membri, con la quale potrebbe essere affrontata la questione dei dazi sulle merci in entrata (attualmente non consentiti dalla normativa comunitaria) imposti secondo criteri di reciprocità nei riguardi di Paesi terzi che li impongono alle merci comunitarie in entrata.

        I criteri aggiunti, di assoluto buon senso, prevedono: l'introduzione di criteri di reciprocità, nei limiti consentiti dalla normativa comunitaria, per il riconoscimento della proprietà industriale tutelata da Paesi extracomunitari e per l'attivazione di strumenti di tutela; la previsione di misure di urgenza, anche finalizzate alla protezione degli elementi di prova, in relazione a denunzie riguardati la violazione delle norme a tutela della proprietà industriale; l'introduzione del diritto di informazione applicato contro chiunque sia implicato nella violazione (in particolare i dettaglianti), imponendogli di fornire informazioni sull'origine delle merci; la previsione di forme sanzionatorie ulteriori per le aziende responsabili quali la liquidazione coatta, il divieto di accesso a fondi pubblici, gli obblighi di ritiro e distruzione dei beni contraffatti nonché la pubblicazione della sentenza.

        Con l'articolo 5 si riprende il tema della tracciabilità, che ha tenuto banco in questi anni per quel che riguarda i prodotti agricoli, ma che non è stato mai affrontato adeguatamente in sede comunitaria per quel che riguarda i prodotti industriali. L'attuale posizione europea in tema è infatti piuttosto capziosa: non si è voluto sin qui rendere obbligatoria l'apposizione del Paese di origine sui prodotti importati "per non influenzare le scelte del consumatore". Viceversa negli USA su qualsiasi prodotto deve essere indicato lo Stato di fabbricazione. Addirittura, in taluni casi, la dizione "Made in UE" non è sufficiente per consentire l'ingresso del bene.

        Tuttavia l'Unione europea ha sottoscritto l'Accordo generale sulle tariffe doganali ed il commercio (Gatt 1994), mediante la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994. Tali regole sono state introdotte nel nostro ordinamento con la legge 29 dicembre 1994, n. 747. Nell'Accordo sono dettati alcuni princìpi generali in materia di origine e di tracciabilità dei prodotti, nonché sulla possibilità per gli Stati aderenti di esercitare azioni antidumping a fronte di dazi (il Giappone ad esempio, pur essendo membro del WTO, ha dazi in entrata su talune merci agricole, pari al 490 per cento del prezzo), o altri ostacoli posti alla libera circolazione delle proprie merci.

        L'Italia non può procedere autonomamente a modificare la propria posizione in tema; tuttavia è possibile intervenire con un'azione di impulso in ambito comunitario. In tema di lotta al protezionismo si potrà intervenire anche in termini positivi, prevedendo clausole di scambio privilegiate con i Paesi che applichino minori barriere.

        L'articolo 6 interviene sulla base di un'istanza, più volte espressa dai settori tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero in relazione alla valutazione fiscale delle rimanenze. In considerazione della forte stagionalità e dei fenomeni legati alla moda taluni prodotti del settore vanno incontro ad una notevole diminuzione del valore se non venduti entro un certo periodo; stiamo parlando delle collezioni stagionali per le quali sono famose le case di moda, le imprese dei settori dell'abbigliamento e calzaturiero del nostro Paese. E' sembrato opportuno introdurre una disposizione che, migliorando la valutazione delle rimanenze, consentisse di premiare coloro che, operando secondo legge, investono nei prodotti di qualità, piuttosto che in standard importati e di basso livello.

        Con l'articolo 7 si estendono le norme sull'acquisto simulato e sul ritardo degli atti di cattura o di sequestro, anche alle merci contraffatte. Tali norme ad oggi sono previste solo in materia di lotta alla diffusione degli stupefacenti. E' prevista la non punibilità degli agenti di polizia giudiziaria e tributaria per l'acquisto simulato ed il ritardo dei provvedimenti giudiziari obbligati ove questo sia necessario per acquisire maggiori elementi probatori ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili. La struttura dell'articolo è aperta, nel senso che è applicabile a qualsiasi tipo di merce che possa ritenersi contraffatta e quindi ad esempio, anche al contrabbando di tabacchi.

        Il comma 3 modifica, in senso estensivo, la disciplina relativa alla distruzione delle merci confiscate anche dalla autorità amministrativa; si prevede, infatti, che l'operazione avvenga, ove possibile, a spese del contravventore e che i sequestri non siano limitati solo al commercio svolto su aree pubbliche.

        Il comma 4 consente alle Forze dell'ordine di avvalersi da subito delle disposizioni vigenti in materia di poteri ispettivi legati alle indagini fiscali (accesso, ispezioni, inviti a presentarsi o a presentare documentazioni, eccetera), nonché di quelle relative alle presunzioni di cessione e di acquisto dei beni d'impresa.

        Infine l'articolo 8 conferisce una delega al Governo per l'istituzione di consorzi per lo sviluppo economico con particolare riguardo per i settori che maggiormente caratterizzano il panorama produttivo nazionale. La necessità della lotta alla pirateria industriale ha reso indifferibile l'istituzione di strumenti collettivi di autotutela imprenditoriale. Gli scopi dei consorzi sono, tuttavia, più vasti e comprendono interventi destinati a migliorare la competitività del sistema produttivo nazionale. Questo articolo non è limitato al solo "Made in Italy" e fornisce alle aziende maggiormente esposte uno strumento di supporto fondamentale: la creazione di proprie strutture ispettive, di consulenza e supporto legale anche in Paesi terzi. Di conseguenza l'imprenditoria italiana, anche se attaccata singolarmente, potrà difendersi in forma associata.

        Tra le altre finalità vanno segnalate: la ricerca e l'innovazione tecnologica; la formazione e l'aggiornamento professionale degli addetti; la promozione, in Italia e all'estero, dei propri prodotti.

        Altre caratteristiche significative dei consorzi sono: la necessità di adesione di "una quota rilevante" delle imprese di settore; la possibilità di istituzione per i settori caratterizzati da grande frammentazione e dalla forte presenza di piccole e medie imprese; la deducibilità fiscale dei contributi, la cui entità è stabilita dagli statuti dei consorzi stessi.


PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio).

        1. E' istituito il marchio "Made in Italy" di seguito denominato "marchio", al fine di contraddistinguere i beni industriali e artigianali di produzione italiana che presentano caratteristiche di eccellenza sotto il profilo della qualità, dell'originalità, della progettazione, del design o del valore artistico, dell'innovazione tecnologica o produttiva, nonché dell'elevata competitività sui mercati esteri. Per produzione italiana si intende che devono essere realizzate sul territorio nazionale tutte le parti di prodotto e le fasi della lavorazione che conferiscono le caratteristiche di eccellenza.

        2. Il Ministro delle attività produttive determina, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le caratteristiche di riproduzione e di apposizione del marchio, comprendenti elementi che ne rendano difficile la riproduzione o la contraffazione, nonché i criteri generali per l'attribuzione e l'utilizzo del marchio. Con ulteriori provvedimenti, anche di natura dirigenziale, possono essere determinate, su indicazione delle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale, per ciascun prodotto o per ciascuna categoria di prodotto, le caratteristiche di eccellenza richieste per l'attribuzione del marchio ai sensi del comma 1.

        3. Il Ministro delle attività produttive promuove la registrazione del marchio in ambito comunitario, presso l'apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e degli articoli 2 e 4 del protocollo relativo all'intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

 

 

Art. 2.

(Procedimento per l'attribuzione del marchio).

        1. Le procedure per l'attribuzione del marchio sono affidate alla Commissione per l'attribuzione del marchio "Made in Italy" di seguito denominata "Commissione", istituita presso il Ministero delle attività produttive ai sensi dell'articolo 18, comma 2, della legge 12 dicembre 2002, n. 273, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge.

        2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate, anche consorziate, purché rispondenti ai requisiti di cui al comma 1 dell'articolo 1, alla Commissione, unitamente ad un protocollo di adesione contenente:

 

            a) attestazione che le parti di prodotto e le fasi della lavorazione che conferiscono al prodotto le caratteristiche di eccellenza sono state realizzate sul territorio nazionale;

            b) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in materia di sicurezza del lavoro, in campo fiscale e contributivo, e alle normative vigenti in materia di tutela dei consumatori;

            c) attestazioni rilasciate da organismi certificatori di qualità, nonché da enti o altre istituzioni, anche internazionali, che esercitano le attività di verifica, controllo e confronto nei settori merceologici di cui fanno parte le imprese richiedenti, comprovanti le caratteristiche di eccellenza di cui al comma 1 dell'articolo 1.

        3. Gli elementi di cui alle lettere a) e b) del comma 2 sono certificati dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti o, in caso di imprese consorziate, dalle unioni regionali o dall'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

        4. Le imprese richiedenti favoriscono l'attività istruttoria e ispettiva della Commissione, che può essere svolta tramite le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ivi comprese le ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto per il quale il marchio è stato richiesto, salvo il segreto industriale. La Commissione può avvalersi della consulenza delle organizzazioni datoriali, dei lavoratori e dei consumatori, per acquisire notizie utili all'istruttoria di attribuzione.

        5. La Commissione può essere informata da qualsiasi fonte o acquisire qualunque notizia allo scopo di verificare la sussistenza o meno delle condizioni per l'attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie relative a violazioni, la Commissione può avviare un'istruttoria. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni, decorso inutilmente il quale, ovvero in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza dal diritto all'uso del marchio.

        6. La Commissione dà notizia delle attribuzioni e delle revoche dell'uso del marchio mediante pubblicazione dell'estratto della deliberazione nella Gazzetta Ufficiale.

        7. Ove emergano fatti lesivi della concorrenza la Commissione ne informa l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, ivi compresi i casi di uso abusivo del marchio e di contraffazione dei prodotti tutelati, la Commissione provvede a darne comunicazione all'autorità giudiziaria.

        8. Ai sensi dell'articolo 2 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e nell'ambito della loro potestà statuaria, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, istituiscono appositi uffici destinati all'attività di certificazione e di controllo in conformità a quanto previsto dalla presente legge.

 

Art. 3.

(Interventi a sostegno del settore della proprietà industriale e del marchio).

        1. L'articolo 18 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, è sostituito dal seguente:

        "Art. 18 - (Interventi a sostegno del settore della proprietà industriale e del marchio "Made in Italy").- 1. Al fine di fare fronte alle esigenze relative all'attività amministrativa in materia di proprietà industriale e di tutela del marchio "Made in Italy", con particolare riguardo agli interventi sul sistema nazionale e internazionale di tutela ed agli interventi nei confronti delle imprese o degli Stati che hanno violato le norme internazionali a tutela della proprietà industriale, nonché alle programmate modifiche del riassetto organizzativo, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive un fondo di 3.000.000 di euro a decorrere dall'anno 2003. Le somme eventualmente non utilizzate nell'anno precedente, sono mantenute in bilancio ed utilizzate nell'anno successivo.

            2. Nell'ambito delle risorse di cui al comma 1, il Ministero delle attività produttive istituisce la Commissione per l'attribuzione del marchio "Made in Italy" di seguito denominata "Commissione", che svolge funzioni di anagrafe nazionale dei prodotti recanti il marchio "Made in Italy" e le connesse attività istruttorie e ispettive. Ai fini del riassetto organizzativo di cui al comma 1, le funzioni della Commissione sono coordinate con l'attività di tutela della proprietà industriale e di lotta alla contraffazione esercitate dal Ministero delle attività produttive. In tale ambito la riorganizzazione deve prevedere forme di collaborazione, ivi compresa la richiesta di avvio di procedure, il reciproco scambio di informazioni con il Ministero degli affari esteri, con le rappresentanze commerciali italiane nei Paesi esteri ovvero con gli uffici preposti alle attività connesse al commercio estero facenti capo al Ministero medesimo. Con decreto del Ministro delle attività produttive sono determinate la composizione della Commissione e le norme sull'organizzazione e il funzionamento della stessa improntate a criteri di efficienza, rapidità di decisione e applicazione delle procedure informatiche in tutte le fasi del procedimento.

            3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 3.000.000 di euro annui a decorrere dal 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle attività produttive.

            4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio".

 

 

Art. 4.

(Modifiche alla normativa a tutela dei disegni e modelli industriali. Modifiche alla delega per il riassetto delle disposizioni in materia di proprietà industriale).

        1. Al fine di provvedere ad una maggiore tutela del design italiano:

            a) il termine di 10 anni decorrenti dal 19 aprile 2001, di cui al comma 1 dell'articolo 25-bis del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95, relativo all'inoperabilità del diritto d'autore per i disegni e modelli industriali è ridotto a 5 anni;

            b) all'articolo 5 del regio decreto 25 agosto 1940, n. 1411, e successive modificazioni, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

        "4-bis. Ai modelli e disegni costituenti opere dell'ingegno di carattere creativo si applicano le disposizioni sul diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni";

            c) al terzo comma dell'articolo 32 del regio decreto 18 maggio 1942, n. 1369, dopo le parole: "opere dell'architettura" sono inserite le seguenti: "e del disegno industriale".

        2. All'articolo 15, comma 1, della legge 12 dicembre 2002, n. 273, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", fatte salve le maggiori tutele previste dall'ordinamento italiano";

            b) alla lettera e) sono aggiunte, in fine, le parole: ", nonché di reciproca collaborazione con le strutture istituzionali, anche sovranazionali, preposte alla lotta alle contraffazioni e agli abusi in tema di proprietà industriale";

            c) dopo la lettera h) sono aggiunte le seguenti:

            "h-bis) introduzione di criteri di reciprocità, nei limiti consentiti dalla normativa comunitaria, per il riconoscimento della proprietà industriale tutelata da Paesi extracomunitari e per l'attivazione di strumenti di tutela;

                h-ter) previsione di strumenti amministrativi che consentano l'adozione di misure provvisorie o di interventi di urgenza, anche finalizzati alla protezione degli elementi di prova, in relazione a denunce riguardanti la violazione delle norme a tutela della proprietà industriale, nei casi in cui possano configurarsi gravi danni, economici o di immagine, per gli aventi diritto alla tutela;

                h-quater) riconoscimento di un diritto di informazione da esercitare contro chiunque sia implicato nella violazione delle norme a tutela della proprietà industriale, mediante l'obbligo di fornire informazioni sull'origine delle merci, sui circuiti di distribuzione e sull'identità dei partecipanti alle diverse fasi della violazione;

                h-quinquies) previsione di forme sanzionatorie ulteriori per le aziende responsabili, quali liquidazione coatta, divieto di accesso a fondi pubblici, obbligo di ritiro e di distruzione dei beni contraffatti e pubblicazione della sentenza".

 

 

Art. 5.

(Tracciabilità dei prodotti industriali e artigianali extracomunitari. Lotta al protezionismo commerciale).

        1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi in essa contenuti, modifiche alla normativa in materia doganale, che prevedano, nei limiti della normativa comunitaria, la certificazione dello Stato di produzione dei prodotti industriali e artigianali di origine extracomunitaria, destinati ai consumatori finali, nonché delle azioni di contrasto all'importazione di prodotti contraffatti.

        2. In sede comunitaria l'Italia si rende promotrice di azioni volte all'attuazione della decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, che recepisce l'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (Gatt 1994), introdotto nell'ordinamento italiano con la legge 29 dicembre 1994, n. 747, al fine di:

                a) definire regole dettagliate in materia di origine e di tracciabilità dei prodotti industriali e artigianali di origine extracomunitaria, destinati ai consumatori finali, in attuazione dell'Accordo relativo alle regole in materia di origine, allegato all'Accordo generale;

                b) introdurre, nel rispetto dei princìpi stabiliti in sede Gatt 1994, criteri di reciprocità nei confronti dei Paesi che adottano politiche doganali protezioniste o che prevedono non giustificate procedure amministrative per l'ingresso dei prodotti comunitari nei propri mercati, anche adottando clausole di scambio privilegiate con i Paesi che gravino le proprie importazioni con minori barriere amministrative e protezionistiche.

 

Art. 6.

(Valutazione delle rimanenze nei settori tessile,dell'abbigliamento e calzaturiero).

        1. All'articolo 59 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

        "6-bis. Nei settori tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero la valutazione delle rimanenze di prodotti di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non venduti entro il periodo di tempo corrispondente alla stagionalità del settore, è effettuata ai sensi del quarto comma dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, applicando i seguenti coefficienti: a) primo anno, 100 per cento del costo; b) secondo anno, 70 per cento del costo; c) terzo anno, 50 per cento del costo; d) quarto anno, 30 per cento del costo; e) quinto anno e successivi, 10 per cento del costo. Al termine del quinto anno il valore delle rimanenze è pari a zero purché sia fornita idonea prova della loro avvenuta distruzione o cessione sotto la voce "stracci"".

 

 

Art. 7.

(Acquisto simulato di merci contraffatte. Ritardo degli atti di cattura, di arresto o di sequestro. Distruzione delle merci sequestrate).

        1. Fermo il disposto di cui all'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria e tributaria che, nell'ambito di indagini per il contrasto alla circolazione e alla vendita di merci contraffatte, al solo fine di acquisire elementi di prova, acquistano, ricevono, occultano o comunque si intromettono nel fare acquistare, ricevere, occultare le merci suddette. Delle operazioni avviate è data immediata notizia all'autorità giudiziaria; questa, a richiesta degli ufficiali di polizia, può, con decreto motivato, differire il sequestro delle merci contraffatte fino alla conclusione delle indagini. L'organo procedente trasmette motivato rapporto all'autorità giudiziaria entro quarantotto ore.

        2. Per gli stessi motivi di cui al comma 1, l'autorità giudiziaria può, con decreto motivato, ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione dei provvedimenti di cattura, di arresto o di sequestro, quando sia necessario per acquisire maggiori elementi probatori ovvero per l'individuazione o la cattura dei responsabili. L'autorità giudiziaria impartisce agli organi di polizia le disposizioni per il controllo degli sviluppi dell'attività criminosa. Nei casi di urgenza, le disposizioni possono essere richieste od impartite anche oralmente, ma il relativo provvedimento dovrà essere emesso entro le successive ventiquattro ore.

        3. La lettera d) del comma 1 dell'articolo 49 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, è sostituita dalla seguente:

            "d) prevedere, ove possibile a spese del contravventore, la distruzione della merce contraffatta o non rispondente ai requisiti comunitari, confiscata, salvo la conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari o di indagine".

        4. Quando procedono alle attività di indagine, di contrasto o di controllo relative alla circolazione e alla vendita di merci, contraffatte, di contrabbando o non rispondenti alle caratteristiche di legge, gli ufficiali di polizia giudiziaria e tributaria si avvalgono delle facoltà previste dagli articoli 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441, e successive modificazioni.

 

 

Art. 8.

(Consorzi per lo sviluppo economico).

        1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a prevedere e regolamentare l'istituzione di consorzi per lo sviluppo economico di specifici settori di attività imprenditoriale, con particolare riguardo ai settori che maggiormente caratterizzano il panorama produttivo nazionale.

        2. La delega di cui al comma 1 deve essere esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

            a) i consorzi per lo sviluppo economico devono perseguire le seguenti finalità: la ricerca e l'innovazione tecnologica; la formazione e l'aggiornamento professionale degli addetti; la promozione, in Italia e all'estero, dei propri prodotti; la lotta alla contraffazione, anche attraverso la creazione di proprie strutture ispettive, di consulenza e supporto legale anche in Paesi terzi; il miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi ad essi connessi al fine di garantire maggiore competitività ed un elevato grado di tutela dei consumatori finali;

            b) i singoli consorzi per lo sviluppo economico sono istituiti, per ciascun settore di attività, con decreto del Ministro competente, su richiesta e in accordo con le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative degli imprenditori del settore interessato;

            c) i consorzi per lo sviluppo economico possono essere istituiti per i settori di attività imprenditoriale caratterizzati da grande frammentazione e dalla presenza diffusa, ancorché non esclusiva, di piccole e medie imprese;

            d) ai consorzi per lo sviluppo economico deve aderire una quota rilevante delle imprese che esercitano la propria attività utilizzando i codici di attività, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, individuati dal decreto istitutivo di ciascun consorzio. Il decreto istitutivo di ciascun consorzio definisce inoltre, per ogni consorzio, la quota rilevante necessaria e può prevedere la partecipazione allo stesso delle organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative degli imprenditori del settore interessato, determinandone le modalità;

            e) i consorzi per lo sviluppo economico hanno personalità giuridica di diritto privato, non hanno fini di lucro e sono retti da statuti, approvati con decreto del Ministro competente, che devono assicurare la più ampia partecipazione, diretta o delegata, delle imprese consorziate;

            f) l'attività dei consorzi per lo sviluppo economico è posta sotto la vigilanza del Ministro competente e del Ministro dell'economia e delle finanze, per quanto attiene la correttezza amministrativa e il rispetto delle finalità istituzionali;

            g) i consorzi per lo sviluppo economico provvedono ai mezzi finanziari per la loro attività con i proventi dell'attività stessa, della gestione patrimoniale del fondo consortile e con i contributi dei consorziati. La misura del contributo iniziale e dei contributi annui posti a carico dei consorziati è stabilita dagli statuti dei consorzi; la quota di adesione ed i contributi versati sono deducibili ai fini dell'imposta sul reddito;

            h) gli eventuali avanzi di gestione accantonati dai consorzi per lo sviluppo economico nelle riserve costituenti il loro patrimonio netto non concorrono alla formazione del reddito a condizione che sia rispettato il divieto di distribuzione, sotto qualsiasi forma, ai consorziati, anche nel caso di scioglimento dei consorzi.

        3. Lo scioglimento di un consorzio per lo sviluppo economico può essere deliberato dall'assemblea straordinaria del consorzio stesso o stabilito, con apposito decreto, dal Ministro competente. L'eventuale patrimonio residuo, risultante dalla liquidazione del consorzio, deve essere devoluto ad altro consorzio per lo sviluppo economico, individuato dall'assemblea o dal Ministro competente o, in mancanza, al fondo di cui all'articolo 18 della legge 12 dicembre 2002, n. 273, come modificato dall'articolo 3 della presente legge.

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 4497

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

 

DIDONE', POLLEDRI

 

Istituzione dei marchi Made in Italy, Full Made in Italy,
Designed in Italy e Styled in Italy per la tutela dei
prodotti italiani

 

             

Presentata il 19 novembre 2003

             

 

 


        Onorevoli Colleghi! - Dalla fine degli anni novanta ad oggi, con l'apertura dei mercati dell'Est e d'Oriente e con la progressiva liberalizzazione degli scambi, si sono determinati fenomeni imprevisti che hanno influito negativamente sull'andamento del sistema delle piccole e medie imprese italiane.

        Nel giro di pochi anni si è intensificato il fenomeno di delocalizzazione delle unità produttive all'estero, con una perdita di migliaia di posti di lavoro e la chiusura di innumerevoli aziende.

        Parallelamente a questo "fenomeno" collegato alla globalizzazione, si sono intensificati i casi di contraffazione, determinando un grave danno non solo nei confronti delle aziende produttrici leader nel settore ma anche con riguardo ai consumatori.

        La crescente competizione sleale e illegale sta portando danni ingentissimi al sistema economico italiano.

        Non è infrequente che prestigiosi comparti del Made in Italy hanno evidenziato non solo imitazioni perfette dei loro prodotti, ma addirittura prodotti con il loro marchio aziendale.

        E' assolutamente strategico tutelare la valorizzazione del Made in Italy sia nei mercati esteri di esportazione, dove le pratiche contraffattive da parte dei Paesi industriali emergenti sono assai insidiose e dannose, che nel mercato interno.

        Per promuovere e difendere il Made in Italy nei mercati esteri, il Ministero delle attività produttive ha messo in atto nel disegno di legge finanziaria per il 2004, una serie di misure, concentrando risorse nella tutela di un marchio di origine che sia internazionalmente noto e riconoscibile.

        La presente proposta di legge intende estendere la valorizzazione della produzione italiana con l'indicazione Made in Italy, per i prodotti per i quali in Italia è avvenuta la trasformazione o la lavorazione sostanziale, che ha rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione o addirittura la produzione di un nuovo prodotto, e una ulteriore qualifica, all'interno del mercato nazionale, di prodotto interamente fabbricato in Italia (Full Made in Italy), per i prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente nel territorio italiano.

        Questa ulteriore specificazione potrebbe risultare utile per qualificare quei prodotti il cui processo produttivo è realizzato integralmente in Italia, in modo tale da semplificare la distinzione durante la fase di distribuzione del prodotto finito nei mercati di vendita.

        Nell'esigenza di facilitare l'identificazione dei prodotti disegnati e progettati in Italia da soggetti italiani, nella logica diretta a valorizzare e tutelare la creatività italiana, incidendo, altresì, nell'arginare le pratiche scorrette di quei produttori che sfruttano l'immagine intenzionalmente acquisita dai nostri stilisti o dai nostri progettisti, è istituito il marchio collettivo Designed in Italy e Styled in Italy di proprietà dello Stato italiano registrato ai sensi del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni.

        E' poi prevista l'etichettatura delle merci realizzate ad di fuori dei Paesi appartenenti all'Unione europea, nell'intenzione di assicurare un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali circa l'origine dei prodotti.

        Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto a stabilire criteri, modalità e procedure per la concessione dell'uso delle indicazioni di provenienza, di cui all'articolo 1, e all'istituzione dei marchi collettivi, prevedendo modalità e requisiti per la concessione in uso delle indicazioni di provenienza e dei marchi elencati all'articolo 3.

 


PROPOSTA DI LEGGE

 

 

Art. 1.

(Indicazioni di provenienza).

        1. I prodotti per i quali è avvenuta in Italia la trasformazione o la lavorazione sostanziale economicamente giustificata ed effettuata in un'impresa attrezzata a tale scopo, che ha comportato la fabbricazione di un prodotto nuovo o che ha rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione, possono essere contrassegnati con l'indicazione "Made in Italy".

        2. I prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, possono essere contrassegnati con l'indicazione "Full Made in Italy".

        3. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, ancorché con l'utilizzo di materie prime o di semilavorati grezzi di importazione.

        4. Le indicazioni "Made in Italy" e Full Made in Italy" sono indicazioni di provenienza ai sensi dell'Accordo di Madrid relativo alla repressione delle indicazioni di provenienza false o fallaci del 14 aprile 1891, reso esecutivo dalla legge 4 luglio 1967, n. 676.

 

 

Art. 2.

(Istituzione dei marchi Designed in Italy e Styled in Italy)

        1. Al fine di identificare i prodotti interamente disegnati e progettati in Italia da soggetti italiani e fabbricati sotto il controllo dei medesimi, ancorché all'estero, sono istituiti i marchi collettivi "Designed in Italy" e "Styled in Italy" di proprietà dello Stato italiano, registrati ai sensi del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni.

        2. Il Ministero delle attività produttive è preposto allo svolgimento delle attività in materia di marchio collettivo previste dall'articolo 2 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni.

 

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione in uso delle indicazioni di provenienza e dei marchi).

        1. Il Ministro delle attività produttive provvede, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire i criteri, le modalità e le procedure per la concessione dell'uso delle indicazioni di provenienza di cui all'articolo 1 e dei marchi di cui all'articolo 2 della medesima legge, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 2 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Il decreto prevede in particolare, che:

 

                a) la richiesta di utilizzo delle indicazioni di provenienza di cui all'articolo 1 sia accompagnata da certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche del prodotto;

                b) per i prodotti di cui all'articolo 1, comma 2, la richiesta di utilizzo dell'indicazione di provenienza sia accompagnata dalla certificazione comprovante che la produzione della merce è avvenuta integralmente sul territorio italiano;

                c) le indicazioni di provenienza e i marchi siano apposti sui prodotti finiti con modalità atte a rendere immediata e comprensibile l'informazione per il consumatore;

                d) i marchi di cui all'articolo 2 possano altresì essere apposti sui prodotti finiti, anche non destinati al consumo finale.

        2. Il decreto di cui al comma 1 individua altresì le caratteristiche dei semilavorati grezzi di cui all'articolo 1, comma 3, con riferimento ai distinti settori produttivi.

        3. Le indicazioni di provenienza e i marchi di cui agli articoli 1 e 2 sono concessi in uso dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare l'uso delle indicazioni di provenienza e dei marchi a gruppi di imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successiva modificazioni, ovvero di specifiche filiere produttive, che a tale fine si associano, anche in forma consortile.

 

 

Art. 4.

(Etichettatura dei prodotti).

        1. Al fine di assicurare un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali circa l'origine dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è promossa, in conformità alla normativa dell'Unione europea, l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione. Tale etichettatura deve evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di origine commerciale dei prodotti.

        2. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le caratteristiche dell'etichettatura di cui al comma 1 e le modalità per i relativi controlli nonché le regole per la tracciabilità dei prodotti lungo la filiera produttiva. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere, presso gli operatori e presso il pubblico, i criteri di etichettatura previsti dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai medesimi criteri. Dall'attuazione del decreto non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Art. 5.

(Controlli).

        1. Le imprese interessate attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato le indicazioni di provenienza e i marchi l'eventuale venire meno dei relativi requisiti e a cessare contestualmente l'utilizzo delle medesime indicazioni e dei marchi.

        2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, anche tramite istituti e consorzi di certificazione da esse individuati, effettuano controlli a campione sulle imprese che utilizzano le indicazioni di provenienza e i marchi di cui agli articoli 1 e 2 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

        3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero al gruppo di imprese facente parte di un distretto industriale di cui all'articolo 3, comma 3, autorizzate all'uso delle indicazioni di provenienza e dei marchi.

        4. Nel caso in cui i controlli di cui ai commi 2 e 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata o del gruppo di imprese violazioni nell'utilizzo delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio revoca l'autorizzazione all'utilizzo delle indicazioni di provenienza e dei marchi, dandone comunicazione al Ministero delle attività produttive. Nelle more degli accertamenti l'utilizzo può essere inibito a titolo cautelare.

        5. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del diritto all'uso delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, disposta ai sensi del comma 4 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

 

Art. 6.

(Sanzioni).

        1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo delle indicazioni di provenienza e dei marchi prima che siano decorsi tre anni dalla data del provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

        2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso indebito delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2.

        3. L'uso illecito delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, e titolo VIII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni.

 

 

Art. 7.

(Promozione dei marchi e registrazione comunitaria).

        1. A decorrere dall'anno 2004, il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di promozione delle indicazioni di provenienza e dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.

        2. Il Ministero delle attività produttive promuove altresì la registrazione dei marchi di cui all'articolo 2 anche presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale dei marchi in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo dalla legge 12 marzo 1996, n. 169.

        3. Per il sostegno delle campagne promozionali di cui al comma 1 sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005.

        4. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dalle indicazioni di provenienza e dai marchi di cui agli articoli 1 e 2 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è concesso un credito d'imposta nella misura massima del 65 per cento delle spese sostenute a decorrere dall'esercizio 2004 a valere sul Fondo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e successive modificazioni, che a tale fine è incrementato di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005. L'agevolazione è concessa secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito e alla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto previsto dall'articolo 63 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni. Nel caso dei consorzi di imprese di cui all'articolo 3, comma 3, il credito di imposta è pari all'85 per cento delle spese sostenute.

 

 

Art. 8.

(Copertura finanziaria).

        1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

        2. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 4, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

        3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


Esame in sede referente

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Martedì 4 giugno 2002

 Presidenza del vicepresidente Nicola COSENTINO.

 

La seduta comincia alle 14.05.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 1250 Paola Mariani.

(Esame e rinvio).

 

La Commissione inizia l'esame.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, illustra la proposta di legge in esame, di iniziativa del deputato Paola Mariani, volta ad identificare le calzature prodotte integralmente sul territorio nazionale attraverso l'apposizione del marchio «made in Italy», concesso soltanto nelle ipotesi in cui tutte le fasi della filiera produttiva (dal disegno alla progettazione, fino alla lavorazione ed al confezionamento) siano concentrate in Italia.

La procedura finalizzata a richiedere l'attribuzione del marchio risulta interamente basata sull'autocertificazione. La documentazione presentata dalle imprese è verificata dalla commissione provinciale di garanzia della certificazione, istituita presso le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, che ha il compito di procedere al rilascio del marchio. La proposta di legge prevede che l'autocertificazione debba essere rinnovata annualmente; la commissione provinciale di garanzia, dal canto suo, può acquisire notizie volte a verificare la sussistenza delle condizioni per l'attribuzione del marchio nonché deliberare l'apertura di un'istruttoria e disporre ispezioni.

Dopo aver ricordato che risulta assegnata alla X Commissione, per l'esame in sede referente, la proposta di legge C. 472 («Istituzione del marchio made in Italy per la tutela della qualità dei prodotti italiani») di iniziativa del deputato Contento, finalizzata ad istituire tale marchio al fine di identificare tutti i prodotti risultanti da un'attività lavorativa interamente prestata sul territorio nazionale, e segnalato altresì la presentazione della proposta di legge C. 2689, di iniziativa del deputato Antonio Rotundo, recante «Istituzione del marchio made in Italy per la tutela della qualità dei prodotti del settore tessile e dell'abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane», rileva che la disciplina in materia di marchi, contenuta in atti normativi di rango primario (gli articoli 2569 e seguenti del codice civile ed il regio decreto 21 giugno 1942, n. 929), è stata più volte modificata nell'ultimo decennio al fine di adeguarla a normative comunitarie e trattati internazionali.

Osserva, in particolare, che la normativa comunitaria prevede che i requisiti ai quali le normative nazionali assoggettano la concessione di denominazioni nazionali di qualità, a differenza di quanto accade per le denominazioni di origine e le indicazioni di provenienza, possono riguardare soltanto le caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti, indipendentemente da qualsiasi considerazione relativa all'origine o alla provenienza geografica degli stessi. A tale proposito ricorda come non abbia dato luogo a rilievi da parte delle istituzioni comunitarie la previsione di due marchi collettivi relativi a prodotti diversi da quelli agroalimentari; si riferisce, in particolare, alla legge 9 luglio 1990, n. 188, che ha inteso tutelare la «ceramica artistica e tradizionale» prodotta in determinate zone del territorio nazionale secondo «forme, decori, tecniche e stili divenuti patrimonio storico e culturale delle singole zone» nonché la «ceramica italiana di qualità» prodotta in conformità ad un apposito disciplinare approvato dal consiglio nazionale ceramico. In entrambi i casi il marchio viene attribuito esclusivamente a produzioni ceramiche localizzate nel territorio nazionale ma solo qualora presentino determinati requisiti qualitativi.

Sulla base di tali considerazioni, riterrebbe utile una riflessione complessiva, da svolgere tenendo presenti i necessari profili di modulazione tra diverse tipologie di prodotti, sulla specificità delle produzioni, con particolare riguardo alla loro idoneità a rappresentare espressione della cultura territoriale, garantendo nel contempo elevati livelli di qualità.

Nel merito, rileva che l'articolo 1 istituisce il marchio «made in Italy», di proprietà dello Stato e la cui concessione d'uso è affidata al Ministero delle attività produttive, al fine di identificare le calzature prodotte interamente sul territorio italiano, con riferimento alle diverse fasi del disegno, progettazione, lavorazione e confezionamento.

L'articolo 2 prevede che il marchio sia apposto esclusivamente sul prodotto finito ed in modo da renderne immediata la visibilità, riservando tale operazione alla sola impresa calzaturiera.

L'articolo 3 configura i requisiti per la richiesta di attribuzione del marchio, che deve essere indirizzata alla commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine «made in Italy», istituita presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. La commissione (articoli 4 e 5) provvede all'esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della prevista documentazione presentata dall'impresa richiedente.

L'articolo 6 stabilisce che le imprese che abbiano ottenuto il marchio sono obbligate a rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l'autocertificazione.

L'articolo 7 prevede l'istituzione di un fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione. Tale fondo è alimentato per il 75 per cento mediante il versamento delle quote aziendali (ciascuna delle quali è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo). Il restante 25 per cento, a carico del Ministero delle attività produttive, è a disposizione della commissione per la copertura dei costi operativi.

I successivi articoli disciplinano, infine, la pubblicazione del marchio (articolo 8), il sistema delle sanzioni (articolo 9) e la registrazione del marchio comunitario (articolo 10).

In conclusione, esprime l'auspicio che possa essere avviato un confronto proficuo che tenga conto della evoluzione complessiva anche del settore della moda e dell'abbigliamento, nel contesto di una sfida che può sicuramente essere proposta in modo efficace prendendo avvio dalla particolare contingenza rappresentata dalla discussione del provvedimento in esame.

 

Nicola COSENTINO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 14.15.

 

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

 

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 19 giugno 2002

Presidenza del vicepresidente Nicola COSENTINO. - Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Mario Valducci.

 

La seduta comincia alle 15.05.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 1250 Paola Mariani.

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento delle proposte di legge C. 472 e C. 2805).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 4 giugno 2002.

 

Nicola COSENTINO, presidente, avverte che è stato richiesto l'abbinamento alla proposta di legge C. 1250 di due ulteriori proposte di legge, assegnate alla Commissione: si tratta delle proposte di legge Contento C. 472 e Scaltritti C. 2805, per le quali non si è potuto procedere all'abbinamento d'ufficio, vertendo esse su materia più ampia.

Propone quindi alla Commissione di procedere al suddetto abbinamento.

 

La Commissione concorda.

 

Sergio GAMBINI (DS-U) sottolinea l'opportunità, anche alla luce dell'abbinamento testé deliberato dalla Commissione, di istituire un Comitato ristretto nel cui ambito sia previsto lo svolgimento di audizioni allo scopo di agevolare il lavoro istruttorio che la Commissione è chiamata a svolgere.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, condivide l'opportunità di procedere alla nomina di un Comitato ristretto, il cui lavoro potrà sicuramente agevolare l'attività della Commissione volta a valutare nel modo più adeguato le istanze provenienti da un settore rilevante dell'economia nazionale.

 

Nicola COSENTINO, presidente, ritiene che la proposta di procedere alla nomina di un Comitato ristretto potrà essere opportunamente valutata nel corso della prossima seduta.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 15.10.

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 26 giugno 2002

 Presidenza del vicepresidente Nicola COSENTINO. -Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Mario Valducci.

 

La seduta comincia alle 14.45.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

(C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2805 Scaltritti).

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento della proposta di legge C. 2689 - Nomina di un Comitato ristretto).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 19 giugno 2002.

 

Nicola COSENTINO, presidente, avverte che in data 24 giugno è stata assegnata alla Commissione l'ulteriore proposta di legge Rotundo ed altri C. 2689, che viene abbinata alle proposte di legge già all'ordine del giorno, vertendo essa su identica materia.

Nessuno chiedendo di parlare, dichiara chiuso l'esame preliminare.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, ribadisce la proposta di procedere alla nomina di un Comitato ristretto al fine di dar luogo ad un adeguato approfondimento della materia.

 

Il sottosegretario Mario VALDUCCI concorda con il relatore.

 

La Commissione delibera di nominare un Comitato ristretto.

 

Nicola COSENTINO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 14.50.

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

Mercoledì 10 luglio 2002.

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

 

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 14.20 alle 14.25.

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

Martedì 23 luglio 2002.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

 

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 12.20 alle 12.25.

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

Giovedì 17 ottobre 2002.

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo e C. 2805 Scaltritti.

Audizioni informali di rappresentanti del Club dei distretti industriali, di rappresentanti di Sistema Moda Italia, di rappresentati della Camera nazionale della moda e di rappresentanti di Confartigianato, CNA, CASA.

Le audizioni informali si sono svolte dalle 16.05 alle 18.25.

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

Giovedì 24 ottobre 2002

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

Audizioni informali di rappresentanti CGIL, CISL, UIL, UGL, di rappresentanti Confapi e di rappresentanti di Confindustria.

Le audizioni informali si sono svolte dalle 16.20 alle 17.40.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

Giovedì 28 novembre 2002

 

Istituzione del marchio «made in Italy» (C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti).

Audizione informale di rappresentanti di Unioncamere e della Associazione delle camere di commercio italiane all'estero.

 

 

L'audizione informale è stata svolta dalle 16.15 alle 16.40.

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Giovedì 5 dicembre 2002

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

 

Audizione informale di rappresentanti della Confederazione delle libere associazioni artigiane (CLAAI).

 

L'audizione informale si è svolta dalle 15.25 alle 15.40.

 

Audizione informale di rappresentanti della Associazione nazionale calzaturifici italiani (ANCI).

 

L'audizione informale si è svolta dalle 15.40 alle 16.05.

 

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

Giovedì 20 febbraio 2003.

Istituzione del marchio «made in Italy».
C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 17.10 alle 17.20.

 

 

 


 

X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Martedì 11 marzo 2003.

Istituzione del marchio «made in Italy».
C. 472 Contento C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti - Audizione informale del viceministro delle attività produttive, onorevole Adolfo Urso.

L'audizione informale si è svolta dalle 13.15 alle 14.

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Martedì 18 marzo 2003.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

Audizione informale del presidente dell'istituto nazionale per il commercio estero (ICE), Beniamino Quintieri.

 

L'audizione informale è stata svolta dalle 10.15 alle 10.55.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Martedì 1o aprile 2003.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

 

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 10.10 alle 10.20.

 

 

 


 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Giovedì 18 settembre 2003

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

 

Audizioni informali di rappresentanti di Confedorafi, dell'Istituto per la tutela dei produttori italiani e di Digitaly-Italian channel.

 

Le audizioni informali si sono svolte dalle 10.15 alle 10.30 e dalle 10.40 alle 11.30.

 

 

 

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 24 settembre 2003

Presidenza del vicepresidente Ruggero RUGGERI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Mario Valducci.

 

La seduta comincia alle 14.55.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti.

(Seguito dell'esame e rinvio - Abbinamento delle proposte di legge C. 3817 Raisi e C. 4001 Gianfranco Conte).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 26 giugno 2002.

 

Ruggero RUGGERI, presidente, avverte che, in data 23 giugno 2003, è stata assegnata alla Commissione, in sede referente, la proposta di legge C. 3817 Raisi ed altri, recante «Istituzione del marchio made in Italy».

Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia delle proposte di legge C. 472 Contento ed abbinate, avverte che, in assenza di obiezioni, si procederà al suo abbinamento.

 

Così rimane stabilito.

 

Ruggero RUGGERI, presidente, avverte altresì che, in data 9 luglio 2003, è stata assegnata alla Commissione, in sede referente, la proposta di legge C. 4001 Gianfranco Conte ed altri, recante «Istituzione del marchio made in Italy e norme di contrasto alla contraffazione dei beni industriali e artigianali».

Poiché tale proposta, pur recando ulteriori disposizioni, è anch'essa volta a prevedere l'istituzione di un marchio «made in Italy» e norme di tutela delle produzioni nazionali, propone alla Commissione di procedere al suo abbinamento alle proposte di legge in esame.

 

La Commissione concorda.

 

Ruggero RUGGERI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Martedì 30 settembre 2003

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte - Audizione informale di rappresentanti di Federlegno-Arredo.

 

L'audizione informale si è svolta dalle 12.05 alle 12.30.

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Giovedì 2 ottobre 2003

 

Istituzione del marchio «made in Italy».
C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte.

 

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 16.10 alle 16.15.

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Mercoledì 29 ottobre 2003

 

Istituzione del marchio «made in Italy».
C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 15.15 alle 15.45.

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

 

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 5 novembre 2003

Presidenza del presidente Bruno TABACCI. - Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Giovanni Dell'Elce.

 

La seduta comincia alle 15.15.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 24 settembre 2003.

 

Bruno TABACCI, presidente, avverte che il Comitato ristretto ha elaborato un testo unificato (vedi allegato 2).

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, illustra il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto, sottolineando l'opportunità che lo stesso sia adottato dalla Commissione come testo base per il seguito dell'esame.

 

Bruno TABACCI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, propone di adottare come testo base per il seguito dell'esame il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto.

 

La Commissione delibera di adottare come testo base per il seguito dell'esame il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto.

 

Bruno TABACCI, presidente, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 18 di martedì 18 novembre 2003.

 

La Commissione concorda.

 

Bruno TABACCI, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 16.15.

 


ALLEGATO 2

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani (C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte).

 

TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL

 

COMITATO RISTRETTO ED ADOTTATO DALLA COMMISSIONE COME TESTO BASE

 

 


Art. 1.

(Istituzione del marchio «Integralmente Italiano»).

 

1. Al fine di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia è istituito il marchio «Integralmente Italiano», di proprietà dello Stato italiano.

2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, ancorché con utilizzo di materie prime o semilavorati grezzi di importazione.

 

Art. 2.

(Istituzione del marchio «Qualità Italia»).

 

1. Al fine di identificare i prodotti che si segnalano per specifiche caratteristiche di originalità e di creatività, realizzati in Italia, è istituito il marchio «Qualità Italia», di proprietà dello Stato italiano.

2. Il Ministro delle Attività produttive, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentite le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative del settore, stabilisce con propri decreti i criteri per l'individuazione dei prodotti di cui al comma 1, con riferimento alle diverse filiere produttive ed avendo particolare riguardo alle fasi di lavorazione che generano valore aggiunto in ragione delle caratteristiche di professionalità e di creatività del processo produttivo.

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione dei marchi).

 

1. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire criteri, modalità e procedure per la concessione dell'uso dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, prevedendo in particolare che:

a) la richiesta di utilizzo del marchio sia accompagnata da certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche del prodotto, corredata da una dichiarazione di conformità alle norme vigenti in materia di lavoro, di rispetto dei contratti collettivi nazionali, di contribuzione fiscale e previdenziale e da un'attestazione che escluda l'impiego di minori nella produzione e garantisca il rispetto della normativa vigente in materia ambientale;

b) per i prodotti di cui all'articolo 1, la richiesta di utilizzo dei marchi sia accompagnata dalla certificazione comprovante che la produzione della merce è avvenuta integralmente sul territorio italiano;

 

 

c) i marchi siano apposti esclusivamente sul prodotto finito con modalità atte a rendere immediata e comprensibile l'informazione per il consumatore;

d) il marchio di cui all'articolo 2 possa essere altresì apposto sui prodotti finiti, anche non destinati al consumo finale, realizzati nelle filiere produttive dei distretti industriali di cui alla legge 5 ottobre 1991, n. 317.

 

2. Il decreto di cui al comma 1 individua altresì le caratteristiche dei semilavorati grezzi di cui all'articolo 1, comma 2, con riferimento ai distinti settori produttivi.

3. I marchi di cui agli articoli 1 e 2 sono rilasciati dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi gruppi di imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della citata legge n. 317 del 1991 ovvero di specifiche filiere produttive, che a tal fine si associno, anche in forma consortile.

 

Art. 4.

(Etichettatura dei prodotti).

 

1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è promossa l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Tale etichettatura deve comunque evidenziare il paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole dell'Unione Europea in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore fornisce altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono stabilite le procedure per il rilascio dell'etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso gli operatori e presso il pubblico i criteri di etichettatura previsti dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai medesimi criteri. Dal decreto di cui al precedente periodo non possono discendere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Art. 5.

(Controlli).

 

1. Le imprese interessate attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositarsi presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato i marchi l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.

2. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, anche tramite istituti e consorzi di certificazione da esse individuati, effettuano controlli a campione sulle imprese che utilizzano i marchi di cui agli articoli 1 e 2 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti,

 

alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero al gruppo di imprese facente parte di un distretto industriale, di cui all'articolo 3, comma 2, che abbia rilasciato il marchio.

4. Nel caso in cui i controlli di cui ai commi 2 e 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero il gruppo di imprese che abbia rilasciato il marchio, revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio, dandone comunicazione al Ministero delle attività produttive. Nelle more degli accertamenti l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

5. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 4 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

Art. 6.

(Sanzioni).

 

1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo dei marchi prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2.

3. L'uso illecito dei marchi di cui alla presente legge è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

 

Art. 7.

(Promozione dei marchi e registrazione comunitaria).

 

1. A decorrere dall'anno 2004, il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di promozione dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.

2. Il Ministero delle attività produttive promuove altresì la registrazione dei marchi di cui alla presente legge presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

3. Per il sostegno delle campagne promozionali di cui al comma 1 sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005.

4. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dai marchi di cui alla presente legge con le regioni, i comuni e le camere di commercio interessati. Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è concesso un credito d'imposta nella misura massima del 65 per cento delle spese sostenute a decorrere dall'esercizio 2003 a valere sul Fondo di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, che a tal fine è incrementato di 50 milioni di euro. L'agevolazione è concessa secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle

 

attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito né alla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui all'articolo 63 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso dei consorzi di imprese di cui all'articolo 3, comma 3, il credito di imposta è pari all'85 per cento delle spese sostenute.

 

Art. 8.

(Copertura finanziaria).

 

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, si provvede mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 5, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 26 febbraio 2004

Presidenza del presidente Bruno TABACCI. - Interviene il viceministro delle attività produttive Adolfo Urso.

 

La seduta comincia alle 14.20.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte.

(Seguito testo unificato e rinvio - Abbinamento della proposta di legge C. 4497).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 5 novembre 2003.

 

Bruno TABACCI, presidente, avverte che in data 9 dicembre 2003 è stata assegnata alla Commissione, in sede referente, la proposta di legge C. 4497 Didonè e Polledri, recante Istituzione dei marchi Made in Italy, Full made in Italy, Designed in Italy e Styled in Italy per la tutela dei prodotti italiani, della quale pertanto si procederà all'abbinamento con le proposte di legge C. 472 Contento ed abbinate.

Ricorda che nella seduta del 5 novembre scorso, la Commissione ha adottato come testo base il testo unificato predisposto dal Comitato ristretto e che il termine per la presentazione degli emendamenti era stato da ultimo fissato per il 2 dicembre 2003.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, in considerazione del nuovo quadro normativo determinatosi nella materia oggetto dei provvedimenti in esame, a seguito delle disposizioni contenute nella Legge finanziaria per il 2004, riterrebbe opportuno soprassedere all'esame degli emendamenti presentati per consentire la definizione di un nuovo testo unificato, in sede di Comitato ristretto.

 

La Commissione delibera di affidare al Comitato ristretto il compito di predisporre un nuovo testo unificato.

 

Bruno TABACCI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

 (Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Giovedì 21 ottobre 2004.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

 

Il Comitato si è riunito dalle 14.20 alle 14.25.

 

 

 

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Mercoledì 10 novembre 2004.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

 

Il Comitato si è riunito dalle 15.35 alle 15.50.

 

 

 

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO RISTRETTO

 

Giovedì 18 novembre 2004.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

 

Il Comitato si è riunito dalle 15.55 alle 16.05

 

 

 

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Giovedì 25 novembre 2004

Presidenza del presidente Bruno TABACCI.

 

La seduta comincia alle 15.15.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 26 febbraio scorso.

 

Bruno TABACCI, presidente, avverte che il Comitato ristretto ha concluso i suoi lavori, predisponendo un nuovo testo unificato delle proposte di legge in esame (vedi allegato).

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, alla luce del lavoro svolto in sede di Comitato ristretto, ritiene che vi possano essere le condizioni per procedere all'adozione, già nella seduta odierna, del nuovo testo unificato quale testo base per il prosieguo dell'esame del provvedimento.

 

Giovanni DIDONÈ (LNFP) riterrebbe opportuno svolgere ulteriori approfondimenti su taluni aspetti del nuovo testo unificato elaborato dal Comitato ristretto. Esprime, in particolare, alcune perplessità in ordine al contenuto dell'articolo 2, che rischia di ripresentare le medesime problematiche emerse con riferimento alla previsione del marchio «uomo di Leonardo». Si sofferma quindi sull'articolo 4, ritenendo che l'etichettatura per i prodotti non realizzati in paesi dell'Unione europea dovrebbe essere ben visibile sulle confezioni, anche al fine di arginare il fenomeno della confusione tra sigle. Con riferimento all'articolo 5, suggerisce che ogni autorizzazione rilasciata dopo la presentazione di autocertificazione debba possedere un numero di riconoscimento, che consenta un maggior controllo da parte dei consumatori. In ordine all'articolo 6, giudica troppo modeste le pene accessorie ivi previste.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, osserva come alcune delle questioni sollevate dall'onorevole Didonè siano già state oggetto di approfondimento da parte del Comitato ristretto; con particolare riferimento all'articolo 4, segnala come le disposizioni proposte debbano essere armonizzate con la normativa comunitaria e come si possano quindi unicamente prevedere regole per l'etichettatura dei prodotti la cui adozione sia meramente volontaria. Non ha obiezioni, peraltro, a un'ulteriore riflessione sul nuovo testo unificato.

 

Bruno TABACCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.20.

 

 

 

 

 

 

 


ALLEGATO

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

NUOVO TESTO UNIFICATO ELABORATO
DAL COMITATO RISTRETTO

 

 

 


ART. 1

(Istituzione del marchio «Integralmente Italiano»).

 

1. Al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia è istituito il marchio «Integralmente Italiano», di proprietà dello Stato italiano.

2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, ancorché con utilizzo di materie prime o semilavorati grezzi di importazione.

 

ART. 2.

(Istituzione del marchio «Stile Italiano-Italian Design»).

 

1. Al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti che si segnalano per specifiche caratteristiche di originalità e di creatività, ideati in Italia, è istituito il marchio «Stile Italiano - Italian Design», di proprietà dello Stato italiano.

2. Il Ministro delle Attività produttive, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentite le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative del settore, stabilisce con propri decreti i criteri per l'individuazione dei prodotti di cui al comma 1, con riferimento alle diverse filiere produttive.

 

ART. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione dei marchi).

 

1. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire criteri, modalità e procedure per la concessione dell'uso dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, prevedendo in particolare che:

a) la richiesta di utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 sia accompagnata da certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche del prodotto, corredata da una dichiarazione di conformità alle norme vigenti in materia di lavoro, di rispetto dei contratti collettivi nazionali, di contribuzione fiscale e previdenziale e da un'attestazione che escluda l'impiego di minori nella produzione e garantisca il rispetto della normativa vigente in materia ambientale;

b) per i prodotti di cui all'articolo 1, la richiesta di utilizzo dei marchi sia accompagnata dalla certificazione comprovante che la produzione della merce è avvenuta integralmente sul territorio italiano ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della presente legge, contenente altresì informazioni idonee a determinare l'origine e le caratteristiche delle materie prime e dei prodotti semilavorati utilizzati nel processo produttivo;

c) i marchi siano apposti esclusivamente sul prodotto finito con modalità atte a rendere immediata e comprensibile l'informazione per il consumatore;

d) il marchio di cui all'articolo 2 possa essere altresì apposto sui prodotti finiti, anche non destinati al consumo finale, realizzati nelle filiere produttive dei distretti industriali di cui alla legge 5 ottobre 1991, n. 317.

 

2. Il decreto di cui al comma 1 individua altresì le caratteristiche dei semilavorati grezzi di cui all'articolo 1, comma 2, con riferimento ai distinti settori produttivi.

3. I marchi di cui agli articoli 1 e 2 sono rilasciati dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

4. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi gruppi di imprese facenti parte di specifiche filiere produttive, che a tal fine si associno anche in forma consortile, ovvero gruppi di imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della citata legge n. 317 del 1991.

5. Sono istituiti presso il Ministero delle Attività produttive gli albi delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti i marchi di cui agli articoli 1 e 2. Le Camere di commercio e i gruppi di imprese di cui al comma 4 sono tenuti a comunicare al Ministero delle Attività produttive entro 30 giorni il rilascio, la revoca e ogni variazione relativa all'utilizzo dei medesimi marchi.

 

ART. 4.

(Etichettatura dei prodotti).

 

1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è promossa l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Tale etichettatura deve comunque evidenziare il paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole dell'Unione Europea in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore fornisce altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono stabilite le procedure per l'individuazione delle caratteristiche dell'etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche dell'etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai medesimi criteri. Dal decreto di cui al precedente periodo non possono discendere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

ART. 5.

(Controlli).

 

1. Le imprese interessate attestano ogni due anni, tramite certificazione da depositarsi presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio o presso il gruppo di imprese di cui al comma 4 dell'articolo 3, il permanere dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato i marchi l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.

2. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, anche tramite istituti e consorzi di certificazione da esse individuati, effettuano controlli a campione sulle imprese che utilizzano i marchi di cui agli articoli 1 e 2 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero al gruppo di imprese facente parte di un distretto industriale, di cui all'articolo 3, comma 2, che abbia rilasciato il marchio.

4. Nel caso in cui i controlli di cui ai commi 2 e 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero il gruppo di imprese che abbia rilasciato il marchio, revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio, dandone comunicazione al Ministero delle attività produttive. Nelle more degli accertamenti l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

5 Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 4 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

ART. 6.

(Sanzioni).

 

1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo dei marchi prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2.

3. L'uso illecito dei marchi di cui alla presente legge è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

 

ART. 7.

(Promozione dei marchi e registrazione comunitaria).

 

1. A decorrere dall'anno 2005, il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di promozione dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.

2. Il Ministero delle attività produttive promuove altresì la registrazione dei marchi di cui alla presente legge presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

3. Per il sostegno delle campagne promozionali di cui al comma 1 sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

4. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dai marchi di cui alla presente legge con le regioni, i comuni e le camere di commercio interessati. Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è concesso un credito d'imposta nella misura massima del 65 per cento delle spese sostenute a decorrere dall'esercizio 2005 a valere sul Fondo di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, che a tal fine è incrementato di 50 milioni di euro. L'agevolazione è concessa secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito né alla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui all'articolo 63 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso dei consorzi di imprese di cui all'articolo 3, comma 3, il credito di imposta è pari all'85% delle spese sostenute.

 

ART. 8.

(Copertura finanziaria).

 

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 5, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004 allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 1o dicembre 2004

Presidenza del presidente Bruno TABACCI, indi del vicepresidente Ruggero RUGGERI. - Intervengono il Viceministro per le attività produttive Adolfo Urso e il Sottosegretario di Stato per le attività produttive Mario Valducci.

 

La seduta comincia alle 14.50.

 

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione di un nuovo testo base).

 

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 25 novembre scorso.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, propone l'adozione del nuovo testo unificato elaborato dal Comitato ristretto quale nuovo testo base per il prosieguo dell'esame del provvedimento (vedi allegato 3). Auspica che - tenuto conto della complessità della materia e dei limiti imposti dalla disciplina comunitaria - il Parlamento possa pervenire ad una sua approvazione, anche al fine di sostenere l'impegno del Governo in sede europea a supporto delle esigenze della struttura industriale e manifatturiera italiana.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) condivide la necessità di adottare il testo elaborato dal Comitato ristretto quale testo base per il seguito dell'esame.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) si associa anch'egli alla proposta formulata dal relatore, dando a questi atto delle modifiche opportunamente recate all'articolo 2, e sottolineando la complessità e l'importanza della materia.

 

Giovanni DIDONÈ (LNFP) conviene a sua volta sulla importanza di adottare il testo elaborato dal Comitato ristretto, che reca notevoli miglioramenti rispetto alle precedenti versioni, quale testo base.

 

Sergio GAMBINI (DS-U) sottolinea come, con l'adozione del testo unificato elaborato dal Comitato ristretto quale testo base, si pervenga ad un risultato assai significativo che consente di proseguire l'iter del provvedimento, anche ai fini del suo prossimo esame da parte dell'Assemblea.

 

La Commissione approva la proposta del relatore di adottare il nuovo testo unificato elaborato dal Comitato ristretto quale nuovo testo base per il prosieguo dell'esame.

 

Bruno TABACCI, presidente, propone che il termine per la presentazione degli emendamenti sia fissato alle ore 12 di lunedì 13 dicembre.

 

La Commissione concorda.

 

Bruno TABACCI, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

 

 


ALLEGATO 3

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

 

NUOVO TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL COMITATO RISTRETTO ADOTTATO COME NUOVO TESTO BASE

 

 


Art. 1

(Istituzione del marchio «Integralmente Italiano»).

1. Al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia è istituito il marchio «Integralmente Italiano», di proprietà dello Stato italiano.

2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, ancorché con utilizzo di materie prime o semilavorati grezzi di importazione.

 

Art. 2.

(Istituzione del marchio «Stile Italiano-Italian Design»).

1. Al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti che si segnalano per specifiche caratteristiche di originalità e di creatività, ideati in Italia, è istituito il marchio «Stile Italiano - Italian Design», di proprietà dello Stato italiano.

2. Il Ministro delle Attività produttive, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentite le organizzazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative del settore, stabilisce con propri decreti i criteri per l'individuazione dei prodotti di cui al comma 1, con riferimento alle diverse filiere produttive.

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione dei marchi).

1. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire criteri, modalità e procedure per la concessione dell'uso dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, prevedendo in particolare che:

a) la richiesta di utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 sia accompagnata da certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche del prodotto, corredata da una dichiarazione di conformità alle norme vigenti in materia di lavoro, di rispetto dei contratti collettivi nazionali, di contribuzione fiscale e previdenziale e da un'attestazione che escluda l'impiego di minori nella produzione e garantisca il rispetto della normativa vigente in materia ambientale;

b) per i prodotti di cui all'articolo 1, la richiesta di utilizzo dei marchi sia accompagnata dalla certificazione comprovante che la produzione della merce è avvenuta integralmente sul territorio italiano ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della presente legge, contenente altresì informazioni idonee a determinare l'origine e le caratteristiche delle materie prime e dei prodotti semilavorati utilizzati nel processo produttivo;

c) i marchi siano apposti esclusivamente sul prodotto finito con modalità atte a rendere immediata e comprensibile l'informazione per il consumatore;

d) il marchio di cui all'articolo 2 possa essere altresì apposto sui prodotti finiti, anche non destinati al consumo finale, realizzati nelle filiere produttive dei distretti industriali di cui alla legge 5 ottobre 1991, n. 317.

 

2. Il decreto di cui al comma 1 individua altresì le caratteristiche dei semilavorati grezzi di cui all'articolo 1, comma 2, con riferimento ai distinti settori produttivi.

3. I marchi di cui agli articoli 1 e 2 sono rilasciati dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

4. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi gruppi di imprese facenti parte di specifiche filiere produttive, che a tal fine si associno anche in forma consortile, ovvero gruppi di imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della citata legge n. 317 del 1991.

5. Sono istituiti presso il Ministero delle Attività produttive gli albi delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti i marchi di cui agli articoli 1 e 2. Le Camere di commercio e i gruppi di imprese di cui al comma 4 sono tenuti a comunicare al Ministero delle Attività produttive entro 30 giorni il rilascio, la revoca e ogni variazione relativa all'utilizzo dei medesimi marchi.

 

Art. 4.

(Etichettatura dei prodotti).

1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è promossa l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Tale etichettatura deve comunque evidenziare il paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole dell'Unione Europea in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore fornisce altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono stabilite le procedure per l'individuazione delle caratteristiche dell'etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche dell'etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai medesimi criteri. Dal decreto di cui al precedente periodo non possono discendere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Art. 5.

(Controlli).

1. Le imprese interessate attestano ogni due anni, tramite certificazione da depositarsi presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio o presso il gruppo di imprese di cui al comma 4 dell'articolo 3, il permanere dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato i marchi l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.

2. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, anche tramite istituti e consorzi di certificazione da esse individuati, effettuano controlli a campione sulle imprese che utilizzano i marchi di cui agli articoli 1 e 2 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero al gruppo di imprese facente parte di un distretto industriale, di cui all'articolo 3, comma 2, che abbia rilasciato il marchio.

4. Nel caso in cui i controlli di cui ai commi 2 e 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero il gruppo di imprese che abbia rilasciato il marchio, revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio, dandone comunicazione al Ministero delle attività produttive. Nelle more degli accertamenti l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

5 Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 4 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

Art. 6.

(Sanzioni).

1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo dei marchi prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo dei marchi di cui agli articoli 1 e 2.

3. L'uso illecito dei marchi di cui alla presente legge è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

 

Art. 7.

(Promozione dei marchi e registrazione comunitaria).

1. A decorrere dall'anno 2005, il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di promozione dei marchi di cui agli articoli 1 e 2 sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.

2. Il Ministero delle attività produttive promuove altresì la registrazione dei marchi di cui alla presente legge presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

3. Per il sostegno delle campagne promozionali di cui al comma 1 sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

4. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dai marchi di cui alla presente legge con le regioni, i comuni e le camere di commercio interessati. Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è concesso un credito d'imposta nella misura massima del 65 per cento delle spese sostenute a decorrere dall'esercizio 2005 a valere sul Fondo di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, che a tal fine è incrementato di 50 milioni di euro. L'agevolazione è concessa secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito né alla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui all'articolo 63 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso dei consorzi di imprese di cui all'articolo 3, comma 3, il credito di imposta è pari all'85% delle spese sostenute.

 

Art. 8.

(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 5, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004 allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Giovedì 16 dicembre 2004

 Presidenza del vicepresidente Ruggero RUGGERI.

 

La seduta comincia alle 15.40.

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

 

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 1o dicembre 2004.

 

Ruggero RUGGERI, presidente, fa presente che lunedì 13 dicembre è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti. Sulla base delle richieste formulate da taluni componenti della Commissione, propone che nella seduta odierna si proceda ad un dibattito sul complesso delle proposte emendative presentate.

 

La Commissione concorda.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) ritiene che il provvedimento in esame si presti a valutazioni contraddittorie; il nuovo testo base adottato dalla Commissione ha infatti suscitato notevoli perplessità in diversi operatori del settore, i quali temono che i nuovi marchi in esso definiti possano ingenerare confusione. Riterrebbe pertanto opportuna una ulteriore riflessione, al fine di individuare misure che possano garantire una tutela effettiva degli interessi in campo. Teme infatti che si pervenga altrimenti alla definizione di una normativa che, invece di offrire efficaci forme di certificazione agli imprenditori sottoposti alla concorrenza sleale, finisca per alimentare esclusivamente procedure di natura burocratica. Considera quindi prioritaria la definizione di un testo che possa trovare condivisione anche da parte del mondo industriale ed artigianale, ossia di coloro che saranno i fruitori dei marchi che si intendono istituire.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) si associa al richiamo alla prudenza formulato dal collega D'Agrò, ricordando che il provvedimento dovrebbe avere quale obiettivo prioritario quello di proteggere la media e piccola produzione, anche alla luce dei nuovi scenari del commercio mondiale. Rileva peraltro come il marchio made in Italy, che viene attribuito laddove l'ultima lavorazione sostanziale di un prodotto avvenga in Italia, sia considerato assai favorevolmente da diversi imprenditori, mentre il marchio Stile italiano-Italian design potrebbe rivelarsi per queste medesime imprese controproducente, poiché non vi sarebbe più l'obbligo di produzione ma solo di ideazione del prodotto nel nostro Paese. Per tali motivi, ritiene opportuna una revisione del testo: ciò al fine non certo di dilatare i tempi di esame del provvedimento, ma per meglio centrare l'obiettivo che ci si prefigge di protezione dei produttori e dei consumatori.

 

Sergio GAMBINI (DS-U) ricorda come il provvedimento in esame nasca dalla sollecitazione del gruppo dei Democratici di sinistra e sia stato seguito dal suo gruppo con particolare attenzione nelle diverse fasi, nel corso delle quali il testo dei provvedimenti è stato notevolmente modificato. È giunta anche a lui notizia delle perplessità manifestate dalle associazioni di categoria sull'attuale testo, che tuttavia non riesce facilmente a comprendere, se non in una chiave conservativa dell'attuale situazione, che peraltro non appare soddisfacente.

Rileva inoltre che il testo adottato quale testo base non prevede alcun obbligo per gli imprenditori ma solo una facoltà di utilizzare i nuovi marchi ivi previsti. Questi consentono opportunamente di tutelare, distinguendoli, i prodotti integralmente prodotti in Italia, che potranno utilizzare il marchio di Integralmente Italiano e i prodotti che, sebbene non interamente prodotti nel nostro Paese, sono stati qui ideati e in parte realizzati e che potranno avvalersi del marchio Stile Italiano. Si tratta, in questo ultimo caso, della parte più consistente ed internazionalizzata dell'industria italiana, che potrebbe accrescere i propri vantaggi rispetto a quelli oggi assicurati dal marchio made in Italy. Ritiene che entrambe le strade debbano essere promosse, oltre che la tracciabilità dei prodotti.

 

Considera, in conclusione, che il testo in esame sia certamente migliorabile ma che la sua impostazione fondamentale sia senz'altro condivisibile.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) chiarisce di essere anch'egli sostanzialmente d'accordo sui contenuti del testo adottato, sottolineando come alcuni problemi si pongano soprattutto con riferimento al marchio Stile Italiano, per la confusione che, come detto, esso può generare.

Dovrebbe inoltre essere precisato nel testo che tale marchio deve essere assegnato al prodotto e non al produttore.

 

Stefano ZARA (Misto) sottolinea l'esigenza che l'Italia assuma un ruolo guida nei processi di internazionalizzazione in atto, anche nella nostra produzione; rileva altresì come iniziative quali quelle in discussione sono utili solo se tempestive: si rischia altrimenti di farsi battere nel tempo da altri paesi più rapidi e accorti.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, ritiene senz'altro possibile apportare aggiustamenti al testo in esame. Deve tuttavia sottolineare come occorra avere chiaro che la tutela del nostro paese in ambito europeo, attraverso il marchio del made in Italy deve certamente essere difesa - e in tal senso va riconosciuto l'impegno del vice ministro Urso -, ma non appare di per sé sufficiente. L'introduzione di misure in ambito europeo volte a rendere obbligatoria la tracciabilità dei prodotti non è affatto scontata, anche per l'opposizione di diversi paesi, tra i quali, ad esempio la Germania, la Danimarca e l'Olanda. Concentrarsi solo su tale obiettivo non appare quindi sufficiente e i timori per l'introduzione di un marchio made in Europe non sono affatto scongiurati. Per tali motivi giudica indispensabile che il Parlamento italiano faccia sentire la propria voce in Europa.

Desidera inoltre precisare che il testo base, nell'individuare i prodotti che possono avvalersi del marchio Stile Italiano, non si limita a prevedere che questi siano ideati in Italia, ma precisa che appositi decreti del Ministero delle Attività produttive stabiliscano i criteri per l'individuazione delle fasi produttive strategiche che si devono intendere prioritarie ai fini della concessione del marchio.

Condivide, comunque, la proposta di un ulteriore affinamento del testo, ribadendo la necessità di condurre una battaglia per la protezione dei prodotti italiani, la cui tutela ha positivi effetti sulla bilancia dei pagamenti non solo italiana ma anche comunitaria.

 

Ruggero RUGGERI, presidente, alla luce del dibattito svoltosi nella seduta odierna, ritiene che nelle prossime settimane possa essere svolto un utile approfondimento sul testo e sugli emendamenti ad esso presentati, al fine di definire le possibili soluzioni rispetto agli aspetti problematici oggi evidenziati.

Rinvia quindi ad altra seduta il seguito dell'esame.

 

La seduta termina alle 16.15.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 16 marzo 2005

Presidenza del presidente Bruno TABACCI.

 

La seduta comincia alle 15.10.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato da ultimo nella seduta del 16 dicembre 2004.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, ricorda come, nella seduta del 16 dicembre scorso, era emersa l'esigenza di una ulteriore revisione del testo base del provvedimento, anche tenuto conto degli emendamenti ad esso presentati. Alla luce dell'analisi svolta, riterrebbe opportuna una riformulazione del testo, che consenta di proseguire l'esame del provvedimento su di un articolato maggiormente condiviso. Osserva in proposito come appaia peraltro opportuna una rapida conclusione dell'iter del provvedimento, al fine di evidenziare, anche in ambito europeo, l'interesse italiano a politiche comunitarie che sappiano difendere la produzione e stimolare l'innovazione nel settore manifatturiero nazionale.

Affrontando nel merito le principali questioni sulle quali ritiene opportuna una modifica del testo base, richiama l'attenzione dei colleghi sull'opportunità di meglio definire i caratteri del marchio «integralmente italiano», al fine di difendere un settore ristretto ma qualitativamente di eccellenza, quale è quello del piccolo artigianato tessile e della sartoria. Considera inoltre meritevole di approfondimento il tema della tracciabilità dei prodotti, sul quale è peraltro già impegnato il Governo, affinché i prodotti di provenienza extra europea rechino l'indicazione di origine. Infine, ferma restando la normativa comunitaria ed insistendo sui profili di necessaria informazione ai consumatori, valuterebbe positivamente la possibilità di affiancare al marchio made in Italy una sorta di carta di identità del prodotto, che contenga informazioni in ordine alla provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto. Occorrerà naturalmente prevedere forme di incentivazione che rendano appetibile e favoriscano il ricorso a tali strumenti volontari. Segnala in proposito che, dalle ricerche di mercato svolte, risulta che le famiglie italiane sono disposte a pagare di più un prodotto, ove questo abbia una certificazione indiscussa di origine italiana.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) giudica positivamente l'ipotesi di una revisione del testo base da parte del relatore, che possa tenere conto delle diverse esigenze emerse nel corso del dibattito e dei successivi approfondimenti; in particolare, sottolinea l'esigenza di prevedere misure di tutela per quelle categorie produttive che testimoniano la qualità e la tipicità della produzione italiana. In ordine al tema della tracciabilità, riterrebbe particolarmente utile un confronto con i rappresentanti nazionali presso il Parlamento europeo, anche al fine di favorire una sintonia politica tra istituzioni e di acquisire supporto anche a livello comunitario.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) desidera evidenziare innanzitutto come sui temi in esame vi sia ormai da parte del mondo produttivo una netta insoddisfazione nei confronti delle soluzioni prospettate. Si ritiene infatti che la difesa del sistema Paese non possa avvenire attraverso strumenti rimessi alla volontà dei singoli imprenditori - soluzione questa che viene interpretata piuttosto come l'ennesimo aggravio burocratico - ma che vi debba essere un'azione politica forte di difesa del settore da parte delle istituzioni nazionali e, più in generale, dell'Unione europea.

