Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Amnistia e indulto - A.C. 525 e abb. - Lavori preparatori nella XIV Legislatura
Riferimenti:
AC n. 525/XV   AC n. 662/XV
AC n. 663/XV   AC n. 1122/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 14    Progressivo: 1
Data: 03/07/2006
Descrittori:
AMNISTIA GRAZIA INDULTO     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
L n. 241 del 31-LUG-06     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Amnistia e indulto

A.C. 525 e abb.

Lavori preparatori nella XIV Legislatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 14/1

 

3 luglio 2006

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

file: GI0007s2

 


INDICE

Lavori preparatori nella XIV Legislatura

Progetti di legge

§      A.C. 458, (on. Cento), Concessione di indulto e modifica dei termini di prescrizione della pena per i reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale  2

§      A.C. 523 (on. Carboni), Concessione di indulto  2

§      A.C. 1260 (on. Trantino), Concessione di amnistia per i reati relativi alle costruzioni spontanee destinate ad uso abitativo permanente e diretto nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici2

§      A.C. 1283, (on. Pisapia), Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale  2

§      A.C. 1284, (on. Pisapia), Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile  2

§      A.C. 1606, (on. Boato), Concessione di amnistia condizionata e di indulto  2

§      A.C. 1607, (on. Boato), Concessione di amnistia e di indulto  2

§      A.C. 2417, (on. Russo Spena ed altri), Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale  2

§      A.C. 3151, (on. Taormina), Concessione di indulto  2

§      A.C. 3152, (on. Biondi e Cicchitto), Concessione di indulto  2

§      A.C. 3178, (on. Siniscalchi ed altri), Concessione di indulto revocabile  2

§      A.C. 3196, (on. Cento), Concessione di indulto  2

§      A.C. 3332, (on. Giuseppe Gianni), Concessione di amnistia e indulto  2

§      A.C. 3385, (on. Finocchiaro ed altri), Concessione di indulto  2

§      A.C. 3395, (on. Kessler ed altri), Concessione di indulto condizionato e revocabile e disposizioni  per il sostegno al reinserimento sociale dei detenuti scarcerati2

§      A.C. 3399, (on. Jannone), Concessione di indulto revocabile  2

§      A.C. 3465, (on. Moretti ed altri), Concessione di amnistia e indulto e condono di sanzioni disciplinari2

§      A.C. 4187, (on. Cento), Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile  2

§      A.C. 4188, (on. Cento), Concessione di indulto per le pene relative a reati di terrorismo  2

§      A.C. 4768, (on. Santori), Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 dicembre 1999  2

§      A.C. 5444, (on. Perrotta), Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva  2

§      A.C. 5456, (on. Perrotta), Concessione di amnistia per i delitti di sottrazione al servizio civile commessi fino al 15 novembre 2004  2

§      A.C. 5772, (on. Craxi e Milioto), Concessione di amnistia e di indulto  2

§      A.C. 5881, (on. Minniti ed altri), Concessione di amnistia per i reati di allontanamento illecito, assenza alla chiamata alle armi per il servizio di leva, diserzione, rifiuto del servizio e renitenza  2

§      A.C. 6207, (on. Fanfani), Concessione di indulto e norme in materia di sospensione dell'esecuzione e di estinzione della pena nei confronti di detenuti tossicodipendenti2

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 20 novembre 2002  2

Seduta del 3 dicembre 2002  2

Seduta del 22 dicembre 2002  2

Seduta del 14 gennaio 2003  2

Seduta del 15 gennaio 2003 (antimeridiana e pomeridiana)2

Seduta del 21 gennaio 2003  2

Seduta del 12 aprile 2005  2

Dibattito in Assemblea

Seduta del 22 dicembre 2005 (sull’ordine dei lavori)2

Seduta del 23 dicembre 2005  2

Seduta del 27 dicembre 2005  2

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 10 gennaio 2006  2

Seduta dell’11 gennaio 2006  2

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla II Commissione (Giustizia)

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 16 gennaio 2003  2

Seduta dell’11 gennaio 2006  2

-       IV Commissione (Difesa)

Seduta del 21 gennaio 2003  2

-       V Commissione (Bilancio)

Seduta del 15 gennaio 2003  2

Seduta dell’11 gennaio 2006  2

Seduta del 12 gennaio 2006  2

-       VII Commissione (Cultura)

Seduta del 15 gennaio 2003  2

Seduta del 16 gennaio 2003  2

-       VIII Commissione (Ambiente)

Seduta del 15 gennaio 2003  2

-       XI Commissione (Lavoro)

Seduta del 15 gennaio 2003  2

§      Pareri resi all’Assemblea

-       I Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 12 gennaio 2006  2

Relazione della II Commissione (Giustizia)

§      A.C. 458-523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881-6207-A  2

Esame in Assemblea

Seduta dell’11 gennaio 200611 gennaio 2006  2

Seduta del 12 gennaio 2006  2

 

 


Lavori preparatori nella XIV Legislatura

 


Progetti di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 458

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa del deputato CENTO

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Concessione di indulto e modifica dei termini di prescrizione della pena per i reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale

 

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Presentata il 4 giugno 2001

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        Onorevoli Colleghi!- La presente proposta di legge prevede un indulto da applicare alle condanne conseguite per i reati definiti di "terrorismo", commessi e giudicati con la legislazione d'emergenza.

        Non si intende entrare nel merito del- la diatriba "perdono" o meno. E', il perdono, una categoria che, in questa sede, ci è estranea e che comunque attiene alla soggettività di ciascuno, non alla collettività.

        Intendiamo invece, preso atto dell'estinguersi del fenomeno terrorismo, nel rispetto del dettato e dello spirito della norma costituzionale, prospettare un riequilibrio delle pene subite da questo tipo di condannati.

        Come è noto, infatti, in quegli anni sono state approvate varie leggi definite di "emergenza"; e di emergenza sono stati anche alcuni comportamenti processuali. Alle une e agli altri sono conseguiti non indifferenti aggravi di pena; nel senso che a parità di reato commesso la sanzione è stata molto più severa di quella che sarebbe stata per un reato comune.

        Richiamiamo all'attenzione dei colleghi le norme ed i comportamenti cui facciamo riferimento:

 

                a) decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15:

 

        "Art. 1. - Per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico punibili con pena diversa dall'ergastolo, la pena è sempre aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato.

        Quando concorrono altre circostanze aggravanti, si applica per primo l'aumento di pena previsto per la circostanza aggravante di cui al comma precedente.

        Le circostanze attenuanti concorrenti con l'aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa ed alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato";

 

                b) legge 18 aprile 1975, n. 110:

 

        "Art. 21. - (Distruzione o sottrazione di armi). - Chiunque distrae dalla prevista destinazione, sottrae o comunque detiene armi di cui agli articoli 1 e 2 al fine di sovvertire l'ordinamento dello Stato ovvero di mettere in pericolo la vita delle persone o la sicurezza della collettività mediante la commissione di attentati o comunque di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286 e 306 dello stesso codice, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni".

 

        Senza detta finalità, ad esempio, la detenzione di un'arma da guerra è punibile con una pena che va da uno a otto anni.

        Gli imputati e i condannati per fatti di terrorismo sono stati inoltre esclusi in modo specifico dall'amnistia e dall'indulto previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981, n. 744, e dagli analoghi provvedimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, e dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1986, n. 865, per esclusione oggettiva dei reati caratterizzanti il "terrorismo" (esempio: banda armata).

        Come si è accennato, e come è noto, sono state inoltre applicate, pressoché unanimemente, regole di condotta processuale che hanno considerevolmente inasprito le pene. Facciamo un esempio. Il "terrorista" arrestato con armi veniva giudicato, come dovuto, con rito direttissimo, mentre iniziava l'istruttoria per gli altri reati. I due procedimenti avevano, quindi, svolgimenti nel tempo diversi, con pene autonome che spesso si sono sommate aritmeticamente e non sono state unite dal vincolo della continuazione di cui all'articolo 81 del codice penale.

        Un meccanismo simile si è verificato per la costante, o quasi, mancata applicazione della connessione soggettiva, specie per coloro che erano imputati davanti ad autorità giudiziarie territorialmente diverse.

        Anche i termini di custodia cautelare hanno subìto, per questi particolari imputati, una consistente dilatazione.

        L'insieme di queste circostanze, cui è conseguita una disparità di trattamento, e il venir meno della "pericolosità sociale", ci ha indotto alla presentazione di questa proposta di legge, la cui discussione è stata peraltro avviata già nella X legislatura (atto Camera n. 4395, presentato dall'onorevole Balbo il 6 dicembre 1989).

        Ci preme ricordare che i detenuti, per le medesime ragioni di cui ci occupiamo, hanno da tempo dimostrato, nella stragrande maggioranza dei casi, il loro reinserimento o la loro volontà di raggiungerlo. Su questo aspetto sono concordi sia i rappresentanti delle autorità carcerarie, che hanno più costanti e vicini rapporti con loro, sia le autorità esterne agli istituti penitenziari, sia coloro che per lavoro, istruzione, solidarietà, amicizia o comunque in applicazione dell'articolo 17 della legge 26 luglio 1975, n. 354, li frequentano. Molti di loro che lavorano all'esterno degli istituti penitenziari sono occupati in attività con finalità sociali. Un panorama di comportamento, dunque, sufficientemente tranquillizzante. Se poi, per qualcuno degli interessati, esso sia strumentale ad ottenere la libertà o se risponda a sincere convinzioni, non crediamo di dover indagare, dando rilievo ai fatti quali, allo stato, si presentano.

        Proponiamo un indulto pensando così d'interpretare meglio la volontà popolare, pronta, per ragioni umane e di pacificazione sociale, non certo a dimenticare, ma ad accettare un provvedimento che ponga fine, per lo meno sul piano processuale, ai cosiddetti "anni di piombo".

        Proponiamo un indulto, perché, in stato di libertà, chi vorrà potrà fattivamente dimostrare alla collettività la sua volontà di reiserimento e (perché no?) di pacificazione. In caso diverso, come è noto, l'indulto può essere revocato (articolo 6 della presente proposta di legge).

        Proponiamo, infine, un indulto pensando che i congiunti delle vittime, e comunque le parti lese, possano meglio accettare una soluzione che, per quanto possibile, favorisca la possibilità di una riparazione sociale.

        La misura dell'indulto si articola nella conversione dell'ergastolo in anni 21 di reclusione e nel dimezzamento delle sanzioni più gravi; mentre le sanzioni meno gravi (non superiori ad anni 10 di reclusione) sono ridotte di anni 5. Appare infatti opportuna scelta di politica criminale agevolare il reinserimento nel contesto sociale di persone condannate per reati meno gravi, ovvero impedire che il reinserimento già attuato nei confronti di molti soggetti possa essere vanificato da un rientro in carcere, anche per un periodo non eccessivamente lungo; non vi è dubbio che ciò contribuirebbe a un'interruzione di rapporti familiari e sociali, oltre che di lavoro, faticosamente avviati.

        Di particolare rilievo, infine, riteniamo sia un indulto che si estenda alle pene accessorie. Tale tipo di sanzioni, infatti, pur quando la pena di privazione di libertà è stata completamente espiata, rappresenta spesso grave impedimento al reinserimento sociale, che è la finalità che si vuole raggiungere.

        Ancora, per non limitarci alla mera riproposizione del testo ormai "storico", ma per arricchirlo anche con altre soluzioni che tengano conto degli anni che sono ulteriormente trascorsi da quando il primo progetto è stato delineato e scritto, intendiamo aggiornare la proposta di legge con altri due benefìci:

 

                a) la previsione di un indulto totale per i reati associativi, cioè per l'organizzazione e la partecipazione a bande armate ormai da tempo inesistenti e per i connessi reati relativi alle armi: si tratta di reati fortemente contestualizzati che pure - stante la normativa sulle armi che prevede il rito direttissimo e forti pene - hanno molto contribuito alla determinazione della sanzione complessiva;

 

                b) la previsione di una più rapida prescrizione delle pene (non dei reati): attualmente la pena è prescritta trascorso un periodo pari al suo doppio; la nostra previsione la porterebbe ad un periodo pari ad una volta e mezzo la pena risultante dall'applicazione dell'indulto.

 

        Questi due meccanismi consentirebbero di risolvere nel breve-medio periodo un consistente numero di casi, anche di coloro che sono attualmente all'estero. Infatti, ad esempio, una pena di venti anni verrebbe, per effetto dell'indulto, riportata a dieci anni e sarebbe prescritta dopo quindici anni dalla sentenza definitiva; considerato che per molti sono ormai trascorsi circa dieci e più anni dall'espatrio è evidente che, tra qualche anno, sarebbe loro offerta un'ipotesi di ritorno. Ovviamente si risolvono così i casi lievi o medi, non certo quelli gravi, per i quali non si vede come si possa arrivare a soluzione.

        La coerenza delle motivazioni che muovono questa proposta di legge deve essere percepita nella prospettiva della abolizione generale dell'ergastolo, che contrasta con le finalità di risocializzazione della pena. La stessa coerenza richiede un intervento abrogativo delle norme speciali della legislazione d'emergenza. Anche questa abrogazione è assunta in alcune proposte di legge già presentate, ma non potrebbe risolvere i casi già coperti da giudicato.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, nelle seguenti misure:

 

a) la pena dell'ergastolo è commutata in quella della reclusione per anni ventuno;

 

b) le pene detentive temporanee derivanti da uno o più reati previsti dagli articoli 270, 270-bis, 284, 304, 305, 306 e 307 del codice penale nonché, in connessione con essi, dai reati concernenti armi, munizioni ed esplosivi, di cui agli articoli 1, 2, 4 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e successive modificazioni, sono interamente condonate;

 

c) le pene detentive temporanee derivanti da reati diversi da quelli previsti alla lettera b) sono ridotte di anni cinque se non superiori ad anni dieci, della metà negli altri casi;

 

d) le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive, sono interamente condonate;

 

e) le pene accessorie, quando conseguono a condanne per le quali è applicato, in tutto o in parte, l'indulto, sono interamente condonate.

 

 

Art. 2.

(Esclusioni oggettive).

 

1. L'indulto non si applica ai reati di cui agli articoli 422 e 285 del codice penale, se dalla commissione dei reati stessi è derivata la morte.

 

Art. 3.

(Applicazione dell'indulto).

 

1. L'indulto si applica sul cumulo delle pene anche se stabilito ai sensi dell'articolo 7 della legge 18 febbraio 1987, n. 34.

 

 

Art. 4.

(Modifica dei termini di

prescrizione delle pene).

 

1. Per i soggetti di cui all'articolo 1, la pena della reclusione si estingue con il decorso di un tempo pari alla durata della pena inflitta, come ridotta per effetto del medesimo articolo 1, aumentato della metà e, in ogni caso, non superiore a ventuno anni.

2. Per i soggetti di cui all'articolo 1, la pena dell'ergastolo, come commutata dallo stesso articolo 1, si estingue con il decorso di venticinque anni.

 

 

Art. 5.

(Applicazione dell'indulto

in caso di continuazione).

 

1. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, del codice penale, ove necessario, il giudice, con l'osservanza delle norme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'indulto, determinando la quantità di pena condonata per i singoli reati.

 

 

Art. 6.

(Revoca dell'indulto).

 

1. L'indulto è revocato di diritto qualora chi ne abbia usufruito commetta entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge un delitto della stessa indole, per il quale riporti condanna a pena detentiva superiore a due anni.

 

 

 

 

Art. 7.

(Computo dei periodi di scarcerazione).

 

1. Coloro che, imputati per reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, siano stati nel corso del procedimento a loro carico comunque scarcerati, qualora non si sottraggano alla cattura dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e qualora non abbiano commesso durante il periodo di scarcerazione alcun reato, possono computare, ai fini delle disposizioni di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, il periodo intercorso tra la scarcerazione e l'esecuzione della sentenza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nell'ipotesi di emissione di provvedimento restrittivo della libertà personale emesso a seguito di condanna nel primo e nel secondo grado di giudizio, per i periodi di scarcerazione intercorsi durante il procedimento.

 

 

Art. 8.

(Termini di efficacia).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi sino al 31 dicembre 1988.

 

 

Art. 9.

(Termine di applicazione

ed entrata in vigore).

 

1. L'indulto si applica entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 523

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa del deputato CARBONI

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Concessione di indulto

 

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Presentata il 6 giugno 2001

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Onorevoli Colleghi! - La precedente legislatura è stata caratterizzata da una serie di rilevanti interventi legislativi volti alla razionalizzazione ed alla modernizzazione del "sistema giustizia": dalla messa in funzione del giudice unico di primo grado alla depenalizzazione dei reati minori, dalla definizione del nuovo rito monocratico fino alla costituzionalizzazione dei princìpi del "giusto processo".

        Purtroppo, questo processo di riforma ha investito soltanto parzialmente il sistema penitenziario, concretizzandosi in alcune iniziative di riforma come il potenziamento delle opportunità di lavoro per i detenuti, la riqualificazione del Corpo di polizia penitenziaria e l'adozione di un nuovo regolamento penitenziario.

        A fronte di tali innovazioni, continuano tuttavia a prevalere gravissime carenze strutturali che fanno del sistema penitenziario italiano - per riprendere le recenti parole del Presidente del Consiglio dei ministri - "un precipitato di fatti di emarginazione".

        Da qui l'esigenza di un'iniziativa legislativa che ponga le basi per un recupero di efficienza e di funzionalità nel sistema penitenziario, operando un ridimensionamento numerico della popolazione carceraria. Non è un caso che proprio su questo punto si stia registrando una significativa convergenza di esponenti della magistratura, dell'avvocatura e delle strutture amministrative di custodia, accanto alle numerose prese di posizione delle organizzazioni di volontariato e di assistenza, che ravvisano realisticamente nel "sovraccarico" penitenziario uno dei principali fattori di degrado delle condizioni di vita e di lavoro delle strutture detentive. Secondo stime fornite dal direttore generale dell'amministrazione penitenziaria, sarebbero circa 15 mila i detenuti in esubero rispetto alla capacità ricettiva delle case di pena stimata in circa 43 mila posti.

        Si tratta di un'emergenza cui le forze parlamentari non possono sottrarsi, soprattutto dopo che la stessa riforma costituzionale del 1992 ha meglio definito la piena legittimazione delle Camere a porsi quali fedeli interpreti della coscienza sociale e degli interessi generali nel delicato settore della repressione penale.

        In realtà, la definitiva affermazione della competenza parlamentare nel procedimento di concessione delle misure collettive di clemenza non si è tradotta, dopo il 1992, nell'adozione di alcun provvedimento legislativo, a fronte dei 34 intervenuti dal 1948 al 1990.

        Proprio a tale riguardo occorre osservare che l'adozione di un indulto pari a due anni, così come prospettato dai proponenti e come in media è avvenuto fino al 1990, consentirebbe di abbandonare il carcere a circa 14 mila detenuti, ai quali restano da scontare fino a due anni di pena residua. Si tratta di un contingente numerico non lontano da quello stimato in esubero dalle autorità competenti, nel quale sono ricompresi molti detenuti condannati per reati di minore gravità - sovente connessi a stati di tossicodipendenza - rispetto ai quali il meccanismo della pena detentiva ha evidenziato tutta la sua inefficacia, sia sotto il profilo della rieducazione del condannato e di un trattamento che favorisca la disintossicazione, sia sotto quello della tutela della collettività. E' noto infatti che i condannati per tali tipi di reati, una volta scontata la pena, e non avendo avuto la possibilità in carcere di avere un trattamento e un aiuto anche di carattere psicologico per uscire dalla loro condizione di tossicodipendenza, tornano spesso a delinquere, in quanto non riescono a sottrarsi a quel circolo vizioso che comporta altissimi costi sia economici che sociali non solo a loro ma all'intera collettività.

        Occorre peraltro porre in rilievo che il provvedimento di clemenza proposto non incide affatto sull'effettiva punizione dei reati che destano maggiore allarme sociale, che si collegano maggiormente alla cosiddetta "criminalità diffusa" e che attengono all'illecito finanziamento delle attività politiche. Sono infatti espressamente escluse dall'indulto le diverse figure di reato della concussione, corruzione, peculato, falso in bilancio e ricettazione.

        Per quanto attiene alla struttura della presente proposta di legge, essa ricalca in larga misura il provvedimento di clemenza del 1990. In particolare, l'articolo 1 definisce la misura del condono delle pene detentive (due anni) e pecuniarie (30 milioni di lire). L'indulto non potrà essere superiore ad un anno per la reclusione, e a lire 15 milioni per la multa in relazione alle pene inflitte per i reati di furto aggravato, rapina ed estorsione. L'indulto è invece elevato a tre anni per coloro che abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età o che siano affetti da invalidità permanente non inferiore al 71 per cento.

        L'articolo 2 definisce l'ambito di esclusione soggettiva dall'indulto, disponendone la disapplicazione per i delinquenti abituali o professionali e per coloro i quali si trovino sottoposti alle misure di prevenzione del divieto o dell'obbligo di soggiorno.

        Le esclusioni oggettive sono invece fissate dall'articolo 3: la ratio che vi è sottesa si collega all'istanza, già accennata, di non alterare l'operatività dei dispositivi penali nei confronti dei reati che destano maggiore allarme sociale o che mirano a scardinare le basi stesse della convivenza democratica.

        Gli articoli 4 e 5 disciplinano, rispettivamente, la concessione dell'indulto per le pene accessorie e la figura dell'indulto condizionato, concesso al condannato a pene inflitte per i reati contro il patrimonio che provi la sua condizione di tossicodipendente al momento del fatto, di aver commesso il fatto a causa della sua condizione di tossicodipendente e di non essere tossicodipendente al momento della presentazione dell'istanza per l'applicazione dell'indulto.

        L'articolo 6 prevede la revoca dell'indulto per coloro che, entro cinque anni dal provvedimento di clemenza, commettano un delitto non colposo con condanna a pena detentiva non inferiore ad un anno.

        In coerenza con quanto disposto dall'articolo 79 della Costituzione, l'articolo 7 dispone espressamente che il dies ad quem di efficacia sia costituito dalla data di presentazione della presente proposta di legge (così come avveniva per la proposta di legge di delegazione, nella vigenza dell'originaria previsione costituzionale).

 

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a lire 30 milioni per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. L'indulto non può essere superiore ad un anno per la reclusione e a lire 15 milioni per la multa in relazione alle pene inflitte per i reati previsti dagli articoli 624, aggravato ai sensi dei numeri 1) e 4) del primo comma dell'articolo 625, 628, commi primo e secondo, e 629, primo comma, del codice penale. L'indulto si applica nella stessa misura alle pene temporanee inflitte per il reato previsto dall'articolo 575 del codice penale, anche se aggravato, quando comunque ricorra una delle attenuanti di cui all'articolo 62, numeri 1) e 2), o all'articolo 89 del codice penale, nonché per i reati di omicidio volontario previsti dal secondo comma dell'articolo 186 e dal secondo comma dell'articolo 195 del codice penale militare di pace, anche se aggravati, quando comunque ricorra l'attenuante di cui all'articolo 198 del codice penale militare di pace o quella di cui all'articolo 62, numero 1), del codice penale.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, l'indulto è ridotto alla metà nei confronti di coloro i quali nei dieci anni anteriori alla data di entrata in vigore della presente legge hanno riportato una o più condanne a pena detentiva complessiva superiore a tre anni per delitti non colposi o, se si tratta di persone di età superiore a sessantacinque anni, a pena detentiva complessiva superiore a quattro anni per delitti non colposi.

4. Nella valutazione dei precedenti penali di cui al comma 3 non si tiene conto delle condanne alle quali deve essere applicato l'indulto ai sensi del presente articolo.

5. La misura dell'indulto è di tre anni per coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge hanno compiuto il sessantacinquesimo anno di età o che sono affetti da invalidità permanente non inferiore al 71 per cento, secondo la tabella approvata con decreto del Ministro della sanità 25 luglio 1980, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 14 ottobre 1980, ai sensi dell'articolo 2 della legge 11 febbraio 1980, n. 18.

6. Quando l'indulto estingue la pena inflitta per uno dei delitti previsti dall'articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, agli effetti del comma 5 del citato articolo 14 la pena condonata è equiparata a quella espiata.

 

 

Art. 2.

(Esclusioni soggettive dall'indulto).

 

1. L'indulto non si applica ai delinquenti abituali o professionali, sempre che la dichiarazione di abitualità o professionalità non sia estinta o revocata, ed a coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, si trovano sottoposti alle misure di prevenzione del divieto o dell'obbligo di soggiorno, disposte con provvedimento definitivo ai sensi delle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, e 31 maggio 1965, n. 575, come modificate dalla legge 13 settembre 1982, n. 646.

 

 

Art. 3.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

 

1. L'indulto non si applica alle pene:

 

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 270 (associazioni sovversive), commi primo e secondo;

 

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico), primo comma;

3) 276 (attentato contro il Presidente della Repubblica);

 

4) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

 

5) 283 (attentato contro la costituzione dello Stato);

 

6) 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato);

 

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

 

8) 286 (guerra civile);

 

9) 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali);

 

10) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), commi primo, secondo e terzo;

 

11) 306 (banda armata);

 

12) 314 (peculato);

 

13) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

 

14) 316-bis (malversazione a danno dello Stato);

 

15) 317 (concussione);

 

16) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 

17) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e, in relazione ai fatti ivi previsti, 320 e 321;

 

18) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

 

19) 323 (abuso d'ufficio);

 

20) 385 (evasione), se l'evasione è aggravata dalla violenza o minaccia commessa con armi o da più persone riunite;

 

21) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

 

22) 419 (devastazione e saccheggio);

 

23) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

 

24) 422 (strage);

25) 428 (naufragio, sommersione o disastro aviatorio);

 

26) 429 (danneggiamento seguito da naufragio), secondo comma;

 

27) 430 (disastro ferroviario);

 

28) 431 (pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento);

 

29) 432 (attentati alla sicurezza dei trasporti);

 

30) 433 (attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche comunicazioni), terzo comma;

 

31) 434 (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi);

 

32) 438 (epidemia);

 

33) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

 

34) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

 

35) 441 (adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute);

 

36) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate);

 

37) 575 (omicidio), salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge;

 

38) 600 (riduzione in schiavitù);

 

39) 600-bis (prostituzione minorile);

 

40) 600-ter (pornografia minorile);

 

41) 600-quater (detenzione di materiale pornografico);

 

42) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

 

43) 601 (tratta e commercio di schiavi);

 

44) 602 (alienazione e acquisto di schiavi);

 

45) 609-bis (violenza sessuale);

46) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

 

47) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

 

48) 628 (rapina aggravata), terzo comma;

 

49) 629 (estorsione aggravata), secondo comma;

 

50) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), primo, secondo e terzo comma;

 

51) 648-bis (riciclaggio);

 

b) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale militare di pace:

 

1) 167 (distruzione o sabotaggio di opere militari), primo comma;

 

2) 186 (insubordinazione con violenza), relativamente ai casi in cui la violenza consiste nell'omicidio volontario, salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge;

 

3) 195 (violenza contro un inferiore), relativamente ai casi in cui la violenza consiste nell'omicidio volontario, salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge;

 

4) 215 (peculato militare);

 

5) 216 (malversazione a danno di militari);

 

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309:

 

1) 73 (produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), commi 1, 2 e 3, ove applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80;

 

2) 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope);

d) per i delitti concernenti le armi da guerra, le armi tipo guerra e le materie esplodenti, nonché gli ordigni esplosivi o incendiari di cui all'articolo 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110.

 

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'indulto ai sensi delle disposizioni della presente legge, determinando la quantità di pena condonata.

 

 

Art. 4.

(Indulto per le pene accessorie).

 

1. E' concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee quando conseguano a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, indulto.

 

 

Art. 5.

(Indulto condizionato).

 

1. Fuori dai casi previsti dagli articoli 1, 2 e 3, è concesso indulto in misura non superiore a due anni per le pene inflitte per i reati contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, esclusi il sequestro di persona a scopo di estorsione, l'estorsione e la rapina aggravata dall'uso di armi, a condizione che il condannato provi:

 

a) di essere stato tossicodipendente al momento del fatto;

 

b) di avere commesso il fatto a causa della sua condizione di tossicodipendente;

 

c) di non essere tossicodipendente al momento della presentazione dell'istanza per l'applicazione dell'indulto.

 

2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il giudice applica l'indulto con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione.

 

Art. 6.

(Revoca dell'indulto).

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore ad un anno.

 

 

Art. 7.

(Termine di efficacia dell'indulto).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 6 giugno 2002.

 

 

 


N. 1260

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato TRANTINO

¾

 

Concessione di amnistia per i reati relativi alle costruzioni spontanee destinate ad uso abitativo permanente e diretto nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici

 

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Presentata il 10 luglio 2001

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Onorevoli Colleghi! - La carenza di opportuni strumenti urbanistici, la rarefazione delle aree edificabili, la svalutazione e l'inflazione, il bisogno primario di un tetto che la civiltà impone come fondamentale sede della famiglia hanno reso gravissimo il problema delle costruzioni spontanee, che la legislazione vigente punisce come abusive se prive dei requisiti richiesti, quasi sempre impossibili per inerzie ed omissioni della pubblica amministrazione.

Un censimento approssimativo stima in milioni i vani "abusivi" oggi colpiti dalla legge, che, nel furore punitivo, accomuna l'emigrante o il piccolo risparmiatore al "palazzinaro", il "sudore sociale", cioè, alla speculazione affaristica.

Con la presente proposta di legge intendiamo moralizzare un fenomeno tanto spontaneo quanto necessitato, per sanare così modeste situazioni sociali esistenti e non eludibili con il processo penale, versandosi a volte in un atipico stato di necessità ad opera di chi, avendo accumulato come formica, si vede perseguito come autore di illeciti penali e costretto a fermare una speranza esistenziale, tale essendo la casa per chi crede nel diritto riconosciuto anche all'animale, il diritto alla tana.

Abbiamo limitato l'applicazione dell'amnistia a costruzioni che non superino i 200 metri quadrati (è a tutti nota la mancata certezza giudiziaria a seguito della nota espressione "di piccola estensione" di un precedente provvedimento di amnistia) per fondare un riferimento sicuro e perciò anelastico; abbiamo altresì previsto l'uso abitativo esclusivo, permanente e diretto, nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici, per evitare furbizie interpretative e fissare punti fermi di puntuale contenuto sociale e morale.

Abbiamo infine esteso l'ambito di applicazione sino al 13 maggio 2001, per un uso il più largo possibile della clemenza legislativa per cittadini di cui lo Stato deve a volte ricordarsi.

Confidiamo ora nella vostra civile comprensione e nei tempi brevi non consueti spesso per i problemi urgenti.

Per evenienze drammatiche, strettamente connesse alla denuncia prima e alla pronuncia penale quindi, in molti centri abitati (per esempio, vaste aree delle province di Catania e Caltanissetta, da Adrano a Biancavilla, Paternò, S. Maria di Licodia, Gela e così via) eroici e civili comitati di difesa della casa hanno arginato con la protesta assemblando intere cittadinanze, con decine di migliaia di cittadini in piazza (sinora senza eccessi), il fenomeno legale ma iniquo della requisizione di migliaia di costruzioni spontanee, necessitate, e secondo canone "abusivo".

Ecco perché invochiamo urgenza: per dare segnale serio e concreto di rispetto dell'umanissimo problema, con soluzioni chirurgiche, tanto stretti sono i tempi d'intervento legislativo-tampone, tanto logorate appaiono pazienza e fiducia di tanti soggetti offesi da supponente, solidificata incuria!

 



 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

1. E' concessa amnistia per tutte le ipotesi previste e punite dall'articolo 17, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come sostituito dall'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, quando la costruzione interessi un'area non superiore a 200 metri quadrati e sia destinata dall'agente ad esclusivo uso abitativo permanente e diretto, o a comprovato uso lavorativo o commerciale, nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici.

 

Art. 2.

 

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi sino al 13 maggio 2001.

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1283

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa del deputato PISAPIA

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Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale

 

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Presentata il 10 luglio 2001

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Onorevoli Colleghi! - L'emergenza collegata ai cosiddetti "anni di piombo" in Italia può ormai considerarsi chiusa: molti di coloro che hanno subìto condanne per reati commessi in quel periodo hanno già scontato numerosi anni di carcere, lavorano all'esterno degli istituti penitenziari, sono impegnati in attività con finalità sociali, dando concreta prova di essere pronti a reinserirsi definitivamente nella vita sociale e culturale del Paese.

        Non vi sono, quindi, più ragioni - di carattere giuridico, politico o di tutela della collettività - per ritardare ulteriormente, ad oltre undici anni dalla prima proposta di legge presentata in Parlamento, un provvedimento la cui finalità è soprattutto quella di "riequilibrare" inique disparità di trattamento sanzionatorio, determinate dalla legislazione d'emergenza, tra condannati per reati comuni e condannati per reati di "terrorismo".

        Ben pochi, ormai, contestano il fatto che, nei cosiddetti "anni di piombo", a causa di leggi speciali e di una applicazione emergenziale delle norme penali e processuali, sono stati spesso compressi i diritti di difesa; c'è stata una dilatazione interpretativa dell'articolo 110 del codice penale; sono state irrogate pene "diverse", pur di fronte a medesimi reati contestati a imputati per reati comuni e imputati per "reati politici" (ai sensi dell'articolo 8 del codice penale è delitto politico sia quello che "offende un interesse politico dello Stato ovvero un diritto politico del cittadino" sia "il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici").

        La necessità - ispirata ad una volontà di equità - di riequilibrio delle pene è una delle ragioni fondamentali della presente proposta di legge. Non si può non ricordare che, con l'introduzione dell'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980 n. 15, per i reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento democratico (salvo che la circostanza fosse elemento costitutivo del reato), punibili con la pena diversa dall'ergastolo la pena era sempre aumentata della metà. Non era possibile, inoltre, un giudizio di equivalenza o di prevalenza ex articolo 69 del codice penale.

        Altre norme speciali, introdotte in quel periodo, hanno determinato un forte squilibrio sanzionatorio tra condannati per fatti comuni e per fatti di terrorismo: la legge 18 aprile 1975 n. 110, in materia di armi, ad esempio, prevedeva per la detenzione di un'arma da guerra, in presenza dell'aggravante della "finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento democratico", la pena da cinque a quindici anni di reclusione, mentre lo stesso reato, senza l'aggravante, era punito con la pena da due a otto anni.

        Ma vi è di più. I detenuti "politici" sono stati sottoposti anche a un trattamento carcerario differenziato, a carcerazioni preventive lunghissime (fino a dieci anni e otto mesi), sono stati esclusi da amnistie e condoni (decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981, n. 744 e, in parte, decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1986, n. 865).

        Altre considerazioni non possono essere ignorate. La Corte costituzionale, nel momento stesso in cui ha ritenuto che, in presenza di situazioni particolari, il Parlamento e il Governo hanno il diritto e il dovere di adottare leggi d'emergenza, ha anche affermato che "queste misure perdono legittimità se ingiustificatamente protratte nel tempo". Il che dovrebbe comportare, come logica conseguenza, il "diritto e dovere" del legislatore di intervenire affinché, cessata la situazione d'emergenza, si eliminino le conseguenze inique di quelle leggi eccezionali.

        Restano - e non intendiamo né dimenticarlo né ignorarlo - il dolore e la sofferenza delle vittime e dei loro familiari; ma, anche per rispetto a quel dolore, non si propone un provvedimento di amnistia (che comporta l'estinzione dei reati) ma un provvedimento che tende solo a incidere sull'entità della pena. Il legislatore, del resto, non si è posto il problema delle vittime quando ha approvato norme che, a fronte della collaborazione processuale, hanno comportato la scarcerazione e, in molti casi, l'impunità di fatto anche per persone responsabili di gravissimi fatti di sangue.

        Un provvedimento di indulto non può essere in nessun modo interpretato come "amnesia" nei confronti delle vittime ma, piuttosto, come scelta definitiva di uscire da un periodo che, comunque lo si veda, ha comportato una "rottura delle regole": "quando è giunto a sconfiggere quelli che vorrebbero rovesciarlo, lo Stato deve impegnarsi a por fine alle pene e anche alle ricompense" (Montesquieu, Esprit de lois).

        A ciò si aggiunga che nell'ultima legislatura sono stati approvati specifici provvedimenti in favore delle vittime e dei loro familiari, anche se ben si comprende come qualsiasi provvedimento legislativo non può lenirne il dolore.

        La proposta di indulto non intende affatto rinfocolare le polemiche che hanno diviso il Paese negli anni passati: l'obiettivo, anzi, è quello di voltare definitivamente pagina rispetto a un periodo che ha portato lutto, dolore e disperazione. Crediamo nella necessità di uscire da una drammatica fase di emergenza, aiutando a risolvere - sulla base di criteri di giustizia e di umanità - una situazione che riguarda un esiguo numero di persone ma che, direttamente o indirettamente, ha coinvolto gran parte del Paese.

        Non vi sono più oggi motivi di carattere giuridico per opporsi a un provvedimento che ha lo scopo di "riportare nella normalità giuridica le condanne per i fatti di lotta armata e quindi ricollocare il dibattito riguardante quegli anni nei binari del confronto e della riflessione storico-politica": il senso di equità nel trattamento penale "non può essere succube né delle ragioni della politica né della vendetta dello Stato ma il più possibile ispirato alla pietas e alla responsabilità della convivenza civile" (Forum delle donne di Rifondazione comunista).

        La proposta di legge prevede anche una norma transitoria, la cui finalità è quella di dare la possibilità - a chi deve ancora scontare pene detentive, ma ha dato concreta prova di essersi allontanato da qualsiasi organizzazione eversiva - di essere ammesso al lavoro esterno o alla semilibertà senza i limiti oggi previsti dalla legge: è chiaro che non si tratta di benefici "automatici" o che spettano di diritto e che ogni valutazione, anche in ordine alla non pericolosità sociale, è demandata alla magistratura di sorveglianza. Si tratta di una norma di portata limitata che intende attenuare l'espiazione della pena per chi ha, in concreto, dato prova di essere pronto a reinserirsi nella convivenza civile.

        Onorevoli colleghi, il nostro auspicio è che, su questo provvedimento, si possa trovare quella convergenza necessaria per l'approvazione di una proposta dettata dalla volontà di eliminare una evidente disparità di trattamento e di ridare speranza a chi ha già dimostrato, nei fatti, di accettare le regole dello Stato democratico. Una delle finalità dell'indulto - provvedimento espressamente previsto dalla Costituzione - è anche quella di porre fine, o di limitare, pene ingiuste, ingiustificate o non più necessarie: e una pena è ingiusta non solo quando è stata inflitta ingiustamente ma anche quando è diventata inutile, se non controproducente.

        "Il diritto di punire deve trovare dei limiti nella giustizia e nell'utilità sociale, altrimenti i concetti di giustizia e di umanità si trasformano in vendetta, politica o divina".


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo e di eversione all'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, nelle seguenti misure:

 

a) la pena dell'ergastolo è commutata in quella della reclusione per anni ventuno;

 

b) le pene detentive temporanee sono ridotte di anni cinque se non superiori ad anni dieci di detenzione, della metà negli altri casi;

 

c) le pene accessorie quando conseguono a condanne per le quali è applicato, in tutto o in parte, l'indulto, sono interamente condonate.

 

Art. 2.

(Esclusioni oggettive).

 

1. L'indulto non si applica ai reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale se dalla commissione dei reati stessi sia derivata la morte.

 

Art. 3.

(Applicazione dell'indulto).

 

1. L'indulto si applica sul cumulo delle pene anche se stabilito in applicazione della legge 18 febbraio 1987, n. 34.

 

Art. 4.

(Applicazione dell'indulto in caso

di continuazione nel reato).

 

1. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, del codice penale, ove necessario, il giudice, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'indulto determinando la quantità di pena condonata per i singoli reati.

 

Art. 5.

(Revoca dell'indulto).

 

1. L'indulto è revocato qualora chi ne abbia usufruito commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto per il quale riporti condanna a pena detentiva superiore a due anni o più delitti per i quali riporti condanne a pena detentiva complessiva superiore a tre anni.

 

Art. 6.

(Efficacia dell'indulto).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi sino al 31 dicembre 1989.

 

Art. 7.

(Norma transitoria).

 

1. Se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con organizzazioni eversive, il tribunale di sorveglianza, nel caso di soggetti condannati per delitti commessi non oltre il 31 dicembre 1989 per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, può disporre, su istanza dell'interessato o del suo difensore, che la pena residua possa essere espiata in regime di semilibertà. Se il condannato non è ammesso alla semilibertà, può essere ammesso al lavoro esterno, ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975 n. 354, e successive modificazioni, senza l'applicazione dei limiti di cui al comma 1 del medesimo articolo 21.

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1284

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati PISAPIA, RUSSO SPENA

 

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Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile

 

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Presentata il 10 luglio 2001

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Onorevoli Colleghi! - Da diversi anni, da parte di esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura, si susseguono prese di posizione sull'opportunità o meno di adottare provvedimenti di amnistia o di indulto.

        Tali prese di posizione, cui non hanno finora fatto seguito decisioni esplicite in un senso o nell'altro, hanno determinato aspettative all'interno del mondo carcerario e più in generale un clima di incertezza fra gli operatori della giustizia che non può che essere dannoso.

        Ad avviso dei proponenti sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di amnistia (condizionata) e di indulto (revocabile), soprattutto se finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia e ad evitare che falliscano le numerose riforme approvate nella scorsa legislatura - giudice unico di primo grado, depenalizzazione dei reati minori, nuovo rito monocratico con rafforzamento dei riti alternativi, modifica all'articolo 111 della Costituzione, incentivi ai magistrati per le sedi disagiate - a causa dell'eccessivo arretrato per procedimenti relativi a reati di non grave allarme sociale che, oltre tutto, prima della sentenza definitiva, finiscono in gran parte con una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.

        La giustizia penale italiana versa, infatti, in condizioni critiche e riforme di notevole rilievo, finalizzate a coniugare maggiore celerità dei tempi processuali e maggiori garanzie per i cittadini, rischiano di non produrre gli effetti positivi auspicati se non addirittura di fallire, a causa dell'enorme mole di procedimenti arretrati.

        Se si considerano le centinaia di migliaia di processi o già prescritti o per i quali elevata è la probabilità di prescrizione, si verrebbe comunque a determinare un'amnistia di fatto, i cui beneficiari sarebbero peraltro individuati in modo casuale e prevalentemente tra coloro che dispongono di mezzi economici tali da affrontare i costi dei diversi gradi di giudizio. Ci troveremmo dunque di fronte a un'amnistia di fatto, basata sul censo.

        Non si può non considerare, del resto, che, dall'entrata in vigore della Costituzione fino al 1992, vi sono stati 34 provvedimenti di amnistia e di indulto, mentre negli ultimi dieci anni non è stato adottato alcun provvedimento di clemenza.

        La presente proposta di legge prevede la concessione di un'amnistia condizionata e di un indulto revocabile per le pene detentive. Si propone l'applicazione dell'amnistia per i reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni - ovvero a cinque anni se è stato risarcito il danno o se ricorre la circostanza attenuante dell'aver agito per motivi di alto valore morale o sociale - e per una serie di reati specificamente indicati. Il provvedimento di clemenza è soggetto alla condizione che l'imputato non commetta, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo (e, nei casi più gravi, sempre nell'ambito di reati la cui pena edittale massima è di cinque anni di reclusione, abbia provveduto spontaneamente - tenuto conto delle sue condizioni economiche e sociali - al risarcimento del danno e all'eliminazione delle conseguenze del reato). Si prevede a tale fine la sospensione dei procedimenti penali in corso e dei relativi termini di prescrizione, nonché dell'esecuzione delle pene: decorso un periodo di cinque anni, se risulteranno soddisfatte le condizioni previste dalla legge, il reato o la pena saranno estinti; in caso contrario, i procedimenti penali e l'esecuzione delle pene riprenderanno il loro corso. In questo periodo di tempo, oltre tutto - ed è questo uno degli scopi principali della presente proposta di legge - si potrebbero celebrare con maggiore celerità i processi per i reati più gravi, evitando il danno e la "beffa" della prescrizione e limitando i numerosissimi casi di scarcerazioni per decorrenza termini, anche in presenza di condanne gravissime in primo e secondo grado (dal 1990 al 1999 sono stati scarcerati per decorrenza dei termini oltre 17.500 detenuti).

        Per quanto riguarda l'indulto, da concedere per pene o residui di pena non superiori a tre anni, si prevede la revoca qualora l'interessato commetta un reato doloso nei cinque anni dalla concessione del condono.

        Queste condizioni - sospensione del processo, buona condotta, possibilità di revoca del condono - avrebbero, a nostro parere, una notevole efficacia deterrente, in quanto ben difficilmente tornerebbe a commettere un reato chi è perfettamente consapevole che, in tale caso, gli verrebbe revocato il condono o non gli sarebbe applicata l'amnistia, e sconterebbe così la pena sia per il nuovo reato che per quello precedente: una vera e propria "spada di Damocle" dalla non trascurabile efficacia dissuasiva.

        Tali provvedimenti, e in particolare l'indulto, determinerebbero anche una diminuzione significativa della popolazione carceraria, rendendo così più vivibili gli istituti penitenziari, sia per i detenuti che per gli operatori. La diminuzione della popolazione carceraria, inoltre, recherebbe un non trascurabile vantaggio economico: se si considera che il costo per il mantenimento di ciascun detenuto è di circa 400 mila lire al giorno e che i detenuti che usufruirebbero del condono sarebbero circa 12 mila, verrebbero recuperati oltre 1.600 miliardi di lire ogni anno. Tali fondi potrebbero essere utilizzati per interventi in favore dei tossicodipendenti, ad esempio potenziando le strutture pubbliche di assistenza e le comunità terapeutiche, nonché per rafforzare i servizi sociali di supporto - con assunzione di educatori, assistenti sociali, psicologi - la cui carenza determina oggi molto spesso l'inefficacia delle misure alternative alla detenzione, come l'affidamento in prova al servizio sociale e/o la semilibertà.

        Molti dei detenuti che beneficierebbero del provvedimento di indulto sarebbero soggetti condannati per reati di minore gravità, in gran parte dei casi connessi all'uso di sostanze stupefacenti, rispetto ai quali la pena detentiva ha dimostrato tutta la sua inefficacia, sia sotto il profilo della rieducazione del condannato e di un trattamento che favorisca la disintossicazione, sia sotto quello della tutela della collettività. I condannati per tali tipi di reati, infatti, una volta scontata la pena, e non avendo avuto la possibilità in carcere di usufruire di un trattamento e di un aiuto anche di carattere psicologico per uscire dallo stato di tossicodipendenza, tornano spesso a commettere reati connessi all'abuso di sostanze stupefacenti, in quanto non riescono a sottrarsi a quel circolo vizioso - necessità di procurarsi la dose per uso personale e reati per poter acquistare la droga - che comporta altissimi costi sia economici che sociali non solo a loro ma all'intera collettività.

        Si tratta dunque di una proposta di legge che guarda al mondo complessivo della giustizia, che accelererebbe i tempi dello svolgimento dei processi per i reati di più grave allarme sociale, eviterebbe un gran numero di prescrizioni e di scarcerazioni per decorrenza dei termini, incentiverebbe il risarcimento dei danni in favore delle vittime, aumenterebbe le possibilità di reinserimento per chi ha commesso reati di minore gravità, senza sacrificare le esigenze di sicurezza della collettività, ed anzi creando - attraverso le condizioni alle quali sarebbe subordinata l'applicazione dell'amnistia e la possibilità di revoca dell'indulto - le premesse per limitare, per quanto possibile, i casi di recidiva. Quello che si propone non è dunque un provvedimento "tampone", determinato esclusivamente dalla situazione esplosiva delle nostre carceri, ma un provvedimento che vuole dare una risposta più complessiva, nel tentativo di raggiungere un obiettivo da tutti, almeno a parole, auspicato: quello di una giustizia nello stesso tempo più efficiente e più umana.

        La presente proposta di legge vuole essere anche un punto di partenza per avviare - su un tema particolarmente delicato - una riflessione, il più possibile pacata e costruttiva, che coinvolga le forze politiche, gli operatori del diritto e i cittadini tutti, nel tentativo di trovare, in un confronto costruttivo, soluzioni il più possibile condivise.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Amnistia).

 

1. E' concessa amnistia:

 

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

 

b) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero la circostanza attenuante prevista dal medesimo articolo 62, numero 6), ovvero l'imputato si sia adoperato, tenuto conto delle sue condizioni economiche e sociali, per risarcire anche parzialmente il danno ovvero si sia adoperato per elidere od attenuare, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato;

 

c) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

 

d) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 336, primo comma, e 337, sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

2) 588, sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

3) 614, quarto comma, limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

 

4) 624, aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 625 qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4), ovvero numero 6);

e) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come da ultimo sostituito dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale.

 

2. Non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. L'amnistia è concessa a condizione che il condannato non commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo.

4. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora il reato per il quale si procede rientri tra quelli previsti dal comma 1, sospende, anche d'ufficio, il procedimento per il periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo, il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 3 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante tale periodo è sospeso il decorso dei termini di prescrizione.

 

Art. 2.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia ai sensi dell'articolo 1:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

 

Art. 3.

(Rinunciabilità all'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata l'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento ai sensi del comma 4 dell'articolo 1, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

 

Art. 4.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva superiore a sei mesi.

 

Art. 5.

(Termini di efficacia).

 

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi entro il 1^ gennaio 2000.

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1606

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa del deputato

BOATO

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Concessione di amnistia condizionata e di indulto

 

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Presentata il 19 settembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - La situazione del nostro sistema penitenziario, appare sempre di più segnata da elementi di drammatica ed insostenibile emergenza, sia per quanto riguarda i detenuti, sia per ciò che attiene ai compiti ed alle condizioni dei soggetti istituzionali e di controllo in esso operanti.

        I temi dell'amnistia e dell'indulto, a oltre dieci anni dall'ultimo provvedimento adottato dal Parlamento, nella XIII legislatura sono stati in primo piano nel confronto politico e parlamentare, per le diverse ipotesi di provvedimento presentate alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica, e nella società civile, per gli appelli e le iniziative assunti in rapporto con il mondo carcerario e all'interno di esso, e per i riferimenti anche alle ragioni spirituali e di pensiero espresse in occasione del Giubileo del 2000.

        Fra le ipotesi di proposta che già nella XIII legislatura si è ritenuto di portare all'esame del Parlamento, non v'è dubbio che abbiano titolo quelle predisposte da due autorevoli esponenti della magistratura e del diritto, come il dottor Francesco Maisto, sostituto procuratore generale di Milano, e il professore Massimo Pavarini dell'università degli studi di Bologna, che di seguito riproponiamo integralmente, a contributo di una valutazione che a nostro avviso il Parlamento non dovrebbe ulteriormente rinviare.

        "1. Nella cultura penalistica e in quella politica da tempo è condivisa una valutazione fortemente negativa nei confronti dei provvedimenti indulgenziali. In buona sostanza lo sfavore nei confronti delle leggi d'amnistia e di indulto - tenendo criticamente conto delle passate quanto numerose esperienze - si fonda su un giudizio di fondo difficilmente contestabile: attraverso detti provvedimenti "eccezionali" non si dà alcuna soluzione ai problemi critici del sistema penale-penitenziario italiano (dagli effetti deflativi dei provvedimenti di clemenza sono stati mediamente assorbiti nell'arco medio di due anni) e nel contempo si sospenderebbe momentaneamente la tensione verso una soluzione strutturale e "fisologica" ai problemi della crisi della giustizia penale che deve, invece, essere perseguita in una radicale riforma del sistema penale stesso.

        Se questo giudizio di fondo è astrattamente condivisibile, assai meno lo è con riferimento in concreto alla situazione del nostro Paese. Chi presta uno sguardo meno svagato e superficiale alle politiche penali nel lungo periodo - dallo Stato post-unitario ad oggi - si avvede infatti che sempre e costantemente si è fatto ricorso ai provvedimenti di clemenza come risorsa decisiva per il governo della penalità entro i limiti di volta in volta posti dalle necessità di compatibilità sistemica. Pertanto niente affatto politica di eccezione, ma scelta costante ed "ordinaria" volta ad operare momentanei ma necessari riequilibri tra input ed output del sistema penale. Ed infatti è bastato che il sistema della politica si astenesse dall'utilizzare questo mezzo, che in un solo decennio, questo ultimo, la popolazione detenuta raddoppiasse e il sistema processuale-penale pericolosamente si avvicinasse ad uno stato di assoluta paralisi.

        L'esperienza comparata ci insegna che in quasi tutte le realtà occidentali moderne, i sistemi di giustizia penale - in quanto dinamicizzati al loro interno da logiche di autoreferenzialità - corrono il rischio di "uscire di controllo", per la loro naturale tendenza a favorire una crescita esponenziale di domande di giustizia a cui nessun incremento di risorse sarà mai in grado di dare risposta. Ed è per questo che, in altri Paesi e in altri contesti culturali, aggiustamenti e riequilibri vengono "fisiologicamente" implementati all'interno del sistema di giustizia penale stesso: si pensi alla valvola di sicurezza data dalla facoltatività dell'azione penale ovvero alla larga "negoziabilità" della pena e del processo.

        Orbene: se contingenze politiche particolarmente avvertite e sofferte impediscono di adottare queste "tecniche" di controllo della "produttività", giocoforza il sistema della politica sarà chiamato permanentemente ad "interferire" dall'esterno sul sistema della giustizia penale per determinare, sia pure contingentemente, nuovi livelli di compatibilità tra risorse e funzioni. E sotto questo punto di vista, l'intervento del sistema politico è non solo utile, ma doveroso.

        Doveroso e non indebito, se non altro perché se la politica non si assumesse questo diritto di interferire dall'"esterno", il sistema della giustizia penale "naturalmente" sarebbe costretto ad adottare soluzioni di compensazione "interne" offerte appunto dalla sua progressiva inefficacia: la prescrizione - ovvero il negare giustizia per decorso del tempo - di fatto opererebbe inesorabilmente, ma con un esito pericolosamente delegittimante per il sistema della giustizia stesso. Come ognuno ben sa, la giustizia negata per prescrizione ulteriormente accentua i criteri di selettività della giustizia penale, favorendo prevalentemente coloro che possono economicamente e culturalmente "resistere" ai tempi lunghi del processo. Per cui la recuperata efficacia del sistema criminale finirebbe per "scaricarsi" sui soggetti più deboli, di fatto immunizzando coloro che possono sostenere una giustizia lenta e alla fine ineffettiva.

        Considerazioni diverse debbono invece valere per chi paventa l'ennesimo provvedimento clemenziale perché capace di favorire la connaturata pigrizia del legislatore a mettere mano ad alcune decisive e da troppo tempo attese riforme penali che unitariamente intese potrebbero, almeno astrattamente, operare nel senso anche di una maggiore efficienza dell'"impresa giustizia".

        E' certo da condividere la posizione di chi confida che solo una drastica riduzione dell'area della criminalizzazione primaria sia in grado di dare efficienza e effettività al sistema della giustizia penale. Ma un atteggiamento di realismo politico ci induce a non confidare troppo in questa soluzione: anche i Paesi che in quest'ultimo decennio si sono felicemente confrontati con una riforma del codice penale (Francia, Germania, Spagna e Portogallo) pur avendo sempre ed esplicitamente assunto questo obiettivo di politica criminale, di fatto non sono stati in grado di raggiungerlo. Ed è seriamente dubitabile che una significativa rinuncia alla risorsa penale possa effettivamente oggi darsi all'interno di sistemi sociali di diritto.

        Pertanto una maggiore efficienza del sistema della giustizia penale con più realismo è invece possibile guadagnarla sul versante di una più estesa negoziabilità in fase processuale attraverso ad esempio un allargamento delle ipotesi di patteggiamento, ovvero - come è nella ratio della recente riforma del giudice unico di primo grado - in una virtuosa economizzazione delle risorse. Poi certo altro si potrà guadagnare in efficienza nell'attribuire ad esempio al giudice di pace alcune significative competenze penali; ovvero nel dare spazio anche nel nostro ordinamento all'istituto della mediazione penale. Ma di più: sulla stessa indicazione offerta dalla commissione per la riforma del codice penale (Commissione Grosso), la scelta in favore di pene sostitutive edittalmente diverse da quella privativa della libertà (come ad esempio il lavoro di pubblica utilità), potrebbe consentire di produrre una qualche differenziazione processuale che finirebbe per tradursi anche in una maggiore efficienza del sistema stesso. Mentre onestamente non ci sembra che si possano nutrire eccessive speranze in un'ulteriore dilatazione dei termini della flessibilità della pena in fase esecutiva - se non appunto limitatamente ad un allargamento dei termini oggettivi per fruire della liberazione condizionale - perché allo stato attuale delle risorse rese politicamente disponibili i circuiti alternativi sono già al limite di tenuta, oltre i quali l'esecuzione penitenziaria extra-moenia rischia di diventare una semplice foglia di fico ad una tendenza decarcerizzante sconsiderata, a meno che non si decida finalmente di investire di più. Cosa che auspichiamo senza riserve.

        Questo orizzonte di realistico riformismo - rispetto al quale scientificamente si deve confidare con estrema moderazione - non soddisfa completamente. Certo - detto diversamente - piace di meno che un diritto penale veramente "minimo", tanto nei codici che nelle prassi dei tribunali. Ma non vorremmo che l'ansia verso il meglio ci sollevasse dal compito di operare subito - oggi - per il meno peggio.

        Comunque, a volere tacere delle diverse opinioni in merito, rimane comunque la circostanza che, quale strategia si voglia adottare per dare soluzione a questa crisi di efficienza del sistema giustizia, il sistema deve potere contare come pre-condizione su un suo per quanto inadeguato funzionamento. Infatti nessuna delle riforme messe in atto e nessuna di quelle che si vorrebbero poter mettere, può entrare a regime se il sistema si blocca.

        A noi non dispiace se il ricorso alla leva della indulgenza viene etichettato come provvedimento di sola e limitata nel tempo "narcotizzazione" delle sofferenze della giustizia. Esso in effetti lo è. La questione che preme decidere è altra: se la sospensione momentanea del dolore deve servire per intervenire sulle cause attraverso processi di riforma, ovvero se si vuole solo rinviare la prossima emergenza ad un futuro prossimo. La questione ci pare di non poco conto.

        2. Alla emergenza del sistema giustizia si accompagna e si somma quella del sottosistema carcerario. Come sempre su questo delicato tema si rischia di parlare tra il patetico, i buoni sentimenti e l'ovvio. Qualche volta anche con indifferenza. In estrema sintesi: la situazione è effettivamente drammatica. Drammatica in primo luogo per i detenuti. Ma drammatica anche per chi professionalmente opera in carcere. I termini di questa drammaticità possono essere sintetizzati in una sola parola, inelegante quanto emotivamente neutra: sovraffollamento. Ma solo chi conosce la realtà del carcere sa cosa cela questo termine.

        Si dirà che da che esiste il carcere e non solo in Italia, sempre si è sofferto di questo male. E' vero, ma oggi il sovraffollamento non indica purtroppo una sofferenza che ci si possa illudere di sanare naturaliter in tempi brevi. L'attuale sovraffollamento è infatti originato da un processo significativo di nuova ri-carcerizzazione iniziato a metà degli anni novanta che con ogni probabilità si dispiegherà su un arco di tempo medio-lungo. Oggi la presenza media dei detenuti è superiore a 54.000; ma questo non indica alcun "picco" invalicabile. E' ragionevole profetizzare che a fine anno saremo oltre le 57.000 unità. Insomma tutto lascia supporre che la popolazione detenuta continuerà a crescere. Se così purtroppo è, temiamo che non sarà nell'immediato futuro possibile governare il carcere nel rispetto dei diritti dei detenuti e inoltre che la qualità dell'impegno professionale degli operatori penitenziari dovrà essere ulteriormente ridotta. Per altro - se mai si volesse rispondere al problema attraverso un programma di nuova edilizia penitenziaria - si deve tenere conto che per edificare e mettere in funzione un nuovo carcere necessitano mediamente più di dieci anni.

        Il sistema politico non può quindi chiamarsi fuori da chi l'interroga su come garantire la legalità e il rispetto dei diritti umani in carcere, già da oggi. Nell'immediato non esiste altra alternativa che deflazionare per forza di legge il carcere. Il costo di un provvedimento legislativo deflativo è oggi prevalentemente politico. La classe politica si avvede che a questa decisione dovrà prima o poi arrivare, ma teme di pagare un prezzo eccessivamente alto sul piano del consenso sociale e quindi politico. Da un lato, inutile nascondercelo, c'è il timore che attraverso un provvedimento clemenziale di fatto si operi nel senso di un colpo di spugna rispetto ai reati di Tangentopoli (senza però riflettere che il destino di questi - vale a dire la prescrizione - è oramai segnato): dall'altro lato si paventa che l'opinione pubblica oggi particolarmente sensibile ai problemi di sicurezza dalla criminalità predatoria e di strada, intenda ogni provvedimento clemenziale come un pericoloso arretramento in tema di difesa sociale (senza poi riflettere che, trattandosi in questo caso prevalentemente di micro-criminalità, la risposta sanzionatoria e detentiva sarebbe comunque di breve periodo). E' certo comunque che questi timori - ove anche in parte fondati - rischiano nella presente congiuntura di determinare una situazione di stallo nell'iniziativa politica. Come dire: tutti alla finestra per vedere chi fa la prima mossa, con il rischio effettivo che nessuno la faccia.

        Ed è per questo motivo che - in ragione solamente delle nostre competenze professionali e della nostra sensibilità nei confronti della tutela della società e dei diritti dei detenuti - confidiamo di potere modestamente contribuire in un senso positivo ad affrontare l'attuale situazione di crisi, avanzando una proposta realistica. Si tratta solamente di una "modesta proposta" per invitare chi ha responsabilità di governo e politiche a prendere posizione. E per fare ciò, ci è parso utile offrire una traccia tecnica che mentre recepisce e tiene nel dovuto conto ad esempio le proposte di legge recentemente avanzate da alcuni parlamentari, a nostro avviso sia in grado di segnare i confini all'interno dei quali è ragionevole sperare in una possibile mediazione politica.

        3. Poche parole infine di commento all'articolato normativo che segue, capace di indicarne sinteticamente la "filosofia".

        Riteniamo che lo spazio di decisione politica nei confronti di un provvedimento di indulto e di amnistia si dispieghi oggi tra quello segnato da due limiti, che abbiamo voluto tracciare nelle due ipotesi estreme: un'amnistia ampia per i reati sanzionati fino a cinque anni, ma prudentemente condizionata per alcune tipologie di reato o d'autore e una più contenuta - di soli tre anni - ma incondizionata".

        La presente proposta di legge ha per oggetto "la prima e più ampia ipotesi di amnistia e di indulto" mentre l'ipotesi più contenuta è materia di un'altra e contestuale proposta di legge.

        "Secondo quanto previsto dall'articolo 1 è concessa amnistia per ogni reato per il quale la legge stabilisce una pena non superiore a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a quella detentiva, oltre ad una tassativa serie di reati a prescindere dalla pena edittale massima prevista. Nell'indicare questi ultimi, si è da un lato tenuto conto, riportandoli, dei reati già contemplati dalla precedente legislazione in materia di indulto e di amnistia del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990 e decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 1990), aggiungendone altri, quali la ricettazione (articolo 648, secondo comma, del codice penale) e i reati connessi all'offerta di stupefacenti di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre l990, n. 309, con la sola esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di dette sostanze.

        In ragione dei termini assai ampi - anche da un punto di vista del presumibile effetto deflativo - dei termini di concessione dell'amnistia, si è ritenuto di essere particolarmente severi nell'indicazione di alcune esclusioni oggettive al beneficio. In particolare, oltre a quelle di norma ricorrenti nei precedenti provvedimenti clemenziali (quali i reati commessi in occasione di calamità naturali, l'evasione limitatamente alle ipotesi aggravate di cui al secondo comma dell'articolo 385 del codice penale, il commercio e la somministrazione di farmaci guasti ovvero di sostanze alimentari nocive ovvero infine dei delitti contro la salute pubblica) si è ritenuto opportuno includere anche una serie di condotte criminose o direttamente offensive di interessi collettivi e diffusi (ad esempio: omicidio e lesioni personali colpose per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero condotte penalmente rilevanti in tema di inquinamento delle acque, produzione di sostanze pericolose, nonché per violazione delle disposizioni contro l'immigrazione clandestina di cui all'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; eccetera) ovvero oggi avvertite in termini di particolare odiosità, come alcuni delitti a sfondo sessuale.

        Ma il cuore del provvedimento è costituito dall'articolo 3 che specifica appunto le ipotesi di amnistia condizionata. Le ipotesi che si sono tenute presenti sono fondamentalmente sei: a) condannati definitivi; b) coloro che sono già stati rinviati a giudizio; c) coloro che già rinviati a giudizio devono rispondere di un delitto commesso con abuso di potere o con violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio; d) coloro che almeno in primo grado sono stati condannati ad una pena superiore ad anni quattro; e) i condannati almeno in primo grado, immigrati clandestinamente; f) tutti coloro che non rientrano nelle ipotesi di cui all'articolo in oggetto. Per questi ultimi la amnistia è incondizionata.

        Per coloro invece che sono stati condannati definitivamente per alcuno dei reati di cui all'articolo 1, l'amnistia è concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, diano prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

        Per chi invece è stato già rinviato a giudizio, si prevede la sospensione anche d'ufficio del procedimento penale per i successivi cinque anni; decorso tale periodo, se il beneficiato ha dato prova effettiva e costante di buona condotta si provvederà ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, altrimenti il provvedimento di amnistia verrà revocato, ragione per cui durante il periodo di sospensione è interrotto il decorso dei termini di prescrizione.

        Orbene, tra coloro che sono già stati rinviati a giudizio, nei confronti di chi risponde per un delitto commesso con l'abuso di poteri o con la violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato si dimetta da detta pubblica funzione o pubblico servizio. Per quanto detta condizione abbia il contenuto proprio di una pena accessoria, per altro atipica, in presenza di un provvedimento di amnistia essa non può definirsi in alcun modo tale. Per chi non ha subìto il giudizio definitivo, infatti, l'amnistia non solo è sempre rinunciabile, ma la rinunciabilità assicura il rispetto di precise esigenze. Pertanto il non adempiere alla condizione significa che l'interessato esplicitamente non vuole usufruirne.

        Altrettanto deve argomentarsi per le due residue ipotesi di amnistia condizionata: nel caso che si sia già stati condannati almeno in primo grado ad una pena compresa tra i quattro e i cinque anni di reclusione, il beneficio dell'amnistia è concesso a condizione che già sia stata riconosciuta la circostanza attenuante dell'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale, ovvero che il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato; qualora sia invece stata irrogata sentenza di condanna sempre di primo grado nei confronti di chi è immigrato clandestinamente, l'amnistia è concessa a condizione che chi ne beneficia abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni.

        Certamente queste ipotesi di amnistia condizionata segnano un percorso di ragionevole compromesso che pensiamo possibile nell'attuale situazione politica. E quindi solo sotto questa ottica devono essere considerate, anche se è innegabile che possano suscitare alcune perplessità dogmatiche.

        Il fatto che lo straniero immigrato clandestinamente possa beneficiare dell'amnistia dopo avere già riportato una sentenza di condanna di primo grado solo se spontaneamente abbandona lo Stato, dovrebbe rispondere ai timori di chi teme che la sola efficacia deterrente costituita dall'obbligo di buona condotta e dalla volontà di reinserimento sociale possano dimostrarsi inefficaci nel prevenire la commissione di altri reati. Così per coloro che già sono stati - sia pure in primo grado - riconosciuti colpevoli e puniti con una pena compresa tra i quattro e i cinque anni di reclusione, ovvero per coloro che sono già stati rinviati a giudizio per delitti commessi con l'abuso di poteri e con la violazione dei doveri, sembra che le condizioni del risarcimento del danno ovvero della dimissione dalla pubblica funzione o pubblico servizio siano un doveroso riconoscimento all'azione di moralizzazione della vita pubblica ed economica agita in questi anni dal potere giudiziario. E poi, allo stato attuale della crisi del sistema giustizia, a bene intendere queste condizioni, ci si avvede che esse, se adempiute, rappresentano le sole ipotesi superstiti di efficacia preventiva, sia generale che speciale, dell'azione delle agenzie repressive. E non è poca cosa.

        Per il resto - sia per quanto concerne il computo della pena per l'applicazione dell'amnistia (articolo 4) sia per quanto concerne la rinunciabilità all'amnistia (articolo 5) - si è seguito lo schema tecnico già sperimentato nei precedenti provvedimenti clemenziali.

        Infine l'indulto: esso è concesso nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive ed è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni, così come il precedente provvedimento di indulto del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990)".

        Il tema carcere e le sue problematiche complesse rinviano, e da lungo tempo, ad interventi legislativi e ad iniziative politiche e sociali che non attribuiscono ad un provvedimento di amnistia e di indulto un valore e un'efficacia più ampi della sua natura emergenziale. Né alcuno fra i firmatari le diverse proposte di legge in Parlamento, né gli autori del documento sopra citato, né le associazioni che operano in rapporto con il sistema penitenziario ed a sostegno dei diritti del detenuto o in relazione ai problemi della giustizia penale, appaiono in dissenso su tale punto.

        Assume, così, particolare rilievo, ad avviso del proponente, la raccomandazione che il dottor Maisto e il professore Pavarini pongono a conclusione del loro documento, in diretta relazione con le iniziative proposte da Sergio Cusani per l'associazione Liberi e Sergio Segio del gruppo Abele ad accompagnamento del provvedimento di amnistia e di indulto e che, più avanti, richiameremo. La raccomandazione è che "in attesa che celermente si provveda a portare a termine - nei tempi certamente non lunghi offerti dagli effetti deflativi della legge di amnistia ed indulto - quel necessario processo riformatore del sistema complessivo della giustizia penale, capace di trovare un nuovo e più avanzato equilibrio tra efficienza del sistema e tutela dei diritti umani dei detenuti, è necessario trovare la volontà e le risorse per governare in senso positivo le conseguenze immediate del provvedimento clemenziale stesso".

        Tra le migliaia di detenuti, condannati o rinviati a giudizio che improvvisamente riacquisteranno la libertà, non ci si deve dimenticare che c'è una quota significativa di soggetti deboli, troppo deboli per resistere all'impatto con la libertà spesso "selvaggia" che li attende nella società libera. Giovani tossicodipendenti, immigrati disperati, ammalati gravi, disagiati psichici. Insomma i soliti "poveri diavoli", clientela privilegiata del sistema criminale e delle patrie galere. Difficile pensare che per questi l'amnistia condizionata ovvero l'indulto revocabile possano "da soli" giocare un ruolo significativo nel trattenerli dal recidivare. In mancanza di alternative che permettano un loro regolare reinserimento nel tessuto sociale e produttivo, per loro la pena e il carcere non sono un rischio sociale, ma un destino ineludibile.

        E' necessario quindi che al provvedimento di clemenza immediatamente si accompagnino tutti quegli interventi che consentano appunto il reinserimento. La delega tra carcere e società civile non può essere lasciata alle logiche del libero mercato, che in questo caso vorrebbe dire che ognuno provveda come meglio crede e può. Essa deve essere assistita, nel senso di favorire in ogni modo la presa in carico da parte della società civile di questa popolazione che prima e più che essere criminale, è solo marginale e marginalizzata.

        Le iniziative di reinserimento sociale dei detenuti, con un contestuale rafforzamento della sicurezza dei cittadini, secondo Cusani e Segio, dovrebbero essere concepite come un vero e proprio piccolo "Piano Marshall", avente tre piani di riferimento: prevenzione, recupero e reinserimento.

        Non v'è dubbio, al di là dei pur importanti passi in avanti compiuti in questi anni, che in ordine alle problematiche del sistema carcere sia ancor oggi insostenibile il peso delle misure legislative adottate ma non pienamente attuate, dei princìpi e dei criteri di equità della pena disattesi, del fallimento obbligato, in assenza di strumenti e di risorse adeguati, di molte, seppure non tutte, misure di reinserimento sociale dei detenuti.

        Nessuno fra gli operatori del settore e fra coloro che al carcere non dedicano un'attenzione superficiale, emergenziale, né al carcere attribuiscono la responsabilità di affrontare e risolvere problemi che appartengono all'intera struttura sociale, dissentono sulla assoluta necessità di valutare tali problemi con criteri equilibrati, equi, strutturali, ponendo il nostro Paese al di là delle logiche emergenzialistiche spesso, se non sempre, ispirate ad una cultura esclusivamente repressiva che, negli anni, a carico dei soggetti più deboli, ha aggravato le condizioni di vivibilità nel sistema penitenziario senza alcun vantaggio per la sicurezza dei cittadini.

        "Prevenzione, recupero e reinserimento sociale vanno certamente considerati capitoli egualmente indispensabili e strettamente intrecciati di uno stesso discorso. In tale senso, possono divenire parti di un "circuito virtuoso", o, viceversa, costituire gli anelli di una cronica catena di disfunzionamenti destinata a riprodurre il delitto, certificando in tale modo la debolezza del sistema penal-penitenziario, alimentando la sfiducia dei cittadini e lasciando al corrispettivo economico ed alla vendetta del castigo la funzione riparativa per la vittima.

        Si tratta di creare le premesse, le condizioni e le opportunità (vale a dire la definizione delle strutture, la dislocazione delle risorse, la promozione e la formazione delle competenze) in grado di consentire che (non tutti, realisticamente) una quota significativa di quanti escono dal carcere non abbiano a rientrarvi da lì a poco.

        Si tratta, in definitiva, di definire e finanziare un piano straordinario d'azione sociale per sostenere il reinserimento e tutelare la legalità, collegato al varo dell'amnistia e dell'indulto e con un impegno distribuito almeno su un triennio, i cui titoli, possibili e necessari, corrispondono a quelle che sono le facce più problematiche della attuale composizione della popolazione detenuta ed in particolare i malati di AIDS e di altre malattie infettive e i tossicodipendenti".

        Anche sotto questo profilo si concorre, dunque, alle ragioni di nuove politiche in materia di carcere e di giustizia penale, di cui un provvedimento di amnistia non è la base ma oggi, nelle condizioni drammatiche in cui versano i nostri istituti penitenziari, è la premessa ineludibile.


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Amnistia).

 

1. E' concessa amnistia:

 

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

 

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

 

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

 

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

 

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

 

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7);

7) 648, secondo comma (ricettazione);

 

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

 

e) articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

 

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

 

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica:

 

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

 

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

 

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

 

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

 

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

 

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

 

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

 

7) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

 

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

 

d) ai reati previsti:

 

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

 

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della medesima legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

 

3) dall'articolo 163 del testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni;

 

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

 

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

 

 

Art. 3.

(Amnistia condizionata).

 

1. L'amnistia nei confronti dei condannati è sempre concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, diano prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2. Qualora il reato per il quale si procede rientri in quelli previsti dalla presente legge e nei confronti di un soggetto che sia per il medesimo reato già stato rinviato a giudizio, il giudice sospende, anche d'ufficio, in ogni stato e grado, il procedimento per il periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione disposta ai sensi del presente comma è interrotto il decorso dei termini di prescrizione.

3. In ogni stato e grado del processo nei confronti di coloro che rispondono dei delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato si dimetta da detta pubblica funzione o pubblico servizio ovvero provveda al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

4. Per coloro che sono stati condannati in primo grado ad una pena superiore a quattro anni, l'amnistia è concessa qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

5. Qualora sia già stata irrogata sentenza di condanna di primo grado nei confronti di cittadini stranieri immigrati clandestinamente, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni.

6. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, ove si accerti che le condizioni ivi previste non sono state rispettate, l'amnistia ovvero il provvedimento di sospensione del procedimento penale sono revocati.

 

Art. 4.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

 

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

 

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

 

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, primo comma, numeri 1) e 4), limitatamente alla seconda ipotesi, del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

 

Art. 5.

(Rinunciabilità all'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

 

Art. 6.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni.

 

Art. 7.

(Termini di efficacia).

 

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1^ maggio 2000.

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1607

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa del deputato

BOATO

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Concessione di amnistia e di indulto

 

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Presentata il 19 settembre 2001

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Onorevoli Colleghi! - La situazione del nostro sistema penitenziario, appare sempre di più segnata da elementi di drammatica ed insostenibile emergenza, sia per quanto riguarda i detenuti, sia per ciò che attiene ai compiti ed alle condizioni dei soggetti istituzionali e di controllo in esso operanti.

        I temi dell'amnistia e dell'indulto, a oltre dieci anni dall'ultimo provvedimento adottato dal Parlamento, nella XIII legislatura sono stati in primo piano nel confronto politico e parlamentare, per le diverse ipotesi di provvedimento presentate alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica, e nella società civile, per gli appelli e le iniziative assunti in rapporto con il mondo carcerario e all'interno di esso, e per i riferimenti anche alle ragioni spirituali e di pensiero espresse in occasione del Giubileo del 2000.

        Fra le ipotesi di proposta che già nella XIII legislatura si è ritenuto di portare all'esame del Parlamento, non v'è dubbio che abbiano titolo quelle predisposte da due autorevoli esponenti della magistratura e del diritto, come il dottor Francesco Maisto, sostituto procuratore generale di Milano, e il professor Massimo Pavarini dell'Università degli studi di Bologna, che di seguito riproponiamo integralmente, a contributo di una valutazione che, a nostro avviso, il Parlamento non dovrebbe ulteriormente rinviare.

 

        "1. Nella cultura penalistica e in quella politica da tempo è condivisa una valutazione fortemente negativa nei confronti dei provvedimenti indulgenziali. In buona sostanza lo sfavore nei confronti delle leggi d'amnistia e di indulto - tenendo criticamente conto delle passate quanto numerose esperienze - si fonda su un giudizio di fondo difficilmente contestabile: attraverso detti provvedimenti "eccezionali" non si dà alcuna soluzione ai problemi critici del sistema penale-penitenziario italiano (gli effetti deflativi dei provvedimenti di clemenza sono stati mediamente assorbiti nell'arco medio di due anni) e nel contempo si sospenderebbe momentaneamente la tensione verso una soluzione strutturale e "fisiologica" ai problemi della crisi della giustizia penale che deve, invece, essere perseguita in una radicale riforma del sistema penale stesso.

        Se questo giudizio di fondo è astrattamente condivisibile, assai meno lo è con riferimento in concreto alla situazione del nostro Paese. A chi presta uno sguardo meno svagato e superficiale alle politiche penali nel lungo periodo - dallo Stato post-unitario ad oggi - si avvede infatti che sempre e costantemente si è fatto ricorso ai provvedimenti di clemenza come risorsa decisiva per il governo della penalità entro i limiti di volta in volta posti dalle necessità di compatibilità sistemica. Pertanto niente affatto politica di eccezione, ma scelta costante ed "ordinaria" volta ad operare momentanei ma necessari riequilibri tra input ed output del sistema penale. Ed infatti è bastato che il sistema della politica si astenesse dall'utilizzare questo mezzo, che in un solo decennio, questo ultimo, la popolazione detenuta raddoppiasse e il sistema processuale-penale pericolosamente si avvicinasse ad uno stato di assoluta paralisi.

        L'esperienza comparata ci insegna che in quasi tutte le realtà occidentali moderne, i sistemi di giustizia penale - in quanto dinamicizzati al loro interno da logiche di autoreferenzialità - corrono il rischio di "uscire di controllo", per la loro naturale tendenza a favorire una crescita esponenziale di domande di giustizia a cui nessun incremento di risorse sarà mai in grado di dare risposta. Ed è per questo che, in altri Paesi e in altri contesti culturali, aggiustamenti e riequilibri vengono "fisiologicamente" implementati all'interno del sistema di giustizia penale stesso: si pensi alla valvola di sicurezza data dalla facoltatività dell'azione penale ovvero alla larga "negoziabilità" della pena e del processo.

        Orbene: se contingenze politiche particolarmente avvertite e sofferte impediscono di adottare queste "tecniche" di controllo della "produttività", giocoforza il sistema della politica sarà chiamato permanentemente ad "interferire" dall'esterno sul sistema della giustizia penale per determinare, sia pure contingentemente, nuovi livelli di compatibilità tra risorse e funzioni. E sotto questo punto di vista, l'intervento del sistema politico è non solo utile, ma doveroso.

        Doveroso e non indebito, se non altro perché se la politica non si assumesse questo diritto di interferire dall'"esterno", il sistema della giustizia penale "naturalmente" sarebbe costretto ad adottare soluzioni di compensazione "interne" offerte appunto dalla sua progressiva inefficacia: la prescrizione - ovvero il negare giustizia per decorso del tempo - di fatto opererebbe inesorabilmente, ma con un esito pericolosamente delegittimante per il sistema della giustizia stesso. Come ognuno ben sa, la giustizia negata per prescrizione ulteriormente accentua i criteri di selettività della giustizia penale, favorendo prevalentemente coloro che possono economicamente e culturalmente "resistere" ai tempi lunghi del processo. Per cui la recuperata efficacia del sistema criminale finirebbe per "scaricarsi" sui soggetti più deboli, di fatto immunizzando coloro che possono sostenere una giustizia lenta e alla fine ineffettiva.

        Considerazioni diverse debbono invece valere per chi paventa l'ennesimo provvedimento clemenziale perché capace di favorire la connaturata pigrizia del legislatore a mettere mano ad alcune decisive e da troppo tempo attese riforme penali che unitariamente intese potrebbero, almeno astrattamente, operare nel senso anche di una maggiore efficienza dell'"impresa giustizia".

        E' certo da condividere la posizione di chi confida che solo una drastica riduzione dell'area della criminalizzazione primaria sia in grado di dare efficienza e effettività al sistema della giustizia penale. Ma un atteggiamento di realismo politico ci induce a non confidare troppo in questa soluzione: anche i Paesi che in quest'ultimo decennio si sono felicemente confrontati con una riforma del codice penale (Francia, Germania, Spagna e Portogallo) pur avendo sempre ed esplicitamente assunto questo obiettivo di politica criminale, di fatto non sono stati in grado di raggiungerlo. Ed è seriamente dubitabile che una significativa rinuncia alla risorsa penale possa effettivamente oggi darsi all'interno di sistemi sociali di diritto.

        Pertanto una maggiore efficienza del sistema della giustizia penale con più realismo è invece possibile guadagnarla sul versante di una più estesa negoziabilità in fase processuale attraverso ad esempio un allargamento delle ipotesi di patteggiamento, ovvero - come è nella ratio della recente riforma del giudice unico di primo grado - in una virtuosa economizzazione delle risorse. Poi certo altro si potrà guadagnare in efficienza nell'attribuire ad esempio al giudice di pace alcune significative competenze penali; ovvero nel dare spazio anche nel nostro ordinamento all'istituto della mediazione penale. Ma di più: sulla stessa indicazione offerta dalla commissione per la riforma del codice penale (Commissione Grosso), la scelta in favore di pene sostitutive edittalmente diverse da quella privativa della libertà (come ad esempio il lavoro di pubblica utilità), potrebbe consentire di produrre una qualche differenziazione processuale che finirebbe per tradursi anche in una maggiore efficienza del sistema stesso. Mentre onestamente non ci sembra che si possa nutrire eccessive speranze in un'ulteriore dilatazione dei termini della flessibilità della pena in fase esecutiva - se non appunto limitatamente ad un allargamento dei termini oggettivi per fruire della liberazione condizionale - perché allo stato attuale delle risorse rese politicamente disponibili i circuiti alternativi sono già al limite di tenuta, oltre i quali l'esecuzione penitenziaria extra-moenia rischia di diventare una semplice foglia di fico ad una tendenza decarcerizzante sconsiderata, a meno che non si decida finalmente di investire di più. Cosa che auspichiamo senza riserve.

        Questo orizzonte di realistico riformismo - rispetto al quale scientificamente si deve confidare con estrema moderazione - non soddisfa completamente. Certo - detto diversamente - piace di meno che un diritto penale veramente "minimo", tanto nei codici che nelle prassi dei tribunali. Ma non vorremmo che l'ansia verso il meglio, ci sollevasse dal compito di operare subito - oggi - per il meno peggio. Comunque, a volere tacere dalle diverse opinioni in merito, rimane comunque la circostanza che quale strategia si voglia adottare per dare soluzione a questa crisi di efficienza del sistema giustizia, il sistema deve potere contare come pre-condizione su un suo per quanto inadeguato funzionamento. Infatti nessuna delle riforme messe in atto e nessuna di quelle che si vorrebbero poter mettere, può entrare a regime se il sistema si blocca.

        A noi non dispiace se il ricorso alla leva della indulgenza viene etichettato come provvedimento di sola e limitata nel tempo "narcotizzazione" delle sofferenze della giustizia. Esso in effetti lo è. La questione che preme decidere è altra: se la sospensione momentanea del dolore deve servire per intervenire sulle cause attraverso processi di riforma, ovvero se si vuole solo rinviare la prossima emergenza ad un futuro prossimo. La questione ci pare di non poco conto.

 

        2. Alla emergenza del sistema giustizia si accompagna e si somma quella del sottosistema carcerario. Come sempre su questo delicato tema si rischia di parlare tra il patetico, i buoni sentimenti e l'ovvio. Qualche volta anche con indifferenza. In estrema sintesi: la situazione è effettivamente drammatica. Drammatica in primo luogo per i detenuti. Ma drammatica anche per chi professionalmente opera in carcere. I termini di questa drammaticità possono essere sintetizzati in una sola parola, inelegante quanto emotivamente neutra: sovraffollamento. Ma solo chi conosce la realtà del carcere sa cosa cela questo termine.

        Si dirà che da che esiste il carcere e non solo in Italia, sempre si è sofferto di questo male. E' vero, ma oggi il sovraffollamento non indica purtroppo una sofferenza che ci si possa illudere di sanare naturaliter in tempi brevi. L'attuale sovraffollamento è infatti originato da un processo significativo di nuova ri-carcerizzazione iniziato a metà degli anni novanta che con ogni probabilità si dispiegherà su un arco di tempo medio-lungo.

        Oggi la presenza media dei detenuti è superiore a 54.000; ma questo non indica alcun "picco" invalicabile. E' ragionevole profetizzare che a fine anno saremo oltre le 57.000 unità. Insomma tutto lascia supporre che la popolazione detenuta continuerà a crescere. Se così purtroppo è, temiamo che non sarà nell'immediato futuro possibile governare il carcere nel rispetto dei diritti dei detenuti e inoltre che la qualità dell'impegno professionale degli operatori penitenziari dovrà essere ulteriormente ridotta. Per altro - se mai si volesse rispondere al problema attraverso un programma di nuova edilizia penitenziaria - si deve tenere conto che per edificare e mettere in funzione un nuovo carcere necessitano mediamente più di dieci anni.

        Il sistema politico non può quindi chiamarsi fuori da chi l'interroga su come garantire la legalità e il rispetto dei diritti umani in carcere, già da oggi. Nell'immediato non esiste altra alternativa che deflazionare per forza di legge il carcere. Il costo di un provvedimento legislativo deflativo è oggi prevalentemente politico. La classe politica si avvede che a questa decisione dovrà prima o poi arrivare, ma teme di pagare un prezzo eccessivamente alto sul piano del consenso sociale e quindi politico. Da un lato, inutile nascondercelo, c'è il timore che attraverso un provvedimento clemenziale di fatto si operi nel senso di un colpo di spugna rispetto ai reati di Tangentopoli (senza però riflettere che il destino di questi - vale a dire la prescrizione - è oramai segnato); dall'altro lato si paventa che l'opinione pubblica oggi particolarmente sensibile ai problemi di sicurezza dalla criminalità predatoria e di strada, intenda ogni provvedimento clemenziale come un pericoloso arretramento in tema di difesa sociale (senza poi riflettere che, trattandosi in questo caso prevalentemente di micro-criminalità, la risposta sanzionatoria e detentiva sarebbe comunque di breve periodo).

        E' certo comunque che questi timori - ove anche in parte fondati - rischiano nella presente congiuntura di determinare una situazione di stallo nell'iniziativa politica. Come dire: tutti alla finestra per vedere chi fa la prima mossa, con il rischio effettivo che nessuno la faccia. Ed è per questo motivo che - in ragione solamente delle nostre competenze professionali e della nostra sensibilità nei confronti della tutela della società e dei diritti dei detenuti - confidiamo di potere modestamente contribuire in un senso positivo ad affrontare l'attuale situazione di crisi, avanzando una proposta realistica. Si tratta solamente di una "modesta proposta" per invitare chi ha responsabilità di governo e politica prendere posizione. E per fare ciò, ci è parso utile offrire una traccia tecnica che mentre recepisce e tiene nel dovuto conto ad esempio le proposte di legge recentemente avanzate da alcuni parlamentari, a nostro avviso sia in grado di segnare i confini all'interno dei quali è ragionevole sperare in una possibile mediazione politica.

 

        3. Poche parole infine di commento all'articolato normativo che segue, capace di indicarne sinteticamente la "filosofia".

        Riteniamo che lo spazio di decisione politica nei confronti di un provvedimento di indulto e di amnistia si dispieghi oggi tra quello segnato da due limiti, che abbiamo voluto tracciare nelle due ipotesi estreme: un'amnistia ampia per i reati sanzionati fino a cinque anni, ma prudentemente condizionata per alcune tipologie di reato o d'autore e una più contenuta - di soli tre anni - ma incondizionata".

 

        La presente proposta di legge ha per oggetto l'ipotesi di amnistia incondizionata ma relativa alle tipologie di reato con pene fino a tre anni, mentre quella più ampia ma condizionata è materia di un'altra e contestuale proposta di legge.

        Secondo quanto previsto dall'articolo 1 è concessa amnistia per ogni reato per il quale la legge stabilisce una pena non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a quella detentiva, oltre ad una tassativa serie di reati a prescindere dalla pena edittale massima prevista. Nell'indicare questi ultimi, si è da un lato tenuto conto, riportandoli, dei reati già contemplati dalla precedente legislazione in materia di indulto ed amnistia del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990 e decreto del Presidente della Repubblica n. 75 del 1990) aggiungendone altri, quali la ricettazione (articolo 648, secondo comma, del codice penale) e i reati connessi all'offerta di stupefacenti di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con la sola esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di dette sostanze.

        In ragione dei termini assai ampi - anche da un punto di vista del presumibile effetto deflativo - dei termini di concessione dell'amnistia, si è ritenuto di essere particolarmente severi nell'indicazione di alcune esclusioni oggettive al beneficio. In particolare, oltre a quelle di norma ricorrenti nei precedenti provvedimenti clemenziali (quali i reati commessi in occasione di calamità naturali, l'evasione limitatamente alle ipotesi aggravate di cui al secondo comma dell'articolo 385 del codice penale, il commercio e la somministrazione di farmaci guasti ovvero di sostanze alimentari nocive ovvero infine dei delitti contro la salute pubblica) si è ritenuto opportuno includere anche una serie di condotte criminose o direttamente offensive di interessi collettivi e diffusi (ad esempio: omicidio e lesioni personali colpose per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero condotte penalmente rilevanti in tema di inquinamento delle acque, produzione di sostanze pericolose, nonché per violazione delle disposizioni contro l'immigrazione clandestina di cui all'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; eccetera) ovvero oggi avvertite in termini di particolare odiosità, come alcuni delitti a sfondo sessuale.

        Per il resto - sia per quanto concerne il computo della pena per l'applicazione dell'amnistia (articolo 3) sia per quanto concerne la rinunciabilità all'amnistia (articolo 4) - si è seguito lo schema tecnico già sperimentato nei precedenti provvedimenti clemenziali.

        Infine l'indulto: esso è concesso nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive ed è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni, così come il precedente provvedimento di indulto del 1990 (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1990).

        Il tema carcere e le sue problematiche complesse rinviano, e da lungo tempo, ad interventi legislativi e ad iniziative politiche e sociali che non attribuiscono ad un provvedimento di amnistia e di indulto un valore e un'efficacia più ampi della sua natura emergenziale. Né alcuno fra i firmatari le diverse proposte di legge in Parlamento, né gli autori del documento sopra citato, né le associazioni che operano in rapporto con il sistema penitenziario ed a sostegno dei diritti del detenuto o in relazione ai problemi della giustizia penale, appaiono in dissenso su tale punto.

        Assume, così, particolare rilievo, ad avviso del proponente, la raccomandazione che il dottor Maisto e il professor Pavarini pongono a conclusione del loro documento, in diretta relazione con le iniziative proposte da Sergio Cusani per l'associazione Liberi e Sergio Segio del gruppo Abele ad accompagnamento del provvedimento di amnistia e di indulto e che, più avanti, si richiameranno. La raccomandazione è che "in attesa che celermente si provveda a portare a termine - nei tempi certamente non lunghi offerti dagli effetti deflativi della legge di amnistia ed indulto - quel necessario processo riformatore del sistema complessivo della giustizia penale, capace di trovare un nuovo e più avanzato equilibrio tra efficienza del sistema e tutela dei diritti umani dei detenuti, è necessario trovare la volontà e le risorse per governare in senso positivo le conseguenze immediate del provvedimento clemenziale stesso".

        Tra le migliaia di detenuti, condannati o rinviati a giudizio che improvvisamente riacquisteranno la libertà, non ci si deve dimenticare che c'è una quota significativa di soggetti deboli, troppo deboli per resistere all'impatto con la libertà spesso "selvaggia" che li attende nella società libera. Giovani tossicodipendenti, immigrati disperati, ammalati gravi, disagiati psichici. Insomma i soliti "poveri diavoli", clientela privilegiata del sistema criminale e delle patrie galere. Difficile pensare che per questi l'amnistia condizionata ovvero l'indulto revocabile possano "da soli" giocare un ruolo significativo nel trattenerli dal "recidivare". In mancanza di alternative che permettano un loro regolare reinserimento nel tessuto sociale e produttivo, per loro la pena e il carcere non sono un rischio sociale, ma un destino ineludibile.

        E' necessario quindi che al provvedimento di clemenza immediatamente si accompagnino tutti quegli interventi che consentano appunto il reinserimento. La relazione tra carcere e società civile non può essere lasciata alle logiche del libero mercato, che in questo caso vorrebbe dire che ognuno provveda come meglio crede e può. Essa deve essere assistita, nel senso di favorire in ogni modo la presa in carico da parte della società civile di questa popolazione che prima e più che essere criminale, è solo marginale e marginalizzata.

        Le iniziative di reinserimento sociale dei detenuti, con un contestuale rafforzamento della sicurezza dei cittadini, secondo Cusani e Segio, dovrebbero essere concepite come un vero e proprio piccolo "Piano Marshall", avente tre piani di riferimento: prevenzione, recupero e reinserimento.

        Non v'è dubbio, al di là dei pur importanti passi in avanti compiuti in questi anni, che in ordine alle problematiche del sistema carcere sia ancor oggi insostenibile il peso delle misure legislative adottate ma non pienamente attuate, dei princìpi e dei criteri di equità della pena disattesi, del fallimento obbligato, in assenza di strumenti e di risorse adeguati, di molte, seppure non tutte, misure di reinserimento sociale dei detenuti.

        Nessuno fra gli operatori del settore e fra coloro che al carcere non dedicano un'attenzione superficiale, emergenziale, né al carcere attribuiscono la responsabilità di affrontare e di risolvere problemi che appartengono all'intera struttura sociale, dissente sulla assoluta necessità di valutare tali problemi con criteri equilibrati, equi, strutturali, ponendo il nostro Paese al di là delle logiche emergenzialistiche spesso, se non sempre, ispirate ad una cultura esclusivamente repressiva che, negli anni, a carico dei soggetti più deboli, ha aggravato le condizioni di vivibilità nel sistema penitenziario senza alcun vantaggio per la sicurezza dei cittadini.

        "Prevenzione, recupero e reinserimento sociale vanno certamente considerati capitoli egualmente indispensabili e strettamente intrecciati di uno stesso discorso. In tale senso, possono divenire parti di un "circuito virtuoso", o, viceversa, costituire gli anelli di una cronica catena di disfunzionamenti destinata a riprodurre il delitto, certificando in tale modo la debolezza del sistema penal-penitenziario, alimentando la sfiducia dei cittadini e lasciando al corrispettivo economico ed alla vendetta del castigo la funzione riparativa per la vittima.

        Si tratta di creare le premesse, le condizioni e le opportunità (vale a dire la definizione delle strutture, la dislocazione delle risorse, la promozione e la formazione delle competenze) in grado di consentire che (non tutti, realisticamente) una quota significativa di quanti escono dal carcere non abbia a rientrarvi da lì a poco.

        Si tratta, in definitiva, di definire e finanziare un piano straordinario d'azione sociale per sostenere il reinserimento e tutelare la legalità, collegato al varo dell'amnistia e dell'indulto e con un impegno distribuito almeno su un triennio, i cui titoli, possibili e necessari, corrispondono a quelle che sono le facce più problematiche della attuale composizione della popolazione detenuta ed in particolare i malati di AIDS e di altre malattie infettive e i tossicodipendenti".

        Anche sotto questo profilo si concorre, dunque, alle ragioni di nuove politiche in materia di carcere e di giustizia penale, di cui un provvedimento di amnistia non è la base ma oggi, nelle condizioni drammatiche in cui versano i nostri istituti penitenziari, è la premessa ineludibile.

 


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Amnistia).

 

1. E' concessa amnistia:

 

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

 

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

 

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 336, primo comma, (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

 

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

 

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

 

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648, secondo comma (ricettazione);

 

d) per ogni reato commesso dal minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

 

e) articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

 

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

 

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica:

 

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

 

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti del capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

 

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

 

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

 

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

 

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

 

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

 

7) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

 

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

 

d) ai reati previsti:

 

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

 

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della medesima legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

 

3) dall'articolo 163 del testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

 

4) dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

 

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni;

 

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

 

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

 

 

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

 

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

 

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

 

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

 

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

 

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, primo comma, numeri 1) e 4), limitatamente alla seconda ipotesi, del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

 

 

Art. 4.

(Rinunciabilità all'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

 

 

Art. 5.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti una condanna detentiva superiore a due anni.

 

Art. 6.

(Termini di efficacia).

 

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1^ maggio 2000.

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2417

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

RUSSO SPENA, BERTINOTTI, DEIANA, TITTI DE SIMONE, ALFONSO, GIANNI, GIORDANO, MANTOVANI, MASCIA, PISAPIA, VALPIANA, VENDOLA

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Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale

 

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Presentata il 26 febbraio 2002

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Onorevoli Colleghi! - L'emergenza collegata ai cosiddetti "anni di piombo" in Italia può ormai considerarsi chiusa: molti di coloro che hanno subìto condanne per reati commessi in quel periodo hanno già scontato numerosi anni di carcere, lavorano all'esterno degli istituti penitenziari, sono impegnati in attività con finalità sociali, dando concreta prova di essere pronti a reinserirsi definitivamente nella vita sociale e culturale del Paese.

        Non vi sono, quindi, più ragioni - di carattere giuridico, politico o di tutela della collettività - per ritardare ulteriormente, ad oltre undici anni dalla prima proposta di legge presentata in Parlamento, un provvedimento la cui finalità è soprattutto quella di "riequilibrare" inique disparità di trattamento sanzionatorio, determinate dalla legislazione d'emergenza, tra condannati per reati comuni e condannati per reati di "terrorismo".

        Ben pochi, ormai, contestano il fatto che, nei cosiddetti "anni di piombo", a causa di leggi speciali e di una applicazione emergenziale delle norme penali e processuali, sono stati spesso compressi i diritti di difesa; c'è stata una dilatazione interpretativa dell'articolo 110 del codice penale; sono state irrogate pene "diverse", pur di fronte a medesimi reati contestati a imputati per reati comuni e imputati per "reati politici" (ai sensi dell'articolo 8 del codice penale è delitto politico sia quello che "offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino" sia "il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici").

        La necessità - ispirata ad una volontà di equità - di riequilibrio delle pene è una delle ragioni fondamentali della presente proposta di legge. Non si può non ricordare che, con l'introduzione dell'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, per i reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento democratico (salvo che la circostanza fosse elemento costitutivo del reato), punibili con la pena diversa dall'ergastolo, la pena era sempre aumentata della metà. Non era possibile, inoltre, un giudizio di equivalenza o di prevalenza ai sensi dell'articolo 69 del codice penale.

        Altre norme speciali, introdotte in quel periodo, hanno determinato un forte squilibrio sanzionatorio tra condannati per fatti comuni e per fatti di terrorismo: la legge 18 aprile 1975, n. 110, in materia di armi, ad esempio, prevedeva per la detenzione di un'arma da guerra, in presenza dell'aggravante della "finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento democratico", la pena da cinque a quindici anni di reclusione, mentre lo stesso reato, senza l'aggravante, era punito con la pena da due a otto anni.

        Ma vi è di più. I detenuti "politici" sono stati sottoposti anche a un trattamento carcerario differenziato, a carcerazioni preventive lunghissime (fino a dieci anni e otto mesi), sono stati esclusi da amnistie e condoni (decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981, n. 744 e, in parte, decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1986, n. 865).

        Altre considerazioni non possono essere ignorate. La Corte costituzionale, nel momento stesso in cui ha ritenuto che, in presenza di situazioni particolari, il Parlamento e il Governo hanno il diritto e il dovere di adottare leggi d'emergenza, ha anche affermato che "queste misure perdono legittimità se ingiustificatamente protratte nel tempo". Il che dovrebbe comportare, come logica conseguenza, il "diritto e dovere" del legislatore di intervenire affinché, cessata la situazione d'emergenza, si eliminino le conseguenze inique di quelle leggi eccezionali.

        Restano - e non intendiamo né dimenticarlo né ignorarlo - il dolore e la sofferenza delle vittime e dei loro familiari; ma, anche per rispetto a quel dolore, non si propone un provvedimento di amnistia (che comporta l'estinzione dei reati) ma un provvedimento che tende solo a incidere sull'entità della pena. Il legislatore, del resto, non si è posto il problema delle vittime quando ha approvato norme che, a fronte della collaborazione processuale, hanno comportato la scarcerazione e, in molti casi, l'impunità di fatto anche per persone responsabili di gravissimi fatti di sangue.

        Un provvedimento di indulto non può essere in nessun modo interpretato come "amnesia" nei confronti delle vittime ma, piuttosto, come scelta definitiva di uscire da un periodo che, comunque lo si veda, ha comportato una "rottura delle regole": "quando è giunto a sconfiggere quelli che vorrebbero rovesciarlo, lo Stato deve impegnarsi a por fine alle pene e anche alle ricompense" (Montesquieu, Esprit de lois).

        A ciò si aggiunga che nella scorsa legislatura sono stati approvati specifici provvedimenti in favore delle vittime e dei loro familiari, anche se ben si comprende come qualsiasi provvedimento legislativo non può lenirne il dolore.

        La proposta di indulto non intende affatto rinfocolare le polemiche che hanno diviso il Paese negli anni passati: l'obiettivo, anzi, è quello di voltare definitivamente pagina rispetto a un periodo che ha portato lutto, dolore e disperazione. Crediamo nella necessità di uscire da una drammatica fase di emergenza, aiutando a risolvere - sulla base di criteri di giustizia e di umanità - una situazione che riguarda un esiguo numero di persone ma che, direttamente o indirettamente, ha coinvolto gran parte del Paese.

        Non vi sono più oggi motivi di carattere giuridico per opporsi a un provvedimento che ha lo scopo di "riportare nella normalità giuridica le condanne per i fatti di lotta armata e quindi ricollocare il dibattito riguardante quegli anni nei binari del confronto e della riflessione storico-politica": il senso di equità nel trattamento penale "non può essere succube né delle ragioni della politica né della vendetta dello Stato ma il più possibile ispirato alla pietas e alla responsabilità della convivenza civile" (Forum delle donne di Rifondazione comunista).

        La proposta di legge prevede anche una norma transitoria, la cui finalità è quella di dare la possibilità - a chi deve ancora scontare pene detentive, ma ha dato concreta prova di essersi allontanato da qualsiasi organizzazione eversiva - di essere ammesso al lavoro esterno o alla semilibertà senza i limiti oggi previsti dalla legge: è chiaro che non si tratta di benefìci "automatici" o che spettano di diritto e che ogni valutazione, anche in ordine alla non pericolosità sociale, è demandata alla magistratura di sorveglianza. Si tratta di una norma di portata limitata che intende attenuare l'espiazione della pena per chi ha, in concreto, dato prova di essere pronto a reinserirsi nella convivenza civile.

        Onorevoli colleghi, il nostro auspicio è che, su questo provvedimento, si possa trovare quella convergenza necessaria per l'approvazione di una proposta di legge dettata dalla volontà di eliminare una evidente disparità di trattamento e di ridare speranza a chi ha già dimostrato, nei fatti, di accettare le regole dello Stato democratico. Una delle finalità dell'indulto - provvedimento espressamente previsto dalla Costituzione - è anche quella di porre fine, o di limitare, pene ingiuste, ingiustificate o non più necessarie: e una pena è ingiusta non solo quando è stata inflitta ingiustamente ma anche quando è diventata inutile, se non controproducente.

        "Il diritto di punire deve trovare dei limiti nella giustizia e nell'utilità sociale, altrimenti i concetti di giustizia e di umanità si trasformano in vendetta, politica o divina".


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, con le seguenti modalità:

 

a) la pena dell'ergastolo è commutata in quella della reclusione per anni ventuno;

 

b) le pene detentive temporanee sono ridotte di anni cinque se non superiori ad anni dieci di detenzione, della metà negli altri casi;

 

c) le pene accessorie quando conseguono a condanne per le quali è applicato, in tutto o in parte, l'indulto, sono interamente condonate.

 

 

Art. 2.

(Esclusioni oggettive).

 

1. L'indulto non si applica ai reati dì cui agli articoli 285 e 422 del codice penale se dalla commissione dei reati stessi sia derivata la morte.

 

 

Art. 3.

(Applicazione dell'indulto).

 

1. L'indulto si applica sul cumulo delle pene anche se stabilito in applicazione della legge 18 febbraio 1987, n. 34.

 

 

 

Art. 4.

(Applicazione dell'indulto in caso di continuazione nel

reato).

 

1. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, del codice penale, ove necessario, il giudice, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'indulto determinando la quantità di pena condonata per i singoli reati.

 

Art. 5.

(Revoca dell'indulto).

 

1. L'indulto è revocato qualora chi ne abbia usufruito commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto per il quale riporti condanna a pena detentiva superiore a due anni o più delitti per i quali riporti condanne a pena detentiva complessiva superiore a tre anni.

 

Art. 6.

(Efficacia dell'indulto).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi sino al 31 dicembre 1989.

 

Art. 7.

(Norma transitoria).

 

1. Se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con organizzazioni eversive, il tribunale di sorveglianza, nel caso di soggetti condannati per delitti commessi non oltre il 31 dicembre 1989 per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, può disporre, su istanza dell'interessato o del suo difensore, che la pena residua possa essere espiata in regime di semilibertà. Se il condannato non è ammesso alla semilibertà, può essere ammesso al lavoro all'esterno, ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, senza l'applicazione dei limiti di cui al comma 1 del medesimo articolo 21.

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3151

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa del deputato

TAORMINA

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Concessione di indulto

 

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Presentata il 17 settembre 2002

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        Onorevoli Colleghi! - Un provvedimento di indulto è necessario, urgente e ragionevole. Abbiamo di fronte a noi una realtà inquietante ed esplosiva.

        Da molto tempo nelle carceri va crescendo la preoccupazione e il timore di eventi che sfuggano di mano. Un allarme che viene non solo dai detenuti, ma da tutto il mondo penitenziario e dal sistema della giustizia. Cresce l'urgenza di fare, di cambiare direzione. Si chiedono condizioni di dignità per chi nel carcere è recluso, per le loro famiglie e rispetto per quanti vi lavorano e operano. Condizioni di dignità e rispetto che sono, infine, garanzia di sicurezza per i cittadini liberi.

        Un carcere che umilia e incattivisce sia i reclusi che gli operatori è un pessimo investimento per la società intera: un carcere dissennato, fatto di spregio di vite e spreco di risorse economiche. Negli ultimi trenta anni solo per l'edilizia penitenziaria sono stati stanziati 2.896 milioni di euro. L'ultimo finanziamento è stato di 417 milioni di euro (finanziaria del 2001) per la realizzazione di 22 nuovi istituti di pena che dovrebbero fornire 5.000 nuovi posti letto sostituendo le strutture già esistenti che attualmente hanno una capienza di 1.800 posti letto. Dei 22 istituti, tuttavia, solo 8 risultano finanziati in base all'ultimo stanziamento. Per gli altri 14 vanno trovati i soldi. Quindi 2.896 milioni di euro per avere comunque quasi 15 mila detenuti in più di quanti le carceri possano contenerne; per avere reclusi ammucchiati uno sull'altro; per far dormire taluni in terra e condannare tutti all'inattività. In tali condizioni avvilenti, avvilente diviene il lavoro di agenti, educatori, magistrati e operatori del volontariato.

        Se c'è una cosa su cui tutti, ma proprio tutti, concordano è che l'attuale situazione di sovraffollamento rende ingestibili le strutture ed è concausa prima di rischio.

        2.896 milioni di euro. E solo nel 2001, vi sono stati 6.353 episodi di autolesionismo, 878 tentati suicidi, 70 suicidi. Per non dire della generalizzata riduzione di risorse economiche a favore dell'intervento educativo e dell'investimento in professionalità e specialisti del trattamento. A queste somme si aggiungono le altre cifre sociali del malessere e della disperazione dei privi di libertà, del disagio degli operatori e del degrado delle strutture.

        Si debbono propone soluzioni e rimedi, adesso. Soluzioni che uniscano gli uomini e le donne di buona volontà; rimedi che sappiano garantire, allo stesso tempo, umanità e giustizia, concretezza e speranza, progettualità per il futuro e buon senso per l'immediato e per l'attuale emergenza. Questo non è impossibile, di questo noi crediamo sia capace il Paese, se correttamente informato.

        La proposta è semplice: la prima cura è ridurre la virulenza dell'infiammazione proprio come farebbe ogni medico di buon senso. Nel corso del 2001 i centri di servizio sociale del Ministero della giustizia hanno seguito 44.607 casi di misure alternative alla detenzione: 26.352 detenuti in affidamento in prova, 3.597 in semilibertà, 11.506 in detenzione domiciliare, 1.936 in libertà vigilata e 1.216 hanno avuto sanzioni sostitutive. A fronte di decine di migliaia di persone che scontano la pena fuori dal carcere, altre 56.000 sono in carcere. E di queste, 33.174 sono i condannati definitivi (2002). Dei 33.174 condannati definitivi al 1^ luglio 2001, 9.853 dovevano scontare una pena da uno a tre anni, mentre 9.601 avevano un residuo di pena fino ad un anno.

        Un indulto servirebbe a fare uscire quella fascia di persone che, comunque, sarebbe destinata a uscire entro poco tempo. Anticiparne l'uscita servirebbe intanto a mitigare la situazione nelle carceri dove hanno fatto ingresso, secondo l'indagine del Ministero della giustizia al 31 dicembre 2001, 15.442 tossicodipendenti, altri 8.368 non tossicodipendenti ma arrestati per reati di droga ai sensi dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990; 1.421 sieropositivi all'HIV (ma, a questo proposito, occorre tenere presente che solo il 38 per cento dei detenuti accetta di sottoporsi al test dell'HIV); 169 detenuti in AIDS conclamato; 16.892 stranieri. Al 1^ luglio 2001, 4.863 dei 31.347 detenuti scontava un residuo di pena da tre fino a cinque anni. Queste cifre dimostrano come la gran parte dei condannati sconti per intero le condanne, a dispetto delle ricorrenti polemiche sulla presunta ineffettività delle pene. In questa situazione, l'indulto non sarebbe resa o fallimento della giustizia, ma, all'opposto, precondizione necessaria per poter curare questo sistema, oggi così gravemente malato. Questo atto consentirebbe gli spazi di manovra per porre mano a nuove e più efficaci strategie di prevenzione dal crimine per il futuro.

        L'indulto viene subito revocato nel caso di recidiva: alla nuova pena si sommerebbe l'antica: ecco un deterrente certo e a costo zero.

        Con tale provvedimento, si consentirebbe alle recenti riforme e razionalizzazioni del sistema giudiziario di potere decollare. E, di conseguenza, ben altra efficacia e nuove certezze nella difesa dai reati. Non agendo, è invece facile prevedere che tali riforme non potranno funzionare, e finiranno per dimostrare l'ingovernabilità del sistema e incentivare sfiducia e insicurezza dei cittadini.

        Di fronte all'ipertrofia del sistema penale (agli oltre 56.000 reclusi vanno sommate le decine di migliaia di persone in esecuzione penale esterna), risulta ancora più difficile ricordare che il carcere è un'istituzione relativamente recente. E, se non facilmente superabile, almeno è certamente ridimensionabile. Purché si abbia un po' di coraggio, politico e culturale, recuperando un pensiero critico e radicale: come ha suggerito il Cardinale Martini nell'anno del Giubileo: "invece di interrogarci soltanto sulle pene alternative al carcere, ricerchiamo un'alternativa alla pena".

        Bisogna, pur tuttavia, riconoscere la fondata ragionevolezza delle posizioni dubbiose, espresse anche da autorevolissimi uffici della procura della Repubblica, circa i limiti di un provvedimento clemenziale che, di per sé, certamente non risolve alla radice i problemi. Perfettamente d'accordo con queste preoccupazioni.

        Allo stesso tempo, però, lasciare le cose come stanno, non fare nulla perché astrattamente occorrerebbe fare di più e meglio, sarebbe sbagliato e pericoloso. Attendere sarebbe il peggiore dei mali.

        In conclusione non pare, oggi più di ieri, che ci sia alternativa ad un provvedimento generale che possa, con equilibrio e pragmatismo, sanare, o almeno sgravare, una situazione penitenziaria decisamente insostenibile.

        Per loro e con loro rivolgiamo questo appello agli uomini e alla politica per un provvedimento di indulto. Assieme, e necessariamente, per una diversa e più generale attenzione ai temi del carcere e della pena; un'attenzione capace di produrre, con tempi ovviamente diversi, sul territorio una rete di opportunità di integrazione sociale, abitativa, lavorativa. Solo questa rete, infatti, può costruire una risposta vera e di ampio respiro ai problemi della recidiva e della microcriminalità.

        In questo senso, il provvedimento di indulto di cui auspichiamo l'approvazione, è la premessa, non la conclusione, di un discorso: per un carcere più umano e per pene diverse.

 

 


 


 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

Art. 2.

 

1. E' concesso indulto, per intero, alle pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte l'indulto.

 

Art. 3.

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

Art. 4.

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 16 settembre 2002.

 

Art. 5.

 

1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3152

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

BIONDI, CICCHITTO

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Concessione di indulto

 

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Presentata il 17 settembre 2002

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        Onorevoli Colleghi! - La situazione carceraria è giunta a livelli insopportabili sia per il numero di detenuti che vivono in condizioni di scarsa dignità che per l'inidoneità delle strutture carcerarie.

        Il persistere del sovraffollamento assume ormai le caratteristiche della cronicità. La crescita oltre ogni limite di guardia, è cominciata all'inizio degli anni '90 quando i detenuti sono passati dai 30.774 del 1991 ai 44.108 del 1992, fino ai 51.513 del 1993.

        Al 31 luglio di quest'anno i detenuti erano 56.002, 14.272 detenuti in più rispetto ad una capienza definita "regolamentare" dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (+34,2 per cento).

        21.705 sono i detenuti "imputati", pari al 38,7 per cento della popolazione penitenziaria. Gli imputati comprendono i detenuti in attesa di giudizio, gli appellanti e i ricorrenti. 33.174 sono, invece, i detenuti definitivi e 1.123 gli internati.

        13.704 sono i detenuti che svolgono un'attività lavorativa, pari al 24,7 per cento (i dati sui detenuti lavoranti sono registrati al 31 dicembre 2001).

        Il sovraffollamento delle celle è una condizione che umilia, incattivisce e rappresenta un pessimo investimento per la società civile.

        Un disagio non solo per la popolazione detenuta ma anche per il personale della polizia penitenziaria, costretto a turni massacranti che rendono difficoltosa ed alle volte insopportabile l'azione di vigilanza e di custodia.

        Ci ha convinto a superare la nostra contrarietà dimostrata per decenni al reiterarsi di provvedimenti di amnistie ed indulti proprio questa emergenza, perché pensiamo che questa volta la concessione della misura di riduzione della pena attraverso il condono sia giusta e necessaria.

        D'altronde il susseguirsi, dopo il 1989, di norme modificatrici del codice penale e del codice di procedura penale, con l'introduzione nell'ordinamento di strumenti come il "patteggiamento" e il "rito abbreviato", ha determinato una situazione differente nel corso del tempo tra chi ha avuto diversi trattamenti sanzionatori prima dell'istituzione di tali "istituti".

        Il lungo lasso di tempo intercorso, tredici anni, dall'ultimo provvedimento di clemenza nel dicembre 1989, indica come la misura proposta non possa essere inquadrata nella serie di provvedimenti di clemenza della storia giudiziaria che avevano contraddistinto con scadenza quasi triennale la Repubblica.

        Proprio per questo motivo si può considerare eccezionale, straordinaria ed irripetibile la misura proposta, che prevede all'articolo 3 la revoca dell'indulto: "Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni".

        La prevista revoca costituisce, per i beneficiari del provvedimento, una remora e un interesse a non commettere reati.

        Questi sono i motivi principali che ci hanno convinto a presentare la proposta di legge che reputiamo non solo necessaria ma conforme alle esigenze di umanità e di riequilibrio del sistema carcerario italiano.

 

 



 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

Art. 2.

 

1. E' concesso indulto, per intero, alle pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte l'indulto.

 

 

Art. 3.

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

Art. 4.

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 16 settembre 2002.

 

Art. 5.

 

1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

 ¾¾¾¾¾¾¾¾

N. 3178

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d'iniziativa dei deputati

SINISCALCHI, FOLENA, BOATO, BUFFO, CHIAROMONTE SODA, TRUPIA, ZANOTTI

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Concessione di indulto revocabile

 

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Presentata il 23 settembre 2002

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge si ispira ad esigenze di clemenza nei confronti di detenuti da una parte e di ottimizzazione delle strutture carcerarie dall'altra. Entrambe meritano di essere adeguatamente prese in considerazione per raggiungere un punto di equilibrio idoneo a rappresentare una stabile piattaforma di lavoro per la riforma. Come è noto, in materia di indulto, la scelta di un punto di equilibrio tra le forze politiche e le diverse impostazioni ideologiche e metodologiche, programmatiche e sistematiche, non può non essere massimamente condivisa nell'ambito parlamentare, al fine di operare la riforma.

        La particolare maggioranza qualificata, necessaria per operare compiutamente l'iniziativa, impone, infatti, di smussare arroccamenti e spigolature di ingegneria legislativa non largamente condivisi o proponibili nell'attuale scenario politico-parlamentare.

        E' alla luce di tale preliminare considerazione, senza sovrapporre alcuna riflessione relativa ad altre iniziative legislative, in parte condivise, finalizzate a modificare l'articolo 79 della Costituzione in materia di indulto (atto Camera n. 2750, d'iniziativa dell'onorevole Boato), che si è ritenuto di elaborare un testo di legge articolato con moderato spirito innovativo al fine di non disperdere quanto già in larga parte elaborato e al tempo stesso offrendo una interpretazione rigorosa del beneficio.

        La legislazione dell'emergenza, la legislazione degli allarmismi, non ha mai prodotto risultati di stabilità per gli assetti nei quali è intervenuta né tantomeno risoluzioni di problematiche complesse quali, è il caso in oggetto, quelle legate al rapporto del condannato con la pena, con la pretesa punitiva dello Stato, con un pieno recupero riabilitativo e un totale reinserimento.

        Muovendo da tale considerazione non si è ritenuto sufficiente far leva, nella individuazione della ratio ispiratrice della presente iniziativa legislativa, soltanto sul semplice richiamo all'emergenza che attualmente si vive nelle strutture carcerarie a causa del consistente sovraffollamento.

        Non può e non deve essere solo la spinta di una emergenza strutturale a dare slancio ad una iniziativa legislativa che, al contrario, deve poggiare su una piattaforma dai contenuti più densi e definiti.

        Così, oltre alla assoluta necessità di intervenire sulla inadeguatezza strutturale degli istituti di reclusione, si è ritenuto parimenti importante rivolgere un provvedimento di clemenza ai condannati che, comunque, nel procedimento conclusosi con provvedimento irrevocabile, abbiano già subìto la privazione assoluta della libertà. Condannati dunque, che in ogni caso, "avendo già pagato un prezzo" in ragione del delitto commesso, si accingerebbero a trascorrere negli istituti di reclusione tre anni della loro vita.

        Anticipare il momento finale della detenzione per costoro non sarebbe una resa incondizionata della giustizia ma, al contrario, un provvedimento di clemenza idoneo al tempo stesso a curare un sistema punitivo gravemente affetto da patologiche disfunzioni.

        L'evidente sovraffollamento carcerario, e la conseguente compressione degli spazi e della ordinaria fruizione delle strutture, rischiano, infatti, di frustrare le esigenze sottese alla funzione della pena stessa, finendo inevitabilmente per compromettere il percorso di reinserimento che ciascun detenuto è chiamato a compiere.

        Se a ciò si aggiunge la semplice considerazione degli elevatissimi costi sostenuti dallo Stato per la detenzione del singolo condannato, si completa il quadro afferente la necessità di un intervento diretto a modificare l'attuale assetto.

        Il minor numero di detenuti, e il conseguente risparmio di spesa pubblica, potrebbero certamente produrre una apprezzabile ottimizzazione di costi e di servizi.

        Con parte del denaro pubblico risparmiato, infatti, ben si potrebbe porre opportuno e specifico rimedio a quelle carenze strutturali, lamentate da decenni negli istituti carcerari. Tale ottimizzazione di costi e di servizi produrrebbe effetti benefici, naturalmente, non solo per i detenuti ma per tutti gli operatori che a diverso titolo e con diversità di qualifiche, ruoli ed attribuzioni, svolgono la propria attività professionale all' interno delle strutture.

        Il beneficio, tuttavia, non può che nascere anche da una auspicabile prospettiva di ravvedimento del detenuto in relazione alla quale la presente proposta di legge introduce effetti di caducazione automatica del beneficio medesimo.

        E' necessario, infatti, che coloro i quali fruiscono del provvedimento di indulto non commettano, successivamente all'ottenimento del beneficio, delitti per i quali sia comminata una pena detentiva superiore a due anni. Detta eventuale condanna, infatti, comporterebbe (articolo 2) l'automatica revoca del beneficio.

        La presente proposta di legge si caratterizza altresì per un rigoroso e severo meccanismo di esclusioni soggettive ed oggettive per la concessione del beneficio. I reati di particolare allarme sociale, quelli che rappresentano una minaccia concreta ed insidiosa alla pacifica convivenza civile vengono esclusi dal novero di quelli per i quali è prevista la concessione dell'indulto.

        L'iniziativa legislativa in oggetto non può che rivolgersi, per i caratteri della sua elaborazione contenutistica, prevalentemente a quella numerosa schiera di condannati particolarmente segnati da tratti di drammatica debolezza.

        Una debolezza psichica, una fragilità caratteriale, una carenza assoluta di risorse economiche, che probabilmente non gli ha consentito neanche di avvalersi di una adeguata e tecnicamente attrezzata difesa nel giudizio e nella tutela delle proprie ragioni.

        Il riferimento corre inevitabilmente ai meno abbienti, ai tossicodipendenti, agli immigrati, ai disagiati psichici.

        Nei confronti di costoro, beneficiari del provvedimento di indulto, si aprirebbe una nuova prospettiva di reinserimento e al tempo stesso si tenderebbe, da parte dello Stato e della collettività, una incoraggiante mano concretamente idonea a suscitare in loro i migliori propositi.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Condizioni di applicabilità dell'indulto).

 

1. E' concesso l'indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive inflitte ai condannati che hanno subìto, in relazione al processo che si è concluso con la irrogazione della pena della reclusione, la restrizione massima della libertà personale per un periodo non inferiore a sei mesi.

2. Il giudice, quando vi sia stata condanna per più reati in continuazione tra loro, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, applica l'indulto, ai sensi della presente legge, determinando la quantità di pena condonata, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione.

 

 

Art. 2.

(Revoca dell'indulto).

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato automaticamente se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporta condanna a pena detentiva superiore a due anni. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei cinque anni successivi al termine di cui al periodo precedente, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a tre anni.

 

 

Art. 3.

(Esclusioni oggettive di applicazione

dell'indulto).

 

1. L'indulto non si applica alle pene irrogate in conseguenza di condanne concernenti i seguenti delitti:

 

a) associazione per delinquere di stampo mafioso di cui all'articolo 416-bis del codice penale;

b) associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti prevista dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

 

c) sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'articolo 630, commi primo, secondo e terzo, del codice penale;

 

d) partecipazione, a qualsiasi titolo, ad associazioni sovversive, con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico di cui agli articoli 270 e 270-bis, primo comma, del codice penale;

 

e) attentanto contro il Presidente della Repubblica, per finalità teroristiche o di eversione, o contro la Costituzione dello Stato di cui agli articoli 276, 280 e 283 del codice penale;

 

f) sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione di cui all'articolo 289-bis del codice penale;

 

g) riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale;

 

h) prostituzione e pornografia minorile di cui agli articoli 600-bis e 600-ter del codice penale;

 

i) violenza sessuale e reati sessuali di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale;

 

l) riciclaggio di cui all'articolo 648-bis del codice penale;

 

m) delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale e dal codice penale militare di pace quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

 

 

Art. 4

(Esclusioni soggettive di applicazione

dell'indulto).

 

1. L'indulto non si applica nei confronti di coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati dichiarati delinquenti abituali o professionali.

2. L'esclusione del beneficio non si applica se la dichiarazione di abitualità o professionalità, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata revocata o sia estinta.

 

 

Art. 5.

(Termini di efficacia).

 

1. L'indulto ha efficacia per i delitti commessi sino al 31 dicembre 2001.

 

 

Art. 6.

(Termini di applicazione).

 

1. L'indulto si applica entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Art. 7.

(Entrata in vigore).

 

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3196

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

D’iniziativa del deputato CENTO

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Concessione di indulto

 

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Presentata il 26 settembre 2002

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ONOREVOLI COLLEGHI ! - Un provvedimento di indulto è necessario, urgente e ragionevole.

Da molto tempo nelle carceri vanno crescendo la preoccupazione e il timore di eventi che sfuggano di mano. Un allarme che viene non solo dai detenuti, ma da tutto il mondo penitenziario e dal sistema della giustizia. Cresce l'urgenza di fare, di cambiare direzione. Si chiedono condizioni di dignità per chi nel carcere è recluso, per le loro famiglie e rispetto per quanti vi lavorano e vi operano. Condizioni di dignità e di rispetto che sono, infine, garanzia di sicurezza per i cittadini liberi.

Un carcere che umilia e incattivisce sia i reclusi che gli operatori è un pessimo investimento per la società intera: un carcere dissennato, fatto di spregio di vite e spreco di risorse economiche. Negli ultimi trenta anni solo per l'edilizia penitenziaria sono stati stanziati oltre quattromila miliardi di lire. Quattromila miliardi per avere 15.000 detenuti in più di quanti le carceri possano contenerne; per avere reclusi ammucchiati uno sull'altro; per far dormire taluni in terra e condannare tutti all'inattività. In tali condizioni avvilenti, avvilente diviene il lavoro di agenti, educatori, magistrati e operatori del volontariato. Se c'è una cosa su cui tutti, ma proprio tutti, concordano è che l'attuale situazione di sovraffollamento rende ingestibili le strutture ed è concausa prima di rischio. Per non dire della generalizzata riduzione di risorse economiche a favore dell'intervento educativo e dell'investimento in professionalità e in specialisti del trattamento. A queste somme si aggiungono le altre cifre sociali del malessere e della disperazione dei poveri di libertà, del disagio degli operatori e del degrado delle strutture. Si devono proporre soluzioni e rimedi, adesso. Soluzioni che uniscano gli uomini e le donne di buona volontà; rimedi che sappiano garantire, allo stesso tempo, umanità e giustizia, concretezza e speranza, progettualità per il futuro e buon senso per l'immediato e per l'attuale emergenza. Questo non è impossibile, di questo noi crediamo sia capace il Paese, se correttamente informato. La proposta è semplice: la prima cura è ridurre la virulenza dell'infiammazione proprio come farebbe ogni medico di buon senso. Oggi vi sono 35.000 persone che scontano la pena fuori dal carcere, attraverso le misure alternative: semilibertà, affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare. Altre 53.000 persone sono in carcere. E di queste, 28.298 sono i condannati definitivi. 13.930 di loro hanno da scontare meno di due anni di pena. Un indulto servirebbe a fare uscire questa fascia di persone che, comunque, sarebbe destinata a uscire entro poco tempo. Anticiparne l'uscita servirebbe intanto a mitigare la situazione nelle carceri dove hanno fatto ingresso, secondo i dati relativi al primo semestre 1999, 15.286 tossicodipendenti, altri 11.611 non tossicodipendenti, ma arrestati per reati di droga; 13.345 stranieri. Al 1 ° luglio 1999, oltre la metà (14.608) dei 27.953 detenuti scontava una condanna sotto i cinque anni, dunque relativamente bassa; ben 9.879, sempre sui 27.953 definitivi, avevano una pena residua inferiore ad un anno. Cifre che dimostrano come la gran parte dei condannati sconti per intero le condanne, a dispetto delle ricorrenti polemiche sulla presunta ineffettività delle pene. In questa situazione, l'indulto non sarebbe resa o fallimento della giustizia, ma, all'opposto, precondizione necessaria per poter curare questo sistema, oggi così gravemente malato. Questo atto consentirebbe gli spazi di manovra per porre mano a nuove e più efficaci strategie di prevenzione dal crimine per il futuro. L'indulto viene subito revocato nel caso di recidiva: alla nuova pena si sommerebbe l'antica: ecco un deterrente certo e a costo zero.

