Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari - D.L. 36/2007 - A.C. 2567
Riferimenti:
AC n. 2567/XV   DL n. 36 del 30-MAR-07
Serie: Progetti di legge    Numero: 153
Data: 07/05/2007
Descrittori:
CONSIGLI GIUDIZIARI     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS n. 1449/XV   L n. 66 del 23-MAG-07


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia
di Consigli giudiziari

D.L. 36/2007 - A.C. 2567

 

 

 

 

 

n. 153

 

 

7 maggio 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

 

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File: D07036.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Motivazioni della necessità ed urgenza  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  6

§      Impatto sui destinatari delle norme  6

Schede di lettura

Quadro normativo  9

Contenuto del provvedimento  15

§      Articolo 1  15

§      Articolo 2  17

Progetto di legge

§      A.C. 2567, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari21

Iter al Senato

Progetto di legge

§      A.S. 1449, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari29

Esame in sede referente

-       2^ Commissione (Giustizia)

Seduta del 4 aprile 2007  39

Seduta del 17 aprile 2007  41

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla 2^ Commissione (Giustizia)

-       1^ Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 3 aprile 2007  45

Seduta del 12 aprile 2007  47

Seduta del 17 aprile 2007  49

Esame in Assemblea

Seduta del 2 maggio 2006  53

§      R.D. 23 giugno 1927, n. 1235. Norme per l'attuazione del R.D.L. 30 dicembre 1926, n. 2219, sulle promozioni nella magistratura. (art. 10)79

§      R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. Guarentigie della magistratura. (art. 6)80

§      D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 264. Norme per le elezioni dei Consigli giudiziari, del Consiglio superiore della magistratura e della Corte disciplinare.82

§      L. 25 luglio 2005, n. 150. Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico.90

§      D.Lgs. 27 gennaio 2006, n. 25. Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera c), della L. 25 luglio 2005, n. 150.141

§     

Documentazione

Progetti di legge

§      A.S. 1513, (Governo), Disciplina delle operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione e ai Consigli giudiziari presso le Corti d’appello  157

§      A.S. 1447, (Governo), Riforma dell’ordinamento giudiziario (art. 4)169

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

 

 

Numero del disegno di legge di conversione

2567

Numero del decreto-legge

30 marzo 2007, n. 36

Titolo del decreto-legge

Disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

Settore d’intervento

Ordinamento giudiziario

Iter al Senato

Si

Numero di articoli

 

§  testo originario

2

§  testo approvato dal Senato

2

Date

 

§  emanazione

30 marzo 2007

§  pubblicazione in Gazzetta ufficiale

30 marzo 2007

§  approvazione del Senato

2 maggio 2007

§  assegnazione

2 maggio 2007

§  scadenza

29 maggio 2007

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari, già esaminato in prima lettura dal Senato e non modificato, si compone di un solo articolo, oltre quello recante la clausola di entrata in vigore.

 

Nello specifico, il decreto-legge si limita a differire al mese di aprile 2008 la data delle elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello, prorogando, conseguentemente, i componenti dei Consigli giudiziari in carica, che continueranno pertanto a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

Relazioni allegate

Il disegno di legge di conversione presentato dal Governo al Senato è accompagnato dalla relazione illustrativa, dalla relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e dalla relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

Il decreto-legge rileva, in premessa, “la straordinaria necessità ed urgenza di prorogare fino alla proclamazione dei nuovi eletti la scadenza del mandato dei componenti dei consigli giudiziari in carica, in ragione della mancata approvazione delle norme necessarie per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei suddetti organi fissata per il primo aprile 2007".

 

Nella citata premessa il Governo rileva, altresì, che per le medesime ragioni sopra riportate non possono aver luogo le operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo della Corte di Cassazione.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni contenute nel provvedimento in esame incidono sulla materia dell'ordinamento giudiziario di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell' art 117, comma 2, lettere g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblicied l)giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa della Costituzione.

 

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Il contenuto del provvedimento appare sostanzialmente specifico ed omogeneo in quanto si limita a stabilire la data delle elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e quelle per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello, disponendo, altresì, che i componenti dei Consigli giudiziari in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto legge continuino a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Il decreto legge n. 36/2007 incide sulla legislazione attualmente riguardante il Consiglio direttivo della Corte di cassazione e i Consigli giudiziari presso le Corti di appello, contenuta nel decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge 25 luglio 2005, n. 150 (cfr. successivo quadro normativo).

Collegamento con lavori legislativi in corso

In relazione agli organismi oggetto del decreto legge n. 36/2007, si segnala che è all'esame della Commissione giustizia del Senato il disegno di legge n. 1447, recante la Riforma dell'ordinamento giudiziario il cui articolo 4 apporta modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, concernente l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e la composizione dei consigli giudiziari.

 

In data 19 aprile 2007 il Governo ha, inoltre, presentato al Senato il disegno di legge A.S. n. 1513, recante la Disciplina delle operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione e ai Consigli giudiziari presso le Corti d’appello.

 

Impatto sui destinatari delle norme

Come rilevato nell'analisi di impatto della regolamentazione, allegata al disegno di legge di conversione del decreto legge in esame,[1] destinatari del possibile impatto della disciplina recata dal provvedimento in esame sono "i magistrati e i Consigli giudiziari presso le corti d'appello, attualmente in carica".

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

La composizione, le competenze e la durata in carica dei consigli giudiziari, nonché l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione sono oggetto del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario (legge 25 luglio 2005, n. 150).

 

Questo aspetto della riforma dell’ordinamento giudiziario non ha costituito oggetto si sospensione[2]; pertanto, le nuove disposizioni sui consigli giudiziari e sul consiglio direttivo della Cassazione sono in vigore a decorrere dal 4 maggio 2006[3].

 

Il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione

Il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione è istituito dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 25 del 2006, quale organo interno alla Corte, corrispondente ai consigli giudiziari presso le corti di appello; il rinnovo dei componenti tale organo è previsto ogni 4 anni (art. 5).

 

Il profilo strutturale del Consiglio direttivo, disegnato dall’articolo 1, è il seguente:

-       tre membri di diritto (primo presidente della Corte di Cassazione, procuratore generale presso la stessa Corte, presidente del Consiglio nazionale forense);

-       un magistrato che eserciti funzioni direttive giudicanti di legittimità;

-       un magistrato che eserciti funzioni direttive requirenti di legittimità;

-       due magistrati che esercitino effettive funzioni giudicanti di legittimità (in servizio presso la Corte di Cassazione);

-       un magistrato che eserciti effettive funzioni requirenti di legittimità (in servizio presso la procura generale della Corte di Cassazione);

-       un professore ordinario di università in materie giuridiche (designato dal Cun - Consiglio universitario nazionale);

-       un avvocato con almeno venti anni di anzianità professionale e iscritto da almeno cinque anni nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori (designato dal Cnf - Consiglio nazionale forense).

In conclusione: dieci membri, di cui sette togati (quattro giudicanti + tre requirenti) e tre laici (due avvocati, un professore)[4].

 

Sono organi del Consiglio direttivo (art. 3):

-       il presidente (di diritto il Primo Presidente della Corte di Cassazione);

-       il vice presidente (da eleggere tra i componenti non togati);

-       il segretario (da eleggere tra i componenti togati).

 

Quanto alle modalità di elezione dei componenti togati, l'articolo 4 prevede il sistema maggioritario (analogo a quello dei consigli giudiziari e del CSM), derivante dalla previsione per la quale ciascun elettore esprime il voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie di magistrati nell'ambito delle quali sono scelti i componenti togati, con la proclamazione della elezione dei candidati che hanno ottenuto, nell'ambito di ciascuna categoria, il maggior numero di voti.

 

Il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione esercita le seguenti competenze (art. 7):

§      formula pareri (comma 1, lettere a), b), f) e g) e proposte (comma 1, lettera h). La formulazione di pareri e proposte lo qualifica come organo consultivo-propositivo nelle seguenti materie:

-       tabelle della Corte di Cassazione (lettera a);

-       valutazione dei magistrati operanti presso gli uffici di legittimità per il profilo della laboriosità, diligenza, preparazione, capacità tecnico-professionale, equilibrio, previa acquisizione di motivate e dettagliate valutazioni del Consiglio nazionale forense (lettera b);

-       alcune vicende riguardanti la vita professionale dei magistrati, quali i collocamenti a riposo, le dimissioni, le decadenze dall’impiego, le concessione di titoli onorifici, la riammissione in magistratura (lettera f);

-       l’attività del Scuola superiore della magistratura (lettera g).

§      esercita attività di vigilanza disciplinare (comma 1, lettera c) e vigilanza amministrativa (comma 1, lettera d). La funzione di vigilanza è esercitata in due materie:

-       sul comportamento di tutti i magistrati in servizio presso gli uffici di legittimità, con obbligo di segnalazione di fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare al ministro della Giustizia e al procuratore Generale presso la Cassazione (lettera c);

-       sull’andamento dei propri uffici, con potere di segnalazione delle eventuali disfunzioni al ministro della giustizia (lettera d).

§      adotta provvedimenti amministrativi (comma 1, lettera e). La funzione amministrativa si esplica mediante l’adozione di provvedimenti relativi allo status giuridico ed economico dei magistrati in servizio negli uffici di legittimità, quali le aspettative e i congedi, le infermità dipendenti da cause di servizio, l’equo indennizzo, le pensioni privilegiate, la concessione di sussidi.

 

In relazione alla funzionalità del Consiglio direttivo, si segnala che ai sensi dell'articolo art. 8: i componenti avvocati e professori, anche nella qualità di vice-presidenti, possono partecipare solamente alle discussioni e deliberazioni in tema di tabelle (lettera a) e vigilanza sugli uffici (lettera d).

I Consigli giudiziari

I Consigli giudiziari sono organi di amministrazione della giurisdizione: svolgono compiti di carattere amministrativo ed organizzativo strumentali rispetto all'esercizio delle funzioni giurisdizionali vere e proprie, ma comunque connessi con lo status dei magistrati.

Diversamente dal consiglio direttivo della Corte di Cassazione – istituito nel 2006 - i consigli giudiziari hanno una lunga tradizione nell’ordinamento giudiziario italiano (istituiti già con R.D. 7 gennaio 1904 n. 2) e, da ultimo, il decreto legislativo n. 25 del 2006 è intervenuto per ridefinirne la composizione e le competenze.

 

In base all’art. 9 del d.lgs n. 25/2006 i consigli giudiziari sono costituiti presso ogni Corte di appello e sono composti da membri di diritto (presidente della Corte d'appello, procuratore generale, presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati del capoluogo di distretto) e da membri effettivi.

La disposizione traccia quindi due differenti profili strutturali dei consigli giudiziari:

§      distretti dove prestano servizio fino a 350 magistrati (comma 2). Il Consiglio giudiziario ha 13 componenti: ai 3 membri di diritto si aggiungono infatti i seguenti 10 membri effettivi:

-       5 magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto eletti da tutti i magistrati del distretto;

-       1 professore universitario in materie giuridiche (nominato dal Cun-Consiglio universitario nazionale, su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione);

-       1 avvocato con almeno 15 anni di effettivo esercizio della professione (nominato dal Cnf-Consiglio nazionale forense, su indicazione dei consigli dell'ordine degli avvocati del distretto);

-       2 laici nominati dal Consiglio regionale (con elezione a maggioranza qualificata: tre quinti dei componenti ovvero, dopo il secondo scrutinio, tre quinti dei votanti) tra persone estranee al Consiglio regionale;

-       1 rappresentante dei giudici di pace, eletto da tutti i Gdp del distretto.

§      distretti dove prestano servizio oltre 350 magistrati (comma 3) e quindi Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia. Il Consiglio giudiziario ha 15 componenti: ai 3 membri di diritto si aggiungono i seguenti 12 membri effettivi:

-       7 magistrati in servizio, elettivi;

-       1 professore universitario;

-       1 avvocato;

-       2 rappresentanti del Consiglio regionale; tutti nominati come nel caso precedente;

-       1 rappresentante dei giudici di pace, nominato come nel caso precedente.

 

Il Consiglio giudiziario deve avere cinque membri supplenti: un magistrato giudicante; un magistrato requirente; un professore universitario; un avvocato; un laico designato dal Consiglio regionale. Quanto ai tre membri di diritto (presidente della Corte d'appello, procuratore Generale, presidente del Consiglio dell'ordine), i supplenti risultano identificati con coloro che esercitano le relative funzioni in caso di impedimento o di assenza del titolare (articolo 10, comma 2).

 

Sono organi dei consigli giudiziari  (art. 11):

-       il Presidente: il presidente della corte di appello;

-       il Vicepresidente: eletto tra i componenti non togati;

-       il Segretario: eletto tra i componenti togati.

 

L'articolo 12, disciplina l'elezione dei componenti togati del Consiglio giudiziario, secondo un sistema già evidenziato in relazione alla elezione dei componenti togati del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e, quindi, delineato, conformemente a quanto previsto dalla delega, in termini analoghi a quello previsto per i componenti togati del CSM.

Il sistema è dunque maggioritario: ciascun elettore esprime il voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie di magistrati nell'ambito delle quali i componenti togati sono scelti, con la proclamazione della elezione dei candidati che hanno ottenuto, nell'ambito di ciascuna categoria, il maggior numero di voti.

 

I Consigli giudiziari così eletti durano in carica 4 anni (art. 13).

Prima della riforma, invece, la durata era fissata in due anni.

 

Quanto alle competenze del Consiglio giudiziario, elencate dall’articolo 15 del d.lgs. n. 25/2006, sono sintetizzabili in quattro attività tipizzate:

§      formula pareri motivati e non vincolanti al CSM nelle seguenti materie:

-       sulle proposte tabellari dei capi dei vari uffici (lettera a);

-       sull'attività dei magistrati sotto il profilo della preparazione, della capacità tecnico-professionale, della laboriosità, della diligenza, dell'equilibrio nell'esercizio delle funzioni, sia nelle ipotesi di progressione in carriera, sia nei periodi intermedi di permanenza nella qualifica (lettera b);

-       sull'organizzazione e sul funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e);

-       sui provvedimenti concernenti i collocamenti a riposo, le dimissioni, le decadenze dall'impiego, le concessioni di titoli onorifici, le riammissioni in magistratura, di competenza del Csm (lettera g);

-       sulle “materie attinenti ad ulteriori competenze ad essi attribuiti” (lettera h).

§      formula proposte al Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura in ordine alla programmazione dell'attività didattica (lettera i) e al ministro della giustizia e al CSM in ordine all’organizzazione del funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e).

§      esercita attività di vigilanza disciplinare sul comportamento di tutti i magistrati in servizio nel distretto, con obbligo di segnalazione dei fatti e degli atti rilevanti al ministro della Giustizia e al procuratore generale presso la Cassazione, quali titolari dell'azione disciplinare (lettera c); esercita anche attività di vigilanza amministrativa, sull'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, con potere di segnalazione delle eventuali disfunzioni al ministro della Giustizia (lettera d);

§      adotta provvedimenti amministrativi. In particolare, adotta provvedimenti relativi allo status dei magistrati in servizio negli uffici del distretto, con particolare riferimento ad aspettative e congedi, infermità dipendenti da cause di servizio, equo indennizzo, pensioni privilegiate, concessione di sussidi (lettera f).

 

In relazione alla composizione l’articolo 16 dispone che i due componenti laici di origine regionale (designati dal consiglio regionale), l’avvocato e il docente universitario, nonché il rappresentante dei giudici di pace non partecipano a tutte le sedute, bensì solo a quelle in cui si discuta o si deliberi nelle materie indicate dall'articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e). Pertanto, in sede consultiva, per le sole proposte tabellari dei vari capi-ufficio (lettera a); in sede di vigilanza, per le questioni riguardanti l'andamento degli uffici giudiziari nel distretto, ai fini della segnalazione al ministro della Giustizia delle eventuali disfunzioni (lettera d); in sede consultiva e propositiva per le questioni relative all'organizzazione e funzionamento degli uffici del giudice di pace (lettera e).

Secondo l'articolo 16, comma 2, il rappresentante dei giudici di pace partecipa al Consiglio giudiziario anche quando si tratta di deliberare in merito a questioni personali e di carriera dei giudici di pace del distretto: ammissione al tirocinio; organizzazione e coordinamento del tirocinio e giudizio finale di idoneità; parere sulla conferma nelle funzioni dopo un quadriennio; proposte di decadenza, dispensa, ammonimento, censura o revoca per i giudici onorari immeritevoli.

 

Infine, l’articolo 18 del decreto legislativo n. 25/2006 ha abrogato:

a)            l'art. 10 del regio decreto 23 giugno 1927, n. 1235[5], relativo alle funzioni del consiglio giudiziario in tema di scrutinio dei magistrati;

b)            l’art. 6 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511[6], sulla costituzione dei consigli giudiziari.

 

 

 

 


Contenuto del provvedimento

 

Il disegno di legge in commento prevede la conversione in legge del decreto legge n. 36 del 2007, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.

 

Il decreto legge si compone di due articoli.

 

 

Articolo 1


1. I componenti dei Consigli giudiziari in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

2. Le elezioni del Consiglio direttivo della corte di cassazione e quelle per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello operanti alla data di entrata in vigore del presente decreto si svolgono la prima domenica ed il successivo lunedì del mese di aprile dell'anno 2008.

 


 

 

 

L’articolo 1, al comma 1, prevede che i componenti dei Consigli giudiziari in carica alla data del 30 marzo 2007 continuino a svolgere le proprie funzioni fino a quando non saranno proclamati i nuovi eletti.

 

Come evidenziato nelle premesse al decreto legge e nella relazione illustrativa del relativo disegno di legge di conversione, l'intervento normativo del Governo si rende necessario in quanto, allo stato, non risulta ancora adottata la normativa necessaria per disciplinare le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali dei Consigli giudiziari in rapporto alle modifiche previste dal decreto legislativo n. 25  del 2006 che ha profondamente innovato la disciplina, la composizione e le modalità di elezione dei componenti dei Consigli giudiziari presso tutti i distretti di Corte di appello, istituendo, altresì, il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione (Per l'analisi del citato decreto legislativo n. 150 del 2006, si rinvia al precedente quadro normativo).

 

Al riguardo, si osserva che gli attuali componenti dei consigli giudiziari sono stati eletti ai sensi dell’art. 6 del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511[7] (come modificato dall’art. 1 della legge 12 ottobre 1966, n. 825[8]),  peraltro abrogato dall’articolo 18 del d.lgs. n. 25/2006.

La citata abrogata normativa prevedeva che i componenti dei consigli giudiziari restassero in carica per un biennio senza possibilità di prorogatio.

In relazione alle attuali consiliature il citato biennio sarebbe dovuto cessare la prima domenica di aprile del 2007 (1° aprile 2007). Ciò in forza dell’art. 2 della legge n. 825/66, che fissava nella prima domenica di aprile successiva alla pubblicazione del regolamento contenente le modalità di voto in esecuzione della legge, la data di rinnovo dei consigli giudiziari.

 

Nella citata premessa al decreto legge il Governo rileva, altresì, la necessità di una apposita normativa per disciplinare il procedimento relativo alla elezione dei membri del consiglio direttivo della Corte di Cassazione la cui istituzione è prevista, per la prima volta, dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 25 del 2006 (per l'analisi di tale organismo si rinvia al precedente quadro normativo).

 

In merito, si evidenzia che il 19 aprile scorso il Governo ha presentato al Senato il disegno di legge A.S. n. 1513, recante la Disciplina delle operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo presso la Corte di Cassazione e ai Consigli giudiziari presso le Corti d’appello. Nella citata relazione introduttiva si legge che, "la individuazione dei componenti il consiglio direttivo presso la Cassazione, i requisiti di elettorato attivo e passivo, le modalità di votazione e di proclamazione degli eletti sono contenute nel decreto legislativo n. 25 del 2006; mancano, viceversa, il procedimento per la costituzione dell’ufficio elettorale e la relativa composizione, la procedura di definizione delle contestazioni e dei reclami, la individuazione dell’organo competente a decidere sugli stessi e le caratteristiche delle schede elettorali: elementi, tutti, che incidono sulla validità delle elezioni. Anche per i consigli giudiziari presso le Corti di appello occorrono disposizioni attuative che rendano possibile l’espletamento della procedura elettorale soprattutto quanto all’individuazione dell’organo che deve procedere all’avvio delle operazioni elettorali, alle modalità di espressione del voto e al modello di scheda da utilizzare".

 

L’articolo 1, comma 2, fissa al 6 e 7 aprile 2008 la data delle elezioni tanto per i membri elettivi del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, quanto per i membri elettivi dei Consigli giudiziari.


 

 

Articolo 2

 


1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.


 

 

 

 

L’articolo 2 del decreto legge ne fissa l’entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (30 marzo 2007).

 


Progetto di legge

 


 

N. 2567

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 2 maggio 2007 (v. stampato Senato n. 1449)

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(PRODI)

e dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

¾

 

Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 2 maggio 2007

¾¾¾¾¾¾¾¾


 


disegno di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 

Decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75 del 30 marzo 2007 ( ).

 

Disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di prorogare fino alla proclamazione dei nuovi eletti la scadenza del mandato dei componenti dei Consigli giudiziari in carica, in ragione della mancata approvazione delle norme necessarie per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei suddetti organi fissata per il 1o aprile 2007;

Considerato che le operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo della Corte di cassazione non possono avere luogo per le medesime ragioni;

Ritenuto che la proroga appare indispensabile per evitare un grave vuoto istituzionale e il conseguente notevole pregiudizio al sistema di autogoverno della magistratura e al funzionamento delle istituzioni giudiziarie;

Ritenuto che appare necessario procedere contestualmente alla fissazione della data di svolgimento delle elezioni dei componenti dei suddetti organi;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 marzo 2007;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia;

 

emana

 

il seguente decreto-legge:

 

Articolo 1.

1. I componenti dei Consigli giudiziari in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

 


( )Si veda anche il successivo Errata corrige pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 aprile 2007.

 

 

2. Le elezioni del Consiglio direttivo della corte di cassazione e quelle per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello operanti alla data di entrata in vigore del presente decreto si svolgono la prima domenica ed il successivo lunedì del mese di aprile dell'anno 2008.

 

Articolo 2.

1.Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 30 marzo 2007.

NAPOLITANO

Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Mastella, Ministro della giustizia.

Visto, il Guardasigilli: Mastella.

 

 


Iter al Senato

 


Progetto di legge

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1449

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri

(PRODI)

 

e dal Ministro della giustizia

(MASTELLA)

 

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 30 MARZO 2007

———–

 

 

 

 

Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n.36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

 

———–

 

 


      


Onorevoli Senatori. – Il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, ha istituito il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione ed ha profondamente modificato la disciplina, la composizione e le modalità di elezione dei componenti dei Consigli giudiziari presso tutti i distretti di Corte di appello.

Occorreva pertanto introdurre nel sistema la normativa necessaria per le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali in rapporto alle modifiche apportate alla composizione dei Consigli giudiziari e alla istituzione dell’ufficio elettorale presso la Corte di cassazione ai fini della procedura elettorale del Consiglio direttivo della Corte stessa.

Allo stato, in assenza di tale normativa, non è possibile procedere alla indizione delle elezioni per il rinnovo dei Consigli giudiziari in scadenza il 1º aprile del corrente anno ed è pertanto assolutamente necessario provvedere al differimento delle operazioni elettorali ed alla proroga degli attuali Consigli fino allo svolgimento delle elezioni; né è ipotizzabile, tenuto conto dei compiti agli stessi affidati, una interruzione temporanea delle attività, che determinerebbe un vuoto istituzionale ed una conseguente stasi che sarebbe fonte di un notevole pregiudizio per il funzionamento delle istituzioni giudiziarie.

Il presente decreto-legge intende dunque porre rimedio a tale situazione, provvedendo al differimento delle elezioni e prorogando i Consigli giudiziari oggi in carica fino alle nuove elezioni.

Il differimento è stato circoscritto a dodici mesi, che comunque si stimano essere assolutamente necessari al fine di consentire l’entrata in vigore della normativa che disciplinerà le operazioni elettorali, come da separato disegno di legge, contestualmente sottoposto al Parlamento.

Il decreto-legge prevede dunque che la scadenza dei Consigli giudiziari attualmente in carica sia prorogata fino alla proclamazione dei nuovi eletti; la data delle nuove elezioni è fissata per la prima domenica ed il lunedì successivo del mese di aprile dell’anno 2008. Nell’individuazione di tale data e del periodo di proroga degli attuali Consigli giudiziari si è tenuto conto, come detto, in primo luogo della opportunità di ottenere la previa approvazione del disegno di legge relativo alla nuova disciplina che regolerà le operazioni elettorali; in secondo luogo, dei tempi necessari per procedere alla individuazione del modello di scheda da utilizzare per lo svolgimento delle elezioni, dei relativi tempi di stampa e fornitura delle stesse, di trasporto nelle sedi delle Corti di appello, ove le schede, secondo quanto previsto dal disegno di legge, andranno consegnate almeno novanta giorni prima dello svolgimento delle elezioni; in terzo luogo, del periodo di ferie estive che interferisce inevitabilmente sia sui tempi parlamentari necessari all’approvazione del provvedimento sia sulle successive operazioni.

L’articolo 2 prevede che, stante l’urgenza, il decreto legge entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Dal presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non è stata redatta la relativa relazione tecnica.


 


 

Analisi tecnico-normativa

 

 

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto:

a)Necessità dell’intervento normativo

L’intervento appare necessario e urgente, in quanto, allo stato, per le problematiche di carattere normativo e organizzativo esposte nella relazione illustrativa, non possono aver luogo né le elezioni per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti d’appello, in scadenza il 1º aprile del corrente anno, né quelle del Consiglio direttivo presso la Corte di Cassazione, organo di nuova costituzione.

Il presente decreto-legge procede, quindi, al necessario differimento delle operazioni elettorali, in termini contenuti, disponendo, inoltre, la proroga dei Consigli giudiziari attualmente in funzione fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

b)Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti

Il decreto-legge incide sulla legislazione attualmente esistente in materia di elezione dei Consigli giudiziari, costituita dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 264, ratificato con legge 10 febbraio 1953, n. 73, nonché dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge 25 luglio 2005, n. 150, riguardanti anche il Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione.

c)Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario

Non si ravvisa nessun contrasto con l’ordinamento comunitario; la normativa contiene disposizioni relative all’ordinamento giudiziario interno.

d)Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale

Nessun profilo di sovrapposizione, trattandosi di un intervento riguardante norme sull’ordinamento giudiziario, materia di esclusiva competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.

e)Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali

Nulla da rilevare.

f)Verifica dell’assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione

Nulla da rilevare. Non sussistono possibilità di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo:

a)Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso

Nulla da rilevare.

b)Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi

I riferimenti normativi figuranti nel testo sono corretti.

c)Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti

Nel testo di legge non si fa ricorso alla tecnica della novellazione.

d)Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell’atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo

Il testo non contiene abrogazioni di disposizioni.

3. Ulteriori elementi:

a)Indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto

Nulla da rilevare.

B)Verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all’esame del Parlamento e relativo stato dell’iter

Disegno di legge n.2428, di iniziativa governativa (approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 marzo 2007) recante: «Riforma dell’ordinamento giudiziario», presentato alla Camera dei deputati il 21 marzo 2007. Il disegno di legge è stato ritirato in data 30 marzo 2007 e presentato al Senato della Repubblica (atto Senato n.1447).


 

Analisi di impatto della regolamentazione (AIR)

 

 

a)Ambito dell’intervento, con particolare riguardo all’individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti

Sono coinvolti i magistrati e i Consigli giudiziari presso le Corti d’appello, attualmente in carica.

b)Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo

Necessità di realizzare un intervento normativo immediato, per evitare, in particolare, una temporanea cessazione delle attività dei Consigli giudiziari, che sarebbe fonte di notevole pregiudizio per il funzionamento complessivo dell’organizzazione giudiziaria e per consentire di adottare una normativa elettorale adeguata alle modifiche ordinamentali introdotte in materia.

c)Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo

Si veda la relazione illustrativa.

d)Presupposti attinenti alle sfere organizzativa, finanziaria, economica e sociale

Nulla da rilevare.

e) Aree di «criticità»

Nulla da rilevare.

f)Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie: valutazione delle opzioni regolatorie possibili

Non vi sono opzioni alternative alla regolazione.

g) Strumento tecnico normativo eventualmente più appropriato

Il decreto-legge appare lo strumento normativo più appropriato, trattandosi di interventi necessari, urgenti e mirati, per garantire la continuità funzionale di organi collegiali elettivi aventi rilevanti attribuzioni nell’ambito dell’ordinamento giudiziario e per consentire l’introduzione nel sistema della normativa necessaria per lo svolgimento delle elezioni degli organismi interessati.

