Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato - AC 1171 ed abb.
Riferimenti:
AC n. 1171/XV   AC n. 1386/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 159
Data: 09/05/2007
Descrittori:
VOLONTARIATO     
Organi della Camera: XII-Affari sociali
Altri riferimenti:
L n. 266 del 11-AGO-91     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato

AC 1171 ed abb.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 159

 

 

9 maggio 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Affari sociali

Hanno collaborato alla stesura del presente dossier i seguenti dipartimenti: istituzioni, giustizia, affari esteri, finanze, cultura, ambiente, lavoro e regioni

SIWEB

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

File: AS0093.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  5

§      Contenuto  5

§      Relazioni allegate  6

Elementi per l’istruttoria legislativa  7

§      Necessità dell’intervento con legge  7

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  7

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  11

§      Impatto sui destinatari delle norme  13

§      Formulazione del testo  14

Schede di lettura

§      Quadro normativo  17

§      1. La legge 11 agosto 1991, n. 266, Legge-quadro sul volontariato  17

§      2. La disciplina delle cooperative sociali19

§      3. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)21

3.1 Il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale  21

3.2 L’ Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale  23

§      4. L’impresa sociale  24

§      5. Le Fondazioni bancarie  27

§      6. Le associazioni di promozione sociale.28

§      7. Gli istituti di patronato e di assistenza sociale.30

§      8. Il volontariato di protezione civile  32

§      9. Il Servizio civile nazionale  32

§      10. La legge 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali34

§      11. Le Organizzazioni non governative nel quadro della cooperazione internazionale allo sviluppo.38

§      12. La comunicazione istituzionale e i messaggi di utilità sociale  40

§      13. Il 5 per mille  41

§      14. Le agevolazioni fiscali per le società cooperative  43

§      15. La disciplina regionale del volontariato  45

15.1. Le modifiche più recenti45

15.2. Cenni sulla giurisprudenza costituzionale relativa al riparto di competenze legislative tra Stato e regioni46

§      Il contenuto delle proposte di legge  47

Progetti di legge

§      A.C. 1171, (on. Bertolini ed altri), Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato  77

§      A.C. 1386, (on. Lucà ed altri), Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato  91

Normativa nazionale

§      Cost. 27 dicembre 1947. Costituzione della Repubblica italiana (Artt. 2, 3, 117, 118)113

§      L. 14 aprile 1975, n. 103. Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva. (Art. 6)117

§      D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi. (Art. 148)119

§      L. 26 febbraio 1987, n. 49. Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo.124

§      L. 30 luglio 1990, n. 218. Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico.157

§      L. 11 agosto 1991, n. 266. Legge-quadro sul volontariato.167

§      L. 8 novembre 1991, n. 381. Disciplina delle cooperative sociali.177

§      L. 24 febbraio 1992, n. 225. Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.183

§      D.M. 25 maggio 1995. Criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato.200

§      D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 564. Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della L. 8 agosto 1995, n. 335 , in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione.203

§      D.M. 8 ottobre 1997. Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni.206

§      D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460. Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.213

§      L. 8 luglio 1998, n. 230. Nuove norme in materia di obiezione di coscienza. (Art. 10)230

§      D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153. Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356 (2), e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 dicembre 1998, n. 461.232

§      L. 7 giugno 2000, n. 150. Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni. (Artt. 3 e 10)262

§      D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (Art. 244)264

§      D.P.C.M. 26 settembre 2000. Istituzione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).266

§      L. 8 novembre 2000, n. 328. Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.268

§      L. 7 dicembre 2000, n. 383. Disciplina delle associazioni di promozione sociale.299

§      L. 6 marzo 2001, n. 64. Istituzione del servizio civile nazionale.316

§      L. 30 marzo 2001, n. 152. Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale.326

§      D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77. Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64.341

§      D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Testo unico della radiotelevisione. (Art. 45)354

§      D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155. Disciplina dell'impresa sociale, a norma della L. 13 giugno 2005, n. 118.358

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007). (co. 1234-1237)369

Giurisprudenza

§      Corte cost. 28 febbraio 1992, n. 75  373

§      Corte cost. 15 luglio 1992, n. 335  382

§      Corte cost. 31 dicembre 1993, n. 500  386

§      Corte cost. 29 settembre 2003, n. 301  395

§      Corte cost. 2 dicembre 2005, n. 431  419

Documentazione allegata

§      Sintesi del Rapporto Biennale sul Volontariato in Italia - 2005  443

§      La normativa delle regioni e delle province autonome – elenco delle norme:

Abruzzo L. R. n. 37 del 12 agosto 1993 (modificata dall'art. 169 L.R. n. 15/2004), Legge 11 agosto 1991, n. 266. Legge quadro sul volontariato.

Basilicata L.R. 12-1-2000 n. 1 - Nuove norme per la promozione del volontariato.

Calabria L. R. n. 18 del 19 aprile 1995 (modificata dalla l.r. 10/96) - Norme per il riconoscimento e la promozione delle organizzazioni di volontariato.

Campania L. R. n. 9 del 8 febbraio 1993 (modificata ed integrata dalla l.r. 18/96) - Norme per la valorizzazione del volontariato e regolamentazione dei rapporti con la regione e gli enti locali.

Emilia-Romagna L.R. 21 febbraio 2005, n. 12 - Norme per la valorizzazione delle organizzazioni di volontariato. Abrogazione della L.R. 2 settembre 1996, n. 37 (Nuove norme regionali di attuazione della legge 11 agosto 1991, n. 266 - legge-quadro sul volontariato. Abrogazione della L.R. 31 maggio 1993, n. 26).  Delib.G.R. 13 febbraio 2006, n. 140 Determinazione delle caratteristiche delle organizzazioni di volontariato a rilevanza regionale iscrivibili nel registro regionale di cui all'art. 2, comma 1, della L.R. n. 12/2005.

Friuli-Venezia Giulia L. R. n. 12 del 20 febbraio 1995 (modificata da ultimo con L.R. n. 1/2004, art. 3, comma 50) - Disciplina dei rapporti tra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato.

Lazio L. R. n. 29 del 28 giugno 1993 (modificata da ultimo dalla L.R. n. 2/2004) - Disciplina dell'attività di volontariato nella regione Lazio Reg. 10-3-1998 n. 2 - Regolamento regionale ai sensi dell'articolo 12 della L.R. 29 giugno 1993, n. 29.

Liguria L.R. n. 15 del 28 maggio 1992 (modificata dalla L.R. n. 7/96 e L.R. n. 23/2000) - Disciplina del volontariato.

Lombardia L.R. n. 22 del 24 luglio 1993 (modificata da ultimo dalla L.R. n. 15/2002 e  n. 3/2003) - Legge regionale sul volontariato.

Marche L.R. n. 48 del 13 aprile 1995 (modificata da ultimo dalla L.r. n. 11/2001) - Disciplina del volontariato.

Molise L.R. n. 3 del 27 gennaio 1995 (modificata dalla l.r. 5/97) - Disposizioni in materia di volontariato in applicazione della legge 11 agosto 1991, n. 266.

Pemonte L. R. n.38 del 29 agosto 1994 (modificata dall’art. 62 della L.R. 1/2004) - Valorizzazione e promozione del volontariato.

Puglia L.R. n.11 del 16 marzo 1994 - Norme di attuazione della legge-quadro sul volontariato.

Sardegna L. R. n. 39 del 13 settembre 1993 (modificata dall’art. 49 della L.R. 23/2005). Disciplina dell'attività di volontariato e modifiche alle leggi regionali 25 gennaio 1988, n. 4 , e 17 gennaio 1989, n. 3.

Sicilia L.R. n.22 del 7 giugno 1994 - Norme sulla valorizzazione dell'attività di volontariato.  Dec.Ass. 22-5-1997 - Modalità e termini per la presentazione delle istanze di iscrizione nel registro generale regionale delle organizzazioni di volontariato e delle richieste di concessione del contributo alle spese di assicurazione dei volontari.

Toscana L. R. n. 28 del 26 aprile 1993 (modificata da ultimo dalla L.R. n. 29/1996 e n. 11/2002) - Norme relative ai rapporti delle organizzazioni di volontariato con la regione, gli enti locali e gli altri enti pubblici. Istituzione del registro regionale delle organizzazioni di volontariato.

Umbria L.R. n.15 del 25 maggio 1994 - Disciplina del volontariato.

Valle d'Aosta L.R. 22-7-2005 n. 16 - Disciplina del volontariato e dell'associazionismo di promozione sociale. Modificazioni alla legge regionale 21 aprile 1994, n. 12 (Contributi a favore di associazioni ed enti di tutela dei cittadini invalidi, mutilati e handicappati operanti in Valle d'Aosta), e abrogazione della legge regionale 6 dicembre 1993, n. 83, e della legge regionale 9 febbraio 1996, n. 5.

Veneto L.R. n. 40 del 30 agosto 1993 (modificata da ultimo dalla L.R. n. 41/2003) - Norme per il riconoscimento e la promozione delle organizzazioni di volontariato.

Provincia autonoma di Bolzano L.P. 1-7-1993 n. 11 (modificata da ultimo dall’art. 28 della L.P. 12/2003) - Disciplina del volontariato e della promozione sociale.

Provincia autonoma di Trento L. P. n. 8 del 13 febbraio 1992 (modificata da ultimo dall’art. 89 della L.P.  1/2002) - Valorizzazione e riconoscimento del volontariato sociale.

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1171

Titolo

Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Volontariato

Iter al Senato

no

Numero di articoli

17

Date

 

v    presentazione o trasmissione alla Camera

22 giugno 2006

v    annuncio

27 giugno 2006

v    assegnazione

19 settembre 2006

Commissione competente

XII Affari sociali

Sede

Referente

Pareri previsti

I, II, V, VI ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) , VII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

 

 

 

 


Numero del progetto di legge

1386

Titolo

Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Volontariato, associazioni

Iter al Senato

no

Numero di articoli

18

Date

 

v    presentazione o trasmissione alla Camera

14 luglio 2006

v    annuncio

17 luglio 2006

v    assegnazione

12 dicembre 2006

Commissione competente

XII Affari sociali

Sede

Referente

Pareri previsti

I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) , VII, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Struttura e oggetto

Contenuto

Le proposte di legge d’iniziativa parlamentare A.C. 1171 (Bertolini e altri) e A.C. 1386 (Lucà e altri) sono dirette ad apportare modifiche ed integrazioni alla legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge-quadro sul volontariato).

In particolare, entrambi i progetti di legge, nel confermare il valore sociale del volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, introducono disposizioni finalizzate a riconoscere, sostenere e promuovere le attività e le finalità del volontariato, nel rispetto dei principi di personalità, spontaneità e gratuità delle prestazioni e dell’assenza di fini di lucro (artt. 2 e 3 dell’A.C. 1171; 1 e 2 dell’A.C. 1386).

I suddetti progetti di legge estendono la definizione di volontariato anche al coordinamento e alla federazione delle organizzazioni di volontariato, individuando altresì gli elementi essenziali che devono essere riportati nell’atto costitutivo e nello statuto (art. 4 dell’A.C. 1171 e art. 3 dell’A.C.1386).

Risultano innovate anche le disposizioni della legge quadro relative ai canali di finanziamento delle organizzazioni che operano nel settore (art. 6 dell’A.C. 1171 e art. 4 dell’A.C.1386), nonché le norme della stessa legge che disciplinano le convenzioni stipulate con gli enti pubblici.

Una rilevante novità attiene all’istituzione presso il Ministero della solidarietà sociale di un registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale  (art. 7 dell’A.C.1171 e art. 5 della A.C. 1386), che si affianca ai registri regionali e provinciali già previsti dalla legislazione vigente. Entrambi i progetti di legge prevedono, inoltre, disposizioni di ordine fiscale, finalizzate ad incentivare l’attività delle organizzazioni di volontariato (artt. 9 e 10 dell’A.C. 1171; art. 8 e 9 dell’A.C. 1386) e peculiari benefici sul piano lavorativo (qualiforme di flessibilità dell'orario e dell’organizzazione del lavoro) per gli aderenti alle citate organizzazioni (art. 17 dell’A.C. 1171; art. 10 dell’A.C. 1386).

I progetti di legge dettano, poi, specifiche disposizioni sulla disciplina della comunicazione sociale radiotelevisiva (art. 9 dell’A.C. 1171; 13 dell’A.C. 1386).

Entrambe le proposte di legge innovano la composizione, il funzionamento e le attribuzioni dell'Osservatorio nazionale per il volontariato(art. 11 dell’A.C. 1171; art. 14 dell’A.C. 1386). A sostegno delle iniziative del suddetto Osservatorio, l’A.C. 1386 (art. 15) istituisce, presso il Ministero della solidarietà sociale, uno specifico Fondo. Un Fondo perequativo nazionale è costituito, altresì, dall’A.C. 1171 (art. 15), ad integrazione di fondi speciali istituiti in ambito regionale.

Entrambe le proposte di legge dettano, infine, nuove norme in ordine ai Centri di servizio del volontariato, cui spetta il compito di sostenere e promuovere l’attività delle organizzazioni di volontariato (art. 15 dell’A.C. 1171; art. 18 dell’A.C. 1386).

Relazioni allegate

Si tratta di progetti di legge di iniziativa parlamentare, corredati pertanto dalla sola relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Entrambi i progetti di legge (A.C.1171 e A.C. 1386) sono diretti ad apportare modifiche ed integrazioni alla citata legge n. 266 del 1991 (legge quadro sul volontariato); si giustifica pertanto l’intervento con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le proposte di legge in esame sono dirette a modificare ed integrare diversi aspetti della disciplina del volontariato dettata dalla legge 11 agosto 1991, n. 266.

In primo luogo, poiché i citati progetti di legge intervengono sui profili civilistici del volontariato, la base giuridica degli stessi appare riconducibile alla materia dell’”ordinamento civile”, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, materia riservata alla legislazione esclusiva dello Stato[1].

Diverse disposizioni, inoltre, sono destinate a regolamentare aspetti tributari e di carattere fiscale: tali previsioni rientrano nell’ambito di cui alla lettera e) del secondo comma del citato articolo 117 della Costituzione (“sistema tributario e contabile dello Stato”), anch’esso soggetto, in via esclusiva, alla potestà legislativa statale[2].

Entrambi i progetti di legge contengono, poi, norme che investono l’esercizio di funzioni amministrative a livello nazionale (istituzione presso il Ministero della solidarietà sociale di un registro delle organizzazioni di volontariato; disciplina dell’Osservatorio nazionale per il volontariato); tali profili sembrano rientrare nell’ambito della legislazione esclusiva dello Stato definito dalla lettera g) del secondo comma dello stesso articolo 117 (“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici”).

L’art. 10 della proposta di legge A.C. 1386 contiene, inoltre, disposizioni di natura previdenziale, che sono riconducibili al settore della “previdenza sociale” di cui alla lettera o) del secondo comma del predetto articolo 117 e, quindi, alla legislazione esclusiva dello Stato.

Le disposizioni dell’’A.C. 1386, concernenti l’accesso alla comunicazione sociale radiotelevisiva da parte delle organizzazioni di volontariato, possono essere infine ricondotte alla materia dell’”ordinamento della comunicazione”, oggetto di legislazione concorrente ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Sempre all’ambito della legislazione concorrente (articolo 117, terzo comma, “casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale”), potrebbero essere ricondotte le disposizioni del progetto di legge 1171 (art. 14), che riformulano alcune previsioni della legge quadro concernenti la destinazione, a sostegno del volontariato, di specifiche risorse delle fondazioni di origine bancaria e delle casse di risparmio.

Per quanto concerne gli indirizzi della giurisprudenza costituzionale si rinvia alle schede di lettura.

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Programma “Gioventù in azione”

Con la decisione n. 1719 del 15 novembre 2006 è stato istituito il programma Gioventù in azione” dell’Unione europea per il periodo 2007-2013.

Gli obiettivi generali del programma sono i seguenti:

-          promuovere la cittadinanza attiva dei giovani, in generale, e la loro cittadinanza europea in particolare;

-          sviluppare la solidarietà e promuovere la tolleranza fra i giovani, in particolare per rafforzare la coesione sociale dell’UE;

-          favorire la comprensione reciproca tra i giovani di paesi diversi;

-          contribuire allo sviluppo della qualità dei sistemi in sostegno alle attività dei giovani ed allo sviluppo della capacità delle organizzazioni della società civile nel settore della gioventù;

-          favorire la cooperazione europea nel settore della gioventù.

 

Tra le azioni[3]attraverso le quali sono attuati gli obiettivi generali e specifici del programma è previsto il servizio volontario europeo; esso è volto a sviluppare la solidarietà dei giovani, a promuoverne la cittadinanza attiva ed a favorire la comprensione reciproca tra i giovani.

Secondo quanto previsto dal programma, il giovane volontario partecipa, in un paese diverso da quello dove risiede, ad un’attività non lucrativa e non remunerata a beneficio della collettività. Il servizio dura almeno due mesi, fino ad un massimo di dodici. In casi debitamente giustificati, in particolare per favorire la partecipazione dei giovani con minori opportunità, possono essere concessi periodi più brevi e previsti progetti di volontariato cui sono ammessi gruppi di giovani. Possono essere sostenuti anche progetti di volontariato che consentano a gruppi di giovani di partecipare collettivamente ad attività di portata locale, regionale, nazionale, europea o internazionale in vari settori, tra cui, ad esempio, la cultura, lo sport, la protezione civile, l’ambiente e l’aiuto allo sviluppo. La misura si applica ai giovani tra i 18 e i 30 anni, ma è prevista anche la possibilità a partire dai 16 anni.

Il programma prevede il finanziamento, per intero o parzialmente, dell’indennità del volontario, della sua assicurazione, delle sue spese di sussistenza e di viaggio nonché, se del caso, un aiuto supplementare per i giovani con minori opportunità.

Il programma prevede che gli Stati membri e la Commissione assicurino il rispetto di standard qualitativi: il volontariato implica una dimensione di istruzione non formale, che si concretizza attraverso attività pedagogiche miranti a preparare i giovani sul piano personale, interculturale e tecnico, ed attraverso un costante sostegno personale. Un’importanza particolare è attribuita alla partnership tra i diversi soggetti coinvolti nel progetto ed alla prevenzione dei rischi.

Il programma “Gioventù in azione” 2007-2013 è dotato di un bilancio complessivo pari a 885 milioni di euro.

La Commissione garantisce un monitoraggio regolare del programma rispetto agli obiettivi stabiliti e presenterà una relazione intermedia di valutazione riguardo ai risultati ottenuti e agli aspetti qualitativi e quantitativi dell’attuazione del programma entro il 31 marzo 2011. Entro il 31 dicembre 2011 presenterà una comunicazione sulla continuazione del programma e, entro il 31 marzo 2016, una relazione di valutazione ex post.

Parere del Comitato economico e sociale europeo

Il 13 dicembre 2006 il Comitato economico e sociale dell’UE ha adottato, su richiesta della Commissione europea, un parere sul tema “Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto”. Il parere invita la Commissione a proclamare un Anno del volontariato e a pubblicare al più presto un Libro bianco sulle attività di volontariato e la cittadinanza attiva in Europa. In un siffatto contesto, secondo il Comitato, l’UE potrà fornire un quadro di riferimento e promuovere lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri.

Secondo il documento, tutti gli Stati membri dovrebbero definire un quadro giuridico che preveda il diritto a dedicarsi alle attività di volontariato indipendentemente dal proprio status giuridico o sociale, e i governi degli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a definire una propria politica nazionale in materia di attività di volontariato e strategie volte a promuoverlo. A riconoscere l’importanza delle attività di volontariato dovrebbero essere non solo i governi, ma anche gli altri soggetti coinvolti – parlamenti, organi regionali e locali, organizzazioni della società civile. Il Comitato economico e sociale raccomanda che tutti gli Stati membri e la stessa UE definiscano una politica sulle attività di volontariato.

Patto europeo per la gioventù

Il Consiglio europeo della primavera del 2005 ha adottato il Patto europeo per la gioventù, con il quale incoraggia i giovani a fare del volontariato. Il Patto mira a migliorare l’istruzione, la formazione, la mobilità, l’inserimento professionale e l’inclusione sociale dei giovani europei, facilitando nel contempo la conciliazione tra attività professionale e vita familiare. In tale contesto il Consiglio europeo ha invitato l’Unione e gli Stati membri a incoraggiare la mobilità dei giovani rimuovendo gli ostacoli per i tirocinanti, i volontari e i lavoratori, nonché le loro famiglie.

 

Al fine di dare attuazione al Patto, la Commissione europea ha adottato, il 30 maggio 2005, la comunicazione “Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in Europa – attuare il patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva”, del 30 maggio 2005 (COM(2005)206). La comunicazione ha ribadito, tra le altre cose, la validità dell’obiettivo politico di rafforzare il volontariato giovanile nell’UE come mezzo per la partecipazione e lo sviluppo personale dei giovani. Ha inoltre sottolineato l’importanza del contributo che i volontari danno alla società, come è avvenuto in occasione di calamità naturali e di esigenze di risistemazione a lungo termine delle aree colpite.

 

Cittadinanza attiva

Con la decisione n. 1904 del 12 dicembre 2006, è stato istituito il programma Europa per i cittadini” 2007-2013, mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva.

Il programma intende contribuire al conseguimento dei seguenti obiettivi generali:

-          dare ai cittadini la possibilità di interagire e partecipare alla costruzione di un’Europa sempre più vicina, democratica e proiettata verso il mondo, unita nella sua diversità culturale  e da questa arricchita, sviluppando così la cittadinanza dell’Unione europea;

-          sviluppare un sentimento d’identità europea, fondata su valori, storia e cultura comuni;

-          promuovere un sentimento di appartenenza all’Unione europea da parte dei suoi cittadini;

-          migliorare la tolleranza e la comprensione reciproca dei cittadini europei rispettando e promuovendo la diversità culturale e linguistica, contribuendo nel contempo al dialogo interculturale.

 

La decisione prevede il sostegno ad alcune azioni per il perseguimento degli obiettivi del programma, tra le quali “Una società civile attiva in Europa”, comprendente: sostegno strutturale ai centri di ricerca sulle politiche europee, alle organizzazioni della società civile a livello europeo, a progetti promossi da organizzazioni della società civile.

 

Ai sensi dell’articolo 6 della decisione, il programma è accessibile a tutti i soggetti che promuovono la cittadinanza europea attiva, in particolare alle autorità e organizzazioni locali, ai centri di ricerca sulle politiche europee, ai gruppi di cittadini e ad altre organizzazioni della società civile, tra le quali le organizzazioni attive nel settore del volontariato.

 

Il bilancio del programma ammonta complessivamente a 215 milioni di euro per il periodo 2007-2013.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Alcune disposizioni richiamano profili di competenza delle regioni e degli enti locali.

Più nel dettaglio, l’articolo 15 della proposta di legge A.C. 1171 prevede che presso ogni ambito regionale è istituito un fondo speciale per le attività dei centri di servizio e dei comitati di gestione e che alla regione interessata spetta, tra l’altro, la designazione di un membro in ciascun comitato di gestione. Lo stesso articolo 15, nell’introdurre il nuovo articolo 15-ter nel testo della legge n. 266 del 1991, prevede che le organizzazioni di volontariato possono richiedere al comitato di gestione la costituzione di centri di servizio, anche tramite istanza congiunta con gli enti locali.

La proposta di legge A.C. 1386 demanda, invece, alle regioni e alle province autonome l’istituzione e la tenuta dei registri regionali e provinciali delle organizzazioni di volontariato non a carattere nazionale (art. 6). L’articolo 8 della stessa proposta di legge prevede, inoltre, la facoltà degli enti locali di ridurre i tributi di propria competenza nei confronti delle organizzazioni di volontariato, mentre l’articolo 11 stabilisce che le leggi regionali concorrono alla promozione e allo sviluppo del volontariato, salvaguardandone l’autonomia e disciplinando le forme di partecipazione alla programmazione e realizzazione degli interventi nei settori di rispettiva competenza.

Attribuzione di poteri normativi

Le proposte di legge in esame contengono numerose disposizioni che attribuiscono poteri normativi finalizzati a dare attuazione alle nuova disciplina del volontariato.

In particolare, l’A.C. 1386 (commi 1 e 2) prevede che il Ministro della solidarietà sociale disciplina con regolamento, da adottarsi entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge, le procedure di iscrizione, cancellazione e revisione periodica del registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale (art. 5). Lo stesso progetto di legge prevede, inoltre, un decreto del Ministro della solidarietà sociale finalizzato all’istituzione dell’Osservatorio nazionale per il volontariato (art. 14) ed estende l’oggetto del decreto ministeriale di cui all’art. 15, comma 3, della citata legge n. 266 del 1991 alla definizione delle modalità di attuazione del fondo di perequazione nazionale (art. 18).

Analogamente, anche l’A.C. 1171 rinvia a diversi decreti ministeriali di attuazione:

§         il decreto del Ministro della solidarietà sociale (adottato dopo aver sentito l’Osservatorio nazionale per il volontariato), per la deroga ai criteri concernenti l’affidamento delle cariche sociali e collegiali (art. 4);

§         il decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, che disciplina i meccanismi assicurativi semplificati per gli aderenti alle organizzazioni di volontariato (art. 5);

§          (art. 7) il decreto del Ministro della solidarietà sociale, sentito il predetto Osservatorio, volto alla disciplina del registro delle organizzazioni di volontariato di carattere nazionale;

§         il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, adottato di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, che fissa i criteri relativi alla nozione di marginalità dei proventi, ai fini dell’esenzione dall’imposta sul reddito (art. 9);

§         il decreto del Ministro della solidarietà sociale, adottato dopo aver sentito l’Osservatorio e l’Associazione delle casse di risparmio, finalizzato alla ripartizione annuale delle risorse del Fondo perequativo nazionale (art. 14);

§         il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge per la definizione delle modalità di attuazione delle norme di cui agli articoli 15, 15-bis e 15-ter della legge n. 266 del 1991 (art. 15).

Coordinamento con la normativa vigente

Si segnala che il nuovo comma 2 dell’articolo 15 della legge n. 266 del 1991, riformulato dall’articolo 14 del progetto di legge 1171, fa riferimento agli “enti di cui al comma 1”: poiché il citato comma 1 identifica tali enti richiamando, a sua volta, delle norme abrogate, potrebbe risultare utile una precisazione in merito agli enti cui la norma intende riferirsi, al fine di chiarire la portata della disposizione e di assicurarne un miglior coordinamento con la normativa vigente.

