Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Carta europea delle lingue regionali o minoritarie - A.C. 2705 e A.C. 2620 - IV Edizione
Riferimenti:
AC n. 3119/XV   AC n. 3096/XV
AC n. 3099/XV   AC n. 2620/XV
AC n. 2705/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 245
Data: 15/10/2007
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie

A.C. 2705 e abb.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 245

III Edizione

 

 

8 ottobre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

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File:es0151.doc


INDICE

 

Scheda di sintesi

Dati identificativi dei progetti di legge di ratifica  3

Contenuto dell’accordo  7

Contenuto dei progetti di legge di ratifica  13

La legge sulle minoranze linguistiche storiche  16

La legge sulla minoranza linguistica slovena  20

La tutela delle minoranze linguistiche nelle regioni a Statuto speciale  22

La legislazione delle regioni a statuto ordinario sulla tutela delle minoranze linguistiche e la valorizzazione del patrimonio linguistico regionale  28

Progetti di legge

A.C. 2705 (Governo), Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992  33

A.C. 2620 (on. Turco ed altri), Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre1992  53

A.C. 3096 (on. Zeller ed altri), Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992  55

A.C. 3099 (on. Caparini ed altri), Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992  65

Legge 25 ottobre 1977, n. 881 Ratifica ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966  71

Legge 23 agosto 1997, n. 302 Ratifica ed esecuzione della convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995  71

Legge 15 dicembre 1999, n. 482 Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche  73

Legge 23 febbraio 2001, n. 38 Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia  79

Attività parlamentare

Senato della Repubblica – 3° Commissione Affari esteri

Seduta del 22 maggio 1997  91

Camera dei deputati – III Commissione Affari esteri

Seduta del 10 ottobre 2000  91

Atti comunitari

Decisione n. 1934/2000/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000 che istituisce l’Anno europeo delle lingue 2001  95

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2001 sulle lingue europee regionali o meno diffuse  95

Risoluzione del Consiglio del 14 febbraio 2002 relativa alla promozione della diversità linguistica e dell’apprendistato delle lingue nel quadro dell’attuazione degli obiettivi dell’Anno europeo delle lingue 2001 (2002/C 50/01  95

Risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2003 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle lingue europee  regionali e meno diffuse – le lingue delle minoranze nell’UE – in considerazione dell’allargamento e della pluralità culturale (2003/2057 (INI))95

Documentazione del Consiglio d’Europa

Raccomandazione n. 6(98) sulle lingue moderne, adottate dal Comitato dei ministri il 17 marzo 1998 (in inglese)99

Raccomandazione n. 1383 sulla diversificazione linguistica, adottata dall’Assemblea parlamentare il 23 settembre 1998 (in inglese)99

Raccomandazione n. 1539 sull’Anno europeo delle lingue, adottate dall’Assemblea parlamentare il 28 settembre 2001 (in inglese)99

Valutazione finale sull’Anno europeo delle lingue – Rapporto di maggio 2002 (in francese)99

Pubblicistica

A. Fabbricotti ‘Sull’uso della lingua minoritaria nel processo secondo il pattyo relativo ai diritti civili e politici’, in: Rivista di Diritto Internazionale, Fasc. 1/1998  103

E. Palici di Suni Prat ‘La legge italiana sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche nel quadro europeo, n. 1/2000  103

V. Piergigli ‘La legge 15 dicembre 1999, n. 482: un traguardo per le minoranze linguistiche (finora) debolmente protette’, in: Quaderni costituzionali, n. 1/2000  103

V. Piergigli ‘La legge 15 dicembre 1999, n. 482 (‘Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche’) ovvero dall’agnosticismo al riconoscimento’, in: Rassegna parlamentare n. 3/2000  103

L. A. Mazzarolli ‘La tutela delle minoranze linguistiche nella Costituzione del nuovo Tivolo V’, in: Le Regioni, n. 5/2003  103

G. M. Scalia ‘La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie’, in: Rivista di studi politici internazionali, n. 3/2005  103

R. Strassoldo ‘La tutela delle minoranze linguistiche storiche in Italia. Il caso del Friuli’, in: Studi di sociologia, n. 1/2006  103

L. Scalpelli ‘Minoranze d’Italia, minoranze d’Europa: diversità linguistiche e patrimoni culturali’, in: Sociologia, n. 2/2006  103

Documentazione

Stato delle ratifiche della Convenzione  107

 

 


Scheda di sintesi


 


Dati identificativi dei progetti di legge
di ratifica

 

 

 

Numero del progetto di legge

2705

Titolo dell’Accordo

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; diritti e libertà fondamentali.

Firma dell’Accordo

Strasburgo, 5 novembre 1992

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

5

Date del ddl di ratifica

 

§          presentazione alla Camera

29 maggio 2007

§          annuncio

30 maggio 2007

§          assegnazione

28 giugno 2007

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI VII, IX, XI, XII, Questioni regionali

Oneri finanziari

No

 


 

Numero del progetto di legge

2620

Titolo dell’Accordo

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; diritti e libertà fondamentali.

Firma dell’Accordo

Strasburgo, 5 novembre 1992

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

4

Date del ddl di ratifica

 

§          presentazione alla Camera

9 maggio 2007

§          annuncio

10 maggio 2007

§          assegnazione

29 maggio 2007

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, XI, XII, Questioni regionali

Oneri finanziari

No

 


 

Numero del progetto di legge

3096

Titolo dell’Accordo

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; diritti e libertà fondamentali.

Firma dell’Accordo

Strasburgo, 5 novembre 1992

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

6

Date del ddl di ratifica

 

§          presentazione alla Camera

28 settembre 2007

§          annuncio

1° ottobre 2007

§          assegnazione

2 ottobre 2007

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, XI, XII, Questioni regionali

Oneri finanziari

No

 


 

Numero del progetto di legge

3099

Titolo dell’Accordo

Carta europea delle lingue regionali o minoritarie

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; diritti e libertà fondamentali.

Firma dell’Accordo

Strasburgo, 5 novembre 1992

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

4

Date del ddl di ratifica

 

§          presentazione alla Camera

28 settembre 2007

§          annuncio

1° ottobre 2007

§          assegnazione

2 ottobre 2007

Commissione competente

III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II, V, VI, VII, IX, XI, XII, Questioni regionali

Oneri finanziari

 


 


Contenuto dell’accordo

 

 

 

Sono due i progetti di legge all’esame della III Commissione che dispongono la ratifica della Carta europea delle lingue regionali.

La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie è stata redatta in seno al Consiglio d'Europa e aperta alla firma a Strasburgo il 5 novembre 1992: dopo il raggiungimento delle cinque ratifiche previste (v. infra), la Carta è entrata in vigore a livello internazionale - condizione per l'entrata in vigore nei singoli ordinamenti dei Paesi ratificanti - il 1° marzo 1998. Attualmente la Carta è in vigore per 22 Paesi del Consiglio d'Europa, mentre altri 11 hanno firmato la Carta senza peraltro ancora ratificarla: tra questi ultimi vi è anche l'Italia, la cui firma è del 27 giugno 2000[1].

Si ricorda che nella XIV Legislatura la Camera ha approvato in un testo unificato, poi trasmesso al Senato, 4 proposte di legge di autorizzazione alla ratifica della Carta: il relativo iter parlamentare non è tuttavia terminato entro la fine della Legislatura.

La Carta è volta alla protezione e alla promozione delle lingue regionali e minoritarie storicamente radicate: essa riflette da un lato la preoccupazione di mantenere e sviluppare le tradizioni e il patrimonio culturale dell'Europa, e dall'altro di assicurare il rispetto del diritto universalmente riconosciuto e irrinunciabile di utilizzare una lingua regionale o minoritaria tanto nella vita privata che in quella pubblica.

La Carta contiene anzitutto obiettivi e principi che impegnano le Parti con riferimento a tutte le lingue regionali o minoritarie esistenti sul loro territorio: è anzitutto sancito il rispetto dell'area geografica di diffusione di ciascuna di tali lingue, assieme alla necessità di una loro promozione, orale e scritta, nella vita pubblica e privata attraverso adeguati mezzi di insegnamento e studio, nonché scambi internazionali qualora alcune delle lingue regionali o minoritarie siano usate anche in altri Stati in forma identica o affine.

Inoltre, la Carta enuncia una serie di misure da adottare allo scopo di una maggiore diffusione delle lingue regionali o minoritarie nell'ambito della vita pubblica, e precisamente nell'insegnamento, nella giustizia, nell'attività della Pubblica amministrazione, nel campo dei media e più in generale nelle attività culturali.

I Paesi che ratificheranno la Carta si impegnano all'applicazione di un numero ben preciso di misure, tra cui alcune considerate irrinunciabili, e dovranno all'atto della ratifica enunciare esattamente a quali lingue intendono applicare quelle misure.

E' previsto altresì un meccanismo di monitoraggio dell'attuazione delle disposizioni della Carta.

 

Passando all'esame in dettaglio della Carta, si rileva che essa consta di un Preambolo e di 23 articoli.

Nel Preambolo, il diritto all'uso delle lingue regionali o minoritarie viene inquadrato nell'ambito dei diritti fondamentali garantiti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite (1966) e dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (1950); l'esercizio di tale diritto rappresenta inoltre un contributo importante per la costruzione di un'Europa democratica, che non potrà che riconoscere e rispettare la diversità culturale testimoniata in modo rilevante proprio dalla sopravvivenza delle lingue regionali o minoritarie.

L'articolo 1 contiene importanti definizioni su cui si impernia il seguito della Carta: con l'espressione "lingue regionali o minoritarie" si intendono le lingue
tradizionalmente parlate nell'ambito del territorio di uno Stato da una minoranza di cittadini, con esclusione dei dialetti della lingua ufficiale e delle lingue di origine di eventuali gruppi di immigrati. D'altra parte, con l'espressione "territorio nel quale una lingua regionale o minoritaria viene usata" si intende l'area geografica nella quale l'uso di questa lingua ha una diffusione tale da giustificare l'adozione delle diverse misure di tutela e promozione previste dalla Carta. L'articolo in esame prevede anche il caso di "lingue sprovviste di territorio", minoritarie ma senza riferimento a una particolare area geografica.

 Gli articoli 2 e 3 riguardano specificamente gli impegni delle Parti contraenti di cui si è già fatto cenno: esse si impegnano ad applicare le disposizioni della Parte II a tutte le lingue regionali o minoritarie presenti nel proprio territorio e rispondenti alle definizioni dell'articolo 1. Per ciascuna lingua indicata al momento della ratifica ogni Parte si impegna ad applicare un minimo di trentacinque paragrafi scelti tra le disposizioni della Parte III della Carta, con obbligo di adottarne dieci da quelli facenti parte di un nucleo irrinunciabile, come enunciati agli articoli 8-13. Ognuna delle Parti potrà altresì notificare successivamente di voler applicare altri paragrafi, oltre a quelli comunicati al momento della ratifica, o di voler estendere ad altre lingue la tutela assicurata dalla Carta.

Gli articoli 4-5 contengono clausole di salvaguardia del diritto internazionale esistente (diritto all'integrità degli Stati esistenti, Carta delle Nazioni Unite, diritti garantiti dalla Convenzione europea sui Diritti dell'Uomo), nonché delle eventuali previsioni nazionali già esistenti, negli Stati che diverranno Parti della Carta, in merito alla tutela e allo stato giuridico dei membri delle varie minoranze. Ai sensi dell'articolo 6, le Parti si impegnano a fornire debita informazione sui diritti e i doveri sanciti dalla Carta a tutti i destinatari di essa (pubbliche autorità, organizzazioni e individui).