 

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 30 marzo 2007, n.36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

 

Decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 75

del 30 marzo 2007 ( ).

________

 

 

Disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

 

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di prorogare fino alla proclamazione dei nuovi eletti la scadenza del mandato dei componenti dei Consigli giudiziari in carica, in ragione della mancata approvazione delle norme necessarie per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo dei suddetti organi fissata per il 1º aprile 2007;

 

Considerato che le operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo  della Corte di cassazione non possono avere luogo per le medesime ragioni;

 

Ritenuto che la proroga appare indispensabile per evitare un grave vuoto istituzionale e il conseguente notevole pregiudizio al sistema di autogoverno della magistratura e al funzionamento delle istituzioni giudiziarie;

 

Ritenuto che appare necessario procedere contestualmente alla fissazione della data di svolgimento delle elezioni dei componenti dei suddetti organi;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 marzo 2007;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia;

 

 

————————

( ) Si veda altresı` l’Errata corrige pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 aprile 2007.




emana

 

il seguente decreto-legge:

 

 

Articolo 1.

 

1. I componenti dei Consigli giudiziari in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

2. Le elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e quelle per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello operanti alla data di entrata in vigore del presente decreto si svolgono la prima domenica ed il successivo lunedì del mese di aprile dell’anno 2008.

 

Articolo 2.

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

Dato a Roma, addì 30 marzo 2007.

 

NAPOLITANO

Prodi – Mastella

Visto, il Guardasigilli: Mastella

 

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Gazzetta Ufficiale N. 77 del 2 Aprile 2007

ERRATA-CORRIGE

Comunicato relativo al decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante: «Disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari».(Decreto-legge pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 75 del 30 marzo 2007)

Nel decreto-legge citato in epigrafe, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 75 del 30 marzo 2007, la rubrica dell'art. 2 «entrata in vigore» e' da intendersi espunta.

 


Esame in sede referente

 


GIUSTIZIA (2a)

MERCOLEDÌ 4 APRILE 2007

69ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Scotti.

 La seduta inizia alle ore 14,35.

(omissis)

 

IN SEDE REFERENTE

(1449) Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

(Esame e rinvio)

 

 Il presidente SALVI(Ulivo), facente funzioni di relatore in sostituzione del senatore Di Lello Finuoli, rileva che il decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari, si limita a differire al mese di aprile 2008 la data delle elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello. Il decreto proroga conseguentemente i componenti dei Consigli giudiziari in carica, che continueranno pertanto a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

 Tale differimento si rende necessario poiché non è stata ancora approvata la normativa per le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali.

 Pur rammaricandosi per l'inerzia nell'approvazione delle necessarie disposizioni attuative, il Presidente osserva che il decreto-legge si rende necessario sia in ragione del carattere straordinario ed urgente della situazione sia al fine di garantire la funzionalità dei Consigli giudiziari.

 Il Presidente dichiara quindi aperta la discussione generale e rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 


GIUSTIZIA (2a)

MARTEDÌ 17 APRILE 2007

71ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per i diritti e le pari opportunità Donatella Linguiti, per la giustizia Maritati e Scotti.

 La seduta inizia alle ore 14,35.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(omissis)

 

(1449) Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

(Seguito e conclusione dell'esame)

 

 Riprende l'esame sospeso nella seduta del 4 aprile scorso.

 

 Il presidente SALVI ricorda che nella seduta precedente era stata svolta la relazione.

 Senza discussione la Commissione, con il voto contrario del senatore CASTELLI (LNP), conferisce mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea chiedendo l'autorizzazione alla relazione orale.

 

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDÌ 3 APRILE 2007

95ª Seduta (antimeridiana)

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Interviene il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali Linda Lanzillotta.

La seduta inizia alle ore 10,15.

(omissis)

 

 

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1449) Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

(Parere alla 2ª Commissione, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame e rinvio)

 

 Il relatore CALVI (Ulivo) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 36, che proroga fino alla proclamazione dei nuovi eletti il mandato dei componenti dei Consigli giudiziari, in ragione della mancata approvazione delle norme necessarie per lo svolgimento delle elezioni per il rinnovo, fissate per il 1° aprile.

 Conclude, proponendo di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

 Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 10,55.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

GIOVEDÌ 12 APRILE 2007

97ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Scotti.

Interviene, ai sensi dell’articolo 48 del Regolamento, l'Avvocato Generale dello Stato Oscar Fiumara, accompagnato dal Segretario Generale dell'Avvocatura Ruggero Di Martino e da Paolo Gentili, Avvocato dello Stato.

La seduta inizia alle ore 9,15.

 

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1449) Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

(Parere alla 2ª Commissione, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole)

 

Prosegue l’esame, sospeso nella seduta antimeridiana del 3 aprile.

 

Il relatore CALVI (Ulivo) ribadisce la proposta di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

Il senatore PALMA (FI) ritiene che le motivazioni a sostegno della necessità e dell'urgenza del provvedimento illustrate dal relatore siano infondate: infatti, anziché definire tempestivamente la disciplina elettorale dei Consigli giudiziari, il Governo è intervenuto con una proroga di quegli organi, che per la sua estensione rischia di assumere un significato antidemocratico.

 

Il relatore CALVI (Ulivo) osserva che il rilievo circa l'eccessiva durata della proroga, che attiene piuttosto al merito del provvedimento, non inficia l'urgenza e la necessità dell'atto che, a suo avviso, sono evidenti dato che le elezioni dei Consigli giudiziari si sarebbero dovute tenere il 1° aprile 2007.

 

Il sottosegretario SCOTTI ricorda che la disciplina per l'elezione dei Consigli giudiziari è contenuta in parte nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, che entrerà in vigore il 31 luglio prossimo, mentre altre disposizioni sulla stessa materia sono inserite nel disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, all'esame del Senato. È necessario prevedere un congruo termine anche per le attività organizzative, indispensabili dopo l'entrata in vigore delle nuove norme. Si spiega così il termine di un anno della proroga disposta dal decreto.

 

Il senatore SAPORITO (AN) sottolinea l'inopportunità di una proroga intervenuta a ridosso della scadenza del mandato dei Consigli giudiziari; un profilo questo a cui il Governo è stato spesso richiamato anche dal Capo dello Stato, in particolare nella scorsa legislatura.

 Per tali motivazioni, a nome del suo Gruppo, preannuncia un voto contrario sulla proposta di parere avanzata dal relatore.

 

 Il senatore PALMA (FI) preannuncia il voto contrario del suo Gruppo.

 

 Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole proposto dal relatore sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

Sottocommissione per i pareri

 

MARTEDÌ 17 APRILE 2007

36ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

VILLONE

 

 La seduta inizia alle ore 15,05.

(omissis)

 

(1449) Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari

(Parere alla 2ª Commissione. Esame. Parere non ostativo con osservazioni)

 

 Il relatore presidente VILLONE (Ulivo) illustra il disegno di legge in titolo, con il quale sono state differite le operazioni elettorali per il rinnovo dei Consigli giudiziari e sono stati conseguentemente prorogati gli attuali Consigli fino allo svolgimento delle prossime elezioni, che avranno luogo la prima domenica e il successivo lunedì del mese di aprile dell’anno 2008. Si tratta di una mera proroga di termini che non incide sulla disciplina sostanziale dei Consigli giudiziari. Non rilevando profili problematici di costituzionalità, propone di esprimere un parere non ostativo.

 

 Il senatore PALMA (FI) ricorda che il rappresentante del Governo, durante l’esame del decreto-legge in titolo in sede di valutazione dei presupposti di necessità e urgenza, ha individuato le ragioni del provvedimento d’urgenza da un lato nella circostanza che la scadenza dei Consigli giudiziari (1° aprile) precedeva di circa 4 mesi la data del 31 luglio che il decreto legge n. 269 del 2006 ha indicato quale termine di sospensione dell’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, il quale reca parte della disciplina per l'elezione dei Consigli stessi; dall’altro nella necessità di consentire l’approvazione di altre disposizioni sulla stessa materia, inserite nel disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario, all'esame del Senato. Dichiara di ritenere fondato solo il primo ordine di motivazioni; ciononostante considera eccessiva la proroga di un anno, rispetto all’ordinaria durata in carica dei Consigli giudiziari, che è di quattro anni: si configura a suo avviso un possibile profilo di lesione dei princìpi di autonomia e indipendenza della magistratura, considerando la natura elettiva di tali organi, la cui attività è funzionale a quella del Consiglio Superiore della Magistratura. In conclusione, concordando sull’esigenza di differire le elezioni e prorogare i Consigli giudiziari in carica, ritiene che il termine di tale differimento dovrebbe essere più ridotto.

 

 Il senatore PASTORE (FI) concorda con le considerazioni svolte dal senatore Palma, ritenendo che la durata della proroga prevista, se non strettamente connessa a esigenze funzionali, riverberi sulla funzionalità della magistratura; condivide quindi la necessità di invitare la Commissione di merito a valutare la congruità del termine indicato.

 

 Ha quindi la parola il senatore CALVI (Ulivo), il quale considera la proroga di un anno ampia, ma non inadeguata, in considerazione dell’esigenza di consentire l’approvazione della nuova disciplina delle operazioni elettorali da parte delle Camere. Peraltro, ove anche il termine fosse considerato eccessivamente ampio, tale valutazione atterrebbe al merito, senza coinvolgere profili di costituzionalità.

 

 Il relatore presidente VILLONE (Ulivo) sottolinea nuovamente che il provvedimento di urgenza non modifica la disciplina sostanziale e che la mera proroga, pur potendo essere variamente valutata, non suscita rilievi di costituzionalità, con particolare riferimento ai princìpi di autonomia e indipendenza della magistratura. Raccogliendo comunque i rilievi formulati nel corso del dibattito, integra la propria proposta di parere non ostativo con l’indicazione che la Commissione di merito dovrà tuttavia attentamente valutare, in termini di congruità, se la durata della proroga non sia eccessiva in relazione alle circostanze di fatto e alle esigenze proprie del funzionamento dei Consigli giudiziari.

 

 La Sottocommissione concorda con la proposta da ultimo formulata dal relatore.

(omissis)

 


Esame in Assemblea

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

145a seduta pubblica

 

 

mercoledì2 maggio 2006

 

 

Presidenza del presidente MARINI,

indi del vice presidente CALDEROLI

 

 


(omissis)

 

Discussione e approvazione del disegno di legge:

(1449) Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari (Relazione orale) (ore 16,20)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1449.

Il relatore, senatore Di Lello Finuoli, ha chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore. (Brusìo). Per favore, colleghi, c'è troppo brusìo! È veramente difficile per il senatore di Lello svolgere la relazione; vi prego, dunque, colleghi!

DI LELLO FINUOLI, relatore. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, il decreto-legge di cui oggi si chiede la conversione afferisce all'elezione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello e, in particolare, al differimento delle operazioni elettorali di un anno. Infatti, essendo stata modificata la legislazione in tema di composizione dei Consigli giudiziari e a seguito dell'istituzione del Consiglio direttivo della Cassazione, non si è avuto tempo - anche perché questa legge non è ancora in vigore, c'è stata la proroga - e non c'è il tempo materiale per predisporre la normativa relativa alle elezioni e quindi anche tutto il supporto elettorale.

Il Governo chiede dunque una proroga, un differimento di 12 mesi. Il periodo di 12 mesi è il minimo necessario proprio per approntare questo supporto elettorale, nonché per far approvare la legislazione relativa. Dico questo anche per rispondere, quasi preventivamente, sia all'ordine del giorno che agli emendamenti presentati, che tendono ad una riduzione di questo termine.

Espressa questa esigenza, chiedo che il provvedimento in esame venga approvato e che quindi i Consigli giudiziari possano proseguire nella loro attività per un anno, in modo anche da consentire di approvare la legislazione relativa all'istituzione del Consiglio direttivo della Cassazione. Tra un anno si potrà così votare per i due organismi e, in raccordo con la modifica dell'ordinamento giudiziario, avere più tempo perché queste operazioni possano svolgersi in un quadro di regole più certe e, comunque, con una più incisiva possibilità di essere portate avanti. Oggi, infatti, lo ripeto, non è possibile neppure avere le schede, perché non disponiamo ancora di una normativa che stabilisca la composizione di questi Consigli.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, intervengo molto brevemente per illustrare la questione pregiudiziale QP1.

Credo che le motivazioni illustrate dal relatore siano assolutamente inaccettabili. Il relatore ha dichiarato che c'era bisogno di un anno per poter predisporre i regolamenti e le attività necessarie per procedere alle elezioni dei Consigli giudiziari, così come previsto dal decreto legislativo varato a seguito della riforma dell'ordinamento giudiziario. Questo periodo di un anno, però, il Governo lo ha avuto, perché è ormai un anno che è in carica. Allora, è evidente che è stato un ritardo surrettizio, è stato un ritardo messo in atto appositamente per far sì che il provvedimento non venisse attuato.

Questa è la verità: l'anno lo avevate già, perché non l'avete utilizzato? È questa la domanda a cui dovrebbero rispondere il relatore Di Lello e il Governo. Tra l'altro, è curioso anche il fatto che il ministro Mastella, in qualità di senatore, sia sempre presente perché, come sappiamo, la maggioranza ha bisogno di tutti i senatori per votare, mentre oggi che si parla di una questione importante che riguarda il Ministero della giustizia il Ministro non c'è, come non è mai presente in Commissione quando si tratta di parlare dell'ordinamento giudiziario.

Ciò è ancora più curioso e paradossale visto che l'articolo 110 della Costituzione riserva al Ministro della giustizia non tanto la predisposizione dei codici, non tanto l'elaborazione di leggi attinenti al codice penale, ai codici di procedura e quant'altro, ma i servizi della giustizia. Dunque, se esiste un provvedimento principe che riguarda direttamente il Ministro è proprio quello concernente materie che riguardano l'ordinamento giudiziario: ebbene, quando si parla di questo il Ministro non viene.

Con tutto il rispetto per il sottosegretario Scotti, io credo che sia assolutamente necessario che il Ministro sia presente quando si parla di questi temi. L'incompetente ministro Castelli è sempre stato presente ogni volta si parlava di ordinamento giudiziario, mentre in questo caso, se si parla di questioni attinenti i magistrati, non si lascia neanche entrare il Ministro in Aula, ma ci sono i magistrati a presidiare per ciò che li riguarda. (Applausi del senatore Berselli).

Credo che tutto questo sia assolutamente inaccettabile per quest'Aula, con tutto il rispetto per il sottosegretario Scotti che, ripeto, anche formalmente, è stato paracadutato direttamente dagli uffici giudiziari in questa sede, senza nemmeno passare per l'elezione voluta dal popolo. Io credo che questo sia un dato assolutamente inaccettabile e, non soltanto inaccettabile, ma anche incostituzionale perché è del tutto evidente che non vi è alcuna necessità e urgenza di questo provvedimento.

Le cosiddette necessità e urgenza nascono dall'assoluta inerzia del Governo che non ha messo in atto ciò che doveva provocando non soltanto un vulnus alla Costituzione, ma anche agli accordi presi in quest'Aula nel settembre scorso, quando si era dichiarato di far andare avanti alcuni decreti legislativi, intervenendo soltanto su tre di essi, e cioè sui decreti inerenti all'ufficio del procuratore, alle azioni disciplinari e alla carriera dei magistrati.

Oggi, in maniera del tutto surrettizia, si lascia cadere anche questo provvedimento, non lo si mette in pratica e poi si pone in atto sempre la solita tattica (magari dovreste anche cambiarla un po' e tentare qualche innovazione), cioè si presenta un decreto-legge che, per così dire, rinvia l'entrata in vigore del relativo decreto legislativo. Ma non si legifera in questo modo: in primo luogo, perché così si cerca di ingannare l'opinione pubblica e, in secondo luogo, perché si fa perdere tempo al Parlamento, dato che si propongono continuamente provvedimenti che sono semplicemente rinvii che non sono dettati da nessuna reale necessità e urgenza, ma semplicemente dalla volontà politica.

Io credo che sia un sistema di legiferare veramente negativo. Noi, quantomeno, ci eravamo assunti le nostre responsabilità che il ministro Mastella, a quanto vedo, non si assume. Forse è impegnato su altri fronti, magari domani potremo parlare anche di tali questioni; forse è impegnato su altri problemi che lui ritiene più importanti. Comunque, è del tutto evidente che non vi è alcun necessità e urgenza in questo provvedimento. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Scotti).

 

PRESIDENTE. Ricordo che, a termini di Regolamento, sulla questione pregiudiziale può prendere la parola non più di un rappresentante per Gruppo parlamentare.

 VILLONE (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VILLONE (Ulivo). Signor Presidente, vorrei rispondere agli argomenti adesso addotti dal collega Castelli e sostenere, invece, la conformità a Costituzione di questo decreto. Il senatore Castelli, in realtà, sottolinea il fatto che tale decreto rinvia il termine per l'elezione dei Consigli giudiziari al prossimo anno e, per la verità, non censura il fatto del rinvio in sé, se ho ben capito; infatti, sbaglierebbe se lo facesse perché la necessità e l'urgenza non la leggiamo nel rinvio all'anno prossimo ma nel fatto che si doveva entro il 1° aprile procedere alle operazioni elettorali.

In realtà, il collega Castelli fa un processo alle intenzioni. Lamenta il fatto che si sia voluto rinviare il termine perché il Governo avrebbe avuto il doloso intento di impedire l'applicazione di una norma di legge. Vorrei rispondere che quando si guarda alla necessità e all'urgenza, alla rispondenza ai requisiti costituzionali per quanto riguarda la decretazione d'urgenza, tutto va valutato al momento: urgenza e necessità vanno viste qui ed ora. Non si fa il processo alle intenzioni.

Non è costituzionalmente rilevante se si ritenga colpevole o doloso il ritardo del Governo. Non è costituzionalmente rilevante che ci fosse un intento, anch'esso magari doloso, di rendere una qualche norma inapplicabile. Vero o falso che fosse, potrebbe essere politicamente censurabile e indurre valutazioni negative sul Governo o sul Ministro. È del tutto ovvio che l'opposizione lo sostenga perché, dicendo ciò, fa esattamente il suo mestiere.

Tuttavia, questo non è - come dicevo - costituzionalmente rilevante. I dati sono chiari e sono quelli che ha esposto il relatore. Avevamo un termine al 1° aprile per lo svolgimento delle operazioni elettorali dei Consigli giudiziari. La disciplina applicabile a questo fine è contenuta in un disegno di legge che è in corso di discussione e di esame in sede parlamentare; la data scelta per la proroga del termine è - secondo la nostra comune esperienza ‑ ragionevole quanto al lasso di tempo necessario per una definitiva approvazione.

Se invece di optare per il disegno di legge ordinario, si fosse scelto di inserire quella disciplina in un decreto‑legge, sarebbe stato probabilmente censurabile perché avremmo avuto un provvedimento d'urgenza del Governo su un meccanismo elettorale che concerne un potere autonomo dello Stato, qual è indubbiamente la magistratura. Dunque, sembra nel complesso corretto e rispondente a criteri di ragionevole esperienza e di razionale definizione dei tempi per la decisione legislativa il rinvio che si attua con il decreto‑legge al nostro esame.

Per il resto, siamo di fronte alle illazioni e alle opinioni. Siamo di fronte ai «si dice» questo o quel motivo, per cui questo o quel Ministro avrebbe voluto questo o quel ritardo. Ma di sicuro, signor Presidente, non siamo di fronte a questioni che abbiano un rilievo dal punto di vista costituzionale. Rimangono nell'ambito della valutazione politica - certamente legittima - che l'opposizione fa, ma non incidono sulla legittimità costituzionale dell'atto.

Dunque, credo che la questione pregiudiziale QP1, presentata dal collega Castelli, debba essere respinta.

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale QP1, presentata dal senatore Castelli.

Non è approvata.

Dichiaro aperta la discussione generale. (Brusìo).

Colleghi, vi prego di prestare attenzione a chi parla e di abbassare il livello del brusìo.

È iscritto a parlare il senatore Manzione. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, prestare attenzione, come lei molto spesso ci ricorda, non è obbligatorio, quindi i colleghi che magari hanno voglia di fare altre cose le possono fare tranquillamente altrove e non in Aula.

Come tutti sappiamo, nella scorsa legislatura la legge 25 luglio 2005, n. 150, ha conferito al Governo la delega ad emanare uno o più decreti legislativi di riforma dell'ordinamento giudiziario. Sostanzialmente, l'articolo 1 della legge indicata prevedeva undici interventi specifici oggetto di delega. In questa nuova legislatura, la quindicesima, con il varo della legge 24 ottobre 2006, n. 248, il Parlamento è già intervenuto su tre decreti legislativi, modificando il n. 106 del 20 febbraio 2006, avente ad oggetto, come tutti sappiamo, l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, e modificando anche il n. 109 del 23 febbraio 2006, che invece ha ad oggetto la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati; sempre con la legge che ho citato, quella del 24 ottobre 2006, questo Parlamento, invece, ha sospeso l'efficacia fino al 31 luglio 2007 del decreto legislativo n. 160 del 5 aprile 2006, quello relativo alla disciplina dell'accesso in magistratura e occorre precisare, rispetto a tale ultimo provvedimento, che è già iniziata la discussione in Commissione del disegno di legge presentato dal Governo.

Oggi, invece, all'interno di questo panorama che riguarda comunque la riforma dell'ordinamento giudiziario, siamo chiamati a votare il disegno di legge di conversione del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, che interviene sul decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, avente ad oggetto l'istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e la modifica della composizione e dei compiti dei Consigli giudiziari.

Per rendere immediatamente applicabile detto decreto legislativo che recepiva la terza delle deleghe previste dalla legge n. 150, occorreva però prevedere la normativa puntuale della procedura elettorale del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e quella relativa alle modalità di svolgimento delle operazioni elettorali in rapporto delle modifiche determinate alla composizione dei Consigli giudiziari.

Allo stato, però, in assenza di tale normativa puntuale, non è possibile procedere alle indizioni delle elezioni per il rinnovo dei Consigli giudiziari in scadenza il 1° aprile del corrente anno, come ci ricordava il relatore, ed è pertanto assolutamente necessario provvedere al differimento delle operazioni elettorali ed alla proroga degli attuali Consigli fino allo svolgimento delle elezioni, non essendo assolutamente ipotizzabile un'interruzione, neppure temporanea, della loro attività.

Il decreto-legge del quale il Governo chiede la conversione intende, dunque, porre rimedio a tale situazione provvedendo al differimento delle elezioni e prorogando i Consigli giudiziari oggi in carica fino alla celebrazione delle nuove elezioni. Il differimento è stato circoscritto a dodici mesi, termine ritenuto sufficiente per varare la nuova normativa che disciplinerà le operazioni elettorali, come d'altra parte già previsto da un separato disegno di legge sottoposto al Parlamento: si tratta dell'Atto Senato n. 1447 del quale ho parlato prima, che all'articolo 4 disciplina, per l'appunto, questa normativa.

Ecco perché il decreto-legge prevede che la scadenza dei Consigli giudiziari attualmente in carica sia prorogata fino alla proclamazione dei nuovi eletti fissando la nuova data delle elezioni per la prima domenica ed il lunedì successivo del mese di aprile dell'anno 2008.

Questo è l'oggetto molto limitato del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame. Tuttavia, una considerazione, riprendendo le questioni che sono già state affrontate in Aula, ritengo che sia giusto farla.

Probabilmente (e mi rivolgo al ministro Mastella), essendo già trascorso un anno dall'inizio della legislatura ed essendosi già da tempo posto il problema, il Governo avrebbe potuto essere più solerte (mi rivolgo al sottosegretario Scotti, che è molto più attento), evitando l'ennesimo intervento mediante decreto-legge. Certo, occorre ancora una volta fare di necessità virtù e prendere atto della situazione esistente. Nelle condizioni date, oggi come oggi, è evidente che non è possibile che intervenire, come sta facendo il Governo, attraverso un decreto-legge: occorreva infatti prorogare una data elettorale prevista per il 1° aprile.

Resta, però, il fatto che di tali questioni si sta discutendo da tempo. Probabilmente, quando nel luglio dello scorso anno si varò la manovra che prevedeva la sospensione dei tre decreti legislativi, che poi per fortuna si è ridotta ad un'approvazione con modifica di due e alla sospensione di uno, si poteva già in qualche modo immaginare che una normativa di questo genere sarebbe stata necessaria. Non è stato fatto e ne prendiamo atto.

Parimenti, prendiamo atto del fatto che sostanzialmente questo disegno di legge di conversione non è avversato da nessuna forza politica, se non dalla Lega, che ha presentato soltanto tre emendamenti. Bisogna dunque tener conto del fatto che vi è un consenso unanime all'approvazione di questo decreto-legge.

Per correttezza, però, ribadisco che, per il tempo che è trascorso, si poteva probabilmente cercare di intervenire prima che maturasse il termine per le elezioni e fosse necessario un ennesimo decreto-legge che in qualche modo spoglia nel momento attuale il Parlamento di una possibilità di introspezione ed è costretto nel contempo a prendere atto di una necessità che poteva essere evitata. Pertanto, non può che esprimere un consenso alla conversione in legge del decreto-legge che il Governo ha sottoposto all'esame del Parlamento. (Applausi dei senatori Bordon e Follini).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Castelli, il quale nel corso del suo intervento illustrerà anche l'ordine del giorno G1. Ne ha facoltà.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, con riferimento all'ordine del giorno G1 mi limito a rifarmi a quanto detto in precedenza.

Ministro Mastella (evidentemente ho un potere di evocazione perché, dopo averla evocata, lei è comparso, tra l'altro, su uno scranno di particolare rilievo che chissà che non sia di buon auspicio), vorrei chiederle se è abituato a rispettare i patti oppure no. È un punto che considero fondamentale, da discutere in questa sede.

Ministro Mastella, lei rispetta i patti o no? Se li rispetta vorrei ricordarle che nel settembre del 2006, proprio in quest'Aula e attraverso un'opera di buona volontà tra maggioranza e opposizione, così com'è stato testé ricordato anche dal collega Manzione, si è discusso di tre decreti legislativi lasciando da una parte quest'ultimo poiché si dava assolutamente per scontata la sua entrata in vigore. Si è dunque discusso di tre provvedimenti. (Il sottosegretario Scotti parla con il ministro Mastella). Mi scusi, Ministro, abbia la pazienza di ascoltare me e non i suggerimenti del sottosegretario Scotti, altrimenti potrebbe anche sembrare che lei sia in qualche modo telecomandato da un rappresentante della magistratura. Parliamo tra politici, così forse ci si intende meglio.

Vorrei ricordarle che non più tardi del settembre scorso era stato assunto l'impegno a portare avanti ciò che era possibile portare avanti e lei, lealmente, ha dichiarato che sull'ultimo decreto-legge, relativo all'accesso in magistratura e alla professione di magistrato, non si riusciva a trovare un accordo. Con una tecnica parlamentare per me discutibile, ma che lei invece segue sempre, ha inteso rimandare l'entrata in vigore di questo decreto legislativo in attesa che il Governo presentasse una sua proposta; ciò è puntualmente avvenuto e oggi quel disegno di legge è in esame in Commissione. Anzi, già che è qui presente, le rinnovo l'invito a venire personalmente a seguire l'iter di questo provvedimento. (Il ministro Mastella parla con alcuni senatori). Vedo che tutti cercano di distrarla, forse gli esponenti della maggioranza non vogliono che interloquiamo. Dicevo, sarebbe opportuno che lei venisse a seguire questo provvedimento, che è una parte importante, quasi esclusiva, dei compiti costituzionalmente previsti per il Ministro della giustizia.

Non si era mai parlato di modificare questo provvedimento, un provvedimento molto importante, perché i Consigli giudiziari hanno molti compiti, che io riassumerei in uno: sorvegliare sul buon andamento dei tribunali e degli uffici giudiziari. Noi avevamo introdotto due modifiche rilevanti rispetto all'attualità: con la prima si dava più spazio all'ordine forense, in quanto gli avvocati, per unanime accordo, sono visti come uno degli elementi fondamentali dell'esercizio della giurisdizione; con la seconda si prevedeva l'ingresso di esponenti del territorio, attraverso i rappresentanti delle Regioni. Ma cosa è accaduto? Nel provvedimento che adesso avete presentato al Senato, e che lei ha già dichiarato dovrà essere votato ed entrare in vigore entro il 31 luglio di quest'anno, si prevedono profonde modifiche anche per il funzionamento dei Consigli giudiziari. Sostanzialmente, si torna indietro allo statu quo ante.