Con tale provvedimento, si consentirebbe alle recenti riforme e razionalizza zioni del sistema giudiziario di poter decollare. E, di conseguenza, si avrebbero ben altra efficacia e nuove certezze nella difesa dai reati. Non agendo, è invece facile prevedere che tali riforme non potranno funzionare e finiranno per dimostrare 1'ingovernabilità del sistema nonché per incentivare la sfiducia e l'insicurezza dei cittadini.

Di fronte all'ipertrofia del sistema penale (agli oltre 50.000 reclusi vanno sommati i quasi 30.000 in esecuzione penale esterna), risulta ancora più difficile ricordare che il carcere è un'istituzione relativamente recente. E, se non facilmente superabile, almeno è certamente ridimensionabile. Purché si abbia un po' di coraggio, politico e culturale, e non solo per sostenere un indulto in occasione dell'anno giubilare e del nuovo millennio, ma anche recuperando al riguardo un pensiero critico e radicale, come ha suggerito il Cardinale Martini: « invece di interrogarci soltanto sulle pene alternative al carcere, ricerchiamo un'alternativa alla pena ». Bisogna, pur tuttavia, riconoscere la fondata ragionevolezza delle posizioni dubbiose, espresse anche da autorevolissimi uffici della procura della Repubblica, circa i limiti di un provvedimento clemenziale che, di per sé, certamente non risolve alla radice i problemi. Si è perfettamente d'accordo con queste preoccupazioni.

Allo stesso tempo, però, lasciare le cose come stanno, non fare nulla perché astrattamente occorrerebbe fare di più e meglio, sarebbe sbagliato e pericoloso. Attendere sarebbe il peggiore dei mali.

In conclusione non pare, oggi più di ieri, che ci sia alternativa ad un provvedimento generale che possa, con equilibrio e pragmatismo, sanare, o almeno sgravare, una situazione penitenziaria decisamente insostenibile e con tratti « feroci », come ha riconosciuto in questi giorni il massimo responsabile dell'amministrazione penitenziaria, Gian Carlo Caselli, che ha inoltre affermato l'urgenza di rimuovere il sovraffollamento, precisando che vi sono 15.000 reclusi in più di quanti il circuito carcerario possa contenerne.

Per loro e con loro si rivolge questo appello agli uomini e alla politica per un provvedimento di indulto. Assieme, e necessariamente, per una diversa e più generale attenzione ai temi del carcere e della pena; un’attenzione capace di produrre, con tempi ovviamente diversi, sul territorio una rete di opportunità di integrazione sociale, abitativa e lavorativa.

Solo questa rete, infatti, può costruire una risposta vera e di ampio respiro ai problemi della recidiva e della microcriminalità. In questo senso, il provvedimento di indulto che si auspica è la premessa, non la conclusione, di un discorso, per un carcere più umano e per pene diverse.




 


proposta di legge

¾¾¾

 

Art. 1.

 

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.329 curo per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

Art. 2.

 

1. È concesso indulto, per intero, alle pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte l'indulto.

 

Art. 3.

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

Art. 4.

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1 ° giugno 2002.

 

Art. 5.

 

1. La presente legge entra in vigore il trentesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


N. 3332

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato GIUSEPPE GIANNI

¾

 

 

Concessione di amnistia e indulto

 

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Presentata il 30 ottobre 2002

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 Onorevoli Colleghi! - La drammatica situazione di sovraffollamento esistente nelle carceri italiane, di malessere dei detenuti, di disagio degli operatori e di degrado delle strutture rende necessario e urgente un provvedimento di amnistia e indulto.

        Da molto tempo infatti crescono nel mondo penitenziario la preoccupazione e il timore di eventi che sfuggano di mano.

        L'attuale sovraffollamento è originato da un processo significativo di una nuova ricarcerizzazione iniziato a metà degli anni novanta e che, con ogni probabilità, si dispiegherà su un arco di tempo medio-lungo. Oggi la presenza media dei detenuti nelle carceri è superiore a 54 mila, di cui 14 mila in attesa di giudizio; 10 mila sono gli esuberi; 16 mila gli extracomunitari; 18 mila risultano essere tossicodipendenti. Inoltre, si contano 6 mila detenuti malati di HIV e 9 mila affetti da epatiti.

        E tutto lascia supporre che la popolazione detenuta continuerà a crescere. Se così purtroppo è, si deve temere che non sarà nell'immediato futuro possibile governare il carcere nel rispetto dei diritti dei detenuti e inoltre che la qualità dell'impegno professionale degli operatori penitenziari dovrà essere ulteriormente ridotta.

        Occorre trovare al più presto soluzioni che sappiano garantire allo stesso tempo umanità e giustizia.

        Si chiedono condizioni di dignità per chi è recluso e per le loro famiglie, di rispetto per quanti vi lavorano e vi operano. Tali condizioni sono garanzia di sicurezza per i cittadini liberi; infatti, un carcere che umilia ed incattivisce sia i reclusi che gli operatori è un pessimo investimento per la società intera.

        La concessione di amnistia e di indulto, anticipando l'uscita di quella fascia di persone che deve ancora scontare pochi anni di pena, servirebbe intanto a mitigare la situazione nelle carceri, determinando effetti di sfoltimento delle carceri e di alleggerimento dei carichi di lavoro giudiziario, e costituirebbe la premessa per un carcere più umano e per pene diverse.

        La diminuzione della popolazione carceraria, inoltre, recherebbe un non trascurabile vantaggio economico: se si considera che il costo per il mantenimento di ciascun detenuto è di circa 200 euro al giorno e che i detenuti che usufruirebbero del condono sarebbero circa 12.000, verrebbero recuperati oltre 800 milioni di euro ogni anno. Tali fondi potrebbero essere utilizzati per interventi in favore dei tossicodipendenti, ad esempio potenziando le strutture pubbliche di assistenza e le comunità terapeutiche, nonché per rafforzare i servizi sociali di supporto - con assunzione di educatori, assistenti sociali, psicologi - la cui carenza determina oggi molto spesso l'inefficacia delle misure alternative alla detenzione, come l'affidamento in prova al servizio sociale e la semilibertà.

        Molti dei detenuti che beneficerebbero del provvedimento di indulto sarebbero soggetti condannati per reati di minore gravità, in gran parte dei casi connessi all'uso di sostanze stupefacenti, rispetto ai quali la pena detentiva ha dimostrato tutta la sua inefficacia, sia sotto il profilo della rieducazione del condannato e di un trattamento che favorisca la disintossicazione, sia sotto quello della tutela della collettività. I condannati per tali tipi di reati, infatti, una volta scontata la pena, e non avendo avuto la possibilità in carcere di avere un trattamento e un aiuto anche di carattere psicologico per uscire dallo stato di tossicodipendenza, tornano spesso a commettere reati connessi all'abuso di sostanze stupefacenti, in quanto non riescono a sottrarsi a quel circolo vizioso - necessità di procurarsi la dose per uso personale e reati per poter acquistare la droga - che comporta altissimi costi sia economici che sociali non solo a loro ma all'intera collettività.

        La presente proposta di legge prevede la concessione di un'amnistia condizionata e di un indulto revocabile per le pene detentive. Si propone l'applicazione dell'amnistia per i reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni. Il provvedimento di clemenza è soggetto alla condizione che l'imputato non commetta, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo. Si prevede a tale fine la sospensione dei procedimenti penali in corso e dei relativi termini di prescrizione, nonché dell'esecuzione delle pene: decorso un periodo di cinque anni, se risulteranno soddisfatte le condizioni previste dalla legge, il reato o la pena saranno estinti; in caso contrario, i procedimenti penali e l'esecuzione delle pene riprenderanno il loro corso. Ciò consentirà di celebrare con maggiore celerità i processi per i reati più gravi, evitando il danno e la "beffa" della prescrizione e limitando i numerosissimi casi di scarcerazioni per decorrenza dei termini.

        Inoltre, la sospensione del processo e la possibilità di revoca del condono avrebbero una notevole efficacia deterrente, in quanto ben difficilmente tornerebbe a commettere un reato chi è perfettamente consapevole che, in tale caso, gli verrebbe revocato il condono o non gli sarebbe applicata l'amnistia, e sconterebbe così la pena sia per il nuovo reato che per quello precedente.

        Per quanto riguarda l'indulto, da concedere per pene o residui di pena non superiori a tre anni, si prevede la revoca qualora l'interessato commetta un reato doloso nei cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge.

        La presente proposta di legge non è dunque un provvedimento "tampone", determinato esclusivamente dalla situazione esplosiva delle nostre carceri, ma un provvedimento che vuole dare una risposta più complessiva, nel tentativo di raggiungere l'obiettivo di una giustizia nello stesso tempo più efficiente e più umana. Tale provvedimento quindi non intende solo migliorare la formazione professionale del personale che opera nelle carceri, adeguandone anche il numero, aumentare la qualità della vita all'interno degli istituti di pena, l'adeguatezza degli standard igienici e, quindi, incentivare le finalità rieducative della persona, differenziare la distribuzione della popolazione reclusa, secondo la tipologia e la gravità dei reati commessi, ma nello stesso tempo si pone l'obiettivo di accelerare i tempi dello svolgimento dei processi per i reati di più grave allarme sociale, di evitare un gran numero di prescrizioni e di scarcerazioni per decorrenza dei termini e di aumentare le possibilità di reinserimento per chi ha commesso reati di minore gravità, senza sacrificare le esigenze di sicurezza della collettività


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proposta di legge

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Capo I

AMNISTIA

 

Art. 1.

(Amnistia).

 

1. E' concessa amnistia:

 

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni;

 

b) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale ovvero il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, ad elidere o ad attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato;

 

c) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

 

d) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339, secondo comma, o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

2) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

 

e) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come da ultimo sostituito dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

 

f) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico, all'acquisto e alla detenzione di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

 

g) per il reato di cui al terzo comma dell'articolo 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110, e successive modificazioni, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, quando concerne armi la cui detenzione l'imputato o il condannato aveva denunciato all'autorità di pubblica sicurezza;

 

h) per i reati previsti dall'articolo 73, comma 5, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non ricorra taluna delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 80 del medesimo testo unico;

 

i) per le sanzioni inflitte in via definitiva per infrazioni disciplinari commesse sino a tutto il 31 dicembre 1999 da dipendenti delle amministrazioni dello Stato, compresi i magistrati, gli appartenenti alle carriere diplomatica e prefettizia, i militari e gli appartenenti ai corpi militarizzati, degli enti pubblici e degli enti di diritto pubblico, quando le sanzioni stesse non comportino la risoluzione del rapporto di impiego o di lavoro;

 

l) per le sanzioni inflitte in via definitiva non superiori alla sospensione, per infrazioni disciplinari commesse sino alla data di entrata in vigore della presente legge da esercenti pubbliche funzioni o attività professionali, con successivo reintegro nel posto di lavoro;

 

m) per i reati di cui all'articolo 2621 del codice civile in materia di falso in bilancio.

 

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere i) e l), non si estendono agli effetti accessori o collaterali già prodotti dalle sanzioni disciplinari inflitte. Delle citate sanzioni non deve rimanere traccia nel fascicolo personale degli interessati.

3. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

4. L'amnistia è concessa a condizione che il condannato non commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo.

5. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora il reato per il quale si procede rientri tra quelli previsti dal comma 1, sospende, anche d'ufficio, il procedimento per il periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo, il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 4 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante tale periodo è sospeso il decorso dei termini di prescrizione.

 

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dell'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica:

 

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

 

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

 

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

 

2) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

 

3) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti nell'articolo 318;

 

4) 321 (pene per il corruttore) in relazione ai fatti previsti nell'articolo 318;

 

5) 378 (favoreggiamento personale) fuori delle ipotesi previste dal terzo comma e salvo che si tratti di fatto commesso in relazione a reati per i quali è concessa l'amnistia;

 

6) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

 

7) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma;

 

8) 420 (attentato ad impianti di pubblica utilità);

 

9) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

 

10) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

11) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

 

12) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica);

 

13) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo;

 

14) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

 

15) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

 

16) 734 (distruzione e deturpamento di bellezze naturali);

 

d) al reato previsto dall'articolo 163 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità.

 

2. Quando vi è stata condanna, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni della presente legge, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

 

Art. 3.

(Computo della pena

per l'applicazione dell'amnistia).

 

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

 

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

 

b) non si tiene conto dell'aumento della pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

 

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui all'articolo 583 del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale.

 

2. Prima dell'esercizio dell'azione penale, il pubblico ministero può richiedere al giudice per le indagini preliminari di provvedere all'applicazione dell'amnistia nelle forme previste dall'articolo 409 del codice di procedura penale.

3. La richiesta di cui al comma 2 è notificata alla persona sottoposta alle indagini, con l'avviso che entro trenta giorni dalla notificazione può prendere visione degli atti e chiedere di essere sentito dal giudice per le indagini preliminari, anche al fine di dichiarare che non intende usufruire dell'amnistia.

 

Art. 4.

(Rinunciabilità all'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire, prima che sia pronunciato il decreto di cui all'articolo 409 del codice di procedura penale ovvero sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia.

 

Art. 5.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

 

1. L'amnistia è efficace per tutti i reati commessi sino alla data del 29 ottobre 2002.

 

Capo II

INDULTO

 

Art. 6.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. E' altresì concesso indulto nella misura non superiore a cinque anni:

 

a) a coloro che risultino affetti dalla patologia derivante da HIV, diagnosticata, su base chimico-ematologica, da apposite commissioni mediche istituite nell'ambito di ciascun istituto di pena, al secondo stadio dello standard dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS);

 

b) a coloro che risultino affetti da gravi forme di epatite, da patologie oncologiche o da altre gravi malattie, diagnosticate dalle commissioni mediche di cui alla lettera a), assolutamente incompatibili con il regime di detenzione carceraria.

 

3. Per la concessione dell'indulto di cui al comma 2, il Governo adotta i provvedimenti necessari affinché il Servizio sanitario nazionale garantisca che i soggetti di cui al medesimo comma 2 possano usufruire delle cure richieste per la specificità della loro condizione.

Art. 7.

(Indulto per le pene accessorie).

 

1. E' concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto.

 

Art. 8.

(Esclusioni oggettive dell'indulto).

 

1. L'indulto non si applica alle pene:

 

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

 

2) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

 

3) 422 (strage);

 

4) 630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione);

 

5) 644 (usura);

 

6) 648-bis (riciclaggio);

 

b) per i delitti previsti dai seguenti articoli del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309:

 

1) 73, commi 1, 2 e 3, concernenti la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ove applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80;

 

2) 74, concernente l'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope.

 

Art. 9.

(Revoca dell'indulto).

 

1. L'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

Art. 10.

(Termine di efficacia dell'indulto).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi sino alla data del 29 ottobre 2002.

Capo III

DISPOSIZIONI FINALI

 

Art. 11.

(Entrata in vigore).

 

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3385

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

FINOCCHIARO, MAURA COSSUTTA, BOATO

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Concessione di indulto

 

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Presentata il 14 novembre 2002

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        Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di concessione di indulto si inserisce in un sistema di iniziative legislative e di controllo consistenti nella presentazione della proposta di legge in materia di istituzione di difensore civico per le persone private della libertà personale, e nell'avvenuto deposito di una mozione mirante ad ottenere dal Governo impegni concreti sulle questioni più gravi che riguardano l'esecuzione della pena detentiva ed i difetti di applicazione delle misure alternative. In questo quadro non si può non riflettere sul fatto che l'attuale sovrapopolamento degli istituti penitenziari italiani (circa 56.000 detenuti contro una capienza tollerabile di 43.000 persone, con un incremento di circa 2.000 persone nel periodo settembre 2001-settembre 2002) è la prima causa della quasi assoluta impossibilità di perseguire con successo ogni processo rieducativo (anche in ragione della strutturale carenza di personale adibito al trattamento, di strutture per il lavoro e lo studio in carcere) e, talvolta, di assicurare compiutamente diritti fondamentali e dignità umana. E questo mentre la composizione sociale della popolazione carceraria (per circa metà costituita da tossicodipendenti ed extracomunitari) rivela drammaticamente che il carcere riproduce le medesime disuguaglianze presenti nella nostra società, e ripropone dunque, con esagerata urgenza, la medesima questione sociale.

        Sappiamo bene che il carcere è, per altro verso, l'epilogo della produzione di effetti del nostro sistema penale sostanziale e processuale, e sappiamo, dunque, con quale necessaria prontezza si dovrebbe agire su quel piano, come peraltro proponiamo con le nostre iniziative legislative in materia di riforma del codice penale.

        In questo quadro di sistema presentiamo la proposta di legge che prevede la concessione di indulto nella misura di tre anni, per i delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore a sei mesi e commessi entro la data del 31 dicembre 2001 (articoli 1 e 5). Restano escluse dall'applicabilità di indulto le pene per reati particolarmente gravi e di particolare allarme sociale (articolo 3); l'indulto inoltre non è applicabile ai delinquenti professionali o abituali ed è revocato automaticamente a chi, avendone usufruito, commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più delitti.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Condizioni di applicabilità dell'indulto).

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive inflitte ai condannati che hanno subìto, in relazione al processo che si è concluso con la irrogazione della pena della reclusione, la restrizione massima della libertà personale per un periodo non inferiore a sei mesi.

2. Il giudice, quando vi sia stata condanna per più reati in continuazione tra loro, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, applica l'indulto, ai sensi della presente legge, determinando la quantità di pena condonata, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione.

 

Art. 2.

(Revoca dell'indulto).

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato automaticamente se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporta condanna a pena detentiva superiore a due anni. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei cinque anni successivi al termine di cui al periodo precedente, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a tre anni.

 

Art. 3.

(Esclusioni oggettive di applicazione dell'indulto).

 

1. L'indulto non si applica alle pene irrogate in conseguenza di condanne concernenti i seguenti delitti:

 

a) associazione di tipo mafioso di cui all'articolo 416-bis del codice penale;

b) associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti prevista dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché delitti commessi avvalendosi della condizione di cui all'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dal medesimo articolo;

 

c) sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'articolo 630, commi primo, secondo e terzo, del codice penale;

 

d) partecipazione, a qualsiasi titolo, ad associazioni sovversive, con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico di cui agli articoli 270 e 270-bis, primo comma, del codice penale;

 

e) riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale;

 

f) prostituzione e pornografia minorile di cui agli articoli 600-bis e 600-ter del codice penale;

 

g) violenza sessuale e reati sessuali di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale;

 

h) riciclaggio di cui all'articolo 648-bis del codice penale;

 

i) delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale e dal codice penale militare di pace quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti;

 

l) estorsione di cui all'articolo 629 del codice penale;

 

m) usura di cui all'articolo 644 del codice penale.

 

Art. 4.

(Esclusioni soggettive di applicazione dell'indulto).

 

1. L'indulto non si applica nei confronti di coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati dichiarati delinquenti abituali o professionali.

2. L'esclusione del beneficio non si applica se la dichiarazione di abitualità o professionalità, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata revocata o sia estinta.

 

Art. 5.

(Termini di efficacia).

 

1. L'indulto ha efficacia per i delitti commessi sino al 31 dicembre 2001.

 

Art. 6.

(Termini di applicazione).

 

1. L'indulto si applica entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 7.

(Entrata in vigore).

 

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 3395

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

KESSLER, CARBONI, GAMBINI, GIACCO, MARCORA, OLIVIERI, PINOTTI, PREDA, QUARTIANI, REALACCI, TOLOTTI, ZANOTTI

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Concessione di indulto condizionato e revocabile e disposizioni  per il sostegno al reinserimento sociale dei detenuti scarcerati

 

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Presentata il 19 novembre 2002

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Onorevoli Colleghi! - L'attuale situazione del mondo penitenziario, in particolare per il sovraffollamento degli istituti, rende sempre più difficile garantire la legalità e il rispetto dei diritti umani in carcere e rischia di rendere meramente nominale la funzione rieducativa della pena sancita dalla Costituzione. Disagi e sofferenze dei detenuti e degli stessi operatori carcerari sono stati di recente espressi in pacifiche proteste dei detenuti, in appelli ed anche in audizioni presso le competenti Commissioni parlamentari. Nei giorni scorsi il Papa Giovanni Paolo II, nella sua visita al Parlamento, ha sollecitato un segno di clemenza verso i detenuti. La reale gravità della situazione e i diversi segnali interpellano le nostre responsabilità di parlamentari.

        Il limite di provvedimenti eccezionali e generalizzati di clemenza è non solo quello della loro incapacità di dare soluzione ai problemi critici del sistema penale-penitenziario, ma anche quello di costituire una sorta di narcotico sulle sofferenze della giustizia, un alibi per non affrontare le cause strutturali delle disfunzioni. Insomma, una fuga dalle responsabilità, un incentivo alla pigrizia del legislatore e del Governo a mettere in atto le riforme che diano senso e dignità alla esecuzione della pena. L'esperienza di decine di atti di clemenza (ventuno nella storia dell'Italia repubblicana) insegna che gli effetti deflativi sulla popolazione carceraria vengono assorbiti in un paio di anni e che nei mesi seguenti l'entrata in vigore dei provvedimenti il numero dei reati commessi tende a salire. Un detenuto senza una famiglia o un ambiente che lo accoglie, senza un lavoro o una casa, messo fuori dal carcere da un giorno all' altro, viene a trovarsi senza le risorse che consentono il suo reinserimento sociale. E spesso ritrova quindi la strada del crimine. Parlare quindi di sfoltire le carceri come motivazione per un provvedimento generalizzato di clemenza significa certificare una sconfitta dello Stato, incapace di gestire il sistema penitenziario rispettando la dignità dei detenuti e favorendone la rieducazione. In alcuni casi tuttavia una dichiarazione di resa può essere l'unica scelta intelligente che resta da fare, specie quando si rischia altrimenti di far pesare incapacità politiche ed inefficienze della struttura sui diritti dei detenuti.

        La vera sfida è allora riuscire a collegare le ragioni della clemenza con quelle del recupero e del reinserimento sociale del detenuto, per contrastare il circolo vizioso della recidiva; coniugare clemenza con solidarietà ed allo stesso tempo farsi carico della esigenza di sicurezza della collettività. La presente proposta di legge va in questa direzione. In essa l'atto di clemenza - lo sconto di pena - non è fine a se stesso ma è collegato ad un inizio di percorso di reinserimento, che avviene sotto il controllo e con il sostegno delle strutture pubbliche e della società civile. Solo all'esito positivo di questo periodo di "prova" consegue la applicazione definitiva dell'indulto. Si è quindi costruito un indulto condizionato che, come previsto dall'articolo 672, comma 5, del codice di procedura penale, agisce con una iniziale sospensione della esecuzione della pena per terminare poi con l'applicazione definitiva del beneficio alla scadenza del termine previsto per l'adempimento della condizione. La condizione stabilita nella presente proposta di legge è quella che il condannato tenga - per il periodo di pena abbuonato e comunque non inferiore ad un anno - una condotta tale da far ritenere positivamente avviato un percorso di recupero sociale. Al fine di accompagnare e favorire il periodo di prova è prevista l'applicazione di obblighi e prescrizioni di comportamento contestualmente alla sospensione dell'esecuzione della pena. Il meccanismo si richiama a quello, ormai collaudato, della misura dell'affidamento in prova. Non si tratta tanto di trovare una procedura di riferimento, quanto di indicare un modello, una strada da percorrere con decisione anche al di là dell'emergenza per ridare senso e dignità alla esecuzione delle pene detentive: quella dell'applicazione più ampia delle misure alternative alla detenzione, mediante percorsi personalizzati di reinserimento sociale del detenuto. Se oggi le carceri sono sovraffollate, una delle ragioni sta nel fatto che buona parte della popolazione carceraria in esecuzione di pena è costituita da detenuti che non dispongono dei necessari appoggi familiari o sociali che permettano loro di costruire un percorso di rientro in società, che possa essere riconosciuto ai fini dell'affidamento in prova. Con la proposta di legge si provvede anche ad investire in maniera significativa sulle strutture sociali per sostenere ed accompagnare sul territorio i percorsi di reinserimento sociale e lavorativo. Non solo clemenza, quindi, ma anche solidarietà con chi deve reintegrarsi e al tempo stesso garanzia per tutti i cittadini per interrompere la spirale della recidiva e prevenire concretamente il crimine.

        Per i detenuti stranieri che si trovano illegalmente in Italia non è ovviamente proponibile il reinserimento sociale. La presente proposta di legge prevede quindi quale condizione per l'applicazione definitiva dell'indulto l'abbandono del territorio dello Stato.

        In dettaglio, la presente proposta di legge limita l'applicazione dell'indulto alle sole pene detentive. Non sono previste esclusioni soggettive, ritenendosi che le ragioni della clemenza valgano in maniera eguale per tutti e che quelle del sostegno al recupero siano a maggior ragione valide per coloro che hanno dato segno di recidiva. L'indulto si applica solo dopo che è stata scontata almeno la metà della pena detentiva inflitta: per il rispetto dovuto alla funzione retributiva della pena, che non può essere dimenticata al punto di annullarla del tutto; per equità tra i detenuti, evitando di fare parti eguali tra diseguali. Non sono previste esclusioni oggettive in relazione ai reati commessi, in considerazione del fatto che - diversamente da un provvedimento di amnistia - ogni generalizzazione per categorie di reati meritevoli o meno di clemenza appare arbitraria. Non è detto che i reati più gravi per la legge penale siano quelli di maggiore allarme sociale, né si possono trarre automatiche conclusioni di pericolosità dalla commissione di determinati reati (si pensi, ad esempio, alle diverse possibili condotte e ruoli riconducibili al delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale). La strada da seguire secondo la presente proposta di legge è invece quella del trattamento e della disciplina personalizzati, in ragione della situazione concreta del condannato.

        Sono quindi previsti obblighi e prescrizioni che possono essere imposti in maniera personalizzata ai detenuti al momento della sospensione della pena e che hanno lo scopo di favorirne il cammino di recupero, evitando al contempo nuovi comportamenti criminosi. Si tratta di prescrizioni relative al soggiorno in determinati comuni, alla dimora, al divieto di frequentare determinati locali, già previste per l'affidamento in prova. Potrà essere previsto il contatto con le strutture di assistenza sociale sul territorio o con associazioni, cooperative sociali e comunità che si occupano del reinserimento sociale, nonché l'intrapresa di specifici progetti di recupero. Si è preferito mantenere una flessibilità su questo punto, in considerazione della diversità delle situazioni personali e delle realtà territoriali. Obbligatoria è in ogni caso la prescrizione di adoperarsi - in quanto possibile - a favore della vittima del reato e di adempiere ai doveri familiari. Ai condannati per reati associativi, onde contrastare la ripresa dei contatti criminali, è sempre applicata, per l'intero periodo della sospensione, la misura dell'obbligo di dimora.

        Al termine del periodo di sospensione il servizio sociale del Ministero della giustizia riferisce sull'osservanza delle prescrizioni e degli obblighi da parte del condannato, nonché sui suoi progressi sulla strada del reinserimento. A differenza dell'affidamento in prova, non sono richieste una costante presenza del servizio sociale e una periodica relazione all'autorità giudiziaria, in considerazione della gran mole del lavoro altrimenti richiesto; nel caso in cui il beneficiato abbia intrapreso un percorso di reinserimento tramite una qualche struttura, il servizio sociale potrà limitarsi a fare da tramite tra essa e l'autorità giudiziaria. Le autorità di polizia possono sempre riferire all'autorità giudiziaria ogni fatto significativo sul comportamento ed il reinserimento sociale del beneficiato; svolgono un'attività di vigilanza costante sull'osservanza di prescrizioni sulla dimora e sulla presentazione periodica agli uffici di polizia ed hanno l'obbligo di informare immediatamente l'autorità giudiziaria di ogni violazione.

        L'insieme di prescrizioni sulla condotta e di controlli del servizio sociale del Ministero della giustizia e delle autorità di polizia accompagnano così il primo periodo di libertà dei soggetti che beneficiano dell'indulto, favorendone un positivo reinserimento nella società ed allo stesso tempo garantiscono da un comportamento recidivante.

        Per quanto riguarda il procedimento di applicazione si è seguita il più possibile la procedura ordinaria di applicazione dell'indulto, prevista dall'articolo 672 del codice di procedura penale. In particolare il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna è competente ad emettere il provvedimento di sospensione della stessa, in applicazione della legge di indulto e ad applicare prescrizioni ed obblighi. Lo stesso pubblico ministero, all'esito del periodo di sospensione, raccoglie le relazioni sul comportamento del beneficiato e trasmette gli atti al giudice dell'esecuzione con il suo parere per l'applicazione definitiva dell'indulto. Il giudice dell'esecuzione prenderà la decisione nelle forme semplificate previste dall'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale, richiamato dall'articolo 672, comma 1, del medesimo codice. Il giudice dell'esecuzione inoltre è il giudice di controllo sull'applicazione delle misure che incidono sulla libertà di movimento del beneficiato.

        La revoca dell'indulto definitivamente applicato è prevista nei casi di successiva commissione di reati, come previsto in precedenti atti di clemenza, ovvero nel caso di successivo rientro nel territorio nazionale del condannato precedentemente immigrato illegalmente.

        Con gli articoli 10 e 11 si interviene investendo sulle strutture pubbliche e sul privato sociale che si occupano del reinserimento sociale dei detenuti scarcerati. In questo modo si interviene, anche con misure strutturali, sul momento essenziale della presa in carico da parte della società. Gli strumenti scelti sono quelli di un aumento dell'organico del personale del servizio sociale per adulti del Ministero della giustizia e del finanziamento di progetti di formazione e di reinserimento dei detenuti scarcerati.

        L'indulto così concesso è rinunciabile prima della sua applicazione definitiva, in ragione degli oneri anche non indifferenti che possono derivarne per il condannato.

        L'entrata in vigore della legge viene posposta rispetto al periodo ordinario in ragione della prevedibile mole di lavoro che coinvolgerà l'amministrazione penitenziaria, l'autorità giudiziaria, il servizio sociale, gli uffici di polizia e le strutture del servizio sociale sul territorio. Si intende consentire in questo modo un'attività di programmazione e di predisposizione organizzativa assolutamente necessaria per evitare il fallimento del provvedimento di clemenza.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Concessione di indulto).

 

1. E' concesso indulto per le pene detentive nella misura non superiore a due anni alle condizioni e con i limiti stabiliti dalla presente legge.

2. L'applicazione dell'indulto rende inapplicabili le misure di sicurezza inflitte con la sentenza di condanna, ad esclusione della confisca.

3. Non si applica la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

 

Art. 2.

(Ambito di applicazione).

 

1. L'indulto non si applica alle sanzioni sostitutive di cui al capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

2. L'indulto si applica ai detenuti che hanno scontato almeno la metà della pena detentiva, tenuto conto della liberazione anticipata.

 

 

Art. 3.

(Condizioni di applicazione).

 

1. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore ad un anno, dia prova effettiva di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

 

 

Art. 4.

(Prescrizioni e obblighi).

 

1. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, o in un momento successivo durante il periodo di sospensione, al beneficiato possono essere imposte talune delle prescrizioni o degli obblighi di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Con il provvedimento di sospensione sono comunque imposte le prescrizioni di cui al comma 7 dello stesso articolo. Al detenuto che risulta tossicodipendente è sempre imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

2. Se la pena da condonare è superiore a sei mesi, ai condannati per i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 289-bis, 416-bis e 630 del codice penale e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con il provvedimento di sospensione è sempre imposto l'obbligo di dimora per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione della pena nel territorio del comune di dimora abituale o dove il condannato esercita la propria attività lavorativa. Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 283 del codice di procedura penale.

3. Nei casi di cui al comma 2 al condannato può essere imposto in qualsiasi momento l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

4. Le prescrizioni o gli obblighi di cui al presente articolo possono essere modificati anche d'ufficio, al fine di favorire il reinserimento sociale del beneficiato e di evitare la ripetizione di condotte criminose.

5. Contro gli obblighi e le prescrizioni relativi alla dimora e alla presentazione all'autorità di polizia il condannato può ricorrere al giudice dell'esecuzione che decide con la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.

 

Art. 5.

(Controlli).

 

1. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 1 dell'articolo 3, il servizio sociale riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sul comportamento del beneficiato, con particolare riferimento al suo reinserimento sociale e all'osservanza di eventuali prescrizioni. A tale fine lo stesso servizio si mantiene in contatto con il condannato, con la sua famiglia, con gli altri suoi ambienti di vita e con eventuali strutture o istituzioni che curano il sostegno ed il recupero del condannato.

2. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 2 dell'articolo 3, l'autorità di pubblica sicurezza riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sull'adempimento della condizione ivi prevista.

3. In qualsiasi momento il servizio sociale e l'autorità di pubblica sicurezza riferiscono al pubblico ministero eventuali violazioni di obblighi o di prescrizioni da parte del condannato o fatti significativi relativi al suo recupero e al suo reinserimento sociale.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 4, l'autorità di pubblica sicurezza vigila costantemente sull'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni ivi previsti, riferendo immediatamente eventuali violazioni all'autorità giudiziaria che li ha imposti.

 

Art. 6.

(Procedimento di applicazione).

 

1. Il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna dispone la sospensione di essa ai sensi dell'articolo 672, comma 5, del codice di procedura penale, e fissa la scadenza del termine ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 3 della presente legge. Il provvedimento è comunicato al servizio sociale del Ministero della giustizia.

2. Scaduto il termine fissato nel provvedimento di sospensione, il pubblico ministero raccoglie le relazioni del servizio sociale e quelle dell'autorità di pubblica sicurezza e le invia al giudice dell'esecuzione con il proprio parere sull'applicazione definitiva dell'indulto.

3. Il giudice dell'esecuzione applica definitivamente l'indulto quando, dagli atti raccolti dal pubblico ministero, risultano adempiute le condizioni di cui all'articolo 3 e rispettate le prescrizioni e gli obblighi eventualmente imposti durante il periodo di sospensione ai sensi dell'articolo 4.

4. Qualora durante il periodo di sospensione il comportamento del condannato, reiteratamente contrario alla legge o alle prescrizioni e agli obblighi imposti, faccia ritenere l'impossibilità di adempimento delle condizioni di cui al comma 3, il pubblico ministero può chiedere al giudice dell'esecuzione una decisione anticipata di non applicazione dell'indulto. Se il giudice non accoglie la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero.

5. Nelle decisioni sull'applicazione dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede ai sensi dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

 

Art. 7.

(Revoca).

 

1. L'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore del decreto di concessione, un delitto non colposo, per il quale riporta una condanna a pena detentiva non inferiore a un anno.

2. L'indulto è revocato di diritto se il cittadino straniero di cui al comma 2 dell'articolo 3 risulta essere nuovamente immigrato clandestinamente nel periodo di cinque anni dalla data del provvedimento di applicazione definitiva dell'indulto.

 

Art. 8.

(Rinuncia).

 

1. Fino alla decisione del giudice dell'esecuzione sull'applicazione definitiva, il condannato può rinunciare all'indulto con dichiarazione sottoscritta personalmente al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza.

 

Art. 9.

(Termine di efficacia).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 31 dicembre 2001.

 

Art. 10.

(Aumento dell'organico del personale

di servizio sociale).

 

1. Gli organici del personale di servizio sociale di cui alla legge 16 luglio 1962, n. 1085, sono aumentati di 200 unità.

 

Art. 11.

(Interventi per il sostegno al reinserimento sociale e

alla formazione dei detenuti scarcerati).

 

1. E' istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per il finanziamento di progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della giustizia, sono definite le risorse destinate al finanziamento dei progetti triennali finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, secondo le modalità stabilite dal presente articolo.

3. La dotazione del Fondo nazionale di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in misura pari al 75 per cento delle sue disponibilità. Alla ripartizione si provvede annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali tenuto conto, per ciascuna regione e provincia autonoma, del numero degli abitanti e della presenza di detenuti negli istituti penitenziari del territorio.

4. Le province, i comuni e i loro consorzi, le aziende sanitarie locali, le organizzazioni del volontariato sociale, le cooperative sociali ed i loro consorzi possono presentare alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, da finanziare a valere sulle disponibilità del Fondo nazionale di cui al comma 1, nei limiti delle risorse assegnate a ciascun ente territoriale ai sensi del comma 3.

5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono le modalità, i criteri e i termini per la presentazione delle domande, nonché la procedura per l'erogazione dei finanziamenti, dispongono controlli sulla destinazione dei finanziamenti assegnati e prevedono strumenti di verifica dell'efficacia degli interventi realizzati. Le regioni e le province autonome provvedono altresì ad inviare una relazione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli interventi realizzati ai sensi della presente legge.

6. Il 25 per cento delle disponibilità del Fondo nazionale di cui al comma 1 è destinato al finanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, promossi e coordinati dai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, di intesa tra loro.

7. L'onere per il finanziamento dei progetti di cui ai commi 1 e 2 è determinato in 100 milioni di euro per l'anno 2003 e in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005.

 

 

Art. 12.

(Copertura finanziaria).

 

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, determinato in 20 milioni di euro per l'anno 2002 e in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003 e 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

Art. 13.

(Entrata in vigore).

 

1. La presente legge entra in vigore il sessantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

 


N. 3399

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato JANNONE

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Concessione di indulto revocabile

 

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Presentata il 19 novembre 2002

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Onorevoli Colleghi! - La popolazione carceraria vive in un contesto di costante emergenza. Troppo spesso il sovraffollamento degli istituti di pena e l'inadeguatezza delle strutture ledono la dignità non solo di quanti sono chiamati a scontare una pena reclusiva, ma anche di coloro che in carcere lavorano ed operano, così come sono causa di disagio per le famiglie coinvolte. La dignità della persona, anche della persona che ha commesso un reato, va sempre salvaguardata; sarebbe grave se il carcere fosse considerato una parte a sè stante dello Stato e se i cittadini che lo popolano, a diverso titolo, non dovessero godere dei medesimi diritti riconosciuti ad ogni uomo dal dettato costituzionale.

Proprio l'articolo 27 della Costituzione sancisce che: "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Risulta quindi evidente che le condizioni in cui il cittadino è chiamato a scontare una pena detentiva non possono in alcun caso ledere la dignità della persona e devono comunque avere come fine ultimo il reinserimento nella società al termine della condanna.

Il sovraffollamento carcerario costringe alla coabitazione forzata in spazi inadatti un numero di detenuti eccessivo, rendendo la convivenza più difficile ed enfatizzando gli aspetti deteriori della pena.

L'altissimo richiamo ad un tangibile "segno di clemenza" da parte del Santo Padre, in occasione della visita del 14 novembre scorso al Parlamento italiano, ha certamente scosso le coscienze dell'Assemblea ed ha fornito ulteriori motivazioni per il ricorso ad un provvedimento legislativo straordinario.

Non sfugge che agli aspetti pragmaticamente utili dell'atto di indulto corrisponda senz'altro la condivisione di molte tra le motivazioni di coloro che si professano contrari a provvedimenti di clemenza assunti con eccessiva magnanimità e costanza temporale.

Tuttavia l'eccezionalità della situazione delle carceri giustifica un provvedimento che va considerato nella sua emergenza contingente.

La presente proposta di legge prevede in ogni caso la revoca immediata dell'indulto in caso di recidiva, in modo tale da costituire un deterrente finalizzato al recupero dei condannati e nel contempo ad evitare nuovi sconfinamenti nell'illegalità.

Per il quorum previsto per iniziative legislative di clemenza sono, alla data di deposito della presente proposta di legge in discussione in Parlamento progetti di legge costituzionale volti a ridurre la rilevanza della maggioranza necessaria, ma in questa sede interessa il fine più che le modalità attuative del mezzo.


 


 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

 

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 15 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

 

Art. 2.

 

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha beneficiato commette, entro sette anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

 

Art. 3.

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 19 novembre 2002.

 


 

N. 3465

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

MORETTI, AMATO, BIONDI, BORRIELLO, BRUSCO, CAMO, COLLAVINI, COLUCCI, CROSETTO, GIGLI, GRIMALDI, LENNA, FILIPPO MANCUSO, MILANESE, PATRIA, ROMOLI, SELVA, TARANTINO, TUCCI, ZAMA

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Concessione di amnistia e indulto e condono di sanzioni disciplinari

 

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Presentata il 10 dicembre 2002

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Onorevoli Colleghi! - Un seppur sommario excursus dei provvedimenti di amnistia, indulto e condono emanati dall'entrata in vigore dell'ordinamento repubblicano ad oggi, consente di rilevare alcuni aspetti straordinariamente attuali, in quanto probabilmente costanti e insopprimibili nell'evolversi delle vicende umane e, di conseguenza, statuali.

        Il primo è quello dell'enormità dei numeri: 138 fra leggi di delega, decreti presidenziali, decreti legislativi o ministeriali e altre fonti normative; segno di una evidente necessità di una risposta "politica" a questioni che, data la vastità del numero degli interessati, non sono suscettibili di soluzione affidata alla mera politica "criminale".

        Il secondo, e forse il più importante, è rappresentato dall'essere i principali provvedimenti di amnistia e indulto collocati temporaneamente al culmine o al termine di snodi significativi della nostra storia recente.

        E non è certo un caso che uno dei primi atti della neonata Repubblica italiana sia quel decreto presidenziale 22 giugno 1946, n. 4, che reca come titolo "Concessione di amnistia e indulto per reati comuni, politici e militari". Atto significativo, concordato proprio fra i Padri della Repubblica, che non partiva certo dalla necessità di svuotare le carceri, ma da quella di consentire a tutti gli italiani di riprendere il cammino interrotto dalle vicende tragiche che avevano devastato l'Italia ed il mondo.

        Amnistia e indulto poi reiterati con il decreto del Presidente della Repubblica 19 dicembre 1953, n. 922, che si colloca alla fine dell'altrettanto difficile dopoguerra e in qualche modo portati a compimento dal decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1959, n. 460, ove, all'articolo 1, primo comma, lettera a), si concede l'amnistia "per i reati politici ai sensi dell'articolo 8, del codice penale, commessi dal 25 luglio 1943 al 18 giugno 1946" (si badi senza limitazioni né soggettive né oggettive) e, alla lettera b), per gli stessi reati "nonché per i reati elettorali commessi successivamente al 18 giugno 1946".

        Nello stesso senso vanno letti, evidentemente, i provvedimenti di amnistia e indulto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1968, n. 1084, e 22 maggio 1970, n. 283, i quali, posti al culmine e al termine della prima fase dei movimenti studenteschi e operai di quel tempo, programmaticamente fanno riferimento alla applicabilità dei benefìci ai reati commessi "anche con finalità politiche", prevedendo addirittura il secondo una "amnistia particolare" ai fini citati, accanto ad una "amnistia generale".

        Dopo i fatti del "77", poi, ecco l'amnistia e l'indulto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, cui fanno seguito provvedimenti analoghi di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981, n. 744, e 16 dicembre 1986, n. 865, quasi a chiudere gli "anni di piombo", quantomeno in relazione ai reati meno gravi.

        Con la legge 11 aprile 1990, n. 73, poi, cui fa seguito il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1990, n. 75, viene emanato l'ultimo provvedimento di amnistia e indulto della nostra storia repubblicana: provvedimento che chiude la fase retta dal vecchio codice di procedura penale e introduce al nuovo e, ancor più, va a sanare, rendendoli penalmente non più perseguibili, tutti i fenomeni di finanziamento illecito, interno o internazionale, fino ad allora "giustificati" dalla contrapposizione ideologica fra il mondo libero dell'Occidente ed un impero sovietico ormai quasi integralmente e irreversibilmente disgregato.

        Il terzo elemento costante nella produzione normativa che ci interessa è rappresentato dalla volontà politica espressa dal legislatore di emanare, congiuntamente o meno alle norme che estinguono la pena (indulto), quelle che estinguono le pene accessorie o le sanzioni disciplinari.

        Appare di tutta evidenza come il periodo che stiamo vivendo si pone, per un verso, al termine di un cammino iniziato con la scelta istituzionale repubblicana e proseguito fino ai primi anni novanta e, per altro verso, all'inizio della fase della cosiddetta "seconda Repubblica" caratterizzata dalle novità politiche del presente.

        Non solo: esso si pone al termine di un periodo caratterizzato dal fenomeno politico-giudiziario che ha avuto il nome di "Tangentopoli", il quale ha visto i maggiori partiti di governo della "prima Repubblica" travolti e dispersi o annientati, oltreché alla fine, senza che sia stato sparato un solo colpo di fucile, dell'impero sovietico, alla conseguente fine della divisione del mondo in due blocchi contrapposti, con l'acquisizione al sistema democratico di tanta parte dell'ex impero sovietico, alla nascita del fenomeno del terrorismo internazionale e della nuova coscienza ambientale stimolata dal sempre più intenso degrado dell'aria, dell'acqua e del suolo.

        Ma, ancor più intensamente, la nostra epoca è caratterizzata dalla drammatica scelta che si pone davanti ad ogni individuo, oltre che ad ogni società, di fronte alle nuove sfide del nuovo millennio: coltivare la difesa dell'esistente, o aprirsi alla speranza.

        E ciò che Sua Santità Giovanni Paolo II ha espresso nell'Aula del Parlamento, oltre che nei suoi scritti, è proprio l'invito ad aprire i cuori alla speranza: i nostri cuori, il cuore dell'Italia e di tutti gli italiani.

        Ma per essere credibili con noi stessi e per far riconoscere e ritrovare a ciascuno di noi con maggiore sincerità questa necessaria "fame di speranza", non possiamo esimerci dal renderla possibile a coloro, e forse soprattutto a coloro, che hanno nel passato violato le regole della nostra società.

        I loro errori ci appartengono, essendo anch'essi parte della nostra famiglia umana: forse, chi è caduto davanti a noi a volte non ci era peggiore e, forse, è caduto anche perché non fossimo noi a cadere.

        Facciamo quanto è possibile per ridare la speranza a tutti - verificando che taluno della nostra clemenza poi non abusi - con un provvedimento di amnistia, indulto e condono che sappia coniugare la tutela della società con la clemenza.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

1. E' concessa amnistia:

 

a) per ogni reato per il quale è prevista una pena detentiva non superiore al massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

 

b) per ogni reato commesso da minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale;

 

c) per ogni reato di opinione di cui ai seguenti articoli del codice penale: 256 (procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato), 266 (istigazione di militari a disobbedire alle leggi), 269 (attività antinazionale del cittadino all'estero), 270 (associazioni sovversive), 271 (associazioni antinazionali), 272 (propaganda ed apologia sovversiva o antinazionale), 290 (vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate), 291 (vilipendio alla nazione italiana) 292 (vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato), 299 (offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero), 302 (istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo), 304 (cospirazione politica mediante accordo), 305 (cospirazione politica mediante associazione), 342 (oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario) 402 (vilipendio della religione dello Stato), 403 (offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di persone), 404 (offese alla religione dello Stato mediante vilipendio di cose), 414, terzo comma (apologia di delitto), 415 (istigazione a disobbedire alle leggi), 656 (diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico), 661 (abuso della credulità popolare) e 668 (rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive).

 

Art. 2.

1. Ai fini del computo della pena ai sensi del comma 1:

 

a) si ha riguardo per la pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

 

b) non si tiene conto degli aumenti di pena derivanti da recidiva e continuazione;

 

c) si tiene conto solo dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce un tipo di pena diversa o dalle circostanze ad effetto speciale;

 

d) si tiene conto delle circostanze attenuanti di cui agli articoli 59, 62 e 62-bis del codice penale, le quali prevalgono comunque sulle eventuali aggravanti contestate, nonché delle circostanze attenuanti di cui all'articolo 48 del codice penale militare di pace.

 

Art. 3.

1. L'amnistia non è rinunciabile e si applica a tutti i reati commessi fino alla data del 30 giugno 2002.

 

Art. 4.

1. E' concesso indulto nella misura non superiore a cinque anni per le pene detentive e non superiore a 20.000 euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive, senza le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale, nonché, per l'intero, per le pene accessorie temporanee conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte l'indulto.

2. L'indulto si applica a tutti i reati commessi fino alla data del 30 giugno 2002, fatto salvo quanto previsto al comma 3.

3. L'indulto non si applica ai delinquenti abituali o professionali, sempre che la dichiarazione di abitualità o di professionalità non sia estinta o revocata. Non si applica inoltre:

 

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: 257 (spionaggio politico o militare) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 258 (spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 259 (agevolazione colposa) limitatamente ai reati di cui agli articoli 257 e 258 e per i fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 261 (rivelazione di segreti di Stato) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 262 (rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 263 (utilizzazione dei segreti di Stato) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 264 (infedeltà in affari di Stato) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 265 (disfattismo politico) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 267 (disfattismo economico) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 268 (parificazione degli Stati alleati) limitatamente ai fatti commessi dopo il 31 agosto 1991, 270-bis, primo comma (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico), 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione), 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato), 285 (devastazione, saccheggio e strage), 286 (guerra civile), 289-bis, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), 306 (banda armata: formazione e partecipazione), 416 (associazione per delinquere), 422 (strage), 438 (epidemia), 600 (riduzione in schiavitù), 660-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 601 (tratta e commercio di schiavi), 602 (alienazione e acquisto di schiavi), 609-bis (violenza sessuale), 609-quater (atti sessuali con minorenne), 609-octies (violenza sessuale di gruppo), 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione) e 648-bis (riciclaggio);

b) per i delitti previsti dall'articolo 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope) del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

 

4. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro i cinque anni successivi alla data di applicazione del beneficio, un delitto non colposo per il quale riporta condanna a pena superiore a anni due.

 

Art. 5.

1. E' concesso il condono per tutte le sanzioni inflitte o da infliggere per infrazioni disciplinari commesse fino al 30 giugno 2002 da dipendenti delle amministrazioni dello Stato, compresi militari e militarizzati, degli altri enti pubblici, delle imprese concessionarie di servizi pubblici, nonché da esercenti pubbliche funzioni e un'attività professionale.

 


 

N. 4187

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato CENTO

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Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile

 

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Presentata il 22 luglio 2003

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Onorevoli Colleghi! - Da diversi anni, da parte di esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura, si susseguono prese di posizione sull'opportunità o meno di adottare provvedimenti di amnistia o di indulto.

Tali prese di posizione, cui non hanno finora fatto seguito decisioni esplicite in un senso o nell'altro, hanno determinato aspettative all'interno del mondo carcerario e più in generale un clima di incertezza fra gli operatori della giustizia che non può che essere dannoso.

La giustizia penale italiana versa, infatti, in condizioni critiche e riforme di notevole rilievo, finalizzate a coniugare maggiore celerità dei tempi processuali e maggiori garanzie per i cittadini, rischiano di non produrre gli effetti positivi auspicati, se non addirittura di fallire, a causa dell'enorme mole di procedimenti arretrati.

Se si considerano le centinaia di migliaia di processi o già prescritti o per i quali elevata è la probabilità di prescrizione, si verrebbe comunque a determinare un'amnistia di fatto, i cui beneficiari sarebbero peraltro individuati in modo casuale e prevalentemente tra coloro che dispongono di mezzi economici tali da affrontare i costi dei diversi gradi di giudizio. Ci troveremmo dunque di fronte a un'amnistia di fatto, basata sul censo.

La presente proposta di legge prevede la concessione di un'amnistia condizionata e di un indulto revocabile per le pene detentive. In particolare agli articoli da 1 a 4 si propone l'applicazione dell'amnistia per i reati puniti con una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni. Il provvedimento di clemenza è soggetto alla condizione che l'imputato, nei cinque anni successivi alla sentenza definitiva, non abbia riportato altre condanne per un delitto della stessa indole.

All'articolo 5 e seguenti, la proposta di legge prevede un indulto da applicare alle condanne conseguite per i reati definiti di "terrorismo", commessi e giudicati con la legislazione di emergenza.

S'intende, nel rispetto del dettato e dello spirito della norma costituzionale, prospettare un riequilibrio delle pene subite da questo tipo di condannati.

Com'è noto, infatti, in quegli anni sono state approvate varie leggi definite di "emergenza"; e di emergenza sono stati anche alcuni comportamenti processuali. Alle une e agli altri sono conseguiti, non indifferenti aggravi di pena, nel senso che a parità di reato commesso la sanzione è stata molto più severa di quella che sarebbe stata per un reato comune.

Gli imputati e i condannati per fatti di terrorismo sono stati inoltre esclusi in modo specifico dall'amnistia e dall'indulto previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 18 dicembre 1981, n. 744, dagli analoghi provvedimenti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1978, n. 413, e dal decreto del Presidente della Repubblica 6 dicembre 1986, n. 865, per esclusione oggettiva dei reati caratterizzanti il "terrorismo".

Com'è noto, sono state inoltre applicate, pressoché unanimemente, regole di condotta processuale che hanno considerevolmente inasprito le pene.

Un meccanismo simile si è verificato per la costante, o quasi, mancata applicazione della connessione soggettiva, specie per coloro che erano imputati davanti ad autorità giudiziarie territorialmente diverse.

Anche i termini di custodia cautelare hanno subìto, per questi particolari imputati, una consistente dilatazione.

L'insieme di queste circostanze, cui è conseguita una disparità di trattamento, e il venire meno della "pericolosità sociale", ha indotto alla presentazione di questa parte della proposta di legge.

Preme ricordare che i detenuti, per le medesime ragioni, hanno da tempo dimostrato, nella stragrande maggioranza dei casi, il loro reinserimento o la loro volontà di raggiungerlo.

Si propone pertanto un indulto pensando così di interpretare meglio la volontà popolare, pronta, per ragioni umane e di pacificazione sociale, non certo a dimenticare, ma ad accettare un provvedimento che ponga fine, per lo meno sul piano processuale, ai cosiddetti "anni di piombo".

Si propone un indulto, perché, in stato di libertà, chi vorrà potrà fattivamente dimostrare alla collettività la sua volontà di reinserimento. In caso diverso, l'indulto è revocato (articolo 8).

La misura dell'indulto si articola nella conversione dell'ergastolo in anni ventuno di reclusione e nel dimezzamento delle sanzioni più gravi, mentre le sanzioni meno gravi (non superiori ad anni dieci di reclusione) sono ridotte di anni cinque. Appare, infatti, opportuna scelta di politica criminale agevolare il reinserimento nel contesto sociale di persone condannate per reati meno gravi, ovvero impedire che il reinserimento già attuato nei confronti di molti soggetti possa essere vanificato da un rientro in carcere, anche per un periodo non eccessivamente lungo. Di particolare rilievo, infine, si ritiene sia un indulto che si estenda alle pene accessorie. Tale tipo di sanzioni, infatti, pur quando la pena di privazione di libertà è stata completamente espiata, rappresenta spesso un grave impedimento al reinserimento sociale, finalità che, invece, si vuole raggiungere.



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

(Amnistia).

 

1. E' concessa amnistia:

 

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

 

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

 

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

 

1) articolo 336, primo comma, e 337, sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

2) articolo 372, nei casi in cui la testimonianza verta su un reato per il quale sia concessa amnistia;

 

3) articolo 588, secondo comma, sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

 

4) articolo 614, quarto comma, limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

 

5) articolo 625, qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

 

6) articolo 640, secondo comma, sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7);

7) articolo 648, secondo comma;

 

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

 

e) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e dall'articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

 

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

 

Art. 2.

 

(Amnistia condizionata).

 

1. L'amnistia è concessa a condizione che il condannato, nei cinque anni successivi alla sentenza definitiva, non abbia riportato altre condanne per un delitto della stessa indole.

2. Nei casi in cui il termine di cui al comma 1 non sia ancora decorso l'amnistia è concessa, salvo revoca nel caso in cui, prima della scadenza del suddetto termine, il condannato riporti altre condanne per un delitto della stessa indole.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, con il provvedimento che applica l'amnistia cessa ogni effetto penale della condanna.

4. Qualora il reato per il quale si procede rientri in quelli previsti dall'articolo 1 nei confronti di un soggetto che sia per il medesimo reato rinviato a giudizio, il giudice applica l'amnistia provvedendo ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, salvo revoca nel caso in cui, nei cinque anni successivi al 31 dicembre 2000, chi ne ha usufruito riporti una condanna per un delitto della stessa indole.

Art. 3.

 

(Computo della pena

per l'applicazione dell'amnistia).

 

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

 

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

 

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e della recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

 

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

 

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice.

 

2. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle circostanze di cui al comma 1 è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 463 del codice di procedura penale.

 

Art. 4.

 

(Rinuncia all'amnistia).

 

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 5.

 

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, nelle seguenti misure:

a) la pena dell'ergastolo è commutata in quella della reclusione per anni ventuno;

b) le pene detentive temporanee derivanti da uno o più reati previsti dagli articoli 270, 270-bis, 284, 304, 305, 306 e 307 del codice penale nonché, in connessione con essi, dai reati concernenti armi, munizioni ed esplosivi, di cui agli articoli 1, 2, 4, e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e successive modificazioni, sono interamente condonate;

c) le pene detentive temporanee derivanti da reati diversi da quelli previsti alla lettera b) sono ridotte di anni cinque se non superiori ad anni dieci; della metà negli altri casi;

d) le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive, sono interamente condonate;

e) le pene accessorie, quando conseguono a condanne per le quali è applicato, in tutto o in parte, l'indulto, sono interamente condonate.

 

Art. 6.

 

(Esclusioni oggettive).

 

1. L'indulto non si applica ai reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, se dalla commissione dei reati stessi è derivata la morte.

 

Art. 7.

 

(Modifica dei termini

di prescrizione delle pene).

 

1. Per i soggetti di cui all'articolo 5, la pena della reclusione si estingue con il decorso di un tempo pari alla durata della pena inflitta, come ridotta per effetto del medesimo articolo 5, aumentato della metà e, in ogni caso, non superiore ad anni ventuno.

2. Per i soggetti di cui all'articolo 5 la pena dell'ergastolo, come commutata ai sensi del medesimo articolo 5, si estingue con il decorso di anni venticinque.

 

Art. 8.

 

(Revoca dell'indulto).

 

1. L'indulto è revocato di diritto qualora chi ne ha usufruito commetta entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge un delitto della stessa indole, per il quale riporta condanna a pena detentiva superiore a due anni.

 

Art. 9.

 

(Computo dei periodi di scarcerazione).

 

1. Coloro che, imputati per reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, sono stati nel corso del procedimento a loro carico comunque scarcerati, qualora non si sottraggano alla cattura dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e qualora non abbiano commesso durante il periodo di scarcerazione alcun reato, possono computare, ai fini delle disposizioni di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, il periodo intercorso tra la scarcerazione e l'esecuzione della sentenza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nell'ipotesi di provvedimento restrittivo della libertà personale emesso a seguito di condanna nel primo e nel secondo grado di giudizio, per i periodi di scarcerazione intercorsi durante il procedimento.

 

Art. 10.

 

(Termini di efficacia).

 

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino al 31 dicembre 2000.

 


 

N. 4188

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato CENTO

¾

 

Concessione di indulto per le pene relative a reati di terrorismo

 

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Presentata il 22 luglio 2003

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Onorevoli Colleghi! - Nel corso degli anni settanta e nei primi anni ottanta nel nostro Paese migliaia di giovani di sinistra e di destra sono stati coinvolti in una insurrezione contro lo Stato. Quelle vicende, tuttavia, non possono essere ridotte ad una sommatoria di atti criminali, bensì devono essere interpretate anche in un'ottica politica.

Il carattere generale dell'indulto si giustifica proprio perché rivolto a dare soluzione a un problema che non è solo di natura penale. Deve essere chiara l'assunzione di responsabilità da parte di tutti: da parte dei terroristi, in primo luogo, per i gravissimi fatti di cui sono stati protagonisti, ma anche da parte delle forze politiche, rivelatesi incapaci di leggere con tempestività e chiarezza il significato di quelle vicende, e da parte dello Stato che, pur non giustificando con il suo comportamento il ricorso alla violenza, si è poi dimostrato preda della corruzione e connivente, in alcune sue articolazioni deviate, con la mafia e l'eversione.

Negli altri Paesi europei nei quali si sono verificate lacerazioni del tessuto sociale altrettanto drammatiche vi è stata la capacità di chiudere i conti con il passato attraverso provvedimenti di carattere generale.

Occorre riconoscere che in quegli anni, la legislazione di emergenza, che trovava una sua giustificazione solo sul piano politico, ha portato assai vicino alla rottura dei princìpi di democrazia sanciti nella Costituzione.

L'aggravante della finalità di terrorismo, l'utilizzo sistematico della figura del pentito, i procedimenti per direttissima, la configurazione del concorso morale, sono stati gli esempi più clamorosi della aberrazione del nostro sistema penale ed hanno pesantemente condizionato l'insieme delle garanzie giurisdizionali.

Anche dal punto di vista giuridico, è necessario un provvedimento che restituisca equità all'apparato sanzionatorio penale. Il giudizio storico che ciascun gruppo formula riguardo a quelle vicende può ben essere diverso, ma unanime deve essere il riconoscimento che le garanzie giurisdizionali sono state allora violate e che gli effetti delle sentenze basate su quel vulnus devono essere riequilibrati. Rispetto agli anni di piombo sono profondamente mutate le condizioni storiche e politiche. Il terrorismo ha perso la sua battaglia e la democrazia è riuscita a prevalere, dimostrando che la compagine sociale del nostro Paese, pur minacciata dagli intrecci tra mafia, politica, stragismo e corruzione, aveva in sé le energie necessarie a risollevarsi.

Anche i protagonisti di quel periodo sono cambiati e hanno mutato convinzioni ideologiche e comportamenti. Da qui nasce un problema umanitario, poiché se è stato raggiunto lo scopo che la pena deve rivestire nel nostro ordinamento, cioè quello di consentire il reinserimento del condannato nella società, sarebbe abnorme continuare ad imporre un'espiazione ormai iniqua.

La proposta di legge in oggetto altro non è che il testo unificato elaborato, nel corso dell'esame in sede referente, dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati durante la scorsa legislatura.

Se un Paese intende rinnovarsi al punto di riscrivere la propria Costituzione, deve essere in grado - come ha già fatto l'Italia nel secondo dopoguerra - di risolvere, con provvedimenti di portata generale, le più gravi contraddizioni del suo vecchio assetto politico e sociale.


 


 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

(Indulto).

 

1. E' concesso indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, anche se tale finalità non ha formato oggetto di formale contestazione o condanna, nelle seguenti misure:

 

a) la pena dell'ergastolo è commutata in quella della reclusione per anni ventuno;

 

b) le pene detentive temporanee sono ridotte di anni cinque se non superiori ad anni dieci di detenzione; della metà negli altri casi;

 

c) è interamente condonata la pena relativa al reato di banda armata od associazione sovversiva, quando non vi sia stata altra condanna per reati specifici; negli altri casi la pena irrogata per i suddetti reati è condonata della metà;

 

d) le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive, sono interamente condonate;

 

e) le pene accessorie, quando conseguono a condanne per le quali è applicato, in tutto o in parte, l'indulto, sono interamente condonate.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive).

 

1. L'indulto non si applica ai reati di cui agli articoli 285 e 422 del codice penale, se dalla commissione dei reati stessi è derivata la morte.

Art. 3.

(Applicazione dell'indulto).

 

1. L'indulto si applica sul cumulo delle pene, anche se stabilito dalla legge 18 febbraio 1987, n. 34.

 

Art. 4.

(Applicazione dell'indulto in caso di continuazione nel reato).

 

1. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, del codice penale, il giudice, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti di esecuzione, applica l'indulto, determinando la quantità di pena condonata per i singoli reati.

 

Art. 5.

(Revoca dell'indulto).

 

1. L'indulto è revocato di diritto qualora chi ne ha usufruito commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto della stessa natura per il quale riporti condanna a pena detentiva superiore ad anni due.

 

Art. 6.

(Computo dei periodi di scarcerazione).

 

1. Coloro che, imputati per reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, sano stati nel corso del procedimento a loro carico comunque scarcerati, qualora non si sottraggono alla cattura dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e qualora non abbiano commesso durante il periodo di scarcerazione alcun reato, possono computare, ai fini delle disposizioni di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, il periodo intercorso tra la scarcerazione e l'esecuzione della sentenza.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano, altresì, nell'ipotesi di emissione di provvedimento restrittivo della libertà personale emesso a seguito di condanna nel primo e nel secondo grado di giudizio, per i periodi di scarcerazione intercorsi nel corso del procedimento.

 

Art. 7.

(Termine di efficacia).

 

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi sino al 31 dicembre 1989.

 

Art. 8.

(Termine di applicazione).

 

1. L'indulto si applica entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 


N. 4768

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato SANTORI

¾

 

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 dicembre 1999

 

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Presentata il 2 marzo 2004

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Onorevoli Colleghi! - Alla vigilia della sospensione del servizio militare obbligatorio è opportuno concedere l'amnistia per coloro che sono stati renitenti alla leva o si sono sottratti al servizio civile. In totale il numero delle persone condannate è di 1443, mentre sono circa 700 gli ordini di carcerazione da eseguire e quindi circa 700 le altre pendenze giudiziarie ed esecutive derivanti dal mancato svolgimento del servizio di leva o civile. Si ritiene giusto usare clemenza considerato che la maggior parte di queste persone sono ormai maturi padri di famiglia. Il procuratore generale militare si è espresso con preoccupazione per questa situazione.

        La presente proposta di legge si compone di un unico articolo e prevede la concessione dell'amnistia per coloro che hanno commesso il reato fino alla data del 31 dicembre 1999. Si ritiene equo e giusto quindi procedere nel senso voluto dalla proposta di legge in relazione al fatto che entrerà a breve in vigore la legge che prevede la volontarietà del servizio militare.

        Infatti, il disegno di legge condiviso da tutte le forze politiche che anticipa la volontarietà della leva al 2005, atto Camera n. 4233, è stato approvato dalla Camera dei deputati ed è in discussione al Senato della Repubblica. Pertanto si ritiene utile, giusto ed equo nei confronti dei cittadini presentare questa proposta di legge che concede l'amnistia per i renitenti alla leva.



 

 

PROPOSTA DI LEGGE

 

Art. 1.

 

1. E' concessa amnistia per i delitti previsti:

 

a) dall'articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

 

b) dall'articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti alla leva o durante lo stato di congedo;

 

c) dall'articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente il rifiuto di prestare il servizio civile.

 

2. L'amnistia prevista al comma 1, lettere a) e b), si applica anche ai concorrenti nel reato.

3. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

4. L'amnistia si applica, nei limiti previsti dalla presente legge, a tutti i reati commessi fino alla data del 31 dicembre 1999.

 


N. 5444

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PERROTTA

¾

 

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva

 

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Presentata il 24 novembre 2004

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Onorevoli Colleghi! - Lo scorso luglio il Parlamento ha approvato la legge che pone fine agli obblighi di leva a partire dal 1o gennaio 2005. E così, dopo 143 anni, la legge ha decretato la sospensione della chiamata al servizio di leva. In questo modo anche l'Italia si adegua ad un trend per tutte le nazioni europee. In base al testo approvato si anticipa la «professionalizzazione» delle Forze armate italiane. Con questa nuova legge l'esercito professionale, come quelli analoghi della Gran Bretagna, della Francia, della Spagna e degli Stati Uniti, sarà realtà già il prossimo anno.

In conseguenza di quanto esposto è necessario, a mio parere, chiudere i conti con la giustizia di tutti coloro che negli anni in cui vi era l'obbligo della leva vi si sono sottratti. La presente proposta di legge intende concedere l'amnistia per i reati di mancata accettazione del servizio e di sottrazione all'obbligo della leva da parte di coloro che sono già iscritti alla leva o si trovano in congedo.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia per i delitti previsti dall'articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo.

Art. 2.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia di cui alla presente legge non è concessa qualora l'interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

Art. 3.

(Termini di efficacia).

1. L'amnistia ha efficacia, nei limiti di cui alla presente legge, per i reati commessi fino al 1o ottobre 2003.

Art. 4.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


N. 5456

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato PERROTTA

¾

 

Concessione di amnistia per i delitti di sottrazione al servizio civile commessi fino al 15 novembre 2004

 

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Presentata il 25 novembre 2004

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Onorevoli Colleghi! - La legge 6 marzo 2001, n. 64, ha istituito il servizio civile nazionale e ha stabilito che a decorrere dalla data di sospensione del servizio obbligatorio militare di leva, il servizio civile sarà prestato esclusivamente su base volontaria.

È bene ricordare che il servizio civile si affermò come modalità non sostitutiva ma alternativa al servizio militare, completamente autonomo da questo. Esso, con il trascorrere del tempo, è divenuto un fenomeno integrante delle politiche sociali del nostro Paese, dato che in esso si coniuga la possibilità di crescita della personalità dei giovani con la possibilità di offrire soluzioni reali ai bisogni della comunità. Si tratta di un servizio alternativo per adempiere, ugualmente, al dovere costituzionale di difesa della Patria (articolo 52 della Costituzione).

Pertanto l'obbligatorietà del servizio presupponeva che in caso di mancata prestazione dello stesso si sarebbe ricorsi a sanzioni penali, in virtù di quanto dispongono gli articoli 151 e 152 del codice penale militare di pace. È altrettanto chiaro che l'applicabilità di tali norme, dal gennaio 2005, sarà soltanto per i fatti pregressi.

Pertanto, la presente proposta di legge prevede di concedere l'amnistia a tutti coloro che si sono rifiutati di prestare il servizio civile, a meno che l'interessato non faccia l'esplicita richiesta di non volerne usufruire.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia per i delitti previsti dall'articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente il rifiuto di prestare il servizio civile.

2. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

3. L'amnistia ha efficacia, nei limiti previsti dalla presente legge, per i reati commessi fino al 15 novembre 2004.

 

Art. 2.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


N. 5772

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

CRAXI, MILIOTO

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Concessione di amnistia e di indulto

 

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Presentata l'11 aprile 2005

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Onorevoli Colleghi! - Il 14 novembre 2002 l'allora Papa Giovanni Paolo II, in visita al Parlamento, chiese alle Camere riunite un atto di clemenza per eliminare il sovraffollamento delle carceri e rendere, quindi, più vivibile la permanenza all'interno degli istituti di pena. Da quella data nulla è stato fatto e la situazione del nostro sistema penitenziario ha raggiunto limiti drammatici di emergenza, sia per quanto riguarda i detenuti, sia per quanto concerne i compiti e le condizioni dei soggetti istituzionali addetti al controllo.

Da diversi anni, da parte di esponenti del mondo politico, della magistratura e dell'avvocatura si susseguono prese di posizione intorno all'opportunità o meno di adottare provvedimenti di amnistia o di indulto. Tali prese di posizione, in un senso o nell'altro, hanno alimentato aspettative all'interno del mondo carcerario e fra gli operatori della giustizia creando un clima di incertezza, senza dubbio dannoso, che il Parlamento non può ulteriormente ignorare rinviando di assumere i provvedimenti necessari. Non si può non considerare, del resto, che dall'entrata in vigore della Costituzione fino al 1992 vi sono stati 34 provvedimenti di amnistia e di indulto mentre, negli ultimi tredici anni, non è stato adottato alcun atto di clemenza.

Il fatto è che, da tempo, nella cultura penalista e in quella politica prevale una valutazione fortemente negativa verso provvedimenti di indulgenza e tale valutazione sfavorevole si basa sul concetto che, attraverso detti provvedimenti eccezionali, non si risolvono i problemi critici del sistema penale e penitenziario italiano e, contemporaneamente, si fermerebbe la tensione verso una soluzione di radicale riforma del sistema penale stesso.

Questo giudizio di fondo non considera, in concreto, la situazione del nostro Paese e della sua storia penale. Infatti, dallo Stato post-unitario ad oggi si è fatto ricorso, sempre e costantemente, a provvedimenti di clemenza come risorsa decisiva per il governo della penalità. Quindi, non si è trattato di politiche di eccezione, ma di scelte costanti e ordinarie per operare momentanei ma necessari riequilibri. Del resto, è palesemente constatabile che il non uso di tale istituto, in questi ultimi tredici anni, ha fatto raddoppiare la popolazione carceraria e ridotto alla quasi paralisi il sistema processuale-penale. Riteniamo perciò doveroso un atteggiamento di realismo politico l'intervento del Parlamento per decongestionare il sistema processuale-penale ed evitare compensazioni offerte dalla progressiva inefficacia del sistema stesso come, ad esempio, la prescrizione, ovvero la negazione della giustizia per decorso del tempo. Tale fenomeno, sempre più presente, crea un esito pericolosamente delegittimante per la giustizia stessa: la giustizia negata per prescrizione accentua i criteri di selettività della giustizia penale favorendo coloro che possono economicamente e culturalmente resistere ai tempi lunghi del processo. Per cui, la recuperata efficacia del sistema criminale finirebbe per scaricarsi sui soggetti più deboli, di fatto immunizzando coloro che possono sostenere una giustizia lenta e, alla fine, ineffettiva.

All'emergenza del sistema giustizia si accompagna inevitabilmente l'emergenza del sistema carcerario. Come accennato all'inizio, la situazione delle nostre carceri è, oramai, drammatica: gli istituti di pena stanno veramente scoppiando anche per quanto concerne i detenuti in attesa di giudizio. Drammatica, in primo luogo, per i detenuti, ma anche per chi vi opera professionalmente. Oggi, la presenza media dei detenuti è superiore alle 60.000 unità, ma questo non è un limite invalicabile e tutto lascia supporre che la popolazione detenuta continuerà a crescere, e se si volesse rispondere al problema attraverso un programma di edilizia carceraria, si deve tenere presente che per edificare e per mettere in funzione un nuovo carcere servono, mediamente, più di dieci anni.

Il sistema politico non può, quindi, sottrarsi ulteriormente dal garantire la legalità e il rispetto dei diritti umani in carcere e l'unica possibilità attuale rimane, pertanto, la deflazione per forza di legge.

La presente proposta di legge ha per oggetto l'amnistia incondizionata ma relativa alle tipologie di reato con pene fino a tre anni.

Secondo quanto previsto dall'articolo 1 è infatti concessa amnistia per ogni reato per il quale la legge stabilisce una pena non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a quella detentiva, oltre a una tassativa serie di reati che prescindono dalla pena edittale massima prevista.

L'indulto è concesso nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive ed è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non colposo per il quale riporta una condanna a pena detentiva superiore a due anni, così come il precedente provvedimento di indulto del 1990.



 


proposta di legge

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Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372 (falsa testimonianza), quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7);

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati previsti dall'articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e dall'articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti del capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modificazioni;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione

dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui all'articolo 583 del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 4.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 5.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applicano le esclusioni di cui al quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. Il beneficio dell'indulto è revocato se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporta una condanna a pena detentiva superiore a due anni.

Art. 6.

(Termini di efficacia).

1. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1o maggio 2000.

 

 


N. 5881

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

MINNITI, RUZZANTE, PISA, PINOTTI, ANGIONI, LUMIA, LUONGO, DE BRASI, ROTUNDO

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Concessione di amnistia per i reati di allontanamento illecito, assenza alla chiamata alle armi per il servizio di leva, diserzione, rifiuto del servizio e renitenza

 

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Presentata il 27 maggio 2005

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Onorevoli Colleghi! - Presso i vari uffici giudiziari militari sono in fase di esecuzione oltre mille (1.114 al 31 dicembre 2004) sentenze di condanna comminate a militare responsabili di reati di allontanamento illecito, assenza alla chiamata alle armi per il servizio di leva e diserzione, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena: per la quasi totalità dei casi si tratta di militari di leva incensurati ai quali non è stata concessa la sospensione della pena in quanto al momento della condanna erano ancora in posizione di assenza dal servizio.

A seguito della sospensione della leva obbligatoria, disposta a decorrere dal 2005, appare assolutamente ingiustificato sottoporre a pena detentiva relativamente lunga (in alcuni casi anche 15-18 mesi) soggetti responsabili di condotte che ormai non suscitano alcun allarme sociale. Analogo ragionamento può farsi per i reati di rifiuto del servizio e di renitenza.

Un provvedimento legislativo di amnistia, da approvare con maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 79 della Costituzione, rimedierebbe a una situazione di ingiustizia sostanziale comportando anche notevole risparmio di risorse per lo Stato.

La rapida approvazione di una formale legge di aministia è l'unica soluzione costituzionalmente corretta per affrontare questo problema.

Non sono praticabili vie alternative quali quella di disporre con decreto-legge la sola sospensione dell'esecuzione delle pene per i reati citati. Un simile procedimento costituirebbe un sostanziale aggiramento della particolare procedura fissata dalla Costituzione per l'amnistia.



 


proposta di legge

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Art. 1.

 

1. È concessa amnistia per i reati previsti dagli articoli 147, 148, 149, 151 e 153 del codice penale militare di pace, per il reato di cui all'articolo 8, commi primo e secondo, della legge 15 dicembre 1972, n. 772, per il reato di cui all'articolo 14, commi 1 e 2, della legge 8 luglio 1998, n. 230, nonché per il reato previsto dall'articolo 138, in relazione all'articolo 135, del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 237.

2. Ai fini di cui al comma 1 non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 31 dicembre 2004.

4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


N. 6207

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato FANFANI

¾

 

Concessione di indulto e norme in materia di sospensione dell'esecuzione e di estinzione della pena nei confronti di detenuti tossicodipendenti

 

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Presentata il 29 novembre 2005

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Onorevoli Colleghi! - La drammatica situazione delle carceri italiane è sotto gli occhi di tutti, caratterizzata da sovraffollamento (oggi i detenuti sono circa 60.000 a fronte di una capienza massima stimata in circa 45.000 detenuti), dal disagio degli operatori, dalla inidoneità delle strutture e del sistema nel suo complesso a realizzare il fine di rieducazione e di recupero del condannato.

Si ritiene quindi che si debba intervenire su un duplice piano:

1) mediante la concessione di un indulto differenziato in ragione della pena residua ancora da scontare, con la esclusione dei reati più gravi per i quali, ai fini della organicità del sistema, si è fatto riferimento all'articolo 407 del codice di procedura penale;

2) mediante la previsione (nei confronti dei condannati tossicodipendenti che, indipendentemente, dal delitto commesso, accedono a un programma di recupero presso comunità terapeutiche) che il tribunale di sorveglianza, a conclusione del programma stesso e verificato il suo esito positivo, dichiari estinta in tutto o in parte la pena.

Con questo provvedimento si ritiene quindi di concorrere a dare speranza a tutti i detenuti, mediante la concessione di un indulto, anche se quantitativamente modesto, e si ritiene di dare alla particolare categoria dei detenuti tossicodipendenti, che rappresentano circa un terzo della intera popolazione carceraria, la possibilità di veder estinta la pena a conclusione del programma di recupero effettuato con esito positivo, consentendo il loro completo recupero al consesso civile.



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. È concesso indulto nelle seguenti misure:

a) sei mesi, per le pene da scontare, ancorché residuo di maggior pena, pari o inferiori a tre anni;

b) otto mesi, per le pene da scontare, ancorché residuo di maggior pena, pari o inferiori a cinque anni;

c) un anno, per le pene da scontare, ancorché residuo di maggior pena, superiori a cinque anni.

Art. 2.

1. L'indulto previsto in attuazione dell'articolo 1 della presente legge non si applica alle pene conseguenti ai reati elencati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.

Art. 3.

1. All'articolo 90 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-bis. Nel caso in cui il programma terapeutico e socio-riabilitativo sia svolto stabilmente all'interno di una comunità, la sospensione della esecuzione di cui al presente articolo può essere concessa anche in deroga al limite di pena di cui al comma 1».

2. Il comma 1 dell'articolo 93 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sostituito dal seguente:

«1. A conclusione del programma terapeutico e socio-riabilitativo, se risulta che il condannato lo ha attuato correttamente, e se nei cinque anni successivi al provvedimento di sospensione della esecuzione della pena non ha commesso un delitto non colposo punibile con la sola reclusione, il tribunale di sorveglianza, in considerazione del comportamento tenuto dal condannato e dell'esito del programma, dichiara la estinzione della pena in tutto o in parte, comunque in misura non inferiore alla effettiva durata del programma».

 

 


Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

 

Mercoledì 20 novembre 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 14.20

 

Disposizioni per la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.

C. 3323 Pisapia.

(Esame e rinvio).

 

La Commissione inizia l'esame.

Francesco CARBONI (DS-U), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede di sapere quando verranno inserite all'ordine del giorno le proposte di legge in materia di indulto, la cui problematica appare assimilabile a quella della sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.

Giovanni KESSLER (DS-U), osservando che la proposta di legge Pisapia C. 3323 configura una sorta di indulto condizionato, ritiene opportuno procedere all'abbinamento con le analoghe proposte in materia di indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che l'abbinamento d'ufficio è possibile solo nel caso si tratti di materie identiche. Al contrario, la volontà dei presentatori della proposta di legge Pisapia C. 3323, come si evince anche dalla relazione di accompagnamento, è proprio quella di non proporre la concessione dell'indulto. In sostanza il provvedimento in esame non è assimilabile alle proposte in materia di indulto nemmeno dal punto di vista formale. Tuttavia, se a seguito dell'esame preliminare dovesse emergere un orientamento diverso, si potranno abbinare le varie proposte di legge in questione. Fa altresì presente che per l'approvazione di progetti di legge in materia di indulto è previsto un quorum qualificato, che non è necessario per il provvedimento in esame.

Mario PEPE (FI) rileva di aver presentato una proposta di legge sui residui di pena, che sono disciplinati anche dal provvedimento in esame; pertanto chiede ne sia abbinato l'esame.

Carolina LUSSANA (LNP) osserva che la proposta si legge in esame configura una vera e propria forma di indulto, al quale il suo gruppo è contrario in linea di principio, ritenendo che vi siano provvedimenti più urgenti ed importanti dei quali il Parlamento si deve occupare.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente che la proposta di legge C. 3323 è stata inserita nel calendario dei lavori in quota opposizione.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) osserva che la sospensione dell'esecuzione della pena ha, al pari dell'indulto, l'obiettivo di far uscire taluni detenuti dalle carceri ma, a differenza del primo, produce l'effetto dell'estinzione della pena.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) rileva che l'istituto proposto configura una figura giuridica ibrida, in quanto è rivolto erga omnes ed è svincolato dall'attività di sorveglianza del giudice.

Giuliano PISAPIA (RC) si rammarica del fatto che si vogliano strumentalizzare talune questioni giuridiche per ostacolare l'esame della proposta di legge che reca la sua firma. Precisa quindi che l'indulto è un condono di parte della pena e non necessita di alcun controllo giurisdizionale, mentre nel caso della sospensione della pena il controllo concerne l'ottemperanza dei soggetti beneficiari alle prescrizioni imposte. Osserva infine che l'istituto è assimilabile a quello della messa alla prova previsto per i minorenni, per la cui approvazione non è stato certamente necessaria la maggioranza dei due terzi del Parlamento.

Giovanni KESSLER (DS-U) respinge il sospetto adombrato dal deputato Pisapia che il suo gruppo intenda ostacolare l'esame del provvedimento e precisa di aver semplicemente ravvisato l'opportunità di un abbinamento con le proposte di legge in materia di indulto, che presentano un'analogia di contenuto.

Francesco CARBONI (DS-U) si associa ai rilievi del deputato Kessler.

Enrico BUEMI (Misto-SDI), relatore, illustrando la proposta di legge di cui è cofirmatario, rileva che la discussione che sta attraversando le istituzioni ed il paese sulla necessità di interventi, ormai improcrastinabili, tesi a risolvere le problematiche che, da troppo tempo, affliggono le carceri del paese e più in generale la giustizia penale è un segnale che non si può ignorare e che impone la necessità di arrivare ad un primo atto risolutore.

Il primo elemento di cui si deve tener conto nell'affrontare l'esame della proposta di legge è la situazione attuale nel pianeta carcere. I dati statistici elaborati dall'amministrazione penitenziaria danno un quadro reale della situazione all'interno delle carceri dal quale si evince, con evidenza, l'urgenza di un intervento da parte del legislatore. I dati si riferiscono al 31 dicembre del 2001 e da allora la situazione è ulteriormente peggiorata: detenuti presenti (suddivisi tra case di reclusione, case circondariali e istituti per le misure di sicurezza): 55.275; totale ingressi dalla libertà nell'anno 2001: 28114; durata delle pene inflitte ai soggetti ristretti negli istituti penitenziari: 31 per cento fino a 3 anni, 30 per cento da 3 a 6 anni, 16 per cento da 6 a 10 anni, 14 per cento da 10 a 20 anni, i1 9 per cento da oltre venti anni all'ergastolo; durata della pena residua per soggetti ristretti negli istituti penitenziari: il 61 per cento fino a 3 anni, i1 20 per cento da 3 a 6 anni, il 15 per cento da 6 a venti anni, il 4 per cento da oltre venti anni all'ergastolo; situazioni di tossicodipendenza calcolate rispetto ai detenuti presenti: 27,9 per cento tossicodipendenti, 1,4 per cento alcoldipendenti, 3,1 per cento in trattamento metadonico; detenuti affetti da HIV (il test è volontario e di conseguenza il dato è sotto stimato ): 2,6 per cento

A fronte di questa situazione la percentuale dei detenuti lavoranti è passata dall'oltre il 35 per cento del 1990 al 24 per cento del 2001.

Questi crudi numeri dimostrano, al di là delle personali opinioni politiche in materia, che si è fallito rispetto al dettato costituzionale che all'articolo 27 così recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Vi è poco spazio, nonostante gli sforzi e l'impegno di coloro che operano ogni giorno all'interno degli istituti penitenziari, per l'umanità e la rieducazione in un sistema carcerario che fa del sovraffollamento non un'eccezione ma la regola.

Si deve riconoscere con coraggio che lo Stato oggi è in debito nei confronti dei cittadini detenuti che, espiando la pena, come previsto dalla legge e dalle sentenze specifiche, non ricevono, durante la loro permanenza in carcere, quanto previsto dalla Carta costituzionale, ovvero la funzione rieducativa. Oggi il carcere, per le condizioni in cui si trova, certamente non espleta questa fondamentale funzione e spesso contribuisce al peggioramento delle propensioni agli atteggiamenti criminali. Questa particolare drammatica situazione porta a ritenere che non si può più attendere oltre e che vi è, anche, una convenienza della collettività a rimettere in libertà, in una fase di avanzata espiazione della pena, quanti sono interessati alla sospensione della stessa, consci che la commissione di nuovi reati comporterà l'espiazione completa della pena con l'esclusione di ogni ulteriore beneficio.

La proposta di legge C. 3323 si basa sulla valutazione che lo Stato per la sua inadempienza deve riconoscere un credito di buon comportamento al detenuto che avendo espiato, in buona parte, la pena detentiva si vuole predisporre al rispetto delle regole della convivenza civile. Le particolari severità contenute per chi continuasse a delinquere, sono la dimostrazione che il provvedimento non è un atto di clemenza buonista, ma un concreto patto di fiducia reciproca tra il cittadino che beneficia della sospensione della pena e lo Stato che fa un investimento sul futuro di chi dimostrerà di essere veramente capace di utilizzare questa opportunità.

Un provvedimento, quindi, che si può inquadrare in una attenta politica detentiva che valuta le condizioni oggettive del detenuto, che applica una sospensione condizionata, per un massimo di tre anni, nella fase terminale della detenzione e che vincola tutto ciò ad un corretto comportamento nei cinque anni successivi, sottoponendolo a misure di controllo quotidiano per la durata della sospensione della pena.

Da molti parlamentari, appartenenti a varie aree politiche, sono state presentate proposte di legge in tema di indulto revocabile, amnistia e amnistia condizionata, con l'obiettivo di trovare una soluzione legislativa che contemperi a varie necessità: da quella di rendere più vivibili e meno disumani gli istituti penitenziari a quella di tutelare le esigenze di sicurezza della collettività e di far diminuire la recidiva.

La proposta di legge in esame non è certo un tentativo di eludere quanto previsto dall'articolo 79 della Costituzione, ma rappresenta un atto concreto per risolvere l'insostenibilità del sovraffollamento carcerario, per migliorare le condizioni di detenzione, che non assicurano attualmente il rispetto della dignità umana e per garantire, contemporaneamente, le esigenze di tutela e sicurezza della collettività. Quindi non un provvedimento «tampone» per risolvere una situazione di emergenza, ma un tentativo di dare una risposta concreta, prendendo spunto da analoghi istituti in vigore in altri paesi e che hanno dato esiti particolarmente positivi (ad esempio la probation negli Stati Uniti), all'obiettivo di rendere più umane e vivibili le carceri non solo per i detenuti ma anche per tutti coloro che quotidianamente vi operano e vi lavorano.

Ricorda infine due passaggi del discorso pronunciato dal Santo Padre Giovanni Paolo II durante la sua storica visita al Parlamento italiano che ritiene rappresentino non solo lo spirito cristiano ma una profonda lungimiranza sociale e politica: «Alla luce della straordinaria esperienza giuridica maturata nel corso dei secoli a partire dalla Roma pagana, come non sentire l'impegno, ad esempio, di continuare ad offrire al mondo il fondamentale messaggio secondo cui, al centro di ogni giusto ordine civile, deve esservi il rispetto per l'uomo, per la sua dignità e per i suoi inalienabili diritti?» L'altro, più inerente al tema in esame: «Tale solidarietà, tuttavia, non può non contare soprattutto sulla costante sollecitudine delle pubbliche istituzioni. In questa prospettiva, e senza compromettere la necessaria tutela della sicurezza dei cittadini, merita attenzione la situazione delle carceri, nelle quali i detenuti vivono spesso in condizioni di penoso sovraffollamento. Un segno di clemenza verso di loro mediante una riduzione della pena costituirebbe una chiara manifestazione di sensibilità, che non mancherebbe di stimolarne l'impegno di personale recupero in vista di un positivo reinserimento nella società». Esigenza di sicurezza, spirito umanitario e rispetto per l'uomo, la sua dignità e i suoi inalienabili diritti sono tre passaggi di cui non si può non cogliere lo spirito e il legame con il lavoro che si è chiamati qui a svolgere e che crede siano espressamente richiamati nella proposta di legge in esame.

Ritiene che il ragionamento generale sia necessariamente una delle strade da percorrere per costruire un diverso rapporto tra carcere e società e che, di conseguenza, questo provvedimento si inserisca in un più generale interesse dell'intera collettività.

La proposta di legge, in particolare, si compone di sette articoli che disegnano un nuovo istituto volto, nella sostanza, a permettere la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di tre anni (anche se residuo di maggior pena) per i reati commessi prima del 31 dicembre 2000 ( articoli 1 e 7). Il meccanismo introdotto appare parzialmente riconducibile a quello di cui all'articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale, che prevede, da parte del pubblico ministero, la sospensione d'ufficio dell'esecuzione della pena (da iniziare o già iniziata) inferiore a 3 anni (4 anni nei reati connessi all'uso di stupefacenti) anche se residuo di maggior pena, volta a permettere l'accesso alle misure alternative alla detenzione.

Il procedimento è d'ufficio e muove ad iniziativa del pubblico ministero dell'esecuzione al quale spetta l'emanazione del provvedimento (decreto) di sospensione dell'esecuzione della pena, successivamente convalidato dal giudice dell'esecuzione (articolo 2, comma 1).

Il provvedimento può essere disposto una sola volta ed è generale, non facendo riferimento ad alcuna categoria di detenuti in relazione all'illecito commesso.

Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della pena è sempre disposto il divieto di espatrio (articolo 3) e sono altresì applicate ulteriori specifiche prescrizioni, indicate dall'articolo 4, comma 1, della proposta di legge.

In particolare, è previsto l'obbligo di presentazione e di firma presso gli uffici di polizia e di dimora in determinato comune. In relazione a tale obbligo va rilevato che prescrizioni diverse sono previste in ragione dell'entità della pena sospesa: se quest'ultima non supera un anno il condannato avrà solo l'obbligo di firma (presentazione presso il più vicino ufficio di polizia giudiziaria, comma 1, lettera a); diversamente, oltre a tale obbligo è disposto un obbligo di dimora (articolo 4, comma 1, lettera b).

È, inoltre, previsto l'obbligo di presenza in casa tra le 21,00 e le 7,00 (articolo 4, comma 1, lettera c) e l'obbligo di adoperarsi quanto possibile in favore della vittima del reato (articolo 4, comma 1, lettera c).

Osserva, peraltro, come tale pacchetto di ulteriori obblighi a carico del condannato non sia immodificabile, prevedendo l'articolo 4, comma 2, su istanza dell'interessato o del pubblico ministero la possibile variazione (a cura del giudice dell'esecuzione) delle prescrizioni di cui al comma 1 dettate col provvedimento.

Il solo divieto di espatrio rimane quindi escluso da possibili deroghe o modifiche.

Per quanto riguarda poi la revoca della sospensione anche il condono di pena che deriva dall'applicazione del beneficio proposto dalla proposta di legge in esame è revocabile. In particolare, la revoca di diritto del provvedimento consegue al mancato rispetto delle prescrizioni imposte con la concessione della sospensione della pena ( divieto di espatrio, obblighi di firma e di dimora ecc.) di cui agli articoli 3 e 4 della proposta di legge, nonché alla commissione di un nuovo reato non colposo entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame per il quale il condannato subisca una nuova condanna alla detenzione non inferiore a sei mesi.

In seguito alla revoca della misura il condannato dovrà scontare la pena della reclusione senza possibilità di godere delle misure alternative alla detenzione.

Al decorso dei cinque anni senza la commissione da parte del condannato di ulteriori reati e senza la violazione delle prescrizioni imposte in sede di concessione della sospensione dell'esecuzione consegue la dichiarazione di estinzione della pena (articolo 6 della proposta di legge).

Luigi VITALI (FI) dichiara preliminarmente di intervenire a titolo personale, stante la delicatezza delle problematiche coinvolte. Si sofferma quindi sul sovraffollamento delle carceri, dovuto prevalentemente alle lungaggini dei procedimenti penali, ma anche alla massiccia presenza di immigrati clandestini che hanno invaso la sfera del codice penale. Si dichiara favorevole alla proposta di legge, in quanto, pur dando un segnale di attenzione nei confronti dei reclusi che vivono in condizioni di estremo disagio, offre ragionevoli garanzie di sicurezza ai cittadini.

Ritiene che non si tratti di una forma di indulto, bensì di una sospensione temporanea dell'esecuzione della pena che appare sottoposta ad una serie di vincoli anche al fine di ottenere l'estinzione. In ogni caso, ritenendo che sia una soluzione insufficiente rispetto al complessivo problema, preannuncia la presentazione di proposte modificative dirette ad assimilare l'istituto in questione con quello della messa alla prova già vigente nel campo del diritto minorile.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) concorda sulla necessità di intervenire rispetto al sovraffollamento delle carceri, sul quale si sono espressi anche il capo dello Stato ed il Papa. Osserva che la clemenza nei confronti dei detenuti è un segnale di attenzione verso la popolazione carceraria e nel contempo strumento per deflazionarne l'affollamento. Condivide tuttavia l'orientamento del ministro Castelli, il quale considera l'indulto come una misura straordinaria, ritenendo più adatte a risolvere il problema del sovraffollamento misure alternative rispetto alla detenzione.

Si sofferma quindi sul merito della proposta di legge, rilevando la carenza di limiti soggettivi nell'applicazione del beneficio della sospensione; dal punto di vista politico auspica tuttavia un'ampia convergenza. Ritiene eccessivo il limite dei tre anni, che potrebbe apparire come una deroga al principio della certezza della pena. Suggerisce altresì di sperimentare la misura alternativa dell'espulsione, in considerazione dell'elevato numero di detenuti extracomunitari che non hanno fissa dimora né domicilio o residenza, oppure di ipotizzare il ricorso alla custodia domiciliare per scontare l'ultimo anno di pena.

Mario PEPE (FI) osserva che nell'ordinamento è già previsto che chi deve scontare una pena inferiore a tre anni possa chiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali, senza dover sottostare alle restrizioni previste nella proposta di legge in esame. Pertanto, essendo la riduzione del sovraffollamento delle carceri lo scopo principale del provvedimento, si potrebbe ricorrere a misure riguardanti i residui di pena.

Giuliano PISAPIA (RC) precisa che la sua proposta di legge non ha la mera finalità di sfoltire la popolazione carceraria, bensì anche quella di facilitare il reinserimento sociale dei detenuti, nonché lo scopo di diminuire i casi di recidiva, che attualmente sono oltre il 60 per cento. Fa altresì presente che oltre la metà dei detenuti interessati sono extracomunitari, i quali incorrerebbero certamente in un provvedimento di espulsione. Inoltre, qualora venissero introdotte le misure proposte, lo Stato risparmierebbe circa duemila miliardi di vecchie lire, che potrebbero essere utilizzati a vantaggio della polizia penitenziaria, degli educatori e degli assistenti sociali.

Rispondendo al deputato Pepe, fa presente che la sospensione della pena può essere chiesta negli ultimi anni della pena medesima, fatte salve le eventuali esclusioni oggettive derivanti dal titolo del reato. Invita inoltre a considerare che chi ha commesso reati più gravi ha già scontato un significativo livello di pena.

Osserva infine che l'indulto presenta, dal punto di vista della sicurezza dei cittadini, rischi che la sospensione della pena non ha.

Edmondo CIRIELLI (AN) ricorda che fra i principali punti della campagna elettorale del Governo la sicurezza dei cittadini aveva importanza prioritaria. Pur non dichiarandosi pregiudizialmente contrario rispetto a provvedimenti di natura diversa dall'indulto, invita a considerare i rischi derivanti da taluni automatismi connessi all'applicazione della sospensione della pena, che non tengono conto né della gravità dei reati commessi né delle vittime di questi ultimi. Pur riconoscendo la necessità di tutelare la dignità della persona umana, ritiene che le problematiche connesse al mondo carcerario debbano essere affrontate in maniera più complessiva, privilegiando in ogni caso l'aspetto della sicurezza sociale.

Francesco CARBONI (DS-U) ritiene che il sovraffollamento delle carceri, che registrano un incremento di circa duemila unità all'anno, non possa essere risolto in termini meramente numerici. Concorda sulla richiesta del deputato Mantini di introdurre limiti soggettivi per la concessione della sospensione dell'esecuzione della pena, ritenendo che ai fini della decisione debba essere considerata anche la gravità del reato.

Preannuncia infine che il suo gruppo richiederà in sede di ufficio di presidenza l'abbinamento della proposta in esame con quelle in materia di indulto.

Giovanni KESSLER (DS-U) riconosciuta l'esigenza di un atto di clemenza, stante peraltro la forte attesa in questo senso, ritiene che la misura proposta configuri una sorta di indulto condizionato, che produce l'estinzione di una parte della pena riferita ai reati commessi prima di una certa data. Ravvisa profonde analogie con la disciplina contenuta all'articolo 672, comma 5, del codice di procedura penale relativo all'indulto condizionato, dal quale differisce sotto il profilo dell'estinzione della pena, che è subordinata a che il soggetto ottemperi a determinate prescrizioni. Appare pertanto inevitabile l'abbinamento dell'esame della proposta di legge Pisapia con quelle presentate per la concessione dell'indulto.

Soffermandosi sul merito del provvedimento in esame, condivide l'impostazione dell'indulto condizionato, che coniuga in modo soddisfacente la clemenza verso i detenuti con le esigenze di sicurezza della collettività, riducendo altresì la percentuale dei recidivi. Ritiene eccessivo il limite dei tre anni in quanto interessa oltre il 60 per cento della popolazione carceraria; suggerisce pertanto di introdurre come condizione per la concessione del beneficio in esame l'esecuzione di metà della pena. Non concorda sulla richiesta di introdurre condizioni soggettive, ritenendo che la gravità del reato sia già stata considerata dal magistrato al momento dell'applicazione della pena.

Invita infine a riflettere sulle prescrizioni contenute all'articolo 4, che dovrebbero essere personalizzate in base alla gravità dei reati ed auspica l'introduzione di misure più adeguate rispetto all'obbiettivo del reinserimento sociale dei detenuti.

Gaetano PECORELLA, presidente, sospende la seduta per dare luogo alle audizioni informali in sede di Comitato per l'organizzazione degli uffici giudiziari, fissate alle 16.30.

 

La seduta, sospesa alle 16.30, è ripresa alle 17.30.

 

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) osserva preliminarmente che la visita del Santo Padre non deve influenzare il giudizio che il Parlamento deve laicamente esprimere in rapporto alle necessità dello Stato. In realtà l'indulto è una misura marginale di breve periodo che non può risolvere in maniera organica il sovraffollamento carcerario. Le misure proposte configurano schemi processuali già noti nel campo della legislazione in materia di tossicodipendenza, e non sono assimilabili all'indulto, ma nemmeno al condono condizionato, in quanto le condizioni previste sono di carattere generale ed uguali per tutti. Ritiene viceversa preferibile tipizzare queste ultime ed adattarle al soggetto interessato, come previsto nella proposta di legge C. 3386 di sua iniziativa, della quale chiede sia abbinato l'esame.

Si sofferma quindi sulla procedura legislativa che dovrà essere applicata, sull'opportunità di inserire esclusioni soggettive ed oggettive, nonché sull'ampiezza del limite temporale dei tre anni; si domanda inoltre se sia opportuno affidare al giudice dell'esecuzione o al magistrato di sorveglianza le decisioni in merito alla sospensione dell'esecuzione della pena ed infine se gli obblighi cui sono sottoposti i soggetti interessati debbano essere tassativi o tipizzati.

Carolina LUSSANA (LNP) dichiara la contrarietà del suo gruppo ad un provvedimento che può definirsi «svuota carceri» e che non appare idoneo ad affrontare la grave situazione dei penitenziari. A tale proposito ricorda che sono state approvate misure più idonee, tra le quali il decreto sull'amministrazione della giustizia, che prevede stanziamenti per la costruzione di nuove carceri; richiama altresì i rapporti di collaborazione con i paesi dell'area balcanica e di quella maghrebina diretti a far eseguire la pena nei paesi di provenienza ad oltre il 30 per cento di detenuti extracomunitari presenti nel paese. Manifesta maggiore propensione per la via delle misure alternative alla detenzione e della depenalizzazione di alcuni reati, considerando la detenzione come una extrema ratio.

Dopo aver ricordato che il ministro Castelli ha dichiarato che non si tratta di vera emergenza e che la situazione delle carceri può reggere ancora per almeno trenta mesi, esprime perplessità sulla natura del provvedimento in esame che, al di là del titolo, configura surrettiziamente un vero e proprio indulto, per il quale l'articolo 79 della Costituzione prevede la concessione con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Invita quindi le forze politiche a misurarsi apertamente sulla materia dell'indulto, assumendosi le proprie responsabilità.

Soffermandosi sul merito del provvedimento, esprime rilievi critici sul limite dei tre anni e sull'assenza di previsioni non oggettive, manifestando altresì dei dubbi sui vantaggi economici che deriverebbero dalla sua applicazione.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 17.55.

 


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

 

Martedì 3 dicembre 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA indi del vicepresidente Nino MORMINO.

 

La seduta comincia alle 12.20.

 

Disposizioni per la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.

C. 3323 Pisapia e C. 3386 Fanfani.

 

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro e C. 3395 Kessler.

(Seguito dell'esame congiunto e conclusione - Costituzione di un Comitato ristretto - Rinvio del seguito dell'esame).

 

La Commissione prosegue l'esame congiunto, rinviato nella seduta del 20 novembre 2002.

Nino MORMINO (FI), relatore per le disposizioni in materia di amnistia ed indulto, osservando che in materia di amnistia ed indulto vi è un elevato numero di proposte di legge che presentano aspetti significativamente diversi ed un variegato quadro di scelte, evidenzia la necessità di un'ampia riflessione che possa condurre ad una scelta politica preliminare. A tale riguardo segnala che alcune proposte presentate (Boato C. 1606 e 1607 e Pisapia C. 1284) prevedono la concessione anche dell'amnistia in base a limiti di pena diversi fra di loro e differenti modulazioni applicative, con l'inserimento di reati specifici come quello a mezzo stampa. Tali proposte prevedono, tra l'altro, la possibilità di una revoca entro cinque anni e una sospensione della prescrizione, secondo meccanismi che appare opportuno ricondurre ad un coordinamento.

Tutte le altre proposte di legge prevedono l'applicazione dell'indulto, con previsioni diverse per quanto riguarda la misura delle pene da condonare ed il periodo temporale a partire dal quale dovrebbe essere concesso. Segnala inoltre che le proposte di legge di iniziativa dei deputati Cento C. 458, Russo Spena C. 2417 e Pisapia C. 1283 includono, ai fini della concessione dell'indulto, anche reati di terrorismo e di eversione, con differenti modalità a seconda delle pene inflitte. Alcune proposte prevedono un indulto incondizionato, mentre altre stabiliscono esclusioni di carattere oggettivo e soggettivo; in generale vi è l'orientamento a non ritenere un ostacolo, ai fini dell'applicazione dell'indulto, la recidiva dei soggetti condannati.

Stante il complesso e variegato quadro delle proposte presentate, ritiene difficile per il relatore assumere una decisione rispetto alla dirimente scelta politica a favore del solo indulto o invece anche per l'amnistia e l'indulto. Propone quindi di costituire un Comitato ristretto diretto ad elaborare un testo base, non ritenendo opportuno affidare al solo relatore scelte politiche così rilevanti.

Francesco BONITO (DS-U), dopo aver ricordato che per la concessione dell'indulto la Costituzione prevede un elevato quorum parlamentare, invita i gruppi ad esprimersi chiaramente su questo nodo politico, che è prioritario rispetto alle altre questioni di merito. A tale proposito fa presente che la proposta di legge Finocchiaro C. 3385, sui contenuti della quale si dichiara disponibile alla discussione, rispecchia pienamente l'orientamento del suo gruppo a favore di un atto di clemenza generalizzato, che si ricollega alle proposte di legge presentate in materia di politica carceraria.

Gaetano PECORELLA, presidente, preso atto della richiesta del deputato Bonito, invita i rappresentanti dei gruppi a pronunciarsi nei termini richiesti, tenendo presenti i riflessi che tale decisione di principio avrà sulla realtà del paese e nel mondo carcerario.

Francesco BONITO (DS-U) invita a considerare la disciplina dell'indulto nell'ottica di una modifica della procedura parlamentare ad esso inerente che preveda una maggioranza di due terzi dei parlamentari con riferimento ai votanti e non ai componenti.

Carlo TAORMINA (FI), intervenendo a titolo personale, esprime consenso sulla concessione di un indulto incondizionato, conformemente a quanto previsto anche nella sua proposta di legge C. 3151, fatta salva la possibilità di revoca nei cinque anni successivi. Ritiene che la soluzione ipotizzata dal deputato Bonito in relazione alla modifica dell'articolo 79 della Costituzione non debba interferire con le questioni poste.

Giudica infine necessario chiarire la posizione dei gruppi in ordine all'amnistia ed alla sospensione della pena; riguardo a quest'ultima manifesta perplessità di ordine tecnico e giuridico ed esprime dubbi sulla possibilità che la relativa proposta di legge registri l'ampia convergenza richiesta dalla Costituzione.

Guido Giuseppe ROSSI (LNP) rileva che la similarità dei provvedimenti in materia di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva e di amnistia ed indulto imponga un loro esame congiunto. Concorda sulla necessità di un pronunciamento politico dei gruppi, come richiesto dal deputato Bonito. Chiede infine chiarimenti sull'affermazione del presidente relativa alle ripercussioni all'interno delle carceri che avranno le scelte politiche del Parlamento in materia di indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene sempre doveroso richiamare alla responsabilità delle forze politiche gli effetti immediati di ciascuna decisione e precisa che in questo caso le scelte del Parlamento avranno riflessi nel paese, nella realtà carceraria ed anche nel mondo cattolico, dopo i recenti richiami del Papa a favore di un provvedimento di clemenza.

Guido Giuseppe ROSSI (LNP) ritiene che, inteso in questo senso, il richiamo sia condivisibile, ferma restando la facoltà di ciascun parlamentare di decidere in piena autonomia, senza condizionare le proprie decisioni alla situazione carceraria.

Nino MORMINO (FI), relatore per le disposizioni in materia di amnistia ed indulto, ribadisce la necessità di fare chiarezza sugli orientamenti di ciascuna forza politica, con reciproca assunzione di responsabilità, trattandosi di un provvedimento in cui gli aspetti di valenza politica sono più forti di quelli di natura tecnico-giuridica.

Carlo TAORMINA (FI) condivide la necessità di fare una scelta pregiudiziale tra l'amnistia e le due diverse modalità di indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, dopo aver ricordato che i provvedimenti attualmente in sede di esame congiunto richiedono differenti procedure di approvazione parlamentare, fa presente che la Commissione dovrà deliberare distintamente in ordine alla costituzione di un Comitato ristretto che esamini le proposte di legge in materia di amnistia ed indulto, nonché in ordine all'iter delle proposte di legge in materia di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva.

Enrico BUEMI (Misto-SDI), relatore per le disposizioni in materia di sospensione dell'esecuzione della pena, nel ricordare la forte sensibilità dell'opinione pubblica in relazione alla riduzione delle pene ed alla cancellazione dei reati, ritiene che il contemperamento delle esigenze di clemenza con quelle di sicurezza dei cittadini sia fondamentale ai fini della concreta praticabilità del provvedimento. L'approssimarsi del Natale, che suscita sensibilità maggiori ed i ripetuti attacchi della stampa in ordine ad una presunta mancanza di responsabilità di fronte al disagio dei detenuti, impongono una decisione, che in ogni caso non può prescindere da valutazioni di ordine tecnico.

Nino MORMINO (FI), relatore per le disposizioni in materia di amnistia ed indulto, stante le considerazioni emerse dal dibattito e la complessità e delicatezza della materia, propone di proseguire in sede di Comitato ristretto l'esame delle proposte di legge in materia di amnistia e di indulto.

La Commissione delibera di costituire un Comitato ristretto per l'esame delle disposizioni in materia di amnistia ed indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, invita i gruppi a designare i propri rappresentanti in seno al Comitato ristretto. Dichiara quindi concluso l'esame congiunto.

Dopo aver precisato che in ogni caso la decisione relativa al prosieguo dell'esame delle proposte di legge Pisapia C. 3323 e Fanfani C. 3386 in materia di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva spetta all'ufficio di presidenza, chiede di conoscere l'orientamento dei gruppi in proposito.

Francesco BONITO (DS-U) ritiene che l'esame debba in ogni caso proseguire.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) concorda, sottolineando che si tratta di materia diversa da quella contenuta nelle proposte di legge aventi ad oggetto la concessione dell'amnistia e dell'indulto.

Niccolò GHEDINI (FI) condivide le considerazioni del deputato Gironda, osservando che le disposizioni sulle quali è relatore il deputato Buemi configurano un'ipotesi assimilabile all'istituto dell'affidamento in prova ai servizi sociali.

Guido Giuseppe ROSSI (LNP) fa presente che la finalità dei presentatori delle proposte di legge Pisapia e Fanfani sono sostanzialmente le stesse dei presentatori dei progetti di legge in materia di amnistia ed indulto; non è tuttavia contrario alla prosecuzione dell'esame delle proposte di legge sulla sospensione della pena detentiva.

Nino MORMINO (FI) ravvisa un carattere di complementarità delle proposte di legge Pisapia e Fanfani rispetto a quelle sull'indulto. Ritiene che, per conferire autonomia e non alternatività alle due iniziative legislative, i rispettivi iter parlamentari dovrebbero proseguire di pari passo.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), dopo aver sottolineato l'opportunità della decisione di esaminare congiuntamente i progetti dei legge in materia di sospensione della pena con quelli in materia di amnistia e di indulto, si dichiara favorevole a proseguirne separatamente l'iter.

Andrea ANNUNZIATA (MARGH-U) concorda con il deputato Boato.

Erminia MAZZONI (UDC), pur riconoscendo la similarità dal punto di vista dell'obiettivo delle proposte di legge Pisapia e Fanfani in materia di sospensione della pena con le iniziative legislative in materia di amnistia ed indulto, ritiene che queste ultime presentino differenze sostanziali di fondo che richiedono un binario diverso. A seguito di un approfondito confronto in sede di Comitato ristretto sulla materia dell'amnistia e dell'indulto potranno emergere gli obiettivi comuni da perseguire, mantenendo nel contempo aperta la discussione sulle proposte di legge Pisapia e Fanfani.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente che l'esame delle proposte di legge C. 3323 Pisapia e C. 3386 Fanfani dovrà proseguire in ogni caso, essendo stata, la prima, presentata in quota opposizione.

Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 13.25.

 


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Domenica 22 dicembre 2002. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

- Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 10.55.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone e C. 3332 Giuseppe Gianni.

(Seguito dell'esame e rinvio - Adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 17 dicembre 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, propone che venga adottato come testo base per la discussione il testo unificato elaborato dal relatore.

La Commissione approva.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 12 del 12 gennaio 2003.

Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 20.10.



ALLEGATO 3

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone e C. 3332 Giuseppe Gianni).

TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL RELATORE ADOTTATO COME TESTO BASE

 

 


 

Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Il giudice, quando vi sia stata condanna per più reati in continuazione tra loro, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, applica l'indulto, ai sensi della presente legge, determinando la quantità di pena condonata, con l'osservanza delle forme previste per gli incidenti esecutivi.

3. L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

Art. 2.

(Ambito di applicazione dell'indulto).

1. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte l'indulto.

Art. 3.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

2) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

3) 422 (strage);

4) 630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione);

5) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per i delitti previsti dai seguenti articoli della legge 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, nel testo in vigore precedentemente alle modifiche di cui alla legge 26 giugno 1990, n. 162:

1) 71, commi primo, secondo e terzo (attività illecite), ove applicate le

circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 74;

2) 75 (associazione per delinquere).

Art. 4.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

2. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni successivi al termine di cui al comma 1, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a cinque anni.

Art. 5.

(Termine di efficacia).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 30 giugno 2001.

Art. 6.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il decimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 14 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 14.45.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni e C. 3465 Moretti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta del 22 dicembre 2002.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono stati presentati emendamenti al testo unificato predisposto dal relatore (vedi allegato).

Nino MORMINO (FI), relatore, ritiene che gli emendamenti presentati, di vario tenore e contenuto, implichino una approfondita riflessione, con particolare riguardo agli emendamenti Boato 01.01 e 01.2 e Pisapia 01.3, che ripropongono l'opportunità di integrare le misure in materia di indulto con disposizioni volte ad introdurre un'ipotesi di amnistia. L'obbiettivo di tali emendamenti, in sostanza, è di intervenire contestualmente su due profili di crisi dell'amministrazione giudiziaria, in particolare finalizzando l'indulto alla riduzione della popolazione carceraria e l'amnistia al decongestionamento dei carichi giudiziari. La proposta di amnistia, ove si ritenesse di seguire anche tale percorso, comporterebbe, ovviamente, l'esigenza di un coordinamento con le norme di concessione dell'indulto, dal momento che si interverrebbe su materie diverse per natura ed effetti. Peraltro i tre emendamenti citati propongono ipotesi di amnistia diverse tra di loro.

In tale contesto, nel momento in cui la Commissione dovesse decidere di esaminare anche le proposte di amnistia, sarebbe necessario un attento lavoro di coordinamento che dovrebbe condurre alla formulazione di un testo di carattere complessivo ed organico, ferma restando la possibilità di proporre emendamenti alle disposizioni riguardanti, in modo specifico, la concessione dell'amnistia. In sostanza, pur consapevole delle attese rivolte a che si giunga in tempi brevi all'approvazione di un testo in materia, ritiene di non essere in grado di esprimere un parere sugli emendamenti riguardanti l'introduzione di ipotesi di amnistia: ciò sarebbe possibile solo a seguito di un lavoro di coordinamento accompagnato da una riflessione approfondita.

In conclusione, pur manifestando una posizione favorevole all'opportunità di inserire nel provvedimento un'ipotesi normativa di amnistia, ritiene che tale obbiettivo sia praticabile soltanto nel contesto di un'elaborazione unitaria delle proposte in esame.

Giovanni RUSSO SPENA (RC), dopo aver ricordato di aver sottoscritto tutti i tre emendamenti finalizzati ad introdurre nel testo unificato norme in materia di amnistia, propone di accantonare tali emendamenti e di passare all'esame degli emendamenti riferiti alle norme sull'indulto, riservandosi un approfondimento sulle ipotesi di amnistia alla luce dell'impianto normativo che sarà definito a seguito dell'approvazione dei relativi emendamenti.

Pier Paolo CENTO (Misto-Verdi-U), nel dichiarare di condividere la proposta formulata dal deputato Russo Spena, ritiene che il Governo, anche alla luce delle dichiarazioni rese, sia pure in sede non parlamentare, dal ministro Castelli, il quale ha affermato di essere favorevole ad un'ipotesi di amnistia, rilevando addirittura come quest'ultima sarebbe preferibile all'indulto, dovrebbe chiarire in modo univoco al Parlamento la propria posizione in materia.

Gaetano PECORELLA, presidente, rilevato che la questione posta dal deputato Cento ha un carattere prettamente politico, osserva, sotto il profilo tecnico, come l'indulto non possa che considerarsi residuale rispetto all'amnistia.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) ritiene che la questione posta dal deputato Cento abbia un indiscutibile rilievo di carattere politico; si associa pertanto alla richiesta rivolta al Governo di fornire adeguati chiarimenti sulla propria posizione in materia.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che, aldilà di profili eminentemente politici, la discussione debba incentrarsi sull'opportunità o meno di accantonare gli emendamenti finalizzati a proporre ipotesi di amnistia.

Sergio COLA (AN), a titolo personale, osserva che l'amnistia non ha alcun riverbero sull'indulto. Se fosse introdotta un'ipotesi di amnistia così come configurata dagli emendamenti 01.01 e 01.3, il tribunali di sorveglianza sarebbero alleviati da un'intensa mole di lavoro. L'obbiettivo quindi, aldilà del merito degli emendamenti, sui quali si riserva di intervenire nel momento in cui si passerà al loro esame, è di rendere più lieve il carico di lavoro giudiziario.

Niccolò GHEDINI (FI) rileva l'oggettiva difficoltà di esaminare gli emendamenti relativi all'indulto senza aver risolto in via prioritaria la questione circa l'opportunità di inserire o meno nel provvedimento disposizioni in materia di amnistia.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritiene che, qualora si affermasse un orientamento favorevole ad esaminare le disposizioni volte ad introdurre ipotesi di amnistia, il Parlamento non sarebbe in condizioni di procedere in tempi brevi ad un esame adeguato. Peraltro l'accantonamento degli emendamenti in materia di amnistia non comporta necessariamente una rinuncia ad una loro successiva valutazione, che, anzi, potrebbe essere opportunamente coordinata con l'impianto normativo in materia di indulto.

In conclusione, si esprime in senso favorevole all'ipotesi di accantonamento degli emendamenti in tema di amnistia.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U), condivisa l'opportunità di un approfondimento sulle disposizioni in materia di amnistia, fa presente che la sua parte politica potrebbe esprimere un orientamento non contrario alle ipotesi configurate al riguardo, purché l'amnistia sia finalizzata a favorire la deflazione dei cariche giudiziari.

Sottolinea infine l'opportunità che il Governo chiarisca la propria posizione sui temi all'attenzione della Commissione.

Gaetano PECORELLA, presidente, prospetta l'opportunità che sia lo stesso ministro Castelli a fornire chiarimenti al riguardo.

Nino MORMINO (FI), relatore, propone di accantonare gli emendamenti Boato 01.01 e 01.02 e Pisapia 01.3.

Gaetano PECORELLA, presidente, pone in votazione la proposta del relatore di accantonare gli emendamenti Boato 01.01 e 01.02 e Pisapia 01.3.

La Commissione approva.

Gaetano PECORELLA, presidente, invita il relatore ad esprimere il parere sui restanti emendamenti.

Nino MORMINO (FI), relatore, esprime parere contrario sugli identici emendamenti Kessler 1.2, Fanfani 1.8 e Rossi Guido 1.9, nonché sugli emendamenti Rossi Guido 1.10 e 1.11. Esprime inoltre parere favorevole sull'emendamento Kessler 1.1 e contrario sull'emendamento Kessler 1.3. Esprime altresì parere favorevole sull'emendamento Bonito 1.4 e contrario sugli identici emendamenti Russo Spena 1.6 e Finocchiaro 1.5, nonché sugli emendamenti Kessler 1.4, Russo Spena 1.7, Rossi Guido 1.12, 1.13 e 1.14. Esprime infine parere contrario sull'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01. Quanto all'articolo aggiuntivo Fanfani 1.02, esprime parere favorevole limitatamente al comma 1 e contrario sui commi 2 e 3.

Esprime parere contrario sull'emendamento Kessler 2.1.

Per quanto riguarda gli emendamenti riferiti all'articolo 3, fa presente che tale articolo, nella formulazione risultante dal testo unificato, è stata sostanzialmente mutuata dal precedente provvedimento di indulto. Si riserva pertanto una puntuale verifica volta ad individuare l'andamento negli anni della diffusione di ulteriori reati per i quali appaia opportuno prevedere un'esclusione oggettiva dall'applicazione dell'indulto. Sulla base di tali considerazioni, si rimette alla Commissione su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 3.

Sergio COLA (AN) sottolinea l'opportunità che la Commissione acquisisca dati precisi riguardanti i detenuti e la diffusione delle diverse tipologie di reato, al fine di verificare il grado di incidenza della concessione dell'indulto sulla popolazione carceraria. Si tratta di un'esigenza dalla quale non si può prescindere nel momento in cui ci si accinge a valutare l'entità degli effetti che deriverebbero dalle misure in esame.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) ritiene che l'attenzione della Commissione debba incentrarsi non tanto sulla quantificazione del numero dei detenuti che sarebbero rimessi in libertà per effetto dell'indulto, quanto, piuttosto, sull'esigenza di escludere dall'applicazione delle norme in esame le tipologie di reato che destano maggior allarme sociale; in questo senso condivide le considerazioni svolte dal relatore.

Sergio COLA (AN) precisa che la sua richiesta era finalizzata a modulare in modo opportuno l'ambito delle esclusioni oggettive, al di là di quanto previsto dall'articolo 3 del testo unificato.

Giuliano PISAPIA (RC) osserva che l'indulto si applica non esclusivamente alla popolazione carceraria ma soprattutto a chi non si trovi in stato di detenzione. In questo quadro, sarebbe impresa ardua - e comunque di lunga durata - acquisire dati relativi a tutti i soggetti imputati.

Nino MORMINO (FI), relatore, esprime parere contrario sugli emendamenti Rossi Guido 4.7, 4.6 e 4.9, nonché sugli identici emendamenti Fanfani 4.4 e Rossi Guido.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'imminente avvio dell'esame in Assemblea di provvedimenti di competenza della Commissione, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.45.



ALLEGATO

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (C. 458 ed abb.).

EMENDAMENTI

 

 


Premettere i seguenti articoli:

Art. 01.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma, (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità,  risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti del capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della medesima legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Art. 03.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa; 

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, primo comma, numeri 1) e 4), limitatamente alla seconda ipotesi, del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 04.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

01. 01.Boato, Cento, Pisapia, Russo Spena.

Premettere i seguenti articoli:

Art. 01.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7);

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e articolo 83 del  testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della medesima legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334; 

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Art. 03.

(Amnistia condizionata).

1. L'amnistia nei confronti dei condannati è sempre concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, diano prove effettive e costanti di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2. Qualora il reato per il quale si procede rientri in quelli previsti dalla presente legge e nei confronti di un soggetto che sia per il medesimo reato già stato rinviato a giudizio, il giudice sospende, anche d'ufficio, in ogni stato e grado, il procedimento per il periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione disposta ai sensi del presente comma è interrotto il decorso dei termini di prescrizione.

3. In ogni stato e grado del processo nei confronti di coloro che rispondono dei delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato si dimetta da detta pubblica funzione o pubblico servizio ovvero provveda al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

4. Per coloro che sono stati condannati in primo grado ad una pena superiore a quattro anni, l'amnistia è concessa qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

5. Qualora sia già stata irrogata sentenza di condanna di primo grado nei confronti di cittadini stranieri immigrati clandestinamente, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni.

6. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, ove si accerti che le condizioni ivi previste non sono state rispettate, l'amnistia ovvero il provvedimento di sospensione del procedimento penale sono revocati.

Art. 04.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, primo comma, numeri 1) e 4), limitatamente alla seconda ipotesi, del codice penale.

Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 05.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

01. 02.Boato, Cento, Pisapia, Russo Spena.

Premettere i seguenti articoli:

«Art. 01.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero la circostanza attenuante prevista dal medesimo articolo 62, numero 6), ovvero l'imputato si sia adoperato, tenuto conto delle sue condizioni economiche e sociali, per risarcire anche parzialmente il danno ovvero si sia adoperato per elidere od attenuare, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato;

c) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

d) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma, e 337, sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 614, quarto comma, limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

4) 624, aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 625 qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4), ovvero numero 6);

e) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come da ultimo sostituito dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale.

2. Non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. L'amnistia è concessa a condizione che il condannato non commetta, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo.

4. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora il reato per il quale si procede rientri tra quelli previsti dal comma 1, sospende, anche d'ufficio, il procedimento per il periodo di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo, il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 3 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione.

Durante tale periodo è sospeso il decorso dei termini di prescrizione.

Art. 02.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia ai sensi dell'articolo 1:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 03.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata l'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento ai sensi del comma 4 dell'articolo 1, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.»

01. 3.Pisapia, Russo Spena.

Al comma 1 sostituire le parole: non superiore a tre anni con le seguenti: non superiore a due anni.

Al comma 1 sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

 1. 2.Kessler.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: due anni.

 1. 8.Fanfani, Mantini.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

 1. 9.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: un anno.

1. 10.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: sei mesi.

1. 11.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1 sopprimere le parole: e non superiore a 10.000 euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

1. 1.Kessler.

Sopprimere il secondo comma.

1. 3.Kessler.

Al comma 2 sostituire le parole: incidenti esecutivi con le seguenti: incidenti di esecuzione.

1. 4. Bonito, Finocchiaro, Carboni, Kessler.

Sopprimere il comma 3.

 1. 6.Russo Spena.

Sopprimere il comma 3.

 1. 5. Finocchiaro, Bonito, Kessler, Carboni.

Sostituire il comma 3 con il seguente:

3. Non si applica la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

1. 4.Kessler.

Al comma 3, sopprimere le seguenti parole: Ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale né, nonché la parola: abituali,.

1. 7.Pisapia, Russo Spena.

Al comma 3, sopprimere le parole: nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale.

1. 12.Rossi Guido, Lussana.

Al comma 3, sopprimere le parole: , nel caso di condanna per delitti.

1. 13.Rossi Guido, Lussana.

Al comma 3, aggiungere in fine le seguenti le parole: né nei confronti di coloro che siano sottoposti a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis legge 26 luglio 1975, n. 354.

1. 14.Rossi Guido, Lussana.

Dopo l'articolo 1 inserire il seguente:

Art. 1-bis.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive ed a lire 2 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per i seguenti reati:

a) rapina di cui all'articolo 628 c.p.;

b) estorsione di cui all'articolo 629 c.p.;

c) sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'articolo 630 c.p.;

d) usura di cui all'articolo 644 c.p.;

e) delitti previsti nel libro II titolo II capo I del codice penale, con esclusione degli artt. 323, 325, 326, 328, 329, 33l, 335 c.p.;

f) riciclaggio di cui all'articolo 648-bis c.p.;

g) delitti previsti dall'articolo 1 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, limitatamente ai fatti concernenti le armi da guerra;

h) delitti previsti dagli artt. 74, 73 aggravato ai sensi dell'articolo 80 n. 1 lette a) e 80 n. 2, 822, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309.

