Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo - A.C. 2833
Riferimenti:
AC n. 2833/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 289
Data: 14/11/2007
Organi della Camera: XII-Affari sociali


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

A.C. 2833

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 289

 

 

14 novembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Affari sociali

 

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File: AS0167.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali7

§      Compatibilità comunitaria  8

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Impatto sui destinatari delle norme  12

Schede di lettura

Quadro normativo di riferimento  15

Il contenuto del progetto di legge  33

Progetto di legge

§      A.C. 2833, (on. Santelli ed altri), Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo  53

§      Codice Penale (Art. 727)76

§      R.D. 27 luglio 1934, n. 1265. Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.78

§      D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320. Regolamento di polizia veterinaria. (Artt. 83-91)80

§      D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285. Approvazione del regolamento di polizia mortuaria.85

§      L. 11 agosto 1991, n. 266. Legge-quadro sul volontariato. (Art. 3)122

§      L. 14 agosto 1991, n. 281. Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.123

§      D.Lgs. 14 dicembre 1992, n. 508. Attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE.129

§      L. 2 dicembre 1998, n. 434. Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo.147

§      L. 20 luglio 2004, n. 189. Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.148

Giurisprudenza

Corte Costituzionale

§      Sentenza n. 123 del 1992  157

§      Sentenza n. 222 del 2006  175

Corte Suprema di Cassazione

§      Sentenza Sez. III Penale, n. 2774 del 2006  185

Documentazione

§      Elenco dei provvedimenti regionali in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo  191

§      Circolare 14 maggio 2001, n. 5. Attuazione della L. 14 agosto 1991, n. 281.197

§      O.M. 5 luglio 2005. Divieto dell'uso del collare elettrico e di altro analogo strumento sui cani.201

§      O.M. 12 dicembre 2006. Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani.203

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

2833

Titolo

Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Affari sociali

Iter al Senato

No

Numero di articoli

12

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

26 giugno 2007

§       annuncio

27 giugno 2007

§       assegnazione

26 luglio 2007

Commissione competente

XII (Affari sociali)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali)

II (Giustizia)

V (Bilancio)

VI (Finanze)

VII (Cultura)

VIII (Ambiente)

IX (Trasporti)

XI (Lavoro)

XIII (Agricoltura)

Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il progetto di legge A.C. 2833 (Santelli ed altri) è diretto ad apportare modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281[1], in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, il provvedimento si propone di incentivare l'iscrizione all'anagrafe dei cani di proprietà, di definire le caratteristiche minime dei canili, di istituire strutture di accoglienza intermedie come le case famiglia per cani, di promuovere una cultura zoofila attraverso la responsabilizzazione dei proprietari, di ampliare le possibilità di accesso dei cani nei luoghi pubblici e nei servizi di trasporto pubblico e privato, di ridefinire il quadro sanzionatorio, nonché di sensibilizzare i proprietari riguardo alla sterilizzazione degli animali.

L’articolo 1reca disposizioni relative agli obiettivi generali e al trattamento dei cani, demandando, in particolare, allo Stato la disciplina dei livelli essenziali volti alla realizzazione di alcuni specifici obiettivi.

L’articolo 2 modifica la disciplina vigente relativa all’identificazione dei cani, prevedendo l’obbligo di iscrizione all’anagrafe caninael'impianto sottocutaneo di un microprocessore recante un codice numerico identificativo.

L’articolo 3 prevede l’istituzionedi case famiglia per cani iscritte in un apposito elenco comunale.

L’articolo 4 introduce il libretto di identità del cane, che, rilasciato all’atto dell’identificazione e della registrazione all’anagrafe canina, reca i dati dell'animale e del proprietario.

L’articolo 5 detta disposizioni per la facilitazione degli accessi dei cani nei luoghi pubblici e privati.

L’articolo 6, che sostituisce l’articolo 3 della citata legge quadro, riscrive le competenze delle Regioni in materia di prevenzione del randagismo, mentre l’articolo 7 ridefinisce le competenze dei comuni e delle comunità montane, trasformando i canili municipali esistenti in canili sanitari o ospedali veterinari ed incentivando la costruzione di strutture di ricovero per cani conformi ai requisiti stabiliti dal provvedimento in esame.

L’articolo 8 delinea, altresì, le competenze dei servizi veterinari delle ASL.

L’articolo 9 modifica il quadro sanzionatorio definito dall’attuale articolo 5 della legge n. 281 del 1991, incrementando l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie e prevedendo che esse affluiscano direttamente alle entrate  dell’ente locale.

L’articolo 10 detta una specifica disciplina per la realizzazione di cimiteri per animali di affezione.

L’articolo 11 contiene norme volte all’introduzione di un imposta comunale per i possessori di cani (euro 20).

L’articolo 12 reca, infine, la copertura finanziaria.

Relazioni allegate

Il progetto di legge in esame, di iniziativa parlamentare, è corredato della sola relazione illustrativa.

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Il progetto di legge in esame apporta modifiche ed integrazioni alla disciplina recata dalla legge 14 agosto 1991, n. 281 in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

Conseguentemente, poiché il provvedimento è destinato ad intervenire su materie regolate da norme di rango legislativo, si giustifica l’intervento con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il progetto di legge A.C. 2833 è diretto ad apportare modifiche ed integrazioni alla disciplina vigente in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281, demandando, in particolare, allo Stato la disciplina dei livelli essenziali per la realizzazione di alcuni specifici obiettivi, quali la sterilizzazione dei cani, l’iscrizione alle anagrafi canine, la protezione dei gatti in libertà, l’adeguamento delle strutture di accoglienza dei cani vaganti, l’istituzione di case famiglia per cani, la responsabilizzazione collettiva nei confronti degli animali.

 La proposta di legge in commento appare, quindi, riconducibile ad un ambito pluridisciplinare, potendosi individuare al suo interno differenti profili: igienico-sanitari, di ordine pubblico, di assetto del territorio, di tutela dell’ambiente.

In primo luogo, va rilevato che numerose disposizioni del progetto di legge investono aspetti di carattere igienico-sanitario e di sicurezza veterinaria (si tratta delle norme relative alle procedure di identificazione dei cani, ai requisiti minimi delle case famiglia per cani, al risanamento dei canili municipali, che assumono la nuova denominazione di canili sanitari e ospedali veterinari, all’accesso dei cani nei luoghi pubblici e privati e ai servizi di trasporto, alle competenze dei servizi veterinari delle ASL, ai cimiteri per gli animali di affezione).

Tali disposizioni, anche in relazione ai criteri definiti dalla Corte costituzionale[2], sembrano rientrare, in via prevalente, nella materia della “tutela della salute”, oggetto di legislazione concorrente ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

Si segnala, altresì, che la sentenza 13 giugno 2006, n. 222 della Corte costituzionale, nel decidere un ricorso per conflitto di attribuzioni promosso dalla Provincia autonoma di Bolzano in relazione all’ordinanza del Ministro della salute del 9 settembre 2003, avente ad oggetto “Tutela dell’incolumità pubblica dal rischio di aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi”, ha precisato che l’ordinanza in questione, pur regolando fattispecie eterogenee, insiste prevalentemente sulla materia dell’ “ordine pubblico e sicurezza” di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Al riguardo, la Corte precisa che “Nella specie, le prescrizioni denunciate risultano accomunate da un'identica ratio, afferente al miglioramento delle condizioni di sicurezza dei cittadini dinanzi al rischio di attacco da parte di cani di razze con un particolare potenziale di aggressività, come del resto esplicitato nel preambolo dell'ordinanza, dove l'urgenza della regolamentazione ha riguardo proprio alla frequente reiterazione di episodi di aggressione animale”.

Alla luce di tali rilievi, alcune disposizioni del progetto di legge, ad esempio quelle in materia di accesso dei cani ai luoghi pubblici ed ai mezzi di trasporto (articolo 5), potrebbero confluire anche nella materia dell’ordine pubblico e sicurezza.

Analogamente, le disposizioni concernenti la realizzazione di cimiteri per animali di affezione (articolo 10) sembrerebbero afferire anche alla materia del “governo del territorio” (oggetto di legislazione concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma).

Infine, le misure volte alla identificazione e alla sterilizzazione dei cani, alla realizzazione di cimiteri per animali di affezione, all’accesso dei cani ai luoghi pubblici potrebbero investire la “tutela dell’ambiente”, materia che, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera s), è riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Per quanto concerne le sanzioni amministrative pecuniarie, l’articolo 9 del progetto di legge (che riformula l’attuale articolo 5 della legge n. 281 del 1991), nel far confluire gli importi delle citate sanzioni direttamente alle entrate degli enti locali, sembra tener conto della giurisprudenza costituzionale in materia.

Si ricorda, infatti, che la Corte Costituzionale, con la sentenza 16-25 marzo 1992, n. 123, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 281 del 1991 nella parte in cui prevede che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo (si tratta delle sanzioni per abbandono di cani, gatti e altri animali custoditi in abitazione, per mancata iscrizione dei cani all’anagrafe e per mancata applicazione del tatuaggio identificativo dell’animale) confluiscono nel Fondo per l’attuazione della stessa legge quadro, anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il progetto di legge in esame, nel riformare la disciplina dettata dalla legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (legge n. 281 del 1991), sembra definire una disciplina sostanzialmente in linea con la normativa vigente in ambito comunitario.

In proposito, si ricorda che dal 1° ottobre 2004 è entrata in vigore la nuova normativa dell’Unione europea relativa alla movimentazione tra i Paesi membri di cani, gatti e furetti nonché all’introduzione di animali provenienti dai Paesi terzi nel territorio comunitario.

In particolare, quanto all’introduzione di tali animali da Paesi dell’Unione europea, la disciplina comunitaria prescrive che gli animali al seguito dei proprietari devono essere muniti del passaporto comunitario previsto dalla decisione 2003\803\CE[3]della Commissione,del 26 novembre 2003, ed essere identificati tramite un microchip o tatuaggio chiaramente leggibile.

Per quanto concerne l’introduzione di animali da Paesi terzi, le norme variano a seconda che il Paese di provenienza sia inserito o meno nell'elenco redatto dalla Commissione europea e pubblicato in allegato al regolamento 998\2003\CE[4], che è costantemente aggiornato.

In proposito, si segnala che è vietato introdurre in Italia, sia dai Paesi membri dell’Unione europea che dai Paesi Terzi, cani e gatti di età inferiore ai tre mesi e non vaccinati nei confronti del virus della rabbia.

Con la decisione n. 2005/64/CE[5]della Commissione, del 26 gennaio 2005, è stato definito, inoltre, un modello di certificato sanitario per le importazioni di gatti, cani e furetti destinati a enti, istituti o centri omologati.

Un particolare rilievo riveste, poi, il Piano d'azione per il benessere degli animali 2006-2010[6], il qualedescrive le misure che la Commissione europea intende adottare, nel periodo di riferimento, al fine di garantire la protezione e il benessere degli animali nell'Unione europea e nel resto del mondo.

Il citato Piano d’azione si prefigge di ottimizzare la legislazione comunitaria e di prevedere proposte nei settori in cui questa appare insufficiente. In particolare, la Commissione intende perseguire i seguenti obiettivi: definire in maniera più chiara le azioni che l'Unione europea deve svolgere in materia di benessere degli animali; continuare a migliorare le norme in questo settore; potenziare il coordinamento fra le risorse;  incoraggiare la ricerca e promuovere soluzioni alternative con riferimento agli esperimenti sugli animali; garantire la coerenza e il coordinamento dell'insieme delle politiche dell'Unione europea che perseguono il benessere degli animali.

 

Documenti all’esame delle istituzioni europee

(a cura dell'Ufficio rapporti con l'UE)

L’8 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una relazione (COM(2007)578), come previsto dall’art. 23 del regolamento (CE) n. 998/2003, ed una proposta di regolamento (COM(2007)572) sulle condizioni di polizia sanitaria applicabile ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia.

Si ricorda che il regolamento (CE) n. 998/2003 sulle condizioni di polizia sanitaria per i movimenti non commerciali degli animali da compagnia, attualmente in vigore, prevedeva che la Commissione presentasse, anteriormente al 1° febbraio 2007, al Parlamento europeo e al Consiglio, una relazione sulla necessità di mantenere alcune misure. Detto regolamento, infatti, ha introdotto, tra le altre misure, il passaporto per cani, gatti e furetti, necessario per i movimenti tra uno Stato membro, prevedendo tuttavia deroghe sulle misure nazionali relative ai trattamenti da effettuare sugli animali prima della loro introduzione in  alcuni Stati membri (la Finlandia, l’Irlanda, Malta, la Svezia, e il Regno Unito); tali deroghe sono valevoli durante un periodo transitorio di cinque anni, che terminerà il 3 luglio 2008.

Poiché la valutazione scientifica è durata oltre i termini stabiliti e solo ora è stato possibile presentare la relazione in questione, la Commissione accompagna tale documento con una proposta di regolamento volta ad estendere il periodo transitorio al 1° settembre 2009, al fine di poter ulteriormente analizzare le opzioni in discussione circa il regime da applicare in futuro.

La proposta di regolamento, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di essere esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

 

Il 19 settembre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad una nuova strategia nel settore della salute animale per il periodo 2007-2013 (COM(2007)539), relativa allasalute di tutti gli animali allevati nell'UE, sia di quelli destinati alla produzione di alimenti, sia di quelli allevati per le attività sportive, per la compagnia, per lo spettacolo e nei giardini zoologici. Essa comprende anche animali selvatici e animali utilizzati nella ricerca scientifica quando esiste il rischio che trasmettano malattie ad altri animali o all'uomo. La strategia riguarda inoltre la salute degli animali durante il trasporto da, per o all'interno dell'UE.

Il documento definisce il quadro delle misure da adottare nel corso dei prossimi sei anni, mettendo l’accento sulle misure di precauzione, sulla sorveglianza delle malattie, sulla ricerca e sulle misure di lotta contro tali malattie al fine di ridurre la loro incidenza e limitare al massimo le conseguenze negative; viene proposto un piano d’azione basato su quattro pilastri:

1.      definizione delle priorità d’intervento;

2.      quadro comunitario della salute animale;

3.      prevenzione, sorveglianza e preparazione;

4.      scienza, innovazione e ricerca.

La comunicazione, esaminata dal Consiglio il 22 ottobre 2007, è in attesa di essere esaminata dal Parlamento europeo. Essendo il calendario di realizzazione delle diverse azioni incluse nella strategia dipendente dagli esiti dell’esame da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, la Commissione auspica che quest’ultimo possa concludersi prima della fine del 2007.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

La proposta di legge contempla diverse disposizioni finalizzate ad attribuire poteri normativi per l’attuazione della nuova disciplina.

L’articolo 1, comma 2, lettera a), introduce un nuovo comma 1-bis nell’articolo 2 della legge n. 281 del 1991, prevedendo che il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto, da emanare entro 6 mesi dall’entrata in vigore della stessa disposizione, determini la quota detraibile delle spese veterinarie sostenute dai proprietari.

L’articolo 2 introduce l’articolo 2-bis nella legge n. 281 del 1991, che demanda alle regioni la definizione delle modalità per l’applicazione del microprocessore atto ad identificare i cani iscritti all’anagrafe canina.

L’articolo 6, nel riscrivere l’articolo 3 della citata legge quadro, rinvia a diversi provvedimenti attuativi:

§         entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, le Regioni adeguano le proprie leggi in materia di randagismo (comma 1);

§         con appositi decreti del Ministro della salute sono stabilite le caratteristiche dei dispositivi di identificazione e le modalità volte ad assicurare la completezza e la interoperabilità delle anagrafi canine con la banca dati canina nazionale (comma 2);

§         le leggi regionali provvedono al risanamento dei canili comunali, in relazione alle esigenze territoriali e alla tipologia delle prestazioni offerte (comma 4);

§         le leggi regionali disciplinano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, le modalità per la costruzione, la ristrutturazione e la gestione di rifugi per cani (comma 5);

§         le leggi regionali determinano i criteri e le modalità per la predisposizione degli elenchi comunali delle case famiglia, per l’agevolazione dell'accesso dei cani nei luoghi pubblici e privati, nonché per la concessione e il rinnovo della licenza per rifugio privato (comma 7);

§         le leggi regionali provvedono alla costituzione e alla disciplina di una specifica area della medicina veterinaria pubblica presso le ASL (comma 7);

§         le leggi regionali determinano i criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 8);

§         entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, e comunque entro il 31 dicembre di ogni anno, le Regioni elaborano un programma di prevenzione del randagismo (comma 9);

§         le Regioni a statuto speciale e le Province autonome adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella legge quadro (comma 13).