È quindi evidente che questo provvedimento non serve a predisporre i regolamenti previsti dal decreto legislativo varato a seguito della riforma dell'ordinamento giudiziario, proprio perché tale decreto morirà il 31 di luglio, senatore Villone. Quindi, non vi è alcuna necessità di redigere questi regolamenti, perché, ripeto, il decreto morirà e si tornerà sostanzialmente alla legislazione attuale, visto che in questa riforma dell'ordinamento giudiziario non vi è alcuna novità per i Consigli giudiziari. Semplicemente, si torna indietro. L'ANM ha inteso, ancora una volta, statuire il suo potere sul potere legislativo. Questo è il dato fondamentale cui noi ci troviamo di fronte, nell'assoluto silenzio del Ministro, che non ho sentito ancora una volta parlare su questi temi. Parlano sempre e solo i Sottosegretari magistrati. Ma parli anche la politica! Parlino il potere legislativo ed esecutivo su questi temi! Altrimenti non si potrà far altro che prendere atto, con rammarico, che un potere costituzionalmente previsto ha preso il sopravvento sugli altri.

Questa, al di là dei tecnicismi, è la reale materia del contendere di cui noi stiamo discutendo in questo momento. Mi sia consentita una semplice battuta. Si prevede che i Consigli giudiziari siano tanto più grandi quanto più sono grandi gli uffici. Questa è una credenza radicata nell'ordinamento giudiziario e nei magistrati, per cui, se si devono sorvegliare dei sistemi più ampi, c'è bisogno di più gente. È assolutamente sbagliato; sono cinque anni che lo dico. Sarebbe come se la FIAT, che ha 26.000 dipendenti, avesse 26 volte il numero dei consiglieri di amministrazione di un'altra società per azioni che ha 1.000 dipendenti. È sbagliato. Si creano soltanto dei consessi pletorici che non sono in grado di funzionare, ma di questo parleremo quando affronteremo la questione dell'ordinamento giudiziario. Resta però il dato fondamentale su cui vorrei che il Ministro si pronunciasse. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Quagliarello).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Casson. Ne ha facoltà.

CASSON (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli senatori, signori del Governo, il decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, del quale viene proposta la conversione in legge, concerne l'approvazione di alcune norme di proroga attinenti ai componenti dei Consigli giudiziari in carica.

Infatti, il 1° aprile di questo anno, cioè il giorno immediatamente successivo all'emanazione del decreto‑legge in esame, i Consigli giudiziari sono scaduti e sarebbe stato, pertanto, necessario procedere all'indizione delle elezioni per il rinnovo dei medesimi. Due circostanze, peraltro, si sono opposte a tale indizione: da una parte, l'istituzione del nuovo Consiglio direttivo della Corte di cassazione, di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25; dall'altra, il fatto che questo stesso decreto ha modificato alle radici composizione e disciplina dei vari Consigli giudiziari istituiti presso le sedi di Corti di appello. Allo stato, manca ancora la nuova normativa in materia.

In sede di Commissione giustizia si stanno esaminando, proprio in questo periodo, le norme dell'ordinamento giudiziario che riguardano espressamente liste, composizione ed elezioni relative ai Consigli giudiziari. Ne tratta, in particolare, l'articolo 4 del disegno di legge governativo n. 1449. Non si può, pertanto, parlare in questa sede ed in questo momento di inattività del Governo, come affermato, poco fa, dal senatore Castelli.

Tutto ciò non ha consentito l'indizione delle elezioni dei nuovi Consigli giudiziari che vengono fissate, con il decreto‑legge al nostro esame, per la prima domenica di aprile del 2008 e per il lunedì successivo. I motivi che hanno determinato tale arco temporale sono squisitamente tecnici e sono stati adeguatamente illustrati sia nella relazione al decreto-legge che dal relatore in questa sede.

L'approvazione del decreto-legge n. 36 si presenta, pertanto, come un atto dovuto da un punto di vista sia tecnico che giuridico, proprio al fine di evitare che, in assenza delle norme emanande, si creino situazioni di confusione o addirittura di caos amministrativo e funzionale in organismi indispensabili per un corretto andamento del settore giustizia a livello territoriale.

In conclusione, non si può che essere favorevoli all'approvazione del testo del decreto‑legge n. 36 del 2007 che ci viene proposto. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

 

PRESIDENTE.Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore, che invito anche a pronunciarsi sull'ordine del giorno G1.

DI LELLO FINUOLI, relatore. Signor Presidente, in sede di replica, mi limito ad esprimere il parere sull'ordine del giorno G1. Tale parere è contrario perché l'ordine del giorno confligge con la logicità del decreto che ci apprestiamo a convertire. Il Governo dice di aver bisogno di un anno: votare l'ordine del giorno, quindi, che chiede tempi più brevi, mi sembra veramente illogico.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che invito anche a pronunciarsi sull'ordine del giorno G1 e a cui vorrei fare una sollecitazione affinché sia puntuale: non vedo date su questo ordine del giorno.

MASTELLA, ministro della giustizia. Innanzitutto, signor Presidente, senatori e colleghi, vorrei dire al presidente Castelli che l'interlocuzione tra politici vale anche per il sottosegretario Scotti, che è politico. Scotti era magistrato prima delle elezioni; oggi è politico a tutti gli effetti, nel senso che mi rappresenta appieno e non ho alcun motivo per ritenere che le cose che dice siano sovrapposte alle mie.

Vi è un modo in cui - credo - anche lei, senatore Castelli, quando era Ministro, organizzava e strutturava i suoi lavori, disciplinando le due Aule parlamentari; ebbene, ciò vale anche per quanto mi riguarda: da ciò, quindi, deriva la presenza del sottosegretario Scotti, come di altri, nell'Aula del Senato.

Debbo dire che rimane in piedi la mia idea, in base alla quale è opportuno, sull'ordinamento giudiziario e su questioni come questa, attenersi ad una linea di condotta che non travalichi certi limiti. Per quanto mi riguarda, quindi, tenendo conto delle considerazioni già precedentemente svolte, confermo la bontà delle idee che ho espresso, nel senso di ritenere che - laddove sia possibile - vi sia ampio richiamo all'Aula perché si trovino motivi comuni per addivenire a questioni che sono istituzionali.

La franchezza in proposito esigeva questo: per i primi di aprile non era possibile arrivare a definire le modalità di elezione di cui stiamo discutendo; questa è, quindi, la ragione per la quale abbiamo utilizzato uno strumento che - me ne rendo conto - nella circostanza appare un po' indebito, ma era l'unico modo in cui si poteva tentare di risolvere il problema.

Quando il presidente Salvi avrà definito con i colleghi commissari tutte le procedure necessarie, per quanto mi riguarda, sarò puntualmente presente prima in Commissione e poi in Aula a discutere dell'ordinamento giudiziario.

 

PRESIDENTE. Senatore Castelli, insiste per la votazione dell'ordine del giorno G1?

CASTELLI (LNP) Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 16,57, è ripresa alle ore 17,19).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.1449

 

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'ordine del giorno G1.

 

Verifica del numero legale

 

CASTELLI (LNP). Chiedo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1449

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'ordine del giorno G1, presentato dal senatore Castelli.

Non è approvato.

Do lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti: «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo ed i relativi emendamenti, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo».

Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge.

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

Procediamo all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 1 del decreto-legge, che invito i presentatori ad illustrare.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, la durata di un anno per redigere un regolamento è insostenibile: persino il Ministero della giustizia riesce a fare di meglio! Con gli emendamenti 1.1, 1.2 e 1.3 ho proposto tre date; magari il Ministro potrebbe dirmi quella che ritiene più opportuna, potrei così ritirare gli altri due emendamenti.

Questa data potrebbe diventare importante, in ogni caso, come eventuale base di riferimento per le modifiche che ci appresteremo a votare in seguito in Aula. Inoltre, verificate e registrate anche le aperture del Ministro in materia anche oggi, il provvedimento potrebbe pure restare vivo a seguito di modifiche che potremmo concordare o votare sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, che il Ministro stesso si appresta a portare in Aula. Allora queste date diventerebbero importanti!

In ogni caso, se riusciamo a porre in essere un provvedimento con una qualche natura innovativa, non si deve aspettare un anno. Se, invece, tutto questo è un gioco solo perché tutto deve restare come prima, allora è chiaro che qualsiasi data non ha assoluto valore. Aspetto che il Ministro si pronunci su tale questione.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante delle Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

DI LELLO FINUOLI, relatore. Esprimo parere contrario a tutti gli emendamenti.

MASTELLA, ministro della giustizia. Rimbalzo nel campo del senatore Castelli: poiché il decreto-legge non è scisso e disgiunto dal disegno di legge, qualora l'Assemblea del Senato e quella della Camera approvassero il disegno di legge nei tempi più rapidi possibili, anticiperemmo al massimo l'iter, venendo incontro all'esigenza posta dal senatore Castelli.

 

PRESIDENTE. Chiedo al senatore Castelli se insiste nella votazione degli emendamenti.

CASTELLI (LNP). Sì, signor Presidente, evidenziando che quelle di cui stiamo parlando non sono le esigenze del senatore Castelli, ma del Paese che vorrebbe vedere qualcosa di più moderno, signor Ministro. Questo è il dato.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.1.

POLLEDRI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

POLLEDRI (LNP). Affinché rimanga una minima traccia di una discussione un po' povera, chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Polledri, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.1, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1449

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.2.

 

POLLEDRI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Polledri risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.2, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1449

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.3.

 

POLLEDRI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Polledri, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.3, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 1449

 

PRESIDENTE.

Passiamo alla votazione finale.

BULGARELLI (IU-Verdi-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BULGARELLI (IU-Verdi-Com). Signor Presidente, intervengo a nome del Gruppo Insieme con l'Unione Verdi-Comunisti italiani. II voto favorevole che il Senato si appresta a dare sull'Atto Senato n. 1449 è indispensabile per procedere al necessario differimento, in termini temporalmente contenuti, delle operazioni elettorali riguardanti i Consigli giudiziari, prorogando quelli attualmente in funzione fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

In tal modo, ovviando alle problematiche di carattere normativo e organizzativo esposte nella relazione illustrativa del disegno di legge, si consente l'adeguata organizzazione delle elezioni per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti d'appello e del Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, organo istituito con il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150.

Verificata la coerenza degli aspetti tecnici normativi del decreto e delle esigenze giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari del provvedimento, dobbiamo quindi concordare con la necessità di realizzare un intervento normativo immediato, per evitare, in particolare, una temporanea cessazione delle attività dei Consigli giudiziari, che sarebbe fonte di notevole pregiudizio per il funzionamento complessivo dell'organizzazione giudiziaria e per consentire di adottare una normativa elettorale adeguata alle modifiche ordinamentali introdotte in materia.

Il decreto-legge è stato, quindi, lo strumento normativo più appropriato, trattandosi di interventi necessari, urgenti e mirati, per garantire la continuità funzionale di organi collegiali elettivi aventi rilevanti attribuzioni nell'ambito dell'ordinamento giudiziario e per consentire l'introduzione nel sistema della normativa necessaria per lo svolgimento delle elezioni degli organismi interessati.

Ovviamente, come è stato ribadito anche in Aula, come per ogni proroga, ci si può rammaricare del fatto che l'assenza di una normativa contenente le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali in rapporto alle modifiche apportate alla composizione dei Consigli giudiziari e all'istituzione dell'ufficio elettorale presso la Corte di cassazione ai fini della procedura elettorale abbia impedito di procedere all'indizione delle elezioni per il rinnovo dei Consigli in scadenza il 1° aprile scorso.

Tuttavia, va rilevato che il differimento è stato circoscritto al tempo strettamente necessario a consentire l'entrata in vigore della normativa che disciplinerà le operazioni elettorali, contenuta in un separato disegno di legge. L'impegno che il Governo e il Parlamento assumono oggi è di duplice ordine: da un lato, evitato il vuoto istituzionale, dovremo rapidamente regolamentare le mai disciplinate modalità di svolgimento delle operazioni elettorali dei Consigli giudiziari, garantendo che saranno anche svolti tutti gli adempimenti tecnici conseguenti, che riguardano soprattutto le schede da utilizzare per lo svolgimento delle elezioni. Dall'altro lato, pur trattandosi forse della parte della cosiddetta riforma Castelli su cui sono intervenute le minori osservazioni critiche, lo stesso decreto legislativo n. 25 del 2006 sui Consigli giudiziari va fatto rientrare nel novero dei temi ricompresi nel disegno di legge di modifica dell'ordinamento giudiziario attualmente all'esame della Commissione giustizia.

In sostanza, la proroga che il Senato sta per approvare costituisce una sorta di atto dovuto, che deve però essere accompagnato non solo dalla rapida definizione delle regole procedimentali per le elezioni, ma anche da una riflessione più ampia sulla composizione e sul funzionamento dei Consigli, anche alla luce della attribuzione a questi ultimi di materie in precedenza attribuite al Consiglio superiore della magistratura. Discorso analogo vale per il Consiglio direttivo della Corte di cassazione.

Di tutto questo sarà possibile tornare a parlare nell'ambito della riforma ordinamentale contenuta nel disegno di legge n. 1447 ed in particolare nell'articolo 4 di quel disegno di legge.

Esprimo pertanto, a nome del mio Gruppo, voto favorevole. (Applausi dal Gruppo IU-Verdi-Com).

BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BARBATO (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, colleghi senatori, la conversione di questo decreto legge è ulteriore passaggio, nonché tappa obbligata, del preannunciato percorso di riorganizzazione di tutto il sistema giudiziario. Non c'è da soffermarsi sui presupposti di necessità ed urgenza, circostanze lette facilmente anche dall'occhio più inesperto. Infatti, in assenza di conversione non si potrà procedere alle elezioni per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le corti d'appello, né del Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione.

Inoltre, nulla quaestio sulla costituzionalità, giacché in tal senso il decreto non può suscitare alcuna valutazione, stabilendo una mera proroga senza incidere sul merito e sui princìpi di autonomia ed indipendenza delle magistrature.

Il decreto altresì è titolo per garantire la costanza della funzionalità degli organi collegiali elettivi e per consentire l'introduzione della nuova procedura per le suddette elezioni.

Il differimento all'aprile 2008 di cui al decreto in esame - al contrario di quanto si possa obiettare - è motivo di generale intesa politica circa la congruità e la durata della proroga, anche se taluni insistono per un termine abbreviato. Del resto, non è affatto ipotizzabile una sospensione delle attività dei Consigli, che causerebbe una vacatio istituzionale, una violazione dei dettati costituzionali e un notevole pregiudizio alle attività giudiziarie.

Dunque, il parere sul decreto-legge presentato dal ministro Mastella è senz'altro positivo, così come propizia è la strada intrapresa nell'ottica del nuovo ordinamento giudiziario.

Tuttavia, se da un lato la conversione del decreto è un fatto importante, dall'altro è assolutamente fondamentale che il Governo ed il Parlamento non ritengano esaurito il proprio impegno per il ripristino e la riorganizzazione formale della struttura giudiziaria.

Con questo monito, a nome dei Popolari-Udeur, esprimo voto favorevole alla conversione odierna. (Applausi dal Gruppo Misto-Pop-Udeur).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, il Gruppo UDC voterà contro la conversione del decreto-legge in esame, perché sostanzialmente attendiamo di conoscere, in via definitiva, l'opinione del Governo sulla riforma dell'ordinamento giudiziario.

La proposta di riforma dell'ordinamento giudiziario, che è all'esame della Commissione giustizia, ci preoccupa molto, perché si tratta di una controriforma rispetto a quella della passata legislatura. Anche noi crediamo che questo decreto-legge possa nascondere l'intendimento indiretto di cambiare il contenuto dei Consigli giudiziari, più che trattarsi di una mera proroga.

Di fronte a tale dubbio, preferiamo votare contro, ma - lo ribadisco - la questione di fondo è capire alla fine quale tipo di riforma dell'ordinamento giudiziario verrà partorito.

Ricordo soltanto che in quest'Aula abbiamo prodotto risultati utili con riferimento alle procure della Repubblica e ai procedimenti disciplinari nei confronti di magistrati. Mi auguro quindi, e il Gruppo dell'UDC lavorerà in tal senso, che si trovi un'ampia intesa istituzionale sul nuovo ordinamento giudiziario.

La proposta del Governo non va in questo senso. Per queste ragioni, voteremo contro la conversione del decreto-legge in esame. (Applausi dal Gruppo UDC).

ZICCONE (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZICCONE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto contrario del Gruppo Forza Italia per ragioni evidenti e già segnalate nel corso del dibattito.

Non è un'osservazione che proviene soltanto dalla ex maggioranza, ora minoranza, quella secondo cui c'è stata un'inspiegabile e colpevole inerzia nell'approvazione delle disposizioni necessarie per dare attuazione a quella parte della riforma dell'ordinamento giudiziario che lo stesso Senato aveva in qualche modo già operato, nel corso delle valutazioni e delle votazioni relative ai decreti che entravano in vigore rispetto a quelli che non entravano in vigore.

Quella che ho fatto è un'osservazione testualmente ripresa dalla dichiarazione resa dal Presidente della Commissione giustizia del Senato, senatore Salvi, nel corso della discussione in Commissione del disegno di legge di conversione di questo decreto‑legge.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, i presupposti tecnici per l'approvazione del decreto‑legge non vengono contestati. Non c'è dubbio che se il Governo resta inerte e crea una condizione di blocco, di disagio, rendendo difficile continuare ad operare, alla fine in qualche modo bisogna trovare un rimedio. Il fatto è che il Senato e il Parlamento in generale non possono limitarsi a delle osservazioni tecniche e a contribuire ad attività di tipo per così dire regolamentare, ragionieristico o esecutivo - da intendere in senso non propriamente tecnico, ma al più basso livello - rispetto ai provvedimenti necessari per far entrare in vigore leggi che sono già leggi dello Stato.

La cosa grave è il giudizio politico che bisogna dare di questa inerzia del Governo: è un'inerzia che, nella migliore delle ipotesi, prelude a cambiamenti che non possono non essere in senso peggiorativo rispetto alla riforma approvata, per quel che riguarda in particolare i Consigli giudiziari. Siamo certi che quei piccoli passi avanti che si sono compiuti e quelle novità che sono state unanimemente apprezzate a proposito dei Consigli giudiziari, probabilmente subiranno un arretramento o saranno cancellati.

Allora dobbiamo votare contro il provvedimento in esame per due ragioni. La prima è il timore che l'eventuale tempo necessario ad approvare le modifiche sia tempo utile a peggiorare le novità che la precedente maggioranza ha apportato in materia di giustizia. Il secondo motivo è una preoccupazione forse ancora più fondata: cosa fa questo Governo nell'impossibilità e nell'incapacità di prevedere modifiche nel settore giustizia tali da poter in qualche modo risolvere alcuni dei problemi esistenti o perlomeno migliorare l'andamento della stessa in generale? La verità è che esso si ferma e non porta avanti neppure le norme che sono state già approvate e che abbisognano soltanto di provvedimenti esecutivi. (Applausi dal Gruppo FI).

Il nostro Gruppo è contro tale inerzia e tale modo di interpretare l'interesse generale, un interesse generale, a mio avviso, fortemente contrario ai princìpi costituzionali. Infatti, non si può andare avanti cancellando, non applicando e non attuando anche quei provvedimenti che sono stati in qualche modo approvati dalla grande maggioranza del Paese e dell'opinione pubblica, lasciando nella stasi il Paese: continuando in questo modo le cose andranno sempre peggio, anche in tema di giustizia.

Per queste ragioni, il Gruppo di Forza Italia voterà contro la proposta del Governo. (Applausi dal Gruppo FI).

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, la proroga dei Consigli giudiziari, della quale oggi stiamo discutendo, è finalizzata al progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario che l'attuale Governo ha elaborato, che in questo momento è in discussione presso la Commissione giustizia e che dovrà essere valutato e votato dall'Aula.

Io non comprendo in base a quale logica un collega, pure così avveduto e saggio come il senatore Ziccone, possa formulare un giudizio secondo cui una nuova normativa in materia di ordinamento giudiziario non può che essere peggiorativa rispetto a quella varata dal ministro Castelli e approvata in Parlamento nella scorsa legislatura. In verità, quelle norme furono il risultato di un itinerario assai complesso e contraddittorio e, se si raffrontano le norme contenute nel disegno di legge Mastella con quelle che erano proprie della prima stesura passata al Senato del testo sull'ordinamento giudiziario della scorsa legislatura, ci si accorge che i punti di convergenza sono più numerosi di quanto non siano oggi gli elementi di divergenza rispetto al testo definitivo della legge Castelli.

Quella legge non solo fu respinta dal Presidente della Repubblica alle Camere, ma fu criticata da settori rilevanti della maggioranza: furono presentati emendamenti provenienti da parlamentari di Alleanza Nazionale e da parlamentari dell'UDC che, all'ultimo momento, vennero ritirati perché prevalse la disciplina di maggioranza.

Allora, di fronte ad un testo di legge così criticabile e criticato, come si fa onestamente a dire: «Voi non potete che fare peggio»? E poi, voi chi? C'è una proposta avanzata dal Governo, ed è un diritto-dovere del Governo elaborare un proprio disegno di riforma di una materia che è stata così controversa. Ma c'è, io credo, diversamente dal passato e da ciò che accadeva nella scorsa legislatura, una disponibilità, manifestata più volte dal Ministro della giustizia e dalle forze della maggioranza, ad avviare una discussione seria e reale per arrivare ad una nuova normativa sull'ordinamento giudiziario, come peraltro siamo riusciti a fare, sia pure in fretta e stretti dal tempo, nell'autunno scorso, quando abbiamo modificato il decreto legislativo relativo all'organizzazione delle procure e quello che si riferiva al sistema disciplinare.

Esistono tutte le condizioni per un dibattito serio e per la ricerca di punti di convergenza. A questo fine, la proroga dei Consigli giudiziari è un provvedimento del tutto ragionevole, altro che incostituzionalità, e che sia del tutto ragionevole è stato implicitamente riconosciuto, mi sembra, negli interventi del collega D'Onofrio e del collega Ziccone. Ci saremmo aspettati, sulla base degli argomenti di merito che pure sono stati avanzati nei loro interventi, che si manifestasse oggi una maggiore disponibilità.

Comunque, noi voteremo a favore di questo provvedimento di proroga perché esso si colloca nella prospettiva di una riforma che vogliamo fare con il massimo dei consensi possibile e che riguarda il rafforzamento del circuito del governo autonomo della giurisdizione, di cui i Consigli giudiziari, articolazione territoriale di questo governo autonomo, sono un elemento fondamentale.

Le valutazioni di professionalità dei magistrati, che sono così importanti per dare credibilità all'esercizio della giurisdizione, oggi non funzionano o sono insufficienti perché l'anello debole del circuito del governo autonomo della giurisdizione è rappresentato proprio dai Consigli giudiziari che sono inadeguati rispetto alla funzione che dovrebbero esercitare. La proroga serve affinché si creino le condizioni di una riforma nella quale anche i Consigli giudiziari diventino una cosa più seria, siano rafforzati e possano esperire fino in fondo le funzioni di controllo e di valutazione della professionalità che ad essi devono essere assegnate.

Per tutte queste ragioni, e nella prospettiva di una riforma alla quale vogliamo lavorare seriamente nelle prossime settimane con un dibattito aperto, senza pregiudizi ma cercando di concludere presto perché i tempi stringono, voteremo a favore di questo provvedimento. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, ringrazio il senatore Massimo Brutti che ha detto la verità. Lo ha testé dichiarato: la proroga serve per poter riformare l'ordinamento giudiziario. Quindi, è del tutto evidente che è vero che non c'entra nulla la questione della necessità e dell'urgenza legate al mancato varo dei regolamenti. I regolamenti non sono stati varati, appunto, per non far entrare in vigore questo provvedimento che -lo ricordo - non è mai stato criticato da nessuno: non è stato criticato dagli avvocati, né dai magistrati, né dal Presidente della Repubblica.

D'altro canto, in merito al ruolo avuto dal presidente Ciampi sull'ordinamento giudiziario qualche riflessione prima o poi andrà fatta. L'espressione del suo voto in quest'Aula, dall'inizio della presente legislatura, ha dimostrato da che parte stava il presidente Ciampi, se fosse veramente super partes e garante della Costituzione oppure garante solamente di un parte. (Applausi dai Gruppi LNP e FI). Credo che l'atteggiamento da lui tenuto nell'ultimo anno ci abbia liberato da ogni dubbio e abbia chiarito perfettamente la sua posizione: garante sì, non certo del bene comune, ma probabilmente di una parte. Questo è ciò che è emerso in maniera precisa.

Tuttavia, devo dire che non mi sento un Don Chisciotte, né l'uomo delle battaglie perse. Devo anche registrare il fatto che il provvedimento al nostro esame sarà approvato senza alcuna contestazione da parte dell'opposizione. Basta vedere i banchi vuoti: evidentemente le battaglie legate al tentativo di riforma della magistratura sono finite, non so se per stanchezza politica, se perché abbiamo perso le elezioni o se a seguito di recenti prese di posizione espresse in alcune sentenze da qualche tribunale, ma dobbiamo prenderne atto.

Ne prendo atto: l'ANM ha vinto. Credo che l'atteggiamento dell'Aula sia chiaro. Non so se ha vinto il Paese, ma sicuramente ha perso il Parlamento, perché il collega Brutti ha parlato non di questo provvedimento, ma di altro: ha parlato della riforma della riforma dell'ordinamento giudiziario. Il senatore Brutti sa perfettamente che è stata scritta dall'ANM. Potevate almeno cambiare la forma o lo stile, se non la sostanza, ma avete voluto lasciarle intatte.

Prendiamo atto che questo Parlamento si fa scrivere le leggi da altri e non le scrive autonomamente. Per quanto mi riguarda, dichiaro conclusa la mia battaglia sulla giustizia, perché non ho alcuna intenzione di immolarmi su un fronte per il quale non godo del sostegno dell'opposizione. Naturalmente, adempiremo fino in fondo al nostro dovere e voteremo contro il provvedimento al nostro esame. (Applausi dal Gruppo LNP).

Chiediamo altresì la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge, composto del solo articolo 1.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Conversione in legge del decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari (1449)

 

 

PROPOSTA DI QUESTIONE PREGIUDIZIALE

 

QP1

CASTELLI

Respinta

 

Il Senato,

premesso che:

si giudica infondata la motivazione a sostegno della necessità ed urgenza del decreto-legge in esame, secondo la quale, poiché le elezioni dei Consigli giudiziari si sarebbero dovute tenere il 1° aprile 2007, il Governo non ha avuto il tempo per definire le modalità elettive dei Consigli medesimi, per cui si è ritenuta necessaria una "prorogatio" dei poteri di quelli esistenti;

si ritiene che aver scelto lo strumento del decreto-legge è funzionale unicamente alla necessità di vedere approvato il provvedimento in tempi rapidi ed, in ogni caso, prima del nuovo disegno di legge sull'ordinamento giudiziario;

la materia disciplinata, per sua natura, sarebbe dovuta essere più opportunamente oggetto di un disegno di legge e non di un provvedimento d'urgenza;

lo stesso relatore in Commissione affari costituzionali ed alcuni esponenti della maggioranza hanno ritenuto questa proroga di un anno eccessivamente ampia in relazione alle circostanze di fatto e alle esigenze proprie del funzionamento dei Consigli giudiziari,

delibera, ex articolo 93 del Regolamento del Senato, di non passare all'esame del disegno di legge n. 1449.

 

 

ORDINE DEL GIORNO

 

G1

CASTELLI

Respinto

Il Senato,

premesso che:

l'emanazione del decreto-legge n. 36 del 2007, oggi all'esame dell'Assemblea, è stato determinato dalla necessità ed urgenza di prorogare la funzionalità degli attuali Consigli giudiziari, stante l'inerzia del Governo a predisporre la normativa che fissa le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali per il rinnovo del consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello;

pertanto, gli attuali componenti dei consigli giudiziari continueranno a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti, che avverrà, in base a quanto stabilito dal decreto, a seguito dello svolgimento delle elezioni dei nuovi componenti, previste per il mese di aprile 2008,

impegna il Governo:

a predisporre, in tempi brevi, la necessaria normativa atta a disciplinare le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali per il rinnovo dei suddetti organi.

 

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE ( )

 

 

Art. 1.

 

1. È convertito in legge il decreto-legge 30 marzo 2007, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di Consigli giudiziari.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

________________

( ) Approvato il disegno di legge, composto del solo articolo 1

 

 

 

 

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 1.

 

1. I componenti dei Consigli giudiziari in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano a svolgere le proprie funzioni fino alla proclamazione dei nuovi eletti.