Impatto sui destinatari delle norme

I progetti di legge A.C. 1171 e A.C. 1386 sono diretti a modificare ed integrare la legge quadro sul volontariato: conseguentemente, essi sono destinati ad esplicare effetti, innanzi tutto, sulle organizzazioni di volontariato e i singoli aderenti, nonché sugli organismi di coordinamento e le strutture federative.

I suddetti progetti di legge contengono, inoltre, disposizioni che impattano sull’organizzazione e l’attività della pubblica amministrazione sia a livello centrale (ad esempio, le nuove competenze del Ministro della solidarietà sociale relative al Registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale ovvero la nuova disciplina dell’Osservatorio nazionale sul volontariato) sia a livello locale (ad esempio, le disposizioni concernenti i Centri di servizio del volontariato istituiti in ambito regionale ovvero le previsioni di cui all’art. 8 dell’A.C. 1386 relative ai poteri impositivi degli enti locali).

In considerazione delle finalità sociali, civili e culturali del volontariato, le disposizioni contenute nei progetti di legge in esame appaiono investire, sia pure indirettamente, i potenziali destinatari delle attività svolte dalle organizzazioni di volontariato.

Formulazione del testo

Si segnala che con riferimento al primo periodo del comma 1 del nuovo articolo 12 della legge n. 266 del 1991, sostituito dal comma 1 dell’articolo 11 del progetto di legge 1171, potrebbe risultare utile una riformulazione ai fini di una migliore comprensione della composizione dell’Osservatorio per il volontariato.

 

 


Schede di lettura


Quadro normativo

1. La legge 11 agosto 1991, n. 266, Legge-quadro sul volontariato

La legge-quadro sul volontariato è finalizzata a stabilire norme di garanzia, uniformi su tutto il territorio, per le organizzazioni di volontariato, per le istituzioni pubbliche che entrino in rapporto con esse, e per gli utenti. La legge è volta altresì alla regolamentazione dell’attività delle autorità regionali e locali in relazione al fenomeno del volontariato.

L’articolo 1, nel riconoscere il valore sociale del volontariato e la funzione dello stesso come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato. Lo stesso articolo precisa, inoltre, che la legge stabilisce i principi ed i criteri generali cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato.

L’attività di volontariato (articolo 2) è prestata in maniera personale, spontanea e gratuita, e senza fini di lucro, quindi esclusivamente per fini di solidarietà; al singolo volontario, di conseguenza, possono essere solo rimborsate le spese sostenute nella sua attività, entro limiti stabiliti dalla sua associazione. L’organizzazione di volontariato, definita (articolo 3) come un organismo liberamente costituito per svolgere le attività di volontariato, svolge la sua attività avvalendosi in modo prevalente di prestazioni volontarie e gratuite dei suoi membri. Gli aderenti all’organizzazione devono essere assicurati contro gli infortuni e per la responsabilità civile verso terzi: all’articolo 4 sono garantiti meccanismi assicurativi semplificati a favore di coloro che aderiscono alle associazioni di volontariato[4].

L’articolo 5 detta norme in merito ai canali di finanziamento delle organizzazioni di volontariato, individuando nel dettaglio le risorse economiche di cui esse possono avvalersi.

Alle regioni è demandata l’istituzione e la tenuta dei registri generali delle associazioni di volontariato (articolo 6). L’iscrizione all’albo è condizione necessaria per accedere ai benefici pubblici, alla stipula di convenzioni, alla concessione delle agevolazioni fiscali[5]. I registri provinciali e regionali devono essere inviati ogni anno all’Osservatorio nazionale per il volontariato (vedi infra, l’articolo 12).

L’articolo 7 stabilisce che lo Stato, le regioni e le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possano stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui sopra e che dimostrino “attitudine e capacità operativa”; gli articoli 8 e 9 dettano norme finalizzate alle agevolazioni fiscali per le organizzazioni di volontariato.

Le regioni, nella propria attività legislativa, devono comunque salvaguardare l’autonomia di organizzazione e di iniziativa del volontariato, nonché garantirne lo sviluppo (articolo 10).

Di particolare rilievo è l’Osservatorio nazionale per il volontariato di cui all’articolo 12, attualmente incardinato presso il Ministero della solidarietà sociale[6], che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dalla Direzione generale per il volontariato, l'associazionismo e le formazioni sociali, ed è presieduto dallo stesso Ministro della solidarietà sociale. Tale osservatorio, composto da dieci rappresentanti delle organizzazioni di volontariato, da due esperti e da tre membri delle organizzazioni sindacali più rappresentative[7], svolge, in particolare, i seguenti compiti:

·         censire le organizzazioni esistenti sul territorio;

·         diffondere la conoscenza delle attività da esse svolte;

·         approvare progetti sperimentali elaborati da organizzazioni di volontariato per fronteggiare emergenze sociali;

·         pubblicare un rapporto biennale sull’andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione della normativa nazionale e regionale;

·         promuovere, ogni tre anni, una Conferenza nazionale del volontariato.

Lo stesso articolo istituisce, altresì, il Fondo per il volontariato, attualmente, incardinato presso il Ministero della solidarietà sociale[8].

All’articolo 15 si fa carico, tra l’altro, alle Casse di risparmio di destinare una somma, non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi netti, alla costituzione di fondi speciali presso le regioni finalizzati alla realizzazione di centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato.

L’articolo 16 prevede che le regioni a statuto ordinario provvedano entro un anno dall’approvazione della legge ad emanare o adeguare le proprie normative ai principi della legge stessa.

L’articolo 17, infine, attesta il diritto dei lavoratori aderenti ad organizzazioni di volontariato di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l’organizzazione aziendale.

2. La disciplina delle cooperative sociali

La legge 8 novembre 1991, n. 381 disciplina, all’articolo 1, comma 1, un particolare tipo di cooperazione, quella cosiddetta sociale. Le cooperative sociali in questione hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini e possono organizzarsi secondo due moduli distinti finalizzati rispettivamente:

-          alla gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (lettera a);

-          allo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (lettera b).

L’articolo 2 prevede che gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente; a tali soci non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Alle cooperative sociali si applica la disciplina di cui all'articolo 26 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302, e successive modificazioni, che prevede l’inserimento nello statuto di specifiche clausole relative ai requisiti mutualistici[9].

Rilevante è la disposizione di cui all’articolo 4 concernente le persone svantaggiate che operano nelle cooperative di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b). In particolare, si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. E’ rimesso, inoltre, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri[10] l’individuazione di ulteriori soggetti da considerare come persone svantaggiate. Le persone svantaggiate devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa.

Ai sensi dell’articolo 5, gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri dell’Unione europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi[11], purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1.

Per la stipula delle suddette convenzioni le cooperative sociali debbono risultare iscritte in un apposito albo regionale (vedi infra). Gli analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri dell’Unione europea debbono essere in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l’iscrizione a tale albo e risultare iscritti in specifiche liste regionali, ovvero dare dimostrazione con idonea documentazione del possesso dei requisiti stessi.

Le regioni rendono noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle convenzioni, nonché le liste regionali degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità regionali. Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell’IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d’onere possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l’obbligo di eseguire il contratto con l’impiego delle persone svantaggiate, e con l’adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo. La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti non può intervenire nel corso delle procedure di gara e comunque prima dell’aggiudicazione dell’appalto.

L’articolo 7 disciplina i profili tributari relativi all’attività delle cooperative sociali, prevedendo anche specifiche riduzioni di imposta.

Ai sensi dell’articolo 8, le disposizioni dettate dalla legge trovano applicazione anche nei confronti dei consorzi costituiti come società cooperative, aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali.

In attuazione della legge in esame, le regioni istituiscono l'albo regionale delle cooperative sociali e determinano le modalità di raccordo con l'attività dei servizi socio-sanitari, nonché con le attività di formazione professionale e di sviluppo della occupazione. Le stesse regioni adottano convenzioni-tipo per i rapporti tra le cooperative sociali e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito della regione, prevedendo, in particolare, i requisiti di professionalità degli operatori e l’applicazione delle norme contrattuali vigenti. Le regioni emanano altresì norme volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale (articolo 9).

Una peculiare disciplina concerne la partecipazione delle persone giuridiche alle cooperative sociali: possono acquisire, infatti, la qualità di socio delle cooperative sociali persone giuridiche pubbliche o private nei cui statuti sia previsto il finanziamento e lo sviluppo delle attività proprie di tali cooperative (articolo 11).

3. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)

3.1. Il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale

Il decreto legislativo n. 460 del 1997 ha disposto il riordino della normativa degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

In particolare, il comma 1 dell'articolo 10 definisce le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), come le associazioni, i comitati,  le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, che, a fini di solidarietà sociale, svolgono attività in uno o più dei settori di seguito indicati, con divieto di svolgere attività diverse ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse:

1)         assistenza sociale e socio-sanitaria;

2)         assistenza sanitaria;

3)         beneficenza;

4)         istruzione;

5)         formazione;

6)         sport dilettantistico;

7)         tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge n. 1089 del 1939, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al D.P.R. n. 1409 del 1963;

8)         tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n. 22 del 1997;

9)         promozione della cultura e dell'arte;

10)     tutela dei diritti civili;

11)     ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988.

Ai sensi del comma 8 dell'articolo 10 citato, sono inoltre considerate ONLUS (c.d. “Onlus di diritto”):

1)         gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritti negli appositi registri;

2)         le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49;

3)         le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, nonché i consorzi di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 381 del 1991, la cui base sociale sia formata per il 100 per cento da cooperative sociali.

In base al comma 9 dell'articolo 10, sono inoltre ricompresi tra le Onlus gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, e le associazioni di promozione sociale comprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, limitatamente all'esercizio delle attività elencate dal comma 1 dello stesso articolo 10.

Agli enti che intendono qualificarsi come ONLUS sono posti inoltre i seguenti vincoli:

a)      il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima e unitaria struttura;

b)      l’obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle a esse direttamente connesse;

c)      l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre ONLUS o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’articolo 3, comma 190, della legge n. 662/1996, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

d)      l’obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;

e)      disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione;

f)        l’uso, nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale” o dell’acronimo “ONLUS”.

 

 

 

3. 2. L’ Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

 

Il legislatore ha previsto sin dal 1996 un’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, correntemente denominata “Authority del Terzo Settore”[12].

Si tratta essenzialmente di un organismo di controllo degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale chiamato ad operare sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze, istituito con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 settembre 2000, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 30 settembre 2000m n. 229.

Successivamente, con il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 21 marzo 2001, n. 329 è stato adottato il regolamento dell’Agenzia, in base al quale, in data 8 marzo 2002, la stessa si è regolarmente insediata[13].

Compito dell’Authority è garantire, anche con emissione di pareri obbligatori e vincolanti, l'uniforme applicazione della normativa sui requisiti soggettivi e sull'ambito di operatività degli enti non profit.

L’Authority è investita dei più ampi poteri di indirizzo, promozione e ispezione, al fine di assicurare l’osservanza della disciplina legislativa e regolamentare in materia di terzo settore; essa, inoltre, può irrogare sanzioni a fronte delle violazione alle disposizioni contenute nella normativa fiscale del terzo settore. Ha, altresì, il compito di assicurare la tutela da abusi da parte di enti che svolgono attività di raccolta di fondi e di sollecitazione della fede pubblica attraverso l'impiego dei mezzi di comunicazione.

L’Authority può formulare proposte di modifica della normativa vigente ed è tenuta inoltre a presentare al Parlamento apposita relazione annuale.

4. L’impresa sociale

Allo scopo di fornire una sistemazione organica, sotto il profilo civilistico, al variegato mondo delle organizzazioni con finalità non lucrative, il cosiddetto non-profit, con la legge 13 giugno 2005, n. 118, è stata conferita al Governo una delega per l’emanazione di una nuova disciplina dell'impresa sociale.

Il provvedimento si è reso necessario per il notevole incremento delle ONLUS, fenomeno che ha contribuito in maniera considerevole allo sviluppo di un nuovo tipo di imprenditorialità, che riveste un ruolo importante non solamente per le implicazioni sociali, ma anche per le ricadute economiche ed occupazionali.

Nonostante la copiosa normativa in materia sociale, prima di tale intervento legislativo, tutta la disciplina degli enti privati rimaneva circoscritta entro la rigida distinzione tracciata dal codice civile già dal 1942 tra enti del libro I (associazioni con o senza personalità giuridica, fondazioni e comitati) senza fini di lucro ed enti del libro V (società lucrative e cooperative), finalizzati alla produzione di beni e servizi in funzione meramente lucrativa o di mutualità interna.

Da qui la necessità di una riforma complessiva del fenomeno dell'imprenditorialità sociale. La legge delega 118/2005, recuperando alcuni aspetti presenti nella disciplina speciale, ha previsto quindi una definizione di impresa sociale applicabile trasversalmente ad enti del libro I e del libro V del codice, delineandone la relativa disciplina. 

In attuazione della citata delega, il Governo ha, quindi, emanato il decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155 Disciplina dell’impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005, n. 118.

Il decreto ha fornito, anzitutto, la nozione di impresa di utilità sociale, riprendendola testualmente da quella della legge delega, che fa riferimento a quelle organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata di produzione e scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale. Sono escluse dal novero di impresa sociale le amministrazioni pubbliche di cui al TU sul pubblico impiego (D.Lgs 165/2001) e le organizzazioni i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci, associati o partecipi.

In ossequio ad una specifica indicazione della legge delega è poi stabilita una specifica disciplina per gli enti ecclesiastici e gli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, che rimette ad uno specifico regolamento, adottato in forma di scrittura privata autenticata, il recepimento delle norme del provvedimento relative allo svolgimento delle attività di utilità sociale.

Il decreto legislativo stabilisce i settori nei quali i beni e servizi prodotti o scambiati possano essere considerati di utilità sociale:

§      assistenza sociale, ai sensi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del  sistema integrato di interventi e servizi sociali);

§      assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazioni di cui al d.p.c.m. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli di assistenza) e successive modificazioni;

§      assistenza socio-sanitaria, ai sensi del d.p.c.m. del 14 febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie);

§      educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 (Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale);

§      tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;

§      valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137);

§      turismo sociale (articolo 7, comma 10, della legge 29 marzo 2001, n. 135, recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”);

§      formazione universitaria e post-universitaria;

§      ricerca ed erogazione di servizi culturali;

§      formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica ed al successo scolastico e formativo;

§      servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al 70 per cento da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.

E’ poi stabilito che, indipendentemente dai propri settori di attività, possano essere considerate imprese sociali anche quelle che inseriscano nel loro organico una quota non inferiore al 30 per cento di lavoratori svantaggiati e disabili.

Il D.Lgs 155 stabilisce regole certe anche per quanto concerne il personale che viene impiegato nelle imprese sociali, ad esempio, prevedendo che non possa ricevere un compenso inferiore ed un trattamento diverso da quello previsto dai contratti e accordi collettivi applicabili e che debba avere il diritto di consultazione, informazione e partecipazione, secondo quanto previsto dai regolamenti aziendali. E’ specificato inoltre che, salvo che per gli enti ecclesiastici e agli enti delle confessioni religiose sopraccitati, nelle imprese non profit possono lavorare dei volontari a qualunque titolo, in misura, però, non superiore al 50 per cento.

Il provvedimento  individua i requisiti che devono caratterizzare un’impresa sociale: costituzione con atto pubblico, che deve in particolare indicare l’assenza dello scopo di lucro e l’oggetto sociale dell’impresa; uso obbligatorio, nella denominazione, della locuzione “impresa sociale”; l’ottenimento di oltre il 70 per cento dei ricavi dalla sua attività principale (l’attività economica destinata alla realizzazione di interessi di utilità generale); l’incondizionato divieto di distribuzione di utili ed avanzi di gestione (che dovranno essere destinati allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio), la redazione del bilancio sociale e la previsione di forme di coinvolgimento e di partecipazione dei lavoratori e dei destinatari delle attività. Specifiche disposizioni sono dettate in merito alla struttura proprietaria ed alla disciplina dei gruppi di imprese sociali volte a garantire la trasparenza della gestione e ad impedire il controllo di queste ultime da parte di soggetti privati o pubbliche amministrazioni, enti ed aziende equiparate.

Oltre alla conferma delle agevolazioni fiscali in favore delle ONLUS che si trasformino in imprese sociali – peraltro sottoposte alla potestà ispettiva e sanzionatoria del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - un’ulteriore facilitazione riguarda la responsabilità patrimoniale: è, infatti, stabilito che “nelle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale il cui patrimonio è superiore a 20.000 euro, dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese, delle obbligazioni assunte risponde soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio”; se sopravvengono, però, delle perdite che provocano una diminuzione del patrimonio di oltre un terzo rispetto ai 20.000 euro di riferimento, delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell'impresa.

In caso di insolvenza, le organizzazioni che esercitano un'impresa sociale sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa. Sia da tale disciplina che da quella sopraccitata relativa alla responsabilità patrimoniale sono esclusi gli enti ecclesiastici e gli enti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese.

 

5. Le Fondazioni bancarie

 

Sotto la spinta esercitata dal diritto comunitario[14], con la legge 30 luglio 1990, n. 218[15] (cui hanno dato seguito diversi decreti legislativi, tra cui in particolare il d. lgs. 20 novembre 1990, n. 356) si è operata, nell’ambito della riorganizzazione degli Istituti di credito e delle Casse di risparmio, una netta distinzione tra attività bancaria ed attività a carattere sociale e solidaristico.

Si sono pertanto distinti i soggetti che esercitano l’una da quelli che praticano l’altra, ossia le fondazioni bancarie. Queste ultime, cessando di svolgere attività creditizia, raccolgono fondi da destinare al non profit, dismettendo, al contempo, la gestione dei pacchetti azionari di maggioranza nelle società bancarie. La scelta di utilizzare il modello “fondazione” si spiega per la necessità di creare un ente destinato a durare nel tempo e per l’esigenza di scinderlo dalla banca, dotandolo di un proprio patrimonio. Le Casse di Risparmio, quindi, hanno provveduto a conferire l'azienda bancaria ad una nuova apposita entità giuridica (Cassa di Risparmio Spa) per assumere la qualificazione di Ente conferente (poi denominato Fondazione) al quale sono state assegnate le finalità di interesse pubblico e di utilità sociale, già previste negli statuti delle Casse di risparmio.

Il decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 disciplina le fondazione bancarie, chiarendone la natura e l’attività. Esse vengono definite come persone giuridiche private senza fine di lucro, che perseguono in via esclusiva scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico. Le fondazioni possono esercitare attività d’impresa, solo se ciò risulta strumentale al perseguimento dei fini statutari, mentre è loro preclusa l’attività creditizia nonché quella di finanziamento o sovvenzione di enti con scopo di lucro o di qualunque impresa, ad eccezione delle imprese strumentali e delle cooperative sociali.

Per quanto riguarda l’assetto organizzativo, gli statuti delle fondazioni devono prevedere organi distinti per l’esercizio delle funzioni di indirizzo, di amministrazione e di controllo. Infine, il loro patrimonio deve essere vincolato al perseguimento degli scopi statutari.

Come soggetti filantropici, le Fondazioni di origine bancaria ogni anno erogano gratuitamente circa 1,4 miliardi di euro (negli ultimi 5 anni la crescita delle erogazioni è stata mediamente del 6,2 per cento l'anno)[16].

 

6. Le associazioni di promozione sociale.

 

La legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale) opera il riconoscimento delle associazioni di promozione sociale e ne disciplina la costituzione, stabilendo i principi cui Regioni e province autonome si devono attenere nel disciplinare i rapporti tra istituzioni pubbliche e associazioni, nonché i criteri cui dovranno uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali negli stessi rapporti.

L’articolo 1 detta le regole fondamentali per la valorizzazione dell’associazionismo di promozione sociale e ne promuove lo sviluppo.

Sono considerate associazioni di promozione sociale quelle riconosciute e non riconosciute, i movimenti e i gruppi purché svolgano attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza scopo di lucro e garantendo il rispetto della libertà degli associati. Si esclude espressamente che rientrino nella categoria i partiti politici, le organizzazioni sindacali e professionali; sono inoltre esclusi i circoli privati e le associazioni che pongano limitazioni con riferimento alle condizioni economiche degli associati o discriminazioni in relazione all’ammissione dei medesimi (articolo 2).

Nel definire le modalità di costituzione delle associazioni di promozione sociale (articolo 3), la legge specifica il contenuto necessario minimo dello statuto: di particolare rilievo, l’espressa dichiarazione di assenza di fini di lucro, intesa come divieto di distribuzione degli utili tra gli associati, e l’obbligo di reinvestire in attività istituzionali staturiamente previste l’eventuale avanzo di gestione.

La legge individua una pluralità di fonti da cui trarre le risorse economiche necessarie per il funzionamento e lo svolgimento delle attività associative (articolo 4).

Si dispone l’istituzione, presso il Ministero della solidarietà sociale, nella Direzione generale per il volontariato, l’associazionismo e le formazioni Sociali, di un registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, inoltre, registri su scala regionale e provinciale (articolo 7).

La legge rinvia ad apposito regolamento del Ministro della solidarietà sociale (da emanarsi entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge)[17] e alla potestà legislativa regionale per la disciplina dei relativi procedimenti di iscrizione e di cancellazione; l’iscrizione non costituisce un obbligo, ma è condizione necessaria, per stipulare convenzioni con enti pubblici e per usufruire dei benefici previsti dalla legge (articolo 8).

Vengono altresì disciplinate le modalità dei ricorsi, in via amministrativa e giurisdizionale, avverso i provvedimenti relativi all’iscrizione e alla cancellazione dai registri (articolo 9).

Gli articoli 11 e 12 disciplinano l’istituzione e le funzioni di un Osservatorio nazionale dell’associazionismo, presieduto dal Ministro della solidarietà sociale e composto da 26 membri (rappresentanti di associazioni ed esperti), con sede presso la citata Direzione generale per il volontariato, l’associazionismo e le formazioni sociali, che provvede al suo funzionamento con proprie risorse finanziarie, umane e strumentali. All'Osservatorio sono assegnate le seguenti competenze: assistenza nella tenuta e nell'aggiornamento del registro nazionale; promozione di studi e ricerche; pubblicazione di un rapporto biennale sul fenomeno associativo; sostegno delle iniziative di formazione e di aggiornamento nonché di progetti di informatizzazione; pubblicazione di un bollettino periodico di informazione;approvazione di progetti sperimentali finalizzati a fronteggiare particolari emergenze sociali e a favorire metodologie di intervento particolarmente avanzate; promozione di scambi e forme di collaborazione fra le associazioni di promozione sociale italiane e straniere; organizzazione di una conferenza nazionale sull'associazionismo; esame dei messaggi di utilità sociale.

Presso lo stesso Dipartimento è istituito un Fondo (articolo 13) per il finanziamento di specifici progetti di sostegno economico all’associazionismo[18]. L’Osservatorio nazionale si avvale della collaborazione dell’ISTAT (articolo 15) e dell’Osservatorio nazionale per il volontariato (articolo 16); è da rilevare che insieme a quest’ultimo designa, in base alla legge, dieci membri del CNEL (articolo 17).

Le regioni istituiscono, inoltre, propri Osservatori regionali (articolo 14).

La legge individua, poi, una pluralità di agevolazioni per le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri e per i propri aderenti; questi ultimi, ad esempio, per poter espletare le attività istituzionali svolte anche in base alle convenzioni con enti pubblici, hanno diritto ad usufruire di forme di flessibilità nell’orario di lavoro (articolo 19).

Sotto il profilo fiscale sono previste forme di detrazione e di deducibilità per le erogazioni liberali in denaro a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri (articolo 22). Inoltre, si dà facoltà agli enti locali di deliberare riduzioni sui tributi di propria competenza per le suddette associazioni (articolo 23) e si prevedono forme di accesso agevolato al credito e di privilegio sui beni mobili dei debitori (articolo 24), nonché  facilitazioni di accesso ai finanziamenti comunitari, specie del Fondo sociale europeo (articolo 28).

La legge prevede, tra l’altro, una serie di norme volte a facilitare l’attività delle associazioni di promozione sociale. Tra queste, si ricorda quella contenuta nell’articolo 25, in base al quale la Presidenza del Consiglio dei ministri trasmette alla società concessionaria di pubblico servizio radiotelevisivo i messaggi di utilità sociale ricevuti dall’Osservatorio.

Negli articoli 26 e 27, si riconosce alle associazioni di promozione sociale il diritto di accesso ai documenti amministrativi, nonché la legittimazione attiva in giudizio a tutela degli interessi sociali e collettivi e il potere di intervento nei procedimenti amministrativi.

L’articolo 30 prevede la possibilità per gli enti pubblici di stipulare convenzioni con le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri da almeno sei mesi, per lo svolgimento delle attività previste dallo statuto verso terzi, fatta salvo, in ogni caso, la puntuale verifica delle prestazioni erogate.

Sono previste, infine, facilitazioni per l’utilizzo di strutture degli enti pubblici, anche per lo svolgimento di iniziative e manifestazioni, e si autorizzano le associazioni in questione ad esercitare attività turistiche e ricettive per gli associati (articoli 31 e 32).

 

7. Gli istituti di patronato e di assistenza sociale.

 

Con la legge 30 marzo 2001, n. 152, recante la nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale, sono state riordinate e innovate le norme che disciplinano il riconoscimento e il funzionamento di tali istituti, sostituendo integralmente ed abrogando le disposizioni precedentemente vigenti in materia, contenute nel D.Lgs.C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804[19].

Finalità essenziale della citata legge è quella di riunificare la normativa vigente in materia di compiti e finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale, recependo contestualmente istanze e indicazioni per il superamento delle difficoltà applicative fino ad allora emerse. I punti qualificanti della riforma possono essere così individuati:

•      conferma della natura di pubblica utilità delle funzioni svolte dagli istituti e della loro qualificazione come persone giuridiche private (articolo 1);

•      individuazione di criteri meno restrittivi per il riconoscimento: presenza del soggetto promotore in almeno un terzo delle regioni e delle province italiane (invece che in due terzi delle regioni e metà delle province) e riduzione da 5 a 3 anni del periodo di pregressa operatività (articoli 2 e 3);

•      estensione delle attività di informazione, assistenza e tutela, fino ad allora svolte in ambito previdenziale, a qualsiasi tipo di prestazione - comprese quelle erogate dai fondi di previdenza complementare - in materia di sicurezza sociale, immigrazione ed emigrazione (articolo 7);

•      possibilità di svolgere, senza scopo di lucro, ulteriori attività di informazione, servizio e assistenza tecnica nei confronti dei cittadini e, mediante convenzione, delle pubbliche amministrazioni (articolo 10);

•      ridefinizione del sistema di finanziamento, con l'introduzione di tempi certi per l'erogazione dei contributi pubblici (articolo 13) e della possibilità di porre a carico degli assistiti parte delle spese di assistenza legale (in misura diversificata per fasce di reddito) (articolo 9) e prevedere un corrispettivo per le attività "non fondamentali" svolte in convenzione con le pubbliche amministrazioni (art. 10);

•      previsione di adempimenti per realizzare una maggiore trasparenza delle attività (articolo 14).