L’articolo 7, nel riscrivere l’articolo 4 della legge n. 281 del 1991, stabilisce che i comuni, singoli o associati, predispongono regolamenti comunali per la corretta detenzione e tutela degli animali di affezione.

L’articolo 11 introduce il nuovo articolo 5-ter nella legge n. 281 del 1991, il quale prevede che i comuni individuano con propri provvedimenti le sanzioni per il mancato pagamento dell’imposta  comunale annuale sul possesso di cani.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che durante l’esame del disegno di legge finanziaria per il 2008 (A.S. 1817-A) presso la 5ª Commissione del Senato è stato introdotto l’articolo 47-bis, che modifica l'articolo 4, comma 1, della legge 14 agosto 1991, n. 281.

Nell'attuale formulazione, la norma demanda ai comuni, singoli o associati, e alle comunità montane di attuare, in via prioritaria, piani incruenti di controllo delle nascite degli animali di affezione attraverso la sterilizzazione .

La novella sopprime il termine "incruenti", con la presumibile finalità di rafforzare lo strumento della sterilizzazione.

Impatto sui destinatari delle norme

Il progetto di legge in esame apporta modifiche ed integrazioni alla disciplina recata dalla legge 14 agosto 1991, n. 281 in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, intervenendo su diversi profili, quali l'iscrizione all'anagrafe dei cani di proprietà, la definizione delle caratteristiche minime dei canili, l’istituzione di strutture di case famiglia per cani, la responsabilizzazione dei proprietari, l’accesso dei cani nei luoghi pubblici e nei servizi di trasporto pubblico e privato, la definizione di sanzioni per eventuali violazioni, la sensibilizzazione dei proprietari riguardo alla sterilizzazione degli animali, la realizzazione di cimiteri per animali di affezione.

Il provvedimento è quindi destinato a produrre effetti, innanzi tutto, nei confronti dei proprietari e possessori di cani e altri animali di affezione (inclusi i titolari di strutture di ricovero per cani).

Inoltre, le norme in questione investono l’attività delle pubbliche amministrazioni interessate dalla nuova disciplina, ossia il Ministero della salute,  le regioni, le province autonome, i comuni, le comunità montane, le aziende sanitarie locali, le capitanerie di porto, nonché gli altri operatori del settore (ad esempio medici veterinari).

Infine, le disposizioni per la facilitazione dell’accesso dei cani da compagnia ai luoghi pubblici e privati di cui all’articolo 5 della proposta di legge sono destinate ad interessare le strutture ricettive, i locali e gli esercizi pubblici nonché i servizi di trasporto pubblico e privato.

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo di riferimento

La Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia e la normativa comunitaria

 

Nell’ambito del Consiglio d’Europa è stata adottata la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagniadel 13 novembre 1987, firmata a Strasburgo ed entrata in vigore nel 1992.

Alla suddetta Convenzione hanno finora aderito diciannove Stati membri del Consiglio d'Europa, fra cui l'Italia, la quale, tuttavia, non ha ancora provveduto alla ratifica.

Si ricorda che la suddetta Convenzione è volta ad assicurare il benessere degli animali, in particolare di quelli tenuti dagli uomini per sua utilità e compagnia.

Sono esclusi dalla definizione di animali da compagnia gli animali appartenenti alle specie protette, cui risultano applicabili le disposizioni di altre Convenzioni, ossia la Convenzione sul commercio internazionale delle specie selvatiche della flora e fauna minacciata d’estinzione, firmata a Washington, il 3 marzo 1973 e la Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, firmata a Berna, il 19 settembre 1979.

La citata Convenzione del 1987 stabilisce che ciascuna parte si impegna ad adottare i necessari provvedimenti per conferire effetto alle disposizioni della medesima Convenzione, con particolare riferimento:

a)  agli animali da compagnia tenuti da una persona fisica o morale in qualsiasi alloggio domestico, in istituto per il commercio, l’allevamento e la custodia a fini commerciali di tali animali, nonché in ogni rifugio per animali;

b)  agli animali randagi.

Per gli animali da compagnia, la citata Convenzione detta specifiche disposizioni per il mantenimento, la riproduzione, l’addestramento, i limiti di età per l’acquisto, il commercio, l’allevamento e la custodia a fini commerciali, i rifugi per gli animali, la pubblicità, gli spettacoli, le esposizioni, le competizioni e le manifestazioni analoghe, gli interventi chirurgici e le uccisioni.

Per quanto concerne gli animali randagi, sono previste, altresì, norme finalizzate alla riduzione del loro numero.

Da ultimo, la citata Convezione prevede che le parti si impegnano a promuovere lo sviluppo di programmi d’informazione e di istruzione al fine di incoraggiare tra le organizzazioni e gli individui interessati al mantenimento, all’allevamento, all’addestramento, al commercio ed alla custodia di animali da compagnia, la consapevolezza e la conoscenza delle disposizioni e dei principi ivi previsti.

In ambito comunitario, poi, dal 1° ottobre 2004 è entrata in vigore la nuova normativa dell’Unione europea in materia di movimentazione tra i Paesi membri di cani, gatti e furetti nonché di introduzione e reintroduzione di animali, provenienti dai Paesi terzi, nel territorio comunitario.

La normativa in questione riguarda la movimentazione, senza alcun fine commerciale, degli animali accompagnati dal proprietario o da una persona fisica che ne assume la responsabilità per conto del proprietario durante il trasporto.

L’introduzione degli animali da compagnia (cani, gatti e furetti) in Italia, al seguito dei rispettivi proprietari o responsabili, è subordinata al rispetto di alcune condizioni che variano in relazione alla provenienza degli animali da Paesi membri dell'Unione europea o da Paesi terzi.

In particolare, per quanto attiene all’introduzione da Paesi membri, gli animali al seguito dei proprietari o di altri soggetti responsabili devono essere muniti del passaporto comunitario previsto dalla decisione 2003\803\CE[7] della Commissione, del 26 novembre 2003, ed essere identificati tramite un microchip o tatuaggio chiaramente leggibile.

Per quanto concerne l’introduzione nel territorio comunitario di animali provenienti da Paesi terzi, le prescrizioni da osservare variano in relazione al fatto che il Paese sia inserito o meno nell'elenco redatto dalla Commissione europea e pubblicato in allegato al regolamento 998\2003\CE[8]. Tale elenco è costantemente aggiornato e pubblicato sul sito internet dell'Unione europea.

E’ vietato inoltre introdurre in Italia, sia dai Paesi membri dell’Unione europea che dai Paesi terzi, cani e gatti di età inferiore ai tre mesi e non vaccinati nei confronti del virus della rabbia.

Con la decisione n. 2005/64/CE[9]della Commissione, del 26 gennaio 2005, è stato definito un modello di certificato sanitario per le importazioni di gatti, cani e furetti destinati a enti, istituti o centri omologati.

Si segnala, infine, che la disciplina comunitaria in materia di animali di affezione e di randagismo è completata dal Piano d'azione per il benessere degli animali 2006-2010[10].

Tale Pianoindica le misure che la Commissione europea intende adottare nel periodo di riferimento, al fine di sviluppare e di garantire la protezione e il benessere degli animali nell'Unione europea e nel resto del mondo.

Il citato Piano d’azione si prefigge di rendere più chiara la legislazione comunitaria e di elaborare proposte nei settori in cui questa appare insufficiente. In particolare, sono stati fissati i seguenti i seguenti obiettivi:

§           definire in maniera più chiara le azioni che l'Unione europea deve svolgere in materia di benessere degli animali;

§           continuare a migliorare la legislazione in questo settore;

§           potenziare il coordinamento fra le risorse;

§           incoraggiare la ricerca e promuovere soluzioni alternative con riferimento agli esperimenti sugli animali;

§           garantire la coerenza e il coordinamento dell'insieme delle politiche dell'Unione europea che perseguono il benessere degli animali.

 

La legge 14 agosto 1991, n. 281

 

La legge 14 agosto 1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) promuove la tutela degli animali di affezione e condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente (articolo 1).

L’articolo 2 detta norme sul trattamento dei cani e di altri animali di affezione. In particolare, si prevedono interventi di limitazione delle nascite dei cani e dei gatti effettuati presso i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali ovvero, a spese dei proprietari e dei detentori, presso ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici di animali e di privati (comma 1).

I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 (canili municipali e rifugi per cani), non possono essere soppressi (comma 2).

Inoltre, i cani catturati o comunque provenienti dalle suddette strutture non possono essere destinati alla sperimentazione (comma 3).

I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore (comma 4), mentre i cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero di cui sopra, devono essere tatuati; i cani vaganti non tatuati, se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili (comma 5).

I cani ricoverati nelle summenzionate strutture, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (v. infra), possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità (comma 6).

È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà (comma 7); essi sono sterilizzati dall'autorità sanitaria competente e riammessi nel loro gruppo (comma 8). I gatti in libertà, tra l’altro, possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili (comma 9).

Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d'intesa con le aziende sanitarie locali, prendere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza (comma 10).

Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire canili e rifugi per cani, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell'azienda sanitaria locale competente (comma 11).

Le strutture di ricovero per cani possono tenere in custodia a pagamento cani di proprietà, garantendo il servizio di pronto soccorso (comma 12).

L’articolo 3 stabilisce le competenze delle regioni in materia di prevenzione del randagismo e di disciplina degli animali di affezione. In particolare, si prevede che devono essere adottati con legge regionale i seguenti adempimenti:

·         l'istituzione dell'anagrafe canina presso i comuni o le aziende sanitarie locali, al fine di consentire l’immediata identificazione di tutti i cani del territorio per le esigenze  sanitarie (comma 1);

·         l'emanazione dei criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani e la determinazione dei criteri e delle modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 2);

Inoltre, sempre alle regioni, è demandato il compito di emanare (sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie) un programma di prevenzione del randagismo che preveda i seguenti specifici interventi (comma 3):

-        iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di conseguire un corretto rapporto di rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat;

-        corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli enti locali e delle unità sanitarie locali addetto ai servizi di cui alla presente legge nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli enti locali (comma 4).

Si prevede, altresì, che, al fine di tutelare il patrimonio zootecnico, le regioni indennizzano gli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale (comma 5).

Per la realizzazione degli interventi di loro competenza le regioni si possono avvalere di una somma non superiore al 25 per cento delle risorse del Fondo per l’attuazione della legge n. 281 del 1991 assegnate alla regione con apposito decreto ministeriale. La restante somma deve essere assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 6).

Le regioni a statuto speciale e le province autonome adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella legge quadro e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo (comma 7).

L’articolo 4 stabilisce le competenze dei comuni.

In particolare, i comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite incruenti attraverso la sterilizzazione.

A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6 (ossia delle risorse assegnate ai comuni per gli interventi di loro competenza). I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle richiamate risorse (comma 1)[11].

L’articolo 5 contempla specifiche sanzioni amministrative per le seguenti fattispecie:

·         chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire un milione (comma 1);

·         chiunque omette di iscrivere il proprio cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centocinquantamila (comma 2);

·         chiunque, avendo iscritto il cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, omette di sottoporlo al tatuaggio, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centomila (comma 3);

·         chiunque fa commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione, in violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinque milioni a lire dieci milioni (comma 4).

Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 confluiscono nel Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991 previsto dall'articolo 8[12] (comma 6).

L’articolo 6, che prevedeva un’imposta comunale sul possesso di cani, è stato abrogato dall’articolo 10 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8.

L’articolo 7 abroga specifiche norme del testo unico per la finanza locale[13] ed ogni disposizione incompatibile o in contrasto con la legge quadro.

L’articolo 8 istituisce, a partire dall'esercizio finanziario 1991, uno specifico Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991, presso il Ministero della salute, la cui dotazione è stata determinata in lire 1 miliardo per il 1991 e in lire 2 miliardi a decorrere dal 1992 (comma 1).

Ai sensi del comma 2, la ripartizione delle risorse del Fondo tra le Regioni e le Province autonome viene effettuata annualmente con decreto del Ministro della salute. I criteri per la ripartizione sono definiti sempre con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Con il decreto del Ministro della salute 29 dicembre 1992 sono stati determinati i criteri per la ripartizione tra le regioni e le province autonome delle disponibilità del suddetto Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991. In particolare, i criteri per la ripartizione (tra le regioni e le province autonome) delle citate risorse sono i seguenti:

·         il 42 per cento della disponibilità viene ripartito in base al numero dei cani e gatti;

·         il 33 per cento delle disponibilità viene ripartito in base al numero dei cani e gatti randagi;

·         il 25 per cento delle disponibilità viene ripartito in base al numero degli abitanti.

Per quanto concerne il finanziamento degli interventi previsti dalla legge n. 281 del 1991, si segnala, altresì, che l’articolo 1, comma 2, della legge 2 dicembre 1998, n. 434 (Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo) ha autorizzato la spesa di 2,6 miliardi di lire annue a decorrere dall’anno 1999.

A decorrere dal 1° gennaio 2000, il finanziamento della citata legge n. 434 del 1998 è stato inserito nella Tabella C della legge finanziaria.

Per l’anno 2007 lo stanziamento previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) è pari a 4,9 milioni di euro[14].

Si ricorda, poi, che, al fine di realizzare un piano nazionale di sterilizzazione degli animali d'affezione, nell’ambito degli interventi volti alla prevenzione del fenomeno del randagismo, l'articolo 4 della legge 30 luglio 2002, n. 174 ha autorizzato la spesa di euro 750.000 per l'anno 2002.Con il D.M. 28 marzo 2003 sono stati determinati i criteri per la ripartizione tra le regioni e le province autonome delle disponibilità delle suddette disponibilità. In particolare, i criteri per la ripartizione di tali risorse sono fissati nel seguente modo:

a)  per ogni animale d'affezione vagante nel territorio o mantenuto rinchiuso nel canile sanitario o nel canile rifugio sarà corrisposta alla regione, cui compete la segnalazione del dato complessivo, una quota in euro corrispondente alla ripartizione del fondo di finanziamento diviso per il numero complessivo nazionale degli animali d'affezione vaganti nel territorio o mantenuti all'interno dei canili sanitari o canili rifugio;

b)  ai fini della ripartizione di cui al punto a) una quota in euro corrisponde ad un cane o a tre gatti.

Con il decreto del Ministro della salute 13 maggio 2005 sono stati determinati, poi, i criteri per la ripartizione delle risorse previste dalla legge 29 dicembre 2003, n. 376[15] per la realizzazione di strutture ed impianti per la lotta al randagismo.

Si ricorda, infatti, che la citata legge n. 376 del 2003 (allegato A, punto n. 42) ha stanziato per tali interventi 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005 a valere sul capitolo 7330 dello stato di previsione del Ministero della salute.

Il citato decreto ministeriale del 2005 ha stabilito che i finanziamenti sono erogati come contributo a copertura parziale, fino al massimo del 75 per cento, delle spese relative a progetti finalizzati alla realizzazione di strutture di rifugio per i cani randagi, strutture per la sterilizzazione di cani e gatti e centri di adozione e di rieducazione comportamentale canina, con particolare riferimento alla tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressività dei cani.

Il citato decreto ha previsto, altresì, che i contributi in conto capitale erogati possono cumularsi con quelli finanziati dalle regioni, comunque non superando l'importo totale del progetto. Il finanziamento per tali obiettivi può essere richiesto dagli enti e dalle associazioni di seguito elencate: comuni, associazioni di comuni, comunità montane, province e regioni, università e istituti di ricerca, associazioni ed enti che perseguono finalità di tutela degli animali riconosciute a livello nazionale e/o regionale.