2. Le elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e quelle per il rinnovo dei Consigli giudiziari presso le Corti di appello operanti alla data di entrata in vigore del presente decreto si svolgono la prima domenica ed il successivo lunedì del mese di aprile dell'anno 2008.

 

 

 

 

 

EMENDAMENTI

 

1.1

CASTELLI

Respinto

 

Al comma 2, sostituire le parole: «aprile dell'anno 2008», con le seguenti: «ottobre dell'anno 2007».

 

 

1.2

CASTELLI

Respinto

 

Al comma 2, sostituire le parole: «aprile dell'anno 2008», con le seguenti: «novembre dell'anno 2007».

 

 

1.3

CASTELLI

Respinto

 

Al comma 2, sostituire le parole: «aprile dell'anno 2008», con le seguenti: «dicembre dell'anno 2007».

 

 

 

ARTICOLO 2 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 2.

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 


SIWEB

Documentazione

 


Progetti di legge

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1513

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro della giustizia
(MASTELLA)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA  19 aprile 2007

 

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Disciplina delle operazioni elettorali relative al Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione e ai Consigli giudiziari presso le Corti d’appello

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


 


Onorevoli Senatori. – Il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, ha istituito il consiglio direttivo della Corte di cassazione ed ha profondamente modificato la disciplina, la composizione e le modalità di elezione dei componenti dei consigli giudiziari esistenti in tutti i distretti di Corte di appello.

Per consentire la formazione di questi organi, occorre introdurre nel sistema la disciplina necessaria per le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali, tenuto conto della nuova composizione dei consigli giudiziari e della istituzione dell’ufficio elettorale presso la Corte di cassazione ai fini della procedura elettorale del Consiglio direttivo della Corte stessa.

Infatti, la individuazione dei componenti il consiglio direttivo presso la Cassazione, i requisiti di elettorato attivo e passivo, le modalità di votazione e di proclamazione degli eletti sono contenute nel decreto legislativo n. 25 del 2006; mancano, viceversa, il procedimento per la costituzione dell’ufficio elettorale e la relativa composizione, la procedura di definizione delle contestazioni e dei reclami, la individuazione dell’organo competente a decidere sugli stessi e le caratteristiche delle schede elettorali: elementi, tutti, che incidono sulla validità delle elezioni. Anche per i consigli giudiziari presso le Corti di appello occorrono disposizioni attuative che rendano possibile l’espletamento della procedura elettorale soprattutto quanto all’individuazione dell’organo che deve procedere all’avvio delle operazioni elettorali, alle modalità di espressione del voto e al modello di scheda da utilizzare.

Il presente disegno legge introduce la normativa necessaria per lo svolgimento delle elezioni dei suddetti organi.

Il disegno di legge proposto non comporta spese.

Quanto alle singole disposizioni, l’articolo 1 prevede la individuazione del periodo in cui si debba svolgere ogni elezione per il rinnovo dei consigli giudiziari presso le Corti di appello e del consiglio direttivo della Corte di cassazione, fissando la data di svolgimento delle elezioni stesse nella prima domenica e nel lunedì successivo del mese di aprile di ogni quadriennio. Nell’ipotesi in cui in tale data cadano le festività pasquali, le elezioni si terranno la domenica e il lunedì successivi.

Gli articoli 2 e 3 disciplinano la composizione degli uffici elettorali e le operazioni da espletare nel periodo precedente la giornata elettorale; in particolare, l’articolo 2 istituisce l’ufficio elettorale presso la Corte di cassazione e l’articolo 3 gli uffici elettorali presso ciascuna Corte di appello per i magistrati ordinari ed i giudici di pace. L’ufficio elettorale presso la Corte di cassazione è composto dal presidente della Corte e da cinque magistrati estratti a sorte; gli uffici elettorali per i magistrati ordinari e i giudici di pace costituiti presso le Corti di appello sono composti dal presidente della Corte e da cinque magistrati ivi in servizio anch’essi estratti a sorte.

L’articolo 3, comma 3, prevede, per distretti con organico numeroso, la costituzione, oltre agli uffici elettorali con sede nel capoluogo del distretto, di ulteriori uffici elettorali distaccati per magistrati ordinari e giudici di pace presso uno o più degli uffici del distretto ove sono ammessi a votare, in relazione al rispettivo ambito territoriale; sono comunque istituiti uffici elettorali distaccati presso le sezioni distaccate di Corte di appello ove votano i magistrati togati e onorari in servizio nel rispettivo ambito territoriale.

Il comma 5 dell’articolo 3 detta disposizioni per l’espressione del voto da parte dei magistrati che siano stati posti fuori dal ruolo organico, prevedendo che quelli in aspettativa sono considerati appartenenti all’ufficio cui erano assegnati prima del collocamento fuori ruolo, mentre in tutti gli altri casi (ad eccezione di quelli assegnati al Ministero della giustizia, per i quali le competenze dei consigli giudiziari sono svolte del Consiglio di amministrazione del Ministero) i magistrati votano nell’ufficio elettorale del distretto di Corte d’appello di Roma. L’articolo 4 disciplina le operazioni di voto vere e proprie, disponendo che le stesse si protraggano dalle otto alle quattordici della domenica, per proseguire dalle otto sino alle quattordici del lunedì successivo; le stesse si svolgono con votazione segreta.

L’articolo 5 contiene le disposizioni relative allo scrutinio ed alla proclamazione dei risultati, prevedendo che quest’ultima, nel caso di istituzione di una pluralità di uffici elettorali nel distretto avvenga in quello avente sede nel capoluogo.

Di tutte le operazioni elettorali viene poi redatto verbale, copia del quale è trasmessa al Ministero della giustizia ed al Consiglio superiore della magistratura (articolo 5, comma 4).

L’articolo 6 disciplina la materia delle contestazioni e dei reclami; quanto alle prime è previsto che ciascun ufficio elettorale risolve a maggioranza le contestazioni sorte durante le operazioni elettorali, comprese quelle relative alle eventuali ineleggibilità riservate al solo ufficio della Corte di cassazione o a quelli aventi sede nel capoluogo del distretto; resta salva per l’interessato la facoltà di proporre reclamo, sul quale decide in camera di consiglio, entro il termine improrogabile di otto giorni e sentito il procuratore generale, la prima sezione civile della Corte di cassazione e rispettivamente ciascuna Corte di appello competente per gli affari civili, con ordinanza non soggetta a gravame.

L’articolo 7 prevede la procedura da seguire in caso di dichiarazione di nullità, anche parziale, delle elezioni, con la rinnovazione delle stesse da effettuare entro un termine minimo di trenta e massimo di quaranta giorni dalla stessa ordinanza con la quale viene dichiarata la nullità delle operazioni.

Lo stesso articolo si occupa della sostituzione dei componenti cessati dalla carica prevedendo, altresì, la disciplina applicabile nel caso che tali componenti non possano essere sostituiti da altri candidati, essendone esaurito il numero; tale disciplina consiste nelle elezioni suppletive da effettuarsi entro un termine minimo di trenta e massimo di quaranta giorni.

L’articolo 8 prevede che il disegno di legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Dal presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non è stata redatta la relativa relazione tecnica.

 

Analisi tecnico–normativa

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto:

a) necessità dell’intervento normativo

L’intervento appare necessario in quanto il disegno di legge, colmando alcune lacune normative, disciplina in modo organico importanti e delicate fasi dei procedimenti per le elezioni dei consigli giudiziari presso le Corti d’appello e del Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, organo di nuova costituzione.

b) analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti

L’intervento incide sulla legislazione attualmente esistente in materia di elezione dei consigli giudiziari, costituita dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 264, ratificato con legge 10 febbraio 1953, n. 73, e modificato con decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 1967, n. 214, nonché dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, emanato in attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n. 150, riguardanti anche il Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione.

c) analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario

Nessun contrasto: la normativa contiene disposizioni relative all’ordinamento giudiziario interno.

d) analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale

Nessun profilo di sovrapposizione, trattandosi di un intervento riguardante norme sull’ordinamento giudiziario, materia di esclusiva competenza statale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

e) verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali

Nulla da rilevare.

f) verifica dell’assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

Nulla da rilevare. Non sussistono possibilità di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo

a) individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso;

Nulla da rilevare.

b) verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi

I riferimenti normativi figuranti nel testo sono corretti.

c) ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti

Nel testo di legge non si fa ricorso alla tecnica della novellazione.

d) individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell’atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

Il testo incide sulle previsioni di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 264, e successive modificazioni.

3. Ulteriori elementi

a) indicazioni delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto

Nulla da rilevare.

b) verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all’esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

Disegno di legge di iniziativa governativa, approvato dal Consiglio dei ministri del 7 marzo 2007 e recante: «Riforma dell’ordinamento giudiziario», presentato alla Camera dei deputati il 21 marzo 2007 (atto Camera n.2428) poi ritirato e presentato al Senato della Repubblica, atto Senato n.1447.

Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR)

a) Ambito dell’intervento, con particolare riguardo all’individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

Sono coinvolti i magistrati ordinari e i giudici di pace.

b) esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

Necessità di realizzare un intervento normativo adeguato alle modifiche ordinamentali introdotte ed evidenziate nella relazione illustrativa, per disciplinare organicamente le modalità di svolgimento delle operazioni elettorali di organi collegiali aventi rilevanti attribuzioni nell’organizzazione giudiziaria.

c) obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

Si veda la relazione illustrativa.

d) presupposti attinenti alle sfere organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

Nulla da rilevare.

e) aree di «criticità».

Nulla da rilevare.

f) opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie: valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

Non vi sono opzioni alternative alla regolazione.

g) strumento tecnico normativo eventualmente più appropriato.

La legge appare lo strumento normativo più appropriato, trattandosi di interventi rilevanti in materia di ordinamento giudiziario.


 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Epoca delle elezioni)

1. Ogni quattro anni, nella prima domenica e lunedì successivo del mese di aprile, i magistrati ordinari ed i giudici di pace in servizio negli uffici compresi nella circoscrizione di ciascun distretto di Corte di appello e i magistrati in servizio presso la Corte di cassazione procedono rispettivamente alle elezioni dei componenti del Consiglio giudiziario e del Consiglio direttivo, previste dal decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25.

2. Qualora i giorni fissati nel comma 2 coincidano con le festività della Pasqua, le elezioni avranno luogo nella domenica e nel lunedì successivi.

 

Art. 2.

(Ufficio elettorale presso la Corte

di cassazione)

1. Per lo svolgimento delle elezioni, due giorni prima delle operazioni elettorali, è costituito l’ufficio elettorale presso la Corte di cassazione

2. L’ufficio elettorale è composto dal presidente della Corte di Cassazione e da cinque magistrati ivi in servizio estratti a sorte in presenza del presidente di sezione con maggiore anzianità di servizio; il presidente della Corte può delegare a presiedere l’ufficio elettorale il presidente aggiunto o uno dei presidenti di sezione della Corte medesima; in caso di impedimento, può essere delegato uno dei consiglieri anziani della Corte. Il giorno antecedente l’inizio delle operazioni elettorali, l’ufficio nomina un vice presidente che coadiuva il presidente e lo sostituisce in caso di assenza; le funzioni di segretario sono svolte dal componente avente minore anzianità di servizio.

Art. 3.

(Uffici elettorali presso le Corti d’appello)

1. Per lo svolgimento delle elezioni, due giorni prima delle operazioni elettorali, sono costituiti gli uffici elettorali presso ciascuna Corte di appello per i magistrati ordinari ed i giudici di pace.

2. Gli uffici elettorali costituiti presso le Corti di appello sono composti dal presidente della Corte e da cinque magistrati ivi in servizio estratti a sorte in presenza del presidente di sezione con maggiore anzianità di servizio; il presidente della Corte può delegare a presiedere l’ufficio elettorale uno dei presidenti di sezione della Corte d’appello; in caso di impedimento, può essere delegato uno dei consiglieri anziani della Corte. Il giorno antecedente l’inizio delle operazioni elettorali, l’ufficio nomina un vice presidente che coadiuva il presidente e lo sostituisce in caso di assenza; le funzioni di segretario sono svolte dal componente avente minore anzianità di servizio.

3. Se l’organico complessivo dei magistrati ordinari e dei giudici di pace degli uffici del distretto supera le trecento unità, il presidente della Corte costituisce ulteriori uffici elettorali per i magistrati ordinari ed i giudici di pace, distaccati presso uno o più degli uffici del distretto, e dove sono ammessi a votare, in relazione al rispettivo ambito territoriale, non più di trecento magistrati e giudici di pace. Sono comunque costituiti uffici elettorali distaccati presso le sezioni distaccate di Corte di appello ove votano i magistrati togati e onorari in servizio nel rispettivo ambito territoriale. I presidenti degli uffici elettorali sono nominati dal presidente della Corte di appello tra i presidenti di sezione e, in mancanza, tra i consiglieri della Corte; i componenti sono nominati tra i magistrati in servizio negli uffici del rispettivo ambito territoriale.

4. Il presidente della Corte di appello procede alla formazione di appositi elenchi, con l’indicazione nominativa dei magistrati e dei giudici di pace, nonché dell’ufficio elettorale dove ciascuno di essi deve votare. Tali elenchi vanno affissi nell’atrio della Corte il giorno della votazione e copie di essi sono consegnate ai presidenti degli uffici elettorali. I magistrati e i giudici di pace aventi diritto al voto, che per qualsiasi ragione non sono stati inclusi in detti elenchi, votano presso l’ufficio principale.

5. I magistrati della Direzione nazionale antimafia votano presso uno degli uffici elettorali del distretto della Corte di appello di Roma. Ai fini della partecipazione alle elezioni i magistrati fuori ruolo per aspettativa si considerano appartenenti all’ufficio cui erano assegnati prima della aspettativa. I magistrati fuori ruolo per incarichi presso enti ed organismi diversi dal Ministero della giustizia votano presso l’ufficio elettorale del distretto di Corte di appello di Roma.

6. Tutti gli uffici elettorali funzionano con la presenza di almeno tre componenti.

Art. 4.

(Votazione)

1. La votazione è segreta e si svolge dalle ore otto alle ore quattordici della domenica e prosegue dalle ore otto alle ore quattordici del lunedì successivo. Le schede sono fornite, almeno tre mesi prima delle elezioni ed in numero non inferiore al doppio di quello dei magistrati e dei giudici di pace previsti dalle piante organiche dei rispettivi uffici, alla Corte di cassazione e a ciascuna Corte di appello o sezione distaccata a cura del Ministero della giustizia.

2. Il presidente di ciascun ufficio elettorale, o chi ne fa le veci, consegna all’elettore la scheda conforme a quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25. Il votante scrive sulla scheda il nome e cognome di un magistrato per ciascuna categoria di eleggibili in servizio tra quelli della Corte di cassazione o della procura generale o, rispettivamente, del distretto di appartenenza. La scheda è piegata e riconsegnata al presidente, il quale, dopo aver fatto prendere nota al segretario del nome del votante, la pone nell’urna destinata ai magistrati ordinari.

3. Il giudice di pace scrive sulla scheda il nome e cognome di un giudice di pace del distretto di appartenenza. La scheda è piegata e riconsegnata al presidente, il quale, dopo aver fatto prendere nota al segretario del nome del votante, la pone nell’urna destinata ai giudici di pace.

4. Il voto espresso con indicazioni diverse da quelle previste dai commi 2 e 3 è nullo; è, altresì, nullo quando sulla scheda sono apposte indicazioni di voto eccedenti il numero degli eleggibili.

Art. 5.

(Scrutinio e proclamazione degli eletti)

1. Alle ore quattordici del lunedì, dopo che tutti i presenti nella sala hanno votato, il presidente di ciascun ufficio elettorale dichiara chiusa la votazione ed accerta il numero dei votanti, secondo le liste compilate dal segretario, le quali vengono poi chiuse in pieghi separati, su cui appongono la firma lo stesso presidente ed almeno uno dei componenti. Il presidente di ciascun ufficio elettorale procede, quindi, allo spoglio dei voti, iniziando con lo scrutinio dei voti relativi ai magistrati ordinari, estraendo dall’urna le schede una per volta; letti a voce alta i nomi dei candidati per i quali è espresso il voto, la scheda è consegnata ad uno dei componenti che, insieme al segretario, prende nota del numero dei voti che ciascun candidato ha riportato. Terminato lo spoglio, vengono formati separati elenchi per categoria, in base ai voti riportati da ciascun candidato. Le medesime operazioni vengono svolte per lo scrutinio relativo alle schede dei giudici di pace.

2. Nel caso di costituzione nel distretto di più uffici elettorali, i relativi presidenti trasmettono, immediatamente dopo il compimento delle operazioni previste dal comma 1, copia del verbale della votazione e degli elenchi al presidente dell’ufficio avente sede nel capoluogo del distretto.

3. Se l’ufficio elettorale è unico, al termine dello spoglio e nella medesima seduta sono proclamati eletti coloro che hanno rispettivamente riportato il maggior numero di voti. Se la Corte di appello comprende sezioni distaccate, o se presso di essa siano stati costituiti più uffici, l’ufficio elettorale avente sede nel capoluogo del distretto, appena pervenute le copie dei verbali e degli elenchi degli altri uffici elettorali e di quelle della sezione distaccata, procede alla formazione degli elenchi e alla proclamazione degli eletti in base alla somma dei voti riportati da ogni candidato negli uffici elettorali istituiti nel distretto.

4. Di tutte le operazioni elettorali viene redatto verbale, copia del quale è trasmessa al Ministero della giustizia ed al Consiglio superiore della magistratura. Gli originali dei verbali e delle liste sono conservati nell’archivio di ciascuna Corte.

Art. 6.

(Contestazioni e reclami)

1. L’ufficio elettorale della Corte di cassazione e quelli aventi sede nel capoluogo del distretto risolvono a maggioranza le contestazioni relative alla eleggibilità dei candidati e, se taluno di essi risulta ineleggibile, provvedono ad escluderlo dall’elenco. Ciascun ufficio elettorale provvede a maggioranza sulle contestazioni sorte durante le operazioni elettorali, salva per l’interessato la facoltà di proporre reclamo ai sensi del comma 2. In caso di parità prevale il voto del presidente. Delle contestazioni e delle decisioni relative è dato atto nel verbale delle operazioni elettorali.

2. I reclami relativi alla eleggibilità ed alle operazioni elettorali devono pervenire alla cancelleria della Corte di cassazione e delle Corti di appello entro l’ottavo giorno successivo alla proclamazione dei risultati, e non hanno effetto sospensivo. Sui reclami decide, in camera di consiglio e sentito il procuratore generale, la prima sezione civile della Corte di cassazione e, rispettivamente, la sezione di ciascuna Corte di appello competente per gli affari civili, con ordinanza non soggetta a gravame adottata entro otto giorni; copia dell’ordinanza è trasmessa al Ministero della giustizia ed al Consiglio superiore della magistratura.

3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che sia pervenuto alcun reclamo, il presidente di ciascuna Corte ordina la distruzione delle schede.

Art. 7.

(Rinnovazione delle elezioni

ed elezioni suppletive)

1. Se una Corte dichiara la nullità, in tutto o in parte, delle elezioni, con la stessa ordinanza ne dispone la rinnovazione, fissando un giorno festivo compreso tra i trenta ed i quaranta giorni da quello della pubblicazione della ordinanza. Della nuova data il presidente della Corte di cassazione o il presidente della Corte di appello dà comunicazione rispettivamente al procuratore generale e ai capi degli uffici giudiziari interessati del distretto i quali provvedono alla affissione all’albo di ciascun ufficio del relativo avviso almeno dieci giorni prima della data di svolgimento delle elezioni ed alla trasmissione della relativa notizia ai singoli magistrati anche a mezzo di posta elettronica.

2. Fino alla nuova elezione, rimane in carica il precedente consiglio direttivo presso la Corte di cassazione o il Consiglio giudiziario interessato.

3. Se i componenti cessati dalla carica durante il quadriennio non possono essere sostituiti con i candidati che hanno riportato il maggior numero di voti immediatamente successivo all’ultimo degli eletti, si procede ad elezioni suppletive, che sono indette per un giorno compreso tra i trenta ed i quaranta giorni successivi alla cessazione dalla carica, con decreto del primo presidente della Corte di cassazione o del presidente della Corte di appello. Il decreto è comunicato rispettivamente al procuratore generale o ai capi degli uffici giudiziari del distretto, che provvedono in conformità del comma 1.

Art. 8.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1447

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro della giustizia
(MASTELLA)

di concerto col Ministro della difesa
(PARISI)

e col Ministro dell’economia e delle finanze
(PADOA-SCHIOPPA)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 30 MARZO 2007( )
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Riforma dell’ordinamento giudiziario

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( ) Già presentato alla Camera dei deputati il 21 marzo 2007 e successivamente trasferito al Senato della Repubblica.


 


Onorevoli Senatori. – 1. – La legge 25 luglio 2005, n.150, è una legge di delegazione la cui parte principale era destinata a realizzare i presupposti per l’emanazione di una nuova disciplina dell’ordinamento giudiziario mediante la redazione di un testo unico nel quale, una volta completata l’emanazione dei decreti legislativi da essa previsti, sarebbero stati riuniti i relativi testi, e tutte le altre disposizioni legislative relative alla materia che fossero a quel momento vigenti (articolo 2, commi 19-21). L’operazione avrebbe portato all’adozione di una nuova legge generale sull’ordinamento giudiziario che avrebbe dovuto sostituire il regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e le leggi che l’hanno successivamente modificato e integrato, in attuazione della VII disposizione transitoria della Costituzione (il cui primo comma stabilisce che «fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente»).

La legge n.150 del 2005 ha trovato parziale attuazione mediante l’approvazione dei decreti delegati da parte del Governo. Essa ha avuto un iter molto tormentato, tanto che è stata promulgata dopo che il precedente testo legislativo, approvato il 1º dicembre 2004, era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, il quale vi aveva ravvisato disposizioni in contrasto con la Costituzione; la normativa aveva inoltre suscitato reazioni di contrasto sia tra le forze politiche dell’opposizione dell’epoca, sia dell’intera magistratura associata, che vi vedevano il riferimento ad una disciplina di stampo burocratico caratterizzata da una tipica conformazione gerarchica dell’assetto della magistratura, condizionabile dall’esecutivo, quale era quella disegnata dall’ordinamento del 1941.

Alcuni dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega prevista dalla legge citata sono stati quindi oggetto di integrazioni e modifiche già con la legge 24 ottobre 2006, n.269, in particolare quello sul sistema disciplinare dei magistrati e quello relativo all’assetto dell’ufficio del pubblico ministero, mentre il decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, relativo alla nuova disciplina dell’accesso in magistratura e in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, poiché era caratterizzato da una struttura di difficile emendabilità, è stato oggetto del provvedimento di sospensione attuato con la medesima legge 24 ottobre 2006, n.269, proprio in vista di un suo strutturale ripensamento.

Con il disegno di legge in esame si opera un intervento di carattere complessivo, volto a modificare profondamente il decreto legislativo sospeso e a riformulare altresì alcuni degli altri decreti legislativi nonché altre disposizioni dell’ordinamento giudiziario proprio in ragione della necessità di valorizzare l’aspetto sistematico della normativa anche per l’insoddisfacente prospettiva di un semplice ritorno allo status quo ante.

Per chiarire il senso di tutta la vicenda legislativa, che ha portato poi alla presentazione del presente disegno di legge, appare peraltro opportuno ripercorrere, seppur necessariamente in modo sommario, l’evoluzione normativa e giurisprudenziale della materia e gli orientamenti che si sono succeduti circa i princìpi cui la sua disciplina dovrebbe uniformarsi.

Con riferimento agli aspetti relativi ai provvedimenti in materia di ordinamento giudiziario susseguitisi nel tempo e alle decisioni della giurisprudenza occorre innanzi tutto ricordare che l’«ordinamento vigente», menzionato nella VII disposizione transitoria della Costituzione, era quello che risultava dal regio decreto 30 gennaio 1941, n.12 (detto anche «decreto Grandi», dal nome del Ministro della giustizia dell’epoca), il quale aveva disciplinato in modo generale l’ordinamento giudiziario, proseguendo la tradizione instaurata con le precedenti normative del 1865 – regolamento di cui al regio decreto 14 dicembre 1865, n.2641 – e del 1923 – testo unico delle disposizioni sull’ordinamento degli uffici giudiziari e del personale della magistratura di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n.2786 –. Dopo la caduta del regime fascista, alcune modificazioni ritenute urgenti erano state ad esso apportate, in attesa della più compiuta riforma che sarebbe stata impostata dall’Assemblea costituente che stava per essere eletta, soprattutto con il regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511 (avente come titolo «Guarentigie della magistratura»).

Nei confronti del decreto Grandi, la VII disposizione transitoria della Costituzione esprimeva un esplicito giudizio di non conformità alla Costituzione e, per evitare che in attesa dell’emanazione della «nuova legge sull’ordinamento giudiziario» si determinasse un vuoto legislativo, stabiliva che nel frattempo continuassero ad essere osservate «le norme dell’ordinamento vigente», escludendo cioè che il regio decreto n.12 del 1941 potesse essere ritenuto abrogato in toto per il semplice fatto della sua incompatibilità con i nuovi princìpi costituzionali.

Negli anni successivi, in assenza della legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, vennero adottate leggi modificative o integrative del citato regio decreto n.12 del 1941, che ne trasformarono in gran parte il contenuto normativo, oppure dettero attuazione in modo autonomo ai princìpi ed alle regole contenuti nel titolo IV della Parte seconda della Costituzione, anche perché una serie di decisioni della Corte di Cassazione, tra cui possono essere ricordate quelle delle sezioni unite, 17 novembre 1953, n.3524, e 20 aprile 1960, n.896, ma soprattutto le sentenze della Corte costituzionale 13 dicembre 1963, n.156, 28 dicembre 1970, n.194, e 3 giugno 1970, n.80, contribuirono a modificare il diritto vigente e anche la giurisprudenza ordinaria e amministrativa relativa alla materia, ad esempio, sul giudice naturale, in materia di applicazione e di supplenze, sulla distinzione dei magistrati per funzioni e sull’organizzazione del lavoro giudiziario, adeguandosi progressivamente ai princìpi del nuovo ordinamento costituzionale. L’opera di modernizzazione dell’ordinamento giudiziario ha tratto linfa poi anche dall’istituzione del Consiglio superiore della magistratura che, mediante atti interpretativi, ha suggerito soluzioni mediante le quali era possibile rendere direttamente applicabili i princìpi e le regole costituzionali, o risolvere i conflitti che si determinavano fra le norme desumibili dalla legislazione anteriore alla Costituzione e quelle derivanti dai principi cui essa si era ispirata.

Negli anni successivi al dibattito intenso che si sviluppò sulle caratteristiche dell’ordinamento da dare alla magistratura e sull’inadeguatezza e sull’incostituzionalità delle norme vigenti, seguirono tuttavia poche iniziative tese a dare attuazione alla previsione della VII disposizione transitoria della Costituzione, che comunque non vennero mai approvate.

Tuttavia, pur in mancanza di un disegno sistematico della materia per effetto delle riforme legislative parziali sopra ricordate, delle sentenze della Corte costituzionale intervenute e delle interpretazioni affermatesi nel periodo intercorso dal 1948 in poi, non può certamente dirsi che l’ordinamento giudiziario vigente in Italia fino al 2005 fosse ancora quello che i redattori della Costituzione avevano giudicato non conforme ad essa; l’assetto della magistratura italiana infatti era profondamente cambiato, pur rimanendo in vigore alcune parti residue dell’ordinamento del 1941, anche se non tutte le innovazioni introdotte potevano ritenersi pienamente coronate da successo.

La valutazione dell’attuale intervento normativo non può dunque prescindere da alcune considerazioni relative al percorso che ha caratterizzato l’approccio alla realizzazione del sistema dell’ordinamento giudiziario dal 1860 ai nostri giorni.

3. Da una impostazione di fondo, che in base allo Statuto albertino si occupava dell’ordine giudiziario con pochi princìpi derogabili attraverso l’utilizzazione della legge ordinaria, in considerazione del carattere flessibile di tale Costituzione, e che prefigurava una magistratura composta da funzionari nominati dall’esecutivo, reclutati soltanto parzialmente tramite concorso, con una quota di nomine politiche, si passò poi con la riforma Zanardelli del 1890 – regio decreto 30 giugno 1889, n. 6133 – alla previsione di un unico metodo di selezione tramite concorso, salvo la ridotta previsione di nomine politiche per «meriti insigni».