1. 01.Fanfani, Mantini.

Dopo l'articolo 1-bis inserire il seguente:

Art. 1-ter.

(Esclusioni soggettive).

1. L'indulto non si applica nei confronti dei recidivi nei casi di cui al terzo e quarto comma dell'articolo 99 c.p., e nei confronti di chi è stato dichiarato delinquente abituale, o professionale ai sensi degli artt. 102, e 105 c.p.

2. Non si applica inoltre nei confronti di chi è stato sottoposto a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis Legge 26 luglio 1975 n. 354.

3. Non si applica infine nei confronti di chi vi abbia rinunciato.

1. 02.Fanfani, Mantini.

ART. 2.

Sopprimere l'articolo 2 e sostituirlo con il seguente:

Art. 2.

(Condizioni di applicabilità).

L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno metà della pena detentiva.

2. 1. Kessler, Finocchiaro, Bonito, Carboni, Lucidi.

ART. 3.

Sopprimerlo.

  3. 3.Kessler.

Sopprimerlo.

  3. 13.Pisapia, Russo Spena.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 3.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270 (associazioni sovversive), commi primo e secondo;

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico), primo comma;

3) 276 (attentato contro il Presidente della Repubblica);

4) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

5) 283 (attentato contro la costituzione dello Stato);

6) 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato);

7) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

8) 286 (guerra civile);

9) 289 (attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee regionali);

10) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione), commi primo, secondo e terzo;

11) 306 (banda armata);

12) 314 (peculato);

13) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

14) 316-bis (malversazione a danno dello Stato);

15) 317 (concussione);

16) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

17) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e, in relazione ai fatti ivi previsti, 320 e 321;

18) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

19) 323 (abuso d'ufficio);

20) 385 (evasione), se l'evasione è aggravata dalla violenza o minaccia commessa con armi o da più persone riunite;

21) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

22) 419 (devastazione e saccheggio);

23) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

24) 422 (strage);

25) 428 (naufragio, sommersione o disastro aviatorio);

26) 429 (danneggiamento seguito da naufragio), secondo comma;

27) 430 (disastro ferroviario);

28) 431 (pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento); 

29) 432 (attentati alla sicurezza dei trasporti);

30) 433 (attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche comunicazioni), terzo comma;

31) 434 (crollo di costruzioni o altri disastri dolosi);

32) 438 (epidemia);

33) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari);

34) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

35) 441 (adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute);

36) 442 (commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate);

37) 575 (omicidio), salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge;

38) 600 (riduzione in schiavitù);

39) 600-bis (prostituzione minorile);

40) 600-ter (pornografia minorile);

41) 600-quater (detenzione di materiale pornografico);

42) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

43) 601 (tratta e commercio di schiavi);

44) 602 (alienazione e acquisto di schiavi);

45) 609-bis (violenza sessuale);

46) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

47) 609-octies (violenza sessuale di gruppo);

48) 628 (rapina aggravata), terzo comma;

49) 629 (estorsione aggravata), secondo comma;

50) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione), primo, secondo e terzo comma;

51) 648-bis (riciclaggio);

b) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale militare di pace:

1) 167 (distruzione o sabotaggio di opere militari), primo comma;

2) 186 (insubordinazione con violenza), relativamente ai casi in cui la violenza consiste nell'omicidio volontario, salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge;

3) 195 (violenza Contro un inferiore), relativamente ai casi in cui la violenza consiste nell'omicidio volontario, salvo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge;

4) 215 (peculato militare);

5) 216 (malversazione a danno di militari);

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309:

1) 73 (produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), commi 1, 2 e 3, ove applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80;

2) 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope);

d) per i delitti concernenti le armi da guerra, le armi tipo guerra e le materie esplodenti, nonché gli ordigni esplosivi o incendiari di cui all'articolo 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110.

3. 17.Guido Rossi, Lussana.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 3.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica nei confronti delle pene irrogate in conseguenza di condanne concernenti i seguenti delitti:

a) associazione per delinquere di stampo mafioso di cui all'articolo 416-bis c.p.;

b) associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti di cui all'articolo 74 legge 309/90;

c) sequestro di persona a scopo di estorsione di cui all'articolo 630 commi 1, 2 e 3 c.p.;

d) partecipazione, a qualsiasi titolo, ad associazioni sovversive, con finalità di terrorismo ed e versione dell'ordine democratico di cui agli artt. 270 e 270-bis, comma 1 c.p.;

e) attentato contro il Presidente della Repubblica, per finalità terroristiche o contro la Costituzione dello Stato di cui agli artt. 276, 280, 283 c.p.;

f) sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione di cui all'articolo 289-bis c.p.;

g) riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione ed acquisto di schiavi di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p.;

h) prostituzione e pornografia minorile di cui agli artt. 600-bis e ter c.p.;

i) violenza sessuale e reati sessuali di cui agli artt. 609-bis, 609-quater, 609-octies c.p.;

j) riciclaggio di cui all'articolo 648-bis c.p.;

k) delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti dal c.p. e dal c.p.m.p. quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

3. 1.Siniscalchi.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 3.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica quando la pena è conseguente alla condanna per i seguenti reati:

a) associazioni sovversive ed associazioni con finalità di terrorismo di cui agli artt. 270 e 270-bis c.p.;

b) devastazione saccheggio e strage di cui all'articolo 285 c.p.;

c) sequestro di persona a scopo di terrorismo di cui all'articolo 289-bis c.p.;

d) associazione di tipo mafioso di cui all'articolo 416-bis c.p.;

e) strage di cui all'articolo 422 c.p;

f) omicidio di cui all'articolo 575 c.p.;

g) riduzione in schiavitù, tratta, commercio o acquisto di schiavi di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p.;

h) prostituzione minorile, pornografia minorile, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile di cui agli articolo 600-bis, ter, quater e quinquies c.p.;

i) violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo di cui agli artt. 609-bis, quater, quinquies, octies c.p..

3. 16.Fanfani.

Alla lettera a) aggiungere, dopo il numero 1, il seguente:

1-bis. Associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico di cui all'articolo 270-bis c.p., e associazioni con finalità di terrorismo internazionale di cui all'articolo 270-ter c.p..

3. 6. Siniscalchi, Finocchiaro, Carboni, Bonito.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 1 aggiungere il seguente:

1-bis) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione).

3. 18.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 1, aggiungere il seguente:

1-bis) delitti contro la P.A. previsti dal c.p. e dal codice penale militare di pace quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

3. 9. Finocchiaro, Bonito, Carboni, Lucidi.

Al comma 1, lettera a), sostituire il n. 2 con il seguente: 416-bis, comma 2.

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

Per i delitti di cui all'articolo 416 - bis, comma 1, l'indulto è concesso nella misura non superiore ai due anni per le pene detentive e 5 mila euro per le pene pecuniarie.

3. 30.Fragalà.

Al comma 1, lettera a), n. 2, aggiungere: salvo l'ipotesi di cui alla prima parte dell'articolo 416-bis e di applicazione degli articoli 69.

3. 12.Gironda.

Al comma 1, lettera a), n. 2 aggiungere le seguenti parole:

nonché delitti commessi avvalendosi della condizione di cui all'articolo416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dal medesimo articolo.

3. 5.Finocchiaro, Bonito, Carboni.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 3 aggiungere il seguente:

3-bis) 575, 576, 577 e 589 (omicidio, omicidio aggravato, omicidio colposo).

3. 22.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 3 aggiungere il seguente:

3-bis) 600, 600-bis, 600-ter, 601 e 602, (riduzione in schiavitù, prostituzione, pornografia minorile, tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi).

3. 21.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a) dopo il numero 3 aggiungere il seguente:

3-bis) riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione ed acquisto di schiavi di cui agli artt.600, 601 e 602 c.p.

3. 7. Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 3 aggiungere il seguente:

3-bis) 600, 601 e 602 (riduzione in schiavitù, tratta e commercio di schiavi, alienazione e acquisto di schiavi).

3. 19.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a) dopo il numero 3, aggiungere il seguente:

3-bis. prostituzione minorile di cui all'articolo 600-bis, limitatamente all'ipotesi prevista dalle pornografia minorile di cui all'articolo 600-ter, limitatamente alle ipotesi previste dai commi 1, 2, 3, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile di cui all'articolo 600-quinquies.

3. 8. Finocchiaro, Bonito, Carboni, Lucidi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 3 aggiungere il seguente:

3-bis) 600-bis e 600-ter (prostituzione e pornografia minorile).

3. 20.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 3 aggiungere il seguente:

3-bis) 609-bis, 609-quater e 609-octies (violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo).

3. 21.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 9, aggiungere il seguente:

10) 609-bis (violenza sessuale) aggravata ai sensi dell'articolo 609-ter, 609-octies.

3. 10. Finocchiaro, Bonito, Lucidi, Carboni.

Al comma 1, lettera a), sostituire il numero 4 con il seguente:

4-bis) 628, 629, 630, 644 (rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, usura).

3. 31.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 10, aggiungere il seguente:

11. Articolo 628 (rapina) ed articolo 629 (estorsione) aggravati ai sensi dell'articolo628 comma 3.

3. 11. Finocchiaro, Carboni, Lucidi, Bonito.

Al comma 1, lettera a), sostituire il numero 5 con il seguente:

5. 648-bis (riciclaggio) limitatamente alle ipotesi di cui ai commi 1 e 2.

3. 4. Carboni, Finocchiaro, Bonito.

Al comma 1, sostituire la lettera b), con la seguente:

b) per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

  3. 35.Fragalà, Cola.

Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

b) produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, e associazione finalizzata di traffico illecito di stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

  3. 15.Cento, Boato.

Al comma 1 sostituire la lettera b) con la seguente:

b) per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti previsto dall'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n.309 ad esclusione delle ipotesi previste dai commi 6 e 7 del medesimo articolo.

3. 2.Siniscalchi.

Al comma 1, alla lettera b), sostituire il n. 2 con il seguente:

2. 74, commi 1, 4, 5.

3. 73 aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e 80 comma 2.

3. 14.Russo Spena.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente articolo:

Art. 3-bis.

Le esclusioni oggettive di cui all'articolo 3 non operano nei confronti di coloro i quali al momento della commissione del delitto non avevano compiuto gli anni ventuno.

3. 01.Siniscalchi, Cola.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente articolo:

Art. 3-bis.

Le esclusioni oggettive di cui all'articolo 3 non operano nei confronti di coloro i quali al momento della commissione del delitto non avevano compiuto gli anni ventuno ad eccezione della prevista ipotesi di associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis del codice penale.

3. 02.Siniscalchi.

Dopo l'articolo 3 aggiungere il seguente: (esclusioni soggettive)

«1. L'indulto non si applica nei confronti di coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati dichiarati delinquenti abituali o professionali.

2. L'esclusione del beneficio non si applica se la dichiarazione di abitualità o professionalità, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata revocata o sia estinta».

3. 03.Siniscalchi.

ART. 4.

Al comma 1, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: quindici anni.

4. 7.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: dieci anni.

4. 6.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

4. 9.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1 sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 4. 4.Fanfani, Mantini.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

 4. 08.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1 dell'articolo 4, dopo le parole: pena detentiva non inferiore a due anni aggiungere la seguente locuzione: ancorché congiunta a pena pecuniaria.

4. 1.Siniscalchi.

Al comma 2, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: cinque anni.

 4. 10.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 2, sostituire le parole: nei tre anni successivi con le seguenti: nei cinque anni successivi.

4. 3.Siniscalchi.

Al comma 2, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: quattro anni.

4. 11.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 2 sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: tre anni.

 4. 5.Fanfani, Mantini.

Al comma 2 dell'articolo 4, alle parole: superiore a cinque anni sostituire le seguenti: superiore a tre anni.

 4. 2.Siniscalchi.

Dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

Art. 4-bis.

(Condizioni di applicazione).

1. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore a sei mesi, dia prova effettiva di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

2. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato entro trenta giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

Conseguentemente, dopo il comma 2 dell'articolo 4 aggiungere il seguente:

3. L'indulto è revocato di diritto se il cittadino straniero di cui al comma 2 dell'articolo 4-bis risulta essere nuovamente immigrato clandestinamente nel periodo di cinque anni dalla data del provvedimento di applicazione definitiva dell'indulto.

4. 01.Kessler.

Dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

Art. 4-ter.

(Prescrizioni e obblighi).

1. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, o in un momento successivo durante il periodo di sospensione, al beneficiato possono essere imposte talune delle prescrizioni o degli obblighi di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Con il provvedimento di sospensione sono comunque imposte le prescrizioni di cui al comma 7 dello stesso articolo. Al detenuto che risulta tossicodipendente è sempre imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

2. Se la pena da condonare è superiore a sei mesi, ai condannati per i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 289-bis, 416-bis e 630 del codice penale e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con il provvedimento di sospensione è sempre imposto l'obbligo di dimora per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione della pena nel territorio del comune di dimora abituale o dove il condannato esercita la propria attività lavorativa. Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 283 del codice di procedura penale.

3. Nei casi di cui al comma 2 al condannato può essere imposto in qualsiasi momento l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

4. Le prescrizioni o gli obblighi di cui al presente articolo possono essere modificati anche d'ufficio, al fine di favorire il reinserimento sociale del beneficiato e di evitare la ripetizione di condotte criminose.

5. Contro gli obblighi e le prescrizioni relativi alla dimora e alla presentazione all'autorità di polizia il condannato può ricorrere al giudice dell'esecuzione che decide con la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.

4. 02.Kessler.

Dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

Art. 4-quater.

(Controlli).

1. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 1 dell'articolo 4-bis, il servizio sociale riferisce al pubblico  ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sul comportamento del beneficiato, con particolare riferimento al suo reinserimento sociale e all'osservanza di eventuali prescrizioni. A tale fine lo stesso servizio si mantiene in contatto con il condannato, con la sua famiglia, con gli altri suoi ambienti di vita e con eventuali strutture o istituzioni che curano il sostegno ed il recupero del condannato.

2. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 2 dell'articolo 4-bis, l'autorità di pubblica sicurezza riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sull'adempimento della condizione ivi prevista.

3. In qualsiasi momento il servizio sociale e l'autorità di pubblica sicurezza riferiscono al pubblico ministero eventuali violazioni di obblighi o di prescrizioni da parte del condannato o fatti significativi relativi al suo recupero e al suo reinserimento sociale.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 4-ter, l'autorità di pubblica sicurezza vigila costantemente sull'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni ivi previsti, riferendo immediatamente eventuali violazioni all'autorità giudiziaria che li ha imposti.

4. 03.Kessler.

Dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

Art. 4-quinquies.

(Procedimento di applicazione).

1. Il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna dispone la sospensione di essa ai sensi dell'articolo 672, comma 5, del codice di procedura penale, e fissa la scadenza del termine ai sensi dei commi i e 2 dell'articolo 4-bis della presente legge. Il provvedimento è comunicato al servizio sociale del Ministero della giustizia.

2. Scaduto il termine fissato nel provvedimento di sospensione, il pubblico ministero raccoglie le relazioni del servizio sociale e quelle dell'autorità di pubblica sicurezza e le invia al giudice dell'esecuzione con il proprio parere sull'applicazione definitiva dell'indulto.

3. Il giudice dell'esecuzione applica definitivamente l'indulto quando, dagli atti raccolti dal pubblico ministero, risultano adempiute le condizioni di cui all'articolo 4-bis e rispettate le prescrizioni e gli obblighi eventualmente imposti durante il periodo di sospensione ai sensi dell'articolo 4-ter.

4. Qualora durante il periodo di sospensione il comportamento del condannato, reiteratamente contrario alla legge penale o alle prescrizioni e agli obblighi imposti, faccia ritenere l'impossibilità di adempimento delle condizioni di cui al comma 3, il pubblico ministero può chiedere al giudice dell'esecuzione una decisione anticipata di non applicazione dell'indulto. Se il giudice non accoglie la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero.

5. Nelle decisioni sull'applicazione dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede ai sensi dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

4. 04.Kessler.

Dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

Art. 4-sexies.

1. Fino alla decisione sull'applicazione definitiva, il condannato può rinunciare all'indulto con dichiarazione sottoscritta personalmente al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza.

4. 05.Kessler.

ART. 5.

Al comma 1, sostituire le parole: 30 giugno 2001 con le seguenti: 30 giugno 1999.

5. 4.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 30 giugno 2001 con le seguenti: 30 giugno 2000.

5. 3.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1 sostituire alle parole: fino a tutto il 30 giugno 2001 le seguenti: sino al 31 dicembre 2001.

5. 1.Siniscalchi.

Al comma 1 le parole: 30 giugno 2001 sono sostituite dalle seguenti: 1o giugno 2001.

5. 2. Finocchiaro, Kessler, Bonito, Carboni, Lucidi.

Dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:

Art. 5-bis.

(Servizio sociale).

1. L'organico del servizio sociale per adulti è aumentato di 200 unità.

5. 01.Kesler, Finocchiaro, Bonito, Carboni, Lucidi, Boato.

Dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:

Art. 5-ter.

(Interventi per il sostegno al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati).

1. È istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per il finanziamento di progetti finalizzati al reinserimento sociale e 'alla formazione dei detenuti scarcerati.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della giustizia, sono definite le risorse destinate al finanziamento dei progetti triennali finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, secondo le modalità stabilite dal presente articolo.

3. La dotazione del Fondo nazionale di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in misura pari al 75 per cento delle sue disponibilità. Alla ripartizione si provvede annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali tenuto conto, per ciascuna regione e provincia autonoma, del numero degli abitanti e della presenza di detenuti negli istituti penitenziari del territorio.

4. Le province, i comuni e i loro consorzi, le aziende sanitarie locali, le organizzazioni del volontariato sociale, le cooperative sociali ed i loro consorzi possono presentare alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, da finanziare a valere sulle disponibilità del Fondo nazionale di cui al comma 1, nei limiti delle risorse assegnate a ciascun ente territoriale ai sensi del comma 3.

5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono le modalità, i criteri e i termini per la presentazione delle domande, nonché la procedura per l'erogazione dei finanziamenti, dispongono controlli sulla destinazione dei finanziamenti assegnati e prevedono strumenti di verifica dell'efficacia degli interventi realizzati. Le regioni e le province autonome provvedono altresì ad inviare una relazione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli interventi realizzati ai sensi della presente legge.

6. Il 25 per cento delle disponibilità del Fondo nazionale di cui al comma 1 è destinato al finanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, promossi e coordinati dal Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, di intesa tra loro.

7. L'onere per il finanziamento dei progetti di cui al commi 1 e 2 è determinato in 100 milioni di euro per l'anno  2003 e in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005.

5. 03.Kesler, Finocchiaro, Bonito, Lucidi, Carboni.

ART. 6.

Al comma 1, sostituire le parole: decimo giorno con le seguenti: quindicesimo giorno.

6. 2.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: decimo giorno con le seguenti: trentesimo giorno.

  6. 3.Guido Rossi, Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: decimo giorno con le seguenti: trentesimo giorno.

  6. 1.Kessler.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 9.35.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni e C. 3465 Moretti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta di ieri.

Nino MORMINO (FI), relatore, esprime parere favorevole sull'emendamento Siniscalchi 4.1. Esprime parere contrario sugli emendamenti Guido Rossi 4.10, Siniscalchi 4.3, Guido Rossi 4.1, nonché sugli identici emendamenti Fanfani 4.5 e Siniscalchi 4.2. Esprime altresì parere contrario sugli articoli aggiuntivi Kessler 4.01, 4.02, 4.03, 4.04 e 4.05.

Per quanto riguarda le proposte emendative riferite all'articolo 5, esprime parere contrario sugli emendamenti Guido Rossi 5.4 e 5.3 e Siniscalchi 5.1. Esprime invece parere favorevole sull'emendamento Finocchiaro 5.2 e sugli articoli aggiuntivi Kessler 5.01 e 5.03.

Esprime quindi parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 6.

Per quanto riguarda le proposte emendative riferite all'articolo 3, ritiene di poter esprimere un parere più articolato rispetto a quello formulato nella seduta di ieri. Esprime quindi parere contrario sugli identici emendamenti Kessler 3.3 e Pisapia 3.13. Esprime quindi parere favorevole sull'emendamento Guido Rossi 3.17, purché riformulato nel senso di limitare le esclusioni oggettive dall'indulto ai delitti elencati nella lettera a), numeri 1), 2), 4), 7), 10), 22), 23), 29), 30), 33), 35), 38), 39), 40), 42), 43), 44), 46) e 47), e trasformato da emendamento sostitutivo ad aggiuntivo, salvando quindi tutte le ipotesi di esclusione già previste dal testo unico in esame. Esprime parere contrario sugli emendamenti Siniscalchi 3.1 e Fanfani 3.16, limitatamente alle parti non ricomprese nell'emendamento precedente, come riformulato. Esprime parere contrario sugli emendamenti Guido Rossi 3.18 e Finocchiaro 3.9. Esprime quindi parere favorevole sull'emendamento Fragalà 3.30, purché riformulato eliminando la parte consequenziale. Esprime quindi parere contrario sugli emendamenti Gironda 3.12, Finocchiaro 3.5, Guido rossi 3.22, 3.21, 3.7 e 3.19, Finocchiaro 3.8, Guido Rossi 3.20 e 3.60. Esprime parere favorevole sull'emendamento Finocchiaro 3.10. Esprime parere contrario sugli emendamenti Guido Rossi 3.31, Finocchiaro 3.11 e Carboni 3.4. Esprime quindi parere favorevole sugli emendamenti Fragalà 3.35 e Cento 3.15, di contenuto sostanzialmente identico. Esprime infine parere contrario sugli emendamenti Siniscalchi 3.2 e Russo Spena 3.14, nonché sugli articoli aggiuntivi Siniscalchi 3.01, 3.02 e 3.03.

Il sottosegretario Giuseppe VALENTINO, pur sottolineando che il Governo ha posto mano in maniera efficace ai problemi delle carceri, la cui situazione non presenta quegli aspetti di drammaticità denunciati, osserva che il sovraffollamento della popolazione carceraria può giustificare altri interventi del legislatore con strumenti non straordinari, come quello previsto dalle proposte di legge in esame, di cui però l'Esecutivo rispetta lo spirito; coerentemente con gli argomenti sopra enunciati fa presente che il Governo si rimetterà alla Commissione su tutte le proposte emendative presentate.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) ritiene necessario, prima di procedere alla votazione dei singoli emendamenti, affrontare il problema della opportunità di inserire nel provvedimento norme in materia di amnistia, chiedendo che il ministro della giustizia chiarisca alla Commissione l'orientamento del Governo in materia.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente al deputato Buemi che la Commissione ha già deliberato di accantonare gli emendamenti volti ad introdurre nel testo in esame norme in materia di amnistia. Pertanto la richiesta da lui formulata presupporrebbe un nuovo pronunciamento della Commissione.

Anna FINOCCHIARO (DS-U), pur comprendendo la motivazione della richiesta del deputato Buemi, osserva che il tema dell'introduzione di norme in materia di amnistia è di tale delicatezza da non poter essere affrontato e risolto in sede di esame degli emendamenti, anche se appare indubbiamente opportuno un chiarimento del ministro della giustizia sulle sue improvvide dichiarazioni in merito ad una maggiore «utilità» dell'amnistia rispetto  all'indulto. A suo avviso, in una fase complessa come quella dell'esame degli emendamenti, il tentativo di introdurre norme in materia di amnistia significherebbe la riapertura della discussione sul provvedimento, rispetto al quale sono maturate forti attese nella popolazione carceraria. Ribadendo che la situazione esistente richiede che l'esame del provvedimento venga concluso al più presto, invita i presentatori a ritirare i loro emendamenti finalizzati ad introdurre norme in materia di amnistia.

Giuliano PISAPIA (RC), pur ritenendo che solo esaminando contestualmente indulto ed amnistia sia possibile affrontare la crisi legata all'enorme mole di processi penali pendenti, prende atto che il mantenimento degli emendamenti relativi all'amnistia non farebbe che ulteriormente dividere la Commissione e conseguentemente li ritira.

Paolo CENTO (Misto-Verdi-U) si associa alle considerazioni del deputato Pisapia.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), prima di accedere all'invito del deputato Finocchiaro, per agevolare il rapido andamento dei lavori della Commissione su una materia così importante e delicata ritiene utile che il Governo si pronunci alla luce delle dichiarazioni - peraltro rilasciate in una sede non istituzionale - del ministro Castelli in materia di indulto e di amnistia. Dal momento che tali dichiarazioni sono anche all'origine della stessa sua decisione di presentare emendamenti in materia, osservando come fino ad ora le iniziative legislative su amnistia e indulto siano per lo più state assunte dal Governo, riterrebbe auspicabile una pronuncia di quest'ultimo in merito alla propria posizione sulla questione.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che un intervento del Governo sulla questione dell'amnistia risulterebbe utile solo nel momento in cui la Commissione dovesse passare all'esame degli emendamenti presentati in materia.

Sergio COLA (AN) suggerisce che la questione precedentemente accantonata relativa agli emendamenti in materia di amnistia venga discussa in un secondo momento in modo da non frenare l'iter per l'approvazione delle norme in materia di indulto.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) è convinto che non sia possibile esprimere un parere compiuto sulla questione dell'indulto senza disporre del quadro di insieme relativo ad entrambi gli istituti. Per tale motivo, senza alcuna posizione pregiudiziale, sente l'esigenza politica e tecnica di comprendere quale sia l'opinione del Governo in proposito.

Marco BOATO (Misto-Verdi-U), nell'esprimere sconcerto di natura tanto politica quanto procedurale in merito all'andamento del dibattito, formalizza il ritiro dei suoi emendamenti.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) rimanendo convinto della necessità che il Governo fornisca un chiarimento sulla questione nel suo complesso, fa suoi gli emendamenti Boato 01.01 e 01.02.

Il sottosegretario Giuseppe VALENTINO chiarisce come lo stesso fatto che alla tanto enfatizzata dichiarazione resa dal ministro, peraltro in un contesto non istituzionale, non sia seguita alcuna iniziativa legislativa da parte del Governo rappresenta di per se una risposta alle questioni poste. Ribadisce peraltro l'intenzione del Governo di partecipare alla discussione rimettendosi alle determinazioni del Parlamento.

La Commissione passa all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

Giovanni KESSLER (DS-U) illustra il suo emendamento 1.2, volto a ridurre da tre a due anni la misura dell'indulto concesso per pene detentive. Tale emendamento,  assieme agli altri da lui presentati, segue una filosofia che consente di ridurre l'ambito applicativo della norma, di non interpretare l'indulto come un colpo di spugna, di non applicarlo a pena pecuniarie e accessorie e di non entrare, nell'ottica di un istituto di clemenza, nell'ambito delle esclusioni oggettive e soggettive.

Giuseppe FANFANI (Margh-U) illustra il suo emendamento 1.8, che mira ad individuare il giusto equilibrio nel momento in cui si adotta un provvedimento di clemenza. Ritiene infatti che la decisione di ridurre a due anni la misura dell'indulto oltre ad essere in linea con gli altri provvedimenti in materia precedentemente adottati consentirebbe di fare fronte alla insostenibile situazione carceraria senza tuttavia ricomprendere coloro che di fatto si trovano in carcere per reati di una certa gravità, per i quali non hanno neppure potuto usufruire dei benefici già previsti in caso di condanne lievi.

Pierluigi MANTINI (Margh-U) sollecita i colleghi ad una riflessione personale e ad uno sforzo politico sottolineando come la questione non attenga tanto ad una rivendicazione del titolo alla tutela della sicurezza dei cittadini, quanto all'esigenza di contemperare la necessità di un intervento fondato su motivi di rango tanto costituzionale quanto umanitario con il principio di certezza della pena.

Guido ROSSI (LNP), nel sottolineare la contrarietà all'indulto del suo gruppo, che verrà formalizzata in aula con la presentazione di una questione pregiudiziale, chiarisce che al contrario del caso dell'indultino il provvedimento in esame presenta una propria dignità. Per questo motivo intende partecipare al dibattito ed invita il relatore a rivedere il parere contrario sugli identici emendamenti in discussione.

Nino MORMINO (FI), relatore, precisa di aver introdotto il riferimento ai tre anni tenendo conto delle diverse misure previste nelle varie proposte di legge sull'argomento.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) osserva come ci si trovi fronte alla necessità di comporre l'esigenza di intervenire a fronte di una situazione di oggettiva crisi del sistema penale carcerario con la paura, che aleggia tra le forze politiche, che l'indulto venga declinato in termini di perdonismo e di lassismo. L'indulto reca in se un rischio sotto il profilo del consenso ma richiama la necessità che la classe dirigente si faccia carico dell'esigenza di contemperare l'insostenibilità democratica del sistema penale carcerario e la paura diffusa della gente.

Precisando come l'indulto vada considerato uno strumento e non un fine e sottolineato a sua volta come occorra trovare un punto di equilibrio che sia tuttavia in grado di raccogliere il consenso della maggioranza necessaria per la sua approvazione, invita il relatore a trovare un punto di composizione tra le due posizioni.

Gaetano PECORELLA, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata al termine dei lavori antimeridiani dell'Assemblea.

La seduta termina alle 11.

 

 

 

 

SEDE REFERENTE

Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 14.05.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni e C. 3465 Moretti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta antimeridiana.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il relatore ha presentato l'emendamento 3.100, contenente una riformulazione dell'articolo 3 (vedi allegato 2).

Enrico BUEMI (Misto-SDI), dichiara il voto contrario sugli identici emendamenti Kessler 1.2, Fanfani 1.8 e Guido Rossi 1.9, ritenendo non opportuno un ulteriore restringimento dello sconto di pena, dal momento che la questione relativa alla tutela della sicurezza pubblica di fronte alla messa in libertà dei detenuti potrà essere adeguatamente affrontata con altri meccanismi.

Nino MORMINO (FI), relatore, nel prendere atto del mutamento di opinione da parte di quei deputati che, a seguito di una opportuna riflessione e valutazione politica, hanno rilevato l'opportunità di concedere l'indulto nella misura non superiore a due anni anziché a tre, ritiene di dover modificare il parere precedentemente espresso ed esprime dunque parere favorevole sugli identici emendamenti Kessler 1.2, Fanfani 1.8 e Guido Rossi 1.9.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Guido Rossi 1.10 e 1.11.

Dopo dichiarazioni di voto contrario dei deputati Pier Paolo CENTO (Misto-Verdi-U) e Enrico BUEMI (Misto-SDI), la Commissione approva gli identici emendamenti Kessler 1.2, Fanfani 1.8 e Guido Rossi 1.9.

Giovanni KESSLER (DS-U) illustra le finalità del suo emendamento 1.1, teso ad escludere l'applicazione dell'indulto alle pene pecuniarie, osservando in particolare come queste ultime, qualora non possano essere pagate dal condannato, si convertano in misure non detentive, quali la libertà vigilata.

La Commissione respinge l'emendamento Kessler 1.1.

Giovanni KESSLER (DS-U) illustra il suo emendamento 1.3, soppressivo del comma 2, rilevando che la disposizione in esso contenuta appare non solo inutile ma rischiosa, in quanto porrebbe problemi interpretativi ed appesantirebbe i procedimenti di applicazione dell'indulto. Richiama in proposito le disposizioni di cui all'articolo 174 del codice penale, che già prevede, nel concorso di più reati, l'applicazione dell'indulto una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati, nonché l'articolo 672 del codice di procedura penale, in base al quale per l'applicazione dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede a norma dell'articolo 667, comma 4.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) rileva l'opportunità di approfondire la questione oggetto dell'emendamento, anche alla luce delle osservazioni testé espresse dal deputato Kessler.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente che il problema si pone solo nell'ipotesi di condanna per più reati in continuazione tra loro, la qual cosa comporta una valutazione di merito.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) dichiara di condividere il contenuto dell'emendamento Kessler 1.3, rilevando che nell'ordinamento vigente l'unico limite all'applicazione in sede esecutiva dell'istituto della continuazione è rappresentato dal caso in cui sul punto si sia già pronunciato il giudice di merito.

Nino MORMINO (FI), relatore, manifesta perplessità al riguardo, osservando che, mentre l'articolo 174 del codice penale prevede espressamente una sola ipotesi, quella in cui nel concorso di più reati l'indulto si applica una sola volta, esistono invece casi in cui il condono è selettivo rispetto alle condanne per reati diversi.

Giuliano PISAPIA (RC) ritiene che la disposizione in questione appaia corretta e rappresenti una norma di salvaguardia per quei casi, abbastanza frequenti, in cui è ancora possibile chiedere la continuazione per sentenza passata in giudicato.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che, sulla base della disposizione di cui al comma 2, qualora sia stata già riconosciuta la continuazione e si tratti di determinare i reati per i quali sia concedibile l'indulto si applicherebbe la procedura dell'incidente di esecuzione.

Giovanni KESSLER (DS-U) condivide le considerazioni espresse dal presidente e dal relatore, ricordando come la Cassazione abbia stabilito che nei casi di continuazione il reato è unico ai fini della determinazione della pena, mentre per quanto riguarda tutti gli altri effetti si tratta di singoli reati.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U), alla luce delle considerazioni espresse, prospetta l'opportunità di riformulare il comma 2.

Nino MORMINO (FI), relatore, rileva l'opportunità di sostituire il riferimento all'osservanza delle forme previste per gli incidenti esecutivi con la determinazione della quantità di pena condonata ai sensi dell'articolo 672, comma 1, del codice di procedura penale.

Gaetano PECORELLA, presidente, nell'evidenziare che la questione posta riguarda essenzialmente i tempi di applicazione delle disposizioni di legge, ritiene si debba stabilire se mantenere il riferimento alla norma ordinaria (in tal caso risulterebbe inutile la disposizione di cui al comma 2) o se conferire invece un carattere di immediatezza al contraddittorio.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) condivide il suggerimento avanzato dal relatore.

Nino MORMINO (FI), relatore, invita il deputato Kessler a riformulare l'emendamento 1.3 nel senso precedentemente indicato.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritiene di non accogliere il suggerimento del relatore.

Nino MORMINO (FI), relatore, ribadisce quindi il parere contrario sull'emendamento 1.3.

La Commissione respinge l'emendamento Kessler 1.3.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il relatore ha presentato l'emendamento 1.100 (vedi allegato 2).

La Commissione approva l'emendamento 1.100 del relatore, risultando di  conseguenza precluso l'emendamento Bonito 1.4.

Giuliano PISAPIA (RC) ritira il suo emendamento 1.6.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra il suo emendamento 1.5, identico all'emendamento Pisapia 1.6, testé ritirato dal proponente, ribadendo l'opportunità di sopprimere il comma 3 dell'articolo 1.

Giovanni KESSLER (DS-U) illustra il suo emendamento 1.40, rilevando, in particolare, come la formulazione del comma 3 dell'articolo 1 non sia coerente con la logica sottesa ai provvedimenti di clemenza. In tale ottica, sottolinea l'opportunità di prevedere che non si applichi la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Giuliano PISAPIA (RC) preannuncia voto favorevole sull'emendamento Kessler 1.40.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) dichiara voto contrario sull'emendamento Kessler 1.40, ritenendo preferibile la formulazione del comma 3 dell'articolo 1 prevista dal testo unificato.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) ritira il suo emendamento 1.5.

Giuliano PISAPIA (RC) suggerisce al deputato Kessler di modificare il testo del suo emendamento 1.40 nel senso di ricomprendervi un richiamo all'ultimo comma dell'articolo 174 del codice penale. Ritiene, infatti, che la formulazione tecnica dell'emendamento dovrebbe essere ricondotta a termini maggiormente precisi.

Giovanni KESSLER (DS-U), pur dichiarando di non concordare sul suggerimento del deputato Pisapia di modificare il testo dell'emendamento 1.40 nel senso di ricomprendervi un richiamo all'ultimo comma dell'articolo 174 del codice penale, condivide l'esigenza di pervenire ad una riformulazione tecnica dell'emendamento stesso.

Francesco BONITO (DS-U), pur apprezzando le considerazioni svolte dai deputati Kessler e Pisapia, dichiara l'astensione del suo gruppo sull'emendamento Kessler 1.40.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) prospetta l'opportunità di una riformulazione tecnica dell'emendamento Kessler 1.40.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) ribadisce l'esigenza di non modificare il comma 3 dell'articolo 1 così come formulato nel testo unificato in esame.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Kessler 1.40 e Pisapia 1.7.

Gaetano PECORELLA, presidente, constata l'assenza dei presentatori degli emendamenti Rossi Guido 1.12, 1.13 e 1.14; si intende che vi abbiano rinunciato.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) illustra il suo articolo aggiuntivo 1.01, che configura una sorta di graduazione delle fattispecie di reato ai fini della concessione dell'indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, con riferimento all'articolo aggiuntivo 1.01, sottolinea l'opportunità di votare prima il principio finalizzato a prevedere una differenziazione dell'indulto per talune fattispecie di reati e, successivamente, il riferimento a ciascun reato preso in considerazione. A tale proposito, fa presente che allo stesso principio si ispira anche l'emendamento Fragalà 3.30.

Francesco BONITO (DS-U) chiede di conoscere la posizione dei gruppi sul principio sotteso all'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01, preannunciando che, nell'ipotesi in cui si registrasse un generale consenso, il suo gruppo contribuirebbe all'approvazione.

Enrico BUEMI (Misto-SDI), pur comprendendo lo spirito sotteso all'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01, osserva che con lo stesso si rischia di riprodurre la confusione tra la gestione dell'emergenza carceraria e l'adozione di misure di clemenza. Si tratta di profili che non debbono necessariamente coincidere. Peraltro è dell'avviso che nell'attuale fase non siano individuabili eventi tali da giustificare l'adozione di misure di clemenza, mentre appare importante intervenire per ridurre la popolazione carceraria.

Vincenzo FRAGALÀ (AN) ritiene che sia utile graduare un provvedimento di clemenza tenendo conto delle diverse tipologie di reato e, in particolare, dell'allarme sociale suscitato da ciascuna di essa. Peraltro una logica di graduazione è rinvenibile anche nei provvedimenti di clemenza adottati in passato e risponde altresì all'esigenza di modulare in termini adeguati l'impatto sull'opinione pubblica. Richiama, in particolare, i reati associativi, per i quali non può evidentemente essere adottato un metro unico sia per i personaggi che abbiano operato al vertice dell'associazione sia per i cosiddetti gregari.

Conclude facendo presente come il suo successivo emendamento 3.30 sia in linea con l'impostazione sottesa all'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01.

Nino MORMINO (FI), relatore, propone di accantonare l'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01, osservando che una compiuta valutazione sul merito di esso potrebbe più utilmente essere svolta dopo che la Commissione avrà definito l'impianto dell'articolo 3.

Giovanni KESSLER (DS-U) condivide le considerazioni svolte dal relatore e si dichiara favorevole alla proposta di accantonamento.

La Commissione delibera di accantonare l'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente che il primo comma dell'articolo aggiuntivo Fanfani 1.02 è precluso da precedenti votazioni.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) ne prende atto e ritira il suo articolo aggiuntivo 1.02.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che, per un mero errore materiale, l'emendamento Kessler 2.1 risulta ricompreso in un'unica formulazione mentre, in realtà, deve intendersi articolato in due diverse proposte emendative, rappresentate, rispettivamente, dall'emendamento Kessler 2.1 e dall'articolo aggiuntivo Kessler 2.01 (vedi allegato 2).

Anna FINOCCHIARO (DS-U) illustra il suo emendamento 2.1, rappresentando l'esigenza che le pene accessorie siano escluse dall'ambito di applicazione dell'indulto.

Quanto all'articolo aggiuntivo 2.01, ne riformula il contenuto nel senso di prevedere che l'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno un quarto della pena detentiva.

Vincenzo SINISCALCHI (DS-U) sottolinea la particolare valenza giuridica e politica dell'emendamento 2.1 e dell'articolo aggiuntivo 2.01, seconda formulazione, che dichiara di sottoscrivere. Ritiene, in particolare, che le due proposte emendative siano coerenti con l'obbiettivo di trasmettere all'opinione pubblica un messaggio nuovo, nel senso di garantire che l'indulto non confligge con il principio della certezza della pena.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) dichiara di condividere le finalità sottese all'emendamento Kessler 2.1.

Gaetano PECORELLA, presidente, esprime perplessità sul meccanismo configurato dall'articolo aggiuntivo 2.01, seconda formulazione, invitando a riflettere sul rischio di penalizzare coloro che abbiano riportato condanne lievi.

Nino MORMINO (FI), relatore, condivide le considerazioni del presidente, rilevando come la previsione di cui all'articolo aggiuntivo 2.01, seconda formulazione, andrebbe ad incidere, in particolare, sui soggetti ai quali siano state comminate condanne inferiori ai due anni.

Giuliano PISAPIA (RC) concorda con le considerazioni del relatore.

Pier Paolo CENTO (Misto-Verdi-U), pur comprendendo lo spirito sotteso all'emendamento 2.1 ed all'articolo aggiuntivo 2.01, seconda formulazione, ritiene che, qualora fossero approvati, verrebbe a perpetrarsi una palese situazione di iniquità. Invita pertanto i presentatori a ritirare tali emendamenti, con l'impegno di approfondirne il contenuto nel momento in cui sarà definito il testo del provvedimento.

Vincenzo SINISCALCHI (DS-U), rilevato che per i reati in ordine ai quali sono previste condanne lievi già operano normative specifiche - quale, ad esempio, la legge Simeone - ribadisce che l'obbiettivo prioritario è di garantire il principio della certezza della pena.

Nino MORMINO (FI), relatore, ribadisce il parere contrario sull'emendamento 2.1 e sull'articolo aggiuntivo 2.01, seconda formulazione.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) osserva che le pene accessorie sono il più delle volte legate a reati di entità medio-grave.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) ritiene che le pene accessorie collegate a reati per i quali non si applica l'indulto siano, per ciò stesso, escluse anch'esse dal beneficio.

Giovanni KESSLER (DS-U) fa presente che la non applicazione dell'indulto alle pene accessorie è prevista dal codice penale, salvo che la legge di concessione dell'indulto stesso non preveda diversamente.

Guido Giuseppe ROSSI (LNP) ribadita la contrarietà alle misure di indulto, preannuncia voto favorevole sull'emendamento Kessler 2.1.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) propone di accantonare l'articolo aggiuntivo Kessler 2.01, seconda formulazione.

Nino MORMINO (FI), relatore, propone l'accantonamento dell'emendamento Kessler 2.1 e dell'articolo aggiuntivo Kessler 2.01, seconda formulazione.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Giuseppe Guido ROSSI (LNP) si dichiarano contrari alla proposta di accantonare l'emendamento Kessler 2.1.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'imminente svolgimento di votazioni in Assemblea, avverte che il termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento 3.100 del relatore è fissato alle ore 9 di domani, giovedì 16 gennaio 2003; rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.10.


 


ALLEGATO 2

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni e C. 3465 Moretti).

ULTERIORI EMENDAMENTI

 

 


ART. 3.

Sostituire l'articolo con il seguente:

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale;

1) 270 (associazioni sovversive);

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-ter (associazioni con finalità di terrorismo internazionale);

4) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

5) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

6) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

7) 416-bis, comma 2 (associazione di tipo mafioso);

8) 419 (devastazione e saccheggio);

9) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

10) 422 (strage);

11) 432 (attentati alla sicurezza dei trasporti);

12) 441 (adulterazione o contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute);

13) 600 (riduzione in schiavitù);

14) 600-bis, comma 1, (prostituzione minorile) aggravato ai sensi dell'articolo 609-ter;

15) 600-ter, commi 1, 2 e 3, (pornografia minorile);

16) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

17) 601 (tratta e commercio di schiavi);

18) 602 (alienazione e acquisto di schiavi);

19) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

20) 609-octies, commi 1, 2 e 3, (violenza sessuale di gruppo);

21) 630, commi 1, 2 e 3 (sequestro di persona a scopo di estorsione);

22) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80,  comma 1, lettera a), e comma 2, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

3. 100.Il Relatore.

ART. 1

Al comma 2, sostituire le parole da: con l'osservanza fino alla fine del comma con le seguenti: ai sensi dell'articolo 672, comma 1, del codice di procedura penale.

1. 100.Il Relatore.

ART. 2

Sopprimerlo.

2. 1.Kessler, Finocchiaro, Bonito, Carboni, Lucidi.

Dopo l'articolo 2, è inserito il seguente:

Art. 2-bis.

(Condizioni di applicabilità).

L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno metà della pena detentiva.

2. 01.Kessler, Finocchiaro, Bonito, Carboni, Lucidi.


 

 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 21 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Giuseppe Valentino.

La seduta comincia alle 11.35.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni e C. 3465 Moretti.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 gennaio 2003.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che sono stati accantonati gli articoli aggiuntivi 01.01 e 01.02, fatti propri dal deputato Buemi, Fanfani 1.01 e Kessler 4.01, 4.02, 4.03, 4.04 e 4.05. Avverte inoltre che il deputato Kessler ha ritirato i suoi articoli aggiuntivi 5.01 e 5.03. Ricorda altresì che, a parte gli emendamenti accantonati, rimangono da esaminare gli emendamenti Guidi Rossi 6.2 e 6.3 e Kessler 6.1 (vedi Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 14 gennaio 2003).

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) illustra l'articolo aggiuntivo 1.01, volto a concedere l'indulto in misura ridotta a seconda di una serie di reati, del quale ha elaborato una nuova formulazione che tiene conto delle modifiche apportate all'articolo 3 in materia di esclusioni oggettive (vedi allegato).

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene opportuno porre in votazione per parti separate l'articolo aggiuntivo, nel senso di deliberare preliminarmente sul principio della graduazione dell'indulto in base al tipo di reato commesso e di votare successivamente le fattispecie di reato per le quali dovrebbe valere l'indulto in misura ridotta.

Francesco BONITO (DS-U) non condivide il contenuto dell'articolo aggiuntivo 1.01, che non appare coerente con il principio di ragionevolezza per il quale occorrerebbe manifestare maggior clemenza nei confronti di reati di minor gravità.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) concorda con il deputato Bonito, riscontrando nell'articolo aggiuntivo in esame una disciplina meno favorevole rispetto ad alcuni reati sebbene non siano di particolare gravità. Ritiene che l'indulto potrebbe essere concesso nella misura non superiore ad un anno nel caso in cui i reati contemplati nell'articolo aggiuntivo in questione siano stati commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale.

Giuliano PISAPIA (RC) si dichiara contrario all'articolo aggiuntivo, in quanto volto a limitare l'applicabilità dell'indulto a reati che non presentano elementi di particolare gravità; ciò non appare coerente nemmeno sotto il profilo dell'applicazione dell'indulto a reati gravi.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) rileva che in realtà l'articolo aggiuntivo 1.01 tende ad allargare la platea dei consensi sul provvedimento, accogliendo tra l'altro le esigenze rappresentate dalla maggioranza. Nel criticare gli accenti demagogici che accompagnano l'iter del provvedimento, evidenzia la difficoltà di bilanciare le esigenze di sicurezza sociale con quella di varare un provvedimento clemenziale equilibrato e coerente sotto il profilo giuridico.

Pier Paolo CENTO (Misto-Verdi-U) si dichiara contrario all'articolo aggiuntivo  1.01, che configura un intervento ulteriormente riduttivo sotto il profilo applicativo dell'indulto e svuota il significato delle misure di clemenza in questione.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) invita i presentatori a ritirare l'articolo aggiuntivo, osservando che la graduazione dei reati è insita nella pena applicata e che su un'ulteriore graduazione risulterebbe difficile ottenere un ampio consenso.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U) precisa che la finalità dell'articolo aggiuntivo è quella di applicare l'indulto in ragione della gravità del reato. Il motivo per il quale nell'articolo aggiuntivo sono compresi reati di apparente minore gravità è la necessità di dare all'opinione pubblica un segnale di sensibilità di fronte a reati particolarmente odiosi come la rapina e l'estorsione. A questo proposito ricorda che la rapina aggravata è stata compresa tra le cause di esclusione ai fini della concessione della sospensione condizionata della pena, attualmente all'esame dell'Assemblea. Ritiene altresì opportuno escludere dalle misure di clemenza i reati contro la pubblica amministrazione configurati nella lettera d) dell'articolo aggiuntivo 1.01 (seconda formulazione).

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva il principio della graduazione dell'indulto in base al tipo di reato.

Nino MORMINO (FI), relatore, esprime parere favorevole sulle lettere a) e b) dell'articolo aggiuntivo Fanfani 1.01 e contrario sulle lettere c) ed d).

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN) annuncia la sua astensione dalla votazione, dichiarandosi contrario ad un provvedimento di indulto che non sia accompagnato anche dall'amnistia.

La Commissione, con distinte votazioni, approva le lettere a), b), c) e d). Respinge quindi, con l'astensione del deputato Kessler, la lettera e). Approva infine l'articolo aggiuntivo 1.01 (seconda formulazione) come modificato.

Giovanni KESSLER (DS-U) illustra i suoi emendamenti 4.01, 4.02, 4.03 e 4.04, che mirano ad introdurre un indulto condizionato coerentemente con il principio, presente anche nel provvedimento cosiddetto di indultino, per il quale durante il periodo di sospensione della pena il condannato deve dare prova di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale. Tali emendamenti introducono un meccanismo di sospensione immediata della pena per coloro i quali si trovino nelle condizioni prescritte per beneficiare dell'indulto, subordinando tuttavia l'estinzione della pena al rispetto di una serie di obblighi e prescrizioni da ottemperare in un periodo di sei mesi.

Francesco BONITO (DS-U) si dichiara contrario agli emendamenti del deputato Kessler, in quanto introducono elementi estranei alla figura giuridica dell'indulto. Quest'ultimo è un provvedimento clemenziale ben distinto dalle misure alternative e non può contenere elementi di premialità né determinare una sovrapposizione delle funzioni proprie del giudice di sorveglianza a quelle del pubblico ministero.

Luigi VITALI (FI), intervenendo a titolo personale, osserva che il Parlamento si appresta a legiferare in maniera schizofrenica e contraddittoria, nell'ambito di una politica giudiziaria della quale non sono chiari gli obiettivi. Giudica tra l'altro inutili sotto il profilo dello sfoltimento della popolazione carceraria le disposizioni per la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva approvate dalla Commissione ed attualmente all'esame dell'Assemblea. Ritiene altresì preferibile procedere all'approvazione di un provvedimento di indulto simile a quello approvato nel 1989 e non disgiunto dall'amnistia, intervenendo nel contempo sulla legge Gozzini, che attualmente viene applicata sulla base di automatismi non coerenti con una rigorosa politica carceraria. Invita a non alimentare ulteriormente le aspettative create nella popolazione carceraria,  nella convinzione che sia meglio evitare di legiferare piuttosto che tentare soluzioni compromissorie destinate a scontentare tutti. Propone pertanto di sospendere l'esame della materia e di spostare la riflessione all'interno dei partiti di appartenenza, in modo da poter dare un segnale chiaro all'opinione pubblica della reale volontà del Parlamento.

Gaetano PECORELLA, presidente, fa presente che l'amnistia è contemplata negli emendamenti 01.01 e 01.02 fatti propri dal deputato Buemi, che saranno esaminati una volta terminate le deliberazioni in materia di indulto.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) dichiara il proprio voto contrario sull'articolo aggiuntivo Kessler 4.01, che a suo giudizio altererebbe la natura giuridica dell'indulto.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda di aver espresso parere contrario sul comma 1 dell'articolo aggiuntivo Kessler 4.01 e favorevole sui restanti commi 2 e 3.

Giovanni KESSLER (DS-U) non concorda sul fatto che la previsione di condizioni di applicazione snaturi l'indulto. In ogni caso, preso atto dell'orientamento della Commissione, ritira i suoi articoli aggiuntivi 4.01, 4.02, 4.03 e 4.04.

La Commissione approva l'articolo aggiuntivo Kessler 4.05 in materia di rinuncia all'indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che, stante l'assenza dei presentatori, s'intende che abbiano rinunciato alla votazione degli emendamenti Guido Rossi 6.2 (da considerare in realtà come emendamento soppressivo dell'articolo 6) e 6.3, quest'ultimo identico all'emendamento Kessler 6.1.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritira l'emendamento 6.1.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) illustra gli emendamenti 01.01 e 01.02 in materia di amnistia, ricordando di averli fatti suoi nella convinzione che le misure di amnistia e di indulto dovessero essere esaminate insieme. Stigmatizza la lacunosità dei chiarimenti forniti in ordine all'orientamento del Governo sul complesso della materia, rilevando nel contempo confusione e contraddizioni anche all'interno della maggioranza. Non ravvisando le condizioni necessarie per ottenere la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione per approvare un provvedimento di indulto, ritiene che non vi sia nemmeno il consenso necessario in ordine all'amnistia; ritira pertanto gli emendamenti 01.01 e 01.02.

Giuliano PISAPIA (RC) ricorda che gli emendamenti in questione, originariamente da lui presentati insieme ai deputati Cento e Boato, furono ritirati nel tentativo di trovare la più ampia convergenza sulle misure di clemenza, pur nella convinzione che, proprio nell'interesse della giustizia, l'indulto non potesse essere disgiunto dall'amnistia.

Pier Paolo CENTO (Misto-Verdi-U) manifesta rilievi fortemente critici nei confronti del Governo, che appare politicamente assente, al pari dei gruppi della maggioranza, dai quali è venuto un contributo non unitario, bensì limitato ad opinioni espresse a titolo personale.

Luigi VITALI (FI) ricorda di avere a suo tempo espresso, a nome di Forza Italia, il favore del suo gruppo all'indulto ed all'amnistia. Quanto alla posizione del Governo, fa presente che le misure in questione sono di competenza del Parlamento e non del Governo e che proprio all'interno delle aule parlamentari, a causa di posizioni trasversali all'interno dei vari gruppi, non si riescono a creare le condizioni per giungere all'approvazione dell'indulto.

Anna FINOCCHIARO (DS-U), nel precisare che la posizione ufficiale del suo gruppo è di favore verso indulto ed amnistia, invita a lavorare per creare un terreno di consenso il più ampio possibile nei confronti di un provvedimento di amnistia.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN), intervenendo a titolo personale, si dichiara favorevole all'amnistia nella misura in cui essa possa incidere sulla pendenza dei processi, che sono il vero male della giustizia.

Luigi VITALI (FI), prendendo atto dell'orientamento favorevole espresso dal gruppo dei Democratici di sinistra, ribadisce l'esigenza di una riflessione finalizzata a trovare un bilanciamento tra le aspettative del mondo carcerario e le esigenze di sicurezza della collettività.

Nino MORMINO (FI), relatore, condivide la proposta del deputato Vitali ed auspica una presa di posizione esplicita e chiara da parte dei vari gruppi. Ricorda di essere sempre stato favorevole ad una trattazione unitaria di amnistia e indulto, nonostante sia poi prevalso l'orientamento di affrontare soltanto quest'ultimo a causa delle prevedibili difficoltà in ordine all'ottenimento del prescritto quorum parlamentare.

Dichiara infine di fare propri gli emendamenti sull'amnistia ritirati dal deputato Buemi.

Flavio TANZILLI (UDC) si dichiara favorevole alla pausa di riflessione richiesta dal deputato Vitali, ribadendo il favore del suo gruppo verso una trattazione congiunta di amnistia e indulto.

Giuseppe FANFANI (MARGH-U), pur apprezzando le argomentazioni del deputato Vitali, si dichiara contrario alla sua richiesta, sottolineando i numerosi ostacoli di carattere tecnico e politico che incontrerà qualsiasi provvedimento di clemenza. Rileva altresì che le forze politiche che davanti al Papa avevano plaudito un provvedimento di clemenza si sono poi arroccate su posizioni di legalità intransigente, lasciando alla minoranza il compito di assumere ogni iniziativa.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) si associa ai rilievi del deputato Fanfani.

Edmondo CIRIELLI (AN) ribadisce l'assoluta contrarietà del suo gruppo a qualsiasi provvedimento di clemenza, soprattutto perché non vi sono le necessarie condizioni di sicurezza dei cittadini. In ogni caso, qualora si dovesse addivenire alla decisione di discutere congiuntamente di amnistia e indulto, dichiara di non avere obiezioni.

Carolina LUSSANA (LNP) si dichiara sconcertata dall'improvvisa apertura manifestata dal gruppo dei Democratici di sinistra. Ribadisce comunque la netta contrarietà del suo gruppo nei confronti dell'indulto, dichiarandosi tuttavia favorevole ad un approfondimento ulteriore delle questioni, come richiesto dal deputato Vitali.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.30.



ALLEGATO

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni e C. 3465 Moretti).

NUOVA FORMULAZIONE DI

EMENDAMENTO

 

 


ART. 1-bis.

 

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive ed a lire 2 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per i seguenti reati:

a) rapina di cui all'articolo 628, terzo comma, c.p.;

b) estorsione di cui all'articolo 629, secondo comma, c.p.;

c) usura di cui all'articolo 644 c.p.;

d) delitti previsti nel libro II titolo II capo I del codice penale, con esclusione degli articoli 323, 325, 326, 328, 329, 331, 335 c.p.;

e) delitti previsti dall'articolo 1 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, limitatamente ai fatti concernenti le armi da guerra.

1. 01.(seconda formulazione).Fanfani, Mantini.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 12 aprile 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni, C. 3465 Moretti, C. 4187 Cento e C. 4188 Cento.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 gennaio 2003.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che il 3 dicembre 2002 la Commissione ha iniziato l'esame delle proposte di legge in materia di amnistia ed indulto e che sono stati esaminati tutti gli emendamenti presentati al testo unificato adottato come testo base, salvo quelli in materia di amnistia fatti propri dal relatore.

Il 22 gennaio 2003, l'Ufficio di Presidenza ha deliberato all'unanimità di non proseguire l'esame delle proposte di legge, in quanto si era preso atto che, allo stato, non sussistevano le condizioni politiche per raggiungere il quorum qualificato richiesto  dall'articolo 79 della Costituzione per approvare le leggi di amnistia ed indulto.

Ricorda che mercoledì scorso, 6 aprile, ha rappresentato all'Ufficio di Presidenza l'esigenza di riprendere l'esame dei provvedimenti, in quanto il Parlamento, su una materia tanto delicata quanto quella dell'indulto e dell'amnistia, ha l'obbligo di prendere una decisione, positiva o negativa che sia.

Ricorda che, per consentire ai gruppi, o, per meglio dire, ai partiti politici di riflettere sul tema dell'indulto e dell'amnistia, nel corso della riunione dell'Ufficio di Presidenza si è convenuto di riprendere l'esame nel merito dei provvedimenti a partire dalla prossima settimana. Al fine di evitare nuovi rallentamenti dell'iter, è stata oggi convocata la Commissione Giustizia per fissare il termine per la presentazione di nuovi emendamenti, in maniera tale che questi possano essere esaminati già dalla prossima settimana. Tuttavia, non si può non considerare che la Commissione, prima della sospensione dell'esame dei provvedimenti, aveva elaborato, a seguito di un approfondito confronto tra tutti i gruppi, un testo volto a prevedere l'indulto. Ritiene che tale testo possa essere oggi assunto come testo base per riferirvi i nuovi emendamenti che saranno presentati. Questi, naturalmente, potranno avere ad oggetto tanto la materia dell'indulto quanto quella dell'amnistia.

Nino MORMINO (FI), relatore, ritiene che il testo elaborato precedentemente dalla Commissione costituisca una buona base per riprendere l'esame della materia dell'amnistia ed indulto, in quanto, grazie al contributo di tutti i gruppi parlamentari, rappresenta il risultato di un lavoro complesso ed articolato, che ha portato alla composizione dei vari orientamenti emersi nel corso del dibattito.

Ripercorrendo l'iter del provvedimento, si sofferma in particolare sugli emendamenti approvati, evidenziando che la maggior parte sono stati presentati da deputati dell'opposizione. In alcuni casi, come per la limitazione dell'entità di pena detentiva da assoggettare all'indulto, sono stati approvati emendamenti identici presentati da gruppi di maggioranza ed opposizione.Ricorda, inoltre, che attraverso un articolo aggiuntivo dell'onorevole Kessler si è precisato che l'indulto si applica a coloro che abbiano espiato almeno un quarto della pena, mentre a seguito di emendamenti presentati sia dal relatore sia dall'onorevole Kessler si sono precisate le esclusioni oggettive dal provvedimento di clemenza. Si sofferma quindi sull'articolo 7 che, così come emendato, prevede che l'indulto abbia efficacia per i reati commessi precedentemente al 1o giugno 2001. Ritiene che tale termine andrebbe aggiornato e quindi spostato in avanti considerando che oramai sono trascorsi quasi due anni e sei mesi dall'inizio dell'iter. Un mancato aggiornamento del termine rischierebbe di vanificare l'efficacia del provvedimento.

Pur ritenendo che il testo risultante dall'esame degli emendamenti rappresenti un buon punto di partenza, ricorda che esso riguarda esclusivamente l'indulto, mentre sarebbe opportuno estendere l'ambito del provvedimento, qualora vi fossero le condizioni politiche necessarie, anche alla concessione dell'amnistia. A tal proposito ricorda che alcune delle proposte abbinate non si limitavano a prevedere l'indulto ma appunto anche l'amnistia. Inoltre all'inizio dell'iter era emersa da parte di molti gruppi l'opportunità di approvare un provvedimento che associasse la misura dell'amnistia a quella dell'indulto. Invece in seguito, durante la fase emendativa, si decise di scindere le due questioni accantonando momentaneamente l'amnistia in modo da accelerare l'iter del provvedimento di concessione dell'indulto.

Ritiene che si possa approvare un provvedimento che riguardi sia l'indulto sia l'amnistia, apparendo tali strumenti complementari. Osserva, a tale proposito, che, da una parte, l'indulto potrebbe essere considerato come uno strumento volto ad attenuare considerevolmente il problema del sovraffollamento delle carceri e, dall'altro, l'amnistia potrebbe contribuire ad  una sensibile riduzione del carico di lavoro dei magistrati. con particolare riferimento a reati «bagatellari» o comunque di non notevole gravità, che peraltro sono destinati spesso ad estinguersi per prescrizione. Pertanto auspica una convergenza dei gruppi sull'opportunità di inserire nel provvedimento anche disposizioni riguardanti la concessione dell'amnistia.

Angela FINOCCHIARO ricorda che nel corso della riunione dell'Ufficio di Presidenza del 6 aprile, raccogliendo il consenso anche di esponenti della maggioranza, sostenne l'esigenza di affrontare la questione dell'amnistia ed indulto con estrema cautela per evitare di ingenerare nelle carceri false aspettative poi destinate ad essere drammaticamente deluse. Evidenzia come il solo discutere di tali temi anche sugli organi di stampa possa determinare forti speranze tra i detenuti e che il successivo venir meno agli impegni di fatto presi possa determinare un malcontento destinato inevitabilmente a ripercuotersi negativamente anche sulla sicurezza all'interno delle carceri.

Nell'affrontare nuovamente la questione dell'amnistia e dell'indulto non si può non tenere conto di due circostanze. La prima è che tale questione è riemersa nuovamente all'attenzione dell'opinione pubblica non perché le forze politiche di maggioranza abbiano sentito l'esigenza di concedere l'amnistia e l'indulto quali momenti di una riforma globale che avrebbe dovuto interessare non solo il mondo penitenziario, ma anche tutto il settore giustizia inteso nel suo complesso, quanto piuttosto sotto la spinta emozionale della iniziativa del leader radicale Marco Pannella, che, attraverso lo sciopero della fame e della sete, ha ricordato, in primo luogo alle forze politiche, come la richiesta che il Pontefice ha rivolto al Parlamento di concedere atti di clemenza ai detenuti, al fine di ridurre i drammatici disagi determinati dal sovraffollamento nelle carceri, sia rimasta inascoltata. Inoltre, si deve sottolineare che nel corso della legislatura la maggioranza ed il Governo hanno trascurato di adottare strumenti volti ad affrontare attraverso interventi di sistema le questioni del sovraffollamento carcerario e del reinserimento sociale dei detenuti. Al contrario servirebbero strumenti, anche di valenza sociale, volti sia a prevenire la commissione dei reati sia a garantire, al termine dell'esecuzione della pena detentiva, misure di sostegno, come ad esempio l'offerta di opportunità lavorative. Sarebbe, inoltre, sicuramente necessario rivedere la disciplina delle misure alternative alla detenzione, trattandosi di strumenti idonei sia a ridurre il sovraffollamento delle carceri sia ad agevolare il reinserimento sociale dei detenuti.

Evidenzia che il suo gruppo ha sempre espresso una posizione di favore verso la concessione dell'amnistia oltre che dell'indulto. Tuttavia ritiene che preliminarmente sarebbe auspicabile una presa di posizione esplicita di tutti i gruppi, per evitare di portare avanti un lavoro non tanto inutile, quanto piuttosto crudele nei confronti di coloro le cui aspettative verrebbero poi deluse dall'esito negativo dell'esame parlamentare.

Pertanto, prima di fissare il termine per la presentazione di emendamenti e, quindi, di suscitare aspettative che potrebbero poi drammaticamente rilevarsi false, sarebbe opportuno verificare se sussista effettivamente il consenso parlamentare alla concessione delle misure di clemenza secondo la maggioranza qualificata e particolarmente gravosa richiesta dalla Costituzione.

Evidenzia che il relatore onorevole Mormino opportunamente si è espresso in maniera cauta, pur evidenziando il proprio favore per la concessione dell'amnistia. Infatti il relatore non ha garantito che il suo gruppo mantenga una posizione favorevole al provvedimento di clemenza fino all'approvazione definitiva e quindi in particolare per la discussione in Assemblea.

Inoltre c'è da tener conto della posizione contraria del gruppo di Alleanza Nazionale, per quanto il rappresentante in Commissione del gruppo, onorevole Cola, abbia dimostrato una sua disponibilità, e del gruppo della Lega. Si tratta di posizioni  contrarie registrate nella precedente fase dell'iter, ma che sono state ribadite recentemente sugli organi di stampa. Considerando, inoltre, che il Ministro dell'interno ha espresso una sua posizione chiara sull'argomento, mentre quella di altri Ministri è solamente immaginabile, ravvisa l'esigenza che, prima di affrontare nel merito la questione dell'amnistia e dell'indulto, tutti i gruppi parlamentari e in particolare quelli di maggioranza esprimano chiaramente la propria posizione in materia.

Inoltre le scelte non riguardano esclusivamente l'an del provvedimento ma anche il quomodo delle misure di clemenza, ritenendo inopportuno lasciare tali scelte alla fase emendativa senza un confronto politico preliminare. Per esempio, bisognerebbe trovare preliminarmente una convergenza sulle esclusioni oggettive in considerazione della natura dei reati.

Ritiene in ogni caso che il provvedimento in esame presenti scarsa compatibilità con la proposta di legge C. 2055, oramai a tutti nota come la proposta di legge ex Cirielli, recentemente approvata dalla Camera e attualmente all'esame del Senato, poiché tale ultimo provvedimento, secondo una scelta del tutto schizofrenica, da una parte introduce disposizioni che aggravano la posizione dei recidivi, dall'altra prevede a regime una forma di amnistia mascherata attraverso una irragionevole riduzione dei termini di prescrizione. Anzi, ritiene che proprio la rinuncia alla citata proposta da parte dei gruppi di maggioranza rappresenti una condizione imprescindibile per il proseguimento dell'iter in tema di amnistia ed indulto

Sollecita quindi un confronto trasparente e immediato per verificare la praticabilità della concessione dell'amnistia e dell'indulto, ribadendo che la fissazione del termine per la presentazione di emendamenti nella seduta odierna, in assenza di tale verifica, appare inopportuno.

Gaetano PECORELLA, presidente, chiede all'onorevole Finocchiaro di esprimersi più chiaramente sulla proposta del suo gruppo in merito al seguito dell'esame dei provvedimenti in materia di amnistia ed indulto.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) evidenzia la necessità di acquisire preventivamente la posizione del Ministro della giustizia e di tutti i gruppi parlamentari, con particolare riferimento a quelli di maggioranza, prima di passare alla fase della presentazione e dell'esame degli emendamenti.

Marco BOATO (Misto-VU) esprime, in primo luogo, apprezzamento per la scelta dell'Ufficio di Presidenza della Commissione Giustizia di condividere l'iniziativa Presidente della Commissione di inserire tempestivamente nel calendario della Commissione i provvedimenti in materia di amnistia ed indulto, il cui iter è fermo oramai da oltre due anni.

Rilevando che il testo elaborato dalla Commissione prima della sospensione dell'esame non contiene disposizioni relative all'amnistia, sottolinea l'opportunità che, qualora si riuscisse a raggiungere il quorum richiesto dalla Costituzione per l'approvazione del provvedimento, oltre all'indulto venisse prevista anche l'amnistia. Ciò eviterebbe anche delle diseconomie processuali, che si manifesterebbero allorché, dopo un lungo iter processuale, la pena venisse parzialmente non espiata per la concessione dell'indulto.

Per quanto si dichiari del tutto favorevole alla concessione dell'amnistia ed indulto, ricordando, a tale proposito, di aver presentato delle proposte di legge in tal senso e di averne sottoscritte altre, ritiene che non si possa non tenere conto che la questione della concessione dell'amnistia sia stata portata all'attenzione di tutti da due eventi emozionali, quali la morte del Pontefice e lo sciopero della fame e della sete intrapreso dal leader radicale Marco Pannella, piuttosto che da una consapevole iniziativa politica. Dichiara pertanto di essere ben consapevole della difficoltà politica ad approvare un provvedimento di amnistia ed indulto. Difficoltà che rischia di divenire un ostacolo insuperabile dopo che nel 1992 è stata improvvidamente approvata, con il suo  unico voto contrario, la modifica dell'articolo 79 della Costituzione e, quindi, la previsione di una maggioranza qualificata, che di fatto è quasi irraggiungibile. A tale proposito, ricorda di aver presentato una proposta di modifica costituzionale volta a prevedere un quorum qualificato, ma praticabile, che oramai, considerati i tempi della legislatura e qulli tecnici necessari per approvare una legge costituzionale, non potrà essere approvata definitivamente.

Pur esprimendo apprezzamento per la sensibilità politica del Presidente, che ha prontamente proposto di inserire nel calendario il provvedimento e di fissare per la prossima settimana il termine per gli emendamenti, concorda con le osservazioni dell'onorevole Finocchiaro sull'opportunità di acquisire preliminarmente la posizione dei vari gruppi parlamentari in modo di verificare la praticabilità politica del provvedimento e di non accendere irresponsabilmente aspettative che potrebbero poi essere deluse. Stigmatizza inoltre la posizione del Governo che sugli organi di stampa si esprime in maniera ondivaga e poco coerente determinando così sconcerto nei potenziali beneficiari delle misure di amnistia ed indulto.

Si sofferma quindi sulla disposizione del testo, che fissa il termine fino al quale i reati commessi possono beneficiare della misura di clemenza. Concorda in proposito con il relatore sull'opportunità di un aggiornamento di tale termine, poiché la lunghezza dell'iter giustifica uno spostamento in avanti per evitare di approvare un provvedimento poco efficace per quanto riguarda la riduzione del sovraffollamento delle carceri. Tuttavia invita a considerare che il comma 3 dell'articolo 79 della Costituzione dispone che l'indulto e l'amnistia non possano applicarsi ai reati commessi dopo la presentazione delle proposte di legge che dispongono in materia. Occorrerebbe pensare ad una soluzione dal punto di vista tecnico-procedurale che superi tale problema nel rispetto delle disposizioni costituzionali, naturalmente dopo aver acquisito la più ampia convergenza dei gruppi parlamentari. Per esempio si potrebbe pensare alla presentazione di una nuova proposta di legge firmata dal maggior numero possibile di gruppi parlamentari anche di maggioranza.

Erminia MAZZONI (UDC), preannunciando di non parlare a nome del proprio gruppo, ma piuttosto a titolo personale, dichiara di riconoscersi nel realismo di cui è connotata la posizione dell'onorevole Finocchiaro. Pertanto invita a muoversi con cautela, evitando ogni tipo di speculazione politica dal momento che si tratta di un provvedimento che suscita reazioni nel mondo carcerario di cui è necessario tener conto.

Ricorda che già nel 2002 fu accelerato l'iter sull'onda emozionale delle sollecitazioni del Santo Padre. Tuttavia, dopo qualche mese ci si rese conto che non sussistevano le condizioni politiche e, in particolare, la maggioranza qualificata richiesta dalla Commissione per giungere all'approvazione del provvedimento. Inoltre, da parte di alcuni esponenti della maggioranza, si era evidenziata la necessità di far precedere o comunque affiancare alla concessione dell'amnistia e dell'indulto la riforma di alcuni istituti processuali volti a ridurre il sovraffollamento delle carceri e ad agevolare il reinserimento sociale dei detenuti. Andrebbe quindi verificato a tal proposito la praticabilità di approvare delle riforme di tali istituti processuali in maniera complementare rispetto alla concessione delle misure di clemenza.

Recentemente l'argomento è tornato di attualità a seguito della morte del Pontefice, a cui è seguita l'iniziativa del leader radicale Marco Pannella, volta a richiamare l'attenzione del mondo politico sulla necessità di approvare il provvedimento sulla concessione dell'amnistia e dell'indulto.

Per quanto riguarda la posizione del proprio gruppo, si riserva di farla conoscere più compiutamente in una prossima seduta. Tuttavia, a titolo personale, ritiene di potersi esprimere favorevolmente sulla concessione delle misure di clemenza, purché siano accompagnate da riforme  dirette non solo a migliorare le condizioni della detenzione carceraria, ma anche a garantire efficacia alla giustizia intesa complessivamente.

Si esprime favorevolmente anche sull'adozione, quale testo base per il seguito dell'esame, del testo fino ad ora elaborato dalla Commissione. Tuttavia ricorda che si tratta di un testo limitato alla concessione dell'indulto per la necessità contingente di accelerare l'iter del provvedimento; al contrario ritiene, associandosi al relatore e all'onorevole Boato, che sarebbe opportuno prevedere anche disposizioni riguardanti la concessione dell'amnistia.

Concorda inoltre sull'opportunità di attualizzare il termine di applicazione dell'indulto. In proposito, concorda con l'onorevole Boato sull'opportunità di elaborare una proposta di legge firmata dal maggior numero possibile di gruppi parlamentari, ciò che potrebbe servire anche a verificare preliminarmente la praticabilità del provvedimento e quindi la possibilità di raggiungere il quorum qualificato richiesto dalla Costituzione.

In conclusione ribadisce che in una prossima seduta potrà esprimere anche la posizione del proprio gruppo sulle questioni in esame.

Gaetano PECORELLA, presidente, evidenzia la necessità di pervenire comunque ad una decisione sul seguito dell'esame.

Erminia MAZZONI (UDC), ribadendo di non poter esprimere la posizione del proprio gruppo nella seduta odierna, suggerisce di rinviare, se pur di poco, la fissazione del termine per la presentazione di emendamenti e, a titolo personale, ritiene che si possa partire da una nuova proposta di legge ampiamente condivisa su cui sia già acquisito il consenso almeno di una ampia maggioranza dei gruppi parlamentari.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) dà atto al Presidente di aver prontamente inserito all'ordine dei lavori le proposte di legge sull'amnistia e l'indulto.

Per quanto riguarda la posizione del proprio gruppo, si dichiara sostanzialmente favorevole ad una amnistia «temperata» cioè limitata ai reati di minore gravità. Peraltro concorda con l'onorevole Finocchiaro sull'opportunità di muoversi con grande cautela per non creare aspettative destinate ad essere deluse con la conseguenza di aggravare ulteriormente le condizioni morali di espiazione della pena.

Ritiene che le misure di clemenza non rappresentino l'unico strumento per intervenire su questioni quali il sovraffollamento delle carceri. A parte l'intervento nell'ambito dell'edilizia penitenziaria, che tuttavia comporterebbe oneri finanziari difficilmente sostenibili, si potrebbe intervenire nell'ambito della disciplina del codice di procedura penale, per esempio modificando la parte relativa alla custodia cautelare in senso più garantistico.

In conclusione ritiene necessario in primo luogo verificare gli orientamenti dei gruppi e quindi la praticabilità del provvedimento; in mancanza di una tale fase di verifica ritiene inopportuno passare all'esame di nuovi emendamenti. Piuttosto che fissare quindi un termine per la presentazione di emendamenti, sarebbe opportuno fissare un termine tassativo per acquisire la posizione dei gruppi parlamentari almeno sulla disponibilità a una qualche forma di misura di clemenza. In mancanza di una tale verifica avrebbe quindi poco senso andare avanti nell'iter del provvedimento.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che sono state presentate anche recentemente proposte di legge al Senato relative all'amnistia e all'indulto. Occorre quindi quanto prima giungere a conclusioni sul seguito dell'esame in Commissione, in modo da evitare che eventuali lungaggini possano inficiare anche i lavori dell'altro ramo del Parlamento. A tal proposito ricorda che, avendo la Camera iniziato prima l'esame dei provvedimenti sulle misure di clemenza, il Senato può portare avanti provvedimenti sulla stessa materia solamente previa intesa tra i Presidenti dei due rami del Parlamento.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) ricorda che la posizione dell'Unione sull'amnistia e sull'indulto è a tutti nota anche perché è stata ufficialmente pubblicizzata attraverso una conferenza stampa. Non è altrettanto netta la posizione del Governo e dei gruppi di maggioranza. Anzi, ritiene si stia ripetendo quanto già accaduto nell'ambito dell'esame del provvedimento sul cosiddetto «indultino», allorché la maggioranza evitò di esprimersi in maniera chiara e mostrò spaccature al suo interno. Anche oggi appare evidente un problema politico all'interno della maggioranza, mancando un chiarimento e una convergenza tra i vari gruppi della stessa maggioranza.

Concorda quindi sull'opportunità di acquisire preliminarmente in maniera chiara la posizione dei gruppi di maggioranza prima di passare alla fase emendativa, per verificare la possibilità di raggiungere la maggioranza richiesta evitando quindi di creare aspettative eventualmente destinate ad essere vanificate. Sarebbe inoltre opportuno acquisire dal Governo i dati relativi al numero dei soggetti in attesa di esecuzione della pena detentiva.

Gaetano PECORELLA, presidente, evidenzia che il Ministro della Giustizia ha comunicato agli organi di informazione che circa 70 mila condannati sono in attesa di esecuzione della pena detentiva .

Enrico BUEMI (Misto-SDI) ritiene che il testo elaborato dalla Commissione, che il Presidente suggerisce di adottare quale testo base, non differisce in maniera sensibile rispetto al provvedimento sul cosiddetto «indultino» prevedendo la «cancellazione» di una pena non superiore a due anni di detenzione. La differenza più importante riguarda le condizioni di applicabilità del beneficio, che col provvedimento in esame riguarderebbe coloro che abbiano espiato almeno un quarto della pena detentiva mentre il provvedimento sull'indultino richiedeva l'espiazione di almeno la metà della pena.

A nome della componente SDI del gruppo misto, conclude esprimendosi favorevolmente sulla concessione di misure di clemenza purché condizionate al concreto ravvedimento dei detenuti.

Pier Paolo CENTO (Misto-VU), al fine di evitare che la maggioranza adotti nuovamente atteggiamenti ipocriti e ambigui su questioni estremamente delicate come quelle in esame, dichiara di condividere l'esigenza di una preliminare verifica della praticabilità del provvedimento prima di passare alla fase dell'esame degli emendamenti. Pertanto suggerisce di rinviare, rispetto alla proposta del presidente, di una settimana la fissazione del termine per gli emendamenti, in modo da dedicare la seduta di martedì della prossima settimana all'acquisizione della posizione di tutti i gruppi parlamentari. In tal modo, ferma restando l'opportunità di verificare la praticabilità della concessione delle misure di clemenza, con la fissazione del termine per gli emendamenti se pur spostata di una settimana si eviterebbero eventuali lungaggini mantenendo una data certa per la presentazione delle proposte emendative. In tal modo inoltre si eviterebbe di spostare il dibattito al di fuori dell'ambito parlamentare.

Giovanni RUSSO SPENA (RC) dopo aver espresso apprezzamento per l'atteggiamento del Presidente della Commissione circa la questione dell'amnistia e dell'indulto, a nome del proprio gruppo manifesta l'opportunità di procedere con sollecitudine ma nello stesso tempo con grande cautela. Pertanto concorda con la proposta dell'onorevole Cento che comporterebbe la fissazione immediata del termine per la presentazione degli emendamenti, il cui esame tuttavia inizierebbe solamente dopo aver acquisito la posizione di tutti i gruppi sul merito del provvedimento.

Bisogna quindi agire con sollecitudine ma anche con rigore, evitando di condizionare negativamente i lavori del Senato.

Esprime preoccupazione per le dichiarazioni dell'onorevole La Russa secondo cui l'approvazione del provvedimento sull'amnistia e l'indulto dovrebbe essere subordinato  alla preventiva approvazione di altri strumenti normativi, probabilmente riconducibili alla cosiddetta ex Cirielli, recanti misure restrittive in materia di recidiva e prescrizione. Se la maggioranza si conformasse a un tale atteggiamento ritiene che il provvedimento in esame sia destinato ad arenarsi ancora una volta.

Guido Giuseppe ROSSI (LNFP) lamenta il fatto che ancora una volta si affronta la questione dell'amnistia e dell'indulto in maniera irrazionale e vaga. Ritiene che il periodico risollevare la questione in esame sia dannoso per il buon andamento della vita carceraria e quindi per la sicurezza negli istituti penitenziari, potendo suscitare malumori tra i detenuti nel caso di mancata approvazione.

Sul merito del provvedimento ribadisce a nome del proprio gruppo una netta contrarietà, non ravvisando alcuna giustificazione per l'approvazione di misure di clemenza: da parte dei cittadini non si registra alcuna richiesta in tal senso, anzi vi un senso di vera e propria preoccupazione. Peraltro, non sussistono le ragioni storico-sociali che potrebbero giustificare un provvedimento di clemenza. Inoltre ritiene che la concessione dell'amnistia o dell'indulto non potranno determinare a regime alcuna utilità per il miglioramento del sistema carcerario.

Sul piano del metodo, apprezza il fatto che, a differenza di quanto accaduto con «l'indultino», si percorra l'ambito tracciato dalla Carta costituzionale con la prescritta maggioranza qualificata. Ricorda, infatti, che l'indultino»rappresentò un vero e proprio indulto mascherato finalizzato alla elusione del dettato costituzionale circa la maggioranza qualificata necessaria per l'approvazione dei singoli articoli e del provvedimento.

Non comprende tuttavia le osservazioni relative alla necessità di acquisire preventivamente la posizione di tutti i gruppi parlamentari poiché l'orientamento della Commissione potrebbe essere smentito da un diverso orientamento dell'Assemblea, a cui spetta poi la scelta definitiva. Ritiene che spetti proprio all'Assemblea ed ai suoi componenti di esprimersi in maniera compiuta sul tema dell'amnistia e dell'indulto. Anzi, pur essendo contrario a qualsiasi ipotesi di amnistia ed indulto, sottolinea l'opportunità che la Commissione acceleri l'iter dei provvedimenti in esame proprio al fine di consentire ai singoli componenti della Camera di esprimersi liberamente senza vincolo di mandato su un tema tanto delicato da essere disciplinato dalla Costituzione in maniera particolarmente rigorosa.

Italico PERLINI (FI), a nome del proprio gruppo, ribadisce quanto già emerso nella seduta del 21 gennaio 2003 ed evidenziato allora dal relatore, onorevole Mormino, il quale espresse una sostanziale posizione di favore nei confronti dell'amnistia e dell'indulto. A tal proposito ricorda che il relatore sottoscrisse gli emendamenti presentati da esponenti anche dell'opposizione in seguito dagli stessi ritirati, volti ad allargare la concessione della misura di clemenza all'amnistia. Ritiene che il proprio gruppo abbia sempre mostrato un atteggiamento coerente a favore dell'approvazione del provvedimento in esame, per cui non comprende le riserve a tale proposito espresse dai deputati di opposizione. Non ritiene comunque che sia praticabile l'ipotesi di acquisire preliminarmente una sorta di unanimità dei gruppi anche sul quomodo del provvedimento da approvare. Sarà la fase emendativa che porrà all'attenzione le concrete questioni relative alla disciplina dei due istituti. In quella occasione i gruppi si esprimeranno sulle diverse soluzioni praticabili.

Esprime perplessità sulle osservazioni degli onorevoli Finocchiaro e Russo Spema riguardo a una presunta incompatibilità del provvedimento in esame col provvedimento relativo alla recidiva e alla prescrizione attualmente all'esame del Senato. Ritiene che un tale atteggiamento dell'opposizione non possa che ostacolare l'iter dei provvedimenti in tema di amnistia ed indulto.

Ribadisce che il proprio gruppo è determinato nel portare avanti il provvedimento  e che al contrario l'estensione del dibattito ad altre questioni relative al sistema processuale e dell'esecuzione della pena comporterebbe il rischio della mancata approvazione del provvedimento sull'amnistia e sull'indulto.

Gaetano PECORELLA, presidente, prende atto che i gruppi della Margherita e dei Democratici di sinistra hanno espresso una indisponibilità alla fissazione del termine per gli emendamenti entro la prossima settimana. Ritiene peraltro che non sia opportuno indicare, come invece proposto dall'onorevole Cento, già nella seduta odierna una ulteriore data spostata in avanti, se si subordina l'utilità della presentazione delle proposte emendative alla richiesta verifica della posizione di tutti i gruppi parlamentari.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) dichiara di essere stato frainteso, poiché si era limitato ad affermare che il proprio gruppo non avrebbe presentato emendamenti se non dopo l'effettuazione della verifica sulla praticabilità della concessione delle misure di clemenza. Intendeva quindi evidenziare la necessità di acquisire preliminarmente la posizione formale dei gruppi parlamentari prima di passare alla fase emendativa.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) concorda sull'opportunità di acquisire la posizione di tutti i gruppi prima di passare alla fissazione del termine per gli emendamenti.

Pier Paolo CENTO (Misto-VU) osserva che, pur ritenendo opportuno preliminarmente acquisire la posizione di tutti i gruppi, nel caso in cui il presidente decidesse di fissare il termine per gli emendamenti per martedì della prossima settimana il proprio gruppo non verrebbe meno alla presentazione di proposte emendative.

Tuttavia l'assenza del gruppo di Alleanza nazionale nella seduta odierna suggerisce di rinviare l'esame degli emendamenti almeno di una settimana.

Enrico BUEMI (Misto-SDI) pur comprendendo l'esigenza di un sollecito iter del provvedimento, ribadisce che appare inopportuno fissare il termine per gli emendamenti prima dell'acquisizione dell'orientamento dei gruppi e quindi di una ragionevole probabilità di approvazione del provvedimento.

Italico PERLINI (FI) ribadisce che il proprio gruppo ha costantemente e coerentemente mantenuto una posizione favorevole alla concessione delle misure di clemenza, addirittura facendo propri gli emendamenti inizialmente presentati dall'opposizione.

Marco BOATO (Misto-VU), ribadendo l'esigenza che il tema dell'amnistia e dell'indulto sia affrontato con la estrema cautela che la sua delicatezza richiede, invita tutti i gruppi a non usare strumentalmente il confronto su tale tema, per quanto sia consapevole che l'atteggiamento del gruppo della Lega sarà del tutto strumentale.

Carolina LUSSANA (LNFP) nello stigmatizzare le considerazioni del deputato Boato, sottolinea che il suo non agisce strumentalmente ma secondo ben precisi orientamenti politici.

Marco BOATO (Misto-VU) osserva che la contrarietà del gruppo della Lega è manifesta come è manifesta la scelta di tale gruppo di utilizzare la questione dell'amnistia e dell'indulto in maniera strumentale per esigenze elettorali. Per il resto, rileva che, per l'opposizione, i gruppi dei Democratici di sinistra, della Margherita e di Rifondazione comunista e le componenti dei Verdi e dei Socialisti Italiani del gruppo Misto e, per quanto riguarda la maggioranza, il gruppo di Forza Italia si siano già espressi sostanzialmente in maniera favorevole su provvedimento di clemenza che abbia ad oggetto l'amnistia e l'indulto.

Mentre non si è ancora registrata la posizione del gruppo di Alleanza Nazionale, l'onorevole Mazzoni, se pure si è  riservata di esprimere in una prossima seduta la posizione del gruppo dell'UDC, a titolo personale si è dichiarata sostanzialmente favorevole.

Ha apprezzato la proposta del Presidente di fissare già per la prossima settimana il termine per gli emendamenti in modo da rendere più spedito l'iter del provvedimento «inducendo» i gruppi a confrontarsi su questioni concrete di merito. Ma ritiene in ogni caso prioritario procedere ad una verifica sulla praticabilità del provvedimento con particolare riferimento al raggiungimento della maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti l'Assemblea. Il raggiungimento di una convergenza in Commissione rappresenterebbe un buon viatico per l'approvazione del provvedimento anche in Assemblea.

Per quanto riguarda il seguito dei lavori invita il presidente a differire il termine per gli emendamenti di una settimana, in modo da poter acquisire preventivamente la posizione di Alleanza nazionale e dell'UDC.

Nino MORMINO (FI), relatore, ritornando sul termine di cui all'articolo 7 del testo elaborato dalla Commissione, ritiene che l'aggiornamento di tale termine sia fondamentale per evitare di approvare un provvedimento inutile o poco efficace.

Ricorda che già nell'iter precedente i gruppi non avevano espresso in maniera chiara e definita la proprio posizione, al limite condizionando il proprio consenso ad alcune scelte particolari. Ritiene che ciò sia confermato dalla posizione espressa dall'onorevole Finocchiaro, che ritenendo incompatibile il provvedimento in esame con la proposta di legge in materia di recidiva e sulla prescrizione, interferisce indebitamente con lo svolgimento dei lavori presso l'altro ramo del Parlamento.

Ritiene che atteggiamenti di tale natura possano rischiare di paralizzare l'approvazione del provvedimento sulla concessione dell'amnistia e dell'indulto, facendo dipendere il consenso a tale provvedimento dalla rinuncia all'approvazione di altre proposte di legge addirittura nella disponibilità dell'altro ramo del Parlamento.

In considerazione della necessità di acquisire in maniera chiara la posizione di tutti i gruppi, riscontrando riserve da parte dei gruppi DS, Margherita e UDC, si dichiara quindi d'accordo su un ulteriore termine di riflessione rinviando il termine per la presentazione degli emendamenti.

Carolina LUSSANA (LNFP) esprime nuovamente disappunto per le considerazioni dell'onorevole Boato su una presunta utilizzazione strumentale da parte della Lega dei temi riguardanti l'amnistia e l'indulto. Rivendica la legittimità della posizione del proprio gruppo, che ritiene poco utile se non dannosa la concessione dell'amnistia per affrontare problemi quali il sovraffollamento delle carceri, riterrebbe più utile agire su altri piani, per esempio tramite gli accordi bilaterali volti a permettere l'espiazione della pena nel paese di origine.

Ritiene che ritornare sul tema dell'amnistia e dell'indulto rischia di bloccare i lavori della Commissione concentrandosi su un provvedimento che, come già in passato, è destinato a rilevare la propria impraticabilità.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) osserva che l'onorevole Mormino non ha inteso compiutamente la sua posizione, poiché si era limitata ad evidenziare una incoerenza quasi tra la proposta di legge C. 2055, in materia di prescrizione e recidiva, peraltro già in sé schizofrenica, e le proposte in esame relative all'amnistia e all'indulto. Al contrario era stato l'onorevole La Russa a subordinare l'approvazione del provvedimento sulla concessione dell'amnistia e dell'indulto alla precedente approvazione della proposta di legge in materia di prescrizione e recidiva.

Gaetano PECORELLA, presidente, prendendo atto dell'orientamento emerso nel corso del dibattito appena svoltosi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il  seguito dell'esame alla seduta di mercoledì 20 aprile prossimo.

La seduta termina alle 15.50.



Dibattito in Assemblea

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 


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724.

 

Seduta di Giovedì 22 dicembre 2005

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

indi

DEI VICEPRESIDENTI

FABIO MUSSI

E ALFREDO BIONDI

 


(omissis)

 

Sull'ordine dei lavori (ore 17,32).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è sorta una questione di enorme rilevanza politica; non so se l'onorevole Giachetti sia presente in aula, ma informo l'Assemblea che egli ha trasmesso una richiesta di convocazione straordinaria della Camera, ai sensi degli articoli 62 della Costituzione e 29, comma 1, del regolamento, corredata dal prescritto numero di sottoscrizioni. Il quorum previsto è pari ad un terzo dei componenti della Camera. I presentatori chiedono la convocazione straordinaria di una seduta della Camera per il 28 dicembre 2005 finalizzata alla discussione ed approvazione di un testo che fissi modi e tempi per l'esame di un provvedimento di clemenza entro la legislatura in corso.

In relazione a tale iniziativa, faccio presente che, conformemente ai precedenti, la Presidenza provvederà a convocare sollecitamente la Conferenza dei presidenti di gruppo - che dichiaro di convocare, onorevole Elio Vito, per domani mattina alle 11,15 -, competente a determinare il calendario dei lavori della Camera per valutare tempi e modi con cui dare corso alla richiesta medesima; la convocazione della Camera costituisce, infatti, un atto doveroso a seguito dell'iniziativa assunta ai sensi dell'articolo 62 della Costituzione. Spetta comunque al Presidente il potere-dovere di convocare la Camera, fissando la data e l'ora della seduta e soprattutto determinando l'ordine del giorno secondo le procedure stabilite dal regolamento.

Ciò è conforme alla prassi attuativa della disposizione costituzionale e coerente con l'esigenza di contemperare l'esercizio di un diritto espressamente previsto dalla Costituzione con l'esigenza di non incidere sulle ordinarie procedure regolamentari in materia di formazione del calendario dei lavori e di fissazione dell'ordine del giorno.

La formazione dell'ordine del giorno della Camera non può, infatti, costituire esclusivo diritto di una minoranza, sia pure qualificata, ma compete in ogni caso alla Presidenza sulla base delle decisioni relative alla programmazione, assunte in seno alla Conferenza dei presidenti di gruppo. Per i precedenti, si vedano i recenti: 17 settembre 1979, seduta straordinaria del Senato; 12 marzo 1992, seduta straordinaria della Camera; 26 ottobre 1994, seduta straordinaria della Camera.

Dunque, domani mattina, alle 11,15, come gesto di cortesia non solo regolamentare ed istituzionale, ma anche personale nei confronti dell'iniziativa promossa dall'onorevole Giachetti e dagli altri firmatari della sottoscrizione, è convocata la Conferenza dei presidenti di gruppo, al primo piano.

(omissis)


 

 

 

 


 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 


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725.

 

Seduta di Venerdì 23 dicembre 2005

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

 

(omissis)


Sull'ordine dei lavori (ore 12,54).

PRESIDENTE. Con riferimento alla richiesta trasmessa dall'onorevole Giachetti di convocazione straordinaria della Camera ai sensi degli articoli 62 della Costituzione e 29, comma 1, del regolamento, corredata dal prescritto numero di sottoscrizioni (un terzo dei componenti della Camera, finalizzata alla «discussione e approvazione di un testo che fissi modi e tempi per l'esame di un provvedimento di clemenza entro la legislatura in corso», a seguito della Conferenza dei presidenti di gruppo ho convocato la Camera per martedì 27 dicembre, alle 9,30, con all'ordine del giorno «Comunicazioni del Presidente», al fine di svolgere un dibattito che consenta ai rappresentanti dei gruppi ed ai 205 deputati sottoscrittori di esprimere in via definitiva il proprio orientamento sull'argomento.

La Conferenza dei presidenti di gruppo ha altresì stabilito che il ministro della giustizia renderà le comunicazioni in materia di giustizia, previste dalla legge 25 luglio 2005, n. 150 - Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico, nella mattinata di mercoledì 18 gennaio 2006.

(omissis)


 

 

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 


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726.

 

Seduta di Martedì 27 dicembre 2005

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

indi

DEL VICEPRESIDENTE

ALFREDO BIONDI


(omissis)

Sull'ordine dei lavori (ore 9,37).

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Presidente, vorrei informarla che diversi colleghi non sono riusciti ad arrivare a causa del maltempo e della neve ed alcuni di essi sono bloccati in diversi aeroporti del nord. Tra questi c'è il nostro capogruppo, l'onorevole Castagnetti, che sta arrivando in treno e si trova attualmente a Firenze.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Lusetti. Onorevoli colleghi, possiamo aggiornare la seduta di mezz'ora come gesto di cortesia nei confronti dei colleghi ritardatari, anche se devo sottolineare il fatto che molti colleghi sono presenti.

SALVATORE ADDUCE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE ADDUCE. Signor Presidente, le chiedo scusa, ma debbo rappresentare un problema che penso riguardi tutti i membri di questa Camera. Lei ha ritenuto di rispondere ad una nostra richiesta, ai sensi dell'articolo 62, secondo comma, della Costituzione, relativa ad una convocazione straordinaria della Camera dei deputati e lo ha fatto utilizzando le sue prerogative. Io personalmente non capisco per quale motivo lei oggi abbia voluto convocare l'Assemblea alle 9,30, dopo un giorno festivo, cosa che non è mai accaduta in questi anni. Penso che non ci sia una spiegazione, che in ogni caso non desidero: ciò è assolutamente inconcepibile e ai limiti del rispetto e della buona educazione nei confronti dei suoi colleghi, perché la convocazione alle 9,30 non ha consentito a gran parte di noi di essere presenti. Diversamente sarebbe stato sufficiente convocare l'Assemblea per mezzogiorno, evitando così questa scostumatezza, che non è degna del ruolo che lei ricopre (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Onorevole Adduce, la invito a concludere.

SALVATORE ADDUCE. Mi consenta di concludere. Questa è la «ciliegina sulla torta» di un comportamento del Presidente della Camera, in questi mesi assolutamente non affidabile e non rispondente al ruolo super partes quale egli dovrebbe avere. In questo senso credo che lei stia arrecando un'offesa alla questione che è l'oggetto della nostra richiesta di convocazione della Camera, e cioè il problema di decine di migliaia di detenuti, che vivono in condizioni ignobili nelle carceri. Lei deve assumersi interamente le sue responsabilità. Le sto presentando una protesta formale, perché aver convocato la seduta alle 9,30, non consentendo ai colleghi di essere presenti, è una cosa vergognosa (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Adduce, credo che sia molto più vergognoso ritenere un attentato a qualcuno aver convocato la Camera per le 9,30 ed avere questa sua opinione, dato che solitamente la gente va a lavorare al mattino. Non so se lei sia in sintonia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, e dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU).

SALVATORE ADDUCE. Io sono qua.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, è noto a ciascun deputato presente che nel corso di questa seduta non verrà votato alcun documento, nè alcuna proposta di legge o alcuna risoluzione.

Essendo, quindi, solo un dibattito - mi chiedo ancora perché, nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, non si sia scelto un percorso diverso, badando magari più alla sostanza, al di là della nostra contrarietà, che non allo spettacolo - ritengo che la seduta debba iniziare subito, anche per rispetto nei confronti dei colleghi che sono presenti in aula. Se si vuole fare una verifica dei 207 firmatari della richiesta, ora in gran parte assenti, la si può fare verso le 12, l'ora giusta perché tutti possano arrivare, ma intanto sono dell'avviso di iniziare.

Comunicazioni del Presidente in ordine alla richiesta formulata ai sensi dell'articolo 62, secondo comma, della Costituzione (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca Comunicazioni del Presidente in ordine alla richiesta...(Commenti).

Onorevoli colleghi, vi prego di ascoltare. Onorevole Adduce, prego anche lei di ascoltare; le sarei molto grato personalmente...

SALVATORE ADDUCE. Sono venuto apposta!

PRESIDENTE. ...poiché ritengo molto importanti le critiche che lei mi rivolge, ma spero che lei ritenga altrettanto importante ciò che dico.

Come stavo dicendo, l'ordine del giorno reca Comunicazioni del Presidente in ordine alla richiesta formulata ai sensi dell'articolo 62, secondo comma, della Costituzione.

L'odierna seduta è stata, infatti, convocata a seguito della richiesta, trasmessa il 22 dicembre scorso dall'onorevole Giachetti, di convocazione in via straordinaria della Camera, ai sensi dell'articolo 62, secondo comma, della Costituzione, e 29, comma 1, del regolamento, sottoscritta dal prescritto numero di deputati (un terzo dei componenti della Camera) e finalizzata alla «discussione e approvazione di un testo che fissi modi e tempi per l'esame di un provvedimento di clemenza entro la legislatura in corso».

A seguito di tale iniziativa, secondo la consolidata prassi attuativa della ricordata disposizione costituzionale, ho convocato lo scorso 23 dicembre la Conferenza dei  presidenti di gruppo, competente a determinare il calendario dei lavori della Camera, per valutare i tempi e i modi con cui dare corso alla richiesta (come precisato dalla Presidenza della Camera, in analoga circostanza, nella seduta del 12 marzo 1992, la formulazione dell'ordine del giorno non costituisce, infatti, diritto esclusivo di una minoranza, sia pure qualificata, ma compete in ogni caso alla Conferenza dei presidenti di gruppo ed al Presidente).

In quella sede ho prospettato un'alternativa tra due possibili itinerari procedurali. Ove si fosse registrato un ampio consenso circa la necessità di un sollecito esame in Assemblea del provvedimento sulla base delle conclusioni della Commissione, la Camera avrebbe potuto essere direttamente convocata alla ripresa dei lavori nel mese di gennaio per la discussione del progetto di legge; in questo modo, si sarebbe potuta dare, sul piano sostanziale, piena soddisfazione alle finalità alla base dell'iniziativa.

In caso contrario, si sarebbe proceduto - come è poi avvenuto, in conformità, del resto, a precedenti analoghe circostanze - alla convocazione straordinaria della Camera, al fine di consentire lo svolgimento di un dibattito sulla questione secondo la richiesta formulata.

In esito alla riunione della Conferenza di presidenti di gruppo, essendo state espresse posizioni diversificate sull'opportunità della trattazione o meno dell'argomento, come anche sulle modalità ed i tempi per il relativo esame, ho ritenuto di convocare la Camera per la giornata di oggi con all'ordine del giorno «Comunicazioni del Presidente», nell'orario abituale, al fine di svolgere un dibattito che consenta ai rappresentanti dei gruppi ed ai sottoscrittori della richiesta di manifestare in via definitiva il proprio orientamento in materia.

Per quanto riguarda la data, avevo prospettato nella Conferenza dei presidenti di gruppo l'eventualità - vi sono i verbali - di fissare questa seduta a gennaio, alla ripresa dei lavori parlamentari, per consentire, nel frattempo, alla Commissione competente di riunirsi in sede referente per fornire i necessari elementi di valutazione. Può testimoniarlo autorevolmente il presidente Pecorella, che fu da me avvertito telefonicamente, nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo, e che mi aveva anche dato la sua disponibilità a lavorare in sede di Commissione.

A fronte tuttavia della insistenza dei sottoscrittori della richiesta, e in mancanza, come detto, di un largo consenso su una ipotesi procedurale determinata, ho convocato la Camera il primo giorno utile per lo svolgimento del dibattito richiesto.

A questo fine, riassumo i termini della questione.

Ricordo, innanzitutto, che l'esame dei progetti di legge in materia di amnistia ed indulto, onorevole Buemi a proposito di quanto ci dicevamo, è in corso presso la Commissione giustizia. Il testo unificato adottato dalla Commissione, anche come risultante dagli emendamenti approvati nel gennaio 2003, ha per oggetto esclusivamente la concessione dell'indulto. Il 14 dicembre scorso la Commissione ha deliberato di dar mandato al relatore di verificare presso i gruppi la sussistenza delle condizioni politiche necessarie per riprendere l'esame del provvedimento dopo una lunga pausa che dura dal 2003.

Per quanto riguarda l'eventuale esame in Assemblea, richiamo quanto previsto dall'articolo 79, primo comma, della Costituzione, il quale prevede, cito testualmente: « L'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale». Si tratta inoltre di materia, come tutti sanno, assoggettabile a voto segreto, secondo il regolamento della Camera, e pertanto contingentabile, ma solo a partire dal secondo calendario.

A quest'ultimo proposito non ho bisogno di ricordare che l'eventuale esame in Assemblea del provvedimento, almeno stando al quadro delle scadenze che è stato prospettato, non potrebbe che svolgersi a ridosso dello scioglimento delle  Camere, evidenziandosi quindi la necessità di perfezionare l'iter legislativo in tempi estremamente ristretti.

Naturalmente dico questo, salvo che non si manifesti da parte dei gruppi parlamentari un orientamento unanime, perché in quel caso il discorso che sto facendo in questo momento diventa inutile; infatti, se il provvedimento nel primo calendario non può essere contingentato, basta fissarlo il 10 gennaio e, presumibilmente, se c'è un orientamento unanime, l'11 gennaio può essere approvato.

Ho voluto ricordare i termini oggettivi entro i quali si colloca l'eventuale esame in assemblea del provvedimento, per sottolineare la particolare responsabilità che in tali condizioni grava sui gruppi e in generale sui membri della Camera, vista l'estrema delicatezza della questione, che coinvolge in modo diretto migliaia di situazioni personali facenti capo ai detenuti e loro familiari.

Di qui la necessità che il dibattito si svolga in modo serio e costruttivo, al di là di ogni strumentalizzazione, con quella sobrietà e quel rigore, negli accenti e nei comportamenti, che devono contraddistinguere la trattazione di argomenti di tale rilevanza.

Per quanto riguarda lo svolgimento della seduta, trattandosi sostanzialmente di un dibattito sull'ordine dei lavori, darò la parola, oltre che al primo firmatario della richiesta, onorevole Giachetti (che nella Conferenza dei presidenti di gruppo ha sottolineato correttamente - gliene devo dare atto - che non intendeva rappresentare i sottoscrittori ma parlava a titolo personale), ad un rappresentante per ciascun gruppo e componente politica del gruppo Misto per 10 minuti. Darò altresì la parola ad altri sottoscrittori che ne faranno richiesta, riservandomi di stabilire il tempo anche in relazione al numero delle iscrizioni a parlare.

Onorevoli colleghi, evidentemente, a me spettava non di entrare nel merito, ma di riepilogare il quadro tecnico regolamentare in cui si colloca la discussione.

Prego, onorevole Giachetti, ha facoltà di parlare.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, comprendo che dal punto di vista formale non spettava a lei offrirci una valutazione sul merito delle vicende di cui oggi ci occupiamo.

Lei, signor Presidente, non ci ha risparmiato la sua opinione - e ne sono stato lieto - in altre occasioni, quando si discuteva di altre questioni, magari fuori da quest'aula. Oggi, mi sarei aspettato che avesse colto l'occasione anche per dare valore ad una scelta che tutti insieme abbiamo voluto compiere; mi sarei aspettato che magari due parole in più sul merito avesse avuto l'urgenza e anche l'interesse di dirle a noi tutti, che siamo qui per discutere insieme e anche per formare decisioni da parte della Camera.

Signor Presidente, non credo che oggi quest'aula sia vuota, sorda e grigia, come qualcuno ha voluto descriverla; tornerò sull'argomento a conclusione del mio intervento, che sarà breve. Credo che oggi - e lo dico ringraziando tutti coloro che hanno sottoscritto la richiesta di convocazione straordinaria ed anche tutti coloro (ve ne sono) che non l'hanno sottoscritta, ma che hanno voluto comunque essere presenti - al di là di come la notizia è apparsa sui giornali, si scriva una pagina bella ed importante di questo nostro Parlamento. Ciò esattamente per le ragioni che lei, signor Presidente, evidenziava e che credo siano alla base delle 209 diverse volontà che hanno voluto fare in modo che oggi ci riunissimo, ossia perché si interrompesse il balletto di dichiarazioni, di affermazioni, di contraddizioni che si è sviluppato per settimane e, purtroppo, per anni sulle pagine dei giornali, sulle televisioni, in ogni ambito, tranne che in quello naturale, e mi riferisco al Parlamento.

Signor Presidente, a dispetto di una sua visione un po' pessimistica (la comprendo, perché conosce meglio di me i lavori parlamentari) sui tempi e sulle possibilità di approvare un provvedimento di clemenza in questa Assemblea e, magari, anche al Senato, è stato chiesto che immediatamente, ancorché nel pieno delle feste natalizie, vi fosse una presa di posizione  formale dei partiti in Parlamento e dei gruppi nell'aula di Montecitorio riguardo alle proprie intenzioni. Peraltro, i giornali sono l'unico strumento disponibile con il quale possiamo misurarci, atteso che non c'è decisione parlamentare al riguardo, salvo alcune verifiche svolte in Commissione giustizia che, a mio avviso, non esauriscono il tema (signor Presidente, tornerò anche su questo argomento), e in questa sede non abbiamo avuto la possibilità di conoscere la volontà non soltanto dei gruppi, ma anche dei singoli deputati.

Signor Presidente, onorevoli colleghi - mi rivolgo a tutti, facendo un invito pacato alla riflessione anche rispetto alle posizioni che effettivamente si rappresentano nel dibattito in corso - se dobbiamo procedere con il voto segreto, c'è il presupposto della libertà di coscienza. Ed io - forse perché sono abituato a sperare sempre in positivo e per il meglio - sono convinto che, se riuscissimo nella grande impresa di arrivare a votare in Assemblea (non in Commissione a voto palese, in base agli schieramenti ed alle decisioni di un certo numero di deputati), tutti insieme, a scrutinio segreto la proposta di amnistia e la proposta di indulto, non escludo che qualche sorpresa l'avremmo.

Leggendo in questi giorni sui giornali le dichiarazioni e anche le prese di posizione, vediamo che, in effetti, vi è una situazione tale per cui difficilmente noi possiamo oggi rappresentare semplicemente posizioni blindate ed univoche dei gruppi.

Signor Presidente, concludo, perché so che il tempo è limitato e ci tengo ad ascoltare le altre voci di coloro che hanno firmato questo documento. Vorrei semplicemente dirle che coloro che sono qui, coloro che non ci sono, perché magari hanno avuto dei problemi, e coloro che sapevo non sarebbero potuti essere presenti, hanno voluto consentire a me, a lei, a noi tutti di scrivere una pagina positiva.

Mi sarebbe piaciuto che il Presidente, anche nelle dichiarazioni rese nei giorni scorsi, avesse valorizzato la positività di questo evento. Non è utile e necessario ricordare che ci sono 150 parlamentari, anziché 200 (che comunque non sarebbero mai la maggioranza, signor Presidente, bensì un terzo, come lei ha ricordato), ma affermare come ciò sia qualcosa di positivo che ha la forza, anche perché rappresenta una trasversalità totale nell'ambito di quest'Assemblea (ad eccezione dei colleghi della Lega), di una volontà che probabilmente va oltre le posizioni stabilite e prestabilite dai diversi gruppi.

Concludo, signor Presidente, osservando che, a dire il vero, ho partecipato alla Conferenza dei presidenti di gruppo e ho avuto modo di ringraziarla per le tre diverse cortesie che lei ha voluto rivolgermi, istituzionale, costituzionale e personale. Tuttavia, signor Presidente, la sua risposta a proposito della convocazione è stata: il Presidente della Camera sono io e convoco quando dico io.

Mi permetto di dirle - dal momento che lei sa perfettamente, signor Presidente, che, a differenza di altre voci, non solo l'ho difesa, ed è poca cosa perché certo non ha bisogno delle mie difese, ma ho sempre apprezzato il suo operato - che per la prima volta - mi spiace che accada a fine legislatura - lei ha utilizzato le sue prerogative, lei ha applicato il regolamento, ma convocando la seduta questa mattina alle 9,30, quando il martedì alle 9,30 la Camera non viene convocata da tre anni, ha commesso un grave errore, e francamente se lo poteva risparmiare (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel pugno e Misto-Verdi-l'Unione - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Finirà che questa convocazione l'ho voluta io...

Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.

ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, noi Verdi abbiamo insistito fin dall'inizio di questa legislatura per l'adozione di provvedimenti di clemenza, di amnistia e di indulto, e riteniamo quindi che il dibattito di oggi non debba essere una sorta di pietra tombale sull'amnistia e sull'indulto. Questa, infatti, è  la nostra preoccupazione, per le posizioni, che definirei propagandistiche, che soprattutto il ministro della giustizia ha inteso assumere in questi giorni, rispondendo a un dibattito molto ampio, nel quale si chiede un provvedimento di clemenza, con l'arroganza di chi annuncia, guarda caso in questo momento: costruiremo altre carceri.

Dunque, la risposta a tali temi, a quello che in quest'aula fu anche l'appello del Pontefice, a un dibattito largo, che coinvolge tante parti della società civile e politica e dell'associazionismo di questo paese, è stata: più carceri. Una risposta pesante, brutta, soprattutto da parte di un esponente di un Governo che ha promosso molte leggi sulla giustizia e molte leggi per risolvere situazioni specifiche e che si è molto occupato dei problemi giudiziari dei potenti e dei prepotenti, e che mostra invece il pugno del ministro della giustizia contro i più deboli, contro le situazioni più difficili, contro le situazioni più precarie, contro un provvedimento di clemenza previsto dall'ordinamento costituzionale.

Rivolgiamo dunque un appello affinché questa sia una discussione franca, nella quale si risponda al dibattito aperto sull'amnistia e sull'indulto, che certamente riguarda anche il problema del sovraffollamento carcerario e delle condizioni delle carceri. Tale problema non si risolve pensando di ricorrere a nuovi appalti e di promuovere un'altra politica di opere pubbliche sulla costruzione delle carceri, che peraltro in Italia ha sempre creato problemi vari, su cui sono caduti diversi ministri nel passato lontano.

Chiediamo dunque un dibattito chiaro, e soprattutto ricordiamo che i deputati Verdi hanno presentato fin dall'inizio della legislatura, attraverso l'onorevole Boato e l'onorevole Cento, ben due proposte, per chiedere quanto meno la modifica dell'articolo 79 della Costituzione che, prevedendo i due terzi dei componenti delle Camere per approvare provvedimenti di amnistia e indulto, ha impedito di fatto al Parlamento da oltre dieci anni, dopo l'introduzione di tale norma, di approvare qualsiasi provvedimento di clemenza. Gli oltre 40 provvedimenti di clemenza adottati negli anni precedenti la modifica erano considerati da alcuni un po' troppi, ma il fatto che dal 1992 in poi tali provvedimenti siano scomparsi dovrebbe portare il Parlamento - trattandosi di una modifica costituzionale, ci auguriamo che ciò accada nella prossima legislatura - a ritornare su tale norma. Abbiamo proposto di introdurre la maggioranza assoluta dei componenti, che, badate, è già la maggioranza che in questo paese serve a modificare la Costituzione: paradossalmente, per l'amnistia e l'indulto c'è infatti bisogno della maggioranza di due terzi dei componenti, dunque superiore alla maggioranza necessaria per modificare la Costituzione. Di fatto si è finito per abrogare l'amnistia e l'indulto.

Noi, fin dall'inizio, abbiamo posto questo tema. Credo che la maggiore responsabilità da imputare a questa Assemblea consista nel fatto di non essere stata neanche capace di trovare un modo per migliorare le procedure di approvazione delle leggi sull'amnistia e sull'indulto, nonostante il dibattito costituzionale, che, in modo sgangherato, ha portato ad una modifica - da noi considerata aberrante - della seconda parte della Costituzione italiana.

Noi chiediamo a tutti i nostri alleati della coalizione di centrosinistra - che speriamo diventi la coalizione di Governo del paese -, e anche agli altri colleghi dell'opposizione, di lanciare quanto meno un messaggio chiaro, teso alla modifica della parte della Costituzione che, di fatto, ha cancellato i provvedimenti di amnistia e di indulto. Almeno questo! E lo chiediamo anche a coloro che oggi, sulla stampa, risulterebbero contrari ad un provvedimento di amnistia. Almeno questa sarebbe una eredità importante che possiamo lasciare al nuovo Parlamento repubblicano!

Sul provvedimento specifico, chiediamo a questo Parlamento uno scatto di generosità e chiediamo alle forze politiche, che si sono dichiarate già più volte contrarie ai provvedimenti di amnistia e di indulto, di evitare di fare propaganda elettorale sostenendo  «più carcere per tutti», un tema sbagliato, scandaloso e retrivo, che, per quanto ci riguarda, costituisce un brutto modo di utilizzare queste scadenze.

Inoltre, dobbiamo evitare di alimentare illusioni per i detenuti - diceva bene il Presidente - , migliaia e migliaia di persone, con le loro famiglie, che in questi anni hanno perso ogni fiducia nel dibattito istituzionale, considerato che l'Assemblea prima applaudiva in modo pressoché unanime gli appelli autorevolmente rivolti qui per provvedimenti di clemenza e poi, qualche settimana dopo, sostanzialmente affossava qualunque possibile provvedimento di amnistia e di indulto. Si è arrivati, invece, ad una sorta di indultino, che è stato assolutamente inadeguato e insufficiente (quasi una presa in giro), come temevamo e come abbiamo detto più volte.

Sono queste le ragioni della nostra richiesta, sobria - in questo caso sì -, ma sentita, a tutte le forze politiche. Oggi abbiamo solo due strade da percorrere: ottenere - credo che questo sia difficile, però - che il Presidente e i capigruppo calendarizzino l'esame immediato del provvedimento in Assemblea (già da domani o da dopodomani), per poi arrivare al contingentamento nel mese di gennaio; oppure raggiungere davvero una larga convergenza in questo Parlamento, che ci permetta, nel mese di gennaio, l'unico mese che è rimasto, di chiudere questa legislatura - fatta di tante leggi ad personam, di tante leggi a favore di potenti e prepotenti - con un atto di clemenza a favore dei più deboli e dei più indifesi del paese.

Auspichiamo che voi abbiate questo scatto di orgoglio, di civiltà e di generosità (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Armando Cossutta. Ne ha facoltà.

ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, colleghi, considero sinceramente molto importante e positiva l'iniziativa, che ho condiviso e sottoscritto, dei colleghi parlamentari che hanno permesso la convocazione di questa seduta straordinaria. Dico così perché ogni volta che il Parlamento della Repubblica si riunisce per discutere, per votare su temi che hanno a che vedere con i drammi sociali del nostro paese, adempiamo al primo e al più solenne dei nostri compiti: occuparsi della politica nel senso più nobile, che si riferisce alle grandi contraddizioni sociali di questa nostra epoca.

E vengo al merito, signor Presidente. La certezza della pena è un elemento determinante della capacità di amministrare la giustizia.

Tuttavia, le modalità con cui essa viene esercitata non possono lasciarci indifferenti. La Costituzione, figlia della pagina più bella della storia del nostro paese, la Resistenza, prevede la pena come elemento repressivo, ma nel quadro di una rieducazione complessiva del detenuto. Il nostro ordinamento giuridico e prima ancora la nostra coscienza civile, ci impongono il rispetto delle condizioni dei detenuti. Il panorama delle nostre carceri, cari colleghi, non è certo confortante. Anzi, non è affatto soddisfacente. Basta leggere i dati che le organizzazioni che lavorano nelle carceri mettono a nostra disposizione. Oggi il detenuto numero uno è il disagio sociale. La detenzione riguarda infatti i più marginali, una massa di senza diritti, sui quali la pena risulta come pietra tombale per il loro inserimento: sovraffollamento, condizioni drammatiche in molti dei nostri istituti di pena, difficoltà a curarsi per chi è affetto da patologie anche gravi, inadeguatezza del regime carcerario per la grave mancanza di personale qualificato, incapacità di realizzare un concreto reinserimento dei detenuti e intollerabili prevaricazioni ed abusi nei confronti dei più deboli e dei soli.

Tutto questo rende il quadro indegno di un paese civile. Le condizioni generali dell'edilizia e della densità carceraria sono molto al di sotto del limite minimo di decenza. Il grado disumano di sovraffollamento determina condizioni di detenzione  che nulla hanno a che vedere con il percorso di umanizzazione, e ancora meno con quello rieducativo. Le condizioni detentive si rivelano spesso, dunque, gravemente lesive dei diritti individuali e della dignità degli esseri umani e certificano l'inadeguatezza del lavoro, che pure tanti operatori socio-sanitari svolgono, in condizioni di assoluta difficoltà, e ad essi va il mio personale plauso, ma la politica non può delegare agli addetti ai lavori, con un erroneo concetto di sussidiarietà, le strategie del reinserimento sociale, le politiche per la riduzione del crimine e il disegno strategico della politica della giustizia.

Un provvedimento di amnistia è giusto e prima ancora necessario e non è ulteriormente rinviabile, proprio per la popolazione carceraria più disagiata. In linea di principio, perché la forza di una democrazia si vede anche dalla sua capacità di prevedere la clemenza tra le attitudini del suo governare. In linea di fatto, perché le carceri patiscono un sovraffollamento ormai non più sopportabile; questo anche perché alcuni reati, il cui impatto sociale è minimo, non vengono depennati. Si pensi in primo luogo a quei reati che sono l'espressione concreta tipica delle lotte sociali o anche a quelli che si sono aggiunti in virtù di un legiferare repressivo di una maggioranza che sforna leggi inutili, palesemente incostituzionali e intrise di cultura repressiva, proprio per nascondere le leggi ad personam per gli imputati eccellenti.

Legislazione di premio, premiale, da un lato; legislazione di emergenza dall'altro. La giustizia, che è sempre il risultato della natura dello Stato, risulta oggi in tutta evidenza una giustizia, lasciatemi dire, di classe. Un provvedimento di amnistia è quindi giusto e necessario. Si capisce, ma non è superfluo specificarlo, che non considero affatto amnistiabili i reati di mafia, di associazione a delinquere, di corruzione e di concussione, che anzi vanno perseguiti con maggiore efficacia, ma un provvedimento di amnistia è giusto e necessario. Serve a restituire speranza ai detenuti, dignità politica alla nostra legislatura e rappresenta anche l'occasione per riprendere a riflettere sul nostro impianto giuridico, sulla sua adeguatezza o meno alla struttura sociale e culturale del nostro paese.

Serve a dimostrare che un sistema, quando è sano, è in grado di porre correttivi alle sue strutture, sa adeguarsi al mutare delle condizioni nelle quali le leggi vengono promulgate, sa insomma governare prima che comandare, sa sconfiggere l'indifferenza e riportare sul tavolo dell'agenda politica le contraddizioni e i conflitti che fanno della democrazia un sistema aperto, permeabile alle istanze sociali e politiche, duttile nei confronti dell'applicazione delle norme, vigile contro gli abusi e contrario ad una lettura di classe punitiva e non interpretativa della devianza sociale. Se si vuole ipotizzare una società che non preveda solo la pena ma anche la giustizia, occorre dare dei segnali politici chiari, e quello di un'amnistia va in questa direzione.

Onorevoli colleghi, non c'è alcun bisogno di un eccesso di forza contro i più deboli. Semmai, si deve avere il coraggio di affrontare l'emergenza carceri con lungimiranza e con un atteggiamento culturale teso alla ricerca di una soluzione politica, senza calcoli elettorali ed opportunismi di maniera, con la consapevolezza che un provvedimento di clemenza, lungi dall'esprimere debolezza, spiega più di mille parole la capacità del sistema politico di cogliere l'esigenza sociale come parte del suo legiferare e come elemento importante del suo sistema di valori.

Per tali motivi, onorevole Presidente, onorevoli colleghi, mi attendo che questo Parlamento, in primo luogo la Camera dei deputati, recuperi il suo impegno e la sua sacralità di fronte ai detenuti e, ancor prima, di fronte alla giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Verdi-l'Unione e di deputati di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, oggi siamo riuniti in una seduta straordinaria e non capita spesso che questo avvenga. Siamo arrivati a questa convocazione sulla base di un elevatissimo numero di deputati che hanno firmato la mozione promossa dall'onorevole Giachetti, coadiuvato dall'onorevole Buemi e da tanti altri, al fine di affrontare un'importante questione di carattere civile e sociale, cioè l'amnistia. Voglio sottolineare che, nonostante tutte le difficoltà, questa mattina sono presenti in aula più di cento deputati e che brilla per la sua assenza il ministro della giustizia, che, immagino, preferisce la Padania al Parlamento della Repubblica. È evidente a tutti noi che sull'amnistia è da tempo aperto un confronto che ha investito l'opinione pubblica, le più importanti autorità religiose, esponenti politici e istituzionali di rilievo. Non è, quindi, un tema nuovo, né è stato sollevato all'ultimo momento nella parte finale della nostra legislatura. Ricordo a tutti gli onorevoli colleghi e alle colleghe che, durante la sua vita visita a Montecitorio, Giovanni Paolo II invocò l'adozione di un provvedimento di clemenza, ottenendo un corale consenso da parte di tutti i parlamentari che allora affollavano l'aula. Da allora in poi si è spesso ricordata la visita del Papa - lei, signor Presidente della Camera, l'ha fatto con l'apposizione di una targa nelle mura di Montecitorio -, ma non è stato assunto alcun atto concreto per trasformare quel solenne impegno, preso con un grande applauso e venuto da tutte le parti del nostro emiciclo. Negli ultimi tempi si è voluto tante volte esaltare il valore dell'orientamento della Chiesa in molte materie, persino sul modo in cui avrebbero dovuto votare le elettrici e gli elettori nello scorso referendum di giugno, che spesso esulavano dai compiti di un magistero di carattere strettamente religioso.

Continuiamo certo a pensare che vi sia un'autonomia dello Stato - che è per definizione laico - e che l'amnistia - com'è evidente - non possa essere concessa dal Papa in Italia, in quanto la scelta dell'amnistia rientra nei poteri sovrani del nostro Parlamento.

La nostra richiesta non nasce quindi da una meccanica adesione a quanto ci chiese accoratamente Giovanni Paolo II. Siamo infatti convinti che l'amnistia risponda ad esigenze molto diffuse, volte a rimettere in carreggiata i meccanismi giudiziari del nostro paese.

Dobbiamo prendere atto amaramente che in Italia sono pendenti da anni milioni di piccoli processi; in generale, i processi civili e penali pendenti sono 8 milioni e 300 mila ed in media, ogni anno, 160 mila di questi processi vengono annullati per le prescrizioni. Sarebbe stato meglio, anzi sarebbe stato giusto, che questi processi fossero celebrati in tempo.

Non ci sfugge che una sorta di amnistia di classe è già avvenuta o sta avvenendo. Come ricordavo un istante fa, si tratta della gran parte delle prescrizioni ottenute attraverso i più sofisticati cavilli da parte di valenti avvocati, le cui parcelle elevate possono essere pagate solo dai ricchi. Non è infatti un caso che le nostre carceri siano sovraffollate quasi esclusivamente da poveri, da immigrati, da tossicodipendenti.

Le prescrizioni, come amnistia di classe, corrispondono ad una giustizia di classe ed è del tutto evidente che l'amnistia non possa risolvere alla radice la crisi della giustizia; per realizzare ciò occorre una vera riforma, che consenta di svolgere processi rapidi e con tutte le garanzie che spettano a qualsiasi cittadino e a qualsiasi cittadina. E, in Italia, siamo ben lontani da una giustizia giusta!

Siamo garantisti per amore della giustizia, quella vera, che si celebra nelle aule giudiziarie con tutte le garanzie spettanti ai cittadini che, prima della sentenza definitiva, devono poter godere della presunzione di innocenza da parte di magistrati che siano realmente indipendenti, al riparo dalle interferenze del potere esecutivo e lontani dai giochi della politica.

Solo così si possono perseguire severamente i reati, punire con tempestività i colpevoli e dissuadere chi avesse la tentazione di violare la legge dal mettersi su  questa strada. In un paese nel quale l'illegalità è diffusa, a cominciare dall'evasione fiscale e dal lavoro nero, le classi dirigenti devono fornire un esempio di correttezza, di senso dello Stato e di moralità pubblica; questa è la lezione che abbiamo appreso dalle vicende dolorose e drammatiche del passato, che hanno portato al tracollo del vecchio sistema politico.

Non siamo quindi fautori di una sorta di indulgenza nei confronti di chicchessia - che sia potente o meno -, ma di una giustizia giusta e rapida, che sia affidata a giudici altrettanto giusti e tempestivi nel perseguire i reati, attenendosi scrupolosamente alle regole.

Non è infatti giustizia quella che emette condanne dopo che sia trascorso un tempo assai lungo, magari più di dieci anni, nel quale tutto può essere cambiato, nei sentimenti delle vittime come nella condotta dei presunti colpevoli. Del resto, la prescrizione nella civiltà giuridica aveva proprio questo significato: considerare che la pena non può arrivare dopo che sia trascorso un periodo troppo esteso. E questo sovraccarico della giustizia penale, per non parlare di quella civile, è dovuto non solo ad un cattivo funzionamento dei nostri meccanismi istituzionali, ma anche al fatto che si rincorre inutilmente il mito dell'obbligatorietà dell'azione penale, la scelta dei reati da perseguire, fatta di volta in volta in modo quasi casuale, senza tener conto rigorosamente delle emergenze del paese.