Nell'esprimere apprezzamento per il lavoro svolto dal collega Lulli e sottolineando di non aver nulla in contrario all'ipotesi di una ulteriore formulazione del testo da parte del relatore, deve tuttavia manifestare le proprie perplessità su di un intervento normativo che, nella pratica, rischia di tradursi unicamente in una ulteriore fonte di insoddisfazione del mondo imprenditoriale nei confronti del Parlamento e del Governo. I problemi sollevati non si risolvono, infatti, né attraverso l'imposizione di dazi né attraverso norme di carattere volontaristico, che rischiano di ingenerare false speranze; è piuttosto necessario perseguire azioni mirate e politiche di settore per affrontare una situazione di crisi ormai drammaticamente grave.

 

Enzo RAISI (AN) condivide le valutazioni emerse in ordine al ritardo dell'imprenditoria italiana, che si colloca peraltro in un quadro complessivo di difficoltà dei paesi europei rispetto ad altre potenze industriali, quale ad esempio quella statunitense. Giudica tuttavia indispensabile mettere in campo nuove misure di difesa per alcuni settori di eccellenza della produzione nazionale, per i quali il marchio made in Italy costituisce uno strumento di tutela particolarmente importante. Ritiene inoltre che la salvaguardia del patrimonio di immagine italiano non contribuisca a creare speranze illusorie negli imprenditori ma consenta piuttosto di combattere il fenomeno della contraffazione e di offrire benefici a chi svolge una produzione di qualità. Si tratta, a suo avviso, di un contributo necessario a settori in sofferenza; per tali motivi ritiene opportuna una riformulazione del testo da parte del relatore che possa trovare una giusta sintesi tra le diverse esigenze emerse.

 

Stefano ZARA (Misto) osserva come l'avvio dell'esame del provvedimento risalga al giugno 2002, il che spiega perfettamente lo scoramento che si registra nel mondo imprenditoriale e che pare peraltro giustificato, visti i tempi di esame del Parlamento. Occorre quindi intervenire rapidamente, accelerando l'iter del provvedimento; non gli risulta infatti che le tematiche in oggetto siano in alcun modo affrontate dai provvedimenti in materia di competitività che il Governo si appresta a presentare alle Camere.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) evidenzia come l'obiettivo del provvedimento sia quello di tutelare la produzione italiana di qualità che, sebbene copra solo una parte del mercato e si presenti in modo assai diversificato a seconda dei diversi distretti industriali, costituisce una ricchezza fondamentale per il nostro Paese e non gode di sufficiente tutela. Accanto a questo intervento si vogliono poi inserire disposizioni in ordine alla tracciabilità dei prodotti, tema sul quale appare opportuno un confronto con i parlamentari europei. Su tali basi, ribadisce la propria posizione favorevole ad una riformulazione del testo da parte del relatore.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) richiama a titolo di esempio, a sostegno delle proprie argomentazioni, quanto avviene nel settore tessile, sia per quanto riguarda le piccole imprese che le grandi griffes: in entrambi i casi gran parte delle attività viene appaltato a lavoratori cinesi, all'estero o anche in Italia. La manifattura tessile italiana sta di fatto scomparendo, né il marchio made in Italy svolge alcuna funzione difensiva al riguardo. Per tali motivi riterrebbe proficua, più che l'individuazione di nuovi marchi o certificazioni, una riflessione sullo stesso marchio made in Italy e sulle sue caratteristiche.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, ringrazia i colleghi per i contributi apportati al dibattito e valuta positivamente la proposta di incontro con parlamentari europei.

Desidera quindi sottolineare come occorra avere la consapevolezza che sui temi in discussione l'Europa affronta divisa il mercato e che, infatti, le norme comunitarie in materia di etichettatura dei prodotti sono assai meno rigorose rispetto a quelle vigenti in Giappone o negli Stati Uniti. Osserva inoltre che la globalizzazione dei mercati, positiva per molti aspetti, reca anche effetti negativi - quale il ricorso a mano d'opera a basso costo, solitamente asiatica - che l'Italia sperimenta ormai da moltissimi anni e che non sono certo un fenomeno recente.

Ciò non significa tuttavia che si debba considerare quella della tutela del made in Italy una battaglia ormai perduta, o che il settore manifatturiero sia in Italia destinato a scomparire: il settore della moda e della produzione italiana tessile di qualità, è importante ricordarlo, contribuiscono infatti in misura sostanziale al riequilibrio della bilancia dei pagamenti con l'estero e costituiscono un valore indiscusso sul mercato mondiale. Peraltro, il sistema manifatturiero italiano non è costituito solo da grandi firme e queste, comunque, utilizzano in ampia misura prodotti fatti in Italia, in un ciclo produttivo assai complesso che non può essere ricondotto unicamente al ricorso alla manodopera cinese.

Quando si parla di made in Italy, dunque, è in gioco tutta la produzione dei beni di consumo alla persona e il settore della meccanica leggera, che sostiene il comparto. Bisogna perciò condurre una battaglia a difesa della produzione nazionale, che vada oltre misure di carattere puramente conservativo, anche a costo di sollevare un dibattito in ambito europeo. La proposta di una «carta d'identità» dei prodotti che si affianchi al marchio made in Italy va proprio in questa direzione; cita il caso dell'industria agroalimentare - che pure è un settore con una bilancia commerciale negativa, diversamente da quello tessile - nel quale la certificazione di qualità avviene in diversi casi su base volontaria ma costituisce comunque uno strumento importante di tutela di alcune produzioni.

È evidente, in conclusione, che una politica dei marchi non può da sola risolvere i problemi dell'industria manifatturiera italiana e che si devono mettere in campo politiche di innovazione e di modernizzazione del sistema produttivo nel suo complesso; occorre comunque attivarsi anche su questo versante, che rappresenta un tassello particolarmente importante.

 

Bruno TABACCI, presidente, alla luce delle risultanze del dibattito odierno, propone che la Commissione dia mandato al relatore di predisporre un ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge in esame. Fa presente come, nel momento in cui la Commissione avrà eventualmente adottato un nuovo testo base per il seguito dell'esame, potranno essere definite le modalità per una possibile fase di confronto con i rappresentanti nazionali presso il Parlamento europeo.

 

La Commissione concorda.

 

Bruno TABACCI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 15.50.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 7 aprile 2005

Presidenza del presidente Bruno TABACCI.

 

La seduta comincia alle 12.15.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione di un ulteriore nuovo testo base).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato da ultimo nella seduta del 16 marzo scorso.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, ricorda che, a seguito del mandato conferitogli il 16 marzo scorso dalla Commissione, ha predisposto un ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge in esame, che sottopone alla valutazione della Commissione (vedi allegato).

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) valuta positivamente l'ulteriore nuovo testo unificato predisposto dal relatore, che potrebbe essere adottato, sin dalla seduta odierna, quale nuovo testo base. Esso costituisce una base di lavoro importante anche ai fini di un eventuale trasferimento in sede legislativa del provvedimento.

 

Pierfrancesco Emilio Romano GAMBA (AN) preannuncia l'orientamento favorevole del gruppo di Alleanza nazionale all'adozione quale testo base dell'ulteriore nuovo testo unificato predisposto dal relatore, che potrà essere oggetto dei necessari ulteriori affinamenti nel prosieguo dell'iter.

 

Lorena MILANATO (FI) preannuncia a sua volta l'orientamento favorevole del gruppo di Forza Italia sull'ulteriore nuovo testo unificato predisposto dal relatore, ai fini di una sua adozione quale nuovo testo base.

 

Sergio GAMBINI (DS-U) sottolinea la complessità della materia all'attenzione della Commissione, che merita senz'altro ulteriore approfondimento. Ritiene sia comunque opportuno proseguire nell'iter di esame del provvedimento, adottando l'ulteriore nuovo testo unificato predisposto dal relatore quale nuovo testo base, che potrà essere in seguito ulteriormente migliorato.

 

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di adottare come ulteriore nuovo testo base per il seguito dell'esame l'ulteriore nuovo testo unificato della proposta di legge C. 472 Contento e abbinate, predisposto dal relatore.

 

Bruno TABACCI, presidente, propone che il termine per la presentazione degli emendamenti sia fissato alle ore 12 di venerdì 29 aprile 2005.

 

La Commissione concorda.

 

Bruno TABACCI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 12.25.

 

 

 

 

 

 

 


ALLEGATO

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani (C. 472 Contento e abb.).

 

 

ULTERIORE NUOVO TESTO UNIFICATO ADOTTATO COME TESTO BASE

 

 


ART. 1.

(Istituzione del marchio «100 per cento Italia»).

 

1. Al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano.

3. L'utilizzo di materie prime o semilavorati grezzi di importazione è stabilito con decreto del Ministro delle attività produttive, sentite le associazioni di categoria interessate. In tal caso al marchio va affiancata l'identificazione della tipologia e della provenienza delle parti di importazione onde rispettare la trasparenza al consumatore e la normativa internazionale sulla proprietà intellettuale.

 

ART. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti).

 

1. Il marchio di cui all'articolo 1 viene concesso al produttore a valere su quei marchi aziendali che rendono individuabili e conoscibili i prodotti che rispettano quanto previsto dalla presente normativa.

 

ART. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione dei marchi).

 

1. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire criteri, modalità e procedure per la concessione dell'uso del marchio di cui all'articolo 1, prevedendo in particolare che:

a) la richiesta di utilizzo del marchio sia accompagnata da certificazione, rilasciata da ente a tal fine autorizzato, idonea a documentare le caratteristiche merceologiche del prodotto, corredata da una dichiarazione di conformità alle norme vigenti in materia di lavoro, di rispetto dei contratti collettivi nazionali, di contribuzione fiscale e previdenziale e da un'attestazione che escluda l'impiego di minori nella produzione e garantisca il rispetto della normativa vigente in materia ambientale;

b) per i prodotti di cui all'articolo 1, la richiesta di utilizzo del marchio sia accompagnata dalla certificazione, rilasciata da ente a tal fine autorizzato, comprovante che la produzione della merce è avvenuta integralmente sul territorio italiano ai sensi dell'articolo 1, commi 2 e 3, della presente legge;

c) il marchio sia apposto esclusivamente sul prodotto finito con modalità atte a rendere immediata e comprensibile l'informazione per il consumatore.

2. Il decreto di cui al comma 1 individua altresì le caratteristiche e lo stato di avanzamento dei semilavorati grezzi di cui all'articolo 1, comma 3, con riferimento ai distinti settori produttivi, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei vari comparti merceologici.

3. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

4. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio del marchio gruppi di imprese, anche artigiane, che a tal fine si associno anche in forma consortile.

5. È istituito presso il Ministero delle attività produttive l'albo delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all'articolo 1. Le Camere di commercio e i gruppi di imprese di cui al comma 4 sono tenuti a comunicare al Ministero delle attività produttive entro 30 giorni il rilascio, la revoca e ogni variazione relativa all'utilizzo dei medesimi marchi.

6. Il Ministero delle attività produttive definisce con proprio decreto le caratteristiche e i compiti degli Istituti e Consorzi di certificazione abilitati ai fini della presente legge, istituendone presso di sé il relativo albo.

 

ART. 4.

(Controlli).

 

1. Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 attestano ogni due anni, tramite certificazione rilasciata da ente a tal fine autorizzato, da depositarsi presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio o presso il gruppo di imprese di cui al comma 4 dell'articolo 3, il permanere dei requisiti per l'utilizzo del marchio. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato il marchio l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.

2. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i gruppi di imprese di cui al comma 4 dell'articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tal fine autorizzati e da essi individuati, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all'articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero al gruppo di imprese di cui al comma 4 dell'articolo 3, che abbia rilasciato il marchio.

4. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero il gruppo di imprese di cui al comma 4 dell'articolo 3, che abbia rilasciato il marchio, revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio, dandone comunicazione al Ministero delle attività produttive. Nelle more degli accertamenti di cui al comma 3 l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

5. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 4 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

ART. 5.

(Sanzioni).

 

1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio di cui all'articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo dei marchi di cui all'articolo 1.

3. L'uso illecito del marchio di cui alla presente legge è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

 

ART. 6.

(Etichettatura dei prodotti).

 

1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è promossa l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale etichettatura deve comunque evidenziare il paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l'importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche dell'etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche dell'etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai medesimi criteri. Dal decreto di cui al precedente periodo non possono discendere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

ART. 7.

(Carta d'identità dei prodotti «Made in Italy»).

 

1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal Regolamento (CEE) del Consiglio del 12 ottobre 1992 n. 2913/92 che istituisce un codice doganale comunitario, può essere accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto.

2. I contenuti e le modalità applicative della carta d'identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, e le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità di cui al comma 1, il Ministero delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, attua una campagna di informazione capillare utilizzando le televisioni nazionali, la rete radiofonica, la rete Internet e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.

4. Le imprese aderenti alla carta d'identità di cui al comma 1 usufruiscono di un credito d'imposta pari alle spese sostenute per la sua applicazione, secondo modalità e criteri stabiliti con il decreto di cui al comma 2.

 

ART. 8.

(Promozione dei marchi e registrazione comunitaria).

 

1. A decorrere dall'anno 2005, il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.

2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui alla presente legge presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

3. Per il sostegno delle campagne promozionali di cui al comma 1 sono stanziati 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

4. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di quelli riconosciuti dalle Regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui alla presente legge con le regioni, i comuni e le camere di commercio interessati. Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è concesso un credito d'imposta nella misura massima del 65 per cento delle spese sostenute a decorrere dall'esercizio 2005 a valere sul Fondo di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, che a tal fine è incrementato di 50 milioni di euro. L'agevolazione è concessa secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito né alla base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui all'articolo 63 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso dei consorzi di imprese di cui all'articolo 3, comma 4, il credito di imposta è pari all'85 per cento delle spese sostenute.

 

ART. 9.

(Copertura finanziaria).

 

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 3, pari a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 4, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 4 maggio 2005

Presidenza del vicepresidente Nicola COSENTINO.

 

La seduta comincia alle 15.15.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 7 aprile scorso.

 

Nicola COSENTINO, presidente, avverte che all'ulteriore nuovo testo unificato adottato dalla Commissione quale testo base sono stati presentati emendamenti ed articoli aggiuntivi (vedi allegato 1), sui quali invita il relatore ad esprimere il proprio parere.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, precisa che nella seduta odierna esprimerà il parere su tutti gli emendamenti presentati, in modo da consentire ai colleghi una valutazione complessiva circa le modifiche che il relatore intende apportare al testo base.

Riferendosi innanzitutto agli emendamenti presentati all'articolo 1, esprime parere favorevole sull'emendamento D'Agrò 1.1, da riformulare nel senso di recepire quanto previsto dai successivi identici emendamenti Didonè 1.2, Nieddu 1.3, D'Agrò 1.4 e Milanato 1.5, che risulterebbero pertanto assorbiti. Invita i presentatori al ritiro dei restanti emendamenti riferiti all'articolo 1, esprimendo altrimenti parere contrario.

Con riguardo agli emendamenti riferiti all'articolo 2 esprime parere favorevole su tutti gli emendamenti presentati, fatta eccezione per l'emendamento Raisi 2.1, per il quale invita il presentatore al ritiro, esprimendo altrimenti parere contrario.

Riguardo all'articolo 3 esprime parere favorevole sull'emendamento D'Agrò 3.2, che comporterebbe l'assorbimento degli identici emendamenti D'Agrò 3.3 e Milanato 3.4, sull'emendamento Raisi 3.5, purché riformulato nel senso di prevedere che il marchio di cui all'articolo 1 sia rilasciato dal Ministero dell'attività produttive «coadiuvato dalle Camere di commercio, industria e artigianato», sugli identici emendamenti Didonè 3.6, Nieddu 3.7, D'Agrò 3.8 e Milanato 3.9, sugli emendamenti Raisi 3.11 e D'Agrò 3.12, nonché sull'articolo aggiuntivo Nieddu 3.01. Invita i presentatori al ritiro dei restanti emendamenti e articoli aggiuntivi, esprimendo altrimenti parere contrario.

Circa l'articolo 4, esprime parere favorevole sull'emendamento Raisi 4.1, sugli identici emendamenti Didonè 4.5, Nieddu 4.6 e Milanato 4.7, nonché sull'emendamento Raisi 4.8. Invita i presentatori al ritiro dei restanti emendamenti, esprimendo altrimenti parere contrario.

Passando all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 6 esprime parere favorevole su tutti gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi presentati, fatta eccezione per l'emendamento Raisi 6.1 e per l'articolo aggiuntivo D'Agrò 6.02, per i quali invita i presentatori al ritiro, esprimendo altrimenti parere contrario.

Con riferimento all'articolo 7, raccomanda innanzitutto l'approvazione dei propri emendamenti 7.6, 7.7 e 7.8. Esprime quindi parere favorevole sull'emendamento Milanato 7.2, la cui approvazione comporterebbe l'assorbimento degli identici emendamenti Didonè 7.3, Nieddu 7.4 e D'Agrò 7.5, mentre invita al ritiro il presentatore dell'emendamento Raisi 7.1, esprimendo altrimenti parere contrario.

Sull'articolo 8 raccomanda l'approvazione dei propri emendamenti 8.2 e 8.3 ed esprime parere favorevole su tutti gli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati.

Raccomanda infine l'approvazione del proprio emendamento 9.1, riferito al corrispondente articolo.

 

Nicola COSENTINO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


ALLEGATO

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani. (Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè).

 

EMENDAMENTI E ARTICOLI AGGIUNTIVI

 

 

 


ART. 1.

Sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sui territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti alla lettera f) del successivo comma 3, realizzati interamente in Italia.

3. Ai fini della presente legge si intende per:

a) ideazione: l'attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

b) disegno: la rappresentazione grafica dell'attività di ideazione e progettazione;

c) progettazione: l'attività dell'ingegno finalizzata ad individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all'imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;

g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonché i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultino diretti ad uno specifico uso o funzione, ma siano destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

 

Conseguentemente, sostituire la rubrica con la seguente: Istituzione del marchio «100% Italia» e definizioni.

1. 1.D'Agrò.

 

Al comma 2, dopo le parole: la progettazione, inserire le seguenti: la trasformazione,.

 

*1. 2.Didonè, Polledri.

 

Al comma 2, dopo le parole: la progettazione inserire le seguenti: la trasformazione,.

* 1. 3.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 2, dopo le parole: la progettazione, inserire le seguenti: la trasformazione,.

* 1. 4.D'Agrò.

 

Al comma 2, dopo le parole: la progettazione, inserire le seguenti: la trasformazione,.

* 1. 5.Milanato.

 

Sopprimere il comma 3.

1. 6.Raisi, Saia.

 

Al comma 3, sopprimere le parole: o semilavorati grezzi.

* 1. 7.D'Agrò.

 

Al comma 3, sopprimere le parole: o semilavorati grezzi.

*1. 8.Milanato.

 

Al comma 3, sostituire le parole: stabilito con con le seguenti: consentito alle condizioni indicate nel.

** 1. 9.Didonè, Polledri.

 

Al comma 3 sostituire le parole: stabilito con con le seguenti: consentito alle condizioni indicate nel.

** 1. 10.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 3 sostituire le parole: stabilito con con le seguenti: consentito alle condizioni indicate nel.

** 1. 11.D'Agrò.

 

 

ART. 2.

Sopprimerlo.

2. 1.Raisi, Saia.

 

Sostituire l'articolo 2 con il seguente:

 

Art. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti).

 

1. Il marchio di cui all'articolo 1 viene concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizzi nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 1 comma 2 e dall'articolo 3.

2. 2.D'Agrò.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

2. Il marchio di cui all'articolo 1 dovrà essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito al rispetto da parte dell'intero prodotto e non di una sola parte o componente di esso, delle disposizioni indicate nella presente normativa.

* 2. 3.Didonè, Polledri.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

2. Il marchio di cui all'articolo 1 dovrà essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito al rispetto da parte dell'intero prodotto e non di una sola parte o componente di esso, delle disposizioni indicate nella presente normativa.

* 2. 4.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

2. Il marchio di cui all'articolo 1 deve essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito al rispetto da parte dell'intero prodotto e non di una sola parte o componente di esso, delle disposizioni indicate nella presente normativa.

* 2. 5.D'Agrò.

 

ART. 3.

Sostituirlo con il seguente:

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio).

 

1. Il Ministro delle Attività Produttive provvede con proprio decreto, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire criteri, modalità e procedure, sull'uso del marchio di cui all'articolo 1:

a) la richiesta di utilizzo sia accompagnata da autocertificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche del prodotto, corredata da dichiarazione di conformità alle norme vigenti in materia di lavoro, di rispetto dei CCNL, di contribuzione fiscale e previdenziale e da attestazione che escluda l'impiego di minori nella produzione e garantisca il rispetto della normativa vigente in materia ambientale;

b) dichiarazione di autocertificazione che la produzione della merce è avvenuta sul territorio nazionale come indicato dall'articolo 1.

3. 1.Nieddu, Gambini.

 

Sostituire il comma 1 con il seguente:

1. Il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio, unitamente alla domanda, deve presentare alla Camera di commercio territorialmente competente un'autocertificazione circa:

a) il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro in campo fiscale e contributivo, dell'esclusione dell'impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente;

b) l'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale.

 

Conseguentemente, sopprimere il comma 2.

3. 2.D'Agrò.

 

Sopprimere il comma 2.

 

* 3. 3.D'Agrò.

 

Sopprimere il comma 2.

 

* 3. 4.Milanato.

 

Sostituire il comma 3 con il seguente:

3. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

3. 5.Raisi, Saia.

 

Sostituire il comma 4 con il seguente:

4. Il Ministero delle Attività Produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge n. 317 del 1991 ovvero di specifiche filiere produttive.

* 3. 6.Didonè, Polledri.

 

Sostituire il comma 4 con il seguente:

4. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge n. 317 del 1991 ovvero di specifiche filiere produttive.

* 3. 7.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Sostituire il comma 4 con il seguente :

4. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge n. 317 del 1991 ovvero di specifiche filiere produttive.

* 3. 8.D'Agrò.

 

Sostituire il comma 4 con il seguente:

4. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge n. 317 del 1991 ovvero di specifiche filiere produttive.

* 3. 9.Milanato.

 

Al comma 4, aggiungere, in fine, le seguenti parole: , nonché le Associazioni imprenditoriali di categoria direttamente o tramite loro emanazioni.

 

Conseguentemente, al comma 5, dopo le parole: i gruppi di imprese aggiungere le seguenti: nonché le Associazioni imprenditoriali di categoria o le loro emanazioni.

3. 10.D'Agrò.

 

Al comma 5, sopprimere l'ultimo periodo.

 

3. 11.Raisi, Saia.

 

Sopprimere il comma 6.

3. 12.D'Agrò.

 

Dopo l'articolo 3, inserire il seguente:

 

 

Art. 3-bis.

(Controlli di conformità delle autocertificazioni).

 

1. Le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, di concerto con la Guardia di Finanza e/o avvalendosi di Istituti di Certificazione pubblici o privati autorizzati a tale compito dal decreto del MAP.

3. 01.Nieddu, Gambini.

 

Dopo l'articolo 3, inserire il seguente:

 

Art. 3-ter.

(Tutela origine, simboli, bandiera della Repubblica italiana).

 

1. Al fine di combattere la concorrenza sleale, la contraffazione e la pubblicità ingannevole, il Ministro delle attività produttive è autorizzato a promuovere la registrazione di marchi e ogni iniziativa di tutela legale, in sede nazionale e internazionale, che facciano riferimento a origine italiana di prodotti e/o di uso improprio a fini commerciali della bandiera Italia e di simboli della Repubblica italiana.

3. 02.Nieddu, Gambini.

 

ART. 4.

Al comma 1, sostituire il primo periodo con il seguente: Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, attestano ogni due anni, tramite certificazione da depositarsi presso il Ministero delle attività produttive, che per gli scopi di cui presente articolo può avvalersi delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui all'articolo 1. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato i marchi l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.

4. 1.Raisi, Saia.

 

Al comma 1, sostituire le parole: tramite certificazione rilasciata da ente a tal fine autorizzato con le seguenti: tramite autocertificazione.

4. 2.D'Agrò.

 

Al comma 1, dopo le parole: presso il gruppo di imprese aggiungere le seguenti: o presso le Associazioni imprenditoriali di categoria o le loro emanazioni.

 

Conseguentemente:

al comma 2, dopo le parole: i gruppi di imprese aggiungere le seguenti: e le Associazioni imprenditoriali di categoria o le loro emanazioni;

al comma 3, dopo le parole: ovvero al gruppo di imprese aggiungere le seguenti: ovvero alle Associazioni imprenditoriali di categoria o alle loro emanazioni;

al comma 4, dopo le parole: ovvero il gruppo di imprese aggiungere le seguenti: ovvero le Associazioni imprenditoriali di categoria o le loro emanazioni.

4. 3.D'Agrò.

 

Al comma 2, sostituire le parole: gruppi di imprese con le seguenti: consorzi di imprese.

 

Conseguentemente, ai commi 1, 3 e 4 sostituire le parole: gruppo di imprese con le seguenti: consorzio di imprese.

4. 4.D'Agrò.

 

Al comma 2, sostituire le parole: gruppi di imprese con le seguenti: consorzi di imprese.

 

Conseguentemente, ai commi 3 e 4 sostituire le parole: gruppo di imprese con le seguenti: consorzio di imprese.

*4. 5.Didonè, Polledri.

 

Al comma 2, sostituire le parole: gruppi di imprese con le seguenti: consorzi di imprese.

 

Conseguentemente, ai commi 3 e 4 sostituire le parole: gruppo di imprese con le seguenti: consorzio di imprese.

*4. 6.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 2, sostituire le parole: gruppi di imprese con le seguenti: consorzi di imprese.

 

Conseguentemente, ai commi 3 e 4 sostituire le parole: gruppo di imprese con le seguenti: consorzio di imprese.

*4. 7.Milanato, Scaltritti.

 

Al comma 4, sostituire il primo periodo, con il seguente:

4. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo dei marchi di cui all'articolo 1, il Ministero delle attività produttive revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio.

4. 8.Raisi, Saia.

 

 

ART. 6.

Sopprimerlo.

6. 1.Raisi, Saia.

 

Al comma 1, sostituire le parole: è promossa con le seguenti: è istituita.

*6. 2.Didonè, Polledri.

 

Al comma 1, sostituire le parole: è promossa con le seguenti: è istituita.

*6. 3.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 1, sostituire le parole: è promossa con le seguenti: è istituita.

*6. 4.D'Agrò.

 

Al comma 1, sostituire le parole: è promossa con le seguenti: è istituita.

*6. 5.Milanato, Scaltritti.

 

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo dei marchi di cui all'articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni contenute nella legge 24 dicembre 2003, n. 350, articolo 4, commi 80 e 81.

6. 6.Raisi, Saia.

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

 

Art. 6-bis.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature).

1. Le calzature destinate alla vendita al consumatore riportano un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono: tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione Europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta deve inoltre riportare la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

3. Le calzature con etichetta non conforme alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere vendute ai consumatori per i successivi novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

6. 01.D'Agrò.

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

 

Art. 6-bis.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili).

1. All'articolo 8 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

1. I prodotti tessili devono essere etichettati o contrassegnati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L'etichetta o il contrassegno devono fornire informazioni sulla composizione dei materiali, sull'origine dei suddetti materiali e delle relative lavorazioni, sulla denominazione, nonché, per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione Europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta deve inoltre riportare la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, comma 2 lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al comma 1 possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento.

b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

1-bis. I prodotti tessili di cui all'articolo 2 del presente decreto legislativo con etichettatura non conforme alle disposizioni di cui al precedente comma 1 possono essere venduti ai consumatori per i successivi novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

6. 02.D'Agrò.

 

ART. 7.

Sopprimerlo.

7. 1.Raisi, Saia.

 

Sostituire il comma 1, con il seguente:

1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal Regolamento (CEE) del Consiglio del 12 ottobre 1992 n. 2913/92 che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e la lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

7. 2.Milanato, Scaltritti.

 

Al comma 1, sostituire le parole: può essere accompagnata con le seguenti: è corredata.

 

Conseguentemente, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

*7. 3.Didonè, Polledri.

 

Al comma 1, sostituire le parole: può essere accompagnata con le seguenti: è corredata.

 

Conseguentemente, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

*7. 4.Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 1, sostituire le parole: può essere accompagnata con le seguenti: è corredata.

 

Conseguentemente, aggiungere, in fine, le seguenti parole: e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

*7. 5.D'Agrò.

 

Al comma 3, dopo le parole: «carta d'identità di cui al comma 1, aggiungere le seguenti: nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero.

7. 6.Il Relatore.

 

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

3-bis. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito di compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d'identità di cui al comma 1.

7. 7.Il Relatore.

 

Sopprimere il comma 4.

7. 8.Il Relatore.

 

ART. 8.

Al comma 1, sostituire le parole: sui principali mercati internazionali con le seguenti: nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali.

8. 1.D'Agrò.

 

Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

 

Conseguentemente, sopprimere il comma 3.

8. 2.Il Relatore.

 

Al comma 4, sostituire le parole da: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti fino alla fine del comma con le seguenti: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è stanziata la somma di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, da utilizzare per la concessione di contributi alle imprese medesime secondo criteri e modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente.

8. 3.Il Relatore.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Sfera di applicazione).

Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

* 8. 01.Didonè, Polledri.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Sfera di applicazione).

1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

* 8. 02. Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Sfera di applicazione).

1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

* 8. 03.D'Agrò.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Sfera di applicazione).

Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità del prodotti.

* 8. 04.Milanato, Scaltritti.

 

ART. 9.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 9.

(Copertura finanziaria)

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 4, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utillizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli Esteri.

9. 1.Il Relatore.

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Giovedì 12 maggio 2005

Presidenza del presidente Bruno TABACCI. - Interviene il viceministro per le attività produttive Adolfo Urso.

 

La seduta comincia alle 9.55.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 4 maggio scorso.

 

Bruno TABACCI, presidente, ricorda che il relatore, nella scorsa seduta del 4 maggio, ha formulato i pareri sugli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati; invita quindi il rappresentante del Governo ad esprimersi in proposito.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, coglie l'occasione per precisare che l'emendamento Raisi 6.6 deve intendersi come sostitutivo del comma 2 dell'articolo 5 e non dell'articolo 6.

 

Enzo RAISI (AN) concorda con la precisazione del collega Lulli.

 

Il viceministro Adolfo URSO, in considerazione del rilievo del provvedimento, prima di esprimere i pareri riterrebbe necessaria una ulteriore valutazione da parte del Governo delle proposte emendative presentate.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) osserva come il provvedimento in esame sia ormai da lungo tempo all'esame della Commissione e che occorre imprimere al suo iter una decisa accelerazione; peraltro il rilievo della materia trattata richiede una valutazione particolarmente attenta da parte del Governo.

 

Bruno TABACCI, presidente, ricorda che l'esame del provvedimento in Assemblea avrà inizio il prossimo 30 maggio e che occorre pertanto concludere l'esame degli emendamenti entro la prossima settimana, affinché vi siano i tempi necessari per consentire, da parte delle Commissioni competenti, l'espressione dei prescritti pareri. Ritiene che non vi siano ostacoli rispetto ad un rinvio del seguito dell'esame del provvedimento, ma propone in tal caso che questo sia sin d'ora fissato in una seduta da convocarsi mercoledì 18 maggio, alle ore 8.45.

 

La Commissione concorda.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) coglie l'occasione per porre all'attenzione dei colleghi una questione di particolare rilievo, e sulla quale esprime forti perplessità. Si tratta della sostituzione, operata dall'ulteriore nuovo testo unificato adottato quale testo base dalla Commissione, della certificazione con l'autocertificazione ai fini della concessione del marchio «100 per cento Italia». Ritiene che il sistema dell'autocertificazione svuoti di significato il provvedimento, trattandosi di un metodo la cui efficacia è garantita esclusivamente da un sistema particolarmente severo di controlli, ciò che appare di difficile applicazione. Invita pertanto il Governo a riflettere su tale aspetto.

 

Gonario NIEDDU (DS-U) ritiene che il sostegno alle imprese debba tradursi anche in misure volte alla semplificazione, e non all'appesantimento, delle procedure.

Chiede quindi al rappresentante del Governo se vi sia l'effettiva intenzione dell'Esecutivo di sostenere l'iter del provvedimento in esame, ormai da tempo all'esame della Commissione, e che riveste particolare importanza per il mondo produttivo ed il sistema delle imprese.

 

Il viceministro Adolfo URSO osserva come quello in esame sia un provvedimento di particolare importanza, volto a contrastare i fenomeni di concorrenza sleale che si verificano a danno dell'Italia nel mercato globalizzato, in settori di eccellenza del sistema produttivo nazionale. Occorre tuttavia che le disposizioni definite possano rispondere ai criteri europei e, contemporaneamente, non risultare addirittura dannose per alcune filiere produttive. A titolo di esempio, richiama un emendamento presentato al Senato, nell'ambito di altro provvedimento, che istituiva il marchio «integralmente italiano», escludendo tuttavia la necessaria provenienza nazionale della materia prima: in questo caso si determinerebbe l'effetto paradossale di avere, ad esempio, un olio di oliva «integralmente italiano», prodotto con olive provenienti dall'estero.

Ritiene quindi, in conclusione, necessario tenere conto di tali aspetti nell'esame del provvedimento, che giudica nel complesso assai positivo e che potrà costituire, in ambito europeo, un segnale di particolare importanza. Dichiara pertanto sin d'ora la propria disponibilità ad esprimere il parere sugli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati nel corso della seduta di mercoledì prossimo.

 

Bruno TABACCI, presidente, preso atto della disponibilità manifestata dal Governo e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

(Agricoltura)

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 18 maggio 2005

Presidenza del presidente Bruno TABACCI. - Interviene il viceministro per le attività produttive Adolfo Urso.

 

La seduta comincia alle 8.55.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e rinvio).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 12 maggio scorso.

 

Bruno TABACCI, presidente, ricorda che, nella seduta del 12 maggio scorso, il rappresentante del Governo si era riservato di esprimere i pareri di competenza sugli emendamenti ed articoli aggiuntivi riferiti al nuovo testo unificato adottato come nuovo testo base dalla Commissione. Invita pertanto il viceministro ad esprimere i predetti pareri.

 

Il viceministro Adolfo URSO, nel ricordare che il testo all'esame della Commissione affronta una materia di particolare rilevanza per il sistema economico nazionale, rileva l'opportunità di svolgere talune considerazioni su due questioni di particolare importanza.

Con riferimento alla prima questione, fa presente che molte delle norme recate dal provvedimento in titolo presentano profili di dubbia compatibilità con la normativa comunitaria nonché con le decisioni assunte in sede di Organizzazione mondiale per il commercio, rilevando che, in ogni caso, rientra nella piena autonomia del Parlamento anche l'approvazione di una normativa eventualmente confliggente con quella adottata in sede europea. In particolare, le disposizioni recate dall'articolo 1 nella parte in cui prevede l'istituzione di un marchio «integralmente italiano», attestante la qualità dei prodotti che esso è volto a contraddistinguere e la cui proprietà è posta in capo allo Stato italiano, sembrerebbero, quanto al profilo evidenziato, particolarmente problematiche.

Una seconda questione che intende sollevare, attiene all'opportunità politica di introdurre una normativa siffatta, atteso che essa finirebbe con l'introdurre marchi ulteriori rispetto a quello del «Made in Italy», che già rappresenta un marchio di eccellenza, con il rischio di depotenziare la portata evocativa primo. Alla luce di tali premesse, precisa tuttavia che non è intenzione del Governo ostacolare il prosieguo dell'iter del provvedimento e che pertanto, pur ritenendo opportuno che la Commissione svolga una riflessione sulle problematiche sollevate, si pronuncerà favorevolmente rispetto alle proposte emendative suscettibili di migliorare la formulazione del testo in esame, anche sotto il profilo della sua compatibilità con la normativa comunitaria. Con riferimento agli emendamenti riferiti all'articolo 1, fa presente in via preliminare che il predetto articolo appare introdurre una disciplina potenzialmente distorsiva della libera concorrenza e, nel momento in cui ascrive allo Stato italiano la proprietà dei marchi di qualità, suscettibile di essere oggetto di censure della Corte di Giustizia alla luce di un orientamento di recente confermato con la sentenza del 17 giugno del 2004. In particolare, con riferimento all'emendamento D'Agrò 1.1, esprime perplessità quanto all'introduzione di una disciplina relativa al marchio di origine commerciale, che si discosta da quella adottata in sede comunitaria, basata sull'adozione di marchi di origine doganale. Per tali ragioni, riterrebbe auspicabile riformulare l'emendamento in parola nel senso di renderlo conforme alla normativa comunitaria in materia di marchi, rimettendosi, in subordine al giudizio della Commissione. Con riferimento agli identici emendamenti Didoné 1.2, Nieddu 1.3, D'Agrò 1.4 e Milanato 1.5, invita i presentatori a riformulare le predette proposte emendative alla luce delle considerazioni testé svolte, invitando altrimenti i presentatori a ritirarle o, in subordine, rimettendosi alla Commissione. Esprime quindi parere favorevole sull'emendamento Raisi 1.6 mentre, con riferimento agli identici emendamenti D'Agrò 1.7, Milanato 1.8 e agli identici Didonè 1.9, Nieddu 1.10 e D'Agrò 1.11, esprime parere contrario, atteso che essi incidono sul comma 3 dell'articolo 1, che demanda al Ministero delle attività produttive l'adozione di un decreto, che risulterebbe avere contenuto confliggente con la normativa comunitaria. Esprime quindi parere favorevole sull'emendamento Raisi 2.1, mentre, con riferimento all'emendamento D'Agrò 2.2, nonché agli identici Didonè 2.3, Nieddu 2.4 e D'Agrò 2.5, fa presente che essi appaiono migliorativi rispetto alla formulazione contenuta nel testo base e, pertanto, ricordato che è intenzione del Governo, fermi restando i generali motivi di dissenso prima illustrati, perseguire l'obiettivo del miglioramento del testo, esprime parere favorevole. Invita quindi il presentatore dell'emendamento Nieddu 3.1 a ritirarlo, mentre, con riferimento all'emendamento D'Agrò 3.2, formula un invito alla riformulazione, sulla base delle indicazioni prima fornite. Esprime quindi parere favorevole sugli identici emendamenti D'Agrò 3.3 e Milanato 3.4. Invita quindi i presentatori dell'emendamento Raisi 3.5 a riformularlo nel senso di prevedere una collaborazione delle Camere di commercio, industria e artigianato, mentre esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Didonè 3.6, Nieddu 3.7, D'Agrò 3.8 e Milanato 3.9. Invita quindi il presentatore a ritirare gli emendamenti D'Agrò 3.10 e 3.12, mentre, con riferimento all'emendamento Raisi 3.11, formula un invito alla riformulazione. Invita quindi i presentatori degli articoli aggiuntivi Nieddu 3.01 e 3.02 a riformularli, al fine di coordinare le disposizioni da essi recate con la normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese, mentre esprime parere favorevole su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 4, apparendo tutti ispirati ad una logica migliorativa del testo. Parimenti, esprime parere favorevole sull'emendamento Raisi 6.6, riferito all'articolo 5. Con riguardo agli emendamenti riferiti all'articolo 6, fa presente, in via preliminare, che l'articolo appare afferire a materia diversamente disciplinata in sede comunitaria e richiama, in proposito, una sentenza della Corte di Giustizia del 1993 che, con riferimento alla normativa in materia di etichettatura obbligatoria, aveva censurato la legislazione inglese, contenente disposizioni analoghe a quelle in commento, reputate contrastanti con le regole di libero mercato. Quanto alle singole proposte emendative, formula, con riferimento all'emendamento Raisi 6.1, parere favorevole; invita quindi i presentatori degli identici emendamenti Didonè 6.2, Nieddu 6.3, D'Agrò 6.4 e Milanato 6.5 a ritirarli. Esprime quindi parere favorevole sull'articolo aggiuntivo D'Agrò 6.01, se riformulato nel senso di rendere meramente facoltativa la disciplina da esso recata in materia di etichettatura delle calzature. Analoghe considerazioni svolge altresì con riferimento all'articolo aggiuntivo D'Agrò 6.02. Sugli emendamenti riferiti all'articolo 7, precisa, in via preliminare, che la disciplina dallo stesso recata, che comporta uno stanziamento di risorse finalizzate all'adozione della carta d'identità dei prodotti «Made in Italy», deve essere valutata sotto il profilo della sua opportunità. Nel merito, si rimette alla Commissione sull'emendamento Raisi 7.1, invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Milanato 7.2, degli identici emendamenti Didonè 7.3, Nieddu 7.4 e D'Agrò 7.5, mentre, con riferimento all'emendamento 7.6 del relatore, esprime parere favorevole. Invita quindi il relatore a riformulare i suoi emendamenti 7.7 e 7.8, al fine di coordinare le disposizioni da esso recate con quelle in materia di internazionalizzazione delle imprese. Esprime infine parere favorevole sugli emendamenti D'Agrò 8.1 e sugli emendamenti 8.2 e 8.3 del relatore, mentre invita i presentatori degli identici articoli aggiuntivi Didonè 8.01, Nieddu 8.02, D'Agrò 8.03 e Milanato 8.04 a ritirarli e, ove conforme alle disponibilità di bilancio, esprime parere favorevole sull'emendamento 9.1 del relatore.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, in relazione all'intervento svolto dal rappresentante del Governo, evidenzia talune questioni ritenute problematiche. In particolare, con riferimento alle norme recate, rispettivamente, dagli articoli 6 e 7, in materia di etichettatura e di carta d'identità dei prodotti «Made in Italy», fa presente che esse introducono disposizioni finalizzate all'informazione dei consumatori e degli utenti finali, le quali sono peraltro solo facoltative e non obbligatorie. Per tali ragioni, non ritiene che le suddette misure siano in contrasto con la normativa comunitaria, potendo, al contrario, costituire un segnale, rivolto dal Parlamento italiano alle istituzioni europee. Con riferimento alle problematiche connesse al marchio «100 per cento Italia», pur nella consapevolezza che lo stesso può sollevare talune perplessità sugli aspetti di compatibilità comunitaria, fa presente che finalità del provvedimento è quella di incentivare l'attività delle imprese di piccole dimensioni che non dispongono della forza contrattuale necessaria per istituire un brand individuale, mediante l'istituzione di un marchio collettivo. In proposito, precisa che tali disposizioni sembrano necessarie per il sostegno di quella parte del settore produttivo che non beneficia, al pari dei grandi stabilimenti produttivi, di un sufficiente livello di internazionalizzazione. Ritenendo indispensabile avviare una politica pubblica volta a incentivare la produttività del settore, che sta attraversando una fase di profondo disagio, reputa che sarebbe sufficiente, a tal fine, anche l'eventuale approvazione di una semplice norma programmatica piuttosto che precettiva. Sollecita pertanto la rapida conclusione dell'iter del provvedimento.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC), pur nella consapevolezza che il provvedimento all'esame della Commissione presenta profili problematici in ordine alla compatibilità con la normativa comunitaria, ritiene auspicabile che il suo iter possa giungere a compimento in tempi brevi, e che siano apportate al testo, ove possibile, le opportune modifiche, ciò anche al fine di rispondere alle esigenze del settore manifatturiero.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI), nell'esprimere apprezzamento per l'azione svolta dal Governo italiano al fine di promuovere la produzione nazionale anche a livello europeo, rileva la necessità di introdurre misure a sostegno del settore manifatturiero italiano che, nonostante l'elevata qualificazione delle proprie maestranze, sta attraversando un periodo di crisi nella produzione. Denuncia, in particolare, la grande sperequazione esistente tra i grandi impianti produttivi che, grazie alla delocalizzazione territoriale dei fattori, sono in grado di sfruttare maggiormente il marchio del «Made in Italy» senza, tra l'altro, che i consumatori siano edotti delle notevoli differenze che si riscontrano nel processo produttivo rispetto alle imprese di minori dimensioni. Sembra pertanto necessario promuovere l'informazione necessaria e lanciare un messaggio politico sia a livello nazionale che internazionale. Nel comprendere tuttavia le perplessità evidenziate dal rappresentante del Governo, reputa opportuno rinvenire quelle soluzioni, anche tecniche, che consentano di ovviare agli aspetti più problematici del provvedimento con riferimento alla normativa comunitaria, senza però arrestare l'iter in Commissione del provvedimento, ormai prossimo alla sua conclusione.

 

Bruno TABACCI, presidente, con riferimento all'organizzazione dei lavori della Commissione, ricorda che il provvedimento in titolo è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a far data da venerdì 27 maggio. Pertanto, a meno che la Commissione non intenda richiedere un rinvio dello stesso, occorre che l'esame del provvedimento in Commissione si concluda nella giornata odierna, al fine di consentire alle Commissioni competenti in sede consultiva di esaminare lo stesso in tempo utile.

 

Gonario NIEDDU (DS-U), nel ricordare che il provvedimento in titolo è all'esame della Commissione da lungo tempo e nell'apprezzare il lavoro svolto dal relatore, manifesta tuttavia rammarico per il ritardo con cui il rappresentante del Governo esprime i suoi rilievi nel merito dello stesso. Auspica pertanto di procedere comunque alla votazione degli emendamenti ed articoli aggiuntivi riferiti al testo in esame, rinviando l'esame delle questioni sulle quali permangono tuttora perplessità alla discussione del provvedimento in Assemblea.

 

Il viceministro Adolfo URSO precisa che le questioni precedentemente evidenziate sono state già affrontate in precedenti occasioni e non valgono ad inficiare il lavoro svolto dalla Commissione né ad ostacolare l'iter del provvedimento. Rileva come abbia comunque ritenuto opportuno mettere in luce i profili di compatibilità con la normativa comunitaria, senza peraltro porre in discussione la autonomia del Parlamento.

 

Bruno TABACCI, presidente, anche alla luce degli orientamenti emersi, ritiene che vi siano le condizioni perché la Commissione proceda alla votazione degli emendamenti ed articoli aggiuntivi nella seduta odierna.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI), con riguardo all'emendamento D'Agrò 1.1, fa presente che il riferimento alla lettera f), contenuto al comma 1, dovrebbe più correttamente intendersi alla lettera g).

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) concorda con tale precisazione.

 

La Commissione approva l'emendamento D'Agrò 1.1, rimanendo pertanto preclusi tutti i rimanenti emendamenti riferiti all'articolo 1.

 

Enzo RAISI (AN) ritira il suo emendamento 2.1.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) invita il presentatore dell'emendamento D'Agrò 2.2 a riformularlo nel senso di aggiungere, infine, le seguenti parole «identificati ed identificabili sulla base di uno speciale marchio aziendale registrato».

 

Luigi D'Agrò (UDC) ritiene preferibile mantenere l'attuale formulazione del suo emendamento 2.2, che già implicitamente contiene quanto evidenziato dal deputato Scaltritti.

 

La Commissione approva, l'emendamento D'Agrò 2.2.

 

Bruno TABACCI, presidente, avverte che gli emendamenti saranno posti in votazione come emendamenti aggiuntivi all'articolo 2 come testè sostituito dall'emendamento D'Agrò 2.2.

 

La Commissione approva gli identici emendamenti Didonè 2.3, Nieddu 2.4 e D'Agrò 2.5.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, invita il presentatore dell'emendamento Nieddu 3.1 a ritirarlo.

 

Gonario NIEDDU (DS-U) insiste per la votazione del suo emendamento 3.1.

 

La Commissione, con distinte votazioni, respinge l'emendamento Nieddu 3.1 ed approva l'emendamento D'Agrò 3.2, rimanendo così assorbiti gli identici emendamenti D'Agrò 3.3 e Milanato 3.4.

 

Enzo RAISI (AN) accoglie la proposta di riformulazione del suo emendamento 3.5 avanzata dal relatore lo scorso 4 maggio e dal Governo nella seduta odierna.

 

La Commissione approva quindi, con distinte votazioni, gli emendamenti Raisi 3.5 (nuova formulazione) (vedi allegato) e gli identici emendamenti Didonè 3.6, Nieddu 3.7, D'Agrò 3.8 e Milanato 3.9.

 

Luigi D'Agrò (UDC) ritira il suo emendamento 3.10.

 

La Commissione, con distinte votazioni, approva gli emendamenti Raisi 3.11 e D'Agrò 3.12, nonché l'articolo aggiuntivo Nieddu 3.01, respinge l'articolo aggiuntivo Nieddu 3.02 ed approva l'emendamento Raisi 4.1, risultando pertanto assorbito l'emendamento D'Agrò 4.2.

 

Luigi D'Agrò (UDC) ritira i suoi emendamenti 4.3 e 4.4.

 

La Commissione, con distinte votazioni, approva gli identici emendamenti Didonè 4.5, Nieddu 4.6 e Milanato 4.7 e l'emendamento Raisi 4.8.

 

Bruno TABACCI, presidente, ricorda che l'emendamento Raisi 6.6, come già precisato dal relatore nella seduta del 12 maggio e nuovamente sottolineato oggi dal rappresentante del Governo, deve intendersi riferito all'articolo 5.

 

La Commissione approva l'emendamento Raisi 6.6.

 

Enzo RAISI (AN) ritira il suo emendamento 6.1.

 

La Commissione approva gli identici emendamenti Didonè 6.2, Nieddu 6.3, D'Agrò 6.4 e Milanato 6.5.

 

Il viceministro Adolfo URSO invita il presentatore dell'articolo aggiuntivo D'Agrò 6.01 a riformularlo nel senso di sostituire, al comma 1, primo periodo, la parola «riportano», con la parola «possono riportare», al comma 2, le parole «deve inoltre riportare», con le parole «inoltre riporta» e di sopprimere, infine, il comma 3. Invita quindi il deputato D'Agrò a riformulare il suo articolo aggiuntivo 6.02 nel senso di sostituire, al comma 1, capoverso, lettera a), comma 1, primo periodo, le parole «devono essere etichettati o contrassegnati» con le parole «possono essere etichettati o contrassegnati», al secondo periodo le parole «devono fornire indicazioni», con le parole «forniscono indicazioni», le parole «l'etichetta deve inoltre riportare», con le parole «l'etichetta inoltra riporta» e di sopprimere infine la lettera b).

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) accoglie la proposta di riformulazione del viceministro Urso sui propri articoli aggiuntivi 6.01 e 6.02.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, esprime parere favorevole sugli articoli aggiuntivi D'Agrò 6.01 e 6.02, come riformulati.

 

La Commissione, con distinte votazioni, approva gli articoli aggiuntivi D'Agrò 6.01 e 6.02 (nuova formulazione) (vedi allegato).

 

Enzo RAISI (AN) ritira il suo emendamento 7.1.

 

La Commissione approva l'emendamento Milanato 7.2, risultando così assorbiti gli identici emendamenti Didonè 7.3, Nieddu 7.4 e D'Agrò 7.5.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, riformula il proprio emendamento 7.6, nel senso di prevedere che il Ministero delle attività produttive «possa» attuare campagne informative. Riformula altresì i propri emendamenti 8.3 e 9.1, sostituendo le parole «anni 2005 e 2006» con le parole «anni 2006 e 2007».

 

La Commissione approva quindi, con distinte votazioni, gli emendamenti 7.6 (nuova formulazione) (vedi allegato), 7.7 e 7.8 del relatore, nonché l'emendamento D'Agrò 8.1 e gli emendamenti 8.2 e 8.3 (nuova formulazione) (vedi allegato) del relatore.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, propone la riformulazione degli identici articoli aggiuntivi Didoné 8.01, Nieddu 8.02, D'Agrò 8.03 e Milanato 8.04, sostituendo, nella rubrica, la parola «Sfera» con la parola «Ambito».

 

Giovanni DIDONÈ (LNFP) concorda con la riformulazione del proprio articolo aggiuntivo 8.01 proposta dal relatore.

 

Gonario NIEDDU (DS-U) concorda con la riformulazione del proprio articolo aggiuntivo 8.02 proposta dal relatore.

 

Luigi D'AGRÒ (UDC) concorda con la riformulazione del proprio articolo aggiuntivo 8.03 proposta dal relatore.

 

Lorena MILANATO (FI) concorda con la riformulazione del proprio articolo aggiuntivo 8.04 proposta dal relatore.

 

La Commissione, con distinte votazioni, approva quindi gli identici articoli aggiuntivi Didonè 8.01 (nuova formulazione), Nieddu 8.02 (nuova formulazione), D'Agrò 8.03 (nuova formulazione) e Milanato 8.04 (nuova formulazione) e l'emendamento 9.1 del relatore (nuova formulazione) (vedi allegato).

 

Bruno TABACCI, presidente, avverte che il testo risultante dagli emendamenti approvati, sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere.

Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 10.

 

 


ALLEGATO

 

 

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani. Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè

 

 

 

EMENDAMENTI E ARTICOLI AGGIUNTIVI RIFORMULATI

 

 


ART. 3

 

Sostituire il comma 3 con il seguente:

3. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, coadiuvato dalle Camere di commercio, industria e artigianato, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

3. 5. (nuova formulazione) Raisi, Saia.

 

ART. 6

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

 

Art. 6-bis.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature).

 

1. Le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono: tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione Europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta inoltre riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

6. 01.(nuova formulazione) D'Agrò.

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

 

Art. 6-bis.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili).

 

1. All'articolo 8 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

 

1. I prodotti tessili possono essere etichettati o contrassegnati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L'etichetta o il contrassegno forniscono informazioni sulla composizione dei materiali, sull'origine dei suddetti materiali e delle relative lavorazioni, sulla denominazione, nonché, per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione Europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta inoltre riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, comma 2 lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al comma 1 possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento.

6. 02. (nuova formulazione) D'Agrò.

 

ART. 7.

 

Al comma 3, dopo le parole: carta d'identità di cui al comma 1, aggiungere le seguenti: nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero.

 

Conseguentemente, al medesimo comma sostituire la parola: attua con le parole: può attuare.

7. 6. (nuova formulazione) Il Relatore.

 

ART. 8.

 

Al comma 4, sostituire le parole da: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti fino alla fine del comma con le seguenti: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è stanziata la somma di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, da utilizzare per la concessione di contributi alle imprese medesime secondo criteri e modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente.

8. 3. (nuova formulazione) Il Relatore.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Ambito di applicazione).

 

Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

* 8. 01. (nuova formulazione) Didonè, Polledri.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art.. 8-bis.

(Ambito di applicazione).

 

1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

* 8. 02. (nuova formulazione) Nieddu, Gambini, Cialente, Cazzaro, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Ambito di applicazione).

 

1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

* 8. 03. (nuova formulazione) D'Agrò.

 

Dopo l'articolo 8 aggiungere il seguente:

 

Art. 8-bis.

(Ambito di applicazione).

 

Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità del prodotti.

* 8. 04. (nuova formulazione) Milanato, Scaltritti.

 

 

ART. 9

 

Sostituirlo con il seguente:

 

Art. 9.

(Copertura finanziaria)

 

1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 4, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, si provvede, mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli Esteri.

9. 1. (nuova formulazione) Il Relatore.

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 25 maggio 2005

Presidenza del presidente Bruno TABACCI.

 

La seduta comincia alle 15.30.

 

 

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento, C. 1250 Paola Mariani, C. 2689 Rotundo, C. 2805 Scaltritti, C. 3817 Raisi, C. 4001 Gianfranco Conte, C. 4497 Didonè.

(Seguito dell'esame e conclusione).

 

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 18 maggio scorso.

 

Bruno TABACCI, presidente, ricorda che la discussione del provvedimento in Assemblea dovrebbe avere inizio venerdì 27 maggio, e, conseguentemente, nella seduta odierna occorre procedere alla deliberazione sul conferimento al relatore del mandato a riferire all'Assemblea.

Segnala quindi che sono pervenuti i pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva sul nuovo testo unificato, come risultante dagli emendamenti approvati. In particolare, la I Commissione (Affari Costituzionali), la II Commissione (Giustizia) e la XII Commissione (Affari sociali) hanno espresso parere favorevole, la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) ha espresso parere favorevole con osservazioni, la VI Commissione (Finanze) ha espresso parere favorevole con una condizione ed una osservazione, mentre la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere favorevole con condizioni.

Invita, pertanto, il relatore ad esprimere le proprie osservazioni sui pareri pervenuti.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, illustra brevemente il contenuto degli emendamenti da lui presentati, finalizzati, taluni, ad apportare al testo modifiche di tipo formale, altri a recepire i rilievi espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva (vedi allegato). Tra gli altri, segnala, in particolare, il suo emendamento 1.100, sostitutivo del comma 1 dell'articolo 1 e volto ad evidenziare che finalità del provvedimento è quella di assicurare un elevato livello di protezione dei consumatori, promuovendo al contempo il loro diritto ad una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia. Fa quindi presente che i suoi emendamenti 3.103, 6.102, 8.101 e 8.102 sono volti a recepire le condizioni formulate dalla Commissione Bilancio. Precisa quindi che gli emendamenti 3-bis.100 e 4.101 sono volti a recepire i rilievi formulati dalla Commissione Finanze, mentre l'emendamento 6.100 modifica il testo al fine di coordinarlo con quanto osservato dalla Commissione Politiche dell'Unione europea in materia di etichettature. In particolare, precisa che tale emendamento è volto ad istituire un sistema di etichettatura meramente facoltativo, in luogo di quello obbligatorio delineato nel previgente testo dell'articolo 6. Raccomanda, infine, l'approvazione di tutti gli emendamenti presentati.

 

Sergio GAMBINI (DS-U), con riferimento all'emendamento 6.100 del relatore, ne riterrebbe opportuna la riformulazione, nel senso di sostituire, al comma 1, le parole «in forma facoltativa» con le parole «su base volontaria».

 

Andrea LULLI (DS-U) accoglie la proposta del deputato Gambini e riformula conseguentemente il suo emendamento 6.100 (vedi allegato).

 

Sergio GAMBINI (DS-U), con riferimento agli emendamenti del relatore 3.103, 6.102, 8.101 e 8.102, che recepiscono le condizioni formulate dalla Commissione Bilancio, fa presente che, pur non ritenendo opportuno disattendere il parere reso dalla V Commissione, sembrerebbe necessario individuare forme di copertura finanziaria idonee ad assicurare stanziamenti sufficienti per la promozione e l'espletamento delle diverse attività contemplate dalla proposta di legge in titolo. In proposito, si riserva tuttavia di presentare eventuali proposte emendative nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea.

 

Massimo TEDESCHI (DS-U) con riferimento agli emendamenti del relatore 3-bis.100 e 4.101, rileva l'opportunità di ascrivere competenze in materia di controllo alla polizia municipale, oltre che alla Guardia di finanza.

 

Andrea LULLI (DS-U), relatore, ritiene che la questione possa essere oggetto degli opportuni approfondimenti in sede di esame del provvedimento in Assemblea.

 

La Commissione, con distinte votazioni, approva gli emendamenti del relatore Tit. 100, 1.100, 2.100, 3.100, 3.101, 3.102, 3.103, 3-bis.100, 4.100, 4.101, 6.100 (nuova formulazione), 6.101, 6.102, 7.100, 8.100, 8.101 e 8.102.

 

Sergio GAMBINI (DS-U) dichiara voto favorevole, a nome del suo Gruppo, sul conferimento al relatore del mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea.

 

Gianluigi SCALTRITTI (FI) dichiara a sua volta voto favorevole sul conferimento al relatore del mandato a riferire in senso favorevole all'Assemblea.

 

La Commissione delibera quindi di conferire il mandato al relatore Lulli a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 472, C. 1250, C. 2689, C. 2805, C. 3817, C. 4001 e C. 4497 come risultante dagli emendamenti approvati. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

 

Bruno TABACCI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

 

La seduta termina alle 16.10.

 

 

 

 

 


ALLEGATO

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

 

EMENDAMENTI DEL RELATORE DI RECEPIMENTO DEI PARERI E DI COORDINAMENTO

 

 


Sostituire il titolo con il seguente: Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani.

Tit. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 1, sostituire il comma 1 con il seguente: Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto ad una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituto il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

1. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 2, comma 2, sostituire le parole: al rispetto da parte dell'intero prodotto e non di una sola parte o componente di esso, delle con le seguenti: all'adeguatezza dell'intero prodotto, e non di una sola parte o componente di esso, alle.

2. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 3, alla rubrica, sostituire le parole: dei marchi con le seguenti: del marchio.

3. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 3, comma 1, lettera a), dopo le parole: tutela del lavoro aggiungere la seguente.,

 

Conseguentemente, alla medesima lettera, sostituire le parole: dell'esclusione dell'impiego di minori e del pieno rispetto con le seguenti: nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto.

3. 101.Il Relatore.

 

All'articolo 3, comma 2, sostituire le parole: coadiuvato dalle con le seguenti: che si avvale della collaborazione delle.

3. 102.Il Relatore.

 

All'articolo 3, comma 4, dopo le parole: presso il Ministero per le attività produttive inserire le seguenti: , senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato,.

3. 103.Il Relatore.

 

All'articolo 3-bis, comma 1, sostituire le parole: di concerto con la Guardia di Finanza e/o avvalendosi con le seguenti: definendo opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e avvalendosi.

3-bis. 100.Il Relatore.

 

 

All'articolo 4, comma 1, sostituire la parola: certificazione con la seguente: autocertificazione.

4. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 4, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

3-bis. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di cui ai commi 3 e 4, sono definite opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza.

4. 101.Il Relatore.

 

All'articolo 6, comma 1, sostituire le parole: è istituita l'etichettatura con le seguenti: è istituito, in forma facoltativa, un sistema di etichettatura.

 

Conseguentemente:

al comma 1, secondo periodo, le parole: Tale etichettatura sono sostituite dalle seguenti: Tale sistema di etichettatura;

al comma 3, ovunque ricorrano, le parole: dell'etichettatura sono sostituite dalle seguenti: del sistema di etichettatura.

6. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 6, comma 1, sostituire le parole: è istituita l'etichettatura con le seguenti: è istituito, su base volontaria, un sistema di etichettatura.

 

Conseguentemente:

al comma 1, secondo periodo, le parole: Tale etichettatura sono sostituite dalle seguenti: Tale sistema di etichettatura;

al comma 3, ovunque ricorrano, le parole: dell'etichettatura sono sostituite dalle seguenti: del sistema di etichettatura.

6. 100. (Nuova formulazione)Il Relatore.

 

All'articolo 6, al comma 3, sostituire le parole: ai medesimi criteri con le seguenti: ai criteri di cui al presente articolo.

6. 101.Il Relatore.

 

All'articolo 6, comma 3, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

6. 102.Il Relatore.

 

All'articolo 7, comma 2, sostituire le parole: le categorie interessate con le seguenti: sentite le categorie interessate.

 

Conseguentemente, al comma 3, sostituire le parole: le associazioni di categoria con le seguenti: sentite le associazioni di categoria.

7. 100.Relatore.

 

All'articolo 8, alla rubrica, sostituire le parole: dei marchi con le seguenti: del marchio.

8. 100.Il Relatore.

 

All'articolo 8, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: A decorrere dall'anno 2005, il Ministero delle attività produttive predispone con le seguenti: Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma,.

8. 101.Il Relatore.

 

All'articolo 8, comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente: Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 9.

8. 102.Il Relatore.

 


Esame in sede consultiva

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

 

Mercoledì 25 maggio 2005

Presidenza del vicepresidente Sesa AMICI.

 

La seduta comincia alle 13.55.

 

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.

(Parere alla X Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

 

Sesa AMICI (DS-U), presidente, sostituendo il relatore, illustra brevemente il contenuto del provvedimento all'esame del Comitato, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito, e volto ad incentivare, mediante l'istituzione del marchio «100 per cento Italia», la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti il cui processo produttivo è svolto interamente in Italia. Con riferimento agli aspetti di competenza della I Commissione, fa presente che le disposizioni recate dal provvedimento incidono sulla materia dei marchi e delle denominazioni di origine, attualmente disciplinata dal codice civile, e sono pertanto riconducibili alla materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi della lettera l), della Costituzione. Rilevato, altresì, che la finalità sostanziale del provvedimento appare riconducibile alla materia «tutela della concorrenza» demandata dalla lettera e) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, formula una proposta di parere favorevole.

 

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore (vedi allegato 3).

 

 

 

 

 


ALLEGATO 3

 

 

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani (Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.).

 

PARERE APPROVATO

 

 


Il Comitato permanente per i pareri,

esaminato l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 472 ed abbinate, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito;

rilevato che le disposizioni recate dal provvedimento incidono sulla materia dei marchi e delle denominazioni di origine, attualmente disciplinata dal codice civile, e sono pertanto riconducibili alla materia «ordinamento civile» riservata alla competenza legilsativa esclusiva dello Stato ai sensi della lettera l), della Costituzione;

rilevato, altresì, che la finalità sostanziale del provvedimento appare riconducibile alla materia «tutela della concorrenza» demandata dalla lettera e) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE.

 

 

 

 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE CONSULTIVA

 

Martedì 24 maggio 2005

Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

 

La seduta comincia alle 14.20.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

C. 472 Contento ed abb.

(Parere alla X Commissione).

(Esame e rinvio).

 

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

 

Francesco BONITO (DS-U), relatore, rileva che l'articolo 1 del testo in esame istituisce il marchio «100% Italia», di proprietà dello Stato italiano, e definisce le condizioni per cui un prodotto possa considerarsi realizzato interamente in Italia, provvedendo altresì a definire alcuni concetti utili per l'applicabilità del testo.

L'articolo 2 indica i casi e le modalità con le quali i produttori possono avvalersi del marchio.

L'articolo 3 stabilisce i requisiti necessari ed il procedimento per la concessione dei marchi, competenza questa che è affidata al Ministero delle attività produttive, presso cui è istituito un apposito albo.

Con l'articolo 3-bis è definita la procedura per l'esercizio dei controlli di conformità delle autocertificazioni.

Il regime dei controlli è poi disciplinato dall'articolo 4. Questo articolo stabilisce che spetta al Ministero delle attività produttive la competenza a rendere nota al pubblico la eventuale revoca del marchio disposta nei confronti di soggetti contravventori della normativa in questione.

Per quanto di interesse della Commissione giustizia sottolinea che l'articolo 5 regola l'aspetto delle sanzioni. In particolare, il testo prevede che le imprese alle quali sia stato revocato il diritto all'uso del marchio «100% Italia» non possano presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima di tre anni dalla revoca. Se poi la richiesta di autorizzazione ha per oggetto lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, il testo prevede che il termine per la ripresentazione aumenta a cinque anni.

L'articolo in questione, al comma 2, stabilisce poi che il Ministero delle attività produttive, ove venga a conoscenza di casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio, sia tenuto a segnalare la notizia all'autorità giudiziaria. A tale proposito ricorda che, ai sensi degli articoli 361 e 362 del codice penale, il pubblico ufficiale e l'incaricato di pubblico servizio sono tenuti a comunicare all'autorità giudiziaria di qualsiasi reato di cui abbiano avuto notizia nell'esercizio rispettivamente delle funzioni o del servizio. Il disposto in questione prevede comunque l'applicabilità dei commi 80 ed 81 dell'articolo 4 della legge finanziaria 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350), che stabiliscono che, qualora l'autorità amministrativa accerti, all'atto dell'importazione o esportazione nonchè della commercializzazione o della distribuzione, la violazione di un diritto di proprietà intellettuale o industriale, può disporre anche d'ufficio, previo assenso dell'autorità giudiziaria e facendone rapporto alla stessa, il sequestro della merce contraffatta, e, decorsi tre mesi, la distruzione, a spese, ove possibile, del contravventore; facendo comunque salva la conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari. Per quanto concerne il procedimento di opposizione avverso il provvedimento di distruzione, è stabilito che esso possa essere proposto nelle forme di cui agli articoli 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni. Il termine per ricorrere decorre dalla data di notificazione del provvedimento o da quella della sua pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale.

Lo stesso articolo dispone infine al comma 3 che, per l'uso illecito del marchio, si applichino le sanzioni di cui al libro II, titolo VII, capo II del codice penale (articoli 467-475) e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929 «Testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati», mentre per l'irrogazione delle pene accessorie l'applicazione dell'articolo 518 del codice penale.

Le disposizioni del codice penale richiamate nella proposta in esame sono quelle contenute nel libro II, titolo VII, capo II («della falsità in sigilli o segni di autenticazione»).

In particolare l'articolo 473 prevede la reclusione fino a tre anni e una multa di quattro milioni di lire per contraffazione, alterazione di marchi o segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali; la reclusione si riduce fino ad un massimo di tre anni in caso di uso di marchi contraffatti o alterati, mentre la multa rimane invariata.

L'articolo 474, invece, prevede la reclusione fino a due anni e una multa di quattro milioni per coloro che introducono nel territorio dello Stato per fini di commercio o detengono per vendere o pongono in circolazione prodotti industriali con marchi, sia nazionali che esteri, contraffatti o alterati.

Il successivo articolo 475, infine, prevede, come pena accessoria per qualcuno dei delitti contemplati negli articoli del capo II la pubblicazione della sentenza.

La pubblicazione della sentenza è prevista anche dall'articolo 518 del codice penale che la proposta in esame richiama espressamente in merito all'applicazione delle pene accessorie, per i delitti di cui agli articoli 501 e 514-517 del codice penale. Tra gli articoli citati, in particolare, l'articolo 517 introduce sanzioni in caso di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, atti a indurre in inganno il compratore circa l'origine, la provenienza e la qualità del prodotto. Per tale reato è prevista la reclusione fino a un anno ovvero una multa fino a due milioni.

L'articolo 6 stabilisce le modalità per l'etichettatura dei prodotti, mentre i successivi articoli 6-bis e 6-ter precisano più dettagliatamente le modalità per l'etichettatura rispettivamente delle calzature e dei prodotti tessili.

Con l'articolo 7 si prevede che i prodotti che utilizzeranno il marchio siano accompagnati da una scheda informativa denominata «carta di identità del prodotto finito» contenente le informazioni utili al consumatore sulla provenienza del prodotto stesso.

All'articolo 8 poi è disciplinata l'attività di promozione del marchio, finalizzata al sostegno ed alla valorizzazione della produzione italiana, nonché la registrazione del marchio stesso presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della sua tutela internazionale.

Con l'articolo 8-bis viene specificato l'ambito di applicazione della legge, mentre l'articolo 9 provvede alla sua copertura finanziaria.

Per tali considerazioni propone l'espressione di un parere favorevole.

 

Gaetano PECORELLA, presidente, attesa la complessità delle disposizioni in esame, propone di rinviare l'espressione del parere alla prossima seduta per consentire un'adeguata riflessione. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE CONSULTIVA

 

Mercoledì 25 maggio 2005

Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

 

La seduta comincia alle 13.45.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

C. 472 Contento ed abb.

(Parere alla X Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

 

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 24 maggio 2005.

 

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che il relatore nella seduta di ieri ha proposto di esprimere parere favorevole sul provvedimento in esame.

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la proposta di parere del relatore.

 

La seduta termina alle 13.50.

 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio e tesoro)

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SEDE CONSULTIVA

 

Mercoledì 25 maggio 2005

 

Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Maria Teresa Armosino.

 

La seduta comincia alle 9.50.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Ulteriore nuovo testo unificato C. 472 e abb.

(Parere alla X Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni ai sensi dell'articolo 81, quarto comma della Costituzione).

 

La Commissione inizia l'esame.

 

Ettore PERETTI (UDC), relatore, ricorda preliminarmente che il testo unificato in esame concerne l'istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani. Con riferimento agli articoli da 1 a 4 che prevedono l'istituzione del marchio 100 per cento Italia, rileva che le norme in esame comportano una serie di adempimenti sia a carico del Ministero delle attività produttive - quali l'istituzione e la tenuta dell'albo e il rilascio del marchio - sia a carico delle Camere di commercio, tenute alla verifica della veridicità dell'autocertificazione presentata per il rilascio del marchio nonché ad effettuare controlli periodici, anche avvalendosi di Istituti di certificazione pubblici e privati. Pertanto, è opportuno che il Governo chiarisca se tali nuovi compiti possano essere esercitati dai soggetti interessati mediante l'utilizzo degli ordinari stanziamenti di bilancio ovvero se le norme siano suscettibili di determinare un aggravio di spese per il bilancio dello Stato, in relazione alle attività poste a carico del Ministero delle attività produttive, nonché per il comparto delle pubbliche amministrazioni, con riferimento anche ai compiti attribuiti alle Camere di commercio. Con riferimento all'articolo 6, che prevede l'istituzione dell'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti alla UE, chiede al rappresentante del Governo, anche in considerazione della clausola di non onerosità, di chiarire con quali risorse si possa far fronte all'adozione delle misure di informazione dei consumatori. In merito ai profili di copertura, fa presente che il comma 3 prevede che con un decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano stabilite, tra l'altro, misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche dell'etichettatura. Dall'adozione del suddetto decreto non possono discendere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Al riguardo, segnala l'opportunità che il Governo chiarisca se la previsione della suddetta clausola di invarianza sia idonea a garantire che dall'attuazione della presente disposizione non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Segnala, inoltre, che,sotto il profilo formale, sarebbe più opportuno riformulare la suddetta clausola di invarianza in modo da prevedere che dal decreto non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per quanto concerne l'articolo 7, che prevede che la definizione Made in Italy sia accompagnata da una carta d'identità del prodotto finito, appare necessario che il Governo escluda espressamente le possibilità che dall'attuazione della carta di identità del prodotto finito derivino oneri a carico del bilancio dello Stato, anche in considerazione del fatto che i contenuti e le modalità applicative non sono definiti dal testo ma rinviati ad un successivo decreto ministeriale. Con riferimento, invece, alla campagna promozionale, considerate le specifiche modalità con cui dovranno eventualmente essere svolte (rete televisiva nazionale, rete radiofonica, internet e stampati da inviare a domicilio dei cittadini) appare necessaria una conferma del Governo che la stessa possa essere attuata senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Infine, quanto ai compiti attribuiti agli sportelli unici all'estero per la prevenzione della contraffazione della carta d'identità, andrebbe confermato che gli stessi possano essere esercitati senza nuovi o maggiori oneri da parte delle predette strutture, alle quali risultano già attribuite, ai sensi della legge n. 56 del 2005, funzioni di lotta alla contraffazione.