Il primo testo che disciplinò compiutamente l’«ordinamento giudiziario» fu dunque il regio decreto 6 dicembre 1865, n.2626, in base al quale veniva costituito un corpo di magistrati di carriera nominati dall’esecutivo e dotati di uno status che solo nominalmente ne garantiva l’indipendenza, esclusi peraltro i magistrati del pubblico ministero che erano posti alle dipendenze del Ministro della giustizia, legame istituzionale che fu sciolto soltanto nel 1946.

Questa architettura ordinamentale si ispirava al modello francese realizzato da Napoleone con la legge sull’ordinamento giudiziario del 1810.

Le prime modifiche alle caratteristiche «imperiali» dell’ordinamento giudiziario del 1865 intervennero con la riforma Orlando del 1907 – legge 7 marzo 1907, subito trasfusa nel testo unico di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n.638 e relativo regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n.641 – in cui cominciarono ad essere introdotte caratteristiche ordinamentali, coerenti con i princìpi del costituzionalismo, particolarmente sensibili al rafforzamento dell’indipendenza dei magistrati e del loro status professionale. L’avvento del fascismo al potere, riportò la situazione sostanzialmente allo statu quo ante; la disciplina della magistratura venne cristallizzata con il regio decreto n.12 del 1941 che prefigurò la magistratura come corpo di pubblici dipendenti aventi uno status professionale largamente simile a quello dei funzionari amministrativi e quindi indipendenti solo formalmente. Espressione di questa articolazione dell’ordine giudiziario, al di là delle intrinseche caratteristiche autoritarie di tutto l’assetto costituzionale del tempo, fu soprattutto l’inquadramento gerarchico di ispirazione transalpina, che aveva i suoi vertici nei capi dei singoli uffici giudiziari, nella Corte di Cassazione e nel Ministero della giustizia.

L’inserimento, poi, della vita professionale dei magistrati in uno schema predefinito organizzativo secondo carriere con caratteristiche burocratiche, attraverso la previsione di una progressione vincolata ai giudizi espressi dai superiori gerarchici, in occasione dei vari concorsi in cui essa era articolata, costituiva uno stretto reticolo di vincoli al sistema dell’indipendenza «interna» proprio a causa dei forti legami che i vertici della magistratura, nominati dal Consiglio dei ministri, mantenevano con il potere esecutivo e della disponibilità da parte degli stessi di pervasivi strumenti di controllo dei magistrati subordinati.

L’Assemblea costituente abbandonò l’idea del giudice – funzionario, disegnando uno «statuto» del magistrato che rafforzava e garantiva la sua indipendenza, valorizzandone il ruolo professionale.

Una delle pietre miliari della realizzazione del sistema costituzionale fu l’istituzione del Consiglio superiore della magistratura che permise di concretizzare l’«autogoverno» del potere giudiziario e quindi di rendere effettiva una condizione essenziale dell’indipendenza dei magistrati; successivamente intervenne una serie di leggi che ridimensionò la «carriera» giudiziaria, attuando il principio secondo il quale i magistrati si distinguono tra loro soltanto per le funzioni esercitate e non per i gradi o gli incarichi di cui sono titolari. Questo sistema fu rafforzato dall’applicazione rigorosa del principio del «giudice naturale» che, prevedendo l’attuazione della disciplina relativa al sistema della precostituzione del giudice, impedì per chiunque la possibilità di operare in modo tale da scegliersi il magistrato da cui farsi giudicare. L’indipendenza dei magistrati del pubblico ministero fu rafforzata nei limiti compatibili sia con le funzioni esercitate sia con la struttura, comunque piramidale, dell’ufficio di procura.

L’evoluzione descritta ridisegnava nel momento finale, prima delle riforme su cui si intende intervenire, un modello di ordinamento giudiziario che si ispirava tuttavia ad un insieme di princìpi – quelli enunciati nel titolo IV della parte seconda della Costituzione del 1947 – che costituivano l’espressione di una linea profondamente difforme e in molti casi assolutamente antitetica a quella che aveva ispirato il decreto Grandi del 1941.

La legge n.150 del 2005 per molti versi rimodella il sistema secondo i canoni di uno schema obiettivamente dissonante rispetto al sistema costituzionale vigente. In questo senso appare oggettivamente improprio affermare che la legge n.150 del 2005 costituirebbe attuazione della VII disposizione transitoria della Costituzione, e anzi, secondo molti commentatori, l’impianto complessivo della stessa sarebbe afflitto da un intrinseco vizio di costituzionalità.

Ovviamente, nulla esclude che alcune specifiche soluzioni adottate dalla legge n.150 del 2005 possano essere utilizzate in un diverso quadro normativo, e questo è stato il metodo utilizzato con il presente disegno di legge. È stato però necessario dare un chiaro segno di discontinuità nei confronti di una disciplina che non assicurava alla magistratura, in particolare con il sistema di accesso e di progressione nelle funzioni, un’adeguata condizione di indipendenza.

4. Il presente disegno di legge viene dunque adottato per modificare, secondo criteri modulati all’interno di un coerente sistema di riforma, i decreti legislativi emanati in attuazione della citata legge n.150 del 2005; in quest’ottica, l’intervento si muove nella prospettiva di una riforma complessiva dell’ordinamento giudiziario sulla linea tracciata dalla VII disposizione transitoria della Costituzione e al fine di creare una disciplina che garantisca maggiore funzionalità ed efficienza all’intero sistema giustizia.

5. Per quanto riguarda l’intervento di modifica relativo al decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, lo stesso è dettato dalla necessità di cambiare le regole in materia di accesso alla magistratura; si è così inteso definire una serie di questioni rimaste irrisolte anche dopo l’approvazione del suddetto decreto. È stato ritenuto necessario apportare alcune innovazioni al sistema dell’accesso, affrontando adeguatamente due antiche questioni; così gli interventi sono stati finalizzati a superare gli inconvenienti legati alla eccessiva lunghezza delle procedure concorsuali, rallentate dall’elevato numero dei partecipanti, e alla scarsa adeguatezza di prove scritte di taglio prevalentemente teorico, con l’introduzione anche di una prova di carattere pratico. Si è ritenuto poi importante potenziare la commissione perché solo così si può ragionevolmente pensare a un contenimento dei tempi di espletamento delle procedure concorsuali.

L’ulteriore obiettivo perseguito, attraverso l’abrogazione della relativa disciplina, è stato quello di superare le potenziali disfunzioni create dall’obbligatorietà dell’indicazione dell’area funzionale, giudicante o requirente, cui essere assegnati dopo il concorso, e dalla previsione del colloquio psico-attitudinale nell’ambito delle prove orali.

Nella proposta di riforma si è configurata, così, una tipologia di accesso strutturata in gran parte sulla falsariga di un concorso di secondo grado tendenzialmente omogenea a quella stabilita per le altre magistrature; è stata prevista l’ammissione al concorso ordinario, oltre che in ragione dell’appartenenza ai ruoli dei procuratori dello Stato, anche per la partecipazione ai corsi delle scuole di specializzazione cosiddette Bassanini, e a seguito del pregresso esercizio, per un congruo periodo, di funzioni giudiziarie onorarie; si è ritenuto opportuno riconoscere un valore di ammissione al concorso anche ad esperienze, se pur in parte eterogenee rispetto alla professione di magistrato, comunque caratterizzate dall’esercizio di specifiche pubbliche funzioni, come per i funzionari della carriera direttiva della pubblica amministrazione e per i docenti in materie giuridiche tra il personale di ruolo delle università; la considerazione della presenza di una comune humus culturale è stata ritenuta condizione necessaria e sufficiente per una previsione analoga in favore degli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all’albo professionale. È stata poi prevista una tipologia di ammissione al concorso, rispondente alla finalità di reclutare i migliori fra i neo – laureati; è stata così disciplinata per coloro che si sono laureati con un punteggio non inferiore a centosette su centodieci, come voto finale di laurea, e con una media di ventotto trentesimi rispetto ai voti degli esami sostenuti, la possibilità di partecipare immediatamente al concorso per l’accesso in magistratura. Questa scelta, che appare eccentrica rispetto alla tipologia di un concorso di secondo grado, in realtà trova la sua giustificazione, oltre che nel già ricordato obiettivo di reclutare i migliori fra i laureati, anche nel fatto che il corso di laurea in giurisprudenza è ormai strutturato su cinque anni e che, tra le prove del concorso, è stata introdotta anche una quarta prova pratica che indubbiamente obbliga qualsiasi partecipante ad una preparazione in ogni caso non esclusivamente teorica. Il metodo prescelto è sembrato quello più idoneo per evitare irragionevoli disparità di trattamento, ipotizzabili con l’esclusivo riferimento al voto di laurea, in considerazione dell’elevato numero delle facoltà universitarie e della disomogeneità di valutazione e determinazione del punteggio finale di laurea; sono stati così presi in considerazione anche altri fattori, quali la media dei voti ottenuti nella carriera universitaria nelle materie oggetto del piano di studio, in modo da ridurre al massimo il rischio di iniquità.

6. Vengono introdotte modifiche anche per quanto concerne la disciplina in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati. Il decreto legislativo n.160 del 2006 prevede una netta ripartizione delle funzioni di merito e di legittimità e una rigida distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti: la farraginosità del sistema, la scelta di una costruzione piramidale della carriera dei magistrati, la scelta di fatto operata per una distinzione delle funzioni assimilabile ad una separazione delle carriere, il sistema di valutazione per titoli ed esami, scollegato da un reale obiettivo di valutazione della professionalità funzionalizzato all’efficienza, hanno reso necessario abolire quel quadro normativo in quanto intrinsecamente non emendabile. Nel configurare la nuova disciplina si è partiti dalla constatazione che il sistema di valutazioni della professionalità anteriore alla legge n.150 del 2005, deve essere considerato non più adeguato, e quindi da riformare, per due prevalenti ragioni:

a) la professionalità del magistrato, nella sua ricchezza di conoscenza tecnica, di capacità nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e giurisdizionali, di consapevolezza del ruolo e di responsabilità professionale, non può più essere affermata per presunzioni e solo in occasione dei passaggi di qualifica troppo distanziati o di incarichi specifici;

b) il meccanismo è insufficiente ad attuare un reale vaglio delle specifiche capacità, delle doti e delle attitudini richieste per l’esercizio delle diverse funzioni che possono essere svolte nella sua vita professionale.

Si è dunque prefigurata una nuova struttura delle valutazioni, con verifiche ogni quattro anni, con riferimento ai tempi, alle fonti di conoscenza, ai parametri, alla legittimazione e alle conseguenze in caso di riscontrata inadeguatezza.

Si è disegnato un sistema che sgancia la progressione economica da quella delle funzioni (prevedendo una progressione economica condizionata esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità) perché solo in questo modo si può stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado. È stata conservata la possibilità di transitare dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa prevedendo che il cambio di funzioni è possibile solo mutando distretto ed è subordinato ad una reale verifica delle attitudini. Saranno oggetto di valutazioni periodiche anche le capacità organizzative e le attitudini agli incarichi direttivi prevedendosi la temporaneità delle funzioni direttive. È stata introdotta, inoltre, la temporaneità di tutte le funzioni (con una forbice compresa tra gli 8 ed i 15 anni).

Nel sistema che si propone sono ben delineati i parametri di valutazione delle attitudini, delle capacità e dell’impegno del magistrato secondo ben precisi indicatori sulla qualità e sulla quantità del lavoro giudiziario, con conseguenti vagli professionali più approfonditi e rigorosi nel passaggio da una funzione a un’altra. In questa prospettiva anche l’analisi delle capacità organizzative e dell’attitudine agli incarichi direttivi è diventata elemento costante della valutazione periodica, da riprendere e da approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta per il conferimento di un incarico direttivo, nella prospettiva ormai acquisita della temporaneità delle funzioni direttive. In tal senso si sono ridotti il peso e il valore specifico da attribuire all’anzianità, trasformata sostanzialmente da criterio di valutazione, unicamente a criterio di legittimazione per concorrere a determinati posti direttivi.

In attuazione delle sentenze della Corte costituzionale del 10 maggio 1982, n.86 e n.87, le funzioni di legittimità, per essere distinte nella Costituzione da quelle di merito, saranno conferite non solo in base al criterio di anzianità, bensì mediante l’accertata sussistenza di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati, infine, previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato, modulati in modo differenziato, con ripercussioni, nelle ipotesi più gravi, anche sulla progressione economica.

In modo analogo si è prevista una procedura urgente da attivare in caso di revoca dei dirigenti che si rilevano inadeguati, prevedendosi, accanto alla valutazione ordinaria, una procedura speciale di accertamento tempestivo per le valutazioni di criticità nello svolgimento dell’attività direttiva per pervenire alla revoca dei dirigenti dimostratisi in concreto del tutto inadeguati.

7. È stato poi ritenuto necessario un intervento innovativo sulla Scuola superiore della magistratura. Il decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, ha istituito una struttura stabile incaricata di occuparsi in maniera continuativa delle esigenze formative e di aggiornamento per il personale di magistratura e, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, anche di una parte del tirocinio dei magistrati in attesa del conferimento delle funzioni giurisdizionali. Tale distinzione deve essere osservata trattandosi di un’attività intimamente connessa con la valutazione da operarsi per la conferma in ruolo dei vincitori di concorso e, come tale, riservata al solo Consiglio superiore. È una scelta che si condivide, ma le modalità di realizzazione non appaiono adeguate al raggiungimento di questi obiettivi, anche perché alla Scuola sono stati attribuiti funzioni e compiti anche di carattere formativo e valutativo, in relazione alla partecipazione dei magistrati ai corsi di aggiornamento, che rischiano di snaturare l’attività della formazione, orientandola piuttosto verso la progressione in carriera e la preparazione e lo svolgimento dei concorsi. Con l’intervento proposto si è ricollocata l’attività della Scuola nell’ambito suo proprio dell’attività della formazione iniziale, complementare e permanente e di riconversione a seguito del passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa, prevedendo altresì una struttura più agile per il perseguimento degli obiettivi formativi. A tal fine è stata prevista una ubicazione decentrata, in tre sedi, nord, centro e sud, ove verranno svolte le attività di formazione; è stato poi organizzato un meccanismo procedurale al servizio dell’attività di formazione che sia comunque in grado di recepire tutte le istanze e i bisogni formativi del corpo dei magistrati e, al contempo, di fornire una risposta tempestiva e adeguata.

Sono stati introdotti alcuni elementi di novità anche nella prospettiva di una integrazione delle varie realtà giurisdizionali in ambito europeo e per rimanere in linea con le prospettive di modifica dei decreti relativi alle modalità di accesso in magistratura e di progressione in carriera, cui l’attività della Scuola è stata prevista come necessariamente funzionale. E poichè è maturata una opzione verso l’obbligatorietà della formazione, il disegno di legge prevede che tutti i magistrati frequentino almeno un corso di formazione ogni quattro anni. Una particolare attenzione è stata rivolta ai magistrati nei primi anni di servizio per i quali si è, invece, previsto un obbligo di frequentare almeno un corso di formazione-aggiornamento ogni anno per i primi quattro anni dopo il conferimento delle funzioni.

8. Il presente disegno di legge apporta modifiche anche al sistema dell’autogoverno della magistratura, sistema nel quale sono ormai strutturalmente inseriti i consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, modificando il decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, oltre che alcuni aspetti dell’organizzazione dello stesso Consiglio superiore della magistratura, con la modifica della legge 24 marzo 1958, n.195. Per quanto riguarda i consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, i punti del decreto legislativo oggetto dell’intervento di riforma, riguardano: il sistema elettorale; la semplificazione delle procedure di funzionamento attraverso l’eliminazione della qualità di collegi perfetti, con la consequenziale eliminazione della figura dei supplenti; l’aumento del numero dei componenti; la possibilità di deliberare a maggioranza dei presenti computando anche i membri di diritto; l’introduzione di una percentuale analoga a quella prevista per il Consiglio superiore della magistratura nel rapporto laici – togati (2/3 – 1/3), per tutte le tipologie di composizione dei consigli giudiziari pur numericamente diverse in relazione alla dimensione dei distretti.

È stata inoltre configurata un’apposita sezione del consiglio giudiziario preposta alla trattazione dei pareri e dei provvedimenti organizzativi concernenti i giudici di pace e gli uffici dei giudici di pace e composta, oltre che dai membri di diritto, da giudici di pace eletti nel distretto, magistrati e avvocati.

Per quanto riguarda l’elettorato passivo è stata confermata la ripartizione dei candidati con riferimento alle funzioni ricoperte, mentre è stata eliminata la previsione della figura del vice presidente, non compatibile con la possibilità di delega da parte del presidente della corte d’appello.

Sono stati individuati nuovi criteri di formulazione dei pareri: il sistema della progressione in carriera è stato orientato verso una griglia di passaggi idonei ad operare un vaglio di professionalità, nelle sue dimensioni del merito, dell’attitudine, dell’impegno soggettivo e della capacità organizzativa. È stata, tra l’altro, espressamente prevista l’acquisizione di motivate e dettagliate indicazioni oggettive del consiglio dell’ordine degli avvocati. Interventi sostanzialmente analoghi sono stati previsti per il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, dove peraltro l’elettorato passivo è stato riconosciuto in favore di tutti i magistrati in servizio presso la Corte medesima, compresi i magistrati di merito destinati all’Ufficio del ruolo e del massimario.

9. Si è poi intervenuti sulla legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura ricostituendo il numero dei componenti eletti in trenta unità, venti togati e dieci laici, secondo le proporzioni esistenti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 28 marzo 2002, n.44, e si è ridisciplinata la composizione della segreteria e dell’Ufficio studi del Consiglio superiore della magistratura, prevedendo che il Consiglio continui ad avvalersi dell’opera di magistrati per la segreteria e per l’Ufficio studi, mantenendo l’indispensabile supporto tecnico-professionale specifico, la cui necessità era affermata dalla sua stessa legge istitutiva, al fine di renderne più efficiente l’attività, anche in considerazione del rilevante aumento delle sue competenze in materia di valutazione di professionalità.

L’esigenza di procedere all’aumento del numero dei componenti è stata confermata dalla disfunzionalità delle modalità con le quali era stata determinata la composizione della sezione disciplinare, con particolare riguardo all’individuazione dei membri supplenti. Il meccanismo delle incompatibilità, infatti, si è rivelato insuperabile, giacchè il numero di supplenti previsti, con riferimento alle diverse categorie, ha dimostrato presto la sua inadeguatezza. Solo grazie all’intervento della Corte costituzionale è stato possibile nominare altri supplenti.

Con sentenza 22 luglio 2003, n.262, la Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, terzo comma, della legge 24 marzo 1958, n.195, nel testo modificato dall’articolo 2 della legge 28 marzo 2002 n.44, nella parte in cui non prevedeva l’elezione da parte del Consiglio superiore della magistratura di ulteriori membri supplenti della Sezione disciplinare «in modo da consentire la costituzione, per numero e categoria di appartenenza, di un collegio giudicante diverso da quello che abbia pronunciato una decisione successivamente annullata con rinvio dalle Sezioni unite della Cassazione».

La stessa Corte ha sottolineato che l’attribuzione del potere disciplinare a «una composizione più ristretta costitutiva della Sezione disciplinare (...) non dà vita ad un organo autonomo dal Consiglio stesso, nè a forme di frazionamento del potere, di cui il Consiglio è e resta unico titolare», e ha concluso che «sussiste un interesse costituzionalmente protetto a che il procedimento stesso, comunque configurato dal legislatore ordinario, si svolga in modo tale da non ostacolare l’indefettibilità e la continuità della funzione disciplinare attribuita dalla Costituzione direttamente al Consiglio superiore». Il Consiglio superiore della magistratura ha dovuto integrare il numero dei supplenti con una sua delibera, applicativa della sentenza della Corte appena citata.

10. L’intervento sul decreto legislativo 25 luglio 2006, n.240, sull’individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, nasce dall’esigenza di apportare una serie di modificazioni alle previsioni di attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n.150, in base alla quale erano prefigurate:

a) la creazione di strutture amministrative regionali o interregionali quali organi decentrati del Ministero;

b) la creazione dell’ufficio del direttore tecnico presso 4 dei 26 distretti;

c) la definizione delle specifiche attribuzioni del dirigente amministrativo ed il suo rapporto con il magistrato preposto all’ufficio giudiziario.

Si è ritenuto opportuno precisare, con maggiore attenzione, i compiti e le funzioni attribuiti, rispettivamente, al capo dell’ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo presso il medesimo ufficio.

La puntuale ricognizione dei compiti attribuiti ha, da un canto, lo scopo di chiarire gli ambiti di competenza spettanti a ciascuno di essi, al fine di evitare possibili sovrapposizioni o conflitti e, dall’altro, di garantire la direzione unitaria dell’ufficio giudiziario, nella persona del suo capo, anche rispetto all’attività di amministrazione dei servizi strumentali rispetto all’esercizio della giurisdizione.

Particolare importanza ha la fissazione del termine del 30 giugno di ciascun anno entro il quale i titolari degli uffici giudiziari dovranno elaborare, d’intesa con il dirigente preposto all’ufficio delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, il programma delle attività annuali.

La trasmissione del programma al Ministero della giustizia entro tale termine consentirà, infatti, al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari relativi agli stanziamenti necessari per ciascun ufficio giudiziario, nell’anno di riferimento della legge finanziaria in corso di approvazione, con un generale potere di intervento a cascata dei dirigenti degli uffici a competenza nazionale o del distretto nei casi in cui, rispettivamente, i secondi o i dirigenti degli uffici circondariali non provvedano ad adottare tempestivamente il programma annuale o le necessarie modifiche.

La nuova soluzione proposta individua nel coinvolgimento e nella motivazione di tutti gli operatori nell’individuazione degli obiettivi, nonché nella definizione del budget e delle soluzioni più adeguate al raggiungimento del risultato il modello organizzativo più adeguato tendente, tra l’altro, a rendere residuale la ricorrenza di conflitti, pur confermando la responsabilità del capo dell’ufficio. Solo di fronte alla perseveranza del conflitto si è previsto di affidare al presidente della corte d’appello o al procuratore generale presso la medesima corte un potere sostituivo residuale di intervento, sentiti il titolare dell’ufficio e il dirigente.

In presenza di sopravvenute esigenze, il programma annuale può essere modificato dal titolare dell’ufficio giudiziario, sentiti i magistrati titolari di funzioni semidirettive e il dirigente. Di tale programma e del sottostante modello organizzativo il capo dell’ufficio tiene conto anche ai fini della predisposizione del progetto tabellare.

Si è ritenuto opportuno procedere alla soppressione dell’ufficio del direttore tecnico che costituiva una duplicazione della struttura decentrata. Allo stesso modo si sono superate con la nuova formulazione le incertezze relative alla ripartizione di competenze tra amministrazione centrale e strutture decentrate, cercando di assicurare il miglior risultato dell’azione amministrativa.

11. Sono previsti, inoltre, vari interventi sulla disciplina del collocamento fuori ruolo e sul ricollocamento in ruolo dei magistrati; sull’ordinamento giudiziario per coordinare la nuova disciplina con quella vigente; sulla nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari e su altre disposizioni di legge con riformulazioni e abrogazioni, sempre al fine di attuare una armonizzazione del sistema nel suo complesso.

12. In particolare, per quanto riguarda la nomina alle funzioni direttive si è ritenuto necessario provvedere ad adeguare le scarne norme del regio decreto n.12 del 1941, rimaste ancorate a un modello professionale di magistrato segnato da una sostanziale indifferenza per le capacità organizzative, essendo negli anni maturata la consapevolezza circa la necessità di riservare una particolare e spiccata attenzione per il profilo organizzativo – funzionale degli uffici giudiziari, e quindi circa l’importanza strategica della figura dei dirigenti in un disegno complessivo di buon funzionamento del servizio giustizia.

Rispetto alle regole legislative sulla nomina dei dirigenti che si limitavano a prevedere i tradizionali, e poco significativi, parametri dell’attitudine, del merito e dell’anzianità, si è predisposto un quadro normativo nel quale, pur conservando un valore al criterio dell’anzianità, si sono notevolmente accentuati quegli aspetti capaci di legare la scelta al possesso di specifici elementi di professionalità nella gestione e nell’organizzazione.

Si è, infatti, prevista la frequenza di specifici corsi di formazione presso la Scuola superiore della magistratura in vista dell’assunzione di incarichi direttivi, di cui è stata conservata la natura temporanea, di modo che il titolare non solo venga valutato al termine di ciascun periodo ma che, alla scadenza dello stesso, non vi sia una conferma dell’incarico bensì si passi sempre attraverso una nuova selezione al fine di procedere ad una valutazione di tutti i candidati per assegnare l’incarico solo al migliore di essi.

Le procedure di selezione dei dirigenti sono state dunque disegnate nella consapevolezza che il «mestiere di dirigente» non può essere improvvisato e non deve essere appreso solo «sul campo», come per molti anni è avvenuto, ma attraverso momenti di un impegno organizzativo, e che tale mestiere, pur partecipando della natura giudiziaria delle funzioni, ha peculiarità che richiedono una preparazione di tipo attitudinale.

È stata così restituita al Consiglio superiore della magistratura la pienezza della valutazione sulle attitudini direttive, eliminando il pletorico sistema di concorsi e di commissioni esaminatrici e prevedendo che le valutazioni possano dispiegarsi soprattutto nella verifica delle pregresse esperienze organizzative, che si possono sostanziare sia nel precedente svolgimento di funzioni direttive o semidirettive sia nello stesso impegno di organizzazione del proprio ufficio, che caratterizza il ruolo di ciascun magistrato.

Sono stati poi predisposti strumenti di controllo da parte del Consiglio superiore della magistratura sullo svolgimento delle funzioni direttive, prevedendo specificamente che il Consiglio superiore della magistratura possa, se del caso, rimuovere dall’incarico il magistrato che abbia dato prova di inadeguatezze dirigenziali, superando scelte selettive del dirigente rivelatesi errate, anche prima della scadenza del termine a seguito di specifici controlli sulla gestione.

13. Altro punto oggetto di intervento è stato quello relativo alla temporaneità delle funzioni. La temporaneità nelle funzioni è un problema storico e scottante che ha visto prime controverse applicazioni fino ai primi anni Novanta. Alla fine di quegli anni il legislatore ha modificato l’articolo 7-bis, comma 2-ter, del regio decreto n.12 del 1941, recante l’ordinamento giudiziario, ed è intervenuto in termini di temporaneità con malcelati intenti punitivi nei confronti dei giudici per le indagini preliminari (GIP) prevedendo una permanenza massima di sei anni. La norma, poi ampliata a dieci anni dallo stesso legislatore, nulla ha apportato alla professionalità dei GIP rivelandosi un mero fattore di rigidità. D’altro canto, il Consiglio superiore della magistratura, a partire dalla circolare per la formazione delle tabelle del 1991, aveva introdotto un termine decennale di permanenza nella stessa posizione tabellare per motivi del tutto condivisibili: evitare perdite di motivazione, assuefazioni, possibili incrostazioni di potere. La norma ha cominciato a trovare effettiva applicazione dagli anni 1996-1997 per alcune tipologie di sezioni (distaccate, fallimentari, societarie) e, per effetto imitativo e di parità di trattamento, la temporaneità è stata poi applicata in modo sempre più massiccio. Tuttavia questa scelta che doveva costituire la spinta verso la creazione di percorsi professionali che valorizzassero specializzazioni e capacità per diffonderle in altri settori ed uffici e che incoraggiassero un ricambio graduale e ragionato è stata vista troppo spesso come una mannaia che provoca perdita di saperi e di competenze, più da eludere che da rispettare. È stato, pertanto, necessario trovare un contemperamento tra l’esigenza di specializzazione come accentuazione della professionalità e la necessità di evitare il formarsi di incrostazioni che possano appannare l’apparenza di terzietà ed indipendenza della funzione giudiziaria.

Il principio della temporaneità è stato inserito all’interno di percorsi professionali in modo da renderlo congruo ed eventualmente differenziato a seconda delle specializzazioni per far sì che sia praticabile prevedendo la possibilità per il Consiglio superiore della magistratura di individuare la durata più adeguata in relazione a ciascuna funzione nel quadro di una previsione normativa che ha individuato un minimo (otto anni) e un massimo (quindici anni). Si sono così favoriti i percorsi professionali multivalenti in modo da poter passare da un settore all’altro.

14. La riforma, inoltre, ha inteso dare piena attuazione al principio costituzionale secondo cui la magistratura è unica sia nel concorso di ammissione, sia nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, e si distingue solo per le funzioni esercitate. È stato così abolito il sistema delle qualifiche in cui si articolava la carriera del magistrato, che non ha più corrispondenza nella realtà, e nel contempo è stato realizzato un sistema che sganci la progressione economica da quella delle funzioni (prefigurando una progressione economica condizionata esclusivamente dal superamento delle valutazioni di professionalità), soluzione che consente anche di stimolare la permanenza di magistrati esperti e specializzati nelle funzioni di primo grado. A tal fine si è agito sui tempi di verifica della professionalità, sui parametri attraverso i quali misurare il contenuto della professionalità, sulle fonti e sulle modalità di conoscenza per stabilire da dove e come attingere le informazioni utili da far confluire nella procedura di valutazione.