Chi si oppone all'amnistia in nome della necessità di colpire i colpevoli per tutta l'eternità non si rende affatto conto di quale sia lo stato della giustizia italiana, né di quello nel quale si trovano le nostre carceri; insistere definitivamente per cercare di fare giustizia per reati che ormai appartengono ad un passato remoto significa, di fatto, impedire di perseguire con efficacia e tempestività i reati che oggi vengono commessi, salvo il caso di quelli che godono di un trattamento particolare per la loro rilevanza nell'opinione pubblica nazionale.

Per questo motivo, colleghi deputati, l'amnistia, al contrario di quanto dicono in molti (senza rendersi bene conto di ciò che dicono), non indebolisce, ma risponde meglio alle esigenze di sicurezza espresse dall'opinione pubblica.

Come avete potuto ascoltare in questi mesi ed anche stamattina, le principali argomentazioni mie e di tanti altri a favore della concessione dell'amnistia non sono state ricondotte al principio cristiano del perdono. Non ho, infatti, voluto confondere motivazioni etiche, che appartengono ad una specifica visione del mondo, con gli interessi generali della società e dello Stato. Non per questo sottovaluto che, alla base delle tante, numerose adesioni che ha raccolto la proposta avanzata con coraggio civile e politico da Marco Pannella, vi sia anche questo tipo di elevate motivazioni; e non trascuro neppure che, nella tradizione liberale illuminata ed in quella socialista umanitaria, vi sono argomenti validi che spingono sovente alla clemenza. Ciò che può spingere cittadine e cittadini a guardare con favore all'amnistia riguarda solo e soltanto le coscienze individuali: allo Stato spetta il compito di misurare l'opportunità politica di adottare una misura del genere, così impegnativa e così importante.

Noi deputati de La Rosa nel Pugno riteniamo che l'amnistia, da qualsiasi punto di vista si parta per chiederla, corrisponda, oggi, all'interesse generale. Noi chiediamo l'amnistia per amore di giustizia, non certo per uno spirito di tolleranza nei confronti della criminalità, piccola o grande che sia. La giustizia tempestiva e rapida è solitamente efficace e giusta; la giustizia tardiva e lenta è spesso inefficace ed ingiusta.

Si tratta, quindi, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, non soltanto di discutere se concedere o meno l'amnistia - cosa che ritengo urgente e necessaria per il bene del nostro paese -, ma di valutare quali debbano essere l'entità e l'ampiezza di un provvedimento del genere. E deve spettare al libero convincimento delle Camere affrontare nel merito, e rapidamente, la questione dell'amnistia: tutto dobbiamo fare, onorevoli colleghi, meno che evitare di affrontare un tema che è, o dovrebbe  essere, presente nella coscienza civile e politica di tutti. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, colleghi tutti, il gruppo di Rifondazione comunista ritiene estremamente importante che, dopo anni, finalmente si possa parlare e discutere di amnistia e di indulto, speriamo con ragionevolezza, come è stato fatto finora, nell'aula dove si prendono le decisioni, dove ogni parlamentare ha il diritto ed il dovere di esprimere la propria opinione attraverso la parola ed attraverso il voto.

Del resto, non possiamo dimenticare che gli istituti dell'amnistia e dell'indulto sono espressamente previsti dalla nostra Costituzione e che oggi gli operatori del diritto, Polizia penitenziaria, i giuristi più autorevoli, ex presidenti della Corte costituzionale, la cultura universitaria, l'avvocatura associata riconoscono che un provvedimento di clemenza è necessario, urgente, indispensabile e non più procrastinabile per ripristinare una situazione di legalità nelle carceri ed una situazione di efficienza nel campo della giustizia penale.

Ecco perché auspico un dibattito sereno, una riflessione priva di scontri ideologici, una riflessione finalizzata a trovare una soluzione comune e condivisa, tesa a porre fine ad una situazione inaccettabile in un paese civile.

È in questo contesto che non posso non richiamare le parole del ministro Castelli, che, come è stato rilevato dall'onorevole Boselli, brilla per la sua assenza. È opportuno ricordare a tutti le parole che il ministro pronunciò nel settembre del 2002.

«La situazione penitenziaria italiana è critica: a fronte di una struttura carceraria per 41 mila posti, oggi, i detenuti sono 56.200.».

Dal 1990 in poi, aggiungeva il ministro, non sono state più concesse amnistie e questo ha portato ad un sovraffollamento dovuto anche alla chiusura di alcune strutture carcerarie. Il ministro ha indicato poi le sue soluzioni, ma abbiamo constatato e verifichiamo quotidianamente come queste siano state del tutto inefficaci per risolvere e razionalizzare il sistema. Per fare un esempio, egli ha dichiarato che, nel carcere di San Vittore, nel 2002, erano riusciti a ridurre da 2.200 a 1.400 il numero dei detenuti e che, per la fine di quell'anno sarebbero diminuiti ulteriormente non superando i mille detenuti.

Ho visitato San Vittore il giorno di Natale: i detenuti sono 1.500 e vivono in 6 in una cella prevista per una sola persona, con letti e cuccette che impediscono di aprire le finestre di quelle celle contornate da sbarre di ferro e da cui, oggi, si vuole impedire di far uscire, con un indulto ed un'amnistia, chi ha commesso reati non gravi. Infine, aggiungeva il ministro, «ricorreremo ai carceri in leasing, un'operazione che ci permetterà di costruire nuove strutture in tre, quattro anni, anziché nei dieci prima necessari.».

Non uno di questi impegni è stato mantenuto! Non una delle leggi approvate in questa legislatura è stata realizzata per rendere la nostra giustizia più civile, più umana, più efficiente, più garantista e più garantita, ma solo per favorire pochi imputati eccellenti.

E allora, partendo da questa situazione, abbiamo il dovere giuridico, politico e morale di ripristinare una situazione di legalità istituzionale. Abbiamo il dovere giuridico, morale e politico di creare quella vivibilità, quella umanità, quella civiltà che, oggi, è del tutto assente nelle nostre carceri. Abbiamo il dovere giuridico, politico e morale di creare le situazioni per una giustizia celere ed efficiente. E la premessa di tutto ciò, non lo dico io, ma i giuristi più autorevoli, la cultura universitaria, gli operatori di diritto, è l'approvazione di un provvedimento di amnistia e di indulto! Da parte nostra, lo abbiamo sempre dichiarato con forza, un simile provvedimento deve essere anche la  premessa, di una serie di riforme organiche tra cui quella della modifica del nostro sistema sanzionatorio tale da far uscire il nostro paese dalla logica per cui l'unica sanzione penale sia quella carceraria.

Vi sono altre sanzioni che è necessario prevedere nel nostro sistema penale, quali la detenzione domiciliare durante il week-end, le misure interdittive, i lavori socialmente utili, i lavori finalizzati al risarcimento del danno: sanzioni tali da rendere la pena certa e che non creano quella situazione di impunità che, spesso, è la premessa per la commissione di nuovi reati, ma che, nel contempo, non determinano neppure quel circuito infernale per cui una persona incensurata entra in carcere, che purtroppo è scuola di malavita con la conseguenza che quando ne esce è diventanto un delinquente.

Ebbene, rispetto alla situazione cui faceva riferimento il ministro Castelli nel 2002, la realtà è ulteriormente peggiorata. Oggi, abbiamo oltre 60 mila detenuti, di cui oltre 10 mila debbono scontare pene inferiori a un anno (il che significa, evidentemente, che sono stati condannati per reati di non grave allarme sociale) oltre 7 mila debbono scontare una pena non superiore a due anni; a questi detenuti vogliamo dare la speranza di libertà e la certezza di poter ripristinare una situazione di umanità, premessa per quel reinserimento necessario ed indispensabile per diminuire il numero dei reati e per garantire la sicurezza dei cittadini.

Da un recente studio, è emerso che, se un detenuto riesce a reinserirsi nella società attraverso le misure alternative al carcere, ha un tasso di recidiva del 3 per cento; se quel detenuto, così come avviene oggi, esce dopo aver scontato la pena senza avere compiuto quel graduale reinserimento sociale, ha un tasso di recidiva del 70 per cento.

Ecco perché diciamo fino in fondo che l'amnistia e l'indulto non sono un atto di buonismo istituzionale, ma di saggezza politica, oltre che di corretta applicazione di norme costituzionali.

Vorrei ricordare alcuni dati, aggiornati a pochi mesi fa. I detenuti sieropositivi all'HIV sono il 7,5 per cento, quelli positivi all'epatite C sono il 36 per cento. L'8 per cento è affetto da epatite B, mentre il 27 per cento rischia la tubercolosi. E, come se non bastasse, un detenuto su due manifesta disagio psichico; il consumo di psicofarmaci è enorme.

Per quanto riguarda le somme spese per il mantenimento in carcere dei tossicodipendenti, degli emarginati, dei più poveri, dei più deboli, di chi non ha commesso un reato di grave allarme sociale (in carcere oggi solo il 12 per cento della popolazione carceraria è detenuta per fatti di criminalità organizzata o per reati di sangue), gli oltre tre miliardi di euro spesi negli ultimi anni per il loro mantenimento, avrebbero potuto essere utilizzati per assumere circa 2 mila nuovi magistrati per i tribunali di sorveglianza e oltre 2 mila nuovi educatori. Sarebbe stato possibile incentivare aziende e cooperative disponibili all'assunzione di 10 mila detenuti o ex detenuti. Sarebbe stato possibile costituire una rete di accoglienza per 5 mila persone scarcerate, che oggi non hanno alternative rispetto a quello che, purtroppo, la nostra società offre loro: tornare in piazza ad acquistare droga, tornare in un sistema che li porti a delinquere.

Il gruppo di Rifondazione comunista, sin dal maggio 2001, ha proposto alla Camera e al Senato un provvedimento di amnistia e di indulto che non è finalizzato solo a rendere meno disumane le condizioni di vita dei detenuti o delle circa 20 mila persone in stato di carcerazione preventiva (quindi, presunti non colpevoli), ma che permetterebbe di eliminare oltre un milione di processi, che, in particolare dopo l'approvazione della cosiddetta legge Cirielli, finirebbero in ogni caso in prescrizione.

Quindi, non si tratta, lo ripeto, di buonismo istituzionale, ma di un provvedimento di saggezza politica. Ecco perché il nostro impegno è forte e lo sarà ancor di più nelle prossime settimane, affinché in questa legislatura si possa arrivare quanto meno ad un testo condiviso che raggiunga il massimo di condivisione possibile, e soprattutto quel quorum previsto  dalla Costituzione per l'approvazione di un provvedimento di amnistia e di indulto.

Signor Presidente, concludo ricordando che siamo convinti che sia non solo possibile, ma doveroso coniugare il diritto alla sicurezza e la sicurezza dei diritti. Crediamo che sia necessario che la giustizia non si sostanzi nella forza e che la forza non si sostanzi nella giustizia: l'una sarebbe impotente; l'altra sarebbe tirannia.

Mi permetto di ricordare, in conclusione, una frase di Sandro Pertini: «Non disprezzate i galeotti, perché tra loro c'è sicuramente qualcuno migliore di voi.». Vorrei aggiungere: migliore di me e di tanti altri (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione)!

UGO INTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, la tribuna del pubblico, che normalmente è piena di scolaresche, che con grande facilità possono farvi ingresso, oggi non è riuscita ad ospitare decine di cittadini, che stanno attendendo di entrare.

MAURIZIO GASPARRI. Le scuole sono chiuse!

PRESIDENTE. Esistono delle regole, che vengono sempre seguite. Oggi non è una giornata speciale: valgono le regole di sempre. Sapete quali sono le procedure...

UGO INTINI. È molto curioso che decine di persone abbiano il problema di entrare.

PRESIDENTE. Per quanto mi risulta, nessuno mi ha fatto cenno di tale problema. Ne prendo atto.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio contributo a questo dibattito con un appello: la chiama di quei 207 deputati che hanno sottoscritto la richiesta di questa convocazione straordinaria della Camera e che non sono presenti in quest'aula. Sono 207 e non siamo presenti neanche in un centinaio (Commenti del deputato Lusetti).

PRESIDENTE. Onorevole Lusetti, per cortesia. L'onorevole Lussana ha diritto di parlare; lei esprime un parere diverso.

CAROLINA LUSSANA. Mi aspettavo che, almeno i 207 deputati che hanno chiesto, oggi, 27 dicembre, di essere presenti, avessero la decenza di venire in quest'aula e di far sentire la loro voce (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).

ALFONSO GIANNI. Il ministro della giustizia non c'è! Vergognati!

CAROLINA LUSSANA. Onorevole Giachetti, mi scusi, ma l'adesione morale...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non si può essere così intolleranti verso una persona!

ALFONSO GIANNI. Il ministro della giustizia non c'è! Che venga qui, anziché occuparsi della sua «fabbrichetta»!

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Alfonso Gianni, è stata rivolta una critica, di cui lei si fa interprete, durante il dibattito ed è agli atti parlamentari. Debbo tutelare l'onorevole Lussana che, al pari degli altri colleghi, ha diritto di avere una sua opinione e di esprimerla. Non mi sembra che sia una cosa clamorosa!

ALFONSO GIANNI. Chiami il ministro della giustizia!

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni!

Prego, onorevole Lussana, continui.

CAROLINA LUSSANA. Sono veramente stupita...

PRESIDENTE. Sono stupito anch'io, perché la serietà del dibattito richiede che si lasci parlare tutti.

CAROLINA LUSSANA. Sono stupita per la grave intolleranza, soprattutto quando si affronta un tema del genere e ci si fa paladini dei diritti di chi è detenuto nei nostri penitenziari.

Ribadisco (mi dispiace, ma voglio insistere su questo punto) che è irrispettoso verso chi come me, o il mio collega, non avendo sottoscritto questo appello, è comunque presente oggi, per rispetto delle istituzioni, a rappresentare i parlamentari del nostro gruppo e ad evidenziare la nostra contrarietà a qualunque provvedimento di amnistia e di indulto; ma riteniamo che la scarsa presenza in quest'aula sia irrispettosa soprattutto nei confronti dei detenuti e delle loro famiglie.

Voi, sottoscrittori di vari appelli ed anche di questa convocazione straordinaria dell'Assemblea, sapete bene che sarà difficilissimo arrivare entro la fine della legislatura all'adozione di un provvedimento di amnistia e di indulto. Allora, per quale motivo siete qui? Per illudere! Per cercare di gettare scompiglio, per prendere in giro i detenuti e le loro famiglie!

Non siamo noi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana a fare propaganda o a cercare un appiglio o uno spunto per fare propaganda elettorale. Siete voi, con la scusa dei sentimenti (a Natale siamo tutti più buoni), a voler strumentalizzare la situazione, seppur critica ma comunque non drammatica, dei nostri penitenziari, per fare ancora una volta propaganda elettorale, propaganda contro il Governo, propaganda contro il ministro Castelli!

Assumetevi le responsabilità di tutto ciò. Se la seduta odierna sarà l'ennesima seduta inutile, l'ennesima seduta ridicola, non è colpa del Presidente Casini che ha convocato il 27 dicembre l'Assemblea alle 9,30 del mattino, ma è colpa vostra. Forse qualcuno di voi non voleva rinunciare ai viaggi alle Maldive oppure al prolungamento dei pranzi natalizi e di Santo Stefano!

GABRIELE FRIGATO. Presidente, basta!

CAROLINA LUSSANA. Ebbene, per questi colleghi che non sono presenti, che sembrano considerare l'amnistia e l'indulto il problema più importante per i cittadini italiani, i detenuti possono nuovamente attendere.

Ci si chiede di esprimere una posizione. Onorevole Giachetti, le posizioni sono ben chiare e definite. Non è vero che abbiamo affrontato la questione in maniera meramente sporadica in Commissione giustizia. Sono tre anni che si parla di amnistia e di indulto! Nell'ultimo mese, durante la sessione di bilancio, non abbiamo fatto altro che parlare di amnistia e di indulto. Qualcuno propone l'amnistia, ma l'onorevole Violante mi sembra non sia d'accordo. Quindi, anche il centrosinistra è spaccato su ciò e si parla di indulto, non di estinzione del reato ma di semplice estinzione della pena.

Ebbene, noi del gruppo della Lega Nord Federazione Padana non abbiamo mai fatto sotterfugi, mai giocato a nascondino dietro le pagine dei giornali. Siamo sempre stati chiari. La nostra posizione non è mai cambiata nel corso della legislatura: siamo contrari a qualunque tipo di provvedimento di clemenza generalizzata, perché li riteniamo contrastanti con due fondamentali principi, quello della certezza della pena e quello della sicurezza dei cittadini.

Comunque, è stato ricordato in Assemblea - ma qualcuno ha la memoria corta - che il Parlamento ha già adottato uno strumento di clemenza generalizzata, l'«indultino». Lo ha citato l'onorevole Pecoraro Scanio. Era stata la risposta del Parlamento all'appello del Papa Giovanni Paolo II.

Mi dispiace che il ricordo del Santo Pontefice che è mancato sia venuto da parte dell'onorevole Boselli, che adesso cita il Papa, ma che lo ricorda sempre a proprio piacimento. Il Pontefice viene citato  quando fa comodo, e mi dispiace dirlo; invece, quando il Papa, o comunque il cardinale Ruini, richiamano altre questioni, come questioni etiche scomode per qualcuno del centrosinistra, allora il Papa deve tacere e la Chiesa non deve interferire in quelli che sono gli affari di Stato e gli affari del Parlamento!

Onorevole Boselli, cita in quest'aula Giovanni Paolo II, ma poi lei stesso ha dichiarato di voler rivedere o dichiarato di cancellare il Concordato: insomma, questo non mi sembra un esempio di coerenza politica!

Comunque, l'«indultino» era stato varato e sono usciti dalle nostre carceri 6 mila detenuti; 1500 vi sono rientrati pochi mesi, dopo aver beneficiato di questa misura clemenza: questo, forse, è bene ricordarlo e ribadirlo.

Noi della Lega - torno a dirlo con chiarezza - riteniamo che, oggi, non sussistano le condizioni per giungere a varare un'amnistia o un indulto. I cittadini hanno bisogno di legalità, di ordine e di sicurezza, e tali provvedimenti non vanno certo in questa direzione. Non si tratta di fare la faccia «feroce» rispetto a chi, a Natale, vuole fare il buono. Noi non facciamo i «feroci», non siamo «crudeli»: ricordo che Furio Colombo, su l'Unità, ha definito il ministro Castelli «crudele» perché non vuole né l'amnistia, né l'indulto.

Noi, semplicemente, se dobbiamo scegliere, stiamo dalla parte di Abele, e non di Caino, come abbiamo detto più volte. Sono sicuramente da considerare le condizioni dei detenuti nei nostri penitenziari. Penso anch'io, in modo particolare, a quelli che, ad esempio, sono detenuti in attesa di giudizio: forse, il Parlamento poteva dare risposte, in questi quattro anni, a tali detenuti. Ciò non è stato fatto, e dovremmo impegnarci in futuro.

Ma ci sono anche i cittadini onesti, vale a dire le vittime dei reati, che devono essere tutelati e che sono tante volte dimenticati. Sono persone dimenticate e che subiscono una duplice offesa: una prima volta, nel momento in cui subiscono l'aggressione, e successivamente, nel momento in cui lo Stato rimette in libertà i colpevoli. Per noi, questo è assolutamente inaccettabile, e quindi riteniamo inaccettabile rimettere in libertà chi è stato condannato, perché chi deve scontare una pena deve scontarla fino in fondo! Torno a dirlo: se dobbiamo scegliere, stiamo con Abele, e non con Caino!

Deve finire anche l'atteggiamento di chi vuole dipingere la presenza di detenuti nei nostri penitenziari come un'ingiustizia. Non penso di avere la faccia «feroce» o di essere «crudele» se dico che, un conto è umanizzare la condizione di vivibilità nelle nostre carceri, altro conto è varare provvedimenti «svuota carceri». Ma che senso della giustizia comunichiamo ai nostri cittadini?

Dobbiamo riflettere, è vero. Oggi, circa l'80 per cento dei reati resta impunito e moltissimi reati cadono in prescrizione. I processi che ogni anno si prescrivono sono circa 140 mila, e senza la cosiddetta legge Cirielli: tale legge, infatti, non abbrevia i termini di prescrizione, anzi, per alcuni tipi di reato li allunga!

Allora, di chi è la responsabilità? Anche la magistratura ha le sue responsabilità: se c'è questo debito giudiziario, che i magistrati celebrino i processi e smaltiscano l'arretrato! Non si può pensare di compiere una riforma della giustizia penale scaricandola sui cittadini onesti e giungendo a varare provvedimenti di amnistia e di indulto: ciò non ci può assolutamente trovare d'accordo.

Sono altri gli strumenti con i quali si può risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, senza - ribadisco - scaricarlo sui cittadini onesti. È giusto: ricorriamo, ove possibile, alle pene alternative, però stiamo attenti. Occorre effettuare, infatti, una seria valutazione della pericolosità sociale dei detenuti e non bisogna rimettere in libertà chi magari, una volta libero, torna a commettere reati! Mi direte che sono demagoga e populista, ma penso che il caso del «mostro» del Circeo debba essere di monito e debba far riflettere tutti sul sistema e sull'efficacia delle misure alternative alla detenzione.

Ho sentito parlare di lavoro. È vero: in questi anni, il ministro Castelli ha lavorato per implementare le opportunità lavorative dei detenuti all'interno ed al di fuori del carcere (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). Ma vorrei ricordare che, come Lega, avevamo presentato una proposta di legge con la quale suggerivamo di abbinare la possibilità di lavorare gratuitamente (presso gli enti o la collettività) a sconti di pena. Ebbene, questa proposta di legge è rimasta nel cassetto ed è stata ridicolizzata! Avete parlato di «lavori forzati», ma questi, forse, fanno parte della vostra mentalità, perché le carceri della Siberia sicuramente non sono qualcosa che ci appartiene (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

Per diminuire il sovraffollamento occorre, certo, costruire nuovi penitenziari; ricordo che il ministro Castelli, appena insediato, intervenne in Commissione affrontando il tema, ma voi lo ridicolizzaste, definendolo «l'ingegnere». Ma voi, i penitenziari, li avete chiusi; noi, invece, ne apriremo di nuovi!

Occorre anche affrontare il problema dei detenuti extracomunitari, che costituiscono oltre il 33 per cento, quota che corrisponde all'esatta percentuale del sovraffollamento carcerario. Ebbene - e mi rivolgo alla magistratura di sorveglianza -, applichiamo l'espulsione, come previsto dalla legge Bossi-Fini, convertendo, ove possibile, le pene fino a due anni! Applichiamo gli accordi bilaterali con i paesi di origine per far scontare ai detenuti extracomunitari la pena a casa propria (ma anche a tale riguardo vi siete opposti, sostenendo che occorresse il consenso degli extracomunitari stessi)!

Comunque, in sintesi, per concludere, si faccia tale verifica; ebbene, noi, la nostra posizione l'abbiamo espressa con chiarezza: se avrete i numeri per varare un provvedimento di amnistia o di indulto, ve ne assumerete voi, dinanzi ai cittadini, la responsabilità conseguente; ma ritengo, invece, che i numeri non vi siano, sicché la situazione sarà ancora più grave. Infatti, sarete gli artefici di un risultato che non dovevate raggiungere: farete salire la tensione nelle carceri, il che potrebbe produrre conseguenze imprevedibili. E ciò solo per fare propaganda, per il vostro opportunismo «alla Pannella» o «alla D'Alema»: noi non ci stiamo e ribadiamo il nostro «no» (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, voglio in primo luogo dare atto al Presidente della Camera di avere, in maniera puntuale e precisa, applicato il regolamento, convocando l'Assemblea così come richiesto dai colleghi - a tale riguardo non voglio indulgere alla polemica -; colleghi che, però, dopo aver chiesto la convocazione, in buona parte non sono poi intervenuti alla seduta, come ha rilevato la collega Lussana poc'anzi.

Quindi, ritengo che la tempestività dell'adempimento debba essere apprezzata e mi è sembrato francamente alquanto ridicolo contestare il fatto che ci si sia riuniti alle ore 9,30 quando un mondo, al di fuori di questo Palazzo, ascolta questo dibattito e guarda a questo dibattito con speranze che, debbo osservare, qualcuno ha suscitato in maniera un po' incauta. Pertanto, la questione sollevata sulla convocazione alle 9,30 - se fosse un orario adatto per l'inizio della seduta della Camera dei deputati - sarebbe stato meglio, se fosse stato possibile, coprirla con degli omissis; ahimé, sarà, invece, riportata dal resoconto del dibattito, in capo a chi l'ha sollevata, questa osservazione veramente ridicola (Commenti del deputato Stradiotto)!

Quindi, dando atto al Presidente della Camera anche del realismo, vengo alla prima questione di carattere formale, prima di entrare nella sostanza. Conosciamo tutti i tempi di questa legislatura: avere raccolto le firme, determinando questo dibattito che non porterà a nessuna conclusione e sapendo che il calendario parlamentare è tale da non consentire - a  prescindere dal quorum dei due terzi e da quant'altro - lo svolgimento di un'eventuale discussione di un provvedimento di amnistia o di indulto, ritengo sia stata una scelta che ha premiato le ragioni di propaganda individuale rispetto ad un'emergenza sociale che sussiste. Ebbene, nelle carceri la gente, che forse non conosce bene - e ne ha tutto il diritto - il regolamento parlamentare, ha ritenuto si potesse giungere a delle conclusioni; questa mattina, il Presidente della Camera, con una constatazione di fatto, ha responsabilizzato l'Assemblea rispetto alle scadenze, ai tempi, a quanto tutti conosciamo. Anche chi ha promosso questo dibattito lo sapeva e dovrebbe avere il coraggio di riconoscerlo.

Poi, de iure condendo, per il futuro ciascuna forza politica potrà nel suo programma per le prossime elezioni pronunciarsi su tale tema e annunciare questo o quel provvedimento. Ma ritengo non sia stata una scelta saggia raccogliere le firme e proporre questo confronto; ricordo che la Camera ed il Parlamento, nel corso di questa legislatura, con un provvedimento che è stato battezzato «indultino», hanno già dato un segnale di solidarietà e devo riconoscere che anche quella vicenda ha dimostrato come taluni provvedimenti abbiano portata molto limitata; infatti, dopo poche settimane, parte della popolazione carceraria, messa in libertà a seguito di quel provvedimento, è tornata in carcere.

Il gruppo di Alleanza nazionale è contrario a provvedimenti di amnistia e di indulto; il presidente del nostro partito, onorevole Fini, ha in questi giorni ribadito questa posizione, che oggi il gruppo parlamentare conferma. Lo facciamo anche per offrire, senza ipocrisie, elementi di chiarezza a chi volesse reiterare questo dibattito.

Peraltro, il collega Buontempo ricordava prima i temi della giustizia e delle carceri, temi dei quali si tornerà a parlare quando, in base alla nuova legge sull'ordinamento giudiziario, all'inizio dell'anno, il ministro di giustizia dovrà riferire al Parlamento su tutti i problemi connessi anche all'importante attività che in questi anni è stata avviata, relativa alla riforma dell'ordinamento giudiziario e alla politica innovativa per le carceri. Il nostro gruppo, benché contrario all'amnistia e all'indulto, condivide la scelta di ammodernare le strutture carcerarie. Dobbiamo essere più rapidi e più coraggiosi. Esistono edifici vetusti, certamente non più adatti e quindi occorre un impegno da parte del ministro della giustizia; impegno che ha già mantenuto in questi anni e che ha reiterato in questi giorni.

Allo stesso modo, dobbiamo allargare il campo delle sanzioni alternative al carcere. Esistono già delle alternative possibili con le leggi vigenti. Per i piccoli reati, che sono tali rispetto alla sanzione da applicare ma non rispetto al disturbo arrecato alla collettività, le sanzioni alternative al carcere e le attività di pubblica utilità possono esser più immediate e più efficaci. Riteniamo quindi che ci sia un'ampia disponibilità a seguire le strade che abbiamo già avviato e a percorrerne altre, purché queste misure diano comunque la certezza della pena, che a nostro avviso è in ogni caso necessaria.

Recentemente peraltro è stata varata una legge, la cosiddetta legge Cirielli, che, cari colleghi dell'opposizione, a volte è stata descritta come una misura sciagurata, che avrebbe svuotato le carceri e determinato chissà quali conseguenze nefaste. Ora invece questa legge viene descritta come forcaiola, poiché determinerebbe chissà quali conseguenze per i recidivi. Siamo lieti che la legge sia stata approvata soprattutto nel suo spirito originario, che è quello rivolto alla più grave sanzione dei recidivi e dei delinquenti abituali, ossia di quelle persone che abitualmente si comportano in maniera illegale sul territorio e danneggiano le parti più deboli della popolazione.

Se le conseguenze di questa legge saranno quelle paventate da qualcuno - e chi le paventa sconfessa le proprie affermazioni denigratorie nei confronti di questa legge -, saremo aperti a valutare cosa accadrà (anche oggi il nostro capogruppo La Russa lo ha detto in una dichiarazione). Se questa legge dovesse determinare  un aumento esponenziale della popolazione carceraria, dimostrandosi quindi una buona legge per punire i recidivi, se ciò accadrà, il Parlamento e il Governo saranno chiamati a fare valutazioni oggettive. Nei giorni scorsi il Governo ha annunciato un provvedimento, inserito in un decreto, che riguarda la particolare situazione dei tossicodipendenti, per attenuare nei loro confronti gli effetti di questa legge in materia di recidiva, in coerenza con le proposte emerse qualche giorno fa a Palermo nel corso della conferenza nazionale sulle tossicodipendenze.

C'è sempre un'attenzione, un'apertura mentale e una capacità di innovare la legislazione. Cari colleghi, riteniamo che i principi di legge e di ordine vadano riaffermati, così come anche i principi di severità. Non possiamo, attraverso colpi di spugna e con esodi dalle carceri, affrontare una questione creando problemi di sicurezza alla popolazione onesta. Non stiamo facendo demagogia, siamo solo dalla parte della legge e dell'ordine.

Alcuni giorni fa un giornalista, già ambasciatore liberale, Sergio Romano, ricordava in un articolo su Panorama, esprimendosi in maniera critica sull'amnistia, che se in Italia c'è sicuramente una situazione da seguire per quanto riguarda il sovraffollamento carcerario, con una popolazione carceraria di 50 mila detenuti, in Gran Bretagna i detenuti sono 70 mila, in Germania e in Francia sono 60 mila e negli Stati Uniti, su una popolazione di 281 milioni di abitanti, ci sono 2 milioni e 135 mila detenuti, una percentuale elevatissima.

Sicuramente servono delle strutture efficaci, ma cito queste cifre per dire che in Italia, benché la situazione meriti attenzione, non siamo di fronte ad una brutale repressione di massa, che fa lievitare i numeri in maniera tale da determinare un'emergenza. Certo, l'edilizia carceraria va ammodernata. L'impegno che anche il ministro Castelli ha sottolineato nei giorni scorsi è importante.

Riguardo poi alle polemiche sulla coerenza o meno degli appelli che provengono dal mondo cattolico, nel quale la comunità politica di Alleanza nazionale si riconosce pienamente, la collega Lussana ne ha rilevato i margini di contraddizione. Non è che gli appelli che provengono dal mondo cattolico possano essere accolti o scartati a seconda della convenienza.

Sono contento che si allarghi l'area di considerazione e di rispetto per le opinioni del mondo cattolico.

EGIDIO BANTI. Questo vale anche per te!

MAURIZIO GASPARRI. Vedremo se sarà ancora così, quando, nei prossimi giorni, riprenderà l'indagine conoscitiva in Commissione affari sociali sull'applicazione della legge n. 194 del 1978, sul diritto alla vita, sulle coppie gay, sulle coppie di fatto, su molti e molti temi che il mondo cattolico - e non solo - ritiene assolutamente prioritari. Non riteniamo, infatti, che sia corretto questo uso di citazioni e di riferimenti impropri. Noi, che cattolici siamo in maniera convinta, riteniamo che la solidarietà sia un valore importante, anche quella verso gli onesti e che la solidarietà verso le vittime dei reati sia un bene essenziale e prioritario, da garantire (Commenti del deputato Grillini)!

Ecco perché noi riteniamo che questo dibattito sia doveroso, anche se molti di coloro che lo hanno chiesto hanno preferito forse sciare, piuttosto che venire qui in aula a parlare ai detenuti per i quali hanno raccolto firme, e ci sarebbe da interrogarsi sulla serietà e sulla coerenza di chi promuove dibattiti e poi li diserta (Commenti di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo). Noi, invece, che non abbiamo firmato l'invito a svolgere questo dibattito siamo doverosamente qui, ad esprimere una posizione diversa, perché questo è il luogo della democrazia, questo è il luogo del confronto...

ALFONSO GIANNI. Siete in quattro!

MAURIZIO GASPARRI. Caro mio, siamo presenti molto più seriamente di quelli che, come voi, non ci sono!

Dicci dove stanno i colleghi del tuo gruppo! Dicci in quale posto sono andati a «svernare» i firmatari! Ma, su!

FRANCESCO GIORDANO. Guarda qua!

ALFONSO GIANNI. Non dire scemenze!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, calma, calma!

MAURIZIO GASPARRI. Nelle carceri vi ascoltano ed è bene che sappiano, anche nelle carceri, che vi è chi si fa bello con una firma....

ALFONSO GIANNI. Non mi faccio bello, perché non ne ho bisogno!

MAURIZIO GASPARRI. ...e che oggi non è venuto in aula, o che vi è qualcuno che ha ritenuto che le 9,30 fossero un orario inadatto per disturbare «lor signori» nei dibattiti parlamentari!

GIOVANNI BELLINI. Sei patetico!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, per cortesia!

MAURIZIO GASPARRI. Mi avvio a concludere rapidamente, onorevoli colleghi, perché ciò che andava detto è stato detto.

Noi, riteniamo, quindi, che i principi di legge ed ordine siano sacrosanti. Riteniamo che amnistia ed indulto sarebbero segnali gravi e sbagliati verso la società italiana. Riteniamo che sanzioni alternative al carcere ed ammodernamento delle strutture penitenziarie debbano essere attuati per umanizzare la pena. Non abbiamo, infatti, alcuna velleità repressiva, ma proprio per tali ragioni siamo convinti che questo dibattito non porterà ad alcuna conseguenza, non vi saranno amnistie e non vi saranno indulti. Ditelo a coloro che ci ascoltano fuori da quest'aula! Se è lecito invocarle, è doveroso opporsi a queste scelte, nell'interesse degli italiani onesti (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono tra coloro che non hanno gioito per la convocazione di una seduta così importante, almeno per il valore simbolico che ha sicuramente trasmesso a coloro i quali, in carcere, vivono trepidando nell'attesa possibile - o probabile - di un provvedimento di clemenza. Penso anche alle loro famiglie e credo che avremmo dovuto evitare di accendere, con una nuova seduta, speranze che - temo - il Parlamento non sarà in grado di esaudire. Peraltro, una ricognizione era già stata effettuata in Commissione, l'aveva disposta il presidente Pecorella. Già tale ricognizione mi sembrava compiuta circa le posizioni in campo. Ma non è questo il tema, né tanto meno, ovviamente, signor Presidente, il nostro gruppo ritiene che la convocazione alle 9,30 possa essere considerata inopportuna.

Signor Presidente, credo che siamo già venuti meno al nostro dovere di massima responsabilità nel pronunciarci su tale questione. Devo anche rilevare che la seduta di oggi, per quanto siano stati autorevolissimi i rappresentanti dei gruppi che sono intervenuti, e soprattutto quelli che interverranno - mi riferisco al gruppo di Forza Italia, in particolare -, non so se servirà a dipanare i dubbi ed a rendere più chiaro il quadro delle volontà e delle responsabilità.

Debbo dire che anche il quadro temporale in cui questa discussione si colloca, il risorgere della questione dell'amnistia e dell'indulto, non è facilmente decifrabile dall'esterno.

In molti hanno testé ricordato l'approvazione, poco tempo fa ed in quest'aula, della cosiddetta legge ex-Cirielli, che è composta di due parti (l'onorevole Gasparri fa finta di non saperlo e finge di non conoscere l'iter di tale legge ed il suo testo, così tormentato, ma non è questo il  punto). Tale legge, dunque, è composta da una prima parte, contro cui ci siamo opposti con ogni arma, comprese le questioni pregiudiziali di costituzionalità. È un testo che, sostanzialmente, toglie ogni speranza di poter accedere alle misure alternative, ai tempi abbreviati di prescrizione ed a una serie di opportunità per i recidivi, senza distinzione alcuna su cosa configuri tale recidiva: se si è recidivi per aver commesso a distanza di cinque, sei o dieci anni un piccolo reato, o se si è recidivi perché si è dediti al delitto in maniera costante.

Si tratta di una norma che, come tutti hanno diagnosticato con fin troppa facilità, avrebbe condotto e condurrà sicuramente in carcere almeno altre ventimila persone, come dice una stima che ritengo attendibile e che è stata ritenuta tale dal ministro Castelli il quale, su tutta questa partita parla come presidente dell'ANCE - costruiamo più carceri - non parla come ministro della giustizia! Infatti, mi sarei aspettata che avesse ragionato sulla riforma del codice di procedura penale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-La Rosa nel Pugno), sulla assunzione di nuovi educatori, sulla possibilità di approvare provvedimenti che pendono in Commissione e sono continuamente intralciati dal sopravvenire di nuove leggi particolari che riguardano, ad esempio, l'introduzione nel nostro sistema di sanzioni alternative alla detenzione.

Quella legge nella sua prima parte restaura - peraltro l'onorevole Gasparri l'ha detto con molta chiarezza, anzi l'ha negato con grande chiarezza - quella idea securitaria che, però, nella cosiddetta cultura politica della maggioranza continuamente viene contraddetta. Ricordo che la legge ex Cirielli, nell'ultima lettura alla Camera, ha visto ridimensionata la portata dell'amnistia impropria e generalizzata che colpiva i reati più gravi - quelli puniti con pena dai cinque ai dieci anni di reclusione - presenti nel testo originario che era stato votato da tutta la Casa delle libertà prima alla Camera e poi al Senato. Ed è così anche oggi; infatti ieri si è approvata quella legge e oggi Forza Italia dice che non si può concedere nessun provvedimento di clemenza che non sia insieme amnistia e indulto, così come fa la rappresentante dell'UDC in Commissione che è venuta a chiarire che il loro orientamento era per amnistia e indulto.

Che cos'è questo tenere insieme le mozioni securitarie e i paternalismi indulgenti? Io, francamente, ci vedo una cosa già ravvisata nel corso della storia e che mi pare rappresenti uno dei tratti tipici dei sistemi a vocazione autoritaria, più che inserirla nella categoria della responsabilità politica; infatti, queste posizioni di Forza Italia mi sembrano da iscrivere in quello schema che alterna autoritarismo e indulgenza, bastone e carota che abbiamo già rintracciato, più volte, nella storia di questo paese. Come ricordava il presidente Violante, nel periodo del fascismo - nel corso di un ventennio - intervennero in Italia 54 amnistie, mentre nell'epoca repubblicana solo 49. Tutto questo qualcosa significherà!

Si è invocata anche una questione che - a mio avviso - va affrontata proprio perché la nostra decisione sia la più coerente e logica possibile; infatti, la logicità e la coerenza delle decisioni politiche costituiscono quel crisma di affidabilità che mi sembra indispensabile offrire ai cittadini come frutto della nostra assunzione di responsabilità.

Qualcuno lamentava una riforma costituzionale che ha chiesto per l'amnistia la maggioranza dei due terzi; a tal proposito non so se quella riforma possa essere ancora condivisa o se non sia opportuno tornare a discuterne. Su tale questione non metto nessun veto; però, certamente due meriti li ha avuti: da un lato, spezzava questa catena di autoritarismo e indulgenza che appunto fu attributo di altro regime che non quello repubblicano e che, quando fu attributo del regime repubblicano, lo fu probabilmente con le stesse caratteristiche e le stesse tentazioni del potere politico per chi, in quel momento, deteneva la maggioranza; dall'altro lato, con quella riforma - largamente  condivisa, cioè una riforma costituzionale fatta come la Costituzione comanda - abbiamo tentato di fare in modo che, a poca distanza dall'intervento del provvedimento di amnistia e indulto, non si producessero le identiche condizioni che l'avevano determinata: sovraffollamento carcerario, ingolfamento degli uffici giudiziari, incapacità di fare fronte ad un contenzioso che cresceva (e, quindi, di fatto: denegata giustizia, mortificazione sia dei diritti sia della stessa autorevolezza dello Stato).

Noi oggi ci muoviamo in un quadro in cui niente di tutto questo è stato fatto. Sono passati quasi cinque anni da quando la Casa delle libertà governa il paese: non una sola misura, non una sola - e sottolineo: una sola! - ha reso più celere il nostro processo e più spedito il lavoro degli uffici giudiziari.

Francamente, anche alcuni argomenti usati in questa sede (a proposito del fatto che i rigori ingiustificati e ingiusti che derivano da quella parte della cosiddetta legge Cirielli riguardante la recidiva e che si applica anche ai tossicodipendenti possano essere eliminati con un emendamento a un provvedimento che dovrebbe arrivare da un momento all'altro), ci fanno riflettere sull'approssimazione e sulla leggerezza con cui si è guardato all'approvazione della stessa legge Cirielli, anche da parte di una persona che personalmente stimo, ossia il Vicepresidente del Consiglio. Quest'ultimo solo quando glielo hanno fatto presente le comunità dei tossicodipendenti è riuscito a capire che quella legge tagliava le gambe ad ogni percorso riabilitativo e ad una cultura della riabilitazione e del recupero, che è stata per anni una delle costanti della legislazione di questo paese.

Eppure, di fronte a tutto questo, c'è l'urgenza nelle carceri, c'è la sofferenza. Ricordo i dati che ci ha fornito poc'anzi l'onorevole Pisapia e i tanti che conosciamo per esperienza diretta e per averli letti sui giornali. Il carico di sofferenza che viene da quei dati, che sono numeri, ma sono anche sofferenza, mortificazione di dignità, affetti travolti, legami parentali recisi, è qui davanti a noi. Secondo me, non dovrebbe (Commenti dalle tribune riservate al pubblico)...

PRESIDENTE. Onorevole Finocchiaro, continui pure, scusi... Prego, onorevole Finocchiaro.

ANNA FINOCCHIARO. Tutto questo è qui davanti a noi; è una questione che non possiamo non affrontare e rispetto alla quale credo non vi siano alibi. L'interruzione proveniente dalla tribuna solleva un tema che, come i colleghi sanno, mi è molto caro: mi riferisco alla questione delle detenute con figli minori. La legge, che è stata pur approvata da questo Parlamento l'8 marzo 2001, avrebbe bisogno, per essere applicata e per far uscire i bambini dalle carceri, di una modifica che il presidente Pecorella si è impegnato ad approvare prima della fine della legislatura, rispetto alla quale spero vi sia il concorso di volontà di tutti i colleghi.

Dicevo che quella sofferenza è qui davanti a noi, e non abbiamo nessun alibi. Per questo motivo, mi sono permessa di fare osservare all'onorevole Lussana, che invoca le divisioni all'interno dell'Unione (e che non è più presente in aula), le divisioni che attraversano la Casa delle libertà, la posizione della Lega, quella di Alleanza nazionale e quella di Forza Italia. Mi permetto di far osservare che nell'Unione è unanime l'idea che si debba adottare un provvedimento di clemenza, e noi, come gruppo dei Democratici di sinistra (interverranno poi, al riguardo, i colleghi della Margherita), individuiamo queste condizioni nell'indulto, come provvedimento che sfolli le carceri, senza liberare i tavoli dei pubblici ministeri, travolgendo peraltro (qui vi è un elemento di diffidenza che rappresento) reati che probabilmente, a nostro avviso, andrebbero esclusi dall'amnistia: mi riferisco, in particolare, ai reati dei colletti bianchi.

Quindi, un provvedimento di indulto: siamo pronti ad affrontare questa discussione. Ci sono nostre proposte già pendenti ed alcune già trasformate in emendamenti al provvedimento di indulto che da due  anni è pendente in Commissione; siamo pronti a discuterlo e ad approvarlo. Abbiamo chiesto la calendarizzazione di questa discussione: crediamo di onorare così la nostra responsabilità politica e crediamo in questo modo anche - lasciatecelo dire - di far fronte in parte alla mancanza di responsabilità politica del Governo in questi anni e alla sua incapacità a governare le questioni che riguardano il processo penale, la pena e la sua esecuzione, nonché - questa è l'ultima questione - a quel difetto di solidarietà e di cultura politica che la Casa delle libertà, ancora una volta, oggi, a dispetto del travolgimento di tante speranze, ha qui squadernato dinanzi a voi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di paralare l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento, e ciascuno di noi individualmente, è chiamato ad assumere una decisione, o, quanto meno, ad esprimere un orientamento, che, qualunque potrà essere, lascerà le nostre coscienze inquiete e insoddisfatte. Da una parte, non possiamo tacerlo, vi sono i diritti della vittima, vi è la pretesa, che viene forte dalla società, di maggiore sicurezza, vi è la necessità di garantire la certezza della pena. Dall'altra parte, però, vi è il diritto ad un processo che abbia tempi ragionevoli, cosicché una pena che arrivi tardi è una pena comunque ingiusta; vi è il diritto al rispetto dell'uguaglianza tra i cittadini, cosicché non accada che la posizione di un fascicolo sul tavolo del pubblico ministero faccia di qualcuno un condannato e di un altro invece una persona sottratta al processo; vi sono le carceri, carceri che non permettono certo la rieducazione ma non garantiscono neanche le minime esigenze di vita, cui ciascun uomo, colpevole o innocente, ha diritto. Ventimila detenuti in più rispetto alla capienza delle carceri rappresentano un fatto grave, di fronte al quale dovremmo tutti sentirci responsabili, a prescindere dalle polemiche che stanno nascendo, anche in un momento in cui, con grande serenità e senso di coscienza, dovremmo affrontare un problema che riguarda la vita di ciascuno di coloro che si trovano in carcere. Oggi non siamo legislatori, siamo giudici, perché la nostra pronuncia graverà direttamente su ogni uomo che in questo momento ha un processo in corso o si trova in carcere.

Guardando dal lato della vittima, della sicurezza, della certezza della pena, amnistia e indulto non dovrebbero concedersi mai e non si sarebbero dovuti mai concedere. Vi è tuttavia un dato di cui dobbiamo prendere atto, vale a dire che il codice penale di uno Stato autoritario e la Costituzione prevedono l'amnistia e l'indulto. Questo vuol dire che lo Stato riconosce, in certe situazioni, la necessità e la giustezza del ricorso ad atti di clemenza. Vi fece ricorso - lo dico per chi oggi si oppone al provvedimento di amnistia - il Guardasigilli Togliatti, alla ricerca della riconciliazione nazionale, e da allora circa ogni due anni il Parlamento ha votato un provvedimento di amnistia e di indulto.

Erano governi, quelli che hanno retto le sorti di questo paese negli ultimi cinquant'anni, che avevano meno a cuore i diritti delle vittime, la sicurezza? Non credo proprio. Quasi sempre amnistia e indulto furono una necessità imposta dalla situazione dei tribunali e delle carceri, uno strumento di correzione del sistema. Sono quindici anni che non viene concesso un provvedimento di clemenza. Possiamo davvero affermare che in questi quindici anni la giustizia è diventata più veloce, che le carceri sono più capienti, che le persone vengono trattate con più umanità? Non mi pare che sia così. Amnistia e indulto non sono per nessuno, e non possono esserlo, una scelta che viene fatta a cuor leggero. Sono il prodotto di uno stato di fatto che non è imputabile né a questo né ad altri governi.

Uno stato di fatto che l'Italia si porta dietro da quando Turati, quasi due secoli fa, in un memorabile discorso alla Camera, definì il carcere «l'inferno dei vivi».

Ma se si vuole un provvedimento di clemenza, questo deve essere chiaramente un provvedimento che non sia un simulacro, che abbia una sua coerenza, una sua efficacia. L'indulto senza amnistia, onorevole Finocchiaro, vorrebbe dire lasciare in attesa di giudizio migliaia e migliaia di cittadini, che non sapranno quando e se saranno mai giudicati, vorrebbe dire fare processi inutili, perché alla fine si applicherà il provvedimento di indulto.

E noi abbiamo una coerenza - parlo di Forza Italia e di una gran parte della Casa delle libertà -, perché, nel momento in cui si è fatta la scelta di ridurre i tempi della prescrizione, si è considerato il fatto che una pena lontana nel tempo colpisce una persona che, se anche abbia mai commesso un reato, non è più la stessa; noi abbiamo dunque considerato che la pena è giusta finché è vicina alla commissione del reato.

La posizione di Forza Italia è sempre stata chiarissima, sin da quando nel dicembre del 2002, in Commissione giustizia, si cominciarono ad esaminare i numerosi provvedimenti di amnistia e di indulto, presentati da tutti i gruppi politici; ma se si deve fare, si faccia un provvedimento di clemenza che sia congiunto - amnistia ed indulto -, come è sempre stato fatto negli ultimi cinquant'anni.

La preoccupazione, che io fugherò subito, di voler favorire qualcuno con un provvedimento di amnistia non vi tormenti, amici dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, perché Forza Italia vuole un provvedimento chiaro, onesto e leale, che colpisca i gravi reati, lasciandoli fuori, ma che agevoli coloro che non è più giusto tenere sotto processo e ulteriormente in carcere.

Dunque, se questa è la posizione chiarissima di Forza Italia, ciò non significa che non vi sia la più ampia disponibilità a confrontarsi sui contenuti, senza preclusioni, né rigidità. Vi sono reati particolarmente odiosi, che hanno colpito interessi diffusi, che non meritano clemenza, per i quali non c'è spazio per la clemenza; se non si vuole fare di questo tema occasione di uno scontro politico, allora Forza Italia è aperta a tutte quelle soluzioni che siano compatibili con la giusta severità nei confronti di chi non merita clemenza, ma anche con quel senso di umanità che non deve mai mancare in chi amministra la cosa pubblica (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e di deputati della Margherita, DL-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, colleghi, i miei timori - i timori del gruppo che rappresento, l'UDC - di qualche giorno fa, oggi si trasformano in dolorosa amarezza: un'aula semideserta - ce lo aspettavamo -, un'aula divaricata, con posizioni diversificate all'interno degli stessi schieramenti. Inoltre, questo è un evento che si celebra all'indomani di una marcia, tanto annunciata e propagandata, che non ha visto, però, per notizia diffusa, una partecipazione popolare massiccia, anzi, ha registrato una bassissima partecipazione popolare. Questo ci porta a dover prendere atto oggi di ciò che noi avevamo già capito nei giorni passati, cioè che quella maggioranza qualificata, quella maggioranza dei due terzi che la Costituzione richiede affinché questa Assemblea possa approvare un provvedimento di clemenza, non esiste, e non esiste neanche nel nostro paese. È chiaro che di questo non possiamo non tener conto.

Inoltre c'è un clima, che certo non sostiene lo spirito di chi deve affrontare un argomento così delicato, così impegnativo e così importante, come noi dell'UDC riteniamo che sia. Un clima fatto di polemiche, non elevatissime in alcuni casi, ma anche di minacce, che, mi permetto di dire, non intimoriscono chi le riceve, ma connotano un modo di fare politica, che non ci appartiene. L'UDC pratica la propria politica, non la predica. L'UDC è un partito che vuole convincere gli elettori e non imbonirli. L'UDC è un partito che ascolta il Papa e lo rispetta, non lo strattona.

E infatti l'UDC oggi è qui, è presente, partecipa e interviene, perché ritiene che l'argomento sia di quelli importanti, al punto tale - mi permetterà l'onorevole Adduce - di mettere la sveglia un po' prima oggi, per venire a lavorare come tutti i cittadini italiani, anche dopo due giorni di festa! È un argomento che per noi... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

ALFONSO GIANNI. Perché dice queste cose?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi... (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

ALFONSO GIANNI. Benedetta collega!

PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, la richiamo all'ordine, per cortesia.

ALFONSO GIANNI. Ma perché non parla del merito?

ERMINIA MAZZONI. È un argomento sul quale non abbiamo paura di esprimerci e sul quale ci siamo espressi senza ipocrisia e con coerenza nel corso di questi anni ed anche, di recente, in Commissione.

Vi sono delle situazioni contingenti, gravi, che non possono essere ignorate. Vi sono dei fattori di preoccupazione importanti, quali il sovraffollamento delle carceri, le disumane condizioni di detenzione, la lungaggine dei processi e l'eccessivo carico dei tribunali. Una classe politica responsabile non può non tenere conto di tutte queste condizioni. Al contempo, vi è l'esigenza di assicurare alla collettività, ai cittadini, che chi commette un reato sia assicurato alla giustizia e che per lui scatterà la giusta pena. In un momento in cui la gente si sente minacciata da una criminalità un po' troppo baldanzosa, vi è l'esigenza di non mostrare con provvedimenti superficiali, disattenti e distratti, che si stia abbassando la guardia.

Fatte queste considerazioni, noi dell'UDC abbiamo, in questi anni, espresso la nostra posizione: il nostro favore responsabile nei confronti di un atto di clemenza, che però tenga conto di queste diverse esigenze, che sia cioè il punto di equilibrio tra di esse. Pertanto abbiamo parlato, lo abbiamo ripetuto recentemente anche in Commissione, di un provvedimento di amnistia selettiva, sia in relazione alla pena edittale per la quale è applicabile, sia in relazione alla tipologia dei reati. Abbiamo parlato anche di un provvedimento di indulto, generalizzato, che però estenda i suoi effetti in relazione ai tempi compatibili della pena irrogata o da irrogare. Dunque, un provvedimento che possa prevedere anche altre forme di liberazione anticipata, con dei meccanismi di irrogazione di eventuali pene anche aggravate, laddove i soggetti che ne abbiano beneficiato commettano un reato dello stesso tipo o di altro tipo.

Questa posizione del gruppo che rappresento si basa anche, tra le altre, su una considerazione importante, che tocca a nostro avviso un profilo significativo di legittimità. Chi ha commesso un reato dovrà scontare una pena, ma nelle attuali condizioni delle carceri ha patito o patirà un aggravamento della stessa pena, che non è previsto da nessuna legge e non è stato previsto da nessun magistrato. Questo è un fatto significativo, sul quale noi abbiamo riflettuto e sul quale continuiamo a riflettere. Questa posizione l'abbiamo condivisa in queste aule parlamentari negli ultimi anni. Per ben due volte si è affrontato questo argomento. Oggi ci troviamo a tornare per la terza volta sull'argomento.

Nelle due volte precedenti abbiamo verificato che questo Parlamento non aveva al proprio interno la sensibilità necessaria per produrre un atto di clemenza, per approvare un provvedimento di amnistia o di indulto. Siamo arrivati, infatti, ad un provvedimento che, in maniera dispregiativa - ne capisco le motivazioni -, viene definito "indultino" e,  comunque, è stato l'unico approdo di quel laborioso confronto che abbiamo sviluppato e che, in ogni caso, è riuscito a produrre all'incirca 8 mila scarcerazioni.

In questi giorni ci siamo ritrovati in Commissione e l'UDC è stato tra i gruppi che hanno proposto l'indagine affidata al relatore, onorevole Mormino, chiedendo di fare una preventiva verifica prima di riaprire alla speranza, prima di risollevare delle illusioni dolorosissime - sono d'accordo con l'onorevole Finocchiaro -, prima di dare un ulteriore schiaffo ai più deboli, a coloro che soffrono. All'esito di questo lavoro la Commissione ha dato un risultato chiaro: quella maggioranza non c'è, in quest'aula non esiste una volontà politica che possa consentire di parlare con serietà (considerati i mezzi e i tempi che abbiamo a disposizione) di un provvedimento di amnistia o di indulto.

L'onorevole Finocchiaro diceva che si è realizzata e si è verificata una convergenza sull'indulto. Mi permetto di dire, onorevole Finocchiaro, che non era una convergenza; si è raggiunta una mediazione possibile, incerta, di alcuni gruppi sull'eventualità di arrivare al massimo ad un indulto, che è cosa ben diversa. Mi sono permessa di obiettare - lo ripeto in quest'aula - che quello era il punto di partenza sofferto, difficile, «raccogliticcio», che non avrebbe portato a niente di meglio di quello che abbiamo già prodotto, cioè un altro indultino: non è questo che oggi dobbiamo fare.

Noi abbiamo senso di responsabilità, rispettiamo la persona in quanto essere umano, ci carichiamo delle nostre negligenze e delle nostre mancanze, sappiamo che una classe politica seria e responsabile ha il dovere di prodursi in ben altri atti. Sappiamo che, oltre alle politiche di edilizia penitenziaria - anche quelle servono -, è necessario porre mano a riforme significative per rispondere a questi gravissimi problemi. Se vogliamo svilupparlo - come ho sentito dai colleghi Pisapia e Pecoraro Scanio -, questo può essere un argomento di confronto serio per incominciare a gettare le basi di qualcosa che si dovrà produrre, senza indugio, nella prossima legislativa. Tuttavia, oggi - purtroppo, Presidente - dobbiamo dire che in quest'aula non esiste la maggioranza necessaria e, forse, avremmo fatto meglio a rimanere lontani dai riflettori. Saremmo stati più seri ed apprezzabili dando un peso ed un valore a quel lavoro sano, serio e saggio sviluppato in Commissione, che ha portato al risultato che oggi annotiamo.

La nostra è, quindi, una posizione di disponibilità e di attenzione, ma sicuramente di serietà, di responsabilità e di rispetto delle istituzioni. Pertanto, chiediamo al Presidente di prendere atto di quello che avviene in quest'aula, con gli orientamenti di voto che sono stati espressi e con le titubanze che sono state manifestate. Oggi abbiamo documentato che non esiste quella platea necessaria a raggiungere il risultato che noi pure avremmo auspicato e per il quale in questi anni abbiamo anche lavorato (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. La ringrazio, signor Presidente. Siccome all'articolo 8 del nostro regolamento si dice che il Presidente rappresenta la Camera e assicura il buon andamento dei suoi lavori, le sarei grato, signor Presidente, se lei potesse rimarcare (non dico prendere le difese, perché questo non le spetta istituzionalmente) le ingiurie che vengono rivolte nei confronti di alcuni colleghi solo per il fatto che, per motivi, in alcuni casi evidenti e che si verificheranno, magari perché sono fermi per strada e non riescono ad arrivare in quest'aula, non sono presenti.

La vorrei pregare, signor Presidente, atteso che vi è una grande attenzione da parte della stampa e che per la quarta volta consecutiva qualcuno si è alzato qui dentro sostenendo che l'aula è vuota, di citare, nell'ambito di discussioni sulle linee  generali su temi diversi, quante persone erano presenti in aula per ascoltare quanto veniva detto.

Sono presenti due Vicepresidenti della Camera, i sottosegretari che hanno firmato e un centinaio abbondante di parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno) e tutto questo per lei non costituisce neanche l'occasione per far notare ad altri colleghi come veniamo trattati perché ci siamo permessi di chiedere che qui dentro si esprimesse una parola definitiva su questo argomento - proprio per non ingannare nessuno -, invece di proseguire a farlo sui giornali (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione)!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, contrariamente a lei, ritengo che i giornalisti abbiano gli occhi per vedere quanti deputati sono presenti e non ho assolutamente la possibilità di bloccare, negare la parola o entrare nella discussione...

ROBERTO GIACHETTI. Deve dire, nei dibattiti generali, quanti sono!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, lei ha capito benissimo i rilievi che i colleghi contrari all'amnistia hanno rivolto ai firmatari. Si tratta di rilievi che si possono condividere o meno, ma che comunque devono essere rispettati e non meritano certo interventi impropri da parte mia.

E non ho bisogno che lei, onorevole Giachetti, mi spieghi quanti sono i deputati presenti, perché ci sono decine di giornalisti che riporteranno fedelmente, numeri alla mano, quanti sono i presenti.

Non vi è dubbio che ci sono state discussioni sulle linee generali nelle quali erano presenti anche solo dieci parlamentari...

ROBERTO GIACHETTI. Sempre, su ogni argomento!

PRESIDENTE. E non vi è dubbio che questa seduta sia stata convocata, ai sensi di un articolo della Costituzione, come seduta straordinaria.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevo ringraziare il collega Giachetti per aver dato a tutti noi l'opportunità e la condizione per discutere di un tema così delicato. Volevo ringraziare anche lei, signor Presidente, per aver fissato celermente questa seduta e per aver riconosciuto ampio spazio a tutti per discutere di un tema al quale annetto personale considerazione.

Non posso ringraziare il ministro della giustizia che non ha sentito il dovere né ha avuto la sensibilità di partecipare a questo dibattito, non per rispetto verso coloro che vi hanno partecipato o che intervengono, ma per rispetto doveroso nei confronti di questa Assemblea.

Parlerò con la prudenza che si impone quando si parla di libertà, dei diritti fondamentali dei cittadini e soprattutto, quando si parla di libertà, non senza un'amarezza di fondo. Colleghi, che più volte questa mattina dai banchi della maggioranza avete rimarcato una scarsa presenza in quest'aula, vi ricordo che quando si è trattato di parlare e di difendere le libertà individuali di qualche parlamentare eravate tutti presenti! Infatti, è brutto constatare che soprattutto in quei settori manchino persone quando si parla di libertà collettiva, di libertà che interessa tutti i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione)!

Tuttavia, non mancherò di usare la chiarezza necessaria in quest'aula, in quanto non vorrei che i toni correttamente moderati che hanno caratterizzato questo dibattito, in funzione dell'altezza degli obiettivi e dei temi presupposti, finissero per togliere a noi stessi il dovere di essere puntuali in ragione di ciò che discutiamo.

Nel novembre di due anni fa, quando il Sommo Pontefice invocò in quest'aula un atto di clemenza, tutti accolsero quelle parole con la consapevolezza - evidentemente  comune sia alla cultura cattolica e cristiana sia a quella laica - che fosse doveroso agire con disponibilità spirituale verso chi soffre per una pena pur legittimamente inflitta.

Noi, oggi, ci confrontiamo con un problema la cui genesi è stata da più parti ricordata e molto spesso enunciata. Ho sentito ricordare, soprattutto dalla collega Lussana, il sovraffollamento delle carceri: è uno dei problemi, ma non il solo. Noi ci confrontiamo con un problema carcerario che ha dimenticato la funzione rieducativa e riabilitativa della pena; che ha dimenticato la necessità di recupero sociale del condannato; che ha dimenticato la dignità insita nelle modalità di espiazione della pena; che ha dimenticato i problemi sanitari all'interno delle carceri, i problemi scolari, i problemi del recupero sociale e, soprattutto, il problema del reinserimento lavorativo.

Noi abbiamo un dovere spirituale, non c'è dubbio - coloro che credono e coloro che lo sentono in coscienza senza credere: non fa differenza! -, ma abbiamo, come legislatori, un dovere diverso, quello di confrontare il problema dell'esigenza di clemenza, che è frutto dei presupposti che in precedenza ricordavo, con il dovere di giustizia e con il dovere di sicurezza dei cittadini, anche per evitare un duplice pericolo: da un lato, che leggi di sostanziale clemenza, sia pure indiretta, inappropriatamente approvate da questo Parlamento dall'inizio della legislatura ed a tutti note (non le citerò in dettaglio per rispetto di questa Assemblea) inducano a ritenere che questa Camera sia incline a considerare la libertà personale di pochi più importante della libertà di tutti, universalmente intesa come patrimonio della persona; dall'altro lato, per evitare che il tema della sicurezza venga utilizzato in maniera strumentale e populista da chi ha dimostrato di non avere né nell'intelletto né nel cuore il tema della giustizia.

Quando si parla di funzione della pena, della sua dignità, della rispondenza ai criteri costituzionalmente garantiti, e quando si risponde negativamente alle esigenze di clemenza, sarebbe necessario domandarsi, soprattutto ai massimi livelli, signor ministro della giustizia, oggi assente in quest'aula - ma spero che ci ascolti -, se sia stato fatto qualcosa, in questi ultimi cinque anni, affinché la pena divenisse più giusta, tendenzialmente, e perché fossero adottati provvedimenti per garantire la sicurezza di coloro che sarebbero usciti un domani dal carcere e di coloro che dal carcere sono fuori. La collega Finocchiaro ha ampiamente e bellamente affrontato questo problema, per cui non vi tornerò sopra.

Vorrei soltanto dire - e, credetemi, la mia non è polemica, ma solo necessità di chiarezza - che non vi è sicurezza se non si creano le condizioni affinché chi entra in carcere ne esca migliore. Onorevole Lussana, lei ha affermato che è necessario costruire più carceri. Sì, secondo l'ottica propria del ministro Castelli, è vero! Io vi dico che è necessario ricostruire le persone all'interno delle carceri, altrimenti non si è fatto niente: si sono costruite mura, ma la logica del mattone non può essere prevalente su quella della dignità umana e sulle logiche sociali (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel Pugno e di deputati di Forza Italia e dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU))!

Oggi, in carcere vi sono circa un terzo di extracomunitari, un terzo di detenuti ordinari, diciamo così, compresi coloro che attendono di essere giudicati - argomento fondamentale - ed un terzo di tossicodipendenti.

Io mi domando, e domando a voi: ma cosa ci fanno i tossicodipendenti in carcere? Sperate che i tossicodipendenti, quando usciranno dal carcere, possano essere migliori se non avremo adottato, all'interno del percorso di recupero, escludendo il sistema carcerario, tutto ciò che è necessario per ricostruire dei cittadini?

Oppure ritenete che, vivendo all'interno del carcere e dovendo pagare (tralascio il come e il modo) quelle poche dosi che i boss del carcere fanno loro pervenire, non ne escano peggiori? O non immaginate (e  mi rivolgo all'onorevole Fini che, troppo spesso, ha usato rigidezza di pensiero nell'affrontare questo problema) che per i tossicodipendenti sia assolutamente necessario un percorso alternativo al carcere, che offra le condizioni per l'inserimento in comunità e che, attraverso il sistema della comunità, garantisca loro la possibilità di ritornare cittadini?

Vedete, una delle pochissime gioie che ultimamente ho provato è quella di essere stato raggiunto da un mio ex, non dico cliente, perché, ovviamente, questa gente non ti dà mai una lira, ma amico del cuore, un ex tossicodipendente che ho difeso tantissime volte per reati contro il patrimonio: uscito da San Patrignano, si è messo a lavorare, si è sposato con una ragazza conosciuta lì dentro, ha messo su famiglia e mi è venuto personalmente a ringraziare, portandomi un vaso di ceramica che aveva avuto modo di imparare a fare a San Patrignano. È diventato ceramista.

Oggi, vi è la necessità di un atto di clemenza, non c'è dubbio, per le condizioni e per i fattori che prima ho riferito. Ma vi è la necessità di una contestuale revisione sistematica di tutto l'ordinamento penitenziario, del sistema della pena, a cominciare dall'individuazione di pene differenziate per qualità di reati e per categorie di delinquenti, superando l'attuale dicotomia tra pene detentive e pene pecuniarie, di un sistema cautelare diverso, troppo spesso, oggi, improprio, impropriamente usato e non corrispondente all'esigenza di tutela...

PRESIDENTE. Onorevole Fanfani...

GIUSEPPE FANFANI. Presidente, pregherò i colleghi del gruppo della Margherita di parlare di meno, però...

PRESIDENTE Onorevole Fanfani, le ho solo ricordato la conclusione del tempo a sua disposizione.

GIUSEPPE FANFANI. Se le è possibile, usi clemenza anche lei nei miei confronti.

Dicevo: un sistema non corrispondente all'esigenza di tutela rispetto alle case-famiglia per detenute madri.

Lo faremo nella prossima legislatura, perché, in un quadro di revisione generale, sarà possibile accedere ad un provvedimento di clemenza più ampio che comprenda anche la possibilità di un'amnistia per la quale, oggi, riteniamo non esistano le condizioni. Un provvedimento che alleggerisse, come è stato già detto, il sistema giudiziario da fascicoli appartenenti a reati minori, ma non tali nella sensibilità dell'opinione pubblica (faccio riferimento alle truffe, alle appropriazioni indebite, per parlare di problemi che oggi sono al centro della sensibilità sociale, ai falsi in bilancio, che verrebbero estinti; e chi se ne vuole assumere la responsabilità lo può dire chiaramente), non inciderebbe minimamente sul sistema carcerario.

L'amnistia - è inutile ripeterlo; vi è stato detto da più parti - non incide sulla quantità di persone detenute in carcere, senza considerare che essa, svincolata da provvedimenti strutturali per i quali vi è necessità di una ampiezza di pensiero che difficilmente si riesce ad avere e che, fino ad oggi, non vi è stata, corre il rischio di essere pericolosa nell'impatto sul sistema processuale e sostanziale penale e di risultare, ancora una volta, un provvedimento di favore verso i forti e non verso i deboli.

Oggi, in quest'aula, ho sentito dire che i condannati devono scontare la pena fino in fondo: cito testualmente le parole dell'onorevole Lussana. È un sano principio, ma immagino che chi lo ha pronunciato se ne sarebbe dovuto ricordare anche quando sono stati adottati in quest'aula provvedimenti di favore, perché, se lo avesse ricordato alla propria coscienza, quei provvedimenti non sarebbero stati adottati (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel pugno). E non fatemi fare i nomi, perché vi sono anche presidenti di partito che hanno usufruito di questo provvedimento.

Noi abbiamo, a suo tempo, elaborato e lavorato ad un indulto condizionato che  venne definito «indultino». Molti hanno detto che è servito a poco o a niente, perché ha liberato solo sei, settemila persone, ma nessuno ha potuto dire che l'indultino ha prodotto delinquenti, perché era condizionato alla buona condotta, perché era un provvedimento di clemenza condizionato alla sorveglianza e perché, attraverso l'indultino, coloro che sono usciti si sono sentiti gratificati dallo Stato in termini di fiducia e, molto spesso, hanno ricambiato questa fiducia con comportamenti che non sono stati censurati!

Di questo vorrei chieder conto ai censori di un provvedimento che, in tanti (il sottoscritto, l'onorevole Buemi e molti altri), abbiamo in passato voluto e nel quale abbiamo creduto.

È vero, era un provvedimento da poco, ma ha dimostrato che se si dà fiducia a coloro che la chiedono da una posizione di sofferenza, molto spesso questa fiducia viene ricambiata con comportamenti certamente migliori di quelli che non si tengano in carcere.

La strada da seguire, signor Presidente, è quella della clemenza congiunta alla sicurezza. Su questa strada noi, ancora oggi, intendiamo muoverci, con un provvedimento di indulto. È questa la nostra proposta, che tutto l'Ulivo ha condiviso e sulla quale credo si possa enunciare un atto di coerenza. Per ciò è necessaria coerenza di pensiero, che molti non hanno, e soprattutto è necessario senso della giustizia. Ma sono necessarie anche tre qualità: come dice San Paolo, ci vuole la luce per vedere (cioè, la capacità di vedere oltre quello che si vede normalmente), il coraggio per eseguire e la pazienza per sopportare le conseguenze di quello che si fa.

Chi non ha queste qualità dovrebbe astenersi dal pretendere di governare materie così delicate come la sofferenza e la speranza, che ad essa è collegata e che nessuno ha il diritto di negare a nessuno (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Fiori, che parla in rappresentanza della DC, volevo ricordare i nomi dei colleghi che, sino ad ora, hanno chiesto di intervenire a titolo personale: Sterpa, Cento, Bandoli, Mario Pepe, Siniscalchi, Bulgarelli, Zanella, Taormina, Biondi, Sgarbi, Ricciotti, Duilio, Giovanni Bianchi, Lupi, Ranieli e Mazzucca Poggiolini. Qualora vi siano altre richieste di intervento, invito gli interessati ad indicarle alla Presidenza, al fine di consentirmi una sorta di programmazione dei lavori.

NINO MORMINO. Signor Presidente, anch'io mi riserverei di intervenire, quale relatore in Commissione sui provvedimenti in materia.

PRESIDENTE. Certo, non è una questione di fiscalità; la mia richiesta è volta esclusivamente a consentire una certa organizzazione dei lavori e per evitare che si concluda la seduta con due parlamentari, magari attribuendone la colpa al Presidente che non ha fatto una programmazione adeguata.

ENRICO BUEMI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, intendo sottoporle la questione dell'applicazione dell'articolo 62, terzo comma, della Costituzione e chiederle se la Presidenza della Camera abbia avviato rapporti con la Presidenza del Senato per dare attuazione al principio costituzionale recato dal succitato articolo 62.

PRESIDENTE. Onorevole Buemi, le rispondo subito, in quanto tale questione è stata sollevata, impropriamente, anche nei giorni scorsi.

Ai fini di quanto disposto dall'articolo 62, terzo comma, della Costituzione, secondo cui quando si riunisce in via straordinaria una Camera è convocata di diritto anche l'altra, ho comunicato al Presidente del Senato, per iscritto, sin dalla giornata  del 23 dicembre scorso, l'avvenuta convocazione in via straordinaria della Camera, ferma restando l'autonomia costituzionale dell'altro ramo del Parlamento e delle determinazioni di competenza dei relativi organi direttivi.

Peraltro, la prassi attuativa della citata disposizione costituzionale è nel senso di non considerare automatica, a fronte della convocazione in via straordinaria di una Camera, la corrispondente riunione in via straordinaria dell'altra.

In questo senso sono i tre più recenti precedenti in materia, su quattro verificatisi. Si tratta dei precedenti del 1979, quando, a fronte della convocazione straordinaria del Senato, la Camera svolse una seduta ordinaria; del 1992, quando, a fronte della convocazione straordinaria della Camera, il Senato non tenne seduta, e del 1994, quando, in occasione della convocazione straordinaria della Camera, il Senato tenne una seduta ordinaria su altri argomenti.

Pertanto, anche il furore polemico, sollevato al riguardo, è assolutamente improprio rispetto ai precedenti.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Fiori. Ne ha facoltà.

PUBLIO FIORI. Vorrei iniziare questo mio intervento come uno dei firmatari della richiesta di autoconvocazione della Camera dei deputati ringraziandola, signor Presidente, perché, al di là di quanto abbiamo ascoltato, lei ha dato adempimento preciso e puntuale al dettato costituzionale e ci ha consentito di svolgere, oggi, questo dibattito che, a parte le polemiche di tipo politico o anche personale, si sta dimostrando, di fatto, un incontro molto interessante ed importante. Sta emergendo, infatti, con chiarezza una volontà fortemente maggioritaria di questo ramo del Parlamento di affrontare in maniera decisiva ed immediata un tema così rilevante.

Ascoltando i rappresentanti dei gruppi parlamentari, da Forza Italia a quelli della sinistra, all'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU), alla Democrazia cristiana, si può rilevare che vi è una maggioranza pronta a fare autocritica sulle carenze che anche questo Parlamento deve accertare rispetto ai gravi problemi della giustizia e rispetto al gravissimo problema dell'affollamento delle carceri.

Colleghi, ci tengo a sottolineare un concetto. Il Parlamento non è oggi diviso tra chi non vuole che la pena sia applicata e chi invece pretende che la pena sia accertata ed applicata. Siamo tutti d'accordo: «delitto e castigo», «delitto e punizione». Su ciò, ripeto, siamo tutti d'accordo; nessuno vuole sottrarre qualcuno alla propria responsabilità per aver violato la legge penale.

Il tema che stiamo ponendo è un altro, cioè se accanto al diritto costituzionale di veder punito chi ha commesso il reato vi sia la possibilità di rispettare anche l'altro diritto costituzionale, per cui la pena viene applicata ma eseguita nel rispetto dei principi previsti dalla Costituzione.

Quando vi sono (lo hanno detto in tanti e non intendo soffermarmi oltre, ma lo accennerò avendo visitato le carceri italiane) sei, otto o persino dieci persone in una cella dove è prevista la presenza di due persone, questa non è più una pena. Non intendo dire che possa rappresentare una tortura, ma sicuramente è un modo disumano di affrontare il tema, di far pagare a chi ha sbagliato il proprio debito verso la collettività.

È già importante che noi, al termine della legislatura, ci facciamo carico in maniera palese, ci assumiamo la responsabilità della distorsione del «sistema giustizia». Bisogna dire che deve essere applicato non soltanto l'articolo della Costituzione che considera la qualità della pena, ma anche il principio dell'articolo 3 della Carta costituzionale, per cui non è giusto che i ritardi nell'amministrazione della giustizia per alcuni cittadini significhino impunità e per altri dover pagare sovrapprezzi nell'esecuzione della pena.

Cosa possiamo fare? Qualcuno ha detto che non abbiamo, ormai, il tempo di intervenire. Non sono d'accordo, perché se effettivamente vi fosse, nella Camera, come ho percepito (si tratta di stabilire le  forme di intervento), la possibilità di trovare un accordo per giungere ad un provvedimento immediato di clemenza, che vada nella direzione di eliminare una stortura incostituzionale e disumana che sappiamo esservi nelle carceri italiane, avremmo un mese di tempo durante il quale il provvedimento potrebbe essere varato.

Aggiungo che, se per caso non riuscissimo a varare in tempo l'amnistia o l'indulto, cioè a trovare un accordo che faccia emergere una maggioranza così importante dal punto di vista quantitativo, richiesta dalla Costituzione, potremmo approvare una «leggina», da me presentata due anni fa, che pone un limite oltre il quale nel carcere non possa essere accettato nessuno.

Non vorrei suscitare delle ironie, ma si tratterebbe del «numero chiuso». In altri termini, se a Regina Coeli possono essere ospitati mille detenuti, il direttore di quel carcere, quando arriva il numero mille e uno, non può farlo entrare.

Mi riferisco, dunque, ad una legge che preveda che, quando si è superato il limite oltre il quale le condizioni umane della detenzione diventano inaccettabili, il direttore del penitenziario ha il dovere di non procedere all'accettazione di altri detenuti, e quindi il magistrato ha la facoltà - e forse il dovere - di individuare una pena alternativa.

Ritengo comunque che, al di là di questa mia modesta e sommessa proposta di legge (che giace da molto tempo presso la Commissione giustizia), se vi fosse - e credo che ci sia - la volontà politica di procedere in tal senso, troveremmo il modo, anche con una serie di sedute notturne, di affrontare e risolvere questo drammatico problema (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Ecologisti democratici e di deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fiori.

A questo punto, passiamo agli interventi dei sottoscrittori della richiesta di convocazione straordinaria della Camera che hanno chiesto di parlare: ricordo che ciascuno di loro ha quattro minuti di tempo a disposizione.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Sterpa. Ne ha facoltà.

EGIDIO STERPA. Signor Presidente, non sono un giurista ed ho poca dimestichezza con i problemi della giustizia. Onestamente, quest'oggi mi aspettavo un dibattito sereno e pacato; vi sono stati, invece, accenti polemici francamente inaccettabili: lo dico con cortesia e con cordialità ai colleghi che hanno usato tali accenti.

Mi sono ritrovato molto nel discorso pronunciato dall'onorevole Pecorella, che ha svolto veramente un intervento di alto livello giuridico, nonché nei discorsi dei miei amici Pisapia ed Armando Cossutta (perché si può essere amici anche stando su sponde opposte, ed io sono amico di questi due colleghi, di cui ho ascoltato con interesse le argomentazioni).

Il mio sarà un intervento breve, signor Presidente, perché vuole essere una testimonianza liberale - sottolineo: liberale - a favore di un provvedimento di amnistia e di indulto insieme: infatti, non serve l'indulto da solo, così come non serve soltanto l'amnistia. Vi sono ragioni serie e solide per sostenere questa battaglia, che considero di alto valore civile, di cui innanzitutto va certamente dato merito - lo dico con molta schiettezza - a Pannella; voglio aggiungere che anche all'onorevole Giachetti va dato il merito di avere fatto convocare questa seduta.

La prima ragione per cui sono a favore di questi provvedimenti di clemenza è perché, come dice Croce nel suo Etica e politica, la giustizia è fatta anche di compassione umana. Ecco perché, francamente, non capisco il no all'amnistia e all'indulto pronunciato da alcuni colleghi, di cui peraltro rispetto le opinioni. Non c'è retorica, non c'è demagogia in questa mia affermazione, ma non c'è neppure l'ipocrisia che avverto nelle parole di alcuni che oggi sono a favore dell'amnistia o dell'indulto, ma che non lo sono stati ieri; fatto sta che da quindici anni, in questo  paese, non viene varato un provvedimento di clemenza!

Ed è demagogia - e lo dico, anche in questo caso, con cordialità - non sostenere, ma esprimere contrarietà verso l'amnistia. Indubbiamente, nell'opinione pubblica c'è contrarietà, poiché si teme il ritorno in circolazione di criminali; tuttavia, credo che un buon provvedimento di amnistia e di indulto, ben congegnato, possa evitare il ritorno in circolazione di delinquenti.

La testimonianza di un grande giurista, di cui mi onoro anche di essere amico, mi ha convinto a sostenere questa tesi a favore dell'amnistia. Si tratta della testimonianza di Giuliano Vassalli, che ci assiste...

PRESIDENTE. Onorevole Sterpa, si avvii a concludere.

EGIDIO STERPA. ... nelle decisioni che il Parlamento assume.

Concludo, Presidente. Vassalli, per l'appunto, ha dichiarato - leggo la sua dichiarazione - che non c'è mai stato nella storia d'Italia, prima monarchica e poi repubblicana, un periodo così lungo, ben quindici anni, senza amnistia ed indulto: per questo le carceri scoppiano!

Non aggiungo altro, signor Presidente; non ne ho il tempo e, peraltro, ho promesso di parlare poco. Mi affido, però, alle parole dell'avvocato e presidente della Commissione giustizia, professor Pecorella, che è qui presente, nonché, come ho già dichiarato, alle parole poc'anzi pronunciate dagli onorevoli Pisapia e Armando Cossutta (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, la posizione dei Verdi è stata già espressa con grande coerenza e chiarezza dal nostro presidente, onorevole Pecoraro Scanio. A mio avviso, giunti a tal punto, si dovrebbe forse riflettere su come concludere la discussione politica e parlamentare che opportunamente si sta svolgendo questa mattina.

Infatti, non vi è dubbio che gli interventi dei deputati dei diversi gruppi segnalino quanto anche in Commissione giustizia, nella settimana precedente la pausa natalizia, si era constatato: posizioni diverse, che purtroppo non rendono plausibile un percorso che culmini nell'approvazione di un provvedimento di amnistia e di indulto in questa legislatura. Noi Verdi, però, ci siamo, pronti anche ad una convocazione quotidiana a partire da domani, qualora si dovesse registrare un mutamento delle condizioni che sono emerse dagli interventi svolti.

Ci rivolgiamo anche ai nostri amici ed alleati del centrosinistra per sgombrare il campo da un equivoco: noi siamo per l'amnistia e l'indulto congiunti, come sempre è stato nella storia del Parlamento, ma non ci sottrarremmo ad una discussione che fosse anche solo sull'indulto. Discussione che riterremmo, però, riduttiva, non adeguata nè sufficiente per affrontare la complessità di temi significativi non solo per i detenuti, ma per il funzionamento stesso della giustizia. Rimaniamo sorpresi dalla circostanza che anche il partito dell'onorevole Giachetti - che noi ringraziamo per l'iniziativa assunta - abbia però, con l'onorevole Fanfani, espresso la propria non adesione all'ipotesi dell'amnistia, condividendo solo l'ipotesi di un indulto molto ristretto e condizionato che, a mio avviso, a poco servirebbe. Ma, fosse anche quello l'approdo di questa discussione, non ci sottrarremmo.

Riteniamo però, Presidente, che sarebbe forse opportuno assumere, da parte dei partiti prima ancora che dei gruppi parlamentari, un comune impegno. Noi proponiamo che i segretari dei partiti del centrosinistra e del centrodestra ed i leader dei due schieramenti, Romano Prodi e Silvio Berlusconi, assumano almeno un impegno politico che vincoli le forze politiche che dovessero essere rappresentate in Parlamento nella prossima legislatura a mettere all'ordine del giorno dei lavori,  all'inizio della prossima legislatura, un provvedimento di amnistia e di indulto, con l'impegno dichiarato, pubblico, trasparente, autenticamente bipartisan, di approvarlo nei primi tre mesi a decorrere, appunto, dall'inizio della nuova legislatura. Riteniamo che ciò sarebbe un modo serio di risolvere questa discussione evitando che oggi, di fronte ad una lodevole iniziativa di 205 parlamentari, si chiuda il dibattito attraverso la constatazione dell'impossibilità, quasi un funerale, di un provvedimento di clemenza e dando una speranza seria e responsabile per l'emergenza carceraria a quanti la vivono: non solo i detenuti ma anche - nessuno li ha ricordati in questa discussione - gli operatori di polizia penitenziaria, i volontari e coloro che quotidianamente hanno a che fare con le condizioni drammatiche di vita nelle carceri.

Dunque, perché non creare le condizioni affinché un atto politico che impegni i partiti, sottoscritto dai segretari dei partiti stessi e dai leader dei due schieramenti, non venga assunto nei prossimi giorni in maniera coerentemente conseguente a questo dibattito parlamentare...

PRESIDENTE. Onorevole Cento...

PIER PAOLO CENTO. Concludo, Presidente. Un atto che ci impegni affinché nella prossima legislatura, magari per la ricorrenza del 2 giugno, festa della Repubblica, si giunga ad un provvedimento di clemenza. Lo dobbiamo fare, se vogliamo essere seri e responsabili; questo è l'impegno che i Verdi si assumono e che propongono alle altre forze politiche quale conclusione di questa discussione parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione e di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bandoli. Ne ha facoltà.

FULVIA BANDOLI. Signor Presidente, credo che vada detto, a nome di tutti quelli che hanno dato vita a questa discussione, che poche volte mi è capitato di assistere ad un dibattito generale su un provvedimento su cui non si vota nel quale ci si ascoltasse reciprocamente con tanta attenzione. Questo è un dato sicuramente positivo, a riprova del fatto che ciò non dipende mai da quanti si è all'interno di quest'aula a dar vita ad una discussione, ma che l'importante è il reciproco ascolto. Ognuno di noi e di voi rappresenta anche gli altri, i pochi che sono qui e i tanti altri.

Sono contenta di questa discussione per una ragione: ho sentito alcune posizioni muoversi da una parte e dall'altra. Ho sentito anche delle differenze, che non posso negare, all'interno dello schieramento a cui appartengo. Mi riferisco ad una maggiore disponibilità all'indulto piuttosto che all'amnistia. Ho anche apprezzato alcune delle valutazioni fatte dall'onorevole Pecorella, che ha dichiarato la disponibilità di Forza Italia, che mi piacerebbe verificare nell'insieme. Vorrei capire quali sono i reati che verrebbero inclusi e quelli che rimarrebbero esclusi da un eventuale provvedimento: vorrei che fosse chiarito, perché in quest'aula sono avvenuti episodi inquietanti in tema di giustizia negli ultimi anni.

C'è quindi molto da discutere. Anche se è sicuramente negativo creare illusioni, come è stato detto in questi giorni, tuttavia è ancora più negativo continuare a nascondere la realtà delle carceri o dire ai detenuti che ci disinteressiamo della loro condizione e che il problema è rinviato a data da destinarsi. Non solo l'illusione, ma anche il rinvio continuo alimenta la rabbia. Almeno oggi abbiamo cercato di parlare seriamente, non di fare quattro chiacchiere, come dice l'onorevole Giovanardi. Abbiamo parlato, ci siamo ascoltati e abbiamo cercato di capire se da questa discussione, che dovrebbe poi continuare nella Commissione competente, possa nascere qualcosa, magari un provvedimento di clemenza condiviso, che comprenda amnistia ed indulto insieme, teso a risolvere o comunque a migliorare la situazione carceraria.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 12,10)

FULVIA BANDOLI. Mi è capitato in questi giorni di leggere un testo che molti di voi conosceranno. Mi riferisco al testo di Beccaria «Dei delitti e delle pene». Scriveva Beccaria che non vi è libertà ogniqualvolta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa.

Nelle carceri abbiamo molti esseri umani che sono trattati come cose. Il 62 per cento dei detenuti italiani non ha l'acqua calda, ma il 70 per cento non ha nemmeno l'acqua concorrente (ciò accade nel 2005, alle soglie della rivoluzione informatica). Rispondere che costruiremo altre carceri, magari simili a quelle che già abbiamo, con lo stesso livello di servizi, è una risposta non soltanto impertinente, ma che non fa i conti con la situazione esistente e che non ha rispetto delle decine di migliaia di persone che vivono in condizioni disagiate.

Anch'io mi auguro che questa discussione non finisca qui. Mi suona molto forzato, se il provvedimento che abbiamo di fronte ha la valenza che qui è stata sottolineata, che si faccia riferimento alle posizioni politiche dei partiti o dei gruppi parlamentari, Forza Italia o Democratici di sinistra che siano, ma vorrei che il singolo parlamentare si assumesse la propria responsabilità individuale. Il Parlamento, di fronte un provvedimento del genere, sarebbe più autorevole e anche il parlamentare ne guadagnerebbe nella sua funzione.

Ci sono casi di coscienza - e questo è uno di quelli - nei quali ritengo che ci si debba muovere in questo modo. Oggi abbiamo ascoltato i gruppi e molti parlamentari appartenenti a tali gruppi, con le loro sfumature (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Verdi-l'Unione e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al collega Mario Pepe, voglio dire che farò rispettare i tempi, assolutamente limitati, perché così mi ha raccomandato il Presidente della Camera, conoscendo la mia «bontà d'animo».

Prego, onorevole Mario Pepe, ha facoltà di parlare.

MARIO PEPE. Signor Presidente, intervenendo in questa discussione, desidero ricordare quei milioni di cittadini italiani che tutte le mattine salgono e scendono le scale dei tribunali italiani e poi ritornano, dopo sei mesi, un anno o tre anni, quasi fossero in un «girone infernale». Sono i sei milioni gli italiani coinvolti in qualche processo penale, costretti per anni a frequentare le aule giudiziarie, a parlare con gli avvocati, a sostenere le spese di un processo che per molti è diventato quasi un mutuo bancario ventennale. Questi italiani guardano a noi, oggi, e ci chiedono più giustizia; e giustizia vuol dire, oggi, amnistia.

Per tale motivo, respingiamo il compromesso, proposto dall'onorevole Violante, di varare il solo indulto, che non risolverebbe la sofferenza dei processi pendenti, che sta rappresentando una vera e propria emergenza sociale.

Dalle carceri arrivano, infatti, dati allarmanti, ma il sovraffollamento è solo l'ultima tra le sofferenze: esistono sofferenze peggiori per i detenuti, quelle dei diritti negati. Nelle carceri, come rilevava poc'anzi l'onorevole Pisapia, non vi sono solo pericolosi criminali, che possono essere esclusi dai benefici dell'amnistia. Prevalgono i «poveri diavoli», i «cani senza collare», cresciuti sui marciapiedi delle nostre periferie. Nelle carceri italiane i detenuti non portano più il pigiama a strisce ed il berretto cifrato, ma rappresentano pur sempre un numero, un «fascicolo», come diceva l'onorevole Pecorella, che il tribunale di sorveglianza, in passato, ha aperto poche volte per concedere quei benefici divenuti diritti.

Non vi parlerò della sanità in carcere. Non vi parlerò della tubercolosi, portata nelle nostre carceri dagli immigrati, né dei 10 mila malati di epatite C. Vi parlerò di un fenomeno drammatico, cui dobbiamo  porre rimedio, quello dei suicidi in carcere. I numeri di tale fenomeno: nel 2004, vi sono stati 82 suicidi ed 800 tentativi di suicidio. I suicidi avvengono in percentuale altissima tra i detenuti in attesa di giudizio, quelli ancora ufficialmente innocenti.

Il suicidio in carcere non è il gesto di uno squilibrato, è un gesto calcolato, di chi non sopporta la sofferenza e la vergogna. Leggevo, proprio in questi giorni, un bellissimo libro di Giovanni Pascoli, i Canti di Castelvecchio. Giovanni Pascoli fu imprigionato perché sospettato di avere idee socialiste e nel carcere dice: «(...) quella sera, dalle lunghe ore nel carcere, all'improvviso dissi: «avresti molto dolore tu, se non t'avessero ucciso(...)». Ed ancora: «(...) la mia vita agli uomini volevo lasciargliela lì (...)». Giovanni Pascoli non era certamente uno squilibrato.

Come ha lo risposto lo Stato a questo grido d'allarme? Con i decreti Bindi, che hanno smantellato la sanità penitenziaria, con la riduzione continua dei fondi per la sanità penitenziaria.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 12,15).

MARIO PEPE. Solo lo scorso anno, un emendamento a prima firma dell'onorevole Bondi e del sottoscritto ha ripristinato tale fondo.

Concludo, signor Presidente, dicendo alla Lega ed agli amici di Alleanza Nazionale, nostri »compagni di viaggio« in questa legislatura: la sicurezza dei cittadini passa anche attraverso le carceri; incrudelire le pene nei confronti dei detenuti significa consegnare alla società reietti che si possono macchiare di delitti peggiori di quelli per i quali erano stati incarcerati.

Concludo, davvero, con le parole di un detenuto: «(...) può capitare a tutti di finire in galera, anzi no, può darsi che non vi capiti affatto, che ve la caviate, ma ricordate: anche se non andate dentro, voi c'entrate, c'entriamo tutti» (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, svolgerò poche considerazioni che ritengo doverose quali assunzione di responsabilità, sia in quanto firmatario della richiesta proposta dall'onorevole Giachetti, sia come primo presentatore, assieme a molti altri colleghi del mio gruppo, fin dal 2003, di una proposta di indulto e, lo sottolineo, di indulto revocabile.

Non ci sarebbe molto da dire dopo quanto ha detto con estrema chiarezza l'onorevole Anna Finocchiaro. Desidero, tuttavia, puntualizzare due concetti fondamentali che rendono questa discussione, non soltanto utile, ma fondamentale per dare finalmente un senso al dibattito in Parlamento; anzi, ritengo questo sia uno dei pochi atti di autentica democrazia parlamentare che, negli ultimi anni, sono stati compiuti in quest'aula. Altro che inutilità!

Abbiamo sentito una sorta di «schizzinoseria» nei confronti della discussione, come se si dovesse soltanto discutere quando la maggioranza è «blindata» e, soprattutto, quando lo è nei confronti di leggi scellerate che hanno ulteriormente aumentato il disagio nei confronti delle carceri e nei confronti del nostro sistema giustizia.

Qual è la considerazione fondamentale? Perché siamo convinti che si debba concedere un'indulto, non un indulto statistico «di sfollamento», ma un indulto che adempia ad una funzione costituzionale? Perché lo Stato è inadempiente sotto due profili costituzionali. Innanzitutto sotto il profilo riguardante la funzione rieducativa della pena: fanno testimonianza di queste mie affermazioni 140 tra interpellanze e interrogazioni - tante ne ho calcolate - che sono rimaste senza risposta. Tali atti di sindacato ispettivo denunciavano i suicidi in carcere, le condizioni di detenzione sia degli uomini sia  delle donne e, adesso, anche dei bambini, come abbiamo sentito poco fa. Fanno testimonianza di questa mia affermazione tutta una serie di emendamenti che sono stati sempre proposti in occasione della legge finanziaria per migliorare le condizioni di vita dei detenuti e per adempiere ai precetti di tutela della salute, soprattutto nei confronti dei tossicodipendenti e delle fasce più deboli, che sono stati tutti puntualmente respinti. Ecco perché si arriva ad una situazione di emergenza riconducibile ad una grave compressione di un principio costituzionale.

Vi è un altra funzione costituzionale che rende importante questa convergenza intorno alla possibilità di praticare un indulto, uno sconto di pena sostanziale condizionato alla sua revocabilità in caso di commissione di ulteriori reati.

Signor Presidente, nel rinnovarle il mio ringraziamento per aver, comunque, permesso lo svolgimento di questo dibattito, ricordo una seconda inadempienza, che non mi vede in funzione di accusatore, ma che ci ha fatto condannare dalla Corte europea. In che cosa consiste la seconda inadempienza? Le condanne da parte della Corte di giustizia europea riguardano il nostro regime di detenzione e la dilatazione dei tempi processuali tra eccezioni e dispendiosi bizantinismi di ogni sorta.

Noi, di fronte a questa situazione, dovremmo continuare ad essere farisaicamente inerti?

PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, concluda.

VINCENZO SINISCALCHI. No, noi vogliamo che Abele resti Abele, ma che quello che viene comodamente definito Caino non si trasformi in un Abele per colpa di uno Stato inadempiente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bulgarelli. Ne ha facoltà.

MAURO BULGARELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi proverò a dare senso - parlo a livello soggettivo - alla mia presenza oggi in quest'aula, tentando di portare, anche se per frammenti, la voce del terminale nervoso del sistema della pena nel nostro paese, ossia estrapolando alcuni punti da una lettera inviata ad alcuni giornali da una associazione di detenuti, l'Associazione culturale Papillon.

Al primo punto si propone un provvedimento di ampia amnistia, che arrivi ad includere tutti i reati per i quali è prevista una pena massima di sei anni ed un provvedimento di indulto generalizzato di almeno tre anni che riguardi tutti i detenuti senza esclusioni.

Al secondo punto si propone un provvedimento che ponga fine agli abusi della custodia cautelare: sono, infatti, oltre 23 mila i detenuti in attesa di giudizio e le statistiche rivelano che, mediamente, oltre la metà vengono assolti. Ciò significa che oggi essi sono in carcere, pur essendo innocenti.

In terzo luogo, si chiede una serie di provvedimenti che rendano inefficaci gli aspetti più barbari della legge Cirielli e rendano, invece, in qualche modo, effettiva l'applicazione integrale della legge Gozzini in tutti i tribunali di sorveglianza e per tutti i detenuti, siano essi italiani o stranieri, malati o in buona salute, ristretti in carcere in sezioni normali o in sezioni speciali. In altre parole, ciò significa adottare provvedimenti che riducano l'eccessiva discrezionalità del magistrato di sorveglianza.

Nella parte finale di tale lettera, che trovo estremamente interessante, si dice: queste proposte sono, a nostro avviso, la premessa per tutte le riforme necessarie in campo penale e penitenziario. Aggiungo che oggi sono abbastanza frastornato dal dibattito in corso. È certamente vero che molti deputati sono intervenuti a livello soggettivo, e credo che questo sia l'apporto e il senso dell'essere qui in questa giornata. Però, è anche vero (ciò lo ritengo meno edificante) che vi è stata un po' una rappresentazione della politica, la stessa che si è svolta in questa legislatura tutte le volte che si è parlato del sistema della pena in Italia.

Avrei trovato, forse, più prezioso tentare di svolgere interventi sul senso della  pena e del sistema in vigore nel nostro paese. Peraltro, riguardo al numero dei detenuti, che è stato ampiamente ricordato in diversi interventi, e soprattutto alla loro eccedenza, tenete conto che il 60 per cento delle persone in carcere nel nostro paese potrebbero tranquillamente stare all'esterno, non essendo affatto pericolose per la nostra società.

Credo, allora, che quel mondo differito, che è il sistema carcerario, in realtà guardi all'altro mondo, il nostro, come il vero ed unico sistema della pena. Ritengo, purtroppo, che in questa legislatura una serie di leggi abbiano creato società in questa direzione, rendendo ancora più stretto e ingiustificato il sistema della sorveglianza e della pena nel nostro paese.

Credo, invece, sia nostro compito, come deputati, come parlamentari, tentare di trovare soluzioni alternative a quello che oggi è il sistema della pena nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, molte cose sono state dette anche dai colleghi Verdi che mi hanno preceduta. Un provvedimento di clemenza si rende necessario, a fronte di una situazione carceraria disastrosa e ad una disastrosa situazione della giustizia in Italia. Ciò dovrebbe essere un incipit, un inizio, per affrontare davvero questa situazione drammatica.

Peggiorano sempre più le condizioni di vita e di lavoro - lo diceva il collega Cento - degli agenti, del personale amministrativo e del personale educativo, e le condizioni e il diritto alla dignità stessa dei detenuti. A fronte del sovraffollamento nelle carceri, infatti, vi è la mancanza cronica di personale; e le risorse sono sempre più scarse, comprese quelle per l'ordinaria manutenzione degli edifici. Quanto all'assistenza sanitaria, come abbiamo visto, dopo la riforma sanitaria ed il passaggio alle ASL delle competenze, altro che migliorare la condizione di salute psicofisica dei detenuti! Lo stesso si può dire delle attività educative: chi di noi frequenta le carceri sa quanto poco si possa fare rispetto alla necessità di interventi a questo livello, a fronte di personale assolutamente scarso.

Così pure le misure alternative, che potrebbero ridurre il sovraffollamento, sono negate praticamente sempre agli immigrati e concesse con difficoltà agli altri. Ancora, decine sono i bambini e le mamme presenti nelle carceri, nonostante la legge Finocchiaro.

Il regolamento penitenziario, cui tanto si è dedicato il nostro gruppo (ricordo il collega Corleone), resta inapplicato. Sono state già citate percentuali particolarmente allarmanti riguardanti i malati, i sieropositivi, i soggetti positivi al test dell'epatite C e B, le infezioni in atto, e via dicendo.

Ricordo il drammatico dato di 130 suicidi negli ultimi due anni e mezzo, di cui 122 di detenuti e 8 di agenti di polizia penitenziaria. Nel 2004 vi sono stati 1.110 tentativi di suicidio, 6.450 scioperi della fame, 4.850 episodi di autolesionismo, per citare soltanto quelli di cui si sa qualcosa. Si pensi al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, reso praticamente permanente. Si pensi inoltre alla legge cosiddetta ex Cirielli, che consegnerà i recidivi ad un carcere praticamente a vita, con la riduzione della possibilità di misure alternative. Per non parlare - oggi poco o nulla si è detto al riguardo - di quelle carceri particolari che sono i CPT, i centri di permanenza temporanea, in cui la libertà è negata a persone, donne e uomini, che non hanno commesso reati.

Ricordo che il commissario europeo per i diritti umani ha visitato tra il 10 e il 17 giugno le nostre carceri e ha predisposto una relazione sul sistema carcerario e giudiziario in Italia. Tale relazione ci consegna in modo dettagliato il disastro della situazione carceraria. L'Italia è il quinto paese per ricorsi alla Corte europea per i diritti umani, il primo, colleghi, in termini di condanne. Dal 1992 siamo sottoposti  a un monitoraggio. Il Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa ha adottato la prima risoluzione a seguito di una sentenza della Corte europea per i diritti umani sulla durata dei procedimenti, e ciò ha determinato il monitoraggio continuo sul drammatico quadro della situazione in corso.

Concludo osservando che non si tratta soltanto di un'esigenza dettata dal sistema carcerario e dal sistema giudiziario, ma di un dovere morale, civile e istituzionale rispetto alle numerose convenzioni internazionali e alla stessa Carta sociale europea, che abbiamo sottoscritto e alla cui stesura abbiamo partecipato (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e Misto-Comunisti italiani e di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Taormina. Ne ha facoltà.

CARLO TAORMINA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sento parlare del fatto che non vi sarebbero i tempi per varare un provvedimento di clemenza, almeno per quanto riguarda la Camera dei deputati. Ritengo che i tempi siano in relazione all'esistenza di decisioni o comunque alla possibilità di assumere decisioni in tempi rapidi, e tutte le difficoltà, da questo punto di vista, troverebbero soluzione.

A me pare di capire, sulla base del dibattito di oggi ma anche di ciò che sappiamo da tempo, che vi sono molte ragioni di diversificazione. Mi risulta che da parte dell'opposizione siano state assunte varie iniziative, diversificate e, soprattutto, talvolta incompatibili. La diversità, riemersa anche nel corso del dibattito, tra coloro che propongono soltanto l'indulto e coloro che sostengono l'amnistia, mi pare costituisca una di quelle situazioni che dividono, in modo allo stato assolutamente inconciliabile, le posizioni.

L'augurio è dunque che vi sia una decisione rapida e condivisa, e in tal caso i tempi saranno conseguenziali. Mi rivolgo soprattutto agli amici ed ai colleghi di Alleanza nazionale e della Lega, i quali, in ragione del principio della certezza e dell'effettività della pena, hanno manifestato con molta chiarezza la loro posizione contraria.

Credo che affermino certamente principi importanti, assolutamente condivisibili, soprattutto in questo momento storico, ma è al tempo stesso necessario ricordare che tanti altri principi - qualcuno è stato già ricordato dai colleghi che mi hanno preceduto - avrebbero dovuto trovare una puntuale applicazione, che invece non hanno avuto: mi riferisco al problema della ragionevole durata dei processi e alla esigenza di finalizzare l'esecuzione della pena alla rieducazione del condannato.

Mi meraviglia il fatto che poi, di fronte a queste inadempienze, che sono state di anni e forse anche di decenni - ma cerchiamo di guardare soltanto alla nostra legislatura -, si pensi che tutto debba essere incentrato sulla questione - certamente assillante - delle carceri e che quindi a pagare le nostre inadempienze debbano essere i detenuti.

Poiché è da tanto tempo che discutiamo di questi principi senza riuscire a trovare una soluzione, è evidente che intanto dobbiamo muoverci per risolvere i problemi più immediati. Le condizioni subumane, quasi animalesche, nelle quali vivono molti detenuti in molte carceri italiane, rendono prioritaria l'adozione di un provvedimento di clemenza, sul quale voglio spendere una parola.

Credo che dobbiamo modernizzare l'istituto della clemenza sovrana - chiamiamolo così -, che è stato già in parte rivisitato dal nostro Parlamento, con la previsione di una diversa maggioranza rispetto a quella originariamente prevista dalla Costituzione, cercando di venire incontro alle varie esigenze. Credo che quello che preoccupa i cittadini sia la possibilità che l'applicazione dei provvedimenti di clemenza costituisca una fonte di ulteriore preoccupazione per la sicurezza della gente e delle nostra città. Credo addirittura che sia indulto che amnistia possano essere trasformati in strumenti di contrasto della criminalità, per sventare i rischi per la sicurezza dei cittadini, trovando  delle forme - e questo è ben possibile sul piano tecnico - di condizionamento relative all'applicazione del provvedimento di clemenza. Prevedere, ad esempio, come si fa per l'indulto - ma lo si può fare anche per l'amnistia - un termine entro il quale non debba essere commesso alcun reato perché il provvedimento divenga definitivo e non venga revocato, potrebbe essere un punto di equilibrio che potrebbe trovare d'accordo anche Alleanza nazionale e la Lega Nord Federazione Padana, che hanno manifestato - forse per la mancata considerazione di questa preoccupazione - una posizione di avversione ai provvedimenti di clemenza. In questo senso auspico che il Parlamento possa decidere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Biondi. Ne ha facoltà.

ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, cari amici e colleghi parlamentari, ho firmato il foglio che mi era stato presentato - ero proprio seduto qui - dall'amico Giachetti nella speranza che si aprisse un dibattito, e questo è avvenuto. Aveva ragione poco fa la collega Bandoli - stavo presiedendo in quel momento -, quando si augurava che i discorsi non incidessero sulle questioni che riguardano le posizioni politiche, ma attenessero alle libere coscienze di ciascuno di noi. Infatti, i delitti e le pene rappresentano elementi che valgono in una società nella quale la funzione giuridica e giudiziaria devono essere - come dovrebbe essere - rapide, capaci di incidere e, nella fase della detenzione, di promuovere la riscossa personale di ciascuno nella ricerca dei valori perduti nel delitto.

Credo che tutto questo non sia avvenuto con il codice, che è diventato vecchio senza mai essere nuovo e che qualcuno ha definito una tunica svedese su un corpo sudamericano; una tunica sulla quale le pezze a colori delle modifiche si sono alternate in quindici anni, durante i quali né amnistie né condoni - salvo il cosiddetto indultino - sono stati previsti.

È inutile dire prima del fascismo, dopo il fascismo e fare il calcolo di quante volte l'amnistia è stata concessa: un'amnistia ogni due anni. Quindici anni sono passati dall'ultima. Nel frattempo, si sono modificate le situazioni sociali, personali e politiche. Carnelutti diceva: il processo è già una pena. Vedo che la sensibilità della mia amica Finocchiaro non è arrivata a cogliere questa distinzione, tra il momento in cui arriva una comunicazione giudiziaria e l'altro in cui si verifica il processo, nel corso del quale la verifica è ancora più lunga da farsi. Quindi, distinguere tra indulto e amnistia è un'ipocrisia in questo momento e mi dispiace doverlo segnalare.

Però è importante che se ne discuta e il merito di Giachetti è di averci fatto fare questo, altrimenti l'avremmo risolto nelle segrete stanze della Commissione e delle opinioni che ciascuno di noi manifesta nelle varie occasioni in cui è chiamato a esprimersi, magari su un giornale. È in questa sede, che si deve oggi decidere se al principio del nuovo anno tornerà all'ordine del giorno la questione, che è stata qui affrontata in una libertà di parole e di sentimenti, che riguarda ciascuno di noi. Mi sono riconosciuto totalmente nel discorso, anzi nella relazione puntuale, del presidente Pecorella ed anche negli interventi di altri colleghi.

Quindi non voglio entrare nel merito delle problematiche relative ad una situazione carceraria che è ben conosciuta da chi la vive, seppure per conto terzi, come un avvocato o anche come quei parlamentari che sentono il diritto-dovere di vedere come funzionano o non funzionano le carceri. Credo, signor Presidente, che si debba assumere l'impegno molto preciso - poi ognuno si assumerà politicamente le sue responsabilità - di portare la questione qui in Assemblea subito, in modo che si dica di «sì» o di «no» (Applausi di deputati del gruppo di Forza Italia e dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione) e che la popolazione carceraria, come viene definita, fatta di uomini e di donne che soffrono, sappia se il Parlamento è capace di decidere del loro destino (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, della Margherita, DL-L'Ulivo,  di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, mi dispiace, per la prima volta dopo tanti anni, non essere d'accordo con l'onorevole Biondi, non sul concetto, sulla sostanza e sui principi, largamente condivisi ed anche sulla sua indicazione dell'amnistia come soluzione reale e concreta che parte dall'ipotesi che Carnelutti aveva indicato e che egli ha ricordato. Sul tema della mozione degli affetti, non c'è uno solo di noi, in quest'aula, che abbia esperienza lunga o breve di Parlamento, che non sappia che questa è una finzione! Che mai questo Parlamento arriverà a concludere quello a cui aspira il desiderio anche degli uomini migliori, come Biondi, e che mai il Parlamento è stato beffardo e privo di rispetto come quando ha applicato in aula, anche per sua grazia, quella penosa targa, che è stata stigmatizzata oggi non da me, ma dal cardinale Tettamanzi, che ha detto: Giovanni Paolo II ha lottato per voi, carcerati. Lo hanno deluso, lo abbiamo deluso. Hanno appeso solo una targa. Peraltro una targa piccolina, minore, per un Papa tanto grande, più piccola di quelle appese per tanti altri, meno importanti di lui.

Perché? Perché essa non rappresenta un episodio storico, ma una visita turistica. Il Papa è passato, è stato ascoltato, si è commosso e ci ha commosso. Ha posto una sola questione di tipo politico, che era quella dell'amnistia. Oggi non c'è nessuno dei leader. Non vedo Berlusconi, non vedo Fassino, non vedo Rutelli, non vedo Bertinotti, non vedo neanche Pannella! Dove sono? Perché il richiamo di Pannella è speculare al richiamo del Papa. È il richiamo laico di un papa laico, che sfotte sempre il Vaticano, ma che in realtà questa volta converge su una questione, che non è radicale, cattolica, comunista o liberale, ma è umana e umanitaria! Questo lo sappiamo, ma stiamo qui, a fare questo gioco, che vede gli amici di campagna che vengono da Ferrandina rimproverare il Presidente per aver convocato l'Assemblea alle 9,30, invece che alle 14, 30! Provate a venire da Ferrandina e capirete che è difficile arrivare alle 9,30 se non si sta svegli tutta la notte, avendo festeggiato il 26!

Tutto ridicolo, tutto finto, tutto senza ragione, se non dimostrare che siamo buoni per Natale, che è il punto di convergenza fra il papa laico e papa Wojtyla, che è morto giubilato prima da noi che dalla Provvidenza. In quella giubilazione c'è la menzogna. Quella targa, d'altra parte, è piena di parole retoriche, che vorrei ricordare per chi non l'avesse lette: «Il 14 novembre 2002, incontrando in quest'aula deputati e senatori, presente il Presidente della Repubblica e le massime autorità istituzionali, Sua Santità Giovanni Paolo II, invocata la benedizione divina sulla amata Italia, fece auspicio di nuovi e fecondi traguardi di giustizia e di pace nel solco dei valori di civiltà della nazione per una umanità senza confini». Retorica bugiarda, senza fondamento; inoltre, a quale umanità ci si riferisce se si nega ai carcerati di vivere come viviamo noi? La pena ha un senso ma non l'umiliazione, la mancanza del «cesso» e dell'acqua calda! Come è tollerabile questo, come è tollerabile che 60 bambini innocenti stiano in carcere? Ecco la strage degli innocenti!

Abbiamo approvato la solita legge perché i bambini che hanno meno di tre anni portino le loro madri agli arresti domiciliari e quelli che hanno tre anni e sei mesi, quattro, cinque o sei anni? Quando si comincia a capire il mondo, ad imparare le lingue, Internet, inglese ed altre trovate del nostro amato Presidente? A cinque, a sei anni, in carcere, quando il tuo orizzonte non è la bellezza d'Italia ma la cella dove sta tua madre! Questa è la luce che vedono i bambini, attraverso le grate della cella, mentre noi stiamo ad ascoltare l'amico Adduce che voleva arrivare un po' più tardi. Sono pronto a scommettere con ognuno di voi che il 29 dicembre, quando le Camere saranno sciolte...

ALFREDO BIONDI. Gennaio.

VITTORIO SGARBI. ... non sarà passata non dico l'amnistia, ma neanche l'ombra della verità rispetto alla vita e alla morte di quelli che sono in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno e del deputato Selva).

PRESIDENTE. Ho la sensazione, onorevole Sgarbi, che la citazione di un'autorevole autorità ecclesiale, fatta all'inizio del suo discorso, sia sbagliata; vada a rileggerla bene perché si riferiva ad un altro periodo.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Ricciotti. Ne ha facoltà.

PAOLO RICCIOTTI. Signor Presidente, la ringrazio per questa convocazione dell'Assemblea. Con attenzione in sede di Conferenza dei capigruppo ha verificato concretamente che le firme apposte erano unitarie, e che tutti i gruppi politici, eccetto alcuni, partecipavano all'iniziativa. Chiaramente, questo doveva essere lo strumento per chiedere concretamente - molti di noi intorno al 20 dicembre decisero di costituire un comitato di parlamentari, tra questi c'era anche l'amico Giachetti - quello che il Santo Padre aveva chiesto all'Assemblea parlamentare oltre tre anni fa.

Da questo tipo di ragionamento è nata una riflessione profonda, che vede impegnati politici cattolici e laici, politici che non devono aver paura di portare avanti le proprie idee, ma soprattutto politici che, dopo quindici anni, sottolineo quindici anni, di mancata realizzazione di un provvedimento di amnistia nel nostro paese, continuano a dividersi tra chi è favorevole all'indulto o all'amnistia. Giustamente, l'onorevole Pecorella ha detto che non c'è divisione. Peraltro, rivolgo un appello a tutti coloro che si erano espressi a favore dell'indulto. Chiaramente si riconferma quello che è avvenuto già tre anni fa, dove qualcuno, come il Fronte popolare europeo, composto da Forza Italia e dall'UDC, voleva a tutti i costi che un provvedimento di amnistia fosse immediatamente approvato dopo le parole del Santo Padre, ma qualcuno come i Democratici di sinistra fecero blocco e si attestarono sull'«indultino».

Oggi viene riconfermata questa posizione dall'intervento dei rappresentanti del gruppo dei Democratici di sinistra, come l'onorevole Finocchiaro, e soprattutto emerge un ritorno indietro della Margherita, che si riattesta sull'indulto. Questo atteggiamento blocca automaticamente e mette una pietra tombale sul dibattito: queste erano le perplessità che molti avevano nel momento in cui si è convocata velocemente la Camera per il 27 dicembre. Forse molti di noi avrebbero preferito farlo alla ripresa dei lavori parlamentari con la presenza qualificata di molti più autorevoli esponenti.

È chiaro che, anche questa volta, il fallimento è tutto ascrivibile a coloro che, ogni qualvolta Forza Italia ha proposto l'amnistia, proponevano il contenuto dell'amnistia. Oggi, non si doveva svolgere un dibattito per identificare il contenuto dell'amnistia, ma occorreva fornire un segnale molto preciso al paese. Non è soltanto la marcia laica di Pannella, ma la volontà di gran parte del mondo cattolico che, su questo argomento, ha una sensibilità particolare per giungere finalmente ad un risultato forte.

Vorrei citare quanto affermato da don Paglia sul Corriere della sera: «I parlamentari non temano di diventare impopolari e pensino al bene comune. San Paolo lo dice anche ai cristiani: dobbiamo piacere più a Dio che agli uomini». Dunque, l'attenzione verso i carcerati per chi è cattolico non è un fatto di oggi, ma è un fatto che si attesta da oltre duemila anni.

Quindi, il Parlamento, anche dopo il compendio della dottrina sociale della Chiesa, deve porsi un problema di fondo; pertanto, l'odierna convocazione dell'Assemblea dovrebbe portare - lo speriamo - ad un provvedimento prima della fine della legislatura. Ed è inutile che qualcuno inviti ad assumere impegni nella legislatura, perché di questo argomento si parla  da oltre 15 anni e ritengo che ciò non aiuti i carcerati (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, questa mattina un autorevole quotidiano temeva che oggi si potesse scrivere una «macchia» sulla democrazia parlamentare del nostro paese, a causa di un'aula semivuota, distratta, indifferente (cito testualmente). Ritengo si debbano pronunciare parole di verità. A mio avviso, non è stato proprio così, e ciò lo si deve appunto ai parlamentari oggi presenti in quest'aula - in verità più dell'opposizione che della maggioranza -, favorevoli o contrari a questo provvedimento.

Dico ciò non per partigianeria, ma per sottolineare che, a mio parere, oggi si è persa una straordinaria occasione di dimostrare, su una questione così rilevante che investe i temi della libertà e della dignità delle persone - mi riferisco a quanto affermato senza retorica -, che il Parlamento si riuniva proprio il 27 dicembre, e proprio alle 9,30 del mattino, per discutere una questione così grande e rilevante, peraltro sono presenza di coloro che sono a favore e, soprattutto, con la presenza di quelli che sono contrari, affinché questi ultimi potessero spiegarci il perché della loro contrarietà. Lo dico a qualche collega intervenuto in precedenza, in quanto ritengo che un dibattito serio su tale questione si dovrebbe svolgere tra coloro che sono presenti, favorevoli e contrari, e non tra quelli che sono presenti e quelli che sono assenti, sostenendo che la loro assenza significhi contrarietà.

In questo senso, mi sento di stigmatizzare in qualità di parlamentare - lo dico senza polemica, ma per il rispetto che nutro nei riguardi delle istituzioni - l'assenza del ministro di grazia e giustizia...

ALFREDO BIONDI. La grazia non ce l'ha!

LINO DUILIO. ... perché la grazia mi pare un po' assente, e soprattutto perché credo che, per rispetto nei riguardi del Parlamento, oggi fosse doverosa, sul piano della correttezza istituzionale, la presenza del ministro.

Quanto al merito, sottolineo, come già hanno fatto altri colleghi, che da tanti anni nel nostro paese non viene adottato un provvedimento di clemenza, che a mio avviso è espressione di una situazione politica e istituzionale propria di uno Stato forte, e non di uno Stato debole. Ciò, evidentemente, se si riesce ad inquadrare tale discorso all'interno di una serie di provvedimenti che abbiano effetti sulle carceri e che pongano al primo posto la dignità delle persone. Peraltro, pur non essendo un esperto, ritengo che un provvedimento ben congegnato - che, al limite, preveda amnistia e indulto insieme, a seconda della tipologia di reati - forse avrebbe potuto risolvere molte questioni che oggi appaiono incancrenite.

Basta andare nelle carceri per rendersi conto della situazione e per porsi una domanda: ma a cosa serve questa condizione? Quali effetti potrà produrre?

Per questo, sposando in pieno le affermazioni del collega Giachetti, che riprendeva quanto già detto dal presidente Biondi, esprimo l'augurio che possiamo concludere questa discussione, anche per smentire il collega Sgarbi, il quale, con linguaggio forbito ...

PRESIDENTE. Onorevole Duilio...

LINO DUILIO. ... ha parlato di fictio. Il Parlamento assuma l'impegno di ritrovarsi, affinché la questione venga dibattuta e decisa con una votazione finale segreta (come si diceva) in cui ciascuno si assuma la propria responsabilità, come segno di grande attenzione verso un problema che non merita di essere archiviato, in modo silente, all'interno di una Commissione parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e del deputato Biondi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanni Bianchi. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BIANCHI. Signor Presidente, la ringrazio per la tempestività di questa convocazione ad un'ora non proprio antelucana (essa non mi crea problema, pur essendo partito da un aeroporto innevato, perché credo sia dovuto); la ringrazio anche perché la tempestività risponde ad un'urgenza che il dibattito ha sottolineato ed anche alla necessità, se ci è possibile e consentito, di separare le speranze dalle illusioni che potrebbero ad esse accompagnarsi.

Un discorso realistico, quindi, ma non per questo privo di forti motivazioni, ci ha fatti trovare qui, per un'occasione che in troppi hanno perduto: non si è colta l'occasione per - come dire? - «ricaricare», rilegittimare quest'Assemblea davanti a noi stessi e davanti alla funzione che svolgiamo nel paese.

Perché questa seduta? Probabilmente, il Parlamento riconduce a sé una condizione dalla quale era partito, l'intervento in quest'aula del Santo Padre, non riconducibile, a mio giudizio, alla cifra solo apparentemente dissacrante del «durismo», evocata dal collega Vittorio Sgarbi. Epperò, vorrei che pronunciassimo, tra noi, una parola chiara: è bene che la politica non sia impermeabile né, tanto meno, idrorepellente ai messaggi intorno alla dignità umana, ma credo che dovremmo evitare il vizio, non tanto religioso, di passare la vita a battere il mea culpa sul petto degli altri!

Acquisito il messaggio, le posizioni vedono procedere l'autonomia della politica. E su queste noi ci confrontiamo qui: il resto è bene che stia nel foro interno e fuori dal Parlamento. Quindi, il discorso deve essere, anche intorno alla dignità delle persone che stanno in carcere, essenzialmente politico, perché questa è la nostra moralità in questa condizione.

Troppo tempo è passato dall'ultima amnistia: quindici anni. È un record negativo: lo ricordava il collega Sterpa, citando Vassalli; lo ricordava il presidente Pecorella, partendo nientemeno che dal guardasigilli Palmiro Togliatti. È un record negativo per la storia repubblicana e, probabilmente, se il senso storico non mi fa difetto, anche per la stessa storia del Regno d'Italia. Quindi, l'occasione dice la necessità di procedere in tale direzione, tenendo conto che è dovere previsto dalla Costituzione nei casi di emergenza.

Due elementi si tengono, dei quali uno è la disumanità della condizione delle carceri, che può essere riassunta in pochissime cifre: 60 mila detenuti in 207 istituti di pena con 43 mila posti, tenendo conto del fatto che la vita quotidiana del carcerato significa 22 ore in cella al giorno. Abbiamo già ricordato il problema dei bambini sotto i tre anni e dei suicidi (l'ha fatto il collega Pepe). Ebbene, vale la pena di ricordare che l'ultimo suicidio è avvenuto il 16 dicembre, a San Vittore, e che il tasso di suicidi nelle nostre carceri è diciassette volte superiore ...

PRESIDENTE. Onorevole Giovanni Bianchi,...

GIOVANNI BIANCHI. ... alla media nazionale. Questo per parlare della disumanità.

L'altro elemento, e concludo, signor Presidente, è la razionalità: ci deve interessare che due milioni di processi (evidentemente, riguardanti reati minori) potrebbero essere eliminati, con la conseguente possibilità di rendere più dignitosa e più celere la giustizia.

Chiudo anch'io con una lamentela relativa all'assenza dei ministri in quest'aula.

Hanno preferito le agenzie al dibattito. Non è il modo di onorare il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Verdi-l'Unione e del deputato Biondi)! Questo lo dobbiamo assolutamente pretendere anche dal Governo!

In conclusione, mentre il poeta si illuminava di immenso, qui qualcuno è sembrato illuminarsi del Guardasigilli! Non è questo il modo, cari colleghi! Abbiamo bisogno di parlare tra noi, di ascoltarci, scoprendo che le posizioni più vicine - questo ho capito stamattina,  ascoltando il presidente Pecorella - ci aiutano, non tanto a fare del buonismo, ma a decidere. E, per favore, in Commissione giustizia cercate di decidere tempestivamente (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Verdi-l'Unione e di deputati di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, ho firmato convintamente la richiesta che l'onorevole Giachetti mi ha sottoposto per una seduta parlamentare su questi temi. Devo dire, caro Giachetti, che, proprio per l'importanza di questa seduta, avrei evitato inutili polemiche nei confronti del Presidente della Camera, che credo abbia svolto il suo dovere.

Il poco tempo che ho a disposizione mi serve per sostenere fortemente le ragioni per cui sono d'accordo sul fatto che il Parlamento possa e debba, nonostante la coscienza dei limiti di tempo, battersi affinché un provvedimento di amnistia e di indulto possa essere approvato nel nostro paese.

L'amico e presidente della Commissione giustizia, onorevole Pecorella, ha svolto un intervento che condivido pienamente e che mi permette di sottolineare un solo punto, che è personale, ma che credo possa appartenere alla coscienza di ognuno di noi.

Di fronte al provvedimento sull'amnistia - lo abbiamo appreso anche dai colleghi che non lo condividono - si pongono due blocchi trasversali che mettono in contrapposizione due concetti, entrambi giusti, ma che purtroppo sono in contraddizione: da una parte, la necessità di un gesto di clemenza e, dall'altra, la necessità di garantire al nostro paese la legalità, la sicurezza e la certezza della pena.

Mi sono sempre domandato e mi chiedo ancora per quale motivo sia giusto che uno Stato di diritto, una società civile compiano gesti di clemenza. Credo che la risposta a questa domanda personale e collettiva sia la questione di fondo: è giusto, perché nella nostra società e nella nostra civiltà occorre sempre richiamare ad una profonda dimensione educativa.

Il carcere, per sua natura, non è un luogo di morte. La realtà, per sua natura, ha un richiamo positivo. Esiste la possibilità e l'inizio di un cambiamento per ognuno di noi. Un momento, diceva Giovanni Paolo II, in cui sia possibile l'impegno ad un recupero personale.

Oggi, sappiamo che non è così. Complice la tragica situazione delle carceri italiane, i detenuti vengono abbandonati a se stessi, quasi la loro vita non avesse più valore. È stata negata loro la speranza che anche la loro vita, come la nostra, come quella di ciascuno di noi, possa avere un significato positivo. Credo che un gesto di clemenza vada esattamente in questa direzione.

Sono convinto che si tratti di un investimento che dobbiamo fare, se vogliamo adempiere alla nostra responsabilità principale: contribuire alla costruzione di una società migliore.

Oggi, sul quotidiano Il Foglio ho letto una frase di Mauriac: quel che c'è di più orrendo al mondo è la giustizia separata dalla carità. Alla fine dell'Ottocento, uno scrittore francese diceva che, a volte, la clemenza vale più della giustizia. Credo che questa sia la questione di fondo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) di deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ranieli. Ne ha facoltà.

MICHELE RANIELI. Signor Presidente, vorrei ringraziare quanti sono intervenuti in quest'aula e soprattutto il Presidente per la sensibilità dimostrata, con il rispetto delle regole, convocando la seduta odierna.

Devo evidenziare, tuttavia, che poco di nuovo è emerso da questo dibattito. Le  posizioni sono cristallizzate, così come avevamo verificato in Commissione giustizia.

La situazione è quella esposta anche dal presidente del mio gruppo, l'onorevole Mazzoni. Pur non essendo un fotografo, devo oggi fotografare una situazione verificatasi all'interno di quest'aula. Non vi è molta attenzione verso la materia, soprattutto da parte dei cosiddetti big. Ringrazio dunque gli unici ministri intervenuti, gli onorevoli Baccini e Buttiglione (non a caso esponenti dell'UDC). Credo sia indispensabile e necessario rivedere alcune posizioni, se vogliamo tentare ancora di giungere ad un risultato. Tutti abbiamo sostenuto la necessità di ripristinare il principio della rieducazione del reo. Altresì, tutti abbiamo sostenuto essere indispensabile un'azione volta a rendere più umano il sistema penitenziario, ad umanizzare la pena. Sono concetti e principi comuni, sui quali siamo tutti d'accordo.