La legge, agevolando la costituzione dei patronati (che, come è noto, sono emanazione delle associazioni sindacali), dando loro certezza sui tempi di erogazione dei finanziamenti pubblici ed estendendone l'ambito di attività a materie diverse da quelle tradizionali di assistenza in materia previdenziale, si inserisce in un filone normativo che negli anni passati ha progressivamente attribuito ai sindacati ed alle associazioni ad essi collegate compiti sempre più estesi di assistenza al cittadino, nei rapporti con la P.A. ed anche in ambiti più vasti .

 

 

 

 

8. Il volontariato di protezione civile

 

La legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, riconosce espressamente anche alle organizzazioni di volontariato il ruolo di "struttura operativa nazionale" (art. 11), ossia di parte integrante del sistema pubblico, alla stregua delle altre componenti istituzionali, come il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, le Forze Armate, le Forze di Polizia, il Corpo forestale dello Stato.

L’articolo 18 della medesima legge dispone che “il Servizio nazionale della protezione civile assicura la più ampia partecipazione dei cittadini, delle organizzazioni di volontariato di protezione civile all'attività di previsione, prevenzione e soccorso, in vista o in occasione di calamità naturali, catastrofi o eventi di cui alla presente legge” e che, a tal fine, “il Servizio riconosce e stimola le iniziative di volontariato civile e ne assicura il coordinamento”.

Le organizzazioni di volontariato che intendono collaborare nel sistema pubblico di protezione civile, si iscrivono in appositi albi o registri, regionali e nazionali, secondo quanto previsto dal DPR 8 febbraio 2001, n. 194(Regolamento recante nuova disciplina della partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di protezione civile).

Al momento, nell'elenco nazionale del Dipartimento della protezione civile[20] sono iscritte circa 2.500 organizzazioni, per un totale di oltre un milione e trecentomila volontari disponibili[21].

Si ricorda, infine, che, sebbene l'opera del volontariato sia assolutamente gratuita, l’art. 9 del citato DPR provvede a tutelare i volontari lavoratori che, in caso di impiego nelle attività di protezione civile, hanno diritto al mantenimento del posto di lavoro e del trattamento economico-previdenziale, che viene rimborsato dallo Stato al datore di lavoro.

 

9. Il Servizio civile nazionale

 

Il servizio civile ha origine come attività alternativa per gli obiettori di coscienza, ossia coloro che, per motivi religiosi o etici, rifiutano di prestare il servizio militare obbligatorio.

Il sistema di reclutamento militare italiano è ormai passato dalla leva obbligatoria al servizio su base volontaria[22].

Tuttavia, il servizio civile non è scomparso, ma è ormai composto esclusivamente da volontari, interessati a forme di impegno solidaristico.

Infatti, la legge 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale) ha aperto il servizio civile ai volontari, in previsione del successivo assetto dell’istituto.

La disciplina del Servizio civile nazionale è contenuta principalmente nel decreto legislativo n. 77 del 2002[23] che, dando attuazionealla delega recata dalla legge n. 64 del 2001[24], ha definito in particolare:

Ø      gli organi competenti in materia;

Ø      i requisiti e le modalità di accesso e di svolgimento del servizio;

Ø      la programmazione e gestione delle risorse finanziarie;

Ø      la natura del rapporto di servizio civile ed il relativo trattamento economico e giuridico;

Ø      la formazione dei giovani assegnati al servizio civile;

Ø      la valorizzazione del servizio prestato ai fini dello sviluppo formativo e dell’inserimento nel mondo del lavoro;

Ø      la disciplina del periodo transitorio.

Ai sensi delIa legge delega, il Servizio civile nazionale è finalizzato a:

Ø      concorrere, in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari;

Ø      favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale;

Ø      promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;

Ø      partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l’aspetto dell’agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;

Ø      contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all’estero.

I volontari che prestano servizio civile aderiscono a progetti di impiego specifici predisposti da enti ed organizzazioni, pubblici e privati, che, tenendo conto del fine istitutivo del Servizio civile nazionale sopra citato, prevedono attività riconducibili a quattro ambiti di intervento:

-        assistenza;

-        ambiente e protezione civile;

-        cultura ed educazione;

-        estero.

Il servizio civile dura un anno ed è riservato ai giovani, senza distinzione di sesso, tra i 18 e i 28 anni di età. Tra i requisiti richiesti, si segnalano la cittadinanza italiana, l’idoneità fisica, l’assenza di condanne penali, la non appartenenza ai corpi militari o alle forze di polizia.

In correlazione con tale disciplina, l’articolo 3 della legge 3/2003[25], ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’art. 10, co.7-9, del D.Lgs. 303/1999[26], ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile (UNSC), istituito presso la Presidenza del Consiglio dalla legge 230/1998[27] (art. 8).

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 luglio 2003[28] e il decreto del Ministro dei rapporti con il Parlamento 12 dicembre 2003[29] provvedevano in seguito alla riorganizzazione di tale ufficio. Il decreto legge 181/2006[30] ha trasferito al Ministero della solidarietà sociale le funzioni in materia di Servizio civile nazionale, per l'esercizio delle quali il Ministero si avvale delle relative risorse finanziarie, umane e strumentali dell'UNSC.

L’Ufficio nazionale per il servizio civile cura l’organizzazione, l’attuazione e lo svolgimento, nonché la programmazione, l’indirizzo, il coordinamento ed il controllo del Servizio civile nazionale, elaborando le direttive ed individuando gli obiettivi degli interventi per il servizio civile.

Presso l’UNSC opera la Consulta nazionale per il servizio civile che esprime pareri sui criteri e sull’organizzazione del servizio.

 

10. La legge 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali

 

La legge n. 328 del 2000 è diretta a superare la logica dei provvedimenti “settoriali”, rivolti cioè a specifiche categorie di soggetti bisognosi (quali disabili, anziani non autosufficienti, persone senza fissa dimora), configurando un sistema integrato di servizi sociali, nel cui ambito confluiscono gli interventi di tutti i soggetti istituzionali, al fine di ridurre il disagio derivante dall’inadeguatezza del reddito, da difficoltà sociali e da condizioni di non autonomia.

Il sistema integrato degli interventi e servizi sociali punta alla realizzazione di progetti personalizzati, nei quali le misure di sostegno economico si affiancano a servizi di supporto alla persona come, ad esempio, interventi a favore degli anziani bisognosi di assistenza, in modo da assicurare a tali soggetti la possibilità di vivere dignitosamente a domicilio e all’interno del nucleo familiare.

La riforma prevede anche l’adozione di una carta dei servizi sociali, da parte degli enti e delle strutture che erogano i servizi medesimi, nella quale siano indicati i criteri per l’accesso e le modalità di funzionamento. Altro utile strumento volto ad assicurare la conoscenza dei bisogni è il sistema informativo dei servizi sociali, che lo Stato, le regioni, le province e i comuni sono tenuti ad istituire.

La legge prevede altresì diverse disposizioni per il coinvolgimento pieno, secondo il cosiddetto “principio di sussidiarietà orizzontale”, dei soggetti pubblici e privati e, in particolare di quelli del privato sociale: organizzazioni non lucrative di utilità sociale, fondazioni, associazioni, cooperative sociali, organismi di volontariato.

In particolare, l’articolo 1 della citata legge quadro prevede che gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'àmbito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (comma 4). Lo stesso articolo stabilisce che alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono, oltre ai soggetti pubblici, anche organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi. Tra gli scopi del sistema integrato di interventi e servizi sociali, è inclusa, altresì, la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata (comma 5). In tale prospettiva, la legge promuove, altresì, la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti (comma 6).

Particolarmente rilevanti sono le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge, concernenti il ruolo del terzo settore. Al comma 1, si stabilisce che, proprio per favorire l'attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo Stato promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore, anche attraverso politiche formative ed interventi per l'accesso agevolato al credito e ai fondi dell'Unione europea.

Ai fini dell’affidamento dei servizi,gli enti pubblici promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonché il ricorso a forme negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità (comma 2). Le regioni adottano, sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo,specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona[31] (comma 3). Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei princìpi della presente legge e dei predetti indirizzi, le modalità per valorizzare l'apporto del volontariato nell'erogazione dei servizi (comma 4).

Si tratta di un coinvolgimento che riguarda sia la fase della programmazione e dell’organizzazione degli interventi sia quella della gestione e dell’erogazione dei servizi. Molta rilevanza riveste, da questo punto di vista, il riordino delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), effettuato con D.P.R n. 207 del 4 maggio 2001, in attuazione della legge quadro in esame (articolo 10), a conclusione del lungo processo di “depubblicizzazione” di tali enti[32].

Ai fini della partecipazione dei privati alla rete dei servizi sociali territoriali, sono previste procedure di autorizzazione e di accreditamento[33]. L’autorizzazione e l’accreditamento spettano ai Comuni, sulla base della disciplina stabilita dalle leggi regionali (articoli 6 e 11).

La legge n. 328 del 2000 stabilisce che, al fine di realizzare le rete integrata dei servizi sociali, gli enti locali, le regioni e lo Stato procedono alla programmazione degli interventi e delle risorse. Ai sensi dell’articolo 3, tale programmazione richiede, tra l’altro, la concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali e i soggetti di cui al citato articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete[34].

La programmazione si fonda sull’elaborazione di un piano nazionale[35], di piani regionali e di piani di zona (di competenza dei Comuni).

Il piano di zona, secondo l’articolo 19, comma 1, individua, tra l’altro, le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità (lettera f), nonché le forme di concertazione con l’azienda sanitaria locale e con i soggetti di cui al citato articolo 1, comma 4 (lettera g).

L’articolo 8, comma 2, prevede, poi, che, al fine di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle comunità locali, le Regioni programmano gli interventi sociali, promuovendo modalità di collaborazione con gli enti locali, procedure di concertazione, anche permanenti, per dare luogo a forme di cooperazione, e consultano i soggetti di cui ai richiamati articoli 1 (commi 5 e 6) e 10.

I Comuni effettuano, inoltre, forme di consultazione con i soggetti del terzo settore (ossia i soggetti di cui all'articolo 1, commi 5 e 6), anche al fine di valutare la qualità e l’efficacia dei servizi e di formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi[36].

Analogamente, i Comuni provvedono, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5, alla programmazione, alla progettazione e realizzazione del sistema locale dei servizi sociali, nonché all’indicazione delle priorità e dei settori di innovazione, attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali[37].

In materia di interventi urgenti per le situazioni di povertà estrema, si ricorda, infine, che l’articolo 28 della legge n. 328 del 2000 contempla la possibilità delle organizzazioni di volontariato e degli organismi non lucrativi di utilità sociale nonché delle IPAB di presentare alle regioni progetti concernenti la realizzazione di centri e di servizi di pronta accoglienza, interventi socio-sanitari, servizi per l'accompagnamento e il reinserimento sociale.

 

11. Le Organizzazioni non governative nel quadro della cooperazione internazionale allo sviluppo.

 

Il fenomeno delle ONG (Organizzazioni non governative) è antecedente alla sistemazione normativa delle attività di cooperazione allo sviluppo dell’Italia, operata, da ultimo, dalla legge 26 febbraio 1987, n. 49. Già dall’inizio degli anni Sessanta, infatti, l’esigenza di dare risposta ai bisogni principali delle popolazioni dei paesi meno avanzati ha determinato la nascita di associazioni spontanee di volontari[38].

Per quanto concerne gli aspetti più propriamente normativi,la citata legge 49/1987 riconosce il ruolo delle ONG già all’art. 2, ove ricomprende, tra le attività di cooperazione, anche il supporto all’azione di ONG idonee.

All’articolo 5, poi, le iniziative proposte dalle ONG, con adeguata motivazione rispetto al loro carattere umanitario, possono essere eccezionalmente ammesse ai benefici previsti dalla legge stessa, anche in mancanza di richieste dei Paesi interessati.

Il successivo articolo 8, delineando la composizione del Comitato consultivo per la cooperazione allo sviluppo, vi include cinque membri designati dalle ONG riconosciute idonee. Il medesimo articolo prevede l’istituzione di una Commissione per le organizzazioni non governative, cui compete l’espressione di pareri obbligatori sulle pertinenti questioni, nonché una collaborazione con la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo per tutto ciò che concerne le ONG, le loro attività e i cooperanti e volontari da esse impiegati.

L’articolo 11 annovera tra gli interventi straordinari[39], rientranti nelle attività di cooperazione allo sviluppo, anche l’utilizzazione di ONG riconosciute idonee, tanto in via diretta quanto mediante il finanziamento di programmi da esse elaborati e concordati con la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.

L’articolo 28 è dedicato espressamente al riconoscimento di idoneità delle ONG, dal quale derivano gli effetti di cui all’articolo 29.

 

Si tratta in particolare della possibilità per le ONG riconosciute idonee - e i cui programmi siano stati ritenuti coerenti con le finalità della legge 49/1987 dal Comitato direzionale per la cooperazione allo sviluppo di cui all’articolo 9 della stessa legge- di ricevere contributi per un ammontare non superiore al settanta per cento dell'importo delle iniziative programmate (la quota restante intendendosi coperta da forme autonome di finanziamento). Inoltre, alle ONG riconosciute può essere affidato lo svolgimento di specifici programmi, in tal caso totalmente a carico della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.

 

In base all'articolo 28, l'idoneità viene riconosciuta alle ONG operanti nel campo della cooperazione allo sviluppo con decreto del Ministro degli affari esteri, sentito il parere della sopra citata Commissione per le organizzazioni non governative. L'idoneità può essere concessa in relazione a programmi di intervento nei Paesi in via di sviluppo, oppure per la selezione, addestramento e utilizzazione di volontari che espletino il servizio civile, ovvero per la formazione in loco di cittadini di PVS o per attività correlate all'educazione allo sviluppo. L'idoneità - anche per attività in più di uno dei settori elencati - viene riconosciuta a determinate condizioni, elencate dal comma 4 dell’art. 28[40].

L’articolo 31 detta norme in materia di volontari in servizio civile: agli effetti della legge in materia di cooperazione allo sviluppo, sono considerati volontari in servizio civile i cittadini italiani maggiorenni che, in possesso dei necessari requisiti, prescindendo da fini di lucro e nella ricerca prioritaria dei valori di solidarietà e della cooperazione internazionale, abbiano stipulato un contratto di cooperazione della durata di almeno due anni. La stessa disposizione disciplina il contenuto di tali contratti e i relativi profili previdenziali ed assistenziali.

La legge prevede altresì la facoltà delle organizzazioni non governative idonee di impiegare nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo cittadini italiani maggiorenni in possesso delle conoscenze e dell'esperienza professionale necessarie, che si siano impegnati a svolgere attività di lavoro autonomo nei Paesi in via di sviluppo con un contratto di cooperazione, di durata inferiore a due anni, per l'espletamento di compiti di rilevante responsabilità tecnica gestionale e organizzativa (articolo 32).

Infine, gli articoli 33 e 34 disciplinano lo status dei volontari e dei cooperanti, nonché i relativi diritti[41] e doveri (quale il divieto di intrattenere con le organizzazioni non governative rapporti di lavoro subordinato).

 

12. La comunicazione istituzionale e i messaggi di utilità sociale

 

Le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni sono regolate dalla legge 7 giugno 2000, n. 150[42], in espressa attuazione dei principi di trasparenza ed efficacia che informano l'azione amministrativa.

Le disposizioni in essa contenute costituiscono principi fondamentali dell'ordinamento (articolo 10), e trovano, pertanto, applicazione anche nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti.

Le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni sono finalizzate a:

       diffondere e facilitare la conoscenza delle disposizioni normative;

       illustrare il lavoro delle istituzioni;

       favorire l'accesso ai servizi pubblici;

       agevolare i processi interni di semplificazione amministrativa e dei trasparenza dei procedimenti;

       stimolare l'approfondimento sui temi di interesse pubblico e sociale;

       promuovere l'immagine del Paese.

 

In particolare, l’articolo 3 della legge 150 stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei Ministri determini i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito, cui sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l'uno per cento dell'orario settimanale di programmazione di ciascuna rete. L’articolo in esame attribuisce, inoltre, alle emittenti private, radiofoniche e televisive, la facoltà di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti.

Anche le concessionarie radiotelevisive possono trasmettere messaggi di utilità sociale, esclusivamente per finalità di interesse sociale. In questi casi, i messaggi sono esclusi dal computo degli indici di affollamento giornaliero e orario. I messaggi possono essere trasmessi gratuitamente oppure ad un prezzo non superiore al 50 per cento di quello indicato nel listino ufficiale della concessionaria.

Come già ricordato, la legge 7 luglio 2000 n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale) include  tra i compiti dell'Osservatorio nazionale dell'associazionismo l’esame dei messaggi di utilità sociale redatti dalle associazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 7, e la loro determinazione e trasmissione alla Presidenza del Consiglio dei ministri (articolo 12).

Il successivo articolo 25 dispone che, ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150, la Presidenza del Consiglio dei ministri trasmette alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo i messaggi di utilità sociale ricevuti dall'Osservatorio.

Si ricorda, infine, che il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico della radiotelevisione), all’articolo 45, recante la definizione dei compiti del servizio pubblico generale radiotelevisivo, prevede la trasmissione gratuita dei messaggi di utilità sociale ovvero di interesse pubblico che siano richiesti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

13. Il 5 per mille

 

Per quanto concerne il sostegno finanziario del Terzo settore, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007), al comma 1234, dispone, per l’anno finanziario 2007, che una quota pari al 5 per mille dell’IRPEF sia destinata, sulla base delle scelte dei contribuenti, anche alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionale e provinciale, delle associazioni riconosciute che operano in determinati settori.

 

I soggetti che potranno beneficiare della destinazione del 5 per mille sono, in particolare:

-       le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), comprese le ONLUS di diritto (gli organismi di volontariato, le organizzazioni non governative, le cooperative sociali e i loro consorzi e gli enti ecclesiastici e le associazioni di promozione sociale qualificatisi ONLUS limitatamente ad alcune attività );

-       le associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali;

-       le associazioni riconosciute che operano nei seguenti settori: assistenza sociale e socio-sanitaria; assistenza sanitaria; beneficenza; istruzione; formazione; sport dilettantistico; tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico; tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi; promozione della cultura e dell'arte; tutela dei diritti civili.

 

Innovando rispetto alla disciplina del 5 per mille contenuta nella legge finanziaria dello scorso anno (disciplina che peraltro aveva carattere iniziale e sperimentale), il comma 1237 pone un limite massimo di 250 milioni di euroalla spesa derivante dall’applicazione della misura del 5 per mille, riferita all’anno 2008.

Il comma 1235 destina, comunque, una quota pari allo 0,5 per cento del totale determinato dalle scelte dei contribuenti all’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e alle organizzazioni nazionali rappresentative delle associazioni che possono beneficiare del 5 per mille, riconosciute come parti sociali.

Il comma 1236 demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, l’individuazione dei soggetti beneficiari, delle modalità di riparto e della quota di cui al comma 1235[43].

 

Per le ONLUS, le associazioni di promozione sociale e le altre associazioni riconosciute, l’Agenzia delle entrate ha predisposto gli elenchi sulla base delle domande pervenute dagli interessati, utilizzando il sito web della predetta Agenzia all'indirizzo (www.agenziaentrate.gov.it). In particolare, sulla falsariga di quanto già avvenuto per l’anno 2006, un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 16 marzo 2007, definisce la procedura per la predisposizione degli elenchi dei possibili beneficiari, per la formulazione della scelta e per la successiva assegnazione delle somme, fissando al 30 marzo il termine per l’invio delle domande.

Nel dettaglio, è stata prevista la redazione di tre distinti elenchi per ciascuna delle tipologie di soggetti aventi diritto. Gli elenchi sono stati pubblicati sul citato sito dell’Agenzia il 4 aprile 2007, così come previsto dal citato DPCM.

 

Rispetto alla disciplina del 5 per mille introdotta, in via iniziale e sperimentale, dall’articolo 1, commi 337-340, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006), si segnalano le seguenti differenze:

-         l’eliminazione della facoltà di destinare il 5 per mille ad attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

-         l’eliminazione della facoltà di destinare il 5 per mille a fondazioni che operano in ambito sociale o culturale (a meno che naturalmente le medesime non siano ONLUS);

-         l’introduzione di un limite massimo di spesa, pari a 250 milioni di euro;

-         la mancata previsione esplicita di una disciplina attuativa.

14. Le agevolazioni fiscali per le società cooperative

L’articolo 5 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), contenente i criteri per la riforma della disciplina civilistica delle società cooperative, ha previsto, tra i principi generali per l’esercizio delle delega, la definizione della cooperazione costituzionalmente riconosciuta, con riferimento alle società che svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci o che comunque si avvalgono, nello svolgimento della propria attività, prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci, riservando ad essa l'applicazione di disposizioni fiscali di carattere agevolativo. La modifica delle disposizioni del codice civile è stata attuata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6. In tale ambito, il nuovo articolo 223-duodecies delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie stabilisce che le agevolazioni fiscali previste da leggi speciali si applicano esclusivamente alle società cooperative a mutualità prevalente, come definite dall’articolo 2512 del codice civile[44].

Per quanto riguarda il diritto tributario, le società cooperative erano soggette all’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), che – con la riforma dell’imposizione sulle persone giuridiche attuata dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 – è stata sostituita dall’imposta sul reddito delle società (IRES): pertanto, la nuova disciplina si applica anche alle società cooperative.

Disposizioni specifiche sul trattamento fiscale di questo tipo di società sono state introdotte dall’articolo 6 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, e successivamente dall’articolo 1, commi 460-466, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

Il D.L. n. 63 del 2002 ha previsto le seguenti misure a carattere definitivo:

-          conferma dell’esenzione dalle imposte dirette per la quota di utili netti destinati a riserva minima obbligatoria;

-          non concorrenza dei ristorni[45], se destinati ad aumento di capitale, alla formazione del reddito imponibile e del valore della produzione netta ai fini dell’IRAP, e assoggettamento degli stessi, al momento della distribuzione, all’imposta sostitutiva del 12,50 per cento;

-          applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta[46], nella misura del 12,50 per cento, sugli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci persone fisiche, in relazione a finanziamenti che rientrano in determinati limiti.

Lo stesso decreto-legge ha inoltre dettato misure a carattere transitorio, “in attesa di un più compiuto riordino del trattamento tributario delle società cooperative e loro consorzi”, in coerenza con quanto stabilito dalla citata legge di delega n. 366 del 2001[47].

Le misure transitorie non si applicano alle cooperative sociali previste dalla legge n. 381 del 1991.

 

Successivamente l’articolo 1, commi da 460 a 466, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), è intervenuto sulla stessa materia introducendo misure definitive (applicabili a decorrere dai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003[48]) analoghe a quelle di carattere transitorio contenute nel D.L. n. 63 del 2002.

La citata legge n. 311 del 2004 prende atto della distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative diverse da queste, introdotta dalla riforma del diritto societario. Per la prima categoria conferma, in misura più favorevole al contribuente[49], il parziale assoggettamento a tassazione degli utili destinati a riserva indivisibile. Conferma inoltre, negli stessi termini, la limitazione delle agevolazioni fiscali concesse dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973.

Gli utili destinati a riserva indivisibile delle società cooperative e loro consorzi, diverse da quelle a mutualità prevalente, sono assoggettati a tassazione in misura superiore[50] rispetto agli utili delle società rientranti nella prima categoria.

È stato infine posto un limite alla deducibilità degli interessi passivi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi sulle somme versate dai soci persone fisiche[51].

15. La disciplina regionale del volontariato

Le attività ed i requisiti delle organizzazioni del volontariato sono stati regolamentati in modo organico e diffuso da quasi tutte le regioni già prima dell'intervento della legge 11 agosto 1991, n. 266.

La successiva legislazione regionale (dal 1992 al 1995) disciplina, in linea con i principi della legge-quadro, gli aspetti organizzativi e generali dell’attività del volontariato:

§         attività e settori di intervento;

§         registro regionale (requisiti per l’iscrizioni, procedure per revisioni e cancellazioni);

§         convenzioni con gli enti pubblici, regione, enti strumentali della regione, enti locali (inclusi i criteri di priorità nella stipula delle convenzioni);

§         istituzione e disciplina degli organismi regionali (Consulta o Assemblea regionale e Osservatorio regionale per il volontariato).

L’impianto sostanziale delle leggi regionali non è stato modificato.

Solo alcune regioni e province autonome hanno recentemente emanato una nuova disciplina o apportato modifiche significative: Basilicata L.R. n. 1/2000, Emilia-Romagna L.R. 11/2005, Valle D’Aosta L.R. 16/2005; Provincia autonoma di Bolzano e Provincia autonoma di Trento[52].

Le attività del volontariato nella protezione civile sono generalmente disciplinate separatamente.

15.1. Le modifiche più recenti

La regione Emilia-Romagna ha cancellato l’elenco dei settori in cui possono operare le organizzazioni di volontariato, estendendo quindi il campo d’azione alle “più ampie finalità di carattere sociale, civile e culturale”.

Oltre il registro regionale, la legge prevede registri provinciali, in cui possono iscriversi le organizzazioni che non hanno rilevanza regionale. Sono invece organizzazioni di rilevanza regionale[53]:

Ø      le organizzazioni che operino in almeno quattro province del territorio regionale attraverso articolazioni locali strutturate su base associativa;

Ø      gli organismi di collegamento e coordinamento di sole organizzazioni di volontariato, di cui almeno dieci iscritte in almeno quattro registri provinciali.

I Centri di servizio per il volontariato (previsti dall’art. 15 della Legge 266/1991) sono stati istituiti recentemente dalle regioni Emilia-Romagna e Valle d’Aosta[54] con lo scopo di sostenere e qualificare l’attività di volontariato. I Centri in questione sono gestiti da organizzazioni di volontariato e finanziati dal Fondo regionale.

La regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e di Bolzano, hanno incluso nella nuova disciplina le associazioni di promozione sociale[55].

Organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale restano soggetti distinti, ma la disciplina generale (ad esempio, la disciplina delle convenzioni) è uguale per entrambe le tipologie.