È stata prevista una costante formazione professionale, nei suoi diversi momenti, iniziale e permanente, e comunque obbligatoria in occasione della riconversione ad altra funzione, realizzata attraverso la «scuola della magistratura» per rendere la giurisdizione caratterizzata in ogni sua aspetto da quella dignità che la Costituzione le assegna. In attuazione delle citate sentenze della Corte costituzionale 10 maggio 1982, n.86 e n.87, è stato previsto che le funzioni di legittimità, per essere distinte nella Costituzione da quelle di merito, siano conferite non in base al criterio di anzianità, bensì mediante l’accertata sussistenza, oltre che degli altri criteri di professionalità, di specifiche attitudini ad esercitarle. Sono stati previsti interventi in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato con ripercussioni sulla progressione economica e, nelle ipotesi più gravi, sulla prosecuzione stessa del rapporto di impiego.

In questo contesto la differenziazione «interna» delle funzioni in giudicanti e requirenti, in funzioni di primo grado, di secondo grado e di legittimità, nonchè in semidirettive, direttive, direttive superiori e direttive apicali, perde ogni connotazione gerarchica e assume un carattere meramente descrittivo e funzionale, utile a definire i requisiti di accesso ai diversi posti e funzioni.

Per quanto riguarda l’attribuzione delle funzioni e il passaggio da quelle giudicanti a quelle requirenti e viceversa, è previsto che di norma, al termine del tirocinio e anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità, i magistrati di tribunale non possano essere destinati a svolgere le funzioni requirenti e quelle di giudice presso la sezione dei giudici per le indagini preliminari, essendo fondamentale una preventiva esperienza professionale prima dello svolgimento di tali funzioni. Eccezioni a tale principio sono possibili solo in base a delibera motivata del Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudiziario che deve specificatamente motivare l’attitudine per l’una o per l’altra funzione o per entrambe.

La normativa che più direttamente concerne il passaggio, a domanda dell’interessato, da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, nella prima parte prevede che:

a) il passaggio può essere richiesto dopo almeno cinque anni di servizio in ciascuna funzione;

b) il passaggio può essere disposto, a seguito di frequenza di un corso di qualificazione professionale organizzato dal Consiglio superiore della magistratura, subordinatamente a un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore su parere del consiglio giudiziario; per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire il parere del presidente della corte d’appello o, rispettivamente, del procuratore generale della Repubblica presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti; il presidente della corte d’appello o il procuratore generale possono acquisire anche le valutazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità; per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni periodiche. È prevista la richiesta facoltativa di osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati da parte dei vertici del distretto ai fini della formulazione del loro parere.

Tali limitazioni non operano per il conferimento delle funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado e per tutte quelle direttive di secondo grado che comportino il mutamento di funzioni da giudicante a requirente e viceversa in un diverso circondario dello stesso distretto di corte d’appello, e per il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa, comprese quelle direttive, presso la Corte di Cassazione.

15. Il disegno di legge prevede una più completa e articolata procedimentalizzazione triennale della formulazione e dell’approvazione dei progetti organizzativi degli uffici di procura, compreso quello presso la Corte di cassazione, con la previsione dei pareri dei consigli giudiziari e del Comitato direttivo della Corte di Cassazione, nonché della delibera finale del Consiglio superiore della magistratura e del decreto del Ministro della giustizia, su delibera conforme del Consiglio superiore, restituendo all’ufficio di procura un modello di ufficio organizzato in modo razionale.

16. Infine il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario con l’emanazione di un unico codice, nonché, entro un anno dalla data di entrata in vigore del citato codice, di un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario.

Il Governo è delegato altresì ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, anche uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, adeguandole alle disposizioni contenute nella presente legge, tenendo conto della specificità e delle esigenze organizzative della giustizia militare, e rimodulando la distribuzione sul territorio dei relativi uffici, tenendo conto della diminuita domanda di giustizia militare per effetto dell’avvenuta sospensione della leva e della contestuale professionalizzazione della struttura militare, nel rispetto dell’attuale quadro costituzionale dettato dall’articolo 103 della Costituzione.

17. Passando ora ad esaminare le singole disposizioni, si fa presente che il disegno di legge si compone di 9 articoli e di tre tabelle allegate.

L’articolo 1 apporta modifiche agli articoli da 1 a 9 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante la disciplina dell’accesso in magistratura. Nel comma 1 è stabilito che la parola «uditorato», termine fino ad oggi utilizzato per identificare il periodo posto tra il superamento del concorso di accesso e la presa di funzioni, sia sostituita con la parola «tirocinio».

Il comma 2, che sostituisce l’articolo 1 del decreto legislativo n.160 del 2006, prevede che la nomina a magistrato ordinario si consegua mediante un concorso per esami. Il concorso sarà bandito con cadenza almeno annuale, in relazione ai posti vacanti e a quelli che si renderanno vacanti nel quadriennio successivo. Il concorso per esami è stato configurato sostanzialmente come concorso di secondo grado e vi sono ammessi (comma 3 dell’articolo in esame) candidati, che non siano incorsi in sanzioni disciplinari, appartenenti alle seguenti categorie:

1) procuratori dello Stato;

2) dipendenti dello Stato, muniti della laurea in giurisprudenza, con qualifica dirigenziale o appartenenti ad una delle posizioni dell’area C prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro – comparto Ministeri, con almeno cinque anni di anzianità anche complessiva nella qualifica posseduta;

3) personale di ruolo delle università docente nelle cattedre di materie giuridiche in possesso di laurea in giurisprudenza;

4) dipendenti della pubblica amministrazione, degli enti pubblici a carattere nazionale e degli enti locali, muniti della laurea in giurisprudenza con qualifica dirigenziale (o appartenenti all’ex area direttiva) che abbiano costituito il rapporto di lavoro a seguito di concorso nel quale era richiesto il possesso del titolo di laurea e che abbiano maturato nelle predette carriere almeno cinque anni di anzianità;

5) avvocati iscritti all’albo che hanno esercitato la professione per almeno tre anni;

6) giudici di pace, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari che abbiano completato almeno il primo incarico e siano stati confermati dal Consiglio superiore della magistratura a seguito di valutazione positiva della attività svolta;

7) laureati che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni ed hanno conseguito il diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali previste dall’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398;

8) per consentire l’accesso in magistratura ai laureati più meritevoli, è previsto che possano partecipare al concorso per esami coloro che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza a seguito di corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero la laurea magistrale, con il nuovo ordinamento universitario, con un corso di durata quinquennale riportando una votazione media complessiva degli esami sostenuti pari ad almeno 28/30, ed un punteggio di laurea finale pari ad almeno 107/110.

18. Il concorso per esami (articolo 1 comma 2 del nuovo articolo 1 del decreto legislativo n.160 del 2006,) si articola su prove scritte, effettuate con le procedure previste per garantire l’anonimato dei concorrenti (articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n.1860) ed orali. La prova scritta consiste nello svolgimento di tre elaborati teorici vertenti su diritto civile, penale ed amministrativo ed uno pratico, quest’ultimo su una materia scelta dalla commissione, attraverso l’estrazione a sorte operata la mattina della prova, consistente nella redazione di un provvedimento in materia di diritto e procedura civile ovvero di diritto e procedura penale. Sono poi indicate (comma 4) le materie su cui verte la prova orale e i criteri per individuare il superamento della prova (comma 5). Il candidato dovrà indicare nella domanda una lingua straniera sulla quale verterà un esame orale.

Nulla è innovato quanto agli specifici requisiti richiesti per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano; per partecipare ai concorsi per l’accesso in magistratura nella provincia di Bolzano i candidati dovranno indicare una lingua straniera diversa rispetto a quella obbligatoria per il conseguimento dell’impiego (comma 7).

Quali ulteriori requisiti per l’accesso è richiesto che il candidato sia di condotta incensurabile e (riproducendo una disposizione già presente nell’attuale normativa) che non sia stato dichiarato non idoneo per tre volte in precedenti concorsi per l’accesso in magistratura.

Il comma 4 dell’articolo 1 del disegno di legge, oltre ad apportare modifiche al fine di coordinare il vigente testo dell’articolo 3 del decreto legislativo n.160 del 2006 (disposizioni contenute anche nel comma 5), prevede che il concorso per l’accesso in magistratura si svolga con cadenza almeno annuale nelle sedi stabilite nel decreto che indice il concorso, ferma restando la disposizione che ove la prova abbia luogo contemporaneamente in più sedi la commissione esaminatrice espleterà presso una di esse, individuata con decreto ministeriale, le operazioni di scelta e di sorteggio delle prove. Nelle altre sedi le funzioni della commissione, per il regolare espletamento della prova, saranno attribuite a un comitato di vigilanza.

19. È stato ridisciplinato (comma 6 dell’articolo 1 del disegno di legge, che apporta modifiche all’articolo 5 del decreto legislativo n.160 del 2006) il funzionamento della commissione esaminatrice in un’ottica di maggiore funzionalità. La commissione del concorso per esami è composta da un presidente e da venti magistrati e otto professori universitari. Per garantire la rapida conclusione delle prove, è previsto l’esonero dalle funzioni giudiziarie per il tempo necessario all’espletamento delle stesse. Finalità acceleratorie ha la previsione della formazione di due sottocommissioni (suddivise in quattro collegi), nell’ipotesi in cui siano più di trecento i candidati che abbiano portato a termine le prove scritte (articolo 1, comma 6). Al fine di garantire omogeneità nei criteri di valutazione delle prove, è previsto che la commissione definisca i criteri per la valutazione degli elaborati scritti prima della loro correzione. Per le modalità di svolgimento delle prove scritte ed orali sono richiamate le norme del citato regio decreto 15 ottobre 1925, n.1860.

I commi 7, 8 e 9 dell’articolo 1 del disegno di legge contengono disposizioni di coordinamento del testo di legge emendato con la nuova disciplina. L’ultima parte del comma 9, alla lettera c), prevede che con il conseguimento della prima valutazione di professionalità, decorsi quattro anni dalla data della nomina con giudizio positivo sull’attività svolta, si venga abilitati all’esercizio della professione di avvocato, mentre con il conseguimento della quarta valutazione di professionalità si consegua l’abilitazione al patrocinio innanzi alle magistrature superiori.

20. L’articolo 2 del disegno di legge sostituisce gli articoli 10, 11, 12, 13, 35, 45, 46, 51 e 52, modifica gli articoli 19 e 36, e introduce l’articolo 34-bis del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati. Il comma 1 sostituisce l’articolo 10 del decreto legislativo citato, disponendo che la magistratura sia unica nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo di anzianità, e prevedendo distinzioni solo quanto alle funzioni esercitate. Le funzioni si distinguono in giudicanti e requirenti di primo, di secondo grado e di legittimità, nonché in semidirettive, semidirettive elevate, direttive, direttive elevate, direttive superiori e direttive apicali. Sono quindi elencate, nella nuova formulazione dell’articolo 10, nei commi da 3 a 14, tutte le funzioni.

Il comma 2 dell’articolo 2 del disegno di legge – sostituendo l’articolo 11 del decreto legislativo n.160 del 2006 – detta i criteri e le modalità per le periodiche valutazioni di professionalità. Sono stati previsti momenti di verifica della professionalità ad intervalli di quattro anni per tutta la vita professionale del magistrato, al fine di mantenere standard medi di professionalità e nel contempo di favorire l’acquisizione di dati e informazioni che consentiranno un più adeguato giudizio in occasione delle valutazioni periodiche e di quelle connesse al conferimento di incarichi o di funzioni semidirettive o direttive. Sono stati identificati specifici parametri per verificare l’adeguatezza della professionalità delle diverse funzioni di magistrati (la competenza tecnico-giuridica, l’efficienza e la produttività, l’adeguatezza e la tempestività della risposta, il rapporto tra i mezzi utilizzati e i risultati raggiunti, la capacità di utilizzare il lavoro di gruppo, la capacità di autorganizzazione e di utilizzazione delle risorse materiali ed umane, la capacità di rapportarsi alla complessità delle relazioni interpersonali che la funzione svolta richiede). Sono stati, dunque, definiti parametri di valutazione idonei a fornire un quadro reale delle attitudini, delle capacità e dell’impegno del magistrato (con indicatori affidabili sulla qualità e sulla quantità del lavoro giudiziario), con conseguenti vagli professionali più approfonditi e rigorosi nel passaggio da una funzione a un’altra (e non solo tra giudicante e requirente e viceversa). All’organo di autogoverno della magistratura è stato attribuito un rilevante ruolo quanto alla individuazione degli standard di rendimento, nonché alla specificazione degli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte del consiglio giudiziario, organo che formula, acquisita la documentazione, parere motivato da trasmettere al Consiglio superiore della magistratura che procede alla valutazione di professionalità. Per assicurare omogeneità nelle valutazioni è stabilito (articolo 2, comma 2, capoverso Art. 11, comma 19,) che il Consiglio superiore della magistratura, entro tre mesi dalla entrata di entrata in vigore della disposizione, disciplini con propria delibera: i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali di udienza; i dati statistici da raccogliere; le modalità di redazione dei pareri dei consigli giudiziari; i criteri di valutazione, in relazione ai parametri indicati nella norma, con specifica indicazione degli elementi da considerare; l’individuazione degli standard medi di definizione dei procedimenti, secondo parametri sia qualitativi sia quantitativi.

Anche l’analisi delle capacità organizzative e dell’attitudine agli incarichi direttivi è divenuto elemento costante della valutazione periodica, da riprendere e da approfondire in occasione della valutazione specifica richiesta per il conferimento di un incarico direttivo, nella prospettiva ormai acquisita della temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive (quattro anni rinnovabili, come previsto dall’articolo 2 comma 1, capoverso Art. 10, commi 9 e 10). In tal senso sono stati ridotti fortemente il peso e il valore specifico da attribuire all’anzianità, che sono stati trasformati da criteri di valutazione, unicamente a criteri di legittimazione per concorrere a posti direttivi e semidirettivi (limite massimo di 72 anni di età, con l’eccezione degli incarichi direttivi superiori ed apicali come quelli di Presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, di Presidente aggiunto della Corte di cassazione, di Procuratore generale aggiunto, di Primo presidente della Corte di cassazione e di Procuratore generale presso la medesima Corte, per i quali non è previsto il limite massimo di età – articolo 2, commi 6, 7 e 8).

Sono state ampliate anche le fonti e le modalità di conoscenza, perché uno dei difetti del sistema di progressione in carriera antecedente alla riforma del 2005 stava nel fatto che le prassi applicative avevano visto la prevalenza di documenti valutativi che si alimentavano reciprocamente. Sono stati valorizzati le fonti e gli strumenti diretti all’acquisizione di elementi fattuali di conoscenza (articolo 2, comma 2 del disegno di legge che sostituisce l’articolo 11 del decreto legislativo n.160 del 2006), anche attraverso l’autorelazione del magistrato; l’esame di provvedimenti, verbali di udienze, incarichi svolti, segnalazioni e rapporti dei capi degli uffici, statistiche comparate, rinnovate e precisate; l’acquisizione di provvedimenti a campione; la documentazione delle esperienze organizzative svolte; l’acquisizione di notizie su fatti rilevanti penalmente e disciplinarmente e di contributi conoscitivi (elementi e non valutazioni) provenienti da organi istituzionali, quali il consiglio dell’ordine degli avvocati. Si è riservato ai consigli giudiziari e al Consiglio superiore della magistratura il compito di esprimere valutazioni sui dati oggettivi, concreti e attendibili acquisiti. È stata attribuita attenzione alla verifica di produttività, in relazione a sistemi di rilevamento che facciano riferimento al carico di lavoro degli uffici, alla loro dimensione qualitativa, alla loro produttività complessiva e alla produttività dei singoli magistrati addetti.

Gli interventi previsti in caso di riscontrata inadeguatezza professionale del magistrato valutato sono di diversa entità (articolo 2, comma 2 che sostituisce l’articolo 11 del decreto legislativo n.160 del 2006), con ripercussioni anche sulla progressione economica nelle ipotesi più gravi, attuati con due distinte procedure di accertamento. La prima, che possiamo definire fisiologica, già illustrata, connessa ai tempi delle ordinarie verifiche quadriennali con conseguenze di diversa entità (previsione di corsi di aggiornamento e formazione, mutamento delle funzioni esercitate, divieto di conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi, impossibilità di svolgere incarichi extragiudiziari, ripercussioni sulla progressione economica diversamente modulati qualora il giudizio sia non positivo o negativo), fino a giungere alla dispensa dal servizio nel caso di secondo giudizio negativo. Sono dettate specifiche regole per la valutazione di professionalità dei magistrati fuori ruolo per i quali il giudizio è comunque espresso dall’organo di autogoverno previa acquisizione di parere (espresso dal Ministero della giustizia se il magistrato presta servizio presso tale struttura o dal consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma negli altri casi) da formulare sulla base della relazione dell’autorità presso la quale viene prestato il servizio nonché della documentazione prodotta dall’interessato.

È stata prevista, altresì, una procedura, da attivare ogni biennio, di controllo di gestione sull’attività dei dirigenti, che può portare sino alla revoca dell’incarico per coloro che si rivelino inadeguati. Non solo, ma la durata dell’incarico direttivo è stata, come detto, limitata a un quadriennio, prevedendo la possibilità del rinnovo dell’incarico per una sola volta nella stessa sede, subordinandola comunque ad una nuova procedura concorsuale, sicché l’attribuzione dell’incarico del nuovo quadriennio non sarà solo conseguenza della valutazione positiva dell’attività svolta, ma anche della valutazione comparativa della capacità di altri aspiranti (articolo 2, commi 9 e 10).

Il comma 3 dell’articolo 2 del disegno di legge, che sostituisce l’articolo 12 del decreto legislativo n.160 del 2006, stabilisce quali sono i requisiti ed i criteri per il conferimento delle funzioni, prevedendo che il conferimento delle funzioni avvenga a domanda degli interessati, attraverso una procedura concorsuale per titoli alla quale sono ammessi a partecipare i magistrati che abbiano conseguito la valutazione di professionalità richiesta (o d’ufficio solo in caso di esito negativo della procedura concorsuale e in presenza di ragioni di urgenza). Quindi, solo a titolo esemplificativo, rimandando per la disciplina dettagliata all’articolo in esame, mentre per il conferimento della funzione di giudice presso il tribunale ordinario è richiesta la sola delibera di conferimento delle funzioni giurisdizionali al termine del periodo di tirocinio, per il conferimento della funzione di consigliere presso la corte d’appello è richiesta almeno la seconda valutazione di professionalità, mentre per il conferimento della funzione di presidente del tribunale ordinario è richiesto, oltre alla specifica valutazione della capacità di organizzazione e direzione, il conseguimento almeno della terza valutazione di professionalità, fino a giungere alla settima valutazione di professionalità richiesta per il conseguimento delle funzioni di Primo presidente della Corte di cassazione e di Procuratore generale presso la medesima Corte. Quanto alle funzioni di legittimità, è previsto che le stesse siano conferite non solo in base al criterio di anzianità, ma anche previo accertamento di specifiche attitudini. In tal senso è stata prevista (articolo 2, comma 3, capoverso Art. 12, comma 12,) l’istituzione di una commissione nominata dal Consiglio superiore della magistratura che avrà il compito di accertare le attitudini dei candidati e di riferire all’organo di autogoverno l’esito delle proprie verifiche. La commissione, costituita da cinque componenti nominati dal Consiglio superiore della Magistratura, di cui tre scelti fra magistrati che abbiano conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità, e due scelti tra professori universitari di ruolo, avrà, in particolare, il compito di fornire una prima valutazione sulle specifiche attitudini del magistrato ad esercitare le funzioni di legittimità e non si occuperà del parametro del merito, la cui verifica è affidata in via esclusiva alla commissione consiliare referente e al Consiglio superiore della magistratura ai quali spetterà, comunque, di esprimere la definitiva valutazione sul conferimento delle funzioni, tenendo conto di tutti gli aspetti, anche in relazione alla specifica attitudine del magistrato ad esercitare le funzioni di legittimità, nel rispetto della norma della Costituzione. È stato, tuttavia, previsto che il Consiglio superiore, se intenda discostarsi dal parere espresso dalla commissione per la valutazione dell’attitudine allo svolgimento di funzioni di legittimità, sia libero di farlo, salvo motivare sul punto. Ovviamente tale motivazione si atteggia come aggiuntiva all’ordinaria motivazione richiesta per il provvedimento di conferimento delle funzioni.

Il comma 4 dell’articolo 2, che sostituisce l’articolo 13 del decreto legislativo n.160 del 2006, dispone che i magistrati, al termine del tirocinio, non siano destinati a svolgere funzioni requirenti e quelle di giudice per le indagini preliminari, e ciò in considerazione della particolare delicatezza di tali funzioni per l’esercizio delle quali è necessario avere svolto in concreto la funzione giurisdizionale. È tuttavia previsto che il Consiglio superiore della magistratura possa, anche per far fronte a situazioni particolari, derogare a tale regola previo parere del consiglio giudiziario. In tale caso dovrà essere specificamente motivata l’attitudine del giovane magistrato per l’uno o l’altra funzione o per entrambe. Quanto al passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, mentre è stata conservata la possibilità di transitare dall’una all’altra funzione, si è introdotto, come detto, un limite geografico costituito dal distretto di corte d’appello, nel senso che il cambiamento di funzioni è possibile soltanto trasferendosi da un distretto a un altro, con l’ulteriore limite del divieto di trasferimento nel capoluogo di distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale, in relazione al distretto in cui il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Inoltre, il cambio di funzioni è stato subordinato ad altre condizioni tra le quali: una non formale verifica delle attitudini, anche a seguito di frequenza di un apposito corso di qualificazione professionale e subordinatamente a un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura su parere del consiglio giudiziario, formulato previa acquisizione, oltre che degli elementi forniti dal capo dell’ufficio, anche, se del caso, delle osservazioni del presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati. Nel caso di conferimento di uffici direttivi è possibile il mutamento dalla funzione giudicante a quella requirente, e viceversa, con il limite geografico del cambiamento del circondario, mentre tali limitazioni non si applicano, anche in considerazione della peculiare natura delle funzioni svolte, agli uffici di legittimità.

È stata prevista la temporaneità di tutte le funzioni, compresa in una forbice che va da otto a quindici anni (articolo 2, comma 5), con attribuzione al Consiglio superiore della magistratura del compito di definire limiti specifici in relazione alle diverse esigenze delle singole attività.

I commi 6 e 7 dell’articolo 2 che inseriscono, rispettivamente, l’articolo 34-bis e sostituiscono l’articolo 35 del decreto legislativo n.160 del 2006 prevedono, come detto, limiti di età per il conferimento delle funzioni semidirettive, direttive, direttive superiori e direttive apicali, fissate in 72 anni per il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive, senza limiti di età per le sole funzioni direttive superiori e apicali.

Il comma 8, modificando l’articolo 36 del citato decreto legislativo n.160 del 2006, prevede che per i magistrati che siano stati riammessi in servizio a seguito di conclusione del procedimento penale con pronuncia di sentenza definitiva di proscioglimento, la possibilità di recuperare il tempo della sospensione non possa spingersi oltre il limite massimo di 75 anni di età previsto per il definitivo collocamento in quiescenza, essendo già prevista la restituzione dell’integrale salario in relazione al periodo trascorso in posizione di sospensione dal servizio in caso di assoluzione.

I commi 9 e 10 dell’articolo 2 del disegno di legge, che sostituiscono gli articoli 45 e 46 del decreto legislativo n.160 del 2006, concernono, come già detto, la disciplina della temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive prevista per il periodo di quattro anni; alla scadenza del termine in caso di funzioni direttive, le stesse possono essere conferite nuovamente allo stesso titolare previo concorso, con preferenza per lo stesso, in caso di parità di valutazione rispetto ad un altro concorrente; le funzioni semidirettive possono essere confermate in capo allo stesso magistrato previa valutazione positiva dell’attività svolta da parte del Consiglio superiore della magistratura. In caso contrario, nell’ipotesi di funzioni direttive, il magistrato rimane provvisoriamente assegnato allo stesso ufficio, con funzioni nè direttive nè semidirettive; nell’ipotesi di funzioni semidirettive torna a svolgere le funzioni precedentemente svolte, ferma restando la possibilità di partecipare ad altri concorsi.

Il comma 11 sostituisce la tabella relativa alla magistratura ordinaria allegata alla legge 19 febbraio 1981, n.27, con la tabella A allegata al presente disegno di legge.

Il comma 12 dell’articolo 2, che sostituisce l’articolo 51 del decreto legislativo n.160 del 2006, disciplina il trattamento economico. Viene precisato che il trattamento economico previsto dopo tredici anni di servizio dalla nomina verrà corrisposto solo se la terza valutazione di professionalità sia stata positiva e sia stato maturato il periodo di servizio previsto, e che nelle ipotesi di valutazione non positiva o negativa detto trattamento competerà solo dopo la nuova valutazione positiva con decorrenza da tale parere.

Il comma 13 dell’articolo 2 sostituisce l’articolo 52 del decreto legislativo n.160 del 2006, disponendo che lo stesso decreto si applica anche alla magistratura militare in quanto compatibile, con la sola ed espressa esclusione delle disposizioni contenute nel capo I, relative alle modalità di accesso, specifiche per i magistrati militari.

21. L’articolo 3 del testo in esame apporta modificazioni al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, istitutivo della Scuola superiore della magistratura.

Il comma 1 (modificando l’articolo 1 del citato decreto legislativo) dispone che vengano individuate tre sedi della Scuola, di cui una in cui si riunisce il comitato direttivo preposto all’attività di direzione e di coordinamento.

Il comma 2, modificando l’articolo 2 del decreto legislativo n.26 del 2006, elenca le finalità della Scuola che sarà preposta, tra l’altro; alla formazione e all’aggiornamento professionale dei magistrati ordinari di prima nomina dopo il conferimento delle funzioni; all’organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati ed eventualmente degli altri operatori della giustizia; alla formazione iniziale e permanente della magistratura onoraria; alla formazione dei magistrati dirigenti degli uffici giudiziari; alla formazione dei magistrati incaricati della formazione; al coordinamento delle attività di formazione decentrata; alla collaborazione per le attività connesse con lo svolgimento del tirocinio su richiesta del Consiglio superiore della magistratura; alla formazione, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura o del Ministro della giustizia, di magistrati stranieri o alla collaborazione con altri Paesi nell’organizzazione del servizio giustizia. L’organizzazione della Scuola verrà disciplinata dallo statuto.

Gli organi della Scuola sono, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del disegno di legge, che sostituisce l’articolo 4 del decreto legislativo n.26 del 2006: il comitato direttivo, il presidente e il segretario generale. Nella previsione della composizione interna della struttura si sono tenuti presenti i limiti derivanti dalle competenze del Consiglio superiore della magistratura, fissate nell’articolo 105 della Costituzione. Per questo motivo il comitato direttivo è composto da dodici membri, di cui sette scelti tra magistrati, tre tra docenti universitari e due tra avvocati (comma 6 del disegno di legge che apporta modificazioni all’articolo 6 del decreto legislativo n.26 del 2006), le cui nomine sono effettuate dal Consiglio superiore della magistratura in ragione di cinque magistrati e un professore universitario e dal Ministro della giustizia in ragione di due magistrati, due professori universitari e due avvocati, d’intesa tra loro. Il comitato direttivo è chiamato ad occuparsi (articolo 3, comma 5 del disegno di legge, che sostituisce l’articolo 5 del decreto legislativo n.26 del 2006), oltre che delle attività di gestione della Scuola: della programmazione e della gestione dell’attività didattica; delle nomine dei docenti; dell’ammissione ai corsi dei magistrati che ne abbiano fatto richiesta.

I commi da 7 a 9 del disegno di legge disciplinano le modalità di funzionamento del comitato e le funzioni dei componenti che svolgono anche compiti di responsabili di settore.

Il segretario generale della Scuola, nominato dal comitato direttivo scegliendo tra quattro candidati, indicati due dal Consiglio superiore della magistratura e due dal Ministro della giustizia, tra i magistrati ordinari che abbiano conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità (articolo 3, comma 10, che inserisce l’articolo 10-bis nel decreto legislativo n.26 del 2006), è responsabile della gestione amministrativa, provvede all’esecuzione delle delibere del comitato direttivo, adotta i provvedimenti d’urgenza, con riserva di ratifica se rientrino nella competenza di altro organo, predispone la relazione annuale sull’attività della Scuola. Il segretario generale dura in carica cinque anni, durante i quali è collocato fuori ruolo organico della magistratura, e l’incarico può essere rinnovato per una sola volta per un periodo massimo di due anni.