L'articolo 7 - che costituisce l'intera Parte II - concerne gli obiettivi e i principi da perseguire con l'applicazione dell'Accordo: prioritario è il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie quali espressione della ricchezza culturale. Si dovrà inoltre assicurare che le circoscrizioni amministrative esistenti o nuove non costituiscano un ostacolo alla promozione di una di tali lingue. Un'azione forte di promozione delle lingue regionali o minoritarie sarà possibile con l'incoraggiamento all'uso orale e scritto di esse tanto nella vita pubblica che nei rapporti privati, nonché apprestando mezzi adeguati di insegnamento e studio delle lingue regionali o minoritarie a tutti i livelli. Gioverà inoltre al complessivo sforzo di promozione l'impulso a compiere ricerche sulle lingue regionali o minoritarie in ambito accademico, come anche gli scambi transnazionali per quelle lingue usate in forma identica o simile in due o più Stati. Qualora sussista, le Parti si impegnano ad eliminare qualsiasi restrizione volta a scoraggiare il mantenimento e lo sviluppo di una lingua minoritaria o regionale: è viceversa consentita l'adozione di provvedimenti speciali a favore delle lingue regionali o minoritarie. Un altro obiettivo degli impegni della Carta è la reciproca comprensione fra tutti i gruppi linguistici di un Paese, a cominciare dai banchi di scuola fino a giungere ai media: le autorità pubbliche dovranno tener conto delle aspirazioni e dei suggerimenti espressi dai gruppi linguistici minoritari, che potranno dar luogo a propri organismi consultivi. Più cauto è l'approccio per quanto riguarda le lingue sprovviste di territorio (es. la lingua dei Rom), per le quali si dovranno in special modo rispettare le tradizioni e le caratteristiche dei gruppi che parlano le lingue in questione.

La Parte III è costituita dagli articoli 8-14, e concerne propriamente le misure che devono favorire la conservazione e lo sviluppo delle lingue regionali e minoritarie.

Nei settori dell'istruzione prescolare, primaria, secondaria o professionale, in base all'articolo 8, le Parti possono scegliere tra diverse graduazioni di intervento: assicurare che i relativi corsi si tengano, là dove quelle lingue rivestono importanza, nelle lingue stesse; oppure che almeno una parte dei corsi sia tenuta usando tali lingue; ovvero applicare tali insegnamenti ad un congruo numero di alunni o famiglie che lo desiderino. Per quanto concerne le università, anche in questo caso si va dall'impegno a tenere i corsi interamente nelle lingue minoritarie o regionali nelle zone di interesse, alla possibilità di prevedere lo studio di esse come discipline universitarie, al semplice incoraggiamento ad un più ampio uso delle lingue in questione in ambito accademico. Analogo ventaglio di opzioni vale per le Parti rispetto ai corsi di istruzione per adulti o di educazione permanente. Altri impegni essenziali riguardano la necessità di provvedere affinché sia assicurato l'insegnamento della storia e della cultura di cui la lingua regionale o minoritaria è espressione, nonché la formazione iniziale e permanente degli insegnanti.

L'articolo 9 contiene gli impegni delle Parti con riguardo agli aspetti giudiziari dell'uso delle lingue regionali o minoritarie, tanto nelle cause penali quanto in quelle civili o amministrative: le possibilità a disposizione delle Parti vanno dalla conduzione dei processi in una delle lingue in oggetto, alla possibilità di produrre in giudizio elementi di prova, atti e documenti redatti in una di esse, fino a consentire a chi compaia nel giudizio quale parte in causa di esprimersi un una lingua regionale o minoritaria (senza perciò doversi sobbarcare ulteriori spese). Inoltre, le Parti si impegnano a non negare la validità di atti giuridici redatti nello Stato per il solo fatto di essere formulati in una lingua regionale o minoritaria, oppure a non negare  per lo stesso motivo la validità, tra le Parti, di atti giuridici; le Parti si impegnano altresì a rendere accessibili, nelle lingue regionali o minoritarie, i testi legislativi nazionali più importanti e quelli che riguardano i locutori di queste lingue.

L'articolo 10 concerne le Autorità amministrative e i servizi pubblici nelle zone di esistenza e di uso corrente delle lingue regionali o minoritarie. Nelle circoscrizioni amministrative decentrate dello Stato l'impegno delle Parti concerne l'utilizzazione di tali lingue, generalizzata o limitata ai contatti con coloro che le parlano, ovvero l'assicurazione che i locutori di lingue regionali o minoritarie possano presentare domande orali o scritte (ed eventualmente ricevere risposta) in tali lingue; completano gli impegni la possibilità di redigere documenti nelle lingue regionali o minoritarie (sia da parte delle Amministrazioni decentrate che dei cittadini) e la preparazione di modulistica e testi amministrativi nella lingua di uso locale. Analoghi impegni concernono le amministrazioni regionali e locali e i servizi pubblici forniti localmente, con l'aggiunta significativa della possibilità dell'utilizzazione della lingua locale - accanto beninteso a quella ufficiale - nei dibattiti delle assemblee regionali e locali e nella toponomastica. Strumentale al raggiungimento di tali scopi è l'ulteriore impegno all'utilizzo di traduzioni o di interpreti eventualmente richiesti, nonché l'assunzione o la formazione di funzionari e di altri impiegati pubblici in numero sufficiente. Rilevante appare infine, in questo articolo, la possibilità dell'uso o dell'adozione di cognomi nelle lingue regionali o minoritarie.

Ai sensi dell'articolo 11, le Parti si impegnano, nei limiti delle proprie competenze, a creare, o a incoraggiare la creazione, di stazioni televisive e radiofoniche nelle lingue regionali o minoritarie, o almeno a far sì che programmi in tali lingue entrino nel palinsesto delle stazioni esistenti; allo stesso modo, l'impegno concerne la creazione di organi di stampa nelle lingue regionali o minoritarie o, in subordine, la pubblicazione di articoli in tali lingue. Le Parti potranno anche estendere le eventuali provvidenze esistenti a favore delle produzioni audiovisive nazionali a quelle nelle lingue regionali o minoritarie, e assicurare adeguata rappresentanza degli interessi dei locutori di una lingua regionale o minoritaria nelle Autorità per la libertà e il pluralismo nell'informazione eventualmente esistenti nel Paese. Le Parti si impegnano inoltre a garantire la libertà di ricevere direttamente le trasmissioni radiofoniche e televisive dei paesi vicini in una lingua parlata in forma identica o simile ad una lingua regionale o minoritaria, come anche la libertà della stampa estera che utilizzi una tale lingua di entrare e circolare liberamente: sono naturalmente salvaguardati i diritti d'intervento delle Autorità nazionali per motivi di sicurezza e tutela dell'ordine in senso lato.

Sulla scorta dell'articolo 12, le Parti si impegnano, nei limiti delle proprie competenze, a incoraggiare i tipi di espressione e le iniziative proprie delle lingue regionali o minoritarie, e a favorire i diversi mezzi di accesso alle opere prodotte in queste lingue, inclusa un'attività di traduzione da e verso le lingue regionali e minoritarie; le Parti inoltre dovrebbero assicurare che gli organismi incaricati di organizzare o di sostenere diverse forme di attività culturali includano in misura adeguata la conoscenza e l'uso delle lingue e culture regionali o minoritarie, servendosi di personale adeguatamente preparato. La politica culturale all'estero di ciascuna delle Parti dovrebbe parimenti fare spazio alle lingue regionali o minoritarie e alla cultura di cui esse sono l'espressione.

Per quanto riguarda i molteplici aspetti della vita economica e sociale, l'articolo 13 riporta l'impegno delle Parti a rimuovere dalla loro legislazione e dagli atti privati qualsiasi proibizione o limitazione immotivata all'uso delle lingue regionali o minoritarie, cercando anzi di favorirne l'espansione. Il successivo articolo 14 vincola le Parti all'effettiva applicazione degli accordi bilaterali e multilaterali che le legano agli Stati in cui venga usata la stessa lingua in forma identica o simile, o a cercare di concluderli se necessario, in modo da favorire i contatti tra i locutori della stessa lingua negli Stati interessati, nei campi della cultura, dell'educazione, dell'informazione, della formazione professionale e dell'educazione permanente. Inoltre, nell'interesse delle lingue regionali o minoritarie, le Parti dovranno promuovere la cooperazione transfrontaliera tra le amministrazioni regionali o locali nel cui territorio la stessa lingua venga usata in forma identica o simile.

La Parte IV si compone degli articoli 15-17, in base ai quali le Parti presenteranno al Segretario Generale del Consiglio d'Europa rapporti periodici sull'attuazione della Carta: il primo rapporto deve essere presentato l'anno dopo l'entrata in vigore della Carta per la Parte interessata, gli altri rapporti a intervalli triennali. Viene costituito un Comitato di esperti, composto da un membro di ciascuna Parte scelto dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa da una lista di persone moralmente affidabili e di elevata competenza nel settore oggetto della Carta, proposte dalla Parte interessata. I membri del comitato durano in carica sei anni e il loro mandato è rinnovabile. Il Comitato valuterà i rapporti presentati al Segretario Generale del Consiglio d'Europa: organismi e associazioni legalmente costituite in una Parte potranno far presente al Comitato di esperti questioni relative agli impegni presi da detto Stato in virtù della Parte III della Carta, e il Comitato consulterà la Parte interessata. Sulla base dei rapporti e delle informazioni ricevute, il Comitato di esperti preparerà un rapporto per il Comitato dei Ministri, comprensivo delle osservazioni che le Parti saranno invitate a formulare, e che potrà essere reso pubblico: esso conterrà le proposte del Comitato di esperti al Comitato dei Ministri in vista di eventuali osservazioni di quest'ultimo ad una o più Parti. Dal canto suo, il Segretario Generale del Consiglio d'Europa presenterà un rapporto biennale dettagliato all'Assemblea parlamentare sull'applicazione della Carta.

La Parte V, costituita dagli articoli 18-23, reca le clausole finali del Trattato: la Carta è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa: la sua entrata in vigore è subordinata al deposito delle ratifiche di cinque Stati membri del Consiglio d'Europa. Dopo l'entrata in vigore il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa potrà invitare qualsiasi Stato che non sia membro del Consiglio d'Europa ad aderire alla Carta. Ognuna delle Parti potrà, in qualsiasi momento, denunciare la Carta inviandone notifica al Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

 

 


 

Contenuto dei progetti di legge di ratifica

 

 

 

Sono quattro i progetti di legge all’esame della III Commissione che prevedono l’autorizzazione alla ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie: si tratta del disegno di legge governativo (A.C. 2705), della proposta degli onn. Turco ed altri (A.C. 2620), Zeller ed altri (A.C. 3096) e Caparini ed altri (A.C. 3099).

Tutti i progetti di legge prevedono, oltre alle rituali formule recanti autorizzazione alla ratifica e ordine di esecuzione della Carta, disposizioni sull’entrata in vigore della legge, stabilita per il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il disegno di legge governativo contiene inoltre due articoli aggiuntivi, il primo dei quali (art. 3) recepisce il combinato disposto dell’art. 2, comma 2 e dell’art. 3, comma 1 della Carta: si tratta in sostanza della citata previsione dell’impegno delle Parti ad applicare almeno 35 paragrafi della Parte III della Carta a ciascuna lingua indicata da ognuna delle Parti al momento della ratifica della Carta medesima. L’art. 3 in commento precisa che le lingue in questione vanno rinvenute in quelle indicate all’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” (per il contenuto della quale v. infra), che – afferma la relazione introduttiva[2] al disegno di legge – è stata approvata dopo[3] la firma italiana della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, e si configura alla stregua di “un recepimento sostanziale della Carta nell’ordinamento interno italiano”, tanto che per il Governo la ratifica e l’esecuzione della Carta non comporteranno oneri finanziari ulteriori rispetto alla copertura della legge 482/1999.La dettagliata illustrazione dell’ambito di applicazione di ciascuno dei paragrafi della Carta è contenuta nell’Allegato A al disegno di legge.

L’art. 4 del disegno di legge governativo, in attuazione dell’art. 11, par. 1, lettera a) della Carta, prevede che nel prossimo contratto di servizio della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo vengano introdotte misure per la diffusione di programmi nelle lingue regionali e minoritarie di cui al precedente art. 3.

Il disegno di legge è corredato da un’Analisi tecnico-normativa (ATN) e da un’Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR).

Dall’ATN emerge come l’esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, salvo quanto previsto dall’art. 4 del disegno di legge, non necessiti di norme di adeguamento interno. La stessa ATN contiene un elenco dettagliato dei paragrafi che l’Italia si impegna ad applicare, nonché la previsione della possibilità di applicare ulteriori paragrafi più favorevoli per le minoranze di confine.

L’AIR ricorda che la normativa interna sulle minoranze linguistiche, per quanto riguarda la minoranza croata in Italia, è dettata dalla legge di ratifica ed esecuzione del Trattato con la Croazia sui diritti delle minoranze del 1996; mentre rispetto alle minoranze ricomprese nelle Regioni a statuto speciale sono appunto i relativi Statuti a dettare disposizioni più favorevoli.