In merito ai profili di copertura, fa presente che il comma 3 prevede che, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, il Ministero delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le associazioni di categoria delle imprese e dei consumatori, possa attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le televisioni nazionali, le rete radiofonica, la rete Internet e stampati da inviare ai cittadini. Al riguardo, chiede al rappresentante del Governo di chiarire se nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio sussistano risorse da destinare ai suddetti interventi. Chiede poi al rappresentante del Governo di chiarire gli eventuali oneri che potrebbero derivare dalle procedure di registrazione di cui all'articolo 8 nonché in merito alle risorse con cui farvi fronte. In merito ai profili di copertura, fa presente che il comma 1 prevede che, a decorrere dall'anno 2005, il Ministero delle attività produttive predisponga campagne per la promozione del marchio Made in Italy sul territorio nazionale e sui principali mercati internazionali. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota, non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dai proventi derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. In assenza di relazione tecnica e in mancanza di elementi di quantificazione, stante il fatto che il testo non chiarisce se l'adozione delle campagne promozionali sia o meno facoltativa, appare pertanto necessario che il testo venga riformulato prevedendo che il Ministero delle attività produttive possa predisporre le predette campagne attuali nei limiti delle risorse disponibili derivanti dall'attuazione dell'articolo 148 della legge n. 388 del 2000, concernente le sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato e che una quota delle predette entrate sia riassegnata allo stato di previsione del Ministero delle attività produttive per essere utilizzata poi a copertura della norma in esame. Con riferimento poi all'articolo 8-bis che prevede che le disposizioni di cui al presente testo unificato siano applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni ed etichettature destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti, chiede al rappresentante del Governo di confermare che dall'estensione non derivino oneri per la finanza pubblica.

Con riferimento alla clausola di copertura finanziaria di cui all'articolo 9, premesso che gli accantonamenti utilizzati presentano le necessarie disponibilità, segnala che l'utilizzo delle risorse dell'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero degli affari esteri appare in contrasto con il disposto di cui all'articolo 11-ter, comma 1, lettera a), della legge n. 468 del 1978 che vieta l'utilizzo in difformità dei fondi predisposti per provvedimenti in adempimento di obblighi internazionale. Inoltre, segnala l'opportunità di prevedere la consueta formula in base al quale il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO rileva preliminarmente che l'iniziativa prevede interventi analoghi a quelli già previsti dall'articolo 4, comma 61 e 74, della legge n. 350 del 2003 che hanno autorizzato allo scopo rispettivamente la spesa di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2004 e di 5 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006. Rileva poi l'opportunità di inserire un'apposita clausola di invarianza alla disposizione di cui all'articolo 3, comma 4, che prevede l'istituzione presso il Ministero delle attività produttive dell'albo delle imprese abilitate ad utilizzare il marchio «100 per cento Italia». Sottolinea poi che l'articolo 8, comma 1, reca una modalità di copertura assolutamente inidonea in quanto si farebbe fronte ad un onere certo con entrate del tutto aleatorie, quali quelle derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Con riferimento infine all'articolo 9, fa presente che l'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente utilizzato a fini di copertura è destinato alla ratifica di accordi internazionali e non presenta disponibilità da destinare allo scopo per gli anni 2006 e 2007. Segnala, inoltre, che la clausola di copertura non risulta correttamente formulata in quanto riferita agli anni 2006 e 2007, mentre la connessa autorizzazione di spesa, di cui all'articolo 8, comma 3, è riferita agli anni 2005 e 2006.

 

Ettore PERETTI (UDC), relatore, preso atto dei chiarimenti forniti dal rappresentante del Governo, formula quindi la seguente proposta di parere:

«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione

sull'ulteriore nuovo testo unificato elaborato dalla Commissione di merito,

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

all'articolo 3, comma 4, dopo le parole: «presso il Ministero per le attività produttive» sono inserite le seguenti: «, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato,»;

all'articolo 6, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: «Dal decreto di cui al precedente periodo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica»;

all'articolo 8, comma 1, sostituire il primo periodo con il seguente: «Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore.»

all'articolo 8, comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente:

«Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.»

 

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 9.»

 

La Commissione approva la proposta di parere.

 

 

 

 

 


VI COMMISSIONE PERMANENTE

(Finanze)

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SEDE CONSULTIVA

 

Martedì 24 maggio 2005

Presidenza del presidente Antonio MARZANO.

 

La seduta comincia alle 10.40.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.

(Parere alla X Commissione).

(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del regolamento, per gli aspetti attinenti la materia tributaria e rinvio).

 

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

 

Antonio MARZANO, presidente relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla Commissione Attività produttive, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per quanto riguarda gli aspetti attinenti alla materia tributaria, sull'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 472 ed abbinate, recante istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito.

L'articolo 1 prevede, al comma 1, l'istituzione del marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano, al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia. Il comma 2 specifica che s'intendono realizzati completamente in Italia per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente nel territorio nazionale.

Ai sensi dell'articolo 2 il marchio è concesso ai produttori a condizione che il suo utilizzo non ingeneri confusioni nei consumatori in merito al rispetto delle disposizioni contenute nell'intervento legislativo.

L'articolo 3 prevede, al comma 2, che il marchio sia rilasciato, su richiesta delle imprese interessate, dal Ministero delle Attività produttive, a condizione che i soggetti richiedenti autocertifichino, ai sensi del comma 1, il rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro in campo fiscale e contributivo, il rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente, il non utilizzo dei soggetti minori, nonché il fatto che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si svolgono integralmente nel territorio nazionale. Il comma 3 istituisce presso il Ministero delle Attività produttive l'albo delle imprese autorizzate ad utilizzare il marchio.

L'articolo 3-bis prevede che le Camere di commercio controllino la veridicità delle autocertificazioni previste dall'articolo 3, di concerto con la Guardia di finanza, anche avvalendosi di istituti di certificazione pubblici e privati.

L'articolo 4 stabilisce, al comma 1, che le imprese che utilizzano il marchio attestano, ogni due anni, con apposita certificazione, il permanere dei requisiti previsti; le imprese sono comunque tenute a comunicare il venir meno degli stessi requisiti.

Il comma 2 prevede che le Camere di commercio effettuino controlli periodici a campione in materia, mentre il comma 4 stabilisce che il Ministero delle Attività produttive possa revocare l'autorizzazione all'utilizzo del marchio stesso laddove emergano violazioni da parte dell'impresa interessata della relativa disciplina.

L'articolo 5 vieta, al comma 1, alle imprese alle quali sia stato revocato il diritto all'utilizzo del marchio di presentare nuove richieste di autorizzazione nei tre anni successivi al provvedimento di revoca.

In merito alla formulazione di tale disposizione rileva l'opportunità di riferirsi alla revoca dell'autorizzazione all'uso del marchio, piuttosto che alla revoca del diritto a tale uso, sia per ragioni di uniformità con la dizione utilizzata al comma 4 dell'articolo 4, sia in quanto non appare giuridicamente corretto prevedere la revoca di un diritto, il quale non può essere oggetto di autorizzazione o revoca ma, piuttosto, di riconoscimento.

I commi 2 e 3 del medesimo articolo 5 affidano, rispettivamente, al Ministero delle Attività produttive il compito di segnalare all'autorità giudiziaria i casi di contraffazione ed uso abusivo dei marchi, e stabiliscono le sanzioni penali applicabili in materia.

L'articolo 6 istituisce, al comma 1, l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea la quale deve evidenziare il Paese di origine del prodotto finito e dei prodotti intermedi, nonché il rispetto delle regole comunitarie ed internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti. Il comma 2 prevede altresì che nell'etichettatura il produttore o l'importatore forniscano informazioni sulla conformità dei prodotti alle norme internazionali in materia di lavoro, sull'esclusione dell'impiego dei minori nel processo produttivo, nonché sul rispetto della normativa comunitaria ed internazionale in materia ambientale.

L'articolo 6-bis detta specifiche disposizioni sull'etichettatura delle calzature, prevedendo, che per tale prodotto l'etichetta possa riportare informazioni sulle principali parti che compongono la calzatura, nonché sull'origine e sulle lavorazioni dei materiali impiegati.

L'articolo 6-ter prevede altresì uno speciale sistema di etichettatura per i prodotti tessili, i quali possono essere etichettati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale e commerciale. L'etichetta fornisce informazioni sull'origine e composizione dei materiali impiegati, sulla denominazione e sulle lavorazioni.

L'articolo 7 prevede, al comma 1, che la definizione «Made in Italy» è accompagnata, ferma restando la disciplina recata dal Regolamento CEE 2913/92, istitutivo di un codice doganale comunitario, da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito», la quale reca informazioni utili per conoscere la provenienza dei semilavorati impiegati e delle lavorazioni cui hanno contribuito imprese estere.

L'articolo 8 prevede, al comma 1, che a partire dal 2005, il Ministero delle Attività produttive predisponga campagne annuali di promozione del marchio «100 per cento Italia» per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana.

Ai sensi del comma 2 il medesimo Ministero provvede alla registrazione del marchio presso l'Ufficio di armonizzazione comunitaria, ai fini della tutela internazionale dello stesso, negli Stati terzi.

L'articolo 8-bis stabilisce che le norme contenute nell'intervento legislativo sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi, nonché alle denominazioni, indicazioni ed etichettature contemplate da leggi nazionali o regionali, finalizzate all'informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dei prodotti.

L'articolo 9 reca la copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento.

Rileva inoltre come il provvedimento, il quale può, nel complesso, essere giudicato favorevolmente, in quanto è volto ad individuare strumenti atti a sostenere i prodotti nazionali, presenti alcuni aspetti che, sebbene non rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, meritano di essere approfonditi. In particolare, evidenzia come l'ambito di applicazione del provvedimento risulti assai circoscritto, in quanto limita la possibilità di concedere l'utilizzo del marchio «100 per cento Italia» istituito dall'articolo 1, comma 1, ai soli prodotti realizzati completamente nel territorio italiano, il cui novero appare oggi ristretto; inoltre, esso potrebbe penalizzare le aziende italiane che effettuano talune loro produzioni all'estero, non tenendo conto del fatto che lo spostamento di talune attività produttive all'estero rientra nella logica della globalizzazione. Appare infine necessario valutare la compatibilità comunitaria di talune previsioni contenute nell'intervento legislativo.

 

Giorgio BENVENUTO (DS-U) ritiene opportuno che la Commissione si limiti ad esprimere nulla osta, sottolineando come il provvedimento, le cui finalità sono condivisibili, contenga alcune soluzioni normative che denunziano una scarsa conoscenza della realtà produttiva del Paese. Evidenzia inoltre come esso non risulti coordinato con il recente decreto-legge sulla competitività e con altri provvedimenti attualmente allo studio del Governo.

 

Renzo PATRIA (FI) ritiene che il parere della Commissione debba essere motivato sulla base dell'analisi delle parti del testo che riguardano gli ambiti di competenza della Commissione medesima. Per tali ragioni, considerato che il provvedimento non presenti al riguardo profili problematici, ritiene possa essere espresso su di esso parere favorevole.

 

Mario LETTIERI (MARGH-U), pur riservandosi di intervenire sul merito del provvedimento nel corso della discussione in Assemblea, considera positivamente le finalità del provvedimento, che è volto a offrire tutela ai prodotti italiani. Osserva tuttavia che, sul piano tecnico, la previsione in base alla quale il marchio «100 per cento Italia» può essere utilizzato solo per i prodotti realizzati integralmente sul territorio italiano possa determinare difficoltà soprattutto per quei produttori che operano in determinati settori merceologici. Considera inoltre necessario valutare attentamente se in ambito comunitario vi siano precedenti analoghi o se un simile strumento sia destinato ad operare soltanto in Italia.

Rileva inoltre l'opportunità che l'attività di controllo prevista dall'articolo 3-bis, sia affidata alle Camere di commercio ed alla Guardia di Finanza, senza coinvolgere la generalità dei corpi di polizia, che dovrebbero invece, a suo giudizio, essere chiamate ad operare in sinergia tra loro per reprimere eventuali violazioni.

 

Alfiero GRANDI (DS-U) con riferimento all'articolo 3-bis del testo, il quale prevede che le Camere di commercio controllino la veridicità delle autocertificazioni previste dal precedente articolo 3 di concerto con la Guardia di Finanza, anche avvalendosi di istituti di certificazione pubblici e privati, considera inaccettabile che la Guardia di Finanza debba operare di concerto con le Camere di commercio, venendo così distolta nei suoi compiti istituzionali ed in violazione dell'autonomia operativa che ne garantisce l'efficienza.

 

Maurizio LEO (AN) propone di suggerire alla Commissione di merito di modificare il testo dell'articolo 3-bis, sostituendo la previsione del concerto tra le Camere di commercio e la Guardia di Finanza con forme di collaborazione tra tali organismi, ricordando come forme analoghe di interrelazione siano state utilizzare per regolare rapporti tra il suddetto Corpo e l'Agenzia delle entrate.

 

Alfiero GRANDI (DS-U) reputa improprio instaurare un parallelismo tra l'Agenzia delle entrate, organismo preposto al controllo del rispetto della normativa fiscale, e le Camere di commercio.

 

Giorgio BENVENUTO (DS-U) sottolinea la necessità della presenza del Governo al dibattito, anche per comprendere le finalità delle soluzioni normative prospettate nel testo.

Osserva inoltre come il provvedimento preveda, all'articolo 8, comma 3, iniziative promozionali relative a singoli prodotti, per i quali sono stanziati 20 milioni di euro annui, paventando come tale disposizione possa determinare uno spreco di risorse pubbliche.

Segnala inoltre come l'articolo 7, comma 3, preveda la possibilità di attuare campagne di informazione capillare utilizzando le televisioni nazionali, la rete radiofonica e internet, nonché stampati da inviare al domicilio dei cittadini. Ritiene che tali previsioni siano assimilabili al proliferare nella più recente normativa di erogazioni a favore di studi e ricerche di dubbia utilità pratica, almeno perciò che riguarda la collettività nel suo complesso.

 

Renzo PATRIA (FI) osserva, in relazione alle osservazioni formulate dal deputato Grandi, che anche le Camere di commercio sono organismi di natura pubblica, volti a fini di interesse generale. Ritiene invece fondate le considerazioni espresse dal deputato Benvenuto circa la necessità che il Governo sia presente all'esame del provvedimento, suggerendo pertanto di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame.

 

Antonio MARZANO, presidente relatore, sottolinea l'importanza che potranno avere le valutazioni degli organi comunitari in merito alle previsioni contenute nell'intervento legislativo. Considerato quindi l'orientamento emerso nel dibattito, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia ad una seduta da convocare nella giornata di domani il seguito dell'esame.

 

 


VI COMMISSIONE PERMANENTE

(Finanze)

 

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SEDE CONSULTIVA

 

Mercoledì 25 maggio 2005

Presidenza del vicepresidente Maurizio LEO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Daniele Molgora.

 

La seduta comincia alle 9.10.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.

(Parere alla X Commissione).

(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del regolamento, per gli aspetti attinenti la materia tributaria, e conclusione - Parere favorevole con condizione ed osservazione).

 

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 24 maggio 2005.

 

Maurizio LEO, presidente, avverte che il relatore ha formulato una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato 1).

 

Il sottosegretario Daniele MOLGORA sottolinea l'opportunità di suggerire alla Commissione di merito una modifica dell'articolo 4 del testo, nel senso di prevedere il coinvolgimento della Guardia di Finanza nelle attività di controllo contemplate da tale disposizione.

 

Renzo PATRIA (FI) ritiene fondata l'osservazione del Governo circa l'opportunità di un maggiore coinvolgimento della Guardia di finanza.

 

Maurizio LEO, presidente, in sostituzione del relatore, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, riformula la proposta di parere accogliendo il suggerimento del sottosegretario (vedi allegato 2).

 

Antonio PEPE (AN) preannunzia il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di parere del relatore, come riformulata.

 

Renzo PATRIA (FI) preannunzia il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di parere, come riformulata.

 

Giorgio BENVENUTO (DS-U), ribadisce gli aspetti problematici del provvedimento già evidenziati nella seduta di ieri, apprezzando peraltro la disponibilità del relatore a tenere conto, nella sua proposta, dei rilievi espressi dai gruppi di opposizione. Dichiara quindi il voto favorevole del proprio gruppo sulla proposta di parere, come riformulata.

 

La Commissione approva la proposta di parere del relatore, come riformulata.

 

La seduta termina alle 9.15.

 


ALLEGATO 1

 

 

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani. Nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.

 

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

 

 


La VI Commissione

esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per quanto riguarda gli aspetti attinenti alla materia tributaria, l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 472 ed abbinate, recante istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito,

valutata positivamente l'opportunità di predisporre strumenti innovativi atti a facilitare l'identificabilità dei prodotti italiani ed a sostenere la competitività delle imprese nazionali sul mercato interno e su quello internazionale,

rilevato come l'ambito di applicazione del provvedimento risulti tuttavia circoscritto, in quanto limita la possibilità di concedere l'utilizzo del marchio «100 per cento Italia» istituito dall'articolo 1, comma 1, ai soli prodotti realizzati completamente nel territorio italiano, il cui novero appare oggi ristretto,

evidenziato inoltre come il provvedimento rischi di determinare discriminazioni in danno di quelle imprese italiane che producano parte della produzione anche al di fuori del territorio nazionale, per esigenze industriali o commerciali,

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

con la seguente osservazione:

valuti la Commissione di merito l'opportunità di rivedere la formulazione dell'articolo 3-bis, comma 1, nel senso di sostituire la previsione del concerto tra le Camere di commercio e la Guardia di Finanza con più idonee forme di collaborazione tra tali organismi, nel rispetto delle attribuzioni istituzionali della Guardia di Finanza.

 


ALLEGATO 2

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani. Nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 


La VI Commissione

esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per quanto riguarda gli aspetti attinenti alla materia tributaria, l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 472 ed abbinate, recante istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito,

valutata positivamente l'opportunità di predisporre strumenti innovativi atti a facilitare l'identificabilità dei prodotti italiani ed a sostenere la competitività delle imprese nazionali sul mercato interno e su quello internazionale,

rilevato come l'ambito di applicazione del provvedimento risulti tuttavia circoscritto, in quanto limita la possibilità di concedere l'utilizzo del marchio «100 per cento Italia» istituito dall'articolo 1, comma 1, ai soli prodotti realizzati completamente nel territorio italiano, il cui novero appare oggi ristretto,

evidenziato inoltre come il provvedimento rischi di determinare discriminazioni in danno di quelle imprese italiane che producano parte della produzione anche al di fuori del territorio nazionale, per esigenze industriali o commerciali,

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

con la seguente condizione:

provveda la Commissione di merito a prevedere il coinvolgimento della Guardia di finanza nelle attività di controllo previste dall'articolo 4, commi 1, 2 e 3

 

e con la seguente osservazione:

valuti la Commissione di merito l'opportunità di rivedere la formulazione dell'articolo 3-bis, comma 1, nel senso di sostituire la previsione del concerto tra le Camere di commercio e la Guardia di Finanza con più idonee forme di collaborazione tra tali organismi, nel rispetto delle attribuzioni istituzionali della Guardia di Finanza.

 


XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro)

 

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SEDE CONSULTIVA

 

Mercoledì 25 maggio 2005

 Presidenza del presidente Domenico BENEDETTI VALENTINI.

 

La seduta comincia alle 13.30.

 

Istituzione del marchio «made in Italy».

C. 1250.

(Parere alla X Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

 

La Commissione inizia l'esame.

 

Cesare CAMPA (FI) relatore, rileva come la proposta di legge in esame sia un importante provvedimento che permetterà alle aziende italiane di muoversi in un quadro normativo più facile da utilizzare e che, tutelando il prodotto italiano, garantirà non solo la nostra economia ma anche il consumatore. Non ci potranno più essere scappatoie per chi non garantisce la totale produzione sul territorio italiano. Si scrive «made in Italy» e si traduce in abiti eleganti e design sofisticato, ma non solo: si passa dal cibo italiano alle soluzioni tecnologiche più avanzate in campo meccanico e della robotica. Sono tanti i settori che danno prestigio alla nostra economia nel mondo, sostenuta e rappresentata dal lavoro e dall'iniziativa di grandi imprese e da un ancora più vasto reticolo di piccole e medie imprese: agroalimentare, metalmeccanico, tessile-abbigliamento sono i settori che pesano maggiormente in termini di fatturato, occupazione e numero d'imprese.

In Italia l'agroalimentare (agricoltura, industria, distribuzione e servizi) vale circa 180 miliardi di euro di produzione lorda vendibile mentre il solo settore agricolo produce un valore di circa 40 miliardi. Punto di forza dell'agroalimentare italiano è il settore vitivinicolo, con Germania, Usa, Regno Unito e Canada in testa alla classifica dei destinatari dell'export italiano e con un fatturato per un valore di circa 8,5 miliardi di euro. Il settore dei trasporti ricopre una posizione strategica nell'ambito delle esportazioni. L'Italia, infatti, è al quinto posto tra i paesi produttori di autoveicoli e componenti per l'auto, dopo Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania. Il nostro Paese è leader mondiale nella nautica da diporto, la cui produzione è destinata all'80 per cento ai mercati stranieri. Infine è primo per fatturato in Europa nella produzione di ciclomotori, ambito nel quale le esportazioni pesano per il 50 per cento del fatturato. Un rilevante apporto all'immagine positiva dell'industria italiana è dato dai nostri designer famosi in Europa e nel mondo.

Per quanto riguarda il design industriale, esso abbraccia diversi settori. Il più vasto sicuramente è quello relativo al mobile e al complemento d'arredo nel quale l'Italia è leader nel mondo. Con oltre 35 mila imprese e circa 230 mila addetti, l'Italia è il secondo produttore mondiale di mobili dopo gli Stati Uniti ed è leader assoluto delle esportazioni mondiali, con il 45 per cento di export (8 miliardi di euro) sulla produzione totale e una quota di export italiano di mobili pari al 17 per cento del mercato mondiale.

Altri comparti in cui il nostro Paese si distingue sono l'illuminotecnica, la nautica e il car-design dove firme come quelle di Giugiaro e Pininfarina sono salite alla ribalta per aver creato le auto più vendute dalla Fiat e da altre compagnie automobilistiche straniere, per aver ideato tanti modelli delle mitiche Ferrari, ma anche altri mezzi di trasporto come l'Eurostar e il Pendolino. Al top della produzione meccanica ci sono le macchine utensili per l'industria tessile, metallurgica, chimica, degli elettrodomestici e alimentare. Per fare un esempio produciamo, eccellendo, i macchinari per il caffé, per la produzione della pasta, del pane, dei dolci e delle conserve. Nel settore spiccano inoltre le industrie di macchinari per la realizzazione di motori, del valvolame per gli impianti di riscaldamento e dei rubinetti sanitari, in cui l'Italia è seconda nel mondo dopo la Germania. Importanti le società che producono macchine per la lavorazione del metallo, comparto nel quale l'Italia è il terzo Paese al mondo.

Punto di forza dell'industria meccanica, che rappresenta il 40 per cento circa di quella manifatturiera, è la diffusione di numerose piccole e medie imprese sull'intero territorio nazionale. Il fatturato della cosiddetta meccanica varia nel 2004 è stato di oltre 34 miliardi di euro. Un altro dato importante su cui riflettere è quello

 

relativo alle esportazioni del settore della meccanica, pari a 52,2 miliardi di euro, con un attivo della bilancia commerciale del settore di quasi 33 miliardi.

Il «sistema moda» comprende l'insieme di settori che producono beni per «vestire le persone». Oltre al tessile e all'abbigliamento, quindi, sono coinvolte altre tipologie di imprese legate alla produzione di accessori, come quelle conciarie (pelletteria e calzature), produttrici di occhiali, gioielli, cosmetici. Un sistema che rappresenta oltre il 6 per cento dell'intero PIL e ben il 18 per cento delle esportazioni.

In un recentissimo sondaggio, si rileva che le aziende italiane più competitive, in grado quindi di far fronte in tutto il mondo a qualunque sfida, si trovano proprio nei settori tradizionali del made in Italy, dalle scarpe all'abbigliamento, dal tessile ai mobili, dai mezzi di trasporto agli elettrodomestici. (Osservatorio sulla competitività di Busacca & Associati). Il procedimento di classificazione prende in considerazione sei parametri: la creazione di ricchezza per gli azionisti, la remunerazione degli investimenti, il contenimento dei costi, la creazione di valore economico, l'efficacia commerciale nel tempo e la redditività dell'azienda nel tempo. Quindi la dimensione non è tra i parametri presi in considerazione e si mette, forse, in discussione qualche luogo comune perché si era detto che la crisi del made in Italy era proprio nei settori tradizionali e soprattutto nelle aziende di piccole dimensioni.

Risulta invece che la carta vincente è la super specializzazione cioè il saper far bene una cosa specifica: ad esempio abbiamo aziende che pur facendo tessile tradizionale puntano su qualità e design, altre che producono rubinetti con un particolare design. Aziende che puntando sulla specializzazione, vincono anche se sono piccole, anzi proprio perché sono piccole. L'altro importante elemento da considerare è la spinta innovativa. Quindi, le aziende vincenti non fanno competizione sui costi, e quelle che hanno creduto che lì fosse la soluzione sono state prese in contropiede dalla globalizzazione. Ecco, quindi, sintetizzati gli elementi che devono trovare tutela legislativa nel nostro Paese e che il provvedimento in esame affronta con lungimiranza. Solo qualche esempio: le definizioni dei principali termini utilizzati offrono maggiore chiarezza interpretativa e vogliono evitare possibili abusi che si possono verificare, basti pensare all'utilizzo del termine «confezionamento» o «semilavorato grezzo». Importante anche l'individuazione e la riconoscibilità dei prodotti che prevede la concessione del marchio «100% Italia» in capo al produttore. Questo lo può utilizzare sui singoli prodotti che l'azienda realizza nel rispetto delle condizioni previste. Si è voluto, in questa maniera, slegare la concessione del marchio «100% Italia» dai marchi aziendali registrati a beneficio delle piccole imprese che spesso sono in difficoltà nel rendere riconoscibile la propria produzione con marchi registrati perché utilizzano frequentemente la semplicemente ragione sociale o loghi non depositati. Innovazione, qualità, gioco di squadra e tutela legislativa sono gli ingredienti per far decollare il sistema imprenditoriale italiano.

Formula pertanto una proposta di parere favorevole.

 

Andrea DI TEODORO (FI) dichiara voto favorevole sulla proposta di parere del relatore, pur esprimendo alcune perplessità in ordine alla compatibilità delle norme in esame con le normative comunitarie; si augura peraltro che il problema della competitività internazionale venga affrontato anche con altri significativi strumenti normativi.

 

Roberto GUERZONI (DS-U) dichiara che il suo gruppo si asterrà sulla proposta di parere del relatore, che non presenta profili di rilevanza in relazione alle specifiche competenze della Commissione.

 

Daniele GALLI (LNFP) dichiara voto favorevole sulla proposta di parere del relatore, evidenziando un orientamento generale favorevole del suo gruppo su iniziative finalizzate ad affrontare sul

 

piano politico il problema della concorrenza sul piano mondiale. Sottolinea infatti come la questione della competizione produttiva tra il mondo occidentale e quello orientale abbia connotati politici più che economici, non potendo di conseguenza essere affrontata solo sulla base di astratti principi enunciati dalle dottrine economiche. Evidenzia inoltre come il problema della concorrenza internazionale sia molto grave e vada adeguatamente affrontato, assumendosi le dovute responsabilità, non certo con l'atteggiamento proprio della sinistra che non avanza proposte costruttive e si limita a criticare qualunque iniziativa della maggioranza. In sostanza, se si interviene tempestivamente si potranno contrastare gli effetti deteriori della globalizzazione, evitando in futuro di dover rimpiangere i passati fasti della società europea.

 

La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

 

La seduta termina alle 16.10.

 


XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

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SEDE CONSULTIVA

 

Martedì 24 maggio 2005

Presidenza del presidente Giuseppe PALUMBO.

 

La seduta comincia alle 11.20.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abbinate.

(Parere alla X Commissione).

(Esame e conclusione. - Parere favorevole).

 

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

 

Grazia LABATE (DS-U), relatore, dopo aver illustrato brevemente il contenuto del provvedimento in titolo, che non presenta profili di competenza della Commissione Affari sociali, formula una proposta di parere favorevole.

 

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

 

La seduta termina alle 11.35.


XIV COMMISSIONE PERMANENTE

(Politiche dell’Unione europea)

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SEDE CONSULTIVA

 

Mercoledì 25 maggio 2005

Presidenza del vicepresidente Domenico BOVA.

 

La seduta comincia alle 13.05.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Testo unificato C. 472 Contento e abb.

(Parere alla X Commissione).

(Esame nuovo testo unificato e conclusione - Parere favorevole con osservazioni).

 

La Commissione inizia l'esame del nuovo testo unificato in oggetto.

 

Domenico BOVA, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, illustra il testo unificato in esame, risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito, che reca disposizioni in materia di istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

Segnatamente rileva che l'articolo 1, al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, istituisce il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano; ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, debbono intendersi realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, realizzati interamente in Italia. Ricorda quindi che l'articolo 2 prevede che il medesimo marchio sia concesso ai produttori a valere sui prodotti che l'impresa realizzi nel rispetto delle condizioni dettate dal citato articolo 1, comma 2, e dal successivo articolo 3; il marchio dovrà essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito al rispetto da parte dell'intero prodotto, e non di una sola parte o componente di esso, delle disposizioni indicate dalla proposta di legge. Rileva ancora che l'articolo 3 indica le modalità e i requisiti per la concessione del marchio. A tal fine, il comma 1 dispone che il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio, unitamente alla domanda, debba presentare alla Camera di commercio territorialmente competente un'autocertificazione circa il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro in campo fiscale e contributivo; dell'esclusione dell'impiego di minori; della normativa per la salvaguardia dell'ambiente; nonché l'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale. Ricorda quindi che il marchio è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, coadiuvato dalle Camere di commercio, industria e artigianato, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti. Si dispone che il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali ovvero di specifiche filiere produttive; presso il Ministero delle attività produttive è quindi istituito l'albo delle imprese abilitate ad utilizzare il marchio per i propri prodotti. Aggiunge che l'articolo 3-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, demanda alle Camere di commercio il compito di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, di concerto con la Guardia di Finanza, avvalendosi di Istituti di Certificazione pubblici o privati autorizzati a tale compito dal decreto del Ministero delle attività produttive.

Evidenzia ancora che l'articolo 4, recante disposizioni concernenti i controlli cui sono sottoposte le imprese che utilizzano il marchio, stabilisce al comma 1 che la sussistenza dei requisiti richiesti per il suo utilizzo deve essere attestata, ogni due anni, tramite certificazione da depositarsi presso il Ministero delle attività produttive. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato i marchi l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio. Ai sensi del comma 2, i controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti sono affidati alle Camere di commercio e ai consorzi di imprese autorizzati al rilascio del marchio, di cui all'articolo 3, comma 3. Sottolinea quindi che in caso di violazioni nell'utilizzo del marchio è prevista la revoca dell'utilizzazione del marchio da parte del Ministero delle attività produttive, che la rende nota attraverso appositi comunicati diffusi su almeno tre testate giornalistiche, a spese dell'impresa interessata; è prevista, altresì, l'inibizione dell'utilizzo del marchio, a titolo cautelare, nelle more degli accertamenti. Rileva quindi che l'articolo 5 disciplina la materia delle sanzioni.

Sottolinea in particolare che l'articolo 6 è volto a promuove l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea, al fine di informare adeguatamente gli utilizzatori intermedi e i clienti finali, prevedendo che nelle etichette si evidenzi il paese di origine dei prodotti sia finiti che intermedi, il rispetto delle regole comunitarie e internazionali relative all'origine commerciale, all'igiene e alla sicurezza dei prodotti, e che si forniscano, inoltre, informazioni sulla conformità alle norme internazionali in materia di lavoro, di certificazione di igiene, di esclusione dell'impiego di manodopera minorile e sul rispetto delle norme europee e degli accordi internazionali in materia ambientale (commi 1 e 2). Ad un decreto del Ministero delle attività produttive, non comportante nuovi oneri a carico della finanza pubblica, è demandata la definizione delle procedure e delle modalità relative al rilascio, alle caratteristiche e ai controlli sull'etichettatura, nonché la definizione di misure di promozione della conoscenza in materia da parte dei consumatori e di forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri come sopra definiti. L'articolo 6-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, reca disposizioni in materia di etichettatura delle calzature destinate alla vendita, per le quali si prevede la possibilità di apporvi un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, nonché informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione Europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

Osserva ancora che l'articolo 6-ter, anch'esso introdotto nel corso dell'esame in sede referente, reca disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili, attraverso una novella all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, diretta a prevedere, per i prodotti tessili, la possibilità di essere etichettati o contrassegnati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. Si prevede in particolare che l'etichetta o il contrassegno forniscono informazioni sulla composizione dei materiali, sull'origine dei suddetti materiali e delle relative lavorazioni e sulla denominazione; per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione Europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, l'etichetta reca altresì l'indicazione della denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Precisa che nel caso in cui i suddetti prodotti non siano offerti in vendita al consumatore finale, le informazioni suddette possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento.

Evidenzia quindi che l'articolo 7 prevede - nel rispetto delle norme doganali comunitarie - l'introduzione, accanto alla definizione «made in Italy», di una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito», recante informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione, cui hanno contribuito imprese di altri Paesi. I contenuti e relative modalità applicative della suddetta carta d'identità del prodotto finito sono stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive. Osserva che l'articolo 8, recante disposizioni concernenti la promozione dei marchi e la loro registrazione a livello internazionale, evidenziando che al Ministero delle attività produttive è inoltre demandata la registrazione del marchio comunitario presso l'apposito ufficio di armonizzazione per tutelare il marchio in paesi terzi. Per le imprese facenti parte di distretti industriali è prevista - al comma 3 - la possibilità di concertare con le regioni, i comuni e le camere di commercio interessati, azioni promozionali dei prodotti contrassegnati dal marchio. L'articolo 8-bis invece, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, definisce l'ambito di applicazione della nuova disciplina, disponendo che essa si applichi, in quanto compatibile, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, disciplinate da leggi nazionali o regionali, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

Sottolinea quindi che il marchio «100 per cento Italia» assolve alla funzione di garantire ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, visto che si richiede che l'intera filiera produttiva deve insistere sul territorio nazionale. L'attribuzione del marchio non risulta, peraltro, esplicitamente condizionata a specifici requisiti del prodotto atti ad evidenziarne la qualità. Ritiene opportuno comunque ricordare che l'articolo 28 del Trattato CE vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione e le misure di effetto equivalente. Tuttavia, secondo l'articolo 30 del medesimo Trattato, le restrizioni all'importazione giustificate, tra l'altro, da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale sono autorizzate, qualora non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra Stati membri. In base all'interpretazione dalla Corte di giustizia di tale normativa, i requisiti cui le normative nazionali assoggettano la concessione di denominazioni nazionali di qualità, a differenza di quanto accade per le denominazioni di origine e le indicazioni di provenienza, possono riguardare solo le caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti, indipendentemente da qualsiasi considerazione relativa all'origine o alla provenienza geografica degli stessi.

Ricorda che per giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di marchi di qualità di titolarità di enti pubblici si ritiene incompatibile con il mercato unico, sulla base dell'articolo 28 del Trattato, la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo, la quale di per ciò stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri; a tale principio fanno eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni di provenienza.

Alla luce della normativa comunitaria e dei principi, testè richiamati, affermati della giurisprudenza della Corte di Giustizia, emergerebbe quindi che un ente pubblico può essere titolare di un marchio collettivo e concederne l'uso solo a condizione che tale marchio non attribuisca valore qualitativo all'origine della materia prima o del luogo di trasformazione, ma si basi esclusivamente sulle caratteristiche intrinseche del prodotto. Sembrerebbe pertanto da ritenersi preclusa l'attribuzione di marchi relativi a prodotti diversi da quelli agroalimentari sulla base della mera provenienza geografica dei prodotti e senza che a quest'ultima risultino intrinsecamente connesse precise caratteristiche qualitative dei prodotti stessi. Ritiene peraltro che il provvedimento in esame, con opportuni correttivi che rimette alla decisione della Commissione di merito, appare compatibile con la normativa comunitaria soprattutto in considerazione dell'obiettivo primario di tutela dei consumatori che esso si prefigge.

Per quanto concerne invece le disposizioni di cui all'articolo 6, diretto a istituire l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea, finalizzata ad evidenziare, tra l'altro, il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi, segnala che esse sembrano attenere prevalentemente all'applicazione degli accordi internazionali in materia di commercio. Segnala che la Corte di Giustizia è stata chiamata ad esprimersi in merito al tema della compatibilità con il mercato unico di provvedimenti nazionali in materia di marchiatura obbligatoria dell'origine sui prodotti, provenienti da Paesi esteri, comunitari e non, all'interno del mercato unico.

Sulla base di tali considerazioni, pur con i rilievi esposti, presenta quindi una proposta di parere favorevole con osservazioni, che illustra (vedi allegato 2).

 

Paola MARIANI (DS-U) preannuncia, anche a nome dei deputati del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere presentata dal relatore. Rileva peraltro che, anche se la premessa della proposta di parere in esame è complessivamente condivisibile, essa appare eccessivamente dettagliata. In questo senso ritiene che si sarebbe potuto sfumare qualche passaggio, pur facendo emergere la consapevolezza dell'importanza della disciplina in sede europea. L'obiettivo del testo unificato in esame è quello di tutelare la lavorazione e la produzione italiana attraverso un marchio volontario la cui finalità è soprattutto quella di assicurare trasparenza e chiarezza ai consumatori piuttosto che una tutela privilegiata per i produttori. Ribadisce quindi che il provvedimento in esame appare complessivamente compatibile con la normativa comunitaria, poiché non si tratta di un ostacolo alla circolazione delle merci, quanto di uno strumento che consenta una migliore tutela dei consumatori.

 

Gabriele FRIGATO (MARGH-U) preannuncia, anche a nome dei deputati del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere presentata dal relatore. Sottolinea che il testo unificato in esame è stato voluto da tutte le forze politiche: si tratta di tutelare e difendere la produzione italiana, seppure nei limiti della disciplina europea. Ritiene opportuno quindi realizzare tutto il possibile dal punto di vista normativo per assicurare un migliore futuro alle produzioni italiane.

Auspica infine che vi possano essere ulteriori margini di miglioramento nel prosieguo dell'esame.

 

Riccardo CONTI (UDC) preannuncia anche a nome dei deputati del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere presentata dal relatore.

 

Andrea DI TEODORO (FI) preannuncia, anche a nome dei deputati del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere del relatore. Rileva che l'intervento normativo predisposto dalla Commissione di merito appare necessario, seppure di per sé non sufficiente a risolvere la grave crisi che colpisce da mesi il sistema produttivo nazionale. Ricorda in particolare che, come evidenziato nel corso dell'incontro avuto a Bruxelles da una delegazione della Commissione, con il Commissario europeo per il commercio internazionale Peter Mandelson, l'unico rimedio efficace sarebbe infatti quello dell'adozione di misure di salvaguardia efficaci. Auspica in ogni caso che il provvedimento in esame possa rappresentare un primo passo verso un alleggerimento della tensione nei settori produttivi più colpiti dalla concorrenza con il mercato asiatico.

 

Nino STRANO (AN) preannuncia, anche nome dei deputati del suo gruppo, il voto favorevole sulla proposta di parere presentata dal relatore. La proposta di parere reca in particolare indicazioni coerenti con la normativa europea, volte peraltro a migliorare il testo unificato predisposto dalla Commissione di merito per risolvere una difficile situazione per la produzione e per i lavoratori del nostro paese.

La Commissione approva quindi la proposta di parere del relatore (vedi allegato 2).

 

La seduta termina alle 13.25.

 


ALLEGATO 2

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani (nuovo testo unificato C. 472 Contento ed abb.).

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 

 

 


La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea),

esaminato il testo unificato A.C 472 e abb., recante «Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela della qualità dei prodotti italiani»;

rilevando che l'articolo 1 mira ad istituire un marchio «100 per cento Italia» di proprietà dello Stato italiano, da apporre ai prodotti interamente realizzati in Italia, ossia a quei prodotti finiti per i quali «l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, realizzati interamente in Italia»;

pur considerando peraltro che l'articolo 28 Trattato CE vieta, fra gli Stati membri, le restrizioni quantitative all'importazione e le misure di effetto equivalente, norma interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, tra l'altro, nel senso di considerare incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo, «la quale di per ciò stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri», con la sola eccezione delle regole relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni di provenienza dei prodotti agroalimentari (sentenze 5 novembre 2002 in causa C-325/00, 6 marzo 2003 in causa C-6/02, 17 giugno 2004 in causa C-255/03);

rilevando, inoltre, che - sempre in base alla citata giurisprudenza - i requisiti cui subordinare la concessione di denominazioni nazionali di qualità possono riguardare solo le caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti, indipendentemente da qualsiasi considerazione relativa all'origine o alla provenienza geografica degli stessi;

osservando, infine, come l'articolo 6 sia volto a promuove l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea, prevedendo che nelle etichette si evidenzi: il paese di origine dei prodotti sia finiti che intermedi; il rispetto delle regole comunitarie e internazionali relative all'origine commerciale, all'igiene e alla sicurezza dei prodotti; informazioni sulla conformità alle norme internazionali in materia di lavoro, di certificazione di igiene, di esclusione dell'impiego di manodopera minorile e sul rispetto delle norme europee e degli accordi internazionali in materia ambientale;

pur ritenendo che in base ai bene noti principi comunitari di libera circolazione delle merci, i prodotti importati da Paesi terzi, che siano stati regolarmente importati in un qualsiasi Stato membro godono della stessa libertà di circolazione delle merci prodotte in Paesi dell'Unione (articolo 23, paragrafo 2, Trattato CE);

 

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

con le seguenti osservazioni:

a) la Commissione di merito consideri l'esigenza di riformulare l'articolo 1 in modo da legare la concessione di denominazioni nazionali di qualità anche alle caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti;

b) valuti altresì la Commissione di merito se quanto previsto dall'articolo 6 del testo unificato sia conforme all'articolo 23, paragrafo 2, del Trattato CE.

 

 

 


 

I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

 

 


COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

 

Lunedì 30 maggio 2005

Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

 

La seduta comincia alle 14.05.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

C. 472/A Contento.

(Parere all'Assemblea).

(Esame emendamenti e conclusione - Parere).

 

Pierantonio ZANETTIN (FI), presidente, fa presente, sostituendo il relatore, che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili problematici in ordine alla ripartizione delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni di cui all'articolo 117 della Costituzione. Formula, quindi, una proposta di parere di nulla osta.

 

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere di nulla osta formulata dal relatore.

 

 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio e tesoro)

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SEDE CONSULTIVA

 

Lunedì 30 maggio 2005

Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Gianfranco Conte.

 

La seduta comincia alle 14.

 

Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani.

C. 472-A e abb.

(Parere all'Assemblea).

(Esame e conclusione - Nulla osta - Parere su emendamenti).

 

La Commissione inizia l'esame.

 

Giancarlo GIORGETTI, presidente, in sostituzione del relatore, ricorda che la proposta di legge, recante disposizioni per l'istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani, è già stato esaminata dalla Commissione bilancio nella seduta del 25 maggio 2005. In quella occasione la Commissione ha espresso sul testo del provvedimento un parere favorevole subordinato all'approvazione di alcune condizioni formulate ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Tre delle quattro condizioni prevedevano l'inserimento di clausole di invarianza finanziaria agli articoli 3, comma 4, 7, e 11, comma 3. La quarta condizione era volta a riformulare il primo periodo del comma 1 dell'articolo 11, prevedendo che il Ministero delle attività produttive possa predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Conseguentemente, si prospettava la soppressione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 9. La Commissione attività produttive ha concluso l'esame in sede referente del provvedimento, nella seduta del 25 maggio 2005, apportando alcune modifiche al testo volte a recepire tra l'altro il parere della Commissione bilancio. Rileva quindi che il testo in esame non sembra presentare profili problematici dal punto di vista finanziario.

Con riferimento agli emendamenti trasmessi dall'Assemblea, segnala che alcune proposte appaiono carenti o inidonee per quel che concerne la quantificazione, ovvero la copertura degli oneri. Si tratta, in particolare, dell'articolo aggiuntivo 3.02 Nieddu, che prevede che il Ministro delle attività produttive intraprenda ogni iniziativa legale nei confronti dei prodotti che facciano riferimento in qualsiasi forma ad una falsa origine italiana dei medesimi; dell'emendamento 7.23 Zanella, che sopprime la clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 7, comma 3, ripristinando l'autorizzazione di spesa e la relativa copertura finanziaria già soppressa dalla Commissione di merito a seguito della condizione formulata dalla Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione; dell'emendamento 11.24 Scaltritti, che stanzia la somma di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per la concessione di contributi alle imprese per l'attività di promozione dei singoli prodotti, provvedendo al relativo onere mediante utilizzo dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero delle attività produttive, che tuttavia non presenta le necessarie disponibilità; dell'articolo aggiuntivo 11.020 Nieddu, che prevede, tra le altre cose, l'istituzione di un sistema nazionale volontario di tracciabilità delle produzioni; la tenuta dell'elenco degli organismi associativi o consortili da parte delle camere di commercio; la predisposizione di campagne annuali di sensibilizzazione da parte del Ministero delle attività produttive per favorire l'istituzione e la registrazione di marchi geografici. Rileva poi la necessità di acquisire l'avviso del Governo in ordine alle eventuali conseguenze finanziarie di altre proposte emendative trasmesse dall'Assemblea. Ricorda, in particolare, l'emendamento 3.25 Gambini, che prevede che alcuni compiti previsti agli articoli 3 e 5 in ordine al rilascio del marchio «100 per cento Italia» e ai controlli per l'utilizzo del marchio siano svolti direttamente dalle camere di commercio anziché dal Ministero delle attività produttive e gli emendamenti 4.20 Paola Mariani; 4.21 Tedeschi e 5.21 Tedeschi, che dispongono che le camere di commercio esercitino il controllo di veridicità delle autocertificazioni e le attività di accertamento ad esse attribuite presentate per il rilascio del marchio avvalendosi della collaborazione dell'Ispettorato del lavoro ovvero delle Polizie municipali. Si sofferma quindi sull'articolo aggiuntivo 6.030 Gambini, che prevede l'attribuzione di un credito di imposta, pari al 50 per cento delle spese complessive sostenute per la costituzione e l'acquisto di diritti di proprietà industriale. Per l'utilizzo del credito di imposta, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2005 e di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007. Al relativo onere si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dalla revisione dei meccanismi per l'aumento del prezzo delle sigarette. Al riguardo, chiede al rappresentante del Governo di fornire chiarimenti in ordine alla quantificazione degli oneri derivanti dalla proposta emendativa ed all'idoneità della copertura finanziaria a far fronte ai medesimi oneri. Chiede poi l'avviso del rappresentante del Governo in ordine alle eventuali conseguenze finanziarie derivanti dall'emendamento 7.20 Quartiani, che modifica la clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 7, comma 3, prevedendo che dalle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7 non derivano, anziché non devono derivare, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; in contrasto con la prassi consolidata. Rileva che analoghe considerazioni valgono per quel che concerne l'emendamento 11.20 Quartiani, che reca la medesima modifica con riferimento alla clausola di invarianza di cui all'articolo 11. Chiede infine l'avviso del Governo in ordine alle eventuali conseguenze finanziarie derivanti dall'emendamento 11.23 Scaltritti, che stanzia la somma di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per la concessione di contributi alle imprese per l'attività di promozione dei singoli prodotti, facendo fronte ai relativi oneri mediante corrispondente riduzione del Fondo per il Made in Italy di cui all'articolo 4, comma 61, della legge n. 350 del 2003 e dall'emendamento 11.21 Gambini, che stanzia la somma di 7,5 milioni di euro per l'anno 2005 e di 4 milioni di euro per l'anno 2006 per la concessione di contributi alle imprese per l'attività di promozione dei singoli prodotti, facendo fronte al relativo onere mediante corrispondente riduzione del Fondo per il Made in Italy di cui all'articolo 4, comma 61, della legge n. 350 del 2003.

 

Il sottosegretario Gianfranco CONTE rileva che l'emendamento 3.25 non appare suscettibile di determinare effetti finanziari in quanto le Camere di commercio possono fare fronte con le proprie dotazioni di bilancio ai compiti previsti dagli articoli 3 e 5 in ordine al rilascio del marchio «100 per cento Italia». Esprime invece parere contrario sugli altri emendamenti segnalati dal relatore. In particolare, segnala, con riferimento agli emendamenti 11.21 ed 11.23, che le risorse utilizzate a copertura dell'onere recato dagli emendamenti risultano già totalmente impegnate per le attività del fondo Made in Italy. Il parere contrario sugli emendamenti 7.20 ed 11.20 deriva invece dalla non conformità con la prassi consolidata della formulazione della clausola di invarianza che viene proposta.

 

Arnaldo MARIOTTI (DS-U) chiede al rappresentante del Governo di precisare le ragioni del parere contrario espresso sull'emendamento 4.20.

 

Il sottosegretario Gianfranco CONTE rileva che l'emendamento appare suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, derivanti dai nuovi compiti assegnati ai corpi di polizia municipale. Ritiene poi singolare che le Camere di commercio ricorrano, per il controllo di veridicità delle certificazioni, alla polizia municipale.

 

Giancarlo GIORGETTI, presidente, in sostituzione del relatore, formula la seguente proposta di parere:

«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione,

sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito,

esprime

 

NULLA OSTA

 

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

esprime

 

PARERE CONTRARIO

 

sugli emendamenti 4.20, 4.21, 5.21, 7.20, 7.23, 11.20, 11.21, 11.23, 11.24 e sugli articoli aggiuntivi 3.02, 6.030 e 11.020 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura

 

NULLA OSTA

 

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1».

 

La Commissione approva la proposta di parere.

 

La seduta termina alle 14.10.

 

 

 


X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

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COMITATO DEI NOVE

Lunedì 30 maggio 2005.

Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani.

C. 472-A ed abbinate.

Il Comitato dei nove si è riunito dalle 13.45 alle 14.25 e dalle 16.25 alle 16.45.

 


Proposta di legge


 

N 472-1250-2689-2805-3817-4001-4497-A

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTE DI LEGGE

n. 472, d'iniziativa del deputato CONTENTO

         

 

Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela
della qualità dei prodotti italiani

 

Presentata il 4 giugno 2001

          

 

n. 1250, d'iniziativa del deputato PAOLA MARIANI

         

 

Istituzione del marchio «Made in Italy»

 

Presentata il 6 luglio 2001

          

 

n. 2689, d'iniziativa dei deputati

 

ROTUNDO, LUIGI PEPE, DELL'ANNA, LAZZARI,
LECCISI, LISI, VILLANI MIGLIETTA

         

Istituzione del marchio «made in Italy», per la tutela della qualità dei prodotti del settore tessile e dell'abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane

 

Presentata il 24 aprile 2002

 

          

 

          

NOTA: La X Commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo), il 25 maggio 2005, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo unificato delle proposte di legge nn. 472, 1250, 2689, 2805, 3817, 4001 e 4479. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente.

Per il testo delle proposte si vedano i relativi stampati.


n. 2805, d'iniziativa del deputato SCALTRITTI

         

Istituzione dell'identificazione di provenienza e qualità
«made in Italy certificato»

 

Presentata il 29 maggio 2002

          

 

n. 3817, d'iniziativa dei deputati

       

RAISI, BUTTI, GARNERO SANTANCHÈ, SAGLIA

 

Istituzione del marchio «Made in Italy»

 

Presentata il 24 marzo 2003

          

 

n. 4001, d'iniziativa dei deputati

       

 

GIANFRANCO CONTE, DANIELE GALLI, CROSETTO, ZANETTA, ANNA MARIA LEONE, LUPI, MILANATO, PACINI, FONTANA, ROSSO, GARAGNANI, RICCIOTTI, STRADELLA, VERRO, LENNA, ROMOLI, ORSINI, GIULIO CONTI, GALVAGNO, PATRIA, SPINA DIANA, DI TEODORO, ZORZATO

 

Istituzione del marchio «Made in Italy» e norme di contrasto alla contraffazione dei beni industriali e artigianali

 

Presentata il 22 maggio 2003

          

 

n. 4497, d'iniziativa dei deputati

       

DIDONÈ, POLLEDRI

 

Istituzione dei marchi Made in Italy, Full Made in Italy, Designed in Italy e Styled in Italy per la tutela dei prodotti italiani

 

Presentata il 19 novembre 2003

          

 

(Relatore: LULLI)

 

 


PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

 

 

        Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

            esaminato l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge C.  472 ed abbinate, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito;

            rilevato che le disposizioni recate dal provvedimento incidono sulla materia dei marchi e delle denominazioni di origine, attualmente disciplinata dal codice civile, e sono pertanto riconducibili alla materia «ordinamento civile» riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi della lettera l), della Costituzione;

            rilevato, altresì, che la finalità sostanziale del provvedimento appare riconducibile alla materia «tutela della concorrenza» demandata dalla lettera e) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato,

        esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

                  

                      

 

 

PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

 

        La V Commissione,

            sull'ulteriore nuovo testo unificato elaborato dalla Commissione di merito:

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

 

            all'articolo 3, comma 4, dopo le parole: presso il Ministero per le attività produttive sono inserite le seguenti: , senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

            all'articolo 7, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Dal decreto di cui al precedente periodo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

            all'articolo 11, comma 1, sostituire il primo periodo con il seguente: Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore;

            all'articolo 11, comma 3, sostituire il secondo periodo con il seguente: Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        Conseguentemente, sopprimere l'articolo 9.

 

                  

                      

 

 

PARERE DELLA VI COMMISSIONE PERMANENTE

(Finanze)

 

        La VI Commissione,

            esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per quanto riguarda gli aspetti attinenti alla materia tributaria, l'ulteriore nuovo testo unificato delle proposte di legge C. 472 ed abbinate, recante istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito,

            valutata positivamente l'opportunità di predisporre strumenti innovativi atti a facilitare l'identificabilità dei prodotti italiani ed a sostenere la competitività delle imprese nazionali sul mercato interno e su quello internazionale,

            rilevato come l'ambito di applicazione del provvedimento risulti tuttavia circoscritto, in quanto limita la possibilità di concedere l'utilizzo dei marchio «100 per cento Italia» istituito dall'articolo 1, comma 1, ai soli prodotti realizzati completamente nel territorio italiano, il cui novero appare oggi ristretto,

            evidenziato inoltre come il provvedimento rischi di determinare discriminazioni in danno di quelle imprese italiane che producano parte della produzione anche al di fuori del territorio nazionale, per esigenze industriali o commerciali,

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        con la seguente condizione:

            provveda la Commissione di merito a prevedere il coinvolgimento della Guardia di finanza nelle attività di controllo previste dall'articolo 5, commi 1, 2 e 3,

        e con la seguente osservazione:

            valuti la Commissione di merito l'opportunità di rivedere la formulazione dell'articolo 4, comma 1, nel senso di sostituire la previsione del concerto tra le Camere di commercio e la Guardia di finanza con più idonee forme di collaborazione tra tali organismi, nel rispetto delle attribuzioni istituzionali della Guardia di finanza.

 

                  

                      

 

 

 

PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

 

        La XII Commissione,

            esaminato l'ulteriore nuovo testo unificato della proposta di legge C.  472 Contento ed abbinate «Istituzione dei marchi per la riconoscibilità e la tutela della qualità dei prodotti italiani»,

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

 

                  

                      

PARERE DELLA XIV COMMISSIONE PERMANENTE

(Politiche dell'Unione europea)

 

        La XIV Commissione,

            esaminato il testo unificato A.C 472 e abb., recante «Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela della qualità dei prodotti italiani»;

            rilevando che l'articolo 1 mira ad istituire un marchio «100 per cento Italia» di proprietà dello Stato italiano, da apporre ai prodotti interamente realizzati in Italia, ossia a quei prodotti finiti per i quali «l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, realizzati interamente in Italia»;

            pur considerando peraltro che l'articolo 28 Trattato CE vieta, fra gli Stati membri, le restrizioni quantitative all'importazione e le misure di effetto equivalente, norma interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, tra l'altro, nel senso di considerare incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualità legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo, «la quale di per ciò stesso limita o svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgano in tutto o in parte in altri Stati membri», con la sola eccezione delle regole relative alle denominazioni di origine e alle indicazioni di provenienza dei prodotti agroalimentari (sentenze 5 novembre 2002 in causa C-325/00, 6 marzo 2003 in causa C-6/02, 17 giugno 2004 in causa C-255/03);

            rilevando, inoltre, che - sempre in base alla citata giurisprudenza - i requisiti cui subordinare la concessione di denominazioni nazionali di qualità possono riguardare solo le caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti, indipendentemente da qualsiasi considerazione relativa all'origine o alla provenienza geografica degli stessi;

            osservando, infine, come l'articolo 6 sia volto a promuovere l'etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea, prevedendo che nelle etichette si evidenzi: il paese dl origine dei prodotti sia finiti che intermedi; il rispetto delle regole comunitarie e internazionali relative all'origine commerciale, all'igiene e alla sicurezza dei prodotti; informazioni sulla conformità alle norme internazionali in materia di lavoro, di certificazione di igiene, di esclusione dell'impiego di manodopera minorile e sul rispetto delle norme europee e degli accordi internazionali in materia ambientale;

            pur ritenendo che in base ai bene noti principi comunitari di libera circolazione delle merci, i prodotti importati da Paesi terzi, che siano stati regolarmente importati in un qualsiasi Stato membro godono della stessa libertà di circolazione delle merci prodotte in Paesi dell'Unione (articolo 23, paragrafo 2, Trattato CE);

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        con le seguenti osservazioni;

            a) la Commissione di merito consideri l'esigenza di riformulare l'articolo 1 in modo da legare la concessione di denominazioni nazionali di qualità anche alle caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti;

            b) valuti altresì la Commissione di merito se quanto previsto dall'articolo 7 del testo unificato sia conforme all'articolo 23, paragrafo 2, del Trattato CE.

 

 


TESTO UNIFICATO
DELLA COMMISSIONE

 

Norme per la riconoscibilità

e la tutela dei prodotti italiani.

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio «100 per cento Italia» e definizioni).

      1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto ad una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

      2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti alla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.

      3. Ai fini della presente legge si intende per:

          a) ideazione: l'attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

          b) disegno: la rappresentazione grafica dell'attività di ideazione e progettazione;

          c) progettazione: l'attività dell'ingegno finalizzata ad individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

          d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

          e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all'imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

          f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;

          g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonché i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultino diretti ad uno specifico uso o funzione, ma siano destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

 

Art. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti).

      1. Il marchio di cui all'articolo 1 viene concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizzi nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 1 comma 2 e dall'articolo 3.

      2. Il marchio di cui all'articolo 1 dovrà essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito all'adeguatezza dell'intero prodotto, e non di una sola parte o componente di esso, alle disposizioni della presente legge.

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio).

      1. Il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio di cui all'articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente un'autocertificazione circa:

          a) il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente;

          b) l'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale.

      2. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

      3. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di specifiche filiere produttive.

      4. È istituito presso il Ministero delle attività produttive, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l'albo delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all'articolo 1.

 

Art. 4.

(Controlli di conformità delle autocertificazioni).

      1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive.

 

Art. 5.

(Controlli).

      1. Le imprese che hanno ottenuto l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1 attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero delle attività produttive, che per gli scopi di cui al presente articolo può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, il permanere dei requisiti per l'utilizzo dei marchi di cui all'articolo 1. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato i marchi l'eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l'utilizzo del marchio.

      2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tal fine autorizzati e da essi individuati, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all'articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

      3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l'utilizzo del marchio di cui all'articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell'articolo 3, che abbia rilasciato il marchio.

      4. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di cui ai commi 2 e 3, sono definite opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza.

      5. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell'impresa interessata violazioni nell'utilizzo dei marchi di cui all'articolo 1, il Ministero delle attività produttive revoca l'autorizzazione all'utilizzo del marchio. Nelle more degli accertamenti di cui al comma 3 l'utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

      6. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 5 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell'impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

Art. 6.

(Sanzioni).

      1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio di cui all'articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

      2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all'articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 4, commi 80 e 81, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

      3. L'uso illecito del marchio di cui all'articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

 

 

 

Art. 7.

(Etichettatura dei prodotti).

      1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito, su base volontaria, un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

      2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l'importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

      3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Art. 8.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature).

      1. Le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

      2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

 

Art. 9.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili).

      1. All'articolo 8 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. I prodotti tessili possono essere etichettati o contrassegnati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L'etichetta o il contrassegno forniscono informazioni sulla composizione dei materiali, sull'origine dei materiali stessi e delle relative lavorazioni e sulla denominazione. Per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

 

Art. 10.

(Carta d'identità dei prodotti «Made in Italy»).

      1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

      2. I contenuti e le modalità applicative della carta d'identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

      3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità di cui al comma 1, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete Internet e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.

      4. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d'identità di cui al comma 1.

 

Art. 11.

(Promozione del marchio e registrazione comunitaria).

      1. Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

      2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui all'articolo 1 presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

      3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all'articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Art. 12.

(Ambito di applicazione).

      1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

 

 


Discussione in Assemblea

 


 

 

 

 

 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

633.

seduta di giovedì 26 maggio 2005

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORE

indi

DEL VICEPRESIDENTE FABIO MUSSI

E DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI

 

 


Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri: Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani (472-1250-2689-2805-3817-4001-4497) (ore 10,06).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri: Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani.

 

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il dibattito è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

 

(Discussione sulle linee generali - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

 

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.

 

Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

 

Il relatore, onorevole Lulli, ha facoltà di svolgere la relazione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento all'esame dell'Assemblea, recante «Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani», ha visto, presso la X Commissione, un iter protrattosi per tre anni, che ha condotto all'adozione di un testo unificato oggetto di larga condivisione. Infatti, l'esame delle numerose proposte di legge in materia di istituzione del marchio «made in Italy» per la tutela della qualità dei prodotti italiani (A.C. 472, d'iniziativa del deputato Contento e proposte abbinate) è stato avviato dalla Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera il 4 giugno 2002.

Il Comitato ristretto istituito per l'esame dei provvedimenti ha condotto un lungo ed approfondito esame istruttorio, anche svolgendo un ampio ciclo di audizioni informali cui hanno partecipato le principali associazioni di categoria e professori esperti nella materia, soggetti che hanno fornito un valido contributo ai fini dell'istruttoria del provvedimento. Si è pervenuti, in tal modo, dopo l'adozione da parte della Commissione di un primo testo unificato delle diverse proposte di legge, alla definizione di un ulteriore testo unificato, che la Commissione ha adottato come nuovo testo base nella seduta del 7 aprile 2005.

Al testo sono stati presentati diversi emendamenti, che sono stati esaminati e votati dalla Commissione nelle sedute del 18 e 25 maggio scorsi. In tale ultima seduta, in occasione della quale sono pervenuti i pareri espressi dalle Commissioni competenti in sede consultiva, la X Commissione ha quindi concluso l'esame del provvedimento, rispetto ai cui contenuti si è registrato un sostanziale accordo.

In termini generali, il provvedimento istituisce, con finalità di tutela dei consumatori e di valorizzazione della produzione nazionale, il marchio «100 per cento Italia», che identifica i prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano. Vengono quindi disciplinate le modalità ed i requisiti per la concessione del marchio, i controlli effettuati sulle imprese che hanno ottenuto il suo utilizzo e le relative sanzioni in caso di uso illecito del marchio medesimo. Voglio sottolineare che l'ottenimento del marchio è fondato sull'autocertificazione delle imprese e sui successivi controlli di conformità.

Sono altresì previste specifiche disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti fabbricati in paesi non appartenenti all'Unione europea, al fine di consentire un'adeguata informazione sui prodotti commercializzati sul mercato italiano. Tale sistema di etichettatura assume, peraltro, una base meramente volontaria.

 

Merita un richiamo anche l'introduzione di disposizioni in materia di etichettatura delle calzature destinate alla vendita al consumatore e di disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili, i quali, in particolare, possono essere etichettati o contrassegnati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale.

Un'ulteriore novità è costituita dall'introduzione della carta di identità dei prodotti made in Italy. Ferma restando la disciplina comunitaria in materia, la definizione di made in Italy può essere accompagnata da una scheda informativa denominata carta di identità del prodotto finito, che contenga informazioni utili per il consumatore in ordine alla provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto.

Vengono infine dettate disposizioni finalizzate alla promozione dei marchi, quali campagne annuali di promozione predisposte dal Ministero delle attività produttive; in proposito, si fa presente come, al fine di rendere le misure contemplate dal provvedimento compatibili con le disponibilità di bilancio, si è previsto che la predetta attività promozionale si svolga avvalendosi, entro il limite del 50 per cento delle risorse disponibili, dei ricavi delle sanzioni irrogate dall'autorità antitrust in base all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000 n. 388.

L'onere di provvedere alla registrazione del marchio «100 per cento Italia» presso l'ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi è stato, invece, posto a carico del Ministero delle attività produttive.

Circa i rilievi formulati dalle Commissioni competenti in sede consultiva, si deve rilevare come questi siano stati sostanzialmente recepiti. Al riguardo, la I Commissione (Affari costituzionali), la II (Giustizia), la XII (Affari sociali) hanno espresso parere favorevole; la XIV (Politiche dell'Unione europea) ha espresso parere favorevole con osservazioni; la VI (Finanze), ha espresso parere favorevole con una condizione ed un'osservazione; infine, la V (Bilancio) ha espresso parere favorevole con condizioni.

Sembra doveroso precisare che la Commissione ha ritenuto di fornire risposta a tutte le osservazioni e condizioni espresse; per esempio, per quanto riguarda l'esigenza manifestata dalla VI Commissione di opportune forme di coinvolgimento della Guardia di finanza nelle attività di controllo e di accertamento svolte dalle Camere di commercio, come anche per quanto concerne tutte le indicazioni pervenute dalla V Commissione.

Con riferimento, in particolare, alla prima delle due osservazioni formulate dalla XIV Commissione, si è ritenuto di evidenziare come il provvedimento sia volto ad assicurare, in accordo con il disposto dell'articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità europea, un livello elevato di protezione dei consumatori, promuovendo, in particolare, il loro diritto alla corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo sia realizzato interamente in Italia. Al verificarsi dei predetti presupposti, il provvedimento fa quindi conseguire il rilascio del marchio «100 per cento Italia».

A tale proposito, voglio aggiungere talune considerazioni. Evidentemente, infatti, l'intervento è particolarmente delicato, in qualche modo suscettibile di essere impugnato dinanzi alla Corte di giustizia europea, come è avvenuto negli anni passati in casi analoghi relativi a vari paesi dell'Unione europea (ad esempio, Belgio e Germania). Quanto vogliamo mettere in evidenza è come il parametro da adottare sia dato non solo dagli articoli 28 e 30 del Trattato istitutivo della Comunità europea - e, perciò, dal mercato unico e dal relativo divieto di barriere nazionali alla circolazione delle merci - ma anche, appunto, dall'articolo 153 del Trattato di Roma, articolo la cui ratio è fornire indicazioni ed informazioni precise ai consumatori ed agli utilizzatori finali.

D'altra parte, la riflessione che vogliamo formulare è la seguente: se è vero che, secondo tutte le indagini di mercato condotte sul piano internazionale, le caratteristiche italiane di un prodotto possiedono un particolare appeal presso il consumatore o l'utilizzatore finale (tanto da rendere disponibile quest'ultimo ad acquistare un prodotto italiano anche ad un prezzo superiore rispetto a merci simili), ci domandiamo se il valore aggiunto determinato da tale caratteristica, assimilabile, di fatto, ad un fattore di qualità (almeno così è percepita dal consumatore finale), non sia un bene da tutelare sul piano non soltanto nazionale, ma anche europeo.

La produzione italiana dei beni manifatturieri di consumo alla persona, infatti, non garantisce soltanto l'attivo della bilancia dei pagamenti nazionale, ma rappresenta anche una ricchezza per un'ipotetica bilancia dei pagamenti europea. Esiste, pertanto, un interesse dell'Europa a tutelare un tipo di prodotto che offre, in qualche modo, un vantaggio all'intera Unione europea. Tale azione di tutela, pertanto, deve essere considerata non come una turbativa di mercato, bensì come la valorizzazione di un particolare componente della produzione.

Sappiamo benissimo, d'altronde, che non è solo con tale attività che è possibile ottenere questo risultato. Ritengo che, in questa Assemblea, si debba riconoscere il valore di alcuni progetti importanti, alcuni dei quali avviati già da tempo. Mi riferisco, ad esempio, all'accordo internazionale stipulato tra la camera della moda italiana e quella francese, che ha focalizzato l'attenzione sulla difesa, anche nell'ambito della politica industriale e commerciale dell'Unione europea, dei marchi di eccellenza, oppure all'ultima iniziativa (di cui ha recentemente parlato anche la stampa) realizzata da Pitti, con la collaborazione di un istituto bancario, che mira a valorizzare le eccellenze dei «campioni» del made in Italy.

Le misure che proponiamo, dunque, non intendono essere alternative né a tali iniziative, né tanto meno alle norme comunitarie che regolano il «made in» (che non vengono modificate), ma tentano di offrire un possibile strumento a quelle imprese (e sono tante, soprattutto artigiane) che non hanno la forza di realizzare autonomamente un proprio brand. In altri termini, si tratta di un provvedimento che cerca di dare una soluzione ad un problema esistente, che è molto avvertito nelle migliaia di piccole aziende che, per l'appunto, non hanno possibilità di segnalare la scelta di realizzare il loro prodotto interamente sul territorio nazionale.

Anche in tal caso, naturalmente, non siamo in presenza di un intento protezionista: l'intero provvedimento, infatti, è ispirato dal principio di offrire informazioni al mercato, affinché esso possa funzionare meglio e sia in grado di scegliere nel modo più consapevole. Infatti, la questione legata alla carta di identità del prodotto e ad un sistema di tracciabilità volontario (perché, ovviamente, non possiamo rendere obbligatoria l'etichettatura dei beni) è informata a tali principi: garantire un miglior funzionamento del mercato e mettere il consumatore, o comunque l'utilizzatore finale, in condizione di scegliere il prodotto da acquistare sulla base di informazioni più complete.

È del tutto evidente che tali questioni non possono essere risolte esclusivamente sul piano nazionale; vorrei evidenziare, tuttavia, che, nel dibattito svolto in sede di Commissione, si è ritenuto che una deliberazione del Parlamento italiano possa contribuire ad individuare le soluzioni necessarie a livello di Unione europea, giacché non è possibile che l'unico mercato comune del mondo non contempli l'etichettatura obbligatoria delle merci. Vorrei ricordare, al riguardo, che ciò avviene per il mercato degli Stati Uniti, per quello del Giappone e, infine, per il mercato della Cina popolare.

È del tutto evidente, pertanto, che si tratta di una questione importante. Il problema della crisi dell'industria manifatturiera italiana non sarà certamente risolto grazie al provvedimento in esame. Non sono così ingenuo da pensare che un semplice ragionamento sulle regole e su una maggiore trasparenza del mercato sia la panacea di tutti i mali: sarebbe troppo semplice, e non si tratta sicuramente della strada risolutiva. Vorrei rilevare, tuttavia, che anche una scelta del genere è importante, poiché si tratta di un segnale di attenzione nei confronti di quelle centinaia di migliaia di imprese, nonché di quei milioni di occupati, che nutrono grandi preoccupazioni per le sorti del nostro paese nell'ambito della competizione internazionale.

Una maggiore trasparenza, assieme ad una maggiore informazione al mercato, può consentire una competizione più libera. Certo, per rilanciare la nostra struttura produttiva occorrono ben altre misure: insistere sulle innovazioni di prodotto e di processo, sulla riorganizzazione della struttura produttiva e sull'infrastrutturazione. Nel considerare la realizzazione di molte opere pubbliche, sarebbe anche importante pensare ad un piano di infrastrutturazione per i distretti industriali che sia incentivato e coordinato. I distretti industriali sono, infatti, punti essenziali della nostra competizione, che possono dare il rilancio al nostro paese.

 

PRESIDENTE. Onorevole Lulli, concluda.

 

ANDREA LULLI, Relatore. È altresì importante la diffusione delle nuove conoscenze. Il provvedimento in esame non affronta tale problema, ma la trasparenza aiuta, perché quando il mercato è più trasparente si può offrire una maggiore possibilità all'esplicazione di una libera competizione, arricchendo anche l'innovazione. Stimolare le imprese - ed il sistema delle imprese italiane ha spesso mostrato un ritardo in tale direzione - con più coraggio sulla strada dell'innovazione, della riorganizzazione produttiva e dell'internazionalizzazione è dunque necessario.

Concludo affermando che non sono contrario ad un processo di internazionalizzazione delle nostre imprese, anche di quelle piccole, ma credo che, nell'ambito della trasparenza del mercato, si debbano offrire pari opportunità alle imprese che cercano, per necessità o per convinzione, di produrre sul territorio nazionale. Sono altrettanto convinto che sia legittimo aiutare, stimolare e mettere le imprese che decidono di internazionalizzare il processo produttivo in condizione di contribuire al risanamento del nostro apparato produttivo. Proprio a tale scopo, sono convinto che più trasparenza e più informazione siano utili a detto processo. Si tratta di un investimento di fiducia nei consumatori e negli utilizzatori finali. È un investimento di fiducia, in ultima analisi, nel mercato stesso.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentate del Governo.

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, il Governo si riserva anzitutto una valutazione degli eventuali emendamenti che saranno presentati. In ogni caso, il provvedimento in esame va nella direzione giusta, per quanto attiene ai profili ricordati dal relatore, ossia quello della tutela dei consumatori e quello della valorizzazione dei prodotti. Inoltre, l'aspetto dell'etichettatura dei prodotti è, seppur marginalmente, affrontato da questo provvedimento, trattandosi di materia che dovrebbe affrontare l'Unione europea e che dalla stessa non è ancora stato affrontato. L'aspetto ricordato fa parte del pacchetto di richieste che il Governo sta portando avanti in sede di Unione europea. L'Unione europea è l'unico grande mercato che non prevede l'obbligo di etichettatura dei prodotti, soprattutto a garanzia dei consumatori.