I commi dall’11 al 15 dell’articolo 3 modificano le disposizioni in tema di tirocinio dei magistrati ordinari. In particolare è previsto che il tirocinio dei magistrati nominati a seguito del concorso per esami abbia durata di diciotto mesi e si articoli in sessioni una delle quali, della durata di sei mesi, anche non consecutivi, da effettuare presso la Scuola e una di dodici mesi da effettuare presso gli uffici giudiziari. È demandata al Consiglio superiore della magistratura la definizione delle modalità del tirocinio in quanto lo stesso determina il consolidamento del rapporto di impiego la cui valutazione è riservata al solo organo di autogoverno della magistratura. Al termine delle sessioni presso la Scuola, durante le quali i magistrati in tirocinio frequentano corsi teorico-pratici di approfondimento, sono trasmesse (articolo 3, comma 13, che sostituisce l’articolo 20 del citato decreto legislativo n.26 del 2006), al Consiglio superiore della magistratura, le schede concernenti il programma di attività cui ha partecipato ogni magistrato nonchè le indicazioni circa la puntualità nella frequenza, gli eventuali elaborati prodotti e i comportamenti rilevanti sotto il profilo deontologico. Il comma 14 dell’articolo 3, modificando l’articolo 21 del decreto legislativo n.26 del 2006, detta disposizioni per coordinare le disposizioni vigenti alle nuove previsioni. Il Consiglio superiore della magistratura (articolo 3, comma 15, che apporta modifiche all’articolo 22 del decreto legislativo n.26 del 2006) opera il giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni, tenendo conto delle schede di valutazione trasmesse dal comitato direttivo della Scuola, del parere del consiglio giudiziario, e di ogni altro elemento utile; giudizio che, se positivo, contiene uno specifico riferimento all’attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni giudicanti o requirenti.

Il comma 16 dell’articolo 3, sostituendo l’articolo 23 del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, dispone che il comitato direttivo approvi annualmente il piano dei corsi da svolgere ai fini della formazione e dell’aggiornamento professionale, nonché del passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa, e per lo svolgimento di funzioni direttive.

Il comma 17 dell’articolo 3, che modifica l’articolo 24 del citato decreto legislativo, prevede che lo statuto determini il numero massimo degli incarichi conferibili ai docenti, stabilendo inoltre che il comitato direttivo usufruisca delle strutture per la formazione decentrata esistenti presso i vari distretti di corte d’appello, ciò al fine di valorizzare le esperienze virtuose sviluppatesi all’interno della magistratura, senza rinunciare al confronto pluralista tra le diverse realtà giudiziarie anche attraverso l’apporto del mondo accademico e di quello forense, in base ad una costruzione dialogica delle conoscenze.

È previsto (articolo 3, comma 18, che sostituisce l’articolo 25 del citato decreto legislativo) che tutti i magistrati in servizio abbiano l’obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni ad un corso di formazione e di aggiornamento professionale.

22. L’articolo 4 del presente disegno di legge apporta modifiche al decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, concernente l’istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e la composizione dei consigli giudiziari.

Il comma 1, che sostituisce l’articolo 1 del citato decreto legislativo, prevede che venga istituito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione; modifiche sono invece previste quanto alla composizione dell’organo che avrà come suoi membri il primo Presidente, il Procuratore generale presso la stessa Corte, otto magistrati, eletti da tutti e tra tutti i magistrati in servizio presso la Corte di cassazione e presso la Procura generale, compresi i magistrati di tribunale destinati all’Ufficio del massimario e del ruolo, due professori universitari ordinari in materie giuridiche, nominati dal Consiglio universitario nazionale, e due avvocati con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, nominati dal Consiglio nazionale forense. È stata eliminata la figura dei supplenti (articolo 4, comma 2), nonché del vice presidente (articolo 4, comma 3). Sono state disciplinate (articolo 4, comma 4) le modalità di presentazione delle liste e quelle per le elezioni dei componenti togati. Sono state altresì disciplinate le modalità dell’assegnazione dei seggi con l’introduzione del sistema proporzionale con liste contrapposte. Le competenze del Consiglio direttivo sono state in parte modificate dal comma 5, attribuendo a tale organo, oltre alle competenze già indicate nell’articolo 7 del decreto legislativo n.25 del 2006, anche la competenza sulla formulazione del parere sulla tabella della Procura generale presso la Corte di cassazione nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti; sono state abrogate le parti dell’originaria formulazione della norma che attribuivano diversi compiti al Consiglio direttivo della Corte di cassazione quali l’acquisizione di motivate e dettagliate valutazioni del Consiglio nazionale forense; l’esercizio della vigilanza sul comportamento dei magistrati e sull’andamento degli uffici; l’adozione di provvedimenti relativi allo stato giuridico ed economico dei magistrati; la formulazione di pareri sull’adozione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, di provvedimenti relativi a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze, concessioni di titoli onorifici e riammissioni in magistratura dei magistrati; la formulazione di proposte al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura. Il comma 6 dell’articolo 4 sostituisce parti dell’originario testo dell’articolo 8 del decreto legislativo n.25 del 2006, per motivi di coordinamento con le nuove disposizioni, mentre il comma 7 introduce l’articolo 8-bis, che indica il quorum per l’adozione delle deliberazioni del Comitato direttivo, che devono essere adottate a maggioranza dei presenti.

I commi 8 e seguenti dell’articolo 4 dettano disposizioni che modificano la composizione, la modalità di elezione e la durata dei consigli giudiziari. In particolare, con il comma 8 dell’articolo 4 è soppressa la previsione che indicava il presidente dell’ordine degli avvocati come membro di diritto del consiglio giudiziario, ed è stata in parte modificata la composizione dell’organo, prevedendo che la consistenza numerica dei consigli giudiziari vari a seconda della dimensione del distretto; è stato, inoltre, aumentato il numero dei componenti dell’organo nel caso di distretti nei quali prestino servizio oltre seicento magistrati. È stato indicato il quorum deliberativo (comma 9) ed è stata prevista l’eliminazione delle figure dei supplenti e del vice presidente (comma 11).

Con il comma 10 dell’articolo 4, che apporta modifica all’articolo 10 del decreto legislativo n.25 del 2006, viene istituita una sezione autonoma del consiglio giudiziario, competente per l’espressione dei pareri sui giudici di pace e sui provvedimenti organizzativi proposti dai loro uffici, in cui è prevista anche la presenza da due a quattro giudici di pace, a seconda della consistenza numerica degli uffici. Il comma 12 dell’articolo 4, che sostituisce l’articolo 12 del decreto legislativo n.25 del 2006 e aggiunge gli articoli 12-bis, 12-ter e 12-quater, disciplina le regole per la presentazione delle liste per l’elezione dei componenti togati dei consigli giudiziari; sono state indicate le modalità per l’assegnazione dei seggi con introduzione del sistema proporzionale con liste contrapposte. Sono state apportate (comma 13) modifiche all’articolo 15 del decreto legislativo n.25 del 2006, che individua le competenze del consiglio giudiziario, prevedendo che oltre alle competenze già determinate, tale organo formuli il parere sulla tabella degli uffici requirenti nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e per la sostituzione dei sostituti procuratori impediti, verificando il rispetto dei criteri generali. È stato previsto, inoltre, che formuli i pareri per la valutazione della professionalità dei magistrati, ai sensi delle nuove regole dettate in materia di progressione in carriera; sono state invece soppresse le disposizioni che attribuivano ai consigli giudiziari compiti in merito: alla vigilanza sul comportamento dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto; alla vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari del distretto; all’adozione di provvedimenti relativi allo status dei magistrati in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, per la possibile incidenza sulle prerogative costituzionali previste dall’articolo 105 della Costituzione in favore del Consiglio superiore della magistratura, riguardanti, tra l’altro, la formulazione di pareri in ordine all’adozione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, di provvedimenti inerenti il collocamento a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici, riammissione in magistratura di magistrati già in servizio nel distretto. Con il comma 14 dell’articolo 4 sono state apportate modificazioni alle disposizioni vigenti articolo 16 del decreto legislativo n.25 del 2006 per ragioni di coerenza sistematica. È stata prevista l’emanazione (comma 15 che inserisce l’articolo 18-bis nel decreto legislativo n.25 del 2006) di un regolamento, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge n.400 del 1988, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per dettare disposizioni in ordine alle caratteristiche delle schede per la votazione e alla disciplina del procedimento elettorale.

23. Con il testo dell’articolo 5 il presente disegno di legge apporta modifiche agli articoli 1, 2, 3, 8 e 9, sostituisce gli articoli 4 e 7 e abroga l’articolo 5 del decreto legislativo 25 luglio 1006, n. 240, recante norme sulla individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché sul decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia. Le modificazioni recate agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n.240, precisano i compiti e le funzioni attribuiti, rispettivamente, al magistrato capo dell’ufficio giudiziario e al dirigente amministrativo presso il medesimo ufficio. La puntuale ricognizione dei compiti attribuiti ha, da un canto, lo scopo di chiarire gli ambiti di competenza spettanti a ciascuno di essi, al fine di evitare possibili sovrapposizioni o conflitti e, dall’altro, di garantire la direzione unitaria dell’ufficio giudiziario, nella persona del suo capo, anche riguardo all’attività di amministrazione dei servizi strumentali rispetto all’esercizio della giurisdizione. In tale ottica, si chiarisce che il dirigente amministrativo dirige un’articolazione di esso, costituita dalle cancellerie e segreterie giudiziarie, posto che l’articolo 1 attribuisce la titolarità dell’ufficio giudiziario, nel suo complesso, al magistrato nominato capo dello stesso che è competente per l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’ufficio verso l’esterno.

Il comma 1 dell’articolo 5, inserendo due commi all’articolo 1 del decreto legislativo n.240 del 2006, individua i compiti del magistrato capo dell’ufficio giudiziario che lo dirige, attraverso l’adozione degli atti relativi all’organizzazione interna, alla distribuzione del lavoro, alla vigilanza sul comportamento deontologico dei magistrati, alla formulazione di proposte all’amministrazione centrale, al controllo dell’andamento generale dell’ufficio. È previsto che, almeno una volta l’anno, il capo dell’ufficio, insieme con il dirigente amministrativo e con i magistrati titolari di funzioni semidirettive, consulti i magistrati in servizio e i funzionari preposti alle cancellerie e alle segreterie giudiziarie per elaborare il programma dell’attività, consultando altresì il Consiglio dell’ordine forense e le rappresentanze sindacali unitarie per illustrare il progetto di organizzazione dell’ufficio. Il comma 2 prevede che il dirigente amministrativo è il responsabile della gestione del personale amministrativo attuata in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale. È prevista, con l’introduzione del comma 2-bis dell’articolo 2 del decreto legislativo n.240 del 2006, l’emanazione, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di un regolamento per la razionalizzazione della determinazione dei posti di dirigenti di seconda fascia, anche attraverso l’istituzione di un unico posto per più uffici giudiziari, nel rispetto della dotazione organica complessiva.

Viene inoltre sostituto, al comma 4, l’articolo 4 del decreto legislativo n.240 del 2006, e fissato il termine del 30 giugno di ciascun anno, entro il quale i titolari degli uffici giudiziari dovranno elaborare, acquisite le valutazioni dei magistrati titolari di incarichi semidirettivi e del dirigente amministrativo, il programma delle attività annuali. La trasmissione del programma al Ministero della giustizia consentirà al Ministro di quantificare preventivamente gli oneri finanziari relativi agli stanziamenti necessari per ciascun ufficio giudiziario, nell’anno di riferimento della legge finanziaria in corso di approvazione. Il vigente articolo 4 attribuisce al presidente della corte d’appello o al procuratore generale presso la medesima corte il potere di intervento nei casi in cui i dirigenti di un ufficio non provvedano ad adottare tempestivamente il programma annuale. La nuova soluzione proposta individua nel coinvolgimento e nella motivazione di tutti gli operatori nell’individuazione degli obiettivi, nonché nella definizione del budget e delle soluzioni più adeguate al raggiungimento del risultato, il modello organizzativo più adeguato tendente, tra l’altro, a rendere residuale la ricorrenza di conflitti, pur confermando la responsabilità del capo dell’ufficio. Solo di fronte alla perseveranza del conflitto si è previsto di affidare al presidente della corte d’appello o al procuratore generale presso la medesima corte un potere sostituivo residuale di intervento, sentiti il titolare dell’ufficio e il dirigente.

In presenza di sopravvenute esigenze, il programma annuale può essere modificato dal titolare dell’ufficio giudiziario, sentiti i magistrati titolari di funzioni semidirettive e il dirigente. Di tale programma e del sottostante modello organizzativo il capo dell’ufficio tiene conto anche ai fini della predisposizione del progetto tabellare.

Si è ritenuto opportuno procedere alla soppressione dell’ufficio del direttore tecnico che costituiva una duplicazione della struttura decentrata. Allo stesso modo, si sono superate, con la nuova formulazione, le incertezze relative alla ripartizione di competenze tra amministrazione centrale e strutture decentrate, cercando di assicurare il miglior risultato dell’azione amministrativa.

Il nuovo articolo 7 del decreto legislativo n.240 del 2006 (comma 6 dell’articolo 5 del disegno di legge) determina le competenze delle direzioni generali regionali ed interregionali circoscrizionali che esercitano, nell’ambito delle rispettive circoscrizioni, le attribuzioni riguardanti il personale, le risorse materiali, le spese di giustizia, oltre ad avere competenza per le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziari (secondo direttive emanate dagli organi centrali del Ministero della giustizia). La norma in esame elenca, inoltre, quali sono le competenze che permangono in capo agli organi centrali dell’amministrazione. L’abrogazione (comma 7 dell’articolo in esame) del comma 3 dell’articolo 8 del decreto legislativo n.240 del 2006 è conseguente alla soppressione della prevista istituzione dell’ufficio del direttore tecnico nei distretti di Roma, Napoli, Milano e Palermo; è inoltre abrogato il comma 5 dello stesso articolo che prevedeva la nomina, presso ciascuna direzione regionale o interregionale di un funzionario delegato e di un funzionario per il riscontro contabile.

24. L’articolo 6 del presente disegno di legge contiene disposizioni varie tese a riformulare articoli dell’ordinamento giudiziario per renderli omogenei con la nuova disciplina, a dettare regole per la disciplina transitoria, a disciplinare l’abrogazione di norme incompatibili, a dettare specifici interventi sulla composizione del Consiglio superiore della magistratura, sulla segreteria e sull’ufficio studi dell’organo di autogoverno, oltre a prevedere specifici interventi relativamente alla magistratura militare e a individuare, infine, il numero di laureati da ammettere alle scuole di specializzazione.

Il comma 1 dell’articolo 6, modificando l’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, prevede una diversa disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi dell’organo di autogoverno della magistratura, confermando la disposizione già presente che prevedeva il rientro in ruolo dei magistrati, anche in soprannumero, nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate, e prevedendo che qualora i magistrati componenti del Consiglio superiore della magistratura esercitassero, all’atto del collocamento fuori ruolo, funzioni direttive o semidirettive e il relativo posto non sia vacante, si procede al ricollocamento in ruolo anche in soprannumero mediante concorso virtuale con funzioni non direttive nè semidirettive.

Il comma 2 dell’articolo 6 dispone, fermo restando quanto previsto nel comma 5 dell’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n.398, che il numero dei laureati da ammettere alle scuole di specializzazione per le professioni legali deve continuare ad essere determinato in misura non superiore a dieci volte il numero dei posti considerati negli ultimi due bandi di concorso per l’accesso in magistratura.

I commi 3, 4 e 5 dell’articolo 6 disciplinano il periodo transitorio, disponendo (comma 3) la data di inizio dell’operatività delle valutazioni periodiche, determinata utilizzando quale parametro iniziale la data del decreto di nomina come uditore giudiziario. Tale corrispondenza regolerà anche la misura delle retribuzioni. I magistrati che ricoprono incarichi direttivi e semidirettivi da oltre otto anni mantengono le loro funzioni per un periodo massimo di diciotto mesi (articolo 6, comma 4); decorso tale periodo è stata prevista la decadenza dall’incarico per i magistrati che, alla data di entrata in vigore della legge, ricoprono gli incarichi semidirettivi e direttivi, giudicanti o requirenti, se non hanno ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni. In questo caso resteranno assegnati con funzioni non direttive nè semidirettive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero (da riassorbire con le successive vacanze). È inoltre dettata una specifica disciplina per i magistrati che alla data di entrata in vigore della legge ricoprono incarichi direttivi o semidirettivi per un periodo compreso tra sette anni e sette anni e sei mesi.

Negli altri casi le nuove regole in materia di limitazione della durata degli incarichi direttivi e semidirettivi si applicheranno alla scadenza del primo periodo successivo alla data di entrata in vigore della legge.

In deroga a quanto previsto nella nuova disciplina, per il triennio decorrente dalla data di entrata in vigore della legge, i magistrati che esercitano funzioni giudicanti o requirenti possono chiedere di essere assegnati a funzioni rispettivamente requirenti o giudicanti in un diverso circondario (articolo 6, comma 6).

La disposizione di cui al comma 6 non si applica ai magistrati ordinari limitatamente al primo tramutamento dalla sede assegnata al termine del tirocinio (articolo 6, comma7).

Con il comma 8 le disposizioni in vigore vengano adattate alla nuova disciplina normativa.

I commi dal 9 al 27 dell’articolo 6 (con l’esclusione del comma 21 che prevede norme di coordinamento per il trattamento economico dei magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della legge rispetto alle scadenze previste per le nuove valutazioni di professionalità) contengono varie disposizioni tese ad armonizzare il regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, recante l’ordinamento giudiziario, con la nuova disciplina. È stato modificato (articolo 6, comma 9) l’articolo 5 del citato ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, con la previsione che le piante organiche degli uffici giudiziari sono adottate con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura; la ripartizione dei posti all’interno delle sezioni o dei gruppi di lavoro è operata con i provvedimenti di cui ai successivi articoli 7-bis e 7-ter del medesimo regio decreto, che prevedono l’adozione di tabelle con scadenza triennale. Il comma 10 dell’articolo 6 stabilisce che il numero, le sedi e le circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari sono determinati dalle tabelle allegate al citato regio decreto n.12 del 1941.

Modificando l’articolo7-bis del regio decreto n.12 del 1941, il comma 11 dell’articolo 6 prevede che le tabelle degli uffici giudicanti sono adottate per un triennio e non ogni biennio come in precedenza stabilito; che la violazione dei criteri per l’assegnazione degli affari, salvo il possibile rilievo disciplinare, non determina in nessun caso la nullità dei provvedimenti emessi, e sono previste altre disposizioni necessarie per armonizzare la precedente disciplina all’attuale. Si segnala l’introduzione del comma 2-bis dell’articolo 7-ter (comma 12) dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, disciplinante l’individuazione dei criteri per l’assegnazione degli affari negli uffici requirenti di primo e secondo grado: la nuova norma, al fine di assicurare criteri predeterminati nell’organizzazione del lavoro delle procure, prevede che ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, in conformità con le deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura (assunte su proposta dei procuratori generali sentiti i consigli giudiziari o il Comitato direttivo della Corte di cassazione), siano individuati i criteri per la formazione negli uffici di procura di gruppi di lavoro per materie omogenee; per l’assegnazione dei magistrati ai singoli gruppi di lavoro; per l’individuazione dei procuratori aggiunti cui affidare il coordinamento dei gruppi; per l’individuazione dei criteri per l’assegnazione degli affari ai singoli sostituti. Il comma 13 dell’articolo 6, sostituendo l’articolo 11 del regio decreto n.12 del 1941, dispone che il magistrato il quale non assuma le funzioni nel termine stabilito decada dall’impiego e non possa essere riassunto.

25. È previsto (articolo 6, comma 14) che il magistrato abbia l’obbligo di fissare il proprio domicilio nel comune dove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale esercita le funzioni o comunque ad una distanza non superiore a 40 chilometri dal centro della città in cui ha sede l’ufficio, ed è fatta salva la possibilità di ottenere l’autorizzazione a fissare il domicilio anche ad una distanza maggiore dalla sede a condizione che non vi sia pregiudizio per il servizio.

Il comma 15 dell’articolo 6 sostituisce nel comma 1 dell’articolo 46 del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, le parole: «può essere» con le parole: «è normalmente» e nel comma 2 la parola: «biennalmente» con la parola: «triennalmente». Il comma 16 detta disposizioni ai fini del coordinamento tra le norme.

26. Il ruolo del procuratore aggiunto è descritto nel comma 17 dell’articolo 6 che, modificando l’articolo 70 dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, prevede che il procuratore aggiunto, oltre a svolgere l’ordinario lavoro giudiziario, coordina il gruppo di lavoro cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l’andamento dei servizi delle segreterie e degli ausiliari, vigila sull’attività dei sostituti, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all’interno del gruppo di lavoro; collabora con il procuratore della Repubblica nell’attività di direzione dell’ufficio. Al procuratore aggiunto, con le tabelle formate ai sensi dell’articolo 7-ter del medesimo regio decreto, può essere attribuito l’incarico di coordinare più gruppi di lavoro che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell’ufficio.

I commi 18, 19, 20 e 21 e dell’articolo 6 armonizzano le disposizioni del regio decreto n.12 del 1941 con quelle della legge. Il comma 20 dispone che la destinazione dei magistrati ordinari al termine del tirocinio è operata con decreto del Ministro della giustizia previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura. Il comma 21 detta, come detto, disposizioni di coordinamento quanto al trattamento economico dovuto rispetto alle nuove regole sulla progressione in carriera.

27. Per l’assegnazione delle sedi per tramutamento ai sensi dell’articolo 192 dell’ordinamento giudiziario regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, è stato previsto (comma 22 dell’articolo 6) che l’individuazione di posti vacanti da ricoprire presso gli uffici giudiziari sia operata dal Consiglio superiore della magistratura con delibera trasmessa agli uffici giudiziari e al Ministero della giustizia, per tutti i magistrati, anche per quelli fuori del ruolo organico. Nella delibera è indicata la data entro la quale ciascun magistrato può presentare la domanda di tramutamento. Le domande non accolte in relazione alla vacanza per la quale sono state presentate conservano validità sino alla revoca. Il Consiglio superiore della magistratura valuterà le domande tenendo conto delle attitudini, dell’impegno, della diligenza, delle capacità direttive, della laboriosità di ciascuno degli aspiranti, come desunte dalle valutazioni di professionalità, nonchè delle eventuali situazioni particolari relative alla famiglia, alla salute ed all’anzianità. Se il tramutamento comporta il passaggio da funzioni giudicanti a quelle requirenti o viceversa si applica, inoltre, l’articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006 n.160, come modificato dalla legge. Il Consiglio superiore della magistratura regolerà con proprie delibere le modalità ed i tempi della pubblicazione dei posti vacanti da mettere a concorso, la modalità di presentazione delle domande e il numero e la revocabilità delle stesse.

Il comma 23 dell’articolo 6 modifica l’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, prevedendo che i magistrati assegnati a domanda ad una sezione o ad un gruppo di lavoro con i provvedimenti tabellari, adottati ai sensi degli articoli 7-bis e 7-ter, non possono ottenere una diversa assegnazione, all’interno dello stesso ufficio, prima del decorso di tre anni dall’effettivo possesso, salve gravi ragioni di salute o gravi ragioni di servizio.

28. I commi dal 24 al 26 sostituiscono il capo X del Titolo V (articoli da 196 a 200) del regio decreto n.12 del 1941 dettando regole per il collocamento fuori ruolo e il ricollocamento in ruolo dei magistrati ordinari.

Il nuovo testo dell’articolo 196 del regio decreto n.12 del 1941 prevede che i magistrati possono essere collocati fuori ruolo per ricoprire incarichi elettivi o funzioni diverse da quelle giudiziarie nei casi previsti dalle leggi, entro il numero massimo di 230 unità. Il collocamento fuori ruolo è adottato con decreto del Ministro della giustizia, su conforme delibera del Consiglio superiore della magistratura. Nel numero dei magistrati collocati fuori ruolo non viene computato il numero dei magistrati eletti e in servizio presso il Consiglio superiore della magistratura e presso la Corte costituzionale, nonché di quelli destinati presso organi o istituzioni di carattere internazionale. Quanto al ricollocamento in ruolo, l’articolo 196-bis prevede che il collocamento fuori ruolo non può superare il periodo massimo complessivo di dieci anni con esclusione del periodo di aspettativa per mandato elettivo e fatta eccezione per gli incarichi apicali di diretta collaborazione. Conformemente alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, adottata nella fase transitoria di vigenza dei decreti legislativi di attuazione della legge delega 25 luglio 2005, n.150, il periodo trascorso fuori ruolo, antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge, non verrà computato. È stato stabilito, altresì, che non possono essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura i magistrati che non abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità e che il periodo trascorso dal magistrato fuori dal ruolo organico è equiparato all’esercizio delle ultime funzioni giudiziarie o giurisdizionali svolte. Sono state inoltre previste specifiche modalità per il rientro in ruolo:

a) per i magistrati in aspettativa per mandato elettivo, per i quali è previsto il ricollocamento in ruolo mediante concorso virtuale in una sede vacante appartenente a un distretto sito in una regione diversa da quella in cui, in tutto o in parte, era ubicato il territorio della circoscrizione nella quale il magistrato è stato eletto, con l’unica eccezione di funzioni precedentemente svolte presso la Corte di cassazione o la Direzione nazionale antimafia;

b) per i magistrati collocati fuori ruolo da meno di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi per i quali è previsto il rientro nella sede occupata prima del collocamento fuori ruolo, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacante;

c) per i magistrati collocati fuori ruolo da più di tre anni che non ricoprivano incarichi semidirettivi o direttivi, per i quali è previsto o il collocamento nella sede precedentemente occupata o il concorso virtuale;

d) per i magistrati che ricoprivano incarichi direttivi o semidirettivi, che rientreranno in ruolo mediante concorso virtuale in un ufficio giudiziario con funzioni né semidirettive né direttive né di legittimità, anche in soprannumero da riassorbire con la prima vacanza.

Il concorso virtuale, fuori dai casi previsti, non è consentito per il tramutamento di sede, salvo nel caso di gravi e comprovate ragioni di salute o di sicurezza o di servizio, o nel caso in cui non sia possibile l’assegnazione di sede entro due mesi dalla messa a disposizione o dalla richiesta di ricollocamento in ruolo.

Il comma 26 sostituisce l’articolo 199 del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, relativo alla disciplina applicabile ai magistrati addetti al Ministero della giustizia. Il nuovo articolo 199 dispone che le norme dell’ordinamento del citato dicastero ne determinano il numero e le attribuzioni.

Il comma 27 dell’articolo 6 adegua il testo dell’articolo 201 del regio decreto n.12 del 1941, alle nuove disposizioni.

I commi 28 e 29 dell’articolo 6 modificano la legge 4 maggio 1998, n.133, relativa agli incentivi ai magistrati trasferiti in sedi disagiate, abrogando la disposizione che prevedeva il diritto, in caso di trasferimento a domanda, ad essere preferito a tutti gli altri aspiranti ove la permanenza in servizio presso la sede disagiata fosse stata superiore ai cinque anni. Per ragioni di equità, in conformità alla disciplina secondaria dettata dal Consiglio superiore della magistratura, è stato previsto che la disposizione di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 4 maggio 1998, n.133, continui ad applicarsi nei confronti dei magistrati assegnati a sedi disagiate prima della data di entrata in vigore della legge.

29. I commi da 30 a 35 dell’articolo 6 modificano la legge 24 marzo 1958, n.195, istitutiva del Consiglio superiore della magistratura. È aumentato il numero dei componenti dell’organo di autogoverno della magistratura elevandolo a venti, dagli attuali sedici, per i componenti togati, e a dieci, dagli attuali otto, per i componenti laici (comma 30 dell’articolo 6). Sono state modificate le norme che prevedevano la composizione della segreteria e dell’ufficio studi costituiti presso il Consiglio superiore della magistratura. La nuova disciplina ha modificato (comma 31 dell’articolo 6, che sostituisce l’articolo 7 della legge n.195 del 1958) la composizione della segreteria prevedendo la presenza di sedici magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura, posti fuori del ruolo organico della magistratura per un periodo non superiore a sei anni. È prevista la nomina del segretario generale, che dirige la segreteria coadiuvato dal vice segretario. Anche per l’Ufficio studi e contenzioso (comma 32 dell’articolo 6, che sostituisce l’articolo 7-bis della legge n.195 del 1958), al quale sono attribuiti compiti di studio, ricerca, documentazione e predisposizione degli atti relativi al contenzioso, è stata prevista la presenza di otto magistrati in luogo dei funzionari. Quanto alla predisposizione delle tabelle degli uffici giudiziari è stato stabilito (comma 34 dell’articolo 6) che le stesse siano elaborate ogni triennio e non ogni biennio come nel passato. Il comma 33 dell’articolo in esame detta disposizioni di coordinamento.