Le norme prevedono registri distinti (è il caso di Trento, L.p. n. 8/1992, art. 3-bis e di Bolzano, L.p. n. 11/1993, art. 5, comma 10) o due diverse sezioni in un unico registro (Valle d’Aosta, L.r. n. art. 6).

15.2. Cenni sulla giurisprudenza costituzionale relativa al riparto di competenze legislative tra Stato e regioni.

La questione della competenza legislativa in relazione ai diversi aspetti della disciplina sul volontariato è stata affrontata dalla Corte costituzionale, prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con la sentenza n. 75/1992, in occasione dell’impugnativa della legge quadro n. 266 del 1991 da parte delle Province autonome di Trento e di Bolzano[56].

La disciplina del volontariato - afferma la Corte - non è attinente ad una “materia” intesa secondo il tradizionale riparto delle competenze tra Stato e Province autonome; in particolare, la Corte sostiene che: “Come schema generale di azione della vita di relazione, basato sui valori costituzionali primari della libertà individuale e della solidarietà sociale, il volontariato esige che siano stabilite, da parte del legislatore statale, le condizioni necessarie affinché sia garantito uno svolgimento dello stesso il più possibile uniforme su tutto il territorio nazionale (v. spec. sentt. nn. 49 del 1987, 217 del 1988 e 49 del 1991)”. Tale esigenza è avvertita con particolare riferimento “alla connotazione essenziale delle attività e delle organizzazioni operanti in tal campo, nonché in ordine alla definizione del tipo di rapporti che devono intercorrere tra le varie istanze del potere pubblico e le organizzazioni dei volontari e in ordine alla determinazione delle relative modalità dell'azione amministrativa”. Conclusivamente, la Consulta ha respinto il dubbio di legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha prospettato nei confronti della legge n. 266 del 1991, riconoscendo “che le disposizioni della predetta legge che contengono principi generali dell'ordinamento non possono non vincolare l'esercizio delle attribuzioni statutariamente affidate alla ricorrente, tanto a titolo di competenza esclusiva, quanto a quello di competenza concorrente”.

Più recentemente, con la sentenza n. 431/2005 la Corte ha deciso due ricorsi avverso una legge della Provincia autonoma di Bolzano e una legge della regione Marche recanti disposizioni sul servizio civile regionale e provinciale. La Corte censura due disposizioni della legge della Provincia autonoma di Bolzano[57] che disciplinano aspetti organizzativi e procedurali del servizio civile nazionale, invadendo la sfera di competenza statale[58]. Sono invece pienamente legittime le norme regionali e provinciali che prevedono un potere di programmazione e vigilanza, nonché criteri per l’approvazione dei progetti e degli interventi; le modalità di iscrizione all’albo regionale; la formazione dei volontari; nonché l’istituzione di un fondo.

 

Il contenuto delle proposte di legge

La proposta di legge A.C. 1171

L’A.C. 1171 composto da 17 articoli è diretto a modificare ed integrare la legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge-quadro sul volontariato), al fine di adeguare la stessa legge alla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione.

Secondo la relazione illustrativa, la finalità del progetto di legge è quella, da un lato, “di disciplinare dal punto di vista dell'ordinamento civile i rapporti delle organizzazioni di volontariato con lo Stato, dall'altro di adeguare le disposizioni relative alle regioni, di cui alla vecchia legge quadro, al nuovo riparto delle competenze delineato dal dettato costituzionale, eliminando quindi ciò che si ritiene superfluo”.

 

L’articolo 1 del provvedimento in esame sostituisce il titolo della legge n. 266 del 1991, recante ora “Norme in materia di organizzazioni di volontariato”.

 

L’articolo 2 sostituisce l’articolo 1 della stessa legge, concernente le finalità e l’oggetto. In particolare, il nuovo testo dell’articolo 1, in conformità ai principi di solidarietà, di uguaglianza e di sussidiarietà[59], riconosce il valore sociale e incentiva la funzione dell’attività di volontariato, come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, promuovendone lo sviluppo, l’autonomia e l’apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali (comma 1).

 

Il testo vigente dell’articolo 1 della legge n. 266 del 1991 sancisce che “La Repubblica italiana riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali”.

 

Il comma 2 stabilisce, altresì, che, è la stessa legge in esame a disciplinare, in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) e l) i profili civilistici e fiscali delle organizzazioni di volontariato[60] (comma 2).

 

L’articolo 3 modifica l'articolo 2 della richiamata legge quadro sul volontariato. In particolare, confermando il principio della gratuità dell'attività del volontario, al quale possono essere rimborsate dall'organizzazione di appartenenza soltanto le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, la norma in esame sottolinea che tale attività deve essere diretta al perseguimento dei fini di solidarietà indicati all’articolo 1, comma 1, della legge n. 266 del 1991 (come modificato dal progetto di legge).

E’ introdotta, inoltre, una maggiore discrezionalità delle organizzazioni di volontariato nella definizione dei rimborsi, effettuati in base a criteri (anziché “entro limiti”, come previsto nel testo vigente) preventivamente decisi dall’organizzazione stessa.

 

L’articolo 4 apporta diverse modifiche all'articolo 3 della legge-quadro sul volontariato.

In particolare, è inserito nell’impianto normativo il comma 1-bis, che estende la definizione di organizzazione di volontariato agli enti di coordinamento ed alle associazioni di organizzazioni di volontariato. Si specifica, altresì, che per enti di coordinamento e associazioni di organizzazioni di volontariato si intendono quei soggetti i cui enti coordinati o soci o le cui articolazioni territoriali sono organizzazioni di volontariato.

La norma in esame introduce, inoltre, anche il comma 1-ter, in cui si individuano, esplicitamente, i soggetti che non sono considerati organizzazioni di volontariato, ossia: i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria, le associazioni di promozione sociale, le associazioni che abbiano come finalità la tutela esclusiva degli interessi degli associati e tutte le associazioni che abbiano finalità diverse da quelle indicate all’articolo 1, comma 1.

L’articolo in esame sostituisce altresì il comma 3 del menzionato articolo 3 della legge n. 266 del 1991, individuando gli elementi essenziali che devono essere riportati negli accordi istitutivi, nell'atto costitutivoo nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume. Gli elementi in questione attengono all'assenza di fini di lucro, alla democraticità della struttura (con particolare riguardo all'affidamento delle cariche associative su base elettiva e delle cariche collegiali su base a maggioranza elettiva), alla gratuità delle cariche associative, alla gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, ai criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi e ai loro obblighi e diritti, all'obbligo di formazione del rendiconto.

Da ultimo, l’articolo in esame aggiunge all’articolo 3 della legge due nuovi commi:

-        il comma 3-bis, che, in relazione alla struttura complessa o alle finalità perseguite da talune organizzazioni di volontariato, contempla la possibilità del Ministro della solidarietà sociale, con proprio decreto, sentito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, di cui all'articolo 12 della legge, di derogare alle disposizioni riguardanti l'affidamento delle cariche associative su base elettiva e delle cariche collegiali su base a maggioranza elettiva;

-        il comma 3-ter, in base al quale, per le obbligazioni assuntedalle persone che rappresentano l'organizzazione di volontariato, i terzi creditori fanno valere i loro diritti sul patrimonio dell'organizzazione medesima, con rivalsa, solo in via sussidiaria, nei confronti delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione.

 

L’articolo 5 modifica il comma 2 dell'articolo 4 della legge, riguardante l’assicurazione degli aderenti ad organizzazioni di volontariato contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento di tali attività, nonché per la responsabilità civile verso i terzi. Al riguardo, la norma precisa che il decreto, che individua i meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche o collettive, e che disciplina i relativi controlli, sia emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (il testo vigente attribuisce tale competenza al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato).

 

L’articolo 6 modifica l'articolo 5 della legge, concernente le risorse economiche delle organizzazioni di volontariato e stabilisce ulteriori fonti di finanziamento, rispetto a quelle già previste dalla norma vigente. Quest’ultima prevede, tra le entrate delle organizzazioni di volontariato, le seguenti voci: contributi degli aderenti; contributi di privati; contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti; contributi di organismi internazionali; donazioni e lasciti testamentari; rimborsi derivanti da convenzioni; entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali. Le nuove fonti di finanziamento comprendono, in particolare:

-        contributi dell'Unione europea, delle regioni, degli enti locali, dei fondi speciali di cui all'articolo 15, finalizzati al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti e alla copertura delle spese di gestione;

-        rendite derivanti da patrimoni;

-        ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi previsti dalla legge.

 

L’articolo 7 inserisce l’articolo 6-bis, che istituisce il Registro delle organizzazioni di volontariato di carattere nazionale, presso la competente direzione generale del Ministero della solidarietà sociale (comma 1).

Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 6-bis, l’iscrizione a tale registro è riservata alle organizzazioni di volontariato che, direttamente o attraverso i propri enti coordinati o soci, ovvero le proprie articolazioni territoriali, siano iscritte nei registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome[61] in almeno sette regioni e siano presenti in almeno venti province.

Un decreto del Ministro della solidarietà sociale, sentito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, stabilisce le modalità di attuazione di tali disposizioni (comma 3).

 

L’articolo 8 abroga il comma 2 dell'articolo 7, riguardante le convenzioni che gli enti pubblici possono stipulare con le organizzazioni di volontariato. In particolare, non è più previsto che le convenzioni debbano contenere disposizioni dirette a garantire lo svolgimento con continuità delle attività oggetto della convenzione e il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Non sono inoltre più contemplate forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità, nonché le modalità di rimborso delle spese.

 

L’articolo 9 modifica l’articolo 8 della legge n. 266 del 1991, recante le agevolazioni fiscaliper gli atti posti in essere dalle associazioni di volontariato.

 

Si ricorda che in base all’articolo 10, comma 8, del decreto legislativo n. 460 del 1997, che disciplina le Onlus ed il loro regime fiscale, le organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 3 della legge n. 266/1991, iscritte negli appositi registri, sono considerate Onlus c.d “di diritto” e per esse sono espressamente fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991.

Le agevolazioni fiscali per gli organismi di volontariato attualmente vigenti, previste dall’articolo 8 della legge n. 266 del 1991, sono le seguenti:

§         gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro (comma 1 dell’articolo 8);

§         le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (comma 2).;

§         le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati (comma 2);

§         i proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG, ora sostituita dall’IRES), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. I criteri che definiscono la nozione di marginalità, che consente l’esenzione dall’imposta sulle persone giuridiche, sono stati fissati dal Ministro delle finanze con D.M 25 maggio 1995 (comma 4) .

Per tutte le Onlus vale poi la disposizione dell’articolo 105 del Testo Unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986), il quale dispone, in linea generale, che lo svolgimento delle attività istituzionali delle Onlus, nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale, non costituisce esercizio di attività commerciale, con l’esclusione delle sole società cooperative. La norma dispone, inoltre, che i proventi derivanti dall’esercizio delle attività connesse non concorrano alla formazione del reddito imponibile.

 

Il comma 1 dell’articolo in commento innova il regime fiscale delle associazioni di volontariato, proponendo una serie di modifiche puntuali all’articolo 8 della legge quadro.

Le modificazioni proposte sono le seguenti:

-              innanzitutto la modifica della rubrica dell’articolo 8 (“agevolazioni fiscali”), estendendone l’ambito anche ad “altre agevolazioni” (lett. a);

-              la letterab) e la lettera c) sostituiscono, rispettivamente, nei commi 1 e 2, le parole: “fini di solidarietà” con “i fini di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 1”: si tratta della condizione che prevede che per fruire delle agevolazioni fiscali le associazioni di volontariato debbano essere costituite esclusivamente per i fini indicati dalla proposta di legge in esame;

-              la lettera d) sostituisce il comma 4, confermando che i proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini delle imposte sui redditi, qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. Si fanno salvi i criteri di marginalità previsti nel decreto del Ministro delle finanze 25 maggio 1995, rinviando peraltro all’emanazione di un ulteriore decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, la fissazione di ulteriori criteri relativi al concetto di marginalità;

-              la lettera e) aggiunge all’articolo 8 il comma 4-bis, il qualeprevede che,fermi restando i diritti e le agevolazioni previsti dagli articoli 24, comma 1, 28, 31, comma 1, e 32 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, recante disciplina delle associazioni di promozione sociale, in favore delle organizzazioni di volontariato si applichino anche le agevolazioni, non fiscali, di cui all'articolo 24, commi 2 e 3, e 31, comma 2, della medesima legge n. 383 del 2000. Si tratta dei benefici per l’accesso al credito agevolato (art. 24) e della possibilità di ottenere dal sindaco autorizzazioni temporanee alla somministrazione di alimenti e bevande (art. 31, comma 2), in deroga ai criteri e parametri di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 25 agosto 1991, n. 287, recante la normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi[62].

 

Per quanto riguarda il credito agevolato l’articolo 24, comma 2, dispone che i crediti delle associazioni di promozione sociale per i corrispettivi dei servizi prestati e per le cessioni di beni abbiano privilegio generale sui beni mobili del debitore ai sensi dell'articolo 275-bis del codice civile. Il successivo comma 3 dispone che tali crediti siano collocati, nell'ordine dei privilegi, subito dopo i crediti di cui alla lettera c) del secondo comma dell'articolo 2777 del codice civile.

L’articolo 31, comma 2, prevede, invece, che alle associazioni di promozione sociale, in occasione di particolari eventi o manifestazioni, il sindaco possa concedere autorizzazioni temporanee alla somministrazione di alimenti e bevande in deroga ai criteri e parametri di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 25 agosto 1991, n. 287. Tali autorizzazioni sono valide soltanto per il periodo di svolgimento delle predette manifestazioni e per i locali o gli spazi cui si riferiscono e sono rilasciate alla condizione che l'addetto alla somministrazione sia iscritto al registro degli esercenti commerciali.

Circa le altre agevolazioni, non fiscali, previste dalla legge n. 383 del 2000 di cui beneficiano attualmente le organizzazioni di volontariato, e fatte salve dal nuovo comma 4-bis, si ricorda che esse sono disciplinate dalle seguenti norme:

-               l’articolo 24, comma 1, ove si prevede che le provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme per le cooperative e i loro consorzi siano estese alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato iscritte nei rispettivi registri che, nell'àmbito delle convenzioni di cui all'articolo 30, abbiano ottenuto l'approvazione di uno o più progetti di opere e di servizi di interesse pubblico inerenti alle finalità istituzionali;

-               l’articolo 28, che disciplina le iniziative per l'accesso delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato ai finanziamenti del Fondo sociale europeo e ai finanziamenti comunitari;

-               l’articolo 31, recante norme sulle strutture e sulle autorizzazioni temporanee per manifestazioni pubbliche, il quale prevede al comma 1 che le amministrazioni statali, con le proprie strutture civili e militari, e quelle regionali, provinciali e comunali possano prevedere forme e modi per l'utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato, nel rispetto dei princìpi di trasparenza, di pluralismo e di uguaglianza;

-               l’articolo 32, relativo alle strutture per lo svolgimento delle attività sociali, il quale prevede che lo Stato, le regioni, le province e i comuni possano concedere in comodato beni mobili ed immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali, alle associazioni di promozione sociale e alle organizzazioni di volontariato, per lo svolgimento delle loro attività istituzionali.

 

-              la stessa lettera e) inserisce altresì, all’articolo 8 della legge quadro, il nuovo comma 4-ter, il quale prevede che, ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni), la Presidenza del Consiglio dei ministri può indicare tra i messaggi di utilità sociale messi in onda dalla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo quelli segnalati dall'Osservatorio nazionale per il volontariato, qualora rientrino nei criteri generali prefissati ai sensi della medesima legge n. 150 del 2000.

 

In particolare, l’articolo 3 della legge 150 stabilisce che la Presidenza del Consiglio dei Ministri determini i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito, cui sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l'uno per cento dell'orario settimanale di programmazione di ciascuna rete. L’articolo inoltre attribuisce la facoltà, alle emittenti private, radiofoniche e televisive, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti. Anche le concessionarie radiotelevisive possono trasmettere messaggi di utilità sociale, esclusivamente per finalità di interesse sociale. In questi casi, i messaggi sono esclusi dal computo degli indici di affollamento giornaliero e orario. I messaggi possono essere trasmessi gratuitamente oppure ad un prezzo non superiore al 50 per cento di quello risultante dal listino ufficiale indicato dalla concessionaria.

 

Il secondo comma dell’articolo in commento modifica il primo comma dell'articolo 6 della legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva), includendo le organizzazioni di volontariato, iscritte nel registro statale e nei registri delle regioni e delle province autonome, tra i soggetti destinatari di una riserva dei tempi dedicati alle trasmissioni radiofoniche e televisive.

 

Il primo comma dell’articolo 6 della citata legge n. 103 del 1975 riserva, per apposite trasmissioni, tempi non inferiori al 5 per cento del totale delle ore di programmazione televisiva e al 3 per cento del totale delle ore di programmazione radiofonica, distintamente per la diffusione nazionale e per quella regionale, ai partiti ed ai gruppi rappresentati in Parlamento, alle organizzazioni associative delle autonomie locali, ai sindacati nazionali, alle confessioni religiose, ai movimenti politici, agli enti e alle associazioni politiche e culturali, alle associazioni nazionali del movimento cooperativo giuridicamente riconosciute, alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale e regionali, ai gruppi etnici e linguistici e ad altri gruppi di rilevante interesse sociale che ne facciano richiesta.

 

L’articolo 10 sostituisce il comma 1 dell'articolo 9della legge quadro sul volontariato, recante norme per la valutazione dell’imponibile ai fini delle imposte sui redditi, prevedendo che alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 si applichino le disposizioni di cui all'articolo 148, comma 1, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi[63].

 

Il citato articolo 9, comma 1, della legge quadro sul volontariato prevede, attualmente, che alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri si applichino le disposizioni di cui all'articolo 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598 , come sostituito dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1982, n. 954 . Si tratta di riferimenti normativi obsoleti: si ricorda, infatti, che il D.P.R. 598 del 1973 è stata la norma istitutiva dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG); tale D.P.R. è stato successivamente abrogato e sostituito dal Testo Unico delle imposte sui redditi nel 1986. Attualmente l’IRPEG – con la riforma dell’imposizione sulle persone giuridiche attuata dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 – è stata sostituita dall’imposta sul reddito delle società (IRES), tuttora disciplinata nel TUIR, con le modifiche apportate dal decreto legislativo citato.

L’articolo 20, primo comma, del D.P.R. n. 597 del 1973 recava l’indicazione dei componenti dell’imponibile degli enti non commerciali, prevedendo che le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di contributo o quote associative, ad eccezione di quelle corrisposte per specifiche prestazioni rese a tali soggetti nell'esercizio di attività commerciali, non concorressero a formare il reddito imponibile degli enti.

 

L’articolo in esame provvede, quindi, ad aggiornare il riferimento normativo per la valutazione dell’imponibile ai fini delle imposte sui redditi, rinviando correttamente all’articolo 148, comma 1, secondo periodo del TUIR, il quale reca ora le disposizioni per gli enti di tipo associativo. Tale norma, analogamente a quanto disponeva il D.P.R. n. 597 del 1973,conferma chele somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.

 

L’articolo 11 sostituisce l’articolo 12 della legge n. 266 del 1991 e interviene sulla composizione e sui compiti dell’Osservatorio nazionale per il volontariato presieduto dal Ministro della solidarietà sociale.

In primo luogo, la nuova formulazione del citato articolo 12, nel confermare l’Osservatorio, quale organo consultivo del Ministro, prevede che esso sia istituito con decreto del Ministro medesimo (il testo vigente demanda tale competenza al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari sociali). Le nuove norme ampliano, inoltre, sino a venti, il numero dei componenti dell’Osservatorio (attualmente sono 10, oltre a due esperti e tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative). I membri in questione sono scelti per metà tra le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro di cui all’articolo 6-bis e per l’altra metàtra le altre organizzazioni di volontariato. Tale composizione è integrata altresì da due esperti, da un membro in rappresentanza dei centri di servizio ed uno in rappresentanza dei comitati di gestione. Si prevede, tra l’altro, che, alle sedute dell'Osservatorio, possono essere invitati, in relazione alle tematiche trattate, altri membri senza diritto di voto e, in particolare, un membro designato dall'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al decreto del Presidente del Consiglio di ministri 26 settembre 2000, un membro designato dall'Associazione delle casse di risparmio italiane, tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, tre rappresentanti delle regioni e degli enti locali (comma 1).

 

Si segnala che con riferimento al primo periodo del comma 1 del nuovo articolo 12 della legge n. 266 del 1991 (di cui al comma 1 dell’articolo 11 del progetto di legge in esame) potrebbe risultare utile una riformulazione ai fini di una migliore comprensione della composizione dell’Osservatorio per il volontariato.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 12 della legge n. 266 del 1991 stabilisce che l’Osservatorio si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi forniti dalla competente direzione generale del Ministero della solidarietà sociale[64], dura in carica tre anni e adotta uno specifico regolamento per il suo funzionamento.

Risultano riformulate anche le disposizioni concernenti le attribuzioni dell’Osservatorio, al quale spettano ora:

 

Ai sensi del vigente articolo 12 della legge n. 266 del 1991, il suddetto Osservatorio assolve alle seguenti funzioni:

a)  provvedere al censimento delle organizzazioni di volontariato ed alla diffusione della conoscenza delle attività da esse svolte;

b)  promuovere ricerche e studi in Italia e all'estero;

c)  fornire ogni utile elemento per la promozione e lo sviluppo del volontariato;

d)  approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;

e)  offrire sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche-dati nei settori di competenza;

f)   pubblicare un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali;

g)  sostenere, anche con la collaborazione delle regioni, iniziative di formazione ed aggiornamento per la prestazione dei servizi;

h)  pubblicare un bollettino periodico di informazione e promuovere altre iniziative finalizzate alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;

i)   promuovere, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli operatori interessati.

 

Per il finanziamento dei compiti dell’Osservatorio è previsto l’impiego delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali[68]. Al fine di realizzare gli obiettivi individuati nel nuovo articolo 12 della legge quadro sul volontariato, è disposta, infine, un’autorizzazione di spesa annuale nel limite massimo di 3. 500.000 euro (comma 4).

 

L’articolo 12 della proposta di legge in esame, che modifica l’articolo 13 della legge n. 266 del 1991, fa salva l’operatività della normativa sul volontariato non contemplata dalla citata legge quadro, abrogando tuttavia l’esplicito riferimento alle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, alla protezione civile e al servizio civile sostitutivo contenuto nel testo vigente.

 

L’articolo 13, in considerazione della riformulazione dell’articolo 12 della legge n. 266 del 1991, abroga l’articolo 14 della stessa legge, concernente le autorizzazioni di spesa e la copertura finanziaria per il funzionamento del citato Osservatorio e della Conferenza nazionale del volontariato.

 

L’articolo 14 modifica l’articolo 15 della legge quadro che prevede la destinazione di una somma, da parte delle casse di risparmio, alla costituzione di fondi speciali presso le regioni per la realizzazione di centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato.

Le modifiche apportate riguardano, innanzi tutto, la riformulazione della rubrica dell’articolo 15, che passa da “Fondi speciali presso le Regioni” a “Fondi speciali di ambito territoriale regionale” (lettera a).

Sono sostituiti, inoltre, i commi 2 e 3 dello stesso articolo 15 (lettera b).

Il nuovo comma 2 prevede che gli enti di cui al comma 1 dell’articolo 15 (ossia le fondazioni di origine bancaria) debbano, in sede di approvazione dei bilanci consuntivi, ripartire le risorse nel seguente modo:

a)      il 50 per cento deve essere destinato al fondo speciale di cui all’articolo 15-bis, costituito presso l’ambito territoriale regionale in cui si trova la sede legale degli enti;

b)      il 30 per cento è devoluto a uno o più fondi speciali, scelti liberamente dai medesimi enti,

c)      il 20 per cento è attribuito ad un fondo perequativo nazionale istituito presso il Ministero della solidarietà sociale, al fine di integrare i fondi speciali costituiti presso ciascun ambito territoriale regionale, destinatari di accantonamenti di minore entità effettuati ai sensi delle lettere a) e b).

 

Si ricorda che, ai sensi del comma 1 del suddetto articolo 15, gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 (Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio)[69], devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi sia destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.

Gli enti cui il citato comma 1 dell’articolo 15 fa riferimento sono quelli che hanno perso l’originaria natura creditizia, in quanto hanno conferito tale attività ad una azienda bancaria. Tali enti, anche ai sensi della nuova disciplina introdotta dal decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, sono da individuare nelle Fondazioni bancarie (in cui sono confluite le finalità di interesse pubblico e di utilità sociale delle Casse di risparmio, così come delle Banche dei monti di credito su pegno), che si qualificano come persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale.

Il testo vigente del comma 2 prevede che le casse di risparmio (che non abbiano ancora provveduto al conferimento dell'azienda bancaria), fino a quando non hanno proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui all'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 356 del 1990, devono destinare alla costituzione dei suddetti fondi speciali una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficenza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25 aprile 1929, n. 967, e successive modificazioni.

 

Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale relativa alla destinazione, da parte delle fondazioni di origine bancaria, di una quota dei proventi in favore di appositi fondi speciali a carattere regionale, si segnalano le sentenze 31 dicembre 1993, n. 500 e 29 settembre 2003, n. 301.

Con la prima sentenza, la Corte costituzionale, nel ripercorrere l’inquadramento costituzionale del volontariato già delineato nella sentenza 17 febbraio 1992, n. 75, ha rigettato le censure che lamentavano l’incostituzionalità dell’obbligo posto in capo ai predetti enti di destinare una quota dei proventi al sostegno dei fondi speciali, obbligo che potrebbe mascherare, tra l’altro, un sostanziale “tributo di scopo”. Al riguardo, la Corte ha rilevato che “nell'operare all'interno dei limiti indicati, la legge ha rispettato in modo sufficientemente equilibrato l'ambito di autonomia decisionale e statutaria degli enti […] senza un'eccessiva compressione quantitativa e di gestione degli stessi”. Secondo la Corte, peraltro, nonostante le lacune della vigente normativa (già segnalate nella sentenza 8 luglio 1992, n. 355) il meccanismo stabilito dall’articolo 15 della legge n. 266 del 1991 è compatibile con la natura degli enti in questione, ove si consideri “che le somme di cui alla disposizione impugnata sono contabilizzate presso fondi amministrati da un comitato composto in maggioranza da rappresentanti degli enti finanziatori”.