 

Il provvedimento in esame ha, dunque, il pregio di affrontare, sia pur marginalmente, tale questione. Ritengo che la circostanza che detta questione sia stata affrontata nel testo del provvedimento, con un voto condiviso all'interno della Commissione ed in seguito ad un esame approfondito, rivesta un importante significato politico.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tanoni. Ne ha facoltà.

 

ITALO TANONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento oggi in esame è il risultato di un lungo e complesso lavoro svolto in Commissione attività produttive.

Il provvedimento, che incide su una materia di particolare rilevanza per l'assetto del nostro sistema economico e produttivo, prende atto della crisi che il settore manifatturiero sta attraversando, con lo scopo di evidenziare e rilanciare le qualità del prodotto che, per specifiche caratteristiche legate anche alla provenienza geografica della lavorazione, è da considerarsi propriamente italiano.

Il testo unificato prevede, infatti, che le aziende, anche di piccole dimensioni, che intendano usufruire del marchio «100 per cento Italia» debbano offrire ai consumatori un prodotto la cui lavorazione, dalla fase del disegno fino a quella della confezione, sia avvenuta in territorio nazionale, al fine di garantire l'originalità e l'identità del manufatto italiano.

La necessità di riconoscere con esattezza il prodotto realizzato interamente in territorio nazionale risponde ad un duplice ordine di ragioni legate, da un lato, alla riconoscibilità delle intrinseche qualità del prodotto messo in commercio, dall'altro, all'esigenza di porre fine alle incertezze nella tutela del marchio «made in Italy», che hanno provocato il sollevarsi di continue dispute giudiziarie vertenti all'accertamento di cosa si debba intendere per «made in Italy».

Del resto, la recente pronuncia della Corte di cassazione n. 13712 del 14 aprile 2005 - sebbene abbia sancito il principio per il quale, se la tecnica di fabbricazione viene rispettata, il prodotto è da considerarsi made in Italy, ancorché fabbricato fuori dai confini nazionali - nella parte terminale della decisione lascia aperta la possibilità di modificare tale pronuncia sul presupposto che il cosiddetto marchio nazionale è stato ideato, in origine, per la tutela delle merci integralmente prodotte nel nostro paese.

 

Inoltre, al predetto marchio, ancora adesso, non è stata data una formale istituzione.

 

Per ovviare alle incertezze sopra richiamate, il provvedimento in discussione prevede, infatti, che i prodotti con la denominazione «100 per cento Italia», istituita dal provvedimento stesso, siano accompagnati da una carta d'identità del prodotto che contiene informazioni utili ai fini della conoscenza dell'intero processo produttivo, così da chiarire al consumatore ogni aspetto della produzione del bene che intende acquistare con specifico riguardo alla provenienza geografica del prodotto stesso.

Il marchio «100 per cento Italia», istituito dall'articolo 1 del presente testo unificato, garantisce al consumatore che il prodotto è realizzato interamente in Italia. Il possesso di tale marchio, quindi, costituirà un elemento essenziale per tutte quelle imprese, anche piccole o piccolissime, che intendano dare al consumatore la garanzia di qualità che solo la totale italianità del processo produttivo può dare.

Considerato che, comunque, si tratta di un'autocertificazione, riteniamo che tutte le imprese in possesso dei requisiti per ottenerlo se ne doteranno. È vero, infatti, che già da anni si avverte la necessità di una specifica normativa sul settore della protezione del prodotto italiano, soprattutto se si guarda a quel fenomeno, ormai dilagante all'estero, legato allo sfruttamento delle caratteristiche di eccellenza del prodotto italiano. Infatti, una recente ricerca sulla grande distribuzione negli Stati Uniti ha dimostrato come in quel paese vengano acquistati ogni anno prodotti alimentari che consentono un richiamo all'Italia per oltre 17 miliardi di euro. Di questo, però, solo il valore di 1 miliardo e mezzo proviene effettivamente dal nostro paese. Il resto sono richiami illusori o vere e proprie contraffazioni, che potrebbero rappresentare per i produttori italiani un mercato potenziale che raggiunge i 30 mila miliardi di vecchie lire.

Non a caso, infatti, nei mesi scorsi nell'ambito di una consultazione promossa dalla Commissione europea, la Confartigianato, il CNA, la Confapi e Confesercenti hanno richiesto precisi impegni all'Unione europea per la tutela delle piccole e piccolissime imprese, proponendo l'imposizione dell'etichettatura d'origine per le merci importate nell'Unione europea, l'attuazione rigorosa delle norme anticontraffazione e l'obbligo del marchio di origine per i prodotti di occhialeria e oreficeria.

Inoltre, il progetto di legge in esame ha previsto disposizioni specifiche in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili al fine di rafforzare la competitività di tali prodotti italiani sui mercati nazionali ed internazionali. I nostri prodotti ormai da tempo chiedono adeguata tutela atta ad arginare la contraffazione dei prodotti e ad eliminare i fenomeni distorsivi della concorrenza dovuti all'appropriazione indebita delle caratteristiche e delle qualità specifiche del sistema produttivo italiano.

A seguito di tali appelli il commissario Mandelson ha avviato iniziative nell'ambito dell'Unione europea per salvaguardare la produzione dei paesi, come l'Italia, dall'invasione del tessile cinese, pur nell'ambito degli strumenti consentiti dalle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, quindi, coinvolgendo e responsabilizzato la stessa Cina.

Non crediamo che l'approvazione del provvedimento in esame costituisca la soluzione del problema, che vede effettivamente nell'Unione europea e nell'Organizzazione internazionale del commercio la sede propria per essere affrontato. Siamo convinti, tuttavia, che il provvedimento in questione sia comunque un primo importante passo per dare garanzie ai consumatori e per aiutare le piccole imprese che puntano più sulla qualità che sul basso prezzo. L'approvazione del suddetto provvedimento avrà lo scopo di indicare anche alle citate sedi internazionali la via possibile per arrivare ad un esito che dia alle imprese di piccole dimensioni, che non dispongono della forza contrattuale necessaria per istituire un brand individuale, i benefici che il mercato assicura a chi vuole puntare sulla qualità e sulla forza di un richiamo all'italianità, che soprattutto nel settore manifatturiero ha pochi uguali nel mondo.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scaltritti. Ne ha facoltà.

 

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, il testo sulle norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani di cui stiamo discutendo è il frutto della forte collaborazione e dell'impegno che tutti i gruppi hanno dato nell'ambito della X Commissione permanente attività produttive e nel Comitato ristretto, a cui il relatore ha contribuito con pazienza e competenza.

Il testo si propone di dare uno strumento di competitività a tutte quelle imprese, prevalentemente piccole e medie, che, producendo interamente in Italia, soffrono la concorrenza internazionale, che si sta manifestando non solo nei costi ma anche nella sleale imitazione dei prodotti.

A rendere ancora più pesante la situazione, dopo l'introduzione dell'euro, è sicuramente intervenuta la fine dell'Accordo multifibre nell'ambito WTO, che, con la cessazione del sistema delle importazioni contingentate, ha di fatto permesso l'invasione incontrollata di prodotti, in particolare, dei settori tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero. Si tratta di prodotti fortemente competitivi, soprattutto se non li si costringe ad un confronto sul piano qualitativo, creativo e culturale, e di una produzione fatta nel rispetto delle regole sociali e ambientali.

Negli ultimi mesi è aumentato il disavanzo commerciale dell'Italia nei confronti della Cina. A febbraio scorso, infatti, le importazioni del settore tessile sono aumentate di oltre il 60 per cento rispetto allo stesso mese del 2004, mentre in quello dell'abbigliamento la crescita si è fermata a poco oltre il 40 per cento.

Con tali cifre è chiara la perdita di competitività delle nostre imprese, tanto che lo stesso commissario al commercio dell'Unione europea, Peter Mandelson, nella sua audizione al Parlamento di Strasburgo ha confermato le valutazioni italiane sull'estrema gravità in cui versa il settore tessile europeo e, quindi, sulla necessità di agire di conseguenza con procedure d'urgenza.

Inoltre, il viceministro alle attività produttive, onorevole Urso, nei primi giorni di giugno sarà a Pechino con una delegazione di imprenditori del comparto proprio per sollecitare il Governo cinese a porre in atto quelle autolimitazioni previste dal WTO per evitare una guerra commerciale, che non servirebbe a nessuno, tanto meno all'Italia.

Ancora oggi le difficoltà di crescita del nostro prodotto interno lordo non rivelano esattamente le gravi conseguenze che tale massiccia concorrenza sta determinando in molte parti del nostro territorio con la velocissima scomparsa della produzione del tessile-abbigliamento-calzature che, negli ultimi trent'anni, ha rappresentato una forte risorsa economica che ha alimentato e diversificato il reddito di moltissime famiglie su tutto il territorio nazionale, prevalentemente nei centri meno urbanizzati. Tale manodopera, in prevalenza femminile, che nel tempo ha acquisito una grande professionalità, ha aiutato, attraverso molte nostre medie e piccole aziende, a creare e consolidare la cultura e le qualità tipiche del prodotto italiano, apprezzato in tutto il mondo. È assolutamente necessario difendere questa realtà produttiva del nostro paese, e possiamo farlo tutelando il consumatore attraverso una corretta informazione sul prodotto e sui processi produttivi.

Questa è una battaglia che credo il nostro Parlamento debba fare superando le divisioni tra schieramenti e fornendo all'azione del Governo e dei nostri parlamentari europei una posizione politica che, al di là della concreta applicabilità o meno delle norme, dimostri la volontà di far riconoscere pienamente all'Italia quelle prerogative a cui è vocata e che sono sempre state dimostrate dalla peculiarità e creatività delle nostre produzioni.

Purtroppo, gli accordi sul commercio internazionale del WTO, nonché i vincoli imposti dall'Unione europea in materia di libera circolazione delle merci, diventano sempre più una mortificazione e limitazione di quel valore aggiunto del made in Italy riconosciuto in tutto il mondo, che rischia di essere soffocato dall'enormità delle imitazioni e contraffazioni, che al danno economico sommano quello di offuscare anche la nostra immagine.

Le aziende che possiedono un proprio brand affermato sono sicuramente in grado di contrastare meglio tale offensiva, in quanto possono godere delle tutele del marchio registrato e delle economie di produzione offerte dal mercato mondiale. Tutto ciò non è certo alla portata di chi, materie prime a parte, produce integralmente sul territorio italiano, nel rispetto di tutte le normative ivi previste in materia fiscale, previdenziale, sulla sicurezza del lavoro, dell'ambiente, eccetera.

È per tali realtà, quindi, che si è pensato di istituire il marchio «100 per cento Italia», affinché i consumatori italiani e quelli di tutto il mondo, nei mercati esteri, ma soprattutto in quelli nazionali in un cui spesso vivono una dimensione turistica, abbiano la certezza di acquistare la creatività e la qualità italiana.

Il mercato mondiale sta crescendo enormemente ed al suo interno si delineano forti differenziazioni nelle tendenze al consumo. La stessa Cina offre una platea di nuovi ricchi molto attenti all'identità ed originalità dei nostri prodotti. Crescono, quindi, le possibilità per il nostro sistema paese di difendersi e competere in ambito internazionale, ma passano necessariamente attraverso il mantenimento e la difesa dell'originalità del prodotto italiano.

Per questo, riteniamo che un elemento fondamentale del marchio che vogliamo istituire sia quello della sua credibilità. Pertanto, pur essendo una parte politica sostenitrice della semplificazione e sburocratizzazione delle procedure, in questo caso siamo perplessi sull'utilizzo del sistema dell'autocertificazione all'atto della domanda iniziale. Coscienti, però, che in tal senso vi è una forte richiesta da parte delle categorie e che nel provvedimento sono state inserite, oltre che le sanzioni previste dal codice penale, specifiche misure sanzionatorie e forme di collaborazione con la Guardia di finanza, riteniamo di non dover insistere sulla nostra valutazione.

Infine, mi auguro che durante l'iter legislativo in Assemblea, in accordo con il Governo, si possa trovare soluzione alla necessità di dotare questo provvedimento di uno strumento finanziario per la promozione dei prodotti che esso vuole difendere, senza entrare in contrasto con le normative comunitarie e la disponibilità delle risorse. È indispensabile fare in modo che in Italia e nel mondo sia possibile riconoscere il vero ed originale prodotto italiano, soprattutto quello artigianale. Questo obiettivo è raggiungibile, oltre che attraverso un incentivo alle aziende nella progettazione ed innovazione, anche organizzando in Italia e all'estero, sull'esempio dell'ICE, show-room e shop-center permanenti, con personale qualificato. Tutto questo può consentire di affiancare all'informazione dovuta al marchio la visibilità oggettiva del prodotto e delle sue peculiarità.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, al di là degli emendamenti migliorativi che potranno essere proposti e della necessaria dotazione finanziaria cui ho fatto riferimento, mi auguro che il provvedimento in esame possa concludere rapidamente il suo iter parlamentare, in quanto la sua valenza non è solo normativa e strumentale, ma prevalentemente politica nel voler sostenere la riconoscibilità del made in Italy nel mondo e difendere il diritto all'informazione dei consumatori.

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Paola Mariani. Ne ha facoltà.

 

PAOLA MARIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto esprimere soddisfazione per l'avvio dell'iter legislativo del provvedimento che istituisce i marchi per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani.

 

Questo provvedimento nasce dall'unificazione di più proposte di legge, una delle quali presentata dalla sottoscritta (anche nella legislatura precedente). Esso intende rispondere alle esigenze dei nostri territori, quello marchigiano come altri, analoghi nella struttura economica, e alle richieste pressanti di aziende in difficoltà nel competere a livello internazionale, in base agli attuali strumenti normativi.

 

All'espressione di questa soddisfazione aggiungo un ringraziamento sincero al relatore, onorevole Lulli, il quale ha costantemente e pazientemente seguito l'iter del provvedimento in Commissione. Ringrazio anche i colleghi di tutti i gruppi, i quali hanno contribuito con le loro proposte di legge e con la loro attività in Commissione affinché il provvedimento superasse le difficoltà che in questi anni si sono manifestate, a causa dell'impostazione normativa esistente a livello comunitario, oltre che per le diffidenze esistenti da parte di alcuni nei confronti dell'istituzione di marchi.

La situazione economica attuale sicuramente non ci consente di temporeggiare ancora; quindi, non possiamo mancare questo appuntamento. Mi auguro pertanto che l'Assemblea sappia rispondere a questa richiesta proveniente dalla nostra economia tessile, manifatturiera, calzaturiera e dell'abbigliamento, che costituisce un asse portante dell'economia nazionale. In alcuni territori, come in quello marchigiano, essa occupa più del 40 per cento della forza lavoro, mentre in alcuni distretti calzaturieri si arriva sino al 90 per cento di specializzazione del settore calzaturiero. Ciò significa che in molti territori, in assenza di provvedimenti mirati, questo tipo di economia potrebbe scomparire nel giro di pochi anni. Questo probabilmente non sarà il provvedimento risolutivo di tutti i problemi - sarebbe sin troppo semplice e bello se si potessero risolvere i problemi economici con tale provvedimento -, tuttavia esso è atteso come una boccata d'ossigeno dalle nostre aziende. È al tempo stesso il segnale che il Parlamento e il Governo non sono sordi nei confronti di queste richieste.

Dicevo prima che la situazione economica è difficile, in alcuni casi di vera recessione. Esiste una difficoltà anche nella ripresa dei consumi. Dunque, è necessario porre attenzione in questo momento ai problemi che abbiamo di fronte. Anche sul fronte della normativa comunitaria, dobbiamo essere vigili e contribuire ad una sua modifica. Alcuni dicono che non possiamo andare contro la libera circolazione delle merci, non possiamo cioè porci in modo antistorico rispetto a principi sanciti tanti anni fa. Ma è proprio questo, colleghi, il punto sul quale dobbiamo soffermarci. Questi principi sono stati sanciti diversi anni fa. Nel 1992, quando fu approvato il regolamento che vieta l'apposizione di marchi geografici e nazionali, sicuramente il mercato internazionale non aveva le caratteristiche attuali. Sino a qualche anno fa, parlavamo di internazionalizzazione e di globalizzazione, in termini di uno scenario auspicabile, ma non sapevamo che le stesse sarebbero giunte in modo così rapido e dirompente sul nostro scenario economico.

Nessuno di noi pretende di fermare il tempo, né farlo sarebbe una cosa giusta. Siamo invece a favore dell'internazionalizzazione delle imprese. Anzi, auspichiamo che vengano introdotte misure di accompagnamento per quelle nostre aziende che vogliono e riescono ad affacciarsi sui mercati internazionali per costruire nuove prospettive di lavoro. Pensiamo che la globalizzazione sia una sfida che tutti i giorni dobbiamo imparare a riconoscere e ad usare. Sappiamo bene, però, che queste sfide necessitano di nuove regole e di nuove prospettive. I mercati devono dunque essere sempre più disciplinati, con regole chiare e trasparenti a favore delle imprese, ma soprattutto a favore dei consumatori.

Quindi, quando si parla del marchio made in Italy, non si può e non si deve pensare ad un marchio geografico (forse, ciò valeva qualche anno fa), perché, in questo momento, il termine in questione rimanda a concetti di qualità, design e produzioni di eccellenza. Pertanto, nel momento in cui ci accingiamo ad approvare un provvedimento di questo genere, non dobbiamo avere il timore di interrompere un processo evolutivo dei mercati; anzi, dobbiamo essere orgogliosi di fare chiarezza perché può essere vitale per le nostre aziende.

Chi produce interamente in Italia in questo momento non ha gli strumenti per difendere la propria produzione. Non si tratta di una richiesta banale, perché vi sono dati reali e certi al riguardo. Ad esempio, chi in questi anni produce ed esporta in Giappone si trova di fronte a richieste certe: mi riferisco agli emissari giapponesi delle aziende che intendono intraprendere rapporti con le nostre, i quali si propongono di verificare se il processo produttivo delle stesse sia interamente svolto in Italia.

Come diceva prima lo stesso relatore con riferimento ai prodotti made in Italy, vi è un valore aggiunto indubbio, ma le nostre aziende non hanno niente da proporre a questi acquirenti per certificare che il prodotto è effettivamente fatto in Italia. Quindi, noi stiamo proponendo loro uno strumento, sia pure volontario, di autocertificazione in grado di permettere alle nostre aziende di avere una certificazione che possa garantire che il loro progetto è fatto in Italia; con riferimento al regolamento attuale, cui mi riferivo prima e che pure abbiamo trattato più volte, anche nelle precedenti leggi finanziarie, si è parlato di uno strumento valido e di tutela dei nostri prodotti, ma in realtà non lo è, perché in quel regolamento si parla di produzione prevalente nel momento in cui si appongono i marchi. Tuttavia, la produzione prevalente non è quasi mai controllata, perché purtroppo non esistono controlli (al riguardo, abbiamo più volte sollecitato il Governo affinché venga espletata tale funzione, per contrastare le contraffazioni e la mancata applicazione del regolamento europeo).

Secondo il concetto di produzione prevalente, con riferimento ad alcune produzioni, ad esempio alle calzature, si permette alle aziende che producono all'estero il taglio, l'orlatura, quindi, la cucitura della scarpa (che è - lo sappiamo tutti - la parte fondamentale), di apporre il marchio made in Italy.

Questa è una condizione di grandissimo svantaggio per tutte le altre imprese, soprattutto quelle piccolissime che non vogliono ed, in alcuni casi, non possono delocalizzare la produzione: le suddette si sobbarcano ogni giorno un costo del lavoro che in Italia è altissimo e si adeguano al rispetto delle norme sulle condizioni di lavoro, ambientali ed igieniche, ma poi si trovano ad essere beffate nel momento in cui appongono il marchio made in Italy, nello stesso modo in cui fanno quelle aziende che, invece, producono esclusivamente o quasi esclusivamente all'estero.

Quindi, vi è una questione reale, di giustizia nei confronti di queste aziende: vorrei ricordare ai colleghi e al Governo, infatti, che di giorno in giorno sta aumentando la richiesta di cassa integrazione (non si riscontrava negli ultimi anni in questa misura); stanno chiudendo moltissime aziende e diminuendo il numero degli occupati in maniera veramente preoccupante. Non è una richiesta campanilistica o di protezione di un settore, ma solamente un grido di allarme certo, perché verificato sui numeri, nei confronti di un'economia che non può essere lasciata morire senza che si prendano opportuni provvedimenti.

Questo provvedimento - è stato detto anche dai colleghi già intervenuti - non potrà essere quello risolutivo né l'unico. Noi però, nel momento in cui è stato elaborato un testo unificato con l'accordo di tutti gruppi, abbiamo il dovere di essere rapidi nell'approvazione del provvedimento in esame. Soprattutto - questo è un impegno che affido in particolare al Governo -, questo provvedimento dovrà essere accompagnato da un'attenzione reale, sia nel momento dell'approvazione sia successivamente. Infatti, vi potranno essere problemi a livello comunitario per i riferimenti che citavo in precedenza.

Inoltre, il presente testo unificato dovrà essere accompagnato dalla modifica del regolamento e dei codici doganali che sottendono al regolamento europeo, perché - come spiegato dal relatore - il provvedimento si compone di due parti: una riguarda il marchio «100 per cento Italia» di proprietà del Ministero delle attività produttive, che è un marchio volontario che può essere chiesto dall'imprenditore e che, indipendentemente dall'esistenza dell'attuale marchio «made in Italy», si può apporre sulle proprie calzature; l'altra riguarda il problema lasciato proprio dal marchio «made in Italy», che provvederemo ad indirizzare attraverso una nuova etichettatura, sempre volontaria, con la tracciabilità dei prodotti, ma che attualmente non tutela le nostre aziende.

Quindi, dovremo svolgere un duplice lavoro: accompagnare l'approvazione di questo provvedimento e sollecitare la modifica del regolamento europeo con una chiara posizione italiana nei confronti dell'Unione europea, in quanto occorre far capire che la sussistenza e la vitalità della nostra economia e delle nostre aziende potranno essere garantite solo se l'Europa capirà che il mercato unico non può essere soggetto alle stesse regole valide vent'anni fa e che non ci si può aprire alle sfide giuste della globalizzazione con le regole attualmente in vigore. Altrimenti, le nostre imprese si troveranno a mani nude a combattere con una concorrenza agguerrita, come quella dei paesi asiatici.

 

Non possiamo pensare a misure protezionistiche - come invocato da qualcuno -, che sarebbero antistoriche e anche inefficaci nei confronti di prodotti che nascono all'origine con un prezzo talmente basso che, per essere competitivi con i nostri, dovrebbero essere tassati con dazi impensabili. Tuttavia, in questo momento, possiamo chiedere che il commissario Mendelssohn continui nel suo lavoro volto a considerare anche le norme di salvaguardia per fronteggiare l'attuale momento di crisi. Ma si tratta di misure tampone, che possono solo rallentare questo processo, essendo tra l'altro a breve termine.

Dunque, occorre che la nostra strategia si affermi, in quanto non abbiamo altre possibilità per salvare la nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

 

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore rinuncia alla replica.

 

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, confermo le valutazioni positive svolte poco fa sul presente testo e noto con piacere che il significato politico di questo provvedimento, soprattutto in riferimento all'obbligo di etichettatura dei prodotti, è stato riaffermato anche negli interventi. Ciò è particolarmente importante, anche perché in questi giorni si sta combattendo una vera e propria battaglia per difendere gli interessi delle nostre aziende, soprattutto di quelle del comparto tessile e calzaturiero.

 

Ritengo non si possa attendere oltre - come è stato sottolineato negli interventi che mi hanno preceduto - e che all'Europa vada inviato un segnale chiaro. Anche la presa di posizione di ieri dell'Unione europea sull'avvio delle procedure per la applicazione delle misure di salvaguardia è un segnale che procede ad una velocità troppo lenta rispetto alle esigenze concrete delle nostre aziende.

 

Quindi, è importante che questo provvedimento venga rapidamente approvato. Mi auguro che possa essere ulteriormente migliorato, dando un segnale ancora più deciso.

 

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

 

 

 

 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO E STENOGRAFICO

634.

SEDUTA DI lunedì 30 maggio 2005

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA

indi

 

DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI 


Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri: Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani (472-1250-2689-2805-3817-4001-4497) (ore 14,52).

 

 

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri: Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani.

Ricordo che nella seduta del 26 maggio 2005 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

 

(Esame degli articoli - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.

Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezioni 2 e 3).

Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89 del regolamento, l'articolo aggiuntivo Gambini 6.030, non previamente presentato in Commissione, relativo al riconoscimento di un credito d'imposta per la difesa della proprietà industriale alle piccole e medie imprese per la costituzione e l'acquisto dei diritti di proprietà industriale in Italia e all'estero (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 1).

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,53).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

 

Si riprende la discussione.

 

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 4).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro dell'emendamento Gambini 1.20, altrimenti il parere è contrario.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 14,55, è ripresa alle 15,20.

 

PRESIDENTE. Onorevole Gambini, accede all'invito al ritiro formulato dal relatore?

 

SERGIO GAMBINI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Vorrei insistere su questo emendamento perché esso ci consente di presentare un'iniziativa a difesa delle produzioni del made in Italy con l'istituzione del marchio «100 per cento Italia» con un approccio non eccessivamente statalista, come invece accade attraverso l'attuale formulazione del comma 1 dell'articolo 1.

I colleghi avranno modo di vedere in seguito che il nostro gruppo ha presentato, insieme ad altri colleghi dell'opposizione, anche altri emendamenti che nell'attribuzione del marchio puntano a dare un ruolo direttamente ai consorzi di impresa o, in alternativa, alle camere di commercio. Attraverso questo meccanismo, vogliamo evitare che l'attribuzione del marchio «100 per cento Italia» rimanga una competenza delle burocrazie ministeriali. In questo modo, tra l'altro, si indebolirebbe presso l'Unione europea tutta l'operazione che compiamo con l'istituzione di questo marchio, che sappiamo essere un'operazione border-line rispetto alle sentenze della Corte europea, che si è già espressa su questo aspetto.

Certamente caratterizzare eccessivamente l'attribuzione di questo marchio come attribuzione dello Stato costituisce uno degli elementi che indeboliscono maggiormente l'intera operazione, oltre a dare un segno - lo ripeto - eccessivamente statalista ad un'iniziativa che, invece, dovrebbe vedere protagoniste le imprese del nostro paese.

Per questa ragione, non ritiro l'emendamento che porta la mia firma e invito i colleghi a valutarlo con particolare attenzione, soprattutto quei colleghi della nostra Assemblea, che so essere numerosi, che in questo caso come in altri ritengono che un ruolo decisivo debba essere svolto dalle imprese e, per i consorzi di impresa, dalle camere di commercio, che rappresentano l'imprenditoria del nostro paese, piuttosto che dalle burocrazie ministeriali.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gambini 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 297

Votanti 295

Astenuti 2

Maggioranza 148

Hanno votato 127

Hanno votato no 168

Sono in missione 94 deputati).

Prendo atto che l'onorevole Ranieli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 304

Votanti 302

Astenuti 2

Maggioranza 152

Hanno votato 302

Sono in missione 93 deputati).

 

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 5).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Scaltritti 2.20.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo si rimette all'Assemblea.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Scaltritti 2.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 304

Votanti 303

Astenuti 1

Maggioranza 152

Hanno votato 302

Hanno votato no 1

Sono in missione 93 deputati).

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 310

Votanti 308

Astenuti 2

Maggioranza 155

Hanno votato 308).

 

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 6).

 

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Paola Mariani 3.20, invita al ritiro degli emendamenti Nieddu 3.24, Gambini 3.25 e Paola Mariani 3.21, esprime parere favorevole sull'emendamento Zanella 3.23 ed invita al ritiro dell'emendamento Zanella 3.22 e dell'articolo aggiuntivo Nieddu 3.02.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore, tranne che sull'emendamento Zanella 3.23, sul quale si rimette all'Assemblea, e sull'articolo aggiuntivo Nieddu 3.02, sul quale esprime parere contrario.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Paola Mariani 3.20.

 

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paola Mariani. Ne ha facoltà.

 

PAOLA MARIANI. Signor Presidente, l'emendamento in esame vuole inserire tra le modalità e i requisiti per la concessione del marchio anche l'attestazione che al prodotto italiano siano state effettuate le necessarie analisi chimiche e meccaniche. Si tratta di un requisito molto importante perché rende possibile certificare che i nostri prodotti sono stati realizzati in conformità alle normative italiane ed europee e non contengono sostanze tossiche. Lo stesso, spesso, non si può dire per i capi e le pelletterie che vengono dall'estero i quali, essendo realizzati con coloranti e materiale di scarsa qualità, possono essere pericolosi per il consumatore. Dunque, chiediamo che nella normativa venga inserito anche tale requisito.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paola Mariani 3.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 315

Votanti 314

Astenuti 1

Maggioranza 158

Hanno votato 314).

 

Passiamo all'emendamento Nieddu 3.24.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

 

SERGIO GAMBINI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Come ricordavo in parte nell'intervento precedente, l'emendamento in esame attribuisce la titolarità del marchio ai consorzi di impresa. Ci sembra necessario, oltre che avere introdotto il meccanismo dell'autocertificazione, che la titolarità di chi attribuisce concretamente il marchio rimanga in capo alle imprese ed ai consorzi di impresa, secondo un meccanismo largamente diffuso e più moderno. Piuttosto che avere un rapporto di autorizzazione da parte dello Stato e del ministero, bisogna puntare, non solo per velocizzare ma anche per rendere più pregnante la verifica della qualità dei prodotti realizzati, su un presidio di qualità in capo alle imprese o ai consorzi di impresa.

Per tale ragione, ci sembra utile una correzione: invece di far pesare sulle spalle del ministero il suddetto ruolo, bisogna trasferirlo ai consorzi di impresa.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nieddu 3.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 314

Maggioranza 158

Hanno votato 141

Hanno votato no 173).

Passiamo all'emendamento Gambini 3.25.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

 

SERGIO GAMBINI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, non ritiriamo l'emendamento in esame per le ragioni già espresse precedentemente. Si tratta di un ulteriore tentativo: se non si vuole valorizzare il ruolo dei consorzi di impresa, si provi a valorizzare il ruolo delle camere di commercio.

Ripeto: si cerca anche di aggirare, attraverso il trasferimento della suddetta titolarità dal ministero alle camere di commercio, i divieti espressi dalla Corte europea nei confronti di altri paesi che hanno provato ad incamminarsi su tale strada. È vero che sono sentenze in qualche modo datate, risalenti a prima della scadenza, ad esempio, dell'accordo multifibre del 31 dicembre 2004, e che dunque tale scadenza ed eventi successivi hanno creato un clima differente in Europa, nonché l'assunzione di diverse iniziative da parte della Commissione europea, tuttavia ci sembra utile, per velocizzare e rendere più efficace questo provvedimento, cercare di depotenziare il ruolo del Ministero delle attività produttive, aumentando invece quello delle camere di commercio.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gambini 3.25, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 325

Votanti 324

Astenuti 1

Maggioranza 163

Hanno votato 143

Hanno votato no 181).

Passiamo all'emendamento Paola Mariani 3.21.

Chiedo all'onorevole presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.

 

PAOLA MARIANI. Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Sta bene.

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 3.23, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 318

Maggioranza 160

Hanno votato 314

Hanno votato no 4).

Passiamo all'emendamento Zanella 3.22.

Chiedo agli onorevoli presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.

 

MAURO BULGARELLI. Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Sta bene.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 328

Maggioranza 165

Hanno votato 327

Hanno votato no 1).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Nieddu 3.02.

Chiedo agli onorevoli presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

 

GONARIO NIEDDU. Signor Presidente, non intendo ritirare questo articolo aggiuntivo, anche se comprendo la delicatezza della questione. In Commissione vi è stata, al riguardo, un'ampia discussione e so perfettamente che questo articolo aggiuntivo potrebbe creare qualche difficoltà in sede europea. Tuttavia, se vogliamo combattere la nostra battaglia per salvaguardare i prodotti italiani, dobbiamo porre un argine nel modo che riteniamo più opportuno; ciò, proprio al fine di combattere la concorrenza sleale, la contraffazione e la pubblicità ingannevole.

Penso che per raggiungere tale obiettivo sia fondamentale tutelare i nostri marchi, i nostri simboli e la nostra bandiera. Per questo chiediamo, con il nostro articolo aggiuntivo, che il Ministero delle attività produttive si adoperi per la registrazione di tali marchi e che, al tempo stesso, si attivi con ogni iniziativa legale contro l'uso non corretto del nostro marchio sul mercato nazionale.

Chiedo pertanto al Governo di modificare il suo parere contrario e di considerare questa nostra proposta emendativa come un supporto fondamentale all'interno di un confronto necessario in sede europea, a tutela del prodotto italiano. Ritengo infatti che le imprese italiane necessitino di tale tutela, in particolare in un momento, come quello attuale, in cui tutti i settori della nostra produzione versano in una gravissima crisi economica (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

 

LUIGI D'AGRÒ. Il collega Nieddu ha sottolineato la delicatezza di questo articolo aggiuntivo, che potrebbe creare dei problemi. Di questo lo abbiamo avvertito in sede di Comitato dei nove, dove peraltro abbiamo convenuto possa esservi una condivisione della sostanza dell'articolo aggiuntivo in questione. Non siamo infatti contrari in modo pregiudiziale, tuttavia non vorremmo introdurre un elemento normativo che, nel quadro di riferimento armonico che abbiamo cercato di delineare in questo testo unificato, potrebbe creare effettivamente delle difficoltà anche rispetto al successivo iter del provvedimento.

Siamo quindi ampiamente disponibili ad approvare, in materia, un ordine del giorno volto a tutelare l'indirizzo evocato in questo articolo aggiuntivo.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, abbiamo insistito su questo articolo aggiuntivo poiché altri paesi hanno già provveduto a tutelare il loro nome e la loro bandiera (mi riferisco, ad esempio, alla Francia, che ha tutelato su tutti i mercati il suo nome e la bandiera francese).

Qualche tempo fa una delegazione cinese ci ha fatto presente che qualsiasi impresa cinese potrebbe brevettare in Italia un marchio «Italian style» e noi non potremmo farci nulla! Sarebbe bene allora che il nostro Governo si attivasse rapidamente sui mercati internazionali nei diversi paesi per tutelare la bandiera, il nome ed i marchi del nostro paese. Si tratta, pertanto, di un emendamento più che ragionevole.

Viene affermato che, comunque, vi sono diversi provvedimenti che si muovono in questa direzione, ma nulla è stato fatto fino ad oggi.

Ci sembra, pertanto, necessaria l'approvazione della proposta emendativa in esame. Se successivamente si avrà l'intenzione di presentare un ordine del giorno in tal senso, noi apporremo la nostra firma, ma adesso insistiamo perché questo articolo aggiuntivo venga approvato.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scaltritti. Ne ha facoltà.

 

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, vorrei sottolineare che, a tale riguardo, in Commissione i colleghi sono stati invitati ad adottare una posizione complessiva, poiché non vi è una divergenza nella valutazione del problema. È comunque necessaria, come affermava il collega D'Agrò, una sorta di armonizzazione al riguardo con un'azione del Governo estremamente appropriata e attenta a come muoversi rispetto alle normative internazionali e nazionali.

Pertanto, proponiamo fortemente la presentazione di un ordine del giorno in tal senso sul quale spero convergano tutte le forze politiche, perché credo che ciò sia il vero percorso per tutelare i simboli della nostra Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

 

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, non concordo con l'idea di presentare un ordine del giorno, perché oggi tutti tocchiamo con mano il tipo di concorrenza che i nostri prodotti, purtroppo, stanno subendo. Con riferimento alla bandierina apposta sui vari prodotti all'estero, spesso dà fastidio vedere quella dell'Italia. Perché, allora, considerato che si tratta di un problema così importante, non esprimerci subito per aiutare le nostre imprese, soprattutto, quelle del settore del tessile? Dobbiamo tutelare il nome, la bandiera ed i simboli della Repubblica italiana. Perché, allora, non farlo adesso e perché aspettare un ordine del giorno, anche se condiviso, che si pronunzi in tal senso?

Abbiamo anche scoperto, con riferimento al mondo del web, dei siti Internet, che i primi che arrivano ottengono la proprietà, il dominio in ordine a ciò. Allora, se qualcuno, prima dell'approvazione del provvedimento o in attesa che sia data attuazione all'ordine del giorno, utilizzasse un marchio o la bandiera italiana, noi non potremmo più fare niente? Il provvedimento in esame si pone a tutela dei nostri prodotti e, pertanto, i simboli del nostro paese dovrebbero essere tutelati subito, senza aspettare domani.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

 

SERGIO COLA. Signor Presidente, mi pare che l'ordine del giorno ipotizzato rispecchi in buona sostanza ciò che è stato affermato dall'onorevole Ruggeri e, precedentemente, dall'onorevole Gambini.

Agli amici della maggioranza vorrei porre un problema di attualità e lo dico cognita causa, assolutamente non in termini generici, ma scontrandomi con una realtà, purtroppo, inquietante. Anche a livello di attività professionale mi è capitato di imbattermi in una serie di vicende processuali riguardanti prodotti provenienti dalla Cina, da Taiwan e recanti la scritta «Italian style».

A mio avviso, tutto questo ha già danneggiato in maniera enorme i produttori italiani e, siccome con il passare del tempo si intensifica sempre più questo modo di procedere ingannevole, per quale motivo dovremmo affidarci ad un ordine del giorno, che magari resterebbe lettera morta e potrebbe essere recepito in tempi molto lunghi, invece di affrontare immediatamente il problema?

A mio parere l'approvazione di questo articolo aggiuntivo, magari riformulato, risolverebbe i problemi, tutelando i produttori italiani che si vedono sottoposti ad una concorrenza sleale nel vero senso della parola.

Pensate ai container che quotidianamente giungono dalla Cina a Napoli, a Genova e in altre località, nei quali si rinvengono prodotti che recano la scritta «Italian style», il che tra l'altro non è perseguibile sotto il profilo penale non trattandosi di un marchio, di un brevetto, ma di una semplice indicazione diversa dal «made in Italy»! Quindi, agire subito non farebbe altro che tutelare gli italiani, che già sono bistrattati dall'Europa; non aggraviamo dunque la situazione degli imprenditori e dei produttori italiani!

 

LUIGI D'AGRÒ. Presidente, chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Onorevole D'Agrò, mi dispiace, ma non posso darle la parola perché è già intervenuto sull'articolo aggiuntivo in esame.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Nieddu 3.02, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 322

Votanti 318

Astenuti 4

Maggioranza 160

Hanno votato 145

Hanno votato no 173).

 

Si riprende la discussione.

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 7).

 

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Paola Mariani 4.20 e Tedeschi 4.21 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 4.100 che, alla rubrica, propone di sostituire le parole: «di conformità delle» con la seguente: «sulle».

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore ed accetta l'emendamento 4.100 della Commissione.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Paola Mariani 4.20.

Chiedo all'onorevole Mariani se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 4.20 formulato dal relatore.

 

PAOLA MARIANI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro formulato dal relatore, ma volevo spiegare che la dicitura «e con l'Ispettorato del lavoro» non era da intendersi con un intento punitivo o ulteriormente ispettivo nei confronti delle autocertificazioni.

 

Occorre comprendere che sul territorio italiano vi sono anche imprenditori non italiani, che lavorano con orari e modalità non conformi alla nostra normativa. Si tratta di una richiesta proveniente dalle imprese del settore calzaturiero e vorremmo dunque che la certificazione «made in Italy» fosse attribuita o confermata anche a quelle aziende che lavorano rispettando regole e orari di lavoro.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Tedeschi 4.21.

 

Chiedo all'onorevole Tedeschi se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 4.21 formulato dal relatore.

 

MASSIMO TEDESCHI. Signor Presidente, ritiro l'emendamento ribadendo che il senso della presente proposta emendativa era quello di estendere le modalità di controllo in un settore importante come quello del quale ci stiamo occupando e la cui competenza investe anche il sistema locale, prevedendo l'utilizzo appunto della polizia locale.

Accedo all'invito al ritiro, ma chiedo che la tematica dei controlli, affidati anche alla polizia locale in materie decentrate, sia comunque tenuta in considerazione, avendo presente che in proposito esistono precedenti, come ad esempio nella legge n. 438 del 1992 (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Tedeschi.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.100 della Commissione, accettato dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 325

Votanti 322

Astenuti 3

Maggioranza 162

Hanno votato 322).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 318

Votanti 316

Astenuti 2

Maggioranza 159

Hanno votato 316).

Prendo atto che gli onorevoli Brusco ed Osvaldo Napoli non sono riusciti a votare.

 

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C.472 ed abbinate sezione 8).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime favorevole sull'emendamento Didonè 5.20, mentre formula un invito al ritiro dell'emendamento Tedeschi 5. 21, altrimenti il parere è contrario.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore sull'emendamento Didonè 5.20. È accettabile che sia prevista una delega ai consorzi per il controllo da parte delle camere di commercio, ma in questo caso diventa importante che gli enti delegati siano individuati in maniera analitica.

Per quanto riguarda l'emendamento Tedeschi 5.21, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore per le stesse ragioni addotte in occasione del precedente emendamento di cui si era chiesto il ritiro.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Didonè 5.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 323

Votanti 320

Astenuti 3

Maggioranza 161

Hanno votato 202

Hanno votato no 118).

Prendo atto che gli onorevoli Falanga e Zorzato non sono riusciti a votare.

 

Chiedo all'onorevole Tedeschi se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 5.21.

 

MASSIMO TEDESCHI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro in base alle motivazioni esposte in precedenza.

 

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, nel testo emendato.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 321

Maggioranza 161

Hanno votato 320

Hanno votato no 1).

 

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C.472 ed abbinate sezione 9).

Ricordo che l'articolo aggiuntivo Gambini 6.030 è stato dichiarato inammissibile.

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime favorevole sull'emendamento Raisi 6.20.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 6.20, accettato dalla Commissione e dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 321

Maggioranza 161

Hanno votato 321).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6, nel testo emendato.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 324

Votanti 323

Astenuti 1

Maggioranza 162

Hanno votato 323).

 

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 10).

 

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente...

 

PRESIDENTE. Dopo i pareri, onorevole Polledri...

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro degli emendamenti Raisi 7.1, Didonè 7.21, Polledri 7.22, Zanella 7.23 e Quartiani 7.20, altrimenti il parere è contrario.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore sull'emendamento Raisi 7.1, mentre si rimette all'Assemblea sull'emendamento Didonè 7.21 perché si rende conto che il provvedimento in oggetto, anche alla luce del dibattito generale tenutosi giovedì, ha anche lo scopo di dare un segnale politico forte nei confronti dell'Unione europea, a tutt'oggi inadempiente sull'etichettatura dei prodotti.

 

Sull'emendamento Polledri 7.22 il Governo esprime parere favorevole, come credo anche il relatore, e concorda con il parere espresso dal relatore sugli emendamenti Zanella 7.23 e Quartiani 7.20.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Per quanto riguarda l'emendamento Polledri 7.22, la Commissione esprime parere favorevole anziché chiederne il ritiro, come erroneamente detto in precedenza per un errore di lettura.

 

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, chiedo di parlare sul complesso degli emendamenti.

 

PRESIDENTE. Onorevole Polledri, in questa fase non è possibile intervenire sul complesso degli emendamenti.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Raisi 7.1.

Onorevole Polledri, se lo ritiene, può parlare per dichiarazione di voto su tale emendamento.

 

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, la ringrazio, ma avevo chiesto tempestivamente di intervenire sul complesso degli emendamenti, prima dell'espressione dei pareri.

Mi ricollego alle osservazioni formulate dal collega Cola, il quale si riferiva ad un caso relativo all'etichettatura dei prodotti. Stiamo parlando dell'etichettatura dei prodotti esteri che giungono nel nostro paese, vale a dire di un problema fortemente sentito da tutte le categorie del made in Italy, ma ci viene detto che in questa materia vi è la competenza dell'Europa. È vero, ed è anche vero che spesso è l'Europa ad indurre gli Stati membri ad essere inadempienti. In questo caso, ritengo che il Parlamento possa ribaltare la situazione e dire: cara Europa che dovevi tutelare i nostri prodotti e i nostri consumatori, perché non hai ancora stabilito le linee guida dell'etichettatura dei prodotti di cui devono disporre i nostri consumatori? Infatti, questo è il nodo, onorevoli colleghi. Una volta tanto che dobbiamo difendere i nostri prodotti e che l'Europa dovrebbe fornire indicazioni chiare sui prodotti che finiscono nelle mense dei nostri figli e nelle nostre case, l'Europa è inadempiente. Non possiamo fare nulla di fronte a ciò?

Ci viene detto dall'Europa che non possiamo più realizzare determinati prodotti, perché tuteliamo la DOP e proteggiamo una serie di produzioni. Non possiamo più produrre il formaggio di fossa, dobbiamo tutelare i nostri vini e i consumatori e, se arriva un prodotto dalla Cina con l'indicazione «italian style», non possiamo dire nulla e le nostre aziende sono costrette a chiudere. Ciò accade perché l'Europa non si adegua, in quanto è probabilmente impegnata da qualche altra parte. Se arriva il concentrato di pomodoro

cinese, dentro al quale c'è di tutto, può entrare tranquillamente; ma poi i NAS vanno nelle nostre aziende, dai nostri produttori e nei nostri salumifici, e controllano la punta del coltello, non si può più usare il marmo, non si può più usare solamente la plastica, deve essere tutto in acciaio inox... Ma chi controlla i prodotti che arrivano dall'estero?

L'emendamento Didonè 7.21 e l'emendamento a mia prima firma 7.22 tendono a fare chiarezza. Per effetto dell'emendamento Didonè 7.21, si prevede che, al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati, sia istituito un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in paesi non appartenenti all'Unione europea, sopprimendo le parole «su base volontaria». Ma, secondo voi, su base volontaria il produttore cinese si adegua alla nostra normativa? Su base volontaria, sicuramente non lo fa. Se qualcuno vuole importare merci in Italia, dovrà ben adeguarsi ai nostri criteri igienico-sanitari, ma non soltanto: si prevede anche il rispetto della normativa a tutela del lavoro e sullo sfruttamento dei minori. Vogliamo che chi importa merci in Italia sia in regola con i nostri principi di civiltà in materia di tutela dei lavoratori e di divieto del lavoro minorile. Se si prevede che ciò avvenga su base volontaria, sicuramente nessuno si adeguerà.

Richiamo pertanto l'attenzione dell'Assemblea e chiedo un voto favorevole. Si dirà: ma l'Europa di qui, ma l'Europa di là... Incominci l'Europa ad adeguarsi alle norme che essa stessa ha stabilito e tuteli le nostre imprese, che chiudono continuamente!

Chiedo pertanto l'approvazione dell'emendamento Didonè 7.21, di cui sono cofirmatario, e del mio emendamento 7.22.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.

 

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, al pari dell'onorevole Polledri, intendo richiamare l'attenzione dell'Assemblea sugli emendamenti 7.21 e 7.22, su cui chiedo un voto favorevole. Infatti, come ha osservato l'onorevole Polledri, l'Europa, in questo campo, è in colpevole ritardo.

Vorrei ricordare che tutti paesi in cui esiste un mercato consistente - Stati Uniti, Giappone, la stessa Cina - sono dotati di norme che obbligano gli importatori a garantire la tracciabilità dei prodotti importati. L'Unione europea al riguardo sta, invece, dormendo!

È necessario che chi acquista dei beni che magari recano come logo una bandierina italiana, ma sono prodotti altrove (spesso in Cina o in altri paesi extra europei), possa conoscere la reale natura del prodotto, nonché il processo produttivo e i sistemi di imballaggio e di conservazione utilizzati.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

 

ERMETE REALACCI. Chiedo scusa ai colleghi che hanno lavorato a lungo sul testo unificato in esame. Comprendo le obiezioni di chi richiama alla coerenza con la normativa europea. Ritengo, però, che l'emendamento ora al nostro esame, così come quello successivo, rechino delle proposte ragionevoli. Il problema sollevato è reale e riguarda l'aggiornamento delle norme e l'adeguatezza dei controlli.

Non è oggetto del contendere in questo provvedimento, ma non è perfettamente comprensibile che il nostro paese sia, ad esempio, il più grande importatore di concentrato di pomodoro di origine cinese, che poi viene trasformato in passata di pomodoro recante, come noto, una dicitura che induce a ritenere che l'origine del prodotto sia italiana.

Non credo sia obiettivo di questa legge permettere ad aziende italiane, come accaduto nello scorso aprile, di realizzare delle lavorazioni interamente in Cina, per poi apporre sui prodotti ottenuti il marchio «Italy» (con tanto di bandierina italiana!) e venderli come se fossero realizzati in Italia. Ebbene, a fronte di tale comportamento, è intervenuta una sentenza della Cassazione, ma l'azienda coinvolta ha potuto continuare queste pratiche. Francamente, ritengo che tali emendamenti vadano nella giusta direzione e, pertanto, li sottoscrivo.

A mio avviso, è necessario rinviare, invece, ad altra sede l'esame della questione della coerenza con le normative dell'Unione europea. Considero, infatti, necessario dare un segnale in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

 

SERGIO COLA. La sentenza della Corte di Cassazione ricordata poc'anzi dal collega Realacci è potuta intervenire in quanto manca una norma che consenta di tutelare adeguatamente il prodotto italiano. Ipotizzare che il sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in paesi non appartenenti all'Unione europea avvenga su base volontaria - mi si passi il termine - equivale ad un «cavolo». È solo un esercizio di ipocrisia, ma non di reale tutela del prodotto italiano!

Ricordo a chi, per avventura, sostenesse che le mie precedenti osservazioni riferite all'articolo 4 risultano assorbite dall'articolo 7 che la sua tesi corrisponde ad una falsa prospettazione della realtà. L'articolo 7, ora al nostro esame, reca principi del tutto differenti. Come già evidenziato, la semplice volontarietà, in base alla quale adeguarsi o meno a tali disposizioni, lascia il tempo che trova.

Nel prosieguo dell'articolo 7, poi, si dispone che l'etichettatura deve indicare il paese di origine del prodotto finito: ma tale misura già esiste! Tutti i prodotti provenienti da paesi non comunitari debbono recare la dicitura «Made in ...»: niente di nuovo, quindi!

Si dispone, inoltre, che tale etichettatura, deve indicare, oltre all'origine del prodotto finito, anche quella dei prodotti intermedi e la loro realizzazione, nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali. Lasciare l'applicazione di questa disposizione alla volontarietà non risolve il problema evidenziato in sede di esame dell'articolo 4.

Se un prodotto reca la dicitura «Italian style», ancorché tale prodotto sia accompagnato dall'etichettatura che reca l'indicazione del paese di origine, di produzione intermedia e il rispetto di determinate regole, è chiaro che si realizza un inganno (ex articolo 516 del codice penale) nei confronti dell'acquirente, il quale, leggendo l'indicazione «Italian style», viene indotto a ritenere che l'origine del prodotto sia italiana.

Ritengo che tale problema sussista e, pertanto, rivolgo il mio appello soprattutto ai colleghi della maggioranza e al relatore, a coloro, cioè, che possono rappresentare al Governo queste esigenze.

Se approveremo un ordine del giorno, esso dovrà essere immediatamente realizzato, con quanto previsto nell'emendamento Didonè 7.21, in un prossimo decreto-legge, che per omogeneità di materia potrà recepire siffatta modifica.

I produttori italiani hanno un'effettiva esigenza per molte ragioni. Prodi ci ha un po' rovinato con il doppio corso lira-euro solamente per un anno; ci ha rovinato quando era Presidente della Commissione europea, stabilendo lacci, lacciuoli e regole che hanno di fatto distrutto le piccole e medie imprese italiane. Non roviniamoci anche noi persistendo in questa esercitazione di ipocrisia e di formalismo e non adottando i provvedimenti a loro tutela (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulio Conti. Ne ha facoltà.

 

GIULIO CONTI. Signor Presidente, per l'esperienza diretta quale sindaco di un centro dove sussiste tale problema, che è eclatante a causa di questo marchingegno trascurato dall'Unione europea, che dovrebbe invece garantire anche i minimi diritti dei nostri produttori, esprimerò a titolo personale un voto favorevole sugli emendamenti Didonè 7.21 e Polledri 7.22.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scaltritti. Ne ha facoltà.

 

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia non può che sostenere tali emendamenti, che confermano la linea forte del Governo e della nostra parte politica nei confronti sia dell'Unione europea che della realtà internazionale, su cui lo stesso Presidente Berlusconi è intervenuto.

Preannunzio, pertanto, il voto favorevole del gruppo di Forza Italia sugli emendamenti Didonè 7.21 e Polledri 7.22.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

 

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, questo è un punto chiave di tutto il provvedimento, perché, come ha detto il collega Ermete Realacci, non vi è dubbio che dobbiamo dare un segnale di presenza da parte di uno Stato che vuole difendere i propri prodotti, produttori e consumatori.

Non vi è dubbio che la dicitura «su base volontaria» denota una filosofia che va a cozzare contro la volontà del mercato riguardante il tema in questione. Il motore di questo tipo di concorrenza è esclusivamente il profitto; dietro ai prodotti che arrivano da alcune aree sappiamo che vi è lo sfruttamento reale dei bambini: di questo ne siamo a conoscenza! Dunque, conoscendo le aree da cui arrivano i prodotti, siamo informati non solo della provenienza del concentrato di pomodoro ma anche dell'esistenza dello sfruttamento dei diritti dei lavoratori e, in modo particolare, di quelli dei bambini.

Il problema sta proprio nella posizione or ora espressa, mentre poco fa, quando vi abbiamo chiesto di istituire un marchio per difendere la bandiera italiana che troviamo sulle scarpe cinesi, voi avete votato in senso contrario.

Sappiamo che si tratta di un provvedimento importante per il nostro paese: è una piccola cosa, che però è importante approvare! Se approveremo l'emendamento Didonè 7.21, che pur è giusto, potremmo correre il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione in sede comunitaria; ciò significherebbe che la legge andrebbe «a pallino», e cioè che non avremo più alcuno strumento. Si tratta di un inghippo, di un vicolo cieco da cui dobbiamo uscire, trovando dei motivi che ci consentano di essere tranquilli nel fare un'operazione legislativa efficace.

Siamo costretti a prevedere un marchio ed una etichettatura di tipo volontario? Ognuno si assuma le proprie responsabilità! Se il voto sarà favorevole, vorrei sapere dagli altri colleghi o dal Governo se si aprirebbe o meno una procedura di infrazione in sede comunitaria. Se vi sarà una procedura d'infrazione, il mio voto non potrà essere favorevole; se, invece, l'infrazione in sede comunitaria non vi sarà, certamente il mio voto sarà favorevole.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paola Mariani. Ne ha facoltà.

 

PAOLA MARIANI. Signor Presidente, le argomentazioni addotte dai colleghi sono, a mio avviso, tutte esatte. Tali argomentazioni, ovviamente, non riguardano i prodotti agroalimentari, i quali non rientrano in questo campo perché per essi l'etichettatura è già prevista.

Con questo provvedimento si disciplina un settore che fino ad ora era rimasto privo di normativa, quello dei prodotti tessili e calzaturieri. Siamo perfettamente d'accordo sul fatto che questo sia il nocciolo del problema e di tutto il provvedimento.

Si potrebbe anche dire che sarebbe sufficiente, per risolvere i problemi dei nostri imprenditori, che i prodotti, italiani ed esteri, fossero provvisti di etichette certe, che indicassero ai consumatori dove, come e con quali materiali gli stessi sono prodotti. Però, come sappiamo, esiste un problema di incompatibilità comunitaria, ed è per questo che tale provvedimento è stato provvisto, per così dire, di due binari. Da un lato, si introduce il marchio volontario («100 per cento Italia»), che non sarebbe stato previsto nel caso in cui esistesse già un'etichettatura certa e obbligatoria; dall'altro lato, si è posta la questione delle etichette. Quest'ultima rappresenta quella parte del provvedimento che considero un manifesto per l'Europa, in quanto sta ad indicare quali sono le nostre volontà. È chiaro che, una volta approvato l'emendamento Didonè 7.21, sarà necessaria la volontà comune del Parlamento e del Governo per chiedere a Bruxelles che venga modificata la parte relativa all'obbligatorietà.

Dato che siamo consapevoli che approvando questo emendamento potremmo andare incontro ad un'infrazione in sede comunitaria, rendendo in tal modo inutile anche la prima parte del provvedimento, che rappresenta quel piccolo spiraglio che si attendono le nostre imprese, vorremmo una risposta chiara da parte del Governo sull'emendamento Didonè 7.21. Il Governo non può, a mio avviso, rimettersi all'Assemblea, perché questo non è un emendamento qualsiasi, in quanto richiama una normativa comunitaria; conseguentemente, l'esecutivo deve esprimersi su di esso con un sì o con un no. Sulla base della risposta fornita dal Governo, il nostro gruppo deciderà come votare.

 

BRUNO TABACCI, Presidente della X Commissione. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUNO TABACCI, Presidente della X Commissione. Signor Presidente, questa tematica, anche per come si sta sviluppando il dibattito, presenta profili di una certa delicatezza; sarebbe forse opportuno che il Comitato dei nove si riunisse e che per il momento l'emendamento Didonè 7.21 venisse accantonato.

C'è un aspetto sul quale desidero richiamare l'attenzione dell'Assemblea. Noi abbiamo, ovviamente, il diritto di difendere i prodotti nazionali, ci mancherebbe altro! Vorrei però che si lasciasse cadere la retorica del cosiddetto dumping sociale, perché la trovo di cattivo gusto. Davvero le preoccupazioni che abbiamo in ordine alla difesa dei prodotti italiani sono tali per cui siamo emozionati se pensiamo che nei paesi del Terzo mondo i bambini lavorano in condizioni di bassa tutela sociale? Ma cent'anni fa i bambini italiani dove lavoravano? Magari nelle miniere del Belgio! Non mi pare, quindi, il caso di immergersi troppo in una difesa assolutamente retorica delle condizioni del Terzo mondo! È chiaro che al Terzo mondo dobbiamo pensarci tutti, se vogliamo preservare le condizioni per uno sviluppo equilibrato.

Pertanto, prendiamo in considerazione altri argomenti, ma lasciamo stare la retorica del dumping sociale, che mi pare la meno adatta per raffigurare le condizioni di disuguaglianza in cui vivono le diverse realtà del mondo.

 

PRESIDENTE. Dopo quanto detto dal presidente Tabacci, chiedo al relatore, onorevole Lulli, se ritenga opportuno l'accantonamento dell'emendamento Didonè 7.21.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Sì, Presidente, ritengo opportuno accantonare l'emendamento Didonè 7.21.

 

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Raisi se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 7.1 formulato dal relatore.

 

ENZO RAISI. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei precisare che, al di là di ogni interpretazione, già l'articolo 7 provocherà l'apertura di una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea. Ecco perché abbiamo proposto un emendamento soppressivo dell'intero articolo.

Tuttavia, nel momento in cui alcuni colleghi e la stessa Commissione hanno chiesto con forza il ritiro del mio emendamento soppressivo 7.1 e, comunque, si ritiene di voler dare un segnale politico all'Unione europea - non dimentichiamo che il provvedimento è di iniziativa parlamentare e, quindi, non coinvolge il Governo, che, peraltro, è bene ricordarlo in questa sede, ha già compiuto, in tempi non sospetti, tutti i passi possibili affinché il tema dell'etichettatura fosse posto all'ordine del giorno dell'Unione europea -, io rispondo: benissimo! Vogliamo dare un segnale forte, come Parlamento, all'Unione europea? Allora, ritiro il mio emendamento 7.1; però è giusto che gli altri emendamenti che fanno chiarezza siano votati e diano effettivamente quel segnale forte che si vuole lanciare.

 

SERGIO COLA. Bravo! Bravo!

 

ENZO RAISI. Se si deve mediare, lo si deve fare dopo, non prima, scegliendo una posizione che comunque comporterà l'apertura di una procedura di infrazione!

Pertanto, ritiro il mio emendamento 7.1 e preannunzio che voterò a favore degli emendamenti Didonè 7.21 e Polledri 7.22 (Applausi del deputato Polledri).

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'emendamento Didonè 7.21, in relazione al quale è stata formulata una proposta di accantonamento.

 

LUIGI D'AGRÒ. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, che il provvedimento in esame - e, in modo particolare, l'articolo 7 - corra sul filo del rasoio l'abbiamo capito tutti. Tuttavia, in sede di Comitato dei nove, alla presenza del Governo, rappresentato dal viceministro Urso, l'articolo 7 è stato «sezionato» in maniera particolare.

 

SERGIO COLA. Bravo!

 

LUIGI D'AGRÒ. Mi pare che sia possibile non andare incontro a procedure di infrazione quando l'etichettatura è su base volontaria. Se, invece, l'etichettatura è vincolante, entriamo certamente in una condizione di contrasto con l'Unione europea.

Mi era parso che in sede di Comitato dei nove avessimo ragionato su questo filo logico dal punto di vista culturale, tecnico e normativo. È chiaro che, se omettiamo le parole «su base volontaria», il contrasto con la normativa europea effettivamente esiste e può dare luogo ad una procedura di infrazione.

 

ALFONSO GIANNI. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Informo i colleghi che, dopo l'intervento dell'onorevole Alfonso Gianni, sospenderò la seduta per dieci minuti.

Prego, onorevole Alfonso Gianni.

 

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, non ho avuto modo di dedicarmi all'esame del provvedimento in X Commissione in quanto non ne faccio parte, ma mi pare di intravedere in questo dibattito - mi rivolgo, ad esempio, al collega Ruggeri - una certa rottura della logica comune (non dico di quella elevata). Se un emendamento è giusto, non possiamo pervenire alla conclusione che, siccome è giusto, votiamo contro perché il contesto è diverso: se l'emendamento è giusto, va cambiato il contesto! Se l'emendamento non è giusto, non riesco ad individuare un'altra soluzione. In alternativa, non si sa e, quindi, ci si astiene.

Francamente, al di là della tecnicalità del nostro modo di legiferare in relazione ai limiti ed ai confini che l'Unione europea pone, credo che un emendamento che indichi fortemente l'intenzione, da parte del nostro paese, di segnalare, per quanto riguarda il commercio mondiale, non la retorica, onorevole Tabacci, ma la necessità di favorire la crescita - in ogni angolo del mondo - dei diritti del lavoro dipendente, a qualunque età esso venga svolto, ma con maggiore solerzia ed intensità quando vengono in rilievo il lavoro femminile e quello infantile o condizioni di esercizio particolarmente mortificanti e disagiate, sia del tutto legittimo. In caso contrario - lo dico con molta franchezza -, sorgono in me molti dubbi rispetto all'intero provvedimento.

Se il problema è semplicemente quello di far etichettare un prodotto realizzato in un determinato paese per proteggere il sistema italiano, francamente la prospettiva è molto debole e priva di sostanza. Più che un intervento reale per proteggere la nostra industria tessile - che dovrebbe vedere ben altre vie di conduzione - sembra un modo per lavarsi la coscienza. Se perdiamo l'occasione per lanciare un segnale verso l'elevazione dei diritti nel mondo del lavoro e contro il lavoro infantile, incorriamo in un doppio errore. Non dimentichiamoci, peraltro, che anche il nostro paese, per quanto riguarda le condizioni di sfruttamento minorile, non è privo di peccato (nel campo tessile, l'esempio di Francavilla Fontana non è poi così lontano, ma si potrebbero richiamare altri esempi nel settore calzaturiero). Nelle pieghe nascoste dei cosiddetti distretti industriali (è inutile raccontarci sciocchezze) si nasconde anche un lavoro familiare, un lavoro minorile, un lavoro femminile, un lavoro particolarmente disagiato; eppure, continuiamo a richiamare questi distretti come esempi della produttività, dell'intelligenza e della creatività italiana. Quindi, farebbe bene anche alla ricca Lombardia, caro Polledri, introdurre una norma che, sul piano etico ed economico, non sia scavalcabile, come argine al lavoro minorile.

Onorevole Tabacci, ho letto Rampini ed il suo nuovo libro sul metodo cinese apparso in anticipazione sul quotidiano la Repubblica. Ho letto anche le corrispondenze arrivate via e-mail sulla base di quella fonte che alcuni filocinesi contestano in quella zona particolare della Cina e sappiamo che da parte dei lavoratori cinesi giunge un doppio massaggio: da un lato, che si conoscano le condizioni nelle quali lavorano, affinché il mondo intero dia una mano per far crescere i loro diritti e, dall'altro lato, che le sanzioni non siano talmente pesanti da costringere le fabbriche in cui lavorano a chiudere e, quindi, a rimanere senza lavoro. È una cosa vecchia come il mondo.

Anche il lavoro italiano è stato sottoposto a questa contraddizione, perché il contrasto...

 

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni...

 

ALFONSO GIANNI. ...tra ambiente e lavoro lo abbiamo conosciuto anche nel nostro paese (si veda il caso Montedison). Sempre, pur facendoci carico di tutti i problemi, abbiamo dovuto forzare nell'unica direzione giusta, ossia quella nella quale non si commettono ingiustizie. Non è che il fine giustifichi i mezzi! Cominciamo a dire che certe cose non si fanno e su questa base costruiamo la nostra nuova città. Ma non facciamo il contrario, altrimenti ci troveremo il lavoro minorile nella cantina di casa.

 

GABRIELE FRIGATO. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, gli onorevoli Realacci e Ruggeri sono già intervenuti a nome del gruppo della Margherita, sicché con il mio intervento vorrei solo sottolineare - ponendo la circostanza all'attenzione dei colleghi - come di tali argomenti e della difesa delle produzioni italiane (ed europee, in genere) si discuta certamente nel nostro Parlamento ma anche nelle Assemblee legislative degli altri paesi dell'Unione; certamente, se ne dibatte nei Consigli dell'Unione e nel Parlamento europeo. Noi ci troviamo dinanzi alla difficoltà di porre in essere una normativa più stringente, pur nel rispetto del vigente quadro legislativo europeo; però, quanto vorrei maggiormente evidenziare al riguardo è il silenzio del Governo sul tema.

A me pare che l'emendamento proposto dai colleghi Didonè e Polledri sia di assoluto buon senso; certamente, bisogna verificarne la compatibilità. Ma il Governo, rispetto a tale aspetto, ha nulla da rilevare? Ha nulla da dichiarare, nel corso di questo dibattito, rispetto alla necessità di esercitare, in sede europea, un'azione più forte e stringente a difesa del made in Italy?

 

PRESIDENTE. Onorevole...

 

GABRIELE FRIGATO. Formulo tale domanda non solo per richiamare la responsabilità del Governo ma anche per acquisire qualche elemento in più in vista di una decisione, quella sulla proposta emendativa in esame, che mi sembra particolarmente importante e significativa. Quindi, sollecito un intervento del Governo che ne metta in evidenza la posizione.

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per consentire al Comitato dei nove di riunirsi, su richiesta del presidente della X Commissione, onorevole Tabacci, e del relatore, onorevole Lulli, sospendo brevemente la seduta.

 

La seduta, sospesa alle 16,20, è ripresa alle 16,45.

 

PRESIDENTE. Chiedo al relatore di riferire all'Assemblea in merito agli esiti della riunione del Comitato dei nove.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, per quanto riguarda l'emendamento Didonè 7.21, ribadisco l'invito al ritiro formulato dalla Commissione. Quanto all'emendamento Polledri 7.22, credo che lo stesso onorevole Polledri ne annuncerà il ritiro, insieme all'intenzione di trasfonderne il contenuto in un apposito ordine del giorno.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo conferma il parere espresso in precedenza, per cui si rimette all'Assemblea. Se da quest'aula provenisse un segnale politico forte in ordine alla tutela dei nostri prodotti, il Governo stesso sarebbe disponibile a recepirlo.

 

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Didonè insiste per la votazione del suo emendamento 7.21.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento Didonè 7.21.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero esprimere il nostro imbarazzo rispetto alle scelte compiute in ordine a questo emendamento.

Ci siamo battuti proponendo, tra l'altro, che il provvedimento in esame iniziasse il suo percorso parlamentare con un testo legislativo in grado di tutelare le produzioni italiane e consentire che gli strumenti utilizzati in altre aree del mondo lo potessero essere anche nel nostro paese ed in Europa. Non ci riferiamo al marchio «100 per cento prodotto in Italia», ma al tema della tracciabilità dei prodotti, questione che - come è noto - ha conosciuto un ritardo e un'inadempienza da parte dell'Unione europea. La tracciabilità, infatti, esiste negli Stati Uniti d'America, in Giappone e, più in generale, nei principali mercati internazionali, fuorché nel nostro continente.

Segnaliamo questo tema da molto tempo: vorrei ricordare le risoluzioni da noi presentate nel gennaio 2004, in prossimità della scadenza dell'accordo multifibre del 31 dicembre 2004, per avere una iniziativa adeguata da parte del nostro Governo presso l'Unione europea, al fine di ottenere la tracciabilità.

Abbiamo, in seguito, trovato un punto di equilibrio in questo testo legislativo, per avere una pressione adeguata nei confronti dell'Europa, attraverso la tracciabilità quale scelta volontaria e, nello stesso tempo, la possibilità, sempre su base volontaria, di mettere in campo il marchio «100 per cento Italia». Si tratta di un punto di equilibrio che mira ad evitare che la nostra azione legislativa sia sottoposta a procedure di infrazione. Avete potuto constatare che abbiamo cercato, anche attraverso i nostri emendamenti, nei primi articoli di questo provvedimento, di tentare di mantenerlo quanto più possibile al riparo da eventuali procedure di infrazione.

Di ciò ha bisogno l'impresa italiana. Essa non necessita di un provvedimento-manifesto, ma di un provvedimento che le consenta di essere efficacemente tutelata sul mercato italiano e su quello internazionale. Ciò volevamo.

 

Ora sembra che i colleghi - almeno stando alle opinioni espresse - abbiano deciso di mutare le caratteristiche del provvedimento in esame, facendolo diventare, appunto, un provvedimento-manifesto.

Non possiamo non segnalare la nostra forte perplessità attraverso un voto di astensione su questo emendamento, perché ne condividiamo la sostanza, se non incorresse nel pericolo di infrazione delle regole europee.

Possiamo anche condividere l'idea di introdurre una norma-manifesto da questo punto di vista. Però, avremmo voluto qualcos'altro: che le imprese e le produzioni italiane fossero difese con provvedimenti che non corressero il rischio di essere sottoposti a procedura di infrazione. Pertanto, sull'emendamento in esame ci asterremo.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.

 

SERGIO COLA. Signor Presidente, intervengo solo per esprimere alcune brevissime considerazioni. Non mi sembra che eliminare la facoltatività di inserire determinate caratteristiche e imporre al riguardo un obbligo sia un «manifesto». Credo, invece, che sia la migliore maniera per offrire una tutela.

Constato che siete un poco contraddittori circa l'Europa. Tra l'altro, mi pare che l'Europa - e lei, onorevole Gambini, lo sa meglio di me - stia rivedendo le sue posizioni, se è vero che è sorta l'idea di imporre i dazi sui prodotti che provengono dai paesi extracomunitari.

Pertanto, non facciamo manifestazioni di ipocrisia! Questo è un messaggio politico enorme e, anzi, l'Italia darà la stura ad iniziative che tendono effettivamente a tutelare le nostre imprese ed i nostri consumatori (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

 

BRUNO TABACCI, Presidente della X Commissione. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUNO TABACCI, Presidente della X Commissione. Signor Presidente, oggi siamo giunti in Assemblea consapevoli dei problemi che avremmo incontrato. Quando in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo si calendarizzò il provvedimento per questa data, immaginavamo che la Commissione sarebbe giunta a concludere i suoi lavori con un testo abbastanza condiviso.

Il 18 maggio abbiamo tenuto un incontro con il viceministro Urso e in quella sede il Governo ha posto una serie di questioni (al riguardo, i verbali della Commissione sono molto utili ed istruttivi e meritano di essere approfonditi) concernenti profili di dubbia compatibilità con la normativa comunitaria. La Commissione fu costretta a riflettere se convenisse chiedere al Presidente della Camera di riconoscere che non eravamo pronti a riferire in Assemblea oppure se convenisse giungere in Assemblea con un testo che evitasse i profili di contrasto con l'Unione. Da qui la scelta di inserire l'espressione «su base volontaria». Non ci siamo arrivati per altre ragioni: il dibattito che si sta tenendo in questa sede l'avevamo già svolto in Commissione.

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che l'accoglimento dell'emendamento presentato dagli onorevoli Didonè e Polledri, ancorché giusto dal punto di vista politico generale, pone l'articolo 7 in palese contrasto rispetto alla legislazione comunitaria e, quindi, trasforma questo testo unificato - che già sembrava in condizione di lanciare un segnale importante all'Europa - in un provvedimento caratterizzato da una qualche velleità dal punto di vista giuridico. Ciò deve essere molto chiaro.

Ognuno ha le proprie argomentazioni da prospettare all'esterno e prendo atto delle dichiarazioni rese oggi dal Governo. Però, in Commissione è stato svolto un lavoro preliminare con il viceministro con la delega al commercio estero, che ha definito posizioni che, in buona fede, possiamo anche avere condotto dalla parte sbagliata. Si deve sapere che non siamo arrivati qui per caso; dopodiché, ognuno deciderà per il meglio.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

 

ENZO RAISI. Signor Presidente, intervengo anche per correttezza rispetto a ciò che ha affermato il presidente Tabacci, che risponde al vero. È anche vero che il viceministro ha detto fin dall'inizio che si trattava di un provvedimento di iniziativa parlamentare e che, quindi, il Governo avrebbe dato un contributo; ma lo stesso ha affermato di avere grandi dubbi di legittimità su tale iniziativa. Esso ci può aiutare nel lavoro che stiamo già svolgendo come Governo in Europa, dove abbiamo imposto il tema dell'etichettatura, ma è chiaro che i dubbi e le perplessità ci sono.