 

Per quanto concerne l’attuazione della legge quadro sugli animali di affezione e sulla prevenzione del randagismo, la circolare del Ministero della sanità del 14 maggio 2001, n. 5[16] (Attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281) ha fornito numerose indicazioni circa l’applicazione di tale normativa a livello regionale e locale e sulle modalità di impiego dei fondi, sottolineando i ritardi nell’approvazione delle leggi regionali di attuazione.

In particolare, la circolare in esame ha sottolineato che l’eccessiva proliferazione canina, determinata dalla riproduzione incontrollata di cani vaganti, ha notevolmente incrementato il randagismo con effetti sul piano igienico-ambientale.

La circolare, nel richiamare i principi stabiliti con l'atto di indirizzo e coordinamento della Conferenza unificata del 18 marzo 1999, ha stabilito che l'anagrafe dei cani deve essere realizzata con i più moderni criteri informatici e, quindi, con l'uso di un microchip.

Essa ha sottolineato, inoltre, l’importanza della sterilizzazione dei cani randagi nell'ambito di strutture organizzative delle ASL o attraverso convenzioni con ambulatori privati o liberi professionisti e della prevenzione del randagismo, da considerare oltre che come strumento di tutela igienico-ambientale, anche come deterrente all'abbandono ed al maltrattamento dei cani.

Infine, in merito ai criteri riguardanti la gestione dei canili comunali, è stato affermato che il criterio dell'economicità che legittima la scelta della concessione della gestione dei canili da parte dei comuni, deve essere riferito non solamente alla garanzia di minori costi di gestione, ma soprattutto al benessere degli animali.

 

La legge 20 luglio 2004, n. 189

 

La legge20 luglio 2004, n. 189 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate)ha introdotto nel sistema penale italiano una disciplina organica finalizzata alla tutela degli animali dalle diverse forme di maltrattamento, con specifica attenzione al fenomeno dell’impiego degli animali in combattimenti clandestini.

 

In precedenza, il principale strumento di tutela in questo settore era costituito dall'articolo 727 del codice penale,che prevedeva la fattispecie di reato di maltrattamento di animali. La norma puniva chiunque “incrudelisse verso animali o senza necessità li sottoponesse a strazio o sevizie o a comportamenti e fatiche insopportabili per le loro caratteristiche, ovvero li adoperasse in giochi, spettacoli o lavori insostenibili per la loro natura, valutata secondo le loro caratteristiche anche etologiche, o li detenesse in condizioni incompatibili con la loro natura o abbandonasse animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività”. La sanzione consisteva nell'ammenda da 2 a 10 milioni di lire ed era aumentata, fra l'altro, se il fatto causava la morte dell'animale o era comunque commesso con mezzi particolarmente dolorosi, fra i quali il comma 2 richiamava la mattazione o lo spettacolo di animali.

L'articolo 727 c.p. prevedeva, poi, una diversa fattispecie contravvenzionale per chiunque organizzasse o partecipasse a spettacoli o manifestazioni che comportassero strazio o sevizie per gli animali. Anche in questo caso l'ammenda andava dai 2 ai 10 milioni di lire. Infine, la norma del codice penale disponeva che, qualora i fatti fossero commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine, la pena era aumentata della metà e la condanna comportava la sospensione della licenza di attività commerciale, di trasporto o di allevamento per almeno dodici mesi.

Tra l’altro, anche il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773) disponeva, all'articolo 70 (Pubblici spettacoli), che "sono vietati gli spettacoli o trattenimenti pubblici che possono turbare l'ordine pubblico o che sono contrari alla morale o al buon costume o che comportino strazio o sevizie di animali".

Il regolamento attuativo (R.D. 6 maggio 1940, n. 635) specificava, altresì, all'articolo 129, che "tra i trattenimenti vietati a termine dell'art. 70 della legge sono: le corse con uso di pungolo acuminato, i combattimenti tra animali, le corride, il lancio delle anitre in acqua, l'uso di animali vivi per alberi di cuccagna o per bersaglio fisso e simili". Successivamente, però, il decreto legislativo 13 luglio 1994, n. 480 ha abrogato gli articoli 70 e 129 sopra riportati.

 

La legge 20 luglio 2004, n. 189, consta di 9 articoli.

L'articolo 1, al comma 1, inserisce, dopo il Titolo IX del Libro II del codice penale, il Titolo IX-bis, intitolato Dei delitti contro il sentimento per gli animali, composto da cinque nuovi articoli, (articoli da 544-bis a 544-sexies).

Il nuovo articolo 544-bis c.p. (Uccisione di animali) punisce con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale.

L'articolo 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali) punisce con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro, chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona una lesione ad un animale o lo sottopone a sevizie, o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. La stessa pena è comminata a chi somministri agli animali sostanze stupefacenti o vietate o li sottoponga a trattamenti che provochino danno alla salute degli stessi. Si prevede infine un aumento della metà della pena qualora dai fatti di cui al comma 1 derivi la morte dell'animale.

L'articolo 544-quater c.p. (Spettacoli o manifestazioni vietati) punisce con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro chiunque, salvo che il fatto costituisca più grave reato, organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie, o strazio per gli animali. E' poi previsto un aumento della pena (da un terzo alla metà) se i fatti sopra descritti sono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine, o al fine di trarne profitto per sé o per altri o se ne deriva la morte dell'animale.

L'articolo 544-quinquies c.p. (Divieto di combattimenti tra animali) punisce con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica. Viene previsto un aumento di pena (da un terzo alla metà) nel caso in cui:

-      le attività siano compiute in concorso con minorenni o da persone armate;

-      se esse sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;

-      se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.

Viene poi prevista quale fattispecie autonoma di reato, fuori dei casi di concorso in quello sopra descritto, punita con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro, il fatto di chi, allevando o addestrando animali, li destini, sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi, ai combattimenti sopra descritti. La stessa pena si applica ai proprietari e detentori degli animali impiegati in tali combattimenti e competizioni, sempre che siano consenzienti.

Infine, sono comminate la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 5.000 a 30.000 euro a carico di chi, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni.

L'articolo 544-sexies c.p. (Confisca e pene accessorie) stabilisce che, in caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 c.p.p., per i delitti di cui agli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale salvo che appartenga a persona estranea al reato. Viene poi disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o ex articolo 444 c.p.p. è pronunciata nei confronti di chi svolge tali attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.

Il comma 2 dell'articolo 1 della legge interviene, a fini di coordinamento, sull'articolo 638 c.p. (Uccisione o danneggiamento di animali altrui), prevedendo che le disposizioni in questo contemplate si applichino salvo che il fatto costituisca più grave reato. Va ricordato che l'articolo 638 c.p. prevede che chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fini a 309 euro. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria. Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno.

Il comma 3 del medesimo articolo 1 ha sostituito l'articolo 727 c.p., che in precedenza disciplinava come contravvenzione i casi di maltrattamento di animali, per introdurre la nuova fattispecie di abbandono di animali.

Il nuovo articolo 727 contempla l’arresto fino a un anno o l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro per chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini alla cattività. La stessa pena viene applicata a chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura, o comunque produttive di gravi sofferenze.

L'articolo 2 della legge prescrive il divieto di utilizzo di pelli e pellicce di cane e gatto. Tale divieto concerne la produzione o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dalle medesime pelli e dalle pellicce, nonché la commercializzazione o l’introduzione di pelli o pellicce in territorio nazionale. La pena stabilita è quella dell'arresto da tre mesi ad un anno o dell'ammenda da 5.000 a 100.euro (si tratta, pertanto, di un reato contravvenzionale). Alla condanna consegue in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale sopra descritto.

L'articolo 3 modifica le disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, approvate con R.D. 28 maggio 1931, n. 601, con l’inserimento di due nuove disposizioni.

Si tratta del nuovo articolo 19-ter, riguardante le leggi speciali in materia di animali, che stabilisce che le disposizioni del nuovo titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applichino ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché delle altre leggi speciali in materia di animali. Tali norme non si applicano, inoltre, alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.

L'articolo 19-quater prevede che gli animali sequestrati o confiscati siano affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta, individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'interno, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame.

L'articolo 4 contiene norme di coordinamento. In primo luogo, modificando il comma 8 dell'articolo 4 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116 (Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici), le violazioni del divieto di effettuare tutti gli esperimenti sotto anestesia generale o locale vengono punite con la reclusione da tre mesi ad un anno o con la multa da 3.000 a 15.00 euro (oltre che con la sanzione amministrativa), vale a dire con le sanzioni previste dal nuovo articolo 544-ter per il delitto di maltrattamento di animali, piuttosto che ai sensi dell'articolo 727 del c.p. Quest'ultimo, infatti, sostituito dal comma 3 dell'articolo 1, è diretto a sanzionare soltanto la fattispecie di abbandono di animali.

Viene poi abrogato, sempre a fini di coordinamento, il comma 5 dell'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), che eleva nel minimo l'ammenda comminata per la contravvenzione di cui al primo comma dell'articolo 727 del codice penale, per una serie di violazioni concernenti gli animali.

Vengono infine apportate alcune modificazioni alla legge 12 giugno 1913, n. 611 (Provvedimenti per la protezione degli animali): è abrogato l'articolo 1 della legge citata, che proibisce gli atti crudeli su animali, l'impiego di animali che per vecchiezza, ferite o malattie non siano più idonei a lavorare, il loro abbandono, i giuochi che importino strazio di animali, le sevizie nel trasporto del bestiame, l'accecamento degli uccelli ed in genere le inutili torture per lo sfruttamento industriale di ogni specie animale. Modifiche di coordinamento sono poi dettate agli articoli 2 e 8 della legge medesima.

L’articolo 5 prevede che lo Stato e le regioni possono promuovere d’intesa attività formative senza che ciò comporti maggiori oneri a carico dello Stato, mediante l’integrazione dei programmi didattici delle scuole e istituti di ogni ordine e grado in materia di etologia e rispetto degli animali, anche mediante prove pratiche.

L’articolo 6 contiene previsioni volte ad assicurare il rispetto della legge, attraverso il coordinamento delle attività dei corpi preposti alla vigilanza.

In particolare, le modalità di coordinamento delle attività della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei Corpi di polizia municipale e provinciale sono individuate, entro tre mesi dall’approvazione della legge, con decreto del Ministro dell’interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute (comma 1). L’attività di vigilanza, da cui non devono derivare nuovi o maggiori oneri per lo Stato e gli enti locali, è inoltre affidata, con riguardo agli animali di affezione, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute, alle quali, nei limiti dei decreti prefettizi di nomina, sono riconosciute funzioni di polizia giudiziaria ai sensi degli articoli 55 e 57 c.p.p. (comma 2). Pertanto, ai sensi dell’articolo 55 c.p.p., le guardie giurate, anche di propria iniziativa, sono legittimate a prendere notizia dei reati, ad impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, a ricercarne gli autori, a compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e a raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale.

L’articolo 7 riconosce finalità di tutela degli interessi lesi dai reati alle associazioni o enti di cui all’articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale (si tratta delle associazioni o enti individuati con decreto del Ministro della salute, ai quali possono essere affidati gli animali sequestrati o confiscati). Da tale riconoscimento deriva la possibile applicazione dell’articolo 91 c.p.p. e, quindi, l’eventuale equiparazione dell’ente o dell’associazione alla persona offesa.

L’articolo 8 della legge destina alla realizzazione delle finalità della legge le entrate derivanti dall’applicazione delle citate sanzioni pecuniarie.

In particolare, il comma 1 prevede che tali somme transitino nel bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero della salute e che siano destinate alle associazioni o agli enti di cui all’articolo 19-ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale.

Entro il 25 novembre di ogni anno il Ministro della salute definisce il programma degli interventi per l’attuazione della legge e per la ripartizione delle somme.

Infine, l’articolo 9 regolamenta l’entrata in vigore della legge.

 

Altre specifiche previsioni normative

Il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116 (Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici) detta, fra l’altro, una serie di prescrizioni che escludono l’impiego di animali randagi nella sperimentazione e consentono di controllare e seguire gli animali a tale uso destinati in ogni fase, prevedendo anche le sanzioni in caso di violazioni.

 

Con riferimento alla questione dell’accesso dei cani e di altri animali ai locali pubblici e ai mezzi di trasporto, appare opportuno segnalare quanto disposto dall’articolo 83 del D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria. Norme sanitarie speciali contro le malattie infettive e diffusive degli animali).

Tale norma, nel disciplinare la profilassi della rabbia, stabilisce che il sindaco dispone:

§         la regolare notifica, da parte dei possessori, di tutti i cani esistenti nel territorio comunale per la registrazione ai fini della vigilanza sanitaria. A tale scopo deve essere riportato nel registro, oltre alle generalità del possessore, anche lo stato segnaletico degli animali rilevato dal veterinario comunale;

§         l'applicazione al collare di ciascun cane di una speciale piastrina che deve essere consegnata ai possessori all'atto della denuncia;

§         l'obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico;

§         l'obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.

Infine, la norma prevede che possono essere tenuti senza guinzaglio e senza museruola:

§         i cani da guardia, soltanto entro i limiti dei luoghi da sorvegliare purché non aperti al pubblico;

§         i cani da pastore e quelli da caccia, quando vengono rispettivamente utilizzati per la guardia delle greggi e per la caccia, nonché i cani delle forze armate e delle forze di polizia quando sono utilizzati per servizio.

L’articolo 84 dello stesso regolamento prescrive che i comuni devono provvedere al servizio di cattura dei cani e tenere in esercizio un canile per la custodia dei cani catturati e per l'osservazione di quelli sospetti.

Il prefetto, quando ne riconosca la necessità, stabilisce l'obbligo di un servizio di accalappiamento intercomunale o provinciale determinando le norme per il funzionamento ed il contributo che deve essere dato dai comuni e dalla provincia.

Ai sensi dell’articolo 85, i cani catturati, perché trovati vaganti senza la prescritta museruola, devono essere sequestrati nei canili comunali per il periodo di 3 giorni. Decorso tale termine senza che i legittimi possessori li abbiano reclamati e ritirati, i cani sequestrati devono essere uccisi con metodi eutanasici ovvero concessi ad istituti scientifici o ceduti a privati che ne facciano richiesta.

Gli articoli 86, 87 e 88 recano specifiche norme per le ipotesi di aggressioni da parte di cani, gatti e altri animali rabidi o sospetti, con particolare riferimento alle misure di isolamento e osservazione, alla disinfezione dei luoghi contaminati e al trattamento antirabbico.

L’articolo 91 contempla, inoltre, la facoltà, nei casi in cui l'infezione rabida assuma preoccupante diffusione e non sia possibile la cattura, di procedere all'uccisione dei cani e dei gatti vaganti e ad adottare qualunque altro provvedimento eccezionale atto a estinguere l'infezione.

 

In materia di cani guida per ciechi, la legge 14 febbraio 1974, n. 37 (Gratuità del trasporto dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico), come modificata, da ultimo, dalla legge 8 febbraio 2006, n. 60 (in materia di accesso dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico e negli esercizi aperti al pubblico), stabilisce che il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida nei suoi viaggi su ogni mezzo di trasporto pubblico senza dover pagare per l'animale alcun biglietto o sovrattassa.

Al privo della vista è riconosciuto, altresì, il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida.

I responsabili della gestione dei trasporti pubblici e i titolari degli esercizi di cui sopra che impediscano od ostacolino, direttamente o indirettamente, l'accesso ai privi di vista accompagnati dal proprio cane guida sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.500.

Nei mezzi di trasporto pubblico e negli esercizi aperti al pubblico, il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida anche non munito di museruola. Tuttavia, sui mezzi di trasporto pubblico, ove richiesto esplicitamente dal conducente o dai passeggeri, il privo di vista è tenuto a munire di museruola il proprio cane guida.

Ogni altra disposizione in contrasto o in difformità con la presente legge viene abrogata.

 

Per quanto concerne il tema della pet therapy, l’Accordo 6 febbraio 2003, (Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy), recepito con il D.P.C.M. 28 febbraio 2003, prevede che le Regioni e il Governo si impegnano, ciascuno per le proprie competenze, a promuovere iniziative volte a favorire una corretta convivenza tra le persone e gli animali da compagnia, nel rispetto delle esigenze sanitarie, ambientali e del benessere degli animali. 