Con la sentenza n. 301 del 2003, la Corte ha peraltro ribadito tale indirizzo, sottolineando, in tema di autonomia gestionale e statutaria delle fondazioni, che “La destinazione ed il concreto impiego dei rilevanti mezzi finanziari di pertinenza delle fondazioni devono restare affidati alla autodeterminazione delle stesse, salva anche a tal proposito l'ammissibilità di forme di coordinamento compatibili con la natura di persone private delle fondazioni”.

 

Si segnala che il nuovo comma 2 dell’articolo 15 fa riferimento “agli enti di cui al comma 1”: poiché il citato comma 1 della legge quadro sul volontariato identifica tali enti richiamando, a sua volta, delle norme abrogate, sembrerebbe opportuna una precisazione in merito agli enti cui la norma intende riferirsi, al fine di chiarire la portata della disposizione e di assicurarne un miglior coordinamento con la normativa vigente.

 

Il comma 3 prevede, inoltre, che un apposito decreto del Ministro della solidarietà sociale, adottato dopo aver sentito l'Osservatorio per il volontariato e l'Associazione delle casse di risparmio italiane, stabilisce, annualmente, la ripartizione del fondo perequativo tra i fondi speciali costituiti in ambito regionale, tenuto conto, fra l'altro, della dotazione dei fondi medesimi, della popolazione residente e del numero di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di ciascuna regione.

 

Il testo vigente del comma 3 dell’articolo 15 stabilisce che le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2, sono stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della legge nella Gazzetta ufficiale[70].

 

L’articolo 15 inserisce gli articoli 15-bis e 15-ter, riguardanti rispettivamente l’istituzione di comitati di gestione e dei centri di servizio per il volontariato.

Ai sensi dell’articolo 15-bis, presso ogni ambito regionale è istituito un fondo speciale nel quale sono contabilizzati gli importi segnalati ai comitati di gestione dagli enti di cui all’articolo 15 (casse di risparmio) nonché gli importi assegnati sulla base della ripartizione annuale del Fondo perequativo previsto dall’articolo 15 così come riformulato dal progetto di legge. Tali somme costituiscono patrimonio separato, avente speciale destinazione. Esse sono disponibili in misura non inferiore al 60 per cento per i centri di servizio di cui al nuovo articolo 15-ter (v. infra) e nella misura restante per le spese di attività di cui al comma 4, lettera g), del presente articolo, e per le spese di funzionamento del comitato di gestione (comma 1)

Ciascun fondo speciale è amministrato da un comitato di gestione (di natura privatistica) avente la seguente composizione: un membro in rappresentanza della regione; quattro rappresentanti delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6, eletti da assemblee elettive di volontari regionali, ovvero, ove queste non siano operanti, nominati secondo le previsioni delle disposizioni regionali o provinciali in materia; un membro nominato dal Ministro della solidarietà sociale; sette membri nominati dagli enti di cui all'articolo 15; un membro nominato dall'Associazione delle casse di risparmio italiane; un membro in rappresentanza degli enti locali della regione (comma 2).

Il comma 3 precisa che il comitato di gestione resta in carica tre anni e che la carica di membro del comitato è gratuita e consente solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute per partecipare alle riunioni. Per quanto concerne le deliberazioni, il predetto comitato può pronunciarsi quando sia stata nominata la metà più uno dei componenti.

Al comitato di gestione sono affidati i seguenti compiti:

§         istituzione dei centri di servizio di cui all’articolo 15-ter con provvedimento motivato e sulla base di criteri adeguatamente pubblicizzati;

§         istituzione dell’elenco regionale dei centri di servizio;

§         iscrizione e cancellazione dei centri medesimi dall’elenco regionale;

§         controllo e applicazione di sanzioni nei confronti dei centri di servizio;

§         nomina di un membro degli organi deliberativi e di un membro degli organi di controllo dei centri di servizio;

§         riparto annuale, tra i centri di servizio regionali, di una quota non inferiore al 60 per cento delle somme iscritte nel fondo speciale di cui al nuovo articolo 15-bis: tale somma deve comunque assicurare ai centri di servizio lo svolgimento delle attività di competenza;

§         riparto annuale, tra le organizzazioni di volontariato, della quota residua delle risorse iscritte nel suddetto fondo speciale, dedotti l'importo di cui alla lettera f) (60 per cento) e la quota destinata alla copertura delle spese di funzionamento. Tale riparto è effettuato, sentiti i centri di servizio, sulla base di programmi di attività presentati dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali anche in forma associata, tramite i centri di servizio. Il comitato di gestione ripartisce la quota con riferimento agli ambiti di intervento individuati dai centri di servizio nei programmi annuali.

Il nuovo articolo 15-ter prevede, invece, che le organizzazioni di volontariato, anche tramite istanza congiunta con gli enti locali e gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 15, possono richiedere al comitato di gestione competente la costituzione di centri di servizio, a disposizione delle organizzazioni di volontariato e da queste gestiti (comma 1). I centri di servizio sono finalizzati a sostenere e qualificare l'attività di volontariato; conseguentemente, essi erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte e non iscritte nei registri di cui agli articoli 6 e 6-bis (comma 2).

La definizione delle modalità di attuazione delle norme di cui agli articoli 15, 15-bis e 15-ter è demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale (comma 3), da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge.

Le spese per il funzionamento dei comitati di gestione e dei centri di servizio sono sostenute utilizzando le risorse di cui al decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997[71], recante Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni (comma 4).

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1 del citato decreto ministeriale, gli enti di cui all'art. 12, comma 1, del decreto legislativo n. 356 del 1990 e le casse di risparmio ripartiscono annualmente le somme di cui all'art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, destinandone:

a) il 50 per cento al fondo speciale costituito presso la regione ove i predetti enti e casse hanno sede legale;

b) il restante 50 per cento ad uno o a più altri fondi speciali, scelti liberamente dai suddetti enti e casse.

La suddetta ripartizione è effettuata dagli enti in sede di approvazione del bilancio consuntivo e dalle casse di risparmio, all'atto dell'approvazione del bilancio di esercizio. Entro un mese dall'approvazione di tali bilanci gli enti e le casse segnalano al comitato di gestione, cui spetta l’amministrazione di ciascun fondo speciale, l'ammontare delle somme assegnate alle singole regioni.

Lo stesso decreto, oltre a disciplinare i fondi speciali presso le regioni e l’attività dei relativi comitati di gestione, individua le competenze e le modalità di funzionamento dei Centri di servizio.

Le spese di funzionamento dei comitati di gestione, nella misura strettamente necessaria per la copertura delle spese annualmente previste per l'assolvimento delle funzioni di cui allo stesso decreto ministeriale, sono poste a carico dei centri di servizio istituiti presso ogni regione, proporzionalmente alle somme di cui all'art. 15 della legge n. 266 del 1991 , attribuite ai centri medesimi. A tal fine annualmente i comitati di gestione prelevano le somme necessarie dai fondi accantonati dagli enti e dalle casse di cui al comma 1 dell'art. 1 con imputazione alla contabilità preventiva e consuntiva dei centri di servizio. La documentazione relativa alle spese sostenute è conservata presso il comitato di gestione (art. 2, comma 4).

Il decreto stabilisce, altresì, che gli enti e le casse in questione depositano presso banche da loro scelte, a favore del comitato di gestione e di ciascun centro di servizio, gli importi di rispettiva pertinenza comunicati annualmente dal comitato di gestione. I comitati di gestione e i centri di servizio prelevano le somme necessarie al proprio funzionamento sulla base degli impegni di spesa previsti (art. 5, comma 1).

 

L’articolo 16 abroga le norme transitorie e finali recate dall’articolo 16 della citata legge n. 266 del 1991.

 

L’articolo in questione, nel far salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, stabilisce che le regioni provvedono ad emanare o adeguare le norme per l'attuazione dei principi contenuti nella legge medesima entro un anno dalla sua entrata in vigore.

 

L‘articolo 17 modifica l’articolo 17della predetta legge n. 266 del 1991, riguardante la flessibilità oraria per i lavoratori che facciano parte di organizzazioni di volontariato.

Le nuove disposizioni prevedono, in particolare, la modifica del comma 1 del citato articolo, estendendo ai lavoratori che facciano parte di organizzazioni a carattere nazionale iscritte nei registri di cui all'articolo 6-bis (oltre che di quelle iscritte nei registri di cui al comma 6), il diritto di usufruire delle forme di flessibilità dell’orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale.

La norma in commento introduce altresì un nuovo comma 1-bis, che contempla la concessione di permessi non retribuiti per gli organi di direzione delle organizzazioni a carattere nazionale nella misura e alle condizioni fissate dai contratti collettivi.

 

La proposta di legge A.C.1386

 

Il progetto di legge A.C. 1386, costituito da 18 articoli, è diretto a modificare ed integrare la legge 11 agosto 1991, n. 266 (legge-quadro sul volontariato).

 

L'articolo 1 della proposta di leggesostituisce il comma 1 dell’articolo 1 della citata legge n. 266 del 1991, concernente le finalità e l’oggetto della legge.

In particolare, la nuova formulazione del predetto comma 1, nel confermare il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, promuovendone lo sviluppo e l'autonomia, precisa altresì che la Repubblica italiana ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile, culturale e di promozione e tutela dei diritti dei cittadini, nonché la collaborazione con le istituzioni alla programmazione delle politiche sociali, sanitarie, ambientali, culturali e quelle inerenti i diritti civili.

L’articolo in esame introduce, poi, il comma 2-bis, il quale inserisce, tra le finalità della legge, anche quella di favorire il formarsi di nuove organizzazioni di volontariatoe di consolidare le organizzazioni già esistenti in conformità agli obiettivi sopra indicati.

 

L'articolo 2 sostituisce i commi 1 e 2 dell’articolo 2 della legge n. 266 del 1991, che definisce alcuni principi relativi all’attività di volontariato.

Per quanto concerne il comma 1, la nuova formulazione conferma i principi della personalità, spontaneità e gratuità delle prestazioni del volontario, nonché dell’assenza di fini di lucro anche indiretto, precisando tuttavia che tali attività devono essere volte al perseguimento delle finalità di cui all’articolo 1, comma 1, come modificato dalla proposta di legge in esame.

Per quanto attiene al comma 2, si ribadisce che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo, neppure dal beneficiario, e che possono essere rimborsate dall'organizzazione di appartenenza soltanto le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, attribuendo all'organizzazione ampia discrezionalità nella definizione preventiva delle modalità e dei limiti dei citati rimborsi. La nuova formulazione del comma in esame prevede, altresì, che le somme percepite dal volontario a titolo di rimborso delle spese non costituiscono reddito imponibile ai fini fiscali.

 

L'articolo 3 apporta una serie di modifiche all’articolo 3 della legge n. 266 del 1991, che detta disposizioni in materia di organizzazioni di volontariato.

In particolare, viene integrato il comma 1 del suddetto articolo 3, estendendo la definizione di organizzazione di volontariatoanche al coordinamento o federazione di organismi.

L’articolo in esame inserisce, altresì, il comma 2-bis, in cui definisce, esplicitamente, i soggetti che non rientrano nel novero delle organizzazioni di volontariato, ossia: i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria, le associazioni di promozione sociale e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.

Il medesimo articolo sostituisce, infine, il comma 3, prevedendo che le organizzazioni di volontariato si costituiscono con atto scritto, con indicazione della sede legale. Si stabiliscono, altresì, gli elementi che devono essere espressamente indicati nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume. Si tratta, in particolare, delle seguenti voci: a) la denominazione; b) l'oggetto sociale; c) l'assenza di fini di lucro; d) l'attribuzione della rappresentanza legale; e) le norme sull'ordinamento interno ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli aderenti, con la previsione dell'elettività delle cariche associative; f) la gratuità delle cariche associative e delle prestazioni fornite dagli aderenti, con la possibilità di prevedere una deroga (nell'atto costitutivo o nello statuto) per il responsabile di organizzazioni di carattere nazionale, iscritte nel registro di cui all'articolo 5-bis; g) i criteri per l'ammissione e l'esclusione degli aderenti nonché i loro obblighi e diritti; h) la redazione del bilancio, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti; i) le modalità di scioglimento dell'organizzazione[72]

 

L'articolo 4 reca diverse e puntualimodifiche all'articolo 5 della citata legge n. 266 del 1991, riguardante le risorse economiche delle organizzazioni di volontariato.

A seguito di tali modifiche, il nuovo testo del comma 1 del suddetto articolo 5 reca tra le risorse economiche delle organizzazioni di volontariato:

·         le quote (oltre che i contributi) degli aderenti;

·         i contributi delle regioni e degli enti locali, oltre ai già previsti contributi dello Stato, di enti o di istituzioni pubbliche finalizzati esclusivamente al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti;

·         i contributi dell’Unione europea, oltre a quelli (già indicati nel testo vigente) di organismi internazionali;

·         entrate (il testo vigente fa riferimento a “rimborsi”) derivanti da convenzioni;

·         rendite derivanti da patrimoni (voce di entrata non presente nel testo vigente);

·         entrate derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste e sottoscrizioni anche a premi (voce di entrata non presente nel testo vigente);

·         ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi e compatibile con le finalità della legge (voce di entrata non presente nel testo vigente).

L’articolo in esame abroga altresì i commi 2 e 3 dell’articolo 5 della predetta legge n. 266 del 1991.

 

Il citato comma 2 prevede che le organizzazioni di volontariato, prive di personalità giuridica, iscritte negli appositi registri, possono acquistare beni mobili registrati e beni immobili per lo svolgimento della propria attività, nonché, in deroga agli articoli 600 e 786 del codice civile, accettare donazioni e, con beneficio d'inventario, lasciti testamentari, destinando i beni ricevuti e le loro rendite esclusivamente al conseguimento delle finalità previste dagli accordi, dall'atto costitutivo e dallo statuto.

Il comma 3 stabilisce, invece, che i beni acquisiti sono intestati alle organizzazioni e che, ai fini della trascrizione, si applicano gli articoli 2659 e 2660 del codice civile.

 

Risulta modificato anche il comma 4 del citato articolo 5: si prevede, infatti, che, in caso di scioglimento, cessazione o estinzione delle organizzazioni di volontariato, i beni che residuano dalla liquidazione sono devoluti ad altre organizzazioni di volontariato operanti in identico settore (e non più in “analogo settore”, come nella formulazione vigente).

 

 L'articolo 5 introduce, al comma 1, l'articolo 5-bis nella legge n. 266 del 1991.

Ai sensi di tale articolo aggiuntivo, è istituito, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale, al quale possono iscriversi le organizzazioni in possesso dei requisiti indicati dall’articolo 3 della legge (comma 1).

Le organizzazioni di volontariato in questione (oltre che i relativi coordinamenti e federazioni) devono essere presenti in almeno cinque regioni e in almeno venti province (comma 2).

L'iscrizione nel registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale determina l’automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale (comma 3).

Le procedure di iscrizione e di cancellazione nonché di revisione periodica del registro (ai sensi della legge 7 agosto 1991, n. 241 e successive modificazioni) sono disciplinate con regolamento del Ministro della solidarietà sociale (comma 4), che stabilisce altresì i termini per la conclusione di tali procedimenti e, nel caso in cui siano inutilmente decorsi, prevede l’istituto del silenzio assenso (comma 5).

L’iscrizione nel registro rappresenta condizione necessaria per stipulare le convenzioni e per usufruire dei benefìci previsti dalla legge statale e dalle leggi regionali (comma 6).

Il comma 7 disciplina i rimedi avverso i provvedimenti di rifiuto di iscrizione e di cancellazione, prevedendo, in tali casi, il ricorso in via amministrativa al Ministro della solidarietà sociale (che decide previo parere vincolante dell’apposito Osservatorio nazionale). I medesimi provvedimenti possono essere impugnati, in ogni caso, entro due mesi, con ricorso al tribunale amministrativo regionale, che decide, in camera di consiglio, entro un mese dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, sentiti i difensori delle parti che lo richiedano. La decisione del tribunale è appellabile, entro un mese dalla notifica, al Consiglio di Stato.

Il comma 2 dell’articolo 5 in esame, prevede altresì che il regolamento del Ministro della solidarietà sociale finalizzato alla disciplina delle procedure di iscrizione e cancellazione, oltre che di revisione periodica, è adottato entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge.

 

L'articolo 6 modifica i commi 1, 2 e 6 dell’articolo 6 della citata legge quadro sul volontariato, concernente i Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome.

In particolare, il comma 1 del suddetto articolo è riformulato, demandando alle regioni e alle province autonome la disciplina concernente l'istituzione e la tenuta dei registri regionali e provinciali delle organizzazioni di volontariato non a carattere nazionale (in luogo degli attuali registri generali delle organizzazioni di volontariato).

Il nuovo testo del comma 2 statuisce, invece, che l'iscrizione ai registri è condizione necessaria non solo per accedere ai contributi pubblici, per stipulare le convenzioni e per beneficiare delle agevolazioni fiscali, ma anche per usufruire di ogni altro tipo di beneficio previsto dalla legislazione vigente.

Sono aggiunti, inoltre, ulteriori periodi al comma 6. In particolare, si prevede che il Ministro della solidarietà sociale invia annualmente alle regioni copia aggiornata del registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale. Il Ministro e le regioni compiono, quindi, controlli periodicivolti a verificare che le organizzazioni di volontariato rispondano ai requisiti richiesti per permanere nei rispettivi registri.

 

L'articolo 7 modifica l’articolo 7 della legge in esame, concernente la stipula di convenzioni tra lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici e le organizzazioni di volontariato.

In particolare, risulta modificato il comma 1 del predetto articolo 7, prevedendo la possibilità che tali convenzioni siano stipulate, oltre che con le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6, anche con le organizzazioni iscritte nei registri di cui al nuovo articolo 5-bis. Si conferma, inoltre, che le organizzazioni in questione devono essere iscritte nei menzionati registri da almeno sei mesi e dimostrare attitudine e capacità operativa (lettera a).

Risulta altresì modificato il comma 2 dello stesso articolo 7, la cui nuova formulazione stabilisce che gli strumenti di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità (previsti nelle citate convenzioni), devono essere idonei a garantire il coinvolgimento degli utenti, “in una logica di responsabilizzazione dei destinatari delle attività di volontariato[73].

 

L'articolo 8 introduce nel testo della legge n. 266 del 1991, l'articolo 8-bis, in materia di tributi locali, prevedendo la possibilità per gli enti locali (esclusi quelli in condizioni di dissesto ai sensi dell’articolo 244 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) di ridurre i tributi che rientrano nella loro competenza nei confronti delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6 della medesima legge.

 

Ai sensi del citato articolo 244, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui agli articoli 193 e 194 dello stesso decreto.

 

L’articolo 9 modifica l’articolo 9 della legge in esame, riguardante la valutazione dell’imponibile, estendendo, alle organizzazioni di volontariato di cui al nuovo articolo 5-bis (organizzazioni di volontariato a carattere nazionale), l’applicazione delle disposizioni dettate dall'articolo 20, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 598 (già applicate nei confronti delle organizzazioni di cui all’articolo 6 delle legge quadro sul volontariato)[74].

 

L'articolo 10 introduce l'articolo 9-bis nella legge in esame, che stabilisce, per le organizzazioni di volontariato, l'erogazione di benefìci in materia di lavoro, attraverso la flessibilità dell'orario e nuove forme di organizzazione.

In particolare, il nuovo articolo 9-bis prevede che i lavoratori aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte negli appositi registri nonché alle associazioni di promozione sociale (di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383), usufruiscano, al fine di espletare le attività previste dalle convenzioni con gli enti pubblici, di forme di flessibilità dell'orario e dell’organizzazione del lavoro, quali part-time reversibile, telelavoro, lavoro a domicilio, flessibilità sui turni, orario concentrato, sempre secondo la disciplina prevista dai contratti o dagli accordi collettivi (comma 1).

Il comma 2 del citato articolo 9-bis attribuisce, inoltre, a un rappresentante, per ciascuna delle suddette organizzazioni di volontariato ed associazioni di promozione sociale, che ricopra cariche dirigenziali elettive a carattere nazionale, il beneficio del collocamento in aspettativa non retribuita per l’intera durata del mandato.

I periodi della predetta aspettativa sono utili ai fini della copertura assicurativa obbligatoria, e, in particolare, ai fini del diritto e della misura della pensione, a carico delle gestioni previdenziali di appartenenza, ivi comprese quelle riservate ai lavoratori autonomi (comma 3).

La verifica dei requisiti per l’accesso ai benefici sopra indicati è affidata agli enti previdenziali, i quali, accertata la sussistenza del diritto all’aspettativa o alla sospensione dell’attività, provvedono all’accredito della contribuzione figurativa corrispondente alla retribuzione della categoria e alla qualifica professionale posseduta, di volta in volta adeguata alle dinamiche salariali e di carriera. E’ prevista la possibilità di accredito ad integrazione, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 (comma 4).

 

L’articolo 3, comma 5, del decreto legislativo n. 564 del 1996 (Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione) stabilisce che può essere versata, facoltativamente, una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attività sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa ai sensi dell'art. 31 della legge n. 300 del 1970 (si tratta dell’aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali) e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo di cui all'art. 8, ottavo comma, della legge n. 155 del 1981. Tale facoltà può essere esercitata dall’organizzazione sindacale, previa richiesta di autorizzazione al regime pensionistico di appartenenza del lavoratore. Il contributo aggiuntivo va versato entro lo stesso termine previsto per la domanda di accredito figurativo ed è pari all'aliquota di finanziamento del regime pensionistico a cui il lavoratore è iscritto ed è riferito alla differenza tra le somme corrisposte dall'organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.

 

L’articolo 11 modifica l’articolo 10 delle legge in esame, riguardante le norme regionali e delle province autonome.

Il comma 1 del citato articolo 10 è riformulato, prevedendo che le leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla promozione e favoriscono lo sviluppo delle organizzazioni di volontariato, salvaguardandone l'autonomia di organizzazione e di iniziativa.

Si modificano, altresì, le lettere b) e f) del comma 2 dello stesso articolo 10, stabilendo, in particolare, che le leggi regionali disciplinano le forme di partecipazione (non più solo consultiva) delle organizzazioni di volontariato alla programmazione e realizzazione degli interventi nei settori di rispettiva competenza (il testo vigente prevede che la partecipazione è limitata alla programmazione degli interventi).

 

L’articolo 12 modifica l’articolo11, comma 1, della legge in esame, concernente il diritto all’informazione ed accesso ai documenti amministrativi, precisando che le disposizioni in questione (di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241) trovano applicazione nei confronti delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale di cui all’articolo 5-bis nonché nei confronti di quelle a carattere non nazionale di cui all’articolo 6 della legge sul volontariato.

 

La legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) disciplina al Capo V (articoli da 22 a 28) l’accesso ai documenti amministrativi[75].

E’ stabilito, in particolare, che l'accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell'attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (art. 22, comma 2). Tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati specificamente indicati all'articolo 24[76] e ferma restando la facoltà del Governo, con apposito regolamento, di prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi in determinate materie. In ogni caso, deve essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici[77].

Il diritto di accesso si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi, nonché nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza nell'ambito dei rispettivi ordinamenti.

L’articolo 25 disciplina le modalità di esercizio del diritto di accesso e la presentazione di eventuali ricorsi. L’articolo 26 stabilisce, altresì, l’obbligo di pubblicazione, secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, per le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina l'interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l'applicazione di esse.

L’articolo 27 prevede, infine, norme per il funzionamento della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.

 

L'articolo 13 introduce l'articolo 11-bis nella legge in esame, concernente i messaggi di utilità sociale. La nuova disposizione consente alle organizzazioni di volontariato l'accesso, ai sensi dell’articolo 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150, alla comunicazione sociale radiotelevisiva, su segnalazione dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

L’articolo 3 della legge n. 150 del 2000 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri determina i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito, definendo altresì i tempi riservati alla trasmissione di tali messaggi. Le emittenti private, radiofoniche e televisive, hanno facoltà, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti (comma 1). Le concessionarie radiotelevisive e le società autorizzate possono, altresì, per finalità di esclusivo interesse sociale, trasmettere messaggi di utilità sociale (comma 3). Questi ultimi messaggi non rientrano nel computo degli indici di affollamento giornaliero né nel computo degli indici di affollamento orario; tuttavia, non possono eccedere determinati tempi di trasmissione. I messaggi  in questione possono essere trasmessi gratuitamente: in caso contrario, il prezzo degli spazi di comunicazione contenenti messaggi di utilità sociale non può essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria (comma 4).

 

L'articolo 14 sostituisce l’articolo 12 della legge n. 266 del 1991, riguardante l'Osservatorio nazionale per il volontariato, apportando integrazioni e modifiche alla composizione, al funzionamento ed alla attività di tale organismo.

In particolare, la nuova formulazione del citato articolo 12 (comma 1) prevede che il suddetto Osservatorio è istituito con decreto del Ministro per la solidarietà sociale (il testo vigente fa riferimento, invece, ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari sociali).

Quanto alla composizione, l’Osservatorio è ora presieduto dal Ministro della solidarietà sociale o da un suo delegato ed è composto da ventiquattro membri, di cui dieci rappresentanti delle organizzazioni a carattere nazionale, dieci rappresentanti delle organizzazioni (a carattere non nazionale) iscritte nei registri di cui all'articolo 6, tre esperti e un rappresentante dei centri di servizio di cui all'articolo 15. Alle sedute dell'organo partecipano, in qualità di osservatori, tre membri delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale (comma 2). Ai sensi del comma 3, l'Osservatorio elegge un vicepresidente, dura in carica tre anni e i suoi componenti non possono essere nominati per più di due mandati. L'Osservatorio adotta altresì un apposito regolamento (comma 4).

Il nuovo comma 5 prevede che l'Osservatorio, avvalendosi del personale e dei mezzi forniti dalla competente direzione generale del Ministero della solidarietà sociale (nel testo vigente tali risorse sono assicurate dal Segretariato generale della Presidenza del Consiglio), esercita le seguenti attribuzioni:

·         assiste il Ministro della solidarietà sociale nella tenuta e nell'aggiornamento del registro di cui all'articolo 5-bis;

·         esprime pareri e formula proposte sulle norme di legge e di regolamento in materia di volontariato;

·         promuove studi e ricerche sul volontariato in Italia e all'estero;

·         approva progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con enti locali, dalle organizzazioni di volontariato iscritte negli appositi registri, finalizzati a fronteggiare emergenze sociali e a favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;

·         sostiene e promuove, anche con la collaborazione delle regioni e di altri soggetti istituzionali, iniziative di formazione e di aggiornamento, nonché progetti di informatizzazione e di banche dati nei settori del volontariato;

·         pubblica un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione della legislazione nazionale e regionale vigente in materia di volontariato;

·         promuove iniziative di informazione e di comunicazione attinenti l'attività di volontariato;

·         stabilisce raccordi con altri organismi istituzionali e soggetti nazionali e locali che perseguono analoghe finalità, anche allo scopo di promuovere il coordinamento delle politiche di sviluppo delle attività di volontariato e di promozione sociale nella lotta all'esclusione sociale e nella tutela del patrimonio ambientale e culturale. In particolare, l'Osservatorio svolge la sua attività in collaborazione con l'Osservatorio nazionale dell'associazionismo di cui all'articolo 11 della legge 7 dicembre 2000, n. 383[78];

·         promuove, con cadenza triennale, una conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano i soggetti istituzionali, le organizzazioni e gli operatori interessati;

·         esamina i messaggi di utilità sociale redatti dalle organizzazioni iscritte nei registri, e li trasmette alla Presidenza del Consiglio dei ministri;

·         promuove iniziative volte al monitoraggio e alla verifica del funzionamento dei centri di servizio per il volontariato di cui all'articolo 15.