 

 

 

La proposta di legge Turco ed altri (A.C. 2620) contiene un solo articolo aggiuntivo (art. 3), nel qualeperaltro non vi è alcuna quantificazione specifica degli oneri implicati dalla legge di autorizzazione alla ratifica, ma solamente una norma di copertura a carico della UPB “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2007, con parziale utilizzazione dell’accantonamento relativo al Ministero degli Affari esteri.

 

 

 

La proposta di legge Zeller ed altri (A.C. 3096) contiene - oltre alle consuete disposizioni relative alla ratifica -   tre articoli aggiuntivi: l’art. 3 coincide con l’art. 3 del disegno di legge governativo.

L’art. 4 contiene una clausola di salvaguardia delle disposizioni nazionali vigenti eventualmente più favorevoli per la tutela delle lingue minoritarie e regionali.

Si osserva a tale proposito che la normativa delle regioni italiane a statuto speciale è già riconosciuta di livello più favorevole per le minoranze linguistiche storiche; per quanto concerne le regioni a statuto ordinario queste, in base alla citata Legge 482/1999, sono tenute nelle materie di loro competenza a conformarsi ai princìpi di detta normativa nazionale, mantenendo peraltro le eventuali disposizioni regionali più favorevoli per le minoranze.

L’art. 5,in attuazione dell’art. 11, par. 1, lettera a) della Carta, prevede – in analogia con l’art. 4 del disegno di legge governativo - che nel prossimo contratto di servizio della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo vengano introdotte misure per la diffusione delle lingue friulana e sarda: la disposizione non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

 

La proposta di legge Caparini ed altri (A.C. 3099) contiene un solo articolo aggiuntivo: tuttavia, l’art. 2, oltre all’ordine di esecuzione della legge, contiene anche la previsione della necessità per la legislazione nazionale in tema di lingue regionali e minoritarie di conformarsi ai principi della Carta europea.

Vale qui la pena di reiterare l’osservazione in calce all’illustrazione dell’art. 4 della proposta di legge A.C. 3096.

L’art. 3, valutando l’onere per l’attuazione della legge di autorizzazione alla ratifica in 51.645 euro per il 2007, reca la norma di copertura a carico della UPB “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2007, con parziale utilizzazione dell’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

 

 


 

La legge sulle minoranze linguistiche storiche

 

 

 

La legge 15 dicembre 1999, n. 482, “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”,introduce nell’ordinamento, “in attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princìpi generali stabiliti dagli organismi europei ed internazionali” (art. 2), una disciplina organica di tutela delle lingue e delle culture minoritarie storicamente presenti in Italia, e più specificamente delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo.

Carattere ufficiale della lingua italiana

La legge sancisce preliminarmente il carattere ufficiale della lingua italiana quale lingua della Repubblica e la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana (art. 1).

Ambito di applicazione delle norme di tutela

La competenza a definire gli ambiti territoriali (anche subcomunali) di applicazione delle norme di tutela è attribuita a ciascun consiglio provinciale; il procedimento è attivabile da parte di almeno il quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni interessati oppure da un terzo dei consiglieri comunali dei comuni espressione della medesima minoranza, i quali esprimono in ogni caso il loro parere sulla proposta di delimitazione. Nel caso in cui non si siano verificate tali condizioni, il procedimento può iniziare a seguito della pronuncia favorevole delle popolazioni interessate in una consultazione referendaria indetta allo scopo (art. 3).

Istruzione scolastica e universitaria

Una serie di norme è finalizzata a promuovere l’apprendimento delle lingue minoritarie. Nelle scuole materne, elementari e scuole secondarie di primo grado è previsto, accanto all’uso della lingua italiana, l’uso della lingua della minoranza come strumento di insegnamento. Nelle stesse scuole, le istituzioni scolastiche determinano, tenendo conto anche delle richieste delle famiglie degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, adottano iniziative per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali delle minoranze tutelate e promuovono la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti in tal senso. L’insegnamento della lingua della minoranza viene impartito su richiesta espressa rivolta alle istituzioni scolastiche dai genitori interessati (art. 4). Le università, nell’ambito della loro autonomia organizzativa e delle proprie risorse, possono istituire corsi di lingua e cultura delle minoranze e agevolare la ricerca scientifica e le attività culturali e formative in materia (art. 6). Per la realizzazione di progetti per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali delle minoranze promossi dal Ministro della pubblica istruzione sono stanziati 2 miliardi annui (art. 5).

Uso delle lingue tutelate nell’esercizio di funzioni pubbliche

Ai membri dei consigli comunali (e delle comunità montane, delle province e delle regioni, dei quali facciano parte comuni nei quali è riconosciuta la lingua della minoranza, che complessivamente costituiscano almeno il 15 per cento della popolazione interessata) e degli altri organi collegiali dell’amministrazione, è riconosciuto il diritto di utilizzare la lingua tutelata nell’attività degli organi stessi, ferma restando la possibilità, su richiesta dei membri dei suddetti organi che dichiarino di non conoscere la lingua della minoranza, della immediata traduzione in lingua italiana (art. 7).

E’ comunque stabilito che, qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici soltanto quelli in lingua italiana (in particolare, art. 7, co. 4).

Viene prevista inoltre, previa delibera del consiglio comunale e con spese gravanti sul bilancio del comune stesso, la pubblicazione nella lingua tutelata degli atti ufficiali dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici non territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in italiano (art. 8).

E’ consentito l’uso orale e scritto della lingua "minoritaria" negli uffici della pubblica amministrazione (con esclusione delle forze armate e delle forze di polizia) aventi sede nei comuni rientranti nell’ambito territoriale di applicazione delle norme di tutela nonché nei procedimenti davanti al giudice di pace (art. 9).

Le amministrazioni statali che impiegano personale che permetta al pubblico di utilizzare la lingua tutelata nei rapporti con i propri uffici, beneficiano di specifici contributi dello Stato. Per corrispondere tali contributi viene istituito (art. 9, co. 2), presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio, un Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche, con una dotazione annua di 9,8 miliardi di lire (5,06 milioni di euro).

Toponomastica; ripristino dei cognomi originari

I comuni possono adottare toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali, mantenendo comunque i toponimi ufficiali (art. 10).

È riconosciuto agli interessati il diritto di ripristinare nella lingua originaria i cognomi o i nomi “italianizzati” prima della entrata in vigore della legge, su espressa richiesta, debitamente documentata, da rivolgere al sindaco del comune di residenza, il quale la inoltra al prefetto che provvede con proprio decreto (art. 11).

Servizio pubblico radiotelevisivo; sostegno all’editoria

Nella convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la RAI, e nel relativo contratto di servizio, sono previste specifiche condizioni per promuovere e diffondere le lingue e le culture tutelate attraverso i mezzi di comunicazioni di massa. Le regioni possono inoltre stipulare convenzioni con la RAI e accordi con le emittenti locali per realizzare, nell’ambito della programmazione radiotelevisiva regionale, trasmissioni destinate alle minoranze linguistiche (art. 12).

Le regioni, le province e i comuni possono disporre, sulla base delle proprie risorse finanziarie, provvidenze per l’editoria, per gli organi di stampa e per le emittenti radiotelevisive private che utilizzino le lingue tutelate; gli stessi soggetti possono inoltre corrispondere finanziamenti alle associazioni che si prefiggono l’obiettivo di salvaguardare le minoranze linguistiche (art. 14).

Stanziamenti per gli enti locali

Per le spese sostenute dagli enti locali per gli interventi in favore delle minoranze, la legge autorizza uno stanziamento annuo di 8,7 miliardi di lire (4,49 milioni di euro), da ripartirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa verifica dei rendiconti presentati dai comuni, nei quali devono essere indicati i motivi dell’intervento e giustificata la congruità della spesa (art. 15).

Istituti per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali

Le regioni e le province possono istituire, con propri fondi, organismi per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali o specifiche sezioni autonome di analoghe istituzioni locali già esistenti (art. 16).

Norme di tutela negli ordinamenti regionali

Le regioni a statuto ordinario, nelle materie di loro competenza, devono conformare la propria legislazione ai princìpi stabiliti dalla legge, mantenendo le eventuali disposizioni regionali che prevedono condizioni più favorevoli per le minoranze (art. 13).

Le regioni a statuto speciale disciplinano con norme di attuazione dei propri statuti l’applicazione delle disposizioni più favorevoli previste dalla legge. Sono comunque fatte salve le norme di tutela già presenti nei rispettivi ordinamenti regionali (art. 18, co. 1).

Prevenzione e repressione dell’intolleranza

L’art. 23 della L. 38/2001 (recante norme a tutela della minoranza linguistica slovena, sulla quale vedi infra) ha introdotto nella legge l’art. 18-bis, il quale estende ai fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti degli appartenenti alle minoranze linguistiche le misure penali e processuali che l’art. 3 della L. 654/1975[4] ed il D.L. 122/1993[5] recano al fine di prevenire e contrastare gli atti di discriminazione razziale, etnica o religiosa.

Promozione delle lingue tutelate diffuse all’estero

La legge prevede che la Repubblica italiana possa promuovere, in condizioni di reciprocità con gli Stati stranieri, lo sviluppo delle lingue e delle culture minoritarie tutelate che sono diffuse all’estero, qualora i cittadini delle relative comunità abbiano mantenuto l’identità socio-culturale e linguistica d’origine. D’altro canto, viene parimenti disposta la promozione di intese con altri Stati, per garantire condizioni favorevoli per le comunità di lingua italiana presenti sul loro territorio e per diffondere all’estero la lingua e la cultura italiane (art. 19). Sullo stato di attuazione di tali adempimenti il Governo riferisce annualmente al Parlamento.

Regolamento di attuazione

Ai sensi dell’articolo 17 è stato successivamente adottato, con D.P.R. 2 maggio 2001, n. 345, il regolamento di attuazione della legge.


 


La legge sulla minoranza linguistica slovena

 

 

 

Alla disciplina di carattere generale contenuta nella L. 482/1999 ha fatto seguito un ulteriore intervento legislativo, specificamente rivolto alla tutela della minoranza linguistica slovena: si tratta della legge 23 febbraio 2001, n. 38, “Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia”, destinata ad applicarsi anche in deroga alle disposizioni della legge generale sulle minoranze linguistiche (art. 1).

Le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla legge si ispirano, oltre che alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1º febbraio 1995 e ratificata ai sensi della legge 28 agosto 1997, n. 302, anche ai seguenti princìpi affermati nella Carta europea delle lingue regionali o minoritarie:

§         il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie come espressione di ricchezza culturale;

§         il rispetto dell’àmbito territoriale di ciascuna lingua;

§         la necessità di una risoluta azione di affermazione delle lingue regionali o minoritarie finalizzata alla loro salvaguardia;

§         la promozione della cooperazione transfrontaliera e interregionale anche nell’àmbito dei programmi dell’Unione europea.

In relazione all’uso della lingua, in particolare, la legge stabilisce il diritto al ripristino dei nomi e dei cognomi sloveni e il loro impiego in tutti gli atti pubblici, valevole per le persone sia fisiche che giuridiche; il diritto, pur mantenendo fermo il carattere ufficiale della lingua italiana, all’uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, nonché il diritto di avere documenti bilingui; il diritto all’uso della lingua slovena per gli appartenenti alla minoranza chiamati a cariche elettive nello svolgimento delle relative funzioni; l’impiego della lingua slovena, in aggiunta a quella italiana, nelle insegne pubbliche, nelle indicazioni toponomastiche e nella segnaletica stradale. (artt. 7, 8, 9 e 10).

Per la trattazione delle questioni relative all’istruzione in lingua slovena, vengono istituiti due organismi ad hoc: una Commissione scolastica regionale per l’istruzione in lingua slovena, per l’autonomia dell’istruzione, e un Ufficio speciale presso l’Ufficio scolastico regionale del Friuli-Venezia Giulia (art. 13).

Come si è detto, l’art. 23 della legge inserisce una norma nella L. 482/1999 estendendo le misure vigenti contro la discriminazione razziale anche agli atti di intolleranza compiuti contro appartenenti a minoranze linguistiche.


 


La tutela delle minoranze linguistiche nelle regioni a Statuto speciale

 

 

 

Nelle regioni ad autonomia speciale, specifiche disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche presenti sul territorio si rinvengono, in particolare, negli statuti (adottati, com’è noto, con legge costituzionale) delle regioni Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.