Con il citato Accordo, è stato avviato, altresì, il sistema delle anagrafi canine, nazionale e territoriali, in cui sono registrati i cani identificati con microchip o tatuaggio in Italia.

Il testo dell'Accordo prevede, inoltre, da parte del Governo e delle regioni, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, l'adozione di ulteriori disposizioni finalizzate ad assicurare il benessere degli animali, ad evitarne utilizzi riprovevoli, sia diretti che indiretti, e ad utilizzare la pet-therapy per la cura di anziani e bambini.

Si ricorda che, con l’espressione pet therapy, si indica una serie complessa di utilizzi del rapporto uomo-animale in campo medico e psicologico.

Nei bambini con particolari problemi, negli anziani e in alcune categorie di malati e di disabili fisici e psichici il contatto con un animale può aiutare a soddisfare certi bisogni (affetto, sicurezza, relazioni interpersonali) e a recuperare alcune abilità che queste persone possono aver perduto.

A tale fine, è sorta, altresì, l’esigenza di approfondire i problemi etici derivanti da questo particolare impiego degli animali, ritenuti oggetto di interesse da parte del Comitato nazionale per la bioetica[17], che il 21 ottobre 2005 ha approvato il documento Problemi bioetici relativi all’impiego di animali in attività correlate alla salute e al benessere umani.

In particolare, il citato documento esamina la pet therapy, l’addestramento degli animali da assistenza e la convivenza di un individuo particolarmente fragile da un punto di vista psicologico o fisico con un animale da compagnia (in un luogo di ricovero o nella propria abitazione).

A tale proposito, si segnala, altresì, l’approvazione da parte del Consiglio nazionale FNOVI (Federazione nazionale ordini veterinari italiani), del nuovo Codice deontologico dei medici veterinari che definisce gli animali come “esseri senzienti”.

Da ultimo, si ricorda che, con decreto ministeriale 13 febbraio 2003, è stato istituito presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia-Romagna il Centro di referenza nazionale per il benessere animale, che ha tra i suoi principali obiettivi la stesura di linee-guida sul benessere animale e la messa a punto, utilizzazione e diffusione di strumenti idonei alla valutazione del benessere animale, in relazione alla specie, ai metodi di gestione ed alle tecnologie di allevamento.

Tale Centro di referenza offre, altresì, specifiche collaborazioni e consulenze, tra le quali risultano rilevanti quelle relative al campo dell’etologia applicata agli animali domestici, sia di interesse zootecnico che da compagnia e alla gestione degli animali da compagnia, soprattutto in riferimento ai disturbi comportamentali, alle loro cause ed alla possibilità di trattamento e prevenzione.

 

Si segnala, infine, che specifiche disposizioni per la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani sono state dettate, da ultimo, dall’ordinanza del Ministro della salute del 12 dicembre 2006[18], come modificata dall’ordinanza del 28 marzo 2007. In particolare, sono vietati:

·         l'addestramento inteso ad esaltare l'aggressività dei cani;

·         l'addestramento inteso ad esaltare il rischio di maggiore aggressività di cani appartenenti a incroci o razze di cui all'elenco allegato;

·         qualsiasi operazione di selezione o di incrocio tra razze di cani con lo scopo di sviluppare l'aggressività;

·         la sottoposizione di cani a doping[19];

·         gli interventi chirurgici destinati a modificare l'aspetto di un cane, o finalizzati ad altri scopi non curativi, in particolare: il taglio della coda fatta eccezione per i cani appartenenti alle razze canine riconosciute dalla Federation Cynologique Internationale (F.C.I.) con caudotomia prevista dallo standard, sino all'emanazione di una legge di divieto generale specifica in materia[20]; il taglio delle orecchie; la recisione delle corde vocali. Il divieto dei suddetti interventi chirurgici non si applica agli interventi curativi necessari per ragioni di medicina veterinaria.

La citata ordinanza ministeriale del 12 dicembre 2006 prevede, altresì, che i proprietari e i detentori di cani, analogamente a quanto previsto dal citato articolo  83 del regolamento di polizia veterinaria, di cui al D.P.R. n. 320 del 1954, hanno l'obbligo di:

a)  applicare la museruola o il guinzaglio ai cani quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico;

b)  applicare la museruola e il guinzaglio ai cani condotti nei locali pubblici e sui pubblici mezzi di trasporto.

I proprietari e i detentori di cani di razza di cui all'elenco allegato (elenco delle razze canine e di incroci di razze a rischio di aggressività) devono applicare il guinzaglio e la museruola ai cani sia quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico sia quando si trovano nei locali pubblici o sui pubblici mezzi di trasporto. Gli obblighi previsti non si applicano ai cani per non vedenti o non udenti, addestrati come cani guida.

E’ stabilito, infine, che chiunque possegga o detenga cani, di cui al citato allegato, ha l'obbligo di vigilare, al fine di evitare ogni possibile aggressione a persone, e deve stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile per danni contro terzi causati dal proprio cane.

L’ordinanza ribadisce, inoltre, come già previsto dalla precedente ordinanza ministeriale del 5 luglio 2005[21], che l’uso di collari elettrici o altri congegni atti a determinare scosse o impulsi elettrici sui cani, al fine di procurare paura e sofferenza e di provocare reazioni di aggressività da parte degli animali stessi, si configura come maltrattamento. Conseguentemente, chiunque li utilizzi è perseguibile ai sensi della citata legge n. 189 del 2004.

La circolare del 12 dicembre 2006 definisce, altresì, cane con aggressività non controllata l’animale che, non provocato, lede o minaccia di ledere l'integrità fisica di una persona o di altri animali attraverso un comportamento aggressivo non controllato dal proprietario o detentore dell'animale. E’ compito, inoltre, dei servizi veterinari aggiornare un archivio dei cani morsicatori e dei cani con aggressività non controllata rilevati, nonché dei cani di cui all'elenco allegato al fine di predisporre i necessari interventi di controllo per la tutela della incolumità pubblica.

 

Normativa regionale sulla protezione degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo

In attuazione della legge n. 281 del 1991 le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno disciplinato con propri atti:

§      listituzione e l’organizzazione dell’anagrafe canina e l’identificazione dei cani. L’anagrafe è istituita generalmente presso il settore veterinario delle Aziende sanitarie locali; di norme, sono disciplinati gli obblighi da parte dei proprietari di cani, nonché i compiti delle ASL. L’identificazione dei cani è attuata mediante un sistema elettronico[22] a radiofrequenza composto da un microchip inserito sotto cute e da un lettore (generalmente resta valida la vecchia identificazione con il tatuaggio per gli animali così contrassegnati). In alcuni casi le norme regionali contengono il riferimento esplicito alla norma ISO cui deve essere conforme la strumentazione (Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Provincia autonoma di Trento, Piemonte). Alcune regioni, inoltre, hanno organizzato e disciplinato la banca dati regionale sulla base della nuova identificazione elettronica (Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Piemonte);

§      canili sanitari e rifugi per cani. Le norme regionali ne disciplinano l’ubicazione, l’organizzazione, i compiti, gli standard minimi; dettano inoltre i criteri per il risanamento dei canili sanitari esistenti. I canili sanitari, o strutture di ricovero temporaneo, sono gestiti dalle ASL o da associazioni in convenzione con le ASL e i comuni; sono previste anche strutture di ricovero temporaneo dei gatti (Friuli-Venezia Giulia);

§      protezione dei gatti. I comuni individuano appositi spazi da destinare a luogo di alimentazione e riferimento per i gatti (Provincia autonoma di Trento, Toscana), più in generale la “colonia di gatti” è riconosciuta quale luogo di protezione dei gatti che vivono in libertà e - come tale - destinataria delle disposizioni normative a tutela degli animali di affezione; le colonie sono gestite dalle associazioni protezionistiche, eventualmente in convenzione con le ASL e i comuni;

§      controllo della popolazione di cani e gatti. Le norme regionali disciplinano l’eventuale sterilizzazione – generalmente di competenza del servizio veterinario della ASL, su richiesta dei singoli comuni, dietro iniziativa di privati ed enti (a proprie spese) –, nonché il divieto di soppressione, salvo che ricorrano condizioni particolari;

§      associazioni protezionistiche. Le associazioni svolgono in collaborazione con i Comuni e le ASL - mediante convenzione - tutte le funzioni riguardanti l’assistenza e la gestione dei rifugi. Esse possono, altresì, promuovere iniziative di aggiornamento e formazione e informazione. Alcune regioni prevedono espressamente l’iscrizione in uno specifico albo (Abruzzo, Campania, Piemonte, Puglia, Umbria, Veneto) o nel registro regionale del volontariato;

§      cimiteri per animali d’affezione. Alcune regioni - Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Piemonte - hanno disciplinato la possibilità, per enti pubblici e privati, di realizzare zone adibite alla sepoltura di animali di affezione, nel rispetto degli strumenti urbanistici, specificando soggetti destinatari ed esclusioni.

 

Alcune realtà regionali e locali, inoltre, hanno dettato specifiche norme per la regolamentazione di particolari profili, ossia:

§      la previsione della figura di “cane collettivo” o “cane di quartiere”, adottato da un gruppo di persone con un tutore responsabile (Puglia, Legge regionale n. 12/1995, articolo 7; Lazio, articolo 9 della legge regionale n. 34/1997; Campania, articolo 10 della legge regionale n. 16/2001)

§      l’istituzione di un registro speciale – o la previsione di speciali prescrizioni nell’ambito della stessa anagrafe canina – per cani appartenenti a determinate razze considerate pericolose (Cfr. Lazio, articolo 1 della legge regionale n. 33/2003; Sicilia, articolo 1 del D.P.Reg. 12 gennaio 2007, n. 7).


Il contenuto del progetto di legge

Il progetto di legge A.C. 2833 (Santelli ed altri) è diretto ad apportare modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281[23], in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

La relazione illustrativa precisa che “il ritardo accumulato per le carenze normative della legge n. 281 del 1991 ha aggravato una situazione che in diverse zone d'Italia è ormai allarmante: canili pubblici e privati sovraffollati, adozioni e acquisti effettuati senza le necessarie attenzioni e, quindi, continua alimentazione degli abbandoni, favoriti anche da una generale difficoltà di accesso nei luoghi pubblici con un cane”.

In considerazione di tali criticità, il progetto di legge si propone di integrare e modificare la legge n. 281 del 1991, al fine di disciplinare gli strumenti che incentivano l'iscrizione all'anagrafe dei cani di proprietà, di definire le caratteristiche minime dei canili, di istituire strutture di accoglienza intermedie come le case famiglia per cani, di promuovere una cultura zoofila attraverso la responsabilizzazione dei proprietari, di ampliare le possibilità di accesso con i cani nei luoghi pubblici e nei servizi di trasporto pubblico e privato, di inasprire le sanzioni per i trasgressori, di prevedere strumenti per la sensibilizzazione dei proprietari riguardo alla sterilizzazione degli animali.

Il progetto di legge è costituito da 12 articoli.

 

L’articolo 1, suddiviso in due commi, reca disposizioni relative agli obiettivi generali e al trattamento dei cani.

Il comma 1 introduce il comma 1-bis nell’articolo 1 della legge n. 281 del 1991.

La novella stabilisce che, al fine di conseguire le finalità indicate al comma 1[24] dello stesso articolo 1 della legge quadro (ossia di promuovere la tutela degli animali di affezione, di contrastare gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente), lo Stato disciplina i livelli essenziali volti alla realizzazione dei seguenti obiettivi:

§         la sterilizzazione dei cani e dei gatti;

§         l'iscrizione dei cani all'anagrafe canina e la protezione dei gatti in libertà;

§         l'adeguamento delle strutture di accoglienza dei cani vaganti da parte dei comuni singoli o associati e delle comunità montane;

§      l'istituzione delle case famiglia per cani ai sensi dell'articolo 2-ter (introdotto dalla proposta di legge in esame, v. infra);

§      la responsabilizzazione collettiva nei confronti degli animali.

 

Il comma 2 modifica, in più punti, l’articolo 2 della legge n. 281 del 1991 che disciplina il trattamento dei cani e di altri animali di affezione.

In primo luogo, viene inserito il nuovo comma 1-bis, il quale demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, la determinazione della quota detraibile per le spese veterinarie sostenute dai proprietari, ivi comprese quelle per la sterilizzazione chirurgica, per l'identificazione mediante microprocessore ai sensi dell'articolo 2-bis (introdotto della proposta di legge in commento, v. infra) e per l'iscrizione all'anagrafe canina.

Viene inoltre sostituito il comma 4, prevedendo che i cani vaganti catturati e identificati mediante tatuaggio o microprocessore sono restituiti al proprietario o detentore previo pagamento delle spese di cattura e di mantenimento.

Nella sua attuale formulazione, il comma 4 stabilisce esclusivamente che i cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore (senza oneri per le operazioni di cattura e mantenimento).

Viene altresì riformulato il comma 5, al fine di innovare la disciplina che regola la cattura di animali vaganti non identificati.

In particolare, la novella prevede che i cani vaganti non identificati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero per cani di cui al comma 2 dell'articolo 4 (come riformulato dal progetto di legge in esame) devono essere identificati secondo le modalità definite dal nuovo articolo 2-bis della legge n. 281 del 1991 (il testo vigente stabilisce che i cani vaganti non identificati devono essere tatuati).

La norma precisa, altresì, che i cani in questione, se non reclamati entro il termine di 30 giorni (attualmente il termine è di 60 giorni), possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento, alle case famiglia per cani di cui al nuovo articolo 2-ter della stessa legge n. 281 del 1991 o ad associazioni protezioniste, previa effettuazione, oltre che dei trattamenti attualmente già previsti (trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili), anche della sterilizzazione chirurgica e di eventuali terapie necessarie.

Infine, è modificato il comma 10 del citato articolo 2 della legge n. 281 del 1991, il quale nella sua attuale formulazione stabilisce che gli enti e le associazioni protezioniste possono avere in gestione, d'intesa con le ASL, le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

Il progetto di legge specifica che gli enti e le associazioni protezioniste di cui sopra devono presentare i requisiti previsti dall'articolo 3, comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266, ed essere regolarmente iscritti ai relativi albi regionali o essere riconosciuti come enti morali.

 

Il comma 3 del citato articolo 3 della legge n. 266 del 1991 statuisce che negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto delle organizzazioni di volontariato, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che le organizzazioni assumono, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.

 

L’articolo 2 inserisce l’articolo 2-bis nella citata legge n. 281 del 1991, che disciplina l’identificazione dei cani.

Il nuovo articolo 2-bis sancisce l’obbligo di iscrizione dei cani all’anagrafe canina, specificando che chiunque intenda, a qualsiasi titolo, detenere un cane deve accertarsi preliminarmente della registrazione e dell’identificazione dell’animale (comma 1).

Il comma 2 statuisce, inoltre, che l’identificazione dell’animale deve avvenire entro 30 giorni dalla nascita o dall'inizio della detenzione (o comunque entro 60 giorni dall’entrata in vigore della disposizione in esame), mediante l'impianto sottocutaneo di un microprocessore recante un codice numerico identificativo.

L'apposizione del microprocessore è effettuata dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale competente o dal medico veterinario libero professionista accreditato secondo le modalità definite dalle singole regioni (comma 3).

 

L’articolo 3 inserisce l’articolo 2-ter nella predetta legge n. 281 del 1991, che prevede l’istituzionedi case famiglia per cani.

Secondo la relazione illustrativa, “la proposta d'istituire una struttura di accoglienza intermedia - una via di mezzo fra l'istituzione canile e il semplice privato cittadino - denominata «casa famiglia per cani», nasce dall'esigenza di disincentivare il ricorso ai canili”. Inoltre, la medesima relazione sottolinea l’obiettivo di “incentivare le adozioni e le case famiglia per cani, che rappresentano la soluzione ideale sia in termini di flessibilità, perché si amplierebbero le possibilità allocative dei randagi senza però eccessivi vincoli per le famiglie ospitanti, sia in termini di economicità, perché si consentirebbe un enorme risparmio per lo Stato, che eviterebbe di gestire costosissimi e «kafkiani» canili, molto spesso veri e propri lager”.