Sicuramente, ci è stata indicata la strada per cercare, in qualche modo, di ammorbidire uno scontro con l'Unione europea. Questo ci è stato detto ed è vero, come ha ricordato il presidente Tabacci. Ma i dubbi che ha espresso il Governo fin dall'inizio sulla problematicità di questa materia sono evidenti.

Peraltro, lo stesso ha espresso un giudizio positivo sull'iniziativa parlamentare, nel rispetto della piena autonomia del Parlamento che, in questa sede, è manifestata da chi ha avanzato una proposta cui il Governo può dare un contributo di idee e suggerimenti.

L'iniziativa, però, è nostra, non del Governo. Quindi, è chiaro che anche noi siamo consapevoli del fatto che riferiva il viceministro Urso, il quale, per esempio, ha detto che secondo lui l'articolo 7 nella sua totalità è contro la normativa europea.

Che poi, con il riferimento alla «base volontaria», si dia in qualche modo una speranza che l'Unione europea si addolcisca, è possibile, ma è anche vero che è stata espressa la convinzione - ripeto - che l'intera costruzione del testo unificato susciterà dubbi nei rapporti con l'Unione europea.

Tuttavia, siamo qui e il Parlamento è sovrano. Pertanto, ritengo che esso debba andare avanti su questi temi.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

 

LUIGI D'AGRÒ. Sull'articolo aggiuntivo Nieddu 3.02 siamo intervenuti per dire che, essendo delicato, avremmo votato contro, anche se ne condividevamo politicamente l'assunto. La stessa cosa vale per l'emendamento Didonè 7.21.

 

SERGIO GAMBINI. Ma lì non c'era infrazione!

 

LUIGI D'AGRÒ. Lo ripeto: non sto qui a discutere se vi sia infrazione per effetto di questo emendamento. Per quanto ci riguarda, noi eravamo sulla posizione espressa a suo tempo nell'emendamento 7.21, modificata per il dibattito che è stato svolto in sede di Commissione e portata all'attenzione dell'intera Assemblea da parte del presidente Tabacci.

È una posizione politica quella che assumiamo? Non mi sento di dire che su una condizione di questo genere, che tutela maggiormente il prodotto italiano, sono contrario, anche sapendo che si potrebbe incorrere in una infrazione a livello europeo. Il Parlamento, pertanto, si assuma la responsabilità di questa posizione, sapendo che il percorso culturale e anche tempistico che ha portato il provvedimento all'esame dell'Assemblea in questo momento viene stravolto.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

 

MASSIMO POLLEDRI. Ritengo di poter rassicurare sull'esito del dibattito anche il presidente Tabacci, che più volte ha difeso l'autonomia del Parlamento e la sua sovranità. Certamente questa è una decisione politica, motivata in differenti modi. C'è chi è preoccupato delle regole e delle norme sociali che prevalgono nei paesi extraeuropei - certamente ci saranno anche da noi, ovviamente -, e che, tuttavia, in qualche modo vuole intervenire sulla difesa dei diritti. Ciò non solo è legittimo, ma è anche condivisibile. C'è chi, come il collega Cola, si preoccupa dei marchi che sicuramente possono essere fuorvianti e penalizzanti. C'è chi si preoccupa, giustamente, dei distretti, che ci mandano un messaggio molto forte, ossia quello di vedere riconosciuto il diritto all'informazione del consumatore attraverso l'etichettatura.

Ora il problema è l'Europa. Ritengo che possiamo definirci amici dell'Europa, ossia persone che guardano l'Europa a fronte alta; e i colleghi dell'Europa, come amici, ci possono guardare negli occhi. Non siamo sudditi e non siamo schiavi e, soprattutto, ci rimettiamo politicamente a un nostro diritto fondamentale, ossia che l'Europa indichi le linee guida per la tracciabilità e l'etichettatura dei prodotti.

Allora, il Governo non ne risulta indebolito e il viceministro Urso, che giustamente ha rivolto al Parlamento un monito per quanto riguarda l'infrazione, potrà andare in Europa a chiedere con forza l'etichettatura dei prodotti. Lo potrà fare proprio perché questo Parlamento sovrano ha determinato non tanto un manifesto politico - attenzione, perché i manifesti politici non sono secondari, e con alcuni di essi abbiamo cambiato la storia -, ma semplicemente una tutela della democrazia, dei nostri diritti e di quelli dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

 

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, la questione è molto delicata. Con l'articolo 7 andiamo a normare l'etichettatura dei prodotti realizzati in paesi non appartenenti all'Unione europea. Questo è già un grande problema: si tratta di una norma che potrebbe fare l' Unione europea, non il singolo paese. In termini semplici, posso chiedere l'etichettatura di un prodotto che proviene dalla Cina. Tuttavia, se l'Olanda lo acquista dalla Cina e poi dall'Olanda viene in Italia, la norma non vale più. Ecco l'infrazione che ci era stata prospettata dal Governo.

Volete fare una norma-manifesto? Ditelo, ma alle nostre imprese che hanno bisogno di un marchio dite pure che tale marchio non vi sarà, perché l'infrazione è evidente. Il Governo ha già espresso la propria posizione, come si evince dai verbali. Aveva ragione il collega Raisi fin dall'inizio con il suo emendamento riguardante la soppressione.

 

STEFANO LOSURDO. Bravo Raisi!

 

RUGGERO RUGGERI. Abbiamo trovato un marchingegno per inserire la volontarietà. Tuttavia, se politicamente alcune parti della maggioranza vogliono realizzare una norma-manifesto manca la sostanza che riguarda la difesa delle piccole e medie imprese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

 

ALFONSO GIANNI. Continuo a non capire il motivo dell'opposizione dei colleghi, mi sfugge il senso logico. Non esageriamo nel dire che è un manifesto politico: si tratta di un emendamento! Se si vuole realizzare un manifesto politico si fa un'altra cosa, non un emendamento addirittura soppressivo, neanche propositivo, di un'espressione in un testo legislativo.

Detto ciò, tuttavia, l'emendamento ha una sua logica, una sua forza ed una sua giustizia. Il fatto che contrasti con il contesto europeo di per sé non significa che dobbiamo rinunciarvi. Se il testo è giusto, ma non concorda con il contesto, forse è il contesto da mettere in discussione. All'indomani del referendum francese per cui non un articolo o una leggina ma per fortuna - si tratta di un'opinione personale - un intero trattato costituzionale viene rimandato al mittente, essere così preoccupati di incorrere in un'infrazione mi pare sbagliato.

Per parte nostra voteremo a favore dell'emendamento, poi ognuno si assuma le proprie responsabilità.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Innocenti. Ne ha facoltà.

 

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, proprio seguendo il consiglio del collega Alfonso Gianni credo che tutti in quest'aula debbano assumersi le responsabilità su tale votazione, compreso il Governo che non può, a tale riguardo, rimettersi all'Assemblea. So anch'io che siamo di fronte ad un provvedimento di iniziativa parlamentare, ma cosa significa questo? Il Governo non esprime una propria opinione su una legge che sta per essere varata? Vogliamo scherzare? È questo il mal celato concetto dell'autonomia del Parlamento rispetto all'esecutivo? Onorevoli colleghi, sono ben altri gli esempi che potremmo prendere in questa legislatura sulla questione dell'autonomia del Parlamento rispetto all'esecutivo.

Signor Presidente, non voglio fare polemica, ma solo svolgere una considerazione.

Noi qui ci troviamo di fronte all'approvazione o meno di un emendamento su un tema che, se ho capito bene - altrimenti correggetemi -, è di dubbia compatibilità con la disciplina comunitaria, come prima il presidente Tabacci ha detto, riportando il parere del viceministro Urso, quale risulta dal resoconto dell'audizione del viceministro medesimo.

Allora, colleghi, noi qui possiamo fare tutto, anche avviare un braccio di ferro con l'Unione europea su una determinata norma, ma dobbiamo essere tutti consapevoli di quale potrebbe essere l'esito di un braccio di ferro di questo tipo. Può accadere, quindi, che noi facciamo una norma che poi non sarà mai applicata alle piccole imprese, le quali invece attendono da tempo una normativa a loro difesa in alcuni settori come il tessile, l'abbigliamento ed il calzaturiero.

Noi possiamo fare tutto, ripeto, ma non possiamo, ai fini di un recupero di competitività delle nostre imprese, prenderle in giro. Non possiamo cioè approvare una norma che domani sappiamo sarà bloccata dall'Unione europea chissà per quanto tempo. E magari fare questo anche con dichiarazioni (che accompagneranno l'approvazione di questa norma da parte della Camera dei deputati) del tipo: finalmente uno strumento in mano alle piccole imprese per difendersi dai fantomatici cinesi!

No, questo no, perché ciò vorrebbe dire che noi, con retorica e demagogia, facciamo peggio di un manifesto, perché il manifesto è tale e gli imprenditori, i quali non hanno bisogno di manifesti né di demagogia, lo vedrebbero affisso. Qui invece stiamo approvando una norma che rischia di non essere mai tale; si tratta quindi di uno strumento che non potrà mai essere utilizzato da nessun imprenditore, né piccolo né piccolissimo, nel nostro paese.

Dunque, di fronte alle argomentazioni che sono state svolte, chiedo che il Governo esprima nuovamente una sua opinione, anziché assumere un atteggiamento di irresponsabilità, rinviando la questione all'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Didonè 7.21, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 310

Votanti 189

Astenuti 121

Maggioranza 95

Hanno votato 176

Hanno votato no 13).

Passiamo all'emendamento Polledri 7.22.

 

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MASSIMO POLLEDRI. Alla luce dei chiarimenti intervenuti con i colleghi, ritiriamo l'emendamento in oggetto, perché crediamo che in un paese dove prevale la trasformazione delle materie prime debba essere ben delineato ciò che è prevalente, al punto da essere considerato come realizzato completamente nei paesi extra Unione. Presenteremo, pertanto, un ordine del giorno, con il quale chiederemo al Governo di trovare un punto di equilibrio, fortemente a tutela (ovviamente) del marchio made in Italy, senza però penalizzare le capacità di trasformazione delle piccole e medie imprese.

 

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Polledri.

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Zanella 7.23 non accolgono l'invito al ritiro ed insistono per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 7.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

 

(Presenti 336

 

Votanti 334

Astenuti 2

Maggioranza 168

Hanno votato 151

Hanno votato no 183).

Prendo atto che l'onorevole Testoni non è riuscito a votare.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Quartiani 7.20.

Chiedo agli onorevoli presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.

 

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. No, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Poiché stiamo parlando dell'etichettatura dei prodotti - una delle più importanti norme attese dai produttori, soprattutto dalle piccole e medie imprese, oltre che dai consumatori - e di promozione del marchio «100 per cento Italia», non possiamo sottovalutare il modo con il quale cerchiamo di dare attuazione a quei commi che adottano formulazioni di attuazione di commi precedenti.

Mi riferisco, in particolare, al comma 3, terzo periodo, dell'articolo in esame, in ordine al quale proponiamo di sostituire la formulazione imperativa utilizzata con un'altra espressa con un tempo indicativo.

Noi sappiamo che la norma non sopporta verbi servili, anche perché vi è un manuale per la formulazione di testi legislativi, come richiamato anche nelle circolari adottate dal Presidente della Camera (l'ultima è del 2001). Pertanto, occorrerebbe evitare l'introduzione nelle disposizioni legislative di formulazioni con verbi servili del tipo: non devono prodursi spese oppure non devono determinarsi nuove spese per quanto riguarda il bilancio dello Stato.

L'espressione «non deve» dovrebbe essere, a mio avviso, assolutamente innovata; da troppo tempo, infatti, con riferimento a norme attuative che hanno attinenza diretta con il bilancio dello Stato, si sta diffondendo la pratica di introdurre formulazioni che, in realtà, non hanno a che fare con una terminologia moderna, propria di un Parlamento che vuole superare una logica burocratica nel modo di fare le leggi.

Parliamo di Europa e, pertanto, una delle cose principali che il legislatore italiano dovrebbe evitare è l'utilizzo di una terminologia, di formule anche convenzionali, dal sapore eccessivamente burocratico, perché sono fastidiose e perché fanno in modo che sul nostro paese vengano espresse all'estero valutazione negative, spingendo, altresì, il cittadino ad allontanarsi dallo Stato.

Per i colleghi deputati potrebbe trattarsi di un emendamento formale, perché si tratta solo di sostituire, al comma 3, terzo periodo, l'espressione: «Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri» con la seguente: «Dalle disposizioni del presente comma non derivano nuovi o maggiori oneri», nella quale viene utilizzato il tempo indicativo presente.

Se la questione è formale, potrebbe essere superata; se, invece, si tratta di una valutazione di carattere politico, allora si potrebbe pensare che il verbo utilizzato «devono» andrebbe a rafforzare la natura coercitiva della norma. In questo caso, il verbo servile potrebbe tradire una cattiva coscienza che si manifesta in un linguaggio che usa forme imperative, oppure si potrebbe pensare ad una volontà di non dare realizzazione al contenuto di una norma così importante, intorno alla quale si vorrebbe probabilmente costruire una sorta di camicia di forza che ne renda innocuo l'impatto.

Poiché vi è una circolare del Presidente della Camera e poiché vi sono alcuni precedenti al riguardo, tale innovazione costituirebbe un precedente importante.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Quartiani 7.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

 

(Presenti 341

Votanti 340

Astenuti 1

Maggioranza 171

Hanno votato 160

Hanno votato no 180).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, nel testo emendato.

 

(Segue la votazione).

 

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 339

Votanti 252

Astenuti 87

Maggioranza 127

Hanno votato 251

Hanno votato no 1).

 

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 11).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, all'emendamento Didonè 8.20 ed esprime parere favorevole sugli emendamenti Polledri 8.21 e Scaltritti 8.22.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. In considerazione del fatto che l'emendamento Didonè 8.20 ha lo stesso spirito dell'emendamento Didonè 7.21 testè approvato, non si comprende perché in un caso vi sarebbe l'obbligatorietà e nell'altro la facoltatività.

Dunque, il Governo esprime parere favorevole sugli emendamenti Didonè 8.20 e Polledri 8.21, mentre si rimette all'Assemblea sull'emendamento Scaltritti 8.22.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Didonè 8.20.

Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Didonè 8.20, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

 

(Presenti 340

Votanti 336

Astenuti 4

Maggioranza 169

Hanno votato 31

Hanno votato no 305).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Polledri 8.21, accettato dalla Commissione e dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti e votanti 339

Maggioranza 170

Hanno votato 182

Hanno votato no 157).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Scaltritti 8.22, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 344

Votanti 343

Astenuti 1

Maggioranza 172

Hanno votato 336

Hanno votato no 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, nel testo emendato.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 344

Votanti 343

Astenuti 1

Maggioranza 172

Hanno votato 342

Hanno votato no 1).

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 17,20)

 

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 12).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento D'Agrò 9.22, la cui approvazione precluderebbe i successivi emendamenti Polledri 9.21 e Scaltritti 9.23, sui quali peraltro il parere è favorevole, e formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Didonè 9.20.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo esprime parere favorevole sugli emendamenti D'Agrò 9.22, Polledri 9.21 e Scaltritti 9.23, mentre si rimette all'Assemblea sull'emendamento Didonè 9.20.

 

PRESIDENTE. Avverto che, qualora fosse approvato l'emendamento D'Agrò 9.22, interamente sostitutivo dell'articolo 9, risulterebbero preclusi i restanti emendamenti riferiti all'articolo 9 e non si procederebbe alla votazione dell'articolo medesimo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Agrò 9.22, interamente sostitutivo dell'articolo 9, accettato dalla Commissione e dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 330

Votanti 327

Astenuti 3

Maggioranza 164

Hanno votato 326

Hanno votato no 1).

 

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 13).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Raisi 10.21 e 10.20.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Raisi 10.21.

Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

 

ENZO RAISI. Signor Presidente, ritiro entrambi gli emendamenti a mia firma riferiti all'articolo 10 e sottolineo che, come accaduto in precedenza, anche questo è un articolo palesemente in contrasto con la normativa europea.

 

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 346

Votanti 340

Astenuti 6

Maggioranza 171

Hanno votato 340).

 

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 14).

 

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro degli emendamenti Scaltritti 11.22, 11.23 e 11.24, Gambini 11.21 e Quartiani 11.20, nonché dell'articolo aggiuntivo Nieddu 11.020, altrimenti il parere è contrario.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, il Governo esprime parere conforme a quello del relatore; voglio tuttavia rassicurare i presentatori sul fatto che, alla luce del provvedimento in via di approvazione, il Governo intende sfruttare al meglio tutte le disponibilità finanziarie previste dalle leggi in vigore. Quindi, intende recuperare le istanze espresse con la presentazione degli emendamenti ritirati.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, con riferimento all'articolo 11, comma 3, ultimo periodo, segnalo l'esistenza di un refuso tipografico. In luogo delle parole «nuovi maggiori oneri» debbono leggersi le parole «nuovi o maggiori oneri», come previsto dall'emendamento di recepimento del parere della V Commissione bilancio, approvato in sede di Commissione competente.

 

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lulli: così dovrà essere valutato in sede di votazione.

Chiedo all'onorevole Scaltritti se intenda accedere all'invito al ritiro dei suoi emendamenti 11.22, 11.23 e 11.24 formulato dal relatore.

 

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro degli emendamenti da me presentati, riscontrando con piacere quanto affermato dal Governo a conferma del suo impegno a finalizzare meglio le risorse già previste in tema di internazionalizzazioni nell'ultima legge finanziaria e in altri provvedimenti.

Inoltre, auspico che in futuro tali impegni siano finalizzati ancor meglio e che vengano destinate ulteriori risorse, soprattutto per sostenere specificamente questo marchio. Pertanto, confermo che accedo all'invito al ritiro.

 

PRESIDENTE. Sta bene.

Chiedo ai presentatori se intendano accedere all'invito al ritiro dell'emendamento Gambini 11.21.

 

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, insisto per la votazione del mio emendamento 11.21, che destina risorse, seppur modeste, affinché l'operazione varata con l'approvazione del provvedimento in oggetto sia sostenuta da un'adeguata campagna di promozione, da un lato, per il marchio «100 per cento Italia» e, dall'altro, per la tracciabilità dei prodotti che arrivano nel nostro paese.

La discussione odierna appare curiosa. Infatti, quando si tratta di assumere impegni stringenti, come la difesa del significato commerciale del nome «Italia» e della bandiera italiana tramite una norma legislativa, si assume genericamente l'impegno affermando, al contempo, che non è necessaria in proposito alcuna specifica norma. Inoltre, quando si tratta di stanziare risorse per la promozione del marchio «100 per cento Italia», anche in questo caso ci si impegna a farlo, ma contemporaneamente si chiede il ritiro di un emendamento che consente l'utilizzazione di risorse già esistenti. Quando, invece, si tratta di approvare norme che saranno caducate dalle procedure di infrazione messe in atto dall'Unione europea, si preferisce scegliere la strada dei manifesti.

Quindi, ritengo che sarebbe opportuno impegnare utilmente i pochi soldi rimasti a disposizione per sostenere le iniziative che intendono tutelare il nuovo marchio «100 per cento Italia» e la tracciabilità - non più volontaria e che, purtroppo, non esisterà - dei prodotti che arrivano in Italia. Utilizziamo le risorse in maniera intelligente per sostenere le imprese italiane e la produzione del nostro paese.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gambini 11.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 344

Maggioranza 173

Hanno votato 161

Hanno votato no 183).

Passiamo all'emendamento Quartiani 11.20.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

 

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, rinvio alle osservazioni formulate nel corso dell'esame dell'articolo 7 e per le stesse motivazioni insisto per la votazione.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

 

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Quartiani 11.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 339

Maggioranza 170

Hanno votato 158

Hanno votato no 181).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.

(Segue la votazione).

 

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 346

Maggioranza 174

Hanno votato 342

Hanno votato no 4).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Nieddu 11.020.

Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione.

 

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

 

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, ho chiesto di parlare per sottoscrivere l'articolo aggiuntivo Nieddu 11.020. Ritengo infatti che tale articolo aggiuntivo possa qualificare ulteriormente il provvedimento in esame e costituirne, per certi versi, l'architrave.

L'articolo 7, come è emerso dal dibattito, riveste certamente importanza, ma anche l'articolo aggiuntivo in esame, istituendo un sistema di tracciabilità delle produzioni italiane, può costituire una risposta alla crisi drammatica che sta attraversando il settore manifatturiero nel nostro paese.

Lo scopo dell'articolo aggiuntivo, come del resto dell'intero provvedimento, è quello di evidenziare e di rilanciare le qualità del prodotto che, per specifiche caratteristiche, legate anche alla provenienza geografica della lavorazione, deve considerarsi propriamente italiano. L'articolo aggiuntivo in esame è volto a riconoscere non soltanto l'italianità ma anche la specificità geografica del prodotto che intendiamo tutelare. Ritengo pertanto che tutte le imprese, di piccole o piccolissime dimensioni, che vogliono usufruire del marchio «100 per cento Italia» debbano offrire ai consumatori un prodotto la cui lavorazione sia avvenuta nel territorio nazionale, al fine di garantire l'originalità e l'identità del manufatto italiano.

Pertanto, anche al fine di evitare il contenzioso giudiziario sul made in Italy, raccomando l'approvazione dell'articolo aggiuntivo in esame, richiamando in particolare l'attenzione sul comma 7, a norma del quale il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di sensibilizzazione per favorire l'istituzione e la registrazione di marchi geografici, legati a produzioni riferite a specifici territori, da parte degli operatori aderenti al sistema nazionale di tracciabilità, che si vuole costituire.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, i colleghi che hanno seguito con maggiore attenzione la predisposizione del testo legislativo in esame sanno che vi è stata la possibilità di porre in essere un ragionamento e un confronto con numerose associazioni rappresentative del sistema produttivo del nostro paese, il made in Italy. In questo caso, ci siamo voluti rendere interpreti dei livelli di elaborazione cui è giunta, attraverso il sistema camerale, una parte di tale sistema produttivo. È stata infatti predisposta, da parte di Unioncamere, un'articolata proposta di legge, che ha contribuito alla discussione nel corso della quale è stato definito il testo oggi in esame.

Viene indicata un'ulteriore opportunità relativa alla tracciabilità dei prodotti nel nostro paese, al fine di consentire, anche attraverso questo strumento, la tutela e la difesa delle produzioni italiane.

A tale proposito, quindi, oltre allo strumento del marchio, suggeriamo anche quello della etichettatura, attraverso la tracciabilità dei prodotti italiani. Abbiamo così voluto prevedere un'ulteriore leva cui far ricorso per difendere le produzioni italiane.

Qualora l'articolo aggiuntivo al nostro esame raccogliesse il sostegno di tutti, lo riterremmo un atteggiamento ragionevole; ciò proprio per la soluzione in esso recata, tesa a difendere le nostre produzioni.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Nieddu 11.020, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 343

Votanti 340

Astenuti 3

Maggioranza 171

Hanno votato 158

Hanno votato no 182).

Prendo atto che l'onorevole Mereu non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.

 

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 15). Avverto che, trattandosi di una proposta interamente

 

soppressiva dell'articolo, porrò in votazione il mantenimento dello stesso.

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Raisi 12.20.

 

PRESIDENTE. Il Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

 

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Raisi se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 12.20.

 

ENZO RAISI. Si, signor Presidente, lo ritiro.

 

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Presenti 348

Votanti 347

Astenuti 1

Maggioranza 174

Hanno votato 345

Hanno votato no 2).

 

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 472 ed abbinate sezione 16).

Qual è il parere del Governo?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo accetta gli ordini del giorno Daniele Galli n. 9/472/1, Santori n. 9/472/2, D'Agrò n. 9/472/3, Polledri n. 9/472/4 e Ruggeri n. 9/472/6; accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Paola Mariani n. 9/472/5.

 

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Daniele Galli n. 9/472/1, Santori n. 9/472/2, D'Agrò n. 9/472/3 e Polledri 9/472/4, accettati dal Governo.

Chiedo all'onorevole Paola Mariani se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/472/5.

 

PAOLA MARIANI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/472/5.

Siamo tutti consapevoli che la legge che ci accingiamo ad approvare non sarà sufficiente per tutelare tutti i nostri prodotti e le nostre aziende.

Ho inserito nell'ordine del giorno, e vorrei che nel frattempo il Governo lo valutasse meglio e potesse magari rivedere il parere espresso, la possibilità per il Governo di impegnarsi fortemente a Bruxelles affinché alcuni regolamenti vengano modificati: il primo è il regolamento che vieta i marchi geografici (d'altronde, se in questa sede parliamo di incompatibilità comunitaria per taluni emendamenti o talune norme è proprio perché esiste un regolamento che vieta la denominazione di origine geografica); il secondo è quello che prevede l'istituzione dei codici doganali.

Vorrei far presente al Governo e ai colleghi che, ad esempio nel settore calzaturiero che abbiamo inteso qui tutelare, a chi lavora all'estero le tomaie (parte prevalente della calzatura, come è noto), proprio perché il codice doganale non cambia e, dunque, in presenza dello stesso codice doganale, non è vietata la possibilità di apporre il marchio made in Italy. Ci troviamo in tal modo di fronte a prodotti lavorati quasi interamente all'estero sui quali, però, in base ai codici doganali esistenti, non può essere vietata l'apposizione del marchio made in Italy.

Chiedo che, accanto ad una legge, che riteniamo necessaria, che istituisce il marchio «100 per cento Italia», venga intrapresa una lotta nei confronti dell'Unione europea per comprendere le necessarie modifiche da apporre ai due regolamenti sopra richiamati.

 

Chiedo, dunque, al Governo di modificare il parere espresso sul mio ordine del giorno, altrimenti insisto per la votazione.

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, il Governo conferma il parere precedentemente espresso.

 

PRESIDENTE. Il parere del Governo è dunque contrario...?

 

ROBERTO COTA, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Signor Presidente, ho detto che l'ordine del giorno può essere accolto come raccomandazione, altrimenti il parere è contrario, poiché introduce argomenti troppo complessi.

 

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Paola Mariani n. 9/0472/5, non accettato dal Governo.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

 

(Presenti 340

Votanti 335

Astenuti 5

Maggioranza 168

Hanno votato 157

Hanno votato no 178).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Ruggero Ruggeri n. 9/0472/6.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

 

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

 

ENZO RAISI. Signor Presidente, ci accingiamo a votare un importante provvedimento di legge che finalmente pone all'attenzione delle nostre imprese e dei nostri cittadini il tema dell'etichettatura.

Riteniamo che con il provvedimento che stiamo per votare si porrà un punto fermo in una battaglia che il nostro Governo ha condotto, e che continua a condurre, in Europa e che il Parlamento, nella sua piena autonomia, abbia giustamente intrapreso una strada che anticipa anche provvedimenti rispetto ai quali forse, da troppo tempo l'Unione europea è latitante.

Non è casuale che il provvedimento in esame, che riprende tre proposte di legge presentate in tempi diversi (la prima dal collega Contento, poi quella recante le firme di Lisi e Villani Miglietta, quindi quella da me sottoscritta insieme ai colleghi Butti, Santanchè e Saglia) da Alleanza nazionale su questo tema, ci abbia visti d'accordo e protagonisti nell'elaborazione del testo finale.

Crediamo che, finalmente, si ponga - come ho detto prima - un punto fermo su un tema qualificante per l'attività delle nostre imprese ed importante per il consumatore, la cui tutela e quella del cittadino italiano troppo spesso dimentichiamo, rispetto al diritto alla giusta conoscenza ed all'informazione su ciò che acquista e su ciò che viene utilizzato nella preparazione dei prodotti distribuiti nel nostro paese.

Sicuramente, ci sarà da parte dell'Unione europea l'apertura - anche se io mi auguro che ciò non avvenga - di un procedimento di infrazione nei confronti dell'Italia. Ciò comunque non deve essere considerato un problema. Per troppo tempo l'Unione europea su questa materia ha latitato, e per troppo tempo sono prevalse le logiche dei grandi commercianti del nord Europa, a discapito delle imprese del sud Europa che operano in settori che noi consideriamo settori chiave, quello tessile e calzaturiero, e che altri considerano invece settori ormai maturi.

Non è un caso che, grazie alla forza del nostro Governo, siano state poste all'ordine del giorno della Commissione europea alcune iniziative importanti come, ad esempio, l'apertura di una procedura di infrazione nei confronti della Cina per il settore tessile e la discussione della questione dell'etichettatura, per tanto tempo evitata.

Il provvedimento al nostro esame rappresenterà sicuramente un punto fermo per il prosieguo del dibattito su questa materia. Quello di oggi rappresenta un contributo che il nostro Parlamento ha voluto offrire, nella sua indipendenza.

Il gruppo di Alleanza nazionale, che qui rappresento, fin dall'inizio ha sentito come prioritario il tema dell'etichettatura, della difesa dei nostri prodotti, del made in Italy e dei nostri consumatori. Con l'approvazione di questo provvedimento, concludiamo una giornata che può definirsi felice per le nostre imprese e per il made in Italy (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paola Mariani. Ne ha facoltà.

PAOLA MARIANI. Signor Presidente, dichiaro il mio voto favorevole sul provvedimento in esame. Quello che ci accingiamo ad approvare è un provvedimento che nasce da più proposte di legge di iniziativa parlamentare, tra cui anche una da me presentata all'inizio di questa legislatura ed anche in quella precedente. La mia proposta di legge teneva ben presenti le istanze, le esigenze e le richieste delle piccole e medie imprese, in particolare di quelle del settore calzaturiero (settore particolarmente importante nella mia regione, le Marche). Essa è stata fatta convergere dalla X Commissione in un testo unificato che prevede, in maniera ancora più stringente di quanto ipotizzato nella mia proposta di legge, l'istituzione del marchio «100 per cento Italia» per chi produce esclusivamente nel nostro paese ed allarga gli orizzonti all'intero sistema TAC (tessile, abbigliamento, calzaturiero).

Desidero rappresentare il mio apprezzamento per l'obiettivo che ci accingiamo a raggiungere con l'approvazione di questo provvedimento. Rimane sicuramente ancora qualche perplessità, in particolar modo in ordine alla modifica apportata all'articolo 7. Tutti siamo consapevoli della necessità di regole chiare, che consentano una maggiore trasparenza nella etichettatura che permetta al produttore e al consumatore di riconoscere l'origine dei prodotti. Sappiamo, però, che da solo questo provvedimento non riuscirà a far superare alle nostre imprese le difficoltà che esse si trovano ad affrontare.

Di fronte ad una crisi strutturale come quella attuale - forse, la più grave degli ultimi anni -, c'è bisogno di una serie di iniziative e di interventi a medio e lungo termine. Quello di oggi rappresenta un segnale di attenzione che le nostre imprese si attendono, una sorta di boccata di ossigeno. Si tratta di un'attenzione prestata dal Parlamento e dal Governo nei confronti di chi ha saputo far fronte alle difficoltà sempre con le proprie forze.

Vi è anche un'altra consapevolezza: l'Europa, con la quale dobbiamo fare i conti. Sarebbe quindi miope pensare di confezionare un provvedimento che non tenga conto delle normative europee vigenti su questa materia. A tale riguardo, già in sede di discussione sulle linee generali avevo sollevato il problema del rispetto dei regolamenti europei. È vero che tali regolamenti sono alla base della nostra normativa, ma è anche vero che non vi è nulla di male nel chiedere che si ridiscuta su alcune posizioni assunte più di dieci anni fa, quando i mercati avevano altre esigenze e il mercato comune rappresentava l'obiettivo da perseguire.

Adesso, oltre a tale obiettivo, vi è quello di tutelare le nostre produzioni e le nostre aziende nei confronti del mercato, che è sempre più globalizzato, e per reggere le sfide della concorrenza, a volte sleale e spietata, vi deve essere almeno la possibilità della tracciabilità, dell'etichettatura e dei marchi.

Chiedo al Governo, del quale non capisco il mancato accoglimento del mio ordine del giorno che chiedeva di accompagnare questo provvedimento di legge con un'azione nei confronti di Bruxelles, di affiancare al lavoro del Parlamento, una volta giunti all'approvazione del testo, una pressante azione nei confronti di Bruxelles per chiedere non cose impossibili o improponibili, come i dazi, ma che i regolamenti europei sappiano tener presenti le diverse esigenze delle nostre imprese.

Nessuna richiesta di steccati, dunque, nessuna richiesta di protezionismo, ma solamente la richiesta di regole chiare che possono solo avvantaggiare chi produce nel rispetto delle norme italiane, chi produce rispettando e mantenendo l'occupazione nei nostri territori, che quindi deve essere avvantaggiato e protetto dal nostro Stato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luigi Pepe. Ne ha facoltà.

 

LUIGI PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur preannunciando il voto favorevole dei Popolari-UDEUR a questo provvedimento in misura della convinzione, peraltro espressa dal relatore Lulli dei Democratici di sinistra, di esercitare un pressing sull'Unione europea perché imponga l'etichettatura obbligatoria dei prodotti, e considerando assai favorevolmente l'articolo 7 di tale provvedimento, ove si prevede, al comma 1, che la definizione made in Italy non brevettabile, già regolata a livello comunitario, sia accompagnata da una scheda informativa denominata «carta di identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito altri paesi, riteniamo occorra fare alcune considerazioni di merito.

In realtà, come si evince anche dal complesso delle considerazioni svolte dalle varie associazioni di produttori e di tutela del prodotto, sia in sede di audizioni parlamentari che attraverso i mezzi di comunicazione, si è, sin dall'inizio, confusa la possibilità della tutela della qualità e tipicità delle produzioni italiane con l'istituzione di un marchio di origine geografica made in Italy integralmente italiano, «100 per cento Italia». Ma il fatto che un prodotto venga interamente fabbricato in territorio italiano non necessariamente assicura la tipicità e la qualità dello stesso.

È di tutta evidenza che tale provvedimento non escluderebbe la possibilità per qualsiasi gruppo di nuovi immigrati di produrre merci inoppugnabilmente made in Italy o «100 per cento Italia» che, tuttavia, niente avrebbe a che vedere con lo stile, la cultura e la capacità di produrre lavoro di qualità tutti italiani. Anzi, potrebbe proprio accadere che, per assurdo, con il tempo, alcuni marchi di questo tipo possano diventare indici di genericità dei prodotti in questione (credo che l'esempio del marchio «pura lana vergine» sia noto a tutti).

Se, come nel corso dell'iter di esame del provvedimento legislativo è stato fatto notare, l'introduzione di ulteriori marchi Italian design e Italian style rischierebbe di depotenziare la portata evocativo-comunitaria di un primo eventuale marchio di origine e provenienza, l'introduzione di un marchio di proprietà dello Stato così generico come quello «100 per cento Italia» rischia di diventare mezzo di concorrenza sleale tra le varie zone geografiche d'Italia, permettendo a ciascuna zona di produrre, fermo restando per questioni legali l'obbligo di utilizzare distinte denominazioni, imitazioni di precisi e ben tipici prodotti caseari, agricoli ed enogastronomici, ricolmando all'estero il gap di tipicità insito nel prodotto grazie proprio a detto marchio.

Si deve infatti considerare che - ad esempio, nel caso della distribuzione alimentare - su un qualsiasi bancone di esposizione il prodotto originale e l'imitazione si troverebbero affiancati, con evidente accrescimento sia della confusione circa l'identità del prodotto sia degli effetti distorsivi di tale utilizzazione del marchio. È a questo riguardo, infatti, che la componente dei Popolari-UDEUR ravvisa la necessità di un ulteriore intervento del legislatore, sia a livello nazionale sia a livello comunitario, che più efficacemente - e realisticamente, oseremmo aggiungere! - sia volto al riconoscimento formale ed al rispetto sostanziale delle tradizionali metodologie di produzione e delle caratteristiche estetico-strutturali dei prodotti tipicamente italiani così come si sono venute fissando storicamente sul nostro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grotto. Ne ha facoltà.

 

FRANCO GROTTO. Signor Presidente, il lavoro istruttorio svoltosi in sede di Commissioni ha dimostrato come il principio che si vorrebbe introdurre sia condiviso da tutte le forze politiche e, auspicabilmente, anche da quelle economiche e produttive.

Fatta salva la validità dei limiti fissati dalla normativa europea, personalmente, ed a nome anche del mio gruppo di appartenenza, ritengo opportuno, dal punto di vista legislativo, intraprendere quanto sia possibile per assicurare un migliore futuro alle produzioni italiane. Produzioni che proprio in questo momento scontano un ritardo di competitività che ha ragioni complesse, di diversa natura.

Logicamente, si deve riconoscere che, a prescindere dal provvedimento in esame, sul sistema paese e sull'Italia produttiva pesa una situazione che, giorno dopo giorno, viene descritta in calo, in recessione, grigia anche nel suo futuro più immediato. Le politiche di Governo hanno avuto ed hanno ancora una loro parte di responsabilità; finalmente - ma lo ricordo a malincuore per il ritardo con il quale ciò avviene -, il Governo, dopo anni di continue menzogne, ha preso atto che la situazione economica del nostro paese è alla deriva. Per troppo tempo la maggioranza ed il Presidente del Consiglio hanno taciuto volontariamente sul declino italiano; declino che, più volte ed a più voci, avevamo segnalato.

L'obiettivo della legge è tutelare la lavorazione e la produzione italiane attraverso un marchio la cui finalità consiste soprattutto nell'assicurare trasparenza e chiarezza ai consumatori, e non nell'apprestare, piuttosto, una tutela corporativa o privilegiata a favore di singoli produttori; si intende, infatti, tutelare quei «prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi (...) realizzati interamente in Italia».

Siamo quindi, noi socialisti della componente SDI-Unità Socialista del gruppo Misto, favorevoli al provvedimento legislativo; peraltro, a rafforzare il nostro atteggiamento di voto, ha giocato un ruolo importante la decisione di ricorrere allo strumento legislativo quale mezzo equamente teso sia alla tutela dei consumatori sia alla difesa della capacità competitiva delle aziende.

La possibilità di un marchio apposto sul prodotto finale in maniera tale da non generare possibilità di confusione da parte del consumatore sulla sua unicità italiana e sulla tracciabilità delle sue parti e della sua produzione è sicuramente un primo e doveroso passo che dovevamo compiere. Allo stesso tempo, non vi può essere permissività per le contraffazioni dei prodotti e dei marchi; non esiste il mercato senza regole, e le regole devono essere rispettate anche dai paesi che si affacciano in questi anni sulla scena internazionale.

Il Governo ha l'obbligo di tutelare i prodotti il cui ciclo produttivo si svolge interamente nel nostro paese non solo per difenderne le qualità intrinseche ma, altresì, per garantire al consumatore stesso gli standard sociali ed ambientali dei prodotti stessi.

Sostenere il made in Italy diviene quindi una priorità in molti settori (penso, ad esempio, all'agroalimentare, al calzaturiero ed al tessile). Alla tutela delle nostre produzioni deve corrispondere una capacità altrettanto sviluppata di comprendere ed arginare il fenomeno della contraffazione.

È necessario capire e monitorare quanto la produzione clandestina, anche in Italia, incida nella commercializzazione delle merci, nonché consentire, attraverso strumenti idonei, una mappatura del settore a livello degli enti locali per una maggiore capillarità ed una maggiore consapevolezza delle dimensioni delle nostre aziende.

In conclusione, voglio ripetere che tutto ciò non può prescindere dal rilancio della competitività e della crescita economica del paese nel suo complesso. Ad esempio, come ricordavo in precedenza, nel settore del tessile, oltre alle clausole di sorveglianza - che rappresentano risposte troppo contingenti - vi è bisogno di una significativa ristrutturazione e di una rapida riconversione di tutto il sistema.

Per tutte queste considerazioni, preannunzio il voto favorevole dei socialisti democratici all'approvazione di questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità socialista e Misto-Verdi-l'Unione).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.

 

LAURA CIMA. Signor Presidente, intervengo per preannunziare che la componente dei Verdi voterà a favore di questo provvedimento, perché l'intesa raggiunta in Commissione ha favorito anche una tutela dei consumatori, e non solo la valorizzazione della produzione. La tutela dei consumatori è uno tra gli aspetti che a noi interessano maggiormente. Riteniamo, tuttavia - bisogna dirlo con chiarezza, per non fare demagogia -, che il provvedimento in esame sia tutt'altro che risolutivo per la competitività dei prodotti italiani.

Dall'ultima relazione del presidente di Confindustria si è potuto constatare con chiarezza il livello di recessione italiano. Tale relazione ha affrontato tutto il panorama, dalla grande industria alla piccola e media impresa, ed il Governo ha dovuto ammettere - anche a seguito dei diversi richiami giunti da Bruxelles - che la nostra economia è effettivamente in una situazione difficilissima.

Va rilevato che il provvedimento in esame impone la registrazione del marchio «100 per cento italiano» e la carta di identità di accompagnamento al prodotto e che gli altri contenuti del provvedimento stesso offrono strumenti che, tuttavia, di per sé e se non gestiti, finanziati e sostenuti nelle sedi europee ed internazionali, non potranno produrre grandi risultati per risollevare l'economia italiana. Il Governo dovrà farsi carico di tutto ciò, altrimenti rischiamo di assistere semplicemente ad un aggravamento della burocrazia e ad ulteriori costi gravanti sulle imprese.

La campagna di comunicazione che sarà necessario creare attorno al provvedimento dovrà essere internazionale, condivisa dagli operatori e dovrà coinvolgere l'ICE e gli altri organismi di promozione.

Al momento, ci sembra che non vi sia coscienza di quanti oneri il provvedimento in esame comporti, se si vuole farlo realmente funzionare in termini economici, e di quante risorse umane sia necessario impiegare. La mancanza di tale consapevolezza e l'assenza di una conseguente azione seria per ottemperare a quanto disposto dal provvedimento rischierebbe di fare del provvedimento stesso una misura più propagandistica che sostanziale, sconcertando il mondo produttivo ed ottenendo un effetto contrario a quello voluto. La prova di tale rischio è nella scarsità di risorse stanziate. Se non sarà modificata la non brillante performance del Governo italiano in sede di negoziati internazionali, non potrà certamente essere questo provvedimento a portarci al livello in cui dovremmo essere per difendere la nostra autonomia.

È chiaro che la piccola e media impresa ha sempre rappresentato il tessuto che ha retto, anche nei periodi di crisi e di recessione, l'economia del nostro paese. Probabilmente, questo provvedimento offre una concreta possibilità di aiutare la piccola e media impresa: ad esempio, con l'etichettatura dei prodotti fabbricati in paesi non appartenenti all'Unione europea, per offrire un'adeguata informazione sui prodotti commercializzati sul mercato italiano, con un aspetto di tutela dei consumatori che noi riconosciamo importante, ma anche con un aspetto di difesa della produzione italiana.

Il provvedimento offre delle possibilità, se si intende utilizzarlo in modo non propagandistico, come abbiamo detto, se si vogliono stanziare risorse economiche ed umane e sviluppare un coordinamento ed una capacità negoziale da parte del Governo che possano produrre buoni frutti.

Ci auguriamo che il nostro voto favorevole (con quello di tutti i gruppi parlamentari, visto il lavoro svolto in sintonia in Commissione) possa spingere in questa direzione e rafforzare tutte le iniziative in grado di difendere ed incrementare la nostra produzione, al fine di concludere, per quanto possibile, la disastrosa fase che questo Governo ha introdotto anche con le sue bugie e che ci ha portato a scivolare sempre più in basso nelle graduatorie internazionali rispetto alla nostra capacità di produrre e di essere innovativi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-SDI-Unità Socialista).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

 

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, nutrivamo più di un dubbio sull'impianto, per alcuni aspetti un po' leggero, di questo provvedimento, anche relativamente ai fini che esso si propone. Tuttavia, lo stesso ha suscitato un dibattito interessante, con alcuni spunti anche buoni. Da parte nostra, abbiamo anche votato a favore di un emendamento trasversale e contrastato (ma il contrasto era sul merito, e ben vengano pareri diversi su una questione così delicata e, francamente, così difficile da affrontare!).

In conclusione, direi che anche noi possiamo esprimere un voto favorevole sul provvedimento in esame.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

 

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento ringraziando due persone. La prima è il relatore, onorevole Lulli, che ha lavorato per circa due anni ed ha creduto in questo provvedimento. Ciò significa che per due anni ci siamo occupati del tema relativo ai marchi e all'etichettatura, al di là dell'urgenza e dell'impellenza che oggi vengono dalla Cina. Vorrei ringraziare anche il presidente Tabacci, che nei momenti più delicati ha composto e ricomposto l'unitarietà di lavoro della Commissione.

È un provvedimento che, sicuramente, risponde a qualche esigenza; ma certamente non è in grado di dare maggiore competitività al nostro sistema industriale ed artigianale, soprattutto a quello delle piccole imprese e dei distretti industriali.

Sappiamo che le linee di azione per un'economia moderna, che veda il paese presente in prima battuta con le proprie eccellenze, riguardano alcune politiche che questo Governo non è riuscito o non ha voluto realizzare. Mi riferisco al tema delle vere liberalizzazioni del paese: alcuni settori stanno aspettando la ricostituzione di piccoli monopoli che, alla fine, sono a carico di tutto il sistema nazionale, con dei gap di competitività che stiamo pagando giorno per giorno. Mi riferisco anche al tema, che tutti stanno indicando, concernente la politica sulla ricerca e l'innovazione, che facciamo fatica ad affrontare. Anche le nostre università fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, perché quasi non hanno i soldi per pagare i docenti e fare didattica. Immaginiamo la ricerca!

Infine, l'altro settore su cui questo Governo non si è mai cimentato è quello dell'economia sommersa, del mercato del lavoro e della ricchezza, che viene comunque creata, ma che non ha la forza per entrare pienamente nel sistema. Si tratta veramente di un danno, che diventa una palla al piede per recuperare competitività.

Questo provvedimento non si inserisce in tali politiche, ma affronta un tema importante, che non riguarda il protezionismo, ma le iniziative per valorizzare i nostri prodotti e le nostre imprese al fine di aiutare gli imprenditori italiani. Sto parlando di quella fascia di imprenditori che non sono i grandi imprenditori, o meglio, gli imprenditori delle grandi aziende, ma i grandi imprenditori delle piccole aziende.

Il provvedimento in esame è legato a questo settore straordinario e importante, che ancora costituisce l'ossatura del sistema produttivo italiano. Esso cerca di affrontare il tema del marchio. Potevamo fare di più, ma il marchio è stato istituito, in modo volontario, e questa strada è stata scelta dalla Commissione e poi presentata in Assemblea. Il marchio riguarda, in questo caso, i prodotti al 100 per cento italiani e ha l'ambizione di presentare i nostri prodotti in una veste migliore, con il loro marchio, quello vero. Si tratta di un marchio di eccellenza delle nostre capacità imprenditoriali e di tutti quei lavoratori che, magari in modo umile e silenzioso, giorno per giorno portano avanti il sistema con piccole innovazioni e con creatività. Questo è ciò che dobbiamo riconoscere al nostro paese. Si doveva istituire il marchio per le piccole imprese.

L'altro tema trattato in questo provvedimento è quello dell'etichettatura. Su tale aspetto il mio partito si è astenuto, perché ha la preoccupazione che questo provvedimento possa essere frenato in qualche maniera dall'Unione europea. Noi speriamo che ciò non avvenga, perché pensiamo che l'etichettatura sia importante: essa non è legata al marchio, ma ne è slegata, e riguarda tutti i prodotti.

Anche in questo caso la buona riuscita, anche per il lavoro compiuto in Commissione, era la filosofia che doveva reggere questo provvedimento, ossia la volontarietà. Su questo elemento, negli ultimi giorni, anzi, nelle ultime ore, qualcuno ha voluto cambiare le carte in tavola, determinando un grave rischio. Non tutti gli esponenti della maggioranza hanno voluto cambiare le carte in tavola.

La Margherita, tuttavia, esprimerà un voto convinto a favore di questo provvedimento, perché si tratta di un provvedimento che comunque, nel breve periodo, può dare ossigeno e visibilità ai nostri prodotti. Ci rammarichiamo soltanto di questo rischio che stiamo correndo, ma il nostro voto sarà certamente favorevole (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.

 

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento, se non avesse risentito della crisi economica che attanaglia il paese, probabilmente non sarebbe mai giunto in Assemblea. La sua accelerazione delle ultime settimane è dovuta anche al fatto che vi sono stati altri provvedimenti in materia.

Non so se tale provvedimento metta d'accordo tutte le componenti economiche del nostro paese laddove si identifica il progetto di marchio made in Italy. Abbiamo avuto in più occasioni alcune perplessità ed anche oggi, durante l'esame degli emendamenti, abbiamo verificato che non tutto è legato ad un principio culturale condiviso.

La gabbia che l'Europa mette ad alcune condizioni di tutela dei marchi e delle etichettature si è fatta sentire anche in tale occasione. Peraltro, la vicenda francese probabilmente ha aiutato a compiere una scelta non coerente con quella definita a suo tempo all'interno della Commissione.

Mi pare, comunque, che si sia arrivati a dare uno strumento alle imprese piccole, cioè a quel mondo che in questi anni non ha avuto alcun tipo di tutela se non la laboriosità, non sempre chiara, dell'imprenditore. Quest'ultimo è messo in condizione di darsi un marchio di riconoscibilità autocertificato e volontario. Dunque, si sottopone il mondo economico delle piccole dimensioni ad uno sforzo ulteriore di visibilità, per andare incontro ad una domanda esistente nel paese e che anche all'estero viene identificata come plusvalore, addirittura in termini del 15-20 per cento.

Bisogna contrastare l'idea di una delocalizzazione che, piuttosto che essere un modo per conquistare i mercati, di fatto serve solo a creare prodotti a più basso prezzo, ma non certamente in chiave di competitività complessiva del sistema paese. Si tratta, inoltre, di rivisitare il progetto distrettuale, che in questi anni ha perso significativamente la capacità di essere forma aggregante e solidaristica all'interno del tessuto in cui era insediata l'idea del marchio Italia.

Il provvedimento, come ho sentito da alcuni colleghi, ancora una volta diventa l'occasione per generalizzare sulla situazione economica e sulle graduatorie internazionali del nostro sistema paese. Se dovessimo continuare su tale strada, ho la sensazione che tuteleremmo qualcosa di già superato dall'idea della competitività complessiva, ma che riteniamo di dover tutelare perché nel frattempo non è stato sostituito da nient'altro e, pertanto, ha la necessità di essere salvaguardato nel processo di ridefinizione di un sistema italiano che nell'efficienza ed in un livello più alto di competitività riaffermi l'idea dell'Italia nei mercati economici internazionali.

Anch'io voglio ringraziare il relatore, che è stato messo nelle condizioni di rivedere il testo più di qualche volta. Infatti, siamo sollecitati anche dall'esterno, dalle stesse forze che attendevano il provvedimento, a modificare l'intendimento, perché nel sistema imprenditoriale italiano non c'è un'idea complessiva di come affrontare il difficile momento dell'economia italiana.

Molte volte, peraltro, alcune posizioni tendono ad essere di rendita, piuttosto che di scommessa sul futuro. Noi siamo dell'avviso che con questo provvedimento si compie un piccolo passo a tutela di quella piccola proprietà intellettuale e manuale - che ha fatto grande il sistema Italia - e che a questo punto spetti ad essa valorizzarlo. Sono inoltre dell'idea che la promozione del marchio deve trovare delle risorse sufficienti all'interno di quell'area di risorse destinate già a suo tempo al concetto di internazionalizzazione; ciò affinché questo provvedimento non sia un vuoto contenitore, bensì uno strumento che consenta agli operatori di vedere in questo marchio una possibilità.

Dichiaro, infine, il voto favorevole del gruppo dell'UDC sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.

 

SERGIO GAMBINI. Desidero partire dalla considerazione, forse ovvia, che se oggi siamo qui a discutere di tutela del made in Italy, attraverso misure di varia natura, contenute in questo testo legislativo, ciò è in parte merito nostro, che abbiamo utilizzato quella quota (prevista dal regolamento), che consente alle opposizioni di scegliere quali proposte di legge inserire nel programma dei lavori di Commissione e di Assemblea. Abbiamo così utilizzato tale quota per consentire che si iniziasse questo percorso legislativo - che, come sappiamo, è sempre difficile e complesso quando muove da proposte di legge provenienti dall'opposizione - e che si arrivasse, con il contributo di tutte le forze politiche ed anche del Governo, alla definizione di un testo, che oggi siamo qui a discutere e ad approvare.

Non ci illudiamo che esclusivamente con queste norme si possa difendere e promuovere il made in Italy e che possa essere arrestato il declino che segna gran parte delle attività produttive del nostro paese. Tuttavia, si tratta della tessera di un mosaico più ampio e di una serie di azioni che dovrebbero essere messe in campo per promuovere appunto le produzioni italiane. In questo senso, un suo significato ed un suo valore questo provvedimento senza dubbio ce l'ha. Esso si muove, com'è noto, principalmente su due direttrici: una è quella di promuovere il marchio «100 per cento Italia», l'altra è quella di consentire che vi sia la tracciabilità dei prodotti provenienti dai paesi extraeuropei ed immessi sul mercato del nostro paese.

In entrambi i casi, l'obiettivo è quello di difendere le produzioni italiane. Quando parliamo del marchio «100 per cento Italia», si sa che ci si riferisce ad un numero ristretto di produzioni del nostro paese, che sono molto importanti per alcuni distretti produttivi, ma comunque certamente produzioni di nicchia, anche se di eccellenza, e con un grande significato. Per capire tale significato, vorrei utilizzare l'immagine che ci è stata fornita da parte del cavalier Boselli, presidente della camera nazionale della moda, nel corso delle audizioni svolte in preparazione di questo provvedimento. Egli ha descritto le produzioni italiane come una piramide, alla base della quale vi è una produzione che ormai viene soltanto ideata in Italia, mentre per il resto è in gran parte delocalizzata; questa è quella produzione che ha meno qualità incorporata. Vi è poi una fascia, quella più importante, alla quale guardiamo con maggiore interesse, perché è quella che dà lavoro, oltre che prestigio alla produzione del nostro paese: essa è quella che viene ideata e in parte prodotta in Italia, per le parti di maggiore qualificazione.

In questa piramide vi è poi una punta molto ristretta, che è quella delle produzioni di grande qualità, realizzate interamente nel nostro paese. Egli ci ha spiegato che, se non difendiamo quella punta, l'insieme dell'edificio è destinato a crollare, perché la stessa rimanda, sotto il profilo di grande qualità (mi riferisco alla produzione interamente italiana), a quelle filiere produttive che giustificano, in termini complessivi, la qualità made in Italy. Anche la fascia immediatamente seguente, quella più larga e più importante, trae la sua forza, la sua identità ed il suo prestigio nei mercati internazionali dal fatto che le produzioni di maggiore qualità vengono svolte da filiere italiane che dobbiamo difendere.

Questo è il senso del provvedimento che ci accingiamo ad approvare e, a tale riguardo, annunzio il voto favorevole del mio gruppo. Dobbiamo difendere quelle produzioni e quelle filiere che rappresentano una grande chance per il nostro paese, per riuscire a sostenere la competitività sui mercati internazionali.

Ci rammarichiamo, comunque, per come si è sviluppata la discussione. Il primo rammarico è che il provvedimento ha assunto un tono eccessivamente ministeriale. Avremmo voluto da parte delle forze di maggioranza, che troppo spesso si riempiono la bocca parlando del ruolo dell'impresa, una maggiore fiducia nella stessa. Non occorre che siano sempre i ministeri ad attivare questo meccanismo, con le loro troppo lunghe pratiche burocratiche, perché potrebbero giocare questo ruolo i consorzi di imprese o le camere di commercio. Si è scelto, invece, di concentrare tutto in capo al ministero, demandando tutto alla decisione politica.

Il secondo rammarico è che non si è previsto di stanziare alcuna risorsa con tale provvedimento. Sarebbe stato, invece, necessario prevedere risorse importanti, o comunque dare un segnale importante in tal senso, perché si tratta di fare promozione e fare conoscere nuovi marchi. Sarebbe stato importante stanziare risorse per dare quel segnale che le imprese attendono, quella boccata di ossigeno cui si riferiva prima la collega Paola Mariani.

Il terzo rammarico è che non abbiamo fatto nulla per difendere i simboli, il nome e la bandiera del nostro paese nel suo valore commerciale. Altri paesi lo hanno fatto e lo stanno facendo, come la Francia che sta difendendo, in questa condizione di globalizzazione dei mercati, la bandiera ed il nome francese su tutti i mercati internazionali. Noi, invece, non lo facciamo e potremmo correre il rischio ed il paradosso di vedere merci cinesi in Italia recanti la bandiera italiana o la scritta «Italian style», non avendo fatto nulla di quanto in nostro potere per difendere, attraverso i brevetti, il nome e la bandiera italiana.

Un ultimo rammarico è quello relativo alla votazione dell'articolo 7, poiché è stata fatta una scelta che porta il provvedimento su un terreno rischioso: vi è il rischio di un'infrazione delle norme europee, che potrebbe arrestare il percorso dello stesso e non renderlo efficace rispetto agli obiettivi che si prefigge.

Colleghi, il provvedimento (chi ha seguito fin dall'inizio i lavori di questo testo lo sa) ha dei nemici: alcune grandi imprese non gradiscono la sua approvazione. Non vorrei che, alzando in maniera un po' demagogica la bandiera del confronto con l'Europa, rischiassimo di fare un grande regalo a quelle imprese che non vogliono questa legge ed, invece, un grande torto alle piccole e medie imprese, vale a dire a quelle che hanno più bisogno di questo testo legislativo. Abbiamo segnalato questo rischio di «gattopardismo», astenendoci su quella norma. Speriamo sia possibile varare, attraverso il riesame del provvedimento al Senato, un testo più equilibrato, che non corra questi rischi e che possa efficacemente e compiutamente difendere le produzioni italiane.

Troppo tempo è già stato perso da questo punto di vista!

Ho ricordato le risoluzioni che più volte abbiamo presentato in Assemblea e in Commissione per cercare di tutelare e difendere il made in Italy. Occorre dunque che questo provvedimento sia approvato al più presto anche dall'altro ramo del Parlamento, anche se si tratta di un tassello di un'azione più complessa che si sta cominciando ad intraprendere. Esprimiamo quindi un voto favorevole sul testo in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

 

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, ritengo che vi possa essere soddisfazione da parte di questo Parlamento, anche se non sento più echeggiare l'ottimismo della volontà.

Siamo sempre stati ottimisti nei confronti di questo paese, pur confessando che non inviamo sms, e mi sembra che si stia incominciando a parlare di difesa dei prodotti italiani. Non ho più sentito parlare della Cina come di una grande opportunità, di questo miracolo futuribile che si sarebbe messo in moto nel più breve tempo possibile, vincendo la sfida della globalizzazione nel nome dell'Europa e della libertà di scambio e del commercio con l'estero! Non vorrei che sottesa vi fosse la preoccupazione di qualche industriale per l'arrivo dell'automobile a 4 mila euro; voglio vedere, quando dalla Cina arriverà l'automobile a 4 mila euro, se qualcuno non invocherà qualche dazio!

Dunque, una filosofia difensiva non è una presa di posizione o un passo indietro; infatti - come affermato anche dai colleghi -, difendendo il marchio e la riconoscibilità della qualità intrinseca del prodotto italiano, facciamo un investimento economico. Qualcuno ricordava che, negli Stati Uniti, il volume di affari relativo a prodotti riconducibili all'Italia è di 17 miliardi di euro, anche se poi nelle nostre casse ne arriva solo uno. Dunque, è giusto difendere la qualità del made in Italy: non abbiamo i pozzi di petrolio, ma il buon gusto, le capacità manuali.

Vorremmo esportare una qualità dei diritti, come qualità distintiva del nostro essere padani e italiani, ma vogliamo avere anche la possibilità di difendere il diritto dei consumatori e dei produttori di sapere cosa si acquista.

Certo, magari all'interno della grande distribuzione qualcuno impugnerà il provvedimento in sede europea. Vorrei ben vedere! Ma noi da che parte stiamo? Dalla parte della grande distribuzione, magari del nord Europa, oppure da quella della produzione e dei distretti delle Marche, della Puglia, di Biella, dei comparti veneti?

Chi aumenta il PIL? Non certo le grandi catene di distribuzione, bensì le piccole e medie imprese nonché qualche grande produttore del settore.

E l'Europa? Oddio, forse andiamo incontro all'infrazione! Ma allora mi chiedo se questo è un Parlamento sovrano o un'Assemblea che paventa la possibilità di infrazione come la resa immediata ai disegni di qualcuno forse neppure eletto. Il commissario Mandelson ha forse fatto il suo dovere per la tutela dei prodotti nazionali, in particolare di quelli italiani?

Dobbiamo smettere di temere che forse Mandelson stia avviando le trattative informali, mentre ogni giorno chiudono 750 operatori. Mentre Mandelson forse sta pensando di avviare le trattative informali, cinquanta aziende in Europa chiudono soltanto nel settore tessile! Dipendesse da me e dalla Lega nord, Mandelson andrebbe subito a casa.

Inoltre, dobbiamo sempre ricordarci di ringraziare l'operato di Prodi, che non ha mai tutelato con le quote di salvaguardia il prodotto del made in Italy. Adesso siamo tutti d'accordo sull'introduzione del brand. Tuttavia, dati alla mano, la soglia di allarme era già scattata da tempo, quando l'attuale leader dell'Ulivo faceva il giro dell'Europa. Allora abbiamo dormito, ma si tratta di concetti già detti.

Tornando al provvedimento in oggetto, il gruppo della Lega nord esprimerà voto favorevole. In proposito, vorrei rivolgere un ringraziamento al relatore ed ai colleghi, che hanno discusso il testo insieme agli operatori economici ed alle categorie. Il provvedimento testimonia l'esistenza di un Parlamento sovrano che può guardare l'Europa negli occhi, a fronte alta, non a capo chino come un suddito inconsapevole.

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scaltritti. Ne ha facoltà. Segnalo che si tratta dell'ultimo intervento.

 

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, interpreto la sua precisazione come un invito ad economizzare i tempi del mio intervento, soprattutto a favore dei miei colleghi.

Il gruppo di Forza Italia non può che essere soddisfatto della circostanza che la Camera sia quantomeno giunta al termine della prima lettura di un testo che riguarda la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani. Si tratta di un testo scaturito da numerose proposte di legge presentate nel corso della legislatura, tra cui molte a firma di esponenti di Forza Italia ed altre provenienti da tutte le parti politiche.

In sede di Commissione, si è tentato di svolgere un lavoro concertato, alla luce delle difficoltà attraversate dal settore. Quindi, vorrei rendere anch'io merito al relatore, onorevole Lulli, per la grande disponibilità dimostrata. Infatti, il testo è stato più volte discusso in sede di Comitato ristretto e più volte il suo impianto è stato modificato per restare vicini agli obiettivi prefissati, essenzialmente di due tipi.

Intanto, si voleva dare uno strumento efficace alla realtà produttiva del nostro paese, che in questo momento sta duramente soccombendo di fronte ad una concorrenza internazionale costretta a rispettare ben pochi valori e princìpi.

Si tratta di principi e di valori ai quali siamo soggetti anche in considerazione del fatto che stiamo contestualmente costruendo l'Europa e che siamo promotori di una regolamentazione internazionale del commercio (l'esperienza di Cancun ha già abbastanza mortificato alcune iniziative italiane). L'Italia, dunque, sacrifica fortemente le sue peculiarità e le sue specificità sull'altare dello stare insieme e della costruzione dell'Europa.

Gli obiettivi erano dunque di due tipi. In primo luogo dotare di uno strumento le piccole e medie imprese che producono interamente sul territorio italiano e che hanno quindi potenzialità e possibilità molto diverse rispetto alle grandi imprese che vivono dietro al proprio brand e i cui prodotti vengono valorizzati da tale brand, pubblicizzato a livello internazionale, e che non hanno quindi bisogno del sostegno reale e concreto nel territorio in cui avviene la produzione. Il brand di per se stesso qualifica ed è una motivazione forte al consumo. Invece, per la specificità e per la peculiarità italiana, per la tradizione, per la cultura e per la creatività che distinguono il nostro prodotto nel mondo e che possono essere colte dal mercato dei nuovi consumatori ricchi, disposti ad avvicinarsi a prodotti di consumo più qualificato, che si muovono sul mercato con un costo maggiore, l'identità, anche in base alla qualità di produzione e alla filiera, costituisce uno strumento fondamentale.

I mercati in evoluzione nel Terzo mondo portano certamente nuove opportunità, ma anche una forte concorrenza. È necessario difendersi da tale concorrenza, che spesso è imitativa e determina la contraffazione ed anche la sopraffazione dei nostri prodotti e della potenzialità dei nostri produttori. A tal fine, è necessario che vi sia una tracciabilità e che venga attribuito uno strumento politico al Governo.

Onorevole Gambini, eravamo consapevoli, nel corso dell'esame da parte della Commissione, che il testo, per quanto curato nei particolari, si sarebbe dovuto comunque confrontare con le normative comunitarie e con la regolamentazione dei mercati internazionali. Di ciò eravamo ben coscienti. Nel corso dell'esame da parte dell'Assemblea è stata assunta la decisione, che abbiamo condiviso, di rafforzare questo messaggio politico e questo strumento per confrontarsi sul tavolo europeo. L'onorevole D'Agrò ha osservato che l'esito del referendum francese ha molto probabilmente indotto questa Assemblea ad assumere tale decisione. Quanto accaduto in Francia, come molti altri episodi che si verificano in Europa, dimostra che occorre condurre forti battaglie politiche per salvaguardare le peculiarità e le potenzialità di ogni paese, se intendiamo effettivamente realizzare un sistema Europa che raccolga e valorizzi i vari sistemi nazionali.

Ritengo pertanto si debbano conseguire gli obiettivi di prevedere uno strumento normativo, vale a dire il marchio «100 per cento Italia», che consenta di identificare i prodotti di chi non ha un proprio brand vincente sui mercati internazionali, e di dare forza politica all'azione che questo Governo sta conducendo, anche grazie al proprio leader.

Ritengo che tali iniziative, pur potendo pregiudicare la compatibilità comunitaria della normativa, siano comunque validissime dal punto di vista politico, affinché la normativa stessa entri nella sensibilità europea e in un sistema europeo che rispetti i paesi che partecipano convintamente alla costruzione dell'Europa.

Esprimiamo dunque il nostro sostegno convinto al provvedimento, con l'auspicio che possa essere ulteriormente migliorato nel corso dell'esame da parte del Senato (Commenti)...

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di consentire all'onorevole Scaltritti di svolgere le sue argomentazioni e di rispettare il diritto di parola...

 

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, immagino che anche i colleghi senatori destineranno il massimo impegno all'approvazione di questo provvedimento. Ritengo che in quella sede potranno intervenire ulteriori miglioramenti al testo e, pertanto, dopo l'approvazione finale da parte della Camera sarà varato un provvedimento di urgenza che fornisca risposta a quanto l'Italia intende rappresentare nella sede dell'Unione europea.

In conclusione, ricordo che ho ritirato alcune mie proposte emendative volte a supportare un'azione promozionale del marchio italiano, in ciò raccogliendo l'intendimento del Governo di indirizzare a sostegno di tale marchio i fondi già stanziati sia dalla legge finanziaria sia dal provvedimento sull'internazionalizzazione delle imprese italiane, appena varato dal Senato.

Annuncio pertanto il voto favorevole del gruppo di Forza Italia sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana).

 

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

 

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

 

PRESIDENTE. Onorevole Lulli, prima di concederle la parola, desidero associarmi all'apprezzamento dei colleghi per il lavoro da lei svolto. Ha facoltà di intervenire.

 

ANDREA LULLI, Relatore. La ringrazio signor Presidente. Intervengo semplicemente per ringraziare i componenti ed il presidente della X Commissione per il lungo e difficile lavoro svolto, anche se, probabilmente, vi è ancora molta strada da percorrere.

Esprimo, inoltre, gratitudine ai funzionari e alle funzionarie della X Commissione per la competenza e la dedizione al proprio lavoro dimostrati anche in questa occasione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

 

(Coordinamento formale - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

 

(Così rimane stabilito).

 

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 472 ed abbinate)

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 472 ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.

 

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani) (472-1250-2689-2805-3817-4001-4497)

(Presenti e votanti 346

Maggioranza 174

Hanno votato 345

Hanno votato no 1).

Prendo atto che l'onorevole Bova non è riuscito a votare.

Prendo atto altresì che l'onorevole Testoni ha erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.


Allegato A

 

PROPOSTE DI LEGGE: CONTENTO; PAOLA MARIANI; ROTUNDO ED ALTRI; SCALTRITTI; RAISI ED ALTRI; GIANFRANCO CONTE ED ALTRI; DIDONÈ E POLLEDRI: NORME PER LA RICONOSCIBILITÀ E LA TUTELA DEI PRODOTTI ITALIANI (472-1250-2689-2805-3817-4001-4497)

 


(A.C. 472 - Sezione 1)

 

PROPOSTA EMENDATIVA DICHIARATA INAMMISSIBILE NEL CORSO DELLA SEDUTA

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

Art. 6-bis. - (Credito d'imposta per la difesa della proprietà industriale). - 1. Al fine della costituzione e dell'acquisto dei diritti di proprietà industriale in Italia e all'estero, mediante brevettazione, registrazione o negli altri modi previsti dal codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, alle piccole e medie imprese, così come definite dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, è attribuito un credito d'imposta, di ammontare pari al 50 per cento delle spese complessive, documentate o documentabili, sostenute per la costituzione e l'acquisto di diritti di proprietà industriale relativi a prodotti o servizi, da utilizzare a decorrere dall'esercizio fiscale successivo alla domanda di registrazione. Il credito d'imposta è utilizzabile, a decorrere dal 1o gennaio 2006, esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il Ministro delle attività produttive, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce modalità e criteri per la concessione del credito d'imposta.

2. Per il credito d'imposta di cui al comma 1, e fino a concorrenza delle risorse, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2005 e di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007.

3. All'onere di cui al comma 2, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 4 e 5.

4. Il secondo comma dell'articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, come sostituito dal comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, in materia di imposizione fiscale sui tabacchi lavorati, è sostituito dal seguente:

«Per le sigarette le tabelle di cui al primo comma sono stabilite con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta, determinate mensilmente, secondo i dati rilevati al primo giorno di ogni mese».

5. Il meccanismo di determinazione del prezzo di cui al comma 4 si applica a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

6. 030. Gambini, Cazzaro, Cialente, Nieddu, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi, Ruggeri, Grotto, Zara.

 

(A.C. 472 - Sezione 2)

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

 

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

 

(A.C. 472 - Sezione 3)

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

 

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

NULLA OSTA

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 4.20, 4.21, 5.21, 7.20, 7.23, 11.20, 11.21, 11.23, 11.24 e sugli articoli aggiuntivi 3.02, 6.030 e 11.020 in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo 1.

 

(A.C. 472 - Sezione 4)

 

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio «100 per cento Italia» e definizioni).

1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto ad una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, come definiti alla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.

3. Ai fini della presente legge si intende per:

a) ideazione: l'attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

b) disegno: la rappresentazione grafica dell'attività di ideazione e progettazione;

c) progettazione: l'attività dell'ingegno finalizzata ad individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all'imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;

g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonché i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultino diretti ad uno specifico uso o funzione, ma siano destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 1.

(Istituzione del marchio «100 per cento Italia» e definizioni).

Al comma 1, sopprimere le parole: , di proprietà dello Stato italiano.

1. 20. Gambini.

 

(A.C. 472 - Sezione 5)

ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti).

1. Il marchio di cui all'articolo 1 viene concesso al produttore a valere sui prodotti che l'impresa realizzi nel rispetto delle condizioni previste dall'articolo 1 comma 2 e dall'articolo 3.

2. Il marchio di cui all'articolo 1 dovrà essere apposto sul prodotto finale in maniera tale da non ingenerare possibilità di confusione da parte del consumatore in merito all'adeguatezza dell'intero prodotto, e non di una sola parte o componente di esso, alle disposizioni della presente legge.

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 2 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti).

Al comma 2, sostituire le parole da: sul prodotto fino alla fine del comma con le seguenti: in forma indelebile e non sostituibile sul prodotto finale in modo da non ingenerare confusione nel consumatore, affinché risulti chiaro che tale marchio sia relativo all'intero prodotto e non ad una sola parte o componente di esso.

2. 20. Scaltritti.

(Approvato)

 

(A.C. 472 - Sezione 6)

ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio).

1. Il richiedente l'autorizzazione all'uso del marchio di cui all'articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente un'autocertificazione circa:

a) il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonché in ordine all'esclusione dell'impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell'ambiente;

b) l'attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale.

2. Il marchio di cui all'articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

3. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio dei marchi consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di specifiche filiere produttive.

4. È istituito presso il Ministero delle attività produttive, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l'albo delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all'articolo 1.

 

 

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio).

Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

c) l'attestazione che al prodotto siano state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto.

3. 20. Paola Mariani.

(Approvato)

 

Sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:

2. Il Ministero delle attività produttive attribuisce la titolarità del marchio di cui all'articolo 1 ai consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di specifiche filiere produttive. La titolarità del marchio può essere attribuita anche a singole imprese su richiesta delle medesime e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti. A tal fine il Ministero delle attività produttive si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei settori interessati e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono stabilite le modalità di attribuzione della titolarità del marchio ai soggetti di cui al comma 2.

3. 24. Nieddu, Gambini, Ruggeri, Grotto, Zara, Cazzaro, Cialente, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 2, sostituire le parole: dal Ministero delle attività produttive che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con le seguenti: dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio.

Conseguentemente:

al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio comunicano al Ministero delle attività produttive, con cadenza periodica, anche avvalendosi di modalità telematiche, l'elenco delle imprese abilitate ad utilizzare il marchio medesimo.

all'articolo 5:

al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: il Ministero delle attività produttive fino a: delle camere con le seguenti: le camere.

al comma 5, primo periodo, sostituire le parole: il Ministero delle attività produttive revoca con le seguenti: le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura revocano.

al comma 6, sostituire le parole: Il Ministero delle attività produttive provvede con le seguenti: Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvedono.