Regione Valle d’Aosta

La legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, “Statuto speciale per la Valle d'Aosta”, all'articolo 38 sottolinea la parità fra la lingua francese e italiana, introducendo un totale bilinguismo nella redazione degli atti pubblici, con l'eccezione della redazione in italiano dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Lo stesso articolo, con riferimento agli impieghi presso le amministrazioni statali, stabilisce che sono assunti "possibilmente funzionari originari della regione o che conoscano la lingua francese".

Per ciò che concerne l'istruzione, l’articolo 39 dispone che nelle scuole di ogni ordine e grado della regione sia dedicato all’insegnamento della lingua francese un numero di ore settimanali pari a quello della lingua italiana e che per talune materie l’insegnamento possa essere impartito direttamente in lingua francese. Il successivo articolo 40 prevede che l’insegnamento delle varie materie sia disciplinato dalle norme e dai programmi in vigore nello Stato, con opportuni adattamenti alle necessità locali approvati e resi esecutivi, insieme alla definizione delle materie che possono essere insegnate in lingua francese, sentite Commissioni miste composte anche di rappresentanti del Consiglio della Valle.

Con la legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2, è stato aggiunto allo Statuto un articolo 40-bis, volto a fornire specifica tutela alle popolazioni di lingua tedesca dei comuni situati nella Valle del Lys, individuati con legge regionale. Tali popolazioni hanno diritto alla salvaguardia delle proprie caratteristiche e tradizioni linguistiche e culturali ed è altresì garantito l'insegnamento della lingua tedesca nelle scuole attraverso gli opportuni adattamenti alle necessità locali.

Regione Trentino Alto-Adige

Il D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 "Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto-Adige" prevede un articolato sistema di tutela delle minoranze ivi esistenti, in particolare tedesca e ladina, tutela espressamente inserita fra i principi di interesse nazionale che la regione è obbligata a rispettare nell'esercizio della sua competenza legislativa (art. 4).

La parità di diritti dei cittadini dei diversi gruppi linguistici è in generale solennemente dichiarata nell'art. 2 dello Statuto. Quest’ultimo, a garanzia di tale parità, prevede, accanto al tradizionale tipo di controllo in via principale davanti alla Corte costituzionale (art. 97 e 98), una particolare forma di tutela giurisdizionale della stessa Corte. Infatti, se una proposta di legge regionale, lesiva della parità dei diritti, viene approvata nonostante l'opposizione di un gruppo linguistico presente nel consiglio regionale, secondo particolari procedure ivi previste, la maggioranza del gruppo stesso può impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale (unico caso di ricorso diretto di minoranza consiliare alla Corte costituzionale).

In materia di tutela delle minoranze contenuto rilevante hanno inoltre due leggi regionali:

§         legge regionale 24 giugno 1957 n. 11 (e successiva modifica di cui alla legge regionale 9 novembre 1983 n. 13) recante "Norme sul referendum abrogativo di leggi regionali e provinciali" che vieta la proposizione di referendum abrogrativo per leggi regionali, o disposizioni di esse, che riguardano la tutela di una minoranza linguistica;

§         legge regionale 16 luglio 1972 n. 15 recante "Norme sull'iniziativa popolare nella formazione delle leggi regionali e provinciali" in base alla quale la Presidenza del Consiglio regionale o provinciale può respingere un progetto di legge di iniziativa popolare qualora esso sia in contrasto con il principio di tutela delle minoranze linguistiche, reiezione che ha effetti vincolanti, quanto alle motivazioni, sulla eventuale riproposizione del progetto da parte dei promotori.

Quanto alle norme principali sull'uso della lingua, una prima specifica garanzia è prevista nel settore dell'istruzione dall'art. 19, commi 1, 2, 3 dello Statuto[6]. Secondo tale disposizione, nella provincia di Bolzano l'insegnamento nelle scuole materne, elementari e secondarie è impartito nella lingua materna italiana o tedesca degli alunni da docenti per i quali tale lingua sia egualmente quella materna. Nelle scuole elementari e secondarie in lingua italiana è peraltro obbligatorio l'insegnamento della lingua tedesca; nelle corrispondenti scuole in lingua tedesca è obbligatorio l'insegnamento dell'italiano.

Accanto alla minoranza tedesca, anche la minoranza ladina gode di una tutela normativa particolare, prevista in generale dall'art. 102 dello Statuto e poi differenziata a seconda che si tratti della popolazione ladina residente nella provincia autonoma di Trento ovvero in quella di Bolzano.

A norma del citato articolo dello Statuto speciale le popolazioni ladine hanno diritto alla valorizzazione delle proprie iniziative ed attività culturali, di stampa e ricreative, nonché al rispetto della toponomastica e delle tradizioni dalle popolazioni stesse. Nelle scuole dei comuni delle province di Trento e di Bolzano ove è parlato il ladino, apposite leggi provinciali garantiscono l'insegnamento della lingua e della cultura ladina.

Un secondo settore nel cui ambito si realizza la garanzia dell'uso della lingua è quello relativo ai rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e con l'autorità giudiziaria[7].

Il principio della proporzionale linguistica nella provincia di Bolzano ha il valore di principio generale da rispettare in ampi settori dell'attività istituzionale della provincia, quali ad esempio la costituzione di organi rappresentativi, l'impiego pubblico nella provincia e nei comuni, le attribuzioni di edilizia economica e popolare.

Particolare interesse, inoltre, nella garanzia della rappresentanza delle minoranze rivestono gli artt. 89 e 111 dello Statuto sui ruoli del personale di uffici statali in provincia di Bolzano che prevedono la cosiddetta "proporzionale etnica" e cioè la ripartizione dei posti di ruolo in organico per i cittadini appartenenti a ciascuno dei tre gruppi linguistici, italiano, tedesco e ladino, in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nel censimento ufficiale della popolazione[8].

Ulteriore garanzia della rappresentanza dei gruppi linguistici è costituita dall'art. 107 dello Statuto sulla composizione della Commissione paritetica competente ad esprimere il parere sui decreti di attuazione dello Statuto.

Si ricorda, infine, che in base all'art. 19 del D.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49, il Presidente della Giunta regionale e della Giunta provinciale di Bolzano sono invitati alle sedute del Consiglio dei Ministri quando il Consiglio è chiamato a deliberare su argomenti che comportano l'applicazione del principio della tutela delle minoranze linguistiche tedesca e ladina.

Regione Friuli-Venezia Giulia

Lo statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, all'articolo 3 garantisce la parità di diritti e trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali. La norma riguarda le minoranze slovene, friulane e ladine del Friuli esistenti nella regione e limita la tutela stessa a questa garanzia generale, che poi sarà specificata dalle leggi regionali.

Numerose leggi regionali sono infatti intervenute a fornire tutela attiva della lingua e del patrimonio culturale friulano e delle minoranze linguistiche. Oltre a varie leggi che si occupano delle strutture, attività e finanziamento del Teatro sloveno di Trieste, possono citarsi a titolo esemplificativo le seguenti:

§         Legge regionale 8.9.1981, n. 68, "Interventi regionali per lo sviluppo e la diffusione delle attività culturali", in particolare l’art. 2

§         Legge regionale 5.9.1991, n. 46, "Interventi per il sostegno di iniziative culturali ed artistiche a favore della minoranza slovena nella regione Friuli-Venezia Giulia"

§         Legge regionale 22.3.1996, n. 15, "Norme per la tutela e la promozione della lingua e della cultura friulane e istituzione del servizio per le lingue regionali e minoritarie"

Si ricorda che da ultimo è intervenuto il decreto legislativo 12 settembre 2002, n. 223[9] che ha provveduto all’attuazione nel territorio del Friuli-Venezia Giulia delle disposizioni della legge n. 482 del 1999, per la tutela della lingua e della cultura delle popolazioni che parlano il friulano e di quelle appartenenti alla minoranza slovena e germanofona.

Regione Sardegna

La regione Sardegna ha adottato la legge regionale 15 ottobre 1997, n. 26[10] con la quale si garantisce e tutela la libera e multiforme espressione delle identità, dei linguaggi e delle produzioni culturali in Sardegna, e si assume la lingua sarda come bene fondamentale da valorizzare (ad essa viene, infatti riconosciuta pari dignità rispetto alla lingua italiana). La medesima valenza e dignità attribuite alla cultura e alla lingua sarda, sono riconosciute, con riferimento al territorio interessato, alla cultura e alla lingua catalana di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese.

La legge reca inoltre una norma di adeguamento alle disposizioni più favorevoli, nei confronti della lingue sarde e catalana, contenute nella legge generale sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche, la L. n. 482 del 1999.

Tra gli interventi e gli strumenti operativi previsti per l’attuazione del disposto della legge si segnalano l’attivazione di servizi di ricognizione, catalogazione e conservazione del patrimonio culturale regionale; l’istituzione, presso l’assessorato regionale della pubblica istruzione, di un Osservatorio regionale per la cultura e la lingua Sarda; l’incentivazione alla costituzione di Consulte locali per la cultura e la lingua dei sardi, l’avvio di un censimento del repertorio linguistico dei sardi; l’agevolazione degli interventi locali per il ripristino dei toponimi in lingua sarda; l’elaborazione, da parte della Giunta regionale, di un Piano triennale di interventi tendente a realizzare una equilibrata diffusione nel territorio regionale delle iniziative a favore della cultura e della lingua dei Sardi, anche attraverso l’erogazione di contributi finanziari.

Si prevede, infine, il libero uso della lingua sarda nelle assemblee e negli altri collegi deliberativi regionali e locali che lo contemplino nei rispettivi regolamenti e statuti.

Regione Sicilia

Con la legge regionale 9 ottobre 1998, n. 26[11] la regione Sicilia ha adottato specifiche norme di tutela del patrimonio culturale e linguistico delle comunità siciliane di origine albanese e di altre minoranze linguistiche[12].

La legge affida alla Regione il compito di stipulare convenzioni con la RAI-TV regionale e con altre emittenti radiofoniche e televisive per l'inserimento nei programmi radiotelevisivi di notiziari, programmi culturali, educativi e di intrattenimento in lingua albanese o nelle altre lingue minoritarie.

La legge autorizza inoltre l'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione ad erogare contributi agli organi di stampa ed alle emittenti radiotelevisive a carattere privato che utilizzino la lingua albanese o le altre lingue minoritarie, nonché ad ad associazioni, centri culturali, Università ed enti religiosi che operano per la tutela della lingua e delle tradizioni delle popolazioni di origine albanese e delle altre lingue minoritarie presenti in Sicilia.

Si prevede infine l’istituzione in Piana degli Albanesi dell'Istituto per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico, linguistico, culturale, documentario e bibliografico delle minoranze linguistiche, che svolge attività di studio, ricerca, documentazione, conservazione di beni archivistici e bibliografici, promozione culturale, formazione per i docenti e quant'altro necessario per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico, linguistico e culturale delle minoranze linguistiche.


 



La legislazione delle regioni a statuto ordinario sulla tutela delle minoranze linguistiche e la valorizzazione del patrimonio linguistico regionale

 

 

 

Gli interventi regionali sulla tutela delle minoranze linguistiche sono stati in via generale molto limitati, risentendo di una giurisprudenza costituzionale che ha riservato alla legislazione statale la competenza sulla materia. A tal riguardo, tuttavia, si ricorda che in base a quanto disposto dall’articolo 13 della legge generale sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche, L. n. 482 del 1999, le regioni a statuto ordinario nelle materie di loro competenza sono tenute a conformare la propria legislazione ai princìpi stabiliti dalla legge, mantenendo le eventuali disposizioni regionali che prevedono condizioni più favorevoli per le minoranze.

Questo indirizzo legislativo è stato ampiamente recepito nei nuovi statuti regionali approvati a seguito della legge costituzionale n. 1/1999. Tutte le regioni hanno inserito fra i principi fondamentali dei loro statuti la salvaguardia e la valorizzazione delle minoranze linguistiche e culturali insediate nei rispettivi territori.