La novella, nel disciplinare l’istituzione delle suddette case famiglia per cani, prevede che i cittadini che intendono adottare cani[25], nel numero minimo di tre e massimo di dieci, possono richiedere al comune l'iscrizione all'elenco comunale delle case famiglia per cani (comma 1).

Il richiedente, all'atto della domanda, deve specificare il numero di cani che intende adottare e allegare una specifica dichiarazione concernente:

§      la conformità degli spazi e dei locali disponibili ai parametri previsti dall’articolo 3, comma 5, lettere b) e c) della legge n. 281 del 1991, nel testo modificato dall’articolo 6 della proposta di legge in esame (spazio minimo vitale di 10 mq per cane e di 5 mq per ogni cane aggiuntivo; disponibilità di spazi esterni adeguati);

§      l’accettazione delle condizioni prescritte dal comma 6 del medesimo articolo 3, ossia assicurare buone condizioni di vita agli animali e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sottoporre gli animali al controllo trimestrale dei medici veterinari dell’ASL competente (comma 2).

Ai sensi del comma 3,il comune, previa verifica da parte dei servizi veterinari delle ASL dell'idoneità del richiedente, valutata sulla base della corretta detenzione degli animali e della conoscenza degli obblighi da parte dei proprietari, iscrive il richiedente medesimo nell'elenco delle case famiglia per cani del proprio territorio.

Il comune provvede, altresì, a contattare la casa famiglia prescelta per la cessione di cani vaganti non identificati o di cani ospitati presso le strutture di ricovero ai sensi del comma 5 dell'articolo 2 della legge n. 281 del 1991. In tali casi, non sussiste comunque obbligo di affido per il titolare della casa famiglia per cani, tranne nel caso in cui la struttura di ricovero abbia superato il limite di capienza di 200 cani (fissato al comma 5, lettera a), dell’articolo 3 della legge n. 281 del 1991, nel testo modificato dall’articolo 6 della proposta di legge in esame).

La titolarità di una casa famiglia (comma 4), non comporta alcuna corresponsione economica; dà tuttavia il diritto, sulla base di un programma annuale predisposto dal comune, ad accedere a buoni sconto per l'acquisto di prodotti alimentari e per visite e cure veterinarie gratuite, anche presso studi medici veterinari privati convenzionati con il comune.

Ai sensi del comma 5, il titolare di una casa famiglia per cani è autorizzato a tenere in custodia a pagamento cani di proprietà di terzi, nella misura massima del 50 per cento della disponibilità prevista dal comma 1 (massimo 10 cani), previa iscrizione alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Il comma 6 specifica, infine, che il comune può revocare la titolarità di una casa famiglia per cani qualora a seguito di un controllo risultino omesse le condizioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo o accertate le violazioni previste dall'articolo 5 della legge n. 281 del 1991 (come riformulato dalla proposta di legge).

 

L’articolo 4, suddiviso in due commi, reca disposizioni in materia di documento di identità.

La relazione illustrativa precisa che la proposta di introdurre un documento d'identità all'atto dell'iscrizione all'anagrafe canina, con tutte le informazioni necessarie per una corretta detenzione del proprio animale, inclusi i diritti e i doveri dei proprietari, nasce dalla duplice esigenza di responsabilizzare i proprietari e disincentivare l'acquisto emotivo.

Il comma 1introduce l’articolo 2-quater nella legge n. 281 del 1991, al fine di disciplinare il libretto di identità.

Il citato articolo 2-quater prevede che all’atto dell'identificazione e della registrazione all'anagrafe canina i servizi veterinari delle ASL o i medici veterinari accreditati rilasciano un libretto d'identità, con i dati dell'animale e del proprietario. Tale documento è utilizzato anche per la registrazione degli interventi di profilassi e di polizia veterinaria eseguiti sull'animale e contiene le informazioni sulla corretta detenzione e sugli obblighi dei proprietari dei cani (comma 1).

Il libretto d'identità deve essere conservato anche in caso di passaggio di proprietà del cane e rappresenta l'unico documento ufficiale attestante l'avvenuta iscrizione all'anagrafe canina (comma 2).

I cittadini che intendono acquistare o essere affidatari di un cane sono tenuti alla compilazione del modulo di cui all’allegato I annesso alla legge n. 281 del 1991 (comma 3).

Il comma 4 precisa, infine, che i cani possono essere intestati ai soli cittadini maggiorenni.

Il comma 2 del citato articolo 4 del progetto di legge aggiunge l'allegato 1 alla legge n. 281 del 1991 (allegato A annesso alla proposta di legge). Il predetto allegato contiene il modulo di acquisto e/o adozione del cane.

 

L’articolo 5 introduce l’articolo 2-quinquies nella legge n. 281 del 1991, recante disposizioni per la facilitazione degli accessi dei cani nei luoghi pubblici e privati.

Il nuovo articolo 2-quinquies statuisce, in particolare, che le strutture ricettive, i locali e gli esercizi pubblici, nonché i servizi di trasporto pubblico e privato non possono vietare l'ingresso ai cani, salvo nei casi di violazione delle condizioni previste dal regolamento di polizia veterinaria, di cui al D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni, e previo pagamento del titolo d'ingresso ove previsto. Sono comunque fatte salve le disposizioni vigenti in materia di cani guida delle categorie protette (comma 1).

Per maggiori dettagli sul D.P.R. n. 320 del 1954, cfr. il Quadro normativo di riferimento.

In proposito, la relazione illustrativa precisa che, mentre il regolamento di polizia veterinaria ammette l'accesso dei cani nei locali pubblici e sui mezzi di trasporto, purché siano condotti con museruola e al guinzaglio, “nella realtà, in contrasto evidente con il citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954, sono state emanate diverse leggi regionali e ordinanze comunali per mezzo delle quali si lascia libero il gestore di una struttura privata di decidere se fare entrare o meno gli animali nel suo locale”.

Si ricorda che le disposizioni del regolamento di polizia veterinaria in materia di accesso ai locali pubblici e mezzi di trasporto sono sostanzialmente confermate dalle ordinanze del 12 dicembre 2006 e del 28 marzo 2007 del Ministro della salute in materia di tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani (per maggiori dettagli, cfr. il Quadro normativo di riferimento).

Deve essere inoltre consentito, da parte delle capitanerie di porto, delle regioni e dei comuni, l'accesso dei cani al seguito dei proprietari sulle spiagge demaniali (comma 2).

 

L’articolo 6 sostituisce l’articolo 3 della citata legge quadro che disciplina le competenze delle Regioni.

 

Si rammenta che, ai sensi del vigente articolo 3, spetta alle Regioni:

¨       disciplinare, con legge, l'istituzione dell'anagrafe canina presso i comuni o le ASL nonché le modalità per l’iscrizione a tale anagrafe e per il rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore (comma 1);

¨       definire, con legge, i criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani. Tali strutture devono essere realizzate in modo da garantire buone condizioni di vita per i cani e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sono sottoposte al controllo sanitario dei servizi veterinari delle ASL. Le regioni determinano, altresì, i criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 2);

¨       adottare, sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie che operano a livello regionale, un programma di prevenzione del randagismo (comma 3). Tale programma contempla i seguenti specifici interventi:

-         iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di conseguire un corretto rapporto di rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat;

-         corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli enti locali e delle ASL addetto ai competenti servizi nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le stesse aziende sanitarie locali e con gli enti locali (comma 4);

¨       indennizzare gli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell’ASL, al fine di tutelare il patrimonio zootecnico (comma 5).

Per la realizzazione degli interventi di loro competenza le regioni si possono avvalere di una somma non superiore al 25 per cento delle risorse assegnate con il decreto ministeriale di riparto dello specifico Fondo finalizzato all’attuazione della legge n. 281 del 1991. La restante somma deve essere assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 6).

Il comma 7 statuisce, infine, che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella legge quadro e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo, nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo.

 

Il testo riformulato dell’articolo 3 prescrive che, entro sei mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni introdotte dal progetto di legge in esame, le Regioni adeguano le proprie leggi in materia di randagismo e predispongono i modelli dei libretti d'identità (comma 1).

Con appositi decreti del Ministro della salute sono stabilite le caratteristiche dei dispositivi di identificazione di cui all'articolo 2-bis e le modalità operative volte ad assicurare la completezza e la interoperabilità delle anagrafi canine con la banca dati canina nazionale (comma 2).

Al trattamento dei predetti dati si applicano le disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (comma 3).

Le leggi regionali disciplinano il risanamento dei canili comunali che assumono la denominazione di "canile sanitario" o di "ospedale veterinario", in relazione alle esigenze territoriali e alla tipologia delle prestazioni offerte. Tali strutture assolvono alle seguenti funzioni:

Ø      ricovero temporaneo dei cani vaganti catturati sul territorio;

Ø      adempimenti sanitari sui cani ricoverati;

Ø      servizio di pronto soccorso con reperibilità degli operatori H24 tramite il servizio di urgenza ed emergenza medica 118;

Ø      adempimenti previsti dal regolamento di cui al citato D.P.R. n. 320 del 1954;

Ø      osservatorio epidemiologico;

Ø      eventuale ricovero di gatti o di altri animali di affezione (comma 4).

Le regioni disciplinano, altresì, con legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni recate dal progetto di legge in esame, le modalità per la costruzione, la ristrutturazione e la gestione di rifugi per cani nel rispetto dei seguenti criteri minimi di vivibilità:

a)  numero massimo di 200 cani per struttura;

b)  fissazione di uno spazio minimo vitale di 10 mq per cane e di 5 mq per ogni cane in aggiunta;

c)  predisposizione obbligatoria di spazi esterni adeguati;

d)  apertura al pubblico per controlli e per adozioni;

e)  specializzazione del personale delle strutture nella cattura e nel trattamento degli animali;

f)   preparazione, anche comportamentale, dei cani all'adozione da parte di personale anche volontario formato a tal fine;

g)  presenza di volontari di almeno un'associazione protezionista di cui all'articolo 2, comma 10, come riformulato dal progetto di legge in commento (comma 5).

Con riferimento ai requisiti di vivibilità delle strutture di ricovero, la relazione illustrativa del progetto di legge richiama la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che “il fatto di avere custoditi i cani in condizioni di eccessivo sovraffollamento in box particolarmente angusti integra il reato di cui all’articolo 727 del codice penale[26], ossia l’abbandono di animali.

Il comma 6 stabilisce, poi, che le strutture, pubbliche e private, di ricovero dei cani che hanno favorevolmente superato il periodo di osservazione e ai quali sono stati applicati i trattamenti previsti presso il canile sanitario od ospedale veterinario devono garantire buone condizioni di vita ai medesimi animali e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sono sottoposte al controllo trimestrale dei medici veterinari specializzati dell'azienda sanitaria competente (comma 6).

Il comma 7 demanda alla legge regionale la determinazione dei criteri e delle modalità per la predisposizione degli elenchi comunali delle case famiglia, per l’agevolazione dell'accesso dei cani nei luoghi pubblici e privati, nonché per la concessione e il rinnovo della licenza per ogni rifugio privato, previa verifica del rispetto dei criteri minimi strutturali e gestionali definiti al comma 5 e dell’attuazione dei piani di adozione e sterilizzazione.

La legge regionale provvede, altresì, alla costituzione e alla disciplina di una specifica area della medicina veterinaria pubblica presso le ASL, con responsabilità in materia di applicazione delle normative sul randagismo, sugli animali di affezione e sinantropi, sul benessere e protezione degli animali.

Il comma 8 affida alla legge regionale la determinazione dei criteri e delle modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza sulla base di specifiche condizioni, ossia l'effettiva attuazione dei piani di adozione e di sterilizzazione dei cani e l'esito positivo dei controlli predisposti dalla regione stessa.

Il comma 9 prescrive, tra l’altro, che, entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni recate dal progetto di legge, e comunque entro il 31 dicembre di ogni anno, le Regioni, in collaborazione con i responsabili della specifica area di medicina veterinaria delle ASL e sentite le associazioni animaliste e protezioniste che operano a livello regionale, elaborano un programma di prevenzione del randagismo.

Tale programma, ai sensi del comma 10, prevede interventi riguardanti:

§      la diffusione della pratica della sterilizzazione chirurgica e farmacologica, della registrazione anagrafica e della microchippatura, l'incentivazione delle adozioni dei cani ospitati nei rifugi, il miglioramento delle condizioni dei canili;

§      iniziative di informazione, anche in ambito scolastico, al fine di conseguire un corretto rapporto con gli animali;

§      corsi di aggiornamento e di formazione per il personale delle regioni, degli enti locali, delle forze dell'ordine e delle ASL nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le medesime aziende sanitarie locali e con gli enti locali.

Alfine di tutelare il patrimonio zootecnico, le regioni assicurano un indennizzo agli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti (comma 11).

Ricalcando quanto previsto dal vigente comma 6 dell’articolo 3 della legge n. 281 del 1991, il nuovo comma 12 prevede che, per gli interventi di competenza regionale, le regioni destinano una somma pari al 25 per cento dei fondi assegnati con il decreto ministeriale di cui all'articolo 8, comma 2, della stessa legge quadro in materia di randagismo.

La rimanente somma è assegnata dalla regione ai servizi veterinari delle ASL in base al numero di cani identificati e registrati nell'anagrafe canina e, previo controllo sull'attività svolta, agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza.

Il comma 13, infine, prevede, in analogia a quanto stabilito dall’attuale comma 7 dell’articolo 3 della legge n. 281 del 1991,  che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo, nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo.

 

L’articolo 7sostituisce l’articolo 4 della legge 14 agosto 1991, n. 281, che definisce le competenze dei comuni.

 

Il testo vigente del citato articolo 4, già modificato dall’articolo 1, comma 829, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), prevede che i comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite incruenti attraverso la sterilizzazione. A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6 (ossia delle risorse del Fondo per l’attuazione della legge n. 281 del 1991 assegnate dalla regione agli enti locali per la realizzazione degli interventi di competenza[27]).

I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse summenzionate (comma 1).

I servizi comunali e i servizi veterinari delle unità sanitarie locali si attengono, nel trattamento degli animali, alle disposizioni di cui all'articolo 2, in materia di trattamento dei cani e di altri animali di affezione (comma 2).

 

Il nuovo testo dell’articolo 4, al comma 1, demanda ai comuni, singoli o associati, e alle comunità montane il risanamento dei canili municipali esistenti, che assumono la denominazione di "canile sanitario" o di "ospedale veterinario" ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 281 del 2001, come modificato dall’articolo 6 della proposta di legge.

I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono, altresì, alla costruzione di strutture di ricovero per cani nel rispetto dei criteri stabiliti dai commi 5, 6 e 7 dell'articolo 3 (v. supra) e dalla legge regionale, avvalendosi dei contributi destinati a tale finalità dalla regione (comma 2).

 Il comma 3 affida ai comuni, singoli o associati, la competenza ad emanare regolamenti comunali per la corretta detenzione e tutela degli animali di affezione sui rispettivi territori.

Il comma 4, infine, prevede che i comuni, singoli o associati, adottano formule assicurative per garantire l'assistenza veterinaria di base.

 

L’articolo 8 introduce l’articolo 4-bis nella legge quadro, recante norme finalizzate alla disciplina delle competenze dei servizi veterinari.

Il nuovo articolo 4-bis prevede che ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali competono le seguenti attribuzioni:

·           sovrintendere all'anagrafe canina e ai canili sanitari o ospedali veterinari;

·           assicurare gli interventi di reperibilità per le emergenze e di pronto soccorso per ventiquattro ore al giorno;

·           provvedere all’istituzione di case famiglia per cani in attuazione di quanto previsto all'articolo 1, comma 1-bis, lettera d);

·           esercitare la vigilanza sulle strutture destinate a case famiglia per cani ai sensi dell'articolo 2-ter e sui locali e gli esercizi pubblici e privati ai quali è consentito l’accesso dei cani da compagnia ai sensi dell'articolo 2-quinquies;

·           partecipare ai programmi di prevenzione del randagismo e di educazione sanitaria;

·           effettuare controlli periodici nei rifugi anche sulla base di una lista di attività da monitorare approvata dalla regione.