3. 25. Gambini, Nieddu, Ruggeri, Grotto, Zara, Cazzaro, Cialente, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Sopprimere il comma 3.

3. 21. Paola Mariani.

 

Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: , qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.

3. 23. Zanella, Pecoraro Scanio, Boato, Bulgarelli, Cento, Cima, Lion.

(Approvato)

 

Al comma 4, dopo le parole: utilizzare per aggiungere la seguente: tutti.

3. 22. Zanella, Pecoraro Scanio, Boato, Bulgarelli, Cento, Cima, Lion.

 

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. (Tutela origine, simboli, bandiera della Repubblica italiana). - 1. Al fine di combattere la concorrenza sleale, la contraffazione e la pubblicità ingannevole, il Ministro delle attività produttive promuove la registrazione di marchi che tutelino il nome dell'Italia, la bandiera e i simboli della Repubblica italiana. In particolare il Ministro delle attività produttive intraprende ogni iniziativa legale, in sede nazionale e internazionale, nei confronti dei prodotti che facciano in qualsiasi forma riferimento ad una falsa origine italiana dei medesimi o che utilizzino il nome dell'Italia, la bandiera e i simboli della Repubblica italiana a fini commerciali.

3. 02. Nieddu, Gambini, Ruggeri, Grotto, Zara, Cazzaro, Cialente, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

(A.C. 472 - Sezione 7)

 

ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 4.

(Controlli di conformità delle autocertificazioni).

1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all'articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 4.

(Controlli di conformità delle autocertificazioni).

Al comma 1, dopo le parole: Guardia di finanza aggiungere le seguenti: e con l'Ispettorato del lavoro.

4. 20. Paola Mariani.

 

Al comma 1, dopo le parole: Guardia di finanza aggiungere le seguenti: e con le Polizie Municipali, secondo le modalità e con i poteri previsti dall'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e dalla legge 7 marzo 1986, n. 65.

4. 21. Tedeschi.

 

Alla rubrica, sostituire le parole: di conformità delle con la seguente: sulle.

4. 100. La Commissione.

(Approvato)

 

(A.C. 472 - Sezione 9)

ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 6.

(Sanzioni).

1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all'uso del marchio di cui all'articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all'utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all'autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all'articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 4, commi 80 e 81, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

3. L'uso illecito del marchio di cui all'articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Per l'irrogazione delle pene accessorie, si applica l'articolo 518 del codice penale.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 6.

(Sanzioni).

Al comma 2, secondo periodo, sostituire le parole da: all'articolo 4 fino alla fine del comma con le seguenti: agli articoli 144 e seguenti del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

6. 20. Raisi.

(Approvato)

 

Dopo l'articolo 6, aggiungere il seguente:

Art. 6-bis. - (Credito d'imposta per la difesa della proprietà industriale). - 1. Al fine della costituzione e dell'acquisto dei diritti di proprietà industriale in Italia e all'estero, mediante brevettazione, registrazione o negli altri modi previsti dal codice della proprietà industriale di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, alle piccole e medie imprese, così come definite dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, è attribuito un credito d'imposta, di ammontare pari al 50 per cento delle spese complessive, documentate o documentabili, sostenute per la costituzione e l'acquisto di diritti di proprietà industriale relativi a prodotti o servizi, da utilizzare a decorrere dall'esercizio fiscale successivo alla domanda di registrazione. Il credito d'imposta è utilizzabile, a decorrere dal 1o gennaio 2006, esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il Ministro delle attività produttive, con proprio decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce modalità e criteri per la concessione del credito d'imposta.

2. Per il credito d'imposta di cui al comma 1, e fino a concorrenza delle risorse, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per l'anno 2005 e di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007.

3. All'onere di cui al comma 2, si provvede mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione dei commi 4 e 5.

4. Il secondo comma dell'articolo 9 della legge 7 marzo 1985, n. 76, come sostituito dal comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, in materia di imposizione fiscale sui tabacchi lavorati, è sostituito dal seguente:

«Per le sigarette le tabelle di cui al primo comma sono stabilite con riferimento alle sigarette della classe di prezzo più richiesta, determinate mensilmente, secondo i dati rilevati al primo giorno di ogni mese».

5. Il meccanismo di determinazione del prezzo di cui al comma 4 si applica a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

6. 030. Gambini, Cazzaro, Cialente, Nieddu, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi, Ruggeri, Grotto, Zara.

 

(A.C. 472 - Sezione 10)

ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 7.

(Etichettatura dei prodotti).

1. Al fine di consentire un'adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito, su base volontaria, un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l'importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 7 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 7.

(Etichettatura dei prodotti).

Sopprimerlo.

7. 1. Raisi.

 

Al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: , su base volontaria,

7. 21. Didonè, Polledri, Realacci.

(Approvato)

 

Al comma 1, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Si intendono prodotti finiti realizzati in Paesi extra Unione europea quelli che subiscono in tali Paesi anche solo una delle fasi di realizzazione di cui al comma 2 dell'articolo 1.

7. 22. Polledri, Didonè, Realacci.

 

 

Al comma 3, sopprimere il terzo periodo.

Conseguentemente, dopo l'articolo 12, aggiungere il seguente:

Art. 12-bis. (Copertura finanziaria). - 1. All'onere derivante dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, si provvede mediante l'utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

7. 23. Zanella, Pecoraro Scanio, Boato, Bulgarelli, Cento, Cima, Lion.

 

Al comma 3, terzo periodo, sostituire le parole: devono derivare con la seguente: derivano.

7. 20. Quartiani, Provera, Gambini.

 

Al comma 1, primo periodo, premettere le parole: Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7,

8. 21. Polledri, Didonè.

(Approvato)

 

Al comma 2, sostituire le parole: e qualificate con le seguenti: , nonché per quelle qualificate.

8. 22. Scaltritti.

(Approvato)

 

(A.C. 472 - Sezione 11)

ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 8.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature).

1. Le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un'etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L'etichetta contiene altresì le informazioni relative all'origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

2. Per le calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea e qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 8.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature).

Al comma 1, primo periodo, premettere le parole: Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7,

Conseguentemente:

al medesimo periodo, sostituire la parola: possono con la seguente: debbono;

al comma 2, sostituire la parola: riporta con le seguenti: deve riportare.

8. 20. Didonè, Polledri.

 

 

 

 

(A.C. 472 - Sezione 12)

ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 9.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili).

1. All'articolo 8 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. I prodotti tessili possono essere etichettati o contrassegnati all'atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L'etichetta o il contrassegno forniscono informazioni sulla composizione dei materiali, sull'origine dei materiali stessi e delle relative lavorazioni e sulla denominazione. Per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 9.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili).

Sostituirlo con il seguente:

Art. 9. - 1. All'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i prodotti realizzati al di fuori dell'Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l'etichetta riporta inoltre la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall'articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

9. 22. D'Agrò.

(Approvato)

 

Al comma 1, alinea, premettere le parole: Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7,

Conseguentemente, al capoverso:

al primo periodo, sostituire la parola: possono con la seguente: debbono;

al terzo periodo, sostituire la parola: riporta con le seguenti: deve riportare.

9. 20. Didonè, Polledri.

 

Al comma 1, alinea, premettere le parole: Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7,

9. 21. Polledri, Didonè.

 

Al comma 1, capoverso, terzo periodo, dopo le parole: Unione europea e aggiungere le seguenti: per quelli.

9. 23. Scaltritti.

 

(A.C. 472 - Sezione 13)

ARTICOLO 10 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 10.

(Carta d'identità dei prodotti «Made in Italy»).

1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d'identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

2. I contenuti e le modalità applicative della carta d'identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d'identità di cui al comma 1, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero delle attività produttive, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete Internet e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.

4. Gli sportelli unici all'estero, nell'ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d'identità di cui al comma 1.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 10.

(Carta d'identità dei prodotti «Made in Italy»).

Al comma 1, sostituire le parole: è accompagnata con le seguenti: può essere accompagnata.

10. 21. Raisi.

 

Sopprimere i commi 3 e 4.

10. 20. Raisi.

 

(A.C. 472 - Sezione 14)

ARTICOLO 11 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 11.

(Promozione del marchio e registrazione comunitaria).

1. Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all'articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui all'articolo 1 presso l'apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, fatto a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell'ambito delle competenze di cui all'articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all'articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 11 DEL TESTO UNIFICATO

 

ART. 11.

(Promozione del marchio e registrazione comunitaria).

Al comma 1, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: , anche attraverso campagne pubblicitarie e campagne di vendita in megastore.

11. 22. Scaltritti.

 

Al comma 3, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è stanziata la somma di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, da utilizzare per la concessione di contributi alle imprese medesime secondo criteri e modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente.

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:

4. All'onere derivante dall'attuazione del comma 3 si fa fronte mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003 n. 350.

11. 23. Scaltritti.

 

Al comma 3, sostituire l'ultimo periodo con il seguente: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è stanziata la somma di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, da utilizzare per la concessione di contributi alle imprese medesime secondo criteri e modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente.

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:

4. All'onere derivante dall'attuazione del comma 3, pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle attività produttive.

11. 24. Scaltritti.

 

Al comma 3, sostituire l'ultimo periodo con i seguenti: Per l'attività di promozione dei singoli prodotti attuata dalle imprese è stanziata la somma di 7,5 milioni di euro per l'anno 2005 e di 4 milioni di euro per l'anno 2006, da utilizzare per la concessione di contributi alle imprese medesime secondo criteri e modalità stabilite con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tenuto conto della disciplina comunitaria sugli aiuti per la ricerca, lo sviluppo e l'ambiente. Ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all'articolo 4, comma 61, della legge 24 dicembre 2003 n. 350.

11. 21. Gambini, Nieddu, Ruggeri, Grotto, Zara, Cazzaro, Cialente, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi.

 

Al comma 3, secondo periodo, sostituire le parole: devono derivare con la seguente: derivano.

11. 20. Quartiani, Provera, Gambini.

 

Dopo l'articolo 11, aggiungere il seguente:

Art. 11-bis. (Istituzione di un sistema di tracciabilità delle produzioni italiane). - 1. È istituito un sistema nazionale volontario di tracciabilità delle produzioni per consentire l'individuazione e la riconoscibilità delle componenti sostanziali del bene finale e dare ai consumatori la possibilità di identificare l'area geografica di provenienza dei prodotti finiti e delle loro componenti.

2. Ai fini di cui al comma 1 si intendono:

a) realizzati interamente in Italia i prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la produzione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano;

b) realizzati in Italia i prodotti che sono sufficientemente lavorati o trasformati in Italia come previsto dagli articoli 24 e 69 del regolamento CEE n. 2913 del 12 ottobre 1992.

3. Le caratteristiche del prodotto finale e l'origine delle materie prime o semilavorati impiegati nel processo di lavorazione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), devono risultare nella Carta d'identità di cui all'articolo 10.

4. Per i prodotti di cui al comma 2, lettera a), la Carta di identità di cui all'articolo 10 deve contenere la dizione, traducibile in altre lingue, «realizzato integralmente in Italia». Per i prodotti di cui al comma 2, lettera b), la Carta di identità deve contenere la dizione, traducibile in altre lingue, «realizzato in Italia».

5. Alle camere di commercio è demandata la tenuta dell'elenco degli organismi associativi o consortili che adottano procedure di autocontrollo per l'introduzione, presso gli operatori economici, del sistema nazionale di tracciabilità.

6. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei settori interessati e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono stabilite le modalità per l'introduzione e la gestione del sistema di tracciabilità di cui al presente articolo.

7. Il Ministero delle attività produttive predispone campagne annuali di sensibilizzazione per favorire l'istituzione e la registrazione di marchi geografici, legati a produzioni riferite a specifici territori, da parte degli operatori aderenti al sistema nazionale di tracciabilità.

11. 020. Nieddu, Gambini, Ruggeri, Grotto, Zara, Cazzaro, Cialente, Nigra, Quartiani, Rugghia, Tedeschi, Lusetti.

 

(A.C. 472 - Sezione 15)

ARTICOLO 12 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

 

Art. 12.

(Ambito di applicazione).

1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi ed alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore ed alla riconoscibilità dell'origine o della qualità dei prodotti.

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 12 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 12.

(Ambito di applicazione).

Sopprimerlo.

12. 20. Raisi.

 

(A.C. 472 - Sezione 16)

ORDINI DEL GIORNO

 

La Camera,

premesso che:

la dicitura made in Italy rappresenta da anni, e in un vasto ed eterogeneo panorama di mercati internazionali, il marchio di qualità che contraddistingue le produzioni manifatturiere italiane, distintivo e garanzia non solo di design e di gusto, ma soprattutto di affidabilità tecnica e di produzioni attuate nel pieno rispetto della dignità del lavoro, dell'integrità dell'ambiente e della tutela della salute;

la configurazione di un prodotto quale prodotto italiano ha rappresentato per decenni, e tuttora rappresenta, un valore aggiunto che ha dimostrato la capacità di sostenere la quantità di prodotti italiani collocati sui mercati, e quindi capace di essere annoverato fra la basi della competitività economica del sistema Italia;

negli ultimi anni abbiamo assistito ad una recrudescenza del fenomeno della contraffazione del marchio made in Italy, e di marchi brevettati di imprese italiane, tante da provocare la flessione delle esportazioni ed anche delle vendite nel territorio nazionale;

le imprese che si trovano a sostenere i costi e le lunghe vicende giudiziarie all'estero al fine di tutelare il proprio diritto all'utilizzo di marchi di fabbrica registrati sono attualmente in crescita esponenziale;

il principio della tracciabilità del prodotto per ogni manufatto industriale e/o artigianale commercializzato sul territorio nazionale, compreso il luogo di fabbricazione di ogni singola parte del prodotto ed il luogo dell'assemblaggio finale, è stato assunto come raccomandazione dal Governo con gli ordini del giorno 9/4489/25 del 17 dicembre 2003, 9/5310-bis-C-R/8 del 28 dicembre 2004 e 9/4360-C/2 del 02 febbraio 2005;

al fine di una integrale e corretta tutela del prodotto nazionale occorre una costante attenzione alle merci in entrata sul territorio nazionale, attivando, come previsto dai recenti decreti governativi, le strutture di monitoraggio e di controllo costante; come occorre l'incentivazione e il supporto delle nostre aziende in campo internazionale, luogo in cui avviene il giornaliero confronto fra i nostri prodotti autentici e la più smaccata contraffazione, dove l'apparizione di un nuovo marchio non rappresenterà serio ostacolo alla contraffazione, dove è norma e abitudine la contraffazione;

impegna il Governo

a disciplinare compiutamente l'utilizzo del già esistente marchio «made in Italy» al fine di evitare gli abusi avvenuti in campo internazionale e in campo nazionale da parte di operatori disonesti, ricordando che sussistono diverse cause internazionali adite da nostre aziende esportatrici a tutela dei loro prodotti e anche dell'intero sistema produttivo italiano destinato all'esportazione, ed al fine di evitare che l'utilizzo del nome «Italy» possa avvenire in modo indiscriminato;

che nell'ambito della definizione dei prodotti certificati ai sensi dalla legge testè in approvazione come «100 per cento Italia», l'apporto di componentistica o di materiali semilavorati proveniente da paesi esteri, non superi la percentuale espressa in valori monetari, per singola categoria di prodotti, venga definita da parte del Ministero delle attività produttive, tramite apposito provvedimento, in applicazione del concetto di «modesta percentuale»;

che possano svolgere autocertificazione solo ed esclusivamente le società produttrici, o ditte artigiane, che abbiano avuto o che hanno in corso all'entrata in vigore della presente legge, contratti inerenti all'esportazione dei propri prodotti;

che il richiedente il marchio possa rivolgersi, anche in presenza di consorzi o società consortili autorizzate dal Ministero esistenti sul proprio territorio, direttamente al Ministero stesso, al fine di evitare problematiche indotte da forte concorrenzialità, possibili nell'ambito dello stesso distretto industriale di appartenenza;

che venga istituito per tutti i beni commercializzati sul territorio nazionale un sistema di etichettatura su base obbligatoria e non volontaria, tale etichettatura deve essere in lingua italiana e contenere le informazioni esaustive rispetto all'ottemperanza delle normative comunitarie, nazionali ed internazionali in materia di igiene, sicurezza e anti-dumping sociale, nonché le indicazioni per un corretto uso del prodotto stesso, a integrale tutela dei consumatori.

9/472/1.Daniele Galli.

 

La Camera,

preso atto di quanto disposto agli articoli 4 e 5 in tema di controlli e di Enti abilitati, ai fini di uno snellimento delle procedure burocratiche gravanti sulle Camere di commercio e di una maggiore celerità ed efficacia complessiva,

impegna il Governo

ad emanare nei tempi minimi necessari un regolamento per l'attivazione delle procedure di controllo,

a definire i criteri in base ai quali è possibile individuare i soggetti aventi i requisiti richiesti.

9/472/2.Angelo Santori.

 

La Camera,

constatata l'esigenza di difendere sui mercati internazionali la bandiera e i simboli dell'Italia, al fine di combattere la concorrenza sleale, la contraffazione e la pubblicità ingannevole,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a promuovere la registrazione di marchi che tutelino il nome dell'Italia, la bandiera e i simboli della Repubblica italiana, anche attraverso le necessarie iniziative legali, sia in sede nazionale che internazionale.

9/472/3.D'Agrò, Raisi, Scaltritti, Didonè.

 

La Camera,

esaminato il progetto di legge A.C. 472;

premesso che l'articolo 7 prevede un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all'Unione europea,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, in sede di applicazione della presente legge, affinché sia adottata una chiara definizione dei prodotti finiti, avendo riguardo alle fasi di realizzazione individuate all'articolo 1, comma 2.

9/472/4.Polledri, Scaltritti, Raisi, D'Agrò.

 

La Camera,

considerata la necessità di dotare il mercato globalizzato di norme chiare e trasparenti che permettano ad imprese e consumatori di identificare marchio e origine dei prodotti,

impegna il Governo

ad una forte azione nei confronti dell'Unione europea affinché si modifichino i vincoli del regolamento 2081/92 del Consiglio che vieta i marchi di origine geografica e del regolamento 2913/92 che istituisce il codice doganale comunitario in base al quale anche produzioni lavorate in gran parte all'estero possono, in virtù degli attuali codici doganali, marcare le merci con il made in Italy.

9/472/5.Paola Mariani.

 

La Camera,

preso atto della possibilità di interventi di controllo da parte di «istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive» (articolo 4) e della periodicità dei controlli, sempre da parte degli stessi soggetti (articolo 5, comma 2), ai fini di una sollecita e organica attivazione di tale meccanismo di garanzia,

impegna il Governo

ad emanare entro 60 giorni dalla approvazione della presente legge il regolamento per la costituzione di elenchi di soggetti certificatori indicandone le caratteristiche e tenendo anche conto dei titoli acquisiti da istituti già esistenti ed operanti in settori di certificazione attinente alla materia.

9/472/6.Ruggeri.


Senato della Repubblica

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                 

N. 405

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatoreMAGNALBÒ

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 LUGLIO 2001

 

 

———–

Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela
della qualità delle calzature italiane

———–

 


Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge intende individuare gli strumenti giuridici da porre a tutela dei prodotti che, nati dal frutto della creatività, dell’ingegno e del lavoro italiani, sono i soli in grado di garantire, nei confronti dei clienti e dei consumatori, la qualità e lo stile propri del marchio italiano.

    Nel corso di questi ultimi anni si è diffusa l’abitudine da parte di molti industriali – in particolar modo nel distretto calzaturiero – di delocalizzare il processo produttivo all’estero, trasferendo gran parte della produzione in stabilimenti lontanissimi dal nostro paese, ove è possibile risparmiare sul costo della manodopera ed ottenere margini di guadagno elevatissimi. Tale consuetudine, dettata esclusivamente da fattori di costo, oltre ad essere lesiva del principio generale di leale concorrenza, incrementa il già dirompente fenomeno della contraffazione.

    I prodotti, nella fattispecie quelli calzaturieri, una volta assemblati all’estero ricorrendo allo sfruttamento della manodopera minorile ed a turni massacranti di lavoro, sono immessi sul mercato con l’etichetta Made in Italy pur essendo realizzati nella maggior parte dei casi con materiali di bassa qualità che non si avvalgono della tradizionale esperienza tecnica e manifatturiera dei nostri artigiani.

    Alla luce della liberalizzazione e della progressiva apertura dei mercati internazionali, riteniamo indispensabile sostenere un apposito intervento legislativo, per mezzo del quale introdurre regole certe ed inequivocabili riguardanti l’istituzione, le modalità di rilascio nonché dell’uso del marchio Made in Italy, etichetta di cui dovranno fregiarsi unicamente le calzature prodotte per intero sul territorio italiano.

    A tale scopo il presente disegno di legge introduce il marchio Made in Italy, la cui proprietà è nelle mani dello Stato che ne concede l’uso su richiesta e dietro sottoscrizione di un protocollo di adesione.

    Si dispone inoltre l’istituzione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di una Commissione provinciale incaricata non solo di rilasciare l’autorizzazione all’uso del marchio ma anche di compiere ispezioni nei luoghi di produzione per verificare la sussistenza ed il rispetto delle condizioni essenziali per l’autorizzazione.

    Rileviamo infine una duplice necessità: la prima consiste nel predisporre un sistema sanzionatorio che punisca eventuali abusi o illeciti nell’uso del marchio e le false dichiarazioni rilasciate in sede di adesione al protocollo, l’altra nel conferire al marchio italiano un riconoscimento in ambito internazionale, attraverso una procedura di registrazione del certificato ottenuto nel territorio nazionale come marchio comunitario, in ottemperanza di quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo di Madrid 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

 

 

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.
(Istituzione del marchio)

    1. È istituito il marchio Made in Italy al fine di identificare le calzature prodotte interamente sul territorio italiano.

    2. Le calzature si intendono prodotte sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

    3. La proprietà del marchio Made in Italy è dello Stato. La concessione dell’uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

    4. L’uso del marchio è concesso in rispetto alle procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministero delle attività produttive.

    5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in ottemperanza della normativa vigente.

 

Art. 2.
(Modalità di impiego del marchio)

    1. Il marchio di cui all’articolo 1 deve essere apposto solo sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

 

    2. L’apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alla sola impresa calzaturiera.

    3. È fatto divieto alle imprese di produzione di accessori e di componenti per calzature l’apposizione del marchio e riferimenti al marchio in parti o zone che risulteranno visibili sul prodotto finito.

 

Art. 3.
(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare calzature che si caratterizzino per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità debbono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla Commissione di cui all’articolo 4, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

        a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

    b) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell’esclusione dell’impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente.

    4. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria ed ispettiva della Commissione di cui all’articolo 4.

 

Art. 4.
(Commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine Made in Italy)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura la Commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine Made in Italy, di seguito denominata «Commissione».

    2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese calzaturiere, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire una unica commissione regionale.

    3. La Commissione provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all’articolo 3, presentata dall’impresa richiedente.

 

Art. 5.
(Funzioni della Commissione)

    1. La Commissione è composta da cinque membri di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative ed un dirigente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio.

    2. La Commissione opera in piena autonomia per il perseguimento dei propri fini istituzionali e nel rispetto di un proprio regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

    3. La Commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del presidente.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvede, entro trenta giorni, alla sostituzione.

 

Art. 6.
(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare, entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo  3.

    2. La Commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate circa una violazione, la Commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza del diritto all’uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione locale e nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la Commissione provvede a darne comunicazione all’autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la Commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla qualità e provenienza del prodotto.

 

Art. 7.
(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero dell’industria delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione del prodotto calzatura di origine italiana garantita, di seguito denominato «fondo».

    2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento è a disposizione della Commissione per la copertura dei propri costi operativi.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale dovrà essere effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla Commissione. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 8.
(Pubblicizzazione del marchio)

    1. Il Ministro delle attività produttive, d’intesa con le parti sociali, predispone programmi annuali di pubblicizzazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fini della tutela del consumatore.

    2. Le risorse necessarie all’attuazione dei programmi di cui al comma 1 del presente articolo sono messe a disposizione dal fondo e da speciali provvedimenti del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 9.
(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la Commissione segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui si faccia uso abusivo del marchio o si proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all’articolo 3 della presente legge sono puniti ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, come modificato dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 6, la Commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 10.
(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo di Madrid 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.

 

Art. 11.
(Normativa di incentivazione)

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo in materia di incentivazione del settore calzaturiero sulla base del principio dell’abbattimento degli oneri fiscali, lavorativi e previdenziali a favore delle imprese che producono in conformità alle disposizioni contenute nella presente legge.

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

 

N. 1404

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa della senatriceSTANISCI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 MAGGIO 2002

 

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Istituzione del marchio «made in Italy» per la tutela della qualità dei prodotti del settore tessile e dell’abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge si propone di creare un marchio «made in Italy» a garanzia, per i consumatori, del fatto che l’intero processo produttivo dei capi di abbigliamento, delle cravatte e delle calzature è avvenuto in Italia.

    Oggi, infatti, in Italia vengono immessi sul mercato prodotti fabbricati altrove e col marchio «made in Italy».

    Questo costituisce nocumento per gli imprenditori che producono i capi in Italia.

    Infatti, l’immissione sul mercato di merce più cara rispetto a quella fabbricata in Paesi la cui manodopera è a basso costo, impedisce la concorrenzialità.

    Da tempo il sindacato ha proposto la creazione di un marchio «made in Italy» per salvaguardare gli imprenditori che scelgono di rimanere in Italia e di utilizzare manodopera in loco.

    Questo consentirebbe alle maestranze italiane di vedere valorizzate le loro abilità e professionalità.

    Inoltre, molte aziende, soprattutto nel Mezzogiorno, non sarebbero costrette a ricorrere alla finzione della chiusura e della successiva riapertura con una ragione sociale diversa ed i lavoratori non si vedrebbero decurtata la busta paga dal pagamento delle cosiddette «paghe di fatto».

    Si ripropone, pertanto, la valorizzazione delle produzioni realizzate interamente in Italia e l’etichettatura obbligatoria dell’origine del prodotto, così come avviene già negli Stati Uniti ed in Giappone.

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.
(Istituzione del marchio)

    1. È istituito il marchio «made in Italy» al fine di identificare i capi dei settori tessile e dell’abbigliamento, le cravatte e le calzature prodotti interamente sul territorio italiano.

    2. Ai fini della presente legge i capi dei settori tessile e dell’abbigliamento, le cravatte e le calzature si intendono prodotti sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

    3. La proprietà del marchio «made in Italy» è dello Stato. La concessione dell’uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

    4. L’uso del marchio è concesso nel rispetto delle procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministero delle attività produttive.

    5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche dei prodotti in ottemperanza alle vigenti leggi.

 

Art. 2.
(Modalità di impiego del marchio)

    1. Il marchio deve essere apposto solo sul prodotto finito in modo da renderne immediata la visibilità.

 

    2. L’apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alle sole imprese di uno dei settori di cui all’articolo 1, comma 1.

    3. È vietata alle imprese di produzione di accessori e di componenti l’apposizione del marchio e di riferimenti al marchio in parti o zone che risulteranno sul prodotto finito.

 

Art. 3.
(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti tessili e dell’abbigliamento, cravatte e calzature che si caratterizzano per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità devono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla Commissione di cui all’articolo 4, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l’impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

        a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

        b) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell’esclusione dell’impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente.

    4. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria ed ispettiva della Commissione di cui all’articolo 4.

 

Art. 4.
(Commissione)

    1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la Commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine «made in Italy», di seguito denominata: «Commissione».

    2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese dei settori tessile, dell’abbigliamento, delle cravatte e delle calzature, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire un’unica Commissione regionale.

    3. La Commissione provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all’articolo 3, presentata dall’impresa richiedente.

 

Art. 5.
(Composizione e organizzazione

della Commissione)

    1. La Commissione è composta da cinque membri, di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative e da un dirigente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

    2. La Commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto di regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro delle attività produttive.

    3. La Commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del Presidente.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del Presidente o di uno dei commissari, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvede, entro trenta giorni, alla sostituzione.

 

Art. 6.
(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso del marchio)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare, entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo 3.

    2. La Commissione può acquisire da qualsiasi fonte notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate relative ad una violazione, la Commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre un’ispezione nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente tale termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza del diritto all’uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione locale e nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la Commissione provvede a darne comunicazione all’Autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della titolarità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la Commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio possa indurre in errore il pubblico sulla qualità e sulla provenienza del prodotto.

 

Art. 7.
(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero delle attività produttive il Fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione «made in Italy», di seguito denominato: «Fondo».

    2. Il Fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento, a carico del Ministero delle attività produttive, è a disposizione della Commissione per la copertura dei propri costi operativi.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale deve essere effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla Commissione. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 8.
(Pubblicazione del marchio)

    1. Il Ministero delle attività produttive, sentite le parti sociali, predispone programmi annuali di pubblicazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fini della tutela del consumatore.

    2. Le risorse necessarie all’attuazione dei programmi di cui al comma 1, sono messe a disposizione dal Fondo e da speciali provvedimenti del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 9.
(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la Commissione segnala all’Autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui si faccia uso abusivo del marchio o si proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni di adesione di cui all’articolo 3 della presente legge sono puniti ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati, di cui al regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 6, la Commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 10
(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo firmato a Madrid il 27 giugno 1989, concernente la registrazione internazionale dei marchi, ratificato ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

 

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

N. 1595

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore GUERZONI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L’11 LUGLIO 2002

 

 

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Istituzione del marchio «Made in Italy» per i capi del tessile e dell’abbigliamento prodotti interamente in Italia

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Onorevoli Senatori. – I settori del tessile e dell’abbigliamento – con migliaia di imprese piccole, medie e artigiane che occupano poco meno di un milione di addetti – costituiscono fonti irrinunciabili di ricchezza e di redditi indotti da attività produttive, commerciali e da esportazioni significative per la stessa bilancia dei pagamenti.

 

    A seguito della globalizzazione e della liberalizzazione dei mercati che stanno cambiando gli scambi internazionali e a causa di fenomeni di illegalità in forte espansione – il sorgere diffuso di laboratori clandestini, che controllano una parte significativa della produzione; crescenti importazioni e commercializzazioni illegali – le produzioni italiane sono sottoposte ad una dura competizione sul mercato nazionale ed all’estero, e, non di meno, alle insidie della concorrenza sleale alimentata anche dalle delocalizzazioni all’estero, operate da imprese italiane.

    Gli effetti negativi di tutto ciò sono evidenti e gravi: la crescita nel 2001, rispetto al 2000, si è fortemente ridotta. Nel fatturato, si è passati dal 5,7 per cento all’1,5 per cento nelle esportazioni (dal 14 per cento al 7 per cento) e l’occupazione si è contratta dello 0,3 per cento. Nei consumi interni purtroppo la quota dei prodotti italiani è diminuita del 3 per cento e della stessa percentuale si è accresciuta quella controllata dalle produzioni straniere che ha raggiunto il 43 per cento. Sul fronte delle esportazioni l’attivo della bilancia dei pagamenti italiana riguardante i due settori si è ridotto al 6,5 per cento.

    La necessità di contrastare l’accelerata tendenza alla contrazione del tessile e dell’abbigliamento in Italia è del tutto evidente ed urgente. Se non si interviene, intere zone del Paese, ora ricche a seguito del processo di industrializzazione degli ultimi decenni, possono subire gravi arretramenti, con un forte indebolimento della base produttiva e dell’occupazione.

    Di un possibile e grave futuro di deindustrializzazione, si rinvengono le avvisaglie già oggi. Ad esempio, nel distretto industriale incentrato nei comuni di Carpi (Modena) e Correggio (Reggio Emilia), in cui il 60 per cento delle attività produttive appartiene al tessile-abbigliamento, nel 2001, oltre 200 sono state le imprese, sulle 4000 esistenti, che hanno cessato l’attività ed oltre 700 sono i posti di lavoro perduti su un totale di 11.500!

    È in questo contesto che, per contrastare le tendenze negative in atto, da parte di imprenditori, sindacalisti, economisti ed esperti, si ritiene sia giunta l’ora di dar luogo – come già avviene per le produzioni di USA e Giappone – alla salvaguardia e alla valorizzazione dei prodotti nazionali del tessile e dell’abbigliamento, sia sul mercato nazionale, che su quelli comunitario e internazionale, istituendo un marchio di origine «Made in Italy» da riservarsi esclusivamente a capi interamente prodotti – dalla ideazione alla confezione – in Italia. A questo fine è dedicato il presente disegno di legge.

    Non si tratta di una misura di sapore protezionistico. All’opposto, questo provvedimento sarebbe in armonia con la liberalizzazione dei mercati e con la globalizzazione, che, se da un lato promuovono la concorrenza, dall’altro richiedono nuove regole. Per vincere questa sfida, l’impresa ed il lavoro sono ben consapevoli che bisogna puntare sulla qualità e che ciò impone di porre in campo: ricerca, creatività, investimenti, innovazioni tecnologiche ed organizzative, marketing e alta e diffusa formazione professionale. Affinchè questi sforzi abbiano successo è necessario che i poteri pubblici, richiedano all’impresa e al lavoro nuove responsabilità, ed offrano, al tempo stesso, tutela e valorizzazione.

    L’istituzione di un marchio di certificazione originaria «Made in Italy» va in questa direzione, poichè chi produce esclusivamente in Italia – dall’ideazione al progetto, alla lavorazione, alla confezione – e punta sulla qualità ed ha più alti costi – indotti dal rispetto della tutela del lavoro, della salute e dell’ambiente e delle norme, contributive, fiscali e tributarie – non è assolutamente ammissibile che venga posto in difficoltà o addirittura fuori mercato, o comunque costretto a subire concorrenza sleale da chi sposta produzioni all’estero per poi assemblare e confezionare in Italia, con più bassi costi, o da chi addirittura produce clandestinamente in Italia o importa e commercializza illegalmente ingenti quantità di capi del tessile e abbigliamento.

    Anche per questo, l’uso del marchio «Made in Italy» va riservato solo a capi finiti, esclusivamente prodotti nel territorio nazionale, per la difesa e la valorizzazione di un patrimonio imprenditoriale, di una creatività e di un buon gusto, che sono vanto della cultura, dell’arte, oltre che dall’abilità e della professionalità di tanti imprenditori e lavoratori italiani.

    Ciò non significa elevare anacronistiche barriere contro le delocalizzazioni all’estero di attività produttive, ma solo impedire alle produzioni di quella provenienza, o clandestine in Italia, o importate illegalmente, la possibilità di valorizzarsi con l’uso del marchio «Made in Italy». Ciò innanzitutto a difesa delle attese dei consumatori italiani e stranieri che richiedono prodotti affidabili sotto diversi profili.

    Con l’articolo 1, si istituisce il marchio «Made in Italy». Lo si definisce di proprietà dello Stato che ne riserva l’uso per i capi del tessile e dell’abbigliamento finiti, prodotti integralmente in Italia.

    L’articolo 2 interviene in materia di applicazione del marchio sui capi, mentre l’articolo 3 riguarda la domanda di autorizzazione all’applicazione del marchio, corredata dall’autocertificazione dell’idoneità dell’impresa da rinnovarsi ogni anno.

    Con l’articolo 4 si configura la Commissione provinciale di garanzia della certificazione del marchio, la sua composizione ed il suo funzionamento.

    L’articolo 5 fissa le condizioni per la continuità dell’uso del marchio e prevede i casi di rinuncia, le azioni ispettive, le eventuali sanzioni e la loro pubblicazione a larga diffusione.

    Con gli articoli 6 e 7 si prevedono gli oneri a carico dello Stato e delle imprese e l’istituzione di un Fondo nazionale per finanziare il sistema della certificazione attraverso il marchio, nonchè le risorse finanziarie necessarie per programmi annuali di pubblicizzazione, in Italia e all’estero, del marchio, mentre l’articolo 8 prevede che le regioni e le associazioni di impresa possano essere autorizzate ad inserire completamenti del marchio «Made in Italy» evocativi di identità territoriali o di altro tipo con riferimento a particolari distretti industriali del tessile-abbigliamento già esistenti (Carpi, Como, Biella, Prato). L’articolo 9 definisce le sanzioni penali a carico di chi fa uso illegale del marchio.

 

 

 

 

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio «Made in Italy»)

    1. Al fine di riconoscere i capi dei settori del tessile e dell’abbigliamento ideati, progettati, lavorati e confezionati interamente in Italia, si istituisce il marchio «Made in Italy», di seguito denominato «marchio», di proprietà dello Stato.

    2. L’autorizzazione all’uso del marchio spetta al Ministero delle attività produttive che vi provvede con propri decreti secondo le procedure previste dalla presente legge. Con l’autorizzazione all’uso del marchio il Ministero certifica che il capo è conforme, per dati merceologici, alle norme vigenti.

    3. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio ai fini della sua tutela secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni.

 

Art. 2.

(Impiego del marchio)

    1. L’applicazione del marchio solo sui capi finiti e in posizione ben visibile è riservata esclusivamente alle imprese del tessile e dell’abbigliamento.

 

 

Art. 3.

(Condizioni per l’uso del marchio)

    1. Le imprese individuate dalla presente legge possono richiedere l’autorizzazione all’uso del marchio secondo quanto previsto all’articolo 1. La domanda è corredata da una attestazione di adesione che documenti, attraverso l’autocertificazione, che l’ideazione, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento dei capi avvengono in territorio nazionale, in conformità con le leggi in vigore in materia di tutela del lavoro, della salute e di salvaguardia dell’ambiente, oltre che delle norme in materia fiscale e contributiva e che non si ricorre al lavoro di minori.

 

Art. 4.

(Commissione provinciale di garanzia)

    1. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è istituita una Commissione provinciale di garanzia della certificazione del marchio «Made in Italy», di seguito denominata «Commissione».

    2. La Commissione è composta di sette membri, di cui:

        a) quattro rappresentanti delle associazioni imprenditoriali dei settori del tessile e dell’abbigliamento;

        b) due dell’amministrazione provinciale;

        c) un dirigente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura con le funzioni di segretario.

    3. La Commissione adotta un proprio regolamento, esamina le richieste di autorizzazione all’uso del marchio presentate dalle imprese e procede alla concessione del marchio dopo la verifica della documentazione di cui all’articolo 3.

    4. La Commissione delibera a maggioranza assoluta. In caso di parità decide il voto del presidente. In caso di dimissioni o

di altri impedimenti, i membri della commissione sono sostituiti entro trenta giorni.

 

Art. 5.

(Continuità nell’uso del marchio)

    1. Entro il 31 dicembre di ciascun anno l’impresa autorizzata all’uso del marchio è tenuta a rinnovare, pena la decadenza dall’utilizzo del marchio, l’autocertificazione prevista dall’articolo 3.

    2. La Commissione, sulla base di notizie comunque acquisite, relative ad eventualità di violazioni o del venir meno delle condizioni necessarie per l’autorizzazione all’uso del marchio, può disporre istruttorie ispezioni necessarie per le opportune verifiche.

    3. La Commissione nell’ipotesi di cui al comma 2 provvede ad ascoltare gli interessati e a fissare termini per la rimozione delle violazioni. Qualora l’impresa non provveda a rimuovere le cause delle violazioni o in presenza di ulteriori infrazioni, la Commissione decide il ritiro dell’autorizzazione all’uso del marchio, ne dà comunicazione al magistrato competente e provvede alla pubblicazione della relativa notizia negli organi di informazione.

    4. Il trasferimento dalla proprietà dell’impresa non comporta la sospensione all’uso del marchio salvo che, per fondati e documentati motivi, la Commissione deliberi diversamente.

    5. Le imprese private dell’uso del marchio dopo cinque anni possono farne nuovamente richiesta.

 

Art. 6.

(Finanziamenti del marchio)

    1. Presso il Ministero delle attività produttive è istituito un Fondo nazionale per finanziare la certificazione del marchio «Made in Italy», ivi compresa l’attività delle Commissioni di cui all’articolo 4. Al Fondo afferiscono risorse, per il 70 per cento, da parte delle imprese e, per il 30 per cento, dallo Stato.

    2. La quota a carico delle imprese, che non può superare lo 0,1 per cento del fatturato annuo, è versata nel corso dell’anno secondo le scadenze e le modalità stabilite da ciascuna Commissione. Il mancato regolare versamento comporta la decadenza del diritto all’uso del marchio.

 

 

Art. 7.

(Pubblicità del marchio)

    1. Ai fini della tutela dei consumatori ogni anno il Ministro delle attività produttive, sentite le associazioni di categoria più rappresentative del tessile e dell’abbigliamento, definisce ed attua programmi per la pubblicità del marchio.

    2. Ai finanziamenti necessari concorrono il Fondo nazionale di cui all’articolo 6 e, ove necessario, risorse provenienti dal bilancio del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 8.

(Caratterizzazione del marchio)

    1. Le regioni possono richiedere di poter completare il marchio «Made in Italy» con diciture che attestino la provenienza territoriale o con altre indicazioni di identità con riferimento ai capi prodotti in particolari distretti industriali, sentite le associazioni delle imprese a livello territoriale.

 

Art. 9.

(Sanzioni)

    1. L’uso illegale del marchio e le false autocertificazioni di cui all’articolo 3 sono puniti ai sensi del libro II, titolo VII, capo II del codice penale e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Le pene accessorie sono irrogate in applicazione dell’articolo 518 del codice .


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

N. 1646

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore BASTIANONI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 LUGLIO 2002

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Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela
della qualità dei prodotti italiani

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Onorevoli Senatori. – Da sempre «Made in Italy» è sinonimo di qualità in tutto il mondo; ovunque il nome del nostro Paese è celebrato anche per lo stile e la qualità dei nostri prodotti. In settori specifici, quali la moda, la provenienza del prodotto dal nostro Paese assume ormai di per sè il carattere di una garanzia per il cliente ed il consumatore. Occorre tuttavia osservare come, in un quadro di sempre maggior liberalizzazione degli scambi, si va parallelamente diffondendo il fenomeno delle contraffazioni. Non solo, accade che prodotti assemblati in luoghi lontanissimi dall’Italia, spesso prescelti per lucrare sul basso costo del lavoro e persino per sfruttare la manodopera minorile, vengano poi diffusi sul mercato con l’etichetta del «Made in Italy». Si tratta di prodotti ottenuti con materiali di bassa qualità, che non si avvalgono della tradizionale esperienza tecnica e manifatturiera delle nostre maestranze, spesso prodotti in serie da lavoratori che vengono sottoposti a turni di lavoro disumani.

 

    Il sistema di tutela che questo disegno di legge individua, passa attraverso la creazione di un vero marchio «Made in Italy», che si applica alle produzioni italiane, in ogni settore manifatturiero, garantendone la salvaguardia proprio in virtù del carattere istituzionale della certificazione.

 

    A tale scopo si istituisce una Commissione ministeriale incaricata di rilasciare l’autorizzazione all’uso del marchio e che ha il potere, anche con l’esplicito consenso dei produttori, di compiere ispezioni nei luoghi di realizzazione dei beni tutelati per verificare il rispetto delle condizioni essenziali per l’autorizzazione, cioè l’origine italiana di lavorazione e materiali di produzione. Una volta stabilite le regole per il riconoscimento del marchio sul territorio nazionale, è individuata una procedura, a cura della stessa Commissione depositaria del marchio ed incaricata della verifica del rispetto delle condizioni per l’attribuzione, affinchè il «Made in Italy» ottenga il medesimo riconoscimento anche a livello internazionale; si fa pertanto ricorso agli strumenti individuati dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, che prevede la registrazione del certificato ottenuto sul territorio nazionale come marchio comunitario. Il «Made in Italy» pertanto verrebbe diffuso anche in Paesi terzi e troverebbe anche qui uniforme ed adeguata protezione giuridica contro imposture e contraffazioni. Con questo disegno di legge si intende dotare il nostro ordinamento di strumenti volti a tutelare la qualità dei prodotti italiani e, soprattutto, i consumatori.


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio)

    1. È istituito il marchio «Made in Italy» al fine di identificare i prodotti le cui fasi di ideazione, lavorazione e confezione siano avvenute interamente sul territorio italiano e con materiali di provenienza dal territorio nazionale.

    2. Il marchio è concesso con le procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione ed il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministro delle attività produttive.

    3. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentarne le caratteristiche merceologiche in ottemperanza alle vigenti leggi.

 

Art. 2.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti che si caratterizzino per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità italiana debbono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla Commissione di cui all’articolo 3, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l’impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

        a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

        b) dichiarazione che i materiali essenziali alla creazione del prodotto provengono dal territorio nazionale;

        c) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in materia di lavoro, in campo fiscale e contributivo e rispetto della normativa ambientale.

    4. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria ed ispettiva della Commissione di cui all’articolo 3.

 

Art. 3.

(Commissione)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso il Ministero delle attività produttive la Commissione di garanzia della certificazione d’origine «Made in Italy», di seguito denominata «Commissione».

    2. La Commissione è depositaria del marchio di cui all’articolo 1; essa provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all’articolo 2, presentata dall’impresa richiedente.

    3. La Commissione vigila sul rispetto delle condizioni dichiarate nel protocollo d’adesione di cui all’articolo 2.

    4. La Commissione promuove la diffusione e la pubblicizzazione del marchio sul mercato nazionale ed internazionale.

 

Art. 4.

(Funzionamento della Commissione)

    1. La Commissione è composta di sette membri nominati con decreto del Ministro delle attività produttive, di cui cinque in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative.

    2. La Commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto del regolamento di cui all’articolo 7, comma 2.

    3. Ai componenti della Commissione è attribuito un gettone di presenza stabilito dal regolamento di cui all’articolo 7, comma 2.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, il Ministro delle attività produttive provvede con decreto, entro trenta giorni, alla sostituzione.

    5. La Commissione si può avvalere della consulenza delle organizzazioni datoriali, dei lavoratori e dei consumatori per acquisire notizie utili all’istruttoria di attribuzione; può inoltre stipulare accordi con organizzazioni specializzate nel monitoraggio delle condizioni per la concessione del certificato d’origine e qualità.

 

Art. 5.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso del marchio)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo  2.

    2. La Commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate circa una violazione, la Commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza dal diritto all’uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la Commissione provvede a darne comunicazione all’autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la Commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla qualità e provenienza del prodotto.

 

Art. 6.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso la Commissione il Fondo di finanziamento del sistema di certificazione dei prodotti di origine italiana garantita, di seguito denominato «Fondo».

    2. Il Fondo è alimentato mediante il versamento annuo di una quota del ricavato delle vendite del prodotto sul mercato nazionale, al netto di oneri ed imposte, pari allo 0,5 per cento nel primo anno di utilizzo del marchio e allo 0,25 per cento negli anni successivi. Il versamento è effettuato entro il 30 giugno di ogni anno successivo al primo, secondo le modalità stabilite dalla Commissione.

    3. All’atto della richiesta di attribuzione del marchio le imprese versano, a titolo di deposito cauzionale, una somma deliberata dalla Commissione, e comunque non superiore a 12.911,42 euro.

    4. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della tassa di concessione governativa.

    5. La Commissione accede al Fondo per promuovere iniziative di pubblicizzazione del sistema di certificazione e dei prodotti che recano il marchio, nonchè iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle finalità del marchio stesso, in coordinamento con gli altri organismi pubblici di tutela dei marchi d’origine già esistenti e con altri organismi pubblici operanti in campo commerciale.

 

Art. 7.

(Organizzazione della Commissione)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si provvede ad attribuire alla Commissione le risorse umane e strumentali necessarie all’espletamento dei suoi fini istituzionali.

    2. Il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento della Commissione è emanato, ai sensi dell’articolo 17, comma  1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

    3. La Commissione si riunisce presso il Ministero delle attività produttive e delle sue riunioni è redatto processo verbale.

    4. I ricorsi avverso i provvedimenti della Commissione rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e la competenza in primo grado è attribuita in via inderogabile al tribunale amministrativo regionale del Lazio. L’Avvocatura dello Stato assume la rappresentanza della Commissione.

 

 

Art. 8.

(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la Commissione segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui chiunque faccia uso abusivo del marchio o proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all’articolo 2 della presente legge sono puniti ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale. La condanna comporta la revoca del marchio.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 5, la Commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 9.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministro delle attività produttive promuove la registrazione del marchio, come marchio comunitario, presso l’apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo di Madrid 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’Ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

N. 1736

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore CURTO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 SETTEMBRE 2002

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Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela
della qualità dei prodotti italiani

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge nasce dalla sempre più avvertita sensibilità a contrastare la tendenza all’imitazione e alla contraffazione dei prodotti, fattori incidenti sensibilmente sulle regole del mercato del quale invece determinano una palese distorsione con consequenziali gravissimi danni per il tessuto economico in generale. La difesa del «Made in Italy» diviene quindi azione positiva a favore del substrato economico nazionale e della specifica formazione professionale insita in alcune particolarissime lavorazioni frutto di imponenti e storici retaggi culturali; difesa del lavoro e dei lavoratori tutelati nel nostro Paese idoneamente (al contrario di altri lavoratori che in altri Paesi sono assolutamente privi di tutela); difesa, infine, di un sistema di regole che non può continuare ad essere calpestato senza demolire la capacità economica delle nostre imprese. Tale situazione, oltre a confondere il consumatore finale, sta generando una situazione di non competitività del terziario nazionale (indicativa al riguardo appare la situazione che caratterizza il settore tessile ormai falcidiato nei suoi assetti strutturali), generando così un forte aumento del mercato del lavoro sommerso e del non rispetto delle normative contrattuali dei lavoratori dipendenti del terziario. Questi sono i motivi alla base della presentazione del presente disegno di legge che si auspica possa trovare adeguato riscontro parlamentare.

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione di marchio)

    1. È istituito il marchio «Made in Italy» al fine di identificare i prodotti dei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero fabbricati interamente sul territorio italiano.

    2. I prodotti di cui al comma 1 si intendono fabbricati sul territorio italiano quando la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

    3. La proprietà del marchio «Made in Italy» è dello Stato. La concessione dell’uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

    4. L’uso del marchio è concesso nel rispetto delle procedure di cui agli articoli 2 e 3; le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministero delle attività produttive.

    5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in ottemperanza alle vigenti leggi.

 

Art. 2.

(Modalità di impiego del marchio)

    1. Il marchio è apposto solo sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

    2. L’apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alla sola impresa manifatturiera.

    3. È vietata alle imprese di produzione di accessori e di componenti per i settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero l’apposizione del marchio o di riferimenti al marchio in parti o zone che risultano visibili sul prodotto finito.

 

Art. 3.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti che si caratterizzino per la garanzia di provenienza dalla filiera italiana garantita fanno richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla commissione di cui all’articolo 4, unitamente a un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente presenta la seguente certificazione: attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale; dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell’impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente.

    4. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria e ispettiva della commissione di cui all’articolo 4.

 

Art. 4.

(Commissione)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine «Made in Italy», di seguito denominata commisione.

    2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese dei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire un’unica commissione regionale.

    3. La commissione provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio, previa verifica della documentazione di cui all’articolo 3, presentata dall’impresa richiedente.

 

Art. 5.

(Funzioni della commissione)

    1. La commissione è composta da cinque membri, di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative e da un rappresentante della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

    2. La commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto un regolamento entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

    3. La commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del presidente.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 

Art. 6.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo  3.

    2. La commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate circa una violazione, la commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la commissione delibera la decadenza del diritto all’uso del marchio e ne dà notizia tramite i giornali a diffusione locale e nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la commissione provvede a darne comunicazione all’autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla provenienza del prodotto.

 

Art. 7.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione del prodotto dei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero di origine italiana garantita, di seguito denominato «fondo».

    2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento è a disposizione della commissione per la copertura dei propri costi operativi.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale è effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla commissione. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 8.

(Pubblicazione del marchio)

    1. Il Ministro delle attività produttive, d’intesa con le parti sociali, predispone programmi annuali di pubblicazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fin della tutela del consumatore.

    2. Le risorse necessarie all’attuazione dei programmi di cui al comma 1 messe a disposizione dal fondo nazionale di cui all’articolo 7, comma 1 e da speciali provvedimenti del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato e del Ministero del Commercio Estero.

 

Art. 9.

(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la commissione segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui chiunque faccia uso abusivo del marchio o proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all’articolo 3 della presente legge, sono puniti ai sensi del libro secondo titolo settimo, capo secondo, del codice penale e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 6, la commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e, previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 10.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli 2, e 4 del protocollo relativo all’intesa di Madrid del 27 giugno1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’Ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n.  40/94 del Consiglio.


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

N. 2698

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori GRECO, NOCCO e TATÒ

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 GENNAIO 2004

 

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Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela della qualità delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell’abbigliamento, del mobile imbottito, nonché delega al Governo in materia di normativa di incentivazione

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Onorevoli Senatori. – Il regime della liberalizzazione degli scambi, la globalizzazione dei mercati sempre più senza vincoli stanno creando situazioni di forte allarme un po’ ovunque in tutti i Paesi dell’Unione europea (UE) e, in particolare, nel nostro Paese, soprattutto nei settori dei prodotti frutto della creatività e dell’impegno delle nostre imprese artigianali, quali quelli delle calzature, delle borse, della pelletteria in genere, dei tessuti e dell’abbigliamento, del mobile imbottito.

 

    L’allarme proviene da una sfrenata e sempre crescente invasione dei nostri mercati di prodotti stranieri, soprattutto asiatici, a costi bassissimi, grazie anche all’utilizzo del lavoro nero e allo sfruttamento minorile. Inoltre, vi è da segnalare che molte di queste produzioni vengono introdotte in violazione delle norme poste a tutela delle produzioni comunitarie, come nel caso di importazioni di merci prodotte in Paesi sottoposti a limiti d’esportazione (Corea, Cina, India, Thailandia, Pakistan) ma che si fanno transitare attraverso Paesi per i quali non vige la disciplina delle vendite antidumping.

    Una situazione che, soprattutto relativamente al settore dell’abbigliamento e del tessile, è destinata ad aggravarsi in tutta l’Europa a partire dal 2005, quando dopo quasi quattro decenni saranno eliminati i relativi contingenti dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) per la importazione nella UE. Un profondo cambiamento questo che coincide quasi con l’allargamento della UE, che aggiungerà mezzo milione di dipendenti ai circa due milioni di lavoratori dell’industria tessile e dell’abbigliamento della UE.

    I due non trascurabili eventi hanno indotto la Commissione europea ad adottare il 28 ottobre 2003 una comunicazione dal titolo «Il futuro del settore tessile e dell’abbigliamento nell’Europa allargata», che delinea una serie di misure intese a rafforzare la competitività in tale settore, una risposta alle sollecitazioni dei distretti tessili italiani, oltre a quelli di Spagna, Francia, Belgio e Gran Bretagna, che hanno chiesto di intensificare i controlli e combattere la contraffazione e la pirateria, operazioni attraverso cui produzioni introdotte nel nostro territorio senza marchio del Paese di origine, vengono poi marchiate «Made in Italy», oppure prodotti sostanzialmente lavorati all’estero si fregiano del «Made in Italy» solo perché assemblati in Italia, grazie all’articolo 24 del regolamento (CEE) n. 2913/92, del Consiglio, del 12 ottobre 1992.

    I danni per la nostra economia sono immensi: il settore della calzatura ha subito nel 2002 la perdita di 4.000 posti di lavoro sui 170.000 addetti nelle circa 7.000 aziende del settore, che hanno avuto un calo del 9 per cento delle esportazioni, un aumento di oltre il 10 per cento delle importazioni e di oltre il 42 per cento delle ore di cassa integrazione.

    Altrettanto può dirsi per la crisi nei settori dell’abbigliamento e del salotto.

    La situazione, già grave nel 2002, è diventata ancor più grave nel 2003, anche perché, a causa dell’abilità riproduttiva e imitativa, oltre che dello spionaggio industriale di popoli come il cinese, è stato colpito non soltanto il mercato della fascia di minor qualità ma anche quello delle produzioni di qualità.

    Alcune grosse operazioni di sequestro, quale quella effettuata nel porto di Genova nel settembre 2003, con il blocco di sette container con 60.000 pezzi di merci contraffatte, attestano che la commercializzazione dei prodotti «taroccati» non è più limitata alla tradizionale rete degli ambulanti, ma a un circuito più selezionato di vendita, stante il valore qualitativo più elevato di tali merci, confezionate con perizie e tecniche sempre più raffinate, rispetto a quelle praticate sino a ieri.

    Stiamo rilevando a nostre spese che a nulla o a poco è servito che la Cina, pur di entrare nell’OMC, si sia obbligata a adeguare la sua legislazione in materia di commercio, quando scopriamo che una sua recente normativa non ha affatto scoraggiato la partenza dai suoi porti di navi cariche di prodotti contraffatti.

    Né vi è molto da sperare nel regolamento approvato dall’Unione europea nel luglio 2003, con sanzioni più pesanti contro la pirateria commerciale, quando si pensa che i controlli sulle importazioni extracomunitarie sono scarsamente efficaci e facilmente eludibili.

    L’innata abilità degli asiatici a riprodurre copie perfette degli originali fa presumere che saranno molto scarsi anche i risultati della clausola di salvaguardia voluta dall’Unione europea (e peraltro valida fino al 2008) sulle importazioni di prodotti tessili e capi di abbigliamento dalla Cina, in forza della quale i produttori europei, che si ritenessero danneggiati dall’aumento delle importazioni cinesi o dalle iniziative protezionistiche straniere, possono chiedere l’applicazione delle sanzioni o delle ritorsioni previste dallo strumento cosiddetto TPSSM (Transitional product specific saveguard measure).

    Di fronte a una così allarmante situazione molte sono state le soluzioni proposte, dentro e fuori le sedi istituzionali. C’è stato, per esempio, chi, in risposta fra l’altro ad un protezionismo daziario che consente alla Cina di pagare per le proprie esportazioni un dazio dell’8 per cento a fronte del 25 per cento per le esportazioni italiane, ha proposto di innalzare una «grande muraglia» daziaria.

    Sappiamo, però, che questo tipo di protezionismo, oltre che essere stato ormai bocciato dalla storia, risulta improponibile senza il consenso mondiale o quanto meno europeo, visto che la politica doganale è divenuta di competenza della UE, la quale a sua volta deve rispettare le regole dell’OMC.

    Ma se risulta impraticabile la strada della misura del protezionismo daziario, sicuramente sono possibili e doverose altre misure, in aggiunta a quelle esistenti, che, anche sotto l’aspetto delle agevolazioni fiscali e delle incentivazioni, appaiono estremamente insufficienti, quali le leggi 17 febbraio 1982, n. 46 e 19 dicembre 1992, n. 488, o le misure approntate con le ultime leggi finanziarie per il 2003 e il 2004.

    Sono interventi questi che certamente non garantiscono condizioni di effettiva reciprocità, come ha riconosciuto lo stesso Ministro per l’innovazione e le tecnologie, il quale, nell’indicare la strada delle nuove tecnologie finalizzate alla migliore qualità dei nostri prodotti, non ha potuto fare a meno di auspicare anche misure specifiche di carattere economico-finanziario, da indirizzare soprattutto alle aziende che operano nelle aree svantaggiate.

    La terapia, a breve termine, la conosciamo tutti: minori imposte, sgravi contributivi, sburocratizzazione. Una terapia, però, che è difficilmente somministrabile con la situazione di recessione attuale.

    Riteniamo che allo stato ogni proposta che fosse incentrata su agevolazioni fiscali, quali esenzioni o detrazioni d’imposta, non avrebbe fortuna, come del resto abbiamo già sperimentato nella passata legislatura con il disegno di legge atto Senato n. 4078, caduto nel vuoto, sebbene le proposte agevolative fossero limitate al solo settore calzaturiero.

    Anche in questa legislatura abbiamo già presentato, prima della tragedia dell’11 settembre 2001, il disegno di legge atto Senato n. 572, sulla istituzione del «Made in Italy» e incentivi (articolo 5) rivolti a tutte le produzioni italiane.

    La presente iniziativa, invece, cerca di venire incontro all’esigenza di tutelare, in via immediata, soltanto i settori delle nostre produzioni maggiormente colpiti dal fenomeno delle contraffazioni e da quello della delocalizzazione, al primo strettamente connesso. Infatti, i bassi costi di manodopera stanno inducendo molte nostre imprese calzaturiere, di pelletteria, di capi di abbigliamento, di salotti, a investire e a realizzare altrove prodotti che poi entrano in Italia soltanto per essere assemblati ed essere commercializzati, entro e fuori il territorio nazionale, con l’etichetta «Made in Italy», anche se realizzati con materiali di bassa qualità e manodopera priva dell’esperienza dei nostri artigiani.

    I primi tre articoli del presente disegno di legge sostanzialmente corrispondono ai primi tre articoli dell’altro disegno di legge n. 572, ma, oltre al più contenuto oggetto della tutela del marchio, sono stati in alcune parti meglio formulati.

    Con l’articolo 4 si prevede l’istituzione di un fondo nazionale, presso il Ministero delle attività produttive, di autofinanziamento del sistema di certificazione dei prodotti tutelabili con il marchio «Made in Italy».

    Con l’articolo 5 si prevede di applicare per l’uso illecito del marchio e le false attestazioni di cui all’articolo 2 le stesse pene di cui al libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, con la puntualizzazione che, per evitare i tempi troppo lunghi della scoperta degli autori del traffico illecito è sempre ordinata la confisca e la distruzione delle merci contraffatte.

    Con l’articolo 6 si recepisce l’esigenza di conferire al marchio italiano un riconoscimento in ambito internazionale, attraverso una procedura di registrazione del certificato ottenuto nel territorio nazionale come marchio comunitario, in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa della UE.

    Infine, con l’articolo 7 il Governo è delegato ad adottare, entro un anno, un decreto legislativo con il quale prevedere incentivazioni per le imprese che producano in conformità alle disposizioni della presente legge.

 

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio «Made in Italy»)

    1. È istituito il marchio «Made in Italy» al fine di identificare le calzature ed ogni altro prodotto di pelletteria, i tessuti e i capi di abbigliamento, i mobili imbottiti, interamente prodotti nel territorio italiano.

    2. Le merci di cui al comma 1 si intendono prodotte sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

 

Art. 2.

(Richiesta di attribuzione)

    1. L’utilizzazione del marchio «Made in Italy» è subordinata alla preventiva denuncia-richiesta alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura in cui ha sede l’impresa produttrice.

    2. La denuncia-richiesta di cui al comma 1 contiene la sommaria descrizione del bene prodotto, corredata da una sua riproduzione fotografica, nonché l’attestazione, resa nelle forme previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, del titolare o del legale rappresentante dell’impresa, che il prodotto è realizzato nel territorio italiano.

 

Art. 3.

(Denuncia del marchio)

    1. Con decreto del Ministro delle attività produttive, sono stabilite le modalità relative alla presentazione della denuncia di cui all’articolo 2, comma 1, nonché quelle dirette ad assicurarne la registrazione e la conservazione e a prevenirne il rischio di copia mediante utilizzo di procedure informatiche.

    2. Con il medesimo decreto di cui al comma 1 sono disciplinate le modalità per l’apposizione del marchio «Made in Italy».

 

Art. 4.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione dei prodotti, di cui all’articolo 1, comma 1, di origine italiana garantita, di seguito denominato «fondo».

    2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento è destinato alla copertura dei costi per le operazioni di cui all’articolo 3.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale è effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite nel decreto di cui all’articolo 3. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 5.

(Sanzioni)

    1. L’uso illecito del marchio e le false attestazioni di cui all’articolo 2 sono puniti ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, e del testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati, di cui al regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale. È sempre ordinata la confisca e la distruzione delle produzioni contraffatte.

 

Art. 6.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli 2 e 4 del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.

 

Art. 7.

(Delega al Governo
per la normativa di incentivazione)

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo in materia di incentivazione dei settori calzaturiero e di pelletteria, del tessile, dell’abbigliamento, del mobile imbottito, sulla base del principio dell’abbattimento degli oneri fiscali, lavorativi e previdenziali a favore delle imprese che producono in conformità alle disposizioni contenute nella presente legge.

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

N. 3278

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore MAGNALBÒ

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1º FEBBRAIO 2005

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Norme in materia di etichettatura delle calzature
e dei prodotti tessili

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge intende tutelare due dei maggiori esempi di eccellenza del comparto industriale italiano: il settore tessile e quello calzaturiero, fortemente rappresentativi a livello internazionale del made in Italy.

 

    Il made in Italy è da tempo divenuto in tutto il mondo un simbolo di qualità e di garanzia per i consumatori e per i distributori.

    È necessario quindi adottare norme che favoriscano la tutela dell’identità e dell’originalità dei prodotti italiani, e che li rendano facilmente distinguibili da quelli contraffatti.

     Il presente provvedimento intende stabilire indicazioni precise in merito all’etichettatura di tali prodotti destinati alla vendita al consumatore, in modo che sia agevole identificare i materiali utilizzati, la loro origine e la relativa lavorazione.

    Da una recente analisi, condotta dalla Commissione europea, si conferma il dato che l’Italia è il sesto Paese al mondo per propensione all’imprenditorialità.

    Questa caratteristica del nostro sistema produttivo è stata la premessa alla straordinaria diffusione, accanto alla grande industria, delle piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, che hanno favorito la nascita di un modello di sviluppo locale integrato, oggi conosciuto con il nome di distretti industriali.

    Si tratta di zone caratterizzate da un’alta concentrazione di piccole e medie imprese, specializzate in una determinata produzione, e collocate su una medesima area territoriale, si pensi, ad esempio, al settore tessile e a quello calzaturiero.

    È quindi facile comprendere l’importanza di tutelare questi settori di mercato, così vitali per la nostra economia, difendendoli dalla concorrenza di un mercato sleale.

    Il presente provvedimento si compone di due articoli.

    L’articolo 1, al comma 1, stabilisce che l’etichetta delle calzature destinate alla vendita al consumatore deve contenere informazioni sui materiali delle principali parti che compongono le calzature: tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna e suola esterna, nonchè sull’origine dei materiali utilizzati e sulla loro lavorazione.

    Il comma 2 stabilisce che per le calzature prodotte al di fuori dell’Unione europea l’etichetta deve inoltre indicare la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la certificazione DPI (sui dispositivi di protezione individuali) ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, che recepiva la direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989.

    A norma del comma 3, tali disposizioni divengono obbligatorie con decorrenza dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

    Per le calzature fatturate e consegnate al venditore al dettaglio prima di tale data non si applicano le disposizioni previste dal decreto ministeriale 11 aprile 1996, di recepimento della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature, fino allo scadere del sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge.

    L’ultimo comma dell’articolo 1 stabilisce che la vigilanza sia attribuita al Ministero delle attività produttive, che la esercita tramite le camere di commercio, avvalendosi di altri enti competenti e della polizia giudiziaria, che può procedere al ritiro dal mercato della merce non conforme alle disposizioni della presente legge.

    L’articolo 2 riguarda i prodotti tessili. Esso apporta modificazioni agli articoli 8 e 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194. Con le modifiche introdotte all’articolo 8 dalla lettera a) dell’articolo 2, il legislatore dispone che i prodotti siano etichettati o contrassegnati all’atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L’etichetta o contrassegno devono fornire informazioni sulla composizione dei materiali, la loro origine e lavorazione. In caso di prodotti provenienti al di fuori dell’Unione europea, l’etichetta deve contenere indicazioni sulla denominazione, e il codice identificativo dell’organismo autorizzato che ha rilasciato la certificazione DPI. L’etichetta o il contrassegno possono essere sostituiti da documenti commerciali di accompagnamento, quando questi prodotti non sono offerti in vendita al consumatore finale o quando essi sono consegnati in esecuzione di un’ordinazione dello Stato o di altra persona giuridica di diritto pubblico.

    La lettera b) dell’articolo 2 apporta modificazioni all’articolo 15 del decreto legislativo 194 del 1999. In particolare la violazione dell’obbligo di conservazione dei documenti di cui all’articolo 8, comma 8 del medesimo decreto è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro ottomila. Inoltre, la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni relative all’etichettatura, è attribuita, analogamente a quanto disposto all’articolo 1 per le calzature, al Ministero delle attività produttive tramite le camere di commercio, e avvalendosi della polizia giudiziaria.

    In analogia con quanto previsto all’articolo 1 per le calzature, il comma 2 dell’articolo 2 dispone che le prescrizioni previste entrino in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale. Per quanto riguarda i prodotti tessili fatturati e consegnati al venditore al dettaglio prima di questa data le prescrizioni si applicano allo scadere del sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

 

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature)

    1. In conformità alle disposizioni della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, le calzature destinate alla vendita al consumatore riportano un’etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono: tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L’etichetta contiene altresì le informazioni relative all’origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

    2. Per le calzature prodotte al di fuori dell’Unione europea, l’etichetta deve inoltre indicare la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la certificazione sui dispositivi di protezione individuali (DPI), ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.

    3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 diventano obbligatorie a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Alle calzature fatturate e consegnate al venditore al dettaglio prima di questo termine non si applicano le disposizioni previste dal decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 11 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 26 aprile 1996, sino allo scadere del sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge.

    4. L’autorità di vigilanza dispone il ritiro dal mercato delle calzature non conformi alle disposizioni stabilite dal presente articolo. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni contenute nella presente legge è attribuita al Ministero delle attività produttive, che la esercita attraverso le Camere di commercio, avvalendosi eventualmente della collaborazione degli enti aventi specifiche competenze in materia, e sottoposte a vigilanza da parte del Ministero stesso, nonchè degli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria.

 

Art. 2.

(Modifiche al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, di attuazione della direttiva 96/74/CE relativa alle denominazioni del settore tessile)

    1. Al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 8 il comma 1 è sostituito dal seguente:

    «1. I prodotti tessili devono essere etichettati o contrassegnati all’atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L’etichetta o il contrassegno devono fornire informazioni: sulla composizione dei materiali; sull’origine dei suddetti materiali e delle relative lavorazioni; sulla denominazione e sul codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la certificazione sui dispositivi di protezione individuali (DPI) ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, solo per i prodotti extracomunitari. L’etichetta o il contrassegno possono essere sostituiti o completati da documenti commerciali d’accompagnamento, quando questi prodotti non sono offerti in vendita al consumatore finale o quando essi sono consegnati in esecuzione di un’ordinazione dello Stato o di altra persona giuridica di diritto pubblico.»;

        b) all’articolo 15 sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) il comma 2 è sostituito dal seguente:

    «2. La violazione dell’obbligo di conservazione dei documenti di cui all’articolo 8, comma 8, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 8000.»;

    2) il comma 4 è sostituito dal seguente:

    «4. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni contenute nel presente decreto è attribuita al Ministero delle attività produttive, che la esercita attraverso le Camere di commercio, avvalendosi eventualmente della collaborazione degli enti aventi specifiche competenze in materia, e sottoposti a vigilanza da parte del Ministero stesso, nonchè degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria».

    2. Le disposizioni di cui al comma 1 sono obbligatorie a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Per i prodotti tessili fatturati e consegnati al venditore al dettaglio prima del termine di cui al primo periodo, le medesime disposizioni si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. L’autorità di vigilanza dispone il ritiro immediato dei prodotti tessili non conformi alle disposizioni di cui al presente articolo.

 

 

 

 

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

N. 3463

DISEGNO DI LEGGE

approvato dalla Camera dei deputati il 30 maggio 2005, in un testo

risultante dall’unificazione dei disegni di legge

 

d’iniziativa dei deputatiCONTENTO (472); MARIANI Paola (1250); ROTUNDO, PEPE Luigi, DELL’ANNA, LAZZARI, LECCISI, LISI, VILLANI MIGLIETTA e CARBONELLA (2689); SCALTRITTI (2805); RAISI, BUTTI, GARNERO SANTANCHÈ e SAGLIA (3817); CONTE Gianfranco, GALLI Daniele, CROSETTO, ZANETTA, LEONE Anna Maria, LUPI, MILANATO, PACINI, FONTANA, ROSSO, GARAGNANI, RICCIOTTI, STRADELLA, VERRO, LENNA, ROMOLI, ORSINI, CONTI Giulio, GALVAGNO, PATRIA, SPINA DIANA, DI TEODORO e ZORZATO (4001); DIDONÈ e POLLEDRI (4497)

 

(V. Stampati Camera nn. 472, 1250, 2689, 2805, 3817, 4001 e 4497)

 

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 31 maggio 2005

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Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani

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DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio«100 per cento Italia» e definizioni)

    1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all’articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto ad una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

    2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l’ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonchè semilavorati grezzi, come definiti dalla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.

    3. Ai fini della presente legge si intende per:

        a) ideazione: l’attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

        b) disegno: la rappresentazione grafica dell’attività di ideazione e progettazione;

        c) progettazione: l’attività dell’ingegno finalizzata ad individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

        d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

        e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all’imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

        f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;

        g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonchè i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultino diretti ad uno specifico uso o funzione, ma siano destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

 

 

 

 

Art. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti)

    1. Il marchio di cui all’articolo 1 viene concesso al produttore a valere sui prodotti che l’impresa realizzi nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 1, comma 2, e dall’articolo 3.

    2. Il marchio di cui all’articolo 1 dovrà essere apposto in forma indelebile e non sostituibile sul prodotto finale in modo da non ingenerare confusione nel consumatore, affinchè risulti chiaro che tale marchio è relativo all’intero prodotto e non ad una sola parte o componente di esso.

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio)

    1. Il richiedente l’autorizzazione all’uso del marchio di cui all’articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente un’autocertificazione circa:

        a) il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonchè in ordine all’esclusione dell’impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente;

        b) l’attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale;

        c) l’attestazione che sul prodotto siano state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto stesso.

    2. Il marchio di cui all’articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

    3. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio del marchio consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di specifiche filiere produttive, qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.

    4. È istituito presso il Ministero delle attività produttive, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l’albo delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all’articolo 1.

 

 

 

Art. 4.

(Controlli sulle autocertificazioni)

    1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all’articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive.

 

Art. 5.