Tra le leggi finora adottate si ricordano:

§         la legge della regione Veneto 23 dicembre 1994, n. 73 "Promozione delle minoranze etniche e linguistiche del Veneto", che dispone la concessione di contributi in favore di alcuni organismi che promuovono al tutela e la valorizzazione del patrimonio storico-culturale delle comunità etniche e linguistiche storicamente presenti nella regione e inventiva la costituzione di un Istituto Regionale di Cultura Ladina, tra le associazioni culturali ladine e gli enti locali interessati;

§         la legge della regione Piemonte 10 aprile 1990, n. 26 "Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell’originale patrimonio linguistico del Piemonte", come modificata dalla legge regionale 17 giugno 1997, n. 37[13] che introduce forme di tutela, oltre che della lingua piemontese, anche delle lingue storiche del Piemonte: occitano, franco-provenzale e walser;

§         la legge della regione Liguria 2 maggio 1990, n. 32 "Norme per lo studio, la tutela, la valorizzazione e l'uso sociale di alcune categorie di beni culturali e in particolare dei dialetti e delle tradizioni popolari della Liguria", come modificata e integrata dalla L.R. 17 dicembre 1998, n. 37;

§         la legge della regione Emilia-Romagna 7 novembre 1994, n. 45 "Tutela e valorizzazione dei dialetti dell'Emilia-Romagna";

§         la legge della regione Calabria L.R. 30-10-2003 n. 15 (modificata da ultimo dall’art. 27 della L.R. 7/2006) “Norme per la tutela e la valorizzazione della lingua e del patrimonio culturale delle minoranze linguistiche e storiche della Calabria” che riguarda la tutela delle “parlate della popolazione albanese, grecanica e occitanica della Calabria”. La legge favorisce l’alfabetizzazione e l’insegnamento di queste lingue anche all’interno dell’ordinamento scolastico generale, istituisce organismi di promozione e diffusione e tutela gli interessi socio-economici e ambientali delle popolazioni e dei territori dove quelle minoranze sono localizzate.

§         la legge della regione Basilicata 3 novembre 1998, n. 40 “Norme per la promozione e tutela delle Comunità Arbreshe in Basilicata”[14];

§         la legge della regione Molise 14 maggio 1997, n. 15 “Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale delle minoranze linguistiche nel Molise”, con la quale sono promosse e sostenute iniziative di valorizzazione delle comunità molisane di origine croata ed albanese, sulla base del principio secondo il quale la protezione e la valorizzazione delle lingue minoritarie contribuiscono alla costruzione di un’Europa fondata sui principi della democrazia e del rispetto delle diversità culturali.

 


Progetti di legge

 


N. 2705

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro degli affari esteri

(D'ALEMA)

e dal ministro per gli affari regionali e le autonomie locali

(LANZILLOTTA)

di concerto con il ministro dell'interno

(AMATO)

con il ministro della giustizia

(MASTELLA)

con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

con il ministro delle comunicazioni

(GENTILONI SILVERI)

con il ministro della pubblica istruzione

(FIORONI)

con il ministro dell'università e della ricerca

(MUSSI)

e con il ministro per i beni e le attività culturali

(RUTELLI)

¾

 

 Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

 

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Presentato il 29 maggio 2007

 

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Onorevoli Deputati! - 1. Generalità. La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie mira a proteggere le lingue regionali o minoritarie e promuovere il loro utilizzo al fine di salvaguardare l'eredità e le tradizioni culturali europee, nonché il rispetto della volontà dei singoli di potere usare tali lingue nell'ambito delle attività pubbliche o private.

2. Origini e sviluppo dell'esercizio. La ragion d'essere dello strumento deriva dalla constatazione dell'importanza rivestita dalle lingue minoritarie o regionali in alcuni territori e dalla necessità di preservarne l'esistenza attraverso misure specifiche da parte dei Paesi membri dell'Unione europea e contraenti nel più ampio contesto della salvaguardia del patrimonio culturale europeo. Tra le misure da adottare si segnalano il rispetto per l'area geografica di ciascuna lingua e l'incoraggiamento all'uso di tali lingue attraverso adeguate misure di insegnamento.

La Carta propone, inoltre, misure specifiche per promuovere tali lingue anche nel campo pubblico, in settori quali quelli dell'educazione, della giustizia, dei mezzi d'informazione, delle attività culturali, economiche e sociali.

Ogni Parte deve acconsentire ad un minimo di trentacinque paragrafi scelti tra l'elenco delle misure da adottare.

3. Contenuto dello strumento. Il documento comprende un Preambolo e 23 articoli suddivisi in 5 parti:

parte I: «Disposizioni generali», contiene 6 articoli;

parte II: «Obiettivi e princìpi perseguiti conformemente all'articolo 2 paragrafo 1», contiene un articolo;

parte III: «Misure a favore dell'uso di lingue regionali o minoritarie nella vita pubblica, da adottare conformemente agli impegni sottoscritti in virtù dell'articolo 2 paragrafo 2», contiene 7 articoli;

parte IV: «Applicazione della Carta», contiene 3 articoli;

parte V: «Disposizioni finali», contiene 6 articoli.

4. Il Preambolo. Il Preambolo illustra nei «considerando» l'importanza di incentivare l'uso delle lingue minoritarie al fine di rafforzare l'unità tra i membri firmatari e di proteggere espressioni linguistiche che rischiano di estinguersi, contribuendo in tale modo a mantenere e a sviluppare le tradizioni e le eredità culturali europee. L'uso di tali lingue nella vita pubblica e privata è un diritto inalienabile conforme ai princìpi della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e allo spirito della Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Si sottolinea inoltre il fatto che la promozione di tali lingue regionali non deve avvenire a scapito di quelle ufficiali.

5. Parte I (articoli da 1 a 6). La parte I contiene la definizione di «lingue regionali o minoritarie», lingue diverse da quella ufficiale e parlate da una piccola parte della popolazione presente su un territorio.

Per ciò che concerne le lingue minoritarie da indicare al momento della ratifica, accettazione o approvazione (conformemente all'articolo 3), ogni Parte deve applicare un minimo di trentacinque paragrafi scelti tra le disposizioni della parte III della Carta, di cui almeno tre scelti da ognuno degli articoli 8 e 12, e uno da ognuno degli articoli 9, 10, 11 e 13.

6. Parte II (articolo 7). Riconosce che le minoranze linguistiche sono espressione di ricchezza culturale e che come tali devono essere salvaguardate dal rischio di estinzione nel rispetto dell'area geografica nella quale sono usate. Si esprime l'auspicio dell'uso della lingua minoritaria nelle sue

 

espressioni scritta e parlata, anche al fine di mantenere e di sviluppare le relazioni tra i gruppi che parlano la stessa lingua, nonché di promuovere la realizzazione di studi e ricerche in questo campo, favorendo scambi transnazionali per le minoranze linguistiche presenti in due o più Stati.

Le Parti si impegnano a eliminare, se ancora ve ne fossero, tutte le distinzioni, esclusioni, restrizioni linguistiche che danneggiano l'uso delle lingue regionali, evitando così di ostacolarne la diffusione.

7. Parte III (articoli da 8 a 14). Le Parti si impegnano a prevedere l'insegnamento della lingua regionale parlata nel proprio territorio a tutti i livelli, dalla scuola materna all'istruzione universitaria (articolo 8).

Le Parti si impegnano a dare adeguata protezione legale ai cittadini che si esprimono in una determinata lingua regionale. Esse dichiarano di fare quanto possibile per rendere accessibile i testi legislativi nazionali più importanti a coloro che parlano tali idiomi (articolo 9).

Per le circoscrizioni amministrative dello Stato nelle quali risiedono persone che parlano tali lingue, le Parti si impegnano, dove possibile, a fare in modo che queste persone vedano protetti i loro diritti in campo amministrativo, cosìcché possano, ad esempio, avere formulari legislativi, nonché la possibilità di redigere documenti direttamente in tali lingue, o impiegare questi idiomi in dibattiti e assemblee, senza esclusione tuttavia della lingua ufficiale. Per fare in modo che ciò sia possibile, le Parti si impegnano a prendere una o più di queste misure: a) traduzione o interpretazione; b) impiego di un maggior numero di funzionari; c) soddisfare le richieste di funzionari pubblici che conoscono una lingua regionale ad avere un posto di lavoro nel territorio dove essa è parlata (articolo 10).

Le Parti si impegnano a creare quanto meno una stazione radio e un canale televisivo nelle lingue originali, ad incoraggiare la creazione di almeno un quotidiano redatto in una di tali lingue e a sostenere la formazione dei giornalisti (articolo 11).

Le Parti danno la propria disponibilità a favorire e incoraggiare attività culturali attraverso la creazione di librerie, videoteche, centri culturali, musei, teatri e cinema (articolo 12).

Per ciò che concerne le attività economiche e sociali, le Parti si impegnano ad escludere dalla loro legislazione tutte le disposizioni che limitano, senza ragione, il ricorso alle lingue regionali nei documenti relativi alla vita economica o sociale; si impegnano inoltre a ridefinire le loro regolamentazioni bancarie e finanziarie in tale senso (articolo 13).

Le Parti si impegnano ad applicare accordi bilaterali e multilaterali negli Stati dove sono presenti le medesime lingue regionali, in modo da favorire i contatti tra le persone che usano lo stesso idioma (articolo 14).

8. Parte IV (articoli da 15 a 17). Le Parti presenteranno periodicamente al Segretario generale del Consiglio d'Europa un rapporto sulla politica seguìta, rendendo pubblici i loro rapporti (articolo 15). Tali rapporti saranno poi esaminati da un comitato di esperti.

Il Segretario generale del Consiglio d'Europa redigerà un rapporto biennale dettagliato sull'applicazione della Carta, che verrà consegnato all'Assemblea parlamentare (articolo 16).

Il comitato di esperti sarà formato da un membro per ogni Parte, designato dal Comitato dei Ministri, in base ad una lista di persone con competenze riconosciute nelle materie trattate dalla Carta. Tali esperti sono nominati per un periodo di sei anni con mandato rinnovabile (articolo 17).

9. Parte V (articoli da 18 a 23). Gli ultimi sei articoli contengono le clausole finali. La Carta è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa ed è soggetta a ratifica, accettazione o approvazione (articolo 18).

La Carta entrerà in vigore il primo giorno del mese che segue la scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui cinque Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso ad essere Parti della Carta in conformità a quanto stabilito nell'articolo 18 (articolo 19).

Dopo l'entrata in vigore della Carta, il Comitato dei Ministri potrà invitare gli Stati non membri del Consiglio d'Europa ad aderire alla stessa (articolo 20). Tutti gli Stati al momento della ratifica, accettazione o approvazione, possono formulare una o più riserve sui paragrafi 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 7. Non sono ammesse altre riserve (articolo 21).

Tutte le Parti possono denunciare la Carta mediante notifica al Segretario generale del Consiglio d'Europa: tale notifica avrà effetto a decorrere dal primo giorno del mese che segue la scadenza di un periodo di sei mesi dopo la data di ricevimento della notifica da parte del Segretario generale (articolo 22).

Il Segretario generale notificherà a tutti gli Stati aderenti le firme, il deposito di tutti gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione e la data di entrata in vigore della Carta (articolo 23).

Paragrafi individuati da parte dell'Italia.

Da parte italiana la firma della Carta è stata seguita dalla predisposizione di un'apposita legge in materia, in modo da poter già disporre di una normativa coerente con le prescrizioni della Carta. La legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» è da considerarsi pertanto un recepimento sostanziale della Carta nell'ordinamento interno italiano.

All'atto della ratifica ogni Parte contraente dichiarerà (articolo 3, paragrafo 1) a quali lingue regionali o minoritarie si applicheranno i paragrafi scelti conformemente all'articolo 2, paragrafo 2. Per l'Italia le lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo sono considerate lingue minoritarie sul proprio territorio; tali lingue sono già oggetto di tutela in base al disposto dell'articolo 2 della citata legge n. 482 del 1999.

L'elenco delle minoranze viene specificato in conformità a quanto sancito dall'articolo 3, paragrafo 1, della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Secondo quanto previsto dall'articolo 2, paragrafo 2, di tale Carta, la Repubblica italiana applicherà a queste lingue i seguenti paragrafi scelti tra le disposizioni contenute nella parte III della Carta.

Articolo 8 riguardante l'insegnamento.