 

L’articolo 9 riscrive l’articolo 5 della legge n. 281 del 1991, recante disposizioni sanzionatorie.

 

Il vigente articolo 5 prevede diverse fattispecie, per le quali sono comminate sanzioni amministrative pecuniarie.

Il comma 1 prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire un milione l’abbandono di cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione.

Il comma 2 contempla la sanzione di lire centocinquantamila per chiunque omette di iscrivere il proprio cane all'anagrafe canina.

Il comma 3 punisce con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centomila chiunque, dopo aver iscritto il cane all'anagrafe canina, omette di sottoporlo al tatuaggio.

Una sanzione da cinque a dieci milioni di lire è prevista, poi, per chi fa commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione, in violazione delle leggi vigenti (comma 4).

Il comma 5, che prevedeva una elevazione dell’ammenda per il reato di abbandono di animali, è stato abrogato dall'articolo 4 della legge 20 luglio 2004, n. 189.

Infine, il comma 6 stabilisce che le entrate derivanti dalle suddette sanzioni amministrative confluiscono nel Fondo per l'attuazione della legge previsto dall'articolo 8[28].

 

Il testo riformulato dell’articolo 5 prevede, al comma 1, che, al di fuori delle ipotesi in cui il fatto integri le fattispecie penali previste dalla legge 20 luglio 2004, n. 189 (si tratta, tra l’altro, dei reati di uccisione di animali, di maltrattamento di animali, di spettacoli o manifestazioni vietati, di combattimenti tra animali, di uccisione o danneggiamento di animali altrui, di abbandono di animali, di utilizzo di pelli e pellicce di cane e gatto), chiunque omette di iscrivere il proprio cane all'anagrafe canina e di sottoporlo alle contestuali procedure di identificazione di cui agli articoli 2 (come modificato dall’articolo 1 della proposta di legge in esame[29]) e 2-bis (v. supra) è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro 300.

Per l’illustrazione, nel dettaglio, del contenuto del vigente articolo 2 della legge n. 281 del 1991 e delle disposizioni sanzionatorie di cui alla citata legge n. 189 del 2004, si rinviaal Quadro normativo di riferimento.

Il comma 2 stabilisce che, ove il fatto non integri le fattispecie previste dalla citata legge n. 189 del 2004, il commercio di cani o di gatti in violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 10.000 (l’attuale comma 4 fa riferimento al commercio a fini di sperimentazione e prevede sanzioni di minor importo).

Modificando la disciplina vigente, il comma 3 prescrive che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1 e 2 affluiscono direttamente all’ente locale per le finalità della legge n. 281 del 1991.

Tale disposizione sembra tener conto della sentenza della Corte costituzionale 16-25 marzo 1992, n. 123, la quale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 281 del 1991 nella parte in cui prevede che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo (si tratta delle sanzioni per abbandono di cani, gatti e altri animali custoditi in abitazione, per mancata iscrizione dei cani all’anagrafe e per mancata applicazione del tatuaggio identificativo dell’animale) confluiscono nel Fondo per l’attuazione della stessa legge quadro, anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome.

 

L’articolo 10 inserisce l’articolo 5-bis nel testo della legge quadro, introducendo nuove disposizioni in materia di cimiteri per animali di affezione[30].

Il comma 1stabilisce che i cimiteri per animali di affezione sono realizzati da soggetti pubblici o privati. I cimiteri realizzati da soggetti pubblici non hanno il carattere di demanialità di cui all'articolo 824 del codice civile.

 

Ai sensi del primo comma dell’articolo 824 del codice civile i beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822 (le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche; gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico), se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico.

Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali (secondo comma ).

L’articolo 823 statuisce che i beni del demanio pubblico, sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (primo comma).

L'autorità amministrativa provvede alla tutela dei beni del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal codice civile (secondo comma).

 

Il comma 2 disciplina l’ubicazione dei siti cimiteriali per animali di affezione, prevedendo che essi siano allocati in una zona giudicata idonea dal comune nell'ambito dello strumento urbanistico adottato, previo parere della competente azienda sanitaria locale per i profili attinenti l'igiene e la sanità pubblica.

Il citato parere si ritiene espresso favorevolmente, decorsi inutilmente due mesi dalla data della richiesta.

Il comma 3 regolamenta il trasporto delle spoglie di animali di affezione, che è eseguito a cura dei proprietari nel rispetto dei princìpi fondamentali previsti dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, su autorizzazione di un medico veterinario che escluda pregiudizi per la salute pubblica.

 

Il decreto legislativo n. 508 del 1992 (Attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE) reca le norme sanitarie e di polizia veterinaria che si applicano ai procedimenti di eliminazione e/o di trasformazione dei rifiuti di origine animale allo scopo di distruggere gli agenti patogeni eventualmente in essi presenti nonché alla produzione per gli animali di alimenti di origine animale con metodi atti ad evitare che essi possano contenere agenti patogeni.

Il provvedimento disciplina dettagliatamente il trattamento dei rifiuti di origine animale e l'immissione dei prodotti finali sul mercato, distinguendo i materiali ad alto rischio da quelli a basso rischio e prevedendo specifici controlli ed ispezioni sugli stabilimenti di trasformazione. Sono definiti ad alto rischio, tra l’altro: i bovini, suini, caprini, ovini, solipedi, volatili e tutti gli altri animali tenuti a scopi di produzione agricola, morti ma non macellati per consumo umano; gli animali che sono stati abbattuti nell'ambito di misure di polizia veterinaria; i rifiuti, compreso il sangue, provenienti da animali che in sede di ispezione veterinaria hanno presentato sintomi clinici o segni di malattie trasmissibili all'uomo o ad altri animali; le parti di animali macellati che non sono state presentate all'ispezione post-mortem; le carni, il pesce e tutti i prodotti di origine animale in stato di deterioramento, che costituiscono un rischio per la salute dell'uomo e degli animali; gli animali, le carni ivi comprese le carni di pollame e la cacciagione, il pesce, i prodotti a base di carne, i prodotti lattiero caseari e gli altri prodotti di origine animale importati da Paesi terzi che, in particolare all'atto dei controlli previsti dalla normativa comunitaria, non sono conformi ai requisiti sanitari prescritti per poter essere importati nella comunità, a meno che essi siano riesportati o l'autorizzazione alla loro importazione sia subordinata a restrizioni previste dalla normativa comunitaria; gli animali da reddito morti durante il trasporto; i rifiuti di origine animale contenenti residui di sostanze che possono costituire un pericolo per la salute dell'uomo o degli animali; i pesci con sintomi clinici o segni di malattie trasmissibili all'uomo o ai pesci.

Gli allegati I e II contengono, rispettivamente, le norme di igiene per la raccolta e il trasporto dei rifiuti di origine animale e le norme di igiene imposte agli stabilimenti di trasformazione di rifiuti di origine animale.

In particolare, per quanto concerne la raccolta ed il trasporto dei rifiuti di origine animale, l’allegato I prevede che i rifiuti devono essere raccolti e trasportati negli stabilimenti di trattamento a basso o ad alto rischio riconosciuti in contenitori o veicoli appropriati, in modo da evitare dispersioni di materiale.

I contenitori o i veicoli devono essere adeguatamente coperti.

I veicoli, i copertoni e i contenitori riutilizzabili devono essere tenuti in buono stato di pulizia.

L'autorità competente assume i provvedimenti necessari per il controllo dei movimenti di materiali ad alto rischio, esigendo la compilazione di registri e di documenti che accompagnino tali materiali durante il trasporto fino al luogo in cui sono eliminati, oppure se necessario disponendo che veicoli e contenitori siano sigillati.

Infine, ove alcuni prodotti a base di carni, lattiero-caseari o di pesce, non destinati al consumo umano e derivati da animali o pesci di cui la carne e il latte sono stati approvati per il consumo umano, vengano trasportati sfusi direttamente ad uno stabilimento di trasformazione, devono essere indicati, su un'etichetta apposta sul contenitore, sui cartoni o sugli altri imballaggi, in caratteri aventi un'altezza minima di 2 cm, le informazioni relative all'origine, al nome e al tipo dei rifiuti di origine animale e i termini «Non destinato al consumo umano».

 

Il comma 4 estende ai cimiteri destinati al seppellimento di spoglie di animali di affezione l’applicazione della normativa cimiteriale statale prevista dall'articolo 338 del Testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, in quanto applicabile, e dal regolamento di polizia mortuaria, di cui al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, tenuto conto delle differenti esigenze dimensionali, dei diversi tempi di scheletrizzazione e delle relative peculiarità, in attesa dell'emanazione da parte delle regioni di specifici organici provvedimenti in materia.

 

L’articolo 338 del Testo unico delle leggi sanitarie stabilisce che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È pertanto vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe di legge (primo comma ).

Tale disposizione non si applica ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma (secondo comma).

Il terzo comma prescrive che il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 e deve, a sue spese, demolire la nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.

Il quarto comma demanda al consiglio comunale l’approvazione, previo parere favorevole della competente ASL, della realizzazione di nuovi cimiteri o dell'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, in presenza, anche in via alternativa, delle seguenti condizioni:

a)  risulti accertato dal consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;

b)  l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.

Al fine di dare esecuzione ad interventi urbanistici, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, è consentito, altresì, al consiglio comunale, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto (valutati gli elementi ambientali di pregio dell'area), autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione della zona di rispetto si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre (quinto comma).

A tal fine, il parere della competente azienda sanitaria locale si ritiene espresso favorevolmente, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta (sesto comma ).

Il settimo comma autorizza, all'interno della zona di rispetto, specifici interventi di recupero per gli edifici esistenti ovvero interventi funzionali all'utilizzo dei medesimi.

 

Il regolamento di polizia mortuaria, approvato con il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, detta una peculiare disciplina per la denuncia della causa di morte e l’accertamento dei decessi, per il periodo di osservazione dei cadaveri e per l’attività degli obitori.

Specifiche disposizioni riguardano, poi, il trasporto dei cadaveri, il riscontro diagnostico, il rilascio di cadaveri a scopo di studio alle sale anatomiche universitarie, il prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico, le modalità di effettuazione delle autopsie e i trattamenti per la conservazione del cadavere.

Per quanto concerne il servizio dei cimiteri, il regolamento, oltre a dettare norme di carattere generale (con particolare riferimento alle funzioni attribuite ai comuni), reca disposizioni specifiche per la costruzione dei cimiteri, per i piani cimiteriali, per la camera mortuaria, per la sala per autopsie, per l’ossario comune, per l’inumazione, per la tumulazione, la cremazione, l’esumazione ed estumulazione, per le sepolture private nei cimiteri, per la soppressione dei cimiteri medesimi, per i reparti speciali entro i cimiteri e per i sepolcri privati fuori dai cimiteri.

 

L’articolo 11 detta disposizioni volte a reintrodurre le imposte per i possessori di cani.

In particolare, dopo l'articolo 5-bis della citata legge n. 281 del 1991, introdotto dall'articolo 10 del progetto di legge in esame, viene inserito l’articolo 5-ter.

 

La legislazione vigente non prevede l’applicazione di imposte riguardanti il possesso di cani. Si ricorda, infatti, che l’articolo 6 della citata legge n. 281 del 1991, abrogato, con effetto dall'anno 1992, dall'articolo 10 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8[31], prevedeva l’imposizione di una imposta comunale annuale per il possesso di cani (comma 1).

La stessa disposizione precisava che l’acquisto di un cane già assoggettato all'imposta non dava luogo a nuove imposizioni (comma 2) ed esentava dal tributo:

·         i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi e alla custodia degli edifici rurali e del gregge;

·         i cani appartenenti ad individui di passaggio nel comune, la cui permanenza non si protraesse oltre i due mesi o che pagassero già l'imposta in altri comuni;

·         i cani lattanti per il periodo di tempo strettamente necessario all'allattamento e mai superiore ai due mesi;

·         i cani adibiti ai servizi dell'Esercito ed a quelli di pubblica sicurezza;

·         i cani ricoverati in strutture gestite da enti o associazioni protezionistiche senza fini di lucro;

·         i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai comuni(comma 3).

 

Il nuovo articolo 5-terprevede, al comma 1, che tutti i possessori di cani sono tenuti al pagamento di un'imposta comunale annuale di euro 20 (in origine l’imposta era di venticinquemila lire).

Ripristinando quanto previsto dall’abrogato articolo 6 della legge n. 281 del 2001, il comma 2 del citato articolo 5-ter stabilisce che l'acquisto di un cane per il quale risulta già assolta l'imposta di cui al comma 1 non dà luogo a nuove imposizioni nell'anno di riferimento.

Specifiche esenzioni d’imposta riguardano:

·       i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi (l’abrogato articolo 6 esentava anche i cani adibiti alla custodia degli edifici rurali);

·       i cani appartenenti ad individui non residenti, né domiciliati nel comune, la cui permanenza non si protrae oltre due mesi o che già pagano l'imposta in altri comuni;

·       i cani lattanti per il periodo di tempo strettamente necessario all'allattamento;

·       i cani adibiti ai servizi dell'Esercito e a quelli di pubblica sicurezza;

·       i cani ricoverati in strutture gestite da enti o associazioni protezionistiche, senza fini di lucro e ospitati nelle case famiglia o nei rifugi;

·       i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai comuni;

·       i cani con certificazione di avvenuta sterilizzazione (comma 3).

La disposizione in esame prevede, inoltre, che i comuni individuano con propri provvedimenti le sanzioni per il mancato pagamento dell'imposta (comma 4).

 

L’articolo 12 detta disposizioni concernenti la copertura finanziaria del provvedimento, operando l’integrale riscrittura dell'articolo 9 della citata legge n. 281 del 1991.

In particolare, il nuovo testo dell’articolo 9 dispone che agli oneri posti a carico dello Stato derivanti dall'attuazione del provvedimento in commento si provvede a valere sulle risorse a tal fine stanziate dalla citata legge 2 dicembre 1998, n. 434, recante disposizioni per il Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo(comma 1).

Per la ricostruzione dei finanziamenti in materia, cfr. il Quadro normativo di riferimento.

Ai maggiori oneri gravanti sulle regioni e sugli enti locali in attuazione delle disposizioni del presente provvedimento si provvede mediante gli introiti derivanti dall'imposta prevista dall'articolo 5-ter e dai trasferimenti effettuati dallo Stato (comma 2);

Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 3).