Alcuni colleghi dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord ritengono che il principio della certezza e della effettività della pena sia indispensabile. È un principio condivisibile, ma nell'ambito di un contesto più diffuso, quale quello dell'umanizzazione della pena e della rieducazione del reo. Comprendiamo tutti che il sistema non funziona a trecentosessanta gradi, che non è un sistema perfetto. Solitamente, di fronte ai sistemi imperfetti, si sono varati nell'arco della storia dei provvedimenti cosiddetti di clemenza, cosiddetti riparatori, mirati ad un sistema di tolleranza. Debbo ringraziare (credo debba farlo l'Assemblea nel suo complesso) tutti i direttori degli istituti penitenziari, che sino ad oggi hanno contribuito ad una situazione di tranquillità e sicurezza.

Mi avvio a concludere: vedo che il Presidente già mi sollecita in tal senso. Dobbiamo anche ringraziare coloro che hanno manifestato senso di responsabilità nel nostro paese, ossia chi, trovandosi in carcere, si è limitato ad uno sciopero della fame e del silenzio, anziché intraprendere altri tipi di iniziative, che potrebbero rappresentare un elemento di perplessità e di preoccupazione per il sistema della sicurezza del paese.

Oggi in Parlamento registriamo una divergenza tra chi ha manifestato la propria disponibilità nei confronti di un provvedimento di clemenza e di indulto e chi, invece, ritiene indispensabile aggiungere all'indulto un provvedimento di amnistia, in quanto ritiene che il solo indulto non avrebbe senso. Registriamo anche posizioni minoritarie, più restrittive, da parte di chi sostiene che non è comunque giusto avviare un provvedimento di clemenza, in termini sia di indulto sia di amnistia. Mi riferisco in particolare agli amici dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord.

Certo, se qualcuno volesse speculare, sono convinto che ci sarebbero i numeri per intervenire. Se qualcuno avesse la capacità, l'intelligenza o l'intuito politico per farlo, sono convinto che vi siano all'interno del Parlamento le condizioni, nonostante i tempi ristretti e il momento particolare, affinché insieme, attraverso un comitato di coordinamento dei promotori o dei rappresentanti dei gruppi in seno alla Commissione giustizia, sia possibile avviare un'iniziativa, magari rivedendo le proprie posizioni a livello delle «virgole». Infatti, abbiamo evidenziato che si tratta soprattutto di un problema di coscienza dei singoli parlamentari e non di ordini di gruppo.

Poiché la posizione degli amici della Margherita, dei DS e della cosiddetta sinistra (Rifondazione comunista e Verdi) è più vicina alle posizioni dello stesso presidente del gruppo di Forza Italia e dell'UDC, sono convinto che sia possibile, con uno sforzo ulteriore, raggiungere un risultato. Altrimenti, questo intervento odierno diventa magnificatorio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzuca Poggiolini. Ne ha facoltà.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. L'8 marzo 2001 votammo una legge per contrastare la presenza dei bambini nelle  carceri, ma vi sono ancora 70 bambini nelle carceri. Nonostante fosse necessario un intervento modesto, in cinque anni non si è trovato il tempo né la volontà per consentire loro di uscire.

In cinque anni non è stato fatto pressoché nulla per migliorare il «sistema giustizia», per onorare uno dei pilastri di ogni società civile, nulla. Al contrario sono diminuiti o cessati i fondi per la sanità, per il recupero dei detenuti, per la prevenzione riguardo ai giovani a rischio. Sono, invece, state approvate leggi ad personam che hanno favorito i potenti e per fare ciò hanno ingarbugliato il sistema, creando così le premesse per una sempre maggiore ingiustizia.

Noi, Repubblicani europei, siamo favorevoli in modo convinto all'approvazione di un provvedimento di clemenza che coniughi amnistia ed indulto insieme, proprio affinché sia massimamente giusto. Siamo favorevoli, pur sottolineando che la giustizia è tra i fondamenti della Repubblica nella sua più alta accezione.

La Repubblica che noi perseguiamo, infatti, valuta il danno subito, il dolore delle vittime, le difende e le sostiene; non infierisce però sugli autori dei reati ma li condanna tempestivamente e con giustizia. Fa loro scontare la pena e punta, soprattutto, al loro reinserimento.

Ma se questi reati esprimono, come è in massima parte, un malessere sociale, se riguardano prevalentemente determinati strati di popolazione, la Repubblica ascolta, analizza e poi interviene con autorevolezza per rimuovere le cause sociali alla base dei reati più diffusi; sostiene gli enti a ciò preposti; con responsabilità vara iniziative di inclusioni sociali; si fa carico della diffusione dell'insegnamento, di quei principi di etica pubblica che sono alla base di ogni società civile, se ne fa carico fino al punto, nei suoi massimi esponenti, di testimoniare questi principi di etica pubblica.

Questa Repubblica ideale, che vogliamo, si impegna per una giustizia che sia tale, che giunga tempestiva ed imparziale, che cioè agisca nello stesso modo verso i poveri e verso i più ricchi e potenti, in un sistema che sia equo e tempestivo, una giustizia che sia temuta, rispettata e ben applicata.

Così è la Repubblica che vogliamo, ma come tutti vedono, come tutti sanno, come tutti soffrono, tutto ciò non è stato fatto. Allora diciamo «sì» al provvedimento di clemenza, un provvedimento al quale si oppongono i gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana.

Onorevole Gasparri, la certezza della pena è fondamentale, come lei ed altri della destra avete richiamato. Ma, vi chiediamo, solo per i reati minori, solo per i più deboli, quelli che stanno in carcere più per motivi sociali che per volontà di delinquere?

Oggi, a chiedere un provvedimento di clemenza con noi firmatari, oltre ai detenuti, vi sono tanti addetti, tra cui i direttori delle carceri, quelli del comparto giustizia, la polizia penitenziaria, i medici, gli avvocati, i magistrati, il personale sociale, ma soprattutto le famiglie. Abbiamo il dovere di dare loro una risposta, perché il quadro dei numeri è sconvolgente quanto ad inefficienza del «sistema giustizia».

Oggi, 20 mila persone sono in stato di carcerazione preventiva e moltissimi sono quelli per i quali è stata prescritta la pena. Noi, Repubblicani europei, chiediamo amnistia ed indulto, subito o comunque nella prossima legislatura ed una migliore, tempestiva ed equa giustizia per tutti gli italiani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Savo. Ne ha facoltà.

BENITO SAVO. Signor Presidente, colleghi, svolgerò le considerazioni consentite dai quattro minuti di tempo a mia disposizione. È stato toccato il problema in maniera magistrale e sintetica dal presidente della Commissione giustizia, onorevole Pecorella, ed a questo intervento mi rifaccio integralmente, con soddisfazione, perché viene dalla mia parte politica. Però, non posso sottacere il discorso ostinato che fanno taluni, nel rispetto dei loro  principi nei confronti della legalità, della sicurezza e dell'ordine.

Anche io sarei e sono per l'ordine, per la legalità, per la certezza della pena. Però, dobbiamo anche dire che i padri costituenti pensarono a questi argomenti e si premunirono di una riserva, di una valvola di sicurezza, l'amnistia, l'indulto, la clemenza, poiché si poteva verificare nel corso del tempo un «ingorgo» della giustizia.

È quello che si è verificato. Oggi esiste l'ingorgo della giustizia, che non si può addebitare all'imputato. Tale ingorgo, infatti, deve essere attribuito anche, e soprattutto, a chi ha occupato il Governo, queste aule e lo Stato per tanti anni e non ha accelerato i provvedimenti finalizzati allo snellimento dei processi, per avere una giustizia giusta e credibile.

Oggi non possiamo essere lo strumento per perpetrare ulteriori ingiustizie nei confronti di coloro che, nella loro esistenza, sono stati già penalizzati dalla commissione di un reato. È interessante evidenziare una circostanza: chi sono i soggetti interessati al provvedimento di clemenza che vorremmo varare? Si tratta dei tossicodipendenti, ma allora riflettiamo se abbiamo approvato leggi giuste finalizzate alla repressione dello spaccio della droga, che non riusciamo a realizzare ancora oggi, nonostante la volontà espressa più volte dagli organi preposti!

Di chi parliamo, inoltre? Questo provvedimento riguarderebbe gli immigrati, che dovrebbero uscire dal carcere perché sono responsabili della commissione di piccoli reati e, soprattutto, del reato di essere approdati sulle nostre sponde! Li condanniamo proprio noi, che siamo stati cittadini emigranti nel globo! Noi di questo dobbiamo vergognarci, perché non abbiamo nessuna certezza che chi approda sulle nostre terre per fame debba essere respinto, come è stato fatto nella «sinistra» Spagna, la quale, attraverso il Marocco, riconsegna gli immigrati al deserto e ad una morte sicura! Si tratta di una vergogna per l'Europa e per noi, che sottaciamo queste vicende!

PRESIDENTE. Onorevole Savo, concluda!

BENITO SAVO. Signor Presidente - e concludo - non voglio addentrarmi in ulteriori particolari, tuttavia vorrei solamente dire che io, che sono cattolico e laico, invito tutti i miei colleghi e l'opinione pubblica a liberare l'uomo dalle pene superflue irrogate da uno Stato che diventa disumano. Vorrei ricordare, infatti, che viviamo in uno Stato democratico e che, assieme al nostro Presidente, che lo ha annunciato solennemente, siamo per la giustizia e la libertà (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito riveste un valore simbolico e morale, prima ancora che politico.

Si è trattato di un dibattito che ha fatto onore al Parlamento. Non fa tuttavia onore al Governo, perché il ministro della giustizia è assente. Ciò è veramente inaudito, perché si è comportato non da ministro della Repubblica, ma da capofazione: una fazione, la Lega - mi sia consentito di dirlo -, che vuole impedire, anche con l'ostruzionismo, al Parlamento di pronunciarsi su un gesto di clemenza.

Non insisto sulle ragioni dell'amnistia, che sono state esposte, con efficacia, in quest'aula; non insisto neanche sulle condizioni delle carceri. Turati le definiva «l'inferno dei vivi»: questo era un secolo fa e questo è ancora oggi, come ha ricordato molto bene il presidente della Commissione giustizia, onorevole Pecorella. Le carceri sono una vergogna dell'Italia e sono lo specchio della giustizia, che è un'altra vergogna del nostro paese. Le carceri sono un crudele ricovero per emarginati, un parcheggio per cittadini in attesa di giudizio che dovrebbero essere in libertà.

Non insisto su tutto ciò, e vorrei soltanto sottolineare un aspetto pratico, o riproporre soltanto un ragionevole percorso per dare uno sbocco concreto a questo dibattito. Non c'è contraddizione tra amnistia e indulto: è normale - e spesso accade - che amnistia e indulto siano stati decisi contestualmente. Ha detto bene lo stesso presidente della Commissione giustizia, onorevole Pecorella, quando ha suggerito l'approvazione di amnistia ed indulto insieme; ha detto bene il Vicepresidente della Camera ed ex ministro della giustizia, onorevole Biondi, su questo punto.

Dunque, la Commissione giustizia prepari un testo unico che preveda, insieme, amnistia ed indulto. Tale testo venga portato in Assemblea e lo si voti; lo si voterà a scrutinio segreto, come prevede - non dimentichiamolo - il regolamento della Camera: questo, di tutta la questione, è infatti l'aspetto decisivo.

Lo si voti, dunque. Capisco che qualcuno si opponga all'amnistia, e capisco che ci si opponga a qualunque misura di clemenza; tuttavia, non capisco e non accetto che si impedisca di votare in aula!

Abbiamo votato per stravolgere la Costituzione; abbiamo votato per cambiare le regole del gioco, ovvero la legge elettorale: sia consentito di votare prima dello scioglimento delle Camere per stabilire se questo Parlamento è favorevole o meno ad un atto di clemenza! Deve essere consentito di votare, anche perché il voto segreto significa che i deputati sono chiamati ad esprimersi liberamente secondo coscienza.

A nome della Rosa nel Pugno, pertanto, chiedo che il Presidente della Camera, prima dello scioglimento delle Camere, provveda a consentire la libera espressione della coscienza dei deputati (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione, e di deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, ho chiesto di prendere la parola in questo dibattito perché vorrei lasciare, per quanto possa essere utile, una mia testimonianza in merito all'oggetto della discussione odierna; ciò anche in considerazione del fatto che, avendo avuto l'onore, nella scorsa legislatura, di essere presidente del Comitato sulle carceri della Commissione giustizia, ho potuto affrontato compiutamente il problema. Anzi, senza polemica alcuna, devo aggiungere che quel Comitato lasciò un'eredità cospicua, ben due risoluzioni; se di esse si fosse tenuto conto, quanto meno di alcune loro parti, probabilmente oggi il sistema carcerario italiano non si troverebbe nella situazione di emergenza nella quale versa.

Benché tanti colleghi abbiano cercato di dare un contributo, la discussione di questa mattina evidenzia che, da un lato, la gran parte del Parlamento - ma non i due terzi - è disponibile ad un intervento di clemenza - avendo chiara la fotografia della situazione in essere - e, dall'altro, due forze politiche, Alleanza nazionale e la Lega, concepiscono la pena ed il carcere come strumento custodiale. Benché sostengano il contrario, esse non mettono in debita evidenza, con quanto ciò comporta, l'intervento rieducativo e di reinserimento della pena previsto anche dalla nostra Carta costituzionale.

Il problema risiede tutto in tale questione; a tali colleghi vorrei riproporre - ciò, infatti, è stato già fatto da altri dianzi - la situazione odierna: 60 mila detenuti in 207 istituti, dei quali la stragrande maggioranza è fatiscente, non sussistendo le minime condizioni igieniche. Luoghi dove non penseremmo di far vivere nessuno; non solo una persona ma neppure una bestia, in alcune celle, potrebbe trovare una decoroso alloggio. Manca, perciò, il momento nel quale, mentre espiano la pena, i detenuti possano vivere, nel contempo, il processo rieducativo.

In alcune regioni - la Campania, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia, la Toscana, il Trentino-Alto Adige ed il Veneto -, ormai la tollerabilità è stata ampiamente superata; il regolamento penitenziario prevede che, al massimo, di detenuti,  i nostri istituiti di pena, ne possano ospitare 43 mila; ne contengono invece 60 mila. Con le leggi che avete varato, la cosiddetta ex-Cirielli, sicuramente il loro numero aumenterà ancora. Come rispondete a tale situazione? Dichiarando che costruirete nuove carceri? Non prendiamoci in giro! Sapete benissimo, voi come noi, che nuove carceri significano cinque o dieci anni di tempo. Dovete rispondere ora al problema e dovete rispondere assumendovi le vostre responsabilità dinanzi al popolo italiano.

PRESIDENTE. Onorevole...

LUIGI OLIVIERI. I Democratici di sinistra-L'Ulivo - e concludo, signor Presidente - hanno già dichiarato quale sia la loro posizione; l'ha espressa in modo esemplare l'onorevole Anna Finocchiaro: noi siamo disponibili ad un intervento di clemenza; se non vi è tale intenzione, smettiamo di essere ipocriti perché la cosa peggiore che potremmo fare è illudere quanti in questo momento sono in carcere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santulli. Ne ha facoltà.

PAOLO SANTULLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è giustificabile l'indifferenza legislativa di questo Parlamento rispetto alle condizioni dei 60 mila detenuti presenti nei 207 penitenziari italiani. Si tratta di penitenziari in cui - si badi bene - ogni tre posti letto disponibili vi sono quattro presenze, circa 15 mila detenuti sono tossicodipendenti, e circa 18 mila sono affetti dall'AIDS. Punte di sovraffollamento insostenibili si registrano soprattutto in Campania, in particolare a Santa Maria Capua Vetere, a Secondigliano e a Poggioreale, dove vi sono presenze superiori di un terzo al limite di tollerabilità.

Tutto questo, a fronte di circa 21 mila detenuti in attesa di giudizio, dei quali il 29 per cento attende ancora il processo di appello e il 13 per cento il ricorso per Cassazione. Si badi bene, non si deve avere nessuna tolleranza verso la criminalità, ma la giustizia deve essere giusta, amico sottosegretario Vitali. Per questo abbiamo sottoscritto questa convocazione, per questo siamo qui, onorevole Lussana (mi spiace di non vederla più tra i banchi).

La nostra presenza e l'iniziativa condivisa stanno a significare l'urgenza di interventi che riteniamo non più procrastinabili. Se siamo capaci di comprendere la nostra responsabilità, nonchè i bisogni e le sofferenze dei carcerati, cari colleghi, abbiamo ancora tutto il tempo di realizzare un provvedimento di clemenza (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ranieri. Ne ha facoltà.

UMBERTO RANIERI. Credo che la discussione odierna sia stata utile. A me pare che siano emerse ragioni umane, tecniche e giuridiche, per non parlare di quelle morali, che militano per l'adozione di un provvedimento di clemenza.

Una misura di clemenza è oggi matura. Non si adottano misure di questo tipo da quindici anni, ma è anche vero che proprio in questo lungo periodo non si sono più celebrati processi in tempi ragionevoli. Se i tempi della giustizia non sono cambiati, è cambiato il numero dei detenuti.

Tutto si aggraverà. La legge che dimezza i termini di prescrizione per i reati dei cosiddetti «colletti bianchi» comporta una stretta carceraria per i recidivi di reati minori, per i poveracci, per quelli che non potranno più contare teoricamente sui benefici della legge Gozzini. Si prevede un ulteriore aumento della popolazione carceraria, già oggi composta per il 60 per cento da migranti e da tossicodipendenti, in carceri la cui capienza è di 40 mila detenuti, che già oggi ne ospitano circa 60 mila e dovranno ospitarne, secondo calcoli fondati, 20 mila in più in un breve lasso di tempo.

Altro che dettato costituzionale, secondo cui la pena non consiste in trattamenti contrari al senso di umanità! La verità è che quella dei carcerati è una grande questione sociale dimenticata.

Credo che questa discussione sia stata utile. Ho avvertito nelle parole dell'onorevole Finocchiaro, del presidente Pecorella, degli onorevoli Fanfani, Biondi e Intini, nonché nelle dichiarazioni recenti dell'onorevole Violante, la possibilità di giungere ad un atto di clemenza. Il Parlamento può ancora farcela. I tempi sono stretti, ma è possibile. In ogni caso, si decida - ed è importante il suo ruolo, signor Presidente - un ragionevole percorso per giungere ad atti concreti su questa dolorosa questione da parte del Parlamento.

Ciò che si chiede non è un esodo in massa dalle carceri, come sostiene l'onorevole Gasparri, né si vuole mettere in discussione la certezza della pena. Si chiede un atto necessario, meditato, serio, per contribuire a restituire al carcere il ruolo di rieducazione, secondo il dettato della nostra Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Presidente, partecipo a questo dibattito parlamentare, che si svolge non senza qualche ipocrisia e qualche protagonismo di troppo, per il rispetto profondo che è dovuto all'umanità carceraria.

Sappiamo da tempo che non vi sono i numeri per un provvedimento - sia pur limitato - di clemenza, e non vi sono perché la destra è contraria. Questi sono i fatti!

La seconda ipocrisia è quella di chi sostiene le ragioni dell'amnistia in modo separato da quelle della giustizia, dopo aver avuto la responsabilità della conduzione di una politica insensata sulla giustizia.

Noi siamo per il principio di Beccaria, ma tutto intero, non solo per la certezza e la pubblicità delle pene, ma anche per l'umanità delle pene stesse. Ed è francamente all'umanità che ci rivolgiamo, non alla disumanità che oggi vi è nelle carceri; alla persona, che è al centro delle nostre preoccupazioni, delle nostre attenzioni e delle nostre politiche, e non al fascino delle istituzioni totalitarie. Abbiamo anche presente il monito che ci veniva già da Nietzsche: diffidiamo da chi è troppo forte ed ha l'istinto a punire.

Siamo per l'indulto: lo abbiamo proposto nei nostri atti legislativi nei confronti di chi ha commesso reati minori e di chi ha già scontato gran parte della propria pena. Nessun «esodo» dalle carceri, come è stato ricordato, ma solo il desiderio ed il senso di responsabilità, che ci porta a sostenere la legalità non solo nella società, ma anche nelle carceri.

Un importante giurista ha affermato, in questi giorni, che l'amnistia è comunque una riduzione necessaria della giustizia. Vi è del vero in tali parole, ma è altrettanto vero che un provvedimento di indulto, un provvedimento di clemenza graduato è necessario per ridurre l'ingiustizia; l'ingiustizia e l'illegalità che sono diffuse e dilaganti nel paese ed ora anche nelle nostre carceri. Non ci piace che i responsabili dei grandi crimini finanziari siano «a spasso», spesso impuniti, mentre le carceri sono affollate da un'umanità dolente, spesso lì ristretta per piccoli reati o per violazione dei permessi di soggiorno, tenuta colpevolmente in condizioni disumane.

Summum ius, summa iniuria certamente vale anche per le carceri in Italia. Anzi, vale soprattutto per gli ultimi, per i più deboli: tale è il messaggio che ci è stato ricordato dal Sommo Pontefice in quest'aula e che più volte ci è stato richiamato alla mente anche dal Presidente della Repubblica, Ciampi, quando ci ha rammentato la necessità di condizioni di umanità e legalità nelle carceri.

Noi, nella prossima legislatura - mi auguro con il sostegno di un'ampia maggioranza parlamentare - proporremo un provvedimento di clemenza per i reati meno gravi e per chi, comunque, ha già  scontato la maggior parte della propria pena. Noi ci impegniamo a farlo, e se i numeri non lo consentissero, per l'opposizione della destra, lo faremmo anche ponendoci il problema di una modifica dell'articolo 79 della Costituzione, perché è necessario che sia possibile raggiungere maggioranze parlamentari anche sui provvedimenti di amnistia e di indulto. È un nostro impegno, che assumiamo a fronte del vostro fallimento, ancora più grave ed assurdo perché coinvolge non solo la giustizia, ma anche la grazia. È un fallimento vostro, ma anche dell'intero paese, cui vogliamo e dobbiamo porre rimedio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, noi, come gruppo de La Rosa nel Pugno, abbiamo già espresso in modo chiaro ed inequivocabile le nostre posizioni, sia da parte del presidente del nostro partito, sia da parte dell'onorevole Intini. Credo, tuttavia, che sia necessario svolgere alcune considerazioni e riflessioni, anche in relazione a ciò che è stato detto in questo dibattito, ed altresì rispondere ad alcune considerazioni polemiche, in particolare quelle degli onorevoli Sgarbi e Gasparri.

Noi siamo profondamente convinti che il dibattito di quest'oggi sia importante ed essenziale nella discussione che si sta sviluppando nel paese e, quindi, all'interno di quest'aula. Abbiamo partecipato con grande entusiasmo alla convocazione della Camera - seppur in una data particolarmente difficile - perché riteniamo che la discussione che si deve sviluppare e che si sta sviluppando sull'amnistia sia un atto dovuto di questo Parlamento e, sicuramente, quello che il Governo avrebbe dovuto sviluppare.

Noi abbiamo fatto delle manifestazioni nei giorni scorsi, come la marcia per l'amnistia, e abbiamo constatato che, giorno dopo giorno, vi è grande difficoltà ed esiste un grande problema che credo si debba affrontare con determinazione.

Signor Presidente, io ho visitato alcune carceri e le posso garantire che, in quelle carceri dove c'erano anche i cosiddetti «asili nido», ho visto bambini che nel giorno di Natale non avevano certamente un volto sereno. Ho visto gente, povera gente che aveva bisogno di una parola e che ci fosse qualcuno che sollevasse il problema di quello che oggi è il sistema carcerario italiano. Anche gli operatori della giustizia hanno risposto con grande entusiasmo perché hanno capito, perché sanno e perché vivono, giorno per giorno, il dramma che oggi si vive in queste carceri. Tanta di questa gente ci sottoponeva un problema dicendo che, per come sono queste carceri, certamente non vi si può riabilitare nessuno.

In queste carceri manca tutto, come hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto. Manca addirittura la possibilità di fare manutenzione ordinaria. Altro che realizzare nuove strutture carcerarie, quando poi nella finanziaria togliete fondi per le carceri e togliete soprattutto quelli destinati a tutelare i tossicodipendenti all'interno delle carceri di questo paese! Questo è il problema su cui tutti dobbiamo riflettere ...

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, concluda.

LELLO DI GIOIA. ... e noi, come gruppo de La Rosa nel Pugno, vi chiediamo che venga messa all'ordine del giorno la possibilità di votare questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, in risposta al ministro Castelli che parlava delle carceri come il Grand Hotel, vorrei leggere un racconto di un detenuto del carcere di Mantova. Si tratta di una prosa ironica, ma non molto: « In questo hotel non ci vieni mai da solo, è una prassi obbligatoria che ti ci portano. Di solito con macchine blu, però non quelle dei nostri politici e, poi, è severamente vietato sedersi  davanti, così bisogna sedersi dietro e sempre in mezzo. In questo hotel appena si entra ci si rende subito conto che qua va di moda il ferro, così dove ti giri trovi il ferro. Dove anche l'aria, penso, hanno fatto di ferro. In questo hotel gli inservienti non ti perdono mai di vista, qua non ti puoi mai aprire una porta. Il motivo è che sono gelosissimi delle chiavi, così a costo di aprirti e chiuderti vogliono sempre tenerle in mano loro. In questo hotel devono avere problemi di aritmetica perché tutti i giorni ti contano tre volte e, se i conti non gli tornano, non è che pensano: «mah sarà andato fuori a cena» e, poi, quando ti hanno trovato sono problemi tuoi».

Vorrei concludere il mio intervento con un'altra poesia di un nostro collega deputato che frequenta le carceri: «La rabbia ho visto dei forti, la rassegnazione dei deboli, l'umiliazione dei vinti. Profondo negli sguardi sento il desiderio di libertà che la primavera profuma dai campi. Talvolta, o spesso, mi vergogno» (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, 57 mila uomini, di cui meno di 3 mila donne, cinque persone in 10 metri quadrati, 207 carceri, circa 60 mila detenuti con una capienza carceraria di appena 43 mila: questa è la situazione nelle nostre carceri e questa è la dimostrazione che la discussione di oggi, caro Presidente, non rappresenta solo chiacchiere; non è demagogia pura e non si tratta neanche di spot elettorali alle spalle dei detenuti. È una preoccupazione vera, convinta, che porta all'attenzione della politica e delle popolazione italiana questo grave problema.

Nessuna demagogia; si tratta, invece, del convincimento forte e profondo che la pena non può essere ricondotta solo alla reclusione, ma il suo valore sta nel fatto che dovrebbe aiutarci in qualche modo il concetto di riabilitazione e di recupero. Quindi, pene alternative a tutti coloro che hanno dimostrato e dimostrano volontà e disponibilità a restituire alla società ciò che hanno tolto. E servono anche provvedimenti che mirino al reinserimento sociale. Accanto a ciò, serve la depenalizzazione di molti reati e serve punirli con forti pene pecuniarie o confische di beni.

In questa legislatura, nei confronti delle carceri c'è stato un atteggiamento assolutamente sbagliato e fuorviante. Le condizioni di vita nelle carceri italiane, in molti casi, sono assolutamente incivili, e per questo motivo occorre prendere provvedimenti come questo, che siano peraltro esattamente il contrario di quanto avvenuto in questi anni dal punto di vista delle normative adottate. Tali provvedimenti sono stati deboli e lassisti con la criminalità delle classi dirigenti, con i forti, e invece forti con la criminalità di strada, con i deboli. Mi riferisco alla cosiddetta legge Cirielli, alla depenalizzazione prevista nella legge sulla tutela del risparmio e, quindi, al falso in bilancio, che non riguarda certamente nessuno dei 19 mila stranieri o dei 3 mila tossicodipendenti oggi in carcere. E non riguarda neanche le detenute mamme che hanno con sé i bambini e che sono costrette a vivere in condizioni davvero disagevoli.

Leggevo oggi di un caso emblematico: un detenuto, che pesa 207 chili, è caduto a terra e i vigili del fuoco hanno impiegato tre ore per risollevarlo; egli chiede gli arresti domiciliari. Credo che questo sia uno dei tanti casi saltati alla ribalta, oltre agli innumerevoli suicidi avvenuti in questi anni, proprio per le condizioni disumane della vita carceraria.

Credo che, accanto a ciò - e concludo -, vi sia un imputato eccellente: mi riferisco al disagio sociale, che in questi anni è aumentato intensamente nella nostra società, creando forti discriminazioni che non fanno altro che alimentare questo stato di cose.

Per tale motivo, oggi mi fa piacere essere in compagnia di moltissimi colleghi: chi ha affermato che la giornata di oggi poteva essere un fallimento si è sbagliato. Oggi abbiamo dato la dimostrazione, in Parlamento, di voler fare qualcosa, e chiediamo al Parlamento, in questa legislatura, di approvare un provvedimento - il tempo c'è -, per arrivare a una soluzione almeno parziale di questo problema gigantesco (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, confesso che anch'io ero preoccupato che l'iniziativa di chiedere la convocazione straordinaria della Camera potesse creare aspettative che il Parlamento non sarebbe stato in grado di soddisfare. Alla luce del dibattito che si è svolto, ritengo tuttavia che dobbiamo essere soddisfatti di tale iniziativa e che dobbiamo essere grati ai 207 colleghi che hanno promosso questa convocazione, perché è stato uno dei momenti più alti dell'attività parlamentare della legislatura, innanzitutto in quanto è la prima volta che il Parlamento viene convocato per iniziativa dei parlamentari. Ciò avrebbe meritato un'attenzione, in particolare da parte del ministro per i rapporti con il Parlamento e del ministro della giustizia, che non vi è stata.

Si è trattato, inoltre, di un momento molto importante, perché abbiamo ascoltato, per la prima volta in questi cinque anni - non voglio introdurre elementi polemici -, numerosi colleghi parlare liberamente ed esprimere ciò che pensano realmente. Non intendo fare alcun altro riferimento, ma è la prima volta in cinque anni che ciò si è verificato.

Inoltre, tale iniziativa è stata importante perché abbiamo riscontrato un consenso a un atto di clemenza più largo di quanto ci si attendesse. Almeno a me, è parso, signor Presidente, di cogliere che in questo Parlamento vi sia una disponibilità molto larga, probabilmente - non ne ho la certezza - sufficiente per un atto di clemenza. A mio avviso, vi sono le condizioni perché si possa valutare tale possibilità.

Ho chiesto la parola, signor Presidente, per domandarle di valutare l'opportunità, proprio al fine di evitare che una discussione senza tempi contingentati porti alla vanificazione del provvedimento, di incardinare la discussione stessa prima della fine del mese, per poter svolgere il dibattito e arrivare ad una decisione e ad un voto che verifichi le posizioni e le reali disponibilità del Parlamento nel prossimo mese. Il mio gruppo è favorevole, e credo che dopo questo dibattito sia possibile attendersi un'evoluzione di questo genere.

Abbiamo tutti presente quel che diceva Salvemini: fa quel che devi, accada quel che può. Quel che noi dobbiamo oggi, a mio avviso, è questo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-La Rosa nel Pugno, e di deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è così esaurito il dibattito sulle comunicazioni del Presidente in ordine alla richiesta di convocazione in via straordinaria della Camera, ai sensi dell'articolo 62, secondo comma, della Costituzione.

Nel corso della discussione sono intervenuti molti deputati, 12 in rappresentanza di tutti i gruppi nonché di componenti politiche del gruppo Misto, 27 in qualità di firmatari della richiesta di convocazione straordinaria. Il dibattito ha pertanto consentito di registrare una completa panoramica delle posizioni presenti nell'ambito della Camera, e sotto questo profilo non posso che sottolinearne con soddisfazione l'importanza e l'utilità.

Proprio per questo, prima di trarre le conclusioni, mi sembra doverosa una precisazione che attiene alla responsabilità del Presidente della Camera in ordine a questa convocazione straordinaria. A tal  proposito, esprimo ringraziamenti ai colleghi di maggioranza e di opposizione che hanno evidenziato il mio scrupolo istituzionale. È evidente che il Presidente, a fronte di una richiesta avanzata dal prescritto quorum di deputati, è tenuto, in ossequio ad una precisa disposizione costituzionale, a convocare la Camera, essendo a lui rimessa soltanto la determinazione delle concrete modalità della seduta.

È necessario, peraltro, tutelare tutte le posizioni dei singoli parlamentari, sia di quelli che hanno ritenuto di sottoscrivere la richiesta, sia - mi preme sottolinearlo - di quanti, avendo un'opinione diversa sul problema in discussione, hanno ritenuto di esprimerla in questa sede o hanno ritenuto, in piena coscienza e con un comportamento il cui significato politico è evidente a tutti, di non partecipare ai lavori odierni.

Il dibattito ha evidenziato tra i gruppi orientamenti differenziati circa l'esame da parte della Camera di un provvedimento di clemenza. Le principali posizioni possono essere così riassunte. Alcuni gruppi (Lega Nord Federazione Padana e Alleanza nazionale) si sono dichiarati senz'altro contrari a qualunque misura di tal genere; altri gruppi hanno manifestato il proprio favore - sto parlando di chi è intervenuto in rappresentanza dei gruppi, perché io posso fare riferimento solo a loro - ad un provvedimento di solo indulto (Democratici di sinistra-L'Ulivo e Margherita, DL-L'Ulivo); altri sono favorevoli ad un provvedimento sia di amnistia, sia di indulto (Rifondazione comunista, Forza Italia, La Rosa nel Pugno, Comunisti italiani, Verdi, Ecologisti democratici). In tali ultimi due casi, si è fatto comunque riferimento alla necessità di un'adeguata precisazione circa le concrete modalità applicative dell'eventuale procedimento di clemenza. Altri gruppi (UDC-CCD-CDU), pur dichiarandosi favorevoli ad un provvedimento di clemenza, hanno registrato tuttavia la mancanza delle concrete condizioni per darvi corso.

Alla luce di questo arco differenziato di posizioni, appare del tutto evidente come non sia possibile definire in modo chiaro ed univoco un percorso procedurale condiviso da seguire in materia. Si chiede di portare subito al voto dell'Assemblea un provvedimento di clemenza; ma quale provvedimento? Un'amnistia? Un indulto? Oppure entrambi? E con quali contenuti e modalità applicative? Il dibattito non consente di sciogliere ora tali nodi. Tutti gli interventi hanno rilevato l'importanza che si discuta su questi temi, ed io non posso che concordare con questa considerazione; affinché tuttavia il dibattito non si svolga sulla pelle dei detenuti e delle loro famiglie, è necessario che dopo la discussione seguano le decisioni. Vi sono le condizioni per prendere oggi una decisione? Alla luce degli esiti del battito, la risposta non può che essere negativa.

Occorre dunque fare ulteriore chiarezza sul punto e l'unica sede che appare adatta al riguardo è la Commissione giustizia. D'accordo con il presidente Pecorella e con il relatore Mormino, ho quindi dato incarico a tale Commissione di definire in tempi rapidi la materia, concludendo i propri lavori per l'inizio del prossimo mese di gennaio e predisponendo un testo che sia il punto di riferimento per il voto in Assemblea (Applausi). Diversamente, parleremmo di un provvedimento, da esaminare in quest'aula, indefinito nei contenuti e nelle modalità, senza sapere nemmeno di che cosa parliamo o pensando in buona fede ciascuno di noi a testi diversi e magari antitetici uno con l'altro. Mi impegno, non appena la Commissione avrà votato un testo, qualunque esso sia, a riunire la Conferenza dei capigruppo per proporre l'immediato voto dell'Assemblea su questo provvedimento. Ogni altra strada rischierebbe di suscitare aspettative nella popolazione carceraria senza ragionevoli possibilità di soddisfarle.

Per quanto riguarda l'attività della Commissione, il presidente Pecorella mi ha comunicato che l'ufficio di presidenza è convocato proprio oggi per definire tempi e modalità per la conclusione dell'esame in sede referente dei progetti di legge in materia. (Applausi).

(omissis)


 

 


Esame in sede referente

 


 

II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 10 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Vitali.

La seduta comincia alle 17.20.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni, C. 3465 Moretti, C. 4187 Cento, C. 4188 Cento, C. 1260 Trantino, C. 4768 Santori, C. 5444 Perrotta, C. 5456 Perrotta, C. 5772 Craxi, C. 5881 Minniti e C. 6207 Fanfani.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 12 aprile 2005.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che da taluni deputati è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.

Aurelio GIRONDA VERALDI (AN), intervenendo sull'ordine dei lavori, a nome del proprio gruppo chiede un rinvio del termine già fissato per la presentazione degli emendamenti. Osserva che, nonostante tale termine sia stato stabilito dallo scorso 27 dicembre, da quella data la Camera dei deputati non si è più riunita.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) esprime la propria contrarietà sulla proposta formulata dal deputato Gironda Veraldi, osservando come in ogni caso nel corso delle ultime due settimane il dibattito politico sia stato incentrato essenzialmente sul tema in discussione.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, a seguito della discussione svoltasi in Assemblea il 27 dicembre 2005  sulle comunicazioni del Presidente in ordine alla richiesta formulata ai sensi dell'articolo 62, secondo comma, della Costituzione, relativa alle modalità dei tempi di esame delle proposte di legge in materia di amnistia ed indulto, l'Ufficio di presidenza della Commissione ha convenuto di fissare alle ore 12 di oggi il termine per la presentazione di nuovi emendamenti al testo unificato, così come risultante dagli emendamenti già approvati. All'esito del dibattito svoltosi in Assemblea il 27 dicembre scorso, il Presidente della Camera, dopo aver rilevato che al momento non vi erano le condizioni per prendere una decisione in ordine alla calendarizzazione delle proposte di legge, si era impegnato a riunire la Conferenza dei Presidenti dei gruppi non appena la Commissione avesse votato un testo, al fine di portarlo all'esame dell'Assemblea.

La Commissione Giustizia, pertanto, al fine di consentire alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi di valutare, nella riunione che si svolgerà domani per la programmazione dei lavori dell'Assemblea, l'opportunità di inserire i provvedimenti in materia di amnistia e indulto nel calendario di gennaio, concluderà l'esame degli emendamenti entro la seduta di oggi.

La fissazione di un nuovo termine per la presentazione di emendamenti, richiesta dal gruppo di Alleanza Nazionale, comprometterebbe di fatto la possibilità di inserire le proposte sull'amnistia ed indulto nel calendario dell'Assemblea in tempi utili per una loro eventuale approvazione prima dello scioglimento delle Camere. Per tale ragione la richiesta formulata dal deputato Gironda Veraldi non può essere accolta. Osserva comunque che la circostanza che i lavori della Camera dei deputati siano stati sospesi sino ad oggi non ha impedito lo svolgimento dell'attività politica in generale ed, in particolare, la presentazione di numerosi emendamenti al provvedimento in esame.

Ricorda che gli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati si riferiscono al testo unificato, adottato il 22 dicembre 2002 e modificato dagli emendamenti approvati nelle sedute del 15, 16 e 21 gennaio 2003 (vedi allegato). Osserva che i gruppi, pur manifestando posizioni diverse sul merito delle questioni connesse all'opportunità di approvare una legge volta a concedere misure di clemenza, hanno convenuto all'unanimità sull'opportunità di riesaminare il testo unificato anche nelle parti modificate dagli emendamenti già approvati. Considerato che alcune delle proposte emendative presentate (vedi allegato) sono estremamente complesse, riferendosi in alcuni casi, a diverse disposizioni del testo unificato, ritiene che possa essere fissato alle ore 18 di oggi il termine per la presentazione di subemendamenti agli emendamenti presentati, qualora ciò sia richiesto dai gruppi.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Italico PERLINI (FI) ritengono che non sia necessario fissare un termine per la presentazione di subemendamenti.

Gaetano PECORELLA, presidente, dopo aver constatato che nessun gruppo chiede la fissazione di un termine per la presentazione di subemendamenti, rileva l'assenza del rappresentante del Governo. Considerato che questi dovrà esprimere il parere sugli emendamenti presentati, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle 17.30, riprende alle 17.50.

Gaetano PECORELLA, presidente, invita il relatore ed il rappresentante del governo ad esprimere il prescritto parere sugli emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati.

Nino MORMINO (FI), relatore, osserva preliminarmente come il testo in esame è quello risultante dagli emendamenti approvati nelle sedute del mese di gennaio del 2003, che aveva ad oggetto la sola previsione dell'indulto e che molti di quegli emendamenti sono stati oggi ripresentati.

Esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'indulto, sul quale la Commissione aveva già raggiunto un'intesa su un testo definito.

Per quanto concerne gli altri emendamenti che ampliano la portata del provvedimento anche all'amnistia, osserva che essi si distinguono sotto vari profili, dai limiti della pena dei reati che dovrebbero essere oggetto di amnistia alle ipotesi di esclusione oggettiva e soggettiva, assumendo una portata troppo vasta perché si possa esprimere un parere uniforme su ciascuno di essi. Tuttavia, ritenendo opportuno che il testo debba contenere anche le disposizioni sull'amnistia, esprime parere favorevole sugli emendamenti volti ad introdurla, riservandosi di valutarli analiticamente al momento in cui saranno posti in esame.

Sull'articolo premissivo Mazzoni 01.506, che prevede l'esclusione dei soli reati finanziari, esprime parere favorevole a condizione che sia riformulato nella parte relativa al termine di efficacia, fissato per il 31 dicembre 2004. Ritiene che sulla definizione del termine, come già segnalato dal deputato Boato nel corso dell'esame del provvedimento, esiste il vincolo di cui all'articolo 79 della Costituzione.

Osserva infatti che l'esame della Commissione giustizia si sta svolgendo su un complesso di progetti di legge, presentati in momenti differenti, e ritiene pertanto che il termine di applicazione dell'amnistia debba essere quello della prima proposta di legge presentata, che è quella del deputato Cento, del 4 giugno 2001.

A questo riguardo ricorda che la sentenza n. 51 del 1968 della Corte costituzionale ha confermato che il termine di applicazione del provvedimento di amnistia non debba essere successivo alla data della prima proposta di legge sul tema in ordine di presentazione.

Il sottosegretario Luigi VITALI, dopo aver espresso il proprio personale favore sulle ipotesi dell'amnistia e dell'indulto, intervenendo per l'espressione del parere sugli emendamenti, a nome del Governo si rimette alla Commissione.

Anna FINOCCHIARO (DS-U), ritiene che sulla questione del termine di applicazione del provvedimento di indulto si debba decidere prima dell'inizio dell'esame degli emendamenti. Afferma inoltre che il proprio gruppo si asterrà su tutti gli emendamenti che avranno ad oggetto la concessione di amnistia.

Per quanto concerne il termine di applicazione del provvedimento, ritiene che ai sensi della Costituzione e della giurisprudenza costituzionale esso vada individuato con la prima proposta di legge presentata in materia, che è quella presentata dal deputato Cento il 4 giugno 2001.

Ritiene che, anche qualora con un emendamento si dovesse spostare tale termine, la questione non sarebbe risolta, ma diverrebbe oggetto di sicure censure da parte della Corte costituzionale e, in sede di promulgazione, da parte del Capo dello Stato.

Ricorda che il corretto intervento del relatore ha evidenziato ipotesi di aggiramento della previsione costituzionale, che costituirebbero tuttavia un precedente grave in quanto la ratio dell'articolo 79 della Costituzione va individuata nella volontà di evitare effetti criminogeni della proposta di amnistia.

Propone quindi di votare immediatamente il mandato al relatore sul testo già discusso dalla Commissione che prevede il solo indulto.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) ricorda che la posizione del gruppo della Margherita è favorevole alla concessione dell'indulto, preannunciando invece un voto di astensione sugli emendamenti diretti a concedere l'amnistia.

Sul termine di applicazione del provvedimento ritiene che il vincolo fissato dall'articolo 79 della Costituzione vada osservato nel senso di prendere in considerazione la prima proposta di legge presentata dal deputato Cento il 4 giugno 2001.

Ritiene che da parte del Governo sarebbe opportuna una esplicita assunzione di responsabilità sugli emendamenti presentati. Propone quindi di votare immediatamente  il mandato al relatore sul testo già discusso dalla Commissione che prevede il solo indulto.

Guido Giuseppe ROSSI (LNFP) osserva che le opinioni fin qui espresse delineano un quadro non omogeneo all'interno della Commissione.

Ricorda che il gruppo della Lega Nord è l'unico che nel corso della legislatura abbia sempre espresso una costante posizione contraria su ogni provvedimento di clemenza.

Ritiene che debba chiarirsi se il termine di efficacia del provvedimento sull'indulto sia lo stesso di quello sull'amnistia.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che se si applicasse il criterio formulato dal deputato Finocchiaro, bisognerebbe fare riferimento alle singole proposte di legge che prevedono le diverse ipotesi dell'amnistia e dell'indulto, che risultano essere state presentate in momenti diversi. Ritiene, comunque, che la questione possa essere approfondita anche al termine dell'esame degli emendamenti.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) intervenendo sul termine di applicazione del provvedimento di amnistia o di indulto, osserva come una lettura rigorosa dell'articolo 79 della Costituzione porterebbe a concludere che la mera presentazione di una proposta di legge in materia, da parte di un qualsiasi parlamentare, vincolerebbe irreversibilmente il termine in questione.

Ritiene invece che si debba utilizzare un parametro più ampio e rispondente all'interesse generale.

Sui contenuti del provvedimento dichiara il favore del proprio gruppo sui provvedimenti di amnistia e indulto sia per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri che in risposta ai problemi più generali della giustizia.

Carolina LUSSANA (LNFP) ricorda preliminarmente la posizione contraria del proprio gruppo sui provvedimenti di clemenza, che ritiene contrastanti sia con il principio della certezza della pena che dell'incolumità dei cittadini.

Ricorda di avere presentato una serie di emendamenti non solo ostruzionistici ma anche diretti a migliorare il testo. Non condivide pertanto il parere del relatore contrario su tutti gli emendamenti aventi ad oggetto l'indulto, che ritiene irrispettoso nei confronti del proprio gruppo politico.

Rivolto al deputato Buemi, ritiene che l'atteggiamento dei deputati della Rosa nel Pugno sia ipocrita soprattutto in merito alla questione del termine di applicazione del provvedimento che non può essere quello della prima proposta di legge, presentata il 4 giugno 2001.

Ricorda comunque che il Governo ha suggerito altre strade per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri.

Non condivide le opinioni espresse in varie sedi dai deputati Buemi e Pisapia che hanno affermato la necessità della concessione dell'amnistia come premessa per una riforma della giustizia penale, né condivide l'affermazione del presidente in ordine alla scarsa importanza attribuita alla questione del termine di efficacia del provvedimento.

Gaetano PECORELLA, presidente, invita il deputato Lussana ad evitare espressioni ingiuriose nei confronti dei deputati presenti.

Carolina LUSSANA (LNFP) osserva che il suo è solo un giudizio politico e non diretto nei confronti di singole persone. Ritornando sul termine di efficacia del provvedimento, ribadisce la necessità che esso sia affrontato subito.

Gaetano PECORELLA, presidente, in ordine alla questione del termine di efficacia del provvedimento, ricorda di essersi limitato ad affermare che questa poteva essere affrontata anche successivamente.

Pier Paolo CENTO (Misto-VU), intervenendo sul termine di efficacia del provvedimento, osserva che molte delle proposte di legge in esame sono state presentate  all'inizio della legislatura. Ritiene comunque che il riferimento alla data del 4 giugno 2001 possa comunque rappresentare una soluzione utile e significativa anche se sarebbe il frutto di una lettura meramente formalistica dell'articolo 79 della Costituzione.

Fornisce poi la propria disponibilità al ritiro della sua proposta di legge al fine di consentire un termine di applicazione più congruo per un provvedimento del genere, invitando gli altri presentatori delle proposte di legge a fare altrettanto.

Ribadisce, a nome del proprio gruppo, di essere favorevole alla concessione dell'indulto e dell'amnistia.

Sull'articolo premissivo Mazzoni 01.506 esprime una considerazione favorevole sul principio in esso contenuto, anche alla luce della novità che esso rappresenta.

Si dichiara favorevole in via residuale alla concessione dell'indulto senza tuttavia i limiti contenuti dal testo fin qui approvato per garantire comunque un provvedimento di portata ampia.

Ritiene che ciascuno si debba assumere le proprie responsabilità sul provvedimento in esame e che pertanto si debba giungere ad una rapida conclusione dell'esame stesso.

Giuliano PISAPIA (RC), dichiara il proprio favore ad un provvedimento di amnistia e di indulto, ritenendolo utile per assicurare adeguate riforme della giustizia penale.

Ritiene fondamentale risolvere il problema del termine di applicazione del provvedimento. Ricorda che la giurisprudenza costituzionale e la prassi avevano ad oggetto il vecchio testo dell'articolo 79 della Costituzione, osservando l'eccessivo lasso di tempo trascorso dall'ultima sentenza della Corte costituzionale datata 1968.

Condivide infine l'opinione del presidente di passare all'esame del provvedimento rinviando la questione del termine di applicazione del provvedimento.

Carlo TAORMINA (FI) rileva che la questione del termine di applicazione del provvedimento sia una questione sostanziale soprattutto se allegata alle esigenze di alleggerimento del lavoro dei magistrati e del sovraffollamento delle carceri.

Condivide le opinioni espresse dal deputato Pisapia sull'articolo 79 della Costituzione del quale auspica comunque una riforma.

Ritiene comunque necessario approfondire le questioni terminologiche e procedurali riferite all'articolo 79 della Costituzione. Si sofferma sull'osservazione svolta dal deputato Finocchiaro, che ritiene «formalistica» e che non offre ipotesi di deroga rispetto all'interpretazione rigorosa fornita.

In ordine alla sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 1968, osserva che essa consente la possibilità di prevedere un termine di applicazione del provvedimento diverso da quello della prima proposta di legge presentata, in quanto nel caso di specie le proposte di legge già presentate erano state ritirate e implicitamente abbandonate per concentrarsi sull'esame di una nuova proposta di legge elaborata da una sottocommissione che assunse oltretutto una nuova e diversa numerazione. Infatti i proponenti delle proposte di legge non ritirate sottoscrissero la nuova proposta di legge elaborata dalla sottocommissione.

Ritiene pertanto che la Corte costituzionale abbia affermato la possibilità di derogare alla previsione letterale dell'articolo 79 della Costituzione in presenza di specifiche condizioni procedurali che consentano di considerare per la definizione del termine di applicazione del provvedimento anche una proposta di legge diversa dalla prima presentata.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU), intervenendo a nome del proprio gruppo, afferma che questo ha sempre espresso il proprio favore sulla concessione di un atto di clemenza generalizzata che ricomprenda sia l'indulto che l'amnistia.

Ritiene che un tale atto di clemenza possa restituire una realtà umanizzante per le strutture penitenziarie e, più in  generale, per restituire alla pena una funzione di reinserimento sociale del detenuto.

Ricorda che il lungo dibattito sviluppatosi nel corso di questa legislatura non abbia portato ad alcun risultato se si eccettua la concessione del cosiddetto indultino.

Sottolinea che il proprio gruppo ha tuttavia evidenziato, nel corso dell'ultimo periodo, la mancanza delle condizioni utili per giungere alla conclusione positiva dell'esame, come testimoniato dagli interventi svolti in questa seduta e che la posizione del proprio gruppo è comunque evidenziata dagli emendamenti presentati.

Si sofferma sulla opportunità di risolvere il problema del termine di efficacia del provvedimento, che può comunque essere quella della presentazione della prima proposta di legge dichiarandosi disponibile a riformulare in tal senso il proprio articolo premissivo 01.506.

Invita i gruppi rappresentati in Commissione ad assumersi le proprie responsabilità per giungere ad una sollecita approvazione del provvedimento.

Italico PERLINI (FI) ritiene che, alla luce dell'esame fin qui svoltosi, si debba passare all'esame degli emendamenti presentati. Osserva che il primo degli emendamenti in esame è quello presentato dal deputato Mazzoni 01.506 che concede l'amnistia per tutti i reati non finanziari.

Ricorda la posizione costantemente favorevole sul provvedimento di amnistia e di indulto da parte del proprio gruppo.

Sull'articolo premissivo Mazzoni 01.506, invita tuttavia la presentatrice a riflettere sulla inopportunità di prevedere la sola esclusione dei reati finanziari, che darebbe luogo ad un provvedimento eccessivamente ampio, dovendosi preferire invece un testo più organico e definito. Sottolinea pertanto che la posizione del proprio gruppo non può essere favorevole ad una amnistia in termini così generalizzati chiedendo pertanto, in ordine allo specifico articolo premissivo , di rinviarne l'esame in sede di Assemblea.

Gaetano PECORELLA, presidente, in ordine al termine di applicazione del provvedimento, ricorda che il testo in esame è un testo elaborato autonomamente dal relatore sul quale sono stati approvati alcuni emendamenti al 22 dicembre 2002. Ricorda poi che in data 21 gennaio 2003 la Commissione aveva deliberato di abbandonare l'esame di tutti i provvedimenti in questione.

Giuliano PISAPIA (RC) ricorda che la maggioranza richiesta dalla Costituzione all'articolo 79 è quella dei due terzi dei componenti, obiettivo che non ritiene raggiungibile con l'articolo premissivo Mazzoni 01.506, che esclude reati di grande importanza sociale.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU) accoglie il suggerimento formulato dal deputato Pisapia, e ritira il proprio articolo premissivo 01.506, riservandosi di ripresentarlo in Assemblea.

Italico PERLINI (FI) ricorda che la posizione del proprio gruppo è solo quella di ragionare sull'opportunità di inserire tra le esclusioni oggettive e soggettive dell'amnistia altre tipologie di reato.

Gaetano PECORELLA, presidente, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle 19.15, riprende alle 19.30.

Carlo TAORMINA (FI), ritira il proprio articolo premissivo 01.500 e sottoscrive l'articolo premissivo Buemi 01.505.

Pier Paolo CENTO (Misto-VU) ritira i propri emendamenti 01.501 e 01.503 e sottoscrive l'articolo premissivo Buemi 01.505.

Giuliano PISAPIA (RC) ritira il proprio articolo premissivo 01.502 e sottoscrive l'articolo premissivo Buemi 01.505.

Italico PERLINI (FI) sottoscrive l'articolo premissivo Buemi 01.505.

Guido Giuseppe ROSSI (LNFP) chiede che il presentatore illustri l'articolo premissivo 01.505.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che seguiranno altri emendamenti in tema di amnistia e indulto. Pertanto, ove dovesse essere approvato l'articolo premissivo Buemi 01.505, solo la parte relativa all'amnistia dei prossimi emendamenti sarebbe considerata preclusa in quanto già disciplinata dall'articolo premissivo in esame.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) illustra il contenuto del proprio articolo premissivo 01.505.

Gaetano PECORELLA, presidente, chiede al presentatore se, in ordine alla data di efficacia dell'amnistia, intenda modificare la previsione del 31 dicembre 2004 contenuta nell'articolo premissivo in esame.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che, in ordine alla data di efficacia del provvedimento, intende riferirsi alla sola ipotesi dell'amnistia, in quanto, in ordine all'indulto, il testo già esaminato dalla Commissione prevede la data del 1o giugno 2001.

Enrico BUEMI (Misto-SDI-US) ritiene che possa essere scelto come termine di efficacia del provvedimento il 22 dicembre 2002, data di adozione del testo da parte della Commissione, che può ritenersi autonomo rispetto alle altre proposte in esame.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che, per ragioni di opportunità, le date di efficacia di amnistia e indulto non possano essere diverse.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) dichiara che il proprio gruppo si asterrà su tutti gli emendamenti in tema dell'amnistia e pertanto anche sull'articolo premissivo Buemi 01.505.

Rispondendo all'intervento del deputato Taormina, ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 1968 si fondava sul vecchio testo dell'articolo 79 della Costituzione che si inseriva nel quadro di una relazione istituzionale all'interno della quale il Parlamento assegnava al Presidente della Repubblica un limite temporale inderogabile entro il quale esercitare questa prerogativa.

Con la riforma costituzionale del 1992, l'ultimo comma persegue un fine diverso che è quello di evitare l'effetto criminogeno che potrebbe derivare dalla presentazione della prima proposta di legge in tema: qui il limite costituzionale vale non più per il Presidente della Repubblica, ma per il Parlamento, capovolgendosi così il significato dalla norma.

Ribadisce infine il voto di astensione a nome del proprio gruppo sull'emendamento Buemi 01.505.

Carolina LUSSANA (LNFP) chiede chiarimenti sulla data di efficacia.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, secondo l'interpretazione del deputato Buemi, la data del 21 dicembre 2002 è quella in cui la Commissione ha adottato un testo base in tal modo abbandonando le altre iniziative legislative.

Carolina LUSSANA (LNFP) ricorda che la soluzione proposta costituirebbe un mero artifizio in quanto già dopo l'approvazione del testo del relatore era stato approvato un emendamento che, proprio in considerazione del secondo comma dell'articolo 79 della Costituzione, fissava al 1o giugno 2001 il termine di efficacia del provvedimento

Ribadisce la propria contrarietà sull'emendamento 01.505 e su tutti i provvedimenti di clemenza in generale.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) osserva che la data stabilita riguarda solo l'indulto.

Carolina LUSSANA (LNFP) ritiene che la data per l'amnistia debba essere quella della prima proposta di legge presentata.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U), pur ribadendo la posizione favorevole del proprio gruppo sull'ipotesi dell'amnistia preannuncia un voto di astensione al fine di rimettere in Aula la definizione di varie questioni, tra le quali quella di reati ulteriori da considerare.

Si dichiara perplesso anche in ordine alle questioni del termine di efficacia.

Antonio MAROTTA (UDC-CCD-CDU), in risposta alle considerazioni svolte dal relatore che ha evidenziato come la ratio dell'articolo 79 sia quella di evitare l'effetto criminogeno che può scaturire dopo la presentazione della prima proposta di legge in tema di concessione di indulto o amnistia.

Ritiene pertanto che ci si debba attenere al dettato costituzionale e fissare la data 4 giugno 2001 per entrambe le fattispecie.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritiene che il limite di cui all'articolo 79 della Costituzione sia inderogabile ed insuperabile, condividendo così l'interpretazione già fornita dai deputati Finocchiaro e Marotta.

Sulla data proposta dal deputato Buemi del 22 dicembre 2002 di adozione del testo da parte della Commissione, ritiene che non sia compatibile con la previsione costituzionale. Ritiene infatti che non vi sia una netta cesura tra la prima proposta di legge presentata dal deputato Cento ed il testo a cui fa riferimento il deputato Buemi.

Ritiene che l'amnistia non sia un mero provvedimento di clemenza ma uno strumento per agevolare il lavoro dei magistrati. Solo l'indulto può essere considerato una misura di clemenza.

Guido Giuseppe ROSSI (LNFP) osserva che i voti di astensione preannunciati dimostrano che il provvedimento di amnistia non abbia concrete possibilità di essere approvato, ritenendo così che gli emendamenti diretti a prevedere l'amnistia debbano essere ritirati dai presentatori.

Sulla data di efficacia ritiene che essa debba essere individuata nella presentazione della prima iniziativa legislativa parlamentare in materia.

Non condivide l'interpretazione fornita dal deputato Buemi sul testo voluto dalla Commissione che contrasta con l'articolo 79 della Costituzione e con la ratio ad esso sottesa, diretta ad evitare gli effetti criminogeni descritti in altri interventi.

Ritiene che il dibattito in esame sia pericoloso soprattutto per le aspettative che crea nei confronti dei detenuti.

Invita la Commissione, pertanto, ad attenersi al termine stabilito dalla Costituzione che è quello della presentazione della prima iniziativa legislativa in materia.

Italico PERLINI (FI) ritiene che sia necessario fare chiarezza, soprattutto alla luce degli interventi dei rappresentanti dei gruppi dei DS e MARGH-U, che hanno cercato di spostare l'attenzione sul tema della data di efficacia anziché sui contenuti sostanziali del provvedimento. Ricorda inoltre che l'emendamento Buemi riproduce letteralmente il testo di un disegno di legge presentato da qualificati esponenti dei gruppi dei DS e MARGH-U che prevedono l'amnistia, invitando i rappresentanti in questa Commissione a chiedere la loro posizione.

Dichiara di rifiutare lezioni di politica carceraria da parte del deputato Kessler.

Carlo TAORMINA (FI), in ordine all'interpretazione dell'articolo 79 della Costituzione, sostiene che la sentenza della Corte n. 51 del 1968 faceva riferimento non ai rapporti istituzionali tra Parlamento e Capo dello Stato bensì alla prima data di presentazione del primo disegno di legge.

Ribadisce il proprio convincimento circa la possibilità di trovare soluzioni alternative a quella letterale di cui all'articolo 79 della Costituzione.

Ritiene che la data di efficacia del provvedimento non possa essere stabilita in un momento così lontano quale è il 2001, ritenendolo non coerente con le finalità dell'istituto in esame.

Ritiene che dopo cinque anni di esame del provvedimento il Parlamento si debba assumere le proprie responsabilità soprattutto per dare un segnale di serietà all'esterno.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU), pur rilevando una certa ipocrisia nel dibattito, osserva come la posizione dei DS, diretta solo nei confronti dei detenuti che soffrono e non già nei confronti dell'intero sistema giustizia, dimostri una debolezza di fondo in quanto dovrebbe far riflettere anche la sola considerazione sull'eccessiva durata dei precedenti giudiziari.

In ordine all'articolo premissivo Buemi 01.505 ritiene che, una volta chiaritasi la questione della data di efficacia, si possa risolvere anche la preoccupazione sulle ipotesi di reato di particolare odiosità sociale da ricomprendere o meno all'interno dell'amnistia o dell'indulto. Ritiene infine che debba essere escluso dall'amnistia il reato di rivelazione di utilizzazione del segreto di ufficio di cui al primo comma dell'articolo 326 del Codice penale.

Roberto GIACHETTI (MARGH-U) osserva che la fase dell'esame in Commissione sia una fase proceduralmente autonoma rispetto a quella di Assemblea e ritiene pertanto che la Commissione debba comunque il proprio esame senza valutare l'esistenza o meno, in questa fase, dei requisiti che la Costituzione ritiene in Assemblea.

Ritiene che senza l'approvazione di un'amnistia o indulto saranno impraticabili future riforme in materia di giustizia.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che questo lungo dibattito sulla data di efficacia non abbia prodotto una soluzione univoca, lasciando aperta l'ipotesi di una futura dichiarazione di incostituzionalità.

Pur condividendo l'ipotesi formulata dal deputato Buemi circa la data del 2002, invita la Commissione a riflettere sull'opportunità di considerare la data, costituzionalmente ineccepibile, del 4 giugno 2001, data di presentazione della prima proposta di legge.

Nino MORMINO (FI), relatore, invita il deputato Buemi a riformulare il proprio articolo premissivo 01.505 nel senso di stabilire quale data di efficacia del provvedimento, prevista all'articolo 05, quella del 1o giugno 2001.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) ribadisce di non condividere una interpretazione letterale dell'articolo 79 della Costituzione non ritenendo che interessi generali di simile portata possano restare nelle disponibilità del primo parlamentare che presenta un'iniziativa legislativa in materia.

Accetta comunque l'invito del relatore prevedendo all'articolo 05 la data del 1o giugno 2001.

Nino MORMINO (FI), relatore, esprime parere favorevole sull'articolo premissivo Buemi 01.505 come riformulato.

La Commissione approva l'articolo premissivo Buemi 01.505 come riformulato (vedi allegato).

Giuliano PISAPIA (RC) ritiene che in occasione dell'esame in Assemblea debbano essere approfondite tutte le questioni di costituzionalità che sono state evidenziate nella seduta odierna.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che gli emendamenti Pisapia 1.704 e Buemi 1.700 sono considerati assorbiti per la parte relativa all'amnistia.

Giuliano PISAPIA (RC) ritira il proprio emendamento 1.704.

Gaetano PECORELLA, presidente, in ordine all'emendamento Buemi 1.700, ricorda che deve essere esaminata la sola parte sull'indulto di cui agli articoli da 6 a 10 contenuti nell'emendamento stesso.

Giovanni KESSLER (DS-U) chiede che il deputato Buemi illustri il proprio emendamento 1.700.

Gaetano PECORELLA, presidente, illustra le differenze tra l'emendamento Buemi 1.700 e il testo già esaminato dalla Commissione.

Nino MORMINO (FI), relatore, invita il deputato Buemi a riformulare il proprio emendamento 1.700 nel senso di stabilire quale data di efficacia del provvedimento, prevista all'articolo 05, quella del 1o giugno 2001.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) accoglie l'invito del relatore e riformula l'emendamento nel senso di prevedere la data di efficacia dell'indulto al 1o giugno 2001.

Nino MORMINO (FI), relatore, ricorda che il proprio parere contrario sull'emendamento Buemi 1.700 si giustifica nella considerazione per cui la Commissione aveva già elaborato un testo in tema di indulto.

Aldo PERROTTA (FI) ritiene che l'emendamento Buemi 1.700 debba essere riformulato includendovi una serie di esclusioni oggettive, tra le quali quelle relative ai reati a carattere sessuale.

Carolina LUSSANA (LNFP) ricorda che il proprio gruppo ha presentato numerosi emendamenti migliorativi del testo.

Esprime contrarietà sull'emendamento Buemi 1.700 per la parte relativa all'indulto che ricomprendere anche le ipotesti di stupro ed altri reati connessi alla pornografia, sui quali la Commissione si era espressa per un inasprimento della pena.

Osserva poi l'assenza di numerosi altri reati tra i quali la concussione, la corruzione, che rendono il testo negativo e peggiorativo di quello della Commissione.

Italico PERLINI (FI) osserva che l'esame che si sta svolgendo rischia di pregiudicare tutto il lavoro fin qui svolto dalla Commissione.

Propone alla Commissione di approvare il testo sull'indulto già risultante dagli emendamenti già approvati.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) ritiene che la preoccupazione del deputato Lussana sui reati in tema di pornografia sia estremamente riduttivo rispetto ai reali problemi del Paese.

Dichiara di condividere la proposta del deputato Perlini di consegnare all'Assemblea il testo sull'indulto già esaminato dalla Commissione.

Anna FINOCCHIARO (DS-U) condivide la proposta del deputato Perlini senza esprimere opinioni definitive sul testo esaminato dalla Commissione in ordine alle fattispecie di reato comprese ed escluse.

Ritiene dunque opportuno lasciare intatto il testo già approvato, rinviando a consultazioni informali le ipotesi di reato da ricomprendere e da escludere.

Pier Paolo CENTO (Misto-VU) condivide la proposta formulata dal deputato Perlini e ritira tutti gli emendamenti presentati, salvo l'emendamento 2. 500, volto a sopprimere l'articolo 2. Esprime tuttavia perplessità in ordine al testo come si va definendo soprattutto in considerazione della discussione in Assemblea, dove può essere richiesto il voto segreto ed è prevista la maggioranza dei due terzi, che al momento non appare raggiungibile.

Carolina LUSSANA (LNFP) ribadisce la posizione contraria del proprio gruppo sui provvedimenti di amnistia ed indulto. Sottolinea poi che l'emendamento Buemi 1.700 sia pericoloso e poco garantista nei confronti della società soprattutto nella parte in cui finisce per tutelare non solo chi ha commesso reati a sfondo sessuale, ma anche altri autori di diversi reati quali, ad esempio, quelli legati al traffico di stupefacenti. Osserva infatti come questo emendamento sia stato presentato da una forza politica che si propone di liberalizzare le droghe leggere.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) ricorda che il lungo iter parlamentare di questo provvedimento va ricercato nelle fratture tra la maggioranza.

Ritiene che l'amnistia, in quanto riferita ai reati commessi anteriormente al 1o giugno 2001, sia tecnicamente inutile e che l'accanimento su di essa tenda a mascherare le divisioni che esistono in ordine all'indulto, unico provvedimento seriamente utile e sul quale nessun rappresentante della maggioranza si pronuncia, preferendo rimettere il testo all'esame dell'Assemblea dove non avrà futuro.

Gaetano PECORELLA, presidente, osserva che nessun deputato della maggioranza si sia pronunciato sul tema dell'indulto ad eccezione dei rappresentanti della Lega Nord.

Italico PERLINI (FI) non condivide le osservazioni del deputato Mantini volte ad evidenziare presunte fratture tra la maggioranza o contrarietà sul complesso del provvedimento. Ritiene falsa l'affermazione circa il fatto che l'amnistia sarebbe promossa unicamente dai gruppi del centrodestra in quanto anche gruppi del centrosinistra ne sostengono l'opportunità.

Ritiene inoltre che la proposta da lui formulata di consegnare il testo già esaminato dalla Commissione sull'indulto sia solo una soluzione di buon senso volta ad agevolarne l'esame.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU) non condivide l'intervento del deputato Mantini, osservando come in realtà le varie fratture sono riscontrabili tra i gruppi del centrosinistra, evidenziate nella discussione su un emendamento presentato da un deputato del centrosinistra sui cui non si trova un accordo.

Condivide infine la proposta del deputato Perlini.

Gaetano PECORELLA, presidente, rileva come esista un orientamento diffuso circa l'opportunità di mantenere, relativamente all'indulto, il testo già esaminato dalla Commissione. In ordine a questo testo non ritiene tuttavia logico che sia prevista la necessità di avere scontato almeno un quarto della pena ai fini della concessione dell'indulto. Inoltre ritiene che il testo debba essere modificato anche nella parte che consente l'applicazione dell'indulto agli associati ad associazioni di stampo mafioso, escludendo dall'indulto solamente i promotori o capi delle stesse.

Giovanni KESSLER (DS-U) condivide la proposta del Presidente di approvare il testo unificato in esame.

Si dichiara disposto a ritirare i propri emendamenti ove anche gli altri presentatori facessero altrettanto.

Osserva che il testo già esaminato dalla Commissione non appare soddisfacente e, se la parte sull'indulto rappresenta il frutto di un lungo lavoro della Commissione, non altrettanto può dirsi in ordine all'amnistia, che non ritiene possa superare il vaglio costituzionale dei due terzi dei componenti per l'approvazione.

Chiede di valutare la possibilità di presentare all'Assemblea due testi diversi sulla fattispecie in esame.

In ordine all'indulto ritiene che il prosieguo della discussione rischia di pregiudicare l'esito.

Ritiene che l'indulto debba avere una applicazione generalizzata superando la logica degli elenchi delle fattispecie, evitando cause di esclusione oggettiva e rifacendosi a norme di specie, quali ad esempio l'articolo 407 del codice di procedura penale che già prevedono ipotesi particolari.

Ritiene infine che le cause di esclusione tra amnistia ed indulto debbano essere diverse.

Nino MORMINO (FI), relatore, ritiene opportuno non modificare il testo relativo all'indulto già esaminato calla Commissione, che potrebbe rendere più agevole il lavoro in Assemblea relativamente alle principali questioni emerse nel corso dell'esame.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 1.500.

La Commissione respinge l'emendamento Lussana 1.521.

Pierluigi MANTINI (MARGH-U) ritira i propri emendamenti 1.507, 2.504, 3.504, 4.507 e 4.509 e l'articolo aggiuntivo 7.0503.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritira il proprio emendamento 1.501.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore dichiara decaduto l'emendamento Boccia 1.508.

La Commissione respinge l'emendamento Lussana 1.509.

Carlo TAORMINA (FI) ritira il proprio emendamento 1.502.

Francesco BONITO (DS-U) fa proprio l'emendamento Siniscalchi 1.503 e lo ritira.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 1.510, 1.511, 1.512, 1.513, 1.514, 1.515 e 1.516.

Carolina LUSSANA (LNFP) ritira il proprio emendamento 1.517.

Francesco BONITO (DS-U) fa proprio l'emendamento Siniscalchi 1.505 e lo ritira.

Carlo TAORMINA (FI) ritira il proprio emendamento 1.506.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 1.518, 1.519 e 1.520.

Carolina LUSSANA (LNFP) ritira il proprio emendamento 2.508, in quanto è stato formulato in maniera non corretta. La Lega non ritiene assolutamente che possa essere eliminato dal testo la disposizione contenuta nell'articolo 2. Anzi, questa dovrebbe essere resa ancora più rigorosa.

Giovanni KESSLER (DS-U), intervenendo sugli identici emendamenti Cento 2.500 e Taormina 2.501 si dichiara contrario alla soppressione dell'articolo 2 per ragioni di eguaglianza sostanziale.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU) dichiara il proprio voto contrario sugli identici emendamenti Cento 2.500 e Taormina 2.501.

Carolina LUSSANA (LNFP) dichiara il proprio voto contrario sugli identici emendamenti Cento 2.500 e Taormina 2.501.

I deputati Anna FINOCCHIARO (DS-U) e Francesco BONITO (DS-U) dichiarano il proprio voto di astensione sugli identici emendamenti Cento 2.500 e Taormina 2.501.

La Commissione respinge gli identici emendamenti Cento 2.500 e Taormina 2.501.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore dichiara decaduto l'emendamento Boccia 2.505.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 2.506 e 2.507.

Francesco BONITO (DS-U) fa proprio l'emendamento Siniscalchi 2.502 e lo ritira.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritira i propri emendamenti 2.503, 3.500 e 3.501.

Carlo TAORMINA (FI) ritira il proprio emendamento 3.502.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore dichiara decaduto l'emendamento Boccia 3.505.

Carolina LUSSANA (LNFP) ritira il proprio emendamento 3.600, presentato per errore.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 3.504, 3.505, 3.506, 3.507 e 3.508.

Francesco BONITO (DS-U) fa proprio l'emendamento Siniscalchi 3.503 e lo ritira.

La Commissione respinge l'emendamento Lussana 4.549.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 4.510, 4.511, 4.512, 4.513, 4.514, 4.515, 4.516, 4.517 e 4.518.

Giovanni KESSLER (DS-U) dichiara, a nome del proprio gruppo, voto favorevole sull'emendamento Lussana 4.519.

Enrico BUEMI (Misto-RosanelPugno) sottoscrive l'emendamento Lussana 4.519.

La Commissione, con distinte votazioni, approva l'emendamento Lussana 4.519 e respinge gli emendamenti Lussana 4.520 e 4.521.

Giovanni KESSLER (DS-U) dichiara, a nome del proprio gruppo, voto favorevole sull'emendamento Lussana 4.522.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU) dichiara voto favorevole sull'emendamento Lussana 4.522.

Aldo PERROTTA (FI) dichiara voto favorevole sull'emendamento Lussana 4.522.

La Commissione approva l'emendamento Lussana 4.522.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che a seguito dell'approvazione dell'emendamento Lussana 4.522, l'emendamento Guido Giuseppe Rossi 4.523 si intende precluso.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 4.524, 4.525, 4.526, 4.527, 4.528, 4.529, 4.530, 4.531, 4.532, 4.533, 4.534, 4.535, 4.536, 4.537, 4.538 e 4.539.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore dichiara decaduto l'emendamento Boccia 4.508.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 4.540, 4.541, 4.542, 4.543, 4.544, 4.545, 4.546, 4.547 e 4.548.

Giovanni KESSLER (DS-U) ritira i propri articoli aggiuntivi 4.0500, 7.0500, 7.0501, 7.0502 e l'emendamento 8.500.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 5.516 e 5.509.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore dichiara decaduto l'emendamento Boccia 5.500.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 5.510, 5.511, 5.515, 5.514, 5.513, 5.512 e 6.500.

Gaetano PECORELLA, presidente, stante l'assenza del presentatore dichiara decaduto l'emendamento Boccia 7.502.

La Commissione respinge l'emendamento Lussana 7.504.

Carlo TAORMINA (FI) ritira il proprio emendamento 7.500.

Erminia MAZZONI (UDC-CCD-CDU) ritira il proprio emendamento 7.503.

La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Lussana 8.503 e 8.502.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che il testo unificato, risultante dagli emendamenti approvati, sarà trasmesso alle commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere. Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 21.30.


ALLEGATO

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto. C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C. 3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni, C. 3465 Moretti, C. 4187 Cento, C. 4188 Cento, C. 1260 Trantino, C. 4768 Santori, C. 5444 Perrotta, C. 5456 Perrotta, C. 5772 Craxi, C. 5881 Minniti e C. 6207 Fanfani.

TESTO UNIFICATO AL QUALE SONO RIFERITI GLI EMENDAMENTI

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI INDULTO

 

 


Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Il giudice, quando vi sia stata condanna per più reati in continuazione tra loro, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, applica l'indulto, ai sensi della presente legge, determinando la quantità di pena condonata, ai sensi dell'articolo 672 del codice di procedura penale.

3. L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

Art. 2.

(Condizioni di applicabilità).

1. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno un quarto della pena detentiva.

Art. 3.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive e non superiore a 2 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per i seguenti reati del codice penale:

a) rapina di cui all'articolo 628, terzo comma;

b) estorsione di cui all'articolo 629, secondo comma;

c) usura di cui all'articolo 644;

d) delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I del codice penale, con esclusione degli articoli 323, 325, 326, 328, 329, 331, 335.

Art. 4.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270, commi 1, 2 e 4 (associazioni sovversive);

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-ter (associazioni con finalità di terrorismo internazionale); 

4) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

5) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

6) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

7) 416-bis, comma 2 (associazione di tipo mafioso);

8) 419, comma 2 (devastazione e saccheggio);

9) 420, comma 3 (attentato a impianti di pubblica utilità);

10) 422 (strage);

11) 432, commi 1 e 3 (attentati alla sicurezza dei trasporti);

12) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari);

13) 600 (riduzione in schiavitù);

14) 600-bis, comma 1, (prostituzione minorile) aggravato ai sensi dell'articolo 609-ter;

15) 600-ter, commi 1, 2 e 3, (pornografia minorile);

16) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

17) 601 (tratta e commercio di schiavi);

18) 602 (alienazione e acquisto di schiavi);

19) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

20) 609-octies, commi 1, 2 e 3, (violenza sessuale di gruppo);

21) 630, commi 1, 2 e 3 (sequestro di persona a scopo di estorsione);

22) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

Art. 5.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni, ancorchè congiunta a pena pecuniaria.

2. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni successivi al termine di cui al comma 1, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a cinque anni.

Art. 6.

(Rinuncibilità all'indulto).

1. Fino alla decisione sull'applicazione definitiva, il condannato può rinunciare all'indulto con dichiarazione sottoscritta personalmente al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza.

Art. 7.

(Termine di efficacia).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1o giugno 2001.

Art. 8.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il decimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

EMENDAMENTI

All'articolo 1 premettere il seguente:

Art. 01.

È concessa amnistia per tutti i reati non finanziari compiuti entro il 31 dicembre 2004 per i quali è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a detta pena.

L'amnistia non si applica qualora l'imputato faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

01. 506.Mazzoni.

All'articolo 1 premettere i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale è concessa amnistia;

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

6) 640, secondo comma (truffa);

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni di cui ai commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e articolo 83 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

f) per i delitti previsti dagli articoli 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 e 30, comma 4, della legge 6 agosto 1990, n. 223.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro  ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

2) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

3) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

4) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

5) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

6) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

7) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della medesima legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni;

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Art. 03.

(Amnistia condizionata).

1. L'amnistia nei confronti dei condannati è sempre concessa a condizione che costoro, nei cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, non commettono un delitto non colposo.

2. Qualora il reato per il quale si procede rientri in quelli previsti dalla presente legge e nei confronti di un soggetto che sia per il medesimo reato già stato rinviato a giudizio, il giudice sospende, anche d'ufficio, in ogni stato e grado, il procedimento per il periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Decorso tale periodo  il giudice, qualora sussistano le condizioni di cui al comma 1 del presente articolo, provvede ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale; nel caso contrario, revoca il provvedimento di sospensione. Durante la sospensione disposta ai sensi del presente comma è interrotto il decorso dei termini di prescrizione.

3. In ogni stato e grado del processo nei confronti di coloro che rispondono dei delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato si dimetta da detta pubblica funzione o pubblico servizio ovvero provveda al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

4. Per coloro che sono stati condannati in primo grado ad una pena superiore a quattro anni, l'amnistia è concessa qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 1), del codice penale, ovvero il colpevole abbia spontaneamente provveduto al risarcimento del danno, nonché, ove possibile, alle restituzioni e all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.

5. Qualora sia già stata irrogata sentenza di condanna di primo grado nei confronti di cittadini stranieri immigrati clandestinamente, l'amnistia è concessa a condizione che il beneficiato abbandoni il territorio dello Stato entro quindici giorni.

6. Nelle ipotesi di cui al presente articolo, ove si accerti che le condizioni ivi previste non sono state rispettate, l'amnistia ovvero il provvedimento di sospensione del procedimento penale sono revocati.

Art. 04.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, primo comma, numeri 1) e 4), limitatamente alla seconda ipotesi, del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 5.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

01. 500.Taormina.

All'articolo 1, premettere i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia).

È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non  superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 614, comma quarto (violazione di domicilio), limitatamente all'ipotesi in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

4) 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per i reati di cui all'articolo 7 in relazione agli articoli 1, 2 e 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 (disposizioni per il controllo delle armi), come modificata dalla legge 14 ottobre 1974, n. 497, quando ricorre l'attenuante di cui all'articolo 5 della predetta legge;

e) per il reato di cui al comma terzo dall'articolo 23 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), quando concerne armi la cui detenzione l'imputato o il condannato aveva denunciato all'autorità di pubblica sicurezza;

f) per il reato previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, commesso a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi, anche se il suddetto reato è aggravato dal numero o dalla riunione delle persone e dalle circostanze di cui all'articolo 61 del codice penale, fatta esclusione per quella prevista dal n. 1, nonché da quella di cui all'articolo 112, n. 2, del codice penale, sempre che non ricorrano altre aggravanti e il fatto non abbia cagionato ad altre lesioni personali o la morte;

g) per ogni reato commesso da minore di anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

h) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

i) per i reati di cui al secondo capoverso dell'articolo 9 dell'allegato C al regio decreto-legge 16 gennaio 1936, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1936, n. 1334, ed all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni di carattere legislativo concernenti l'imposta sul consumo del gas e dell'energia elettrica approvato con decreto ministeriale 8 luglio 1924, e successive modificazioni, limitatamente all'evasione dell'imposta erariale sull'energia elettrica.

2. A seguito dell'applicazione dell'amnistia ad uno dei delitti previsti dall'articolo 8 della legge 15 dicembre 1972, n. 772, l'imputato o il condannato è esonerato dalla prestazione del servizio di leva.

3. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Amnistia per reati minori in materia tributaria concernenti enti non commerciali e condizioni per la concessione dell'amnistia per taluni reati tributari).

1. È concessa amnistia per i reati di cui all'articolo 1 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, commessi fino a tutto il giorno 28 luglio 1989 in relazione ad attività commerciali svolte da enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali di cui alle lettere c) e d) dell'articolo 87, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

2. È concessa amnistia per i reati previsti dal secondo comma dell'articolo 2 del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, se il versamento delle ritenute è stato effettuato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto di imposta.

3. In conseguenza della errata indicazione del termine del 31 novembre 1989 per la presentazione dell'istanza di definizione ad ogni effetto amministrativo e penale contenuto nel comma 1 dell'articolo 21 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, si considerano regolarmente adempiuti gli adempimenti eseguiti entro il 31 dicembre 1989.

Art. 03.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo 1 del titolo II del libro secondo del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro secondo del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

2) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

3) 319, comma quarto (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

4) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti negli articoli 318, comma primo, e 319, comma quarto;

5) 321 (pene per il corruttore);

6) 353 e 354 (turbata libertà degli incanti e astensione dagli incanti), quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

7) 355 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpa;

8) 371 (falso giuramento della parte);

9) 372 (falsa testimonianza), quando la deposizione verte su fatti relativi all'esercizio di pubbliche funzioni espletate dal testimone; 

10) 378 (favoreggiamento personale), fuori delle ipotesi previste dal comma terzo, salvo che si tratti di fatto commesso in relazione a reati per i quali è concessa amnistia;

11) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal comma secondo;

12) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal comma primo. Tale esclusione non si applica ai minori di anni diciotto;

13) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

14) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

15) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

16) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

17) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), comma primo, n. 3, e comma secondo;

18) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

19) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

20) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

21) 501-bis (manovre speculative su merci);

22) 521 (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520;

23) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal comma primo, n. 2, o dal comma secondo dell'articolo 583 del codice penale;

24) 595, comma terzo (diffamazione), quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato ed è commessa con mezzi di diffusione radiofonica o televisiva;

25) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al comma secondo;

26) 644 (usura);

27) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

28) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

d) al delitto previsto dall'articolo 218 del codice penale militare di pace (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui);

e) ai reati previsti:

1) dall'articolo 20, comma primo, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985, n. 298, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, comma primo, della predetta legge n. 47 del 1985 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

2) dall'articolo 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto  1985, n. 431, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

3) dagli articoli 21, 22, 23, comma secondo, e 24-bis della legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), salvo che il fatto consista nella mancata presentazione della domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'articolo 15, comma secondo, della stessa legge; dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, e dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 217;

4) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (interventi per la salvaguardia di Venezia), come sostituiti dall'articolo 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690;

5) dagli articoli 24, 25, 26, 27, 29, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

6) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detergenti sintetici);

7) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

8) dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 17 gennaio 1988, n. 175 (attuazione della direttiva CEE n. 82/501 relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali);

9) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

10) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (disposizioni contro la mafia);

11) dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano);

12) dagli articoli 3 e 4 della legge 20 novembre 1971, n. 1062 (norme penali sulla contraffazione od alterazione di opere d'arte).

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dall'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 04.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti; 

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale. Nei procedimenti indicati negli articoli 241 e 242 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, la sussistenza delle predette circostanze è accertata dal giudice istruttore o dal pretore nel corso dell'istruzione, ovvero dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al giudizio ai sensi dell'articolo 421 del codice di procedura penale abrogato;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 05.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

01. 501. Cento.

All'articolo 1, premettere i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia).

È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 558, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 614, comma quarto (violazione di domicilio), limitatamente al fatto in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose;

4) 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per il reato previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, commesso a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi, anche se il suddetto reato è aggravato dal numero o dalla riunione delle persone e dalle circostanze di cui all'articolo 61 del codice penale, fatta  esclusione per quella prevista dal numero 1, nonché da quella di cui all'articolo 112, n. 2 del codice penale, sempre che non ricorrano altre aggravanti e il fatto non abbia cagionato ad altri lesioni personali o la morte;

e) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1982, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

f) per i reati di cui al secondo capoverso dell'articolo 9 dell'allegato C al regio decreto-legge 16 gennaio 1936, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1936, n. 1334 ed all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni di carattere legislativo concernenti l'imposta sul consumo del gas e dell'energia elettrica approvato con decreto ministeriale 8 luglio 1924, e successive modificazioni, limitatamente all'evasione dell'imposta erariale sull'energia elettrica.

2. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro secondo del codice penale, quando siano compiuti in relazione ed eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui):

2) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

3) 319, comma quarto (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio);

4) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti negli articoli 318, comma primo e 319, comma quarto;

5) 321 (pene per il corruttore);

6) 353 e 354 (turbata libertà degli incanti e astensione dagli incanti), quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

7) 335 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpe;

8) 371 (falso giuramento della parte);

9) 372 (falsa testimonianza), quando la deposizione verte su fatti relativi all'esercizio di pubbliche funzioni espletate dal testimone;

10) 378 (favoreggiamento personale), fuori delle ipotesi previste dal comma secondo;

11) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal comma secondo;

12) 420 (attentato a impianti di pubblica utilità); 

13) 443 (commercio o somministrazione di medicinali usati);

14) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

15) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica), comma primo, n. 3, e comma secondo;

16) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

17) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

18) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

19) 501-bis (manovre speculative su merci);

20) 521 (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520;

21) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative l'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal comma primo, n. 2, o dal comma secondo dell'articolo 583 del codice penale;

22) 595, coma terzo (diffamazione), quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato ed è commessa con mezzi di diffusione radiofonica o televisiva;

23) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al comma secondo;

24) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

25) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

d) al delitto previsto dall'articolo 218 del codice penale militare di pace (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui);

e) ai reati previsti:

1) dall'articolo 20, comma primo, lettere b) e e), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico e edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985, n. 298, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, comma primo, della predetta legge n. 47 del 1985 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

2) dall'articolo 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

3) dagli articoli 21, 22, 23, comma secondo, e 24-bis della legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), salvo che il fatto consista nella mancata presentazione della domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'articolo 15, comma secondo, della stessa legge; dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;

4) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (interventi per la salvaguardia di Venezia), come sostituiti dall'articolo 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690; 

5) dagli articoli 24, 25, 26, 27, 29, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

6) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detergenti sintetici);

7) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

8) dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 (attuazione della direttiva CEE n. 82/501 relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali);

9) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

10) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (disposizioni contro la mafia);

11) dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano);

12) dagli articoli 3 e 4 della legge 20 novembre 1971, n. 1062 (norme penali sulla contraffazione od adulterazione di opere d'arte).

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 03.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Al fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza aggravante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai nn. 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari; nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale. Nei procedimenti indicati negli articoli 241 e 242 del decreto Legislativo 28 luglio 1989, n. 271, la sussistenza delle predette circostanze è accertata dal giudice istruttore o dal pretore nel corso dell'istruzione, ovvero dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti  preliminari al giudizio ai sensi dell'articolo 421 del codice di procedura penale abrogato;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dell'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 04.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 05.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 31 dicembre 2003.

Art. 06.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

01. 502. Pisapia, Russo Spena, Boato.

All'articolo 1, premettere i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato per il quale é stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma, (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 372, quando la testimonianza verte su un reato per il quale é concessa amnistia;

3) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

4) 614, quarto comma (violazione di domicilio), limitatamente alle ipotesi in cui il fatto é stato commesso con violenza sulle cose;

5) 625 (furto aggravato), qualora ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 62, numero 4);

6) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale;

7) 648, secondo comma (ricettazione);

d) per ogni reato commesso dal minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale e senza che si applichino le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) articolo 73, commi 4 e 5, con esclusione delle condotte di produzione, fabbricazione, estrazione e raffinazione di sostanze stupefacenti, e articolo 83 del  testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

2. Ai fini di cui al presente articolo non si applica il quinto comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per fare fronte alla calamità, risarcire i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti del capo III del titolo VII del citato libro II del medesimo codice, quando siano stati compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali, ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e di sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal secondo comma;

2) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal primo comma. Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

3) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

4) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

5) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

6) 452 (delitti colposi contro la salute pubblica) primo comma, numero 3), e secondo comma;

7) 589, secondo comma (omicidio colposo) e 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, numero 2), o dal secondo comma dell'articolo 583;

8) 609-quinquies (corruzione di minorenne);

d) ai reati previsti:

1) dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni;

2) dall'articolo 20, primo comma, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, salvo che si tratti di violazioni di un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti e sempre che non siano stati violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della medesima legge n. 47 del 1985, o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma dello stesso articolo;

3) dall'articolo 163 del testo unico di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità;

4) dall'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

5) dall'articolo 59 del decreto legislativo 11 marzo 1999, n. 152, e successive modificazioni; 

6) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334;

7) dal capo I del titolo V del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Art. 03.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, numero 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale, nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4) e 6) dell'articolo 62 del medesimo codice. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con le circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, primo comma, numeri 1) e 4), limitatamente alla seconda ipotesi, del codice penale. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle citate circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 468 del codice di procedura penale.

Art. 04.

(Rinunciabilità all'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'interessato faccia esplicita dichiarazione di non volerne usufruire.

01. 503. Boato, Cento, Pisapia, Russo Spena.

All'articolo 1, premettere i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia).

È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del  regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

2. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo 1 del titolo II del libro secondo del codice penale;

b) ai reati previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, recanti disposizioni contro la mafia;

c) ai reati commessi in occasioni di calamità naturali, approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

d) ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro secondo del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 353 (turbata libertà degli incanti);

2) 354 (astensione dagli incanti);

3) 371 (falso giuramento della parte);

4) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

5) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

6) 374 (frode processuale);

7) 377 (subordinazione);

8) 378 (favoreggiamento personale);

9) 385 (evasione);

10) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive). Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

11) 424 (danneggiamento seguito da incendio);

12) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

13) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

14) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

15) 452, comma 1, n. 3 e comma II (delitti colposi contro la salute pubblica);

16) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

17) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

18) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio); 

19) 501-bis (manovre speculative su merci);

20) 521 (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520;

21) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro;

22) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al comma secondo;

23) 644-bis (usura impropria);

24) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

25) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

f) ai reati previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi di cui al Titolo XI, Libro V, del codice civile;

g) ai reati previsti:

1) dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, comma primo, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

2) dall'articolo 8 della legge 11 novembre 1996 n. 574 (Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari);

3) dall'articolo 674 del codice penale;

4) dagli articoli 9, 10, 14, 15, 18, 20, della legge 13 luglio 1966 n. 615 (provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico);

5) dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 maggio 1982 n. 485 (Attuazione della direttiva CEE n. 78/611 relativa al contenuto di piombo nella benzina per i motori ad accensione comandata destinati alla propulsione degli autoveicoli);

6) dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988 n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183);

7) dall'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 97 (Attuazione della direttiva 87/219/CEE relativa al tenore di zolfo di taluni combustibili liquidi);

8) dagli articoli 59 e 60, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento);

9) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), come sostituiti dall'articolo 1-ter del de-creto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690;

10) dagli articoli 50, 51, 51-bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

11) dall'articolo 14 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, (Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati);

12) dagli articoli 16 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione  della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura;

13) dall'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100 (Attuazione delle direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE, 83/29/CEE in materia di inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di titanio);

14) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detersivi sintetici);

15) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

16) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (attuazione della direttiva 96/82/CEE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose);

17) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

18) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 675 (disposizioni contro la mafia);

19) dagli articoli 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 178, 180, 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 03.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 04.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 05.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 31 dicembre 2004.

01. 505. Buemi.

All'articolo 1, premettere i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia).

È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

2. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 02.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo 1 del titolo II del libro secondo del codice penale;

b) ai reati previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, recanti disposizioni contro la mafia;

c) ai reati commessi in occasioni di calamità naturali, approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti  adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

d) ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro secondo del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 353 (turbata libertà degli incanti);

2) 354 (astensione dagli incanti);

3) 371 (falso giuramento della parte);

4) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

5) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

6) 374 (frode processuale);

7) 377 (subordinazione);

8) 378 (favoreggiamento personale);

9) 385 (evasione);

10) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive). Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

11) 424 (danneggiamento seguito da incendio);

12) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

13) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

14) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

15) 452, comma 1, n. 3 e comma II (delitti colposi contro la salute pubblica);

16) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

17) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

18) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

19) 501-bis (manovre speculative su merci);

20) 521 (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520;

21) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro;

22) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al comma secondo;

23) 644-bis (usura impropria);

24) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

25) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

f) ai reati previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi di cui al Titolo XI, Libro V, del codice civile;

g) ai reati previsti:

1) dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, comma primo, della legge 28 febbraio  1985, n. 47 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

2) dall'articolo 8 della legge 11 novembre 1996 n. 574 (Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari);

3) dall'articolo 674 del codice penale;

4) dagli articoli 9, 10, 14, 15, 18, 20, della legge 13 luglio 1966 n. 615 (provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico);

5) dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 maggio 1982 n. 485 (Attuazione della direttiva CEE n. 78/611 relativa al contenuto di piombo nella benzina per i motori ad accensione comandata destinati alla propulsione degli autoveicoli);

6) dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988 n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183);

7) dall'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 97 (Attuazione della direttiva 87/219/CEE relativa al tenore di zolfo di taluni combustibili liquidi);

8) dagli articoli 59 e 60, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento);

9) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), come sostituiti dall'articolo 1-ter del de-creto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690;

10) dagli articoli 50, 51, 51-bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

11) dall'articolo 14 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, (Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati);

12) dagli articoli 16 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura;

13) dall'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100 (Attuazione delle direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE, 83/29/CEE in materia di inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di titanio);

14) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detersivi sintetici);

15) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

16) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (attuazione della direttiva 96/82/CEE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose);

17) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

18) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 675 (disposizioni contro la mafia); 

19) dagli articoli 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 178, 180, 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 03.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 04.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 05.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1o giugno 2001.

01. 505. (seconda formulazione) Buemi.

Sostituirlo con i seguenti:

Art. 01.

(Amnistia e indulto).

1. E concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione 

c) per i delitti previsti dagli articoli 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte; 558, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte, 614, comma quarto (violazione di domicilio), limitatamente al fatto in cui il fatto è stato commesso con violenza sulle cose; 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per il reato previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, commesso a causa e in occasione di manifestazioni sindacali o in conseguenza di situazioni di gravi disagi dovuti a disfunzioni di pubblici servizi o a problemi abitativi, anche se il suddetto reato è aggravato dal numero o dalla riunione delle persone e dalle circostanze di cui all'articolo 61 del codice penale, fatta esclusione per quella prevista dal numero 1, nonché da quella di cui all'articolo 112, n. 2 del codice penale, sempre che non ricorrano altre aggravanti e il fatto non abbia cagionato ad altri lesioni personali o la morte;

e) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il per-dono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1982, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

f) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

g) per i reati di cui al secondo capoverso dell'articolo 9 dell'allegato C al regio decreto-legge 16 gennaio 1936, n. 54, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 giugno 1936, n. 1334 ed all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni di carattere legislativo concernenti l'imposta sul consumo del gas e dell'energia elettrica approvato con decreto ministeriale 8 luglio 1924, e successive modificazioni, limitatamente all'evasione dell'imposta erariale sull'energia elettrica.

2. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi in occasione di calamità naturali approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione ed all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

b) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capi I del titolo II del libro secondo del codice penale ed ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro secondo del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

c) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

318 (corruzione per un atto d'ufficio);

319, comma quarto (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio); 

320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), in relazione ai fatti previsti negli articoli 318, comma primo e 319, comma quarto;

321 (pene per il corruttore);

353 e 354 (turbata libertà degli incanti e astensione dagli incanti), quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

335 (inadempimento di contratti di pubbliche forniture), salvo che si tratti di fatto commesso per colpe;

371 (falso giuramento della pace);

371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

372 (falsa testimonianza), quando la deposizione verte su fatti relativi all'esercizio di pubbliche funzioni espletate dal testimone;

378 (favoreggiamento personale), fuori delle ipotesi previste dal comma secondo;

385 (evasione), limitatamente alle ipotesi previste dal comma secondo;

391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive), limitatamente alle ipotesi previste dal comma primo;

420 (attentato a impianti di pubblica utilità);

443 (commercio o somministrazione di medicinali usati);

445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

452 (delitti colposi contro la salute pubblica), comma primo, n. 3, e comma secondo;

471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

501-bis (manovre speculative su merci);

609-quinquies (corruzione di minorenne);

590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative l'igiene del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal comma primo, n. 2, o dal comma secondo dell'articolo 583 del codice penale;

595, comma terzo (diffamazione), quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato ed è commessa con mezzi di diffusione radiofonica o televisiva;

610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al comma secondo;

733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

d) al delitto previsto dall'articolo 218 del codice penale militare di pace (peculato militare mediante profitto dell'errore altrui);

e) ai reati previsti:

dall'articolo 20, comma primo, lettere b) e c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), come modificato dall'articolo 3 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985, n. 298, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie,  ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, comma primo, della predetta legge n. 47 del 1985 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

dall'articolo 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito, con modificazioni, dalla LEGGE 8 agosto 1985, n. 431, salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorità dagli articoli 21, 22, 23, comma secondo, e 24-bis della legge 10 maggio 1976, n. 319 (norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), salvo che il fatto consista nella mancata presentazione della domanda di autorizzazione o di rinnovo di cui all'articolo 15, comma secondo, della stessa legge; dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203;

dagli articoli 24, 25, 26, 27, 29, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (norme in materia di smaltimento dei rifiuti); dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detergenti sintetici);

dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 (attuazione della direttiva CEE n. 82/501 relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali);

dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi; dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (disposizioni contro la mafia);

dall'articolo 2.1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236 (attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano); dagli articoli 3 e 4 della legge 20 novembre 1971, n. 1062 (norme penali sulla contraffazione od adulterazione di opere d'arte);

4. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 8l del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

5. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza aggravante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reti contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai n. 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze  di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Al fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari; nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale. Nei procedimenti indicati negli articoli 241 e 242 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, la sussistenza delle predette circostanze è accertata dal giudice istruttore o dal pretore nel corso dell'istruzione, ovvero dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al giudizio ai sensi dell'articolo 421 del codice di procedura penale abrogato;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dell'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante;

6. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

7. È concesso l'indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a lire dieci milioni per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive:

a) non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale;

b) l'indulto non si applica alle pene: per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: 285 (devastazione, saccheggio e strage); 416-bis (associazione di tipo mafioso); 422 (strage); 630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione); 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

c) per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

8. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

9. L'amnistia e l'indulto hanno efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 31 dicembre 2003.

10. La presente legge entra in vigore il decimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Conseguentemente, sopprimere gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8.

1. 704. Pisapia, Russo Spena, Boato.

Sostituirlo con i seguenti:

Art. 1.

(Amnistia).

È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale: 

1) 336, comma primo (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, comma secondo (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

3. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo 1 del titolo II del libro secondo del codice penale;

b) ai reati previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, recanti disposizioni contro la mafia;

c) ai reati commessi in occasioni di calamità naturali, approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

d) ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro secondo del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 353 (turbata libertà degli incanti);

2) 354 (astensione dagli incanti);

3) 371 (falso giuramento della parte);

4) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

5) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

6) 374 (frode processuale);

7) 377 (subordinazione);

8) 378 (favoreggiamento personale);

9) 385 (evasione);

10) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive). Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

11) 424 (danneggiamento seguito da incendio);

12) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

13) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive); 

14) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

15) 452, comma 1, n. 3 e comma II (delitti colposi contro la salute pubblica);

16) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

17) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

18) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

19) 501-bis (manovre speculative su merci);

20) 521 (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520;

21) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro;

22) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al comma secondo;

23) 644-bis (usura impropria);

24) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

25) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

f) ai reati previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi di cui al Titolo XI, Libro V, del codice civile;

g) ai reati previsti:

1) dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, comma primo, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel comma secondo del medesimo articolo;

2) dall'articolo 8 della legge 11 novembre 1996 n. 574 (Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari);

3) dall'articolo 674 del codice penale;

4) dagli articoli 9, 10, 14, 15, 18, 20, della legge 13 luglio 1966 n. 615 (provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico);

5) dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 maggio 1982 n. 485 (Attuazione della direttiva CEE n. 78/611 relativa al contenuto di piombo nella benzina per i motori ad accensione comandata destinati alla propulsione degli autoveicoli);

6) dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988 n. 203 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183);

7) dall'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 97 (Attuazione della direttiva 87/219/CEE relativa al tenore di zolfo di taluni combustibili liquidi);

8) dagli articoli 59 e 60, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento); 

9) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), come sostituiti dall'articolo 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690;

10) dagli articoli 50, 51, 51-bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Norme in materia di smaltimento dei rifiuti);

11) dall'articolo 14 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, (Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati);

12) dagli articoli 16 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura;

13) dall'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100 (Attuazione delle direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE, 83/29/CEE in materia di inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di titanio);

14) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 (biodegradabilità dei detersivi sintetici);

15) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979 (disposizioni per la difesa del mare);

16) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (attuazione della direttiva 96/82/CEE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose);

17) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

18) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, comma primo, della legge 31 maggio 1965, n. 675 (disposizioni contro la mafia);

19) dagli articoli 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 178, 180, 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai numeri 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto  soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 4.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 5.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 31 dicembre 2004.

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a 25 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte, l'indulto, salvo per quella dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici conseguente a condanna per delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione.

Art. 7.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

a) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

b) 416, comma 6 (associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602);

c) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

d) 422 (strage);

e) 630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione);

f) 644 (usura);

g) 644-bis (usura impropria);

h) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

2. L'indulto non si applica, altresì, alle pene per il delitto di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.

Art. 8.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, 

entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

Art. 9.

(Termine di efficacia dell'indulto).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 31 dicembre 2004.

Art. 10.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Conseguentemente sopprimere gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8.

1. 700. Buemi.

Sostituirlo con i seguenti:

Art. 1.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a 25 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato anche solo in parte, l'indulto, salvo per quella dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici conseguente a condanna per delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'indulto).

1. L'indulto non si applica alle pene per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

a) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

b) 416, comma 6 (associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602);

c) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

d) 422 (strage);

e) 630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione);

f) 644 (usura);

g) 644-bis (usura impropria);

h) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

2. L'indulto non si applica, altresì, alle pene per il delitto di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.

Art. 3.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.

Art. 4.

(Termine di efficacia dell'indulto).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il giorno 31 dicembre 2004.

Art. 5.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Conseguentemente sopprimere gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8.

1. 700. (seconda formulazione) Buemi.

Sopprimerlo.

1. 521.Lussana, Guido Rossi.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.

1. È concesso indulto nelle seguenti misure:

a) sei mesi, per le pene da scontare, ancorché residuo di maggior pena, pari o inferiore a tre anni;

b) otto mesi, pe le pene da scontare, ancorché residuo di maggior pena, pari o inferiori a cinque anni;

c) un anno, per le pene da scontare, ancorché residuo maggior pena, superiori a cinque anni.

1. 507.Fanfani, Mantini.

Sostituire l'articolo 1 con il seguente:

Art. 1.

(Concessione di indulto condizionato).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive alle condizioni e con in limiti stabiliti dalla presente legge.

2. L'applicazione dell'indulto rende inapplicabili le misure di sicurezza inflitte con la sentenza di condanna, ad esclusione della confisca.

3. Non si applica la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

1. 501.Kessler.

Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:

1. È concesso indulto nella misura di un anno per le pene detentive.

1. 508.Boccia.

Sopprimere il comma 1.

1. 509.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: tre anni e le parole: 10 mila euro con le seguenti: 15 mila euro.

1. 502.Taormina.

Al comma 1, sostituire le parole: non superiore a due anni con le seguenti: non superiore a tre anni.

1. 503.Siniscalchi.

Al comma 1, sostituire le parole due anni con le seguenti: un anno.

1. 510.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole due anni con le seguenti: sei mesi.

1. 511.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole 10 mila euro con le seguenti: 5 mila euro.

1. 512.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole 10 mila euro con le seguenti: 3 mila euro.

1. 513.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole 10 mila euro con le seguenti: 2 mila euro.

1. 514.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole 10 mila euro con le seguenti: mille euro.

1. 515.Lussana, Guido Rossi.

Sopprimere il comma 2.

1. 516.Lussana, Guido Rossi.

Sopprimere il comma 3.

  1. 517.Lussana, Guido Rossi.

Sopprimere il comma 3.

  1. 504.Cento.

Sostituire il comma 3 con il seguente:

3. L'indulto non si applica nei confronti di coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati dichiarati delinquenti abituali o professionali. L'esclusione del beneficio non si applica se la dichiarazione di abitualità o professionalità alla data di entrata in vigore della presente legge sia stata revocata o sia estinta.

1. 505.Siniscalchi.

Al comma 3, sopprimere le parole da: ai recidivi fino a: codice penale né.

1. 506.Taormina.

Al comma 3, sopprimere le parole nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale.

1. 518.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 3, sopprimere le parole , nel caso di condanna per delitti.

1. 519.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 3, aggiungere infine le seguenti parole né nei confronti di colo che siano sottoposti a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis legge 26 luglio 1975, n. 354.

1. 520.Lussana, Guido Rossi.

ART. 2.

Sopprimerlo.

  2. 500.Cento.

Sopprimerlo.

  2. 501.Taormina.

Sopprimerlo.

  2. 504.Fanfani, Mantini.

Sopprimere l'articolo.

  2. 508.Lussana, Guido Rossi.

Sostituirlo con il seguente:

1. L'indulto si applica esclusivamente ai condannati che abbiano maturato entro il 2006 almeno sei mesi di permanenza in carcere.

Conseguentemente sopprimere l'articolo 7.

2. 505.Boccia.

Al comma 1, sostituire le parole almeno un quarto con le seguenti parole: almeno metà.

1. 506.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole almeno un quarto con le seguenti parole: almeno due terzi.

1. 507.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole: un quarto della pena con le seguenti: un quinto della pena.

2. 502.Siniscalchi.

Aggiungere, in fine, i seguenti commi:

2. L'indulto si applica a condizione che il condannato, per il periodo di tempo corrispondente alla pena condonata e comunque non inferiore ad un anno, dia prova effettiva di buona condotta e di volontà di reinserimento sociale.

3. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato o regolarizzi la sua posizione entro trenta giorni dalla sospensione dell'esecuzione della sentenza.

2. 503.Kessler.

ART. 3.

Sostituire gli articoli 3 e 4 con il seguente:

Art. 3.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per i seguenti reati:

1) rapina di cui all'articolo 628, terzo comma, del codice penale;

2) estorsione di cui all'articolo 629, secondo comma, del codice penale;

3) usura di cui all'articolo 644 del codice penale;

4) delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I del codice penale, con esclusione degli articoli 323, 325, 326, 328, 329, 331, 335 del codice penale;

5) 270, commi 1, 2 e 4 (associazioni sovversive) del codice penale;

6) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico) del codice penale;

7) 270-ter (associazioni con finalità di terrorismo internazionale) del codice penale;

8) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione) del codice penale;

9) 285 (devastazione, saccheggio e strage) del codice penale;

10) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione) del codice penale;

11) 416-bis (associazione di tipo mafioso) del codice penale;

12) 419, comma 2 (devastazione e saccheggio) del codice penale;

13) 420, comma 3 (attentato a impianti di pubblica utilità) del codice penale;

14) 422 (strage) del codice penale;

15) 432, commi 1 e 3 (attentati alla sicurezza dei trasporti) del codice penale;

16) 440 (adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari) del codice penale;

17) 600 (riduzione in schiavitù) del codice penale;

18) 600-bis, comma 1, (prostituzione minorile) aggravato ai sensi dell'articolo 609-ter del codice penale; 

19) 600-ter, commi 1, 2 e 3, (pornografia minorile) del codice pedale;

20) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile) del codice penale;

21) 601 (tratta e commercio di schiavi) del codice penale;

22) 602 (alienazione e acquisto di schiavi) del codice penale;

23) 609-quater (atti sessuali con minorenne) del codice penale;

24) 609-octies, commi 1, 2 e 3, (violenza sessuale di gruppo) del codice penale;

25) 630, commi 1, 2 e 3 (sequestro di persona a scopo di estorsione) del codice penale;

26) 648-bis (riciclaggio) del codice penale, limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

27) per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5, del testo unico di cui al decreto del presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

3. 500.Kessler.

Sostituire gli articoli 3 e 4 con il seguente:

Art. 3.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale.

3. 501.Kessler.

Sopprimerlo.

  3. 502.Taormina.

ART. 3.

Sopprimerlo.

 3. 504.Fanfani, Mantini.

Sopprimerlo.

 3. 505.Boccia.

Sopprimere l'articolo.

 3. 600.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

a)-bis. rapina di cui all'articolo 628 del codice penale.

3. 504.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

b)-bis. estorsione di cui all'articolo 629 del codice penale.

3. 505.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera c) dopo le parole: con esclusione degli articoli aggiungere le seguenti: 314 (peculato), 315 (malversazione a danno di privati), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato),  316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).

3. 506.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera c) dopo le parole: con esclusione degli articoli aggiungere le seguenti: 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (circostanze aggravanti), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore), 322 (istigazione alla corruzione).

3. 507.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera c), dopo le parole: con esclusione degli articoli aggiungere le seguenti: 314 (peculato), 315 (malversazione a danno di privati), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (circostanze aggravanti), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore), 322 (istigazione alla corruzione).

3. 508.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

d) delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal codice penale, libro II, titolo II, capo I, quando non vi sia stata la restituzione delle somme di denaro o dei beni pubblici indebitamente sottratti.

3. 503.Siniscalchi.

ART. 4.

Sopprimere l'articolo.

4. 549.Lussana, Rossi Guido.

Sostituirlo con il seguente:

1) L'indulto previsto in attuazione dell'articolo 1 della presente legge non si applica alle pene conseguenti ai reati elencati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.

2) L'indulto non si applica inoltre ai seguenti reati:

640 c.p. (truffa);

646 c.p. (appropriazione indebita);

2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile (reati in materia di società e consorzi, falso in bilancio, aggiotaggio, ecc.).

4. 507.Fanfani, Mantini.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 1).

4. 500.Cento.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 2).

4. 501.Cento.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 3).

4. 502.Cento.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).

4. 503.Cento.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 5).

4. 504.Cento.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 6).

4. 505.Cento.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 306 (banda armata).

4. 510.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 314 (peculato).

4. 511.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 315 (malversazione a danno di privati).

4. 512.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui).

4. 513.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 316-bis. (malversazione a danno dello Stato).

4. 514.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).

4. 515.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 317 (concussione).

4. 516.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 318 (corruzione per un atto d'ufficio).

4. 517.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (circostanze aggravanti).

4. 518.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 319-bis (corruzione in atti giudiziari).

4. 519.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore).

4. 520.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il n. 6, introdurre il seguente:

6-bis. 322 (istigazione alla corruzione).

4. 521.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), con il seguente:

7) 416 (associazione per delinquere) e 416-bis (associazione a delinquere ed associazione di tipo mafiosa).

4. 522.Lussana, Rossi Guido.

Nel comma 1, lettera a), n. 7, sopprimere le parole: comma 2.

4. 523.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 8).

4. 506.Cento.

Al comma 1, lettera a), n. 8, sopprimere le parole: comma 2.

4. 524.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), n. 9, sopprimere le parole: comma 3.

4. 525.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), n. 11, sopprimere le parole: comma 1 e 3.

4. 526.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero n. 12, introdurre il seguente: 12-bis) 423 (incendio).

4. 527.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), n. 12-bis) 423-bis) (incendio boschio).

4. 528.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 12 introdurre il seguente: 12-bis) 430 (disastro ferroviario).

4. 529.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 12 introdurre il seguente: 12-bis) 438 (epidemia).

4. 530.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 12 introdurre il seguente: 12-bis) 439 (avvelenamento di acque o di sostanze alimentari).

4. 531.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 12 introdurre il seguente: 12-bis) 572, comma 2 (maltrattamenti in famigli o verso fanciulli).

4. 532.Lussana, Rossi Guido.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 12 introdurre il seguente:

12-bis) 575 (omicidio).

4. 533. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), sostituire il numero 14 con il seguente:

14-bis) 600-bis (prostituzione minorile).

4. 534. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), sostituire il numero 14 con il seguente:

14-ter) 600-bis (pornografia minorile).

4. 535. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 14 introdurre il seguente:

14-bis) 600-quater (detenzione di materiale pornografico).

4. 536. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 14 introdurre il seguente:

14-bis) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile).

4. 537. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 18 introdurre il seguente:

18-bis) 609-bis (violenza sessuale), 609-ter (circostanze aggravanti);.

4. 538. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), sostituire il numero 20 con il seguente:

20-bis) 609-octies (violenza sessuale di gruppo).

4. 539. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 20 aggiungere i seguenti:

20-bis) Rapina di cui all'articolo 628, terzo comma codice penale;

20-ter) Estorsione di cui all'articolo 629, secondo comma codice penale;

dopo il n. 21) aggiungere il seguente:

21-bis) Usura di cui all'articolo 644 codice penale. Delitti previsti nel libro II titolo II capo I del codice penale, con esclusione degli articoli 323, 325, 326, 328, 329, 331, 335 codice penale.

4. 508. Boccia.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 20 introdurre il seguente:

20-bis) 624-bis (furto in abitazione e furto con strappo).

4. 540. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 20 introdurre il seguente:

20-bis) 628 (rapina);

conseguentemente all'articolo 3, comma 1, sopprimere la lettera a).

4. 541. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 20 introdurre il seguente:

20-bis) 629 (estorsione);

conseguentemente all'articolo 3, comma 1, sopprimere la lettera b).

4. 542. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 20 introdurre il seguente:

20-bis) 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione).

4. 543. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 21 introdurre il seguente:

21-bis) 640 (truffa);

4. 544. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 21 introdurre il seguente:

21-bis) 644 (usura);

conseguentemente all'articolo 3, comma 1, sopprimere la lettera c).

4. 545. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 21 introdurre il seguente:

21-bis) 648 (ricettazione).

4. 546. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 21 introdurre il seguente:

21-bis) 648-bis (riciclaggio).

4. 547. Lussana, Guido Rossi.

Alla lettera a), dopo il numero 22 aggiungere i seguenti:

23) 640 codice penale (truffa);

24) 646 codice penale (appropriazione indebita);

25) 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2631, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2638 del codice civile (reati in materia di società e cosorzi, falso in bilancio, aggiotaggio, eccetera).

4. 509. Fanfani, Mantini.

Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

b-bis) per i delitti previsti dai seguenti articoli del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309:

1) 73 (produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), commi 1, 2 e 3, ove applicate le circostanze aggravanti specifiche di cui all'articolo 80;

2) 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope);

4. 548.Lussana, Guido Rossi.

Dopo l'articolo 4 inserire i seguenti:

Art. 4-bis.

(Prescrizioni e obblighi).

1. Con il provvedimento di sospensione dell'esecuzione della sentenza per effetto dell'indulto condizionato, o in un momento successivo durante il periodo di sospensione, al beneficiato possono essere imposte talune delle prescrizioni o degli obblighi di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. Con il provvedimento di sospensione sono comunque imposte le prescrizioni di cui al comma 7 dello stesso articolo. Al detenuto che risulta tossicodipendente è sempre imposto l'obbligo di mettersi in contatto con il servizio per le tossicodipendenze dell'azienda sanitaria locale competente immediatamente dopo la scarcerazione.

2. Se la pena da condonare è superiore ai tre mesi, ai condannati per i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 289-bis, 416-bis e 630 del codice penale e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché ai recidivi nei casi dei capoversi dell'articolo 99 del codice penale ed ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, con il provvedimento di sospensione é sempre imposto per tutto il periodo di sospensione dell'esecuzione l'obbligo di dimora della pena nel territorio del comune di dimora abituale o dove il condannato esercita la propria attività lavorativa. Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 283 del codice di procedura penale.

3. Con il provvedimento di sospensione della pena è sempre disposto per il cittadino italiano il divieto di espatrio ai sensi dell'articolo 281 del codice di procedura penale, per tutto il periodo di sospensione.

4. Nei casi di cui al comma 2 al condannato può essere imposto in qualsiasi momento l'obbligo di presentazione periodica alla polizia giudiziaria, secondo le modalità previste dall'articolo 282 del codice di procedura penale, per il periodo di sospensione dell'esecuzione.

5. Le prescrizioni o gli obblighi di cui al presente articolo possono essere modificati anche d'ufficio, al fine di favorire il reinserimento sociale del beneficiato e di evitare la ripetizione di condotte criminose.

6. Contro gli obblighi e le prescrizioni relativi alla dimora e alla presentazione all'autorità di polizia il condannato può  ricorrere al giudice dell'esecuzione che decide con la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale.

Art. 4-ter.

(Controlli).

1. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 2 dell'articolo 2, il servizio sociale riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sul comportamento del beneficiato, con particolare riferimento al suo reinserimento sociale e all'osservanza di eventuali prescrizioni. A tale fine lo stesso servizio si mantiene in contatto con il condannato, con la sua famiglia, con gli altri suoi ambienti di vita e con eventuali strutture o istituzioni che curano il sostegno ed il recupero del condannato.

2. Entro due mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 3 dell'articolo 2, l'autorità di polizia riferisce al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna sull'adempimento della condizione ivi prevista.

3. In qualsiasi momento il servizio sociale e l'autorità di polizia possono riferire al pubblico ministero eventuali violazioni di obblighi o di prescrizioni da parte del condannato o fatti significativi relativi al suo recupero e al suo reinserimento sociale.

4. Nei casi di cui ai commi 2 e 4 dell'articolo 4-bis, l'autorità di polizia vigila costantemente sull'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni ivi previsti, riferendo immediatamente eventuali violazioni all'autorità giudiziaria che li ha imposti.

Art. 4-quater.

(Procedimento di applicazione).

1. Il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna dispone la sospensione di essa ai sensi dell'articolo 672, comma 5, del codice di procedura penale, fissa la scadenza del termine ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 2 della presente legge e fissa prescrizioni e obblighi ai sensi dell'articolo 4-bis. Il provvedimento è comunicato al servizio sociale del Ministero della giustizia e all'autorità di polizia del luogo dell'esecuzione.

2. Scaduto il termine fissato nel provvedimento di sospensione, il pubblico ministero raccoglie le relazioni del servizio sociale e quelle eventuali dell'autorità di polizia e le invia al giudice dell'esecuzione con il proprio parere sull'applicazione definitiva dell'indulto.

3. Il giudice dell'esecuzione applica definitivamente l'indulto quando, dagli atti raccolti dal pubblico ministero, risultano adempiute le condizioni di cui all'articolo 2 e rispettate le prescrizioni e gli obblighi eventualmente imposti ai sensi dell'articolo 4-bis.

4. Qualora durante il periodo di sospensione il comportamento del condannato, reiteratamente contrario alla legge o alle prescrizioni e agli obblighi imposti, faccia ritenere l'impossibilità di adempimento delle condizioni di cui all'articolo 2, comma 2, il pubblico ministero può chiedere al giudice dell'esecuzione una decisione anticipata di non applicazione dell'indulto. Se il giudice non accoglie la richiesta, restituisce gli atti al pubblico ministero.

5. Nelle decisioni sull'applicazione dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede ai sensi dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.

4. 0500.Kessler.

ART. 5.

Sopprimerlo.

5. 516. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole: cinque anni con le seguenti: dieci anni.

5. 509. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole da: per il quale fino alla fine del comma.

5. 500. Boccia.

Al comma 1, sostituire le parole: riporti condanna con le seguenti: riporti una o più condanne.

5. 510. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole: non inferiore a due anni con le seguenti: non inferiore ad un anno.

5. 511. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 2, sostituire le parole: complessivamente superiore a cinque anni con le seguenti: complessivamente superiore ad un anno.

5. 515. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 2, sostituire le parole: complessivamente superiore a cinque anni con le seguenti: complessivamente superiore a due anni.

5. 514. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 2, sostituire le parole: complessivamente superiore a cinque anni con le seguenti: complessivamente superiore a tre anni.

5. 513. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 2, sostituire le parole: complessivamente superiore a cinque anni con le seguenti: complessivamente superiore a quattro anni.

5. 512. Lussana, Guido Rossi.

 

ART. 6.

Sopprimerlo.

6. 500. Lussana, Guido Rossi.

 

ART. 7.

Sopprimerlo.

 7. 502. Boccia.

Sopprimerlo.

 7. 504. Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire le parole: 1o giugno 2001 con le seguenti: 31 dicembre 2005.

7. 500.Taormina.

Al comma 1, sostituire la parola: 2001 con la seguente: 2005.

7. 501.Cento.

Sostituire le parole: 1 giugno 2001 con le seguenti: 31 dicembre 2004.

7. 503.Mazzoni.

Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-bis.

1. All'articolo 90 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-bis. Nel caso in cui il programma terapeutico e socio-riabilitativo sia svolto stabilmente all'interno di una comunità, la sospensione della esecuzione di cui al presente articolo può essere concessa anche in deroga al limite di pena di cui al comma 1».

2. Il comma 1 dell'articolo 93 del testo unico di cui al decreto del Presidente della  Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sostituito dal seguente:

1. A conclusione del programma terapeutico e socio-riabilitativo, se risulta che il condannato lo ha attuato correttamente, e se nei cinque anni successivi al provvedimento di sospensione della esecuzione della pena non ha commesso un delitto non colposo punibile con la sola reclusione, il tribunale di sorveglianza, in considerazione del comportamento tenuto dal condannato e dell'esito del programma, dichiara la estinzione della pena in tutto o in parte, comunque in misura non inferiore alla effettiva durata del programma.

7. 0503.Fanfani, Mantini.

Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-bis.

(Interventi per il sostegno al recupero e reinserimento sociale dei detenuti).

1. È istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per il finanziamento di progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro della Giustizia vengono stabilite le risorse destinate al finanziamento dei progetti triennali finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, secondo le modalità stabilite dal presente articolo.

3. La dotazione del fondo nazionale di cui al comma 1 è ripartita tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in misura pari al 75 per cento delle sue disponibilità. Alla ripartizione si provvede annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali tenuto conto, per ciascuna regione, del numero degli abitanti e della presenza di detenuti negli istituti penitenziari in quel territorio.

4. Le province, i comuni e i loro consorzi, le aziende sanitarie locali, le organizzazioni del volontariato sociale, le cooperative sociali ed i loro consorzi possono presentare alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati, da finanziare a valere sulle disponibilità del fondo nazionale di cui al comma 1, nei limiti delle risorse assegnate a ciascun ente territoriale.

5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono le modalità, i criteri e i termini per la presentazione delle domande, nonché la procedura per l'erogazione dei finanziamenti; dispongono controlli sulla destinazione dei finanziamenti assegnati e prevedono strumenti di verifica dell'efficacia degli interventi realizzati.

Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono altresì ad inviare una relazione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli interventi realizzati ai sensi della presente legge.

7. Il 25 per cento delle disponibilità del fondo nazionale di cui al comma 1 è destinato al finanziamento dei progetti finalizzati al reinserimento sociale e alla formazione dei detenuti scarcerati promossi e coordinati dai ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali in concerto tra loro.

8. L'onere per il finanziamento dei progetti di citi ai commi 1 e 2 è determinato in 20 milioni di euro per l'anno 2006 e in 30 milioni di euro per ciascuno dei due anni successivi.

7. 0500.Kessler.

Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-ter.

(Aumento dell'organico del personale di servizio sociale ed educatori penitenziari).

1. Gli organici del personale dei centri di servizio sociale per adulti da cui all'articolo 72 della legge 26 luglio 1975,  n. 354, sono aumentati di cinquanta unità.

2. Gli organici del personale degli educatori per adulti di cui agli articoli 80 e seguenti della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono aumentati di trenta unità.

7. 0501.Kessler.

Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:

Art. 7-quater.

(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, determinato in 20 milioni di euro per l'anno 2006 e in 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

7. 0502.Kessler.

ART. 8.

Sopprimere l'articolo.

8. 503.Lussana, Guido Rossi.

Al comma 1, sostituire la parola: decimo con la seguente: trentesimo.

 8. 500.Kessler.

Al comma 1, sostituire le parole: decimo giorno con le seguenti: trentesimo giorno.

 8. 502.Lussana, Guido Rossi.


 

 

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 11 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Antonio D'Alì.

La seduta comincia alle 14.40.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458 Cento, C. 523 Carboni, C. 1283 Pisapia, C. 1284 Pisapia, C. 1606 Boato, C. 1607 Boato, C. 2417 Russo Spena, C. 3151 Taormina, C. 3152 Biondi, C. 3178 Siniscalchi, C. 3196 Cento, C. 3385 Finocchiaro, C. 3395 Kessler, C.3399 Jannone, C. 3332 Giuseppe Gianni, C. 3465 Moretti, C. 4187 Cento, C. 4188 Cento, C. 1260 Trantino, C. 4768 Santori, C. 5444 Perrotta, C. 5456 Perrotta, C. 5772 Craxi, 5881 Minniti e C. 6207 Fanfani.

(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 10 gennaio 2006.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che, come annunciato dal Presidente della Camera, l'Assemblea, alle ore 18 di oggi, delibererà, ai sensi dell'articolo 27, comma 2, del Regolamento, se inserire nell'ordine del giorno della seduta odierna il provvedimento in esame. La Commissione, pertanto, deve concludere entro la seduta di oggi l'esame in sede referente del provvedimento.

Ricorda che le Commissioni I, IV, V, VII, VIII, e XI hanno espresso il parere sul testo unificato risultante dagli emendamenti approvati nelle sedute del 15, 16, e 21 gennaio 2003. Sul testo risultante dagli emendamenti approvati nella seduta di ieri, ha espresso il parere di competenza la I Commissione, del quale dà conto.

Nessuno chiedendo di intervenire, propone quindi di conferire di conferire il mandato al relatore di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame.

La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, onorevole Mormino, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Gaetano PECORELLA, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.


 

 


Esame in sede consultiva

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 16 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

La seduta comincia alle 8.50.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Testo unificato C. 458 Cento e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame.