Per quanto riguarda l'insegnamento, le Parti, all'interno del territorio in cui sono usate queste lingue, e senza pregiudizio all'insegnamento delle lingue ufficiali di Stato, si impegnano a: in materia di istruzione prescolare: 1,a), fare in modo che nell'istruzione prescolare sia presente l'insegnamento delle lingue regionali o minoritarie rilevanti (anche per gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); in materia di istruzione primaria: 1,b),(i), fare in modo che nell'istruzione primaria sia presente l'insegnamento delle lingue regionali o minoritarie interessate (riguarda gli sloveni e i tedeschi); 1,b),(ii) fare in modo che una parte sostanziale dell'istruzione primaria sia impartita nella lingua o nelle lingue regionali o minoritarie interessate (riguarda solo i francofoni); 1,b),(iii), provvedere, nel corso dell'educazione primaria, all'insegnamento della lingua regionale o minoritaria rilevante, come facente parte del curriculum (riguarda solo i ladini); in materia di istruzione secondaria: 1,c),(i), fare in modo che gli insegnamenti nella scuola secondaria siano impartiti nella lingua o nelle lingue regionali o minoritarie interessate (riguarda gli sloveni e i tedeschi); 1,c),(ii), fare in modo che una parte sostanziale degli insegnamenti nella scuola secondaria sia impartita nella lingua o nelle lingue regionali o minoritarie interessate (riguarda solo i francofoni); 1,c),(iii), provvedere, nel corso dell'educazione secondaria, all'insegnamento della lingua regionale o minoritaria rilevante, come facente parte del curriculum (riguarda solo i ladini); in materia di istruzione professionale: 1,d),(i) fare in modo che gli insegnamenti professionali e tecnici siano impartiti nella lingua o nelle lingue regionali o minoritarie interessate (riguarda gli sloveni e i tedeschi); 1,d),(ii), fare in modo che una parte sostanziale degli insegnamenti professionali e tecnici siano impartiti nella lingua o nelle lingue regionali o minoritarie interessate (riguarda solo i francofoni); 1,d),(iii), provvedere, nel corso dell'istruzione professionale e tecnica, all'insegnamento della lingua o delle lingue regionali o minoritarie interessate, come facente parte del curriculum (riguarda solo i ladini); in materia di insegnamento per adulti: 1,f),(iii), se le autorità pubbliche non hanno competenza diretta nel campo dell'educazione per adulti, esse devono favorire e incoraggiare l'apprendimento di tali lingue come oggetto di insegnamento per gli adulti (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini); in materia di insegnamenti di storia e di cultura: 1,g), mettere in atto delle disposizioni al fine di assicurare l'insegnamento della storia e della cultura che si rispecchia nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini); in materia di formazione degli insegnanti: 1,h), provvedere alla formazione di base per gli insegnanti al fine di attivare le disposizioni di cui alle lettere da a) a g) del paragrafo 1 dell'articolo 8 accettate dalle Parti (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini); in materia di organi di vigilanza: 1,(i), creare un corpo di sorveglianza responsabile del monitoraggio sulle misure prese e sui progressi raggiunti nell'insegnamento delle lingue regionali o minoritarie e per la redazione di documenti periodici che saranno resi pubblici (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini).

Articolo 9 riguardante la giustizia.

Relativamente ai distretti giudiziari in cui il numero di residenti facenti uso delle lingue regionali o minoritarie giustifichi le misure specificate, secondo la situazione di ciascuna lingua e a condizione che l'uso delle facilitazioni offerte o permesse dall'articolo 9 non sia considerato dal giudice come un intralcio per la corretta amministrazione della giustizia, le Parti si impegnano a prevedere che:

1,a),(i), nelle procedure penali le corti conducano i processi nella lingua regionale o minoritaria, qualora una parte lo richieda (riguarda solo i tedeschi); 1,a),(ii), nelle procedure penali venga garantito all'accusato il diritto di esprimersi nella propria lingua minoritaria o regionale (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini); 1,a),(iii), nelle procedure penali le prove scritte od orali non siano considerate inaccettabili solo perché esse vengono formulate in una lingua regionale o minoritaria (riguarda sloveni e tedeschi); 1,a),(iv), nelle procedure penali vengano stabiliti gli atti connessi a una procedura giudiziaria nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda solo i tedeschi); 1,b),(i), nelle procedure civili, le corti conducano tali processi nella lingua regionale o minoritaria, qualora una parte lo richieda (riguarda solo i tedeschi); 1,b),(ii), alla persona sia permesso di comparire davanti alla corte, ogni volta che viene discussa una causa, potendo usare la propria lingua regionale o minoritaria senza incorrere in costi aggiuntivi (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini); 1,b),(iii), possano essere prodotti documenti e prove nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini); 1,c),(i), nelle procedure davanti alle giurisdizioni competenti in materia amministrativa la corte conduca le procedure nelle lingue regionali o minoritarie, qualora ci sia una richiesta proveniente da una delle parti (riguarda solo i tedeschi); 1,c),(ii), nelle procedure davanti alle giurisdizioni competenti in materia amministrativa, la persona possa comparire davanti alla corte potendo usare la propria lingua regionale o minoritaria senza incorrere in costi aggiuntivi (riguarda solo i tedeschi); 1,c),(iii), nelle procedure davanti alle giurisdizioni competenti in materia amministrativa possano essere prodotti documenti e prove nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda solo i tedeschi); 2,c), non venga rifiutata la validità degli atti giuridici stabiliti in ciascuno Stato per il solo fatto che sono redatti in una lingua regionale o minoritaria (riguarda sloveni, francofoni, tedeschi e ladini).

Articolo 10 riguardante le autorità amministrative e i servizi pubblici.

1. Nelle circoscrizioni delle autorità amministrative dello Stato nelle quali risiede un numero di persone che usano lingue regionali o minoritarie che giustifichi le misure che seguono, e secondo le situazioni di ogni lingua, le Parti, per quanto è nelle loro possibilità, si impegnano a: per quanto concerne la presentazione di domande orali e scritte (Stato): 1,a),(i), assicurare che le autorità amministrative utilizzino le lingue regionali o minoritarie (riguarda solo i tedeschi); 1,a),(ii), assicurare che coloro che sono a contatto con il pubblico usino le lingue regionali o minoritarie con le persone che le parlano (riguarda solo i francofoni); 1,a),(iii), assicurare che coloro che parlano tali lingue regionali o minoritarie possano presentare delle domande orali e scritte, e ricevere una risposta nella stessa lingua regionale o minoritaria usata (riguarda gli sloveni e i ladini); per quanto concerne i moduli in lingua: 1,b), mettere a disposizione formulari e testi amministrativi di uso corrente per la popolazione nelle lingue regionali o minoritarie, oppure in versioni bilingui (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne i documenti in lingua: 1,c), permettere alle autorità amministrative di redigere documenti in una lingua regionale o minoritaria (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

2. Per ciò che concerne le autorità locali e regionali sui territori nei quali risiede un numero di interlocutori di lingue regionali o minoritarie che giustifichi le misure riportate a seguire, le Parti si impegnano a permettere e ad incoraggiare: per quanto concerne l'uso della lingua: 2,a), l'uso delle lingue regionali o minoritarie all'interno dell'amministrazione regionale o locale (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne domande orali e scritte (enti locali): 2,b), la possibilità per coloro che parlano una lingua regionale o minoritaria di presentare domande orali o scritte in una di queste lingue (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne la pubblicazione di testi ufficiali: 2,c), la pubblicazione da parte di collettività regionali di testi ufficiali anche nelle lingue regionali o minoritarie rilevanti (riguarda francofoni e tedeschi); 2,d), la pubblicazione da parte di collettività locali di testi ufficiali anche nelle loro lingue regionali o minoritarie; per quanto concerne i dibattiti assembleari: 2,e), l'uso da parte di collettività regionali, di lingue regionali o minoritarie nei dibattiti delle loro assemblee, senza escludere l'uso della lingua ufficiale (o delle lingue ufficiali) dello Stato (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); 2,f), l'uso da parte di collettività locali di lingue regionali o minoritarie nei dibattiti delle loro assemblee, senza escludere l'uso della lingua ufficiale (o delle lingue ufficiali) dello Stato (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne la toponomastica: 2,g), l'impiego o l'adozione, se necessario in congiunzione alla denominazione della lingua ufficiale (o delle lingue ufficiali), di forme tradizionali e corrette di toponomastica nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

3. Per ciò che concerne i servizi pubblici assicurati da autorità amministrative o da altre persone che agiscono per loro conto, le Parti contraenti si impegnano, sui territori nei quali vengono parlate le lingue regionali o minoritarie, in funzione della situazione di ogni lingua e nella misura in cui ciò è ragionevolmente possibile, a: per quanto riguarda i servizi pubblici: 3,a), assicurare che le lingue regionali o minoritarie siano impiegate in occasione della presentazione del servizio (riguarda francofoni e tedeschi); 3,b), permettere a coloro che parlano tali lingue regionali o minoritarie di formulare una domanda e ricevere una risposta nella stessa lingua da loro utilizzata (riguarda sloveni e ladini).

 4. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3, che esse hanno accettato, le Parti si impegnano a prendere una o più delle seguenti misure: per quanto concerne il personale parlante la lingua regionale o minoritaria: 4,a), fornire la traduzione o l'interpretazione eventualmente richiesta; 4,b), reclutare e, ove necessario, formare funzionari e altri agenti pubblici in numero sufficiente; 4,c), soddisfare, nella misura possibile, le domande degli agenti pubblici che conoscono una lingua regionale o minoritaria di essere destinati al territorio in cui quella lingua è usata (tali punti riguardano gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

5. Per quanto concerne il ripristino di cognomi e di nomi originali: le Parti si impegnano a permettere, su richiesta delle persone interessate, l'impiego o l'adozione di nomi e di cognomi nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

Articolo 11 in materia di mezzi di comunicazione.

1. Le Parti si impegnano, per coloro che parlano quelle lingue regionali o minoritarie all'interno dei territori in cui esse vengono parlate, a: per quanto concerne la radio e la televisione: 1,a),(iii), prendere adeguati provvedimenti affinché i radiodiffusori offrano programmi nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne la diffusione di programmi radio televisivi: 1,b),(ii), incoraggiare e facilitare le trasmissioni radio nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); 1,c),(ii), incoraggiare e facilitare i programmi di trasmissione televisiva nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne la diffusione di audiovisivi: 1,d), incoraggiare e facilitare la produzione e la distribuzione di lavori audio e audiovisivi nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini); per quanto concerne l'editoria: 1,e),(i), incoraggiare e facilitare la creazione e il mantenimento di almeno un quotidiano nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni e i tedeschi); 1,e),(ii), incoraggiare e facilitare la pubblicazione di articoli di giornali nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda i francofoni e i ladini).

2. Per quanto concerne la libertà di trasmissione televisiva: le Parti si impegnano a garantire libertà di ricezione diretta di programmi radio-televisivi da Paesi confinanti in una lingua usata in una forma simile o identica alla lingua regionale o minoritaria e a non opporsi alla ritrasmissione di trasmissioni radio-televisive nella stessa lingua. Le Parti assicurano anche che non saranno apposte restrizioni alla libertà di espressione e alla libera circolazione di informazioni sui quotidiani in una lingua usata in un modo identico o simile ad una lingua regionale o minoritaria. L'esercizio delle citate libertà può essere soggetto ad alcune formalità, condizioni, restrizioni e penalità come prescritto dalla legge che sono necessarie in una società democratica nell'interesse della sicurezza nazionale, integrità territoriale o sicurezza pubblica, per la prevenzione di disordini o crimini, per la protezione della salute, dei diritti e per mantenere l'autorità e l'imparzialità della magistratura (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

3. Per quanto concerne la libertà di comunicazione: le Parti si impegnano ad assicurare che gli interessi di coloro che usano le lingue regionali o minoritarie siano rappresentati o presi in considerazione come stabilito in accordo con la legge, per garantire la libertà e il pluralismo dei mezzi di informazione (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

Articolo 12 riguardante le attività e infrastrutture culturali.

Con riguardo ad attività e infrastrutture culturali - librerie, videoteche, biblioteche, musei, centri culturali, archivi, teatri e cinema, così come produzioni di film, opere letterarie, forme di espressione vernacolare, festival - le Parti, all'interno dei territori in cui sono usate queste lingue, si impegnano a: per quanto concerne le attività culturali: 1,a), incoraggiare tipi di espressione e di iniziativa specifici per le lingue regionali o minoritarie e rafforzare i differenti mezzi di accesso ai lavori prodotti in queste lingue; 1,b), rafforzare i differenti mezzi di accesso in altre lingue per i lavori prodotti nelle lingue regionali o minoritarie aiutando e sviluppando la traduzione, la post-sincronizzazione e i sottotitoli; 1,c), rafforzare l'accesso nelle lingue regionali o minoritarie per i lavori prodotti in altre lingue aiutando a sviluppare traduzioni e sottotitoli; 1,d), assicurare che i corpi responsabili per l'organizzazione e per il supporto culturale ad attività di vario genere facciano lavori appropriati per incorporare la conoscenza e l'utilizzo delle lingue regionali o minoritarie negli impegni che si sono proposti di portare avanti; 1,f), incoraggiare la partecipazione diretta dei rappresentanti di coloro che parlano una lingua regionale o minoritaria al fine di procurare facilitazioni e attività culturali (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini): 1,e), promuovere misure per assicurare che i corpi responsabili per l'organizzazione e il supporto delle attività culturali abbiano a loro disposizione personale che conosca perfettamente la lingua regionale o minoritaria in questione, così come le lingue ufficiali parlate dal resto della popolazione (riguarda solo i tedeschi); per quanto concerne le agenzie per la diffusione di opere in lingua minoritaria: 1,g), incoraggiare e facilitare la creazione di un corpo o di più corpi responsabili per il controllo e la pubblicazione di opere prodotte nelle lingue regionali o minoritarie (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

Articolo 13 riguardante la vita economica e sociale.