 


Progetto di legge

 


N. 2833

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

SANTELLI, CECCACCI RUBINO, ADENTI, ADOLFO, AIRAGHI, ALESSANDRI, GIOACCHINO ALFANO, ALLAM, AMENDOLA, AMICI, APREA, ARACU, ARMANI, ARMOSINO, ASTORE, AZZOLINI, BAIAMONTE, BALDELLI, BALDUCCI, BARANI, BARBIERI, BELISARIO, BELLILLO, BELTRANDI, BERNARDO, BERTOLINI, BIANCHI, BIANCO, BIANCOFIORE, BOCCHINO, BONAIUTI, BONIVER, BONO, BORDO, BORGHESI, BOSCETTO, BRANCHER, BRICOLO, BRUGGER, BRUSCO, BUCCHINO, BUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, BURTONE, CALIGIURI, CAMPA, CANCRINI, CAPOTOSTI, CARBONELLA, CARFAGNA, CASERO, CASSOLA, CESINI, CHICCHI, CICU, CIOCCHETTI, COMPAGNON, CONSOLO, GIANFRANTO CONTE, GIORGIO CONTE, COSSIGA, COSTANTINI, CRIMI, CRISAFULLI, CROSETTO, D'AGRÒ, D'ALIA, DATO, DE CRISTOFARO, DEL BUE, D'ELIA, DELLA VEDOVA, DELL'ELCE, FRANCESCO DE LUCA, DI GIOIA, DI GIROLAMO, DIOGUARDI, DIONISI, D'IPPOLITO VITALE, DI VIRGILIO, FABBRI, FABRIS, FALLICA, FALOMI, FERRARI, FIANO, FILIPPI, FILIPPONIO TATARELLA, FLORESTA, FORLANI, FRANZOSO, FRASSINETTI, FRATTA PASINI, FUGATTI, FUNDARÒ, GALATI, GALLETTI, GALLI, GAMBESCIA, GARAGNANI, GARAVAGLIA, GARDINI, GELMINI, GERMANÀ, GERMONTANI, GIACHETTI, GIACOMONI, GIOVANELLI, GIUDICE, GIUDITTA, GOISIS, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IANNARILLI, INCOSTANTE, INTRIERI, KHALIL, LAINATI, LAMORTE, LICASTRO SCARDINO, LISI, LO MONTE, LUCÀ, LUCCHESE, LUMIA, LUPI, LUSSANA, MANCINI, MARAN, MARGIOTTA, MARINELLO, MARONE, MARTINO, MARTUSCIELLO, MASCIA, MAZZARACCHIO, MELE, GIORGIO MERLO, RICARDO ANTONIO MERLO, MISITI, MISTRELLO DESTRO, MISURACA, MONACO, MONDELLO, MONTANI, NACCARATO, ANGELA NAPOLI, NUCARA, OLIVA, OPPI, PALOMBA, PAOLETTI TANGHERONI, PAPINI, PAROLI, PECORELLA, PEDRIZZI, PELINO, PELLEGRINO, ANTONIO PEPE, MARIO PEPE, PERINA, PESCANTE, CAMILLO PIAZZA, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, PILI, PISICCHIO, PONZO, PORETTI, PRESTIGIACOMO, PROIETTI COSIMI, RAITI, RAMPI, RAO, RAVETTO, RAZZI, ROMANI, ROMELE, RONCONI, ROSITANI, ROSSI GASPARRINI, ROSSO, ROTONDO, FRANCO RUSSO, RUTA, RUVOLO, SAMPERI, SANNA, SCHIRRU, SIMEONI, STAGNO D'ALCONTRES, STRADELLA, SUPPA, TASSONE, TENAGLIA, TESTONI, TREPICCIONE, TRUPIA, TURCI, TURCO, ULIVI, VACCA, VALDUCCI, VANNUCCI, VELO, VENIER, VERRO, VILLETTI, VITALI, ALFREDO VITO, VOLONTÈ, ZANETTA, ZANOTTI

¾

 

Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

Presentata il26 giugno 2007

 

 


Onorevoli Colleghi! - L'approvazione della legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, legge 14 agosto 1991, n. 281, ha rappresentato un importante passo in avanti per l'affermazione di un più civile rapporto tra le persone e gli animali, ma essa, pur essendosi rivelata valida nell'impianto e nei princìpi, non risulta ad oggi sufficiente nell'attuazione pratica.

Dopo oltre quindici anni di esperienza applicativa occorre riconoscere che molti degli obiettivi indicati dalla legge non sono stati conseguiti. Ciò non soltanto per l'inadeguato impegno di alcune regioni e di molti enti locali, ma anche per le carenze della stessa legislazione. In particolare, le leggi regionali di attuazione cui la legge rinvia sono quasi sempre rimaste inapplicate o sono comunque risultate insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, come, ad esempio, l'adozione di tutti i cani vaganti e di quelli detenuti nei canili e il contrasto al randagismo, non avendo trovato piena attuazione i piani di sterilizzazione e non essendo stata realizzata un'efficiente e collegata anagrafe canina.

Il ritardo accumulato per le carenze normative della legge n. 281 del 1991 ha aggravato una situazione che in diverse zone d'Italia è ormai allarmante: canili pubblici e privati sovraffollati, adozioni e acquisti effettuati senza le necessarie attenzioni e, quindi, continua alimentazione degli abbandoni, favoriti anche da una generale difficoltà di accesso nei luoghi pubblici con un cane.

Nonostante le modifiche legislative e l'inasprimento delle pene per il reato di maltrattamento di animali, sui cani abbandonati si è innestato un giro di affari di circa 500 milioni di euro; molti privati, infatti, hanno siglato convenzioni milionarie con le amministrazioni locali, convenzioni aggiudicate spesso con i ribassi d'asta, alle quali corrispondono strutture fatiscenti. Dal monitoraggio effettuato da alcune associazioni animaliste risulta che la stragrande maggioranza dei canili sul territorio nazionale sono sovraffollati, privi delle condizioni igienico-sanitarie minime, i cani sono malnutriti, privi di assistenza veterinaria e spesso vittime di maltrattamenti.

Per tutti questi motivi si ritiene urgente e necessario integrare e modificare la legge n. 281 del 1991 e, per una più efficace applicazione, disciplinare già a livello di legge quadro:

1) strumenti che incentivino l'iscrizione all'anagrafe dei cani di proprietà;

2) le caratteristiche minime delle strutture dei canili;

3) l'istituzione ex novo di strutture di accoglienza intermedie come le case famiglia per cani;

4) la promozione di una cultura zoofila attraverso la responsabilizzazione dei proprietari;

5) l'ampliamento delle possibilità di accesso con i cani nei luoghi pubblici e nei servizi di trasporto pubblico e privato;

6) sanzioni più severe per i trasgressori;

7) strumenti per la sensibilizzazione dei proprietari riguardo alla sterilizzazione dei propri animali.

Solo agendo con politiche integrate è possibile aggredire un fenomeno che stenta a ridursi; per questo, oltre all'importante funzione di un'anagrafe canina e di campagne di sterilizzazione più efficaci, determinanti risultano essere, per il contrasto del randagismo, l'istituzione di case famiglia per cani e il libretto d'identità per l'amico a quattro zampe.

La proposta d'istituire una struttura di accoglienza intermedia - una via di mezzo fra l'istituzione canile e il semplice privato cittadino - denominata «casa famiglia per cani», nasce dall'esigenza di disincentivare il ricorso ai canili, in virtù anche del limite massimo di 200 cani a struttura, che la presente proposta di legge prevede. Occorre incentivare la adozioni e le case famiglia per cani, che rappresentano la soluzione ideale sia in termini di flessibilità, perché si amplierebbero le possibilità allocative dei randagi senza però eccessivi vincoli per le famiglie ospitanti, sia in termini di economicità, perché si consentirebbe un enorme risparmio per lo Stato, che eviterebbe di gestire costosissimi e «kafkiani» canili, molto spesso veri e propri lager.

Incentivando singoli e famiglie, con buoni sconto per i pasti e servizi veterinari gratuiti, ad adottare cani abbandonati, destinati ai canili, si ha il doppio vantaggio di favorire un maggiore risparmio per lo Stato e di dare una risposta più efficace alla domanda di cura del randagio, che verrebbe inserito in un contesto più a dimensione di animale.

Proprio sul tema del sovraffollamento si è pronunciata di recente la Corte di cassazione che ha stabilito che «il fatto di avere custoditi i cani in condizioni di eccessivo sovraffollamento in box particolarmente angusti integra il reato di cui all'articolo 727 del codice penale».

Inoltre, per la Cassazione, «se si percepiscono soldi pubblici per la custodia degli animali, le condizioni di detenzione devono essere particolarmente accurate».

L'ulteriore proposta di prevedere un documento d'identità all'atto dell'iscrizione all'anagrafe canina con tutte le informazioni necessarie per una corretta detenzione del proprio animale, i diritti e i doveri dei proprietari, che deve essere consegnato all'atto della registrazione e comunque dell'acquisto o adozione, nasce dalla duplice esigenza di responsabilizzare i proprietari e disincentivare l'acquisto emotivo. È ormai ampiamente confermato che alla base degli abbandoni vi è la correlazione fra la scarsa empatia delle esigenze di un cane e l'acquisto impulsivo. Secondo alcune stime una famiglia italiana su due convive con un animale domestico, oltre una su tre con un cane o un gatto. Il rapporto con gli animali domestici è però in gran parte improntato sull'improvvisazione, sul distorto principio che qualsiasi persona, a prescindere dalle proprie caratteristiche e dalla propria preparazione, può avere con sé qualsiasi animale. Il positivo grande aumento della sensibilità nei confronti degli animali, registrato in questi ultimi quindici anni, solo in piccola parte è andato di pari passo con la consapevolezza della necessità di essere informati e preparati sui doveri e i diritti di cui si dispone per la compagnia di un cane o di un gatto. Occorre che accanto alla decisione di possedere un cane vi sia una piena consapevolezza dei diritti dell'animale, dei suoi bisogni di cura e di affetto, e dei doveri, pubblici e privati, dei proprietari.

Infine, c'è il non meno importante capitolo della controversa situazione legislativa relativa all'accesso degli animali di affezione nei luoghi pubblici. L'Associazione nazionale dei comuni italiani ha di recente ribadito che vietare l'ingresso ai cani nei locali pubblici e, quindi, negli esercizi commerciali, è illegale. Infatti, il regolamento di polizia veterinaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954, ammette l'accesso dei cani nei locali pubblici e sui mezzi di trasporto, purché siano condotti con museruola e al guinzaglio. I cani possono accedere senza problemi ovunque, fatta eccezione per i negozi di generi alimentari, basti pensare agli ormai numerosi programmi di pet therapy che prevedono l'ingresso degli animali anche negli ospedali. Nella realtà, in contrasto evidente con il citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954, sono state emanate diverse leggi regionali e ordinanze comunali per mezzo delle quali si lascia libero il gestore di una struttura privata di decidere

 

se fare entrare o meno gli animali nel suo locale. Ma ultimamente si è affermata la tendenza di vietare del tutto l'ingresso degli animali di affezione in tutti i locali pubblici, senza alcuna distinzione, e sono state previste pesanti sanzioni per coloro che non le rispettano. La presente proposta di legge intende fare chiarezza, una volta e per tutte, sulla controversa questione, vietando la possibilità di negare l'accesso a persone accompagnate dal proprio cane, non solo nei locali ed esercizi pubblici, ma anche sui mezzi di trasporto pubblico e privato.

 


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Obiettivi generali e trattamento dei cani).

      1. All'articolo 1 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

      «1-bis. Ai fini di cui al comma 1, lo Stato disciplina i livelli essenziali per la realizzazione dei seguenti obiettivi:

 

          a) la sterilizzazione dei cani e dei gatti;

 

 

          b) l'iscrizione dei cani all'anagrafe canina e la protezione dei gatti in libertà;

 

          c) l'adeguamento delle strutture di accoglienza dei cani vaganti da parte dei comuni singoli o associati e delle comunità montane;

 

          d) l'istituzione delle case famiglia per cani ai sensi dell'articolo 2-ter;

 

          e) la responsabilizzazione collettiva nei confronti degli animali».

 

      2. All'articolo 2 della legge 14 agosto 1991, n. 281, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

          a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

      «1-bis. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, determina l'ammontare delle spese detraibili per le spese veterinarie, sostenute dai proprietari, ivi comprese quelle per la sterilizzazione chirurgica, per l'identificazione mediante microprocessore ai sensi dell'articolo 2-bis e per l'iscrizione all'anagrafe canina»;

          b) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. I cani vaganti catturati e identificati mediante tatuaggio o microprocessore sono restituiti al proprietario o detentore previo pagamento delle spese di cattura e di mantenimento»;

          c) il comma 5 è sostituito dal seguente:

      «5. I cani vaganti non identificati, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 2 dell'articolo 4 devono essere identificati ai sensi dell'articolo 2-bis; se non reclamati entro il termine di trenta giorni, essi possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento, alle case famiglia per cani di cui all'articolo 2-ter o ad associazioni protezioniste, previa sterilizzazione chirurgica, trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi, altre malattie trasmissibili ed eventuali terapie necessarie»;

          d) al comma 10, dopo le parole: «Gli enti e le associazioni protezioniste» sono inserite le seguenti: «che presentano i requisiti previsti dall'articolo 3, comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266, e regolarmente iscritti ai relativi albi regionali o che siano riconosciuti enti morali».

 

Art. 2.

(Identificazione dei cani).

      1. Dopo l'articolo 2 della legge 14 agosto 1991, n. 281, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, è aggiunto il seguente:

 

      «Art. 2-bis. - (Identificazione dei cani). - 1. L'iscrizione presso l'anagrafe canina è obbligatoria. Chiunque intende, a qualsiasi titolo, detenere un cane è tenuto ad accertarsi preliminarmente della registrazione e dell'identificazione dell'animale.

      2. L'identificazione dei cani deve essere effettuata entro trenta giorni dalla nascita o dall'inizio della detenzione, mediante l'impianto sottocutaneo di un microprocessore recante un codice numerico identificativo o comunque entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

      3. L'apposizione del microprocessore è di stretta pertinenza del servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale competente o del medico veterinario libero professionista accreditato secondo le modalità previste da ogni singola regione».

 

Art. 3.

(Istituzione di case famiglia per cani).

      1. Dopo l'articolo 2-bis della legge 14 agosto 1991, n. 281, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:

 

      «Art. 2-ter - (Case famiglia per cani). - 1. Qualsiasi cittadino che intende adottare cani, ai sensi del comma 5 dell'articolo 2, nel numero minimo di tre e massimo di dieci, può richiedere al comune di residenza l'iscrizione all'elenco comunale delle case famiglia per cani.

      2. Il richiedente, all'atto della domanda, deve specificare il numero di cani che intende adottare, nel rispetto dei limiti stabiliti dal comma 1, e allegare una dichiarazione di conformità degli spazi e dei locali disponibili ai sensi dell'articolo 3, comma 5, lettere b) e c), nonché di accettazione delle condizioni ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 3.

      3. Il comune, previa verifica da parte dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali dell'idoneità del richiedente valutata con riferimento alla conoscenza della corretta detenzione degli animali e degli obblighi cui i proprietari devono attenersi ai sensi della normativa vigente in materia, iscrive il richiedente medesimo nell'elenco delle case famiglia per cani del proprio territorio di competenza e provvede a contattare la casa famiglia prescelta ai fini del comma 5 dell'articolo 2, senza nessun obbligo di affido per il titolare, tranne nel caso in cui la struttura abbia superato la capacità di cui alla lettera a) del comma 5 all'articolo 3.

      4. La titolarità di una casa famiglia per cani non comporta alcuna corresponsione economica. Essa tuttavia dà il diritto, sulla base di un programma annuale predisposto dal comune, ad accedere a buoni sconto per l'acquisto di prodotti alimentari e per visite e cure veterinarie gratuite anche con studi medici veterinari privati convenzionati con il comune stesso.

      5. Il titolare di una casa famiglia per cani è autorizzato a tenere in custodia a pagamento cani di proprietà di terzi, nella misura massima del 50 per cento della disponibilità di cui al comma 1, previa iscrizione alla competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

      6. Il comune può revocare la titolarità di una casa famiglia per cani qualora a seguito di un controllo risultino omesse le condizioni di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo o accertate le violazioni previste dall'articolo 5».

Art. 4.

(Documento d'identità).

      1. Dopo l'articolo 2-ter della legge 14 agosto 1991, n. 281, introdotto dall'articolo 3 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 2-quater. - (Libretto d'identità). - 1. All'atto dell'identificazione e della registrazione all'anagrafe canina i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali o i medici veterinari accreditati rilasciano un libretto d'identità, recante i dati dell'animale e del proprietario, che è utilizzato anche per la registrazione degli interventi di profilassi e di polizia veterinaria eseguiti sull'animale e che contiene le informazioni sulla corretta detenzione e sugli obblighi cui i proprietari dei cani devono attenersi.

      2. Il libretto d'identità deve essere conservato anche in caso di passaggio di proprietà del cane e rappresenta l'unico documento ufficiale attestante l'avvenuta iscrizione all'anagrafe canina.

      3. Qualsiasi cittadino che intende acquistare o essere affidatario di un cane è tenuto alla compilazione del modulo di cui all'allegato 1 annesso alla presente legge.

      4. I cani non possono essere intestati a cittadini che non hanno compiuto il diciottesimo anno di età».

      2. Alla legge 14 agosto 1991, n. 281, come da ultimo modificata dalla presente legge, è aggiunto, in fine, l'allegato 1 di cui all'allegato A annesso alla presente legge.

 

Art. 5.

(Disposizioni per la facilitazione degli accessi dei cani nei luoghi pubblici e privati).