Il comma 6 autorizza per l’attuazione di tali disposizioni la spesa massima di 1 milione di euro per gli anni 2006 e 2007.

 

L'articolo 15 introduce l'articolo 12-bis nella legge in esame, al fine di istituire, presso il Ministero della solidarietà sociale, un Fondo nazionale per il volontariato, a sostegno delle iniziative di cui all’articolo 12, comma 5, lettere d) ed e). Si tratta, rispettivamente, dei già citati progetti sperimentali finalizzati a fronteggiare emergenze sociali e delle iniziative di formazione, di aggiornamento e di informatizzazione in materia di volontariato. La dotazione dl fondo è pari a 10 milioni di euro. Si ricorda che, nel testo vigente della legge n. 266 del 1991, tale Fondo è istituito, dall’articolo 12, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

L’articolo 16 modifica l'articolo 13, comma 1, della richiamata legge n. 266 del 1991, riguardante i limiti di applicabilità della normativa in esame. In particolare, si precisa che la disciplina dettata dalla legge n. 266 del 1991, come modificata dal progetto di legge in esame, non trova applicazione, tra l’altro, nei confronti delle attività connesse con il servizio civile nazionale (oltre che al volontariato svolto nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo e della protezione civile).

 

L’articolo 17 sostituisce l’articolo 14 della legge n. 266 del 1991 relativo alla copertura finanziaria.

In particolare, si stabilisce che, all'onere derivante dall'attuazione della legge per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

L'articolo 18 introduce l'articolo 15-bis nell’ambito della legge-quadro sul volontariato.

Il nuovo articolo definisce in modo puntuale le funzioni e le competenze dei Centri di servizio per il volontariato, individuati all’articolo 15della citata legge[79]. Tali Centri, istituiti presso le regioni, hanno la funzione di sostenere l'attività delle organizzazioni di volontariato, mediante l’erogazione di servizi nelle materie della formazione, dell’informazione e documentazione, della collaborazione alla promozione e consolidamento delle iniziative di volontariato, della consulenza tecnica, fiscale e amministrativa, del sostegno alla progettazione e alla realizzazione di specifiche attività delle organizzazioni di volontariato (comma 1).

I centri di servizio redigono bilanci preventivi e consuntivi e li trasmettono al comitato di gestione competente per territorio e all'Osservatorio (comma 2).

Al fine di riequilibrare le risorse a disposizione in ciascun ambito regionale, è istituito presso il Ministero della solidarietà sociale il fondo di perequazione nazionale, alimentato da un quinto dei fondi di cui al comma 1 dell'articolo 15 (comma 3).

 

Il predetto articolo 15, comma 1, stabilisce che gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi ( al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento di cui alla lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12), venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.

 

Con il decreto ministeriale di cui al comma 3 dell'articolo 15, con il quale sono definite le modalità di attuazione dei fondi speciali presso le regioni destinati ai Centri di servizio, sono altresì stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni concernenti il fondo di perequazione nazionale (comma 4).

 

 


Progetti di legge


N. 1171

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

BERTOLINI, PAOLETTI TANGHERONI, LICASTRO SCARDINO

¾

 

Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266, in materia di organizzazioni di volontariato

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 22 giugno 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di novellare la legge quadro sul volontariato discende dal diverso contesto economico e sociale in cui il volontariato oggi opera.

      Dal 1991 il volontariato, grazie anche all'impulso ottenuto con la legge 11 agosto 1991, n. 266, si è sviluppato in modo consistente sia in relazione ai profili quantitativi del fenomeno sia in relazione alla professionalità delle prestazioni che attraverso esso vengono rese.

      Contestualmente all'idea di novellare la legge quadro, si è deciso di apportare anche le modifiche necessarie per adeguare la stessa al vigente titolo V della parte seconda della Costituzione.

      L'intento normativo è quello, da un lato, di disciplinare dal punto di vista dell'ordinamento civile i rapporti delle organizzazioni di volontariato con lo Stato, dall'altro di adeguare le disposizioni relative alle regioni, di cui alla vecchia legge quadro, al nuovo riparto delle competenze delineato dal dettato costituzionale, eliminando quindi ciò che si ritiene superfluo.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

      1. Il titolo della legge 11 agosto 1991, n. 266, di seguito denominata «legge», è sostituito dal seguente: «Norme in materia di organizzazioni di volontariato».

 

Art. 2.

      1. L'articolo 1 della legge è sostituito dal seguente:

      «Art. 1. - (Finalità e oggetto della legge). - 1. La Repubblica, in attuazione dei princìpi fondamentali di solidarietà, di uguaglianza e di sussidiarietà di cui agli articoli 2, 3 e 118, quarto comma, della Costituzione, riconosce il valore sociale e favorisce la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli enti locali.

      2. La presente legge, in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e l), della Costituzione, disciplina i profili civilistici e fiscali delle organizzazioni di volontariato».

 

Art. 3.

      1. All'articolo 2 della legge sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «fini di solidarietà» sono sostituite dalle seguenti: «il perseguimento delle finalità di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 1»;

          b) al comma 2, le parole: «entro limiti» sono sostituite dalle seguenti: «in base a criteri».

 

 

Art. 4.

      1. All'articolo 3 della legge sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, la parola: «considerato» è soppressa;

          b) dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:

      «1-bis. Sono considerate organizzazioni di volontariato gli enti di coordinamento e le associazioni di organizzazioni di volontariato. Per enti di coordinamento e associazioni di organizzazioni di volontariato si intendono quei soggetti i cui enti coordinati o soci o le cui articolazioni territoriali sono organizzazioni di volontariato.

      1-ter. Non sono considerati organizzazioni di volontariato, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria, le associazioni di promozione sociale, le associazioni che abbiano come finalità la tutela esclusiva degli interessi degli associati e tutte le associazioni che abbiano finalità diverse da quelle previste dall'articolo 1, comma 1»;

          c) al comma 2, le parole: «dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico» sono sostituite dalle seguenti: «delle finalità di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 1»;

          d) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Negli accordi istitutivi, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previste:

          a) l'assenza di fini di lucro;

          b) la democraticità della struttura, con particolare riguardo all'affidamento delle cariche associative su base elettiva e delle cariche collegiali su base a maggioranza elettiva, indipendentemente dalle modalità di svolgimento delle elezioni;

          c) la gratuità delle cariche associative;

          d) la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi e i loro obblighi e diritti;

          e) l'obbligo di formazione del rendiconto»;

          e) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:

      «3-bis. In relazione alla struttura complessa o alle finalità perseguite da talune organizzazioni di volontariato, il Ministro della solidarietà sociale può, con proprio decreto, sentito l'Osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'articolo 12, consentire deroghe alle disposizioni di cui al comma 3, lettera b).

      3-ter. Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'organizzazione di volontariato, i terzi creditori fanno valere i loro diritti sul patrimonio dell'organizzazione medesima e, solo in via sussidiaria, possono rivalersi nei confronti delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione».

 

Art. 5.

      1. Al comma 2 dell'articolo 4 della legge, le parole da: «Ministro dell'industria» fino a: «legge» sono sostituite dalle seguenti: «Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale».

 

Art. 6.

      1. All'articolo 5 della legge sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Le organizzazioni di volontariato traggono le risorse economiche per il loro funzionamento e per lo svolgimento della propria attività da:

          a) contributi degli aderenti;

          b) contributi di privati;

          c) contributi dello Stato, dell'Unione europea, delle regioni, degli enti locali, dei fondi speciali di cui all'articolo 15, di enti o di istituzioni pubbliche, finalizzati al sostegno di specifiche e documentate attività o progetti e alla copertura delle spese di gestione;

          d) contributi di organismi internazionali;

          e) donazioni e lasciti testamentari;

          f) entrate derivanti da convenzioni;

          g) entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali;

          h) rendite derivanti da patrimoni;

          i) ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi di cui all'articolo 1, comma 1»;

          b) al comma 4, le parole: «identico o» sono soppresse.

 

Art. 7.

      1. Dopo l'articolo 6 della legge è inserito il seguente:

      «Art. 6-bis. - (Registro delle organizzazioni di volontariato di carattere nazionale). - 1. Ai fini di cui agli articoli 12 e 17, comma 1-bis, è istituito presso la competente direzione generale del Ministero della solidarietà sociale, il registro delle organizzazioni di volontariato di carattere nazionale.

      2. Possono iscriversi al registro di cui al comma 1 le organizzazioni di volontariato che, direttamente o attraverso i propri enti coordinati o soci, ovvero le proprie articolazioni territoriali, siano iscritte nei registri di cui all'articolo 6 in almeno sette regioni e siano presenti in almeno venti province.

      3. Con proprio decreto, il Ministro della solidarietà sociale, sentito l'Osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'articolo 12, stabilisce le modalità di attuazione del presente articolo».

 

Art. 8.

      1. Il comma 2 dell'articolo 7 della legge è abrogato.

 

Art. 9.

      1. All'articolo 8 della legge sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla rubrica dopo la parola: «fiscali» sono aggiunte le seguenti: «e altre agevolazioni»;

          b) al comma 1, le parole: «fini di solidarietà» sono sostituite dalle seguenti: «i fini di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 1»;

          c) al comma 2, le parole: «fini di solidarietà» sono sostituite dalle seguenti: «i fini di solidarietà di cui all'articolo 1, comma 1»;

          d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini delle imposte sui redditi, qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. Fatto salvo il decreto del Ministro delle finanze 25 maggio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 10 giugno 1995, i criteri relativi al concetto di marginalità di cui al primo periodo sono fissati dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale»;

          e) dopo il comma 4 sono aggiunti, in fine, i seguenti:

      «4-bis. Fermi restando i diritti e le agevolazioni previsti dagli articoli 24, comma 1, 28, 31, comma 1, e 32 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, in favore delle organizzazioni di volontariato si applicano anche le agevolazioni di cui all'articolo 24, commi 2 e 3, e 31, comma 2, della medesima legge n. 383 del 2000.

      4-ter. Ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150, la Presidenza del Consiglio dei ministri può indicare tra i messaggi di utilità sociale che la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere quelli ricevuti dall'Osservatorio nazionale per il volontariato di cui all'articolo 12, qualora rientrino nei criteri generali prefissati dalla medesima Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi della medesima legge n. 150 del 2000».

      2. Al primo comma dell'articolo 6 della legge 14 aprile 1975, n. 103, dopo le parole: «nazionale e regionali», sono inserite le seguenti: «alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri statale, regionali e delle province autonome».

 

Art. 10.

      1. Il comma 1 dell'articolo 9 della legge è sostituito dal seguente:

      «1. Alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 148, comma 1, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni».

 

Art. 11.

      1. L'articolo 12 della legge è sostituito dal seguente:

      «Art. 12. - (Osservatorio nazionale per il volontariato). - 1. Con decreto del Ministro della solidarietà sociale è istituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, di seguito denominato «Osservatorio», presieduto dal Ministro medesimo o da un suo delegato e composto da dieci membri scelti fra le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro di cui all'articolo 6-bis; da dieci membri scelti fra le altre organizzazioni di volontariato, anche in considerazione degli ambiti in cui esse operano, da due esperti, da un membro in rappresentanza dei centri di servizio e da un membro in rappresentanza dei comitati di gestione. Alle sedute dell'Osservatorio, in relazione a specifiche tematiche, possono essere invitati altri membri, i quali partecipano senza diritto di voto, e in particolare un membro designato dall'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al decreto del Presidente del Consiglio di ministri 26 settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2000, un membro designato dall'Associazione delle casse di risparmio italiane, tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, tre rappresentanti delle regioni e degli enti locali.

      2. L'Osservatorio, che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dalla competente direzione generale del Ministero della solidarietà sociale, resta in carica tre anni. Per lo svolgimento dei suoi compiti, l'Osservatorio adotta apposito regolamento.

      3. L'Osservatorio svolge i seguenti compiti:

          a) esprime pareri non vincolanti e formula osservazioni e proposte agli organi dello Stato, delle regioni e degli enti locali nelle materie di sua competenza;

          b) stabilisce raccordi con altri organismi istituzionali e soggetti nazionali e regionali che perseguano analoghe finalità, in particolare con l'Osservatorio nazionale dell'associazionismo di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, con la Consulta nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 10 della legge 8 luglio 1998, n. 230, e successive modificazioni, e con l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al decreto del Presidente del Consiglio di ministri 26 settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2000;

          c) promuove ricerche e studi in Italia e all'estero;

          d) approva progetti di particolare rilevanza nazionale elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui agli articoli 6 e 6-bis, sulla base dei criteri fissati con direttiva del Ministro della solidarietà sociale e nell'ambito delle risorse affidate allo Stato per queste finalità;

          e) offre sostegno e consulenza per progetti di informatizzazione e di banche dati nei settori di competenza della presente legge;

          f) pubblica, in concomitanza con la Conferenza di cui alla lettera i), un rapporto sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali;

          g) sostiene, anche con la collaborazione delle regioni e di altri soggetti istituzionali, iniziative di formazione e di aggiornamento;

          h) promuove iniziative di informazione e di comunicazione e altre iniziative finalizzate alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;

          i) promuove, con cadenza triennale, una Conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano tutti i soggetti istituzionali, i gruppi e gli operatori interessati.

      4. Al finanziamento dei compiti di cui al comma 3 si provvede nell'ambito delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. Per le finalità previste nel presente articolo è autorizzata una spesa annuale nel limite massimo di 3.500.000 euro».

 

Art. 12.

      1. Al comma 1 dell'articolo 13 della legge, le parole da: «, con particolare riferimento» fino alla fine del comma sono soppresse.

 

Art. 13.

      1. L'articolo 14 della legge è abrogato.

 

Art. 14.

      1. All'articolo 15 della legge sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la rubrica dell'articolo è sostituita dalla seguente: «Fondi speciali di ambito territoriale regionale»;

          b) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

      «2. Gli enti di cui al comma 1, in sede di approvazione dei bilanci consuntivi, ripartiscono le somme:

          a) nella misura del 50 per cento in favore del fondo speciale di cui all'articolo 15-bis, costituito presso l'ambito territoriale regionale in cui gli enti hanno sede legale;

          b) nella misura del 30 per cento in favore di uno o più fondi speciali, scelti liberamente dai suddetti enti;

          c) nella misura del 20 per cento in favore della costituzione di un fondo perequativo nazionale istituito presso il Ministero della solidarietà sociale, finalizzato ad integrare i fondi speciali costituiti presso ciascun ambito territoriale regionale, destinatari di accantonamenti di minore entità effettuati ai sensi delle lettere a) e b).

      3. Con proprio decreto, sentito l'Osservatorio e l'Associazione delle casse di risparmio italiane, il Ministro della solidarietà sociale stabilisce annualmente la ripartizione del fondo perequativo di cui al comma 2, lettera c), fra i fondi speciali costituiti nell'ambito territoriale regionale, tenuto conto, fra l'altro, della dotazione dei fondi costituiti nell'ambito territoriale regionale, della popolazione residente e del numero di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di ciascuna regione».

 

Art. 15.

      1. Dopo l'articolo 15 della legge sono inseriti i seguenti:

      «Art. 15-bis. - (Comitati di gestione). - 1. Per ogni ambito regionale è istituito un fondo speciale, nel quale sono contabilizzati gli importi segnalati ai comitati di gestione dagli enti di cui all'articolo 15, nonché gli importi attribuiti sulla base della ripartizione annuale del fondo perequativo di cui all'articolo 15, comma 2, lettera c). Tali somme costituiscono patrimonio separato avente speciale destinazione di pertinenza degli stessi enti. Esse sono disponibili in misura non inferiore al 60 per cento per i centri di servizio di cui all'articolo l5-ter e nella misura restante per le spese di attività di cui al comma 4, lettera g), del presente articolo, e di funzionamento del comitato di gestione.

      2. Ogni fondo speciale è amministrato da un comitato di gestione, organismo di natura privatistica, composto da:

          a) un membro in rappresentanza della regione competente, designato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;

          b) quattro rappresentanti delle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6, eletti da assemblee elettive di volontari regionali, ovvero, ove queste non siano operanti, nominati secondo le previsioni delle disposizioni regionali o provinciali in materia;

          c) un membro nominato dal Ministro della solidarietà sociale;

          d) sette membri nominati dagli enti di cui all'articolo 15;

          e) un membro nominato dall'Associazione delle casse di risparmio italiane;

          f) un membro in rappresentanza degli enti locali della regione, nominato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia.

      3. Il comitato di gestione di cui al comma 2 resta in carica tre anni, che decorrono in ogni caso dal giorno successivo alla scadenza del mandato prevista per il comitato precedente. I membri nominati in sostituzione di altri membri cessati nel corso del mandato restano in carica per la durata residua di tempo prevista per il membro sostituito. La carica di membro del comitato di gestione è gratuita e consente solo il rimborso delle spese effettivamente sostenute per partecipare alle riunioni. Il comitato di gestione può deliberare quando sia stata nominata la metà più uno dei componenti.

      4. Il comitato di gestione:

          a) istituisce con provvedimento motivato i centri di servizio di cui all'articolo 15-ter nella regione, sulla base di criteri adeguatamente pubblicizzati;

          b) istituisce l'elenco regionale dei centri di servizio e ne pubblicizza l'esistenza;

          c) iscrive e cancella dall'elenco regionale i centri di servizio, sulla base dei criteri di cui alla lettera a);

          d) esercita il controllo e adotta sanzioni nei confronti dei centri di servizio;

          e) nomina un membro degli organi deliberativi e un membro degli organi di controllo dei centri di servizio;

          f) ripartisce annualmente, tra i centri di servizio istituiti presso la regione, una quota non inferiore al sessanta per cento delle somme scritturate nel fondo speciale di cui al presente articolo; la misura di tale quota deve, in ogni caso, permettere ai centri di servizio lo svolgimento dei propri compiti;

          g) ripartisce annualmente tra le organizzazioni di volontariato, sentiti i centri di servizio, sulla base di programmi di attività presentati dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali anche in forma associata, tramite i centri di servizio, la quota restante, dedotti l'importo di cui alla lettera f) e la quota destinata alla copertura delle spese per il proprio funzionamento, delle somme iscritte nel fondo speciale di cui al presente articolo. Il comitato di gestione ripartisce la quota con riferimento agli ambiti di intervento individuati dai centri di servizio nei loro programmi annuali.

      «Art. 15-ter. - (Centri di servizio per il volontariato). - 1. Le organizzazioni di volontariato, anche tramite istanza congiunta con gli enti locali e gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 15, possono richiedere al comitato di gestione competente la costituzione di centri di servizio, a disposizione delle organizzazioni di volontariato e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.

      2. I centri di servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l'attività di volontariato. A tale fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte e non iscritte nei registri di cui agli articoli 6 e 6-bis.

      3. Le modalità di attuazione delle norme di cui al presente articolo e agli articoli 15 e 15-bis sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale.

      4. Alle spese per il funzionamento dei comitati di gestione e dei centri di servizio si provvede con le risorse individuate con il decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 15 ottobre 1997».

      2. Il decreto di cui all'articolo 15-ter, comma 3, della legge, come introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 16.

      1. L'articolo 16 della legge è abrogato.

 

Art. 17.

      1. All'articolo 17 della legge sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «all'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «agli articoli 6 e 6-bis»;

          b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. I membri degli organi di direzione delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro di cui all'articolo 6-bis hanno diritto a permessi non retribuiti, nella misura e alle condizioni disposte dai contratti collettivi».

 

 


N. 1386

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

LUCÀ, BAFILE, BOFFA, BRANDOLINI, BUCCHINO, BUGLIO, BURTONE, CARBONELLA, CASTAGNETTI, CIALENTE, CODURELLI, CRISCI, D'ANTONA, DE BRASI, DELBONO, DI GIROLAMO, FASCIANI, FEDI, FILIPPESCHI, FRANCI, FRIGATO, GIULIETTI, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LENZI, LO MONTE, LUCCHESE, MARIANI, GIORGIO MERLO, MIGLIOLI, NARDUCCI, OTTONE, PALOMBA, PEDULLI, PELLEGRINO, PINOTTI, QUARTIANI, RAITI, RAMPI, RIGONI, RUGGERI, SAMPERI, SANNA, SCHIRRU, SQUEGLIA, VANNUCCI, VILLARI, ZANOTTI

¾

 

Modifiche alla legge 11 agosto 1991, n. 266,
in materia di organizzazioni di volontariato

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il14 luglio 2006

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghi! - È passato oltre un decennio dall'approvazione della legge quadro sul volontariato, legge 11 agosto 1991, n. 266. Sono stati anni importanti, sia sul piano della evoluzione legislativa che su quello dello sviluppo del volontariato e, nell'insieme, di tutto il Terzo settore.

      Il volontariato ha anticipato ed è alla base di questo processo. Infatti, la legge n. 266 del 1991 è stata il provvedimento iniziale di un lungo percorso legislativo, che ha visto successivamente l'approvazione della legge n. 381 del 1991 sulla cooperazione sociale, il decreto legislativo n. 460 del 1997 sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), la legge n. 383 del 2000 sull'associazionismo di promozione sociale, la legge n. 152 del 2001 sui patronati, l'aggiornamento della normativa sulla cooperazione internazionale e la protezione civile. Queste normative hanno sostanzialmente riguardato i soggetti del Terzo settore. Ad esse si sono aggiunti interventi normativi sui settori di impegno: la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, le problematiche della disabilità, dell'affidamento e dell'adozione, le politiche per la famiglia, il servizio civile, la tutela dei beni culturali, l'ambito dei servizi sociali con la nuova legge n. 328 del 2000, nota come «riforma dell'assistenza». In ultimo è ancora da richiamare la importante modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, che impegna Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni a favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

      Questo principio, che ha integrato il preesistente valore del libero pluralismo sociale di cui all'articolo 2 della Costituzione, tante volte richiamato dalla giurisprudenza costituzionale relativa agli organismi del volontariato, riafferma, con sufficiente chiarezza, la necessità che tutti i livelli istituzionali non solo devono rispettare, ma devono lasciare spazi adeguati alle forme espressive della libera vitalità sociale che operino nell'interesse generale. Da più parti, dopo l'approvazione di queste modifiche costituzionali, si è posto il problema della competenza a legiferare da parte dello Stato in materia di volontariato. Da un'attenta lettura del nuovo testo dell'articolo 117 della Costituzione appare chiaro che spetti in via esclusiva alla legge statale la competenza in tema di «ordinamento civile», espressione che notoriamente ricomprende anche il potere di definire la disciplina giuridica delle diverse figure soggettive operanti nei diversi settori. «Ciò significa in concreto - come ha ricordato il costituzionalista Ugo De Siervo - che in tema di ordinamento degli organismi di volontariato non solo resta pienamente in vigore la legge esistente, ma che ogni futura (ed opportuna) modificazione di questa spetterà solo al legislatore nazionale, mentre alle Regioni spetterà porre la disciplina sostanziale ai livelli essenziali delle prestazioni che saranno determinati dal legislatore statale».

      Spetta dunque al Parlamento legiferare in termini generali sulle materie riguardanti lo status del volontariato, anche per garantire il permanere di indicazioni quadro, valide su tutto il territorio nazionale, quali riferimento dell'attività legislativa di competenza delle regioni.

      Dopo quindici anni di applicazione della legge quadro si pone ora il problema di una sua revisione, non solo alla luce delle novità legislative di questi anni ma anche dello sviluppo del rapporto tra organizzazioni di volontariato ed enti pubblici. La legge n. 266 del 1991 ha indubbiamente incrementato tale rapporto ed è cresciuta nel mondo del volontariato la propensione a collaborare con le istituzioni locali e ad inserirsi nell'assetto dei loro servizi. Questa tendenza, tuttavia, ha messo in evidenza la difficoltà di molti soggetti a conciliarsi con la propria funzione creativa, critica e stimolatrice. Il volontariato organizzato, in pratica, si è più spesso ritrovato nel modello di integrazione piuttosto che in quello della partecipazione, con un crescente rischio di «istituzionalizzazione» e di perdita di autonomia. Si pone ora l'esigenza di rilanciare la capacità del volontariato di sostenere una funzione partecipativa.

      La coscienza critica e la volontà di diffusione di alcuni fondamentali valori di riferimento richiamano un'ipotesi di cittadino che sia parte viva ed attiva del tessuto sociale, che partecipi attivamente ai processi della vita pubblica, favorendo la crescita del sistema democratico. Ed è proprio in quest'ottica che è necessario potenziare anche un'altra funzione del volontariato, e cioè quella «promozionale», sia per quanto concerne la tutela dei diritti, che per sostenere la capacità di autorganizzazione solidale delle persone.

      Il sostegno alla partecipazione può servire a tutti come strumento per lavorare affinché la democrazia non venga ridotta a puro principio di maggioranza né, tantomeno, a mezzo di regolazione dei conflitti economici a favore dei più forti.

      Queste considerazioni non possono che condurci ad una visione «dinamica» del domani del volontariato: ri-progettare significa pensare alla costruzione di qualcosa di ancora migliore da costruire sulle fondamenta già esistenti. Ed è proprio in questa prospettiva che si innesta la necessità di modificare e integrare la legge n. 266 del 1991, per introdurre alcune innovazioni che l'evoluzione e il maturare dei tempi, nonché l'esperienza reale, possono suggerire.

      Il volontariato non può rinunciare all'impegno di promuovere una nuova cultura della cittadinanza e della partecipazione, di sostenere i diritti dei gruppi sociali svantaggiati, di sperimentare nuove forme di intervento dove l'impiego di risorse economiche risulta limitato.