(Controlli)

    1. Le imprese che hanno ottenuto l’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1 attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero delle attività produttive, che per gli scopi di cui al presente articolo può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, il permanere dei requisiti per l’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato il marchio l’eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l’utilizzo del marchio.

 

    2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi di imprese di cui al comma 3 dell’articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tale fine autorizzati e individuati con decreto del Ministro delle attività produttive, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all’articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

    3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell’articolo 3, che hanno rilasciato il marchio.

    4. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di cui ai commi 2 e 3, sono definite opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza.

    5. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell’impresa interessata violazioni nell’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1, il Ministero delle attività produttive revoca l’autorizzazione all’utilizzo del marchio. Nelle more degli accertamenti di cui al comma 3 l’utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

    6. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 5 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell’impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

Art. 6.

(Sanzioni)

    1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio di cui all’articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all’utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

    2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all’articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 144 e seguenti del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

    3. L’uso illecito del marchio di cui all’articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

 

Art. 7.

(Etichettatura dei prodotti)

    1. Al fine di consentire un’adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonchè dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

    2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l’importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, nonchè sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

    3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonchè forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Art. 8.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature)

    1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7, le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un’etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L’etichetta contiene altresì le informazioni relative all’origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

    2. Per le calzature prodotte al di fuori dell’Unione europea, nonchè per quelle qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l’etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

 

Art. 9.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili)

    1. All’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i prodotti realizzati al di fuori dell’Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l’etichetta riporta inoltre la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall’articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

 

Art. 10.

(Carta d’identità dei prodotti «Made in Italy»)

    1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d’identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

    2. I contenuti e le modalità applicative della carta d’identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

    3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d’identità di cui al comma 1, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete INTERNET e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.

    4. Gli sportelli unici all’estero, nell’ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d’identità di cui al comma 1.

 

Art. 11.

(Promozione del marchio e registrazione comunitaria)

    1. Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all’articolo 1 nel territorio nazionale nonchè sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall’articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

    2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui all’articolo 1 presso l’apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell’ambito delle competenze di cui all’articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all’articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Art. 12.

(Ambito di applicazione)

    1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore e alla riconoscibilità dell’origine o della qualità dei prodotti.

 

 

 


Esame in sede referente

 


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª) 

mercoledì 14 settembre 2005

277ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

PONTONE 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Cota. 

 

            La seduta inizia alle ore 14,05.

 

 IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani , approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputata Contento; Mariani Paola; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Conte Gianfranco ed altri; Didoné e Polledri 

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane.  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessilil

- e delle petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Esame congiunto e rinvio) 

 

      Il presidente PONTONE (AN) osserva che i disegni di legge sono finalizzati ad introdurre norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani. In un contesto economico in cui l'accelerazione dei processi di globalizzazione pone nuove sfide alle imprese in termini di capacità competitiva e in una fase produttiva caratterizzata dalla persistenza delle difficoltà nella ripresa dei consumi, la predisposizione di misure finalizzate a rafforzare il diritto dei consumatori ad una informazione esaustiva e trasparente intende facilitare la valorizzazione dei prodotti nazionali. L'introduzione di marchi ed etichettature che agevolino l'immediata identificazione dei prodotti realizzati in Italia non dovrebbe pertanto essere interpretata come un intervento di natura protezionistica su base geografica quanto piuttosto come una misura finalizzata a preservare e valorizzare la qualità di alcune tipiche produzioni italiane, soprattutto in settori di punta dell'economia nazionale, come il settore tessile, delle calzature e dell'abbigliamento, i cui prodotti, caratterizzati dalla fusione di design ed eccellenza qualitativa, sono considerati unici al mondo. L'interesse che tali problematiche sollevano è dimostrato dalle numerose iniziative legislative presentate sulla materia.

            In particolare, il disegno di legge n. 3463 giunge in Senato dopo un lungo ed approfondito esame da parte della Camera dei deputati.

L'articolo 1 di tale disegno di legge istituisce un marchio "100 per cento Italia", che le imprese possono apporre sui prodotti per i quali l'ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento siano compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi realizzati interamente in Italia. Si chiarisce che l'obiettivo  dell'istituzione del marchio è assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, promuovendo il loro diritto ad una corretta informazione. Per le stesse finalità l'articolo 2 prevede che il marchio, indelebile, dovrà essere apposto sul prodotto finale in modo da non ingenerare confusione nel consumatore. Dovrà inoltre risultare chiaro che esso si riferisce all'intero processo produttivo.

            L'articolo 3 disciplina le procedure per la concessione del marchio, rilasciato dal Ministero delle attività produttive su domanda delle imprese interessate, dietro presentazione di un'autocertificazione attestante il possesso dei requisiti richiesti, anche in termini di rispetto della normativa in materia di tutela del lavoro - con particolare riferimento all'esclusione dell'impiego di minori - e in materia di salvaguardia ambientale. Possono essere autorizzati a rilasciare il marchio anche consorzi costituiti da imprese, comprese quelle artigiane, che facciano parte di distretti industriali o di specifiche filiere produttive, qualora i prodotti realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.

            La verifica della veridicità delle autocertificazioni è affidata alle Camere di commercio, che definiranno opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e si potranno avvalere di istituti di certificazione pubblici o privati, appositamente autorizzati dal Ministero delle attività produttive.

            Le imprese che abbiano ottenuto l'utilizzo del marchio ogni due anni devono comunque attestare - sempre tramite autocertificazione - il permanere dei relativi requisiti. Anche in questo caso, i controlli sono realizzati dalle Camere di commercio. Nel caso in cui vengano accertate violazioni nell'utilizzo del marchio, il Ministero delle attività produttive procederà alla revoca della autorizzazione. Sono inoltre previste sanzioni per i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio.          

            L'articolo 7 contiene disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti fabbricati in Paesi non appartenenti all'Unione europea. Al fine di consentire un'adeguata informazione sui prodotti commercializzati sul territorio italiano, si istituisce un sistema di etichettatura che evidenzi il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie  e internazionali in materia di origine commerciale, igiene e sicurezza dei prodotti. La definizione delle procedure per il rilascio e le caratteristiche di tale sistema di etichettatura sono demandate ad un successivo decreto del Ministro delle attività produttive.

            L'articolo 8 prevede particolari modalità di etichettatura finalizzate a fornire informazioni sui materiali delle varie parti che compongono le calzature. Nel caso inoltre di calzature prodotte al di fuori dell'Unione europea, nonché per quelle qualificate come dispositivi di protezione individuale si prevede che l'etichetta riporti la denominazione e il codice identificativo dell'organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Analoga norma è introdotta dall'articolo 9 in relazione all'etichettatura dei prodotti tessili.

            L'articolo 10 introduce una carta di identità dei prodotti made in Italy. In particolare si prevede che, ferma restando la disciplina comunitaria in materia, la definizione di made in Italy possa essere accompagnata da una scheda informativa denominata "carta di identità del prodotto finito", contenente informazioni utili per il consumatore per conoscere la provenienza dei prodotti semilavorati di cui è composto il prodotto finale.

            L'articolo 11 dispone che il Ministero possa organizzare campagne annuali di promozione del marchio "100 per cento Italia" sia sul territorio italiano che nei principali mercati internazionali, per agevolare il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela dei consumatori.

            L'articolo 12 infine chiarisce che le norme introdotte possono essere applicate ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni ed etichettature di cui alle leggi nazionali e regionali vigenti, destinate all'informazione dei consumatori e alla riconoscibilità dell'origine e della qualità dei prodotti. 

            Per quanto riguarda poi gli altri disegni di legge posti all’ordine del giorno della Commissione, le loro finalità coincidono con quelle del testo pervenuto dalla Camera dei deputati.

            Il disegno di legge n. 1646, di iniziativa del senatore Bastianoni, istituisce il marchio "Made in Italy" con la finalità di identificare i prodotti le cui fasi di ideazione, lavorazione e confezione siano avvenute interamente sul territorio italiano e con materiali provenienti dal territorio nazionale. L’esame delle richieste di attribuzione, basate su una autocertificazione delle imprese interessate, è svolta da una Commissione istituita presso il Ministero delle attività produttive, per la quale vengono definite regole di funzionamento ed organizzazione. Il testo prevede sanzioni per i casi di uso illecito del marchio e ne promuove la registrazione a livello comunitario.

            Gli altri disegni di legge abbinati istituiscono il marchio made in Italy con riferimento ai prodotti di taluni particolari settori industriali, per i quali la provenienza dal nostro Paese è generalmente interpretata come testimonianza di qualità e stile. Si tratta in particolare dei disegni di legge n. 405 e 3278 di iniziativa del senatore Magnalbò,  del disegno di legge n. 1404 di iniziativa della senatrice Stanisci, del disegno di legge n. 1595, di iniziativa del senatore Guerzoni, n. 1736, di iniziativa del senatore Curto, e del disegno di legge  n. 2698, di iniziativa dei senatori Greco ed altri, complessivamente finalizzati ad introdurre un marchio di riconoscibilità per i prodotti interamente realizzati in Italia nei settori delle calzature e della pelletteria, del tessile, dell’abbigliamento, delle cravatte e dei mobili imbottiti.  A prescindere dal tipo di prodotto che intendono tutelare, tali disegni di legge introducono simili modalità di disciplina del marchio, sia per quanto riguarda la sua concessione che in riferimento alle condizioni per continuarne l’uso. Il disegno di legge n. 2698 contiene inoltre una delega al Governo per l’adozione di misure di incentivazione a favore delle imprese che producano in conformità alle disposizioni introdotte.

            Complessivamente, le finalità dei disegni di legge in esame sono condivisibili. Non c’è dubbio che soprattutto le piccole e medie imprese italiane meritino l’adozione di misure che ne possano tutelare e valorizzare l’attività, soprattutto in relazione all’attuale contesto economico generale. Per valutare in piena consapevolezza le problematiche sottese alla disciplina introdotta dai disegni di legge in titolo, con particolare riferimento al disegno di legge n. 3463 che potrebbe essere assunto dalla Commissione come testo base per l’esame, potrebbe essere opportuno procedere alla realizzazione di un ciclo di audizioni, in cui coinvolgere i rappresentanti delle categorie e del mondo produttivo interessate dai provvedimenti.

            Propone che l'Ufficio di Presidenza che si svolgerà alla fine della seduta definisca il calendario delle audizioni da effettuare sugli argomenti concernenti i provvedimenti in titolo.

            Conviene la Commissione ed il seguito dell'esame viene quindi rinviato.

            La seduta termina alle ore 14,30.


 

INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª) 

martedì 11 ottobre 2005

284ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

PONTONE 

  

            La seduta inizia alle ore 15,45.

 

 IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati, in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Mariani Paola; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Conte Gianfranco ed altri; Didoné e Polledri  

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio. Costituzione di un comitato ristretto) 

 

            Si riprende l’esame sospeso nella seduta del 14 settembre scorso.

 

      Il presidente PONTONE, dopo aver espresso la propria soddisfazione per l'andamento delle audizioni informali che l'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, sta svolgendo sui temi oggetto dei disegni di legge in titolo, propone di istituire un comitato ristretto incaricato di predisporre un testo unificato dei disegni di legge. In tal modo, la Commissione potrà riprendere l'esame, dopo la sessione di bilancio, avendo a base un testo che tenga già conto degli approfondimenti e delle valutazioni assunte nel corso delle audizioni. Propone, altresì, che il comitato ristretto sia composto dal Relatore, che lo presiede, e da un rappresentante per ciascun Gruppo parlamentare.

 

            Conviene la Commissione.

 

            Il PRESIDENTE prende quindi atto che, limitatamente ai Gruppi parlamentari presenti nella seduta odierna, sono designati a far parte del comitato ristretto i senatori Garraffa, D'Ippolito, Bastianoni e Mugnai.

           

Il seguito dell'esame congiunto viene quindi rinviato.

            La seduta termina alle ore 16.

 


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª) 

mercoledì 16 novembre 2005

287ª Seduta 

Presidenza del Presidente

 

PONTONE 

 

 

            La seduta inizia alle ore 14,50.

 

IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge d’iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didoné e Polledri. 

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

            Si riprende l’esame sospeso nella seduta dell’11 ottobre scorso.

 

      Il presidente PONTONE, in considerazione dell’impossibilità di adottare un testo unificato in sede di comitato ristretto, propone di assumere quale testo base il disegno di legge n. 3463, già approvato dalla Camera dei deputati.

            Propone altresì di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 18 di Lunedì 21 novembre.

 

            La Commissione conviene ed il seguito dell’esame congiunto viene rinviato.

 

            La seduta termina alle ore 14,55.


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª) 

martedì 22 novembre 2005

288ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

PONTONE 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Cota. 

 

            La seduta inizia alle ore 15,35.

IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri 

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio. Richiesta di trasferimento alla sede deliberante) 

           

Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 16 novembre.

 

      Il presidente PONTONE (AN)  ricorda che nella giornata di ieri è scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge n. 3463, già assunto quale testo base. Nella seduta odierna si svolgerà la discussione generale, mentre gli emendamenti saranno esaminati nelle prossime sedute. Fa presente, altresì, che sono pervenuti alla Commissione i pareri circostanziati, emessi ai sensi dell'articolo 9.2 della direttiva 98/34/CE, dalla Commissione europea e dalla Francia, nonchè osservazioni di altri paesi europei.

           

            Il senatore BASTIANONI (Mar-DL-U) sottolinea come il sistema moda costituisca un vero e proprio pilastro del sistema economico italiano attraverso le sue aziende, soprattutto medie e piccole, anche di carattere artigianale, che operano nei settori del tessile, dell'abbigliamento e della calzatura. Si tratta di una ricchezza spesso organizzata in distretti industriali presenti sull'intero territorio nazionale. Il sistema moda sta subendo ora un attacco di proporzioni storiche proveniente da sistemi economici operanti soprattutto nell'Asia, che producono ad un livello molto basso di costi: è una diretta conseguenza della globalizzazione, da cui deriva una più ampia possibilità di scelta per gli acquirenti. La strategia più efficace per migliorare la competitività delle imprese italiane è quella di posizionarsi su fasce più alte della produzione, migliorando sempre di più la qualità dei prodotti e rispondendo alle aspettative della clientela con innovatività e tempestività. Occorre però anche operare per definire regole uguali per tutti, finalizzate soprattutto a migliorare la trasparenza a favore dei consumatori. E' necessario che siano stabilite norme che prevedano la tracciabilità dei prodotti, affinchè il consumatore sia in condizione di conoscere l'origine di ciò che acquista ed i diversi passaggi della catena produttiva.

            A suo avviso il disegno di legge in esame persegue opportunamente questo obiettivo, valorizzando i prodotti interamente realizzati in Italia. Si augura che ciò possa costituire un valido sostegno per il sistema produttivo italiano. Nel corso delle audizioni sono emerse differenziazioni tra i diversi settori. Ciò si giustifica in parte anche in ragione del fatto che le imprese che operano sul mercato utilizzando soprattutto il proprio marchio aziendale sono meno interessate ad una tutela collettiva del Made in Italy. Ritiene comunque che per le piccole imprese, soprattutto quelle artigianali, sia utile un marchio in grado di attestare la differenziazione di una produzione interamente realizzata in Italia rispetto alle attività che si svolgono prevalentemente all'estero, salvo la parte conclusiva.

            Vi è poi un problema di tutela dei consumatori anche per ciò che si riferisce alla utilizzazione, specie nel settore tessile, di prodotti chimici non dannosi per la salute. Da questo punto di vista la produzione nazionale fornisce evidentemente molte garanzie. Ciò vale anche per la tutela ambientale, per la manodopera e per la sicurezza del lavoro.

            A suo giudizio una tale impostazione può essere funzionale rispetto ad una corretta valutazione del rapporto qualità-prezzo dei prodotti. D'altra parte, il provvedimento non sembra entrare in conflitto con la normativa europea, che è maggiormente indirizzata a definire le regole per la denominazione di origine del prodotti extra-europei. Si tratta certamente di un testo migliorabile, ma è opportuno in questo momento dare priorità alle esigenze poste dalle imprese. E' un segnale di attenzione nei confronti di quelle aziende che non possono delocalizzare e che sono maggiormente penalizzate dalla situazione che si è venuta determinando. Il carattere non obbligatorio delle norme, inoltre, fa sì che esse determinino un'opportunità per chi ritenga di avvalersene, senza pregiudicare quelle imprese che potranno comunque continuare ad utilizzare il normale marchio Made in Italy  secondo le norme vigenti. In questa logica appare opportuno modificare il testo, prevedendo la sua non applicabilità ai prodotti alimentari.

 

            Il senatore GARRAFFA (DS-U) precisa che il disegno di legge in esame non può certamente avere l'ambizione di risolvere tutti i problemi delle imprese italiane, a cominciare da quelle piccole e medie. La situazione dell'industria nazionale risente infatti di problemi che dovrebbero essere stati affrontati per tempo e che il Governo ha colpevolmente tralasciato. Anche l'ultima finanziaria non sembra fornire risposte adeguate alla gravità della situazione.

            Il disegno di legge, tuttavia, è un segnale concreto che va nella direzione di difendere il Made in Italy, così come viene richiesto dalle imprese piccole e medie che operano nel territorio. E' necessario, in tal senso, non perdere altro tempo e procedere rapidamente all'approvazione del provvedimento, lavorando nel contempo per un rafforzamento dei controlli alle dogane, che appaiono ora non sistematici.

            La previsione di un marchio 100 per cento Made in Italy deve essere d'altra parte inquadrata in una logica che vede lo sviluppo economico dei paesi dell'Estremo oriente non solo come un rischio, ma soprattutto come un'opportunità. Proprio per questo è indispensabile migliorare la competitività dei prodotti italiani, anche attraverso misure in grado di sottolineare la particolare qualità dei prodotti interamente realizzati in Italia. Occorre non deludere le aspettative di quelle aziende che hanno continuato a tutelare l'integrità del Made in Italy.

            Precisa che la sua parte politica ha presentato solo pochi emendamenti, che non alterano la struttura del provvedimento, ma ne rafforzano l'efficacia attraverso una migliore definizione della titolarità dei marchi, della tracciabilità e prevedendo un credito di imposta per la tutela della proprietà industriale.

           

            Il senatore PICCIONI (FI) sottolinea il grande rilievo del disegno di legge in esame, di cui auspica la rapida approvazione. Fa presente, al riguardo, che l'emendamento da lui presentato in materia di metalli preziosi è finalizzato a tener conto delle esigenze di questo importante settore. Tuttavia, qualora il suo inserimento dovesse pregiudicare l'approvazione del disegno di legge è disponibile a ritirarlo per favorire la rapida prosecuzione dell'iter.

 

            Il senatore MUGNAI (AN)  osserva che il disegno di legge costituisce un segnale concreto a favore della piccola e media impresa italiana. Una simile iniziativa avrebbe certamente potuto essere assunta prima, ma non può essere in ogni caso attribuita al Governo e all'attuale maggioranza la responsabilità di uno stato di cose che risale nel tempo. Ricorda che nella precedente legislatura l'attenzione dei Governi fu interamente rivolta alla grande industria. Cita al riguardo i provvedimenti sulla rottamazione. Se fossero state prese allora iniziative come quella in esame probabilmente l'efficacia degli interventi sarebbe stata maggiore e avrebbe potuto essere evitato l'aggravarsi della situazione. Concorda, in ogni caso, con la necessità di approvare al più presto il disegno di legge.

            Si sofferma poi sul contenuto del parere circostanziato formulato dalla Commissione europea. A suo giudizio in esso si esprimono valutazioni non condivisibili e contraddittorie. Che le norme in esame siano in contrasto con la libera circolazione delle merci è una mera ipotesi e non è possibile giungere a conclusioni certe attraverso una sorta di processo alle intenzioni. Il testo in esame non crea ostacoli normativi e giuridici alla libera circolazione e non sembra sufficiente, per affermarlo, rifarsi a precedenti sentenze su casi che si presume riguardino fattispecie analoghe. Inoltre, vi sono sentenze della Corte di giustizia che hanno riconosciuto l'esigenza di una tutela e di una riconoscibilità per situazioni produttive di particolare qualità. Ad esse sembra proprio riferirsi il disegno di legge in esame. Il parere è quindi frutto di una interpretazione certamente opinabile e non sembra tener conto dell'esigenza di rispettare pienamente la libera concorrenza a condizioni di reciprocità.

           

            Il senatore GARRAFFA (DS-U) dichiara di condividere le considerazioni svolte dal senatore Mugnai relativamente al parere circostanziato della Commissione europea. Ribadisce l'esigenza di procedere rapidamente all'approvazione del disegno di legge e propone, a tal fine, di richiedere il trasferimento del disegno di legge in sede deliberante.

           

            Il presidente PONTONE (AN) precisa che sono stati presentati alcuni emendamenti il cui esame potrebbe ritardare l'approvazione del disegno di legge. Chiede quindi ai Gruppi parlamentari di tenere un comportamento coerente.

           

            Il senatore GARRAFFA (DS-U) dichiara la propria disponibilità a ritirare gli emendamenti presentati.

 

            La senatrice D'IPPOLITO (FI) considera fondate le valutazioni del senatore Mugnai in ordine al parere della Commissione europea. Destano perplessità infatti le conclusioni di tale parere, specie se si considera che il marchio proposto ha carattere facoltativo e non può quindi costituire ostacolo alla libera concorrenza. D'altra parte, non c'è ancora un marchio europeo e non si vede come si possa bloccare un provvedimento finalizzato alla trasparenza e alla tutela dei consumatori sulla base di una mera ipotesi. E' necessario, a suo avviso, coniugare la libera concorrenza con l'obiettivo della trasparenza e migliorare il sistema dei controlli. Dichiara di essere favorevole alla richiesta di trasferimento del disegno di legge alla sede deliberante.

 

            Il sottosegretario COTA concorda con le considerazioni svolte dai rappresentanti dei diversi Gruppi parlamentari e prende atto con soddisfazione dell'ampio consenso che si manifesta attorno al disegno di legge e soprattutto agli obiettivi che esso persegue. Concorda, in particolare, con le considerazioni svolte dal senatore Mugnai e dalla senatrice D'Ippolito circa il parere circostanziato della Commissione europea. Anche a suo avviso il parere non appare condivisibile e presenta caratteri di pretestuosità. E' anche singolare il suo invio prima dell'approvazione da parte del Senato. Si chiede se vi sia un ispiratore. Considera in ogni caso grave il contenuto di tale parere, anche tenendo conto che fino ad oggi in sede europea non è stato fatto nulla per tutelare le imprese. Si tratta di una inadempienza grave nei confronti delle imprese e dei consumatori. Questi ultimi devono essere tutelati anche per ciò che si riferisce alla sicurezza e alla salute. Ricorda che negli Stati Uniti e in Giappone vige l'obbligo di etichettatura. L'Unione europea non può quindi, in questa materia, dare lezioni a nessuno.

            Sottolinea, infine, l'importanza di giungere, rapidamente, all'approvazione del disegno di legge. Ritiene, a questo fine, che sarebbe utile ritirare gli emendamenti presentati, ad eccezione di quello sul settore alimentare, che appare indispensabile approvare. E' favorevole alla richiesta di trasferimento alla sede deliberante.

 

            Il senatore CHIUSOLI (DS-U) precisa che gli emendamenti presentati dal suo Gruppo erano finalizzati a migliorare il testo. Prendendo atto, tuttavia, di quanto affermato dal rappresentante del Governo, dichiara di ritirarli. Auspica che si possa giungere al trasferimento in sede deliberante come richiesto dal senatore Garraffa.

 

            Vengono ritirati dai presentatori i restanti emendamenti, aeccezione dell'emendamento 12.1 del relatore.

 

            La Commissione approva all'unanimità la proposta di procedere alla richiesta di trasferimento alla sede deliberante.

 

            Il presidente PONTONE (AN) precisa che si farà carico di acquisire il consenso dei Gruppi non presenti alla seduta e di richiedere, quindi, il trasferimento alla sede deliberante al Presidente del Senato.

 

            Il seguito dell'esame congiunto viene quindi rinviato.


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO (10ª

Martedì 13 Dicembre 2005

289ª Seduta 

Presidenza del Presidente

PONTONE 

  

Intervengono, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, l'ingegner Ortis, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas; l'ingegner Fanelli, componente dell'Autorità; il dottor Crea, segretario generale e il dottor Longo, responsabile delle relazioni esterne.

           

La seduta inizia alle ore 14,40.

IN SEDE REFERENTE 

 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri, Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Rinvio dell'esame congiunto)

 

 

      Il presidente PONTONE avverte che non sono ancora pervenuti tutti pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, alcuni dei quali essenziali ai fini della richiesta di trasferimento dei disegni di legge alla sede deliberante.

 

            Il senatore BASTIANONI (Mar-DL-U) , in considerazione della ristrettezza dei tempi a disposizione della Commissione per la conclusione dell'esame dei provvedimenti in titolo, prima dell'imminente aggiornamento dei lavori, sottolinea fortemente la necessità di sollecitare l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti in sede consultiva.

            Ritiene infatti indispensabile che la Commissione concluda il proprio esame con la massima urgenza.

            Il presidente PONTONE rassicura il senatore Bastianoni in ordine alla sua richiesta.

            Propone quindi di rinviare il seguito dell'esame.

 

            La Commissione conviene.

 


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª

mercoledì 11 gennaio 2006

292ª Seduta 

 

Presidenza della Vice Presidente

D'IPPOLITO

 

 

IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didoné e Polledri   

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

            Si riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo sospeso nella seduta del 13 dicembre 2005.

 

      La presidente D'IPPOLITO rileva che in data 16 dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento relativo all'indicazione di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi. Tale proposta, avente l'obiettivo di una più precisa regolamentazione dei marchi e dei sistemi di identificazione di origine per quanto attiene all'Unione europea nel suo complesso, è stata determinata dalla considerazione che la Comunità europea si trova attualmente in condizioni di svantaggio rispetto a numerosi partners commerciali in quanto, diversamente da essi, non prevede marchi o strumenti di indicazione del paese di origine dei prodotti importati.

            Si tratta pertanto di una proposta volta a disciplinare profili simili o addirittura identici a quelli affrontati, sia pur con alcune differenze, dall'articolo 7 del disegno di legge n. 3463, approvato dalla Camera dei deputati ed assunto quale testo base. Ricorda infatti che l'articolo 7 prevede l'introduzione di un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in paesi non appartenenti all'Unione europea, in grado di evidenziare il paese di origine del prodotto finito nonché la realizzazione del prodotto identificato nel rispetto delle norme comunitarie ed internazionali in materia di origine commerciale ed igiene e sicurezza dei prodotti e che al comma 2 è stabilita anche l'indicazione di conformità alle norme in materia di lavoro, di esclusione dell'impiego di minori nella produzione nonché del rispetto delle norme ambientali: tali profili non compaiono nella citata proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea.

            In considerazione della stretta analogia di materia tra la proposta di regolamento citata e l'articolo 7 del disegno di legge n. 3463, occorrerebbe a suo avviso valutare l'opportunità di modificare il testo del disegno di legge in esame, al fine di evitare sovrapposizioni tra fonti normative di rango ed estensione differenti, anche attraverso un'eventuale riapertura del termine della presentazione di emendamenti.

           

            Il senatore GARRAFFA (DS-U) ribadita preliminarmente la rilevanza centrale che il disegno di legge in esame riveste al fine di tutelare gli interessi di vasti settori produttivi, che in più di un'occasione ne hanno sollecitato la tempestiva approvazione, ricorda che anche il rappresentante del Governo ha manifestato piena condivisione circa l'impianto complessivo del provvedimento e le finalità che esso mira a perseguire.

            Pur ritenendo condivisibili le considerazioni poc'anzi formulate dalla presidente D'Ippolito circa la necessità di valutare approfonditamente gli eventuali profili di coincidenza tra il testo del disegno di legge n. 3463 e la proposta di regolamento recentemente presentata dalla Commissione europea, sottolinea, peraltro, che si tratta allo stato di una semplice proposta, di cui si può valutare l'opportunità di tener conto. Per tali ragioni, nel dichiarare sin d'ora il proprio avviso favorevole ad una eventuale riapertura del termine per gli emendamenti, rileva la necessità di non ostacolare l'iter di approvazione del disegno di legge, anche in considerazione della ristrettezza dei tempi a disposizione delle Camere, prima che subentri lo scioglimento. Auspica pertanto che sul punto vi sia il concreto impegno anche da parte dei Gruppi di maggioranza al fine di promuovere la rapida conclusione dell'esame: in caso contrario, dovrebbe  a suo avviso dedursi una preferenza da parte dell'Esecutivo e della maggioranza per gli interessi della grande industria, a scapito di quelli delle piccole e medie imprese.

 

            Il senatore TRAVAGLIA (FI) , nel ritenere in ogni caso indimostrate le considerazioni del senatore Garraffa circa i presunti orientamenti del Governo a favore di determinate categorie produttive, richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che per quanto concerne l'identificazione dei prodotti extra-europei vi è una proposta di regolamento formalizzata e presentata dalla Commissione, e pertanto in una fase già sufficientemente avanzata. Per tali ragioni, dichiara di condividere le considerazioni della presidente D'Ippolito, circa l'opportunità di effettuare alcuni approfondimenti in merito alle possibili sovrapposizioni tra le due discipline.

           

            Il senatore BASTIANONI (Mar-DL-U) fa presente che l'approvazione di una proposta di regolamento volta a disciplinare l'indicazione dei prodotti extra europei era attesa e che, in ogni caso, essa costituisce appunto una mera proposta, improduttiva di effetti.

            Fa osservare che il disegno di legge n. 3463 costituisce un provvedimento da lungo tempo auspicato da numerose categorie produttive, sul quale il Governo ha inoltre manifestato piena condivisione. Chiede pertanto alla presidente D'Ippolito di sollecitare l'espressione dei prescritti pareri da parte delle competenti Commissioni parlamentari, anche in considerazione dell'estrema ristrettezza dei tempi a disposizione del Parlamento per poter concludere definitivamente l'esame.      

           

            Il senatore MUGNAI (AN) ricorda che anche i Senatori della propria parte politica hanno dichiarato di condividere il contenuto del disegno di legge in esame, e si sono dichiarati disponibili ad un eventuale trasferimento dalla sede referente alla sede deliberante, in quanto tale provvedimento mira a fornire un quadro di certezze per numerose categorie produttive, che ne hanno richiesto l'adozione in tempi rapidi.  

Si associa pertanto alla richiesta del senatore Bastianoni di sollecitare l'espressione dei prescritti pareri da parte delle Commissioni competenti in sede consultiva.

            Esprime infine apprezzamento per l'impostazione complessiva della proposta di regolamento relativa all'indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi, in quanto tale proposta costituirebbe, se approvata, un significativo cambio di impostazione rispetto ai precedenti orientamenti delle istituzioni comunitarie in materia, tanto più se raffrontata al recente parere circostanziato trasmesso dalla Commissione europea al Governo italiano, avente ad oggetto proprio il disegno di legge in esame.

 

            Il senatore COVIELLO (Mar-DL-U) dichiara di condividere pienamente la necessità di effettuare alcuni approfondimenti circa l'eventuale sovrapposizione applicativa tra il contenuto del disegno di legge e la recente proposta di regolamento citata dalla presidente D'Ippolito; tali approfondimenti risultano infatti imprescindibile per poter presentare le opportune proposte emendative.

            Ritiene peraltro discutibile il fatto che il Governo non si sia ancora espresso in via ufficiale a seguito del parere circostanziato trasmesso dalla Commissione europea circa i profili di incompatibilità del disegno di legge in esame con le fonti e la giurisprudenza comunitaria, lamentando altresì la mancata approvazione delle norme attuative delle disposizioni a tutela del Made in Italy già previste nella legge finanziaria per il 2004. Ritiene pertanto tale comportamento gravemente contraddittorio.

 

            La presidente D'IPPOLITO, nel prendere atto delle considerazioni emerse nel corso del dibattito, assicura i senatori Bastianoni e Mugnai che provvederà a sollecitare l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti in sede consultiva.

Ribadisce altresì l'opportunità di fissare un nuovo termine per la presentazione degli emendamenti, in considerazione della stretta analogia di materia che caratterizza i profili regolati dall'articolo 7 del disegno di legge in esame e dalla proposta di regolamento nel suo complesso. In considerazione della ristrettezza dei tempi a disposizione, propone di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di martedì 17 gennaio.

 

            La Commissione conviene.

 

            Il seguito dell'esame congiunto viene quindi rinviato.

 

 


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª

martedì 17 gennaio 2006

293ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

PONTONE

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per le attività produttive Cota.    

 

            La seduta inizia alle ore 15,40.

 

IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didoné e Polledri    

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

            Si riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo sospeso nella seduta del 11 gennaio 2006.

 

            Il presidente PONTONE, dopo aver ricordato che il termine per la presentazione degli emendamenti era stato riaperto relativamente all'articolo 7 del disegno di legge n. 3463, assunto quale testo base, illustra brevemente gli emendamenti presentati, finalizzati a tener conto della proposta di regolamento sulla etichettatura dei prodotti extra europei approvata dalla Commissione europea. Precisa che gli emendamenti sono alternativi tra loro.

 

            Prende quindi la parola il sottosegretario COTA, osservando che l'approvazione in prima lettura del disegno di legge n. 3463 e il prosieguo del suo esame presso il Senato ha avuto il merito di sollecitare la Commissione della UE ad assumere una concreta iniziativa per affrontare il problema della tutela dei prodotti europei. Appare quindi un fatto certamente positivo che finalmente l'Unione europea abbia superato la situazione di stallo che si protraeva da troppo tempo.

            Precisa di non essere contrario, anche di fronte a questo fatto nuovo, all'accoglimento del disegno di legge da parte della Commissione. Questo ulteriore passaggio procedurale, infatti, può costituire un'ulteriore sollecitazione per l'approvazione definitiva della suddetta proposta di risoluzione. A suo avviso, peraltro, nel momento in cui si giungerà al varo di una disciplina europea  non ci sarà bisogno di norme di carattere nazionale sulla stessa materia. Ritiene, quindi, che nella situazione attuale, qualora si giungesse alla conclusione dell'esame da parte della Commissione, il testo dell'articolo 7 potrebbe restare invariato.

 

            Il presidente PONTONE, alla luce di quanto dichiarato dal rappresentante del Governo, ritira gli emendamenti 7.100, 7.101, 7.102.

            Illustra quindi l'emendamento 12.1, volto ad escludere il settore agricolo dall'ambito di applicazione del disegno di legge.

 

      Il senatore BASTIANONI (Mar-DL-U) esprime l'avviso che l'attuale formulazione dell'articolo 12 potrebbe consentire una interpretazione tale da considerare al di fuori dell'ambito di applicazione del disegno di legge i prodotti agricoli. Ciò consentirebbe di evitare l'introduzione di modifiche al disegno di legge già approvato dalla Camera.

 

            Il presidente PONTONE ribadisce la necessità di modificare l'articolo 12 nel senso proposto dall'emendamento.

           

Previa verifica del prescritto numero legale, l'emendamento 12.1 viene posto ai voti e approvato.

 

Non essendovi ulteriori emendamenti si passa alle dichiarazioni di voto sul disegno di legge.

 

Il senatore BASTIANONI (Mar-DL-U), a nome del suo Gruppo, formula parere favorevole, esprimendo nel contempo rammarico per i tempi eccessivamente lunghi dell'esame. Ricorda che le norme contenute nel disegno di legge sono state giudicate utili e importanti da parte di ampi settori della piccola e media impresa e ritiene che la sua approvazione costituirebbe una risposta concreta ed efficace ai problemi di tutela della produzione Made in Italy.

La recente proposta della Commissione europea sulla indicazione d'origine dei prodotti extra europei costituisce certamente un passo in avanti significativo. Occorre però ricordare che l'articolo 7 del disegno di legge n. 3463 contiene, in materia, altre indicazioni di notevole rilievo. Si riferisce, in particolare, a quanto previsto dal comma 2 per le informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sulla esclusione dell'impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale. La parte restante del disegno di legge, inoltre, contiene altre disposizioni utili per la tutela del Made in Italy. Per tali ragioni sarebbe stato senz'altro preferibile un esame più sollecito del disegno di legge, al fine di garantirne l'approvazione definitiva. Si augura, comunque, che si possa ancora raggiungere tale obiettivo.

 

La senatrice D'IPPOLITO (FI) si esprime in senso favorevole sul disegno di legge n. 3463. Ritiene che la Commissione abbia svolto un lavoro utile e positivo nel corso del suo esame, acquisendo - tra l'altro - le valutazioni di gran parte delle associazioni di categoria interessate alla materia. La Commissione, inoltre, ha valutato con senso di responsabilità gli argomenti proposti ed ha poi considerato con favore il raggiungimento di una intesa a livello europeo che ha consentito la formulazione della proposta di regolamento sulla etichettatura relativa alla origine dei prodotti extra europei. Quando la proposta sarà approvata definitivamente verrà ad essere superato quel divario normativo che ha visto l'Europa penalizzata rispetto alle altre grandi economie del mondo.

Ribadendo il proprio consenso per la conclusione dell'attuale fase procedimentale in Commissione, auspica che si realizzino le condizioni per una effettiva soluzione del problema a livello europeo.

 

Il senatore GARRAFFA (DS-U) dichiara il voto favorevole della sua parte politica su un disegno di legge che avrebbe dovuto essere approvato in tempi più rapidi e che rischia ora di non poter giungere alla conclusione del suo iter. Non vi è dubbio che il ritardo si è determinato per la posizione incerta assunta dai Gruppi di maggioranza che, nonostante le richieste e le sollecitazioni provenienti dai settori della piccola e media impresa, hanno indugiato per tener conto della contrarietà della grande impresa. Ciò non deve stupire in quanto il Governo, anche durante il semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, non ha assunto significative iniziative a tutela della piccola e media impresa.

Ritiene che l'approvazione della proposta di risoluzione della Commissione europea debba essere vista come un passo in avanti, ma al tempo stesso è necessario, a suo giudizio, completare le disposizioni ivi contenute con misure di efficace tutela del Made in Italy. Preannuncia la sua intenzione di chiedere la immediata calendarizzazione in Assemblea del disegno di legge non appena concluso l'esame in Commissione. Ciò al fine di non lasciare nulla di intentato rispetto all'obiettivo della sua approvazione finale. Ha la sensazione, peraltro, che i Gruppi di maggioranza siano a favore del provvedimento solo a parole e che poi faranno mancare il loro appoggio per la conclusione dell'iter.

 

Il senatore IERVOLINO (UDC) dichiara il voto favorevole del suo Gruppo sul disegno di legge n. 3463. Condivide le considerazioni del rappresentante del Governo sulla funzione positiva comunque svolta dall'esame parlamentare anche per la sollecitazione della definizione di norme di carattere europeo. Ritiene che, realisticamente, si debba ritenere improbabile l'approvazione definitiva da parte del Parlamento, ma nel contempo considera positivo che la Commissione concluda i propri lavori, affinché resti una traccia di lavoro importante per la prossima legislatura.

 

Il senatore MUGNAI (AN) ritiene che il contenuto del disegno di legge costituisca un consistente ed apprezzabile sforzo per corrispondere alle esigenze largamente diffuse di tutela del Made in Italy. E' una risposta alla crisi strutturale di determinati settori dell'industria italiana che risale nel tempo e che certamente non può essere addebitata alla responsabilità di un determinato Governo. Preannuncia quindi il voto favorevole della sua parte politica.

 

Il presidente PONTONE propone di rinviare il voto sul mandato al relatore alla seduta di domani.

 

Conviene la Commissione ed il seguito dell'esame congiunto viene quindi rinviato.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 3463

 

Art. 7.

7.100

IL RELATORE

            Sopprimere l’articolo.

 

7.101

IL RELATORE

            Sostituire l’articolo 7 con il seguente:

 

"Art. 7

(Etichettatura dei prodotti)

    1. Al fine di consentire un’adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano,il produttore o l’importatore dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea forniscono informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

    2. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.

    3. Dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ".

 

 

 

 

7.102

IL RELATORE

            Sostituire l’articolo 7 con il seguente:

Art. 7

(Etichettatura dei prodotti)

    1. Al fine di consentire un’adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea volto ad evidenziare il Paese di origine del prodotto importato.

2. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui al comma 1 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonchè forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica."

 

Art. 12

12.1

IL RELATORE

            Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

"1-bis. Le norme di cui alla presente legge non si applicano ai prodotti alimentari, per i quali resta in vigore la disciplina prevista dal decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204."

 

 


INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO    (10ª

mercoledì 18 gennaio 2006

294ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

PONTONE

  

 

            La seduta inizia alle ore 15,50.

 

IN SEDE REFERENTE 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didoné e Polledri 

(405) MAGNALBO'.  -  Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela della qualita'  delle calzature italiane  

(1404) STANISCI.  -  Istituzione del marchio " made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti  del settore tessile e dell' abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane  

(1595) GUERZONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy "  per i capi del tessile e dell' abbigliamento prodotti interamente in Italia  

(1646) BASTIANONI.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(1736) CURTO.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' dei prodotti italiani  

(2698) GRECO ed altri.  -  Istituzione del marchio " Made in Italy " per la tutela della qualita' delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell' abbigliamento, del mobile imbottito, nonche' delega al Governo in materia di normativa di incentivazione  

(3278) MAGNALBO'.  -  Norme in materia di etichettatura delle calzature e dei prodotti tessili  

- e petizioni nn. 735 e 1023 ad essi attinenti

(Seguito e conclusione dell'esame congiunto) 

 

            Si riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo sospeso nella seduta di ieri.

 

      Il presidente  PONTONE , dopo aver dato conto del parere reso in data odierna dalla 14^ Commissione e aver ricordato che nella precedente seduta si era già proceduto alle dichiarazioni di voto, pone in votazione il mandato al relatore sui testi in titolo.

 

            La Commissione conferisce quindi mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea sul disegno di legge n. 3463, con la modifica accolta, proponendo l'assorbimento dei restanti disegni di legge in titolo e delle petizioni ad esso attinenti e autorizzandolo a richiedere lo svolgimento della relazione orale. 

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI    (1ª) 

Sottocommissione per i pareri

Martedì 29 Novembre 2005

263ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

FALCIER 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gag

(3463) Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didoné e Polledri

(Parere alla 10ª Commissione su testo ed emendamenti. Esame. Parere favorevole con osservazioni sul testo; parere non ostativo sull’emendamento)

 

      Il relatore STIFFONI (LP) dà conto del disegno di legge in titolo e propone di esprimere, per quanto di competenza, un parere favorevole.

            Propone, inoltre, di esprimere un parere di nulla osta sull’emendamento in esame.

 

            Il sottosegretario GAGLIARDI ritiene che il parere favorevole potrebbe essere integrato da una osservazione, che sottolinei l’opportunità di integrare l’articolo 7, comma 3, nel senso che il decreto del Ministro delle attività produttive sia emanato, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

            Il relatore STIFFONI (LP) consente con il rappresentante del Governo e riformula di conseguenza la propria proposta di parere su cui, infine, concorda la Sottocommissione

 

 

 

 

 


BILANCIO    (5ª) 

Sottocommissione per i pareri

mercoledì 11 gennaio 2006

543ª Seduta (pomeridiana) 

 

Presidenza del Presidente

AZZOLLINI

 

            Intervengono il vice ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Ricevuto e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Maria Teresa Armosino.

 

La seduta inizia alle ore 15,50.

(3463) Norme per la riconoscibilità  e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati, in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Mariani Paola; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Conte Gianfranco ed altri; Didonè e Polledri

(Parere alla 10a Commissione. Esame e rinvio) 

 

Il relatore IZZO (FI) ill illustra il provvedimento in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che lo stesso prevede una serie di interventi nuovi a carico delle pubbliche amministrazioni, quali la verifica dei presupposti per il rilascio del marchio «100 per cento Italia» da parte del Ministero delle attività produttive (articolo 3, comma 2); la tenuta dell’Albo delle imprese abilitate ad utilizzare il marchio (articolo 3, comma 4); i controlli da parte delle camere di commercio sulle autocertificazioni inerenti al rispetto delle norme in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, alla realizzazione del prodotto integralmente nel territorio nazionale, alle analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali (articolo 4); i controlli sulla sussistenza dei requisiti da parte delle camere di commercio in collaborazione con la Guardia di finanza (articolo 5); misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura (articolo 7, comma 3); campagne di informazioni capillari su emittenti televisive nazionali, su reti radiofoniche e sulla rete INTERNET (articolo 10, comma 3) e campagne annuali di promozione del marchio da parte del Ministero delle attività produttive  (articolo 11).

            A fronte di tali nuove attività non sono stanziate nuove risorse ma vengono previste clausole di invarianza di oneri, soltanto con riferimento agli articoli 3, 7 e 11, comma 3, ovvero si provvede nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio (articolo 10, comma 3).           Rileva che occorre, pertanto, valutare la congruità delle suddette clausole rispetto alle nuove attività da svolgere, valutando l’opportunità di richiedere elementi informativi volti a dimostrare la possibilità di svolgere le attività ivi previste nell’ambito dell’attività ordinaria svolta dalle amministrazioni pubbliche richiamate.

 

            Avendo il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO chiesto di disporre di un tempo aggiuntivo per fornire le necessarie delucidazioni, il seguito dell’esame viene pertanto rinviato.

 

La seduta termina alle ore 16,10.

 


FINANZE E TESORO    (6ª) 

Sottocommissione per i pareri

 

martedì 22 novembre 2005

69ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

CANTONI 

   alla 10a Commissione:

 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri:   parere favorevole;

 


AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE    (

mercoledì 14 settembre 2005

333ª Seduta 

Presidenza del Presidente

 

RONCONI 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali Dozzo. 

 

La seduta inizia alle ore 15,15.

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge di iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani, Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Conte Gianfranco ed altri; Didoné e Polledri

(Parere alla 10a Commissione. Esame e rinvio) 

 

Il relatore BONGIORNO (AN)  rileva che il disegno di legge in titologiunge all’esame del Senato dopo un ampio ed articolato dibattito presso l’altro ramo del Parlamento che ha portato all’approvazione del testo in esame, risultante dall’unificazione di alcune proposte di legge.

            Il provvedimento reca un insieme di disposizioni per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, con particolare riguardo ai  processi produttivi che possono considerarsi interamente radicati nel territorio nazionale, in quanto si svolgono interamente in Italia in ciascuna fase produttiva. A tali prodotti, in particolare, è riferito l’articolo 1, che prevede l’istituzione del marchio "100 per cento Italia", volto a contrassegnare i prodotti finiti per i quali l’ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione o semilavorati grezzi.

            Si tratta pertanto – prosegue il relatore - di un provvedimento volto a privilegiare la riconoscibilità e la rintracciabilità dei prodotti italiani, requisiti indispensabili per promuovere efficacemente una produzione che intende fare della qualità il suo tratto caratterizzante.

            Precisa che il disegno di legge in esame, sul quale la Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere alla Commissione industria, si compone di 12 articoli che definiscono innanzitutto i requisiti fondamentali per l’attribuzione del citato marchio "100 per cento Italia" e le modalità procedimentali per il rilascio dell’autorizzazione all’uso del marchio medesimo. L’albo delle imprese abilitate è istituito presso il Ministero delle attività produttive, competente, ai sensi degli articoli 4 e 5, a svolgere le attività di controllo della sussistenza dei requisiti e del rispetto dei prescritti adempimenti.

            Con riguardo ai profili di più diretta competenza della Commissione, particolare rilievo va attribuito all’articolo 7, in materia di etichettatura dei prodotti, nel quale è prevista l’istituzione di un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea, volto ad evidenziare il processo produttivo in tutte le sue fasi e la realizzazione dei prodotti nel rispetto delle regole comunitarie ed internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti. Nell’etichettatura dei prodotti finiti e intermedi devono essere altresì fornite informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, di igiene e sicurezza dei prodotti e sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea ed internazionale in materia ambientale.

            Richiama l’attenzione sull’articolo 10 che, nel rispetto della normativa comunitaria in tema di mercato unico, prevede che la definizione made in Italy sia accompagnata da un’apposita carta di identità del prodotto finito, i cui contenuti saranno successivamente stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.  

            Con riguardo ai profili di merito, nel preannunciare di volersi esprimere compiutamente al termine del dibattito, in sede di formulazione della proposta di parere, ritiene di poter sin d’ora esprimere alcune considerazioni critiche. Ritiene infatti che l’ambito di applicazione del disegno di legge in esame non dovrebbe in alcun modo riguardare il comparto agroalimentare, ma unicamente settori di carattere strettamente industriale quale quello tessile e calzaturiero. In particolare, sarebbe auspicabile, a suo avviso, escludere espressamente dal settore agricolo ed agroalimentare le disposizioni in tema di etichettatura, che appaiono in radicale contrasto con i provvedimenti varati nel corso della legislatura, ed in particolare con quanto previsto dall’articolo 1-bis della legge n. 204 del 2004.

            Nel ribadire fortemente la necessità di adottare misure di promozione e di rilancio per il comparto primario, che si trova a dover fronteggiare gravi problemi quali quello delle sovrapproduzioni, delle crisi di mercato, e dell’andamento negativo dei prezzi, fa osservare che l’entrata in vigore di disposizioni quali quelle in esame, potrebbe costituire un ulteriore grave fattore di crisi. In linea quindi con l’orientamento costantemente assunto dal Governo e dalla maggioranza in favore di un’efficace tutela delle produzioni di qualità, basate sulla tipicità dei prodotti, ritiene che sia giunto il momento di assumere concrete iniziative a difesa dell’agricoltura nazionale.

                       Il presidente RONCONI dichiara aperta la discussione generale.

                       Il senatore BASSO (DS-U), nel riservarsi di intervenire più compiutamente nel prosieguo del dibattito, dopo aver svolto ulteriori approfondimenti, preannuncia sin d’ora di condividere le considerazioni critiche svolte dal relatore Bongiorno.

                       Il senatore BASILE (Mar-DL-U) si associa alle valutazioni espresse dal relatore, esprimendo in particolare forti perplessità circa la possibilità – prevista nel disegno di legge in esame – di utilizzare nei processi produttivi materie prime e semilavorati grezzi anche di importazione. A suo avviso, infatti, tale possibilità finirebbe per contrastare fortemente con la finalità di tutelare il made in Italy.

            Rileva infine la necessità di precisare con chiarezza il campo di applicazione del provvedimento, che ritiene non compatibile con le specifiche esigenze del comparto primario.

                       La senatrice DE PETRIS (Verdi-Un) fa presente di aver già segnalato precedentemente la necessità di precisare espressamente l’esclusione del settore agroalimentare dall’applicazione del disegno di legge, in quanto contiene disposizioni palesemente riferite a comparti di carattere strettamente industriale.

            Ritiene infatti che le norme previste, ove applicate anche in campo agricolo ed agroalimentare, finirebbero per vanificare il lavoro svolto nel corso della legislatura in tema di tracciabilità ed etichettatura dei prodotti.

            Per tali ragioni, dichiara di condividere le considerazioni critiche formulate dal relatore.

                       Il senatore AGONI (LP) si associa ai rilievi critici espressi dal relatore Bongiorno, sottolineando la necessità di adottare misure volte a promuovere il rilancio del comparto primario, ormai oggetto di una vera e propria crisi strutturale che sta investendo persino settori ritenuti per lungo tempo al sicuro, quale quello vitivinicolo.

            A tal proposito, richiama l’attenzione della Commissione sull’opportunità di proseguire nell’esame dei provvedimenti in tema di identificazione del patrimonio zootecnico iscritti all’ordine del giorno della Commissione, che potrebbero svolgere, a suo avviso, un ruolo di primo piano proprio sul versante della tipicità e della rintracciabilità, tanto più in un momento quale quello attuale, nel quale sempre più frequenti sono le notizie di vere e proprie frodi alimentari. Cita al riguardo i casi di bistecche "fiorentine" ottenute da bovini provenienti dall’estero ovvero di prosciutti tipici, invece prodotti al di fuori del territorio italiano.

            Nel sottolineare fortemente la necessità di tutelare il comparto primario nazionale per metterlo in condizione di affrontare la spinta competitiva proveniente dall’estero, ribadisce infine di condividere pienamente le considerazioni del relatore.

             Il seguito dell’esame viene quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 15,45.


AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE (

giovedì 15 settembre 2005

334ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

RONCONI 

 

 

            Interviene il sottosegretario di Stato per le politiche agricole e forestali Dozzo.   

 

La seduta inizia alle ore 9.

IN SEDE CONSULTIVA 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge di iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Conte Gianfranco ed altri; Didoné e Polledri

(Parere alla 10a Commissione. Seguito e conclusione dell'esame. Parere contrario)  

 

            Riprende l’esame sospeso nella seduta del 14 settembre scorso.

Il presidente RONCONI ricorda che nella seduta di ieri è stata svolta la relazione ed ha avuto inizio la discussione generale.

Il senatore BASSO (DS-U) richiama l’attenzione della Commissione sui possibili effetti pregiudizievoli che nel disegno di legge in titolo potrebbe comportare per la produzione agroalimentare nazionale. Tale provvedimento infatti, a suo avviso, risponde alle esigenze di comparti strettamente industriali quali quello tessile e calzaturiero, mentre per quello agroalimentare non è possibile prescindere dalla tutela della tipicità, attraverso una corretta indicazione dell’origine dei prodotti.

In particolare, fa osservare che qualora il disegno di legge entrasse in vigore sarebbe ad esempio possibile identificare con il marchio "100 per cento Italia" prodotti trasformati con materia prima proveniente dall’estero, come ad esempio la passata di pomodoro prodotta con pomodori provenienti dalla Cina.

Per tali ragioni, auspica che nella proposta di parere formulata dal relatore sia richiesta espressamente l’esclusione – anche nel titolo del provvedimento - dei prodotti agroalimentari dall’ambito di applicazione del disegno di legge in esame.

 

Il presidente RONCONI dichiara chiusa la discussione generale.

 

Il sottosegretario DOZZO, pur condividendo in linea generale il contenuto e le finalità del provvedimento in titolo, volto a rafforzare i meccanismi di tutela dei prodotti nazionali, ritiene tuttavia che il disegno di legge risulti conforme alle esigenze delle produzioni di carattere più strettamente industriale. Osserva infatti che i prodotti agroalimentari godono già di un’efficace tutela prevista dalle norme comunitarie nonché da numerosi provvedimenti di diritto interno. Per tali ragioni, ritiene necessario prevedere espressamente l’esclusione dei prodotti agroalimentari dall’ambito di applicazione del disegno di legge in esame in quanto, diversamente, si pregiudicherebbe l’importante lavoro svolto in materia dal Governo nel corso della corrente legislatura.

 

Il relatore BONGIORNO (AN) dà lettura di uno schema di parere contrario (pubblicato in allegato al resoconto della seduta odierna).

 

Il senatore VICINI (DS-U), in sede di dichiarazione di voto, ritiene di particolare importanza proseguire sulla strada del rafforzamento della tutela dei prodotti tipici ed in particolare di quelli contrassegnati come prodotti DOP o IGT, che costituiscono un patrimonio non solo gastronomico ma anche culturale del nostro Paese.

Pur condividendo la necessità sottolineata dal relatore, ed emersa nel corso del dibattito, di escludere il settore agroalimentare dall’applicazione del provvedimento in titolo, ritiene tuttavia che il sistema di tutela delle produzioni nazionali, ed in particolare di quelle nelle quali l’industria di trasformazione gioca un ruolo di primo piano, meriti ulteriori approfondimenti in futuro. Non va infatti dimenticato – prosegue l’oratore – che il concetto di made in Italy non attiene unicamente a cicli di produzione radicati nel territorio nazionale in ciascuna fase, ma comprende anche produzioni per le quali è l’industria di trasformazione a costituire il reale valore aggiunto. Osserva al riguardo che vi sono numerosi prodotti, quali il prosciutto, per i quali è il bagaglio di esperienze maturate nei processi di trasformazione del prodotto a garantire la tipicità, e non tanto il luogo di approvvigionamento delle materie prime.

Riferisce inoltre di aver visitato di recente alcuni stabilimenti di trasformazione del pomodoro, sottolineando i livelli di eccellenza raggiunti in Italia proprio nei processi di stretta trasformazione. Ritiene pertanto opportuna un’ulteriore riflessione in futuro su tali aspetti, tenendo conto anche delle esigenze dell’industria di trasformazione.

 

Il senatore  AGONI (LP), pur prendendo atto con interesse delle osservazioni testé formulate dal senatore Vicini, ritiene tuttavia necessario tener conto in modo equilibrato sia degli interessi del settore agricolo che di quello agroindustriale, in quanto se, da un lato, vi è un interesse da parte dell’agroindustria ad acquistare i prodotti da trasformare al minor prezzo possibile, anche eventualmente ricorrendo a produzioni estere, vi è d’altro canto la necessità di non trascurare le esigenze del comparto primario a mantenere livelli adeguati di reddito e di produzione.

Richiama  in particolare l’attenzione della Commissione sulla progressiva riduzione delle aree coltivate a frumento nel Tavoliere delle Puglie, che stanno via via scomparendo proprio per le difficoltà di determinare un giusto prezzo all’origine del prodotto.

Precisa inoltre di essere intervenuto nel corso del dibattito per evidenziare il problema di prodotti come il prosciutto, che sempre più di frequente appaiono in realtà provenire da paesi europei ed extraeuropei: tale situazione rende a suo avviso ormai inderogabile la necessità di creare le condizioni per poter istituire un sistema di controlli efficace ed economicamente sostenibile. Al riguardo, esprime apprezzamento per la disposizione che prevede il trasferimento del SIAN presso l’AGEA, contenuta nel decreto-legge n. 182 del 2005, recentemente emanato dal Governo ed attualmente all’esame della Camera dei deputati.

Per tali ragioni, nel richiamare le considerazioni svolte nel corso del dibattito, preannuncia un convinto voto favorevole.

 

La senatrice DE PETRIS (Verdi-Un) preannuncia voto favorevole sottolineando la necessità di mettere i consumatori in condizione di poter scegliere i prodotti potendo fare affidamento su informazioni precise. Ritiene infatti che l’applicazione delle disposizioni in esame anche al comparto agroalimentare vanificherebbe l’importante lavoro svolto in tema di etichettatura e rintracciabilità dal Parlamento. Sarebbe davvero discutibile – osserva la senatrice De Petris – ammettere la possibilità di contrassegnare come "100 per cento Italia" un prodotto agroalimentare anche derivante da materie prime estere o provenienti dall’estero, tanto più in una fase in cui si cerca di rafforzare la tutela della qualità e della tipicità dei prodotti.

Nel ricordare che il disegno di legge in esame era stato inizialmente predisposto tenendo essenzialmente conto delle esigenze dei comparti tessile e calzaturiero, ritiene pertanto opportuno ricondurre l’ambito di applicazione del provvedimento nel suo alveo originario, in quanto la progressiva diminuzione delle produzioni agricole nazionali rappresenterebbe, nel lungo periodo, un danno irreparabile per la stessa industria di trasformazione.

 

Il senatore PIATTI (DS-U) dichiara di condividere la proposta di parere formulata dal relatore Bongiorno, facendo presente che il limite principale del provvedimento in esame è da rinvenirsi, a suo avviso, proprio nell’ambito di applicazione, eccessivamente generale, che lo caratterizza.

Ritiene infatti che le attività produttive in generale si caratterizzino per esigenze non sempre coincidenti e che l’inserimento di una disciplina applicabile a tutte le produzioni tout court risulti un’operazione di carattere prevalentemente propagandistico. A suo avviso infatti, non è attraverso disegni di legge di contenuto così ampio e generale che può risolversi un problema estremamente complesso e risalente, quale quello della tutela della tipicità dei prodotti, ma piuttosto attraverso strumenti normativi puntuali e di maggior dettaglio, anche ricorrendo al meccanismo della delega legislativa.

 

            Interviene brevemente il senatore VICINI il quale, nell’associarsi pienamente alle considerazioni testé svolte dal senatore Piatti, intende precisare di aver sottolineato unicamente l’opportunità di ulteriori approfondimenti in materia, ma di condividere la necessità di escludere il settore agroalimentare dal campo di applicazione del disegno di legge in esame.

 

            Il relatore BONGIORNO (AN), anche in considerazione degli interventi testé svolti,  dichiara di riformulare parzialmente la propria proposta di parere, premettendo al parere contrario della Commissione, una precisazione dalla quale emerga l’apprezzamento per le disposizioni inerenti i settori tessile e calzaturiero.

 

            Non essendovi ulteriori richieste di intervento, il presidente RONCONI, verificata la presenza del prescritto numero legale per deliberare, pone in votazione lo schema di parere contrario testé riformulato dal relatore (pubblicato in allegato al resoconto della seduta odierna).

 

            La Commissione approva all’unanimità.

 

La seduta termina alle ore 9,30.

 


PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3463

 

 

La 9a Commissione permanente, esaminato il disegno di legge in titolo,

 

considerato che:

 

-                      il provvedimento concerne l’intera gamma dei prodotti italiani, prevedendo tuttavia specifiche disposizioni per i settori tessile e calzaturiero e disciplinando, pertanto, anche la produzione agricola ed agroalimentare, senza peraltro contenere disposizioni specifiche in merito;

-                      non appare adeguatamente considerato il significativo ruolo svolto dal comparto agroalimentare nell’ambito della produzione nazionale e dell’esportazione e le sue importanti ricadute sul prodotto interno lordo;

-                      il disegno di legge in titolo appare in contrasto con la legge n. 204 del 2004, recante misure in materia di etichettatura dei prodotti agroalimentari;

-                      il disegno di legge appare inoltre potenzialmente pregiudizievole per la tutela e lo sviluppo dell’agricoltura italiana, che soffre a causa della sovrapproduzione, della crisi di mercato e del crollo del prezzo all’origine, tanto da indurre il Governo ad adottare in un breve spazio di tempo, due diversi provvedimenti di urgenza per fronteggiare lo stato di crisi del comparto;

-                      il disegno di legge appare in contrasto con l’azione del Governo in materia di tutela e valorizzazione della tipicità e della qualità della produzione agricola italiana ed appare altresì contrastante con il diritto dei consumatori ad una corretta e trasparente informazione circa il contenuto e l’origine dei prodotti agroalimentari;

-                      il disegno di legge appare altresì contrario agli interessi degli imprenditori agricoli ed agroalimentari, che vedrebbero aggravarsi la propria condizione di scarsa competitività nei confronti degli imprenditori agricoli europei ed extraeuropei, non obbligati a rispettare analoghe misure di salvaguardia igienico-sanitaria e di tutela dei lavoratori, con evidenti ricadute sui costi di produzione;

 

pur apprezzando il provvedimento nelle parti inerenti i settori tessile e calzaturiero, per quanto di competenza, esprime  parere contrario, richiamando l’attenzione della Commissione di merito sulla necessità di escludere dal titolo del disegno di legge i prodotti agroalimentari e di specificare, pertanto, all’articolo 1, tale esclusione con espresso rinvio alla specifica disciplina prevista per i prodotti agroalimentari dalla legge n. 204 del 2004.


LAVORO, PREVIDENZA SOCIALE    (11ª) 

Sottocommissione per i pareri

martedì 22 novembre 2005

56ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

FABBRI 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

            alla 10a Commissione:

 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didoné e Polledri: parere favorevole;

 


IGIENE E SANITA'    (12ª) 

Sottocommissione per i pareri

martedì 4 ottobre 2005

65ª Seduta 

 

Presidenza della Presidente  

BOLDI 

 

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

alla 10a Commissione:

 

(3463) Norme per la riconoscibilita' e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Mariani Paola; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Conte Gianfranco ed altri; Didonè e Polledri : parere favorevole;

 


POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA    (14ª

martedì 20 dicembre 2005

125ª Seduta (pomeridiana) 

 

Presidenza del Presidente

GRECO 

 

 

            La seduta inizia alle ore 15,10.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

(3463) Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri

(Parere alla 10ª Commissione. Esame e rinvio) 

 

      Il presidente relatore GRECO(FI), illustrando  il provvedimento in titolo sottolinea che l'obiettivo di assicurare una maggiore tutela legislativa alle produzioni italiane è di primaria importanza ma è anche una impresa non facile, in quanto ci si deve muovere evitando di contrastare regole comunitarie e internazionali.

Certamente la proposta recante "norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani", di cui al testo n. 3463 approvato il 30 maggio 2005 dalla Camera dei Deputati, rappresenta un apprezzabile impegno e sforzo del Parlamento di rimediare ad una situazione di grave preoccupazione.

Per capirne la reale e rilevante portata, ritiene che non si possa fare a meno di evidenziare innanzitutto le motivazioni di fondo sottese a questa e ad altre analoghe iniziative legislative.

Il regime della liberalizzazione degli scambi, la globalizzazione dei mercati sempre più senza vincoli, una concorrenza commerciale sempre più sfrenata e molto spesso poco rispettosa delle regole sulla lealtà e trasparenza, hanno creato una situazione preoccupante per tutti i Paesi dell’Unione europea e, in particolare, dell’Italia, duramente colpita in settori vitali, quali quelli delle produzioni che sono il frutto dell’ingegno e della creatività delle nostre imprese artigiane e segnatamente dei beni e merci del TAC (Tessile, Abbigliamento, Calzaturiero).

Settori che vengono sempre più aggrediti dalla invasione di prodotti stranieri, particolarmente asiatici, immessi in commercio a costi bassissimi, ottenuti anche grazie all’utilizzo di lavoro nero, allo sfruttamento del lavoro minorile e con il sospetto di essere fabbricati anche con sostanze vietate dal diritto comunitario

È di questi giorni l’apprezzabile e condivisibile iniziativa del Ministro della Salute di attivare presso tutti gli Uffici di frontiera controlli sanitari sulle importazioni di calzature provenienti dalla Cina (che nei soli primi mesi del 2005 hanno segnato un più 700 per cento), al fine di accertare l’eventuale presenza di sostanze nocive. Se il sospetto dovesse risultare fondato, ritiene che il Governo faccia bene a bloccare subito le importazioni.

C’è peraltro da considerare che gran parte di tutti questi prodotti, comprese le calzature, entrano in Europa e in Italia aggirando anche la disciplina comunitaria a tutela delle produzioni dell’Unione europea, come nel caso di merci che, prodotte in Paesi sottoposti a limiti d’esportazione (Corea, Cina, India, Thailandia, Pakistan), si fanno transitare attraverso Paesi per i quali non vige la disciplina delle vendite anti dumping.

Una situazione grave destinata ad acuirsi con il venir meno delle limitazioni per le importazioni nell’Unione europea. Da qui il giustificato allarme e l’esigenza di adottare tempestive misure al riguardo. Le preoccupazioni sono state avvertite a livello comunitario come a livello nazionale. La Commissione europea, il 28 ottobre 2003, sotto quindi la presidenza italiana della UE, ha adottato una Comunicazione sul "futuro del tessile e dell’abbigliamento nell‘Europa allargata", proprio in risposta alle sollecitazioni dei distretti tessili del nostro Paese a combattere la contraffazione, a intensificare i controlli doganali.

D'altro canto in Italia si sono moltiplicati gli studi e le proposte finalizzati alla difesa delle nostre produzioni più duramente colpite dal fenomeno della pirateria commerciale e industriale, che sta portando alla chiusura di fabbriche e alla perdita di posti di lavoro e di quote di mercato in misura sempre più crescente.

L’attuale sistema comunitario e internazionale non fornisce adeguate garanzie e comunque le discipline attuali sono ritenute insoddisfacenti. Rileva in proposito che la normativa comunitaria consente che prodotti stranieri senza marchio del Paese di origine, una volta entrati in Italia, possono essere marchiati "Made in Italy", anche se soltanto assemblati nel nostro Paese.

Il Codice Doganale comunitario (Regolamento CEE 2913 del 12 ottobre 1992), infatti, nel disciplinare regimi doganali diversi a seconda della provenienza dei prodotti da Paesi con i quali è stato siglato o meno un Accordo, con l’articolo 24 prevede che, ai fini doganali, si consideri "Paese d’origine" quel Paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale.

La stessa legge sui marchi, la n. 929 del 1942 come modificata dai decreti legislativi n. 480 del 1992 e n. 30 del 2005, prevede (sin dal 1992), all’articolo 23, che il marchio di una ditta possa essere concesso ad altra impresa, mediante il semplice trasferimento del know-how o anche di semplici istruzioni per produrre il bene marchiato, a condizione che "il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o pestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari".

Ciò significa che nell’ordinamento vige il sistema normativo in forza del quale il luogo d’origine per le produzioni industriali (fanno eccezione i prodotti agroalimentari) non è determinato dal luogo "geografico" dove vengono realizzate, ma dalla nazionalità del produttore da cui provengono.

Una impostazione questa che ha trovato supporto sia nella giurisprudenza nazionale che in quella dell'Unione europea.

La Corte di Cassazione, per esempio, con le sentenze n. 3352 del 21 ottobre 2004 e n. 13712 del 17 febbraio 2005, ha ritenuto che è possibile indicare come luogo "italiano" non solo un bene prodotto in Italia da produttore italiano, ma anche un bene prodotto all’estero da produttore straniero, a condizione che l’azienda italiana che lo importa e che vi appone il proprio marchio italiano si assuma la responsabilità giuridica, economica e tecnica dei materiali e del processo di produzione e, quindi, della qualità del prodotto nei confronti del consumatore.

L’incompatibilità tra un marchio che indica l’origine geografica di un prodotto e la eventuale valenza qualitativa dello stesso è stata stabilita anche dalla Corte di Giustizia europea, che, intervenendo sulla interpretazione dell’articolo 28 del Trattato CE, ha fatto rilevare che "sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all‘importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente", ed ha precisato che per queste ultime si intendono tutte le misure atte ad ostacolare direttamente o indirettamente, effettivamente o soltanto potenzialmente, le importazioni tra Stati membri, nonché quelle misure che ad ogni stadio di commercializzazione accordano ai prodotti nazionali una preferenza, in modo da escludere in tutto o in parte lo smercio dei prodotti importati, o quelle che riservano ai soli prodotti nazionali denominazioni che non costituiscono né denominazioni di origine né indicazioni di provenienza.

È opportuno ricordare che l’origine geografica ai fini della qualità al momento è rilevante soltanto nel comparto dell’agroalimentare, grazie all’introduzione nei Regolamenti CEE n. 2081 e 2082 del 1992, del principio della protezione della denominazione di origine (DOP) e delle indicazioni geografiche (IGP).

Per i prodotti non agroalimentari, una eccezione è rappresentata dalla istituzione in materia di marchi collettivi sulla "ceramica artistica, tradizionale e di qualità", introdotta con la legge n. 188 del 9 luglio 1990, che, comunque, non è stata oggetto di rilievi da parte delle istituzioni comunitarie.

Alla luce di quanto esposto – prosegue il Presidente-relatore -, si tratta di evidenziare che, salvo che non si riesca a conseguire ancora una volta l’accondiscendenza dell’Unione europea (il che appare difficile), si deve escludere che l’attuale quadro giuridico europeo e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) permetta di collegare la qualità alla mera origine geografica del prodotto.

La stessa Corte di Giustizia europea ha più volte rimarcato che qualsiasi normativa nazionale che preveda l’obbligo o anche la semplice facoltà dell’etichettatura deve considerarsi incompatibile con il Trattato perché "rende non solo più difficile lo smercio ... ma ha anche l’effetto di frenare l‘interpenetrazione economica nell'ambito della Comunità ostacolando la vendita di merci prodotte grazie alla divisione del lavoro fra gli Stati membri" (causa n. 207/83 sent. 25 aprile

1985).

Ciò non significa però che bisogna accettare passivamente lo status quo, soprattutto alla luce della rilevante novità emersa lo scorso 16 dicembre in ordine all'approvazione della proposta di Regolamento sull’etichettatura di origine per prodotti importati da Paesi extraeuropei.

Un passo in avanti segnato grazie anche soprattutto alle sollecitazioni dell'attuale Governo che ha più volte denunciato l’inerzia dell'Unione europea mostrata per troppo tempo nella difesa della propria economia e nel contempo si è attivato per tutelare le produzioni italiane con nuove misure nazionali.

Nella impossibilità di percorrere la strada della "muraglia delle misure daziarie", bocciate dalla storia e contrarie a regole della Organizzazione Mondiale del Commercio, ma denunciando anche l’iniquità di un sistema che permette alla Cina di esportare le sue merci pagando un dazio dell’8 per cento a fronte di un 25 per cento pagato per le esportazioni, l'attuale Governo si è fatto carico di apprestare nuove misure, soprattutto con la finanziaria del 2004 (legge 350 del 2003), nella quale è stata riservata la possibilità dell’etichettatura "made in Italy" soltanto alle produzioni interamente fabbricate nel nostro Paese.

Tale disposizione, che necessita di un regolamento attuativo, è stata oggetto di valutazione da parte della Corte di Cassazione, che in una recentissima sentenza sembra abbia per certi versi rivisto l’orientamento espresso con le due sentenze precedentemente richiamate.

Con la sentenza n. 34103 del 23 settembre 2005, infatti, nel definire un caso di sequestro di magliette provenienti dalla Romania con l’etichetta "made in Italy", la Suprema Corte ha riconosciuto la tutela penale ex art. 517 c.p., ritenendo irrilevante "la circostanza che il prodotto sia stato fabbricato all’estero per conto di un produttore italiano e che questi assicuri la qualità propria di quel prodotto".

È stata, cioè, accordata tutela penale con riguardo alla posizione del consumatore indotto ad acquistare un determinato prodotto proprio in ragione del suo luogo di fabbricazione.

In questo contesto può e deve essere collocata l’iniziativa parlamentare in esame al Senato, risultante dalla unificazione presso l’altro ramo del Parlamento di sette proposte di legge a firma di diversi deputati e al quale sono stati abbinati ulteriori sette disegni di legge presentati al Senato, tra cui anche il disegno di legge    2698 sulla "Istituzione del marchio made in Italy per la tutela delle calzature e prodotti di pelletteria, del tessile e dell’abbigliamento, del mobile imbottito, con norme anche di incentivazione ", presentato il 22 gennaio del 2004 (preceduto da analoga e più ampia proposta dell’agosto 2001).