      1. Dopo l'articolo 2-quater della legge 14 agosto 1991, n. 281, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 2-quinquies. - (Disposizioni per la facilitazione degli accessi dei cani da compagnia nei luoghi pubblici e privati). - 1. Le strutture ricettive, i locali e gli esercizi pubblici, nonché i servizi di trasporto pubblico e privato non possono vietare l'ingresso ai cani salvo nei casi di violazione delle condizioni previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni, e previo pagamento del titolo d'ingresso ove previsto. Sono fatte salve le disposizioni vigenti in materia di cani guida delle categorie protette.

      2. Le capitanerie di porto, le regioni e i comuni consentono l'accesso dei cani al seguito dei proprietari sulle spiagge demaniali».

 

Art. 6.

(Competenze delle regioni).

 

      1. L'articolo 3 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è sostituito dal seguente:

      «Art. 3. - (Competenze delle regioni). - 1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, adeguano le proprie leggi in materia di randagismo e predispongono i modelli dei libretti d'identità, ai sensi dell'articolo 2-quater.

      2. Il Ministro della salute, con propri decreti, determina le caratteristiche dei dispositivi di identificazione di cui all'articolo 2-bis, stabilendo altresì modalità operative conformi, atte ad assicurare la completezza e la interoperabilità delle anagrafi canine con la banca dati canina nazionale.

      3. Al trattamento dei dati previsti dal comma 2 del presente articolo si applicano le disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.

      4. Le regioni provvedono a disciplinare, con propria legge, il risanamento dei canili comunali che assumono la denominazione di "canile sanitario" o di "ospedale veterinario", in relazione alle esigenze territoriali e al tipo di prestazioni, e che garantiscono le seguenti funzioni:

          a) ricovero temporaneo dei cani vaganti catturati sul territorio;

          b) adempimenti sanitari sui cani ricoverati;

          c) servizio di pronto soccorso con reperibilità degli operatori durante l'arco delle ventiquattro ore tramite il servizio di urgenza ed emergenza medica 118;

          d) adempimenti previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, e successive modificazioni;

          e) osservatorio epidemiologico;

          f) eventuale ricovero di gatti o di altri animali di affezione.

      5. Le regioni provvedono altresì a disciplinare, con propria legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le modalità per la costruzione, la ristrutturazione e la gestione di rifugi per cani tenendo conto dei seguenti criteri minimi di vivibilità delle medesime strutture:

          a) numero massimo di 200 cani per struttura;

          b) fissazione di uno spazio minimo vitale di 10 mq per cane e di 5 mq per ogni cane in aggiunta;

          c) predisposizione obbligatoria di spazi esterni adeguati;

          d) apertura al pubblico per controlli e per adozioni;

          e) specializzazione del personale delle strutture nella cattura e nel trattamento degli animali;

          f) preparazione anche comportamentale dei cani all'adozione da parte di personale anche volontario formato a tal fine;

          g) presenza di volontari di almeno un'associazione di cui all'articolo 2, comma 10.

      6. Le strutture, pubbliche e private, di ricovero dei cani che hanno favorevolmente superato il periodo di osservazione e ai quali sono stati applicati i trattamenti previsti presso il canile sanitario od ospedale veterinario devono garantire buone condizioni di vita ai medesimi animali e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sono sottoposte al controllo trimestrale dei medici veterinari specializzati dell'azienda sanitaria locale competente.

      7. La legge regionale determina i criteri e le modalità per l'attuazione degli elenchi comunali delle case famiglia per cani, per agevolare l'accesso dei cani nei luoghi pubblici e privati ai sensi di quanto disposto dall'articolo 2-quinquies, nonché per la concessione e il rinnovo della licenza per ogni rifugio privato in base ai criteri minimi strutturali e gestionali di cui al comma 5 e alla verifica dell'attuazione dei piani di adozione e di sterilizzazione dei cani. La legge regionale provvede, altresì, alla costituzione e alla disciplina di una specifica area della medicina veterinaria pubblica presso le aziende sanitarie locali con responsabilità di azione sull'applicazione delle normative in materia di randagismo, di animali di affezione e sinantropi, di benessere e protezione degli animali.

      8. La legge regionale determina i criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza, subordinando comunque la ripartizione dei fondi all'effettiva attuazione dei piani di adozione e di sterilizzazione dei cani nonché all'esito positivo dei controlli predisposti dalla regione stessa.

      9. Le regioni adottano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e comunque entro il 31 dicembre di ogni anno, in collaborazione con i responsabili della specifica area delle aziende sanitarie locali costituita ai sensi del comma 7 e sentite le associazioni animaliste e protezioniste che operano in ambito regionale, un programma di prevenzione del randagismo.

      10. Il programma di cui al comma 9 prevede interventi riguardanti:

          a) la diffusione della pratica della sterilizzazione chirurgica e farmacologica, della registrazione anagrafica e della microchippatura, l'incentivazione delle adozioni dei cani ospitati nei rifugi, il miglioramento delle condizioni dei canili;

          b) iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di conseguire un corretto rapporto con gli animali, basato sul rispetto della vita animale e sulla difesa del loro habitat;

          c) corsi di aggiornamento e di formazione per il personale delle regioni, degli enti locali, delle forze dell'ordine e delle aziende sanitarie locali addette ai servizi di cui alla presente legge nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le aziende sanitarie locali e con gli enti locali.

      11. Al fine di tutelare il patrimonio zootecnico le regioni indennizzano gli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale.

      12. Per la realizzazione degli interventi di competenza regionale, le regioni destinano una somma pari al 25 per cento dei fondi assegnati alla regione dal decreto ministeriale di cui all'articolo 8, comma 2. La rimanente somma è assegnata dalla regione ai servizi veterinari delle aziende sanitarie locali in base al numero di cani identificati e registrati nell'anagrafe canina e, previo controllo sull'attività svolta, agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza.

      13. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo, nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo».

 

Art. 7.

(Competenze dei comuni).

 

      1. L'articolo 4 della legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 4. - (Competenze dei comuni). - 1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono al risanamento dei canili municipali esistenti, che assumono la denominazione di "canile sanitario" o di "ospedale veterinario" ai sensi dell'articolo 3, comma 4.

      2. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono alla costruzione di strutture di ricovero per cani nel rispetto dei criteri stabiliti dai commi 5 e seguenti dell'articolo 3 e dalla legge regionale, avvalendosi dei contributi destinati a tale finalità dalla regione.

      3. I comuni, singoli o associati, predispongono regolamenti comunali per la corretta detenzione e tutela degli animali di affezione sui rispettivi territori.

      4. I comuni, singoli o associati, adottano formule assicurative per garantire l'assistenza veterinaria di base».

 

Art. 8.

(Competenze dei servizi veterinari).

 

      1. Dopo l'articolo 4 della legge 14 agosto 1991, n. 281, come da ultimo sostituito dall'articolo 7 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 4-bis. - (Competenze dei servizi veterinari). - 1. I servizi veterinari delle aziende sanitarie locali:

          a) sono preposti alla gestione dell'anagrafe canina e dei canili sanitari o ospedali veterinari;

          b) garantiscono gli interventi di reperibilità per le emergenze e di pronto soccorso per ventiquattro ore al giorno;

          c) provvedono ad attuare quanto previsto all'articolo 1, comma 1-bis, lettera d);

          d) esercitano la vigilanza sulle strutture ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2-ter e dall'articolo 2-quinquies;

          e) partecipano ai programmi di prevenzione del randagismo e di educazione sanitaria;

          f) effettuano controlli periodici nei rifugi anche sulla base di una lista di attività da monitorare approvata dalla regione».

 

Art. 9.

(Sanzioni).

 

      1. L'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5 - (Sanzioni). - 1. Salvo che il fatto non integri le fattispecie previste dalla legge 20 luglio 2004, n. 189, chiunque omette di iscrivere il proprio cane all'anagrafe canina e di sottoporlo alle contestuali procedure di identificazione di cui agli articoli 2 e 2-bis è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro 300.

      2. Salvo che il fatto non integri le fattispecie previste dalla legge 20 luglio 2004, n. 189, chiunque fa commercio di cani o di gatti, in violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 10.000.

      3. Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1 e 2 affluiscono alle entrate dell'ente locale e sono utilizzate ai fini dell'attuazione della presente legge».

 

Art. 10.

(Cimiteri per animali di affezione).

 

      1. Dopo l'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, come da ultimo sostituto dall'articolo 9 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 5-bis. - (Cimiteri per animali di affezione). - 1. I cimiteri per animali di affezione sono realizzati da soggetti pubblici o privati. Se realizzati da soggetti pubblici non hanno il carattere di demanialità di cui all'articolo 824 del codice civile.

      2. I siti cimiteriali per animali di affezione sono localizzati in una zona giudicata idonea dal comune nell'ambito dello strumento urbanistico adottato, previo parere della competente azienda sanitaria locale per i profili attinenti l'igiene e la sanità pubblica. Al fine dell'acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, decorsi inutilmente due mesi dalla data della richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente.

      3. Il trasporto delle spoglie di animali di affezione è eseguito a cura dei proprietari nel rispetto dei princìpi fondamentali previsti dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, e successive modificazioni, su autorizzazione di un medico veterinario che escluda qualsiasi pregiudizio per la salute pubblica.

      4. Ai cimiteri destinati al seppellimento di spoglie di animali di affezione si applica la normativa cimiteriale statale prevista dall'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, in quanto applicabile, e dal regolamento di polizia mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, e successive modificazioni, tenuto conto delle differenti esigenze dimensionali, dei diversi tempi di scheletrizzazione e delle relative peculiarità, in attesa dell'emanazione da parte delle regioni di specifici organici provvedimenti in materia».

 

Art. 11.

(Imposta).

 

      1. Dopo l'articolo 5-bis della legge 14 agosto 1991, n. 281, introdotto dall'articolo 10 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 5-ter. - (Imposta). - 1. Tutti i possessori di cani sono tenuti al pagamento di un'imposta comunale annuale di euro 20.

      2. L'acquisto di un cane per il quale risulta già assolta l'imposta di cui al comma 1 non dà luogo a nuove imposizioni nell'anno di riferimento.

      3. Sono esenti dall'imposta di cui al comma 1:

          a) i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi;

          b) i cani appartenenti ad individui non residenti, né domiciliati nel comune, la cui permanenza non si protrae oltre due mesi o che già pagano l'imposta in altri comuni;

          c) i cani lattanti per il periodo di tempo strettamente necessario all'allattamento;

          d) i cani adibiti ai servizi dell'Esercito e a quelli di pubblica sicurezza;

          e) i cani ricoverati in strutture gestite da enti o associazioni protezionistiche, senza fini di lucro e ospitati nelle case famiglia o nei rifugi;

          f) i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai comuni;

          g) i cani con certificazione di avvenuta sterilizzazione.

      4. I comuni individuano con propri provvedimenti le sanzioni per il mancato pagamento dell'imposta di cui al comma 1».

 

Art. 12.

(Copertura finanziaria).

 

      1. L'articolo 9 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è sostituito dal seguente:

      «Art. 9. - (Copertura finanziaria). - 1. Agli oneri posti a carico dello Stato derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede a valere sulle risorse a tale fine stanziate dalla legge 2 dicembre 1998, n. 434.

      2. Ai maggiori oneri gravanti sulle regioni e sugli enti locali in attuazione delle disposizioni della presente legge si provvede mediante gli introiti derivanti dall'imposta prevista dall'articolo 5-ter e dai trasferimenti effettuati dallo Stato.

      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

 

 


 




[1]    Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

[2]    Cfr., al riguardo, la sentenza n. 222 del 2003.

[3]    Decisione della Commissione che stabilisce un modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti.

[4]    Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio.

[5]    Decisione della Commissione che attua la direttiva 92/65/CEE del Consiglio relativamente alle condizioni di importazione di gatti, cani e furetti destinati a istituti o centri omologati.

[6]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su un programma d’azione comunitario per la protezione ed il benessere degli animali 2006-2010.

[7]    Decisione che stabilisce un modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti.

[8]    Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio.

[9]    Decisione della Commissione che attua la direttiva 92/65/CEE del Consiglio relativamente alle condizioni di importazione di gatti, cani e furetti destinati a istituti o centri omologati.

[10]   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su un programma d’azione comunitario per la protezione ed il benessere degli animali 2006-2010.

[11]   Comma così sostituito dall’articolo 1, comma 829, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

[12]   La Corte costituzionale, con sentenza 16-25 marzo 1992, n. 123 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, sesto comma, nella parte in cui prevede che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo confluiscono nel fondo per l'attuazione della legge previsto dall'articolo 8, anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

[13]   Riguardano le disposizioni previste agli articoli 130, 131, 132, 133, 134 e 135 del Regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175.

[14]   Nella tabella C allegata al disegno di legge finanziaria per il 2008 (A.S. 1817), l’importo delle risorse destinate agli interventi in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo risulta pari a 4,9 milioni di euro (1.2.2 - Interventi - cap. 5340). 

[15]     Finanziamento di interventi per opere pubbliche.

[16]   Gazzetta Ufficiale 23 giugno 2001, n. 144.

[17]   Istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con D.P.C.M. 28 marzo 1990.

[18]   Prima dell’ordinanza del 12 dicembre2006 è stata adottata l’ordinanza del 9 settembre 2003 avente ad oggetto Tutela dell’incolumità pubblica dal rischio di aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi.

[19]   Come definito all'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376, (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping).

[20]   Il taglio della coda, ove consentito, deve essere eseguito da un medico veterinario entro la prima settimana di vita.

[21]   Divieto dell'uso del collare elettrico e di altro analogo strumento sui cani.

[22] Benché in alcune leggi regionali sia ancora indicato il tatuaggio come metodo di identificazione dei cani, nella pratica il sistema elettronico è ormai generalizzato.

[23]   Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.

[24]   Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 281 del 1991 demanda allo Stato la promozione e la disciplina della tutela degli animali di affezione, la condanna degli atti di crudeltà contro di essi, dei maltrattamenti e del loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente.

[25]   Ai sensi dell’articolo 2, comma 5, della legge n. 281 del 1991, come riformulato dal provvedimento in esame, i cani vaganti non identificati, una volta catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero per cani,  non reclamati entro un certo termine, possono essere ceduti anche a privati che diano garanzie di buon trattamento.

[26]   Secondo la Suprema Corte (Cass. Penale, III sez., sentenza n. 2774 del 24 gennaio 2006) “La fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 727 c.p., con particolare riferimento all’ipotesi della detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura deve essere interpretata, pertanto, nel senso che le condizioni in cui vengono custoditi gli animali non siano dettate da particolari esigenze e risultino tali da provocare negli stessi uno stato di grave sofferenza, indipendentemente dal fatto che in conseguenza di tali condizioni di custodia l’animale possa subire vere e proprie lesioni dell’integrità fisica”. Per la Cassazione, perché sussistano “gravi sofferenze”, non sono necessarie lesioni fisiche, “potendo la sofferenza consistere in soli patimenti”. 

[27]   Tali risorse ammontano ad almeno il 75 per cento dei fondi assegnati annualmente alla regione con decreto del Ministro della salute.

[28]   Si ricorda che la Corte Costituzionale, con la sentenza 16-25 marzo 1992, n. 123, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 281 del 1991 nella parte in cui prevede che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo confluiscono nel Fondo per l’attuazione della stessa legge quadro, anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome.

[29]   In particolare, il testo riformulato del comma 5 dell’articolo 2 della legge n. 281 del 1991 prevede che i cani vaganti non identificati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero per cani devono essere identificati secondo le modalità definite dal nuovo articolo 2-bis della stessa legge (mediante l’impianto sottocutaneo di un microprocessore recante un codice numerico identificativo).

[30]   Si ricorda che nella XIV legislatura, nell’ambito della disciplina delle attività nel settore funerario, è stato approvato dalla sola Camera dei deputati il disegno di legge A.C. 4144, il quale, all’articolo 13, stabiliva norme riguardanti il cimitero per animali d'affezione. In particolare, il disegno di legge prevedeva la realizzazione del cimitero per animali, da parte di operatori pubblici o privati, previa autorizzazione dell'ente locale, in una zona giudicata idonea e nell'ambito dello strumento urbanistico vigente, sulla base di una valutazione della compatibilità dei luoghi e tenuto conto del rischio di inquinamento delle falde acquifere.

[31] Disposizioni urgenti in materia di finanza derivata e di contabilità pubblica.