Pierantonio ZANETTIN (FI), relatore, illustra il contenuto del testo unificato, che disciplina la concessione di indulto revocabile, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive, applicabile ai reati commessi sino a tutto il 30 giugno 2001. Viene stabilita l'inapplicabilità dell'indulto ai recidivi, nei casi previsti dal terzo e quarto comma dell'articolo 99 del codice penale e ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti. Vengono altresì stabilite esclusioni oggettive corrispondenti ad alcune fattispecie di reato, esattamente indicate, ritenute di maggiore allarme sociale. Si dispone in ogni caso l'estinzione delle pene accessorie temporanee conseguenti a condanne per le quali sia applicato anche solo in parte l'indulto. La concessione del beneficio può essere revocata qualora il condannato commetta entro cinque anni dalla data di entrata in vigore di legge un delitto non colposo per il quale è riportata una condanna a pena detentiva non inferiore a due anni oppure più delitti in conseguenza dei quali sono riportate condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a cinque anni.

Non essendovi nulla da osservare relativamente ai profili di competenza della Commissione, propone, di esprimere parere favorevole (vedi allegato 1).

Il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

La seduta termina alle 8.55.


 


 


ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (Testo unificato C. 458 Cento e abb.).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 


La I Commissione,

esaminato il nuovo testo delle proposte di legge A.C. 458 e abbinate recante disposizioni in materia di indulto;

rilevato che le disposizioni da esso recato sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE


 

 


 

I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 11 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

La seduta comincia alle 14.20.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Nuovo testo C. 458 Cento ed abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Il Comitato inizia l'esame.

Pierantonio ZANETTIN (FI), relatore, illustra i contenuti dell'ulteriore nuovo testo unificato in materia di amnistia e indulto, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito, all'esame del Comitato. Al riguardo, fa presente che le disposizioni dallo stesso recate sono volte a disciplinare la concessione  di un'amnistia per pene detentive non superiori nel massimo a quattro anni e per pene pecuniarie, sole o congiunte alla pena detentiva, nonché di un indulto, parziale e revocabile, non superiore a due anni, per le pene detentive e per le pene pecuniarie non superiori a diecimila euro, sole o congiunte alle pene detentive, da applicare nei confronti di quei condannati che abbiano espiato almeno un quarto della pena detentiva.

Con riferimento all'efficacia delle predette misure, segnala come sia l'amnistia che l'indulto, in considerazione di quanto disposto dall'articolo 79, terzo comma della Costituzione, si applichino ai reati commessi fino a tutto il primo giugno 2001.

Quanto, al riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni, rileva che le disposizioni recate dal provvedimento sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Ritenuto, infine, che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale, formula una proposta di parere favorevole.

Carlo LEONI (DS-U) dichiara voto favorevole sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere favorevole del relatore (vedi allegato 5).



ALLEGATO 5

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (Ulteriore nuovo testo C. 458 Cento ed abb.).

PARERE APPROVATO

 

 

 


Il Comitato permanente per i pareri,

esaminato l'ulteriore nuovo testo delle proposte di legge C. 458 e abbinate recante «disposizioni in materia di amnistia ed indulto»,

rilevato che le disposizioni da esso recato sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE


IV COMMISSIONE PERMANENTE

(Difesa)

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SEDE CONSULTIVA

Martedì 21 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Luigi RAMPONI.

La seduta comincia alle 11.55.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Testo unificato C. 458 Cento e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame.

Luigi RAMPONI, presidente relatore, dopo aver illustrato il contenuto del testo unificato in esame, formula una proposta di parere favorevole con un'osservazione volta ad invitare la Commissione di merito a valutare l'opportunità di inserire una serie di casi di esclusioni oggettive dalla concessione dell'indulto riferite ad alcuni delitti di particolare gravità previsti dal  codice penale militare di pace. Non ritiene opportuno fare riferimento anche ai reati previsti dal codice penale militare di guerra, in quanto la problematica della sua applicazione è sorta successivamente al 30 giugno 2001, data entro la quale, secondo il testo unificato in esame, devono essere stati commessi i reati per i quali è prevista la concessione dell'indulto.

Franco ANGIONI (DS-U), rilevato che lo spirito del provvedimento in materia di indulto è quello di decongestionare le carceri, osserva che quelle militari non soffrono certo problemi di sovraffollamento.

Luigi RAMPONI, presidente relatore, fa presente che la sua proposta di parere è motivata anche da un'esigenza di coerenza con il resto del provvedimento, che esclude dall'applicazione dell'indulto i reati di particolare allarme sociale.

Giuseppe FALLICA (FI) dichiara di condividere la proposta di parere formulata dal relatore.

Elettra DEIANA (RC) dichiara la sua astensione sulla proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazione formulata dal relatore (vedi allegato).

La seduta termina alle 12.15.

 



ALLEGATO

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (Testo unificato C. 458 Cento e abb.).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

 

 


La IV Commissione,

esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 458 ed abb.,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:

all'articolo 3, comma 1, dopo la lettera b), valuti la Commissione di merito l'opportunità di inserire la seguente: «c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale militare di pace:

1) articolo 77 (alto tradimento);

2) articolo 78 ( istigazione all'alto tradimento; cospirazione; banda armata);

3) articolo 84 ( intelligenze con lo straniero e offerta di servizi);

4) articolo 86 ( rivelazione di segreti militari, a scopo di spionaggio);

5) articolo 87 (accordo di militari per commettere rivelazione di segreti militari, a scopo di spionaggio);

6) articolo 88 (procacciamento di notizie segrete, a scopo di spionaggio);

7) articolo 167 (distruzione o sabotaggio di opere militari).


 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Gaspare GIUDICE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Maria Teresa Armosino.

La seduta comincia alle 9.45.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Testo unificato C. 458 ed abb..

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Nulla osta).

Il Comitato inizia l'esame.

Gioacchino ALFANO (FI), relatore, osserva che il provvedimento reca disposizioni per l'applicazione della misura dell'indulto ai reati commessi entro il 30 giugno 2001. Per quanto riguarda le conseguenze di carattere finanziario, rilevato preliminarmente che il provvedimento è stato trasmesso per il parere alla Commissione bilancio solo in quanto una delle proposte di legge abbinate (C. 3395 Kessler) reca disposizioni di carattere oneroso (per altro non contenute nel testo unificato predisposto dalla Commissione di merito), fa presente che esso non presenta profili problematici. Propone quindi di esprimere nulla osta sul testo unificato elaborato dalla Commissione di merito.

Il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO concorda con il relatore.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere formulata dal relatore.

 


 



V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio)

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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 11 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Michele Vietti.

La seduta comincia alle 14.05.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Testo unificato C. 458 e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alberto GIORGETTI (AN), relatore, rileva che alcune disposizioni del provvedimento appaiono suscettibili di determinare minori entrate per l'erario. Si riferisce in particolare, all'amnistia concessa, all'articolo 1, comma 1, lettera e), per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione. Analoghe considerazioni valgono per l'indulto concesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, per le pene pecuniarie non superiore a 10.000 euro e per quello previsto in misura ridotta, per specifici reati, all'articolo 8 per pene pecuniarie non superiori a 2000 euro. In proposito, ricorda che i proventi derivanti dalle pene pecuniarie, le quali sono versate nel capitolo 2301 dello stato di previsione dell'entrata, determina effetti sul bilancio dello Stato sui quali è opportuno acquisire chiarimenti da parte del Governo.

Il sottosegretario Michele VIETTI, nel rilevare l'importanza del provvedimento, condivide l'opportunità di escludere dall'amnistia per i reati di contrabbando. Con riferimento all'indulto concesso per le pene pecuniarie, ritiene che sarebbe necessario procedere ad alcuni approfondimenti in ordine ad i suoi effetti sul bilancio dello Stato, posto che non appare agevole stabilire una quantificazione delle entrate che sarebbero interessate dall'indulto.

Alberto GIORGETTI (AN), relatore, nel rinviare alla discussione in Assemblea ogni valutazione sul merito del provvedimento, ritiene che la Commissione non possa ignorare gli elementi di precarietà dal punto di vista finanziario del provvedimento, che potrebbe determinare minori entrate per il bilancio dello Stato, proprio all'indomani della conclusione dell'esame della legge finanziaria, esame caratterizzato dall'esigenza di garantire il rigoroso rispetto degli obiettivi di finanza pubblica. Ritiene pertanto che la proposta di parere potrebbe contenere delle condizioni espresse ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, volte a garantire, da un lato, la soppressione delle disposizioni che estendono l'amnistia ai reati di contrabbando, e, dall'altro lato, di quelle in materia di indulto per le pene pecuniarie.

Michele VENTURA (DS-U) ritiene opportuno procedere ad un approfondimento, prima di giungere all'espressione del parere, in considerazione dell'importanza del provvedimento.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, ricorda che la Commissione di merito concluderà l'esame del provvedimento nella giornata odierna e che l'Assemblea procederà a votare il suo inserimento all'ordine del giorno nel pomeriggio di oggi. La Commissione potrà quindi procedere all'espressione del parere in occasione dell'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea.

 


 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE CONSULTIVA

Giovedì 12 gennaio 2006. - Presidenza del vicepresidente Marino ZORZATO. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Gianfranco Conte.

La seduta comincia alle 9.25.

(omissis)

 

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto

Testo unificato C. 458 e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione - Parere su emendamenti).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alberto GIORGETTI (AN), relatore, ricorda che nella seduta di ieri la Commissione non era pervenuta all'espressione del parere in attesa di acquisire da parte del Governo elementi di chiarimento in ordine agli eventuali effetti sul bilancio dello Stato dell'indulto concesso sulle pene pecuniarie previsto dagli articoli 6 ed 8. Era stato inoltre rilevato che la concessione dell'amnistia per i reati di contrabbando appare suscettibile di determinare conseguenze negative per la finanza pubblica.

Il sottosegretario Gianfranco CONTE rileva che la concessione dell'indulto anche alle pene pecuniarie determina effetti finanziari in termini di minori entrate per il bilancio dello Stato, non quantificate e prive di copertura.

Arnaldo MARIOTTI (DS-U) osserva che dovrebbe essere valutata l'eventuale compensatività, in termini finanziari, tra le minori entrate derivanti dall'indulto per le pene pecuniarie ed i risparmi derivanti dalla diminuzione della popolazione carceraria.

Il sottosegretario Gianfranco CONTE rileva che la riduzione della popolazione carceraria derivante dal provvedimento comporterebbe solo in misura minima una riduzione dei costi per la gestione del sistema carceraria, che risulta in larga parte indipendente dal numero dei soggetti detenuti.

Giancarlo PAGLIARINI (LNFP) condivide le considerazioni del sottosegretario Conte: ricorda in fatti che la maggior parte della spesa per la gestione del sistema penitenziario è costituita da costi fissi.

Alberto GIORGETTI (AN), relatore, con riferimento agli emendamenti trasmessi dall'Assemblea, chiede chiarimenti in ordine alle eventuali conseguenze finanziarie derivanti da alcune proposte. Ricorda l'emendamento 1.13 Dell'Anna, che include nell'ambito dell'amnistia anche i condannati per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; l'emendamento 6.3 Buemi, che aumenta da 10.000 a 25.000 euro il limite massimo delle pene pecuniarie entro cui è concesso l'indulto; gli emendamenti 7.1 Cento, 7.2 Pisapia, 7.3 Buemi, che sopprimono l'articolo 7 che subordina la fruizione dell'indulto all'espiazione di almeno un quarto della pena; l'emendamento 8.7 Kessler, che estende alle pene pecuniarie fino a 10.000 euro l'indulto concesso ai sensi dell'articolo 8; gli emendamenti 12.1 Buemi, 12.2 Boccia, 12.3  Taormina, 12.4 Taormina e 12.5 Pisapia, che sopprimono l'articolo 12, il quale stabilisce al 1o giugno 2001 il termine massimo entro cui devono essere commessi i reati per i quali è concesso l'indulto ovvero lo posticipano ad una data successiva.

Il sottosegretario Gianfranco CONTE esprime parere contrario sugli emendamenti ricordati dal relatore.

Alberto GIORGETTI (AN), relatore, rileva che gli emendamenti 7.1 Cento, 7.2 Pisapia e 7.3 Buemi attengono prevalentemente a profili di merito, con riferimento ai quali non risulterebbe sufficientemente giustificato un parere contrario da parte della Commissione. Constata poi, sul testo del provvedimento, l'opportunità di sopprimere la disposizione di cui all'articolo 6, in materia di applicazione dell'indulto alle pene pecuniarie di determinata entità. Ritiene invece che possa essere mantenuta la disposizione di cui all'articolo 8 che applica anche alle pene pecuniarie di minore entità l'indulto in misura ridotta previsto dall'articolo. Formula quindi la seguente proposta di parere:

«La V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione,

sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito,

tenuto conto che i proventi derivanti dalle pene pecuniarie sono iscritti nel capitolo 2301 dello stato di previsione dell'entrata;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

All'articolo 1, comma 1, sopprimere la lettera e).

All'articolo 6, comma 1, sopprimere le parole: «e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive».

sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea,

esprime

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.13, 6.3, 8.7, 12.1, 12.2, 12.3, 12.4, 12.5, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1».

Gaspare GIUDICE (FI) annuncia il proprio voto contrario sulla proposta di parere.

La Commissione approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 9.50.



 

VII COMMISSIONE PERMANENTE

(Cultura)

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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO.

La seduta comincia alle 14.

(omissis)

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Testo unificato C. 458 e abbinate.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Fabio GARAGNANI(FI), relatore, precisa che la VII Commissione è chiamata ad esprimere il proprio parere sul testo unificato delle proposte di legge C.458 ed abbinate, recante disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Entrando nel merito di tali provvedimenti, sottolinea il fatto che, i profili di competenza della VII Commissione, non presenti nel testo unificato trasmesso dalla Commissione giustizia, sono invece presenti in alcune delle proposte di legge originarie abbinate nell'esame. In conclusione, considerato che il testo unificato in esame non presenta profili di competenza della VII Commissione, propone di esprimere un parere di «nulla osta».

Ferdinando ADORNATO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 14.20.

 


 


VII COMMISSIONE PERMANENTE

(Cultura)

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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 16 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO.

La seduta comincia alle 14.10.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Testo unificato C. 458 e abbinate.

(Parere alla II Commissione).

(Seguito dell'esame e conclusione - Parere nulla osta).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta di ieri.

Ferdinando ADORNATO, presidente, ricorda che nella seduta di ieri il relatore ha espresso un parere di «nulla osta».

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.15.


 

 


VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente)

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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Pietro ARMANI.

La seduta comincia alle 10.15.

Disposizioni in materia di indulto.

C. 458 Cento e abb.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame.

Pietro ARMANI, presidente relatore, ricorda che la proposta di legge in esame intende concedere un indulto per determinate pene conseguenti a condanne riportate in ordine a reati commessi fino al 30 giugno 2001, nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per le pene pecuniarie. Il provvedimento è stato adottato dalla II Commissione come testo unificato in esito all'abbinamento di numerose proposte di legge presentate in materia. In proposito, osserva che il contenuto del testo unificato non reca disposizioni concernenti profili di specifica competenza della VIII Commissione.

Propone pertanto di esprimere nulla osta, per gli aspetti di pertinenza della Commissione, all'ulteriore corso del provvedimento (vedi allegato).

Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 10.20.


 

 


XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro)

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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 15 gennaio 2003. - Presidenza del presidente Domenico BENEDETTI VALENTINI.

La seduta comincia alle 10.35.

Disposizioni in materia di indulto.

Testo unificato C. 458 e abbinate.

(Parere alla II Commissione).

(Esame e conclusione - Nulla osta).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Angelo SANTORI (FI), relatore, osserva che il provvedimento in esame costituisce un testo unificato elaborato dalla II Commissione in materia di indulto e che alcune delle proposte iniziali si occupano anche dell'istituto dell'amnistia, poi espunto nel testo unificato. Su tali istituti, infatti, da alcuni anni si è aperto tra esponenti del mondo politico e giudiziario un confronto ed un dibattito - anche a seguito della recente visita del Sommo Pontefice in Parlamento - quali possibili strumenti per rendere operative le più recenti riforme in tema di giustizia e attenuare il problema del sovraffollamento degli istituti di pena.

Nel testo si prevede che la concessione dell'indulto possa essere revocata qualora il condannato commetta entro un certo tempo dall'entrata in vigore della legge un delitto non colposo.

Non rinvenendo profili di competenza della Commissione, propone l'espressione di un parere nella forma di nulla osta.

Andrea DI TEODORO (FI) dichiara di astenersi dalla votazione.

Nessun altro chiedendo di parlare, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 10.40.


 

 




I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Giovedì 12 gennaio 2006. - Presidenza del presidente Pierantonio ZANETTIN.

La seduta comincia alle 9.05.

Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

C. 458/A Cento ed abb.

(Parere all'Assemblea).

(Esame emendamenti e conclusione - Parere).

Il Comitato inizia l'esame.

Pierantonio ZANETTIN (FI), formula una proposta di parere di nulla osta sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, rilevando come essi non presentano profili problematici in ordine alla ripartizione delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni di cui all'articolo 117 della Costituzione.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 9.10.


 

 


Relazione della II Commissione (Giustizia)

 


N. 458-523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881-6207-A

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾


PROPOSTE DI LEGGE

 

n. 458, d'iniziativa del deputato CENTO

Concessione di indulto e modifica dei termini di prescrizione della pena per i reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale

Presentata il 4 giugno 2001

 

n. 523, d'iniziativa del deputato CARBONI

Concessione di indulto

Presentata il 6 giugno 2001

 

n. 1260, d'iniziativa del deputato TRANTINO

Concessione di amnistia per i reati relativi alle costruzioni spontanee destinate ad uso abitativo permanente e diretto nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici

Presentata il 10 luglio 2001


NOTA:La II Commissione permanente (Giustizia), l'11 gennaio 2006, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo unificato delle proposte di legge nn. 458-523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881 e 6207.

In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente.

Per il testo delle proposte di legge si vedano i relativi stampati.

 

 

 

n. 1283, d'iniziativa del deputato PISAPIA

Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale

Presentata il 10 luglio 2001

 

n. 1284, d'iniziativa dei deputati

PISAPIA, RUSSO SPENA

Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile

Presentata il 10 luglio 2001

 

n. 1606, d'iniziativa del deputato BOATO, CIMA

Concessione di amnistia condizionata e di indulto

Presentata il 19 settembre 2001

 

n. 1607, d'iniziativa del deputato BOATO, CIMA

Concessione di amnistia e di indulto

Presentata il 19 settembre 2001

 

n. 2417, d'iniziativa dei deputati

RUSSO SPENA, BERTINOTTI, DEIANA, TITTI DE SIMONE, ALFONSO GIANNI, GIORDANO, MANTOVANI, MASCIA, PISAPIA, VALPIANA, VENDOLA

Concessione di indulto per le pene relative a reati commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale

Presentata il 26 febbraio 2002

 

n. 3151, d'iniziativa del deputato TAORMINA

Concessione di indulto

Presentata il 17 settembre 2002

 

n. 3152, d'iniziativa dei deputati

BIONDI, CICCHITTO

Concessione di indulto

Presentata il 17 settembre 2002

 

n. 3178, d'iniziativa dei deputati

SINISCALCHI, FOLENA, BOATO, BUFFO, CHIAROMONTE,

SODA, TRUPIA, ZANOTTI

Concessione di indulto revocabile

Presentata il 23 settembre 2002

 

n. 3196, d'iniziativa del deputato CENTO

Concessione di indulto

Presentata il 26 settembre 2002

 

n. 3332, d'iniziativa del deputato GIUSEPPE GIANNI

Concessione di amnistia e indulto

Presentata il 30 ottobre 2002

 

n. 3385, d'iniziativa dei deputati

FINOCCHIARO, MAURA COSSUTTA, BOATO, BOVA

Concessione di indulto

Presentata il 14 novembre 2002

 

n. 3395, d'iniziativa dei deputati

KESSLER, CARBONI, GAMBINI, GIACCO, MARCORA, OLIVIERI, PINOTTI, PREDA, QUARTIANI, REALACCI, TOLOTTI, ZANOTTI

Concessione di indulto condizionato e revocabile e disposizioni

per il sostegno al reinserimento sociale dei detenuti scarcerati

Presentata il 19 novembre 2002

 

n. 3399, d'iniziativa del deputato JANNONE

Concessione di indulto revocabile

Presentata il 19 novembre 2002

 

n. 3465, d'iniziativa dei deputati

MORETTI, AMATO, BIONDI, BORRIELLO, BRUSCO, CAMO, COLLAVINI, COLUCCI, CROSETTO, GIGLI, GRIMALDI, LENNA, FILIPPO MANCUSO, MILANESE, PATRIA, ROMOLI, SELVA, TARANTINO, TUCCI, ZAMA, ANTONIO RUSSO

Concessione di amnistia e indulto e condono di sanzioni disciplinari

Presentata il 10 dicembre 2002

 

n. 4187, d'iniziativa del deputato CENTO

Concessione di amnistia condizionata e di indulto revocabile

Presentata il 22 luglio 2003

 

n. 4188, d'iniziativa del deputato CENTO, BULGARELLI

Concessione di indulto per le pene relative a reati di terrorismo

Presentata il 22 luglio 2003

 

n. 4768, d'iniziativa del deputato SANTORI

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 dicembre 1999

Presentata il 2 marzo 2004

 

n. 5444, d'iniziativa del deputato PERROTTA

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva

Presentata il 24 novembre 2004

 

n. 5456, d'iniziativa del deputato PERROTTA

Concessione di amnistia per i delitti di sottrazione al servizio civile commessi fino al 15 novembre 2004

Presentata il 25 novembre 2004

 

n. 5772, d'iniziativa dei deputati

CRAXI, MILIOTO

Concessione di amnistia e di indulto

Presentata l'11 aprile 2005

 

n. 5881, d'iniziativa dei deputati

MINNITI, RUZZANTE, PISA, PINOTTI, ANGIONI, LUMIA,

LUONGO, DE BRASI, ROTUNDO

Concessione di amnistia per i reati di allontanamento illecito, assenza alla chiamata alle armi per il servizio di leva, diserzione, rifiuto del servizio e renitenza

Presentata il 27 maggio 2005

 

n. 6207, d'iniziativa del deputato FANFANI

Concessione di indulto e norme in materia di sospensione dell'esecuzione e di estinzione della pena nei confronti di detenuti tossicodipendenti

Presentata il 29 novembre 2005

(Relatore: MORMINO)

 


 

PARERI DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

Il Comitato permanente per i pareri,

esaminato il nuovo testo delle proposte di legge A.C. 458 e abbinate recante disposizioni in materia di indulto,

rilevato che le disposizioni da esso recato sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva ala potestà legislativa esclusiva dello Stato,

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

(16 gennaio 2003)

 

Il Comitato permanente per i pareri,

esaminato l'ulteriore nuovo testo delle proposte di legge A.C. 458 e abbinate recante disposizioni in materia di indulto,

rilevato che le disposizioni da esso recato sono riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali e ordinamento penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato,

ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

(11 gennaio 2006)

 


 

PARERE DELLA IV COMMISSIONE PERMANENTE

(Difesa)

La IV Commissione Difesa,

esaminato il testo unificato delle proposte di legge C. 458 ed abb., esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:

all'articolo 3, comma 1, dopo la lettera b), valuti la Commissione di merito l'opportunità di inserire la seguente: «c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale militare di pace:

1) articolo 7 (alto tradimento);

2) articolo 8 (istigazione all'alto tradimento; cospirazione; banda armata);

3) articolo 4 (intelligenze con lo straniero e offerta di servizi);

4) articolo 6 (rivelazione di segreti militari, a scopo di spionaggio);

5) articolo 7 (accordo di militari per commettere rivelazione di segreti militari, a scopo di spionaggio);

6) articolo 8 (procacciamento di notizie segrete, a scopo di spionaggio);

7) articolo 67 (distruzione o sabotaggio di opere militari).


 

PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

NULLA OSTA


 

PARERE DELLA VII COMMISSIONE PERMANENTE

(Cultura, scienza ed istruzione)

esprime

NULLA OSTA

 


 

PARERE DELLA VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

La VIII Commissione,

esaminato il testo unificato delle proposte di legge n. 458 e abbinate, «Disposizioni in materia di indulto»,

rilevato che il contenuto del provvedimento reca disposizioni che non investono profili di specifica competenza della stessa Commissione,

esprime

NULLA OSTA


 

PARERE DELLA XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro pubblico e privato)

NULLA OSTA

 


 

 

TESTO UNIFICATO

DELLA COMMISSIONE

Concessione di amnistia e di indulto.

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

 

e) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

2. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

Art. 2.

(Esclusioni oggettive dall'amnistia).

1. L'amnistia non si applica:

a) ai reati commessi dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale;

b) ai reati previsti dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia;

c) ai reati commessi in occasioni di calamità naturali, approfittando delle condizioni determinate da tali eventi, ovvero in danno di persone danneggiate ovvero al fine di approfittare illecitamente di provvedimenti adottati dallo Stato o da altro ente pubblico per far fronte alla calamità, risarcirne i danni e portare sollievo alla popolazione e all'economia dei luoghi colpiti dagli eventi;

d) ai reati di falsità in atti previsti dal capo III del titolo VII del libro II del codice penale, quando siano compiuti in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

e) ai reati previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 353 (turbata libertà degli incanti);

2) 354 (astensione dagli incanti);

3) 371 (falso giuramento della parte);

 

4) 371-bis (false informazioni al pubblico ministero);

5) 371-ter (false dichiarazioni al difensore);

6) 374 (frode processuale);

7) 377 (subornazione);

8) 378 (favoreggiamento personale);

9) 385 (evasione);

10) 391 (procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive). Tale esclusione non si applica ai minori degli anni diciotto;

11) 424 (danneggiamento seguito da incendio);

12) 443 (commercio o somministrazione di medicinali guasti);

13) 444 (commercio di sostanze alimentari nocive);

14) 445 (somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica);

15) 452, primo comma n. 3), e secondo comma (delitti colposi contro la salute pubblica);

16) 471 (uso abusivo di sigilli e strumenti veri), quando sia compiuto in relazione ad eventi di calamità naturali ovvero ai conseguenti interventi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti;

17) 478 (falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti);

18) 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio);

19) 501-bis (manovre speculative su merci);

20) 521 (atti di libidine violenti), in relazione all'articolo 520;

21) 590, commi secondo e terzo (lesioni personali colpose), limitatamente ai fatti commessi con violazione delle

 

norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro;

22) 610 (violenza privata), nelle ipotesi di cui al secondo comma;

23) 644-bis (usura impropria);

24) 733 (danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale);

25) 734 (distruzione o deturpamento di bellezze naturali);

f) ai reati previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi di cui al titolo XI del libro V del codice civile;

g) ai reati previsti:

1) dall'articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, salvo che si tratti di violazioni riguardanti un'area di piccola estensione, in assenza di opere edilizie, ovvero di violazioni che comportino limitata entità dei volumi illegittimamente realizzati o limitate modifiche dei volumi esistenti, e sempre che non siano violati i vincoli di cui all'articolo 33, primo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 o il bene non sia assoggettato alla tutela indicata nel secondo comma del medesimo articolo;

2) dall'articolo 8 della legge 11 novembre 1996 n. 574, recante nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari;

3) dall'articolo 674 del codice penale;

4) dagli articoli 9, 10, 14, 15, 18 e 20, della legge 13 luglio 1966 n. 615, recante provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico;

5) dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 10 maggio 1982 n. 485, recante attuazione della direttiva CEE n. 78/611 relativa al contenuto

 

di piombo nella benzina per i motori ad accensione comandata destinati alla propulsione degli autoveicoli;

6) dagli articoli 24, 25 e 26 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988 n. 203, recante attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183;

7) dall'articolo 3 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 97, recante attuazione della direttiva 87/219/CEE relativa al tenore di zolfo di taluni combustibili liquidi;

8) dagli articoli 59 e 60, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento;

9) dall'articolo 9, commi sesto e settimo, della legge 16 aprile 1973, n. 171, recante interventi per la salvaguardia di Venezia, come sostituiti dall'articolo 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 ottobre 1976, n. 690;

10) dagli articoli 50, 51 e 51-bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante norme in materia di smaltimento dei rifiuti;

11) dall'articolo 14 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, recante attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE relative alla eliminazione degli olii usati;

12) dall'articolo 16 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, recante attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura;

13) dall'articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 100, recante attuazione delle direttive 78/176/CEE, 82/883/CEE, 83/29/CEE e 89/428/CEE in

 

materia di inquinamento provocato dai rifiuti dell'industria del biossido di titanio;

14) dall'articolo 2 della legge 26 aprile 1983, n. 136 in materia di biodegradabilità dei detergenti sintetici;

15) dagli articoli 17 e 20 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante disposizioni per la difesa del mare;

16) dall'articolo 27 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose;

17) dagli articoli 3 e 10, commi sesto, ottavo, nono e decimo, della legge 18 aprile 1975, n. 110, recante norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi, salvo che il fatto, limitatamente alle ipotesi previste dai commi sesto e ottavo dello stesso articolo 10, debba ritenersi di lieve entità per la qualità e il numero limitato delle armi;

18) dagli articoli 10-bis, commi settimo e nono, quando si tratti di condotta dolosa, e 10-quinquies, primo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia;

19) dagli articoli 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 178, 180 e 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. Quando vi è stata condanna ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, ove necessario, il giudice dell'esecuzione applica l'amnistia secondo le disposizioni del decreto, determinando le pene corrispondenti ai reati estinti.

Art. 3.

(Computo della pena per l'applicazione dell'amnistia).

1. Ai fini del computo della pena per l'applicazione dell'amnistia:

a) si ha riguardo alla pena stabilita per ciascun reato consumato o tentato;

 

 

b) non si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalla continuazione e dalla recidiva, anche se per quest'ultima la legge stabilisce una pena di specie diversa;

c) si tiene conto dell'aumento di pena derivante dalle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o dalle circostanze ad effetto speciale. Si tiene conto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7), del codice penale. Non si tiene conto delle altre circostanze aggravanti;

d) si tiene conto della circostanza attenuante di cui all'articolo 98 del codice penale nonché, nei reati contro il patrimonio, delle circostanze attenuanti di cui ai nn. 4 e 6 dell'articolo 62 del codice penale. Quando le predette circostanze attenuanti concorrono con circostanze aggravanti di qualsiasi specie, si tiene conto soltanto delle prime, salvo che concorrano le circostanze di cui agli articoli 583 e 625, numeri 1 e 4, seconda parte, del codice penale, nel qual caso si tiene conto soltanto di queste ultime. Ai fini dell'applicazione dell'amnistia la sussistenza delle predette circostanze è accertata, dopo l'esercizio dell'azione penale, anche dal giudice per le indagini preliminari, nonché dal giudice in camera di consiglio nella fase degli atti preliminari al dibattimento ai sensi dell'articolo 469 del codice di procedura penale;

e) si tiene conto delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 48 del codice penale militare di pace quando siano prevalenti o equivalenti, ai sensi dell'articolo 69 del codice penale, rispetto ad ogni tipo di circostanza aggravante.

Art. 4.

(Rinunciabilità dell'amnistia).

1. L'amnistia non si applica qualora l'imputato, prima che sia pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di non

 

doversi procedere per estinzione del reato per amnistia, faccia espressa dichiarazione di non volerne usufruire.

Art. 5.

(Termine di efficacia dell'amnistia).

1. L'amnistia ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1o giugno 2001.

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Il giudice, quando vi sia stata condanna per più reati in continuazione tra loro, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, applica l'indulto, ai sensi della presente legge, determinando la quantità di pena condonata, ai sensi dell'articolo 672 del codice di procedura penale.

3. L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

Art. 7.

(Condizioni di applicabilità).

1. L'indulto si applica ai condannati che abbiano espiato almeno un quarto della pena detentiva.

Art. 8.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive e non superiore a 2 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente

 

a condanna per i seguenti delitti previsti dal codice penale:

a) rapina di cui all'articolo 628, terzo comma;

b) estorsione di cui all'articolo 629, secondo comma;

c) usura di cui all'articolo 644;

d) delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, con esclusione degli articoli 323, 325, 326, 328, 329, 331 e 335.

Art. 9.

(Esclusioni oggettive).

1. L'indulto non si applica alle pene:

a) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 270, commi primo, secondo e quarto (associazioni sovversive);

2) 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico);

3) 270-ter (assistenza agli associati di cui gli articoli 290 e 270-bis);

4) 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione);

5) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

6) 289-bis (sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione);

7) 319-ter (corruzione in atti giudiziari);

8) 416 (associazione per delinquere) e 416-bis (associazione di tipo mafioso);

9) 419, secondo comma (devastazione e saccheggio);

10) 420, terzo comma (attentato a impianti di pubblica utilità);

11) 422 (strage);

 

12) 432, commi primo e terzo (attentati alla sicurezza dei trasporti);

13) 440 (adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari);

14) 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù);

15) 600-bis, primo comma, (prostituzione minorile) aggravato ai sensi dell'articolo 609-ter;

16) 600-ter, commi primo, secondo e terzo, (pornografia minorile);

17) 600-quinquies (iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile);

18) 601 (tratta e commercio di schiavi);

19) 602 (acquisto e alienazione di schiavi);

20) 609-quater (atti sessuali con minorenne);

21) 609-octies, commi primo, secondo e terzo, (violenza sessuale di gruppo);

22) 630, commi primo, secondo e terzo, (sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione);

23) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope;

b) per il delitto riguardante la produzione e il traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73, aggravato ai sensi dell'articolo 80, comma 1, lettera a), e comma 2, e per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, commi 1, 4 e 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.

 

Art. 10.

(Revoca dell'indulto).

1. Il beneficio dell'indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito commette, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un delitto non colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni, ancorché congiunta a pena pecuniaria.

2. La revoca del beneficio si applica anche nei confronti di chi, nei tre anni successivi al termine di cui al comma 1, commette più delitti in conseguenza dei quali riporta condanne ad una pena detentiva complessivamente superiore a cinque anni.

Art. 11.

(Rinuncibilità dell'indulto).

1. Fino alla decisione sull'applicazione definitiva, il condannato può rinunciare all'indulto con dichiarazione sottoscritta personalmente al pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza.

Art. 12.

(Termine di efficacia).

1. L'indulto ha efficacia per i reati commessi fino a tutto il 1o giugno 2001.

Art. 13.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il decimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


Esame in Assemblea

 

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

728.

 

Seduta di mercoledì 11 gennaio 2006

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

indi

DEI VICEPRESIDENTI

ALFREDO BIONDI

E MARIO CLEMENTE MASTELLA

 

(omissis)

 

 


Inserimento all'ordine del giorno dell'Assemblea del testo unificato della proposta di legge n. 458 ed abbinate (ore 17,59).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, come preannunciato nella riunione odierna della Conferenza dei presidenti di gruppo, propongo, a norma dell'articolo 27, comma 2, del regolamento, di inserire all'ordine del giorno della seduta odierna, al termine delle votazioni, della discussione sulle linee generali del testo unificato della proposta di legge n. 458 ed abbinate, recante «Disposizioni in materia di amnistia e di indulto».

Avverto che la discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica, già prevista per la seduta odierna, sarà svolta in altra seduta.

Ricordo che, a norma dell'articolo 27, comma 2, del regolamento, per deliberare su materie non iscritte all'ordine del giorno è necessaria la maggioranza dei tre quarti dei votanti. In ordine a tale questione, darò la parola ad un oratore a favore e ad un oratore contro.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'inserimento di un nuovo argomento all'ordine del giorno può avvenire al termine della votazione di un provvedimento prima che venga presentata all'Assemblea un'altra proposta. Al momento, ci troviamo in una fase parlamentare nella quale attendiamo, tra l'altro, il parere del Governo in ordine a quanto affermato dalla collega poc'anzi intervenuta.

Pertanto, onorevole Presidente, lei ha affermato che ciò avverrà al termine delle votazioni, ma intanto vogliamo ascoltare il parere del Governo, per poi procedere normalmente. Al termine dell'esame di questo provvedimento lei può proporre l'inserimento di un nuovo argomento. Però, a mio avviso, interrompere le votazioni...

PRESIDENTE. Onorevole Buontempo, ho capito perfettamente la questione da lei posta. È ovvio - onorevole Armani, mi segua -, che non sto proponendo una decisione per l'immediato. Era stato  preannunziato al termine della seduta di questa mattina che si sarebbe deciso in ordine alla possibilità di prevedere, al termine della discussione in atto - che, pertanto, riprenderà fra dieci minuti (darò, in particolare, la parola agli onorevoli Ercole, Mazzoni e ad altri colleghi che intendono intervenire al riguardo) - dopo aver ascoltato i pareri e via seguitando, la discussione sulle linee generali del testo unificato della proposta di legge in materia di amnistia ed indulto.

In merito a tale questione - ripeto - darò la parola ad un oratore contro e ad un oratore a favore.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Immagino che intenda parlare contro: ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, in ordine alla questione regolamentare, lei ha potere e, quindi, mi rimetto alla sua valutazione, anche se mi sembra un'innovazione. Non so se abbiamo mai interrotto l'esame di un provvedimento per una votazione di questo genere; comunque, anche se ciò non fosse avvenuto, sappiamo che oggi vi è stata un'innovazione in tale materia.

Nel merito della vicenda, lei sta ponendo correttamente ai voti la possibilità di inserire all'ordine del giorno la questione relativa all'esame del provvedimento in materia di amnistia.

Noi siamo motivatamente contrari a tale inserimento che è eccezionale, tant'è che il regolamento prevede l'obbligo di una maggioranza altamente qualificata che ha giustificazione di essere solo in casi di particolare rilievo ed urgenza: quando si tratta di argomenti così pregnanti e così assorbenti (da tutti considerati tali) da dover «sopravanzare» nell'ordinario ordine del giorno, facendo addirittura a meno, come risulta in questo caso, del parere della Commissione bilancio (solleveremo tale problematica se la votazione dovesse dare un certo risultato piuttosto che un altro).

Nel caso di specie, cari colleghi e caro Presidente, a noi sembra che non ci troviamo in questa situazione. Anzi, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, Alleanza Nazionale ha sollecitato il Presidente della Camera a tenere presente il fatto che vi è una richiesta precisa affinché, insieme al provvedimento concernente la legittima difesa, promosso dai colleghi della Lega e che noi sosteniamo, venga esaminato (prima ancora di quello relativo all'amnistia) il provvedimento relativo al riordino delle carriere dei carabinieri e delle forze dell'ordine.

Con una battuta abbastanza semplice qualcuno ha detto che non si può discutere prima dei detenuti e dopo delle guardie e che è più opportuno che le aspettative delle forze dell'ordine non vengano invertite a favore del pur legittimo interesse della popolazione carceraria a vedere esaminato il provvedimento che la riguarda. Qual è la ragione per cui ci si occupa prima dei detenuti, attraverso una votazione eccezionale che presuppone una maggioranza dei tre quarti dei votanti, e dopo dell'ordinamento di coloro che hanno il compito precipuo di difendere la legalità del paese? Non esiste una ragione plausibile, Presidente! Riteniamo che tale questione prima che tecnica sia una questione politica e soprattutto morale.

Poiché è consentito un solo intervento contro, espongo anche le ragioni che avrebbe addotto il collega della Lega, affermando che anche il provvedimento sulla legittima difesa si sarebbe dovuto discutere prima, essendo già previsto all'ordine del giorno e perché riguarda i diritti di coloro che vengono aggrediti da chi viola la legge, mentre si è preferito anteporre a tutto il provvedimento sull'amnistia.

Riteniamo che alla base di tutto ciò vi sia una motivazione propagandistica ed elettoralistica. Tutti sanno che, probabilmente, questo provvedimento non sarà concluso e se anche ciò dovesse avvenire anticipo ora un argomento di cui parleremo quando il testo sarà esaminato nel merito. Tutti sanno che la Costituzione prevede che gli effetti dell'amnistia e del  l'indulto potranno valere non oltre la data di presentazione del primo progetto di legge. Stiamo facendo finta che ciò possa servire a svuotare le carceri, mentre il provvedimento si fermerà al giugno del 2001. E per fatti commessi prima del 2001 in carcere ci sono solo coloro che hanno commesso reati gravissimi, non copribili dall'amnistia!

Diverso sarebbe stato se tale questione fosse stata affrontata nel 2006 con la nuova legislatura, in quanto la prima richiesta sarebbe stata del 2006 e diverso sarebbe stato anche l'impatto se il Parlamento avesse deciso di approvare tale testo.

Dunque, stiamo discutendo di una legge che non solo non ha le caratteristiche dell'urgenza, che non solo non si capisce per quale ragione venga anteposta al legittimo desiderio delle forze dell'ordine di vedere esaminate le proprie problematiche, ma che si presenta anche come una legge inutile che, approvata tra sei mesi, avrebbe invece un significato che si potrebbe riconoscere.

Si tratta di un progetto propagandistico contro il quale ci batteremo fino alla morte! Lo avremmo fatto con minore foga se non vi fosse stato questo cambio dell'ordine del giorno con un inserimento forzato che ci sembra una iattura (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

UGO INTINI. Chiedo di parlare a favore.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, è estremamente positivo che finalmente il Parlamento sia chiamato ad assumersi le proprie responsabilità. La decisione di votare in aula il provvedimento sull'amnistia risponde ad una forte pressione dell'opinione pubblica nonché alla convocazione straordinaria del Parlamento, un caso unico in questa legislatura e di grande significato.

Ringrazio il Presidente per la correttezza con la quale ha rispettato gli impegni che si era assunto in questa sede di fronte all'Assemblea.

L'amnistia è una misura valida sul piano pratico perché sblocca la macchina della giustizia che oggi appare sovraccaricata da milioni di provvedimenti e di processi inevasi; è per una misura importante sul piano morale e umano perché elimina una situazione in cui le carceri sono diventate una scuola di diseducazione e non di rieducazione per migliaia di emarginati.

Spero che nel dibattito che si svolgerà non vi sia la volontà dei partiti di esercitare propaganda elettorale; spero invece che ciascun deputato si assuma le proprie responsabilità, ciascuno con la propria coscienza.

A tale proposito vorrei sottolineare l'importanza del voto segreto che, purtroppo, non è garantito in particolare in questa votazione. Infatti, come sapete, i voti a favore o contro si esprimono attraverso una luce blu e i voti di astensione attraverso una luce bianca che quindi viene riconosciuta pubblicamente.

Vorrei sollevare una questione già più volte sollevata e lo voglio fare di fronte al Presidente con particolare insistenza in una circostanza in cui il fatto che le astensioni si manifestino pubblicamente è particolarmente negativo dal punto di vista pratico in questa votazione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riassumo i termini della questione. Domani alle 11 è previsto di passare al voto del provvedimento in materia di amnistia e indulto. Naturalmente, se non vi sarà la prescritta maggioranza e non si potrà svolgere questa sera la discussione sulle linee generali, a quel punto quest'ultima slitterà alle 11 di domani. Voi capite che la differenza è sostanziale.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di inserire all'ordine del giorno della seduta odierna l'esame del testo unificato della proposta di legge n. 458 ed abbinate.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 448

Votanti 447

Astenuti 1

Maggioranza dei tre quarti dei votanti 333

Hanno votato 351

Hanno votato no 96).

Prendo atto che i deputati Foti, Alberto Giorgetti ed Angioni non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, lei ha ritenuto di non tenere conto delle mie osservazioni precedentemente formulate. Vorrei richiamare la sua attenzione su quanto previsto dall'articolo 27 del regolamento. A mia memoria, non si è mai visto che si interrompano le procedure di approvazione di un provvedimento mentre si stanno votando gli emendamenti: si sospende quella disamina, per inserire un nuovo argomento all'ordine del giorno, che poi neppure viene discusso, perché ciò avverrà il giorno dopo.

Le ricordo che ha violato l'articolo 27 del regolamento, che recita: «La proposta relativa può essere presentata da trenta deputati o da uno o più presidenti di gruppi (...) soltanto all'inizio della seduta o quando si stia per passare ad altro punto dell'ordine del giorno o quando la discussione sia stata sospesa». Non ci troviamo neppure in quest'ultima ipotesi, in quanto si sarebbe dovuto esprimere il Governo, e lei ha inserito questo provvedimento...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Buontempo. La decisione è stata annunciata nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo e comunicata all'Assemblea. Vi sono i precedenti, che le fornirò.

(omissis)

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Cento; Carboni; Trantino; Pisapia; Pisapia e Russo Spena; Boato e Cima; Boato e Cima; Russo Spena ed altri; Taormina; Biondi e Cicchitto; Siniscalchi ed altri; Cento; Giuseppe Gianni; Finocchiaro ed altri; Kessler ed altri; Jannone; Moretti ed altri; Cento; Cento e Bulgarelli; Santori; Perrotta; Perrotta; Craxi e Milioto; Minniti ed altri; Fanfani: Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (A.C. 458 -523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881-6207) (ore 21,28).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Cento; Carboni; Trantino; Pisapia; Pisapia e Russo Spena; Boato e Cima; Boato e Cima; Russo Spena ed altri; Taormina; Biondi e Cicchitto; Siniscalchi ed altri; Cento; Giuseppe Gianni; Finocchiaro ed altri; Kessler ed altri; Jannone; Moretti ed altri; Cento; Cento e Bulgarelli; Santori; Perrotta; Perrotta; Craxi e Milioto; Minniti ed altri; Fanfani: Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali sarà pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Alleanza nazionale ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Il relatore, onorevole Mormino, ha facoltà di svolgere la relazione.

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, il mio intervento sarà «autocontingentato», dal momento che ritengo (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale: «Voce!»)... Non si sente?

Dicevo che il mio intervento sarà brevissimo, dal momento che sul tema si ha ampia conoscenza della storia parlamentare remota e degli utili sviluppi che  hanno determinato questa inopinata presentazione in aula del provvedimento di amnistia e di indulto, secondo un iter che segue una storia tormentata dell'esame delle proposte di legge che sono state presentate in proposito fin dall'inizio (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale: «Voce!»)...

Io non sono abituato a gridare. In genere parlo anche senza microfono, essendo ascoltato. Mi pare di essere sufficientemente tonico rispetto alla necessità e alla possibilità di essere sentito (Una voce dai banchi del gruppo di Alleanza Nazionale: «Voce!»)... Se dobbiamo continuare così, possiamo metterci accanto e fare un duetto! Presidente, mi consenta la battuta...

PRESIDENTE. Lei ha ragione, onorevole Mormino. Colleghi, per cortesia...

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, non si preoccupi, sono abituato; peraltro, per la mia attività, ad altro che a questo...

Questa proposta di legge oggi al nostro esame deriva da una serie di proposte che sono state via via presentate fin dall'inizio della legislatura e che avevano come oggetto sia un provvedimento di clemenza che riguardasse l'amnistia e l'indulto, sia solamente la concessione dell'indulto.

Si è proceduto, attraverso un lungo iter di discussione nell'ambito della Commissione giustizia, alla valutazione delle proposte e si è pervenuti ad una conclusione che ha consentito di redigere un testo unificato che proveniva proprio dalle proposte originarie. Il testo unificato era stato limitato per la verità, già nel gennaio o febbraio del 2003, ad un'ipotesi di concessione del solo indulto, ma sul testo unificato che prevedeva la concessione del solo indulto erano stati proposti emendamenti per l'ampliamento anche alla concessione dell'amnistia.

Sul tema non si è riusciti a pervenire ad una concorde conclusione e quindi l'iter in Commissione è stato sospeso proprio perché, nella previsione di una maggioranza qualificata attraverso cui accedere ad una soluzione positiva nella discussione in Assemblea e quindi nella deliberazione parlamentare, si è ritenuto che non sussistessero le condizioni e si è accantonato il provvedimento.

Adesso è sopraggiunta una nuova sollecitazione, della quale conosciamo perfettamente lo sviluppo storico recente, e si è nuovamente riproposta la questione della possibilità della concessione di un provvedimento di clemenza che riguardasse non soltanto l'indulto ma anche l'amnistia.

Purtroppo, anche in questa fase (come peraltro è stato constatato nella discussione svoltasi in Assemblea nella convocazione straordinaria del 27 dicembre scorso) le opinioni sono rimaste distanti e tali sono state ribadite nell'ambito della Commissione. Per cui, se pure si è pervenuti, alla fine, in sede di Commissione giustizia alla formulazione di una proposta che comprendesse sia l'amnistia sia l'indulto, in realtà oggi - come è possibile constatare -, a parte la contrarietà storica sul provvedimento dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana (che hanno sempre manifestato la loro opinione contraria), nei gruppi che sarebbero disponibili all'approvazione di un provvedimento di clemenza si è manifestata una divaricazione sulla possibilità della contemporanea concessione dell'amnistia e dell'indulto.

Il tema fondamentale di fronte al quale ci troviamo (che ritengo dovrà essere quello maggiormente approfondito) è la possibilità di adottare un provvedimento complessivo che preveda sia l'amnistia sia l'indulto.

Sarebbe questa una, anzi, la soluzione? Soluzione, peraltro, sostenuta non soltanto dai gruppi di maggioranza che si sono dichiarati disponibili all'adozione di un provvedimento di clemenza ma anche da parte di certi gruppi dell'opposizione che hanno condiviso questa impostazione, contrariamente ad altri che, viceversa, hanno pregiudizialmente rifiutato di accedere ad una concessione di amnistia.

Il problema è tale da essere assolutamente e immediatamente percepibile rispetto a tutte e due le questioni che ci  pongono di fronte a due aspetti critici di disfunzione del sistema giudiziario. Per un verso, quello del sovraffollamento delle carceri, che non consente l'esercizio o il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, per altro verso, la realizzazione di quell'obiettivo fondamentale del nostro ordinamento che assegna all'esecuzione della pena anche una funzione di recupero del detenuto, dal momento che le condizioni carcerarie non consentono il rispetto dell'un diritto e dell'altra possibilità, dell'altra pretesa dell'ordinamento.

Ma lo stesso problema e la stessa esigenza si pongono anche nei confronti dell'amnistia, che non è soltanto un intervento per risolvere un momento di crisi del sistema giudiziario sotto il profilo della disfunzione dell'attività propria della giurisdizione, ma è un intervento che riguarderebbe anche gli effetti che l'amnistia produrrebbe sulla situazione carceraria.

Infatti, l'amnistia, che cancellerebbe una serie di reati, per la massima parte bagattellari e che, tuttavia, intasano ed impediscono che vi sia una rapidità maggiore nell'esercizio dell'attività giurisdizionale, non consente di affrontare e di risolvere tempestivamente quei processi nei quali si trovano imputati detenuti, vale a dire in attesa di giudizio, che, secondo le ultime statistiche che abbiamo raccolto, superano il 40 per cento della popolazione carceraria. Inoltre, di questo 40 per cento, sempre secondo le statistiche acquisite, ben la metà, il 50 per cento, viene alla fine assolta. Il che significa che la rapidità del procedimento consentirebbe di sfoltire la popolazione carceraria, accertando tempestivamente la non colpevolezza degli imputati detenuti in attesa di giudizio e, quindi, permettendo la liberazione di coloro che ne hanno diritto.

Questi sono i temi fondamentali della questione, cui vorrei aggiungere un'altra problematica, concernente il rispetto di un principio dell'ordinamento costituzionale; mi riferisco alla eventuale efficacia del provvedimento di clemenza rispetto al tempo della commissione dei reati ai quali sarebbe applicabile sia l'amnistia sia l'indulto.

Come è noto, l'articolo 79 della Carta costituzionale, nella sua ultima parte, anche nella formulazione rinnovata nel 1992, prevede che il beneficio di clemenza non possa applicarsi oltre la data della presentazione del disegno di legge o, qualora i disegni di legge o i progetti di legge siano numerosi, oltre la data di presentazione del primo progetto di legge.

In questo caso, il primo progetto di legge reca la data del giugno del 2001 e, pertanto, è stato necessario, per rispetto al principio costituzionale (sul quale era intervenuta, peraltro, una vecchia sentenza della Corte costituzionale che ne aveva ribadito la validità e l'efficacia), stabilire che l'eventuale provvedimento di clemenza, per quanto riguarda sia il beneficio dell'amnistia sia quello dell'indulto, non possa applicarsi oltre la data del 1o giugno del 2001. Ciò, ovviamente, compromette in buona parte l'efficacia di un provvedimento che dovesse essere adottato in tale occasione, creando ovviamente una preclusione per un'eventuale diversa valutazione circa l'efficacia, ben più ampia e certamente più incisiva, che un provvedimento, adottato tempestivamente rispetto all'attualità delle situazioni processuali carcerarie, potrebbe avere sulle questioni che il provvedimento stesso intende affrontare.

Questo è il contesto, nelle sue linee generali, nel quale il provvedimento in esame si inserisce. In ordine allo stesso, si svilupperanno le opinioni dei colleghi che ascolteremo con la sensibilità necessaria, anche con riferimento alle eventuali riflessioni che si svolgeranno sul testo adottato in Commissione, nonché ai vari emendamenti presentati in quella sede e che verranno riproposti in Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUIGI VITALI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea, in quanto si tratta di un'iniziativa non governativa, ma parlamentare (peraltro, è prevista una  maggioranza sicuramente trasversale). Quindi, il Governo, nella valutazione degli emendamenti, si rimetterà all'Assemblea.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è convincimento comune, da parte di tutti i parlamentari italiani, che la politica si esprima nella sua dimensione più alta e più nobile allorché sappia parlare con chiarezza e trasparenza.

Faccio questa premessa perché la materia di cui stiamo discutendo, e di cui vieppiù discuteremo nelle prossime ore e nei prossimi giorni, si presta molto ad atteggiamenti poco chiari e poco trasparenti. E ciò in presenza di istituti giuridici, quali sono amnistia e l'indulto, che si collegano con le vicende della vita di migliaia e migliaia di persone e di famiglie. Vi è una ricca umanità dietro le vicende di un'amnistia e di un indulto approvati, ovvero di una amnistia e di un indulto che non raggiungono la maggioranza costituzionale prevista.

Questa premessa mi sembra doverosa per annunciare che tenterò, con le mie forze sicuramente modeste, di esprimere la posizione politica del mio gruppo parlamentare per fornire al massimo quel contributo di trasparenza che all'inizio indicavo quale obbligo dell'uomo politico e quale obiettivo massimo della politica intesa nel suo significato più alto e più nobile.

Ebbene, affrontando a questo punto più da vicino i temi all'ordine del giorno, ritengo sia giusto e opportuno prendere le mosse dalla norma costituzionale che disciplina - com'è noto - la materia dell'amnistia e dell'indulto. L'ultimo comma dell'articolo 79 espressamente ed esplicitamente recita: «In ogni caso l'amnistia e l'indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge». Così formulata, sembrerebbe una norma di poco rilievo, una norma quasi routinaria nell'ambito di un ordinamento giuridico pletorico quanto a norme. Tuttavia, così non è, non soltanto perché stiamo leggendo un principio affidato alla nostra suprema Carta, ma in quanto si tratta di un principio importantissimo, a nostro avviso addirittura strutturale in relazione al regime democratico e al regime parlamentare.

Faccio questa affermazione tanto retorica e tanto solenne perché la norma che ho appena letto fu introdotta poco più di dieci anni fa per disciplinare nel modo più democratico possibile gli istituti di clemenza e per porre al Parlamento un limite forte, preciso, deciso, un limite democratico, in quanto si tratta di un limite ad un più alto potere politico.

Il limite sta nel fatto che è inibita al Parlamento l'approvazione di provvedimenti di clemenza che attengano a fatti delittuosi commessi successivamente alla presentazione della prima proposta di amnistia ovvero di indulto.

Questa premessa, per molti versi esclusivamente giuridica - ma che in qualche modo ho tentato di paludare anche con argomenti politici -, era necessaria perché da essa consegue la posizione politica dei Democratici di sinistra, vale a dire del maggior raggruppamento di opposizione.

L'ultimo comma dell'articolo 79 della Costituzione, imponendo al Parlamento una precisa data, obbliga il Parlamento della XIV legislatura, se volesse esso approvare il provvedimento di cui stiamo discettando, a porre come limite temporale, oltre il quale non potrà più avere effetto il provvedimento di clemenza stesso, il 1o giugno 2001.

È, questo, dato di fatto, dato giuridico e dato politico gravido di estreme conseguenze, che non possono essere valutate se non con l'attenzione e con la responsabilità che il Parlamento di un paese democratico deve porre nel trattare materie di siffatta delicatezza. Porre quel limite, il 1o giugno 2001, significa, per il provvedimento di amnistia che quel termine contiene, vedere fortemente limitati gli effetti del provvedimento stesso. È noto che tradizionalmente il provvedimento di amnistia riguarda reati di minore importanza, e i reati di minore importanza sono quelli  che hanno anche una sanzione meno significativa. Ciò significa, altresì, che siamo in presenza di ipotesi di reato che presto maturano il loro termine prescrizionale. Ed infatti se assumiamo l'impegno, come è doveroso che sia, di esaminare le figure di reato che sono contemplate nella proposta di amnistia in esame, rileveremo senza molta difficoltà che trattasi di figure di reato per alcuni versi ormai già prescritte in ogni ipotesi concreta che si volesse assumere - trattandosi molto spesso di fattispecie contravvenzionali -, ovvero di reati che, se commessi prima del 1o giugno 2001, sono comunque destinati, nella loro concretezza, a prestissimo maturare il loro termine prescrizionale.

Ricordo tutto questo per arrivare alla conclusione che, al di là della buona volontà o della cattiva volontà di ciascuno di noi, stiamo discettando di un provvedimento che non avrebbe effetto concreto apprezzabile. E questo in presenza dell'utilizzo di un istituto che è di per se stesso di natura eccezionale e straordinaria, perché è istituto contemplato dalla nostra Carta costituzionale, perché è istituto che per vedersi legittimamente espresso impone una qualificatissima maggioranza parlamentare, perché è istituto che viene a derogare a princìpi fondanti dello Stato moderno e degli ordinamenti giuridici moderni. L'amnistia e l'indulto, come è noto, sono deroga incisiva alla potestà punitiva dello Stato e derogano a una serie importante di princìpi generali dell'ordinamento.

Ed allora, di qui una domanda retorica. Se di un istituto che ha queste caratteristiche, che ho definito di natura eccezionale e straordinaria, si deve fare uso, se ne deve fare un uso saggio e meditato. E possiamo noi dire che si faccia un uso saggio e meditato degli istituti costituzionali dell'amnistia e dell'indulto, quando l'utilizzo di essi istituti si riduce a così poca cosa? Possiamo ritenere opportuno evocare l'amnistia, quando per fatti oggettivi e da noi non governabili quella amnistia avrebbe effetti miserrimi?

Ho detto che avrei posto un interrogativo retorico, ed evidentemente la risposta sta già nella domanda. Questo ovviamente giustifica, a mio avviso pienamente, una posizione politica responsabile, per molti versi sofferta, di indisponibilità a mettere a disposizione di un voto di maggioranza i voti parlamentari dei Democratici di sinistra, perché noi pensiamo e crediamo che, nel momento in cui si vada a consumare l'esercizio di questa potestà parlamentare, si ponga poi una premessa di fatto, di diritto e politica impeditiva di un utilizzo ben più efficiente ed efficace di questi istituti, qualora ad essi si ricorresse nel corso e all'inizio della prossima legislatura, giacché nella prossima legislatura non vi sarebbero quelle limitazioni temporali di cui ho appena discusso e discettato.

D'altra parte, poiché viviamo ormai un anno di vita repubblicana che segna una sua vetustà storica, e poiché nel corso della vita repubblicana sono stati approvati oltre venti provvedimenti di amnistia, noi tutti sappiamo che l'amnistia ha consumato i suoi effetti positivi e virtuosi in brevissimo tempo. L'ultimo provvedimento del 1990, come amnistia ed indulto, intervenne su una popolazione carceraria di 25 mila detenuti, ma già nel giro di un anno i detenuti diventarono 35 mila. Questo perché amnistia ed indulto vanno considerati come momenti fondamentali ed importanti di un complessivo intervento parlamentare. Anche di qui, a nostro modesto avviso, la maggiore opportunità di un intervento che, procrastinato soltanto di qualche mese, ben altri e più benefici effetti avrebbe sulle istituzioni e sulla realtà processuale e carceraria del nostro paese.

In altri termini, l'amnistia e l'indulto hanno necessità di vivere in un complesso di altre misure; misure di natura e di carattere strutturale che attengano all'organizzazione giudiziaria e, ancor di più, a mio avviso, attengano alle modalità del processo penale e alla platea e alla individuazione delle figure e dei comportamenti che per l'ordinamento debbono essere penalmente sanzionate.

È noto a tutti che oggi, in carcere, su 60 mila detenuti, un numero abnorme  rispetto a tutte le altre democrazie occidentali, il 60 per cento circa sono tossicodipendenti ed extracomunitari. È chiaro ed evidente che, dal nostro punto di vista, una delle riforme strutturali che dovrebbe accompagnare un provvedimento di clemenza dovrebbe attenere proprio alla individuazione dei reati per i quali deve risultare meritevole la maggiore delle sanzioni penali, quella carceraria. Giova ricordare che - anche perché nel dibattito sentiremo voci alte e nobili, ma ascolteremo rozzezze culturali inaudite - il carcere fu, nell'epoca e nell'era dell'Illuminismo, la risposta democratica e libertaria al patibolo e alla tortura.

Oggi, è fuor di dubbio che è noto alla migliore dottrina, ai più avveduti operatori del diritto, a quanti studiano, discettano e approfondiscono questi temi, che il carcere, nelle dimensioni attuali, è istituto che ormai dovrebbe appartenere al passato e che dovrebbe avere un utilizzo assolutamente residuale. Inoltre, è noto che il nostro sistema sanzionatorio è antiquato e, come tale, deve essere superato in virtù di ampi dibattiti, nei quali peraltro il Parlamento da qualche anno si cimenta raggiungendo da ogni parte politica vette culturali molto elevate.

Ebbene, se questa è la realtà, se queste sono le dimensioni culturali, teoriche e storiche, se questo è il futuro che ci attende, allora è chiaro ed evidente che noi del carcere vorremmo fare un uso residuale e parco: in carcere debbono andare i delinquenti, le persone pericolose. Il regime sanzionatorio penale però si deve arricchire di ben altre sanzioni. Ed allora non possiamo accettare un'amnistia che abbia effetti così contenuti; non possiamo accettare un'amnistia che prescinda da interventi di natura strutturale che si inseriscono in un insieme di interventi riformatori. Non possiamo, altresì, accettare di consumare un potere eccezionale, come è quello di amnistiare, sul finire della legislatura, impedendo così, nella prossima, un eventuale intervento, da noi fortemente auspicato, che ben altri effetti e ben altra efficacia avrebbe.

Ma questa nostra valutazione critica, che attiene all'amnistia, non ci impedirà comunque un sostegno convinto affinché il Parlamento approvi quella parte della proposta di legge che riguarda il provvedimento di indulto. Qui c'è un'emergenza reale che non può più attendere. I numeri sono noti a tutti, ai cittadini e ai parlamentari. Nel nostro paese si registra un indice di carcerazione che è superato soltanto nel mondo moderno dagli Stati Uniti e dalla Russia: un detenuto ogni mille abitanti e due persone ogni mille coinvolte in situazioni carcerarie, se oltre al carcere in sé valutiamo anche i provvedimenti alternativi al carcere.

Si tratta di una situazione insostenibile, attesa la capacità che hanno le nostre carceri. Riteniamo, pertanto, rozza la risposta, che altri hanno dato, intesa e indirizzata alla costruzione di nuove carceri. La risposta, a nostro avviso, non può essere questa. La risposta deve stare, come ci insegna la nostra Carta costituzionale, nella prevenzione e nella integrazione, attesa la nuova realtà globale costituita dalle grandi migrazioni e dal fenomeno degli extracomunitari, con i quali, è bene convincersene, dobbiamo convivere e rispetto ai quali dobbiamo dare risposte solidaristiche e di integrazione sociale ed economica.

Per tutte queste ragioni, riteniamo doveroso, anche sul finire della legislatura, appoggiare il provvedimento di clemenza che riguarda appunto la questione del carcere perché, giova ricordarlo, l'amnistia agisce su reati che non cagionano detenuti. I reati, puniti con una pena detentiva al di sotto di quattro anni, non hanno questa capacità di produrre carcerazione. È l'indulto che agisce sulla pena e che può intervenire in modo virtuoso cercando di alleviare la situazione di crisi acutissima delle carceri del nostro paese.

Per queste ragioni, noi siamo su questa strada. Per queste ragioni, rispetto al complesso del provvedimento che ci viene sottoposto, noi privilegiamo la seconda parte, dall'articolo 6 in poi. Per queste ragioni, voteremo a favore degli articoli che disciplinano l'indulto, mentre non potremo  esprimere una valutazione positiva sull'altra parte del provvedimento riguardante l'amnistia. Nell'ambito dell'Unione, cercheremo di esprimere un voto unitario; e sono certo che perverremo a questa conclusione politicamente rilevante ed importante.

Per il resto, guardiamo avanti. Il futuro del nostro paese sta per cominciare. Presto le elezioni politiche generali determineranno un cambiamento radicale della situazione politica del nostro paese. In quella nuova situazione politica, noi ci auguriamo di esprimere un'alta attività di Governo. Torneremo su queste tematiche e su questi problemi: mi auguro che lo faremo con alta visione politica degli interessi della collettività (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, comincio il mio intervento in questa discussione sul provvedimento di amnistia e di indulto rilevando un fatto insolito: malgrado sieda in quest'aula parlamentare da cinque anni, non ho memoria di una seduta notturna. Ebbene, per volere a tutti i costi portare il Parlamento, la Camera dei deputati, a svolgere una discussione ipocrita, a fine legislatura, su un provvedimento di concessione di amnistia e indulto, stasera siamo giunti anche a questo!

Allora, siamo qui a ripetere ciò che abbiamo già detto più volte. In questi anni, la voce della Lega è stata sempre unanime, lineare e coerente: sin dai tempi dell'indultino, abbiano dichiarato di essere contrari a provvedimenti di clemenza generalizzata, in quanto li consideriamo contrastanti con l'esigenza di certezza della pena che ci siamo impegnati a soddisfare in campagna elettorale (lo ricordo, in particolare, ai colleghi di Forza Italia, i quali sostengono, invece, la necessità di una misura di amnistia e di indulto).

D'altro canto, non possiamo dimenticare che i cittadini italiani, i cittadini onesti, oggi hanno paura perché, purtroppo, nonostante l'impegno di questo Governo, nel nostro paese vengono commessi crimini sempre maggiori ed il tasso di criminalità è elevato. I cittadini onesti hanno paura quando sono nelle loro abitazioni, la sera, e quando si recano al lavoro, in ufficio. I cittadini ci chiedono sicurezza e legalità, non di aprire le porte dei nostri penitenziari ad un numero di detenuti ancora indeterminato. Persone che sono in carcere perché hanno subito una condanna (nel caso dell'indulto, passata in giudicato) si ritroverebbero a piede libero senza avere completato il percorso di rieducazione e riabilitazione che la detenzione comunque comporta. Inoltre, questi soggetti verrebbero rimessi in libertà senza un vaglio preventivo circa la loro pericolosità sociale. Abbiamo detto più volte che riteniamo ciò inaccettabile.

Allo stesso modo, riteniamo inaccettabili le argomentazioni che fondano la necessità di un provvedimento di amnistia e di indulto sul sovraffollamento carcerario. Il fenomeno esiste (e taluni ritengono che esso sia addirittura connaturato all'istituzione carcere), ma va affrontato in altri modi, con altri metodi, evitando di scaricare il problema, ancora una volta, sui cittadini onesti. A nostro giudizio, ciò sarebbe inaccettabile.

Per quanto riguarda le condizioni di vivibilità nei nostri penitenziari, abbiamo riconosciuto più volte che ne dobbiamo discutere, tanto che, in questi anni, il problema è stato affrontato anche dal ministro Castelli. Ciò dimostra che la Lega non fa la faccia feroce, che la Lega non è crudele, al contrario di quanto è stato scritto, in queste ultime settimane, sulle pagine di autorevoli - diciamo così - quotidiani.

Però, se la Lega deve scegliere, sicuramente sta dalla parte di Abele, non di Caino (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale), perché è vero che, per ogni soggetto detenuto all'interno dei nostri penitenziari, fuori c'è un altro soggetto, la vittima di un reato, qualcuno che ha subito una offesa non solo al proprio  patrimonio ma, molte volte, anche alla propria persona. A questi individui onesti, alle vittime dei reati, va in primis il pensiero della Lega Nord. Non possiamo consentire che l'utilizzo di strumenti di questo tipo conduca ad una duplice offesa nei confronti delle vittime dei reati. Si tratta di vittime, purtroppo, silenti. In questa Assemblea, molte volte ho sentito parlare dei diritti dei carcerati, ma nessuno si preoccupa dei diritti dei cittadini onesti, nessuno si preoccupa di difendere i cittadini onesti dalla criminalità. Costoro, torno a ripeterlo, subirebbero una duplice offesa: quella ricevuta nel momento in cui hanno subito l'aggressione, quando, magari, sono stati lasciati soli da uno Stato che non è potuto intervenire, e quella che si verifica quando lo Stato rimette in libertà i loro aggressori, i loro aguzzini. Questo è inaccettabile.

Eppure, ancora una volta - come ricordato in precedenza dal presidente del nostro gruppo parlamentare, l'onorevole Gibelli -, abbiamo assistito a forzature della procedura, a forzature del regolamento e a forzature del calendario. In questo, c'è stata una complicità trasversale tra l'Unione, capeggiata da La Rosa nel Pugno, e la Casa delle libertà, il centrodestra, nel cui ambito la sponda è stata offerta da Forza Italia e dall'UDC. Forse, dietro c'è anche un grande manovratore trasversale, il Presidente della Camera, che ha pensato bene di assecondare le decisioni o le richieste di taluni e di inserire nel calendario dei lavori il provvedimento di amnistia e indulto, che sembra essere diventato la priorità per questo paese, l'esigenza primaria per tutti i cittadini, quando, invece, altri provvedimenti di sicuro avrebbero corrisposto maggiormente all'interesse di chi, oggi, nel paese si attende, torno a ripeterlo, legalità e sicurezza.

Ricordo, ad esempio, il provvedimento sulla legittima difesa, di cui abbiamo completato l'iter prima della pausa natalizia. Da tempo, era stato calendarizzato in Assemblea. Proviene dal Senato, dove è stato approvato, ma in questa sede non lo si vuole discutere. Ancora una volta, si è anteposto l'interesse di chi è detenuto perché deve scontare una pena che gli è stata comminata dopo regolare processo a quello del cittadino onesto il quale, quando reagisce ad un furto avvenuto, magari, con l'uso delle armi, nella sua abitazione e di notte, spesso è sottoposto ad una autentica odissea giudiziaria, ad un autentico calvario giudiziario. Deve essere lui, sul banco degli imputati, a dimostrare la propria innocenza, a dimostrare di avere agito per legittima difesa! Potevamo dare una risposta chiara, certa e inequivocabile a questi cittadini e, invece, per il Presidente Casini, per qualcuno della Casa delle libertà e per l'Unione tutta, ci sono altre priorità.

Comunque, è chiaro che questo dibattito si muove ancora una volta all'insegna dell'ipocrisia. Il testo che ci troveremo ad affrontare e votare domani non prevede soltanto l'indulto, come ricordava l'onorevole Bonito. Ieri, con l'astensione dei Democratici di sinistra e della Margherita (vedremo quale comportamento terranno in Assemblea, con il voto segreto), è stata inserita anche l'amnistia. Ascoltiamo questa ipocrisia. Addirittura, l'onorevole Bonito domanda a chi servirà questo provvedimento. Infatti, si applica a chi ha commesso reati fino al 1o giugno 2001. Questa è un'altra delle forzature che si sono tentate ieri, in sede di Commissione. Infatti, pur di parlare di amnistia, pur di vincere, pur di continuare in questo atteggiamento ipocrita, si voleva scavalcare la Costituzione, si voleva violare l'articolo 79 della Costituzione, che parla chiaro, laddove afferma che si può parlare di amnistia e di indulto solo per i reati commessi fino alla data di presentazione della prima proposta o disegno di legge in materia.

Ieri, abbiamo assistito ad una autentica farsa - poi smascherata dall'onestà intellettuale di qualcuno; mi riferisco al relatore Mormino - ed il presidente della Commissione, onorevole Pecorella, è stato ambiguo: voleva protrarre in avanti il termine di applicazione dell'amnistia, al 2001, e si cercava di portarla ancora, al 2002, poi al 2003, considerando la data nel testo  unificato delle proposte approvato dalla Commissione. Perché tutto ciò? Perché ci rendiamo conto che questa amnistia, onorevole Bonino, non è vero che non desta o non desterebbe allarme sociale o riguarderebbe quei reati che non destano allarme sociale. Infatti, nell'amnistia che volete, prospettataci dall'onorevole Buemi e dalla Rosa nel Pugno, si fa riferimento ai reati puniti con pene detentive fino a quattro anni. E quel termine di quattro anni non è quello massimo edittale previsto dal nostro codice; si può andare oltre: possono essere amnistiati reati per i quali il codice prevede una pena maggiore. Infatti, poi, vi siete affrettati a scrivere, in questo progetto di amnistia che ci «propinate», che essa si applicherebbe anche ai recidivi, ai delinquenti abituali e professionali o per tendenza, e che nel computo della pena che si dovrebbe amnistiare non si tiene conto delle circostanze aggravanti e della recidiva. Bell'inganno! Siete stati furbi.

Tuttavia, si pone il problema della data; quindi, questa misura, che è un' amnistia - un'autentica cancellazione, un colpo di spugna per reati gravi, che destano allarme sociale -, viene forse in un certo qual modo neutralizzata dal fatto che si applicherebbe a reati commessi nel 2001 e quindi, in ipotesi, ormai prescritti.

Ma allora viene meno anche un altro teorema; ricordo al riguardo la bella discussione svoltasi il 27 dicembre 2005, con una folta platea presente in aula. Non è forse vero? I colleghi, i 206 deputati firmatari, hanno chiaramente firmato per solidarietà la convocazione in via straordinaria: si era sotto Natale, si voleva essere tutti più buoni. Avranno pensato: che bello, convochiamoci il 27 dicembre; però, presenti in Assemblea, quel giorno, eravamo in pochi: noi della Lega non avevamo sottoscritto la richiesta di convocazione in via straordinaria ma eravamo comunque presenti, a differenza di tanti che avevano il compleanno della figlia, il viaggio alle Maldive, la tosse ovvero il mal di gola.

Ebbene, in quella discussione, si parlava della necessarietà dell'amnistia come passo preliminare per una riforma della giustizia penale. Ciò abbiamo sentito dire dall'onorevole Pisapia; non me ne voglia se ieri, in Commissione, l'ho descritta come il ministro della giustizia in pectore nell'ipotesi che l'Unione vincesse le elezioni. Ebbene, l'amnistia sembrava necessaria per questo, per sfoltire il debito giudiziario in materia penale; questa era la posizione di alcuni. Poi, vi erano le posizioni dei componenti dei Democratici di sinistra e della Margherita. Ricordo al riguardo gli interventi degli onorevoli Violante e Finocchiaro, che dicevano di non essere favorevoli a sfoltire, per così dire, le scrivanie dei pubblici ministeri e dei magistrati; ma mantenevano tuttavia questa sorta di ambiguità. Non si capisce quale sarà, alla fine, l'atteggiamento dei Democratici di sinistra e della Margherita.

Cade, comunque, uno dei teoremi sulla cui base veniva presentata la necessarietà dell'amnistia: sfoltire il debito giudiziario. Noi osserviamo, che se c'è un debito giudiziario, l'unico modo per sfoltirlo è celebrare i processi, far fare ai magistrati il loro dovere di smaltire tale debito. Insomma, quando abbiamo approvato la cosiddetta Cirielli - adesso, viva Iddio, è stata depositata anche la sentenza della Corte di Cassazione che dichiara infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate a proposito della normativa, che sarebbe conforme alla Costituzione ed alle norme europee - ci avete detto che volevamo fare una amnistia: ma con quale coraggio parlavate allora di amnistia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)? Con il coraggio con il quale siete adesso voi, in Assemblea, a costringerci, con una forzatura delle procedure, ad approvare una amnistia i cui effetti non sapete neanche voi quali saranno. Ma insomma che vergogna! Veramente!

Questa amnistia non serve neanche ai detenuti in attesa di giudizio perché, se si riferisce al 2001, anche costoro, comunque, non ne beneficeranno. Quindi, vi è tanta ipocrisia in questo provvedimento, ed ecco perché, onorevole Bonito, state forse convergendo sull'indulto. Non so  cosa farà Forza Italia, ma lo chiariranno gli esponenti che interverranno nel prosieguo, perché sembrava che i provvedimenti fossero collegati.

Si voleva tutto il pacchetto, indulto ed amnistia; questa è la posizione del collega Pecorella. Quindi, non solo l'indulto. Vedremo se troverete, dopo tutto questo bailamme che avete organizzato, la maggioranza dei due terzi.

Ma è soprattutto sul provvedimento di indulto che vi sono, per quanto ci riguarda, fortissime perplessità: si tratta, infatti, di un indulto che potrebbe rimettere in libertà dei pericolosi criminali.

Si parla di un secco sconto di pena di due anni. Come: proprio voi condonate la pena? Ma se siete sempre stati contrari ai condoni! Quando si tratta, però, di condonare la pena dei criminali condannati con sentenza passata in giudicato, allora anche il condono va bene! Che coerenza, signori...!

Ebbene, viene concesso uno sconto di pena di due anni anche a chi ha commesso gravi reati. È vero: avete previsto delle esclusioni oggettive. Bisogna riconoscere che, in questo caso, la Lega ha mantenuto anche ieri, in sede di Commissione, un atteggiamento fortemente responsabile. Noi abbiamo detto che siamo contrari al provvedimento in esame, che faremo ostruzionismo e condurremo una forte opposizione, tuttavia vorrei ricordare che abbiamo anche cercato di mettere delle «pezze» e di proporre dei rimedi al fine di limitare il danno.

Vorrei segnalare, ad esempio, che ieri è stato approvato un emendamento che esclude la possibilità di concedere uno sconto di pena per i colpevoli di reati di mafia. Voi lo avevate previsto, ma solo parzialmente, e quindi era in controtendenza rispetto ad altri provvedimenti, approvati nel corso di questa legislatura, che, al contrario, avevano inasprito la condotta sanzionatoria per i reati mafiosi.

Comunque, nonostante tale apporto ed il tentativo di eliminare dal provvedimento i reati che destano particolare allarme sociale, avete commesso errori enormi. Infatti, se si legge l'elenco dei reati, e si tiene conto anche delle esclusioni oggettive, ci si accorge che potranno beneficiare di uno sconto di pena di due anni i detenuti che hanno commesso un omicidio, vale a dire gli assassini! Potranno altresì beneficiare di questo condono di pena i violentatori, signori...

PRESIDENTE. Onorevole Lussana....

CAROLINA LUSSANA. ...ed anche chi ha commesso gli scippi, e ciò proprio in un momento di grave emergenza e di allarme sociale per questo tipo di reati!

Dimenticavo: avete fatto una cosa saggia! Infatti, avete evitato la possibilità di condonare la pena di due anni a coloro che si sono resi responsabili dello stupro di gruppo! Come dire: allo stupro di gruppo diamo il cartellino rosso e non lo condoniamo, mentre la violenza sessuale semplice, quella commessa da una sola persona...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lussana: concluda!

CAROLINA LUSSANA. ... invece condoniamola! Questo è vergognoso nei confronti delle donne!

Per concludere, signor Presidente, vorrei allora dichiarare che il gruppo della Lega Nord Federazione Padana non sarà sicuramente complice di quelle forze politiche che avranno la responsabilità di rimettere in libertà dei soggetti pericolosi. Ciò perché io, signor Presidente, così come i miei colleghi, non vorrei mai guardare in faccia il padre, la madre o il fratello di una ragazza che, magari, ha subito violenza sessuale, oppure è stata ammazzata perché qualcuno, in quest'aula, ha voluto forzatamente l'approvazione di un provvedimento di questo tipo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!

ALFREDO BIONDI. Appassionante!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza Nazionale ha espresso più volte, anche in occasione del dibattito del 27 dicembre 2005, la propria contrarietà al provvedimento in esame. Devo tuttavia dire che, nella giornata di oggi, ci ha particolarmente colpito questa volontà di anteporre la calendarizzazione e la discussione - e qualcuno pensa anche la votazione - della presente proposta di legge ad un altro provvedimento che, in questa parte finale di legislatura, riteniamo particolarmente importante. Mi riferisco alla proposta di legge sul riordino delle carriere dei Carabinieri e delle forze dell'ordine, che da tempo è attesa da benemeriti e benemerite servitori e servitrici dello Stato.

A tale riguardo, vorrei segnalare che, anche nell'ultima legge finanziaria, sono stati previsti stanziamenti per adeguare il loro trattamento economico. Questo Governo di centrodestra, infatti, con diversi e positivi rinnovi contrattuali, li ha considerati in maniera ben diversa rispetto ai Governi della passata legislatura, i quali - vogliamo ricordarlo - per le forze dell'ordine disposero un aumento mensile lordo di 18 mila vecchie lire.

Noi, invece, con due rinnovi contrattuali, abbiamo dato luogo ad un adeguamento retributivo sicuramente decoroso, anche se mai adeguato al sacrificio di questo personale, che tanto fa per la sicurezza dei cittadini; si tratta, comunque, di trattamenti economici migliori. Riteniamo, pertanto, che il riordino delle carriere di questi lavoratori della sicurezza sia un provvedimento che la conclusione della legislatura deve portare a compimento.

Vorrei ricordare che, questa mattina, il gruppo di Alleanza Nazionale, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, attraverso il presidente La Russa, ha comunque ottenuto la calendarizzazione della proposta di legge sulle carriere militari; tuttavia, crediamo che essa debba ricevere l'avallo del Parlamento prima di qualsiasi discussione su questi provvedimenti di clemenza.

È una logica molto chiara ed anche questa mattina in aula, quando si è discusso sulla «irruzione» nel calendario dei lavori di questo provvedimento, il presidente La Russa ha con chiarezza detto che prima vengono i provvedimenti a favore dei lavoratori delle forze dell'ordine e poi vengono le discussioni su questi altri temi.

Quindi, noi riteniamo di avere tutto il diritto di avvalerci delle potestà regolamentari per denunciare pubblicamente questo errore politico, sociale, di responsabilità che il Parlamento sta compiendo e lo faremo sicuramente se si vorrà andare avanti su questo provvedimento nelle prossime ore, nei prossimi giorni, nelle ultime settimane di legislatura, perché siamo - lo voglio ricordare - alla calendarizzazione nel primo mese di discussione di questo provvedimento. È vero, come ha ricordato prima il presidente Mastella, che comunque la parte di discussione generale poteva comunque svolgersi. Noi abbiamo rappresentato altre opinioni e lo hanno fatto vari colleghi richiamando il regolamento, da ultimo l'onorevole Buontempo. Comunque, sappiamo benissimo che nel prosieguo della discussione i tempi per parlare a lungo - ore ed ore ed ore ed ore - ci sono tutti certamente da parte del nostro gruppo e immagino che anche i colleghi della Lega faranno altrettanto. Lo dico ai fautori di questo provvedimento affinché sappiano che questa è la nostra determinazione: è un diritto che noi abbiamo.

Lo dico anche perché nel merito del provvedimento noi riteniamo che già questa sera siano emersi degli aspetti molto chiari. Prima il collega Bonito ha motivato la sua contrarietà all'amnistia. Quindi, già sappiamo, da quello che si è detto, che la parte di questo provvedimento dedicata all'amnistia non pare avere i numeri previsti per la maggioranza qualificata per poter andare avanti nella discussione. Ciò già emerge da questi primi interventi e poi vedremo in eventuali votazioni se si potrà verificare facilmente il riscontro. Quindi, già questo è un fatto che credo che si possa capire all'esterno, anche rispetto alla pressione,  al lobbying e a tutto ciò è stato fatto per portare alla discussione questo provvedimento.

Ovviamente, siamo perplessi anche per quanto concerne l'indulto e io non mi vorrei attardare troppo in tecnicismi: altri colleghi lo faranno e avremo qualche ora, se voi vorrete, qualche giorno intero di discussione; dipende della determinazione di chi vorrà farlo, quando si vorrà prendere atto che il provvedimento non ha spazio per poter essere approvato. Quindi noi siamo psicologicamente attrezzati all'evenienza e sta a chi vuole approvare il provvedimento scegliere quanto tempo dobbiamo dedicare a questa vicenda. Tra l'altro, noi riteniamo che, come è stato detto, questo provvedimento servirebbe a ben poco perché bisogna risalire, lo vogliamo dire sin d'ora, alla data di presentazione delle proposte di legge. Già circolano interpretazioni «incostituzionali»! Si dice che non si deve prendere la data di riferimento della presentazione delle prime proposte di legge, bensì la data di adozione del testo unificato perché è trascorso un po' di tempo. La Costituzione è chiarissima, colleghi, e gli atti parlamentari sono utilizzabili anche ai fini delle discussioni future. Il provvedimento non sarà varato, ma ove ciò avvenisse sia chiaro che ci saranno mille sedi per eccepire che una interpretazione temporale impropria sarebbe contraria ai chiari principi della Costituzione. L'articolo relativo è estremamente esplicito al riguardo. Quindi, anche in termini di utilità pratica, lo dico fingendomi per un attimo - ma solo fingendomi - fautore del provvedimento, esso sarebbe assolutamente inutile e inefficace e quindi addirittura un inganno per quelli che forse sperano in una generosità ampia; inoltre, sarebbe pericoloso perché andrebbe a beneficiare altre situazioni di varia natura. Questo deve essere molto chiaro.

Noi riteniamo, peraltro, che quanto è stato detto prima sulla popolazione carceraria e sulle situazioni carcerarie - non c'è dubbio - sia un tema antico, non nuovo. Nelle carceri si sta male, non solo per la condizione detentiva che certamente è una condizione di penalizzazione, ma anche perché molte volte le strutture carcerarie obsolete, antiquate, sono una ulteriore forma di afflizione e questo non è giusto. Su questo siamo tutti pienamente d'accordo. La detenzione è già una sanzione e non deve essercene una ulteriore e non prevista dall'ordinamento, quella di una detenzione in condizioni degradanti che rappresentano una umiliazione della persona.

Il Governo ha attivato una serie di iniziative concrete per accelerare la realizzazione di altre strutture carcerarie. Vi sono strutture carcerarie nel centro di città importanti, come Roma, che, per quanto le si voglia ristrutturare, sono edifici che forse sarebbe meglio - come peraltro anche il Governo ha ipotizzato, creando strutture apposite nell'ambito del Ministero della giustizia - riconvertire ad altri scopi, quali musei, alberghi od altro e costruire, con i proventi derivanti dalla dismissione di tali immobili, strutture più moderne ed adeguate. Infatti, non vi è dubbio che la detenzione è la punizione e deve essere scontata in condizioni rispettose dei diritti insopprimibili della persona e non in condizioni che rappresentino un'ulteriore forma di umiliazione.

Ci si è sempre lamentati delle strutture carcerarie. Se ricordiamo ciò che si diceva nel passato, non si riscontrava una situazione migliore, anzi probabilmente essa era peggiore e, nonostante molti interventi siano stati realizzati negli ultimi anni, consentendo a molte strutture di iniziare a funzionare, tuttavia vi è sempre un ritardo, una necessità di investire maggiori risorse. Su ciò siamo assolutamente d'accordo, così come non vi è dubbio che nell'evoluzione del diritto penale e delle sanzioni previste per i piccoli reati, per quei reati che non sono poco gravi, ma che pur turbando la coscienza dei cittadini, talvolta non richiederebbero la necessità della pena detentiva, strutture o iniziative alternative al carcere potrebbero rappresentare sanzioni più efficaci. Si pensi a lavori di pubblica utilità. Ritengo, ad esempio, che se alcune persone provocano una rissa in uno stadio, forse sarebbe  meglio far loro pulire, il giorno successivo, venti autobus dell'azienda di trasporti della loro città, piuttosto che attendere un processo che si svolgerà chissà quando o pensare ad una detenzione che non vi sarà.

Siamo d'accordo che per piccoli reati, per fenomeni che allarmano, sì, la società, ma che possono essere puniti in modo diverso dalla detenzione si possa ampliare il ricorso a sanzioni alternative al carcere; non abbiamo la mania di incarcerare tutti! Non vorremmo, insomma, che da questo dibattito ci si dipingesse, da parte di chi è favorevole al provvedimento - noi, invece, siamo contrari - come fautori di una repressione cieca ed assoluta. Noi riteniamo che la certezza della pena, che la sanzione dei comportamenti illegali siano uno tra i fondamenti su cui si deve basare la società. Riteniamo pertanto che provvedimenti di questa natura potrebbero essere avvertiti quali una resa ulteriore nei confronti del crimine.

Il Governo di centrodestra ha realizzato risultati molto positivi. Nei giorni scorsi il ministro dell'interno, onorevole Pisanu, rispondendo ad un articolo del professor Sartori, che si è improvvisato, con cattivi esiti, esperto di criminalità, ha «snocciolato» sul Corriere della Sera dati, risultati e fatti concreti riguardanti l'azione del Governo nell'arresto di esponenti della criminalità organizzata, nello smantellamento di cosche criminali, soprattutto nelle aree ad alta densità criminale...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Gasparri.

MAURIZIO GASPARRI. Concludo, signor Presidente. Quindi, la forza dei risultati dimostra che in questi anni è stata condotta una lunga lotta nei confronti della criminalità.

Riteniamo che l'esame di questo provvedimento non debba proseguire ulteriormente, perché confonderebbe la gente onesta, dando luogo a scelte errate. Limito questi aspetti nel mio intervento, per l'economia dei lavori. È noto che dopo un'amnistia, prima si esce, poi si torna in carcere ed i reati vengono reiterati. Quindi, come dicevo, siamo assolutamente contrari a questo provvedimento e riteniamo un grave errore quello compiuto dai colleghi che oggi, in quest'aula, hanno anteposto questa discussione al provvedimento relativo alle forze dell'ordine.

Avete tempo per ripensarci. Cerchiamo di fare cose serie per chi lavora, per la sicurezza dei cittadini italiani, non per chi attenta alla sicurezza ed al patrimonio di questi ultimi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Taormina. Ne ha facoltà.

CARLO TAORMINA. Signor Presidente, nonostante gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto facciano prevedere facilmente gli esiti di questa iniziativa legislativa - mi riferisco all'intervento dell'onorevole Bonito, che ha preannunziato il voto contrario dei gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, all'intervento dei colleghi della Lega Nord Federazione Padana ed all'intervento testé concluso dall'onorevole Gasparri, a nome di Alleanza Nazionale - nell'intento di individuare le ragioni che militano a sostegno dell'iter legislativo che stiamo consumando, credo che alcune riflessioni ancora debbano essere fatte. Ciò anche per un'altra ragione: oltre ciò che si preannuncia quale possibile iniziativa da riprendere nella prossima legislatura in materia di provvedimenti di clemenza, ritengo che se non utilizziamo questo passaggio, che è giunto da diverse sollecitazioni, interne ed esterne, di amnistia e di indulto non se ne parlerà certamente più.

Questo potrebbe essere anche un modo per affrontare la questione sul piano politico. Tuttavia, le opinioni sono diverse e, per quello che mi riguarda, non sono di questa idea. Vedremo se, nel corso dei nostri lavori, tale riflessione potrà produrre qualche risultato e, in relazione ad essa, vorrei offrire un minimo di contributo.

Personalmente, ritengo che il sistema o il microsistema dei provvedimenti di clemenza (non dobbiamo dimenticarlo) appartenga al tessuto della nostra Costituzione: si tratta di qualcosa su cui il legislatore fondamentale dello Stato ha fatto un certo tipo di affidamento. Ritengo che il ruolo assunto dai provvedimenti di clemenza in un sistema fondato sul principio di legalità sia quello di assolvere ad una sorta di riequilibratura con riferimento ad una complessità di situazioni, sul piano personale e sul piano collettivo, che possono in qualche modo essere dissonanti rispetto a varie esigenze: mi riferisco all'esigenza di una corretta applicazione delle leggi e all'esigenza di una valutazione sociale dei comportamenti criminosi che dovessero verificarsi di volta in volta. L'istituto della grazia serve, certamente, per manifestare il segno del perdono da parte dello Stato, ma può servire anche a correggere qualche anomalia che dovesse aver attinto il processo nell'ambito del quale la sentenza definitiva è stata pronunciata.

Così, per quanto riguarda l'amnistia e l'indulto, forse sarebbe il caso di interrogarsi, anche con un'ottica moderna, sul sistema dei provvedimenti di clemenza. Pensando all'amnistia, si è parlato tanto dei tavoli dei giudici che devono essere liberati da processi di poca importanza, perché occorre che la magistratura pensi a questioni più rilevanti ed incisive sul piano dell'evoluzione e dello svolgimento dell'attività della nostra società.

Credo che l'amnistia - che, tra l'altro, nel nostro paese manca da 15 anni - in questo momento storico (prescindo da quello che può essere stato l'obiettivo praticato nel passato) possa assolvere ad una funzione di recupero rispetto alle inerzie che il legislatore ha consumato in tantissimi anni - troppi! - che certamente vanno ben oltre questa legislatura.

Tante volte abbiamo parlato dell'esigenza di depenalizzare i reati di minore importanza. Se, anche sulla base del testo del progetto di legge con il quale ci stiamo confrontando, dovessimo fare l'inventario delle ipotesi nelle quali dovrebbe trovare applicazione il provvedimento di amnistia, a partire da quella principale della previsione di una pena edittale non superiore ai quattro anni, scopriremmo che, almeno per l'80-90 per cento dei casi, si tratta di reati rispetto ai quali un corretto e moderno intervento legislativo relativo alle esigenze di contrasto alla criminalità (che in questo momento storico deve essere considerato con particolare attenzione) porterebbe ad un provvedimento di amnistia che andrebbe a coprire situazioni che da tempo avrebbero dovuto essere interessate da depenalizzazione.

Secondo il mio sommesso avviso, è anche un modo per dare un significato moderno a tale istituto, che superi la logica usuale della necessità di abbattere le pendenze presso i nostri uffici giudiziari e per dar modo di intervenire in settori nei quali il legislatore non è intervenuto.

Ascoltando le parole dell'onorevole Gasparri e dell'onorevole Lussana, riflettevo anche in ordine all'esigenza di intervenire sul sistema giudiziario penale, sia di parte sostanziale che di parte processuale, in maniera articolata e sistematica.

Certo, questo è sicuramente è vero, apprezzabile e da fare, ma sta di fatto che sono dieci, venti e forse anche più anni che tutto questo non si fa. Ci sono dei momenti nei quali l'intervento legislativo deve avere la possibilità di correggere qualsiasi forma di ortosi che, nell'ambito dell'ordinamento giuridico, dovesse verificarsi.

La stessa cosa credo che possa essere affermata anche con riferimento all'indulto. Non sto qui a dire quale sarebbe - verrà detto nella discussione delle prossime ore - la sorte di questi due provvedimenti, adesso appaiati (che mi auguro restino appaiati), però credo che anche l'indulto sia un intervento che abbia la possibilità di correggere ancora una volta le nostre inerzie.

Sulla condizione carceraria non dobbiamo dire assolutamente nulla, perché sappiamo perfettamente qual è la condizione delle nostre carceri, qual è la disumanità del trattamento del detenuto, quali sono le difficoltà di gestione delle carceri,  per le quali oggi ancora si dibatte fortemente. Ma c'è un punto sul quale avremmo potuto fare molte cose e non abbiamo fatto mai niente.

Un punto è stato già messo in luce quando si è parlato dell'esigenza di rendere la detenzione carceraria come esecuzione della pena assolutamente eccezionale. Noi non abbiamo mai fatto una riflessione seria, al di là di qualche situazione contingente - mi riferisco ad interventi fatti in settori dell'ordinamento penitenziario o ad altre situazioni analoghe -, su ciò che dovrebbe effettivamente essere attinto dalla detenzione carceraria come risposta alla violazione della legge penale e su ciò che invece continua ad esserlo senza un ragionevole motivo, tenuto conto dei valori costituzionali, per come emergono oggi nel nostro sistema e nella nostra vita sociale.

Abbiamo un sistema penale, un codice penale, che risale al 1930; allora, la individuazione del catalogo delle pene era molto breve: c'era la detenzione, la multa e niente altro. Vi era un catalogo di pene che, dal punto di vista della detenzione, era contraddistinto da una forte caratura di rigore e pesantezza rispetto alla risposta che il crimine richiedeva (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi...

ALFREDO BIONDI. Non è un buon segno di educazione!

ENRICO BUEMI. È un atteggiamento fuori dal mondo!

CARLO TAORMINA. Ognuno ha la sua sensibilità e la manifesta come meglio crede.

Certamente, dal punto di vista della comprensione di quale debba essere, anche sul piano quantitativo, la risposta alla violazione di legge attuale, in termini di detenzione in esecuzione di pena, credo molto sia sfuggito alla riflessione legislativa e giuridica. L'indulto, paradossalmente, viene a costituire uno strumento attraverso il quale in qualche modo riequilibrare la situazione. Quindi, al di là delle consuete valutazioni ed indicazioni sulle ragioni per le quali possa essere introdotto nel nostro sistema un nuovo provvedimento di clemenza, di amnistia e di indulto, credo ve ne siano altre e che sia il caso di cogliere l'occasione (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, consentite all'onorevole Taormina di parlare.

CARLO TAORMINA. Faccio altre due considerazioni. La prima riguarda il tema al quale ha fatto riferimento anche il relatore, onorevole Mormino, su cui si sono già soffermati altri colleghi. Anche l'onorevole Gasparri, poc'anzi, ha ricordato come, di fronte all'articolo 79, ultimo comma, della Costituzione, il problema esista ed è rilevante. Le date di presentazione delle proposte di legge in materia di amnistia ed indulto su cui oggi stiamo riflettendo, specialmente per quanto riguarda l'amnistia, comportano parecchi problemi dal punto di vista della effettività e della efficacia del provvedimento.

È stato ricordato l'articolo 79. Io vorrei soltanto segnalare, come del resto abbiamo già fatto in molti in sede di Commissione, come quella previsione normativa trovi una interpretazione nella giurisprudenza costituzionale, che si è interessata della questione, sia pure con una sola sentenza, della quale siamo tutti a conoscenza e che non sto qui a ricordare. Non sono capitati altri casi nei quali si è posto il problema del quale ci occupiamo oggi.

La Corte costituzionale, con quella sentenza, datata 1968, ha assoggettato ad interpretazione anche l'ultimo comma dell'articolo 79. Non entro nei particolari, ma lo faremo, eventualmente, in sede di esame degli emendamenti, che mi auguro siano presentati anche sotto questo profilo. Essa ha elaborato un concetto di presentazione del disegno di legge che guarda più alla sostanza che al fatto meramente formale del deposito del documento contenente il provvedimento legislativo.

La Corte costituzionale, in quel caso, essenzialmente identico a quello del quale ci stiamo occupando - quindi, abbiamo una sentenza sulla quale poterci basare in maniera assolutamente concreta e chiara -, affermò la possibilità che si prescindesse dalla data di presentazione del disegno di legge nel momento in cui, nel corso dell'iter legislativo, si individuasse un momento capace di essere scisso dalla genesi del procedimento legislativo e che avesse una sua specifica autonomia.

Non entro in questo momento nel particolare procedimento legislativo del quale stiamo parlando per indicare quale possa essere il momento corrispondente alla previsione della sentenza della Corte costituzionale, ma, a fronte di una normativa che certamente può essere recepita in termini di estrema chiarezza, tale chiarezza, in qualche modo, può essere ulteriormente (Commenti del deputato La Russa) ...

ENRICO BUEMI. Non è possibile!

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Taormina. Per cortesia, colleghi, è da parecchio che tenete questo comportamento. Ho tentato di richiamarvi. Capisco che c'è una certa impazienza. Peraltro, l'onorevole Taormina non appartiene a schieramenti...

IGNAZIO LA RUSSA. Lo rispettiamo!

PRESIDENTE. Allora, se lo rispettate, come dice l'onorevole La Russa, consentite all'onorevole Taormina di parlare con serenità.

CARLO TAORMINA. Signor Presidente, credo che, a fronte della previsione dell'articolo 79, ultimo comma, della Costituzione e della sua interpretazione, sulla quale, naturalmente, non nascondo che esistono dei problemi, in termini estremamente formali, la Corte costituzionale può essere tenuta in considerazione per quanto concerne l'esito della procedura della quale ci stiamo interessando.

Mi permetto di rivolgere un'ultima battuta soprattutto in relazione alle osservazioni che sono state sollevate dalla Lega nord e da Alleanza nazionale. Io sono assolutamente conforme alle ragioni di ostilità o di contrasto che sono state manifestate dai due partiti che ho menzionato, che hanno ricordato con forza - lo faccio anch'io associandomi a loro - l'esigenza di garantire certezza ed effettività nell'esecuzione della sanzione penale. Ciò, tuttavia, naturalmente non toglie che si possa e si debba cercare un modo, una forma o un sistema attraverso il quale poter conciliare l'esigenza della certezza ed effettività della pena e quella, riconosciuta da ultimo anche dall'onorevole Gasparri, ad esempio, con riferimento al provvedimento di indulto, di intervenire comunque sulla situazione carceraria. Non menziono la questione dell'amnistia, ma essa si può sicuramente assimilare (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

Ci sono state delle iniziative legislative - mi piace ricordarle per non assumere un ruolo di primato rispetto alla proposta - che hanno legato (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale: Tempo!)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il tempo lo decido io! Non ho scherzato: state abusando!

Onorevole Vito, per cortesia, la prego. L'onorevole Taormina è un suo rappresentante...

CARLO TAORMINA. ...che hanno legato la concessione dei provvedimenti di clemenza alla previsione di condizioni. Questa previsione è già contenuta nel testo elaborato con riferimento al provvedimento di indulto.

La questione potrebbe porsi, a questo punto in termini di emendamenti, anche con riferimento all'amnistia. Pensare ad un provvedimento che, con riferimento sia all'amnistia sia all'indulto, condizioni l'efficacia e l'applicazione definitiva della norma alla circostanza, notoriamente già resa evidente da molte proposte di legge, che nei cinque anni successivi all'applicazione del provvedimento non sia commesso altro delitto da parte di chi ne  abbia beneficiato, ritengo che sia un punto su cui poter riflettere.

Si tratta addirittura di trasformare provvedimenti di clemenza, come quelli dei quali ci stiamo interessando, in strumenti che possono essere anche determinati da una sorta di deterrenza rispetto alla consumazione di altri reati.

Un cittadino che abbia beneficiato del provvedimento di amnistia o di indulto e che sa che esso potrebbe essere revocato in tutte le sue caratteristiche, ricostituendosi quindi la situazione ex ante rispetto al momento dell'applicazione del provvedimento di clemenza, per effetto della consumazione di un altro reato nei cinque anni successivi, sarebbe certamente indotto ad una posizione di grande riflessione e attenzione, che potrebbe addirittura inserirsi in un contesto che abbia la capacità perfino di agevolare il contrasto di qualsiasi forma di criminalità.

Ritengo che possa essere un punto con cui soddisfare le varie esigenze, che sottopongo all'attenzione dei colleghi per il prosieguo dei lavori che riguarderanno il provvedimento.

Con questi sentimenti, mi auguro che si possa arrivare positivamente alla conclusione dell'esame del provvedimento, perché - ripeto - sarebbe difficile tornare fra pochi mesi, e forse anche fra qualche anno, su provvedimenti di clemenza di cui da tempo si fa richiesta e si sente l'esigenza (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Misto-La Rosa nel Pugno - Applausi ironici di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, colleghi tutti, gran parte dei motivi che ci inducono ad essere favorevoli ad un provvedimento di amnistia e di indulto sono stati già espressi da Rifondazione comunista nella seduta del 27 dicembre scorso e a tale intervento mi riporto.

Posso solo aggiungere - come ha già ricordato l'onorevole Taormina - che tra questi temi vi sono quelli relativi alla revocabilità dell'indulto o alla possibilità di prevedere una sospensione dell'amnistia con effetti deterrenti rispetto alla commissione di nuovi reati, che sarebbero strumenti sicuramente utili per la diminuzione dei reati...

ALFREDO BIONDI. Signor Presidente, non è possibile!

PRESIDENTE. Per cortesia, onorevole Santanchè. Colleghi, stanno parlando altri deputati e state facendo confusione da molto tempo. Non è né educato né corretto.

GIULIANO PISAPIA. Mi spiace che non sia presente l'onorevole Lussana. Non posso ancora non ribadire che, tra le ragioni fondamentali che ci hanno portato a ritenere ragionevole, necessario ed urgente un provvedimento di clemenza, vi sia proprio quella di eliminare quel grande debito giudiziario relativo agli atti bagatellari, spesso a meri reati contravvenzionali, che impedisce di fatto ai giudici di occuparsi dei processi più seri, relativi ai reati di più grave allarme sociale.

Voglio solo ricordare, a conferma di quanto già detto e della ragionevolezza di quanto andiamo a sostenere in questi giorni ed abbiamo sostenuto ieri in Commissione giustizia, che, nei giorni scorsi, è stato dichiarato prescritto il reato nei confronti di un padre che aveva violentato la figlia minore, proprio perché i giudici...

IGNAZIO LA RUSSA. Non è vero! Lo sai che non è vero!

ROBERTO GIACHETTI. Ma stai un po' zitto!

GIULIANO PISAPIA. ...si erano dovuti occupare di reati bagatellari e non avevano avuto il tempo di occuparsi di reati così gravi.

Del resto, fin dal luglio del 2001, in una proposta di legge presentata insieme all'onorevole Russo Spena e ad altri parlamentari di Rifondazione comunista, sottolineavo come, da diversi anni, da parte di  esponenti del mondo politico, della magistratura, dell'avvocatura, della cultura giuridica, della polizia penitenziaria, si susseguivano prese di posizione sull'opportunità o meno di adottare provvedimenti di amnistia e di indulto; prese di posizione cui non hanno fatto seguito decisioni esplicite e che hanno determinato aspettative all'interno del mondo carcerario e, più in generale, un clima di incertezza tra gli operatori della giustizia che non può che essere dannoso al mondo stesso della giustizia, alla celerità e all'efficienza della giustizia sia civile sia penale.

A nostro avviso, oggi sussistono le condizioni perché possa essere adottato un provvedimento di clemenza, soprattutto se finalizzato a garantire il funzionamento della giustizia e ad evitare che falliscano le numerose riforme approvate nella scorsa legislatura, piuttosto che le riforme che speriamo possano essere approvate nella prossima legislatura in tempi celeri, tese a restituire al nostro paese una giustizia penale celere, efficiente e garantista.

Se si considerano le centinaia di migliaia di processi per i quali è elevata la probabilità di prescrizione, si verrebbe comunque a determinare un'estinzione dei reati di cui usufruirebbero non certo i soggetti più deboli ed emarginati (quella detenzione sociale che riempie i nostri istituti penitenziari), ma quasi esclusivamente chi dispone di mezzi economici tali da poter affrontare i costi dei diversi gradi di giudizio.

Ci troveremmo, quindi, di fronte ad una strisciante amnistia di fatto, non approvata dal Parlamento e basata sul censo, e pertanto, inaccettabile, perché fortemente discriminatoria. Non si può non considerare del resto che, dall'entrata in vigore della Costituzione fino al 1990, vi sono stati ben 34 provvedimenti di amnistia e di indulto, mentre negli ultimi 15 anni non è stato approvato alcun provvedimento tra quelli espressamente previsti dall'articolo 79 della Costituzione.

Un provvedimento di indulto determinerebbe una diminuzione della popolazione carceraria, rendendo così vivibili e meno disumani gli istituti penitenziari sia per i detenuti sia per la polizia penitenziaria e per tutti coloro che, con ammirabile abnegazione, vi operano e lavorano quotidianamente.

Non è un caso, del resto, che, in questi giorni, l'appello per un provvedimento di amnistia e di indulto sia stato sottoscritto da persone che hanno storie, esperienze e ruoli così diversi; basti ricordare don Antonio Mazzi, Mario Marazziti (portavoce della comunità di Sant'Egidio), Sergio D'Elia (segretario di Nessuno tocchi Caino), don Andrea Gallo, Stefano Anastasia (presidente della Conferenza nazionale del volontariato della giustizia), Lillo di Mauro (presidente della consulta penitenziaria cittadina), Patrizio Gonnella (presidente di Antigone), Fabrizio Rossetti (responsabile per il settore penitenziario, funzione pubblica della CGIL), don Sandro Spriano, nonché il segretario generale dell'organizzazione sindacale autonoma penitenziaria OSAPP, il più grande ed il più numeroso sindacato della polizia penitenziaria.

Il gruppo di Rifondazione comunista ritiene, quindi, non solo necessario, ma anche urgente che il Parlamento dia finalmente una risposta concreta alla situazione disumana delle nostre carceri ed alla disastrosa e disastrata condizione della giustizia penale, caratterizzata - ripeto - da oltre quattro milioni di processi pendenti, approvando finalmente un atto di ragionevole clemenza.

Solo un provvedimento di amnistia e di indulto, istituto - non dimentichiamolo - espressamente previsto dalla Costituzione proprio per arginare situazioni di emergenza come quella attuale, creerebbe le condizioni perché i magistrati possano occuparsi dei processi per i reati di più grave allarme sociale, evitando così di sprecare forze, energie e fondi per processi che, in ogni caso, finirebbero in prescrizione o di dover scarcerare, per decorrenza termini, come quotidianamente accade, imputati già condannati in primo e secondo grado per reati anche gravissimi o, addirittura, di far prescrivere i processi per reati di sangue o relativi alla  criminalità organizzata, determinando ulteriori danni alle vittime dei reati e alla credibilità della giustizia.

Siamo perfettamente consapevoli che il testo al nostro esame è estremamente limitato e limitativo e ben differente in senso negativo rispetto a quello necessario e da molti auspicato. Tuttavia, la sua approvazione almeno in un ramo del Parlamento sarebbe non solo un segnale importante per il futuro, ma anche un fondamentale presupposto affinché nella prossima legislatura un provvedimento di clemenza, accompagnato evidentemente da una riforma organica del nostro sistema penale e soprattutto di quello sanzionatorio, possa costituire finalmente una priorità e diventare - ripeto, finalmente - una certezza (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-la Rosa nel Pugno, Misto-Verdi-l'Unione e di deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, confermo la posizione del gruppo della Margherita su tale problematica (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale). Se i colleghi hanno la compiacenza di ascoltare con lo stesso rispetto che ho sempre avuto nei loro confronti, sarò loro grato! Presidente, è lei che deve ristabilire le regole di educazione in quest'aula, non io!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, il clima è tranquillo!

PRESIDENTE. Non è così tranquillo, onorevole La Russa, non scherziamo! Vi prego di consentire all'onorevole Fanfani di svolgere il suo intervento. Se non avete voglia di ascoltare, restate fuori dall'aula.

IGNAZIO LA RUSSA. L'aula non è stata mai così serena!

PRESIDENTE. Si tratta di un atteggiamento scorretto nei confronti dei colleghi.

Prego, onorevole Fanfani.

GIUSEPPE FANFANI. Onorevole La Russa, l'ho sempre ascoltata con estrema accortezza, educazione, silenzio e lo stesso atteggiamento ho riservato oggi all'onorevole Gasparri, quindi credo di meritare lo stesso rispetto; glielo dico con estrema educazione e disponibilità, senza alcuna polemica. Anche perché alcune delle affermazioni che lor signori hanno reso possono essere il presupposto di una discussione pacata e potrebbero, in condizioni diverse, essere assolutamente accettabili.

Quando l'onorevole Gasparri, poco fa, ha segnalato la situazione di difficoltà registrabile oggettivamente all'interno delle carceri, mi trova assolutamente consenziente, anzi devo dire che ciò costituisce il presupposto dal quale io stesso muovo nell'affrontare il problema.

Infatti, non ci saremmo mai sognati di discutere un problema così delicato proprio in concomitanza di un confronto elettorale, che normalmente non consentirebbe, secondo le regole generali della politica, di affrontare temi di questo tipo, se la situazione carceraria non fosse diventata emergenziale, sia per una endemica situazione di sostanziale crisi che il settore carcerario ha sempre registrato sia per il fatto che si tratta - come dimostrato anche dalle dichiarazioni del ministro, che ci hanno oggettivamente allarmato - di una situazione ingravescente, anche in funzione degli effetti che nel sistema carcerario verranno prodotti dalla cosiddetta legge ex Cirielli.

In sostanza, se si prevede che nel prossimo futuro le carceri verranno ulteriormente sovraffollate da circa 20 mila presenze, partendo dal presupposto della constatazione di una situazione carceraria veramente difficile da sostenere, non possiamo non porci sensatamente il problema di cosa fare oggi per il domani per evitare che questo problema diventi ingravescente al punto da non essere controllato.

Tutti i colleghi che hanno avuto occasione ed opportunità e che hanno sentito il dovere di recarsi a visitare le carceri si saranno resi conto di qual è la situazione e, soprattutto, si saranno resi conto che il sistema carcerario in tanto si può reggere in un equilibrio delicatissimo in quanto ha adottato da tempo un meccanismo premiale, per cui i «buoni» possono usufruire degli sconti di pena, che nel gergo dei carcerati vengono chiamati «giorni», e di tutti quei benefici che il sistema penitenziario riconosce loro, a condizione che abbiano conservato una buona condotta.

Ma ciò presuppone che le condizioni di vita siano quanto meno accettabili e non consente a nessuno di noi, a nessuno di coloro che hanno a cuore la dignità dell'uomo e gli stessi princìpi che vennero ricordati dal Santo Padre in quest'aula e che tutti - sottolineo tutti - avete appaludito, di accettare che quella condizione possa essere vissuta in termini così deleteri in considerazione di una premialità futura, alla quale nessuno vuole sottrarsi. Proprio partendo da tale presupposto, ciascuno di noi si è posto il problema che, seppure inespresso, ho sentito emergere in tutti gli interventi: è corretto, è saggio, è giusto, è umanamente consentito far sì che i detenuti vivano nel sistema carcerario in condizioni di sostanziale inumanità? Quando ci si reca in un carcere, si vede che in una cella di cinque metri per quattro vivono 10-12 persone e che il letto a castello è a quattro piani: è successo a molti di voi, vero?

Quando ci si trova di fronte, una situazione di questo tipo, si può dire: questi hanno delinquito, scontino la loro pena. Ma una pena, seppur legittima, seppur correttamente irrogata, deve avere caratteristiche che la Costituzione, non a caso, si è sentita in dovere di mettere chiaramente per iscritto. Si tratta sia delle caratteristiche proprie, inerenti alla dignità della pena, sia delle caratteristiche relative alla funzionalità della pena e al recupero del carcerato, perché nel momento in cui nelle carceri non si investono risorse né in termini di rieducazione, né in termini di sanità, né in termini di scolarizzazione, né in termini di ricerca di lavoro, si creano le condizioni affinché coloro che sono entrati in carcere ne escano peggiori di quando vi sono entrati.

Dunque, quando sento dire, come ho sentito anche stasera in quest'aula, che ci si deve richiamare in modo inderogabile e quasi categorico al principio di legalità, di tutela dei cittadini e di tutela delle persone offese, non posso non affermare che ciò è assolutamente vero. Quando sento dire che vi deve essere un'intransigenza assoluta nei confronti della condizione carceraria, osservo che anche questo potrebbe essere un sistema corretto da adottare nell'esecuzione della pena, ma alla condizione che la situazione carceraria venga gestita con un'ottica certamente migliore, certamente più umana e certamente più corretta socialmente e più utile per la collettività, visto che ogni carcerato ci costa oltre 250-300 euro al giorno; altrimenti, sono soldi mal spesi.

Va constatato che in questi cinque anni non si è fatto nulla per migliorare la situazione esistente, già deficitaria, in virtù di una mentalità deteriore, che considera i detenuti e i carcerati una società reietta, dalla quale prendere soltanto le distanze. Questa è, infatti, la mentalità del nostro ministro, il quale ha sempre sostenuto che non bisogna creare condizioni migliori per i carcerati, per rieducarli, ma che bisogna soltanto costruire nuove carceri. Quando sento affrontare il problema in questi termini, dico che si tratta di un approccio assolutamente erroneo e che vi sono oggi le condizioni per approvare un provvedimento di clemenza.

D'altra parte, si tratta di un provvedimento costituzionalmente previsto e che i padri costituenti previdero proprio per affrontare situazioni emergenziali, come quelle alle quali oggi ci troviamo di fronte, per stessa ammissione del ministro, il quale ha già dichiarato che fra qualche mese la situazione carceraria sarà molto più grave di quella che oggi possiamo constatare.

Ecco perché non dobbiamo inorridire di fronte a un provvedimento di clemenza.

Ecco perché, a fronte della necessità di affrontare il problema carcerario in termini seri, dobbiamo individuare tra le soluzioni possibili come soluzione altrettanto seria quella di un provvedimento di clemenza che sia strettamente correlato, come è nel testo licenziato dalla Commissione, alla gravità edittale della violazione, attraverso la graduazione di due anni e un anno, e sia limitato attraverso tutta una serie di esclusioni, le quali prevedono che non si possa ricorrere ad esso per i reati più gravi. Su questo sono assolutamente convinto che, seppure il condono per sua natura sia un provvedimento ultimo che denuncia una situazione emergenziale alla quale non si dovrebbe mai arrivare, tuttavia nella situazione data non si possa fare assolutamente a meno di esso.

Diversa valutazione ho per quanto riguarda l'amnistia e diversa valutazione sul punto ha anche il gruppo che io in questa sede rappresento questa sera, anche perché l'amnistia, avendo la capacità di incidere sulla estinzione anticipata di tutta una serie di procedimenti - l'amnistia è causa di estinzione del reato, ma ovviamente comporta l'estinzione del procedimento in corso -, è strumento da utilizzare con estrema cautela, soprattutto perché non sappiamo oggi quanti e quali procedimenti essa investirà, anche perché in una situazione quale quella attuale, in cui vi è una sensibilità emergente verso forme di illegalità diffuse, nei confronti delle quali i cittadini sentono una repulsione totale, è difficile affrontare il problema amnistia perché, contemporaneamente, ciò vorrebbe dire affrontare il problema della possibilità di stroncare nel loro corso indagini che invece potrebbero creare le condizioni per il ristabilimento di situazioni di legalità. Lo si potrà fare, anzi probabilmente lo si dovrà fare, ma esclusivamente in concomitanza con un provvedimento più ampio, attraverso il quale rivedere la struttura del processo penale, la struttura e la qualità della pena. Tutte cose che oggi non sono state fatte. Guardate, io credo che a nessuno ricapiterà la condizione felice che è capitata a questa maggioranza di poter governare tranquillamente per cinque anni con una maggioranza amplissima all'interno della quale avere la possibilità di decidere e di imporre anche decisioni che poi il Parlamento avrebbe dovuto necessariamente adottare. Non ci saranno più, probabilmente, come non ci sono stati in passato, tempo e condizioni favorevoli per una revisione totale del codice di rito e soprattutto per una revisione della funzione della struttura della pena, come non ci saranno probabilmente più le condizioni per una programmazione della revisione del sistema penitenziario, che invece avrebbe potuto e dovuto essere utilmente perseguita.

Probabilmente, questa maggioranza ha perso una grande occasione per affrontare i problemi concreti per quello che essi imponevano, ed io credo che questo debba pesare oggi sulle nostre coscienze nel momento stesso in cui valutiamo i provvedimenti da adottare e complessivamente anche l'opportunità di procedere all'indulto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, cercherò di fornire il mio modesto contributo nella speranza che, al di là di quello che sarà il risultato dell'iter legislativo di questo provvedimento, che mi auguro possa essere portato a termine, resti almeno un contributo su questo argomento importante e delicato che attiene alla responsabilità di ognuno di noi e del Parlamento nel suo insieme, chiarendo alcune cose sul provvedimento che stiamo esaminando.

Di amnistia e di indulto si è sempre parlato fin dalla nascita della Repubblica. Il primo provvedimento fu varato nel 1942 e successivamente ne sono stati varati tanti altri. In totale, se non sbaglio, i provvedimenti di clemenza, di amnistia e di indulto sono stati ventuno. Se si sono manifestate necessità ed esigenze tali da portare a varare questi provvedimenti, molto probabilmente è perché di essi se ne è sentito il bisogno.

Noi potremmo anche non parlare più di amnistia e di indulto, ma quando lo potremo fare? Quando avremo affrontato e risolto i problemi della giustizia nel nostro paese. Questa è la questione di fondo. Ed essa si porrà fin tanto che la durata dei processi sarà quella attuale - in media dieci anni per giungere alla conclusione - e fin quando avremo una carcerazione preventiva presente in maniera così invadente nel nostro sistema giudiziario. Il riscontro di quanto fin qui sostenuto lo si può rinvenire anche facendo riferimento alla popolazione carceraria. Infatti, il popolo dei detenuti nelle nostre carceri è formato per circa un terzo, 20 mila su 60 mila, da detenuti imputati in attesa di giudizio. Anche quest'ultimo è, a mio avviso, un problema che occorrerà affrontare e cercare di risolvere.

Fin quando sarà questo il panorama che ci offrirà il nostro sistema giudiziario, anche se gli stanziamenti destinati al settore della giustizia aumenteranno di anno in anno, essi saranno comunque incrementi contenuti. Comprendo anche che tali stanziamenti non possano essere di entità diversa, tuttavia, bisogna ricordare che, al di là della collocazione politica, i tanti Governi che nel corso degli anni si sono succeduti non sono riusciti a risolvere il problema della giustizia nel nostro paese.

Fin quando ci sarà un sistema nel quale noi avremo una serie infinita di reati e di ipotesi di reato, si parla di 36 mila casi tra quelli che sono normalmente contestati nelle aule giudiziarie, e non avremo il coraggio di affrontarli con una depenalizzazione seria, concreta e forte, in modo da far sì che quello che si investe nel settore della giustizia possa avere, con riferimento alle ipotesi di reato da perseguire, un ritorno, molto probabilmente dovremo continuare a parlare di provvedimento di clemenza, di amnistia e di indulto. Questo, lo ripeto, è il problema di fondo.

Si tratta di un male necessario? Certo, in un sistema di equilibrio perfetto in cui la giustizia funzioni non ci sarebbe bisogno del provvedimento di clemenza perché i processi sarebbero svolti nei tempi giusti e le carceri svolgerebbero la funzione di luoghi di detenzione modello che consentirebbero di reinserire e di recuperare colui il quale si è messo contro le regole della società civile nella quale vive.

Oggi, che cosa osserviamo? Osserviamo che, dopo 15 anni, quel provvedimento di clemenza viene adottato come necessità non come libera scelta, perché nessuno Stato, nessuna democrazia seria, nessun Parlamento vuole indicare la scelta di far risparmiare un determinato numero di anni a colui che ha posto in essere un'attività contro la società civile o di non fargli affrontare un processo solamente per il gusto di fare ciò. Il provvedimento di clemenza viene adottato, quindi, perché si pone l'esigenza di salvaguardare la qualità della vita della popolazione carceraria nelle nostre strutture carcerarie. Qualità della vita carceraria che è quella che tutti conosciamo e su cui non voglio qui soffermarmi. Dico solo che nelle nostre carceri si pongono numerosi problemi: quello dei sieropositivi, dei portatori di epatite C e B, della tubercolosi e di una serie di problemi psichici.

È chiaro che bisogna sempre cercare un bilanciamento con le altre esigenze di tutela della società, ma, in questo momento, tutti i problemi indicati spingono le forze politiche ed il Parlamento a confrontarsi sulla necessità di un provvedimento di clemenza.

Il problema è serio. Se il legislatore costituente, nel modificare, nel 1992, l'articolo 79 della Costituzione, ha voluto che la concessione di amnistia e di indulto dovesse essere deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, il provvedimento implica una grande assunzione di responsabilità da parte del Parlamento: è per questo che, per approvare una legge di amnistia o di indulto, occorre che la volontà in tal senso sia condivisa quasi da tutti.

Vi sono, oggi, esigenze che spingano il Parlamento a completare l'iter del provvedimento in esame? Io ritengo di sì. Ritengo, altresì, che amnistia e indulto  debbano camminare insieme. Del resto, la storia ci insegna che non vi sono mai stati provvedimenti di sola amnistia o di solo indulto. Perché? Perché, anche se essi attengono a situazioni diverse (l'indulto estingue la pena, nella misura che sarà individuata nel provvedimento, un anno o due per alcune ipotesi di reato; l'amnistia estingue il reato e fa sì che un soggetto non sia condotto davanti al magistrato per essere giudicato o, nel caso in cui sia stato già giudicato e condannato, estingue tutti gli effetti ricollegati alla dichiarazione di responsabilità, avendosi la cosiddetta amnistia impropria), concedere soltanto l'indulto significherebbe tralasciare un aspetto che, nel sistema giustizia, può rappresentare un fatto importante e determinante: attraverso l'amnistia, la magistratura avrebbe la possibilità di pervenire alla declaratoria di non doversi procedere, per intervenuta amnistia, in relazione ad una serie innumerevole di processi pendenti.

Nell'ultima relazione del Procuratore generale presso la Corte di cassazione si parla di più di nove milioni di processi pendenti, di cui circa sei nella materia civile e circa quattro nella materia penale. Ciò significa che, se non daremo la possibilità, attraverso l'amnistia, di togliere di mezzo, lasciatemi passare l'espressione, ipotesi di reato di minore entità, quelle integranti contravvenzioni o delitti di natura colposa, non consentiremo al sistema giustizia di fare un passo in avanti. Un intervento volto a sfollare le carceri per due o tre settimane o per tre mesi, approvando l'indulto in relazione alle ipotesi di reato sottoposte alla nostra attenzione sarebbe inutile: i posti appena liberati li ritroveremmo occupati in breve tempo da altri soggetti (perché, nel frattempo, maturerebbero ulteriori condanne, ulteriori affermazione di responsabilità) e si riprodurrebbe la stessa situazione sulla quale oggi vorremmo intervenire.

Onorevoli colleghi, andando a rileggere la relazione su un disegno di legge del 2000 che proponeva la concessione dell'amnistia e dell'indulto, ci si accorge che le esigenze richiamate erano le medesime: anche allora avevamo una popolazione carceraria di 54 mila unità (numero non molto distante da quello che grava oggi sulla struttura penitenziaria).

Allora, quale strada dobbiamo seguire? Quella del confronto: ci dobbiamo dire come stanno le cose. Per la verità, non capisco l'atteggiamento dei DS e della Margherita, dei rappresentanti di queste forze politiche, i quali si dichiarano favorevoli soltanto all'indulto - che farebbe risparmiare un anno o due (a seconda delle ipotesi) di custodia cautelare a soggetti che hanno posto in essere reati di gravità anche abbastanza rilevante nel panorama delle ipotesi di reato previste dal codice penale - e, nello stesso tempo, lamentano che non verrebbero celebrati i processi relativi ad ipotesi delittuose di modestissima importanza che non provocano alcun allarme sociale.

Allora, c'è una contraddizione in questa loro affermazione perché, se è vero che, nel momento in cui si interviene con l'indulto, si ipotizza un bilanciamento tra le condizioni di vita del detenuto, che sono quelle che sono, e la sicurezza dei cittadini, è chiaro che bisogna compiere una scelta. È proprio nella capacità di individuare un provvedimento che tenga conto delle ipotesi di reato più gravi, per le quali l'indulto è applicato solamente nella misura minima di un anno, e delle ipotesi di reato meno gravi, rispetto alle quali si può applicare anche nella misura di due anni, che si effettua questo bilanciamento.

Allora, dove dovremmo confrontarci? Nel merito del provvedimento, io credo. Avrei capito una discussione che si fosse iniziata, questa sera, a partire da considerazioni generali relative alla esigenza e alla necessità di approvare questo provvedimento di amnistia e di indulto per poi scendere a scandagliare, in sede di esame dei vari articoli del testo, le ipotesi di reato, al fine di confrontarsi con quelle possibilità di esclusione, oggettive e soggettive, che rendono - queste sì - all'opinione pubblica l'immagine di un legislatore che ha bene operato rispetto alla sicurezza. È chiaro, infatti, che alcuni di noi - ma questo è un confronto nel merito  - possono pensare di inserire nel provvedimento alcune ipotesi di reato mentre altri possono pensare di escluderle, proprio perché sono in diretto riferimento alla sicurezza e, quindi, all'allarme che possono creare nella opinione pubblica. Confrontiamoci, allora, su questo. Non possiamo continuare a discutere in via pregiudiziale affermando che esclusivamente l'indulto può essere affrontato e può essere portato a definizione. L'amnistia è cosa ben più lieve, sul piano della sicurezza dei cittadini e dell'impatto sulla pubblica opinione, perché attiene a ipotesi di natura contravvenzionale o a ipotesi di reato di lieve entità.