      Monsignor Nervo aveva parlato di «coscienza critica per le istituzioni» nella formulazione delle leggi, nella loro attuazione e nel funzionamento dei servizi. A questa funzione critica il volontariato non intende rinunciare, anche se talvolta riceve dalle amministrazioni pubbliche le responsabilità di gestire servizi alla persona, per mantenere quegli spazi di libertà e di autonomia necessari per esercitare il ruolo di coscienza civile e di stimolo alle istituzioni. È quanto era emerso anche dal dibattito avviato nell'anno 2002 dalle organizzazioni del volontariato che si ritrovavano nella Conferenza permanente dei presidenti delle associazioni e federazioni nazionali di volontariato - CONVOL, nel Forum permanente del Terzo settore, nel Centro nazionale per il volontariato, insieme con il Collegamento nazionale dei centri di servizio per il volontariato, che aveva fatto emergere non solo una forte spinta per la revisione della legge n. 266 del 1991, ma anche una rivendicazione esplicita della soggettività promozionale e politica del volontariato, originale e distinta rispetto anche alle altre forme di presenza nell'ambito del Terzo settore.

      Nel documento approvato da quelle organizzazioni in vista della Assemblea «Essere volontari oggi», tenutasi a Roma il 20 aprile 2002, si richiamava, infatti, l'esigenza di «riflettere sulla soggettività politica riconosciuta al volontariato e sul chiaro favore che la legislazione sociale dell'ultimo decennio, almeno sulla carta, continua a riservargli: patrimonio giuridico, politico e culturale che ogni tentativo di riforma della legge 266 del 1991 deve recepire e sviluppare.

      In questo senso, il pericolo è che le affermazioni di principio e le dichiarazioni di intenti siano invece offuscate ed obliterate dalla parificazione normativa del volontariato agli altri enti del privato sociale (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale) che di fatto verrebbe incentivata dall'accoglimento delle istanze di disciplina della cosiddetta impresa sociale e da un ipotetico testo unico sul Terzo settore. Al rifiuto di ogni tentativo di omologazione agli altri soggetti con cui condivide la collocazione nel Terzo settore, deve accompagnarsi altresì la consapevolezza della diversità qualitativa del ruolo relazionale che il volontariato è in grado di assolvere nell'attivazione degli interventi di rete».

      Con la presente proposta di legge si raccolgono le principali istanze avanzate dal volontariato in quel convegno, organizzato ai fini della Conferenza nazionale di Arezzo tenutasi l'11-13 ottobre 2002, a partire dalle seguenti premesse:

          a) non c'è bisogno di una nuova legge quadro, ma è sufficiente, per tutelare la specificità del volontariato, integrare la legge n. 266 del 1991;

          b) occorre scartare l'ipotesi di un testo unico sul Terzo settore, proprio per evitare ogni rischio di omologazione o di sovrapposizione del volontariato rispetto agli altri soggetti del privato sociale;

          c) bisogna evitare lo strumento della legge delega per valorizzare appieno la funzione e l'iniziativa parlamentari;

          d) è necessario potenziare la funzione promozionale del volontariato, sia per quanto riguarda la tutela dei diritti, sia per la capacità di autorganizzazione solidale delle persone e di sostegno alla partecipazione.

      Con l'articolo 1, nel confermare il testo originario del medesimo articolo della legge n. 266 del 1991 relativamente al riconoscimento del valore sociale e della funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, si estendono le finalità con riferimento alla «promozione e tutela dei diritti dei cittadini e la collaborazione con le istituzioni alla programmazione delle politiche sociali, sanitarie, ambientali, culturali e quelle inerenti i diritti civili», in coerenza con la legislazione nazionale e regionale prodotta nel corso di questi anni. Si introduce poi un comma aggiuntivo, al fine di segnalare l'obiettivo di «favorire il formarsi di nuove organizzazioni di volontariato» , accanto a quello di «consolidare e rafforzare quelle già esistenti», in un quadro di garanzia del pluralismo e dell'autonomia delle organizzazioni stesse.

      Con l'articolo 2 si conferma il principio della gratuità dell'attività e delle prestazioni del volontario, al quale possono essere rimborsate dall'organizzazione di appartenenza soltanto le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata. Si introduce, tuttavia, una maggiore discrezionalità nella definizione delle modalità con le quali l'organizzazione stabilisce i rimborsi. Inoltre si dispone che le somme percepite dal volontario a titolo di rimborso delle spese non costituiscono reddito imponibile.

      Con l'articolo 3 si estende la definizione di organizzazione di volontariato anche al coordinamento o alla federazione di organismi e, analogamente a quanto previsto dalla legge n. 383 del 2000 sulle associazioni di promozione sociale, si definiscono esplicitamente i soggetti che non sono da considerare organizzazioni di volontariato, e che sono: i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria, le associazioni di promozione sociale e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.

      Alla lettera f) del comma 3 novellato si conferma il principio della gratuità delle cariche associative e delle prestazioni fornite dagli aderenti, ma si introduce, per il solo responsabile di organizzazioni iscritte nel registro di cui all'articolo 5-bis, la possibilità di una deroga, motivata dalla gravosità dei compiti di direzione di una organizzazione presente e operante su tutto il territorio nazionale, che può comportare l'astensione dal lavoro e la disponibilità a tempo pieno del responsabile.

      Con l'articolo 4 viene modificato l'articolo 5 della legge n. 266 del 1991, introducendo per le organizzazioni di volontariato la possibilità di fruire dei proventi «derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste e sottoscrizioni anche a premi» e di «ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi e compatibile con le finalità» della legge.

      L'articolo 5 del provvedimento introduce l'articolo 5-bis della legge n. 266 del 1991, per mezzo del quale si istituisce, presso il Ministero della solidarietà sociale, il registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale, presenti in almeno cinque regioni e in almeno venti province. L'iscrizione nel registro rappresenta condizione necessaria per stipulare le convenzioni e per usufruire dei benefìci previsti dalla legge statale e dalle leggi regionali.

      L'articolo 6 prevede che il Ministro della solidarietà sociale e le regioni compiano controlli periodici volti a verificare che le organizzazioni di volontariato rispondano ai requisiti richiesti per permanere nei rispettivi registri.

      L'articolo 7 stabilisce che le convenzioni stipulate con gli enti pubblici devono prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità che garantiscano il coinvolgimento degli utenti, in una logica di responsabilizzazione dei destinatari delle attività di volontariato.

      Con l'articolo 8 viene introdotto nel testo in vigore della legge n. 266 del 1991, l'articolo 8-bis, in materia di tributi locali, che prevede per gli enti locali la possibilità di ridurre i tributi che rientrano nella loro competenza nei confronti delle organizzazioni di volontariato.

      Con l'articolo 10 è introdotto l'articolo 9-bis, che prevede, per le organizzazioni di volontariato, l'erogazione di benefìci in materia di lavoro, attraverso forme di flessibilità dell'orario e nuove forme di organizzazione del lavoro stesso. Con il comma 1, ad esempio, l'articolo in questione prevede la possibilità, per quanti fanno parte delle organizzazionidi volontariato, di usufruire di forme di flessibilità dell'orario, quali part-time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, flessibilità sui turni (sempre secondo la disciplina prevista dai contratti o dagli accordi collettivi) e di organizzazione del lavoro per poter espletare le attività previste dalle convenzioni con gli enti pubblici.

      Con l'articolo 13 si prevede l'introduzione dell'articolo 11-bis, che permette alle organizzazioni di volontariato l'accesso alla comunicazione sociale radiotelevisiva, su segnalazione dell'Osservatorio nazionale per il volontariato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

      L'articolo 12 della legge n. 266 del 1991 viene interamente sostituito dall'articolo 14 della presente proposta di legge, e reca una pressoché totale ridefinizione dell'Osservatorio nazionale per il volontariato sia per quanto concerne la composizione che per le sue attribuzioni: esso, tra le altre funzioni, assume il compito di promuovere il coordinamento delle politiche di sviluppo delle attività di volontariato e di promozione sociale, esprime pareri e formula proposte riguardo alle normative sul volontariato in Italia e all'estero, e pubblica un rapporto biennale sullo stato complessivo del fenomeno e sullo stato di attuazione delle normative nazionali e regionali.

      Con l'articolo 15 viene introdotto l'articolo 12-bis, volto all'istituzione, presso il Ministero della solidarietà sociale, di un Fondo nazionale, finalizzato a sostenere le iniziative e i progetti delle organizzazioni di volontariato, con una dotazione pari a 10 milioni di euro.

      L'articolo 18, con l'introduzione dell'articolo 15-bis, si propone di attuare un deciso ampliamento delle competenze e del campo di azione dei centri di servizio per il volontariato che, finanziati dalle fondazioni, potranno sostenere l'attività del volontariato con servizi di formazione, di consulenza tecnica e fiscale nonché di sostegno generalizzato delle attività.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

      1. Il comma 1 dell'articolo 1 della legge 11 agosto 1991, n. 266, di seguito denominata «legge n. 266 del 1991», è sostituito dal seguente:

      «1. La Repubblica riconosce il valore sociale e la funzione dell'attività di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne promuove lo sviluppo salvaguardandone l'autonomia e ne favorisce l'apporto originale per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile, culturale, di promozione e di tutela dei diritti dei cittadini, nonché la collaborazione con le istituzioni alla programmazione delle politiche sociali, sanitarie, ambientali, culturali e quelle inerenti ai diritti civili».

      2. All'articolo 1 della legge n. 266 del 1991 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «2-bis. La presente legge ha, altresì, lo scopo di favorire il formarsi di nuove organizzazioni di volontariato e di consolidare quelle già esistenti, che rispondano agli obiettivi di cui al presente articolo».

Art. 2.

      1. Il comma 1 dell'articolo 2 della legge n. 266 del 1991 è sostituito dal seguente:

      «1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quelle prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto e per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1».

      2. Il comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 266 del 1991 è sostituito dal seguente:

      «2. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti e con modalità preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse. Le somme percepite dal volontario a titolo di rimborso delle spese non valgono a costituire reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito».

Art. 3.

      1. All'articolo 3 della legge n. 266 del 1991 sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, dopo le parole: «ogni organismo» sono inserite le seguenti: «, coordinamento o federazione di organismi»;

          b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. Non sono considerati organizzazioni di volontariato, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali di categoria, le associazioni di promozione sociale e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati»;

          c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Le organizzazioni di volontariato si costituiscono con atto scritto nel quale, in particolare, deve essere indicata la sede legale. Nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti:

          a) la denominazione;

          b) l'oggetto sociale;

          c) l'assenza di fini di lucro;

          d) l'attribuzione della rappresentanza legale;

          e) le norme sull'ordinamento interno ispirato a princìpi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli aderenti, con la previsione dell'elettività delle cariche associative;

          f) la gratuità delle cariche associative e delle prestazioni fornite dagli aderenti. Per il responsabile di organizzazioni di carattere nazionale, iscritte nel registro di cui all'articolo 5-bis, l'atto costitutivo o lo statuto possono prevedere una deroga alla presente lettera;

          g) i criteri per l'ammissione e l'esclusione degli aderenti nonché i loro obblighi e diritti;

          h) la redazione del bilancio, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti;

          i) le modalità di scioglimento dell'organizzazione».

Art. 4.

      1. All'articolo 5 della legge n. 266 del 1991 sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, lettera a), sono premesse le seguenti parole: «quote e»;

          b) al comma 1, lettera c), dopo le parole: «contributi dello Stato» sono inserite le seguenti: «, delle regioni, degli enti locali,»;

          c) al comma 1, lettera d), dopo la parola: «contributi» sono inserite le seguenti: «dell'Unione europea e»;

          d) al comma 1, lettera f), la parola: «rimborsi» è sostituita dalla seguente: «entrate»;

          e) al comma 1, dopo la lettera g), sono aggiunte le seguenti:

              «g-bis) rendite derivanti da patrimoni;

              g-ter) entrate derivanti da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste e sottoscrizioni anche a premi;

              g-quater) ogni altra entrata finalizzata al raggiungimento degli scopi e compatibile con le finalità di cui agli articoli 1 e 2»;

          f) i commi 2 e 3 sono abrogati;

          g) al comma 4, le parole: «o analogo» sono soppresse.

Art. 5.

      1. Dopo l'articolo 5 della legge n. 266 del 1991, come modificato dall'articolo 4 della presente legge è inserito il seguente:

      «Art. 5-bis. - (Registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale). - 1. È istituito, presso il Ministero della solidarietà sociale, il registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale, al quale possono iscriversi, ai fini dell'applicazione della presente legge, le organizzazioni di volontariato a carattere nazionale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 3.
      2. Per organizzazioni di volontariato, coordinamenti o federazioni di organismi di volontariato a carattere nazionale si intendono quelli che svolgono attività e sono presenti in almeno cinque regioni e in almeno venti province del territorio nazionale.

      3. L'iscrizione nel registro delle organizzazioni di volontariato a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale.
      4. Il Ministro della solidarietà sociale adotta, con proprio decreto, un apposito regolamento che disciplina i procedimenti per l'iscrizione e la cancellazione nel registro di cui al presente articolo, nonché per la revisione periodica dello stesso, in conformità alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.
      5. Il regolamento di cui al comma 4 stabilisce, altresì, i termini per la conclusione dei procedimenti ivi previsti nonché, decorsi inutilmente tali termini, che l'iscrizione si intenda comunque assentita.
      6. L'iscrizione nel registro di cui al presente articolo è condizione necessaria per stipulare le convenzioni e per usufruire dei benefìci previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali vigenti in materia.
      7. Avverso i provvedimenti di rifiuto di iscrizione e di cancellazione nel registro di cui al presente articolo, è ammesso ricorso in via amministrativa al Ministro della solidarietà sociale, che decide previa acquisizione del parere vincolante dell'Osservatorio nazionale di cui all'articolo 12. Avverso i medesimi provvedimenti, è ammesso, in ogni caso, entro due mesi, ricorso al tribunale amministrativo regionale che decide, in camera di consiglio, entro un mese dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, sentiti i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del tribunale è appellabile, entro un mese dalla sua notifica, al Consiglio di Stato, il quale decide con le stesse modalità entro due mesi».

      2. Il regolamento di cui al comma 4 dell'articolo 5-bis della legge n. 266 del 1991, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 6.

      1. All'articolo 6 della legge n. 266 del 1991 sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «registri generali delle organizzazioni di volontariato» sono sostituite dalle seguenti: «registri regionali e provinciali delle organizzazioni di volontariato non a carattere nazionale»;

          b) al comma 2, le parole: «secondo le disposizioni di cui, rispettivamente, agli articoli 7 e 8» sono sostituite dalle seguenti:

«nonché di ogni altro tipo di beneficio previsto dalla legislazione vigente in materia»;

          c) al comma 6 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il Ministro della solidarietà sociale invia ogni anno alle regioni e alle province autonome copia aggiornata del registro di cui all'articolo 5-bis. Il Ministero della solidarietà sociale e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, svolgono periodicamente i controlli necessari alla verifica dei requisiti per il permanere delle organizzazioni di volontariato nei rispettivi registri».

Art. 7.

      1. All'articolo 7 della legge n. 266 del 1991 sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «nei registri di cui all'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6»;

          b) al comma 2, dopo le parole: «forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità» sono inserite le seguenti: «, che garantiscano il coinvolgimento degli utenti,».

 

Art. 8.

      1. Dopo l'articolo 8 della legge n. 266 del 1991 è inserito il seguente:

      «Art. 8-bis. - (Tributi locali). - 1. Gli enti locali possono deliberare riduzioni su tributi di propria competenza per le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6 della presente legge, ad esclusione degli enti che si trovano in condizioni di dissesto ai sensi dell'articolo 244 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».

Art. 9.

      1. All'articolo 9, comma 1, della legge n. 266 del 1991, le parole: «nei registri di cui all'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6».

Art. 10.

      1. Dopo l'articolo 9 della legge n. 266 del 1991, come modificato dall'articolo 9 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 9-bis. - (Benefìci in materia di lavoro). - 1. I lavoratori che fanno parte di organizzazioni iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6 della presente legge e di associazioni di promozione sociale, di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, per poter espletare l'attività prevista da convenzioni stipulate con enti pubblici, hanno diritto di usufruire, compatibilmente con l'organizzazione aziendale o dell'amministrazione di appartenenza, di forme di flessibilità dell'orario e dell'organizzazione del lavoro, secondo la disciplina prevista dai contratti o dagli accordi collettivi, quali part time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile, flessibilità sui turni, orario concentrato.
      2. A un rappresentante per ogni organizzazione di volontariato iscritta nel registro di cui all'articolo 5-bis della presente legge e per ogni associazione di promozione sociale iscritta nel registro di cui al comma 1 dell'articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, che ricopre, secondo lo statuto, cariche dirigenziali elettive di carattere nazionale e che per l'espletamento dei compiti di istituto è costretto alla sospensione dell'esercizio dell'attività lavorativa, è riconosciuto, a richiesta, il collocamento in aspettativa non retribuita, per la durata del mandato.
      3. I periodi di aspettativa di cui al comma 2 sono considerati utili ai fini del riconoscimento di ogni prestazione connessa alla copertura assicurativa obbligatoria e, in particolare, del diritto e della misura della pensione a carico del fondo previdenziale di appartenenza, ivi comprese le gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, qualora questi sospendano l'esercizio della loro attività per la durata del mandato.
      4. L'accertamento delle condizioni e dei requisiti per l'accesso ai benefìci di cui al presente articolo è demandato agli enti previdenziali, ai quali è inviata copia dell'istanza iniziale trasmessa al datore di lavoro. Verificata la regolarità del diritto all'aspettativa o alla sospensione dell'attività, l'ente previdenziale provvede all'accredito della contribuzione figurativa correlata alla retribuzione della categoria e alla qualifica professionale posseduta, di volta in volta adeguata in relazione alla dinamica salariale e di carriera, previa acquisizione di idonea documentazione. È prevista la possibilità di accredito ad integrazione, ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564».

      2. L'articolo 19 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, è abrogato».

Art. 11.

      1. All'articolo 10 della legge n. 266 del 1991 sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

              «1. Le leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla promozione e favoriscono lo sviluppo delle organizzazioni di volontariato, salvaguardandone l'autonomia di organizzazione e di iniziativa»;

          b) al comma 2, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

          «b) le forme di partecipazione delle organizzazioni iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6 alla programmazione e alla realizzazione concreta degli interventi e dei servizi nei settori in cui esse operano»;

          c) al comma 2, lettera f), le parole: «iscritte nei registri di cui all'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6».

Art. 12.

      1. All'articolo 11, comma 1, della legge n. 266 del 1991, le parole: «iscritte nei registri di cui all'articolo 6» sono sostituite dalle seguenti: «iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6».

Art. 13.

      1. Dopo l'articolo 11 della legge n. 266 del 1991, come modificato dall'articolo 13 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 11-bis. - (Messaggi di utilità sociale). - 1. Ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 giugno 2000, n. 150, la Presidenza del Consiglio dei ministri trasmette alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo i messaggi di utilità sociale ricevuti dall'Osservatorio nazionale di cui all'articolo 12 della presente legge».

Art. 14.

      1. L'articolo 12 della legge n. 266 del 1991 è sostituito dal seguente:

      «Art. 12. - (Osservatorio nazionale per il volontariato). - 1. Con decreto del Ministro della solidarietà sociale è istituito l'Osservatorio nazionale per il volontariato, di seguito denominato "Osservatorio".
      2. L'Osservatorio è presieduto dal Ministro della solidarietà sociale o da un suo delegato ed è composto da ventiquattro membri, di cui dieci rappresentanti delle organizzazioni a carattere nazionale iscritte nel registro di cui all'articolo 5-bis, dieci rappresentanti delle altre organizzazioni iscritte nei registri di cui all'articolo 6, tre esperti e un rappresentante dei centri di servizio di cui all'articolo 15. Alle sedute dell'organo partecipano, in qualità di osservatori, tre membri delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale.
      3. L'Osservatorio elegge un vicepresidente, scelto tra i rappresentanti delle organizzazioni di volontariato, dura in carica tre anni e i suoi componenti non possono essere nominati per più di due mandati.
      4. Per lo svolgimento dei suoi compiti l'Osservatorio adotta un apposito regolamento.
      5. L'Osservatorio, che si avvale del personale, dei mezzi e dei servizi messi a disposizione dalla competente direzione generale del Ministero della solidarietà sociale ha in particolare i seguenti compiti:

          a) assiste il Ministro della solidarietà sociale nella tenuta e nell'aggiornamento del registro di cui all'articolo 5-bis;

          b) esprime pareri e formula proposte sulle norme di legge e di regolamento in materia di volontariato;

          c) promuove studi e ricerche sul volontariato in Italia e all'estero;

          d) approva progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con enti locali, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6, finalizzati a fronteggiare emergenze sociali e a favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate;

          e) sostiene e promuove, anche con la collaborazione delle regioni e di altri soggetti istituzionali, iniziative di formazione e di aggiornamento per lo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato, nonché progetti di informatizzazione e di banche dati nei settori disciplinati dalla presente legge;

          f) pubblica un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno e sullo stato di attuazione della legislazione nazionale, regionale e delle province autonome di Trento e di Bolzano vigente in materia di volontariato;

          g) promuove iniziative di informazione e di comunicazione nonché ogni altra iniziativa finalizzata alla circolazione delle notizie attinenti l'attività di volontariato;

          h) stabilisce raccordi con altri organismi istituzionali e soggetti nazionali e degli enti locali che perseguono analoghe finalità, anche allo scopo di promuovere il coordinamento delle politiche di sviluppo delle attività di volontariato e di promozione sociale nella lotta all'esclusione sociale e nella tutela del patrimonio ambientale e culturale. In particolare, l'Osservatorio svolge la sua attività in collaborazione con l'Osservatorio nazionale dell'associazionismo di cui all'articolo 11 della legge 7 dicembre 2000, n. 383;

          i) promuove, con cadenza triennale, una conferenza nazionale del volontariato, alla quale partecipano i soggetti istituzionali, le organizzazioni e gli operatori interessati;

          l) esamina i messaggi di utilità sociale redatti dalle organizzazioni iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6, e li trasmette alla Presidenza del Consiglio dei ministri;

          m) promuove iniziative volte al monitoraggio e alla verifica del funzionamento dei centri di servizio per il volontariato di cui all'articolo 15.

      6. Per gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo è autorizzata una spesa massima di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007».

Art. 15.

      1. Dopo l'articolo 12 della legge n. 266 del 1991, come modificato dall'articolo 14 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 12-bis. - (Fondo nazionale per il volontariato). - 1. È istituito, presso il Ministero della solidarietà sociale, il Fondo nazionale per il volontariato, finalizzato al sostegno delle iniziative e dei progetti di cui alle lettere d) ed e) del comma 5 dell'articolo 12.
      2. Per il funzionamento del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata una spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, utilizzando una percentuale dell'ammontare complessivo delle vincite dei concorsi pronostici non riscosse dai vincitori».

Art. 16.

      1. All'articolo 13, comma 1, della legge n. 266 del 1991, le parole: «e a quelle connesse con il servizio civile sostitutivo di cui alla legge 15 dicembre 1972, n. 772» sono sostituite dalle seguenti: «e del servizio civile nazionale».

Art. 17.

      1. L'articolo 14 della legge n. 266 del 1991 è sostituito dal seguente:

      «Art. 14. - (Copertura finanziaria). - 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

Art. 18.

      1. Dopo l'articolo 15 della legge n. 266 del 1991, è inserito il seguente:

      «Art. 15-bis. - (Centri di servizio per il volontariato). - 1. I centri di servizio per il volontariato, di cui al comma 1 dell'articolo 15, hanno la funzione di sostenere e di qualificare l'attività delle organizzazioni di volontariato, iscritte nei registri di cui agli articoli 5-bis e 6, attraverso la erogazione di servizi di:

          a) formazione;

          b) informazione e documentazione;

          c) collaborazione alla promozione di nuove iniziative di volontariato e consolidamento delle iniziative già in atto;

          d) consulenza tecnica, fiscale e amministrativa;

          e) sostegno alla progettazione, all'avvio e alla realizzazione di specifiche attività e progetti delle organizzazioni di volontariato.

      2. I centri di servizio di cui al comma 1 redigono bilanci preventivi e consultivi e li trasmettono al comitato di gestione competente per territorio e all'Osservatorio.
      3. Al fine di riequilibrare le risorse a disposizione in ciascun ambito regionale, presso il Ministero della solidarietà sociale è istituito il fondo di perequazione nazionale, alimentato da un quinto dei fondi di cui al comma 1 dell'articolo 15.
      4. Con il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 15 sono altresì stabilite le modalità di attuazione delle norme di cui al comma 3 del presente articolo».

 

 




[1]    La lettera l) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione è richiamata esplicitamente dall’articolo 2, secondo comma, del progetto di legge A.C. 1171. La competenza in tema di “ordinamento civile” è evidenziata anche nella relazione illustrativa al progetto di legge A.C. 1386.

[2]    La lettera e) del secondo comma dell’articolo 117 della Costituzione è richiamata esplicitamente dall’articolo 2, secondo comma, del progetto di legge A.C. 1171.

 

[3]Le altre azioni sono: gioventù per l’Europa; gioventù nel mondo; sistemi di sostegno peri giovani; sostegno alla cooperazione europea nel settore della gioventù.

[4]     Si segnala in proposito l’emanazione del D.M. 14 febbraio 1992, recante Obbligo alle organizzazioni di volontariato ad assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile per i danni cagionati a terzi dall'esercizio dell'attività medesima e del D.M. 16 novembre 1992 recante Modificazioni al decreto ministeriale 14 febbraio 1992, concernente le modalità relative all'obbligo assicurativo per le associazioni di volontariato.

[5]    Vedi, anche, l'articolo 96 (Disposizioni in materia di volontariato e di canone radio per attività antincendio e di protezione civile) della legge 21 novembre 2000, n. 342, recante Misure in materia fiscale. In particolare, al fine di sostenere l'attività istituzionale delle associazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), a decorrere dall'anno 2001 una quota del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui al comma 44 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, determinata annualmente con decreto del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in misura non inferiore a lire 15 miliardi di lire, è utilizzata per l'erogazione di contributi, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, per l'acquisto, da parte delle medesime associazioni e organizzazioni, di autoambulanze e di beni strumentali utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di utilità sociale che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni. Per l’attuazione del presente articolo 96 vedi anche il decreto ministeriale 28 agosto 2001, n. 388 recante Regolamento concernente i criteri e le modalità per la concessione e l'erogazione dei contributi di cui all'articolo 96 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in materia di attività di utilità sociale, in favore di associazioni di volontariato e organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

[6]    Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, modificato dal Senato, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ha istituito il Ministero della solidarietà sociale, al quale vengono attribuite – ai sensi del comma 6 dell'articolo 1 – le seguenti competenze: politiche sociali e di assistenza; vigilanza dei flussi di entrata e coordinamento delle politiche per l’integrazione dei lavoratori immigrati, (competenze precedentemente spettanti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ora denominato Ministero del lavoro e della previdenza sociale, cfr. i commi 11 e 18 del citato articolo 1), nonché le ulteriori seguenti competenze: coordinamento delle politiche contro le tossicodipendenze e alcooldipendenze; organizzazione, indirizzo e controllo del Servizio civile nazionale, precedentemente esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

[7]    L'Osservatorio è  individuato nella sua attuale composizione con D.M. del 1° agosto 2003.