Si può osservare preliminarmente che il testo licenziato dalla Camera dei deputati nel maggio del 2005 contiene norme che danno seguito alle disposizioni della legge finanziaria 2004.

Dando per illustrati i dodici articoli del testo, il Presidente-relatore ritiene di dover sottolineare che del "marchio cento per cento Italia", come previsto nell’articolo 1, hanno la possibilità di fregiarsi soltanto quei beni e quelle merci che sono state interamente prodotte in Italia.

I segnali che provengono dalle istituzioni europee non sono favorevoli al provvedimento, come si evince dai rilievi critici sollevati nel corso della procedura d’informazione. Il 24 ottobre 2005, termine di scadenza dei tre mesi entro cui gli Stati membri hanno avuto la possibilità di fare pervenire le loro valutazioni, la Commissione europea ha emesso un parere circostanziato in cui ha rilevato aspetti suscettibili di creare ostacoli alla libera circolazione delle merci, dei servizi o alla libertà di stabilimento. È stato, per questi motivi, imposto un nuovo differimento della possibilità di adottare il provvedimento, con scadenza al 23 gennaio 2006. Entro tale data, la normativa notificata non potrà comunque entrare in vigore. Ricorda in merito che perplessità sono state sollevate dalla Francia, dalla Repubblica ceca e dalla Slovenia.

E’ auspicabile che la situazione possa cambiare alla luce di quella che si può indicare come vittoria storica, (anche se ancora parziale), segnata nella giornata del 16 dicembre 2005 nella quale il Commissario europeo Mandelson, in occasione del vertice WTO, ha annunciato da Hong Kong l'approvazione della proposta di Regolamento sull’etichettatura di origine per i prodotti importati dai Paesi extraeuropei, applicabile ad alcuni importanti settori, come il tessile, le calzature, i prodotti in cuoio, la ceramica, il vetro, i mobili, la gomma, l’oreficeria.

Ciò costituisce, ribadisce il Relatore, una prima parziale vittoria di quella battaglia che il Governo e le associazioni italiane di categoria portano avanti da alcuni anni e che non è escluso che possa portare alla fine al risultato dell’etichettatura (quanto meno facoltativa, come prevista dal testo del disegno di legge 3463) anche per le merci esportate dall’Europa.

Le imprese artigiane e le piccole imprese italiane interessate alla soluzione della questione sono 240.000, con circa 875.000 addetti, e rappresentano il 69 per cento del totale delle aziende operanti nei settori di punta del made in Italy.

Anche nel settore dei prodotti agroalimentari i passi sono stati lenti e graduali e tuttora hanno bisogno di ulteriori impulsi. A tale proposito ricorda la vicenda che ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza dell’ortofrutta fresca, e che solo a seguito del fenomeno della "mucca pazza" l’Unione europea ha accettato di introdurre nel 2002 l’obbligo dell’etichettatura di origine della carne bovina; poi, nel 2004 c’è stato il codice di identificazione per le uova; subito dopo l’obbligatorietà dell’etichettatura del Paese d’origine del miele e, infine, nel giugno del 2005 l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco. La carta di identità è ormai una realtà per oltre il 50 per cento della spesa in agroalimenatari. Tuttavia restano ancora anonimi tanti prodotti, come la carne di maiale, le conserve, i succhi di frutta, l’olio extravergine di oliva. E’ auspicabile che questa carta d’identità trovi il favore della Unione europea per una sempre maggiore estensione nel settore dell’agroalimentare ma anche in sede di protezione del luogo d’origine dei prodotti industriali, sia in entrata che in uscita dall’Unione e di ciascun singolo Stato membro.

In quest’ultimo caso, ad avviso del Presidente-relatore, dalle nuove misure legislative nazionali, affinché risultino meno facilmente vulnerabili ai rilievi critici delle istituzioni comunitarie e degli altri stessi Stati membri, dovrebbe emergere in maniera chiara una stretta connessione tra la denominazione nazionale e le caratteristiche intrinseche delle produzioni. Soltanto in tal modo verrebbe data primaria importanza alla tutela del consumatore che sceglie il prodotto in base alle sue qualità intrinseche assicurate dal luogo ove è stato interamente prodotto.

L'ampia esposizione fin qui svolta intende sottolineare che è doveroso verificare che le iniziative nazionali siano in linea con la normativa comunitaria ma occorre anche tenere conto di quelle che sono le carenze e le inadeguatezze di sistemi sovranazionali, mantenendo inalterati i quali lo stesso obiettivo della Strategia di Lisbona, e cioè di rendere l’economia dell’Europa la più competitiva e dinamica del mondo, continuerà a restare nel cosiddetto libro dei sogni.

E a questo proposito il Presidente-relatore ritiene pertinente ricordare e sottolineare anche in questa sede l’impegno che il Senato, e questa Commissione in particolare, ha anche in altre sedi dimostrato affinché siano destinate quote significative all’innovazione strutturale di taluni settori strategici per lo sviluppo dell’economia nazionale, quale il TAC (Tessile, Abbigliamento, Calzaturiero).

Tale richiesta è stata sostenuta in sede di esame del bilancio europeo 2007-2013 ed è stata anche raccomandata in sede di esame dei provvedimenti finanziari.

A tal proposito, il relatore manifesta il personale rammarico per il fatto che il testo del disegno di legge finanziaria approvato dalla Camera dei deputati non reca l'auspicato finanziamento per il settore TAC pugliese: auspica pertanto che il Ministro dell’economia tenga fede alla assicurazione data di attingere le necessarie risorse dalle misure di sostegno previste dalla legge 311 del 2004.

 

Si apre quindi il dibattito.

 

Il senatore MANZELLA (DS-U) sottolinea l’esigenza che la normativa in esame privilegi l’aspetto della eccellente qualità del prodotto italiano. Solo puntando sulle caratteristiche intrinseche delle manifatture, sarà possibile superare i rilievi critici emersi in sede comunitaria.

 

Il senatore FALOMI (Misto-Cant) coglie, nella relazione introduttiva del presidente Greco, l’aspetto a volte anche conflittuale fra la ratio della normativa comunitaria e le problematiche interne nazionali. Osserva altresì che il nodo cruciale che dovrebbe essere attentamente valutato in sede legislativa è, a suo avviso quello della critica situazione occupazionale dei lavoratori delle piccole e medie imprese che operano nei settori tipici del made in Italy. Proprio in tale ambito il processo di globalizzazione nel mercato evidenzia la mancanza di armonizzazione degli ordinamenti dei paesi appartenenti all’Unione Europea.

 

Il senatore CHIRILLI (FI) ribadisce  a sua volta l’esigenza di contemperare le peculiarità qualitative dei prodotti italiani con, dall’altra parte le ineludibili esigenze legate ai processi produttivi, dato che non si può porre freno alla globalizzazione dei mercati.

 

Il senatore BUDIN (DS-U) richiama l’attenzione sull’importante novità, cui ha accennato il presidente nella relazione introduttiva, concernente l’approvazione della proposta di regolamento del Commissario europeo Mandelson, che consentirà di inquadrare la problematica della tutela dei prodotti italiani in un’ottica più attenta all’aspetto della qualità.

 

Il presidente GRECO esprime apprezzamento per le osservazioni fin qui emerse e che hanno dato risalto alla indefettibile esigenza di garantire la qualità dei prodotti italiani che, nel contempo, costituisce anche un’altrettanto indefettibile esigenza di tutela per il consumatore, il quale privilegia l’acquisto delle manifatture nazionali riconoscendone il valore qualitativo intrinseco.

Propone quindi di rinviare il seguito del dibattito ad altra seduta, onde poter acquisire nel frattempo il testo della proposta di regolamento sulla etichettatura di origine per i prodotti importati dai paesi extraeuropei che, come è stato detto, ha avuto ampio risalto nella stampa in questi giorni.

 

La Commissione conviene e pertanto il seguito dell’esame è rinviato.

 

 

 

 



POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA    (14ª

mercoledì 11 gennaio 2006

127ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

GRECO

 

 

 

La seduta inizia alle ore 14,35.

 

(3463) Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Contento; Paola Mariani; Rotundo ed altri; Scaltritti; Raisi ed altri; Gianfranco Conte ed altri; Didonè e Polledri

(Parere alla 10ª Commissione. Seguito dell'esame e rinvio)  

 

            Riprende l'esame sospeso nella seduta pomeridiana del 20 dicembre 2005, nella quale - ricorda il PRESIDENTE - era iniziata la discussione generale.

            Rende quindi noto che nel frattempo è stata pubblicata la preannunciata proposta di Regolamento del Consiglio relativo all'indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi (COM (2005) 661 definitivo), che presenta molti punti di collegamento con le osservazioni illustrate nella relazione introduttiva. Tale evenienza suggerisce di approfondire ulteriormente la tematica in esame, ai fini dell'espressione del parere da rendere alla Commissione di merito.

 

      Interviene quindi il senatore COVIELLO(Mar-DL-U), il quale sottolinea che il parere che questa Commissione è chiamata a rendere è considerato di particolare rilievo dalla Commissione Industria. Esprime quindi ampio apprezzamento per l'approfondita relazione svolta dal presidente Greco, che ha il pregio di avere evidenziato tutte le problematiche sottese ad una materia assai complessa, dalle evidenti ricadute economiche. Premesso che le motivazioni che hanno ispirato la proposta in esame sono certamente condivisibili, tuttavia le soluzioni prefigurate non appaiono soddisfacenti. La normativa de iure condendo investe infatti una dimensione che supera interessi strettamente nazionali, anche se le preoccupazioni già espresse  dal senatore Falomi sulla crisi occupazionale delle piccole e medie industrie non possono essere sottaciute. L'oratore rileva un atteggiamento contraddittorio da parte del Governo che a fronte dell'avviata procedura di informazione che ha portato all'emissione del parere circostanziato da parte della Commissione europea, non ha fornito a tutt’oggi alcuna indicazione per fugare i dubbi sull'evidente contrasto della proposta legislativa con la normativa comunitaria in materia di concorrenza e libero scambio. Peraltro, ricordando la vicenda del blocco delle merci che si è verificata di recente presso il porto di Amsterdam, il senatore Coviello richiama l'attenzione sul contrasto all'interno degli stessi Paesi dell'Unione europea, che ovviamente alimenta una non positiva percezione della politica e delle istituzioni comunitarie da parte dell'opinione pubblica. Nello stesso tempo occorre evitare che anche l'Italia  finisca sotto il giudizio della Corte di giustizia europea per aver alimentato quei contrasti e quelle contraddizioni in tema di libero scambio e concorrenza dei prodotti. E’ necessario trovare una soluzione che contemperi gli interessi della produzione non solo italiana ma europea, facendo leva sulla  garanzia dell'etichettatura delle merci. L'aspetto della proposta in esame che desta maggiori perplessità è quello l'etichettatura cento per cento made in Italy: in merito rileva che di fatto nessun prodotto coincide perfettamente con i requisiti richiesti per tale etichettatura, dato che molte produzioni utilizzano dei semilavorati provenienti da altri Paesi. Di qui la necessità di un'attenta riflessione sul danno recato alla maggior parte delle produzioni italiane, che in effetti non potrebbero fregiarsi di quel marchio cento per cento made in Italy. A suo avviso, sarebbe invece opportuno che il Governo concentrasse le proprie energie sull'emanazione del regolamento di attuazione della disposizione contenuta nella legge finanziaria 2004 (legge 350 del 2003), provvedimento che ad oggi risulta ancora nella fase della concertazione. A conclusione del proprio intervento, il senatore Coviello sottolinea la necessità che la proposta in esame, data la sua complessità, sia comunque discussa dall'Assemblea del Senato, in modo tale che si possa svolgere il più ampio e approfondito dibattito su un tema così rilevante.

 

            Il senatore FALOMI(Misto-Cant), integrando il proprio precedente intervento e aderendo all'osservazione del senatore Coviello circa la necessità che il dibattito sul provvedimento si svolga anche in Assemblea, esprime l'avviso che di fatto il disegno di legge in esame abbia un valore più che altro propagandistico e sia privo quindi di una reale portata ed efficacia, tanto più alla luce della proposta di regolamento sul marchio di origine obbligatorio testé pubblicata. Sottolinea quindi l'inutilità del tentativo di risolvere il problema negli angusti ambiti nazionali, dato che il problema investe un contesto di carattere mondiale oltre che europeo. Si tratta altresì di evitare che l'approvazione della normativa nazionale generi contrasti e conflitti assolutamente improduttivi fra i Paesi dell'Unione europea. Anche la imprescindibile tutela del consumatore in ordine ad una corretta e completa informazione sul prodotto non può essere soddisfatta con una normativa nazionale, ma va inquadrata in un contesto molto più ampio. Il senatore Falomi rileva l'opportunità che questa Commissione possa esaminare, nell'ambito della propria competenza, anche la proposta di Regolamento sul marchio di origine, in modo da poterne approfondire adeguatamente tutte le implicazioni. A questo proposito esprime l'avviso che la preoccupazione per i rischi di un'ingannevole informazione dei consumatori pur rilevante, non è comunque determinante come la qualità sociale e ambientale del prodotto.

 

            Il senatore BASILE (Mar-DL-U), nel condividere gli interventi degli oratori che lo hanno preceduto, rimarca la rilevanza del parere che questa Commissione è chiamata ad esprimere, ai fini del prosieguo dell’iter del provvedimento da parte della Commissione di merito. Nel ricordare l’importanza strategica per l’economia italiana delle piccole e medie imprese, sottolinea l’esigenza di adottare una soluzione normativa idonea, dato che la tematica ha profili di interesse che superano i confini nazionali e toccano anche quelli degli altri Paesi europei. Sottolinea altresì, a sua volta, che il provvedimento in esame debba essere approfondito in sede di esame da parte dell’Assemblea, evitando quindi inutili e dannose accelerazioni dell’iter legislativo.

 

            Il senatore MANZELLA (DS-U) richiama l’attenzione sulla nuova luce che la proposta di regolamento del Consiglio sull’obbligo del marchio di origine, di recente pubblicazione, getta sull’intera vicenda del made in Italy. Ribadisce quindi la necessità che la normativa de iure condendo accentui il profilo della qualità del prodotto.

            Non essendovi altri interventi in sede di discussione generale, svolge la propria replica il presidente-relatore GRECO il quale rileva che attesa l’apprezzabile ispirazione della proposta in esame, tuttavia le evidenti difficoltà di conciliare il provvedimento con la normativa comunitaria non si possono sottacere. Come ha giustamente rilevato il senatore Falomi desta preoccupazione la crisi occupazionale, per le piccole e medie imprese – aspetto questo che non tocca però i grossi gruppi industriali inseriti a pieno titolo nel processo di globalizzazione – e parimenti è condivisibile la pressante esigenza di offrire idonee garanzie al consumatore circa la completa informazione sui prodotti che egli intende acquistare. Tuttavia questa Commissione, in considerazione dei profili di competenza di cui è investita, non può esimersi da una parte di rilevare gli elementi di criticità della proposta in esame con la normativa comunitaria e nello stesso tempo non può neanche fare a meno di evidenziare che in taluni casi l’accettazione acritica della politica comunitaria è foriera di pesanti implicazioni nel contesto nazionale. Ritiene quindi che ai fini dell’espressione del parere che questa Commissione è chiamata a esprimere sia necessario partire dalle premesse da cui muove la proposta di regolamento sul marchio di origine obbligatorio per i prodotti importati che costituisce non solo una rilevante novità ma un prezioso criterio di orientamento per la normativa italiana in fieri. A questo proposito ritiene particolarmente importante sollecitare il Governo ad emanare il regolamento di attuazione della norma sul made in Italy contenuta nella finanziaria 2004.

            Preannuncia quindi che predisporrà una proposta di parere sulla base di tutte le indicazioni ed i rilievi emersi nel corso del dibattito.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.


POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA    (14ª

mercoledì 18 gennaio 2006

129ª Seduta 

 

Presidenza del Presidente

GRECO

 

            Interviene il ministro per le politiche comunitarie La Malfa.   

 

 

La seduta inizia alle ore 8,35.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

(3463) Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani

(Parere alla 10ª Commissione. Seguito e conclusione dell'esame. Parere in parte contrario, in parte non ostativo condizionato)  

 

            Riprende l'esame sospeso nella seduta dell'11 gennaio 2006.

 

      Il presidente relatore GRECO (FI) illustra una proposta di parere predisposta sulla base delle indicazioni e anche delle preoccupazioni emerse nel corso del dibattito precedentemente svolto, che portano a concludere l’esame con una pronuncia di tenore in parte contrario ed in parte non ostativo, condizionato però all’introduzione di modifiche tali che armonizzino l’articolato con la normativa comunitaria.

            Invita quindi il Ministro a offrire alla Commissione chiarimenti sui motivi per i quali il Governo non ha ancora provveduto ad emanare il Regolamento attuativo dell’articolo 4, comma 61, della legge finanziaria 2004 (n. 350 del 1003).

 

            Il ministro LA MALFA esprime innanzitutto apprezzamento per il tenore del parere testé illustrato dal Presidente, che coglie esattamente tutti i nodi problematici della tematica sul cosiddetto made in Italy. Senza entrare nel merito del provvedimento in esame, ricorda che il Commissario Mandelson ha corrisposto all’impegno assunto di presentare una proposta di Regolamento sull’introduzione dell’obbligo di indicazione del paese d’origine sull’etichettatura di taluni prodotti importati da paesi terzi. Questo elemento di grande novità consente di affrontare la questione del made in Italy con criteri che sono però diversi da quelli che caratterizzano l’iniziativa legislativa parlamentare.  Auspica pertanto che l’iter del provvedimento in esame prosegua lungo le coordinate tracciate molto opportunamente da questa Commissione.

 

            Il senatore COVIELLO(Mar-DL-U), premesso che dichiara di condividere senz’altro il parere proposto dal Presidente relatore, ed espresso ampio apprezzamento per l’intervento del Ministro a sostegno dell’orientamento della Commissione, ribadisce tuttavia la persistente mancanza del Regolamento previsto dalla finanziaria 2004.

 

            Accertata la presenza del numero legale, la Commissione approva la proposta di parere in parte contrario e in parte non ostativo condizionato sul provvedimento in titolo, nel testo presentato dal  Presidente relatore, e che è pubblicato in allegato.


PARERE PROPOSTO DAL RELATORE
E APPROVATO DALLA COMMISSIONE
SUL DISEGNO DI LEGGE N. 3463

 

La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo,

 

condivisa l’esigenza di tutelare sia la grande industria del design italiano, sia le piccole e medie imprese del "made in Italy" che producono in Italia, a fronte del crescente afflusso di prodotti a basso prezzo provenienti dall’estero;

 

preso atto della valutazione della Commissione europea, espressa nel parere circostanziato emesso il 24 ottobre 2005 ai sensi della direttiva 98/34/CE sulla procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche, secondo cui un marchio nazionale che attesti la localizzazione sul territorio italiano di tutti i processi di fabbricazione di un prodotto non è compatibile con il principio di libera circolazione delle merci nel mercato interno di cui all’articolo 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea, né con gli articoli 22-26 del Codice doganale comunitario (regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992) che identificano il Paese d’origine come quel "Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione";

 

considerato che la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), prevede all’articolo 4, comma 61, la possibilità di disporre una "regolamentazione dell’indicazione di origine o l’istituzione di un apposito marchio a tutela delle merci integralmente prodotte sul territorio italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine", e che il comma 63 del medesimo articolo 4 dispone che "le modalità di regolamentazione delle indicazioni di origine e di istituzione ed uso del marchio di cui al comma 61" sono definite con un apposito regolamento, che ad oggi non risulta essere stato emanato;

 

ricordata la sentenza della Corte di Cassazione n. 34103, del 19 aprile 2005, secondo cui l’etichettatura "made in Italy", apposta su un prodotto non realizzato in Italia ai sensi della normativa europea sull’origine (luogo di ultima sostanziale lavorazione), configura il reato di cui all’articolo 517 del codice penale sulla vendita di prodotti industriali con segni idonei a trarre in inganno il compratore, in quanto il consumatore "potrebbe essere indotto ad acquistare un prodotto proprio solo in quanto fabbricato (o non fabbricato) in un determinato luogo geografico [...] e ciò in base alle più svariate considerazioni soggettive, non necessariamente attinenti alla qualità del prodotto stesso";

 

considerata la proposta di regolamento comunitario relativo all’introduzione dell’obbligo di indicazione del Paese d’origine sull’etichettatura di taluni prodotti importati da Paesi terzi (COM(2005) 661 def.), finalizzata a porre rimedio alla posizione di svantaggio della Comunità europea rispetto ai suoi partner commerciali come Canada, Cina, Giappone e Stati Uniti, i quali già impongono l’obbligo di un marchio di origine sulle loro importazioni;

 

ritenuto che tale proposta di regolamento rappresenta un importante passo in avanti, in relazione alla necessità di assicurare una corretta informazione ai consumatori, i quali attribuiscono un importante valore commerciale all’informazione sull’origine geografica di un prodotto, e di tutelare la competitività dell’industria comunitaria, ma che essa risolve solo in parte l’esigenza di tutela delle piccole e medie imprese italiane che producono in Italia, e che a tal fine potrebbe essere ipotizzabile la previsione di un’indicazione di qualità della produzione riferita anche agli aspetti sociali e ambientali ma non anche al luogo geografico di origine;

 

preso atto degli ulteriori rilievi sollevati dalla Commissione europea nel citato parere circostanziato del 24 ottobre 2005, inerenti le disposizioni del disegno di legge relative alla carta d’identità dei prodotti "made in Italy" (articolo 10), alle campagne di promozione del marchio (articolo 11), all’obbligo di etichettatura d’origine dei prodotti realizzati in Paesi extracomunitari (articolo 7), all’etichettatura delle calzature e dei dispositivi di protezione individuale (articolo 8),

 

formula, per quanto di competenza, parere in parte contrario relativamente alle disposizioni sul marchio "100 per cento Italia" ed in parte non ostativo sulle restanti disposizioni (in particolare gli articoli 7, 8, 10 e 11), a condizione che esse siano armonizzate con la direttiva 2000/13/CE sull’etichettature dei prodotti alimentari (attuata con il decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 181), con la direttiva 94/11/CE sull’etichettatura dei materiali delle calzature (attuata con il decreto ministeriale 11 aprile 1996) e con la direttiva 89/686/CEE sui dispositivi di protezione individuale (attuata con il decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475).

 

 


 

 

Disegno di legge

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

                                       XIV LEGISLATURA                                  

 Nn. 3463, 405, 1404, 1595, 1646, 1736, 2698 e 3278-A

Relazione orale

Relatore Pontone

TESTO PROPOSTO DALLA 10ª COMMISSIONE PERMANENTE

(INDUSTRIA, COMMERCIO, TURISMO)

Comunicato alla Presidenza il 23 gennaio 2006

PER IL

DISEGNO DI LEGGE

Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani (n. 3463)

 

approvato dalla Camera dei deputati il 30 maggio 2005, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge

 

d’iniziativa dei deputati CONTENTO (472); MARIANI Paola (1250); ROTUNDO, PEPE Luigi, DELL’ANNA, LAZZARI, LECCISI, LISI, VILLANI MIGLIETTA e CARBONELLA (2689); SCALTRITTI (2805); RAISI, BUTTI, GARNERO SANTANCHÈ e SAGLIA (3817); CONTE Gianfranco, GALLI Daniele, CROSETTO, ZANETTA, LEONE Anna Maria, LUPI, MILANATO, PACINI, FONTANA, ROSSO, GARAGNANI, RICCIOTTI, STRADELLA, VERRO, LENNA, ROMOLI, ORSINI, CONTI Giulio, GALVAGNO, PATRIA, SPINA DIANA, DI TEODORO e ZORZATO (4001); DIDONÈ e POLLEDRI (4497)

 

(V. Stampati Camera nn. 472, 1250, 2689, 2805, 3817, 4001 e 4497)

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza
il 31 maggio 2005

———–


CON ANNESSI TESTI DEI

DISEGNI DI LEGGE

Istituzione del marchio Made in Italy per la tutela

della qualità delle calzature italiane (n. 405)

d’iniziativa del senatoreMAGNALBÒ

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 LUGLIO 2001

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Istituzione del marchio «made in Italy» per la tutela della qualità dei prodotti del settore tessile e dell’abbigliamento, delle cravatte e delle calzature italiane (n. 1404)

d’iniziativa della senatrice STANISCI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 MAGGIO 2002

———–

Istituzione del marchio «Made in Italy» per i capi del tessile

e dell’abbigliamento prodotti interamente in Italia (n. 1595)

d’iniziativa del senatore GUERZONI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L’11 LUGLIO 2002

———–

Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela

della qualità dei prodotti italiani (n. 1646)

d’iniziativa del senatore BASTIANONI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 LUGLIO 2002

———–


Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela

della qualità dei prodotti italiani (n. 1736)

d’iniziativa del senatore CURTO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 SETTEMBRE 2002

———–

Istituzione del marchio «Made in Italy» per la tutela della qualità delle calzature e dei prodotti di pelletteria, del tessile, dell’abbigliamento, del mobile imbottito, nonché delega al Governo in materia di normativa di incentivazione (n. 2698)

d’iniziativa dei senatori GRECO, NOCCO e TATÒ

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 GENNAIO 2004

———–

Norme in materia di etichettatura delle calzature
e dei prodotti tessili (n. 3278)

d’iniziativa del senatore MAGNALBÒ

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 1º FEBBRAIO 2005

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dei quali la Commissione propone l’assorbimento
nel disegno di legge n. 3463

———–

NONCHÉ SULLE

PETIZIONI

del signor Salvatore Acanfora (nn. 735 e 1023)

pervenute alla presidenza rispettivamente
il 1º aprile 2004 e il 16 marzo 2005

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I N D I C E

 

 

Pareri:

        –  della 1ª Commissione permanente    

        –  della 14ª Commissione permanente    

Disegno di legge n. 3463, testo approvato dalla Camera dei deputati e testo proposto dalla Commissione    

Disegni di legge:

        –  n. 405, d’iniziativa del senatore Magnalbò   

        –  n. 1404, d’iniziativa della senatrice Stanisci    

        –  n. 1595, d’iniziativa del senatore Guerzoni    

        –  n. 1646, d’iniziativa del senatore Bastianoni    

        –  n. 1736, d’iniziativa del senatore Curto    

        –  n. 2698, d’iniziativa dei senatori Greco ed altri    

        –  n. 3278, d’iniziativa del senatore Magnalbò    

Petizioni:

        –  presentate dal signor Salvatore Acanfora (nn. 735 e 1023)    

 

 

 

 

 

 

 


PARERE DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

 

(Estensore: Stiffoni)

sul disegno di legge n. 3463: testo ed emendamento

 

29 novembre 2005

 

        La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole, osservando tuttavia come sia opportuno integrare l’articolo 7, comma 3, nel senso che il decreto del Ministro delle attività produttive sia emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

        Esaminato altresì l’emendamento riferito al disegno di legge, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.


PARERE DELLA 14ª COMMISSIONE PERMANENTE

(POLITICHE DELL’UNIONE EUROPEA)

 

(Estensore: Greco)

 

sul disegno di legge n. 3463

 

18 gennaio 2006

 

        La Commissione, esaminato il disegno di legge,

 

            condivisa l’esigenza di tutelare sia la grande industria del design italiano, sia le piccole e medie imprese del «made in ltaly» che producono in Italia, a fronte del crescente afflusso di prodotti a basso prezzo provenienti dall’estero;

 

            preso atto della valutazione della Commissione europea, espressa nel parere circostanziato emesso il 24 ottobre 2005 ai sensi della direttiva 98/34/CE sulla procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche, secondo cui un marchio nazionale che attesti la localizzazione sul territorio italiano di tutti i processi di fabbricazione di un prodotto non è compatibile con il principio di libera circolazione delle merci nel mercato interno di cui all’articolo 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea, né con gli articoli 22-26 del Codice doganale comunitario, di cui al regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992, che identificano il Paese d’origine come quel «Paese in cui è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione»;

            considerato che la legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), prevede all’articolo 4, comma 61, la possibilità di disporre una «regolamentazione dell’indicazione di origine o l’istituzione di un apposito marchio a tutela delle merci integralmente prodotte sul territorio italiano o assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine», e che il comma 63 del medesimo articolo 4 dispone che «le modalità di regolamentazione delle indicazioni di origine e di istituzione ed uso del marchio di cui al comma 61» sono definite con un apposito regolamento, che ad oggi non risulta essere stato emanato;

            ricordata la sentenza della Corte di cassazione n. 34103, del 19 aprile 2005, secondo cui l’etichettatura «made in ltaly», apposta su un prodotto non realizzato in Italia ai sensi della normativa europea sull’origine (luogo di ultima sostanziale lavorazione), configura il reato di cui all’articolo 517 del codice penale sulla vendita di prodotti industriali con segni idonei a trarre in inganno il compratore, in quanto il consumatore «potrebbe essere indotto ad acquistare un prodotto proprio solo in quanto fabbricato (o non fabbricato) in un determinato luogo geografico [...] e ciò in base alle più svariate considerazioni soggettive, non necessariamente attinenti alla qualità del prodotto stesso»;

            considerata la proposta di regolamento comunitario relativo all’introduzione dell’obbligo di indicazione del Paese d’origine sull’etichettatura di taluni prodotti importati da Paesi terzi COM(2005) 661 def., finalizzata a porre rimedio alla posizione di svantaggio della Comunità europea rispetto ai suoi partner commerciali come Canada, Cina, Giappone e Stati Uniti, i quali già impongono l’obbligo di un marchio di origine sulle loro importazioni;

            ritenuto che tale proposta di regolamento rappresenta un importante passo in avanti, in relazione alla necessità di assicurare una corretta informazione ai consumatori, i quali attribuiscono un importante valore commerciale all’informazione sull’origine geografica di un prodotto, e di tutelare la competitività dell’industria comunitaria, ma che essa risolve solo in parte l’esigenza di tutela delle piccole e medie imprese italiane che producono in Italia, e che a tal fine potrebbe essere ipotizzabile la previsione di un’indicazione di qualità della produzione riferita anche agli aspetti sociali e ambientali ma non anche al luogo geografico di origine;

            preso atto degli ulteriori rilievi sollevati dalla Commissione europea nel citato parere circostanziato del 24 ottobre 2005, inerenti le disposizioni del disegno di legge relative alla carta d’identità dei prodotti «made in Italy» (articolo 10), alle campagne di promozione del marchio (articolo 11), all’obbligo di etichettatura d’origine dei prodotti realizzati in Paesi extracomunitari (articolo 7), all’etichettatura delle calzature e dei dispositivi di protezione individuale (articolo 8);

            formula, per quanto di competenza, parere in parte contrario relativamente alle disposizioni sul marchio «100 per cento Italia» ed in parte non ostativo sulle restanti disposizioni (in particolare gli articoli 7, 8, 10 e 11), a condizione che esse siano armonizzate con la direttiva 2000/13/CE sull’etichettatura dei prodotti alimentari (attuata con il decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 181), con la direttiva 94/11/CE sull’etichettatura dei materiali delle calzature (attuata con il decreto ministeriale 11 aprile 1996) e con la direttiva 89/686/CEE sui dispositivi di protezione individuale (attuata con il decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475).

 


DISEGNO DI LEGGE

DISEGNO DI LEGGE

Approvato dalla Camera dei deputati

Testo proposto dalla Commissione

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Art. 1.

(Istituzione del marchio«100 per cento Italia» e definizioni)

Art. 1.

(Istituzione del marchio«100 per cento Italia» e definizioni)

   1. Al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto di cui all’articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità europea, promuovendo il loro diritto ad una corretta informazione in ordine ai prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente in Italia, è istituito il marchio «100 per cento Italia», di proprietà dello Stato italiano.

 Identico

 2. Si intendono realizzati interamente in Italia i prodotti finiti per i quali l’ideazione, il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonchè semilavorati grezzi, come definiti dalla lettera g) del comma 3, realizzati interamente in Italia.

 

 3. Ai fini della presente legge si intende per:

 

    a) ideazione: l’attività intellettuale e creativa finalizzata alla definizione di un prodotto e dei suoi requisiti specifici;

 

 b) disegno: la rappresentazione grafica dell’attività di ideazione e progettazione;

 


c) progettazione: l’attività dell’ingegno finalizzata ad individuare le caratteristiche costruttive, prestazionali ed estetiche di un prodotto;

 

 d) lavorazione: ogni attività del processo produttivo che porta alla realizzazione del prodotto finale;

 

     e) confezionamento: le attività successive alla lavorazione e dirette all’imballaggio del prodotto finito per la sua conservazione o immissione sul mercato;

 

  f) materie prime: ogni materiale o sostanza utilizzati nel processo produttivo e che diventano parte integrante del prodotto finito;  

 

  g) semilavorati grezzi: i prodotti che non hanno terminato tutte le fasi della lavorazione, anche se hanno assunto una determinata forma dalla quale emerge la sagoma del prodotto finito, nonchè i manufatti di processi tecnologici di qualsiasi natura, meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita, non risultino diretti ad uno specifico uso o funzione, ma siano destinati ad essere trasformati, inseriti, incorporati, aggiunti o collegati in qualunque forma o con qualsiasi processo tecnologico in altri oggetti, garantiti nel loro complesso dal fabbricante del prodotto finito.

 

 

 

 

 

Art. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti)

Art. 2.

(Individuazione e riconoscibilità dei prodotti)

  1. Il marchio di cui all’articolo 1 viene concesso al produttore a valere sui prodotti che l’impresa realizzi nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 1, comma 2, e dall’articolo 3.

  Identico

 2. Il marchio di cui all’articolo 1 dovrà essere apposto in forma indelebile e non sostituibile sul prodotto finale in modo da non ingenerare confusione nel consumatore, affinchè risulti chiaro che tale marchio è relativo all’intero prodotto e non ad una sola parte o componente di esso.

 

 

 

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio)

Art. 3.

(Modalità e requisiti per la concessione del marchio)

 1. Il richiedente l’autorizzazione all’uso del marchio di cui all’articolo 1, unitamente alla domanda, deve presentare alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competente un’autocertificazione circa:

Identico

a) il rispetto delle norme vigenti in materia di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo, nonchè in ordine all’esclusione dell’impiego di minori e al pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente;

 

 b) l’attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si siano svolte integralmente sul territorio nazionale;

 

 c) l’attestazione che sul prodotto siano state effettuate le analisi chimiche e meccaniche necessarie ad accertare la salubrità dei materiali utilizzati e le qualità meccaniche relative alla resistenza e alla durata del prodotto stesso.

 

   2. Il marchio di cui all’articolo 1 è rilasciato dal Ministero delle attività produttive, che si avvale della collaborazione delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, su richiesta delle imprese interessate e previa verifica della sussistenza dei prescritti requisiti.

 

 3. Il Ministero delle attività produttive può autorizzare al rilascio del marchio consorzi o società consortili, anche in forma cooperativa, costituiti da imprese, anche artigiane, facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di specifiche filiere produttive, qualora tutti i prodotti da essi realizzati abbiano i requisiti per ottenere il marchio.

 

4. È istituito presso il Ministero delle attività produttive, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, l’albo delle imprese abilitate ad utilizzare per i propri prodotti il marchio di cui all’articolo 1.

 

 

 

Art. 4.

(Controlli sulle autocertificazioni)

Art. 4.

(Controlli sulle autocertificazioni)

 1. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno il compito di esercitare il controllo di veridicità delle autocertificazioni di cui all’articolo 3, definendo opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza e avvalendosi di istituti di certificazione pubblici o privati autorizzati con decreto del Ministro delle attività produttive.

Identico

Art. 5.

(Controlli)

Art. 5.

(Controlli)

1. Le imprese che hanno ottenuto l’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1 attestano ogni due anni, tramite autocertificazione da depositare presso il Ministero delle attività produttive, che per gli scopi di cui al presente articolo può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, il permanere dei requisiti per l’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1. Le imprese sono comunque tenute a comunicare immediatamente al soggetto che ha rilasciato il marchio l’eventuale venir meno dei relativi requisiti ed a cessare contestualmente l’utilizzo del marchio.

Identico

  2. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e i consorzi di imprese di cui al comma 3 dell’articolo 3, anche tramite gli istituti e i consorzi di certificazione a tale fine autorizzati e individuati con decreto del Ministro delle attività produttive, effettuano controlli periodici e a campione sulle imprese che utilizzano il marchio di cui all’articolo 1 ai fini della verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

 

 3. Il Ministero delle attività produttive può comunque acquisire notizie atte a verificare la sussistenza dei requisiti per l’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1, segnalando eventuali ipotesi di indebito utilizzo, ai fini dei conseguenti accertamenti, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, ovvero ai consorzi di imprese di cui al comma 3 dell’articolo 3, che hanno rilasciato il marchio.

 

4. Ai fini delle attività di controllo e accertamento svolte dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di cui ai commi 2 e 3, sono definite opportune forme di collaborazione con la Guardia di finanza.

 

 5. Nel caso in cui i controlli di cui al comma 2 o gli accertamenti di cui al comma 3 facciano emergere a carico dell’impresa interessata violazioni nell’utilizzo del marchio di cui all’articolo 1, il Ministero delle attività produttive revoca l’autorizzazione all’utilizzo del marchio. Nelle more degli accertamenti di cui al comma 3 l’utilizzo del marchio può essere inibito a titolo cautelare.

 

  6. Il Ministero delle attività produttive provvede a rendere nota al pubblico la revoca del marchio disposta ai sensi del comma 5 tramite appositi comunicati diffusi, a spese dell’impresa interessata, su tre testate giornalistiche, di cui almeno due a diffusione nazionale.

 

 

 

Art. 6.

(Sanzioni)

Art. 6.

(Sanzioni)

  1. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio di cui all’articolo 1 non possono presentare nuove richieste di autorizzazione all’utilizzo del marchio prima che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca. Qualora la richiesta di autorizzazione riguardi lo stesso prodotto per il quale è intervenuto il provvedimento di revoca, essa non può essere presentata prima che siano decorsi cinque anni.

  Identico

  2. Qualora ne abbia notizia, il Ministero delle attività produttive segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi di contraffazione e di uso abusivo del marchio di cui all’articolo 1. Si applicano altresì le disposizioni di cui agli articoli 144 e seguenti del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

 

  3. L’uso illecito del marchio di cui all’articolo 1 è punito ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

 

 

 

Art. 7.

(Etichettatura dei prodotti)

Art. 7.

(Etichettatura dei prodotti)

 

  1. Al fine di consentire un’adeguata informazione agli utilizzatori intermedi e ai consumatori finali sul processo lavorativo dei prodotti commercializzati sul mercato italiano, è istituito un sistema di etichettatura dei prodotti realizzati in Paesi non appartenenti all’Unione europea. Tale sistema di etichettatura deve comunque evidenziare il Paese di origine del prodotto finito, nonché dei prodotti intermedi e la loro realizzazione nel rispetto delle regole comunitarie e internazionali in materia di origine commerciale, di igiene e sicurezza dei prodotti.

  Identico

2. Nella etichettatura di prodotti finiti e intermedi di cui al comma 1, il produttore o l’importatore forniscono altresì informazioni specifiche sulla conformità alle norme internazionali vigenti in materia di lavoro, sulla certificazione di igiene e sicurezza dei prodotti e sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione, nonché sul rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

 

   3. Con decreto del Ministro delle attività produttive, da emanare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure per il rilascio e le caratteristiche del sistema di etichettatura di cui ai commi 1 e 2 e le modalità per i relativi controlli. Con il medesimo decreto sono altresì definite misure volte a promuovere presso i consumatori la conoscenza delle caratteristiche del sistema di etichettatura previste dal presente articolo, nonché forme di semplificazione delle procedure doganali per i prodotti dotati di etichettature conformi ai criteri di cui al presente articolo. Dalle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 

Art. 8.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature)

Art. 8.

(Disposizioni in materia di etichettatura delle calzature)

 1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 7, le calzature destinate alla vendita al consumatore possono riportare un’etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono, quali tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L’etichetta contiene altresì le informazioni relative all’origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

Identico

2. Per le calzature prodotte al di fuori dell’Unione europea, nonché per quelle qualificate come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l’etichetta riporta la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione.

 

 

 

Art. 9.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili)

Art. 9.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei prodotti tessili)

  1. All’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i prodotti realizzati al di fuori dell’Unione europea e qualificati come dispositivi di protezione individuale, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, l’etichetta riporta inoltre la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la relativa certificazione. Quando tali prodotti non sono offerti in vendita ad un consumatore, come definito dall’articolo 1519-bis, secondo comma, lettera a), del codice civile, le informazioni di cui al presente comma possono essere riportate in documenti commerciali di accompagnamento».

  Identico

 

 

Art. 10.

(Carta d’identità dei prodotti «Made in Italy»)

Art. 10.

(Carta d’identità dei prodotti «Made in Italy»)

 

 

 1. La definizione «Made in Italy», ferma restando la disciplina recata dal regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, è accompagnata da una scheda informativa denominata «carta d’identità del prodotto finito» che contiene informazioni utili al consumatore per conoscere la provenienza dei semilavorati di cui il prodotto finale è composto e le lavorazioni eseguite nel processo di fabbricazione cui hanno contribuito imprese di altri Paesi.

 Identico

 2. I contenuti e le modalità applicative della carta d’identità di cui al comma 1 sono stabiliti con decreto del Ministro delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le categorie interessate, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 3. Per informare i consumatori riguardo alla rilevanza delle notizie contenute nella carta d’identità di cui al comma 1, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio il Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria delle imprese e le associazioni dei consumatori, può attuare una campagna di informazione capillare utilizzando le emittenti televisive nazionali, la rete radiofonica, la rete INTERNET e stampati da inviare al domicilio dei cittadini.

 

 4. Gli sportelli unici all’estero, nell’ambito dei compiti ad essi attribuiti dalla legge 31 marzo 2005, n. 56, svolgono, nei Paesi esteri, funzioni di prevenzione di fenomeni di contraffazione della carta d’identità di cui al comma 1.

 

 

 

 

 

 

 

Art. 11.

(Promozione del marchio e registrazione comunitaria)

Art. 11.

(Promozione del marchio e registrazione comunitaria)

 1. Il Ministero delle attività produttive può predisporre, nei limiti delle risorse di cui al secondo periodo del presente comma, campagne annuali di promozione del marchio di cui all’articolo 1 nel territorio nazionale nonché sui principali mercati internazionali per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana e per la sensibilizzazione del pubblico ai fini della tutela del consumatore. Al finanziamento delle predette campagne si provvede mediante utilizzo di una quota non inferiore al 50 per cento delle risorse derivanti dall’articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

 Identico

  2. Il Ministero delle attività produttive provvede alla registrazione del marchio di cui all’articolo 1 presso l’apposito Ufficio di armonizzazione comunitaria ai fini della tutela internazionale del marchio in Stati terzi ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

 

3. Le imprese facenti parte di distretti industriali individuati ai sensi dell’articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, ovvero di quelli riconosciuti dalle regioni sulla base delle leggi emanate nell’ambito delle competenze di cui all’articolo 117 della Costituzione, possono altresì concertare azioni di promozione dei prodotti contrassegnati dal marchio di cui all’articolo 1 con le regioni, i comuni e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 

Art. 12.

(Ambito di applicazione)

Art. 12.

(Ambito di applicazione)

    1. Le norme di cui alla presente legge sono applicabili, in quanto compatibili, ai marchi aziendali e collettivi e alle denominazioni, indicazioni ed etichettature, di cui alle leggi nazionali o regionali vigenti, destinate alla informazione del consumatore e alla riconoscibilità dell’origine o della qualità dei prodotti.

1.  Identico.

 

 

 

  2. Le norme di cui alla presente legge non si applicano ai prodotti alimentari, per i quali resta in vigore la disciplina prevista dal decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204.


DISEGNO  DI  LEGGE N. 405

D’iniziativa del senatore Magnalbò

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio)

    1. È istituito il marchio Made in Italy al fine di identificare le calzature prodotte interamente sul territorio italiano.

    2. Le calzature si intendono prodotte sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

    3. La proprietà del marchio Made in Italy è dello Stato. La concessione dell’uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

    4. L’uso del marchio è concesso in rispetto alle procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministero delle attività produttive.

    5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in ottemperanza della normativa vigente.

 

Art. 2.

(Modalità di impiego del marchio)

    1. Il marchio di cui all’articolo 1 deve essere apposto solo sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

 

    2. L’apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alla sola impresa calzaturiera.

    3. È fatto divieto alle imprese di produzione di accessori e di componenti per calzature l’apposizione del marchio e riferimenti al marchio in parti o zone che risulteranno visibili sul prodotto finito.

 

Art. 3.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare calzature che si caratterizzino per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità debbono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla Commissione di cui all’articolo 4, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

        a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

    b) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell’esclusione dell’impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente.

    4. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria ed ispettiva della Commissione di cui all’articolo 4.

 

Art. 4.

(Commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine Made in Italy)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura la Commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine Made in Italy, di seguito denominata «Commissione».

    2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese calzaturiere, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire una unica commissione regionale.

    3. La Commissione provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all’articolo 3, presentata dall’impresa richiedente.

 

Art. 5.

(Funzioni della Commissione)

    1. La Commissione è composta da cinque membri di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative ed un dirigente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio.

    2. La Commissione opera in piena autonomia per il perseguimento dei propri fini istituzionali e nel rispetto di un proprio regolamento da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

    3. La Commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del presidente.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvede, entro trenta giorni, alla sostituzione.

 

 

Art. 6.

(Condizioni per la continuazione

nel diritto all’uso)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare, entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo  3.

    2. La Commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate circa una violazione, la Commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza del diritto all’uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione locale e nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la Commissione provvede a darne comunicazione all’autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la Commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla qualità e provenienza del prodotto.

 

Art. 7.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero dell’industria delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione del prodotto calzatura di origine italiana garantita, di seguito denominato «fondo».

    2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento è a disposizione della Commissione per la copertura dei propri costi operativi.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale dovrà essere effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla Commissione. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

 

 

 

Art. 8.

(Pubblicizzazione del marchio)

    1. Il Ministro delle attività produttive, d’intesa con le parti sociali, predispone programmi annuali di pubblicizzazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fini della tutela del consumatore.

    2. Le risorse necessarie all’attuazione dei programmi di cui al comma 1 del presente articolo sono messe a disposizione dal fondo e da speciali provvedimenti del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 9.

(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la Commissione segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui si faccia uso abusivo del marchio o si proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all’articolo 3 della presente legge sono puniti ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, come modificato dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 6, la Commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 10.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo di Madrid 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.

 

Art. 11.

(Normativa di incentivazione)

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo in materia di incentivazione del settore calzaturiero sulla base del principio dell’abbattimento degli oneri fiscali, lavorativi e previdenziali a favore delle imprese che producono in conformità alle disposizioni contenute nella presente legge.

 


DISEGNO  DI  LEGGE N. 1404

D’iniziativa della senatrice Stanisci

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio)

    1. È istituito il marchio «made in Italy» al fine di identificare i capi dei settori tessile e dell’abbigliamento, le cravatte e le calzature prodotti interamente sul territorio italiano.

    2. Ai fini della presente legge i capi dei settori tessile e dell’abbigliamento, le cravatte e le calzature si intendono prodotti sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

    3. La proprietà del marchio «made in Italy» è dello Stato. La concessione dell’uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

    4. L’uso del marchio è concesso nel rispetto delle procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministero delle attività produttive.

    5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche dei prodotti in ottemperanza alle vigenti leggi.

 

Art. 2.

(Modalità di impiego del marchio)

    1. Il marchio deve essere apposto solo sul prodotto finito in modo da renderne immediata la visibilità.

    2. L’apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alle sole imprese di uno dei settori di cui all’articolo 1, comma 1.

    3. È vietata alle imprese di produzione di accessori e di componenti l’apposizione del marchio e di riferimenti al marchio in parti o zone che risulteranno sul prodotto finito.

 

Art. 3.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti tessili e dell’abbigliamento, cravatte e calzature che si caratterizzano per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità devono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla Commissione di cui all’articolo 4, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l’impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

        a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

        b) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell’esclusione dell’impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente.

    4. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria ed ispettiva della Commissione di cui all’articolo 4.

 

Art. 4.

(Commissione)

    1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la Commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine «made in Italy», di seguito denominata: «Commissione».

    2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese dei settori tessile, dell’abbigliamento, delle cravatte e delle calzature, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire un’unica Commissione regionale.

    3. La Commissione provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all’articolo 3, presentata dall’impresa richiedente.

 

Art. 5.

(Composizione e organizzazione
della Commissione)

    1. La Commissione è composta da cinque membri, di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative e da un dirigente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

    2. La Commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto di regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro delle attività produttive.

    3. La Commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del Presidente.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del Presidente o di uno dei commissari, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura provvede, entro trenta giorni, alla sostituzione.

 

Art. 6.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso del marchio)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare, entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo 3.

    2. La Commissione può acquisire da qualsiasi fonte notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate relative ad una violazione, la Commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre un’ispezione nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente tale termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza del diritto all’uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione locale e nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la Commissione provvede a darne comunicazione all’Autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della titolarità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la Commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio possa indurre in errore il pubblico sulla qualità e sulla provenienza del prodotto.

 

Art. 7.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero delle attività produttive il Fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione «made in Italy», di seguito denominato: «Fondo».

    2. Il Fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento, a carico del Ministero delle attività produttive, è a disposizione della Commissione per la copertura dei propri costi operativi.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale deve essere effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla Commissione. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 8.

(Pubblicazione del marchio)

    1. Il Ministero delle attività produttive, sentite le parti sociali, predispone programmi annuali di pubblicazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fini della tutela del consumatore.

    2. Le risorse necessarie all’attuazione dei programmi di cui al comma 1, sono messe a disposizione dal Fondo e da speciali provvedimenti del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 9.

(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la Commissione segnala all’Autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui si faccia uso abusivo del marchio o si proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni di adesione di cui all’articolo 3 della presente legge sono puniti ai sensi del libro II, titolo VII, capo II, del codice penale, e del testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati, di cui al regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 6, la Commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 10

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo firmato a Madrid il 27 giugno 1989, concernente la registrazione internazionale dei marchi, ratificato ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

 


DISEGNO  DI  LEGGE N. 1595

D’iniziativa del senatore Guerzoni

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio «Made in Italy»)

    1. Al fine di riconoscere i capi dei settori del tessile e dell’abbigliamento ideati, progettati, lavorati e confezionati interamente in Italia, si istituisce il marchio «Made in Italy», di seguito denominato «marchio», di proprietà dello Stato.

    2. L’autorizzazione all’uso del marchio spetta al Ministero delle attività produttive che vi provvede con propri decreti secondo le procedure previste dalla presente legge. Con l’autorizzazione all’uso del marchio il Ministero certifica che il capo è conforme, per dati merceologici, alle norme vigenti.

    3. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio ai fini della sua tutela secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni.

 

Art. 2.

(Impiego del marchio)

    1. L’applicazione del marchio solo sui capi finiti e in posizione ben visibile è riservata esclusivamente alle imprese del tessile e dell’abbigliamento.

 

Art. 3.

(Condizioni per l’uso del marchio)

    1. Le imprese individuate dalla presente legge possono richiedere l’autorizzazione all’uso del marchio secondo quanto previsto all’articolo 1. La domanda è corredata da una attestazione di adesione che documenti, attraverso l’autocertificazione, che l’ideazione, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento dei capi avvengono in territorio nazionale, in conformità con le leggi in vigore in materia di tutela del lavoro, della salute e di salvaguardia dell’ambiente, oltre che delle norme in materia fiscale e contributiva e che non si ricorre al lavoro di minori.

 

Art. 4.

(Commissione provinciale di garanzia)

    1. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, presso ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è istituita una Commissione provinciale di garanzia della certificazione del marchio «Made in Italy», di seguito denominata «Commissione».

    2. La Commissione è composta di sette membri, di cui:

        a) quattro rappresentanti delle associazioni imprenditoriali dei settori del tessile e dell’abbigliamento;

        b) due dell’amministrazione provinciale;

        c) un dirigente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura con le funzioni di segretario.

    3. La Commissione adotta un proprio regolamento, esamina le richieste di autorizzazione all’uso del marchio presentate dalle imprese e procede alla concessione del marchio dopo la verifica della documentazione di cui all’articolo 3.

    4. La Commissione delibera a maggioranza assoluta. In caso di parità decide il voto del presidente. In caso di dimissioni o di altri impedimenti, i membri della commissione sono sostituiti entro trenta giorni.

 

Art. 5.

(Continuità nell’uso del marchio)

    1. Entro il 31 dicembre di ciascun anno l’impresa autorizzata all’uso del marchio è tenuta a rinnovare, pena la decadenza dall’utilizzo del marchio, l’autocertificazione prevista dall’articolo 3.

    2. La Commissione, sulla base di notizie comunque acquisite, relative ad eventualità di violazioni o del venir meno delle condizioni necessarie per l’autorizzazione all’uso del marchio, può disporre istruttorie ispezioni necessarie per le opportune verifiche.

    3. La Commissione nell’ipotesi di cui al comma 2 provvede ad ascoltare gli interessati e a fissare termini per la rimozione delle violazioni. Qualora l’impresa non provveda a rimuovere le cause delle violazioni o in presenza di ulteriori infrazioni, la Commissione decide il ritiro dell’autorizzazione all’uso del marchio, ne dà comunicazione al magistrato competente e provvede alla pubblicazione della relativa notizia negli organi di informazione.

    4. Il trasferimento dalla proprietà dell’impresa non comporta la sospensione all’uso del marchio salvo che, per fondati e documentati motivi, la Commissione deliberi diversamente.

    5. Le imprese private dell’uso del marchio dopo cinque anni possono farne nuovamente richiesta.

 

Art. 6.

(Finanziamenti del marchio)

    1. Presso il Ministero delle attività produttive è istituito un Fondo nazionale per finanziare la certificazione del marchio «Made in Italy», ivi compresa l’attività delle Commissioni di cui all’articolo 4. Al Fondo afferiscono risorse, per il 70 per cento, da parte delle imprese e, per il 30 per cento, dallo Stato.

    2. La quota a carico delle imprese, che non può superare lo 0,1 per cento del fatturato annuo, è versata nel corso dell’anno secondo le scadenze e le modalità stabilite da ciascuna Commissione. Il mancato regolare versamento comporta la decadenza del diritto all’uso del marchio.

 

Art. 7.

(Pubblicità del marchio)

    1. Ai fini della tutela dei consumatori ogni anno il Ministro delle attività produttive, sentite le associazioni di categoria più rappresentative del tessile e dell’abbigliamento, definisce ed attua programmi per la pubblicità del marchio.

    2. Ai finanziamenti necessari concorrono il Fondo nazionale di cui all’articolo 6 e, ove necessario, risorse provenienti dal bilancio del Ministero delle attività produttive.

 

Art. 8.

(Caratterizzazione del marchio)

    1. Le regioni possono richiedere di poter completare il marchio «Made in Italy» con diciture che attestino la provenienza territoriale o con altre indicazioni di identità con riferimento ai capi prodotti in particolari distretti industriali, sentite le associazioni delle imprese a livello territoriale.

 

Art. 9.

(Sanzioni)

    1. L’uso illegale del marchio e le false autocertificazioni di cui all’articolo 3 sono puniti ai sensi del libro II, titolo VII, capo II del codice penale e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Le pene accessorie sono irrogate in applicazione dell’articolo 518 del codice penale.

 


DISEGNO  DI  LEGGE N. 1646

D’iniziativa del senatore Bastianoni

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio)

    1. È istituito il marchio «Made in Italy» al fine di identificare i prodotti le cui fasi di ideazione, lavorazione e confezione siano avvenute interamente sul territorio italiano e con materiali di provenienza dal territorio nazionale.

    2. Il marchio è concesso con le procedure di cui agli articoli 2 e 3. Le modalità per la sua apposizione ed il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministro delle attività produttive.

    3. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentarne le caratteristiche merceologiche in ottemperanza alle vigenti leggi.

 

Art. 2.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti che si caratterizzino per la garanzia di provenienza e per la fattura di qualità italiana debbono fare richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla Commissione di cui all’articolo 3, unitamente ad un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione di cui al comma 2, l’impresa richiedente presenta la seguente autocertificazione:

        a) attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale;

        b) dichiarazione che i materiali essenziali alla creazione del prodotto provengono dal territorio nazionale;

        c) dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in materia di lavoro, in campo fiscale e contributivo e rispetto della normativa ambientale.

    4. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria ed ispettiva della Commissione di cui all’articolo 3.

 

Art. 3.

(Commissione)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso il Ministero delle attività produttive la Commissione di garanzia della certificazione d’origine «Made in Italy», di seguito denominata «Commissione».

    2. La Commissione è depositaria del marchio di cui all’articolo 1; essa provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio previa verifica della documentazione di cui all’articolo 2, presentata dall’impresa richiedente.

    3. La Commissione vigila sul rispetto delle condizioni dichiarate nel protocollo d’adesione di cui all’articolo 2.

    4. La Commissione promuove la diffusione e la pubblicizzazione del marchio sul mercato nazionale ed internazionale.

 

Art. 4.

(Funzionamento della Commissione)

    1. La Commissione è composta di sette membri nominati con decreto del Ministro delle attività produttive, di cui cinque in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative.

    2. La Commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto del regolamento di cui all’articolo 7, comma 2.

    3. Ai componenti della Commissione è attribuito un gettone di presenza stabilito dal regolamento di cui all’articolo 7, comma 2.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, il Ministro delle attività produttive provvede con decreto, entro trenta giorni, alla sostituzione.

    5. La Commissione si può avvalere della consulenza delle organizzazioni datoriali, dei lavoratori e dei consumatori per acquisire notizie utili all’istruttoria di attribuzione; può inoltre stipulare accordi con organizzazioni specializzate nel monitoraggio delle condizioni per la concessione del certificato d’origine e qualità.

 

Art. 5.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso del marchio)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo  2.

    2. La Commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate circa una violazione, la Commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la Commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la Commissione delibera la decadenza dal diritto all’uso del marchio e ne dà notizia sui giornali a diffusione nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la Commissione provvede a darne comunicazione all’autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la Commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla qualità e provenienza del prodotto.

 

Art. 6.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso la Commissione il Fondo di finanziamento del sistema di certificazione dei prodotti di origine italiana garantita, di seguito denominato «Fondo».

    2. Il Fondo è alimentato mediante il versamento annuo di una quota del ricavato delle vendite del prodotto sul mercato nazionale, al netto di oneri ed imposte, pari allo 0,5 per cento nel primo anno di utilizzo del marchio e allo 0,25 per cento negli anni successivi. Il versamento è effettuato entro il 30 giugno di ogni anno successivo al primo, secondo le modalità stabilite dalla Commissione.

    3. All’atto della richiesta di attribuzione del marchio le imprese versano, a titolo di deposito cauzionale, una somma deliberata dalla Commissione, e comunque non superiore a 12.911,42 euro.

    4. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della tassa di concessione governativa.

    5. La Commissione accede al Fondo per promuovere iniziative di pubblicizzazione del sistema di certificazione e dei prodotti che recano il marchio, nonchè iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle finalità del marchio stesso, in coordinamento con gli altri organismi pubblici di tutela dei marchi d’origine già esistenti e con altri organismi pubblici operanti in campo commerciale.

 

Art. 7.

(Organizzazione della Commissione)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si provvede ad attribuire alla Commissione le risorse umane e strumentali necessarie all’espletamento dei suoi fini istituzionali.

    2. Il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento della Commissione è emanato, ai sensi dell’articolo 17, comma  1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

    3. La Commissione si riunisce presso il Ministero delle attività produttive e delle sue riunioni è redatto processo verbale.

    4. I ricorsi avverso i provvedimenti della Commissione rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e la competenza in primo grado è attribuita in via inderogabile al tribunale amministrativo regionale del Lazio. L’Avvocatura dello Stato assume la rappresentanza della Commissione.

 

 

 

 

Art. 8.

(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la Commissione segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui chiunque faccia uso abusivo del marchio o proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all’articolo 2 della presente legge sono puniti ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale. La condanna comporta la revoca del marchio.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 5, la Commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

 

 

Art. 9.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministro delle attività produttive promuove la registrazione del marchio, come marchio comunitario, presso l’apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e successive modificazioni, e dagli articoli da 2 a 4 del protocollo di Madrid 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’Ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.

 


DISEGNO  DI  LEGGE N. 1736

D’iniziativa del senatore Curto

 

Art. 1.

(Istituzione di marchio)

    1. È istituito il marchio «Made in Italy» al fine di identificare i prodotti dei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero fabbricati interamente sul territorio italiano.

    2. I prodotti di cui al comma 1 si intendono fabbricati sul territorio italiano quando la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

    3. La proprietà del marchio «Made in Italy» è dello Stato. La concessione dell’uso è affidata al Ministero delle attività produttive.

    4. L’uso del marchio è concesso nel rispetto delle procedure di cui agli articoli 2 e 3; le modalità per la sua apposizione e il suo utilizzo sono definite con decreto del Ministero delle attività produttive.

    5. Il marchio è accompagnato dalla certificazione idonea a documentare le caratteristiche merceologiche in ottemperanza alle vigenti leggi.

 

 

 

Art. 2.

(Modalità di impiego del marchio)

    1. Il marchio è apposto solo sul prodotto finito e in modo da renderne immediata la visibilità.

    2. L’apposizione del marchio sul prodotto finito è riservata alla sola impresa manifatturiera.

    3. È vietata alle imprese di produzione di accessori e di componenti per i settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero l’apposizione del marchio o di riferimenti al marchio in parti o zone che risultano visibili sul prodotto finito.

 

Art. 3.

(Requisiti per la richiesta di attribuzione)

    1. Le imprese che intendono commercializzare prodotti che si caratterizzino per la garanzia di provenienza dalla filiera italiana garantita fanno richiesta di attribuzione del marchio di cui all’articolo 1.

    2. La richiesta di attribuzione del marchio è presentata dalle imprese interessate alla commissione di cui all’articolo 4, unitamente a un protocollo di adesione contenente la documentazione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo.

    3. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente presenta la seguente certificazione: attestazione che tutte le fasi di realizzazione del prodotto si sono svolte sul territorio nazionale; dichiarazione di ottemperanza alle norme vigenti in tema di tutela del lavoro, in campo fiscale e contributivo; attestazione dell’impiego di minori e del pieno rispetto della normativa per la salvaguardia dell’ambiente.

    4. Nel protocollo di adesione, l’impresa richiedente assume espressamente l’impegno di favorire l’attività istruttoria e ispettiva della commissione di cui all’articolo 4.

 

Art. 4.

(Commissione)

    1. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituita presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la commissione provinciale di garanzia della certificazione di origine «Made in Italy», di seguito denominata commisione.

    2. Nelle regioni a bassa concentrazione di imprese dei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura hanno facoltà di costituire un’unica commissione regionale.

    3. La commissione provvede all’esame delle richieste di attribuzione del marchio e procede al suo rilascio, previa verifica della documentazione di cui all’articolo 3, presentata dall’impresa richiedente.

 

Art. 5.

(Funzioni della commissione)

    1. La commissione è composta da cinque membri, di cui quattro in rappresentanza delle associazioni di categoria più rappresentative e da un rappresentante della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

    2. La commissione opera in piena autonomia, per il perseguimento dei propri fini istituzionali, nel rispetto un regolamento entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

    3. La commissione adotta le decisioni deliberando a maggioranza assoluta. In caso di parità, prevale il voto del presidente.

    4. In caso di dimissioni, impedimento, morte o decadenza del presidente o di uno dei commissari, la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 

 

Art. 6.

(Condizioni per la continuazione nel diritto all’uso)

    1. Le imprese che hanno ottenuto il marchio hanno l’obbligo di rinnovare entro il 31 dicembre di ogni anno, a pena di decadenza, l’autocertificazione di cui all’articolo  3.

    2. La commissione può acquisire, da qualsiasi fonte, notizie atte a verificare la sussistenza delle condizioni per l’attribuzione del marchio. Nel caso in cui pervengano notizie serie e circostanziate circa una violazione, la commissione può deliberare l’apertura di un’istruttoria e disporre ispezioni nei luoghi di lavorazione del prodotto qualificato dal marchio. Sentite le parti interessate, la commissione può fissare un termine per la rimozione delle violazioni; decorso inutilmente il predetto termine, o in presenza di ripetute infrazioni, la commissione delibera la decadenza del diritto all’uso del marchio e ne dà notizia tramite i giornali a diffusione locale e nazionale.

    3. Ove emergano fatti penalmente rilevanti, la commissione provvede a darne comunicazione all’autorità giudiziaria.

    4. Il trasferimento della totalità dell’impresa implica il trasferimento del marchio, fatta salva la possibilità per la commissione di rifiutare la registrazione del trasferimento, qualora risulti che il marchio sia tale da indurre in errore il pubblico sulla provenienza del prodotto.

 

Art. 7.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione del prodotto dei settori tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero di origine italiana garantita, di seguito denominato «fondo».

    2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento è a disposizione della commissione per la copertura dei propri costi operativi.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale è effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite dalla commissione. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

 

 

 

Art. 8.

(Pubblicazione del marchio)

    1. Il Ministro delle attività produttive, d’intesa con le parti sociali, predispone programmi annuali di pubblicazione del marchio sui mercati principali e di sensibilizzazione pubblica ai fin della tutela del consumatore.

    2. Le risorse necessarie all’attuazione dei programmi di cui al comma 1 messe a disposizione dal fondo nazionale di cui all’articolo 7, comma 1 e da speciali provvedimenti del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato e del Ministero del Commercio Estero.

 

Art. 9.

(Sanzioni)

    1. Qualora ne abbia notizia, la commissione segnala all’autorità giudiziaria, per le iniziative di sua competenza, i casi in cui chiunque faccia uso abusivo del marchio o proceda alla sua contraffazione.

    2. L’uso illecito del marchio e le false dichiarazioni nel protocollo di adesione di cui all’articolo 3 della presente legge, sono puniti ai sensi del libro secondo titolo settimo, capo secondo, del codice penale e del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale.

    3. Fermo restando il disposto dell’articolo 6, la commissione può deliberare, in via eccezionale e precauzionale e, previa audizione delle parti interessate, la revoca del marchio, in caso di documentate violazioni delle condizioni per l’attribuzione.

    4. Le imprese alle quali è stato revocato il diritto all’uso del marchio possono farne richiesta per prodotti diversi da quello per cui è stata disposta la decadenza, trascorsi due anni dal provvedimento.

 

Art. 10.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito Ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli 2, e 4 del protocollo relativo all’intesa di Madrid del 27 giugno1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’Ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n.  40/94 del Consiglio.


DISEGNO  DI  LEGGE N. 2698

D’iniziativa dei senatori Greco ed altri

 

Art. 1.

(Istituzione del marchio «Made in Italy»)

    1. È istituito il marchio «Made in Italy» al fine di identificare le calzature ed ogni altro prodotto di pelletteria, i tessuti e i capi di abbigliamento, i mobili imbottiti, interamente prodotti nel territorio italiano.

    2. Le merci di cui al comma 1 si intendono prodotte sul territorio italiano quando il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono realizzati interamente sul territorio nazionale.

 

Art. 2.

(Richiesta di attribuzione)

    1. L’utilizzazione del marchio «Made in Italy» è subordinata alla preventiva denuncia-richiesta alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura in cui ha sede l’impresa produttrice.

    2. La denuncia-richiesta di cui al comma 1 contiene la sommaria descrizione del bene prodotto, corredata da una sua riproduzione fotografica, nonché l’attestazione, resa nelle forme previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, del titolare o del legale rappresentante dell’impresa, che il prodotto è realizzato nel territorio italiano.

 

Art. 3.

(Denuncia del marchio)

    1. Con decreto del Ministro delle attività produttive, sono stabilite le modalità relative alla presentazione della denuncia di cui all’articolo 2, comma 1, nonché quelle dirette ad assicurarne la registrazione e la conservazione e a prevenirne il rischio di copia mediante utilizzo di procedure informatiche.

    2. Con il medesimo decreto di cui al comma 1 sono disciplinate le modalità per l’apposizione del marchio «Made in Italy».

 

Art. 4.

(Autofinanziamento del marchio)

    1. È istituito presso il Ministero delle attività produttive il fondo nazionale di finanziamento del sistema di certificazione dei prodotti, di cui all’articolo 1, comma 1, di origine italiana garantita, di seguito denominato «fondo».

    2. Il fondo è alimentato mediante il versamento del 75 per cento delle quote aziendali. Il restante 25 per cento è destinato alla copertura dei costi per le operazioni di cui all’articolo 3.

    3. La quota aziendale è calcolata in ragione dello 0,1 per mille del fatturato annuo.

    4. Il versamento della quota aziendale è effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, secondo le modalità stabilite nel decreto di cui all’articolo 3. Il diritto all’uso del marchio è subordinato al regolare versamento della quota aziendale.

 

Art. 5.

(Sanzioni)

    1. L’uso illecito del marchio e le false attestazioni di cui all’articolo 2 sono puniti ai sensi del libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale, e del testo delle disposizioni legislative in materia di marchi registrati, di cui al regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, e successive modificazioni. Per l’irrogazione delle pene accessorie, si applica l’articolo 518 del codice penale. È sempre ordinata la confisca e la distruzione delle produzioni contraffatte.

 

 

 

 

Art. 6.

(Registrazione del marchio comunitario)

    1. Il Ministero delle attività produttive promuove la registrazione del marchio comunitario, presso l’apposito ufficio di armonizzazione ai fini della tutela internazionale del marchio in Paesi terzi, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, e dagli articoli 2 e 4 del protocollo relativo alla intesa di Madrid concernente la registrazione internazionale dei marchi, firmato a Madrid il 27 giugno 1989, reso esecutivo ai sensi della legge 12 marzo 1996, n. 169.

    2. Contro le decisioni dell’ufficio di cui al comma 1 può essere proposto ricorso ai sensi del titolo VII del citato regolamento (CE) n. 40/94.

 

Art. 7.

(Delega al Governo per la normativa di incentivazione)

    1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo in materia di incentivazione dei settori calzaturiero e di pelletteria, del tessile, dell’abbigliamento, del mobile imbottito, sulla base del principio dell’abbattimento degli oneri fiscali, lavorativi e previdenziali a favore delle imprese che producono in conformità alle disposizioni contenute nella presente legge.

 

 


DISEGNO  DI  LEGGE N. 3278

D’iniziativa del senatore Magnalbò

 

Art. 1.

(Disposizioni in materia di etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature)

    1. In conformità alle disposizioni della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, le calzature destinate alla vendita al consumatore riportano un’etichetta recante informazioni sui materiali delle principali parti che le compongono: tomaia, rivestimento della tomaia, suola interna, suola esterna. L’etichetta contiene altresì le informazioni relative all’origine dei materiali stessi e alle relative lavorazioni.

    2. Per le calzature prodotte al di fuori dell’Unione europea, l’etichetta deve inoltre indicare la denominazione e il codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la certificazione sui dispositivi di protezione individuali (DPI), ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.

    3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 diventano obbligatorie a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Alle calzature fatturate e consegnate al venditore al dettaglio prima di questo termine non si applicano le disposizioni previste dal decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 11 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 26 aprile 1996, sino allo scadere del sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge.

    4. L’autorità di vigilanza dispone il ritiro dal mercato delle calzature non conformi alle disposizioni stabilite dal presente articolo. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni contenute nella presente legge è attribuita al Ministero delle attività produttive, che la esercita attraverso le Camere di commercio, avvalendosi eventualmente della collaborazione degli enti aventi specifiche competenze in materia, e sottoposte a vigilanza da parte del Ministero stesso, nonchè degli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria.

 

Art. 2.

(Modifiche al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, di attuazione della direttiva 96/74/CE relativa alle denominazioni del settore tessile)

    1. Al decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 194, sono apportate le seguenti modificazioni:

        a) all’articolo 8 il comma 1 è sostituito dal seguente:

    «1. I prodotti tessili devono essere etichettati o contrassegnati all’atto di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale o commerciale. L’etichetta o il contrassegno devono fornire informazioni: sulla composizione dei materiali; sull’origine dei suddetti materiali e delle relative lavorazioni; sulla denominazione e sul codice identificativo dell’organismo italiano autorizzato che ha rilasciato la certificazione sui dispositivi di protezione individuali (DPI) ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, solo per i prodotti extracomunitari. L’etichetta o il contrassegno possono essere sostituiti o completati da documenti commerciali d’accompagnamento, quando questi prodotti non sono offerti in vendita al consumatore finale o quando essi sono consegnati in esecuzione di un’ordinazione dello Stato o di altra persona giuridica di diritto pubblico.»;

        b) all’articolo 15 sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) il comma 2 è sostituito dal seguente:

    «2. La violazione dell’obbligo di conservazione dei documenti di cui all’articolo 8, comma 8, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 8000.»;

    2) il comma 4 è sostituito dal seguente:

    «4. La vigilanza sull’osservanza delle disposizioni contenute nel presente decreto è attribuita al Ministero delle attività produttive, che la esercita attraverso le Camere di commercio, avvalendosi eventualmente della collaborazione degli enti aventi specifiche competenze in materia, e sottoposti a vigilanza da parte del Ministero stesso, nonchè degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria».

    2. Le disposizioni di cui al comma 1 sono obbligatorie a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Per i prodotti tessili fatturati e consegnati al venditore al dettaglio prima del termine di cui al primo periodo, le medesime disposizioni si applicano a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. L’autorità di vigilanza dispone il ritiro immediato dei prodotti tessili non conformi alle disposizioni di cui al presente articolo.

 


PETIZIONI (Nn. 735 e 1023)

 

Presentate dal signor Salvatore Acanfora

 

    Il signor Salvatore Acanfora, di Bari, chiede l’istituzione del marchio «Made in Italy» e nuove norme in materia di etichettatura di tutte le calzature e di tutti i prodotti tessili.