Ciò riguarda il merito del provvedimento. Tuttavia una osservazione devo svolgerla, telegraficamente, anche riguardo all'ipotesi della data cui fare riferimento - su cui, per la verità, già si è svolta una ampia discussione - per la decorrenza dell'indulto e dell'amnistia. Non sono d'accordo con l'onorevole Taormina: anche se apprezzo la sua interpretazione, tuttavia ritengo che, in verità, è difficile non interpretare, non dico letteralmente, l'indicazione contenuta nell'articolo 79 della Costituzione, laddove si afferma che amnistia e indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge. È chiaro che tale norma sottende la ratio del costituente, il quale ha voluto evitare che si possa delinquere nelle more della approvazione del disegno di legge con la sicurezza della impunità futura. Questo è il problema. Capisco che i tempi si sono di molto dilatati perché il disegno di legge è stato presentato nel 2001 ed arriva a definizione del 2006. Ciò crea una serie di problemi perché sono trascorsi ben cinque anni. Probabilmente si dovrebbe pensare ad un iter legislativo molto più breve. Però, se ci allontaniamo da questa interpretazione, appare chiaro che quanto affermato dall'onorevole Gasparri sia cosa possibile, cioè che ci troviamo di fronte alla possibilità che questo provvedimento sia inficiato per violazione del dettato costituzionale.

In conclusione, mi auguro che il processo di confronto continui e ci si renda conto che si può essere pregiudizialmente contrari all'indulto e all'amnistia. Di questo possiamo discutere e possiamo avere rispetto per tutte le ipotesi e le idee che sono state prospettate.

Ma se non è vero questo, e se è vero, invece, che si vuole veramente portare a compimento l'iter di questo progetto di legge, che viene da lontano - e che dà voce a richieste ed istanze che, venendo da tanta parte della società (e non solo), noi, come Parlamento, recepiamo -, ebbene, allora dobbiamo avere il coraggio e la determinazione di portare avanti l'esame del provvedimento nel suo insieme, ovvero di varare, con questo provvedimento di clemenza, sia l'amnistia sia l'indulto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, l'ora è tarda e voglio esprimere soltanto alcune considerazioni che ritengo cruciali, richiamando, peraltro, per quanto concerne le questioni politiche, l'intervento svolto il 27 dicembre scorso dall'onorevole Intini, capogruppo della Rosa nel Pugno.

Una proposta di legge recante misure di amnistia e di indulto, che il legislatore costituente ha voluto dovesse essere approvata con maggioranze particolarmente ampie - e, conseguentemente, con il coinvolgimento dell'opposizione -, non può essere affrontata in maniera strumentale e valutando esclusivamente le convenienze delle singole botteghe politiche. Vale a dire, quanto oggi non conviene all'attuale opposizione, domani potrebbe non convenire alla maggioranza diventata opposizione. È necessario, quindi, avere un grande senso di responsabilità e di capacità di risposta a problemi certamente complessi e di dubbia popolarità.

Il primo problema che abbiamo dinanzi è certamente costituito dall'interpretazione dell'articolo 79 della Costituzione; a mio avviso, se non esprime la sostanza, la forma è inutile e, allora, ci si deve impegnare nell'interpretare la disposizione  secondo ragionevolezza, e non secondo un inutile rigore. Comprendo i rilievi fatti da alcuni colleghi, in particolare dall'onorevole Bonito; ma una particolare e accentuata rigorosità nell'interpretazione della disposizione, a mio avviso, nasconde un altro obiettivo. È bene, allora, che gli obiettivi siano chiari.

Nel nostro paese, è evidente lo stato comatoso della giustizia, il disastro entro il quale vengono negati i diritti di tutti, vittime e carnefici, innocenti e colpevoli. La mole ingentissima di arretrato giudiziario è la negazione dello stato di diritto, della certezza del diritto, della certezza della pena. Dinanzi a tali problemi, non possiamo affrontare la questione con una semplice affermazione del seguente tenore: via, siamo di buona volontà! Dobbiamo invece assumerci delle responsabilità, che certamente possono anche essere dolorose ma sono indispensabili per avviare una fase effettiva di cambiamento.

Si osserva che l'amnistia e l'indulto sarebbero atti di ingiustizia che attenterebbero alla sicurezza dei cittadini; ma non si aggiunge che ogni anno, nel nostro paese, vi sono più di 160 mila prescrizioni per decorrenza dei termini e, quindi, vi è un'amnistia surrettizia, casuale, di classe, che affida alle capacità difensive l'agire per far prescrivere i reati. Non si aggiunge che vi sono oltre 8 milioni di processi arretrati che intasano i tribunali e che, per evitare prescrizioni di reati minori ma più antichi, si ritardano i processi per i reati più gravi ma più recenti.

Il gravissimo stato di affollamento delle carceri, oltre a non rispettare i principi di rispetto della dignità della vita umana, non consente alcuna attività di rieducazione durante la detenzione; la pena perde la sua finalità costituzionale - la rieducazione - ed assume esplicitamente la sua funzione di vendetta. Si sprecano così risorse che, invece, devono essere finalizzate alla rieducazione e si spreca il tempo dei detenuti che vedono nell'ozio il logorarsi della loro vita. Uomini che entrano in carcere perché hanno sbagliato e che escono peggiori di come vi sono entrati, senza essere preparati a vivere meglio e, quindi, a non sbagliare più.

Non voglio affrontare le questioni tecniche del provvedimento; avrei preferito una discussione di merito su ciò, mentre ci siamo attardati, anche all'interno della coalizione di centrosinistra, in atteggiamenti più tattici. Voglio osservare con estrema franchezza che non condivido l'atteggiamento assunto dai Democratici di sinistra e dalla Margherita, in particolare dai primi, che negano il loro consenso all'amnistia. Quella stessa amnistia che loro hanno proposto al Senato con un atto parlamentare che ha gli stessi identici contenuti di quello proposto oggi alla Camera.

FILIPPO ASCIERTO. Peccato che non ti sentano!

ENRICO BUEMI. Sì, so che non sono presenti ma vi sono i resoconti di questa seduta, che fanno testo.

Avrei preferito un confronto di merito, discutendo su esclusioni ed inclusioni, e certamente non un atteggiamento precostituito, un «no» assoluto ed immodificabile.

Allo stesso tempo, vorrei dire al collega Fanfani, del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo, che spero che la futura maggioranza sia capace di affrontare tale questione; credo, tuttavia, che la futura maggioranza (come auspico) perda oggi una grande occasione per mettere a segno un importante risultato in ordine ad un problema che, comunque, dovrà essere affrontato nella futura legislatura.

Pertanto, di fronte a tali questioni, ritengo necessario non solo un atteggiamento di grande responsabilità, ma anche, al contempo, parole chiare. Un provvedimento di indulto senza un'amnistia è, infatti, un atto che non produce alcuna efficacia. Il mio impegno nel sostenere, assieme ad altri colleghi, il cosiddetto indultino è stato vanificato dal fatto che detto provvedimento di clemenza non è stato accompagnato da un'amnistia. Ciò perché, di fronte un sistema che, quotidianamente,  rimpingua e riempie i vuoti che si creano all'interno del sistema detentivo, attraverso gli indulti - poiché non sussistono le condizioni per rimuovere l'arretrato giudiziario, l'arretrato di esecuzione di pena detentiva oggi esistente nel nostro paese -, è evidente che qualsiasi provvedimento di clemenza esclusivamente finalizzato allo svuotamento delle carceri risulta assolutamente inefficace.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 23,30)

ENRICO BUEMI. Quindi, dobbiamo prendere atto che, se vogliamo fare un passo vero nella direzione dell'applicazione dei principi costituzionali, nonché del rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali, dobbiamo affrontare contemporaneamente le due questioni: quella dell'amnistia e quella dell'indulto!

Un'amnistia è indispensabile perché i piccoli reati hanno la stessa dignità dei grandi rispetto ad un sistema ordinamentale che prevede l'obbligatorietà dell'azione penale, mettendo così sullo stesso piano sia il reato del furto dell'autoradio sia l'omicidio, la bancarotta o un altro illecito di maggiore rilevanza, che non abbiamo il coraggio di riformare. Allora, di fronte a ciò, non si possono invocare differenziazioni. È necessaria un'assunzione di responsabilità piena e, per quanto ci riguarda, siamo favorevoli al provvedimento di amnistia e di indulto senza differenziazioni.

Sui contenuti, ci saremmo sicuramente aspettati la possibilità di varare un provvedimento più ampio, ma questo è il segnale di un'attenzione che viene rivolta non soltanto al popolo delle carceri, ma agli italiani che attendono giustizia da un sistema che non è più in grado di garantirla loro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno e di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.

MARCELLO MEROI. Signor Presidente, intervengo dopo il nostro capogruppo, l'onorevole La Russa, e dopo l'onorevole Gasparri per ribadire le motivazioni per le quali il gruppo di Alleanza Nazionale è convintamente contrario al provvedimento in esame. In questa sede, vogliamo manifestare un atteggiamento che non è frutto di pregiudizi politici o ideologici, e nei prossimi giorni (vale a dire, fino a quando dibatteremo questo problema in Assemblea) esporremo quali sono le ragioni che, a nostro avviso, dimostrano l'assoluta inconsistenza del provvedimento.

Ciò soprattutto per due aspetti fondamentali: uno relativo al metodo ed un altro al merito del testo predisposto. Partiamo dalle valutazioni di metodo.

Sono ormai cinque anni che questa legislatura sta percorrendo un lungo itinerario, ed in questo arco temporale, per la verità, accelerazioni di iter procedurali di provvedimenti come quello oggi all'esame dell'Assemblea ne abbiamo viste veramente poche.

Vi è stata innanzitutto una convocazione straordinaria dell'Assemblea della Camera dei deputati, seppur obiettivamente obbligatoria, derivante dalla raccolta di firme di alcuni colleghi, per il 27 dicembre (quindi, in un periodo particolarmente difficile anche per riunire i semplici sottoscrittori di una proposta di convocazione, i quali sono successivamente venuti in aula in misura certamente ridotta rispetto al loro numero originario). Vi è stata, altresì, la velocizzazione dei lavori in Commissione giustizia.

Ricordo, come ha fatto anche il nostro presidente di gruppo La Russa, che manca ancora il parere favorevole della Commissione bilancio su questo provvedimento. Una seduta notturna che, per la verità, ricordiamo raramente anche per provvedimenti molto importanti: quindi, è un caso rarissimo in questa legislatura, quasi mai adottato per la discussione di altri provvedimenti all'attenzione di questa Camera. Soprattutto, l'attenzione che il gruppo di Alleanza Nazionale pone per dire «no» a questo provvedimento riguarda il merito e il metodo, soprattutto,  di proporre un provvedimento, con tempi accelerati e con procedure diverse da altri, per il quale il nostro stesso gruppo, nelle sedi istituzionali, nelle riunioni della Conferenza dei presidenti di gruppo ed anche in interventi politici, aveva chiesto comunque la discussione. Mi riferisco, ovviamente, allo stato giuridico dei carabinieri e delle Forze dell'ordine, ai provvedimenti sulla legittima difesa e a quello relativo al voto dei cittadini italiani temporaneamente residenti all'estero. Ci si dirà, come valutazione politica, che su alcuni di questi provvedimenti, per i quali il nostro gruppo aveva richiesto una veloce calendarizzazione, le risposte date dalla Presidenza, dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, e quindi dai colleghi, sono state positive perché, da qui a qualche giorno, o comunque nell'arco delle prossime sedute, questi provvedimenti arriveranno comunque in porto, alla fine di questa legislatura.

Questo «contentino» - mi si permetta questa definizione - di carattere politico non ci convince e non ci piace, perché passa un principio che, secondo noi, è assolutamente inaccettabile: quello di privilegiare diritti certamente corretti e legittimi - sui quali anche il gruppo di Alleanza nazionale non si è posto mai problemi di nessun tipo -, vale a dire quelli di una giusta considerazione dei detenuti, di una situazione carceraria che deve essere migliorata, di una condizione della pena che non deve essere obiettivamente afflittiva ma rieducativa. Si deve prevedere, in linea politica, di principio e, come diceva qualche collega intervenuto prima di me, morale ed etica, una priorità rispetto ai problemi di chi combatte quotidianamente, a rischio personale, per la difesa dei diritti di tutti i cittadini, per la sicurezza delle abitazioni, per la sicurezza della democrazia, a volte contro quelle stesse persone che potrebbero essere astrattamente beneficiarie di questo provvedimento.

Quindi, nel metodo, non per fare una forzatura politica o per porre un aut aut anche ai colleghi della maggioranza, noi ritenevamo che, prima di valutare alcuni provvedimenti che ritenevamo più giusti e doverosi, anche in linea di principio più corretti e coerenti rispetto all'azione di Governo, si dovesse verificare la possibilità di approvare questo provvedimento. Infatti, fin da oggi, ho cercato di seguire con attenzione quello che i colleghi, anche di opposizione, hanno detto, e sono certamente d'accordo sul fatto che dobbiamo riportare la situazione carceraria ad una condizione di dignità, nel senso che i detenuti debbono vivere in condizioni normali e non in una sostanziale precarietà, come diceva il collega Fanfani.

Tuttavia, mi rimane un po' difficile capire come si possa giustificare che questo tipo di provvedimento debba essere approvato adesso, a ridosso della competizione elettorale, perché, cito le parole del collega Fanfani, la situazione delle carceri è di natura emergenziale. Non credo che sia di natura emergenziale soltanto da qualche tempo; non credo si possa imputare a questo Governo un ulteriore aggravamento di questa situazione, che è imputabile anche a strutture fatiscenti e a situazioni che sono ormai consolidate da tanti decenni. Tuttavia, credo che, quando parliamo di problemi importanti come questo, dovremmo evitare, proprio per la serietà dei temi trattati, quella parvenza di valutazione elettoralistica e propagandistica che certamente non svolge un servizio positivo a chi, con coerenza e serietà, ha cercato di risolvere questo problema, che noi riconosciamo essere comunque importante.

Ecco perché vi è questa posizione del gruppo di Alleanza Nazionale, che sarà sviluppata non soltanto in sede di discussione generale del provvedimento, ma fin da domani, nel corso dell'esame degli emendamenti. Per questo motivo, non credo sarà facile approvare un testo che, per quello che tra l'altro, abbiamo ascoltato oggi in quest'aula, non trova neanche la condivisione di larghi settori dell'opposizione, soprattutto relativamente alla parte riguardante l'amnistia.

Ma non solo sul metodo non siamo d'accordo: anche nel merito abbiamo espresso una serie di valutazioni, che i  colleghi che interverranno dopo di me svilupperanno. Le carceri certamente non si svuoteranno, perché sappiamo perfettamente che questo provvedimento ha valenza per i reati commessi fino al 30 giugno 2001. Dopo tale data, il reato commesso non avrà alcuna possibilità di essere sottoposto ad amnistia, e da ciò derivano obiettivamente due conseguenze e due considerazioni. Molti di tali reati, commessi entro il termine in precedenza indicato, sono già prescritti; alcuni di questi, per i quali i rei sono in carcere, sono talmente gravi che non possono essere sottoposti ad alcun tipo di amnistia e di indulto e, dunque, non possono essere oggetto di questo provvedimento. Da ciò, da tali due casi, si evince che il provvedimento non avrebbe alcuna valenza e nessuna soluzione potrebbe essere data seriamente alla situazione di estrema emergenza in cui si trovano le carceri italiane.

È necessario anche rilevare che, forse, sarebbe stato più coerente - ed avrebbe dimostrato maggiore attenzione al problema - verificare gli effetti di questo provvedimento alla luce della problematica relativa alla reiterazione dei reati, che è oggetto di un provvedimento che è stato precedentemente approvato e che credo avrebbe dato una lettura più complessiva e meno superficiale di tutto ciò che sarebbe potuto succedere e delle caratteristiche che questo provvedimento avrebbe potuto avere, anche alla luce della lettura del provvedimento connesso. Ciò si poteva fare, ma non si è voluto fare. Si è cercato di accelerare nei tempi un intervento legislativo che è obiettivamente carente e che per reati minori, quali, ad esempio, quelli concernenti gli articoli 590 e 674 del codice penale, ossia reati che riguardano le lesioni colpose in violazione di norme antinfortunistiche e di episodi contravvenzionali, non prevede l'estensione dell'applicazione della normativa. Tale intervento, quindi, fa pensare ad un testo che sembra quasi un elenco di indicazioni pervenute più da soggetti membri della Commissione che non da un'attenta valutazione del provvedimento.

Da ciò noi traiamo alcune conclusioni. La conclusione principale è che non crediamo che questo testo soddisfi, al di là del metodo - sul quale mi sono dilungato -, neanche per quanto riguarda gli aspetti tecnici e legislativi più importanti che possono risolvere tale problema. La serietà della materia, la delicatezza di tale tema avrebbero comunque voluto che altre valutazioni fossero fatte e che si fosse posposta - come d'altra parte è stato richiesto anche da parte dell'opposizione - la valutazione di questo provvedimento alla prossima legislatura, senza infingimenti di natura elettorale, senza pensare che questo provvedimento si potesse trasformare in uno spot per alcune categorie di cittadini e, soprattutto, avendo la possibilità di coordinare, come dicevo, con altri provvedimenti già assunti nelle fasi precedenti i suoi effetti, e riflettendo su quali avrebbero potuto essere le sue conseguenze.

Ciò non si è fatto e devo dire, senza alcuna polemica e nel rispetto assoluto di chi, anche prima di me, ha sostenuto tale tesi, che qualcuno ritiene che la necessità di un voto positivo su questo provvedimento deriverebbe anche da una risposta convinta e positiva alle parole che uno dei più grandi uomini della storia moderna ha pronunziato, ormai tre anni fa, in quest'aula, parole relative ad un diverso trattamento dei detenuti. Credo che quando si parla, con grande nobiltà, di questi temi, gli stessi temi debbano essere totalmente svincolati...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Meroi.

MARCELLO MEROI. Concludo, signor Presidente. Come dicevo, tali temi andrebbero svincolati da aspetti, più terra terra, per così dire, di natura elettoralistica.

Inoltre, quando si parla di valori, di tradizioni e di grandi temi, non si possono estrapolare le parole del Papa, perché sui valori bisogna essere coerenti. I valori sono quelli della solidarietà, ma anche quelli della famiglia, della vera famiglia, dell'essere contro l'aborto, di vivere e riconoscere la vita fin dal momento del  concepimento. Estrapolare tali temi da altri, soprattutto quando tali tesi sono sostenute da grandi uomini quali Papa Giovanni Paolo II, credo non sia né dignitoso né coerente.

Ecco perché noi, convintamente, voteremo contro l'approvazione di questo provvedimento. Ritenevamo, infatti, che un provvedimento migliore potesse essere predisposto, soprattutto a difesa dei molti cittadini onesti che crediamo debbano essere privilegiati da un Governo e da una società giusti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo è favorevole ad un provvedimento limitato di clemenza, per far fronte alle disumane ed incivili condizioni delle carceri italiane; ma è contrario al bluff di una falsa amnistia.

Qualcuno si è soffermato su questa contraddizione ed in breve cercherò di spiegarla: è assai semplice dimostrare che non si tratta di una contraddizione. Vorrei dire al collega Marotta, idealmente, che siamo persone serie e responsabili e, dunque, non facciamo provvedimenti inutili, seppure, per alcuni versi, necessari.

In primo luogo, siamo favorevoli ad un provvedimento limitato di clemenza, poiché è necessario corrispondere agli appelli da più parti pervenuti. Nel corso di questo dibattito è stato ricordato più volte Papa Giovanni Paolo II ed il suo memorabile discorso in questa aula; ma vorrei ricordare i ripetuti e puntuali interventi del Presidente Ciampi sulla inciviltà delle carceri, sulla necessità che anche i cittadini detenuti abbiano gli stessi diritti costituzionali e possano scontare una pena in condizioni umane, che non neghino loro una speranza di rieducazione e di reinserimento sociale e che infondano fiducia nella società come strumento essenziale e principale per la prevenzione di nuovi crimini.

I dati del regime carcerario sono davvero incivili e disumani e sono stati più volte da noi - e non solo da noi - ricordati. Sappiamo che attualmente vi sono oltre 20 mila detenuti reclusi nelle carceri oltre il limite di sostenibilità delle carceri stesse; e vi è una situazione di illegalità rispetto ad un regolamento ministeriale approvato nel 2000 ed entrato in vigore il 25 settembre del 2005, che non vorrebbe che nelle nostre carceri vi fosse ancora un alto numero di celle senza servizi igienici separati dai locali in cui si è costretti a vivere, e che vorrebbe vi fossero celle in cui fosse possibile accendere e spegnere le luci, senza essere costretti ad uno stato che somiglia a quello di tortura. Sappiamo, ancora, che solo il 10 per cento della popolazione carceraria svolge un'attività lavorativa e via dicendo.

Non credo si tratti solo di ragioni umanitarie, che pure francamente non possono essere estranee alla nostra responsabilità ed alla nostra azione politica. Credo si tratti esattamente dell'affermazione di un principio, che è anche un principio antico: summum ius, summa iniuria anche nel carcere, quando ci ostiniamo ad affermare la certezza della pena, principio cui tutti noi ci ispiriamo. Quando ci accorgiamo che lo Stato garantisce l'esecuzione della pena in condizioni contrarie all'articolo 27 della Costituzione, francamente non possiamo rimanere a lungo inerti.

Sappiamo che un indulto limitato e revocabile soprattutto nei confronti di coloro che eventualmente commettano altri reati (quindi, non un istituto privo di limiti, ma un indulto di questa natura) è l'unica misura che in qualche modo può rispondere a questa emergenza carceri.

Sappiamo anche che abbiamo bisogno da tempo (sono problemi risalenti) di politiche per il carcere, ma non solo: mi riferisco anche a politiche contro il carcere, ossia a politiche alternative alla logica carceraria.

Sappiamo che un terzo dei detenuti è in custodia cautelare, come ricordava di recente il collega Marotta; tuttavia non siamo attrezzati, non abbiamo fatto passi in avanti per stabilire misure di sicurezza alternative al carcere, al di fuori magari  della flagranza di reato o del grave allarme sociale e del pericolo di fuga, per ridurre la popolazione carceraria partendo da chi non è ancora condannato in via definitiva.

Dunque, molto c'è da fare, ma non possiamo pensare, dopo 16 anni, che le patologie del sistema italiano non vedano più un provvedimento clemenziale, quando invece ad esso vi era abituato (patologia, naturalmente, e non fisiologia). Credo che dopo 16 anni si possa e si debba pensare di risolvere l'illegalità diffusa anche nelle carceri con un provvedimento limitato di indulto. Su questo tema tutta l'unione di centrosinistra è concorde. Chiediamo ai colleghi del centrodestra, che, con ipocrisie e «fumisticherie», tentano adesso di fare apparire una divisione nel campo del centrosinistra, se siano disponibili a votare un provvedimento limitato di indulto, perché abbiamo, ovviamente, il limite costituzionale della maggioranza dei due terzi. È questa la vera questione. La risposta è chiara, la risposta è un «no», chiaramente espresso dall'ostruzionismo di Alleanza nazionale e da quello della Lega Nord. Quindi, non ci sono i numeri; nonostante la compattezza del centrosinistra per un provvedimento limitato di indulto; non ci sono le condizioni e non ci sono i numeri, perché la destra si distingue, si oppone, fa ostruzionismo, fa demagogia.

Ho sentito molte parole in questo senso pronunciate dalla collega Lussana, ma a lei vorrei chiedere che fine hanno fatto le misure che il Governo aveva promesso in materia di sicurezza, avventatamente, perché sappiamo che le politiche di sicurezza, e di ordine pubblico sono politiche complesse, su cui è azzardato fare promesse elettorali illusorie, fare contratti con gli italiani che non si mantengono. Oggi sono qui preoccupati dei crimini che aumentano e della situazione dell'ordine pubblico che peggiora; mi chiedo - e chiedo a loro che hanno governato in questi cinque anni - quali siano le misure prese, dove siano le «castrazioni chimiche», le taglie che la Lega Nord ha più volte sbandierato, mentre nulla faceva come forza di Governo. È più facile fare ricorso ad una demagogia populista e pericolosa, alimentando insicurezze e divisioni, che non assumersi le responsabilità di Governo. Ecco perché voteremo a favore di un provvedimento limitato, relativo all'indulto.

Siamo invece contrari ad una amnistia inutile - come è stato in parte ricordato - perché, come è ben noto, il provvedimento che è stato portato all'esame dell'aula ha un'efficacia limitata ai reati anteriori al 1o giugno 2001. Essendo relativa a reati puniti con una pena edittale massima di quattro anni, quindi prescrivibile in sette anni e mezzo - si tratta esattamente di reati prescritti o prossimi alla prescrizione -, questa amnistia è totalmente inutile, è un inganno, su cui fare un po' di «politichetta» irresponsabile (lo dico ad alcuni colleghi di taluni gruppi politici che ho ascoltato). Vi è chi chiede l'amnistia e l'indulto insieme (una amnistia inutile sul piano pratico e degli effetti), negando però il sostegno all'unica misura, che è la misura emergenziale limitata, che il Parlamento invece sarebbe in grado di affrontare con una maggioranza più ampia.

Sono giochi e giochetti irresponsabili e poco dignitosi per noi tutti. Come diceva Nietzsche, dobbiamo davvero diffidare di chi ha troppo forte l'istinto di punire.

FILIPPO ASCIERTO. Siete bravi voi!

PIERLUIGI MANTINI. La destra, che ha governato malamente l'Italia in questi anni, dimostra di essere incapace di fare una politica efficiente per la giustizia e anche per la grazia.

Abbiamo proposto un indulto limitato e revocabile per chi commette nuovi reati. La destra si oppone con l'ostruzionismo. Forza Italia e l'UDC seguono fingendo di volere una falsa ed inesistente amnistia. È uno spettacolo desolante. Spetterà all'Ulivo e alle forze del centrosinistra fare riforme serie e responsabili anche in questo campo (Applausi ironici dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

FILIPPO ASCIERTO. Bravo, fatele voi, se avete il coraggio!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, dopo questa pesante e difficile giornata di lavori parlamentari, siamo qui nella fase della discussione generale del provvedimento sull'amnistia e l'indulto, con una forzatura anche regolamentare. In diversi interventi, sia del nostro gruppo, sia di altri colleghi, abbiamo sottolineato, affinché rimanga agli atti della storia parlamentare di questo paese, come, in maniera anche piuttosto rocambolesca - se possiamo utilizzare questo termine -, si sia arrivati a questa discussione notturna, nell'enfasi di anticipare i tempi, in questo tentativo, a nostro avviso, anche piuttosto poco condivisibile e poco comprensibile per i cittadini, di concludere un provvedimento in queste ultime due settimane di lavori parlamentari, in quanto in cinque anni non si è riusciti ad arrivare ad un risultato del genere.

La prima domanda che ci dobbiamo porre su questo tema è la seguente: il paese reale, la gente normale e la società civile chiedono e hanno bisogno di un provvedimento di questo di tipo? È una richiesta che proviene dalla società italiana o dal paese reale quella di un provvedimento di clemenza come l'indulto e l'amnistia per quanto riguarda le carceri del nostro paese? La risposta è molto semplice: no, non c'è assolutamente questa richiesta.

Se avessimo la bacchetta magica e potessimo consultare in tempo reale i cittadini italiani, essi ci direbbero in maniera molto chiara che non c'è questa richiesta e che non c'è l'esigenza di arrivare ad un provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti che si trovano nelle carceri italiane. Ciò per un semplice motivo, ossia perché le priorità di questo paese sono altre e noi, come Parlamento, quale fedele specchio politico-parlamentare dei cittadini italiani, dovremmo prenderne atto e dovremmo tralasciare questo dibattito e il possibile voto. Dico «possibile» perché, da quello che si capisce e si intravede, la volontà di almeno due gruppi importanti della maggioranza, vale a dire la Lega (che da sempre su questo tema in questi cinque anni è stata assolutamente coerente) e Alleanza Nazionale (che sicuramente, in quest'ultimo frangente, sta dando prova di essere assolutamente contraria a questo provvedimento) e, a mio avviso, quella di altri colleghi della maggioranza e ritengo anche di qualcuno dell'opposizione (che, sfruttando la possibilità del voto segreto, in libertà di coscienza, esprimeranno la loro posizione) è contraria all'approvazione del provvedimento. È una situazione politica fortemente negativa nei confronti di questo provvedimento e che, a mio parere, rispecchia la condizione del paese reale.

La seconda questione è la seguente: ci sono le condizioni storico-politiche per concedere l'amnistia e l'indulto? Qui c'è la seconda risposta negativa: no, non ci sono queste condizioni storiche e ciò per un semplice motivo. Facciamo un breve excursus sui provvedimenti di clemenza.

Sappiamo che questo tipo di intervento esiste da sempre, retaggio di provvedimenti che esistevano da prima dell'istituto repubblicano, quando vi erano le monarchie, ed è stato ereditato dalla Repubblica del nostro paese ed utilizzato nel suo spirito originario in momenti storici molto precisi di grande cambiamento.

L'amnistia che ci torna alla mente da un punto di vista storico è quella che fu concessa dopo la fine della seconda guerra mondiale quando si voleva chiudere una pagina dolorosa della storia del nostro paese. Quello era lo spirito originario dell'istituto dell'amnistia e dell'indulto, cioè un provvedimento eccezionale in un momento storico eccezionale.

Poi, negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, come ben sappiamo, vi fu una degenerazione di questo istituto. Si utilizzavano amnistia e indulto con una ciclicità impressionante. Ogni due o tre anni si giungeva ad emanare un provvedimento di questo tipo, tanto che si sentì l'esigenza di  modificare la Costituzione del paese, nello specifico l'articolo 79, prevedendo una maggioranza importantissima ed eccezionale.

Non dobbiamo dimenticare che, per approvare una legge di amnistia e di indulto, sono necessari i due terzi dei componenti le Camere, dunque, una maggioranza che non ha eguali per nessun altro provvedimento. Le stesse modifiche della Costituzione sono consentite con una maggioranza della metà più uno dei componenti la Camera. In questo caso, invece, sono richiesti i due terzi dei componenti. Ciò fa capire come la modifica del 1979 impose uno stop molto preciso all'utilizzo in maniera banale, quasi strumentale, dell'istituto dell'amnistia e dell'indulto.

Noi ci poniamo nello spirito della riforma costituzionale che ha modificato l'articolo 79, per affermare che un provvedimento di amnistia e di indulto può essere approvato solamente in un momento in cui esistono condizioni storiche di grande cambiamento, di grande eccezionalità.

Oggi, nel gennaio 2006, alla fine della XIV legislatura, non esistono queste condizioni. Esistono condizioni di più basso profilo (mi si consenta) che sono parzialmente elettorali, parzialmente di visibilità politica.

Lo dobbiamo dire: vi sono alcune forze politiche non particolarmente espressive della volontà popolare, ma che hanno una loro capacità di apparire sui media e sui mezzi di informazione del paese, che hanno portato avanti una campagna di stampa martellante, tutta giocata a livello di intellettuali e delle classi dirigenti del paese, ma che non ha alcun riscontro all'interno della società civile, della società popolare, che è poi la spina dorsale del paese.

Dietro questa spinta vi è stata la convocazione, assolutamente inusuale, anche se consentita dai regolamenti parlamentari, del 27 dicembre e si è arrivati a tappe forzate all'introduzione del provvedimento nel calendario della Camera.

Però, non vi è una domanda popolare in merito al provvedimento, non vi sono le condizioni storiche né quelle politiche. Per cinque anni si sono ricercate le condizioni politiche in Parlamento e non sono state trovate. Questo è il primo dato.

Ma anche oggi, che si contrabbanda come un risultato positivo l'essere arrivati in Assemblea, le condizioni politiche non vi sono. Sull'amnistia, già in Commissione giustizia i gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo (ovviamente oltre alla contrarietà di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana) si sono espressi chiaramente per l'astensione. Si sa già, quindi, che non vi saranno i numeri per far passare il provvedimento di amnistia e una parte importante di esso non vedrà la luce.

A parte, poi, che vi sarebbe anche la discussione sul termine da cui partirebbe l'efficacia del provvedimento di amnistia (giugno 2001), il quale ci dice anche molto sull'efficacia di questo provvedimento; ma è una questione che non ci interessa. Poiché siamo contrari, non possiamo che essere contenti di questo limite temporale.

In ordine all'amnistia, non vi sono le condizioni politiche. Pertanto, già una parte del provvedimento di clemenza non esiste politicamente e, quindi, già averlo portato in quest'aula rappresenta una forzatura, sicuramente legittima, perché i deputati si possono esprimere in libertà, con il voto segreto, anche se sappiamo che astenersi non è come esprimere un voto segreto, in quanto viene indicato sul tabellone elettronico. Quindi, «no» all'amnistia!

Per quanto riguarda l'indulto, si avvertono dei problemi e le condizioni politiche sono complesse: bisogna arrivare ad una maggioranza dei due terzi dei componenti, ma due forze politiche sono dichiaratamente contrarie, il gruppo della Lega e quello di Alleanza nazionale. Molti colleghi, nel segreto dell'urna, si esprimeranno in modo contrario su tale provvedimento.

Questa è la situazione che si è venuta a determinare in queste ultime settimane; una situazione che sa di ipocrisia, di volontà di portare avanti un dibattito tutto  giornalistico e massmediatico, ma che non ha un aggancio reale con la società di questo paese.

Siamo contrari, e lo abbiamo già affermato in tutti i modi (forse, a tale riguardo, abbiamo tenuto l'atteggiamento più coerente, più chiaro, più oggettivo, più trasparente e più riconoscibile in questi cinque anni); tuttavia, non abbiamo solo detto dei «no», poiché abbiamo avanzato alcune proposte alternative, oltre all'ovvia, ma anche di buonsenso, considerazione che, probabilmente, bisogna investire e prevedere un piano di ampliamento delle nostre strutture carcerarie. Detto in parole più semplici e più comprensibili, occorre costruire nuove carceri ed impedire che molti extracomunitari clandestini entrino nel nostro paese per diventare quasi automaticamente, se non spesso e volentieri, ospiti delle nostre patrie galere.

Qualora non si riuscisse ad impedire l'ingresso clandestino nel nostro paese, bisognerebbe fare in modo che i cittadini extracomunitari (non dimentichiamo che rappresentano quei 20 mila in più che, in questo momento, hanno fatto un po' saltare gli equilibri di vivibilità all'interno delle carceri), vengano rispediti nel loro paese di origine, per scontare la pena che avrebbero dovuto scontare all'interno delle nostre carceri.

Non abbiamo - lo ripeto - detto solo dei «no», ma anche avanzato delle proposte: in particolare, è stato proposto di legare l'eventuale sconto di pena, ovviamente con una serie di condizioni ed escludendo una serie di reati particolarmente odiosi e pericolosi per la nostra società, all'espletamento di un lavoro civico, non retribuito, da parte del detenuto.

Di fronte a tale proposta, è immediatamente scattato il riflesso condizionato di una cultura ormai molto politicamente corretta, che non riesce ad uscire dal suo recinto, vale a dire l'accusa che volevamo imporre i lavori forzati ai detenuti di questo paese. Si tratta di un'accusa totalmente infondata che, comunque, non tiene alla prova dei fatti, perché, secondo la nostra proposta, si chiedeva al detenuto, nella sua piena libertà di scelta, se volesse legare l'eventuale sconto di pena, che la società, lo Stato era disponibile a concedergli, alla prestazione di un lavoro non retribuito e civicamente utile, a favore delle collettività locali, dei comuni, delle province e degli enti locali, che, magari, potrebbero avere bisogno di persone da utilizzare, ad esempio, nella tutela del territorio, a fronte della necessità di risistemare, dal punto di vista idrogeologico, il fragile tessuto di questo paese.

Questa proposta prevedeva un nesso molto preciso tra la possibilità, concessa dallo Stato ai soggetti che hanno commesso degli sbagli nella loro vita, di scontare una minore pena detentiva e la necessità di ripagare in qualche modo il debito nei confronti dei cittadini, della società. Si trattava di una proposta di buonsenso!

Ovviamente, su questo tema si è registrato un interesse pari o vicino allo zero, mentre si è continuato con questa impostazione, tutta ideologica, dell'amnistia e dell'indulto, che alla base ha una concezione sociologica - come abbiamo potuto constatare nel corso delle audizioni di associazioni di ex detenuti -, secondo la quale il problema è della società, per cui se un individuo ha violato le regole e si è ritrovato in carcere non è responsabilità sua, ma della società che non è stata capace di inserirlo nei propri processi di crescita economica e sociale; dunque, il detenuto diventa vittima della società e non autonomo responsabile di una scelta sbagliata compiuta a danno della società e degli altri cittadini.

Dunque, si è continuato su questa strada - che, a nostro avviso, è una strada assolutamente sbagliata - e con questa discussione, che ormai è divenuta surreale. Chi ha seguito i lavori in Commissione, a mio parere, ha ricevuto questo tipo di impressione; lo stesso dibattito sulla data dalla quale far decorrere la validità dell'indulto e dell'amnistia ha assunto in alcuni momenti toni abbastanza grotteschi, se non si trattasse di una situazione drammatica quale quella della permanenza nelle carceri di questo paese. Ricordo il «balletto» delle date tra chi  voleva il 2004, chi il 2003 o il 2002; poi, giustamente, ci siamo fermati al giugno del 2001, visto che l'articolo 79 della Costituzione, molto chiaramente, prevede che quale limite temporale deve essere considerata la data di presentazione del primo progetto di legge in materia di amnistia e di indulto.

Inoltre, questa discussione dimentica la mancanza di efficienza del sistema giudiziario di questo paese. Infatti, se le nostre carceri hanno a che fare con problemi di sovrabbondanza, ciò è dovuto anche alla lentezza dei processi.

Siamo di fronte ad una scorciatoia che non risolve il problema e che, realizzata in questo momento, non ha alcun senso, in quanto «puzza» di necessità elettorale, dimentica le vere colpe alla base di questa emergenza e, soprattutto, non fornisce una risposta ai cittadini di questo paese, anzi li calpesta nel loro diritto ad una giustizia più giusta, più vera e soprattutto ad una società più sicura (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i motivi di contrarietà a questo provvedimento sono tali e tanti che francamente, in questo momento, chi parla e il gruppo di Alleanza nazionale - che ha sempre manifestato una posizione fortemente critica in ordine ai provvedimenti cosiddetti di clemenza - non possono che versare in uno stato di incertezza in ordine a quali di tali motivi cominciare ad enucleare.

Tuttavia, intendo ribadire i principi fondamentali già evidenziati in occasione di altre discussioni svoltesi in quest'aula in riferimento ad altri tentativi, più o meno artefatti, di introdurre forme di amnistia e di indulto - attraverso il cosiddetto indultino -, anche al fine di aggirare la norma costituzionale che prevede una maggioranza assai qualificata per la concessione di tali benefici.

Mi riferisco all'ineludibile difesa, già sottolineata da altri colleghi, di un principio che vede la certezza della pena assolutamente necessaria in particolari momenti come quelli nei quali ci troviamo.

Ci riserviamo, non soltanto nel prosieguo della discussione sulle linee generali ma anche nelle fasi successive, di enucleare, indicare ed argomentare riguardo ai numerosissimi motivi di contrarietà in ordine al provvedimento in esame, che saranno concretizzati non soltanto nella presentazione di numerose proposte emendative ma anche nelle questioni pregiudiziali di costituzionalità e di merito e nella questione sospensiva.

Dal punto di vista politico, il dibattito di questa sera, surclassando i numerosi motivi di contrarietà ai quali ho fatto riferimento e che saranno successivamente approfonditi, ha evidenziato una realtà che per certi versi supera la fantasia, tanto per utilizzare un'espressione forse un po' abusata. Il gruppo di Alleanza nazionale ha intrapreso un'azione ostruzionistica in relazione al provvedimento in esame, ritenendo di dover utilizzare tutti gli strumenti consentiti dai regolamenti parlamentari a chi si oppone fortemente ad un'iniziativa che viene ritenuta non condivisibile e non richiesta dalla larga maggioranza del popolo italiano.

La discussione sulle linee generali sta sempre più evidenziando una situazione paradossale. Infatti, non vi è stato intervento, né da parte di colleghi dell'opposizione né da parte degli amici delle forze di maggioranza che sembrerebbero appoggiare questo provvedimento, che non abbia evidenziato gli aspetti che rendono francamente del tutto poco probabile l'approvazione del provvedimento stesso con la maggioranza prevista dalla Costituzione. Non mi riferisco soltanto alle disposizioni che sembrano sempre più chiaramente destinate a non essere condivise, vale a dire quelle relative all'amnistia, ma anche alle norme sull'indulto. Infatti, se alcune forze della sinistra e del centrosinistra si sono espresse favorevolmente, in modo peraltro abbastanza contraddittorio, sulla  seconda parte del testo unificato, relativa appunto all'indulto, è pur vero che, al di là dell'opposizione ferma dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega nord, anche altri settori della maggioranza probabilmente non appoggeranno proprio la parte riferita all'indulto.

Dunque, è stato anticipato il probabile esito negativo dell'iter del provvedimento in esame. Se è così, e se molti colleghi si sono attardati nella ricerca, abbastanza paradossale, delle motivazioni per le quali ci troviamo qui questa sera a discutere in modo certamente imprevisto di questo provvedimento, c'è da chiedersi come sia possibile che, con tutti questi dubbi, con tutte queste perplessità e con tutte queste critiche rivolte alle diverse parti del provvedimento stesso, si sia addivenuti all'inserimento forzato in un ordine del giorno già definito, in limine mortis della legislatura, sull'onda di una pressione emotiva che non viene certamente dal paese nel suo complesso ma da settori ben precisi e ben determinati di alcune forze politiche o, comunque, di forze che hanno evidentemente maggiormente a cuore le sorti dei rei, dei condannati e dei detenuti rispetto a quelle delle persone oneste e della sicurezza dei cittadini.

Questo, francamente, ci lascia ancora più sgomenti in riferimento ad alcune forzature che sono state realizzate anche oggi pomeriggio per impegnare la Camera dei deputati a discutere di un provvedimento che, molto probabilmente, non arriverà alla conclusione, senza contare il necessario passaggio al Senato a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere.

Va quindi sottolineata l'assoluta propagandisticità di questi avvenimenti per i quali, evidentemente, ciascuno per la propria parte, ha voluto tirare la corda tanto da poter impegnare le pagine dei giornali o le trasmissioni televisive, per rivendicare una volontà di procedere in ordine alle ormai tante volte richiamate misure di clemenza che, andando a vedere il merito del provvedimento, come ribadiremo in ogni forma e in ogni momento, si concretizzano in disposizioni assolutamente inefficaci sotto tutti gli aspetti (morale, etico e di opportunità politica), non finalizzate neanche al raggiungimento di quegli obiettivi che si dice di voler perseguire.

Che senso può avere questo dibattito, dal momento che molti di coloro che da più parti si sono lamentati di questa forma di paradosso hanno però votato, come un sol uomo, per l'inserimento forzato del provvedimento all'ordine del giorno, raggiungendo la più che qualificata maggioranza dei tre quarti dei votanti? È un interrogativo che credo la dica lunga, anche avendo riguardo all'opportunità di dedicare i nostri ultimi giorni di lavoro, come Camera dei deputati della XIV legislatura, a ben altri provvedimenti sui quali, come peraltro anche su questo, sarebbe stato assolutamente opportuno cercare di raggiungere delle forme di consenso diffuso.

Rimandando, come ricordavo all'inizio, all'approfondimento dei singoli aspetti negativi, che sono talmente tanti da non poter essere trattati in questi pochi minuti in sede di discussione sulle linee generali, un'annotazione è comunque da fare, anche se sarà meglio precisata in ordine alla istanza di sospensione, sull'approfondimento che non è stato compiuto e che riteniamo invece sarebbe stato prioritario per la cognizione dei deputati riguardo alle decisioni da assumere in ordine all'impatto in termini di ampiezza, di numero di procedimenti che verrebbero esauriti e di numero di detenuti e beneficiari del provvedimento, su cui tante volte sono state richieste informazioni, con riferimento ad altri provvedimenti precedenti, al ministro della giustizia, e che, viceversa, per il momento nessuno ha sollevato riguardo ad un provvedimento che sarebbe certamente, oltre che di una grande delicatezza, di portata assai rilevante.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, mi rivolgo a quei pochi che ci stanno ascoltando e che forse non riescono a capire il paradosso per cui tutti  siamo d'accordo rispetto all'analisi comune sulle nostre carceri come luogo di grande inciviltà e sulla nostra impotenza nell'intervenire.

Ora tutti hanno ricordato come, a fronte di quasi 200 carceri con 40 mila posti, oggi ci sono 60 mila detenuti e, fra qualche anno, il ministero ci ha comunicato che i detenuti arriveranno ad 80 mila.

Come riusciremo a rispondere a questa domanda di un di più di politica? Come riusciremo a rispondere ai suicidi, il cui tasso nelle carceri è tre volte superiore a quello che si registra fuori dalle strutture carcerarie?

Per quanto riguarda il sistema sanitario, qualcuno qui si è dimenticato che in più del 60 per cento delle carceri si registrano casi di scabbia e in quasi il 57 per cento si registrano casi di TBC, malattie ormai scomparse. Ma sono scomparsi anche i farmaci; quelli da banco e quelli per le gravi malattie come, ad esempio, l'HIV. La carenza dei farmaci potrebbe essere giustificata perché i detenuti sono guariti e, conseguentemente, non hanno più bisogno di medicine. Ma le cose, purtroppo, non stanno così! Colleghi, amici, in Lombardia abbiamo fatto una colletta perché in alcune carceri mancava la carta igienica ed il sapone! Questi sono i grandi temi della giustizia! Vogliamo, allora, parlare di giustizia? Quelli appena citati, lo ricordo, sono dati reali sui quali ho presentato non a caso una decina di interrogazioni.

FILIPPO ASCIERTO. Date allora i soldi alle vittime della criminalità!

ROBERTO GIACHETTI. Ma stai zitto!

RUGGERO RUGGERI. Onorevole Ascierto, non rida! Lei che ha svolto servizio nelle forze dell'ordine dovrebbe ricordare che la polizia penitenziaria è considerata un corpo di quarta serie!

FILIPPO ASCIERTO. Bravo!

RUGGERO RUGGERI. A ciò il Governo dovrebbe rispondere! Tale grave situazione non riguarda solo i detenuti ma anche la polizia penitenziaria, gli assistenti sociali, che non ci sono e che materialmente non riescono neppure a realizzare le analisi previste sullo stato dei detenuti, i quali chiedono misure cautelative o alternative. Si pone, quindi, un problema di mezzi e di risorse; per non parlare poi della situazione delle donne in carcere, costrette a vivere in strutture pensate e gestite al maschile: si tratta di un'altra situazione drammatica. Questo, per non dire anche della presenza nelle carceri di bambini.

Lo stesso discorso vale per i magistrati. Noi pensiamo sempre ai magistrati che stanno fuori dalle carceri, ma dovremmo pensare anche ai magistrati di sorveglianza, i quali hanno il compito di accudire alle migliaia e migliaia di detenuti e che sono considerati da questo Governo, al pari della polizia penitenziaria, di quarta serie!

Quella della giustizia è la questione centrale della nostra civiltà, del nostro essere, in questo Parlamento, un po' più credibili e un po' più seri. La questione carceraria è, dunque, il cuore di quella della giustizia. Qui emergono delle responsabilità politiche di cui siamo a conoscenza, ma non interveniamo. Sappiamo che in quasi tutte le carceri vi è l'impossibilità oggettiva di svolgere dei percorsi di riabilitazione e di rieducazione; sappiamo anche che vi sono delle pene aggiuntive oltre a quelle che i detenuti normalmente scontano. Mi riferisco, ad esempio, a tutta la gamma delle privazioni materiali dei rapporti affettivi con i familiari. Ma questo è un problema che noi non abbiamo neppure affrontato. Sappiamo che sarebbe importante un programma in ordine ai temi della prevenzione e della sicurezza e, quindi, della rieducazione dei detenuti. Un programma che dovrebbe riguardare il completamento di quelle misure di cui stiamo parlando oggi in modo da accompagnare il detenuto per il dopo: «dopo» che significa, per una persona che esce dal carcere, il bisogno, avvertito più di tutti gli altri, di una casa e di un lavoro. Sappiamo che, al riguardo, sarebbe sufficiente qual  che piccolo spicciolo elargito dai comuni e dalle province per accompagnare ed aiutare queste persone a non commettere più reati; ma queste sono quasi costrette a commetterli di nuovo perché non hanno un lavoro e non riescono a recuperare quella dignità che noi spesso neghiamo loro.

Sappiamo che servono vere misure alternative al carcere per i tossicodipendenti. Costoro non possono stare in carcere! Guardate che la cosiddetta ex Cirielli, in tema di recidiva, infligge una condanna a questi ragazzi, spesso migliaia, che non usciranno più dal carcere! Mettiamoli in altre strutture alternative al carcere!

Parliamo della sanità. Quando mai abbiamo ripreso la questione della riforma della sanità nelle carceri? La riforma è stata interrotta da questo Governo. E le attività interne? Si parlava di lavoro: certo, di lavoro all'interno delle carceri, di lavoro fuori, di attività di studio e di sport. Non è possibile, per una questione di spazi, ma anche per la carenza totale di personale! Allora, anche quelle iniziative che si vorrebbero promuovere non sono possibili perché il personale di custodia è sotto organico.

Vogliamo parlare anche degli ospedali psichiatrici giudiziari? Vanno chiusi! Vanno chiusi perché sono un emblema dell'inciviltà totale della nostra società!

Parliamo anche delle discriminazioni all'interno delle nostre carceri, luogo di grande ingiustizia, innanzitutto perché chi ha i soldi dentro non ci va. E quelli che stanno fuori, in attesa di giudizio, quelli che, avendo i soldi, possono permettersi i grandi avvocati come lei, signor Presidente (lei è un grande avvocato, stimato, mi pare, da tutto il mondo forense nazionale), possono allungare i tempi.

La discriminazione è determinata, poi, dall'impossibilità di disporre qualche misura alternativa agli arresti domiciliari nei confronti di chi non ha un domicilio. Questo è il tema della Bossi-Fini, il tema degli extracomunitari, il tema degli amici sinti e rom. L'Italia è l'unico paese dell'Unione europea che non considera i sinti ed i rom minoranze etniche con una loro identità culturale. Cominciamo, intanto, a chiamarli sinti e rom! Ebbene, se non hanno la possibilità, il diritto di avere un domicilio ed una cittadinanza, non possono neppure ottenere gli arresti domiciliari. Vogliamo risolvere anche questa questione di civiltà?

Vogliamo parlare anche di alcuni aspetti della Bossi-Fini o dei centri di permanenza temporanea? Anche questi vanno chiusi! Servono soltanto a creare un sistema di clandestinità che, in parte, va ad alimentare il mercato del lavoro nero e, in parte, va ad ingrossare le carceri. Vogliamo chiudere questa partita? No, non si può chiudere perché al fondo del concetto di ordine e sicurezza stanno quasi la vendetta, la persecuzione, l'aumento delle pene e il potenziamento delle carceri, mentre non è soltanto un problema di carceri ...

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri...

RUGGERO RUGGERI. ... anche se, sotto questo profilo, non è stato fatto quasi nulla.

Allora, io sono d'accordo con coloro i quali vogliono fare qualcosa. Parliamo di indulto e di amnistia? Non sto qui ad occuparmene tecnicamente, ma sono favorevole a tutte queste misure, che sono necessarie. Non è che Pannella metta benzina sul fuoco: la situazione delle carceri scoppierà! È questa la domanda...

PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, bisogna che dia una risposta conclusiva ...

RUGGERO RUGGERI. ... alla quale dobbiamo dare risposta. E la risposta sta nell'approvare una misura di amnistia e di indulto che sia uguale per tutti. Abbiamo fatto troppe leggi ad personam; sarebbe opportuno che, una buona volta, facessimo una legge...

PRESIDENTE. Ad personas...!

RUGGERO RUGGERI. ... per tutti, soprattutto per le classi più deboli.

Ricercare la giustizia significa sforzarsi di individuare nell'altro il fratello che ha sbagliato, riconoscere la sua dignità di persona: recuperarlo significa recuperare anche noi stessi. E se non ci chiederemo qualcosa di più sul piano della politica, produrremo in questa società maggiori ingiustizie e maggiore insicurezza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ruggeri, a quest'ora di notte...

Constato l'assenza dell'onorevole Ballaman, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Mi permetto, a quest'ora, di svolgere una osservazione anche perché, all'inizio di questa seduta, siamo stati tirati un po' per le orecchie dal gruppo di colleghi parlamentari e avvocati che hanno fatto la passerella e ci hanno rimproverato perché non li ascoltavamo. Adesso, nessuno dei rappresentanti della Commissione giustizia è presente in questa Assemblea. Ad onor del vero, mi sembra un pochino strano ascoltare gli interventi dei colleghi avvocati della Commissione giustizia i quali ci rimproverano per la responsabilità nella carenza di risposte al problema carcerario quando, in cinque anni, in questo Parlamento c'è stato il tempo necessario - lo dico a maggioranza e opposizione - per trovare le soluzioni.

Mi riferisco, ad esempio, alle pene alternative, di cui tanto si parla, o alle risposte al problema di come gestire la presenza, all'interno delle carceri, del cosiddetto mondo degli immigrati, presenza che, attualmente, pone problemi gravi.

La risposta che questi colleghi hanno fornito è vecchia di 15 anni. Indulto ed amnistia ci fanno tornare indietro di 15 anni, in questo paese. Ciò significa - lo dico anche al collega Ruggeri - che tutti i Governi che si sono susseguiti in 15 anni non hanno fornito risposta al problema delle carceri e siamo ancora qui a dire che alziamo le braccia perché siamo degli incapaci!

Caro Ruggeri, non è con un provvedimento di questo tipo che si risolve il problema delle guardie carcerarie o quello degli assistenti sociali o, ancora, quello dei drogati che sono in carcere. Non è con questi metodi che si possono trovare soluzioni adeguate ai problemi gravi che, giustamente, lei ha sottolineato, onorevole Ruggeri. Il problema è che abbiamo dimostrato, ancora una volta, di fronte ai nostri cittadini che questo Parlamento è stato incapace di fornire soluzioni ai problemi della giustizia.

Allora, non con chiedeteci, ancora una volta, scorciatoie che, comunque, non risolveranno i problemi! Semmai, si potrà scarcerare qualche migliaio di persone che hanno commesso reati, tra l'altro aumentando quella insicurezza che già è forte e presente tra i cittadini, i quali chiedono la certezza della pena. Sono venuto in questo Parlamento sottoscrivendo un programma - lo dico anche ai colleghi della maggioranza - in cui si affermava che noi eravamo per la certezza della pena. Questo è il motivo per il quale non potrò mai votare, insieme ai colleghi di Alleanza Nazionale, a favore di questo provvedimento che riguarda indulto ed amnistia. Non si può chiedere, infatti, al cittadino onesto di assistere all'uscita dalle carceri, ad esempio, dei minorenni sinti e rom che, oggi, costituiscono un problema grave nelle città perché, spesso, sono sorpresi a rubare nelle case. Grazie a questo provvedimento, ce li ritroveremo nelle strade. Non potete chiederlo, perché la gente vuole risposte sulla sicurezza e le risposte consistono non nella scarcerazione di chi si è comportato male ma nella garanzia che chi va contro la legge è punito e sconta le pene; in carcere, purtroppo.

Credo sia nostro dovere e che ci siano le condizioni per pensare a forme alternative di pena. Su questo sono d'accordo, perché sicuramente non sono un forcaiolo. Chi mi conosce, sa benissimo che non provengo da quel tipo di cultura. Però, dobbiamo lavorare su questo e non su provvedimenti che non forniscono risposte ai problemi.

Onorevole Ruggeri, mi rivolgo a lei perché, purtroppo, i colleghi Fanfani, Pisapia, ed altri, che erano presenti ed hanno svolto i loro begli interventi giuridici, se ne sono andati. Non è con questo provvedimento che diamo soluzioni concrete e strutturali ai problemi reali della giustizia che anche lei ha richiamato. Credo che ci troviamo di fronte a un dibattito molto strano, purtroppo. Siamo al termine della legislatura e pare non ci sia neppure una maggioranza qualificata per approvare questo provvedimento. Allora, io stesso mi domando per quale motivo ci troviamo in questa sede. Abbiamo «incardinato» questo provvedimento, creando attese anche in un mondo che, sicuramente, rischia di esplodere. Tuttavia, ascoltando, stasera le argomentazioni dei colleghi, mi sono reso conto che in questa Assemblea, almeno stando agli interventi che abbiamo sentito, non c'è una maggioranza qualificata, richiesta per questo provvedimento, favorevole ad approvarlo.

Allora, è grave quanto stiamo facendo; oltretutto, creiamo attese importanti, suscitiamo delle speranze...

PRESIDENTE. Onorevole Raisi...

ENZO RAISI. Mi accingo alla conclusione, Presidente.

Creiamo anche confusione all'interno della cittadinanza. Allora, a cosa è servito questo dibattito? A qualche amico penalista per fare una passeggiata e spiegarci quali sono i problemi della giustizia? A qualche amico sociologo, che ci ha voluto spiegare come funzionino male, oggi, le carceri? È questo il senso del dibattito? Se è questo, consentitemi di osservare che avevamo altri modi e tempi per svolgere la discussione.

Ritengo, cari colleghi, che purtroppo stiamo perdendo il nostro tempo; nonostante tutto, noi, come Alleanza Nazionale, abbiamo voluto essere presenti e, come vedete, nonostante l'ora tarda, siamo qui, io ed altri colleghi, a fare il nostro dovere, a dispetto di altri che ci hanno anche, per così dire, fatto la morale mentre poi, dopo aver svolto i loro bellissimi interventi giuridici, se ne sono andati via a cenare per tempo ...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Raisi; concluda per chi è presente: per gli assenti, cosa vuole, si procede in contumacia...

ENZO RAISI. Noi siamo qui a dimostrare che vi è una parte del Parlamento che prende seriamente a cuore questi problemi (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti, al quale ricordo che ha nove minuti di tempo a disposizione. Glielo ricordo perché lei, onorevole, ama il regolamento, e so che è un cultore della materia.

Prego, onorevole Giachetti, ha facoltà di parlare.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la ringrazio.

Otto secondi li vorrei spendere perché chi ci ascolta sappia che i tanti colleghi di cui parla l'onorevole Raisi sono costituiti dal solo collega Ascierto, che indubbiamente ha una sua imponenza fisica ma rappresenta una persona. Gli altri oratori che si sono susseguiti nei banchi di Alleanza Nazionale, più facendo schiamazzi che non intervenendo, se ne sono opportunamente anch'essi andati a casa. Ma credo che ognuno poi scelga di occupare il proprio tempo come ritiene e non penso che sia così utile dare giudizi morali sull'impegno di ciascuno. Anche perché, poi, questo, per fortuna, saranno anche gli elettori che, al momento debito...

ENZO RAISI. È Fanfani che mi ha rimproverato!

ROBERTO GIACHETTI. No, onorevole Raisi, la mia affermazione è su un piano generale.

Detto ciò, signor Presidente, brevissimamente vorrei cercare semplicemente di spiegare quali, per quanto mi riguarda,  sono i termini della questione. In fondo, si ravvisa una coerenza ed una importanza anche in questo dibattito come già in quello del 27 dicembre scorso. Molti sono intervenuti cercando di mettere in contrapposizione i diversi provvedimenti che dobbiamo affrontare, le maggioranze, il fatto che si stia discutendo inutilmente perché non vi sarebbero i numeri.

Voglio chiarire solo alcuni aspetti; quando ho deciso di impegnarmi più direttamente sulla materia, chiedevo precisamente e specificamente - ed è la ragione per la quale mi sono permesso di rivolgermi a tanti colleghi di questa Camera per chiedere la convocazione; e lei è stato una delle persone che mi ha onorato della sua firma, signor Presidente - che si potesse giungere, in Assemblea, a discutere e a votare un provvedimento di clemenza.

Tra quanti hanno sottoscritto quel documento, vi erano anche esponenti di Alleanza Nazionale, come lei sa, onorevole Raisi (Commenti del deputato Raisi)... Si, onorevole Raisi, vi era il sottosegretario Valentino e altri che hanno firmato. È forse bene che si informi (Commenti del deputato Ascierto)... Onorevole, la rendo edotto anche di ciò...

PRESIDENTE. I parlamentari hanno diritto, per ora, di fare quello che vogliono!

ROBERTO GIACHETTI. ...a meno che non avete già deciso di espellerli dal vostro gruppo, ma, fino a prova contraria, essi fanno parte del vostro gruppo.

Detto ciò, dicevo che era scritto in quel documento esattamente quanto siamo giunti a fare, o meglio, quanto saremmo giunti a fare se non si fosse dichiarato, da parte di Alleanza Nazionale e della Lega, un ostruzionismo che ostacola i nostri lavori. Ostacola cosa? Mi dispiace, ovviamente, l'assenza dei deputati della Lega; mi sarebbe piaciuto, infatti, confrontarmi con i colleghi della Lega. In fondo, se siete così convinti che non vi sia una maggioranza e che quanto noi stiamo proponendo sia così devastante dal punto di vista elettorale - perché l'attenzione della gente e del paese sarebbero spostati su tutt'altre questioni, e via dicendo - perché, allora, pur confrontandovi, pur esprimendo la vostra opinione negativa (e anche così felicemente articolata), non consentite a questa Assemblea di esprimersi attraverso un voto sulla materia? Siete voi che non avete voglia di verificare democraticamente se qui dentro vi sia o meno (Commenti del deputato Raisi)... Cosa, onorevole Raisi? In questa sede, e mi rivolgo anche a coloro che sono intervenuti - sono contento vi siano il relatore Mormino ed il sottosegretario -, noi, per dettato costituzionale, dobbiamo semplicemente verificare se attraverso il voto a scrutinio segreto e a maggioranza dei due terzi esista una maggioranza qualificata che sia, come dichiara l'articolo 79 della Costituzione, in grado di concedere, attraverso questa legge, il provvedimento di clemenza che decideremo.

In questo caso, si tratta di un provvedimento che contiene sia l'amnistia, sia l'indulto, e nell'evoluzione della pratica parlamentare si vedrà cosa ne uscirà fuori.

Il problema - onorevole Raisi, onorevoli della Lega, e via dicendo - è che voi non siete disponibili a confrontarvi ed a verificare se vi sia effettivamente, così come prevede la Costituzione, una maggioranza. Voi, a proposito di operazioni elettorali, prima ricattate, chiedendo e proponendo (Commenti del deputato Raisi) di discutere altri provvedimenti, come se fossero (Commenti del deputato Raisi)... Ricattate: è una pratica che avete ripetutamente condotto all'interno della maggioranza e che ora avete posto in essere nei confronti di tutta la Camera!

Ciò perché sapete perfettamente che, se voi aveste consentito di giungere alla conclusione dell'iter del provvedimento in esame, si sarebbe potuto inserire qualsiasi altro argomento all'ordine del giorno (Commenti del deputato Raisi)! Vorrei segnalarvi che, nella procedura democratica, se si riunisce in via straordinaria la Camera ed il Presidente, a conclusione di tale riunione, afferma che vi è un impegno a  portare in Assemblea le conclusioni della Commissione giustizia, il Presidente stesso non fa altro che rispettare, sotto questo punto di vista, gli impegni assunti.

Non vorrei perdere troppo tempo sulle formalità; tuttavia, desidero aggiungere che, per quanto mi riguarda, io ho la coscienza tranquilla. Infatti, onorevole Raisi, io sto sicuramente cercando di occuparmi anche di un gruppo di persone che, nella stragrande maggioranza, non mi voterà. Anzi, so perfettamente che una battaglia di questo tipo - anche grazie alla demagogia che voi mettete in piedi - fa perdere voti; quindi, ciò è in diretta contraddizione con quello che voi sostenete.

Io, però, mi occupo anche - caro collega Raisi e cari colleghi che vi esprimete così decisamente contro il provvedimento in esame - dei disgraziati e di quelli che hanno sbagliato, ma che non per questo devono essere fatti vivere dentro dei lager! Mi fa piacere sentire dai colleghi della Lega che si sarebbero dovute fare tante cose, a proposito della materia carceraria, per risolvere i problemi.

Innanzitutto, vorrei segnalarvi che, così come il centrosinistra, nei suoi cinque anni di Governo, non ha certamente brillato su questa materia, voi state rispondendo, a fine legislatura, «no» al provvedimento in esame (che non sarà certamente risolutivo) non avendo fatto assolutamente nulla in questo campo. Tutti voi, come soldatini, oggi gridate allo scandalo dei delinquenti che escono fuori, ma non avete fatto altro che votare, come soldatini - ai banchi del Governo non c'era solo il sottosegretario Vitali, ma tutti i ministri ed il Presidente del Consiglio -, le leggi che consentivano a pochi, potenti e ricchi, di garantirsi la possibilità di ottenere ben altro!

Ciò perché la legge sul falso in bilancio l'avete votata voi, che oggi gridate alla povera gente, in barba ai cittadini che pagano le tasse e che, se evadono il fisco, vanno in galera. La legge sul falso in bilancio l'avete votata voi! La legge Cirami l'avete votata voi, non l'ho votata io (Commenti del deputato Ascierto)! La ex Cirielli, che salva e tira fuori dalla galera quelli che sono ricchi e che si possono permettere avvocati e spese per le procedure giudiziarie, l'avete fatta voi (Commenti del deputato Ascierto)! Oggi, invece, quando si tratta di occuparsi dei poveracci e dei disgraziati che stanno in galera, scoprite questa grande moralità per cui bisogna lasciare morire in carcere, in quelle condizioni, la gente. Questa è la vostra logica!

D'altra parte, onorevole Raisi, quando lei si preoccupa di quello che è scritto nel programma dell'onorevole Berlusconi, che lei ha firmato, non dimentichi che avete sottoscritto un programma nel quale avete inserito 55 mila cose, ma non ne avete realizzata una. Anzi: avevate affermato di voler aumentare le pensioni, ma non lo avete fatto; avevate detto che avreste tagliato le tasse e, come al solito, le avete ridotte ai ricchi. Ma i disgraziati?

FILIPPO ASCIERTO. Vai a studiare a via Nazionale!

ROBERTO GIACHETTI. Tra queste cose, in continuità con tutto ciò che avete scritto e che non avete realizzato (Commenti del deputato Raisi), ci metta anche questa, onorevole Raisi! Lei ride adesso, ma c'è un paese che ride di fronte ai risultati della vostra azione governativa, e lo vedremo! Quindi, potete ridere ancora qualche minuto, ma vi rimangono pochi giorni, perché il 29 gennaio, purtroppo, smetterete di ridere: la parola passerà al paese e vedremo quale sarà l'opinione degli italiani rispetto alla vostra azione di Governo. Questo è il quadro!

D'altra parte, ripeto, siete al Governo da cinque anni e tutti questi provvedimenti che dovrebbero essere risolutivi del problema carcerario li potremmo condensare in una brillante frase del ministro Castelli, che non a caso è ministro della giustizia di questo Governo, secondo il quale le carceri di questo paese sono a 5 stelle. Oggi, perlomeno, siamo riusciti ad ottenere che le valutazioni del ministro Castelli siano un po' meno ardite rispetto a questi argomenti (Commenti del deputato Ascierto). Non l'ho detto io, l'ha detto un ministro a cui lei ha dato anche la fiducia e che si chiama Castelli.

Vorrei chiedere, soprattutto a chi sostiene - ho veramente concluso, signor Presidente - che in questo paese sarebbe l'amnistia piuttosto che l'indulto a togliere la certezza del diritto, all'onorevole Raisi ed a tutti i colleghi che sono intervenuti se, senza vergogna, noi oggi siamo in grado di dire che in questo paese c'è certezza del diritto. Andatelo a raccontare ai milioni di persone che aspettano un giudizio! Andatelo a spiegare a loro se c'è certezza del diritto! Allora, un provvedimento di amnistia farebbe venire meno la certezza del diritto!

Concludo, signor Presidente, sollevando soltanto un unico dubbio. Io sono favorevole all'amnistia e l'ho anche dichiarato; però vorrei dire al collega Mormino, proprio perché il dibattito che si è sviluppato deve anche generare riflessioni e approfondimenti, ed anche a lei, signor Presidente: stiamo attenti perché, se noi approviamo un provvedimento di amnistia e se effettivamente c'è quel vincolo costituzionale riferito alla data del 4 giugno, sostanzialmente non si risolve il problema ma si preclude la possibilità...

PRESIDENTE. La curiosità verso l'onorevole Mormino è legittimata dalla sua sapienza: magari glielo dice dopo...

ROBERTO GIACHETTI. Va bene. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Parolo, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.

FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, in questi minuti ho ascoltato il collega Giachetti, che mi suscita simpatia quando svolge interventi così appassionati, ed ho fatto una riflessione sulle parole dell'onorevole Raisi, il quale ha chiesto: perché siamo qui? Anch'io mi sono posto la stessa domanda: perché siamo qui questa sera? Ricordo che, nella scorsa legislatura, quando dall'opposizione facevamo ostruzionismo su questi banchi, lo abbiamo fatto anche di notte, come lei ricorderà bene. Tuttavia, non mi sarei mai aspettato di dover fare ostruzionismo anche dai banchi della maggioranza su provvedimenti che certamente non possono appartenere ad una maggioranza, pur nella libertà di poter presentare qualsiasi proposta e anche di discuterla in Parlamento.

Mi sarei aspettato che questo provvedimento di amnistia e di indulto fosse presentato dalla sinistra, magari da un Governo di centrosinistra. Purtroppo, non tutte le cose sono ovvie, come possono sembrare. In ogni caso, signor Presidente, una cortesia gliela devo chiedere, visto che ci stiamo avviando alla conclusione dei nostri lavori per questa sera. Vorrei che la stessa velocità, lo stesso impegno, la stessa dedizione dimostrati e sostenuti nei confronti di questo provvedimento, che è a favore di coloro che hanno commesso dei reati e che sono rinchiusi nelle carceri italiane, fossero riposti nei prossimi giorni in iniziative a favore delle Forze dell'ordine. Vi sono provvedimenti, che giacciono alla Camera, riguardanti la sicurezza dei cittadini, ma nessuno ha sottoscritto impegni parlamentari in questa direzione, nessuno si è attivato per fare in modo che vengano discusse le proposte di legge sulla sicurezza sussidiaria, sulla polizia municipale, sul riordino delle Forze dell'ordine e, soprattutto, sulla legittima difesa dei cittadini nelle loro abitazioni, che hanno tutto il dovere di difendersi di fronte alle aggressioni. Allora, nei prossimi giorni, anche di notte, dovremmo avere l'accortezza ed anche la disponibilità di discutere di questi argomenti.

Però, il Presidente Casini ha deciso che il 27 dicembre 2005 bisognava discutere in quest'aula di amnistia. Oggi stiamo «correndo dietro» ad un provvedimento che non serve a nulla, anzi dà insicurezza ai cittadini. Domani ci accorgeremo che non vi è una larga maggioranza e che, quindi, dovremo casomai «seppellire» questo provvedimento. Stiamo illudendo i detenuti, che possono forse sperare in una libertà che non avranno, e, pertanto, stiamo rendendo un cattivo servizio a molti onesti cittadini.

I colleghi Giachetti e Ruggeri hanno detto che si sarebbero dedicati a quelle persone che hanno bisogno di assistenza, perché nelle carceri si sta male. Voi vi dedicate soprattutto a quelle persone che non stanno nelle carceri a fare villeggiatura, che non sono andati lì per passare una settimana di tranquillità, ma perché hanno commesso dei reati. Dunque, vi dico che io, i miei colleghi e chi la pensa come me ci dedichiamo invece a quelle persone che hanno subito i reati, alle vittime della criminalità, che voi avete dimenticato. Voi pensate a sottoscrivere proposte di legge per la libertà dei detenuti: dovreste invece sottoscrivere proposte di legge per la libertà dei cittadini, che hanno il diritto di vivere in libertà ed in sicurezza. Quando rimettiamo in libertà persone - non accadrà con questo provvedimento, comunque - che hanno commesso reati, quelle stesse persone - lo abbiamo constatato in passato, con le altre amnistie, indulti ed «indultini» - ricommetteranno sistematicamente reati.

Dunque, ricordatevi che la libertà del cittadino non passa attraverso i «colpi di spugna», rimettendo in libertà i carcerati...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Ascierto.

FILIPPO ASCIERTO. Concludo, signor Presidente.

Dicevo che la libertà del cittadino passa attraverso la serietà di una riforma del sistema carcerario, attraverso la trasformazione di ciò che oggi affermate non funzionare e che effettivamente, in molti casi, non funziona, ma non passa né con i «colpi di spugna», né dimenticando il dolore delle vittime della criminalità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Buontempo, Polledri, Briguglio, Luciano Dussin, Angela Napoli, Menia, Giorgio Conte, Airaghi, Fatuzzo, Catanoso e Patarino, iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Repliche del relatore e del Governo - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.

(Annunzio di questioni pregiudiziali e di una questione sospensiva - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate la questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità Gamba ed altri n. 1 (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 1), le questioni pregiudiziali per motivi di merito Menia ed altri n. 1 e Lussana ed altri n. 2 (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 2) e la questione sospensiva Cirielli ed altri n. 1 (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 3), che saranno discusse e votate in altra seduta.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

(omissis)

 

 


 

PROPOSTE DI LEGGE: CENTO; CARBONI; TRANTINO; PISAPIA; PISAPIA E RUSSO SPENA; BOATO E CIMA; BOATO E CIMA; RUSSO SPENA ED ALTRI; TAORMINA; BIONDI E CICCHITTO; SINISCALCHI ED ALTRI; CENTO; GIUSEPPE GIANNI; FINOCCHIARO ED ALTRI; KESSLER ED ALTRI; JANNONE; MORETTI ED ALTRI; CENTO; CENTO E BULGARELLI; SANTORI; PERROTTA; PERROTTA; CRAXI E MILIOTO; MINNITI ED ALTRI; FANFANI: CONCESSIONE DI AMNISTIA E DI INDULTO (A.C. 458-523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881-6207)

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 1)

QUESTIONE PREGIUDIZIALE DI COSTITUZIONALITÀ

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame, attraverso un'anomala ed eccessiva riduzione delle pene effettivamente espiate da parte dei condannati, incide negativamente sulla funzione di rieducazione, che l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione attribuisce invece alla pena;

in palese violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, l'articolato del provvedimento in esame disegna un incongruo, illogico, e non equilibrato ambito di applicazione delle misure di clemenza, attraverso esclusioni ed inclusioni di reati, che sfuggono al criterio di ragionevolezza, assolutamente ineludibile in riferimento ad ogni provvedimento legislativo, in particolare in campo penale;

le disposizioni proposte presentano elementi di contrasto con i principi sanciti dagli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione,

delibera

di non procedere nell'esame del testo unificato.

n. 1. Gamba, Anedda, Rampelli, Menia, Alberto Giorgetti, Cirielli.

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 2)

QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI MERITO

La Camera,

premesso che:

l'iter parlamentare del testo unificato delle proposte di legge in esame ha subito un'improvvisa ed imprevista accelerazione nell'ultimo mese che, considerata la pausa dei lavori per il periodo natalizio, ha impedito un adeguato esame da parte della Commissione di merito, anche attraverso l'auspicabile conseguimento di un'intesa tra tutte le forze politiche, come invece avrebbero richiesto questioni così delicate come quelle in esame;

i tempi insolitamente ristretti con i quali si tenta ora di giungere all'introduzione  di misure di clemenza non permettono, inoltre, di accertare li numero dei soggetti beneficiari e l'ampiezza complessiva dell'applicazione del provvedimento, aumentando così sensibilmente l'allarme sociale generato nei cittadini dall'iniziativa;

l'atto in esame contravviene al fondamentale principio della certezza della pena, destando forte preoccupazione nell'opinione pubblica, cui un simile provvedimento appare suscettibile di mettere a repentaglio la propria libertà e la propria sicurezza;

l'eventuale approvazione del provvedimento, inoltre, minerebbe il basilare principio della inderogabilità della pena, che, una volta minacciata dall'ordinamento, deve essere applicata nel caso di violazione della norma;

la concessione dell'amnistia e dell'indulto prevista dal testo unificato delle proposte di legge in esame avverrebbe sulla scia di un'onda emotiva che condiziona inopportunamente l'attività del Parlamento, organo sul quale ricade la responsabilità politica di un simile provvedimento;

le misure previste dal provvedimento in esame comunque non risolvono in modo reale il lamentato problema del sovraffollamento delle carceri, che, invece, deve essere affrontato con interventi seri e duraturi nell'ambito di un idoneo piano di edilizia carceraria teso, da un lato, alla riqualificazione ed all'ammodernamento degli istituti esistenti, e, dall'altro, alla realizzazione di nuove strutture, che già da tempo costituiscono oggetto dell'azione del Governo;

i precedenti provvedimenti generalizzati di clemenza, a differenza di quanto ora si prevederebbe, sono sempre stati adottati in occasione di importanti eventi, come ad esempio, nel 1990, in seguito all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale,

delibera

di non procedere nell'esame del testo unificato.

n. 1. Menia, Cirielli, Gasparri, Gamba, Anedda, Ascierto, Alberto Giorgetti.

La Camera,

premesso che:

la Lega Nord Federazione Padana ha sempre espresso, anche in sede parlamentare, netta contrarietà alla concessione di provvedimenti di clemenza, specialmente quando non siano minimamente risolutivi dei problemi legati al sovraffollamento carcerario;

in passato il Parlamento ha optato per la adozione di provvedimenti di clemenza al fine di far fronte a situazioni eccezionali, quali la immediata ed improrogabile necessità di far decollare il difficile meccanismo correlato all'attuazione del nuovo codice di procedura penale del 1989 e di assicurare una certa equità di trattamento a coloro che erano stati condannati con il vecchio rito, rispetto a coloro che avevano beneficiato del nuovo processo penale ed in particolare della possibilità di utilizzare i riti alternativi che consentivano consistenti sconti di pena;

il provvedimento in esame, a differenza di quello del 1990, non è giustificato da nessuna riforma in materia penale o processuale;

per sollecitare l'adozione di questo provvedimento di condono si è arrivati ad evidenziare la situazione di attesa che si è creata all'interno delle carceri, anche a seguito delle prese di posizione assunte dal mondo politico, che dà luogo a timori e minacce di agitazioni e disordini;

la Lega Nord non ritiene convincenti e comunque decisivi tali ultimi argomenti dal momento che l'amnistia e l'indulto non serviranno ad eliminare o  ridurre le difficoltà che oggi affliggono le carceri del Paese;

pur avendo previsto che, rispettivamente, dallo sconto di quattro anni di reclusione per l'amnistia, e dallo sconto di due anni per l'indulto, siano esclusi reati di terrorismo, reati di mafia, reati di tipo ambientale e di tipo finanziario, nonché i sequestri di persona a scopo di estorsione, le stragi, la devastazione e il saccheggio, il traffico di droga, tuttavia, non possono essere condonate pene quando la criminalità si espande a macchia d'olio, destando nella gente comune preoccupazione vivissima e quando scippatori, rapinatori e ladri con spregiudicatezza e temerarietà imperversano in ogni luogo, in tutte le città, in tutte le regioni, costituendo insidia quotidiana al quieto ed onesto vivere dei cittadini;

in una situazione di degrado e di delinquenza tanto elevata e crescente, che desta forte preoccupazione nella società civile, non possono essere poste in libertà per atto di clemenza le persone che sono finite in cella nonostante il garantismo cui si ispirano le nostre leggi;

non possono, non debbono essere elargiti provvedimenti di clemenza proprio quando si impone un atteggiamento di fermezza da parte dello Stato per garantire ordine pubblico e giustizia, quando si rende necessario intensificare l'attacco alla criminalità organizzata, quando debbono essere combattuti in modo efficace i crimini più efferati che sensibilmente scuotono l'opinione pubblica e colpiscono i cittadini innocenti che ne subiscono le gravi e deplorevoli conseguenze, quando Governo, Parlamento e partiti sono impegnati nella lotta contro il crimine e la malavita, e non solo contro la supercriminalità, ma anche contro la recrudescenza della criminalità comune, nella quale la supercriminalità attinge e arruola complici e gregari al suo servizio;

la Lega Nord ritiene responsabilmente di non poter condividere tale scelta ed il relativo proponimento perché teme che i criminali, che tali rimangono anche dopo «l'indulgere», rimessi in libertà, possano riprendere a delinquere ingrossando ulteriormente le fila delle varie associazioni malavitose che con spregiudicatezza ed anche con crudeltà operano nell'intero territorio nazionale;

il provvedimento in esame evidenzia in modo preoccupante il venir meno della certezza della pena, attenuando ulteriormente il valore del dettato legislativo, senza dare alcun contributo positivo allo sviluppo di un'azione efficace ed equilibrata del Parlamento che sia contemporaneamente contro il delitto e a favore della rieducazione del condannato;

la Lega Nord non può consentire che l'amnistia e l'indulto, così come enucleati nel testo in esame, possano essere concessi in un momento politicamente e socialmente inopportuno, mentre dovrebbero essere rigorosamente fondati sull'avveramento di eventi ed esigenze di comprovata eccezionalità e comunque di sussistente necessità che la Lega Nord, al contrario, non ritene ricorrano in questo momento e che comunque possono essere risolte con altri strumenti, come la realizzazione di carceri civili, o comunque con altri interventi strutturali;

la Lega Nord, pur comprendendo molte delle ragioni umanitarie che consigliano di adottare questo provvedimento, ritiene che il suo esame sia, oltretutto, inopportuno in quanto l'Assemblea della Camera non ha ancora adottato alcuna decisione sulla modifica costituzionale in materia di amnistia e di indulto,

delibera

di non procedere nell'esame del testo unificato.

n. 2. Lussana, Gibelli, Dario Galli, Caparini, Guido Giuseppe Rossi, Ballaman, Didonè, Guido Dussin, Ercole, Rizzi, Parolo, Luciano Dussin, Fontanini, Giancarlo Giorgetti, Francesca Martini, Pagliarini, Polledri, Rodeghiero, Sergio Rossi, Stucchi, Vascon.

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 3)

QUESTIONE SOSPENSIVA

La Camera,

delibera

di sospendere la discussione del testo unificato delle proposte di legge in esame, sino al momento in cui sarà possibile conoscere la portata del provvedimento ed acquisire i necessari elementi valutativi in ordine al numero dei procedimenti per i quali l'amnistia e l'indulto troverebbero applicazione, al numero dei condannati a pene definitive ai quali si applicherebbero le riduzioni di pena previste ed al numero dei detenuti, a vario titolo, che verrebbero rimessi in libertà a seguito della concessione dei benefici proposti.

n. 1. Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Cannella, Airaghi, Ascierto, Rampelli


 

 

 


RESOCONTO STENOGRAFICO

 


______________   ______________


 

729.

 

Seduta di Giovedì 12 gennaio 2006

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

ALFREDO BIONDI

indi

DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI

 

 


Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Cento; Carboni; Trantino; Pisapia; Pisapia e Russo Spena; Boato e Cima; Boato e Cima; Russo Spena ed altri; Taormina; Biondi e Cicchitto; Siniscalchi ed altri; Cento; Giuseppe Gianni; Finocchiaro ed altri; Kessler ed altri; Jannone; Moretti ed altri; Cento; Cento e Bulgarelli; Santori; Perrotta; Perrotta; Craxi e Milioto; Minniti ed altri; Fanfani: Disposizioni in materia di amnistia e di indulto (A.C. 458 -523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881-6207) (ore 11,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Cento; Carboni; Trantino; Pisapia; Pisapia e Russo Spena; Boato e Cima; Boato e Cima; Russo Spena ed altri; Taormina; Biondi e Cicchitto; Siniscalchi ed altri; Cento; Giuseppe Gianni; Finocchiaro ed altri; Kessler ed altri; Jannone; Moretti ed altri; Cento; Cento e Bulgarelli; Santori; Perrotta; Perrotta; Craxi e Milioto; Minniti ed altri; Fanfani: Disposizioni in materia di amnistia e di indulto.

Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame di questioni pregiudiziali e di una questione sospensiva - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del regolamento, sono state presentate la questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità Gamba ed altri n. 1 (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 1), le questioni pregiudiziali per motivi di merito Menia ed altri n. 1 e Lussana ed altri n. 2 (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 2) e la questione sospensiva Cirielli ed altri n. 3 (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 3).

Onorevoli colleghi, mi rivolgo, segnatamente, ai presidenti dei gruppi parlamentari per chiedervi di prestare un'attenzione particolare su alcune questioni, perché non esistono precedenti cui potersi richiamare. Mi riferisco alle questioni relative al quorum che, come sapete, non riguarda  solo il voto finale, ma, per quanto concerne l'amnistia, anche i singoli articoli.

Naturalmente, questo quorum si estende alle proposte emendative che...

MARCO BOATO. No, no!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, mi scusi, il mio scrupolo è proprio questo. Tra breve vi leggerò una comunicazione: secondo me è incontestabile (Commenti del deputato Boato)...

Onorevole Boato, mi faccia la cortesia di non agitare la testa! Mi ascolti.

Voglio dirvi con chiarezza che dopo aver letto le conclusioni cui è arrivato il Presidente, in collaborazione con gli Uffici, poiché non vi sono precedenti e desidero che tale questione sia affrontata con chiarezza, se i presidenti di gruppo non converranno sulla comunicazione, farò immediatamente una verifica - sospendendo i lavori, eventualmente per quindici minuti - con la Giunta per il regolamento, proprio per rispetto nei loro confronti.

Vorrei che mi seguiste, perché, se mi seguite, non credo sorgeranno questioni: come potete immaginare, non è solo il prodotto del mio lavoro ma è il risultato cui è arrivato unanimemente lo staff della Camera.

Vi prego dunque di prestare attenzione.

Ricordo che, ai sensi dell'articolo 79 della Costituzione, l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.

Il dettato costituzionale è molto chiaro. L'articolo 79 prevede espressamente un quorum speciale per l'approvazione dei singoli articoli e per il voto finale. Si tratta, evidentemente, di una deroga al principio generale contenuto nell'articolo 64, secondo cui le deliberazioni della Camera si adottano con maggioranza semplice, deroga che, in quanto tale, non è suscettibile di interpretazione analogica.

L'articolo 79 non fa alcun riferimento alle votazioni intermedie che caratterizzano il procedimento legislativo, quali gli emendamenti riferiti ai singoli articoli, per cui a tali votazioni si applica il principio generale della maggioranza semplice, salvo le eccezioni di cui dirò più avanti.

In altre parole, l'oggetto per il quale la norma costituzionale prevede il requisito dell'approvazione a maggioranza dei due terzi è l'articolo e non le singole deliberazioni che concorrono a determinarne il testo, perché la Costituzione fa riferimento al voto finale e agli articoli (Commenti del deputato Boato)...

Onorevole Boato, stia attento, perché alla fine sarà d'accordo, anche se ora dice di no.

Fanno eccezione, naturalmente - è qui il punto, Boato -, gli emendamenti la cui votazione tiene luogo integralmente della votazione di un articolo, quali le proposte emendative interamente sostitutive di un articolo ovvero quelle che mirano ad introdurre un articolo aggiuntivo.

Facciamo un esempio: se si pone in votazione un emendamento interamente sostitutivo di un articolo e non si raggiunge la maggioranza dei due terzi, è chiaro che ad esso si applica (Commenti)...

La norma costituzionale citata non si applica inoltre, ovviamente, alle votazioni di carattere negativo, dalla cui eventuale approvazione non consegue, con tutta evidenza, l'introduzione nell'ordinamento di un articolo o di un complesso normativo che conceda l'amnistia o l'indulto, ma che sono volte ad impedire innovazioni normative lasciando intatto l'ordinamento vigente.

Mi riferisco innanzitutto agli emendamenti soppressivi di articoli, nonché alle questioni pregiudiziali.

Adottando un diverso ragionamento - nel senso di ritenere cioè il requisito dei due terzi prescritto anche per le suddette deliberazioni negative -, le conseguenze sarebbero del tutto paradossali, in quanto si richiederebbe la stessa maggioranza qualificata sia per approvare provvedimenti di clemenza sia per respingerli, determinandosi un'evidente e insanabile contraddizione logica e un'incertezza assoluta sull'esito delle votazioni.

Peraltro, le suddette deliberazioni negative non precludono l'applicazione del  principio stabilito dalla norma costituzionale. Infatti, come è noto, nel caso in cui ad un articolo sia stato presentato un unico emendamento soppressivo, il regolamento prescrive che si voti il mantenimento dell'articolo (per il quale nel caso di specie sarebbe prevista la maggioranza dei due terzi). Nel caso in cui vi siano più emendamenti, dopo la reiezione di quello soppressivo e la votazione degli altri emendamenti si darebbe comunque luogo alla votazione dell'articolo con il prescritto quorum.

Analogo ragionamento, come detto, deve farsi sulle pregiudiziali, la cui assimilazione al voto finale è stata affermata dalla Presidenza soltanto con riguardo all'effetto conseguente alla loro approvazione (equivalente alla reiezione del progetto di legge) e non certo con riguardo agli effetti conseguenti alla loro reiezione, che non possono in alcun caso ovviamente essere assimilati a quelli del voto finale e che sono volti a consentire all'Assemblea la prosecuzione dell'iter, lasciando impregiudicate le scelte di merito.

A titolo di esempio, nel caso di un emendamento interamente sostitutivo di un articolo è previsto il requisito dei due terzi; un emendamento soppressivo richiede la maggioranza semplice. Naturalmente questo vale anche per le pregiudiziali.

Se vi è accordo unanime, si procede, altrimenti no.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Anzitutto, la ringrazio per l'attenzione e per aver illustrato tutta la problematica leggendo questa nota. Lei ha interloquito rispondendo esclusivamente ai miei gesti; in realtà, avevo fatto ampi segni di dissenso quando lei, inizialmente, in modo «ellittico», aveva affermato che anche per gli emendamenti si applica il requisito dei due terzi. In quel momento ho espresso il mio totale dissenso, che confermerei; mentre in base all'ampia e articolata motivazione che lei ci ha fornito, i singoli emendamenti, ovviamente, non si possono votare con maggioranza dei due terzi. Il requisito in base al quale un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo o una proposta che aggiunge un articolo debbono essere approvati con la maggioranza dei due terzi è conforme al testo della Costituzione.

Se posso sommessamente aggiungere una considerazione, con affetto e amicizia, mi pare che in questi casi lei, signor Presidente, debba, come ha fatto, assumersi le sue responsabilità e mai citare gli Uffici (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e Alleanza Nazionale). È lei il Presidente della Camera, lei assume le decisioni o, eventualmente, le sottopone alla Giunta per il regolamento: gli Uffici non c'entrano nulla. In aula è lei l'interlocutore, e ciò a salvaguardia sua e anche degli Uffici.

PRESIDENTE. La ringrazio.

A norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione, nella quale potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione, si procederà a due distinte votazioni, rispettivamente sulla questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità e su quelle per motivi di merito.

In caso di reiezione delle questioni pregiudiziali, passeremo, quindi, alla discussione e al voto sulla questione sospensiva presentata.

L'onorevole Gamba ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale n.1

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, fra i molteplici e diversificati motivi che giustificano la contrarietà del gruppo di Alleanza nazionale al provvedimento in esame, in parte già illustrati nella discussione sulle linee generali, ve ne sono  naturalmente alcuni anche in ordine - a nostro avviso - alla violazione e al contrasto (perlomeno di alcune delle disposizioni recate dalle proposte di legge in discussione) nei confronti del dettato costituzionale. Quindi, a nostro modo di vedere, si configurano delle forme di illegittimità, dei vizi che questa Camera deve esaminare nella fase attuale: la discussione delle questioni pregiudiziali.

L'azione di Alleanza nazionale, quindi, si articola attraverso i diversi strumenti che il regolamento consente. In ordine alle violazioni del dettato costituzionale, riteniamo che almeno due elementi debbano essere tenuti in considerazione. Mi riferisco all'articolo 27 della Costituzione che, come è noto, indica i principi, le modalità e le caratteristiche che la pena deve avere nell'ordinamento italiano. Alla pena infatti viene attribuita anche una funzione di rieducazione del condannato.

Questo però, a nostro avviso, non si rinviene, di fatto, in alcune parti dell'articolato che viene proposto all'esame dell'aula; perché con la riduzione consistente della pena (in particolare per reati che ne prevedono una di dimensioni non particolarmente rilevanti) si finisce per annullare l'esistenza della pena stessa. Così avviene naturalmente in ordine al provvedimento di amnistia, per molti dei reati che vengono ricompresi nell'ambito applicativo. Con ciò di fatto escludendo qualsiasi funzione delle pene stesse, in particolare di quelle di tipo rieducativo.

Ma al di là di questo e dell'incidenza del principio - da noi più volte ricordato e sostenuto - della certezza della pena, che evidentemente grava sul merito del provvedimento, vi sono poi diverse ulteriori questioni che riguardano il sistema di applicazione sia dell'amnistia sia dell'indulto, come risulta dal combinato disposto delle esclusioni ed inclusioni di reati, derivante dall'articolato delle misure in esame. Riteniamo che le disposizioni del testo in discussione configurino una irragionevole, incongrua, comunque non giustificata predisposizione di un sistema che pur incide sul principio fondamentale di uguaglianza, previsto dall'articolo 3 della nostra Carta costituzionale. Ciò risulta assolutamente evidente soltanto se si fa riferimento, anzitutto, alla parte del testo che riguarderebbe l'amnistia, laddove vengono inclusi reati con pene che sarebbero in qualche modo superiori a quella massima edittale, che guida la comprensione dei reati nell'ambito della possibile applicazione dell'amnistia.

Ad esempio, nei commi dell'articolo 1 successivi al primo, si aggiungono dei reati (per i quali sarebbe applicabile all'amnistia) le cui vittime, guarda caso, sono i pubblici ufficiali. Consideriamo particolarmente odioso, illegittimo, e quindi in violazione dell'articolo 3 della Costituzione, che siano previsti dei reati come la violenza, la minaccia e la resistenza a pubblico ufficiale, nonché tutti gli altri reati successivamente indicati e che, viceversa, nell'ambito delle esclusioni siano previsti alcuni reati che francamente non si capisce in base a quale logica - ferma restando la nostra contrarietà generale sulla amnistia - debbano essere esclusi dal provvedimento.

Talché, addirittura, sono ricompresi, nell'ambito delle esclusioni, taluni reati la cui sanzione è comunque risibile, come quello previsto e punito dagli articoli 590 (lesioni colpose oppure in violazione di norme antinfortunistiche) o 674 del codice penale (reato di scarsissima rilevanza).

In definitiva, vi è una distribuzione e una risultanza dei sistemi di inclusione e di esclusione dei reati, compresi sia nell'applicazione dell'amnistia sia in quella dell'indulto - anche nella modulazione tra le diverse quantità di riduzione della pena prevista dagli articoli sull'indulto -, che ci sembrano assolutamente in contrasto con il principio di ragionevolezza, che è assolutamente ineludibile in generale, nell'ambito della produzione legislativa, e, in particolare, nell'ambito penale.

C'è un ulteriore aspetto che riteniamo vada a confliggere con il principio di eguaglianza: mi riferisco al fatto che, per alcune disposizioni, si inseriscono elementi notevoli di discrezionalità da parte del giudice, che finirebbero per determinare delle diseguaglianze nell'applicazione sia  dell'amnistia sia dell'indulto (anche in ordine a valutazioni che nemmeno riguardano l'applicazione dell'aumento delle pene e della loro diminuzione), attraverso il sistema delle attenuanti e delle aggravanti. In particolare, per quanto riguarda l'amnistia, si amplia notevolmente il campo di applicazione, perché, in linea di massima, non vengono tenute in conto, nel computo della pena a cui fa riferimento, le aggravanti, mentre vengono tenute in conto le attenuanti.

Si tratta di un sistema, quindi, che ci sembra anche tecnicamente e assolutamente squilibrato e che, nel caso di approvazione del provvedimento, porterebbe di fatto ad una diseguaglianza tra situazioni che viceversa meriterebbero, come noto, il medesimo trattamento. Per questo, proponiamo all'Assemblea di non procedere all'esame del provvedimento e di approvare la questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. L'onorevole Gasparri ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale per motivi di merito Menia n. 1, di cui è cofirmatario.

MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le motivazioni di ordine costituzionale espresse dall'onorevole Gamba si collegano direttamente ad ulteriori valutazioni di merito che il gruppo di Alleanza nazionale ha voluto richiamare in una ulteriore questione pregiudiziale.

C'è stata una forte pressione affinché si accelerassero i tempi per la discussione in aula di questo provvedimento. Già nel corso della seduta di ieri, il gruppo di Alleanza nazionale ha evidenziato la propria contrarietà al fatto che non si sia data precedenza ad un provvedimento che, a nostro avviso, è assai più importante e necessario - calendarizzato, per la verità, per i prossimi giorni -, sicuramente più utile per la sicurezza dei cittadini: mi riferisco al provvedimento di riordino delle carriere riguardanti l'Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato e le altre forze dell'ordine.

Noi da tempo abbiamo chiesto la discussione ed il varo di questo provvedimento, per il quale - lo voglio ricordare - la legge finanziaria ha anche previsto degli appositi accantonamenti economici e non abbiamo ritenuto di avallare il fatto di aver anticipato a ieri l'esame di quest'altro provvedimento (certo, con un voto dell'Assemblea, del quale abbiamo preso atto, ma certamente con una forzatura politica che non abbiamo condiviso).

Abbiamo utilizzato e utilizzeremo le facoltà che il regolamento ci mette a disposizione per evidenziare la contrarietà di Alleanza nazionale all'amnistia, all'indulto e il nostro favore a provvedimenti riguardanti le forze dell'ordine, il loro status giuridico, normativo ed economico, ricordando peraltro che la coalizione di centrodestra ha svolto un'azione positiva al riguardo: due rinnovi contrattuali per le forze dell'ordine, che contengono risorse economiche ben maggiori degli esigui stanziamenti dei contratti miserevoli conclusi ai tempi dei Governi di centrosinistra; numerosi provvedimenti ordinamentali; la stessa istituzione di poliziotti e carabinieri di quartiere. Inoltre, apprezziamo l'annuncio fatto ieri dal Governo, dal ministro Pisanu in particolare, della decisione di incrementare le unità applicate sul territorio in questa funzione.

Alleanza nazionale ritiene necessario raddoppiare nei prossimi mesi il numero di poliziotti e carabinieri di quartiere, per poterlo addirittura quadruplicare nei prossimi anni; se la maggioranza sarà la stessa che oggi governa l'Italia, tale scelta potrà essere adottata e concretizzata.

L'amnistia e l'indulto vanno in una direzione assolutamente contraria a questo orientamento. Riteniamo che la certezza della pena sia uno dei capisaldi della società e riteniamo che si possa ampliare il ricorso a sanzioni di carattere non detentivo per reati minori. Questa ipotesi non ci scandalizza e la incoraggiamo. L'ho detto anche in interventi svolti nelle sedute precedenti: piccoli reati possono essere puniti in maniera più incisiva attraverso  l'applicazione di misure che prevedano l'impiego in lavori di pubblica utilità: lavare autobus dell'azienda comunale dei trasporti o mettere a posto giardini pubblici può essere, per piccoli reati, una punizione non detentiva assai più afflittiva.

Su questo siamo apertissimi a tutte le evoluzioni del diritto penale; peraltro sanzioni di questo tipo sono state già ipotizzate in alcuni provvedimenti (penso alle proposte riguardanti i reati collegati alla tossicodipendenza e ad altre realtà).

Riteniamo, altresì che si debba produrre uno sforzo per rendere più vivibili le strutture carcerarie. La detenzione è già una sanzione: non ci può essere una sanzione ulteriore, non prevista da alcun ordinamento, consistente nella detenzione scontata in luoghi degradanti e mortificanti per i diritti della persona.

Siamo perfettamente consapevoli che il detenuto è portatore di diritti e non deve essere mortificato; tuttavia, le considerazioni sulle carenze del sistema carcerario, cari colleghi, sono state ricorrenti. Se poi - lo abbiamo ascoltato anche ieri sera, nella seduta che si è protratta fino a notte - fosse così vero che le strutture carcerarie sono tutte assolutamente invivibili, non bisognerebbe fare un'amnistia per alcuni, bisognerebbe abbattere le carceri, scarcerare immediatamente tutti! Infatti, non si capisce perché alcuni dovrebbero rimanere in carceri degradate ed altri uscire. Se fossimo a livelli di precarietà assoluta, dovremmo essere coerenti e proporre - lo dico per paradosso - la scarcerazione di tutti i detenuti. Perché quelli che restano devono andare incontro ad un destino di afflizione?

Voglio sottolineare che il Governo ha creato strutture apposite per la realizzazione di nuove strutture carcerarie. È stata appaltata la realizzazione di nuove carceri e ne sono state aperte alcune altre; il gruppo di Alleanza nazionale è favorevole ad una accelerazione della dismissione di edifici, impianti, stabili antiquati, non adeguabili alle esigenze moderne, e alla destinazione di vecchie carceri, che sono nel centro cittadino, soprattutto nelle grandi città, ad altri scopi. In questo modo, con gli incassi realizzati dallo Stato, sarebbe possibile accelerare la costruzione di nuovi edifici, che possano garantire quelle condizioni di umanità e di rispetto della persona, che sono per noi sacrosanti. Non riteniamo di qualificarci in questo dibattito come persone che auspicano una cieca repressione o una mortificazione della persona, che rappresenta una scelta mai accettabile e praticabile. Al riguardo, il nostro gruppo non si sente né sotto accusa né nella necessità di prendere lezioni da alcuno.

Ma la certezza della pena, la sanzione dei reati, riteniamo che rappresentino un'esigenza insopprimibile della società. Nel nostro gruppo parlamentare i valori di solidarietà, i valori della cultura cattolica, sono ampiamente sentiti e condivisi da tutti quanti noi. Anche gli appelli che provengono da alcuni settori sono stati già accolti dal Parlamento. Si è dibattuto in questi giorni anche sul fatto che il Parlamento sarebbe stato insensibile al richiamo che anche il Santo Padre, Giovanni Paolo II, fece in quest'aula, in una storica giornata che è impressa nelle emozioni, nei sentimenti e nei ricordi di tutti noi, che abbiamo avuto la fortuna di vivere questa legislatura e quel momento. Ma anche il Presidente della Camera ha ricordato nei giorni scorsi che il Parlamento non è stato insensibile a quell'elevatissimo appello. Ricordiamo che il cosiddetto indultino favorì la scarcerazione di diverse migliaia di detenuti. Pertanto, non ci sentiamo incoerenti rispetto a quell'appello, rispetto a quella giornata, rispetto a quella lapide, che ricorda quel momento che fa parte della storia della Camera dei deputati e del Parlamento repubblicano.

Ricordiamo anche che nei precetti che riguardano il mondo cattolico, del quale facciamo parte, il rispetto per gli altri e per i beni altrui è un valore sacrosanto, quanto quelli della solidarietà e della redenzione del reo. Quindi, noi siamo contrari per ragioni di merito a provvedimenti di questa natura.

Avviandomi alla conclusione, vorrei precisare che noi non abbiamo un atteggiamento  di preclusione totale rispetto alla discussione, anche perché, se si dovesse passare più tardi al voto, credo che emergeranno contraddizioni palesi. Ieri, infatti, ma anche questa mattina in dichiarazioni giornalistiche, molti esponenti dell'opposizione si sono dichiarati contrari all'amnistia.

Peraltro, ricordo che sono richiesti quorum qualificati. Il Presidente Casini ci ha ricordato con precisione tutta una serie di parametri che dobbiamo rispettare in fase di votazione degli emendamenti e degli articoli. Ben vengano manifestate, allora, queste contraddizioni, perché c'è uno schieramento politico, un'area di centrosinistra, che promuove sit-in, lobbying e pressioni - atteggiamento legittimo e lecito, che non ci scandalizza, perché fa parte del dibattito e della democrazia - ma vogliamo vedere se quello schieramento sarà omogenea e compatta nell'aula di Montecitorio! Da quello che abbiamo sentito, non lo sarà.

Noi siamo i più coerenti e i meno ipocriti, perché abbiamo detto al paese, assumendoci questa responsabilità, «no» all'amnistia, «no» all'indulto, «sì» alla certezza della pena. Alleanza nazionale rivendica la coerenza nell'arco dell'intera legislatura e - se ci consentite - nell'arco di un lungo ed onorato percorso politico e concepisce questo dibattito anche come impegno per il futuro a privilegiare i valori della sicurezza e della legalità e la solidarietà alle Forze armate.

Per queste ragioni, invitiamo a votare a favore della nostra pregiudiziale di merito contro l'amnistia e di indulto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. L'onorevole Luciano Dussin ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale per motivi di merito Lussana n. 2, di cui è cofirmatario.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, colleghi, noi abbiamo presentato una pregiudiziale di merito; illustriamo, però, quale sarà la nostra posizione anche sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata dai colleghi di Alleanza nazionale.

Ebbene, non serve perdere tanto tempo a sfogliare la nostra Costituzione per capire quale sia la nostra posizione a difesa dei principi costituzionali. Basta fermarsi al primo articolo: «La sovranità appartiene al popolo». Si tratta di un tema così importante che la Costituzione prevede addirittura una maggioranza dei due terzi degli appartenenti a questa Camera per la sua approvazione, mentre dobbiamo ricordare che per approvare una modifica della Carta costituzionale è sufficiente la maggioranza assoluta dei parlamentari. Quindi, l'argomento, costituzionalmente, è tra i più rilevanti.

Noi, su delle proposte deleterie, ci accingiamo ad esprimere un voto senza avere chiesto ai cittadini, che hanno la sovranità, cosa ne pensano. Per essere ancora più chiari, bisognerebbe chiedere ai cittadini in campagna elettorale, sulla base di programmi elettorali chiari, cosa ne pensano di queste proposte. Ciò non è stato fatto nel 2001.

Mi auguro che le questioni incidentali presentate blocchino il voto su amnistie e indulti, in modo che, tra poche settimane, quando comincerà la vera campagna elettorale, ogni partito si presenti, senza raccontare bugie, utilizzando, magari, i mass media attraverso i quali qualche milione di italiani possa capire cosa si vuol fare, magari chiedendo semplicemente questo: cari cittadini, dateci il vostro voto, perché noi, come prima priorità di governo del paese, avremo quella di svuotare le carceri dai ladri che vi assediano di notte, dai truffatori che vi rendono la vita impossibile e da chi spaccia droga fuori dalle scuole e rovina i nostri figli! Ebbene, ciò vorrebbe dire voti zero! Nessuna campagna elettorale, né della sinistra, né tantomeno all'interno della parte «confusa» della Casa delle libertà, ha il coraggio di farlo, e si continua con l'imbroglio del cittadino (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

Qui la sovranità popolare viene messa da una parte e prevalgono gli interessi del digiunatore di turno, che riemerge ogni  volta che c'è da conquistare qualche apertura di telegiornale in prossimità delle campagne elettorali.

Poi, ci sono l'amico Pisapia e l'amico Pecorella che continuano a portare in Assemblea proposte che mettono in difficoltà anche chi è contro di esse e ci costringono a votare provvedimenti su argomenti che non abbiamo chiesto ai cittadini. Questa è la vergogna infame (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

Devo dire anche qualcos'altro, caro Presidente della Camera. Sicuramente, all'interno del nostro programma c'era la sicurezza dei cittadini che vuol dire metterli in condizione di vivere tranquillamente e essere messi in condizione di non essere condannati, com'è successo ad un cittadino di Oderzo, comune vicino al mio, che è stato condannato a sette anni di reclusione da un giudice pazzo, perché si è difeso, a casa, sparando un colpo di pistola contro chi metteva a repentaglio l'integrità fisica dei suoi familiari. È un giudice matto, perché poi il Presidente della Repubblica è intervenuto concedendo la grazia a questo «povero» cittadino.

All'interno del nostro programma elettorale c'era la sicurezza, che significa che lo Stato garantisce la sicurezza, ma anche la sicurezza dei cittadini di non finire in galera se si difendono, quindi la legittima difesa.

Questa c'era nei programmi e la proposta è già stata approvata al Senato della Repubblica mentre alla Camera non arriva per precise scelte. Ricordo benissimo quante mezze giornate di lavoro abbiamo perso in Assemblea, finalizzate a protrarre i tempi per non arrivare a votare il provvedimento relativo alla legittima difesa, che interessa la sovranità popolare e i quattro quinti degli elettori della Casa della libertà, ma che vede anche molti parlamentari di questo schieramento confusi, che non capiscono, dato che si continuano a perdere «vagonate» di voti ogni volta che si fa campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

Inoltre, noi siamo a favore del fatto che il perdono venga concesso da chi ha subito il reato e non dai vari Pecorella, Pisanu o Pannella. Se qualcuno compie un reato contro me o contro qualche mio familiare devo essere io a decidere se perdonarlo e non il Pannella, il Pecorella, o il Taormina di turno! Sono convinto che sia un fatto confermato dalla volontà dei cittadini, ma si passa sopra le vittime (Commenti)... L'importante è che chi danneggia i cittadini venga scarcerato...

ALFONSO GIANNI. Sei proprio ignorante!

LUCIANO DUSSIN. Non interessano i cittadini né altro...!

Il fatto che nel nostro paese nove reati su dieci restano impuniti, vuol dire che viviamo già in un regime di amnistia permanente; non c'è quindi alcuna necessità di liberare i carcerati!

C'è anche chi riesce ad offendere la memoria del Papa, «tirandolo» ogni volta dalla sua parte, estrapolando ciò che gli interessa e raccontando molte bugie (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).

Leggiamo quello che ha detto il Papa; è agli atti. Se qualcuno lo ha dimenticato, visiti il sito della Camera e potrà leggere ciò che ha detto. Il Papa ha semplicemente detto che, senza compromettere la sicurezza dei cittadini, merita attenzione la situazione delle carceri, dove si vive spesso in condizioni di sovraffollamento. Quindi non ha parlato di amnistie, di indulti o altro.

La risposta è semplice: per garantire la sicurezza dei cittadini, chi è in galera deve restarci e perché le condizioni della loro vita in galera siano migliorate si costruiscano nuove carceri (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)! Ed è quello che stiamo facendo noi!

Altrimenti, chi cita il Papa in maniera infame, dovrebbe ricordare cos'altro chiede il Papa perché o ha sempre ragione o ha sempre torto. Il Papa, ad esempio,  chiedeva l'introduzione del riferimento delle radici cristiane nella Costituzione europea ma gli «amici» di Prodi se ne fregano di queste cose (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia).

Ricordo anche che il Papa continua ad essere contro l'aborto che per lui equivale ad uno sterminino legale degli esseri concepiti e non nati (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia). Ebbene, il Papa è tale sempre e non solo quando interessa a qualche matto della vostra parte e a qualche confuso della nostra parte (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale e di deputati del gruppo di Forza Italia).

Anche le unioni gay, i matrimoni tra uomini che si vogliono bene - tanto care alla sinistra del paese - sono un concetto mal digerito dal Papa.

Allora, smettetela di portare avanti istanze di cui non si è fatto interprete il Papa in quest'aula! Anche i telegiornali continuano a fare riferimento alle affermazioni del Papa, ma nessuno ha ascoltato le parole che ha proferito in questa sede. Dovete smetterla di imbrogliare i cittadini in ordine a tale questione, perché ne abbiamo le «scatole» piene!

Stiamo costruendo 20 nuove carceri (vi sono 60 appalti nuovi) ed è dal 1989 che non si spende così tanto per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri!

Vorrei ricordare anche un'altra questione: per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini, oggetto del nostro programma elettorale, occorre parametrarci agli altri paesi, anche riferendoci, ad esempio, a ciò che accade negli Stati Uniti d'America, in cui si registrano un milione e mezzo, due milioni di carcerati; in Italia, facendo un rapporto, dovrebbero essere almeno 400-450 mila i delinquenti nelle patrie galere, invece ve sono otto volte di meno! Quindi, in galera nel nostro paese non vi è nessuno, ma, forse, solo all'interno di quest'aula non se ne ha cognizione. Basterebbe recarsi fuori da quest'aula e chiedere ai cittadini se si sentano sicuri (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

È per tali motivi e per tanti altri (che ci vedranno impegnati nella prosecuzione della giornata) che intendiamo bloccare questa infamia (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo a nome dell'Ulivo sulle questioni pregiudiziali di merito illustrate dai colleghi, riferendomi, in particolare, agli argomenti esposti dal collega Gasparri, il quale ha fatto riferimento a questioni innanzitutto regolamentari. Mi sembra che, in ordine a tale aspetto, non si possa insistere. Il provvedimento di amnistia e di indulto è in discussione ormai da quasi quattro anni, con fasi intense in Commissione giustizia e, in modo diverso, anche in aula. Dunque, non mi sembra che si possano lamentare accelerazioni inopportune o particolari.

Vorrei, invece, sottolineare un aspetto: gli argomenti che ho ascoltato nel corso dell'illustrazione delle diverse questioni pregiudiziali hanno molto a che fare con la campagna elettorale. Ho ascoltato slogan, molta irresponsabile demagogia, nonché propaganda elettorale condotta sulla sofferenza dei cittadini detenuti, nell'interesse di partito, invece che nell'interesse del paese!

È sufficiente leggere - mi permetterò di farlo - una parte del testo della questione pregiudiziale presentata dai colleghi della Lega, che risulta del seguente tenore: «pur avendo previsto che, rispettivamente, dallo sconto di quattro anni di reclusione per l'amnistia e dallo sconto di due anni per l'indulto, siano esclusi reati di terrorismo, reati di mafia, reati di tipo ambientale e di tipo finanziario, nonché i  sequestri di persona a scopo di estorsione, le stragi, la devastazione e il saccheggio, il traffico di droga, tuttavia, non possono essere condonate pene quando la criminalità si espande a macchia d'olio, destando nella gente comune preoccupazione vivissima e quando scippatori, rapinatori e ladri con spregiudicatezza e temerarietà imperversano in ogni luogo, in tutte le città, in tutte le regioni, costituendo insidia quotidiana al quieto ed onesto vivere dei cittadini».

Questa è l'analisi compiuta dal gruppo della Lega, riconoscendo che si tratta di un provvedimento di indulto limitato e con serie eccezioni rispetto ai reati più gravi e che il paese è in preda al crimine, all'aumento molto preoccupante dei reati.

Devo chiedere ai colleghi della Lega - e lo dico con senso di responsabilità - dove siano stati finora, se non facciano parte di questa maggioranza di Governo e cosa ne sia stato della dissennata promessa «meno reati per tutti» fatta all'inizio di questa legislatura, cosa ne sia stato delle misure di castrazione chimica, delle taglie e delle altre baggianate promesse a fronte invece di una politica di sicurezza che è difficile per tutti, ma che segna regressi e aspetti assolutamente negativi.

Siamo convinti di voler tutelare e sostenere - come sempre abbiamo fatto - il principio della certezza della pena e del forte contrasto della criminalità, ma francamente siamo con Beccaria, vale a dire per le pene pronte, tempestive e per un diritto mite. Crediamo che tra le misure di prevenzione del crimine vi sia anche quella di una pena scontata in condizioni umane, dove non si neghi neanche ai detenuti e a chi ha commesso crimini la speranza di ritrovare fiducia nella società e di non commettere altri reati.

Questa è la nostra responsabile preoccupazione. Vorremmo politiche efficienti sui processi penali, politiche efficienti nel contrasto alla criminalità e vorremmo che la Costituzione fosse rispettata anche per i cittadini detenuti, esattamente attraverso la possibilità di non scontare la pena in condizioni da tutti giudicate incivili e disumane. Dunque, abbiamo ritenuto di presentare un provvedimento di indulto limitato e revocabile nei confronti di chi dovesse commettere nuovi reati.

Siamo invece contrari alla demagogia e all'irresponsabilità, siamo contrari all'amnistia, che è tecnicamente inutile in quanto si riferisce a reati anteriori al 2001 e dunque quasi tutti prescritti o in via di prescrizione, siamo contrari a sprecare l'occasione di una amnistia, che invece è necessaria per i reati bagattellari e per alleggerire l'enorme carico di processi pendenti. Tuttavia, vorremmo realizzare ciò insieme a riforme strutturali che rendano più efficiente la macchina della giustizia e vorremmo farlo senza illudere nessuno e senza creare ansie nel paese in modo inutile.

La destra in realtà è divisa sul provvedimento di clemenza - un provvedimento logico, moderato - e vuol nascondere la propria divisione rilanciando il bleuf dell'amnistia. Avremo modo di parlarne, ma credo che toccherà esattamente all'Ulivo e al centrosinistra realizzare le riforme che l'Italia da tempo attende.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, i deputati Verdi esprimeranno un voto contrario sulle questioni pregiudiziali presentate con riferimento al provvedimento sull'amnistia e sull'indulto e ciò per una ragione costituzionale e per una ragione politica.

La ragione costituzionale è che, francamente, non si comprende dove stia il fondamento di una pregiudiziale su una previsione che è addirittura scritta nero su bianco nella nostra Carta costituzionale. L'articolo 79, infatti, prevede la possibilità del ricorso ad uno strumento di clemenza, che nel nostro ordinamento assume il nome di indulto (intervento sulla pena, riduzione della pena) e di amnistia (intervento anche sui procedimenti penali in corso). Semmai la riflessione la dovremmo fare sulla costituzionalità dell'articolo 79, modificato agli inizi degli anni Novanta, nel quale si prevede un quorum di due  terzi nelle votazioni di ogni articolo e nel voto finale.

Si tratta di una norma che addirittura alza la soglia del quorum al di sopra di quello previsto dall'articolo 138 della Carta costituzionale. Semmai questo sarebbe il dubbio di costituzionalità, ed è anche la ragione per cui i Verdi hanno sostenuto per tutta la legislatura la necessità di modificare quella norma, con le proposte presentate dall'onorevole Boato e da chi vi parla che, purtroppo, non hanno trovato il consenso necessario per essere esaminate.

La ragione politica, che peraltro avremo modo di affrontare nel corso dell'esame degli articoli, è costituita dal fatto che ci troviamo di fronte a un'emergenza carceraria, ci troviamo di fronte a un supplemento di pena che contrasta con la finalità del nostro sistema penitenziario garantita anche dalla Costituzione, laddove si afferma che la sanzione penale deve reinserire e rieducare colui che ha commesso un reato, affinché non commetta più reati una volta scontato il proprio debito con la giustizia, garantendo in tal modo anche il rispetto del principio di sicurezza dei cittadini, che è un principio altrettanto importante e intangibile del nostro ordinamento.

Si tratta dunque di un intervento indispensabile e necessario, in questo quadro di emergenza, per togliere quel supplemento di pena, che non è dichiarato e non è scritto ma sta nei fatti, e per costruire le condizioni di una riforma della giustizia che possa efficacemente intervenire in maniera strutturale sui temi che stanno a cuore a noi e che stanno a cuore agli italiani: umanità della pena, certezza della pena, che non è garantita con i milioni di procedimenti penali pendenti, e necessità di riequilibrio del nostro sistema sanzionatorio.

Queste sono le ragioni del voto contrario dei deputati verdi sulle questioni pregiudiziali in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, i deputati della Rosa nel Pugno esprimeranno voto contrario sulle questioni pregiudiziali e sulla questione sospensiva presentate, ma la vera questione sospensiva non è quella posta dai colleghi di Alleanza nazionale e della Lega: la sospensione è quella del diritto dei cittadini italiani ad avere una giustizia giusta, che nello stato di sfascio della giustizia italiana non possono avere. Questa è la vera questione sospensiva.

Ed esiste anche una questione di costituzionalità, vale a dire quella della lesione dei diritti costituzionali dei cittadini davanti alla giustizia italiana: i cittadini innocenti, i cittadini colpevoli, vittime e carnefici. Chiunque oggi aspetti giustizia dal nostro paese è in una condizione di lesione dei suoi diritti.

Dunque, le questioni presentate tendono semplicemente a perpetuare uno status quo. Dobbiamo invece proporre un cambiamento, introdurre un cambiamento effettivo, e l'amnistia e l'indulto, quali atti di risposta straordinaria ed emergenziale rispetto a una crisi della giustizia ormai decennale, sono il primo passo. Certo, si tratta di risposte inadeguate e sono necessarie altre riforme strutturali, ma le questioni non si risolvono promettendo venti nuove carceri che nella migliore delle ipotesi saranno realizzate fra dieci anni e che comunque non affronteranno il problema dell'arretrato giudiziario, dei processi e della negazione di giustizia che in questi anni i cittadini italiani hanno dovuto subire.

Queste sono le vere questioni aperte, e riteniamo pertanto che si debba procedere rapidamente con un atto che costituisca un punto di partenza per introdurre nel nostro sistema modifiche che siano in grado di alleggerire il lavoro dei magistrati e di consentire che all'interno delle carceri si realizzi la finalità rieducativa della pena, come abbiamo scritto, in maniera un po' troppo affrettata, nella nostra Costituzione.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità Gamba ed altri n. 1.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 450

Votanti 445

Astenuti 5

Maggioranza 223

Hanno votato 86

Hanno votato no 359).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali per motivi di merito Menia ed altri n. 1 e Lussana ed altri n. 2.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 446

Votanti 443

Astenuti 3

Maggioranza 222

Hanno votato 87

Hanno votato no 356).

Passiamo all'esame della questione sospensiva Cirielli ed altri n. 1.

A norma del comma 3 dell'articolo 40 del regolamento, la questione sospensiva può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.

L'onorevole Cirielli ha facoltà di illustrare la sua questione sospensiva n. 1.

Una voce: Ex Cirielli!

PRESIDENTE. Non ex Cirielli, ma proprio lui!

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, onorevoli colleghi, certamente parlare in una delle ultima sedute della Camera con l'appellativo di «ex» dovrebbe far preoccupare in molti, ma comunque io la prendo con filosofia e quindi cercherò di illustrare brevemente la questione, che non ha assolutamente uno scopo ostruzionistico. Tengo a precisare che noi abbiamo una posizione estremamente critica rispetto al come e al perché è stato anteposto questo punto all'ordine del giorno, ma sulla vicenda della sospensiva vorrei fare invece un discorso equilibrato, prendendo anche lo spunto da alcuni comportamenti in passato tenuti dal centrosinistra.

Innanzitutto, su una cosa tutti i gruppi, questa mattina e nei giorni scorsi, convengono e hanno convenuto: la portata di questo provvedimento è un fatto grave, importante e non superficiale, tale da poter essere affrontato senza dare un esatto significato a ciò che si fa. Noi riteniamo che sia stato un errore non aver valutato la portata e la necessità del provvedimento sulla base soprattutto di un esame specifico teso ad acquisire la quantità e la qualità dei detenuti che potranno usufruirne, nonché i processi ed i procedimenti che verranno dichiarati estinti dall'applicazione del provvedimento, e d'altro canto una cosa ci sorprende e dimostra la strumentalità del comportamento dell'opposizione. In altri provvedimenti ricordo la gazzarra, a volte anche giustificata, scatenata dall'opposizione perché il ministro competente sulla materia non era presente per relazionare sulla gravità, presunta o tale, del provvedimento che si discuteva. Oggi mi sarei aspettato, magari anche a scopo propagandistico, da parte del centrosinistra un analogo comportamento perché non è presente il ministro della giustizia.

Chiedo allora all'Assemblea di valutare la vicenda non in chiave semplicemente elettoralistica, cercando di comprendere che si tratta un provvedimento importantissimo, a prescindere dal fatto che si sia favorevoli o contrari. Peraltro, si tratta di un provvedimento, come giustamente ha rilevato il collega Dussin, largamente contrastato  dall'opinione pubblica; ancora una volta dimostriamo che il Parlamento è lontano dal sentire comune del popolo che ci vota. Ci fa piacere andare alle elezioni chiarendo bene chi è favorevole e chi è contrario, e ci dispiace, ovviamente, non che la destra, ma la parte centrale della Casa delle libertà abbia preso una posizione per noi sbagliata e contraddittoria nei confronti del nostro programma elettorale, che puntava sulla sicurezza dei cittadini. Mettere in libertà decine di migliaia di delinquenti rappresenta certamente un attentato alla sicurezza dei cittadini; proprio per questo pretendiamo che il ministro della giustizia ed il Governo possano avere il tempo di acquisire dagli uffici tutti i dati necessari relativi a valutare la portata di ciò che stiamo facendo, perché non soltanto i gruppi, ma anche i singoli deputati sappiano realmente cosa stanno votando (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, intervengo sulla questione sospensiva per invitare i colleghi a soprassedere dall'esame del provvedimento di amnistia e di indulto. Tale provvedimento, lo ricordo, è giunto all'esame dell'Assemblea dopo una serie molteplice di forzature e, soprattutto per quanto concerne l'amnistia, con una maggioranza che non c'è, come abbiamo appreso ieri ascoltando gli interventi dei colleghi durante la discussione sulle linee generali del provvedimento. Quegli interventi, svolti dai colleghi dei Democratici di sinistra e della Margherita, saranno stati magari anche timidi e un po' imbarazzati, ma comunque evidenziano un notevole disagio di queste forze politiche nel confrontarsi e nel votare un provvedimento di amnistia.

Il provvedimento di amnistia, lo sottolineo, caro onorevole Mantini, è oggi al nostro esame non tanto a seguito di un bluff posto in essere da qualcuno dei suoi sostenitori presenti nella Casa delle libertà - a tale riguardo, colgo l'occasione per invitare, ancora una volta, i colleghi di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro a riflettere -, quanto a seguito di un'iniziativa dell'onorevole Buemi della componente politica de La Rosa nel Pugno e, quindi, dell'Unione.

Colleghi, è chiaro che voi oggi prendiate le distanze da quella posizione perché quella proposta dall'onorevole Buemi è un'amnistia imbarazzante per tutti. Onorevole Buemi, a cosa e a chi servirà l'amnistia che ci state proponendo? Certo, ai Radicali, a Pannella, a farvi la vostra tribuna politica sulla pelle dei detenuti! È questo quello che voi ci state propinando oggi!

Il provvedimento di amnistia in esame si riferisce ai reati commessi fino al 1o giugno del 2001. Non passeranno, tengo ad evidenziarlo, i vostri artifizi diretti a procrastinare la data: la Costituzione a questo riguardo è assolutamente chiara! Si tratta, quindi, di un'amnistia per reati commessi nel 2001, con una pena massima di quattro anni.

Faccio inoltre presente che di questo provvedimento di clemenza, così come è stato congegnato, non sappiamo chi potrà effettivamente beneficiare. Per esso non sono sufficienti le assicurazioni di quanti ci dicono: è un colpo di spugna che non andrà a colpire i cosiddetti reati di allarme sociale. Questa, a nostro avviso, è una motivazione che non sta in piedi! Se fosse veramente così, come mai allora i Democratici di sinistra hanno presentato un emendamento per escludere dall'amnistia quei reati che il nostro codice definisce come più gravi? Allora, qualcosa di veramente strano c'è in questa proposta di legge di amnistia. Si tratta di qualcosa di cui nessuno, neanche voi che siete i proponenti, riuscite a comprenderne gli sviluppi. Comprendiamo, pertanto, il vostro imbarazzo.

Abbiamo ascoltato la «grancassa» in questi ultimi anni e, in particolare, negli ultimi mesi, e le polemiche che avete fatto sulla cosiddetta ex Cirielli e, in particolare, sull'inasprimento delle pene sulla recidiva. Voi avevate detto che quella era un'amnistia  mascherata. Ma con quale coraggio avete fatto affermazioni del genere quando proprio voi oggi, con questo provvedimento, vi schierate a favore di un colpo di spugna nei confronti dei reati al fine di liberare le scrivanie dei magistrati o dei pubblici ministeri? Onorevole Mantini, non è questo il modo di risolvere nel nostro paese il problema della giustizia penale! Se c'è un debito giudiziario invitiamo allora i magistrati a celebrare i processi.

Caro onorevole Buemi, anche qui, la sua ipocrisia: crisi della giustizia. Ma come mai non vi siete mai voluti confrontare sui provvedimenti che cercavano veramente di trovare delle possibili soluzioni alla crisi della giustizia? Tra questi, primo fra tutti, il provvedimento sull'ordinamento giudiziario, da voi ampiamente osteggiato, e che, invece, consentirà al nostro paese di avere una magistratura, forse meno politicizzata e meno impegnata nelle manifestazioni pro PACS del prossimo 14 gennaio, ma comunque più attenta alle esigenze dei cittadini che attendono giustizia.

Onorevole Mantini, anche per quanto concerne il provvedimento in tema di indulto sorgono tante preoccupazioni. È vero, c'è un lungo elenco di esclusioni oggettive al quale si è arrivati grazie anche all'apporto della Lega Nord Federazione Padana che, lo ricordo, continuerà a fare ostruzionismo e opposizione seria e forte e che ha comunque dato un proprio contributo positivo a questo dibattito.