In considerazione delle aumentate attività dell’organo di autogoverno della magistratura, con il comma 35 dell’articolo 6 il Consiglio superiore della magistratura è autorizzato ad avvalersi di tredici unità di personale amministrativo dipendente dalla pubblica amministrazione in posizione di comando, con l’esplicita previsione che non vi saranno nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato nè saranno superati i limiti della dotazione finanziaria dello stesso Consiglio.

30. Il comma 36 dell’articolo 6 indica i criteri per individuare il numero di magistrati collocabili fuori ruolo, precisando le ipotesi in cui magistrati fuori ruolo non vengono computati in tale quota (ad esempio quelli in servizio presso organismi internazionali e quelli addetti al Consiglio superiore della magistratura).

31. Il comma 37 dell’articolo 6 sopprime il riferimento alla lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, contenuto nel comma 2 del medesimo articolo del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, in materia di disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, per coordinare la norma alla modifica intervenuta con la legge 24 ottobre 2006, n.269, che aveva abrogato tale lettera nel comma 1 dello stesso articolo.

È previsto (comma 38 dell’articolo 6) che al magistrato sospeso dal servizio sia corrisposto un assegno alimentare di importo compreso tra un terzo e due terzi dello stipendio percepito, somma determinata tenendo conto del nucleo familiare e dell’entità della retribuzione

I commi dal 39 al 43 introducono marginali modifiche al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 che disciplina gli illeciti disciplinari dei magistrati, come (comma 39 dell’articolo 6) l’abrogazione, nell’articolo 12, comma 1, della legge citata, della lettera f), che prevede l’applicazione della sanzione disciplinare nel caso di «perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia», al fine di operare una rettifica meramente formale in conseguenza dell’avvenuta abrogazione della relativa ipotesi e constatando che solo per un difetto di coordinamento è rimasta la relativa lettera in un richiamo operato in una diversa norma. Nell’articolo 14 di tale legge, viene chiarito (comma 40 dell’articolo 6) che il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare entro un anno dalla notizia del fatto, mentre nella originaria formulazione in tale norma non era specificamente previsto alcun termine, peraltro ricostruibile in sede interpretativa e indicato solo nel successivo articolo 15. Nel comma 41 dell’articolo 6, relativo ai termini dell’azione disciplinare, è fatta salva l’ipotesi in cui l’azione disciplinare debba essere estesa ad altri fatti nel corso delle indagini. Con la modifica dell’articolo 18, comma 3, lettera c), del decreto legislativo n.109 del 2006 (comma 42 dell’articolo 6) è soppressa la parte che permetteva alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura di consentire l’esibizione di documenti da parte del delegato del Ministro della giustizia, essendo stata soppressa la relativa figura in tutte le altre disposizioni. Con la modifica dell’articolo 24 (comma 43 dell’articolo 6) è previsto che contro i provvedimenti in materia di sospensione e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura possa essere proposto ricorso per cassazione nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura civile, più coerentemente rispetto a quanto prima indicato, trattandosi di provvedimenti disciplinari, con le forme del codice di procedura penale.

32. Il comma 44 dell’articolo 6 sostituisce il primo comma dell’articolo 2 del regio decreto n.511 del 1946 in modo da adeguarne il contenuto alle nuove disposizioni, prevedendo che i magistrati cui siano state conferite le funzioni non possono essere trasferiti o destinati ad altre funzioni se non con il loro consenso.

I commi 45 e 46 contengono modifiche alla legge 13 febbraio 2001, n.48, in materia di compiti e destinazione alle funzioni dei magistrati distrettuali, prevedendo l’introduzione di ulteriori ipotesi di utilizzazione dei magistrati distrettuali quando vi sia assenza del magistrato titolare esonerato dalle funzioni giudiziarie perchè membro delle commissioni di concorso per l’accesso in magistratura e quando si realizzi una vacanza del posto da più di tre mesi senza che sia stata attivata la procedura di copertura, stabilendo che non si procede alla copertura dei posti vacanti destinati ai magistrati distrettuali quando i posti vacanti complessivamente esistenti negli organici degli uffici del distretto eccedono il 15 per cento.

33. Il comma 47 conferma la previsione contenuta nell’articolo 1 della legge 7 maggio 1981, n.180, secondo cui lo stato giuridico, le garanzie di indipendenza e le funzioni dei magistrati militari sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili, e introduce i conseguenti adeguamenti alle disposizioni introdotte, quanto all’unicità nell’acceso e alla distinzione della funzioni esercitate. Con l’introduzione dell’articolo 1-bis della legge 7 maggio 1980, n.180, recante disposizioni in materia di ordinamento giudiziario militare di pace (comma 48 dell’articolo in esame) le disposizioni vigenti sono adeguate alle modifiche normative introdotte per i magistrati ordinari in materia di valutazioni di professionalità e conferimento di funzioni. L’articolo 1-ter detta le regole per il mutamento delle funzioni da giudicante a requirente nell’ambito della magistratura militare, prevedendo che per mutare funzione sarà necessario mutare circoscrizione territoriale. Le attività svolte per la magistratura ordinaria dai consigli giudiziari saranno svolte dal Consiglio della magistratura militare utilizzando le risorse disponibili.

Il comma 49 definisce i livelli retributivi dei magistrati militari in corrispondenza alle nuove qualifiche introdotte dalla legge e in analogia a quanto effettuato per la magistratura ordinaria, a tale fine prevedendo la sostituzione della tabella allegata alla legge n.180 del 1981, con la tabella B allegata alla legge.

35. Il comma 50 adegua le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n.752, recante norme in materia di accesso nel pubblico impiego nella provincia di Bolzano al presente intervento normativo.

Il comma 51 modifica la tabella A allegata alla legge 18 dicembre 1973, n.836, sostituendo le originarie denominazioni delle funzioni dei magistrati ordinari e militari con le nuove che fanno riferimento alle diverse valutazioni di professionalità.

Il comma 52 dell’articolo 6 dispone che si applica al personale della magistratura ordinaria e militare, dal conseguimento della seconda valutazione di professionalità in poi, l’articolo 1, comma 468, della legge 27 dicembre 2006, n.296 (legge finanziaria 2007).

È prevista l’abrogazione di alcune norme già riconosciute incompatibili, come dettagliatamente indicate nel comma 53 dell’articolo 6.

36. Fermo restando che il fuori ruolo non crea disponibilità di nuovi posti nell’organico della magistratura, il comma 54 stabilisce che le disposizioni della legge, che prevedono ipotesi di collocamento fuori ruolo di magistrati, non devono comunque comportare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Il comma 55 dell’articolo 6 prevede che i magistrati ordinari transitati nelle magistrature speciali (amministrativa, contabile) possono, a domanda, essere riammessi nella magistratura ordinaria con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera conforme del Consiglio superiore della magistratura, e sono inquadrati agli effetti della valutazione di professionalità tenendo conto anche del servizio maturato nelle altre magistrature.

Il comma 56 dell’articolo 6 prevede la possibilità di istituire o di sopprimere posti negli uffici giudiziari con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio superiore della magistratura, nel rispetto dei limiti della dotazione organica complessiva. Ovviamente tale facoltà non si estende ai posti relativi alle funzioni direttive superiori o apicali di legittimità, per i quali l’attribuzione del posto e della relativa funzione comporta l’attribuzione di uno specifico trattamento economico, per la cui modifica è necessario il ricorso allo strumento legislativo determinando anche un problema di copertura finanziaria.

Il comma 57 sostituisce la tabella B allegata alla legge 5 marzo 1991, n.71, e successive modificazioni, con una nuova tabella, allegata al presente disegno di legge, relativa al ruolo organico della magistratura determinato con riferimento esclusivo alle funzioni individuate con il presente intervento normativo e senza alcuna influenza sulla progressione economica dei magistrati.

37. L’articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi compilativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario emanando un codice nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di adeguamento delle norme alle nuove disposizioni, di armonizzazione e coordinamento delle stesse e di espressa abrogazione di quelle incompatibili. Inoltre il Governo dovrà adottare (comma 3), entro un anno dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di riassetto della materia, un codice delle disposizioni regolamentari in tema di ordinamento giudiziario.

Il comma 4 delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario militare, adeguandole alle disposizioni contenute nella stessa legge, tenendo conto della specificità e delle esigenze organizzative della giustizia militare.

Il comma 5 contiene la clausola di invarianza della spesa relativamente all’adozione dei decreti legislativi delegati di cui al comma 4.

Il comma 6 introduce una delega, da esercitare entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della legge, finalizzata a riorganizzare la presenza degli uffici giudiziari militari sul territorio in conseguenza delle modificazioni intervenute nella domanda di giustizia militare per effetto dell’avvenuta sospensione della leva e della contestuale professionalizzazione della struttura militare, nel rispetto dell’attuale quadro costituzionale dettato dall’articolo 103 della Costituzione.

Per l’articolo 8 relativo alla copertura finanziaria si rimanda alla relazione tecnica allegata.

L’articolo 9 disciplina l’entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Relazione tecnica

Analisi tecnico-normativa

1. Aspetti tecnico-normativi.

a) Necessità dell’intervento normativo.

L’intervento normativo proposto si prefigge di realizzare una riforma complessiva dell’ordinamento giudiziario sulla linea tracciata dalla VII disposizione transitoria della Costituzione, al fine di creare una disciplina che garantisca maggiore funzionalità ed efficienza al sistema giustizia.

b) Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti.

L’intervento incide sulle disposizioni dei seguenti provvedimenti normativi:

a) decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, recante nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati;

b) decreto legislativo 30 gennaio 2006, n.26, recante istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati;

c) decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, recante istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari;

d) decreto legislativo 25 luglio 2006, n.240, recante individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia;

e) decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, recante disposizioni di attuazione e di coordinamento della legge 24 marzo 1958, n.195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie;

f) regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, recante ordinamento giudiziario;

g) legge 4 maggio 1998, n.133, recante incentivi ai magistrati trasferiti o destinati d’ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali;

h) legge 24 marzo 1958, n.195, recante norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura;

i) decreto legislativo 14 febbraio 2000, n.37, recante istituzione del ruolo del personale amministrativo della segreteria e dell’ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura;

l) decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300, recante riforma dell’organizzazione del Governo;

m) decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, recante disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati;

n) regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n.511, recante guarentigie della magistratura;

o) legge 13 febbraio 2001, n.48, recante aumento del ruolo organico e disciplina dell’accesso in magistratura;

p) legge 7 maggio 1981, n.180, recante modifiche all’ordinamento giudiziario militare di pace;

q) decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n.752, recante norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego;

r) legge 18 dicembre 1973, n.836, recante trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali;

s) legge 27 dicembre 2006, n.296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007);

t) legge 9 agosto 1993, n.295, recante aumento di seicento unità nel ruolo organico del personale della magistratura;

u) decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n.264, recante norme per le elezioni dei Consigli giudiziari, del Consiglio superiore della magistratura e della Corte disciplinare;

v) regio decreto 14 dicembre 1865, n.2641, recante approvazione del Regolamento generale giudiziario per l’esecuzione del Codice di procedura civile, di quello di procedura penale e della legge sull’ordinamento giudiziario;

z) legge 5 agosto 1978 n.468, recante riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio;

aa) legge 25 luglio 2007, n.150, recante delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico.

c) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario.

Il disegno di legge non presenta alcun possibile profilo di incompatibilità con l’ordinamento comunitario.

d) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materia riservata alla potestà legislativa dello Stato.

Nel rispetto delle autonomie regionali è esplicitamente previsto che nulla è innovato in ordine agli specifici requisiti richiesti dal decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n.571, per la copertura dei posti di magistrato nella provincia di Bolzano quanto alla obbligatoria conoscenza della lingua per il conseguimento dell’impiego.

e) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali.

Il disegno di legge, come già evidenziato, non interferisce con funzioni trasferite alle regioni ed agli enti locali.

f) Verifica dell’assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione.

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione. Tuttavia è stata prevista l’emanazione di regolamenti ministeriali per disciplinare aspetti esecutivi e di dettaglio.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo.

a) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

Nel nuovo testo viene inserita la nuova definizione normativa di «magistrato ordinario in tirocinio» in sostituzione della precedente definizione di «uditore giudiziario» per indicare i magistrati che abbiano superato il concorso per l’accesso in magistratura. L’introduzione della nuova definizione si è resa necessaria a causa dell’introduzione di modalità di accesso diverse da quelle previste nella precedente normativa.

b) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi.

I riferimenti normativi che figurano nel disegno di legge sono corretti.

c) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti.

Le modifiche alla legislazione vigente, dettagliatamente indicata nel punto 1, lettera b), sono state introdotte con la tecnica della novella legislativa, ad eccezione dell’articolo 7 (Delega per l’emanazione di un codice delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di ordinamento giudiziario ordinario e militare) con il quale il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario ordinario e militare nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi dettagliatamente indicati nella norma.

d) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell’atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

Abrogazioni espresse sono contenute nell’articolo 4 con riferimento ad alcuni articoli del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25. All’articolo 6, comma 53, si è disposta l’abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con il presente intervento normativo, ferma restando l’ulteriore opera di coordinamento, delle disposizioni del disegno di legge con le altre leggi dello Stato, e di abrogazione delle disposizioni con esso incompatibili, che il legislatore delegato è chiamato a svolgere in forza della delega conferita con l’articolo 7.

3. Ulteriori elementi da allegare alla relazione.

a) Verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all’esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

I progetti di legge vertenti su materie analoghe all’esame del Parlamento sono i seguenti:

a) atto Senato n.96, Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n.195, in materia di elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura;

b) atto Camera n.524, Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n.195, in materia di elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura;

c) atto Senato n.108, Delega al Governo per il riordino dell’ordinamento giudiziario militare;

d) atto Camera n.375, Delega al Governo per il riordino dell’ordinamento giudiziario militare;

e) atto camera n.1660, Disposizioni in materia di accesso alla magistratura ordinaria;

f) atto Senato n.614, Modifiche alla legge 25 giugno 2005, n.150, in materia di trattamento economico della magistratura ordinaria;

g) atto Senato n.585, Modifiche alla legge 4 maggio 1998, n.133, in materia di incentivazione per i magistrati destinati a sedi disagiate.

 

Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR)

a) Ambito dell’intervento, con particolare riguardo all’individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.

Soggetti destinatari e coinvolti dall’intervento normativo sono il Consiglio superiore della magistratura, l’ordinamento giudiziario ordinario e militare, il Ministero della giustizia, gli uffici giudiziari, i consigli giudiziari.

b) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo.

L’intervento normativo si propone di realizzare: il riassetto delle disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, in particolare per quanto concerne l’accesso alla magistratura, la progressione economica e di funzioni dei magistrati ordinari e militari, l’aggiornamento e la formazione professionale dell’ordine giudiziario, l’individuazione delle competenze dei magistrati a capo degli uffici e dei dirigenti amministrativi conformemente ai princìpi costituzionali che regolano la materia, perseguendo il fine di garantire l’indipendenza della magistratura e una maggiore efficienza nell’erogazione del servizio.

c) Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio/lungo periodo.

Si rinvia a quanto già evidenziato nella relazione illustrativa e nell’analisi tecnico-normativa (sub 1, lettera A).

d) Presupposti attinenti alle sfere organizzativa, finanziaria, economica e sociale.

Sussistono le condizioni necessarie per una corretta attuazione dell’intervento normativo da parte delle amministrazioni e dei soggetti destinatari. Quanto ai presupposti finanziari si rinvia alla specifica relazione.

e) Aree di criticità.

Non si ravvisano al momento aspetti di criticità che, qualora dovessero emergere, in sede di attuazione della legge, potranno essere oggetto di interventi correttivi in attuazione della delega contenuta nell’articolo 7.

f) Opzioni alternative alla regolazione e opzioni regolatorie. Valutazione delle opzioni regolatorie possibili.

Premesso che la cosiddetta «opzione nulla» risulterebbe contrastante con la necessità dell’intervento, ampiamente evidenziata nella relazione illustrativa, non sono evidenziabili opzioni alternative alla regolazione.

g) Strumento tecnico-normativo eventualmente più appropriato.

Il disegno di legge è l’unico strumento tecnico-normativo possibile tenuto conto della materia oggetto dell’intervento, coperta da riserva di legge, nonché della presenza di una norma contenente delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di ordinamento giudiziario, ordinario e militare.



 


 

DISEGNO DI LEGGE

(omissis)

Art. 4.

(Modifiche al decreto legislativo

27 gennaio 2006, n.25)

1. L’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 2006, n.25, è sostituito dal seguente:

«Art. 1. – (Istituzione e composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione). – 1. È istituito il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, composto dal primo presidente e dal procuratore generale presso la stessa Corte, che ne sono membri di diritto, da otto magistrati, di cui due che esercitano funzioni requirenti, eletti da tutti e tra tutti i magistrati in servizio presso la Corte e la Procura generale, ivi compresi i magistrati con funzioni di merito addetti all’Ufficio del massimario e del ruolo, nonché da due professori universitari di ruolo di materie giuridiche, nominati dal Consiglio universitario nazionale, e da due avvocati con almeno venti anni di effettivo esercizio della professione, iscritti da almeno cinque anni nell’albo speciale di cui all’articolo 33 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n.1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n.36, e successive modificazioni, nominati dal Consiglio nazionale forense».

2. All’articolo 2 del citato decreto legislativo n.25 del 2006, il comma 1 è abrogato.

3. All’articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n.25 del 2006, le parole: «un vice presidente, scelto tra i componenti non togati e,» sono soppresse e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ed adotta le disposizioni concernenti l’organizzazione dell’attività e la ripartizione degli affari».

4. L’articolo 4 del citato decreto legislativo n.25 del 2006 è sostituito dai seguenti:

«Art. 4. – (Presentazione delle liste e modalità di elezione dei componenti togati). – 1. Concorrono all’elezione le liste di candidati presentate da almeno venticinque elettori; ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero di eleggibili per il Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.

2. Ciascun elettore non può presentare più di una lista e le firme sono autenticate dal primo presidente e dal procuratore generale o da un magistrato dagli stessi delegato.

3. Ogni elettore riceve due schede, una per ciascuna delle categorie di magistrati di cui all’articolo 1, ed esprime il voto di lista ed una sola preferenza nell’ambito della lista votata.

Art. 4-bis. - (Assegnazione dei seggi). – 1.L’ufficio elettorale:

a) provvede alla determinazione del quoziente base per l’assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio relativamente a ciascuna categoria di magistrati di cui all’articolo 1 per il numero dei seggi del collegio stesso;

b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non assegnati in tale modo vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio;

c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell’ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età».

5. All’articolo 7, comma 1, del citato decreto legislativo n.25 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera a), le parole: «direttamente indicati dal citato regio decreto n.12 del 1941 e dalla legge 25 luglio 2005, n.150» sono soppresse;

b) dopo la lettera a) è inserita la seguente:

«a-bis) formula il parere sulla tabella della Procura generale presso la Corte di cassazione di cui all’articolo 7-ter, comma 2-bis, dell’ordinamento giudiziaio, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti, proposti dal procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, verificando il rispetto dei criteri generali»;

c) la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) formula i pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, e successive modificazioni»;

d) le lettere c), d), e) ed f) sono abrogate;

e) alla lettera g) la parola: «anche» è soppressa e le parole: «ad ulteriori» sono sostituite dalla seguente: «alle».

6. All’articolo 8, comma 1, del citato decreto legislativo n.25 del 2006, le parole: «, anche nella qualità di vice presidenti, » sono soppresse e le parole: «e d)» sono sostituite dalle seguenti: «e a-bis)».

7. Al capo II del titolo I, del citato decreto legislativo n.25 del 2006 dopo l’articolo 8 è aggiunto il seguente:

«Art. 8-bis. – (Quorum). – 1. Le sedute del Consiglio direttivo della Corte di cassazione sono valide con la presenza di sette componenti, in essi computati anche i membri di diritto.

2. Le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente».

8. All’articolo 9 del citato decreto legislativo n.25 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «e dal presidente dell’ordine degli avvocati avente sede nel capoluogo del distretto» sono soppresse;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nei distretti nei quali sono presenti uffici con organico complessivo fino a trecentocinquanta magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da nove altri membri, di cui: sei magistrati, quattro dei quali addetti a funzioni giudicanti e due a funzioni requirenti, in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, e tre componenti non togati, di cui un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, e due avvocati, con almeno dieci anni di effettivo esercizio della professione con iscrizione all’interno del medesimo distretto, nominati dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto.»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Nei distretti nei quali sono presenti uffici con organico complessivo compreso tra trecentocinquantuno e seicento magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da quattordici altri membri, di cui: dieci magistrati, sette dei quali addetti a funzioni giudicanti e tre a funzioni requirenti, in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, e quattro componenti non togati, di cui un professore universitario in materie giuridiche nominato dal Consiglio universitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, e tre avvocati con almeno dieci anni di effettivo esercizio della professione con iscrizione all’interno del medesimo distretto, nominati dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto.»;

d) dopo il comma 3 sono aggiunti i seguenti:

«3-bis. Nei distretti nei quali sono presenti uffici con organico complessivo superiore a seicento magistrati il consiglio giudiziario è composto, oltre che dai membri di diritto di cui al comma 1, da venti altri membri, di cui: quattordici magistrati, dieci dei quali addetti a funzioni giudicanti e quattro a funzioni requirenti, in servizio presso gli uffici giudiziari del distretto, e sei componenti non togati, di cui due professori universitari in materie giuridiche nominati dal Consiglio universitario nazionale su indicazione dei presidi delle facoltà di giurisprudenza delle università della regione o delle regioni sulle quali hanno, in tutto o in parte, competenza gli uffici del distretto, e quattro avvocati con almeno dieci anni di effettivo esercizio della professione con iscrizione all’interno del medesimo distretto, nominati dal Consiglio nazionale forense su indicazione dei consigli dell’ordine degli avvocati del distretto.

3-ter. In caso di mancanza o impedimento i membri di diritto del consiglio giudiziario sono sostituiti da chi ne esercita le funzioni».

9. Dopo l’articolo 9 del citato decreto legislativo n.25 del 2006 è inserito il seguente:

«Art. 9-bis. - (Quorum del consiglio giudiziario). – 1. Le sedute del consiglio giudiziario sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti, in essi computati anche i membri di diritto.

2. Le deliberazioni sono valide se adottate a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente».

10. All’articolo 10 del citato decreto legislativo n.25 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Sezione del consiglio giudiziario relativa ai giudici di pace»;

b) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Nel consiglio giudiziario è istituita una sezione autonoma competente per la espressione dei pareri relativi all’esercizio delle competenze di cui agli articoli 4, 4-bis, 7, comma 2-bis, e 9, comma 4, della legge 21 novembre 1991, n.374, e successive modificazioni, e sui provvedimenti organizzativi proposti dagli uffici del giudice di pace. Detta sezione è composta, oltre che dai componenti di diritto del consiglio giudiziario, da:

a) due magistrati e un avvocato, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti, e due giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto, nell’ipotesi di cui all’articolo 9, comma 2;

b) tre magistrati e un avvocato, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti, e tre giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto, nell’ipotesi di cui all’articolo 9, comma 3;

c) cinque magistrati e due avvocati, eletti dal consiglio giudiziario tra i suoi componenti, e quattro giudici di pace eletti dai giudici di pace in servizio nel distretto, nell’ipotesi di cui all’articolo 9, comma 4.

1-bis. Le sedute della sezione del consiglio giudiziario per i giudici di pace sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti e le deliberazioni sono assunte a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del presidente.».

11. All’articolo 11, comma 1, del citato decreto legislativo n.25 del 2006, le parole: «un vice presidente, scelto tra i componenti non togati, e,» sono soppresse.

12. L’articolo 12 del citato decreto legislativo n.25 del 2006, è sostituito dai seguenti:

«Art. 12. – (Presentazione delle liste ed elezione dei componenti togati dei consigli giudiziari). – 1. Concorrono all’elezione le liste di candidati presentate da almeno venticinque elettori; ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero di eleggibili per il consiglio giudiziario. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.

2. Ciascun elettore non può presentare più di una lista; le firme sono autenticate dal capo dell’ufficio giudiziario o da un magistrato dallo stesso delegato.

3. Ogni elettore riceve due schede, una per ciascuna delle categorie di magistrati di cui all’articolo 9, ed esprime il voto di lista ed una sola preferenza nell’ambito della lista votata.

Art. 12-bis. - (Assegnazione dei seggi). – 1. L’ufficio elettorale:

a) provvede alla determinazione del quoziente base per l’assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio relativamente a ciascuna categoria di magistrati di cui all’articolo 9 per il numero dei seggi del collegio stesso;

b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non assegnati in tal modo sono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio;

c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell’ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età.

Art. 12-ter. - (Presentazione delle liste per la elezione dei giudici di pace componenti della sezione del consiglio giudiziario relativa ai giudici di pace). – 1. Concorrono all’elezione dei giudici di pace componenti della sezione di cui all’articolo 10, che si tiene contemporaneamente a quella per i componenti togati e negli stessi locali e seggi, le liste di candidati presentate da almeno quindici elettori. Ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati superiore al numero di eleggibili per il consiglio giudiziario. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.

2. Ciascun elettore non può presentare più di una lista; le firme sono autenticate dal coordinatore dell’ufficio del giudice di pace o dal presidente del tribunale del circondario ovvero da un magistrato da questi delegato.

3. Ogni elettore riceve una scheda, ed esprime il voto di lista ed una sola preferenza nell’ambito della lista votata.

Art. 12-quater. - (Assegnazione dei seggi per i giudici di pace). – 1. L’ufficio elettorale:

a) provvede alla determinazione del quoziente base per l’assegnazione dei seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio per il numero dei seggi del collegio stesso;

b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non assegnati in tal modo vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui corrispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede per sorteggio;

c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell’ambito dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudiziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candidato più anziano per età».

13. All’articolo 15, comma 1, del citato decreto legislativo n.25 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo la lettera a) è inserita la seguente:

«a-bis) formulano il parere sulla tabella degli uffici requirenti di cui all’articolo 7-ter, comma 3, dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni, nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei sostituti impediti, proposti dal procuratore generale presso la corte di appello, verificando il rispetto dei criteri generali»;

b) la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) formulano i pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni;»;

c) le lettere c), d), f) e g) sono abrogate;

d) alla lettera h), la parola: «anche» è soppressa e le parole: «ad ulteriori» sono sostituite dalla seguente: «alle».

14. All’articolo 16 del citato decreto legislativo n.25 del 2006 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «, anche nella qualità di vice presidenti nonché il componente rappresentante dei giudici di pace» e la parola «, d)» sono soppresse;

b) il comma 2 è abrogato.

15. Dopo l’articolo 18 del citato decreto legislativo n.25 del 2006 è inserito il seguente:

«Art. 18-bis. - (Regolamento per la disciplina del procedimento elettorale). – 1. Con regolamento emanato a norma dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n.400, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono dettate disposizioni in ordine alle caratteristiche delle schede per le votazioni e alla disciplina del procedimento elettorale».

(omissis)

 

 

 


 

 

 

 

 



[1] Cfr. atto Senato n. 1449.

[2]    La legge 24 ottobre 2006, n. 269, “Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario” non si applica infatti al decreto legislativo n. 25 del 2006,

[3]    L’art. 19 del decreto legislativo stabiliva l’entrata in vigore delle disposizioni a partire dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La pubblicazione è avvenuta sulla GU n. 28 (S.O.) del 3 febbraio 2006.

[4]    A questi si aggiungono sei membri supplenti (art. 2), di cui quattro magistrati, un professore ed un avvocato. In caso di mancanza o di impedimento, i membri di diritto del Consiglio direttivo sono sostituiti da chi ne esercita le funzioni.

[5]    Recante le "Norme per l'attuazione del R.D.L. 30 dicembre 1926, n. 2219, sulle promozioni nella magistratura".

[6]    Recante la legge sulle  " Guarentigie della magistratura".

[7]    Recante la legge sulle “Guarentigie della magistratura”.

[8]    Recante “Norme sulla costituzione dei Consigli giudiziari”.