Norme non discriminatorie: 1,c), con riguardo alle attività economiche e sociali, le Parti si impegnano, all'interno del proprio territorio nazionale, ad opporsi alle pratiche volte a scoraggiare l'uso delle lingue regionali o minoritarie in connessione con attività economiche e sociali (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

Articolo 14 riguardante gli scambi transfrontalieri.

Per quanto concerne la cooperazione transfrontaliera: 1,a), le Parti si impegnano ad applicare accordi bilaterali e multilaterali già esistenti che legano le Parti stesse con gli Stati in cui sono usate le stesse lingue in una forma uguale o simile, ovvero, se necessario, a cercare di concludere tali accordi in modo da incoraggiare e rafforzare i contatti tra coloro che parlano la stessa lingua regionale o minoritaria nei campi concernenti la cultura, l'educazione, l'informazione (riguarda solo gli sloveni); 1,b), le Parti si impegnano al fine di facilitare e promuovere la cooperazione oltre frontiera, in particolare tra quelle regioni o autorità locali nel cui territorio è usata la stessa lingua regionale o minoritaria (riguarda gli sloveni, i francofoni, i tedeschi e i ladini).

Sul piano generale, per quanto attiene agli oneri derivanti dalla Carta europea per le lingue regionali o minoritarie si precisa che la ratifica ed esecuzione dell'atto internazionale non comporta ulteriori oneri finanziari in quanto le misure di tutela contenute nei paragrafi e alinee, che l'Italia intende applicare, sono ricomprese nelle disposizioni normative della legge 15 dicembre 1999, n. 482, che prevede appositi fondi. In ordine alle iniziative di tutela concorrente (articoli 10, 11 e 12) si fa presente che nel documento del Coordinamento interregionale (allegato 3) è affermato che gli adempimenti non coperti dai fondi previsti dalla citata legge n. 482 del 1999 risultano totalmente a carico delle regioni e degli enti locali.

Infine, per quanto attiene all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, della Carta, si precisa che eventuali ulteriori riconoscimenti a favore di altre minoranze linguistiche, effettuati dopo la ratifica della medesima Carta, dovranno trovare copertura attraverso provvedimenti ad hoc.

Il presente disegno di legge è composto da cinque articoli. Oltre a quelli usuali, sono stati inseriti due articoli concernenti gli effetti della Convenzione nell'ordinamento interno: uno riguarda l'individuazione dei trentacinque paragrafi della Convenzione che l'Italia intende applicare, individuati in apposito elenco costituente parte integrante del disegno di legge; l'altro è stato inserito su richiesta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, coproponente del provvedimento, e riguarda la programmazione radiotelevisiva per la diffusione delle lingue regionali o minoritarie riconosciute, di cui il Ministero delle comunicazioni dovrà tenere conto nell'ambito del contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.

Come detto, la ratifica del presente provvedimento non comporta oneri finanziari poiché gli adempimenti assunti, secondo quanto confermato espressamente dal Ministero dell'interno, risultano coperti dallo stanziamento previsto per il finanziamento della legge n. 482 del 1999 e le disposizioni accettate, non incidono sulla normativa interna nel rispetto dei contenuti della circolare del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 1998, relativa agli adempimenti del Governo in materia di istruttoria legislativa. Per tali considerazioni non si redige la relazione tecnica.

Si segnala infine che la Carta, in relazione a quanto disposto dall'articolo 1, lettera c), tutela anche le «lingue non territoriali» con ciò intendendo quelle che non possono essere ricollegate ad un'area geografica particolare.

Atteso che la minoranza zingara, nel nostro Paese, non è stata riconosciuta dalla citata legge n. 482 del 1999, proprio perché si tratta di una etnia non ancorata a un territorio, occorre che, in sede di ratifica della Carta, venga formulata la riserva disposta all'articolo 21 della medesima Carta, relativamente al paragrafo 5 dell'articolo 7 della stessa, nel quale è prevista la tutela delle «lingue non territoriali».




ANALISI TECNICO-NORMATIVA

1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.

A) Analisi del quadro normativo.

La ratifica della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie non comporta oneri finanziari in quanto gli adempimenti assunti risultano coperti dallo stanziamento previsto per il finanziamento della legge n. 482 del 1999.

Le disposizioni introdotte dalla Convenzione non necessitano di norme di adeguamento interno, salvo quanto disposto dall'articolo 4, in quanto interamente coperte dalla normativa nazionale.

È inserita nel disegno di legge la previsione che la Repubblica italiana dichiara che le lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo sono considerate lingue minoritarie sul proprio territorio, conformemente a quanto disposto dall'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.

L'elencazione delle minoranze viene specificata in conformità a quanto sancito dall'articolo 3, paragrafo 1, della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Secondo quanto previsto dall'articolo 2, paragrafo 2, di tale Carta, la Repubblica italiana applicherà a queste lingue i seguenti paragrafi scelti fra le disposizioni contenute nella parte III della Carta:



SI OMETTE IL TESTO FOTOGRAFATO

 

 

Dichiarazioni:

In aggiunta a tali paragrafi, soltanto per la minoranza croata, si applica la lettera a) dell'articolo 14, in quanto la relativa misura è prevista dal Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze, ratificato ai sensi della legge 23 aprile 1998, n. 129.

Per le lingue delle minoranze presenti nelle regioni a statuto speciale (Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia) e nelle province autonome di Trento e di Bolzano sono stati individuati gli ulteriori paragrafi, corrispondenti alle disposizioni vigenti più favorevoli dei rispettivi statuti.

Naturalmente, come previsto dall'articolo 3, paragrafo 2, della Carta, ulteriori paragrafi più favorevoli relativi alle minoranze di confine, potranno essere accettati.

 



ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

A) Ambito dell'intervento.

La ratifica della Carta europea non comporta la necessità di emanare norme di adeguamento in quanto l'Italia vi aderisce sulla base di una esistente corrispondenza delle norme che si prevede di accettare con quelle contenute nella legge 15 dicembre 1999, n. 482, emanata successivamente all'apertura alla firma della Carta stessa (5 novembre 1992), alla sua entrata in vigore (1o marzo 1998) e prima della firma apposta il 27 giugno 2000.

Occorre, inoltre, precisare che per la minoranza croata la normativa di riferimento è contenuta nella legge 23 aprile 1998, n. 129, che ha ordinato l'esecuzione del Trattato italo-croato sui diritti delle minoranze, fatto a Zagabria il 5 novembre 1996, mentre per le minoranze presenti nelle regioni a statuto speciale (Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia), trovano applicazione, in quanto più favorevoli, le disposizioni dei rispettivi statuti, i cui contenuti sono stati individuati in appositi paragrafi contenuti nella analisi tecnico-normativa.

La ratifica e l'esecuzione dell'atto internazionale non comportano ulteriori oneri finanziari, in quanto le misure di tutela richiesta dalla Carta, sono ricomprese nelle disposizioni normative della legge 15 dicembre 1999, n. 482, che prevede appositi fondi.

Inoltre, si evidenzia che nessun costo aggiuntivo va sostenuto per quanto attiene all'articolo 17 della Carta, che prevede l'istituzione del comitato di esperti, essendo i relativi oneri a carico del bilancio del Segretario generale del Consiglio d'Europa, come disposto dal regolamento interno del citato comitato di esperti.

Anche nel corso di questa legislatura, come nella precedente, sono stati presentati progetti di legge di ratifica ed esecuzione dell'atto internazionale in parola. In particolare si rappresenta che la proposta di legge dell'onorevole Caparini (Atto Camera n. 1735) ripropone il testo che nella passata legislatura ha dato luogo ad un unico atto approvato, atto Senato n. 2545.

Il testo che viene proposto dal Governo, invece, tiene conto del dibattito parlamentare tenutosi nel corso della XIV legislatura e degli orientamenti espressi dalle amministrazioni concertanti.

 



 


 disegno di legge

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Art. 1.

(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, di seguito denominata: «Carta».

 

Art. 2.

(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Carta, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 19 della Carta stessa.

 

Art. 3.

(Ambito di applicazione).

1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 2, paragrafo 2, e dall'articolo 3, paragrafo 1, della Carta, le disposizioni ivi contenute si applicano, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, alle lingue regionali o minoritarie di cui all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, secondo quanto contenuto nell'allegato A annesso alla presente legge.

 

Art. 4.

(Programmazione radiotelevisiva).

1. In applicazione dell'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della Carta, nel contratto di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo sono introdotte misure dirette ad assicurare la diffusione di programmi radiotelevisivi nelle lingue regionali e minoritarie di cui all'articolo 3 della presente legge.

 

Art. 5.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 



Allegato A

(articolo 3)

DISPOSIZIONI DELLA CARTA EUROPEA DELLE LINGUE REGIONALI O MINORITARIE

Articolo 8, paragrafo 1:

a(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e slovene;

b(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

b(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

b(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale, il friulano, l'occitano e il sardo;

c(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e slovene;

c(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

c(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

c(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale, il friulano, l'occitano e il sardo;

d(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e slovene;

d(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

d(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

f(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

f(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

h: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

 

i: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 9, paragrafo 1:

a(i): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

a(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

a(iii): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e slovene;

a(iv): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

b(i): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige;

b(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c(i): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige;

c(ii): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

c(iii): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige;

d: lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige.

Articolo 9, paragrafo 2:

c: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige, slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino.

Articolo 10, paragrafo 1:

a(i): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

a(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

a(iii): lingue delle popolazioni slovene e di quelle parlanti il ladino;

a(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale, il friulano, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige, slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino;

 

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 2:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e di quelle parlanti il francese;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

f: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 3:

a: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e di quelle parlanti il francese;

b: lingue delle popolazioni slovene e di quelle parlanti il ladino.

Articolo 10, paragrafo 4:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

 

 

Articolo 10, paragrafo 5:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 1:

a(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige), greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige e slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino;

e(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige), greche, croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 2:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 3:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 12, paragrafo 1:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

 

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

f: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

h: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 12, paragrafo 3:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 13, paragrafo 1:

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 13, paragrafo 2:

a: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

b: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

c: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige.

Articolo 14:

a: lingue delle popolazioni slovene e croate;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

 


(omissis)

 

 


 

N. 2620

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

TURCO, BELTRANDI, CAPEZZONE, D'ELIA, MELLANO, PORETTI

 

 

¾

 

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 9 maggio 2007

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

Onorevoli Colleghi! - Il Governo italiano ha sottoscritto la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, avente ad oggetto importanti aspetti della vita civile e sociale. È pertanto opportuno che si provveda a ratificare tale atto e a disporne l'esecuzione nell'ordinamento interno.
A questo fine viene presentata la presente proposta di legge, che si raccomanda all'attenzione e all'approvazione della Camera dei deputati.

 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992.

Art. 2.

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Carta europea di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 19 della Carta stessa.

Art. 3.

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'ac-cantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

(omissis)


N. 3096

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

ZELLER, BRUGGER, WIDMANN, BEZZI, NICCO

 

¾

 

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali
o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 28 settembre 2007

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


Onorevoli Colleghe e Colleghi! - La Carta europea delle lingue regionali o minoritarie è stata redatta in seno al Consiglio d'Europa e aperta alla firma a Strasburgo il 5 novembre 1992. Fino ad oggi risulta firmata da 33 Stati membri del Consiglio d'Europa, con lo scopo di tutelare le lingue storiche regionali o minoritarie d'Europa che rischiano purtroppo di scomparire.

Il trattato, in vigore dal 1o marzo 1998 dopo il raggiungimento delle cinque ratifiche previste, risulta ratificato solo da 22 Stati, mentre i restanti 11 non hanno ancora avviato o esaurito le procedure allo scopo previste.