[8]     Si ricorda che l’articolo 59, comma 44 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni e integrazioni ha istituito, un unico fondo, successivamente denominato Fondo nazionale per le politiche sociali, nel quale confluiscono tutte le risorse statali destinate ad interventi in materia di servizi sociali (comprese quelle del citato fondo per il volontariato destinato al finanziamento delle attività previste).

[9]    L’articolo 26 del citato provvedimento stabilisce che agli effetti tributari si presume la sussistenza dei requisiti mutualistici quando negli statuti delle cooperative siano contenute le seguenti clausole: a) divieto di distribuzione dei dividendi superiori alla ragione dell'interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato; b) divieto di distribuzione delle riserve tra i soci durante la vita sociale; c) devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.

[10]   Il decreto è adottato, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall'articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni.

[11]   Il relativo importo al netto dell’IVA deve essere inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici.

[12]   Cfr. Legge 23 dicembre n. 662 del 23 dicembre 1996, articolo 3, comma 190 e seguenti.

[13]   L'Agenzia è un organo collegiale costituito dal presidente e da dieci componenti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui tre nominati su proposta, rispettivamente del Ministro delle finanze, del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro per la solidarietà sociale e uno nominato su proposta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il presidente è scelto tra persone di notoria indipendenza, che abbiano ricoperto incarichi istituzionali di responsabilità e rilievo. I dieci componenti sono scelti tra persone alle quali siano riconosciute elevate competenze ed esperienza professionale nelle discipline economico-finanziarie o nel settore di attività degli enti ed organizzazioni controllati. Tutti i componenti durano in carica cinque anni e non possono essere confermati.

[14]   L’esigenza derivante dal diritto comunitario riguarda, in particolare, l’attuazione della libertà di stabilimento e della despecializzazione bancaria.

[15]   Disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico

[16]   Fonte ACRI - Associazione delle casse di risparmio italiane e delle fondazioni di origine bancaria. In base all'ultimo bilancio di sistema, nel 2005 le Fondazioni hanno distribuito complessivamente donazioni per 1.374 milioni di euro (+7,8 per cento dai 1.274,9 milioni di euro del 2004): il 30,6 per cento destinato ad Arte, attività e beni culturali; il 15,6 per cento a Volontariato, filantropia e beneficenza; l'11,6 per cento a programmi di Assistenza sociale; l'11,5 per cento a iniziative di Educazione, istruzione e formazione; il 10,4 per cento alla Ricerca; l'8,8 per cento a favore della Salute pubblica; il 6,9 per cento per lo Sviluppo locale. Con uno stacco notevole seguono gli altri settori, che hanno un peso complessivo del 5 per cento sugli importi erogati; tra essi si segnalano Sport e ricreazione, Protezione e qualità ambientale, Famiglia e valori connessi

[17]   In attuazione di quanto disposto, vedi il decreto ministeriale 14 novembre 2001, n. 471, recante Regolamento recante Norme circa l'iscrizione e la cancellazione delle associazioni a carattere nazionale nel Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale, a norma dell'articolo 8, comma 1, della legge 7 dicembre 2000, n. 383.

[18]   In particolare, le risorse di tale fondo risultano confluite nelle disponibilità finanziare del Fondo nazionale per le politiche sociali.

[19] Così come integrato dalla legge 27 marzo 1980, n. 112 e dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 1017.

[20] Si ricorda che tale Dipartimento rappresenta lo strumento operativo tramite il quale il Presidente del Consiglio dei ministri provvede al coordinamento del Servizio nazionale e alla promozione delle attività di protezione civile.

[21] Fonte: Sito internet del Dipartimento della protezione civile, www.protezionecivile.it.

[22]    Il processo di professionalizzazione delle Forze armate è stato avviato dalla legge 14 novembre 2000, n. 331 e dal decreto legislativo n. 215/2001. La legge 23 agosto 2004, n. 226 ha anticipato la sospensione delle chiamate per il servizio di leva, originariamente prevista a decorrere dal 1° gennaio 2007, al 1° gennaio 2005.

[23]    D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77, Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.

[24]    L. 6 marzo 2001, n. 64, Istituzione del servizio civile nazionale.

[25]    L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.

[26]   D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[27]    L. 8 luglio 1998 n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza

[28]    D.P.C.M. 31 luglio 2003, Riorganizzazione dell'Ufficio nazionale per il servizio civile nell'àmbito della Presidenza del Consiglio dei Ministri

[29]    D.M. 12 dicembre 2003, Individuazione delle strutture dirigenziali dell'Ufficio nazionale per il servizio civile e ripartizione di competenze.

[30]    D.L. 18 maggio 2006, n. 181 (conv. L. 17 luglio 2006, n. 233), Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri

[31]   Si ricorda che in materia è stato adottato il D.P.C.M. 30 marzo 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell'art. 5 della L. 8 novembre 2000, n. 328).

[32]   Il provvedimento assegna, in particolare, la competenza relativa alle IPAB alle Regioni, indicando gli indirizzi e i criteri, in base ai quali esse disciplinano le modalità di concorso di tali strutture alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, il loro apporto alla realizzazione della rete di servizi e il relativo riordino.

[33]   Si tratta, in particolare, dell’autorizzazione ed accreditamento dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 5.

[34]   Articolo 3, comma 2, lettera b).

[35]   Il piano nazionale (articolo 18), adottato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, definisce: le caratteristiche ed i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali; le priorità di intervento; le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali; gli indirizzi per la diffusione dei servizi di informazione al cittadino e alle famiglie; gli indirizzi per le sperimentazioni innovative; i criteri generali per la disciplina del concorso al costo dei servizi sociali da parte degli utenti; gli indirizzi ed i criteri generali per la concessione dei prestiti sull’onore; gli indirizzi per la predisposizione di interventi e servizi sociali per le persone anziane non autosufficienti e per i soggetti disabili; gli indirizzi relativi alla formazione e all’aggiornamento del personale; i finanziamenti relativi a ciascun anno di vigenza del Piano nazionale; gli indirizzi per la predisposizione di programmi integrati rivolti ai minori, ai giovani e agli anziani, per il sostegno alle responsabilità familiari, anche in riferimento all’obbligo scolastico, per l’inserimento sociale delle persone con disabilità e limitazione dell’autonomia fisica e psichica, per l’integrazione degli immigrati, nonché per la prevenzione, il recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti e degli alcoldipendenti. In relazione alle indicazioni del piano nazionale ed attuando forme di intesa con i comuni interessati, le regioni provvedono ad elaborare i piani regionali. Il piano di zona (articolo 19), predisposto dai Comuni, disegna il sistema integrato degli interventi e servizi sociali, individuando, tra l’altro, gli obiettivi strategici, le priorità di intervento, gli strumenti per la relativa realizzazione, le modalità organizzative, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità, le modalità di integrazione tra servizi e prestazioni e le forme di coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali.

[36]   Articolo 6, comma 3, lettera d).

[37]   Articolo 6, comma 2, lettera a).

[38]   Negli Anni Settanta, molte ONG si sono federate in tre grandi entità, ossia la FOCSIV (56 ONG aderenti, con una comune matrice cattolica), il COCIS (28 ONG) e il CIPSI (25 ONG), onde meglio coordinare le rispettive azioni e i rapporti con le strutture amministrative a livello governativo. Va peraltro ricordato che un numero pressoché uguale di ONG, attualmente idonee in base ai criteri previsti dalla legge 49/1987, agisce singolarmente. Non va inoltre tralasciato che numerose ONG, non idonee ai sensi della normativa nazionale, sono tuttavia destinatarie di contributi dell’Unione europea. Con l’ampliarsi e l’approfondirsi nel tempo delle loro attività, le ONG hanno dato vita a figure di volontariato nuove: la struttura portante di ciascuna ONG, infatti, riposa oggi su personale volontario, ma di alto livello professionale e forte specializzazione, integrato in maniera notevole nelle rispettive ONG.

[39]   L’articolo 1 definisce tali interventi come “interventi straordinari destinati a fronteggiare casi di calamità e situazioni di denutrizione e di carenze igienico-sanitarie che minacciano la sopravvivenza delle popolazioni”.

[40]   Le organizzazioni sono riconosciute idonee purché esse: a) risultino costituite ai sensi della legislazione nazionale di uno Stato membro dell'Unione europea o di altro Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo; b) abbiano come fine istituzionale quello di svolgere attività di cooperazione allo sviluppo, in favore delle popolazioni del terzo mondo; c) non perseguano finalità di lucro; d) non abbiano rapporti di dipendenza da enti con finalità di lucro; e) diano adeguate garanzie in ordine alla realizzazione delle attività previste, disponendo anche delle strutture e del personale qualificato necessari; f) documentino esperienza operativa e capacità organizzativa di almeno tre anni nel settore per cui si richiede il riconoscimento di idoneità; g) accettino controlli periodici all'uopo stabiliti dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo; h) presentino i bilanci analitici relativi all'ultimo triennio e documentino la tenuta della contabilità; i) si obblighino alla presentazione di una relazione annuale sullo stato di avanzamento dei programmi in corso..

[41]   I benefici riconosciuti ai volontari e cooperanti attengono al collocamento in aspettativa senza assegni, se dipendenti di ruolo o non di ruolo da amministrazioni statali o da enti pubblici, al riconoscimento del servizio prestato nei Paesi in via di sviluppo, alla conservazione del proprio posto di lavoro, qualora beneficino del rinvio del servizio militare ai sensi della legge in esame.

[42]   Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni

[43]    Cfr. per il 2006, il D.P.C.M 20 gennaio 2006, e successive modificazioni, recante “Definizione della modalità di destinazione della quota pari al cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, in base alla scelta del contribuente, per finalità di volontariato, ricerca scientifica e dell'università, ricerca sanitaria e attività sociali svolte dal comune di residenza”.

[44]    L’art. 2512 cod. civ. stabilisce che sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1)     svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2)     si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3)     si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

[45]    Si tratta, in particolare:

a)    delle somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (articolo 3 della legge n. 142 del 2001);

b)    delle somme attribuite dalle cooperative e loro consorzi ai propri soci, a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (articolo 12 del D.P.R. n. 601 del 1973).

[46]    In precedenza tale ritenuta era applicata a titolo di acconto.

[47]    Tali misure transitorie, applicabili per i due periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2001, consistevano:

§          nel parziale assoggettamento a tassazione degli utili delle società cooperative e dei loro consorzi destinati a riserva indivisibile;

§          nella limitazione delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, in favore, rispettivamente, delle cooperative agricole e della piccola pesca e delle cooperative di produzione e di lavoro. I citati articoli del D.P.R. n. 601 del 1973 disciplinano uno speciale regime di esenzione dalle imposte dirette per i redditi riferibili, in maniera diretta o indiretta, al lavoro prestato o ai terreni dei soci delle cooperative agricole, della piccola pesca e di produzione e di lavoro. In conseguenza delle nuove disposizioni, tali esenzioni non si applicano alle cooperative agricole e della piccola pesca, per la quota di utili destinati a riserva indivisibile assoggettata a tassazione, né alle cooperative di produzione e di lavoro, salvo che per la quota di reddito conseguente all’indeducibilità dell’IRAP.

[48]    La decorrenza dell’applicazione delle disposizioni contenute nella legge n. 311 del 2004 si ricollega alla scadenza delle misure transitorie contenute nel D.L. n. 63 del 2002.

[49]    La quota di utili, destinati a riserva indivisibile, soggetti a tassazione è fissata:

-        nel 30 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria, per la generalità delle cooperative e loro consorzi;

-        nel 20 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria, per le cooperative agricole e della piccola pesca e loro consorzi.

[50]    La quota di utili, destinati a riserva indivisibile, soggetti a tassazione è fissata nella misura del 70 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria.

[51]    Tale limite è stabilito nella misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento.

 

[52]   Cfr. l’allegato al presente dossier contenente l’elenco della normativa delle regioni e delle province autonome.

[53]   Delib.G.R. 13-2-2006 n. 140, determinazione delle caratteristiche delle organizzazioni di volontariato a rilevanza regionale iscrivibili nel registro regionale di cui all'art. 2, comma 1, della L.R. n. 12/2005.

[54]   Emilia-Romagna L.R. 12/2005, art. 16; Valle d’Aosta L.R. 16/2005, art. 12;

[55]  Si ricorda che le associazioni di promozione sociale sono disciplinate dalla legge 7 dicembre 2000 n. 383.

[56]   L'art. 2 del Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 267, (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti modifiche a norme già emanate) attribuisce alle due Province autonome la disciplina delle attività di volontariato “da svolgersi nell'ambito delle materie di competenza della regione e delle Province autonome”. Proprio ribadendo la ripartizione delle competenze in base alle materie attribuite dallo statuto, quella norma precisa che le attività di volontariato “sono disciplinate dalla legge regionale o provinciale nel rispetto dei limiti relative alle materie medesime”.

[57]   Legge 19 ottobre 2004, n. 7.

[58]   Si tratta, in particolare, dell'art. 2, comma 1, lettera a), sulla durata del servizio civile nazionale, e dell'art. 14, comma 1, lettere a) e b), concernente i benefici previsti a favore dei volontari, le modalità ed i requisiti per l'iscrizione all'albo e i criteri di approvazione dei progetti.

[59]   Di cui agli articoli 2, 3 e 118, quarto comma, della Costituzione. In particolare, l’articolo 118, quarto comma, della Costituzione prevede che lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le Province ed i Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

[60]   L'articolo 117, secondo comma, lettere e) e l) prevede la competenza esclusiva dello Stato per la moneta, la tutela del risparmio ed i mercati finanziari; la tutela della concorrenza; il sistema valutario; il sistema tributario e contabile dello Stato; la perequazione delle risorse finanziarie (lettera e), nonché per la giurisdizione e le norme processuali; l’ordinamento civile e penale; la giustizia amministrativa (lettera l).

[61] Cfr. l'articolo 6 della citata legge n. 266 del 1991.

[62]   Si ricorda che l’articolo 3, comma 4 della legge n. 287 del 1991 prevede che sulla base delle direttive proposte dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato - dopo aver sentito le organizzazioni nazionali di categoria maggiormente rappresentative - e deliberate ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera d), della legge 23 agosto 1988, n. 400 , le regioni - sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, a livello regionale - fissino periodicamente criteri e parametri atti a determinare il numero delle autorizzazioni rilasciabili nelle aree interessate. I criteri e i parametri sono fissati in relazione alla tipologia degli esercizi tenuto conto anche del reddito della popolazione residente e di quella fluttuante, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico.

[63]   Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[64]   Attualmente tali risorse sono messe a disposizione dal Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri

[65]   Cfr. legge 7 dicembre 2000, n. 383.

[66]   Cfr. legge 8 luglio 1998, n. 230.

[67]   Cfr. D.P.C.M. 26 settembre 2000, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 229 del 30 settembre 2000.

[68]   Il suddetto Fondo per le politiche sociali è stato istituito dall’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica).

[69]   L’articolo 12 del decreto legislativo n. 356del 1990 è stato abrogato dall'art. 30 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153. Tale norma faceva riferimento agli enti di cui all'art. 11, comma 1 (anch’esso abrogato), che a sua volta rinviava al vigente articolo 1, comma 1, dello stesso decreto n. 356 del 1990. Quest’ultimo fa riferimento agli enti creditizi pubblici iscritti all'albo di cui all'art. 29 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375 (ora abrogato dal decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385) – ossia a quelli abilitati alla raccolta di risparmio a breve termine - nonché alle casse comunali di credito agrario e ai monti di credito su pegno.

[70]   Cfr. il decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997.

[71]   Il suddetto decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 15 ottobre 1997.

[72]   Il testo vigente del predetto comma 3 prevede: “Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti

[73]   Cfr. la relazione illustrativa del progetto di legge.

[74]   Con riferimento all’articolo 20, primo comma, del D.P.R. n. 598 del 1973 si rinvia alle osservazioni riportate nelle note di commento all’articolo 10 della proposta di legge 1171. In particolare, si ricorda che tali disposizioni sono ora contenute nell’articolo 148, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), il quale conferma, tra l’altro, per gli enti associativi, che le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi non concorrono a formare il reddito complessivo.

[75]   Per «documento amministrativo» si intende, ai sensi dell’articolo 22, comma 1, della citata legge n. 241 del 1990 “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Il diritto di accesso si sostanzia, invece, nel diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi.

[76]   L’accesso non può essere esercitato: a) sui documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.

[77]   Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

[78]   Ai sensi della legge n. 383 del 2000, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, è istituito l'Osservatorio nazionale dell'associazionismo, presieduto dal Ministro per la solidarietà sociale e composto da 26 membri, di cui 10 rappresentanti delle associazioni a carattere nazionale maggiormente rappresentative, 10 rappresentanti estratti a sorte tra i nominativi indicati da altre associazioni e 6 esperti. 3. L’articolo 12 assegna all'Osservatorio le seguenti competenze: a) assistenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nella tenuta e nell'aggiornamento del registro nazionale; b) promozione di studi e ricerche sull'associazionismo in Italia e all'estero; c) pubblicazione di un rapporto biennale sull'andamento del fenomeno associativo e sullo stato di attuazione della normativa europea, nazionale e regionale sull'associazionismo; d) sostegno delle iniziative di formazione e di aggiornamento per lo svolgimento delle attività associative nonché di progetti di informatizzazione e di banche dati nei settori disciplinati dalla presente legge; e) pubblicazione di un bollettino periodico di informazione e promozione di altre iniziative volte alla diffusione della conoscenza dell'associazionismo, al fine di valorizzarne il ruolo di promozione civile e sociale; f) approvazione di progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, dalle associazioni iscritte negli appositi registri per fare fronte a particolari emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate; g) promozione di scambi di conoscenze e forme di collaborazione fra le associazioni di promozione sociale italiane e fra queste e le associazioni straniere; h) organizzazione, con cadenza triennale, di una conferenza nazionale sull'associazionismo, alla quale partecipino i soggetti istituzionali e le associazioni interessate; i) esame dei messaggi di utilità sociale redatti dalle associazioni, loro determinazione e trasmissione alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

[79]   Con riferimento ai fondi speciali, nonché all’attività e al funzionamento dei Centri di servizio, si ricorda, come già segnalato, che è stato adottato il decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997 (Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni).

[80] Il Rapporto Biennale definitivo e maggiormente descrittivo sarà pubblicato a fine giugno del 2006.

[81] Il gruppo di lavoro dell’Osservatorio, nominato in data 12 luglio 2005, è così composto: Emanuele Alecci, Giancarlo Cursi, Renato Frisanco, Stefania Mancini, Gianfranco Gambelli, Marco Granelli, Giorgio Groppo, Sabina Polidori, Simona Rotondi, Andrea Tieghi, 

[82]Nel corso del biennio 2004-2005 l'Istat ha svolto la quinta rilevazione sulle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e provinciali al 31 dicembre 2003.

 

[83] Responsabile Studi e Ricerche della FIVOL e componente dell’Osservatorio Nazionale per il Volontariato.

[84] Se nel 1997 il 45,5% di OdV disponeva di un budget superiore ai 5 mila euro, tale soglia di entrata è stata oltrepassata dal 56,8% nel 2000. Cfr. i dati ISTAT sul totale delle entrate delle organizzazioni di volontariato e sul numero dei beneficiari diretti, entrambi in notevole crescita dal 1995 al 2003.

[85] Il volontariato per i giovani diventa una esperienza tra le molti e le possibili con cui costruisce la sua identità[85]; ogni scelta è reversibile perché l'appartenenza all'organizzazione è decisa dal giovane che investe dove ha maggior ritorno in termini di beni simbolici (come esprimere e vivere dei valori, acquisire competenze e relazioni).

[86] Cfr. (a cura) Frisanco R. e Ranci C., Le dimensioni della solidarietà, Roma, FIVOL 1999.

[87] Vi è poi anche la presenza di almeno 10.000 persone che ricevono rimborsi spese forfetari, vale a dire non documentati (il 7,1% delle unità esaminate), in relazione a fenomeni degenerativi circa il concetto di gratuità.

[88] Presidente del Movimento Italiano del Volontariato e componente dell’Osservatorio Nazionale per il Volontariato.

[89] Delegato CARITAS ITALIANA nell’Osservatorio Nazionale per il Volontariato

[90] Presidente del Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato e componente dell’Osservatorio Nazionale per il Volontariato.

[91] La modifica del Titolo V ha inoltre paralizzato per anni il processo di modifica della Legge 266/91 (Legge Quadro del Volontariato ), in quanto l’esigenza di riformare la Legge, nata dalla Conferenza di Foligno, ha  subito negli anni passati  un momento di stasi, perché ci si chiedeva se la potestà a riformare la Legge fosse dello Stato o delle Regioni.

[92]Con la modifica del Titolo V della Costituzione , non era più possibile fare una   “ Legge Quadro” e quindi il titolo è stato trasformato da “ Legge Quadro sul Volontariato” a “ Norme in materia di Organizzazioni di Volontariato “ che non ci soddisfa in quanto riteniamo che il termine corretto sarebbe “ Norme che regolano i rapporti tra le Organizzazioni di Volontariato e le Istituzioni pubbliche “ secondo il parere di Mons. Nervo, Ardigò, Maria Eletta Martini , in quanto tale Legge non è rivolta a tutto l’universo del volontariato , ma solo al volontariato organizzato, per il quale necessità un rapporto più stretto con le Istituzioni ed Enti Locali per Convenzioni e rapporti di collaborazione.

 

[93]Dichiarazione di intenti tra Comitato di Gestione del Fondo Speciale per il Volontariato in Piemonte, Centro di Servizio per il Volontariato Società Solidale, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Cassa di Risparmio di Fossano, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Regione Piemonte, Provincia di Cuneo, Comune di Cuneo. Cuneo, 18 febbraio 2006

[94] Il Ruolo e il Contributo della Società Civile nella Costruzione dell’Europa” -  1999,  ECOSOC

[95]  Secondo la definizione data dalla Commissione (2000: 3-4): quelle che non sono state create per generare profitto personale, sono volontarie, hanno un certo grado di esistenza formale o istituzionale, sono indipendenti e non rivolgono servizi a sé stesse quanto agli scopi e ai valori ed essi collegati.

[96]Consulente legale del Sottosegretario di Stato Grazia Sestini.

[97]Disponibile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all’indirizzo www.welfare.gov.it, nella sezione dedicata al volontariato.

[98] Per quanto sembra ora che siano state stipulate delle intese fra le rappresentanze nazionali dei soggetti coinvolti al fine di “riassegnare” le risorse accantonate in conseguenza anche delle note vicende giudiziarie collegate alla interpretazione del c.d. Atto Visco, di cui si dirà in seguito.

[99]Corte costituzionale 31 dicembre 1993, n. 500.

[100] Punto 16 del «Modello per la redazione del bilancio» allegato all’atto di indirizzo.

[101] L’atto di indirizzo si riferiva solo ai bilanci per l’esercizio 2000.

[102] Che prevede che le fondazioni destinino il 50% in favore dei fondi costituiti presso la regione ove hanno sede, e la restante quota presso altre regioni. Nella proposta il rapporto viene modificato nel senso che le somme sono ripartite: a) nella misura del 50% in favore del fondospeciale […] costituito presso la regione in cui gli enti abbiano sede legale; b) nella misura del 30% in favore di uno o più fondi speciali, scelti liberamente dai suddetti enti; c) nella misura del 20% in favore della costituzione di un fondo perequativo nazionale […]. Con proprio decreto, sentito l’Osservatorio nazionale per il volontariato e l’Associazione delle casse di risparmio italiane, il Ministro stabilisce annualmente la ripartizione del fondo perequativo fra i fondi speciali costituiti presso le regioni, tenuto conto, fra l’altro, della dotazione dei fondi regionali, della popolazione residente e del numero di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di ciascuna regione.

[103] Pubblicato in GU 15 ottobre 1997, n. 241.

[104] Provvedimento che pure non figura nell’elenco delle fonti di cui all’articolo 1 delle disposizioni preliminari al codice civile. La comunicazione è del 22 dicembre 2000.

[105] Questa ulteriore garanzia è stata pensata proprio avendo presente la situazione di alcune regioni del sud Italia, per le quali le quote accantonate raggiungono cifre nettamente inferiori a quelle del centro o del nord.

[106]Si tratta di una scelta necessitata dalla confusione esistente nella prassi giudiziaria, che impropriamente ammette la giurisdizione dei tribunali amministrativi.

[107] Cfr. articolo 2, comma 3 del decreto del ministero del tesoro 8 ottobre 1997.

[108] Che pure avrebbe avallato comportamenti dilatori.

[109] Generalmente, nelle leggi regionali è previsto che la nomina sia di competenza del presidente della giunta regionale o del consiglio regionale.

[110] Come del resto suggerito da Corte costituzionale 28 febbraio 1992, n. 75.

[111] Si segnala che il requisito della democraticità, che pure sempre più prende piede quale requisito richiesto per gli enti del terzo settore, non sembra rispondere a nessuna logica giuridica: in Costituzione si menziona la democraticità interna solo all’articolo 39, disposizione peraltro rimasta volontariamente inattuata. Un limite del genere, immaginato anche per i partiti politici, è stato sempre respinto al fine di impedire un’ingerenza ed un controllo statale lesivi dell’autonomia di tali associazioni. Ed in tale senso non si capisce perché un tale vincolo debba gravare nei riguardi delle organizzazioni di volontariato.

[112] La dizione è volutamente generica per tener conto della diversa forma che possano assumere le organizzazioni di volontariato.

[113] Si intende il giudizio sulla chiarezza e l’esaustività della documentazione

[114] Si intende il giudizio sulla chiarezza e l’esaustività della documentazione

[115]“Giovani, volontariato e servizio civile: situazione e prospettive. Un indagine esplorativa”, alla IV Conferenza del Volontariato (Arezzo 2002). Il testo integrale è disponibile sul sito www.welfare.gov.it/sociale/volontariato/documneti