Il diritto ad usare una lingua regionale e minoritaria nella vita, sia pubblica che privata, rappresenta un diritto inalienabile dell'uomo, previsto nel Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato e aperto alla firma a New York il 19 dicembre 1966, e reso esecutivo ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e in conformità anche alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848.

L'Italia ha firmato il trattato sette anni fa, esattamente il 27 giugno 2000, ma non ha ancora approvato lo strumento di ratifica. Durante la scorsa legislatura, il Senato della Repubblica purtroppo non è riuscito a concludere l'iter legislativo.

La presente proposta di legge ripropone in sostanza il testo presentato alla Camera dei deputati nella XIV legislatura (atto Camera n. 1723).

 

 

La Carta chiarisce quali debbano essere gli obiettivi e i princìpi ai quali gli Stati firmatari sono tenuti ad adeguare la propria politica legislativa. Prima di tutto, riconoscere le lingue regionali come espressione di ricchezza culturale; rispettare l'area geografica di ciascuna lingua regionale o minoritaria; agevolare e incoraggiare l'uso, orale e scritto, delle lingue in questione, sia nella vita privata che in quella pubblica; prevedere forme e mezzi per l'insegnamento e lo studio di queste lingue, nonché promuovere studi e ricerche nelle università o presso istituti equivalenti.

Il recepimento della Carta è una delle condizioni richieste dalle istituzioni europee, segnatamente dal Consiglio d'Europa, per l'adesione di nuovi Paesi al contesto comunitario, ed è quindi opportuno che un Paese fondatore del Consiglio d'Europa quale è l'Italia, provveda sollecitamente all'esecuzione di questo importante strumento internazionale; va dato atto peraltro che l'Italia, ancora prima di sottoscrivere la Carta nel 2000, ne aveva già dato di fatto un'attivazione sostanziale, approvando la legge n. 482 del 1999.

Vista l'importanza della proposta di legge, ormai non più procrastinabile, auspichiamo un rapido svolgimento e la conclusione dell'iter parlamentare della presente iniziativa legislativa di ratifica.



 


proposta di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, di seguito denominata «Carta».

 

Art. 2.

(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data alla Carta, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 19 della Carta stessa.

 

Art. 3.

(Ambito di applicazione).

1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 2, paragrafo 2, e dall'articolo 3, paragrafo 1, della Carta, e a decorrere dalla data di cui all'articolo 2 della presente legge, le disposizioni della Carta stessa si applicano su tutto il territorio nazionale alle lingue regionali o minoritarie di cui all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, nei termini indicati nell'allegato A alla presente legge.

 

Art. 4.

(Norma di salvaguardia).

1. Ai fini di quanto previsto dall'articolo 4 della Carta, sono comunque fatte salve eventuali disposizioni nazionali vigenti più favorevoli.

 

 

Art. 5.

(Programmazione radiotelevisiva).

1. In attuazione dell'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della Carta, in occasione del prossimo rinnovo del contratto di servizio tra il Ministero delle comunicazioni e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo sono introdotte misure dirette ad assicurare, anche attraverso l'utilizzo di frequenze dedicate, la diffusione delle lingue friulana e sarda, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Art. 6.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 



Allegato A

(articolo 3)

DISPOSIZIONI DELLA CARTA EUROPEA DELLE LINGUE REGIONALI O MINORITARIE

Articolo 8, paragrafo 1:

a(i): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e slovene;

b(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

b(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

b(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige/Südtirol), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale, il friulano, l'occitano e il sardo;

c(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e slovene;

c(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

c(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

c(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige/Südtirol), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale, il friulano, l'occitano e il sardo;

d(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e slovene;

d(ii): lingua delle popolazioni parlanti il francese;

d(iii): lingua delle popolazioni parlanti il ladino;

f(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

f(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

h: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

i: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

 

 

Articolo 9, paragrafo 1:

a(i): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

a(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

a(iii): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e slovene;

a(iv): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

b(i): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige/Südtirol;

b(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c(i): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige/Südtirol;

c(ii): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

c(iii): lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige/Südtirol;

d: lingue delle popolazioni germaniche e ladine dell'Alto Adige/Südtirol.

Articolo 9, paragrafo 2:

c: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol, slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino.

Articolo 10, paragrafo 1:

a(i): lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

a(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

a(iii): lingue delle popolazioni slovene e di quelle parlanti il ladino;

a(iv): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige/Südtirol), greche, croate e di quelle parlanti il franco-provenzale, il friulano, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol, slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino;

 

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

 

 

 

 

Articolo 10, paragrafo 2:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e di quelle parlanti il francese;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

f: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 3:

a: lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e di quelle parlanti il francese;

b: lingue delle popolazioni slovene e di quelle parlanti il ladino.

Articolo 10, paragrafo 4:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

 

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 10, paragrafo 5:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 1:

a(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol, slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino;

a(iii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, (con esclusione di quelle dell'Alto Adige/Südtirol), greche e di quelle parlanti il friulano e il sardo;

b(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e(i): lingue delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol e slovene e di quelle parlanti il francese e il ladino;

e(ii): lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche (con esclusione di quelle dell'Alto Adige/Südtirol), greche, croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 2:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 11, paragrafo 3:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

 

Articolo 12, paragrafo 1:

a: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

f: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

g: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

h: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 12, paragrafo 3:

lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 13, paragrafo 1:

c: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

Articolo 13, paragrafo 2:

a: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

b: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

c: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol;

 

d: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

e: lingua delle popolazioni germaniche dell'Alto Adige/Südtirol.

Articolo 14:

a: lingue delle popolazioni slovene e croate;

b: lingue delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.


(omissis)

 

 


N. 3099

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

¾

 

Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali
o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992

 

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Presentata il 28 settembre 2007

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Onorevoli Colleghi! - Il 5 novembre 1992 è stata emanata a Strasburgo la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

La Carta europea ha come scopo la protezione e la promozione di tutte quelle minoranze linguistiche storiche e regionali che hanno contribuito alla formazione del patrimonio culturale e artistico dell'Europa e riconosce il diritto di utilizzare tali lingue in ambiti amministrativi della vita economica e sociale delle aree geografiche nelle quali le stesse rappresentano il modo di esprimersi di un numero di persone, giustificante l'adozione di speciali misure di protezione e di promozione. Il trattato enuncia obiettivi e princìpi di massima cui le legislazioni dei vari Paesi devono aderire nel rispetto delle loro particolari minoranze.

Gli sconvolgimenti che hanno attraversato e attraversano anche il nostro continente dimostrano che la protezione delle minoranze nazionali è fattore indispensabile per la stabilità e la sicurezza delle istituzioni democratiche e per la pace, e che dunque essa è intimamente legata allo spirito dello scopo statutario del Consiglio d'Europa: cooperazione più stretta tra gli Stati membri per salvaguardare e promuovere gli ideali e i princìpi che ne costituiscono il patrimonio comune. Per questi

 

motivi, tale principio viene salvaguardato non solo dall'articolo 6 della nostra Costituzione e da alcune pronunce della Corte costituzionale - si veda fra tutte la n. 62 del 24 febbraio 1992 - ma anche dall'articolo 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatta a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848.

È in tale quadro che si inserisce la ratio della presente proposta di legge, che intende ratificare e conferire piena attuazione al contenuto della Carta europea, che assume un carattere fondamentale, trattandosi di uno dei pochi strumenti di diritto internazionale che si occupa delle minoranze nazionali. Il nostro Paese, infatti, non ha mai, sino ad ora, ratificato il trattato già in vigore dal 1o marzo 1998, mancando, in Italia, una specifica legislazione riguardante le minoranze linguistiche.

Tale lacuna è stata finalmente colmata con l'entrata in vigore della legge 15 dicembre 1999, n. 482.

Tale normativa ha consentito all'Italia non solo di sottoscrivere, il 27 giugno 2000, la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, associandosi ad altri ventuno Paesi firmatari, ma di aderire inoltre alla convenzione-quadro, sempre nell'ambito del Consiglio d'Europa, per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1o febbraio 1995 e resa esecutiva dalla legge 28 agosto 1997, n. 302. Senza una traduzione legislativa dei princìpi della Convenzione, la stessa non poteva essere applicabile direttamente nell'ordinamento interno. Visto pertanto che anche l'Italia si è dotata di un corpo legislativo proprio che garantisce le minoranze nazionali, si tratta ora di renderlo esecutivo attraverso l'autorizzazione parlamentare alla ratifica.

Ratificando la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie i Paesi firmatari si impegnano, tutti assieme, a rispettare, con criteri comuni, le lingue regionali o minoritarie, operando a livello europeo per il loro potenziamento.

Per tali ragioni si sollecita una rapida approvazione della presente proposta di legge.


 

 


 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992.

 

Art. 2.

1. Al fine di tutelare le minoranze linguistiche storiche di cui alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, e successive modificazioni, piena e intera esecuzione è data alla Carta di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 19 della Carta stessa.

2. A decorrere dalla medesima data di cui al comma 1, la legislazione in materia di lingue regionali o minoritarie è uniformata ai princìpi della Carta di cui all'articolo 1.

 

Art. 3.

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 51.645 euro per l'anno 2007, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accanto- namento relativo al medesimo Ministero.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 4.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

(omissis)

 

 

 




[1]     La Carta è stata firmata dall’Italia successivamente all’emanazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”: Per un’illustrazione del contenuto della legge, si veda la relativa scheda di lettura), con la quale il Parlamento ha inteso dare compiuta attuazione all’articolo 6 della Costituzione, il quale recita: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”.

[2]    Altra importante osservazione contenuta nella relazione introduttiva riguarda il preannuncio di una riserva da apporre al momento del deposito dello strumento di ratifica: infatti, mentre l’art. 1, lettera c) della Carta tutela anche le lingue non territoriali, la normativa italiana (legge 482/1999) non ha incluso la tutela della lingua della minoranza zingara, e sarebbe pertanto inadempiente sul punto specifico.

      Infine, la relazione introduttiva riporta un’illustrazione di dettaglio relativa ai paragrafi della Carta individuati dall’Italia ai fini dell’applicazione della stessa nel nostro Paese.

[3]    In realtà, come già notato, e come emerge dall’AIR (v. infra), la firma italiana ha seguito l’approvazione della legge 482/1999.

[4]     Legge 13 ottobre 1975, n. 654, “Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966”.

[5]     Decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, convertito, con modificazioni, in legge 25 giugno 1993, n. 205.

[6]     Tale garanzia è ulteriormente precisata dagli articoli 4, 6, 7, 8, 9 e 10 del D.P.R. n. 116 del 30.1.1973, "Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige in materia di ordinamento scolastico in provincia di Bolzano", modificato dal D.P.R. n. 761 del 4.12.1981 "Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige recanti modifiche al D.P.R. 20.1.1973, n. 116 in materia di ordinamento scolastico in provincia di Bolzano"

[7]    La materia è attualmente disciplinata dal D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, "Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino Alto-Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari", successivamente modificato dal D.Lgs. 24 luglio 1996, n. 446 "Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, concernente l'uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari".

[8]    L'art. 89 collegato all'art. 100, sull'uso della lingua tedesca nel pubblico impiego nella provincia di Bolzano, è stato attuato con successivi D.P.R. e precisamente con D.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, con il D.P.R. 19 ottobre 1977, n. 846, con D.P.R. 31 luglio 1978 n. 570, D.P.R. 31 luglio 1978, n. 571, D.Lgs. 11 luglio 1996, n. 445.

[9]    Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di funzioni in materia di tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche nella regione.

[10]   Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna

[11]    Provvedimenti per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio storico, culturale e linguistico delle comunità siciliane di origine albanese e delle altre minoranze linguistiche. Contributi alla province regionali per la gestione di corsi di laurea. Incremento del contributo di cui all’articolo 1della legge regionale 4 giugno 1980, n. 52.

[12]   Alcuni articoli della legge risultano, allo stato, impugnati dal Commissario dello Stato per la regione siciliana.

[13]   Modifiche e integrazioni alla legge regionale 10 aprile 1990, n. 26 (Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell’originale patrimonio linguistico del Piemonte)

[14]   Tale legge dispone l’abrogazione della precedente legge regionale intervenuta in materia, la L.R. 28 marzo 1996, n. 16, Promozione e tutela delle minoranze etnico-linguistiche di origine greco-albanese