Voi vi eravate dimenticati di escludere dallo sconto di pena i reati di mafia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Una dimenticanza alla quale noi abbiamo posto rimedio! Ma la svista sui «picciotti» c'era già stata (forse, la ricorda l'onorevole Bonito).

Comunque, nonostante alcune esclusioni oggettive, il provvedimento è ancora pericoloso per la sicurezza dei cittadini. Torno a dire che condoniamo la pena per due anni a usurai, a chi ha commesso estorsioni, ai violentatori, agli omicidi! Non è questo che ci chiede il paese onesto, che sta fuori da qui, a cui la Lega tiene.

Forse, qualcuno di Forza Italia e dell'UDC, che fa parte della Casa delle libertà, è sordo o ha dimenticato l'impegno che abbiamo sottoscritto con i nostri elettori. Per noi, invece, ci sono sicuramente prima i cittadini onesti; viene prima il bisogno di sicurezza, di legalità e di ordine: in questa direzione intendiamo proseguire (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, era previsto: la discussione di un provvedimento di amnistia alla fine della legislatura diventa una palestra per esercitazioni propagandistiche!

Ma che si disattenda il dato oggettivo mi pare, però, un po' più grave. L'onorevole Lussana è stata capace, in pochi minuti, di snocciolare una serie di affermazioni assolutamente false - non affermazioni non vere, ma proprio false - una dietro l'altra. Mi spiego, perché immagino che qualcuno ci ascolterà, ovvero leggerà i resoconti di questa seduta.

La collega ha attribuito alla Margherita e ai DS, e non a Forza Italia, la volontà di concedere l'amnistia. Noi siamo contrari all'amnistia. Onorevole Lussana, lei è stata molto distratta in questi giorni, molto distratta: l'esclusione dall'indulto dei reati più gravi (di mafia ed anche di omicidio) l'abbiamo proposta noi. Onorevole Lussana, non si è guardata neanche gli emendamenti! Controlli, studi, legga (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di fare silenzio!

ANNA FINOCCHIARO. ... deduca (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!  ANNA FINOCCHIARO. Un altro elemento di contraddizione (Commenti del deputato Lussana)...

PRESIDENTE. Onorevole Lussana, scopra le sue doti di femminilità e di cortesia, non quelle di aggressività...!

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, l'onorevole Lussana è stata poco attenta in questi giorni; è soltanto distratta. La conosciamo e sappiamo che è una parlamentare che segue sempre con attenzione i lavori della Commissione. Stavolta, si è fatta prendere un po' la mano dalla propaganda e non è andato a controllare le carte con la consueta attenzione e diligenza.

Mi pare anche abbastanza contraddittorio che venga da questi banchi - che sono quelli che hanno votato la prescrizione abbreviata della Cirielli - una reprimenda nei nostri confronti. Ma tant'è! Se ne sono sentite tante oggi, anche dai banchi di Alleanza nazionale!

Francamente, ciò che mi interessa è tentare di recuperare, almeno per quel poco di spazio che ci riguarda, un minimo di serietà alla discussione: la serietà e la responsabilità che questa discussione imporrebbe e che, invece, mi pare vengano troppo spesso travolte, nel clima del dibattito di questi giorni, da altri intenti, da altre finalità, da altre strumentalità.

Noi non ci opponiamo affatto alla prosecuzione della discussione, in Parlamento, sulle questioni dell'amnistia e dell'indulto. La nostra posizione è chiara: riteniamo l'amnistia, così come proposta, assolutamente miserrima quanto agli effetti, perché siamo obbligati, come sappiamo, purtroppo, a tenere conto soltanto dei reati che sono stati commessi entro il 1o giugno 2001.

Peraltro, con una decisione che - lo ripeto ancora una volta - non avvertiamo limpida, rigorosa e responsabile, si comprometterebbe la possibilità, da qui ad un anno, di avere un'amnistia che dispieghi davvero i suoi effetti e che venga accompagnata da misure minime, quelle che questo Governo e questa maggioranza non hanno mai adottato, per restituire un minimo di ragionevole durata al processo ed una migliore funzionalità agli uffici giudiziari.

L'indulto, invece, lo vogliamo. Se davvero prendessimo sul serio la drammatica condizione di sovraffollamento e di mortificazione della dignità della vita dei detenuti nelle carceri, allora non ci dovrebbe essere neanche discussione né, tanto meno, ricatto (e mi rivolgo ai colleghi di Forza Italia). Diamo l'indulto, subito, oggi stesso! Facciamo in modo che si sollevi da quella condizione drammatica chi ha già scontato la pena, sotto la condizione, prevista per beneficiare dell'indulto, che, se si commette un ulteriore reato, si perde il diritto all'indulto e si torna in carcere. Facciamolo subito! In ogni caso, non saranno certamente i Democratici di sinistra ad impedire che si svolga, in questa Assemblea, una discussione libera sui due temi. Andremo a votare e vedremo chi raggiungerà il quorum. Questo non ci importa. L'importante è che si recuperi, in questa discussione, serenità, serietà, rigore e responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor Presidente, concedendo l'amnistia e l'indulto si compirebbe, oggi, un atto di buonsenso e di umanità e si riconoscerebbe solennemente che le carceri sono la vergogna dell'Italia e che la nostra giustizia, troppo spesso, per il suo funzionamento non è il medico ma la malattia. Purtroppo, un muro fatto di responsabilità meno gravi e più gravi ostacola l'amnistia. I Democratici di sinistra, con la decisione di partito per l'astensione, si sono assunti una responsabilità e hanno compiuto un errore, per almeno tre motivi. Innanzitutto, non ci si astiene su una questione morale e di coscienza. Inoltre, il voto è segreto non per caso e deve restare segreto; l'astensione, invece, lo rende palese perché, per una assurda prassi, in  questa Assemblea ci si può pronunciare segretamente a favore o contro ma non per l'astensione. Infine, non si impartisce una linea di partito su un problema di coscienza e spero che i deputati del gruppo dei Democratici di sinistra votino secondo coscienza.

Mi permetta, onorevole Fassino: l'amnistia non è un possibile pericolo. No, il possibile pericolo è costituito dai 9 milioni di processi inevasi che soffocano la giustizia e che l'amnistia sfoltisce, eliminando i procedimenti minori. Il pericolo per la sicurezza, in questo paese, è la paralisi della giustizia, un pericolo che l'amnistia cancella.

Le responsabilità maggiori, naturalmente, se le assumono Alleanza nazionale e la Lega nord, che vogliono fare propaganda usando questo dibattito e tentano di impedire il voto con l'ostruzionismo. Il loro ostruzionismo, che vedremo tra poco, è uno spot elettorale assolutamente spregiudicato. Lo spot di Alleanza nazionale, sostanzialmente, è il seguente: non ci vogliamo occupare di liberare i ladri ma di pagare i carabinieri. Infatti, prima chiedono l'approvazione delle norme sulla retribuzione delle Forze dell'ordine.

Lo spot della Lega, invece, è il seguente (Applausi ironici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana): non ci vogliamo occupare...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, per cortesia...

UGO INTINI. Bravi! Il vostro ostruzionismo, certamente, vi procurerà qualche percentuale di voto in più, ma sarà un'offesa per l'intelligenza degli italiani. Lo spot della Lega è questo (Applausi ironici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)... Volete sentire il vostro spot?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego...

UGO INTINI. Il vostro spot è questo: non ci vogliamo occupare di liberare i ladri, ma di consentire ai cittadini di sparare ai ladri. Infatti, prima chiedete che si approvino le nuove norme sulla legittima difesa.

Noi diciamo «sì» all'aumento delle retribuzioni delle Forze dell'ordine, come è naturale, ma diciamo «no» al far west proposto dalla Lega Nord (Applausi ironici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Soprattutto, diciamo «no» a questa destra che cavalca con cinismo le paure degli italiani e che divide anche la maggioranza di Governo. Non dimentichiamolo: mentre voi gridate e applaudite, mentre Alleanza nazionale e la Lega nord praticano l'ostruzionismo, Forza Italia è assolutamente d'accordo sul provvedimento di amnistia.

Oggi scriviamo una brutta pagina in questo Parlamento, ma non inutile. Una cosa è chiara e deve esserlo a tutti: forse non sarà approvata l'amnistia, oggi; certamente, se il centrosinistra vincerà, sarà approvata subito dopo le elezioni. Questo avverrà perché nel centrosinistra nessuno fa le barricate contro l'amnistia - le fanno la Lega Nord (Applausi ironici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana) e Alleanza nazionale - e perché la maggioranza dei deputati del centrosinistra è certamente a favore dell'amnistia.

Questo è l'impegno della Rosa nel Pugno; anche per questo, per una giustizia più umana e liberale, andremo a chiedere il voto degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Rosa nel Pugno)!

ALDO CENNAMO. Signor Presidente, lei era al telefono e non ha sentito gli insulti dei colleghi della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per dichiarare il voto contrario del gruppo di Rifondazione comunista sulla questione sospensiva e per formulare alcune osservazioni in relazione sia alle questioni di incostituzionalità che, seppure superate,  credo debbano ricevere una risposta anche in questa sede. Da più parti, a proposito delle questioni di incostituzionalità e delle questioni pregiudiziali, si è parlato di un principio costituzionale di certezza della pena. Allora, chiedo a chiunque di voi, a chiunque sia intervenuto in questa Assemblea contro la amnistia e l'indulto, dove sia presente nella Costituzione questo principio. L'unica norma della Costituzione che si riferisce alla pena è contenuta nell'articolo 27, che recita testualmente: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

Oggi solo un provvedimento di amnistia e di indulto può far sì che questo articolo della Costituzione - che è così chiaro e limpido da non poter creare dubbie interpretazioni - possa essere concretamente applicato.

L'argomento della certezza della pena, anzi, in più occasioni è stato ritenuto dalla Corte costituzionale ininfluente in relazione all'articolo 27; ad esempio, nel momento in cui ha ritenuto costituzionalmente legittima la legge Gozzini, che ha creato un sistema di gradualità del reinserimento sociale e, addirittura, di sospensione e cancellazione della pena in presenza di un comportamento di reinserimento sociale. Ma penso anche alla decisione di ritenere costituzionalmente legittimo il cosiddetto indultino, una norma ben precisa di sospensione - seppur, chiaramente, in presenza di determinati requisiti - dell'esecuzione della pena.

In secondo luogo, riteniamo urgente che si discuta e finalmente si voti e si decida; sarà poi il Parlamento sovrano a decidere sul provvedimento di amnistia e di indulto. Ciò, anche perché sappiamo che in questa fine di legislatura, così come purtroppo è accaduto negli anni scorsi, nulla può esser ancora fatto di positivo rispetto alle questioni delle carceri e della sanzione penale, nonché rispetto al problema, per noi fondamentale, di rendere la nostra giustizia penale più celere, più efficiente, più garantista e più garantita.

Per tali motivi, non solo voteremo a favore, successivamente, di un provvedimento di clemenza, ma in questo momento riteniamo assolutamente inopportuna - proprio per dare dignità al Parlamento ed alla discussione parlamentare che vi è stata in questi giorni - la questione sospensiva. Per questo il nostro voto sarà contrario (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione sospensiva Cirielli ed altri n. 1.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 432

Votanti 427

Astenuti 5

Maggioranza 214

Hanno votato 83

Hanno votato no 344).

Prendo atto che gli onorevoli Finocchiaro e Zanella non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.

 

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 6).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, come i colleghi hanno già ampiamente illustrato, la Lega Nord è assolutamente contraria al provvedimento di cui si sta discutendo in questi giorni e di cui abbiamo discusso in maniera abbastanza irrituale il 27 dicembre (con una presenza peraltro ridottissima dei parlamentari che avevano richiesto la convocazione in via straordinaria). Sono gli ultimi giorni utili della legislatura ed esaminiamo un provvedimento che ritengo non interessi quasi nessuno dei cittadini italiani.

Il provvedimento di indulto, di amnistia - o il miscuglio dei due che sta emergendo - è giustificato dalla situazione delle carceri; perciò, consideriamo i numeri: nelle carceri italiane, sono reclusi circa 60 mila detenuti, dei quali più di un terzo sono cittadini extracomunitari. Quindi, i cittadini italiani in carcere sono, in realtà, soltanto poco più di 40 mila.

Come è stato illustrato precedentemente, si tratta di una percentuale bassissima se confrontata con quella di tutti i paesi equivalenti al nostro da un punto di vista sociale, culturale, storico ed economico.

La Lega Nord, su tale versante, già ha cercato una prima soluzione ed in parte l'ha approntata; il ministro Castelli è riuscito finalmente, dopo anni di chiacchiere, a stringere i primi accordi bilaterali con alcuni paesi extracomunitari. Conseguentemente, una parte di questi detenuti sono tornati nella loro terra per estinguere la pena o, comunque, sono usciti dalle nostre carceri e dal nostro paese.

Se si continuasse su questa strada e si riuscisse anche solo a far uscire tutti gli extracomunitari dalle nostre carceri, mandandoli in quelle del loro paese, allora risolveremmo automaticamente il problema degli istituti di detenzione italiani; oltretutto, probabilmente riusciremmo a ridurre drasticamente i reati commessi da persone extracomunitarie, che credo vadano volentieri nelle nostre galere - dove vivono in situazioni poco diverse da quelle di un albergo di buona levatura! -, mentre ritengo che avrebbero qualche difficoltà ad accettare l'idea di andare a scontare la pena nelle carceri dei loro paesi di provenienza.

Inoltre, se il problema è rappresentato dalla capacità contenitiva delle carceri, la questione, come in ogni paese civile, dovrebbe essere risolta costruendo più istituti detentivi, e non dando per scontato che i posti disponibili sono quelli giusti e che, allora, bisogna far uscire i carcerati dalle galere!

Del resto, questo ha fatto la sinistra, poiché, durante il suo quinquennio di Governo (dal 1996 al 2001), ha chiuso dodici istituti di pena, mentre vorrei ricordare che, in questa legislatura, ne sono stati aperti alcuni ed il ministro Castelli è riuscito ad impostare un nuovo programma di edilizia carceraria che comunque risolverà, assieme ad una serie di altre indicazioni che la Lega ha dato, tale problema negli anni a venire.

Se tali proposte fossero in discussione oggi, al posto del provvedimento in esame, esse risolverebbero, in maniera intelligente, il problema del sovraffollamento delle carceri. Vorrei segnalare, infatti, che abbiamo avanzato numerose proposte su pene alternative, sul lavoro fuori dal carcere  e su condizioni particolari per i detenuti che accettino di inserirsi lavorativamente nella società.

Ovviamente, di queste cose, che sarebbero troppo impegnative e che darebbero un minor ritorno in termini mediatici, nessuno, al di fuori della Lega, si interessa, mentre vedo che tutti si buttano su questa pagliacciata - che, comunque, non sarà portata a termine, perché sappiamo tutti benissimo che non riuscirà a superare positivamente l'esame di quest'aula -, pensando di avere chissà quale beneficio mediatico!

Anche in questo caso, vorrei rilevare che il problema della giustizia e del sovraffollamento delle carceri presenta una dimensione decisamente più ampia, che riguarda l'intero settore della giustizia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 12,30)

DARIO GALLI. Noi ricordiamo - e lo abbiamo denunciato in quest'aula moltissime volte - che la situazione relativa sia alle Forze dell'ordine, sia soprattutto ai magistrati è assolutamente abnorme rispetto agli altri paesi paragonabili al nostro. Dico «abnorme» non nel senso che ne abbiamo meno - come si potrebbe pensare, visti i risultati disastrosi nel comparto della giustizia -, ma nel senso che ne abbiamo un numero enormemente maggiore!

Infatti, con l'ultimo concorso, svolto durante questa legislatura, siamo arrivati ad avere quasi 10 mila magistrati, contro i 2 o 3 mila dell'Inghilterra; nonostante ciò, nel solo settore della giustizia civile, vi sono 10 milioni di processi arretrati. Sto parlando di 10 milioni di processi, uno ogni cinque cittadini! La durata media dei processi civili, inoltre, oscilla tra i 9 ed i 10 anni, quando negli altri paesi essi durano da qualche mese a qualche anno al massimo.

Ma devo soprattutto rilevare che l'amnistia o l'indulto che oggi alcuni richiedono, nel nostro paese, in realtà, esistono per istituzione. Noi, infatti, abbiamo una sorta di amnistia di Stato, nel senso che il 90 per cento dei reati commessi nel nostro paese resta comunque senza colpevoli. Pertanto, nove delinquenti su dieci hanno l'amnistia garantita dallo Stato, perché hanno la certezza di non essere presi, di non venire condannati e di non andare a finire in galera!

Un altro esempio che dimostra l'assoluta inutilità di quanto si sta attualmente discutendo l'abbiamo avuto proprio qui, in quest'aula. Infatti, qualche anno fa, dopo la visita del Papa ricordata anche da altri colleghi, è stato comunque varato un provvedimento di clemenza, poiché da questa Assemblea un «indultino» è uscito. Assieme all'indultino, sono usciti dalle prigioni italiane anche 6 mila carcerati. Peccato che, di questi 1.500 ritornati immediatamente nel giro di qualche mese. Infatti, sono usciti dalle carceri - avrebbe dovuto trattarsi di un'azione di apertura nei confronti del reintegro di tali cittadini -, ma 1.500 su 6 mila hanno pensato bene di delinquere immediatamente e di ritornare in galera! Ovviamente, se 1.500 sono tornati in carcere, viste le percentuali dei risultati ottenuti dalla magistratura e dalle Forze dell'ordine, ciò vuol dire che anche quasi tutti gli altri sono comunque ritornati a fare i delinquenti. Infatti, se uno su quattro è ritornato in galera, anche gli altri tre, con grande probabilità, non hanno commesso azioni molto diverse!

Quello che pare non interessare minimamente i colleghi sia dell'opposizione sia in parte, della maggioranza è che il problema non sono tanto i 6 mila carcerati usciti o i 1.500 rientrati in carcere, ma il fatto che se 1.500 ritornano in galera, vuol dire che ci sono almeno 1.500 cittadini normali ed onesti, 1.500 famiglie normali ed oneste che hanno subito un reato commesso da questi carcerati che voi avete fatto uscire anticipatamente dalle carceri. Di questo non parla nessuno ed il problema è solo fare uscire i carcerati delle prigioni, e non pensare alle conseguenze che i cittadini normali, che ovviamente sono la stragrande maggioranza nel nostro paese, subiscono per questa uscita dal carcere. Voi avete sulla coscienza 1.500  cittadini offesi spesso nei propri averi e nei propri capitali, ma anche nel proprio corpo, nella propria integrità fisica, perché avete fatto uscire dal carcere 6 mila delinquenti! Alcuni di questi carcerati, a parte i casi più eclatanti come quello di Izzo e soci, hanno addirittura compiuto degli omicidi, che voi avete sulla coscienza, ma di cui pare qui non interessi a nessuno.

Come parlamentare facente parte di questa maggioranza, mi dispiace veramente stare qui a perdere tempo, ripeto, su un provvedimento che comunque non andrà a buon fine, quando ci sarebbero tante altre cose da fare in quest'aula. Solo rimanendo nel campo della giustizia, c'è il problema della legittima difesa che, come l'onorevole Intini - particolarmente affezionato al gruppo della Lega - ha ricordato, non significa trasformare il nostro paese nel Far west. Peraltro, l'Italia lo è già perché quando in alcune città, come Napoli, per qualche mese all'anno si contano due morti ammazzati al giorno, mi pare che il Far west lo abbiamo già in casa senza bisogno della Lega o delle sue proposte. Come avevano bene descritto la collega Lussana ed il ministro Castelli, il provvedimento sulla legittima difesa non incentiva i cittadini a diventare una sorta di sceriffi privati, ma semplicemente - cosa che solo in questo paese può succedere - consente ai cittadini che sono stati offesi a casa loro, nei loro averi, nei loro effetti, nel loro corpo, almeno nei pochi casi in cui riescono a difendersi, di essere tutelati dallo Stato per aver compiuto questo gesto di autodifesa. Infatti, in Italia, quando si verifica la rapina in una villa, una oreficeria o una tabaccheria, in cui magari il tabaccaio, l'orefice o il proprietario di casa vengono ammazzati o feriti gravemente, dopo un po' di tempo chi ha commesso il reato è già libero per strada si trova chi magari è riuscito a difendersi ancora impelagato in pratiche di tribunale per giustificare un atto normale e naturale di autodifesa. Altro che Far west, signor Intini: evidentemente, lei vive ancora negli anni d'oro della «Milano da bere» del socialismo craxiano, ma il paese di oggi lei non lo conosce. C'erano altre leggi, come quella sulla prostituzione ed altre ancora, che probabilmente avrebbero avuto un valore aggiunto per il paese ben superiore a quello che stiamo creando con il provvedimento in esame.

Mi dispiace anche - e mi rivolgo sempre ai colleghi del centrodestra - che vengano sprecati questi ultimi giorni di legislatura in quanto stiamo facendo. Noi abbiamo lasciato per strada, insieme a tante cose utili che, va riconosciuto, abbiamo fatto per il paese, il provvedimento sulla competitività, ma non è che il nostro paese sia migliorato in questo senso. Abbiamo parlato per un po' di dazi e poi anche qui vi è stato il silenzio assoluto, come se il problema cinese non esistesse più.

Ieri abbiamo parlato di mille miliardi gettati nella spazzatura, di 70 mila euro spesi in telefonate pornografiche, di 3 miliardi di euro per i clisteri dati ai cittadini; e non siamo capaci di parlare seriamente di federalismo fiscale, che risolverebbe questi problemi e darebbe uno sviluppo diverso al nostro paese.

Ci sono problemi irrisolti: il problema della Turchia, che ogni giorno ci dà una dimostrazione fisica di quanto le posizioni della Lega siano assolutamente giustificate; il problema della Cina, che incombe non solo sul futuro delle nostre aziende, ma anche sul futuro del nostro sistema sociale e dei nostri figli. La sicurezza pubblica non è assolutamente tutelata: mi riferisco a quella dei cittadini, e non a quella dei delinquenti. Vi sono pubblici ministeri che continuano a fare i politici, che emettono sentenze politiche, che intervengono nel merito delle leggi e che liberano terroristi riconosciuti dall'ONU.

Rispetto a ciò non riusciamo a fare niente! Pochi mesi fa, vi è stato lo scandalo di 500 famiglie musulmane che non mandano i loro figli alla scuola di Stato, e non abbiamo fatto niente! Qualche settimana fa, vi è stato lo scandalo di 200 asilanti politici (che poi sono risultati essere solo 20 su 200), a cui il presidente di una provincia italiana ha concesso come dormitorio la sala del consiglio provinciale!  Di queste cose non abbiamo detto niente! E siamo qui a parlare di mettere fuori qualche delinquente, che per sfortuna è andato in galera a farsi qualche mese di carcere, magari dopo aver ammazzato qualcuno o stuprato qualche ragazza: non so se ci rendiamo conto di quanto stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

Che queste cose le faccia la sinistra a me sta anche bene e lo posso capire perfettamente: loro stanno prendendo in giro strumentalmente i detenuti, perché sanno benissimo che questo provvedimento non verrà approvato. Ma a loro fa comodo: pensano, forse, di prendere qualche voto in più, non so da chi. E, comunque, la sinistra vuole distruggere il nostro sistema: più delinquenti ci sono nelle strade e più sono contenti. Peccato che non abbiano la stessa sensibilità in altre circostanze, loro che sono buonisti, che sono intelligenti, insieme ai meridionali. Io sono lombardo e mi scuso se sono un po' ignorante o, comunque, meno intelligente della media nazionale, secondo le indicazioni che ci sono arrivate da molto in alto. Peccato che loro, che sono così attenti a tutte le questioni di giustizia e di garanzia, non lo siano quando sono implicati direttamente. Peccato che un leoncavallino a Milano per voi è un combattente, mentre a Bologna è un delinquente. Pertanto, se a Milano si cerca di fare qualcosa, si scatena la piazza; mentre, se il sindaco comunista bolognese dice che bisogna rispettare la legalità, va tutto bene (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

Parlando di grandi numeri, peccato che siate qui a dannarvi per qualche delinquente, per fargli scontare qualche mese in meno di carcere; mentre nei paesi comunisti veri, dove avete governato per settant'anni, di queste cose non si parlava neanche. La gente veniva presa, impacchettata, spedita in Siberia e lasciata lì sino alla fine (breve!) dei loro giorni. Non capisco come mai, ancora oggi, non vi siano manifestazioni da parte dei vostri leader illuminati, dei Veltroni, dei Rutelli, dei Pannella di turno, sulle 30 mila esecuzioni capitali all'anno che il più grande paese comunista al mondo - la Cina - oggi (e non nel Medioevo!) continua ad eseguire, senza che nessuno dica nulla!

FRANCO GRILLINI. «Nessuno tocchi Caino» lo dice tutti gli anni! Non dire stupidate!

DARIO GALLI. Ti ho già detto prima cosa devi andare a fare, in privato; se vuoi, te lo dico anche alla radio, però non credo ti convenga...

FRANCESCO GIORDANO. Presidente, è una questione di stile: non si può parlare così!

DARIO GALLI. Quanto la sinistra dice (non so se lui è un «sinistro» o, forse, un ambidestro) mi interessa relativamente; ma ciò che mi preoccupa è soprattutto la posizione dei colleghi di centrodestra.

FRANCESCO GIORDANO. Presidente, non si può parlare così!

DARIO GALLI. L'UDC ha sempre assunto la posizione che sappiamo; ma mi rivolgo ai colleghi di Forza Italia, e lo dico veramente in maniera costruttiva: voi siete veramente convinti che la maggioranza del vostro elettorato si aspetti da voi l'amnistia? Secondo voi, con riferimento a coloro che nel 2001 ci hanno dato il voto (svolgendo anche velocemente un'indagine statistica su 10 mila, mille, 100 soggetti), vi aspettereste che il 50 per cento più uno dicesse «sì» all'amnistia?

Forse, oltre a non conoscere il paese, non conoscete il vostro elettorato. Non credo che l'elettorato di centrodestra sia giustizialista: assolutamente! È formato da persone di grande buonsenso. Ma, proprio per questa considerazione, le persone di grande buonsenso vogliono che la giustizia funzioni, che in galera ci vadano solo quelli che hanno commesso reati, e non coloro che non li hanno commessi. Consideriamo che, oltretutto, le pene in Italia sono normalmente ridicole.

Ci sono i patteggiamenti, ci sono gli sconti di pena, c'è la buona condotta, e i cittadini di centrodestra di buonsenso vogliono che alla fine di tutto questo iter chi è stato condannato si sconti la sua pena fino alla fine. Non so che tipo di paese abbiate in mente o che tipo di elettorato pensiate di conoscere, ma se in molte occasioni la Casa delle libertà ha perso qualche voto, non date la colpa alla Lega, che non ha mai fatto della propaganda antimeridionalista, al massimo ha solo denunciato fatti giusti. Pensate invece al fatto che per prendere i voti degli elettori di centrodestra bisogna fare politiche di centrodestra, e la politica del centrodestra non è quella del giustizialismo bensì quella della giustizia: la giustizia deve funzionare e chi ha commesso una colpa (non entro nel merito perché ogni cittadino, ogni carcerato, ha la sua storia), pur avendo avuto le sue ragioni, è andato contro le regole del buon vivere civile e deve pagare la sua pena. Ritengo che i nostri elettori da noi questo vogliano. La Lega l'ha detto, l'ha promesso in campagna elettorale, e in questi cinque anni di legislatura ha mantenuto l'impegno preso e lo mantiene ancora oggi: noi siamo contrari a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Continuiamo, anche questa mattina, un dibattito che ormai si trascina da cinque anni. La realtà è questa: questo dibattito, che ormai sta assumendo toni grotteschi e surreali va avanti da cinque anni! Da cinque anni assistiamo ciclicamente alla riesumazione dei provvedimenti di clemenza, amnistia e indulto, che quasi sempre corrispondono a campagne politico-propagandistiche che qualcuno deve fare perché non riesce a trovare in altro modo la visibilità politica che gli deriverebbe dal consenso elettorale che non c'è (dunque, bisogna inventarsi campagne che possano avere una loro collocazione per quanto riguarda i mass media e un ristretto numero di operatori di settore nel campo della comunicazione).

Questo dibattito, piuttosto surreale, che va avanti da cinque anni ha avuto dei picchi, dei momenti alti e bassi ma ha anche registrato, in maniera abbastanza chiara, un dato incontrovertibile: non ci sono, cioè, le condizioni politiche per licenziare un provvedimento di questo tipo.

Grazie anche alla presa di posizione ferma e coraggiosa della Lega, che poi ha trascinato sulla sua scia i colleghi di Alleanza nazionale e acceso la luce del dubbio in molti dei nostri colleghi appartenenti ai partiti sia della maggioranza, sia, anche, dell'opposizione, l'approvazione di questo provvedimento è stata bloccata. Noi rivendichiamo il merito politico, il coraggio e anche la lucidità politica di questa azione, anche in ossequio, così come è già stato ricordato più di una volta, alla ragione sociale della coalizione di cui siamo parte.

La Casa delle libertà, i cittadini e l'elettorato di centrodestra sostanzialmente non vedono di buon occhio e non approvano provvedimenti di questo tipo, che si risolvono in una semplice apertura delle carceri per far uscire qualche migliaio di detenuti, perché questa è la sostanza di ciò che si vuole fare.

Non si è in un momento importante, un momento storico al quale la società italiana vuole dare una risposta con un provvedimento di clemenza collettiva. Non c'è un cambiamento radicale del modo di vedere la giustizia e le politiche carcerarie in questo paese, ma c'è una volontà molto semplice e qualunquista di alcuni settori politici, assolutamente minoritari in questo paese, di aprire le porte delle carceri e far uscire i detenuti.

È ovvio che l'elettorato e i cittadini della Casa delle libertà non si riconoscono in un progetto di questo tipo e noi, molto fedelmente, in maniera molto coerente, diamo voce a questa impostazione, perché è ovvio che un Governo che si richiama a politiche di centrodestra ben difficilmente,  in una condizione normale come questa, si può presentare con provvedimenti di questo tipo.

Siamo alla vigilia di una campagna elettorale: gli schieramenti, all'interno del loro progetto politico, dichiarino ai cittadini e agli elettori, in maniera molto trasparente, cosa vogliono fare se, eventualmente, andranno al Governo di questo paese.

Se l'Unione, in tutta libertà, vuole essere l'artefice di provvedimenti di questo tipo, pensi ad inserirli nel suo programma elettorale. Su tale programma, cerchi di avere il consenso dei cittadini e, successivamente, giunta in questo Parlamento con un mandato elettorale molto preciso - ovviamente per adesso c'è ancora l'articolo 79 della Costituzione che, per fortuna, prevede il quorum dei due terzi dei componenti di quest'aula -, cerchi di arrivare al risultato che si sta proponendo, ossia un provvedimento di clemenza.

Non essendoci oggi queste condizioni, anzi, trovandoci nella condizione peggiore, perché il dibattito in cinque anni non è riuscito a decollare e si trova oggi in una fase assolutamente stanca sul finire di questa legislatura, è chiaro che stiamo facendo un dibattito che, a nostro avviso, non solo è inutile, ma è anche dannoso. Esso è dannoso allo spirito dell'articolo 79 e agli istituti dell'amnistia e dell'indulto, che - non lo vogliamo dimenticare - sono istituti eccezionali, molto importanti e delicatissimi, in quanto danno la potestà, la forza e il potere alla Repubblica e alle sue istituzioni di essere «generosi» - se vogliamo utilizzare questo termine - nei confronti di chi ha sbagliato e ha trasgredito le regole del vivere comune e le leggi di questo paese, ma in un momento eccezionale.

Questo è il punto fondamentale. Si tratta di un istituto eccezionale che si usa in momenti storici eccezionali. Oggi, se mi permettete, 12 gennaio 2006, a due settimane dalla fine della legislatura e dallo scioglimento delle Camere, non è un momento storico eccezionale.

Abbiamo ripetuto più di una volta queste cose e le ripetiamo ancora. Oggi, in questo momento - lo andremo a verificare tra poco - non ci sono i numeri per l'amnistia. Oggi, con le posizioni espresse in aula, non ci sono nemmeno i numeri per l'indulto, perché non ci sono i necessari due terzi dei componenti favorevoli all'approvazione di questo provvedimento.

Dunque, spero che già nella giornata di oggi venga data una risposta politica e parlamentare chiara, possibilmente con il voto palese, che rappresenta in maniera evidente ed oggettiva nei confronti dei cittadini ciò che è avvenuto in quest'aula. Tale voto chiuderà questa vicenda.

Una vicenda che - ripeto - ha impegnato per troppo tempo e in malo modo le aule parlamentari e che non serve nemmeno alla popolazione carceraria, che è stata forse illusa troppe volte da provvedimenti di questo tipo.

Deve essere fatta chiarezza e sarà fatta; e se, come noi speriamo, l'Assemblea boccerà definitivamente sia l'amnistia sia l'indulto, un ringraziamento da parte dei cittadini dovrà essere rivolto al gruppo della Lega Nord Federazione Padana, che con coerenza e coraggio si è sempre schierata assolutamente contro questo tipo di provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Falanga. Ne ha facoltà.

CIRO FALANGA. Nel corso di questa legislatura vi sono stati altri provvedimenti che hanno registrato una mancanza di accordo e di intesa tra i partiti della maggioranza. Ricordo, ad esempio, il provvedimento sulla devolution voluto dal gruppo della Lega Nord Federazione Padana e contrastato dal gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) o la riforma della legge elettorale voluta dall'UDC e contrastata dalla Lega.

Ebbene, in queste occasioni il Presidente del Consiglio, con le sue innegabili doti di persuasione, faceva giungere in Assemblea i parlamentari dell'intera maggioranza dopo che essi avevano concordato  e trovato un'intesa per la soddisfazione degli interessi ora degli uni ora degli altri, in qualche occasione contrapponendoli e compensandoli. Riusciva così l'operazione.

Questa mattina, per il provvedimento in esame, la maggioranza arriva in Assemblea in assoluto dissenso. Da una parte il gruppo di Alleanza nazionale e dall'altra il gruppo della Lega Nord Federazione Padana, peraltro con argomenti davvero, ma davvero sconcertanti.

Mi riferisco agli argomenti di ordine tecnico e giuridico sottoposti e segnalati dalla questione pregiudiziale presentata da parlamentari di Alleanza nazionale, che fanno riferimento all'articolo 3 della Costituzione, con un richiamo ad un precetto costituzionale relativamente ad un istituto previsto dalla Costituzione. Essi dimenticano, forse, che l'articolo 79 concerne gli istituti dell'amnistia e dell'indulto, espressamente previsti con una norma chiara dalla Carta costituzionale.

Come si può pensare, allora, di sollevare un'eccezione di costituzionalità, con la presentazione di una questione pregiudiziale, tirando in ballo l'applicazione in via analogica di un precetto costituzionale, quando la norma che viene esaminata in Assemblea è esattamente rispondente ad una precisa disposizione costituzionale?

A nulla vale l'argomento relativo al sistema delle esclusioni, perché sappiamo che tutti i provvedimenti dal dopoguerra ad oggi sono stati caratterizzati da questo sistema. Vi è stata sempre una previsione di esclusione di alcuni reati.

Vi sono stati, poi, argomenti di squallida e miserevole demagogia, giunti dai banchi della Lega Nord Federazione Padana. Ha detto bene l'onorevole Finocchiaro: leggete. Si è fatto cenno nell'intervento dell'onorevole Luciano Dussin al traffico di droga fuori le scuole. È escluso, onorevole Dussin: questa espressione di cultura populista non funziona più nel nostro paese. I cittadini non sono più disponibili a seguirvi su questa linea di populismo e demagogia scadente, squallida e miserevole.

Se non vi è stato un accordo su questo provvedimento la ragione è chiara: è un provvedimento che non ha in sé interessi di parte, non ha in sé interessi economici, politici o comunque di parte. È un provvedimento che interessa i diritti civili di gente detenuta in carcere in condizioni disumane, ma ciò per questa maggioranza non ha alcuna rilevanza.

Pertanto, non valeva la pena di tirare in ballo le doti di persuasione del Presidente del Consiglio per indurre la maggioranza a presentarsi in quest'aula in maniera compatta e licenziare un provvedimento che si discute da quattro anni! Non ne valeva la pena per queste ragioni, e queste ragioni dovrebbero essere tali da farvi provare, per quanto ancora ne siete capaci, un'emozione, una sensazione di vergogna nei confronti del popolo italiano e di questa fascia di cittadini detenuti nelle carceri che, per quanto responsabili di reati - badate bene - sono destinatari di norme costituzionali per la garanzia dei loro diritti umani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.

LUIGINO VASCON. Signor Presidente, se vi è qualcuno che si deve vergognare è colui che, in questo momento, ha terminato il suo intervento accusandoci di essere squallidi, miserevoli e demagogici!

CIRO FALANGA. Poi ti dico perché!

LUIGINO VASCON. Io non ti ho disturbato: impara l'educazione!

CIRO FALANGA. Poi ti dico perché!

LUIGINO VASCON. Lo sono tutti coloro che si sono permessi di andare a lusingare, ad illudere circa una possibile amnistia ed indulto, non noi che siamo coerenti, non noi che abbiamo sempre mantenuto la nostra linea politica!

Per quanto riguarda i rapporti con il cittadino, caro Falanga, vediamo chi, eticamente, a livello politico, in questa sede ha mantenuto i rapporti con gli elettori e  con i cittadini! Proprio tu non puoi parlare (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!

Dovremmo pensare piuttosto a quei cittadini che non sono dietro le sbarre, ma che sono a casa e che lavorano quotidianamente. Si stava appunto parlando di salto delle quaglie e dei «quagliotti», tanto per capirci!

Comunque, vorrei ricordare che il popolo italiano, il popolo di lavoratori tutto sopporta ma, una volta terminata la giornata di lavoro e dopo aver contribuito con il pagamento quotidiano di tasse e dei vari oneri, la notte vorrebbe riposare tranquillamente all'interno delle proprie mura domestiche. Invece, purtroppo, sappiamo benissimo che così non è! Noi al nord viviamo delle tristi esperienze quotidiane, e mi riferisco alle famose rapine in ville e via dicendo. Dobbiamo chiarire una cosa: sembra che in carcere tutti siano persone innocenti e perbene che, per le bizzarrie della magistratura, dei carabinieri, della polizia e della Guardia di finanza o per il fatto che sono antipatiche vengono messe in galera! Sembra che siano tutti dei poveri Cristi, casualmente capitati nella rete; invece, provate a pensare a quante energie, sia economiche sia fisiche, vengono spese, a come si espongono quotidianamente i carabinieri, la polizia, la Guardia di finanza, che riescono ad assicurare nelle maglie della cosiddetta giustizia questi galantuomini che, guarda caso, vivono negli hotel di Stato!

Si parla di condizioni disumane, ma si è mai andati a vedere in che stato versano i detenuti nelle altre carceri di Europa (non dico in giro per il mondo), tanto per intenderci? Alla fine della legislatura sembra di essere quasi ai saldi di fine stagione: si promette e si vende di tutto! Prodotti gratis e sconti per illuderci alla fine di raggranellare qualche voto! Non è così che si portano a casa i voti, caro collega Falanga, ma con l'onestà, la coerenza delle proprie idee, mantenendo fede al rapporto tra eletto e cittadino, rispettando i programmi elettorali; e noi siamo sempre stati fermi e coerenti sulla nostra linea. Ai delinquenti non facciamo sconti, né concediamo indulto e tanto meno amnistia!

Provate a pensare piuttosto a quelle famiglie che hanno subito e subiscono soprusi da parte di una delinquenza a spasso per il paese! Proviamo a metterci nei panni di chi non riesce a cancellare il ricordo di incursioni notturne, di furti, di scippi e di borseggi e via dicendo! Perché non ci mettiamo da quella parte, che è quella giusta, perché indifesa, non dalla parte di coloro i quali, dopo reiterati reati, vanno, per qualche mese o per qualche anno, in galera! Andiamo a vedere di che cosa sono accusati! Andiamo a vedere quanto lavoro la magistratura ha svolto per mettere in galera queste persone!

E oggi, proprio ai fini della campagna elettorale, vorremmo fare sconti a questi galantuomini? Credo che i galantuomini abitino altrove e non in carcere; e proprio alla popolazione che abita fuori dal carcere dovremmo rivolgerci, evitando di promettere provvedimenti che magari, con un cambio di maggioranza, verrebbero elargiti il giorno dopo.

Questa non è democrazia, questa non è serietà politica, questa non è serietà intellettuale, questa non è onestà, ma semplicemente una volgare forma demagogica e strumentale volta a raggranellare qualche consenso in più! Anche se voglio proprio vedere se il popolo italiano accetterà un provvedimento del genere!

Noi siamo fermi e coerenti con le nostre idee, lo abbiamo scritto e mantenuto nel programma elettorale. Ma ciò evidentemente a qualcuno dà fastidio, probabilmente a qualcuno che ha qualche scheletro nell'armadio; noi no! Io e i miei colleghi, quando ci siamo dovuti esporre, lo abbiamo fatto in maniera coerente, a testa alta; pertanto, come rispondiamo noi, devono farlo anche gli altri.

Quando prima sentivo parlare di condizioni disumane, mi passavano davanti agli occhi le figure di tante persone che hanno dovuto radicalmente cambiare il proprio modo di vita, se non addirittura il luogo di residenza, a causa della pressione malavitosa.

Non è forse il caso di svolgere una riflessione più profonda a livello politico, valutando serenamente e in maniera equa con chi abbiamo a che fare da una parte e dall'altra? Se non riusciamo a fare ciò, è evidente che non siamo legittimati a legiferare nel merito e credo che, se il buonsenso - al di là dell'appartenenza politica - riesce a scindere le due cose, forse troveremo una via d'uscita molto più serena e molto meno strumentale e demagogica di quella alla quale siamo costretti ad assistere in quest'aula.

Anche soggetti non eletti in Parlamento hanno assunto posizioni a dir poco demagogiche e strumentali, volte a carpire la buona fede e a coinvolgere addirittura il Santo Padre. Cioè, hanno utilizzato qualsiasi forma pur di arrivare a scalfire la fermezza dei due gruppi parlamentari che si sono sempre opposti a queste due misure di clemenza per noi inaccettabili.

Ripeto, occorrerebbe svolgere un'analisi molto più attenta, che non sia strumentale e illusoria, bensì realistica. Ci sono cittadini che soffrono e soffriranno per molti anni ancora i soprusi di una mancata giustizia; di ciò dobbiamo occuparci, non di colui che dopo aver commesso diversi reati si trova in carcere.

Politicamente, possiamo andare avanti a testa alta proprio perché siamo coerenti. È vero, siamo un partito popolare e populista, ma di queste nostre origini siamo fieri perché quanto promesso in campagna elettorale lo stiamo mantenendo, mentre altri queste cose non le fanno, ma hanno la memoria corta.

Ebbene, di ciò ci vantiamo perché possiamo dire che non abbiamo mai cambiato le regole a metà del gioco e non accettiamo che altri lo facciano per conto nostro. Saremo sempre coerenti con il nostro programma e nel rapporto con i cittadini. Quando andiamo in giro non dobbiamo di certo abbassare lo sguardo! Siamo convinti che la nostra posizione si rispecchi nella quotidianità dell'intero popolo, aldilà della posizione politica, nel cittadino, che ormai neanche più denuncia ciò che è costretto a subire. Per quale motivo? Perché nel momento in cui il colpevole viene individuato e poche ore dopo, siccome viene denunciato a piede libero, lo ritroviamo di nuovo in strada, abbiamo anche paura a denunciarlo: questo è il ragionamento della gente. Siamo di fronte a un iceberg giudiziario: soltanto una piccola percentuale dei reati viene denunciata, proprio perché manca la fiducia nell'organo giudicante e dunque nella giustizia.

Se ora, dopo aver riscontrato ciò, andiamo anche a premiare questi galantuomini, questi signori, con l'indulto e con l'amnistia, provate a pensare a che livello può scendere il grado di stima e di fiducia del privato cittadino nei confronti della giustizia. Ma, probabilmente, a qualcuno questo ben poco importa, a qualcuno interessa semplicemente, quando apre il cassetto dei voti, trovarvi qualche voto in più - a mio avviso ciò è molto discutibile, anzi non ci credo per nulla -, in barba al mandato parlamentare. Il parlamentare e il Parlamento devono infatti tutelare e difendere i diritti del cittadino e legiferare per conto del cittadino, ma del cittadino perbene, che rispetta le regole, non del delinquente che mi entra in una villa di notte, magari per rubare un cellulare e pochi monili d'oro. Non stiamo infatti parlando di rapine del secolo, ma di una violenza ormai diffusa, inarrestabile e inimmaginabile, proprio perché da una parte vi è un impegno enorme delle Forze di polizia - carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza -, che nonostante tutto continuano nella loro opera, e dall'altra vi è un sistema che dopo poche ore rimette in libertà determinati soggetti, fino a sette, otto, dieci volte in cui viene reiterato il reato.

Ora in quest'aula, secondo la volontà di determinati esponenti politici, dovremmo deliberare nel merito, e dunque mandare a casa queste persone, e magari pagargli anche il biglietto di ritorno e chiedergli scusa dicendo: scusate, vi abbiamo trattenuto troppo? La cella non era di vostro gradimento? Volevate l'aria condizionata?

Se non rispettiamo il diritto del cittadino ad essere tutelato mediante le forme che la legge prevede, commettiamo un  errore pari a quello di chi non vuol sentire e non vuol capire e tradiamo il mandato popolare che ci è stato affidato attraverso democratiche elezioni: non saremmo coerenti, e dunque non saremmo presentabili al cospetto dell'elettorato alle prossime elezioni.

Dal momento che non vogliamo ciò e che siamo moralmente ed onestamente coerenti, signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimeremo voto contrario sul provvedimento in esame. Abbiamo fermamente assunto una decisa posizione contraria proprio per rispetto non soltanto nei confronti di tutti coloro i quali hanno subito la violenza e le vessazioni da parte di questi signori, ma anche nei confronti di chi quotidianamente ci difende. Dobbiamo pensare alle famiglie che hanno perso i propri cari nell'espletamento del loro lavoro, a tutte le persone che si espongono quotidianamente e a tutti coloro i quali corrono rischi per svolgere il proprio lavoro, per difendere e tutelare la sicurezza di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, l'esito delle votazioni sulle questioni pregiudiziali e sulla questione sospensiva mi ha fatto cambiare radicalmente opinione sul valore dei sondaggi che circolano in questo paese. Ebbene, da tali sondaggi emerge che tra le priorità dei cittadini vi sono il lavoro, la casa e la sicurezza. Quest'ultima, talvolta, supera le altre due necessità.

Ebbene, in quest'aula, la Lega nord e Alleanza nazionale, con meno del 20 per cento dei consensi, si trovano a rappresentare oltre il 95 per cento dei cittadini italiani. C'è qualcosa che non quadra. C'è un imbroglio latente, che tra l'altro non si riesce neanche a nascondere, né a sinistra né nelle parti confuse della Casa delle libertà, che crea un evidente malessere nei cittadini elettori, i quali si aspettano dai propri rappresentanti politici risposte tempestive e corrette, che siano in sintonia con le loro esigenze di sicurezza. L'imbroglio c'è.

È lo stesso imbroglio che noi abbiamo denunciato quando è stato approvato l'indultino; anche allora ci siamo trovati noi della Lega e i colleghi di Alleanza nazionale, con il 20 per cento scarso di consenso elettorale, a rappresentare oltre il 90 per cento dei cittadini italiani. Ciò vuol dire che a sinistra e, in parte, nella Casa delle libertà c'è chi continua nell'imbroglio. Un imbroglio senza dignità, nascosto nelle apparizioni televisive da parte dei leader dei vari partiti, che parlano di tutto, ma evidentemente non hanno il coraggio di dire le cose come stanno. Ciò che dicevo prima lo ripeto anche adesso: coraggio e sincerità vorrebbero che un segretario di partito si presentasse nel «salotto buono» di Vespa chiedendo ai cittadini elettori il loro voto in cambio della liberazione di decine di migliaia di malviventi, ladri, truffatori, spacciatori; ma ciò non avviene perché il risultato sarebbe quello di ottenere zero voti, anche se poi alla chetichella costoro si ritrovano all'interno di questa aula con maggioranze trasversali e votano contro il 95 per cento del sentimento dei nostri cittadini.

È uno dei mali della politica di questo paese, e difatti sappiamo quanto sono lontani i nostri cittadini dal mondo politico e da chi li rappresenta. Purtroppo, è difficile creare alternative valide, perché, oltre ad imbrogliare nei programmi e nei voti trasversali, si riesce anche a cooptare gli organi di informazione, quindi l'imbroglio continua e i cittadini sono sempre più lontani da quello che in realtà accade.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 13,15).

LUCIANO DUSSIN. Neanche i sondaggi tengono più, perché di fronte all'imbroglio crolla tutto, crolla però anche la nostra credibilità. È allora vanto e motivo di orgoglio da parte degli uomini della Lega differenziarsi da chi l'imbroglio lo perpetua.

Sono stato tra i pochi deputati ad ascoltare gli ultimi interventi di ieri sera e ricordo l'intervento dell'onorevole Taormina, di Forza Italia, che da buon democristiano ha «incensato la sua dichiarazione di voto a favore dell'indulto e dell'amnistia scarcera ladri e, tuttavia, ha speso due parole buone nei confronti dei deputati di Alleanza nazionale e della Lega. Tutto sommato, noi non condividiamo assolutamente nulla di quello che ieri sera ha detto in quest'aula l'onorevole Taormina, perché ci divide un muro di cemento armato spesso quattro metri!

PRESIDENTE. Onorevole Dussin, posso chiederle una cortesia? Poiché lei è membro autorevole dell'Ufficio di Presidenza e condivide con me e altri colleghi la gestione complessa della Camera, faccio un piccolo strappo al regolamento interrompendola; poi le renderò la parola.

Molti parlamentari, poiché come voi tutti sapete è prevista una maggioranza qualificata, mi chiedono quando avrà luogo il voto, in quanto è stato presentato anche un emendamento soppressivo. Ho chiesto all'onorevole Gibelli quale sia l'intenzione del suo gruppo e la risposta è stata che intendono utilizzare i tempi loro concessi. Per tale motivo, per dare ordine al dibattito e per garantire i colleghi - mia massima e costante preoccupazione - ritengo che si possa proseguire la seduta dando modo ai deputati della Lega e agli altri che lo desiderino di esprimersi liberamente, sapendo che il voto non avrà luogo comunque prima delle 16,30 del pomeriggio.

Onorevole Dussin, le rendo la parola e le chiedo scusa se ho approfittato della sua cortesia.

LUCIANO DUSSIN. Come dicevo, noi ci sentiamo orgogliosamente fieri della diversità di vedute e di comportamenti parlamentari che ci distingue sia dalla sinistra, sia anche all'interno delle forze politiche presenti nella Casa delle libertà.

Il tema della sicurezza è per noi fondamentale. Su questo tema noi siamo a posto con la nostra coscienza, perché quello che si poteva fare è stato fatto. Mi riferisco, ad esempio, alla legge in materia di immigrazione, la famosa Bossi-Fini. Guarda caso, anche oggi, la Lega Nord Federazione Padana e Alleanza nazionale sono le forze politiche che si preoccupano della sicurezza dei cittadini. Si tratta, quindi, degli stessi gruppi parlamentari che hanno - vorrei dire - quasi imposto la necessaria modifica della precedente legge in tema di immigrazione. Noi siamo riusciti a rimediare ad uno degli errori clamorosi commessi dalla sinistra, che si era tradotto in una mancata sicurezza nelle nostre città. Ricordo, a questo proposito, che con la cosiddetta legge Turco-Napolitano si era riusciti a raggiungere la «bella cifra» di sette reati su dieci commessi nelle città capoluogo di provincia da parte di extracomunitari. Ciò sta a significare che quella legge - quella loro legge - è stata un fiasco assoluto! Per questo motivo, siamo intervenuti in questa materia introducendo delle regole chiare: permesso di lavoro, impronte digitali e alloggio. Così facendo, un po' alla volta, le cose si stanno sistemando.

Stiamo lavorando, come ricordavo prima, anche sulle carceri perché, a nostro avviso, più delinquenti girano liberi per le nostre strade, peggio staranno i nostri cittadini; più istituti carcerari nuovi avremo a disposizione, maggiore sarà la sicurezza dei nostri cittadini. Non serve, quindi, avere chissà quali tipi di conoscenze particolari per comprendere queste cose elementari.

Sulla questione sicurezza, desidero raccontare quanto accaduto in una missione all'estero della Commissione parlamentare di cui faccio parte. Nel corso di tale missione, siamo riusciti ad ottenere un colloquio con il ministro dell'interno inglese il quale, lo ricordo, è un laburista e, come tale, collocabile politicamente in un'area di centrosinistra, che non è certo il centrosinistra comunista del nostro paese, ma tutt'altra cosa. Con tale ministro si discuteva su come si riesca, in Inghilterra, ad arginare il fenomeno del terrorismo e della immigrazione, che comporta inevitabilmente dei problemi. Di fronte  alle risposte fornite alle nostre domande dal ministro dell'interno inglese, i nostri deputati di Rifondazione comunista presenti sono rabbrividiti in quanto si chiedevano come fosse possibile che in un paese come l'Inghilterra, guidato dal centrosinistra, vi fossero posizioni che andavano al di là di quello che noi si è riusciti, nostro malgrado, a fare in Italia con le modifiche apportate alla legge Bossi-Fini. In Inghilterra, lo ricordo, si parla addirittura di introdurre la carta di identità con misurazioni biomediche - gli inglesi non si fidano ormai neanche delle impronte digitali -, in particolare, la misurazione dell'iride.

Da parte nostra sono sorti, quindi, dubbi sul fatto che un paese, ripeto, a guida del centrosinistra, potesse essere così radicalmente convinto della necessità di garantire la sicurezza al suo interno. Ricordo, in particolare, la domanda formulata da un parlamentare di Rifondazione comunista al suddetto ministro. Quel collega chiese se in Inghilterra ci fossero i centri di permanenza temporanea, dove prefetture e questure trattengono gli immigrati clandestini per il riconoscimento e l'espatrio successivo. Il collega era sicuro che la risposta che avrebbe fornito il ministro inglese sarebbe stata negativa. Il ministro inglese, invece, si è quasi scandalizzato per quel tipo di domanda che gli veniva rivolta e ha risposto: «Sì, anche in Inghilterra vi sono i centri di permanenza temporanea. Ci mancherebbe altro! Altrimenti le nostre prefetture lavorerebbero per fare cosa? Forse per trattenere qualcuno e lasciarlo in libertà in attesa di individuarne le generalità, magari dopo sei mesi quando lo stesso è già sparito?» Alla successiva domanda posta al ministro inglese circa il sorgere di eventuali ed ulteriori problemi che tali strutture creerebbero, il rappresentante del Governo inglese ha fornito una risposta ovvia, che darebbe qualsiasi autorità di un paese normale del mondo: «C'è il carcere!»

L'esponente di Rifondazione comunista è sobbalzato: «Come? Il carcere per gli immigrati in un paese civile come il vostro?». Capite, allora, la lontananza che c'è tra il buonsenso che esprime il nostro movimento, la Lega Nord Federazione Padana, e ciò che la sinistra comunista di questo paese continua a propugnare?

Occorre rimarcare una differenza che molti, nella Casa delle libertà, non hanno ancora colto: il nostro elettorato è diverso da quello della sinistra. L'elettorato che dà il voto alla sinistra vota per la sinistra in ogni caso: possono parlare di famiglia, ma possono anche essere per i matrimoni tra gli uomini (come si ricordava in altre occasioni); possono parlare di sicurezza, ma possono approvare la legge Turco-Napolitano, che fa entrare la gente senza impronte digitali, senza un lavoro e senza una casa, creando tutti i problemi che conosciamo; possono dire tutto ed il contrario di tutto, ma raccolgono un voto di protesta che va comunque a loro. Il nostro elettorato è completamente diverso: è pragmatico; chiede cose che si aspetta gli vengano date.

Molto spesso, noi riusciamo a dare al nostro elettorato le risposte che si attende, ma su certi temi non riusciamo a fare in modo che ciò accada. Ebbene, il tema in discussione oggi ha dimostrato che esiste una lacuna enorme all'interno della Casa delle libertà: che deputati di Forza Italia e dell'UDC non riescano a cogliere il sentimento del 95 per cento dei cittadini italiani è gravissimo! Comunque, non è giustificabile che, in piena campagna elettorale (ci siamo già), partiti che dovrebbero cercare di recuperare un po' di consenso elettorale (come fece Bush durante la sua campagna elettorale) si lascino guidare da persone che siedono in quest'aula e che io non ho mai apprezzato.

Mi riferisco, ad esempio, al presidente della Commissione giustizia, con il quale abbiamo già avuto modo di alzare il tono della voce in diverse occasioni. Il presidente della Commissione giustizia, onorevole Pecorella, di Forza Italia, ha fatto di tutto per impedire che, nelle ultime ore di questa legislatura, giungesse all'esame dell'Assemblea il provvedimento sulla legittima difesa dei cittadini, mentre ha contribuito in maniera determinante a portarci qui, a perdere le ultime ore di lavoro  significativo per discutere come far uscire i ladri dalle galere. Una confusione assoluta che, ovviamente, si paga in termini elettorali!

A dire il vero, non è che il sottoscritto si preoccupi tanto se questi partiti della coalizione perdono consensi: per fortuna, abbiamo approvato una legge elettorale che riesce a premiare chi appaga le aspettative dei cittadini e punisce chi non lo fa! Ognuno si assume le sue responsabilità e, ovviamente, piangerà con proprie lacrime quando, a breve, dovrà constatare ciò che ha già avuto modo di constatare nelle ultime consultazioni elettorali.

Se uno vuole farsi del male, lo faccia: non ci sono problemi! Però, deve essere chiara una cosa: la Lega Nord è un'altra cosa; è un altro partito; è un partito radicato nel territorio, che coglie le esigenze dei propri cittadini e che, in campagna elettorale, avrà anche il coraggio di mandare i suoi uomini a spiegare cos'è successo in quest'aula in materia di sicurezza. Non parleremo male soltanto dei compagni comunisti, ma ricorderemo anche gli atteggiamenti che sono stati tenuti all'interno dei due partiti, in precedenza menzionati, della Casa delle libertà. Non succeda mai che il sottoscritto legga in un programma elettorale o magari su qualche quotidiano locale, che qualche esponente dell'UDC o di Forza Italia inneggia alla sicurezza: sarò il primo a sbugiardarlo! Non possono raccontare bugie!

È per questo che noi continuiamo a testimoniare la nostra distanza assoluta anche rispetto ad atteggiamenti di riavvicinamento amichevole (come quello dell'onorevole Taormina, di cui ho già detto ieri sera). Il muro che ci divide è troppo spesso! Noi continueremo il nostro lavoro: continueremo a tenere d'occhio l'immigrazione clandestina in questo paese e saremo pragmatici nell'affrontare il problema del terrorismo. Al riguardo, faccio notare che quello con cui dobbiamo fare i conti oggi non è il terrorismo delle Brigate rosse: quello era un terrorismo vigliacco; questo viene portato avanti da kamikaze!

Quando il terrorismo è animato da persone che mettono a repentaglio la loro vita, di solito gli Stati di diritto e democratici perdono, perché prima crollano i ponti, si inquinano gli acquedotti e si abbattono le torri e solo dopo ci si muove. Allora, la Lega intende distinguersi dai garantisti che devono garantire agli integralisti musulmani gli stessi diritti dei nostri cittadini e, di fatto, li lasciano liberi di fare ciò che vogliono nel nostro paese, salvo poi piangere lacrime di coccodrillo quando questi integralisti riescono a realizzare le loro devastanti iniziative sul nostro territorio. Noi intendiamo, in primo luogo, non parificarne i diritti a quelli dei nostri cittadini e, in secondo luogo, intraprendere azioni preventive. Affermare questo sembra quasi essere contro lo Stato di diritto. Invece, è significativamente vero il contrario.

La Corte costituzionale in questo paese è riuscita, sotto l'aspetto della gestione dei processi, della magistratura, delle denunce e così via, a parificare i diritti di chi non è cittadino a quelli dei nostri cittadini. Figuratevi quanto i terroristi islamici integralisti approfittino di queste sbagliate aperture che la Corte ha cercato di riconoscere loro! Voglio ricordare che la Costituzione italiana è redatta per i cittadini italiani. Il titolo relativo ai diritti e ai doveri dei cittadini è riferito ai cittadini italiani e si è cittadini italiani in base ad una legge precisa. Gli altri sono ospiti e beneficiano di un regime diverso di garanzie.

Anche in questo caso, quando abbiamo cercato di spiegare che c'è una differenza, se vogliamo difenderci, la sinistra comunista è insorta, e l'ala buonista che garantisce perdite di vagoni di consenso elettorale a Forza Italia ed all'UDC ogni volta che si va a votare, si è confusa con la sinistra. Voglio ricordare a chi non vuole capire ed è responsabile anche del naufragio del proprio partito che i voti non si ottengono qui, all'interno di questa Assemblea, ma devono essere ricercati al di fuori del Palazzo. Le maggioranze trasversali che si coalizzano in quest'aula, ogni tanto, non portano alcun voto, neppure uno, ad una compagine o ad una alleanza che si propone per le prossime consultazioni  elettorali. I voti devono essere ottenuti fuori. Il cittadino, quando va a votare, vorrebbe capire se vota per il soggetto A o per il soggetto B, non per A più B, altrimenti non capisce nulla. Tuttavia, ciò continua ad avvenire ed è - ripeto - una fortuna che sia stata modificata la legge elettorale, in modo che ognuno si presenta di fronte al proprio elettorato con la propria faccia, con il simbolo del proprio partito. Dopo, potrà anche scegliere una coalizione, è vero, ma questo deve essere letto come una riduzione del danno. Alcuni sono peggiori e, probabilmente, quelli dell'altra parte sono un po' migliori: però la mia faccia, la mia figura, i miei intenti, proposte e voti continueranno a differenziarsi, quando servirà, anche nell'arco della prossima legislatura, se sarò ancora eletto deputato.

Come ripeto, noi parliamo chiaramente, già in campagna elettorale, e non ci nascondiamo dietro a mancate programmazioni elettorali per poi cercare maggioranze trasversali in questa Assemblea. Siamo consapevoli del fatto che la necessità del paese non è quella di liberare le persone che spacciano droga fuori dalle scuole. Mentre noi viviamo in quest'aula, i nostri figli sono alla mercé di persone che spacciano droga davanti ai cancelli delle scuole e, magari, veniamo a saperlo tra uno, due o tre anni. Questi soggetti che spacciano droga devono essere premiati, devono essere scarcerati due anni prima? Gli arresti riguardano uno ogni centomila, perché gli altri la fanno franca sistematicamente. Se quello che è dentro lo mettiamo fuori, dimostriamo agli altri centomila che sono già fuori che non hanno nulla da temere da questo Stato che ha il ventre molle.

Io continuo a interrogarmi sulla vasta delusione che anima il mio spirito anche all'interno della coalizione in cui mi trovo a votare; per fortuna, il nostro movimento riesce a differenziarsi nei casi più pregnanti, come quello odierno. Ebbene, la mia delusione è nel cogliere lo stato confusionale e la mancanza di personalità di molti parlamentari anche della Casa delle libertà, i quali non hanno il coraggio di esprimere il proprio voto - come è successo stamattina in occasione dell'esame delle questioni sospensiva e pregiudiziali - per bloccare questo provvedimento di clemenza. In Assemblea, non li trovi; ma in Transatlantico o fuori o alla buvette dichiarano, delle misure di clemenza in discussione, che sarebbero proposte da matti. Però, dopo, in Assemblea, se il pollice è rivolto verso l'alto, votano insieme a Bertinotti e agli altri! È questo che è deludente; se lo colgo io, è colto anche fuori delle aule di questo Parlamento.

Sulla sicurezza, non intendiamo recedere neppure di un solo passo; quando trattiamo con i nostri militanti o incontriamo i cittadini italiani, noi ci presentiamo con il viso e con la coscienza pulite. Per fortuna, il mio partito mi ha sempre garantito di entrare in una sezione della Lega e di non dover abbassare gli occhi di fronte a militanti disattesi in aspettative che fossero incentrate su questioni importanti. Questioni importanti che - lo ribadisco - sono certamente costituite dalla sicurezza ma anche da altri temi. Penso, ad esempio, a determinati comportamenti politici in base ai quali noi ci siamo distinti da quasi tutto il resto del Parlamento relativi al voto sul Trattato costituzionale dell'Unione europea. Unione che nasce senza anima perché a sinistra non volevano l'indicazione delle radici cristiane, il che è stato accettato da parte della Casa delle libertà, confusa: tanto, essere cristiani o non esserlo è identico; l'importante, è partecipare al gioco, all'imbroglio (mi richiamo, al riguardo, alle battute iniziali del mio intervento).

Ma penso anche alle nostre chiare prese di posizione sulla difesa delle nostre imprese da quanti speculano sul lavoro e sulla schiavitù minorili; mi riferisco a chi penetra nel nostro paese determinando la chiusura di molte nostre attività. Anche questo è motivo di orgoglio, essere lontani «anni luce» dalle politiche del centrosinistra, ma anche dalle politiche di parte della Casa delle libertà, che non riesce a cogliere aspetti importanti.

Va da sé, in sostanza, che entusiasma di più il cittadino elettore sapere che sarà governato da un Governo che gli consentirà di riappropriarsi della libertà e della ricchezza che non, piuttosto, sapere, ad esempio, di grandi investimenti che saranno realizzati o inaugurati tra dieci decenni.

Peraltro, la libertà è ricchezza. Se nei nostri territori, dieci o quindici anni fa, si era meno ricchi, pure, però, si partiva per andare in vacanza un mese senza neanche chiudere i cancelli di casa: a mio avviso, dunque, eravamo più ricchi allora che non adesso.

PRESIDENTE. Onorevole...

LUCIANO DUSSIN. Sono questi i motivi che, dunque, ci differenziano enormemente da uno schieramento, ma anche da buona parte dei nostri pseudoalleati (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.

GIANCARLO PAGLIARINI. Onorevoli colleghi, siamo arrivati a questo voto in un modo sicuramente rocambolesco; ieri, i colleghi di Alleanza nazionale hanno dichiarato, a più riprese, che è stata compiuta una forzatura del regolamento e, in effetti, a ben riflettere, se si trattava di una misura importante e necessaria, perché non la si è varata in questi cinque anni? Quindi, il dubbio che siamo in presenza di una caccia al voto rimane.

Questo non è il mio campo; comunque, ho chiesto di intervenire - e ringrazio il collega Polledri, che interverrà dopo - perché vi è un punto che vorrei veramente sottolineare e che non è stato affrontato sinora. Si continua a parlare in questa sede della necessità di «svuotare» le carceri, dove la qualità della vita sarebbe terribile. Ebbene, fermo restando che la soluzione giusta è quella del ministro Castelli - che riesce a negoziare che alcuni extracomunitari, già detenuti nelle nostre prigioni, scontino la loro pena nelle carceri dei paesi di origine -, vi chiedo, però, colleghi, cosa c'entri il problema di alleggerire le carceri con i soldi, con le pene pecuniarie? Non c'entra niente.

Però, se voi prendete gli articoli 1 e 6 del provvedimento in esame e leggete le disposizioni relative alle sanzioni pecuniarie, constatiamo una cosa del genere.

Pensate, onorevoli colleghi, che all'articolo 1, relativo all'amnistia, è scritto che è concessa amnistia per ogni reato per il quale è stabilita una pena pecuniaria, da sola o congiunta con una pena detentiva! Quindi, tralasciando la pena detentiva, vorrei rilevare che ci accingiamo a votare per concedere l'amnistia a persone che sono libere e che non sono in prigione (non vi è, quindi, la necessità di svuotare le carceri), ma a cui è stata comminata una pena pecuniaria (cioè, che devono pagare dei soldi allo Stato). Ebbene, in questo caso si approva un'amnistia a beneficio di persone che sono libere e fuori dal carcere, decidendo che non devono più dare soldi allo Stato! Ma non staremo mica scherzando?

Se esaminiamo anche l'articolo 6 del provvedimento in esame, ritroviamo lo stesso concetto. Leggiamo, infatti, che è concesso indulto, nella misura non superiore a 10 mila euro, per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive. Allora, sempre dimenticando le pene detentive, vorrei evidenziare che ci accingiamo a votare un progetto di legge con il quale si concede indulto alle persone che devono versare dei soldi allo Stato, decidendo che non devono più pagare 10 mila euro! Ma, colleghi, ci rendiamo conto di ciò che stiamo facendo, o no?

Cosa c'entrano queste disposizioni con il problema delle carceri? Ci sono persone che sono libere, non stanno in prigione ed hanno solo debiti verso lo Stato, ma noi vogliamo approvare un progetto di legge che prevede che tali somme, concedendo l'amnistia o l'indulto, non debbano essere pagate! Ma ci rendiamo conto? Coloro che vogliono approvare questo testo l'hanno letto? A questo punto, ho veramente dei dubbi!

È incredibile: ribadisco che è concesso indulto nella misura non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie; pertanto, se una persona deve pagare 12 mila euro allo Stato, non ne versa 10 mila, pagando solamente i residui 2 mila! Ma non ho capito perché questa persona non deve dare 10 mila euro allo Stato!

Signor Presidente, ho chiesto di svolgere un intervento necessariamente breve, perché non si tratta propriamente del mio campo, tuttavia vorrei segnalare che si tratta di una scelta che non riesco veramente a capire! Dobbiamo anche aggiungere che, in Commissione bilancio, abbiamo chiesto al Governo (perché era nostro compito) di quantificare gli effetti del mancato gettito di questi 10 mila euro, dovuti da gente che non sta in prigione, cui lo Stato rinuncia. Abbiamo chiesto quanto verrebbe a costare alla finanza pubblica tale scelta, ma il Governo non è riuscito a fornire una risposta; pertanto, non sappiamo se si tratti di 100 mila euro, di un milione di euro o di 200 milioni di euro! Non si sa, e dunque non vi è copertura finanziaria!

Un collega dell'opposizione, molto attento ai numeri, ha affermato che, se qualcuno esce di prigione, si spende di meno, perché verrebbero meno le sue «spese vive», e forse si riesce a ridurre dei costi. Ciò, tuttavia, non è vero, perché adesso mi riferisco soltanto a coloro che non sono in prigione; in ogni caso, come sapete, il costo per la gestione delle nostre carceri è essenzialmente fisso, poiché è dato dagli ammortamenti, dagli stipendi delle guardie carcerarie e via dicendo.

Si tratta, quindi, di una perdita secca per la finanza pubblica; parlo di «perdita» perché ci tengo a ribadirlo. Noi, infatti, con gli articoli 1 e 6 del provvedimento in esame, stiamo cancellando i debiti verso lo Stato di persone che non sono in prigione, ma che devono pagare delle sanzioni pecuniarie. Qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa c'entri ciò con il problema del sovraffollamento delle carceri e tutto il resto, fermo restando che anch'io, come tutti i componenti del gruppo della Lega Nord Federazione Padana, sono dell'idea che chi sta in prigione, dopo che sono stati celebrati tutti i processi a suo carico, giustamente e logicamente ci debba rimanere.

Tuttavia, al di là di questo, non capisco veramente il motivo per cui si debbano cancellare anche le sanzioni pecuniarie di persone che non stanno in prigione; esse hanno solo dei debiti verso lo Stato, ma con il testo del provvedimento in esame li cancelliamo! Signori colleghi, mi dispiace, ma per me ciò rappresenta veramente una scelta assurda ed incredibile!

Pertanto, vorrei dichiarare che ho chiesto di intervenire nella discussione per sottolineare tale questione, poiché forse non tutti sono a conoscenza del fatto che stiamo approvando un progetto di legge che prevede anche misure di questo genere, il cui costo il Governo non è stato in grado di stimare! È una cosa veramente incredibile (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ercole...

CESARE ERCOLE. Sono qua, Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Ercole, ma dove devo andare a recuperarla...? Va bene: per la mia magnanimità e per la mia liberalità, merita di prendere la parola!

Prego, onorevole Ercole, ha facoltà di parlare.

CESARE ERCOLE. Signor Presidente, vorrei fare alcune considerazioni sul concetto di moralità, che deve essere ben presente a tutti noi rappresentanti del popolo. In particolare, un concetto di moralità e di morale intesa come considerazione delle persone che hanno subito danni da parte della delinquenza, anche ricollegandoci ai vecchi concetti filosofici che ci vengono da illustri filosofi della Magna Grecia, come Platone ed Aristotele, fino agli ultimi del secolo scorso, come Kant, Fichte, Schelling ed Hegel.

Su queste considerazioni di moralità ci dobbiamo chiedere: è morale liberare persone che hanno causato danni ad altre persone? Noi pensiamo di no. Noi pensiamo che i concetti di amnistia o di indulto contenuti in questo provvedimento debbano essere cassati. Già alcuni colleghi, nei precedenti interventi, hanno messo in evidenza quanto sia devastante dal punto di vista della sicurezza dei nostri concittadini il fatto di aprire le carceri a chi ha commesso dei reati, a chi ha commesso dei soprusi, a chi ha violentato o rubato, e quindi a chi ha commesso veramente dei fatti immorali.

Allora, il concetto di moralità deve essere ben presente tra di noi; a questo punto credo che questo concetto, da parte sia della sinistra sia di chi fa parte di questa maggioranza sia alquanto aleatorio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 13,45).

CESARE ERCOLE. Noi abbiamo ripetuto più volte in quest'aula e in questi anni, in modo coerente ed unanime, che sia l'indulto, sia l'amnistia non sono fatti per la Lega. Noi siamo contrari a questi provvedimenti di clemenza generalizzata, in quanto li consideriamo contrastanti con l'esigenza della certezza della pena che ci siamo impegnati a soddisfare in campagna elettorale. Lo ricordo, in particolare, ai colleghi di Forza Italia, che sostengono invece la necessità di una misura di amnistia e di indulto. D'altro canto, non possiamo dimenticare che i cittadini italiani, i cittadini onesti, oggi hanno paura perché, purtroppo, nonostante l'impegno di questo Governo, nel nostro paese vengono commessi crimini sempre maggiori e il tasso di criminalità è elevato. I cittadini onesti hanno paura quando sono nelle loro abitazioni la sera e quando si recano al lavoro in ufficio. I cittadini ci chiedono sicurezza, legalità, non di aprire le porte dei nostri penitenziari ad un numero di detenuti ancora indeterminato.

Persone che sono in carcere perché hanno subito una condanna, nel caso dell'indulto, passata in giudicato si ritroverebbero a piede libero senza aver completato il percorso di rieducazione e riabilitazione che la detenzione comunque comporta. Inoltre, tali soggetti verrebbero rimessi in libertà senza un vaglio preventivo circa la loro pericolosità sociale. Abbiamo detto più volte che riteniamo ciò inaccettabile.

Allo stesso modo, riteniamo inaccettabili le argomentazioni che fondano la necessità di un provvedimento di amnistia e di indulto sul sovraffollamento carcerario. Il fenomeno esiste e taluni ritengono che esso sia addirittura connaturato all'istituzione carcere, ma va affrontato in altri modi, con altri metodi, evitando di scaricare il problema, ancora una volta, sui cittadini onesti. A nostro giudizio, ciò sarebbe ancor più inaccettabile.

Per quanto riguarda, poi, le condizioni di vivibilità nei nostri penitenziari, le abbiamo riconosciute più volte, e ne dobbiamo discutere, tanto che in questi anni il problema è stato affrontato anche dal nostro ministro Castelli. Ciò dimostra che la Lega non fa la «faccia feroce», che la Lega non è crudele, al contrario di quanto è stato scritto, in queste ultime settimane su pagine autorevoli, diciamo così, dei nostri quotidiani.

Tuttavia, se la Lega deve scegliere, sicuramente è dalla parte di cittadini. È, infatti, vero che, per ogni soggetto detenuto all'interno dei nostri penitenziari, fuori vi è un altro soggetto, ossia la vittima dei reati, qualcuno che ha subito un'offesa non solo al proprio patrimonio, ma - molte volte - anche alla propria persona. A tali individui onesti, le vittime dei reati, va il pensiero della Lega Nord. Non possiamo consentire che l'utilizzo di strumenti di tale tipo conduca ad una duplice offesa nei confronti delle vittime dei reati. Si tratta di vittime purtroppo silenti.

In questa Assemblea molte volte ho sentito parlare dei diritti dei carcerati, ma nessuno si preoccupa dei diritti dei cittadini onesti, nessuno si preoccupa di difendere i cittadini onesti della criminalità. Costoro, torno a ripeterlo, subirebbero una duplice offesa: quella ricevuta nel  momento in cui hanno subito un'aggressione, quando magari sono stati lasciati soli da uno Stato che non è potuto intervenire, e quella che si verifica quando lo Stato stesso rimette in libertà i loro aggressori, i loro aguzzini. Ciò, ancora una volta, per noi della Lega, è inaccettabile.

Eppure, ancora una volta, abbiamo assistito a forzature nella procedura, forzature del regolamento, forzature del calendario. In ciò vi è stata una complicità trasversale tra l'Unione, capeggiata dalla Rosa nel Pugno, e la Casa delle libertà, il centrodestra, nel cui ambito la sponda è stata offerta da Forza Italia e dall'UDC. Forse, dietro vi è anche un grande «manovratore trasversale», che ha pensato bene di assecondare le decisioni - o le richieste - di taluni e di inserire nel calendario dei lavori il provvedimento di amnistia ed indulto, che sembra essere diventata la priorità in questo paese, l'esigenza primaria per tutti i cittadini, quando, invece, altri provvedimenti di sicuro avrebbero corrisposto maggiormente agli interessi di chi oggi, nel paese, si attende, torno a ripeterlo, legalità e sicurezza.

Non dimentichiamo che alcuni mesi fa una statistica stilata da un'agenzia affermava chiaramente che il 50 per cento dei cittadini italiani era contrario a questi provvedimenti, e - guarda caso - il 50 per cento di tale 50 per cento era costituito da giovani, ossia da persone al di sotto dei 30 anni. Ciò ci testimonia chiaramente come la pensino i nostri giovani su questo provvedimento.

Comunque, è chiaro che questo dibattito si muove, ancora una volta, all'insegna dell'ipocrisia. Il testo che ci troviamo ad affrontare e votare non prevede soltanto l'indulto, come ricordava ieri l'onorevole Bonito, con l'astensione dei Democratici di sinistra e della Margherita; vi è inserita anche l'amnistia. Registriamo tale ipocrisia. Addirittura, l'onorevole Bonito domanda a chi servirà questo provvedimento. Infatti, esso si applica a chi ha commesso reati fino al 1o giugno 2001. Questa è un'altra delle forzature che si sono tentate ieri, in sede di Commissione. Infatti, pur di parlare di amnistia e pur di vincere, pur di continuare in tale atteggiamento ipocrita, si voleva «scavalcare» la Costituzione, si voleva violare l'articolo 79 della stessa, che parla chiaro, laddove afferma che si può trattare di amnistia e di indulto solo per i reati commessi fino alla data di presentazione della prima proposta - o disegno - di legge in materia.

Ieri abbiamo assistito ad un'autentica farsa, poi smascherata dall'onestà intellettuale di qualcuno: mi riferisco al relatore Mormino. E il presidente della Commissione, onorevole Pecorella, è stato ambiguo: voleva protrarre in avanti il termine di applicazione dell'amnistia, al 2001, e si cercava di portarlo ancora avanti al 2002 e poi al 2003, considerando la data nel testo unificato delle proposte di legge approvato dalla Commissione.

Perché tutto ciò? Perché ci rendiamo conto che non è vero che questa amnistia non desterebbe allarme sociale o riguarderebbe quei reati che non destano allarme sociale. Infatti, nell'amnistia che volete e che ci è stata prospettata dall'onorevole Buemi e dalla Rosa nel Pugno, si fa riferimento ai reati puniti con pene definitive fino a quattro anni; e quel termine non è il massimo edittale previsto dal nostro codice. Si può andare oltre: possono essere amnistiati reati per i quali il codice prevede una pena maggiore. Infatti, poi, vi siete affrettati a scrivere, in questo progetto di amnistia che ci propinate, che essa si applicherebbe anche ai recidivi, ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e che nel computo della pena che si dovrebbe amnistiare non si tiene conto delle circostanze aggravanti e della recidiva. Bell'inganno: siete stati veramente furbi!

Noi, di fronte a queste nefandezze e, soprattutto, ad un concetto cui la Lega tiene molto - che è quello di moralità - diciamo «no» a questo provvedimento, ribadendo ancora la nostra forza, il nostro coraggio e la nostra trasparenza nel dire ai nostri concittadini: noi siamo con voi, noi vi difenderemo sino all'ultimo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, quello di cui stiamo discutendo da ieri pomeriggio è un tema di particolare importanza e delicatezza e credo debba essere trattato con altrettanta importante delicatezza e sensibilità.

Ogni qual volta discutiamo su temi attinenti alla libertà personale, all'etica e alla morale e anche su temi riguardanti la linea conduttrice di uno Stato liberale, di uno Stato di diritto, che vuole tutelare e difendere la legalità, credo si debba adottare un approccio, non solo lessicale, ma anche di approfondimento e di ragionamento estremamente pacato ed equilibrato.

In occasione dell'esame di un precedente provvedimento, l'onorevole Boato - che è qui presente - ha definito gli esponenti di questa formazione politica «estremisti di destra». Ora, a parte l'esperienza dell'onorevole Boato di estremismo di sinistra o di movimenti extraparlamentari, non credo che opporsi ad un provvedimento di amnistia e di indulto possa automaticamente qualificare gli esponenti di questo partito come estremisti di destra. Noi apparteniamo ad una destra libera, liberale e democratica europea, che ritiene opportuno e fondamentale - è stato detto negli interventi precedenti, dal collega Gasparri e da altri che mi hanno preceduto - difendere i principi della sicurezza e della legalità del nostro Stato.

Allora, mi domando - e domando anche al Presidente Biondi - se uno Stato liberale e di diritto, uno Stato che si richiama ai principi fondamentali delle libertà individuali, possa esprimere posizioni di debolezza, di tolleranza, di lassismo nei confronti di un fenomeno crescente, quale quello della delinquenza, della criminalità sempre più diffusa a livello mondiale, dalla quale, purtroppo, non è esente neanche il nostro paese.

Può uno Stato di diritto, uno Stato di legalità, dare l'impressione, la sensazione o, addirittura, la certezza di cedere di fronte all'aggressione delle grandi organizzazioni criminali, che utilizzano anche ingenti quantità di denaro, oltre che di risorse umane? Può uno Stato liberale e di diritto rinunciare a far valere i suoi principi fondamentali, pur avendo chi commette un reato il diritto evidentemente di ripresentarsi di fronte alla platea della società civile pronto ad essere recuperato?

Può uno Stato di diritto annullare il principio fondamentale della corretta valutazione e della necessaria espiazione della pena, a fronte della quale molte migliaia di persone, che hanno magari subito danni ingenti dal punto di vista della salute o del patrimonio personale, si vedono in qualche modo trattate come cittadini di serie B?

Se non siamo in grado di tutelare l'interesse della società, della gente perbene, che guarda allo Stato e a questo Parlamento con l'attenzione dei legislatori, cioè di coloro che fanno il bene della collettività, ritengo che potremmo commettere, così come accaduto in altre occasioni, una discriminazione forte nei confronti della società morale, di quella maggioranza silenziosa di persone che hanno un comportamento etico e morale.

Non ritengo, quindi, che questo provvedimento, al di là dei tecnicismi e delle obiezioni che sono state sollevate sulla sua efficacia - di cui parlerò in sintesi fra qualche minuto -, abbia un effetto utile e propositivo per costruire uno Stato veramente liberale e di diritto. Non ritengo neanche che serva o sia utile sottolineare che, di fronte all'eccesso di popolazione carceraria, è necessario ricorrere a provvedimenti di clemenza per risolvere i problemi del sovraffollamento carcerario.

Uno Stato libero, liberale, di diritto, della legalità, non può evidentemente utilizzare provvedimenti estremi o scorciatoie per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Si deve arrivare, invece, con una politica forte, precisa e puntuale, a creare le condizioni affinché lo Stato italiano abbia più carceri e che queste siano più dignitose, in modo che la popolazione carceraria possa vivere in condizioni umane, senza per questo sbandare  verso la facile demagogia, creando le condizioni per cui un carcerato debba (è stato ricordato Beccaria, l'equità e l'umanità della pena) ritenersi quasi un privilegiato rispetto a molte sacche della società italiana che hanno veri e grandi problemi di sopravvivenza quotidiana.

Non credo, quindi, che dal punto di vista del merito e della sostanza questo provvedimento possa essere considerato un provvedimento utile e addirittura necessario. Anzi, ritengo e riteniamo che sia un provvedimento estremamente pericoloso e devastante, anche per il concetto di cultura della rieducazione. Amnistia e indulto svolgono un effetto contrario a quello voluto, perché promuovono e sollecitano il concetto della tolleranza e della impunibilità del crimine, accentuando la pulsione criminale per la cultura lassista di uno Stato.

Ritengo che l'Italia abbia bisogno di tutto fuorché di dare l'impressione e la sensazione che, nell'incapacità di regolare e amministrare le politiche della sicurezza, debba ricorrere ad amnistie e indulti a causa di un carico giudiziario elevatissimo e perché non si è nelle condizioni di poter amministrare la giustizia in tempi ragionevoli: questa è la via sbagliata! È la via sbagliata che un partito laico, liberale e democratico come Alleanza nazionale non può tollerare e che un liberale come il sottoscritto rifiuta apertamente.

Noi vogliamo e abbiamo necessità di tutelare gli interessi e i principi di garantismo nei confronti di tutte le persone, con processi agili e veloci, con un corpo giudiziario che possa governare la giustizia senza briglie, lacci e laccioli, una giustizia che sia giustamente e correttamente finanziata e con una politica carceraria che consenta di avere strutture logistiche e ambientali degne di un paese moderno ed importante come l'Italia. Soprattutto, abbiamo la necessità di sottolineare che la proprietà assoluta per questo paese, per questo Stato di legalità e di diritto è la certezza che chi commette un reato debba essere velocemente processato e, una volta accertata la sua responsabilità penale, ne debba patire le conseguenze espiando la pena fino alle estreme conseguenze.

Non è possibile, in altre parole, che lo Stato si arrenda di fronte alla criminalità, al crimine organizzato e alla macrocriminalità solo perché non è in grado di amministrare la politica della giustizia. Ciò è aberrante, contraddittorio e non può appartenere alla cultura del diritto del nostro Stato e della nostra società.

Infine - vorrei concludere -, stiamo assistendo ad una escalation di nuovi fenomeni criminali, non solo autoctoni ma anche stranieri. La popolazione carceraria è composta per il 40 per cento di immigrati clandestini. Vi è una grande pericolosità sociale per l'incolumità dello Stato che deriva dal terrorismo. Noi non possiamo abbassare la guardia. Non possiamo dare l'impressione alle grandi organizzazioni criminali italiane e straniere che lo Stato è incapace di difendere i propri cittadini e di amministrare correttamente la giustizia e che, di fronte all'incapacità di uno Stato debole e tollerante, si approvano amnistie e indulti.

Questo non è accettabile e non è tollerabile da parte non solo di Alleanza nazionale, ma anche di alcun partito che abbia a cuore gli interessi dello Stato e della nazione. Non si tratta di fare politiche demagogiche o elettorali, si tratta di difendere gli interessi generali dello Stato. L'aggressione della criminalità italiana e straniera è forte. Se noi cediamo di fronte a una politica forte, ferma e di contrasto di qualunque forma di criminalità, diamo all'Italia e all'Europa, quindi al popolo italiano, agli europei e alla comunità internazionale, la sensazione o, forse, la certezza che l'Italia ha il ventre molle, che si può entrare, commettere delitti e poi ottenere facilmente l'amnistia o l'indulto.

Ciò è intollerabile e, per queste ragioni, credo che la posizione di Alleanza nazionale, seguita dalla Lega, sia una posizione di grande senso di responsabilità. Non vorrei chiudere con un appello un po' elettoralistico, ma credo veramente - mi rivolgo agli amici e colleghi di Forza Italia e dell'UDC - che la Casa delle libertà, che  si è creata e costituita sui grandi valori della libertà, del diritto e delle garanzie, ma anche della tutela della sicurezza, non possa mancare a questo appuntamento. Uniti, insieme e coesi su questi temi fondamentali, possiamo continuare a credere di governare il paese con grande interesse e responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, la ringrazio di avermi consentito, nel darmi la parola, di lasciare agli atti la mia posizione personale e quella di un intero partito, Alleanza nazionale. Si tratta di una posizione non preconcetta, che non vuole far scaturire una dimostrazione di ostruzionismo ad ogni costo. Si tratta di una posizione legata, innanzitutto, ad un valore etico e morale, che credo ciascun parlamentare debba avere nei confronti di ogni cittadino onesto del nostro paese.

Signor Presidente, io sono sicura, ascoltando i vari interventi che si sono susseguiti in questi due giorni, che nessun parlamentare che siede in quest'aula, girando per l'Italia intera, di fronte alla richiesta di sicurezza che proviene da parte di tutti i cittadini onesti, abbia omesso di richiamare la necessità della certezza della pena.

Il richiamo della certezza della pena però, non può essere fatto solo a parole e solo nei momenti particolari attraversati dalla nostra nazione; non può essere fatto solo di fronte alla visione di reati che vengono commessi e perpetrati quotidianamente a discapito dei numerosissimi cittadini onesti, né solo ed esclusivamente nel momento in cui l'Italia è costretta a registrare reati gravissimi quali omicidi, violenze o quelli legati al terrorismo e ad altro.

Si dice che questo provvedimento di amnistia e di indulto lascerebbe fuori i reati di associazione mafiosa e di terrorismo, e quelli che vengono considerati reati più gravi. Ma, nel dire ciò, non si pensa che i reati legati alla criminalità comune e non a quella organizzata vengono commessi da persone per lo più giovani ed anche immigrati che si avviano, purtroppo, proprio ponendo in essere questi reati meno gravi, verso la strada della criminalità organizzata.

Un'eccessiva clemenza evidenziata nei confronti dei reati apparentemente meno gravi - ma comunque reati - non farebbe altro che incentivare chi già ha una visione sbagliata, scorretta del modo di vita, verso la strada della criminalità organizzata.

Mi chiedo quale fiducia può continuare ad avere nei suoi rappresentanti politici un paese che viene richiamato continuamente alla necessità di garantire la sicurezza dei cittadini, un paese che è rappresentato da partiti politici che nei loro programmi elettorali non hanno mai abbandonato l'argomento della garanzia della sicurezza dei cittadini, un paese che elegge rappresentanti al Parlamento italiano e che li trova disponibili ad atti di clemenza (che non è vero vadano solo relegati o visti come rivolti a persone di poco conto, nel senso della criminalità), un paese che si trova di fronte a questi comportamenti dei componenti del Parlamento.

Quale componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, ho girato per l'Italia intera, ed ho audito rappresentanti di associazioni, di categorie, delle organizzazioni sindacali, componenti dei comitati per l'ordine e la sicurezza, magistrati, rappresentanti delle Forze dell'ordine. Vi posso garantire che non vi è stata una sola persona che non abbia sollevato nel corso delle varie audizioni la richiesta pressante nei confronti del Parlamento italiano di garantire la certezza della pena.

Nel nostro paese i processi hanno tempi lunghissimi e diventa, giorno dopo giorno, sempre più difficile individuare l'autore del reato e garantire la pena relativa. Quando a tale risultato si riuscisse ad addivenire nel corso dei vari gradi del processo, diventa assurdo - di fronte ad una legislazione italiana diventata eccessivamente garantista, alle riduzioni,  agli sconti di pena - varare, in un momento di campagna elettorale, un provvedimento di questo genere che ha natura propagandistica.

Come affermato da più parti, non si illudano più i detenuti con questi provvedimenti di amnistia e di indulto, affermando che le carceri sono stracolme e vivono situazioni strutturali e di disagio tali da rendere incostituzionale o, se vogliamo, non legittima dal punto di vista dei diritti umani la permanenza nelle stesse da parte di chi è sottoposto alla fase di detenzione. Non è vero, onorevole Presidente, onorevoli colleghi! Non è solo vero il fatto che il Governo ha provveduto a varare la costruzione di nuove carceri, è anche vero che sono stati varati progetti di recupero delle persone in fase di detenzione, poiché all'interno delle carceri veramente la sopravvivenza è degna di essere ritenuta tale.

Sfido tutti i parlamentari di quest'aula a trovare un solo carcere della Calabria (è rinomata in senso negativo) in cui si possa ritenere non idonea la sopravvivenza di chi ha commesso determinati reati! Non nascondiamoci di fronte ad esigenze che non esistono!

Dobbiamo valutare, invece, la tutela e la garanzia della sicurezza del cittadino onesto. Noi parlamentari abbiamo mai pensato di varare provvedimenti di «indulto« e di «amnistia» per le vittime dei reati? Cosa abbiamo fatto per le vittime dei reati? Di fronte a provvedimenti come questi vi sarà una platea di cittadini onesti che, certamente, diranno sempre più: «Ma cosa mandiamo a fare determinate persone in Parlamento a rappresentare l'onestà, la moralità e l'etica di noi cittadini?».

Allora, cerchiamo di ragionare e di capire e non preoccupiamoci di essere in una fase propagandistica preelettorale.

Credo che a nessuno debbano piacere i voti e i consensi elettorali provenienti da gente che vive nel malaffare e che non ha scontato fino in fondo la pena che gli è stata inflitta e che, certamente, una volta uscita dal carcere, continuerà ad essere recidiva.

Dunque, noi parlamentari, che siamo stati chiamati qui a rappresentare i cittadini onesti, preferiamo ricevere i consensi elettorali di gente che si è macchiata di reati, piuttosto che i consensi elettorali della gente perbene, della gente onesta che magari dopo una giornata di lavoro, tornando a casa, viene colpita sotto tutti i punti di vista da un qualsiasi malvivente che tanto sa di non pagare e che si sente protetto da Parlamenti che possono dall'oggi al domani varare provvedimenti di indulto e di amnistia?

Ma come può il Parlamento italiano continuare a parlare di garanzia della sicurezza dei cittadini senza tener conto che prima di tutto, accanto alla garanzia dei cittadini onesti, si dovrebbe parlare di garanzia per tutti i rappresentanti delle Forze dell'ordine che, a seguito di questi provvedimenti di clemenza, si troverebbero di fronte i soggetti che con grandi sacrifici avevano affidato alle patrie galere? E noi oggi ci permettiamo di garantire la vita dei malviventi piuttosto che il riordino di tutti i rappresentanti delle Forze dell'ordine che garantiscono davvero l'incolumità dei cittadini italiani!

Allora, facciamoci questo esame di coscienza. Non si tratta di una semplice presa di posizione che nasce da Alleanza nazionale o dalla Lega, ma di una presa di posizione che discende dal fatto che siamo stati eletti anche alla luce di impegni che abbiamo assunto con i cittadini. E questi cittadini oggi non dobbiamo deluderli, anche se in prossimità delle elezioni!

Che si prendano pure i voti dei malviventi: qui c'è gente onesta che continuerà a rappresentare i cittadini onesti fino in fondo, con tutti gli strumenti a nostra disposizione e nel rispetto dei nostri valori morali (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, non so se ha mai avuto modo di  vedere il manifesto del Presidente Casini. È un bel manifesto, nel quale - se ben ricordo - è riportata la seguente frase: «È la responsabilità che tiene unito il paese». Ebbene, oggi mi sento di sottoscriverla: è una bella frase. La responsabilità... Tuttavia, dobbiamo chiederci: responsabilità verso chi, verso che cosa? Ma, soprattutto, in base a quali princìpi? Quali sono i princìpi che illuminano la responsabilità?

Tenere unito il paese è un esercizio importante, cui si fanno molti richiami solamente in funzione di alcuni simboli. Non basta ricordarci dell'unità del paese solo dal punto di vista geografico o dal punto di vista simbolico, della bandiera: i simboli sono un elemento di unione - la parola deriva dal greco: «ciò che unisce» - mentre diabolico è ciò che divide; ma possiamo rimanere uniti soltanto per una bandiera o per un inno? Non credo. Credo che quello che tiene unito il paese e le fondamenta della responsabilità non siano né il profilo del Presidente Casini, certamente apprezzabile per la sua storia personale, né la bandiera, né l'inno, ma qualcosa in più, che tocchiamo con mano.

Dovremmo chiedere a questo paese e a chi ci ascolta in questo momento - probabilmente siamo sintonizzati su Radio radicale, che ringraziamo per il servizio pubblico che svolge - se siamo veramente credibili, al di là dei fatti di questi giorni. Certo, la responsabilità è collegata con la legalità e la moralità. Se ne parla tanto e arrivano alcune risposte. Non voglio assumere posizioni faziose; però, di fronte a quello che sentiamo, se dovessimo chiedere alle persone se siamo credibili come politici, in base alle nostre parole, vi anticipo che la maggior parte di coloro che ci ascoltano - magari non tutti quelli «orientati» - ci direbbe: sono tutte chiacchiere! Siete dei chiacchieroni! Siete tutti uguali!

Purtroppo, dicono questo, e non è merito o colpa di una parte o dell'altra, ma probabilmente della mancanza di una riflessione, cui non si può rispondere, come fanno ad esempio i colleghi dei Democratici di sinistra, con un «codice etico»: ma davvero pensiamo che il codice etico possa costituire la risposta alla crisi della legalità e della moralità che riguarda tutto il paese? Si tratta infatti di un paese di furbi, non soltanto a cominciare da chi ha i baffi, la barca e le scarpe da un milione di lire. Il problema riguarda il pubblico funzionario che non fa il suo dovere, il medico che non fa tutto quello che deve fare, il paziente che cerca di fregare il posto all'altro, insomma tutti coloro i quali non fanno il proprio dovere.

Si tratta, dunque, di una crisi generalizzata, ma noi, come politici, dobbiamo affrontare in questo Parlamento quella che è, come ha osservato la collega Napoli, anche una crisi della moralità e della legalità, alla quale, ripeto, non si può far fronte con un codice etico o con un'authority: il Presidente Prodi si è inventato l'authority! Ma siamo pieni di authority in questo paese, che per dieci anni non hanno vigilato da nessuna parte, né quando lui era all'IRI, né da altre parti! Chiedo scusa per i toni, ma quando sento queste cose e ci rifletto sopra, ancora adesso mi arrabbio.

L'unità del paese, dunque: su cosa vogliamo tenerlo unito? La collega Napoli ha parlato di mafia. Ricorro ad una citazione, tratta da un libro di qualcuno che si occupava di mafia: «La sola possibilità per lo Stato di segnare un'inversione di rotta mi sembra consista nel garantire un livello minimo di convivenza civile. Una delle precondizioni, delle clausole fondamentali di un simile contratto di convivenza consiste nell'assicurare l'applicazione della legge e nel contrastare efficacemente la criminalità. Se non si realizzano queste condizioni, è inutile rifugiarsi nell'illusione generosa che lo sviluppo possa cancellare, come per magia, la mafia».

Chi ha scritto queste parole era Giovanni Falcone, in collaborazione con Padovani, nel libro Cose di Cosa nostra. Vi è quindi un problema di applicazione della legge. La sinistra ci rinfaccia spesso molti dei condoni economici che hanno inciso in un momento grave dell'economia del nostro paese, come se quelli di sinistra condoni non ne avessero mai fatti. Un  certo clima nei comportamenti pubblici lo avvertiamo anche noi, ma a nostro avviso a mancare non sono le leggi, bensì la loro applicazione. Al riguardo vorrei citare qualche esempio. Esiste una severa norma penale contenuta nel decreto-legge luogotenenziale n. 66 del 1948 che vieta i blocchi stradali e ferroviari, che invece vengono sempre tollerati. Vi è poi l'articolo 21 della Costituzione, che vieta la pubblicazione a stampa di spettacoli contrari al buon costume; ciononostante, la pornografia prospera tranquilla. Esiste una dettagliata normativa sul commercio ambulante, eppure i falsi si vendono sempre. Ora ci siamo anche inventati l'alto commissariato: perfetto, ma la legge chi la fa rispettare? Esiste la normativa in materia di circolazione stradale, limiti di velocità e quant'altro, ma tale normativa viene sempre rispettata?

Le leggi non mancano. L'amara conclusione, però, è che - anche qui cito un magistrato, autore di un articolo dal titolo «Crisi della legalità: significato e responsabilità», contenuto in Magistratura indipendente - «la sistematica tolleranza di tali comportamenti costituisce un sintomo inequivocabile di un atteggiamento dei pubblici poteri generalmente portato a nutrire nei confronti dell'illegalità un atteggiamento di fatalistica rassegnazione». Fatalistica rassegnazione che oggi noi rinforziamo nel paese.

Ripeto: responsabilità verso chi? Responsabilità verso il cittadino comune! Oggi, molti colleghi lo hanno già detto, che immagine consegniamo a questo paese, sotto il profilo della certezza della legalità? Gli consegniamo un'immagine di sfiducia in un apparato che non sa rispondere in tempi brevi alla richiesta di legalità e non sa dare un'efficacia operativa alle esigenze più elementari della collettività. Ma, allora, voi potreste dirmi (e qualcuno dei colleghi della sinistra lo fa): siete forse contro i carcerati? Noi non siamo contro i carcerati. Questa non è una captatio benevolentiae: sicuramente non siamo a caccia di popolarità, come fa chi digiuna sempre alla vigilia di Natale, aspettando che tipo di digiuno ci sarà il prossimo anno. Tutti gli anni c'è il digiuno annunciato del signor Pannella e dei suoi compagni di partito, ma io vorrei chiedere loro: qual è l'impegno nei confronti dei carcerati? Esiste solamente l'impegno di renderli liberi o esiste oggi un impegno di renderli cittadini liberi? Li si può rendere cittadini liberi se c'è un percorso di rieducazione, di riabilitazione e di estinzione del proprio debito con la società. Una volta scontata la pena, essi devono ritornare cittadini come gli altri, ma questo debito va scontato, e nelle carceri forse è necessario un lavoro tutti i giorni. È necessario che vi sia anche la possibilità di lavorare nel carcere, perché gran parte dei carcerati chiede soprattutto due cose. Anzitutto, processi veloci. È possibile che vi sia ancora gente in attesa di giudizio per mesi, se non per anni? In secondo luogo, chiede di poter lavorare all'interno delle carceri. Queste due esigenze devono essere garantite; al riguardo, si stanno compiendo passi in avanti, ma sempre piccoli.

Non basta, quindi, scarcerare o porre un problema di dignità, oppure parlare, in generale, di solidarietà: non è questa la carità! È necessario invece il recupero del senso della legalità. Invece, così facendo, oggi noi creiamo nel paese un vulnus. Oggi, da cittadino, mi sento sicuramente un fesso, così come la gente che ci ascolta, la quale si chiede perché debba rispettare le leggi dato che in galera non ci va nessuno e i pochi che ci vanno sono messi in libertà. Ecco, allora, lo ripeto, la necessità del recupero del senso di legalità, strettamente connesso con il senso della moralità e con quello etico.

A questo riguardo, desidero citare un messaggio di Giovanni Paolo II estratto da un suo discorso svolto davanti ai rappresentanti del mondo del lavoro nel 1992. Il Papa, in quell'occasione disse: «Il recupero etico a livello personale ed a livello sociale risultano tra loro strettamente connessi. Le ingiustizie e i mali sociali, autentiche strutture di peccato e di peccati sociali, derivano dall'accumulazione e concentrazione anche di molti peccati personali».

Il tema di cui si discute è, quindi, attuale e ad esso si deve politicamente dare una risposta.

Quella che oggi si propone, però, noi non la riteniamo una risposta. Il rispetto della legalità è chiamato ad essere non un semplice atto formale, non quindi un codicillo etico o un'authority (questa bella parola inglese!). A questo proposito, ricordo che «loro», dopo dieci anni di IRI, dove hanno dato grandissima prova delle loro capacità manageriali, sono usciti sicuramente puliti: chi c'era prima e chi è venuto dopo è stato condannato per corruzione, ma nel corso del periodo in cui c'erano «loro» non è successo assolutamente nulla. «Lui» era bravissimo, mentre quello che è venuto subito dopo l'hanno buttato in galera per corruzione, ma «lui», oggi, pontifica di questione morale e fa le pulci ai Democratici di sinistra. Conseguentemente, colleghi, vi invito a prestare attenzione anche a chi sta da quella parte (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

Desidero citare anche un breve passaggio di una riunione della Conferenza episcopale italiana: «Il rispetto della legge e della legalità è chiamato ad essere non un semplice atto formale ma un gesto personale che trova nell'ordine morale la sua anima e la sua giustificazione. Certo, moralità e legalità sono nozioni distinte». Ora, quando parliamo di unità, attorno a che cosa si parla di unità? L'unità è attorno ai valori fondanti! Esiste un rapporto tra moralità e, quindi, etica, e legalità? Credo, di sì. E l'anello di congiunzione è stato attorno allo sradicamento di alcuni valori che sono stati portati avanti in un determinato modo. In particolare, si è parlato di concepire sì la politica ma anche l'umanità. Si è parlato molto anche di secolarizzazione e di relativismo. A tale riguardo, desidero citare un'altra persona la quale sostiene: «Lo sfascio dello Stato, l'invasione della criminalità, sia minuta sia organizzata, e la desacralizzazione del costume pubblico e privato sono due facce della stessa medaglia. Il progetto secolarizzante che, preparato negli anni Cinquanta e Sessanta, ha manifestato i suoi effetti più dirompenti ancora oggi, ha colpito e dissipato quel patrimonio di moralità ancora presente, anche perché hanno cercato di porvi un'alternativa. Non deve sorprendere, quindi, se si è diffusa una cultura della illegalità che è l'esatto corrispondente, a livello del diritto, di quella cultura permissiva che ha trionfato in campo morale». Ho citato un mio ministro che in questo ruolo non sarà Batman o Nembo Kid, ma come filosofo e come morale è sicuramente buono: si tratta del ministro Buttiglione. Quello appena citato è un brano estratto da un suo libro.

Come diceva poc'anzi la collega Angela Napoli, c'è un parallelo tra la concezione della moralità, l'esercizio anche di quella personale, l'etica e il principio di legalità. Ma che principio di legalità ci può essere - giustamente, veniva detto - da chi porta avanti i Pacs? Qual è, in questo caso, la morale, il valore fondante se è la famiglia l'elemento principale che tiene unito questo paese?

Allora, la si deve smettere di affermare, talvolta anche dai più alti scranni, che la Lega è contro l'unità! Per carità, è molto peggio l'attentato alle istituzioni da parte di chi vuole il matrimonio tra gay, di chi è contro la famiglia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...

DARIO GALLI. Bravo Polledri!

MASSIMO POLLEDRI. Mi piacerebbe ascoltare questo richiamo! Non basta ricordare l'unità attorno alla bandiera! Benissimo, benissimo, all'ombra della bandiera staremo tutti bene! Ma poi, quando sotto la bandiera avremo i matrimoni tra gay, l'aborto, l'adozione, la dissoluzione dei contributi, l'islam che ci dirà cosa dovremo fare, non so se ci starò bene sotto quella bandiera: prendo e vado all'estero, lo dico subito! Magari finirò sotto la bandiera di un paese meno aperto, meno progressista, ma riuscirò a vivere meglio, io e la mia famiglia!

Signor Presidente, chiedo scusa per questo sfogo e mi avvio a concludere. Qui  non è in gioco soltanto l'approvazione di una legge o una battaglia per prendere più voti: qui si discute seriamente, per quanto è ancora dato fare in questo anno in questo paese, di un principio fondamentale, del principio di legalità, che è quello che ci tiene uniti. A nostro giudizio, far passare il testo in esame significherebbe dare un'ulteriore martellata sulla credibilità del paese, sul senso di responsabilità e sul senso di unità! Grazie (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.

MARCELLO MEROI. Signor Presidente, è da ieri che, unitamente ai colleghi della Lega, i deputati di Alleanza nazionale stanno cercando di spiegare le motivazioni, le ragioni per le quali siano contrari al provvedimento.

Come abbiamo già detto ieri, signor Presidente, siamo contrari per questioni di metodo e di merito. Nel metodo, chi è intervenuto per il mio gruppo prima di me ha già spiegato appieno le motivazioni. Avevamo chiesto di velocizzare l'esame non di questo provvedimento, ma di altri. Avevamo chiesto, ad esempio, di velocizzare l'esame dei provvedimenti riguardanti il riassetto anche economico dei Carabinieri e delle Forze dell'ordine. Ciò non è stato possibile.

D'altra parte, abbiamo visto dispiegarsi, in questi giorni, un iter procedurale (finalizzato all'approvazione eventuale del provvedimento di concessione dell'amnistia e dell'indulto, che, come vedremo poi, è di difficile realizzazione) che è apparso molto anomalo rispetto a tutti gli altri casi verificatisi in precedenza.

Anzitutto, vi è stata una velocizzazione dei lavori in Commissione ed ancora manca un passaggio in Commissione bilancio, sede nella quale dovranno essere valutati con la massima attenzione i risvolti anche economici e finanziari del provvedimento. Ho già affermato ieri di ritenere assolutamente legittima la convocazione straordinaria della Camera dei deputati per il 27 dicembre (in periodo di chiusura). Tuttavia, in quell'occasione, si è notato - e si trattava di un segnale che doveva comunque dare qualche indicazione - che non erano presenti neanche tutti i sottoscrittori della richiesta di convocazione straordinaria e di valutazione, da parte della Camera, di un provvedimento di clemenza. Inoltre, abbiamo dato vita ad una seduta notturna, quella di ieri sera, che ricordiamo essere una delle pochissime di questa legislatura.

In passato, ad una procedura analoga non si è fatto ricorso nemmeno quando venivano in rilievo provvedimenti di grande importanza.

Alleanza nazionale è contraria per motivazioni che attengono non soltanto al metodo. Cercherò, ora, di illustrare le nostre valutazioni attinenti al merito, preannunciando che altri colleghi interverranno successivamente per il mio gruppo.

Intanto, avremmo preferito che la situazione carceraria, le strutture carcerarie e la condizione di detenzione di tanti cittadini fossero valutate non soltanto sulla base di un provvedimento di amnistia e di indulto, ma fossero comunque «lette» in un quadro più ampio e generale, in modo da verificare anche quelle che potevano essere le ricadute sulla disciplina della recidiva recentemente approvata.

Chiedevamo, quindi, il coordinamento di questo testo ed una valutazione da effettuare con la massima attenzione in un momento successivo, cioè all'inizio della prossima legislatura. Avremmo evitato, tutto sommato, di affrontare problemi gravi e molto importanti come questo - lo riconosciamo - in periodi nei quali, certamente, si può pensare che da parte di qualcuno, magari, sia stata effettuata una valutazione di carattere elettoralistico e propagandistico in luogo di una attenta valutazione dei problemi inerenti questo provvedimento. Ciò non è stato possibile e lo abbiamo denunciato. Non siamo d'accordo, e abbiamo cercato anche di farlo capire a qualche esponente della nostra stessa maggioranza.

Da qualche altra parte, si afferma, nel merito, che questo provvedimento tenderebbe a svuotare le carceri e ad alleggerire, in qualche modo, una situazione di estrema pressione anche nelle strutture interne e nella gestione dei dipartimenti carcerari. In realtà, questo non è vero perché, come noi tutti sappiamo e come riconosciuto anche dall'opposizione nel corso di autorevoli interventi svolti anche questa mattina, questo provvedimento, di fatto, si applica ai reati commessi sino al giugno 2001. Allora, non è necessario essere attenti giuristi ma è sufficiente una lettura abbastanza superficiale del provvedimento per distinguere tra i due casi. Infatti, quanto ai reati commessi antecedentemente, è chiaro che coloro che sono in carcere, e hanno già subito un processo, vi si trovano per aver commesso reati estremamente gravi e ad essi, quindi, non si applica questo provvedimento. Invece, quanto a coloro che hanno commesso reati in epoca successiva, è inapplicabile per questioni di carattere temporale. Perciò, è vanificata la richiesta o, comunque, lo scopo di coloro che sostengono che questo provvedimento in qualche modo aiuta una gestione meno pressante della situazione carceraria.

Come ricordavo in precedenza, è necessaria anche una valutazione sulla problematica della recidiva che, a nostro avviso, avrebbe dovuto essere valutata con la massima attenzione. Qualche dubbio sorge in ordine al mancato inserimento in questo provvedimento - che avrebbe dovuto essere di carattere generale e, comunque, dotato di una sua logica interna - di alcune norme del codice penale relative a reati che - come affermato stamani dall'onorevole Gasparri - avrebbero potuto già essere stati derubricati o, comunque, trattati in sede giudiziaria con provvedimenti di carattere alternativo certamente non necessitanti la carcerazione.

Riteniamo che questo provvedimento è affrettato, pasticciato e fuori tempo e, come affermavo in precedenza, forse maggiormente in linea con alcune esigenze di carattere elettoralistico di una certa sinistra fintamente solidarista piuttosto che attenta ai reali e complessi problemi della giustizia.

Ecco perché, a conclusione di questo intervento, voglio ricordare la nostra posizione. Noi continueremo ad intervenire. Non siamo assolutamente d'accordo né sulla amnistia né sull'indulto previsti da questo provvedimento. La nostra posizione è chiarissima all'interno di questo Parlamento e della maggioranza. Esprimiamo, comunque, un «no» che non è pregiudiziale perché abbiamo motivato politicamente e anche con valutazioni di carattere etico e morale la nostra posizione.

Mi si permetta di concludere con una osservazione relativa ad un aspetto cui ho già accennato in un intervento nella tarda serata di ieri. Ho ascoltato - lo dico con il massimo rispetto - alcuni colleghi che hanno richiamato le parole pronunciate da Giovanni Paolo II secondo in quest'aula. Affermavo ieri, e voglio ribadirlo, che nel momento in cui si cita un grande uomo, che ha fatto la storia della nostra civiltà e del nostro mondo, comunque uno dei più grandi uomini degli ultimi secoli, non è possibile estrapolare alcuni pensieri che piacciono e allontanare altri pensieri che, invece, piacciono meno. I valori espressi da Giovanni Paolo II in quest'aula qualche anno fa, richiamavano, oltre alla solidarietà, anche la famiglia; inoltre, si ispiravano ad una netta chiusura all'aborto ed a tradizioni e principi nei quali tutti ci riconosciamo. Riconoscervisi parzialmente vuol dire non rendere un buon servizio alla propria intelligenza ed alla propria coerenza.

Ecco perché Alleanza nazionale esprimerà un voto convintamente contrario a questo provvedimento perché, anche per una questione etica, morale e politica, oltreché di merito, preferiamo difendere le ragioni dei cittadini onesti a discapito di coloro che, in qualche maniera, contro questi cittadini onesti hanno operato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, come hanno già dichiarato gli altri colleghi di Alleanza nazionale intervenuti, noi siamo contrari a questo provvedimento non pregiudizialmente, ma perché non è serio, non è utile, non è giusto né, tanto meno, è dettato, come qualcuno cerca di farci credere, da ragioni di carattere umanitario.

Non è un provvedimento serio perché viene proposto, in fretta e furia, nelle ultimissime ore di questa legislatura con due scopi precisi: il primo, offrire al leader - o, meglio, ai due leader - dell'Unione qualche strumento in più per reclutare altri alleati con cui affrontare le prossime elezioni politiche; il secondo, dare fiato a vecchi «tromboni» della politica per fare propaganda ed inserirsi demagogicamente, e con spietato cinismo, nella gravissima questione del sovraffollamento delle carceri.

Non è un provvedimento utile, perché è applicabile solo per quei reati commessi in data antecedente al giugno 2001.

Non è un provvedimento giusto, anzitutto perché esclude proprio quei reati che prevedono sanzioni blande; quindi, perché non raggiunge la finalità di ridurre le permanenze dei processi in quanto, nel caso venisse approvato, rimarrebbero pur sempre in piedi centinaia di migliaia di processi per reati di non eccessiva gravità punibili con pene fino a quattro anni di reclusione e che si sono accumulati in questi cinque anni, ovvero dal primo giugno 2001.

Noi siamo i primi a sostenere il grave problema del sovraffollamento delle carceri o delle pessime condizioni in cui sono costretti a vivere i carcerati a causa delle gravi carenze igienico-sanitarie o dell'angustia degli spazi loro assegnati o della mancanza assoluta di tutte quelle strutture e di tutti quegli strumenti di cui abbisogna l'essere umano. Lo hanno detto tutti i colleghi di Alleanza nazionale intervenuti in questo dibattito e chi vi parla si è più volte, in passato, recato nelle carceri dove ha potuto constatare e denunciare il gravissimo stato in cui sono costretti a vivere i detenuti e, in molti casi, anche gli agenti di custodia. Di questi ultimi si dice poco o niente; addirittura, se si parla, quando se ne parla, lo si fa senza alcun rispetto per il difficile compito che essi svolgono. Tutti, dunque, accomunati dallo stesso destino, vigilati e vigilanti, in edifici fatiscenti che sono assolutamente invivibili per qualsiasi essere umano. Ebbene, quando un cittadino sbaglia, noi abbiamo sempre sostenuto - e lo sosteniamo con forza in questa vicenda - che può essere punito (e certo deve esserlo, se i reati compiuti sono gravi) privandolo della libertà, ma non negandogli il diritto della sua dignità di uomo. Tuttavia, tale risultato si ottiene facendogli scontare la pena in ambienti civili e confortevoli anziché scarcerandolo, il che sarebbe diseducativo per tutti. Dunque, si operi tutti insieme perché vengano costruite nuove, più moderne e più adeguate strutture carcerarie.

Non si tratta, quindi, di un provvedimento dettato da ragioni umanitarie perché stride fortemente con i diritti della gente sana, di tanti cittadini onesti, di tanti lavoratori che compiono quotidianamente enormi sacrifici per mantenere con decoro le proprie famiglie e per trasmettere ai propri figli il senso del dovere e del rispetto per gli altri. Costoro sono i primi a volere uno Stato autorevole, serio e, soprattutto, garante delle libertà e dei diritti dei cittadini per bene. Sono proprio loro che non accettano debolezze da parte delle istituzioni, e che non consentono che si sia indulgenti e clementi nei confronti di tutti coloro che continuano a delinquere ai danni dei cittadini che vivono nella legalità.

Sono queste le ragioni fondamentali per le quali il gruppo di Alleanza nazionale continuerà la propria battaglia affinché il provvedimento in esame non venga approvato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.

FABIO FATUZZO. Signor Presidente, nel corso della seduta di ieri ho ascoltato attentamente gli interventi che si sono  susseguiti in aula. Uno dei colleghi più rispettabili che siede in questa Assemblea ha parlato di esigenza di sicurezza; qualcun altro, invece, ha parlato del bisogno di varare questo provvedimento di clemenza che si avvertirebbe nella popolazione italiana.

Non credo che sia così. Non credo, infatti, che si possano porre sullo stesso piano l'esigenza di sicurezza ed il bisogno presunto di questo provvedimento di clemenza, che alcuni hanno avvertito, ma di cui non ho sentito alcuna eco. Ciò anche perché i giornali sono pieni di fatti delinquenziali e di rapine compiute nelle case, e vorrei osservare che la violazione della propria casa o del proprio domicilio rappresenta la violenza più grave che si possa subire.

Infatti, vedere violata la propria sicurezza, guardare i propri cari minacciati senza poter far nulla e, al contempo, assistere a questa «pantomima» - nel corso della quale si esprimono sentimenti di solidarietà non verso coloro che hanno subito i reati, ma piuttosto nei confronti di coloro che li hanno commessi -, mi sembra sia qualcosa di estremamente frustrante. Ciò provoca l'allontanamento dalla politica: fenomeno che noi, rappresentanti del popolo italiano, non dovremmo permettere.

Non solo. Vorrei rilevare che, con l'approvazione di un eventuale provvedimento di clemenza (sia che si parli di indulto, sia che si tratti di amnistia), andremmo contro quel senso di sicurezza che dobbiamo restituire alle tante vecchiette che vengono scippate per la strada, con notevoli danni anche sul piano dell'incolumità fisica, nonché ai pensionati. Vorrei ricordare, a titolo di esempio, che alcuni giorni fa un pensionato di Acireale è stato scippato della sua povera pensione, appena riscossa alla posta.

Dobbiamo altresì restituire il senso di sicurezza a coloro che hanno subito violenza carnale, e che correrebbero il rischio di reincontrare i loro violentatori. Abbiamo visto anche che, in alcuni casi, non l'averli reincontrati, ma la paura di incontrarli nuovamente ha condotto addirittura al suicidio delle vittime.

Con il provvedimento in esame, inoltre, toglieremmo la sicurezza ai numerosi ragazzini che hanno trovato, finalmente, il coraggio di denunciare gli spacciatori di morte, vale a dire coloro che, con la scusa della «modica dose», oppure utilizzando tantissimi espedienti (il sistema di nascondere la dose di droga nel buco di un muretto, oppure di riporla in un sacchetto e celarla in un cassonetto della spazzatura), vanno a portare la morte fin davanti alle scuole. Ebbene, quei poveri ragazzini, che hanno trovato finalmente il coraggio di denunziare gli spacciatori, vedrebbero allora vanificati i loro atti di coraggio; anzi, dovrebbero addirittura temere per la propria vita, per colpa di una falsa pietà e di una carità pelosa di cui noi, di Alleanza nazionale, non vogliamo essere assolutamente colpevoli!

Allo stesso modo, l'esigenza che si avverte in tutta Italia, soprattutto nelle parti più disagiate, in cui è più difficile vivere (vale a dire, nel Meridione), è quella di avere una maggiore sicurezza, specie in quelle povere, poche campagne che ancora sono rimaste coltivate, nelle quali spesso si assiste a furti ed a danneggiamenti assurdi!

Vorrei segnalare, a tale proposito, che l'altro giorno ho parlato con un coltivatore diretto della provincia di Ragusa, il quale mi ha raccontato che, per rubargli un paio di scarpe, gli hanno procurato un danno di 300 euro. In altri termini, un paio di scarpe da lavoro, che i ladri avrebbero potuto comprare, in qualsiasi mercatino, per soli 10 o 20 euro, gli hanno arrecato un danno di 300 euro!

Tali eventi accadono perché tante volte i criminali sono sicuri della loro impunità, essendo certi di non dover pagare pegno e di non dover scontare le conseguenze degli atti delinquenziali commessi. Infatti, non soltanto le maglie della legge sono già troppo larghe, ma addirittura noi deputati veniamo in quest'aula a parlare di indulto, o addirittura di amnistia!

Oltretutto, per entrare nel metodo, ritengo che questo provvedimento di clemenza sia estremamente inopportuno, non soltanto, come dicevo, per i tanti fatti di delinquenza che si sono verificati in questi giorni, ma specialmente perché noi corriamo il pericolo di creare delle aspettative terribili e pericolose, che hanno dato luogo in altri casi a delle ipotesi di reato. Siamo troppo vicini alle elezioni e troppo facilmente si potrebbe scambiare questa disponibilità nei confronti di coloro i quali hanno commesso atti di delinquenza per una futura attesa di un ritorno elettorale, da cui noi vogliamo essere assolutamente lontani e non vogliamo che sospetti di nessuna maniera ci sfiorino.

Si è parlato tante volte in quest'aula delle difficoltà in cui vivono coloro i quali sono ristretti nelle carceri: ma le carceri sono carceri, non sono luoghi di villeggiatura, non possono essere alberghi o luoghi in cui si debba stare a proprio agio nelle condizioni migliori! Il carcere è un luogo di restrizione in cui colui il quale ha commesso un atto di delinquenza, un reato a danno degli altri, delle cose e, specialmente - cosa ancora più grave -, delle persone, deve essere portato a riflettere sugli errori commessi e, se possibile, a rinsavire, senza alimentare speranze di continui interventi di clemenza, di indulto o di amnistia. Lo dico anche perché sappiamo che nella prima Repubblica ci sono stati tantissimi provvedimenti di clemenza, ma nessuno di questi ha portato successivamente ad una diminuzione dei reati. Anzi, piuttosto, subito dopo ogni atto di clemenza, puntualmente, c'è stata una impennata negli ingressi nelle carceri e nella commissione dei reati.

Se si vuole affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, ebbene apriamo un confronto con la magistratura, chiediamo che la pena sia non soltanto certa, come noi abbiamo sempre detto, ma sia anche preceduta da una giustizia certa ma rapida! Non è possibile che un processo si dilunghi per tantissimi anni e non è possibile neanche che reati gravissimi vengano messi da parte e non vengano perseguiti, perché c'è un magistrato il quale ritiene, a 34 o 35 anni di distanza, di riaprire, per esempio, l'inchiesta relativa al suicidio di Luigi Tenco. Non so se Luigi Tenco si sia suicidato: allora, le indagini effettuate accertarono queste circostanze. Tuttavia, a 34 anni di distanza, voi pensate veramente che sia più importante andare a verificare l'episodio di Luigi Tenco o piuttosto perseguire i tanti reati che tante problematiche e tanta incertezza sul piano della sicurezza delle persone e delle cose diffondono all'interno della società?

Chiariamo tutto questo, chiariamo con la magistratura che non è possibile andare ad inseguire per tanti anni delle ipotesi. Poniamo dei limiti alle indagini e facciamolo in termini seri, non attraverso sotterfugi per cui le indagini vengono aperte ma non ufficialmente e, quindi, sei mesi più altri sei mesi diventano anni ed anni, perché per il primo o i primi due anni non vengono iscritti gli indagati ma si continuano ad utilizzare le Forze di polizia all'interno del tribunale per inseguire le proprie idee, gli esposti anonimi ricevuti, per poi chiudere le indagini prima ancora di averle ufficialmente aperte. Lo dico anche perché la magistratura deve tener conto del fatto che il Parlamento, nelle legislature che si sono succedute, credo abbia affrontato il problema dello snellimento dei processi con i giudici di pace, gli arbitrati, tutto quanto è servito a sgomberare il tavolo del giudice dalle problematiche meno importanti: tutto ciò è stato fatto. Ora occorre che anche la magistratura faccia un po' di esame di coscienza e tenga conto del fatto che tutti i lavoratori, tutti coloro i quali svolgono attività in Italia hanno degli orari di lavoro e che, alla fine di questo orario di lavoro, ci dev'essere una concretizzazione dello stesso. Soltanto i filosofi, gli uomini di pensiero, i poeti, coloro i quali vivono di rendita sono autorizzati a pensare ed a produrre sul piano intellettuale, per quanto vogliono e per quel poco che vogliono. Tutti gli altri dovrebbero, di fronte alla propria coscienza ed al popolo italiano, concretizzare il proprio lavoro. Concretizzare il proprio lavoro, nel caso  della magistratura, vuol dire indagini completate e sentenze emesse e depositate.

Vorrei inoltre affrontare il problema dal punto di vista ideologico. Si parla di indulto e di amnistia. Questo provvedimento cos'è? Un regalo, uno sconto. Ma qui non siamo nel periodo dei saldi, anche se il periodo temporale corrisponde! Stiamo legiferando ed affrontando il problema della giustizia. Non si può affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri scarcerando coloro i quali hanno commesso atti di delinquenza, perché, a tal punto, tanto varrebbe sfrondare il codice penale, riducendolo alla previsione e punizione di due o tre reati più gravi e lasciare successivamente che ognuno si comporti come all'interno della giungla.

Il problema essenziale qual è? Il problema, signor Presidente, è che, quando si riceve un dono che non si è chiesto, e lo si riceve ope legis, nulla determina un rinsavimento. L'indulto, infatti, a chi viene esteso? A tutti coloro i quali sono nelle condizioni previste dalla legge, a prescindere dal fatto che abbiano continuato, sul piano personale, sul piano intellettuale e su quello operativo all'interno delle carceri - perché sappiamo che le carceri molte volte consentono il rapporto con l'esterno - a mantenere quei rapporti con l'ambiente delinquenziale che ha contribuito ai loro atti criminosi. Ciò vuol dire che il giorno dopo nessun atto di rinsavimento vi sarebbe. Ma veramente crediamo che lo «spauracchio» dei cinque anni potrebbe rappresentare un elemento dissuasivo, quando un tentativo di rapimento, in Veneto, non è stato nemmeno sanzionato con l'arresto perché non si era concretizzato il tentativo di reato?

Siamo in una situazione in cui la legislazione italiana è già anche troppo permissiva, consente anche troppo a coloro i quali commettono reati di sfuggire all'immediata sanzione. Troppe volte ho incontrato rappresentanti delle Forze dell'ordine che si sono rammaricati per essersi imbattuti nuovamente, dopo pochi giorni, in coloro i quali avevano catturato, a rischio della propria incolumità, senza nemmeno avere un riconoscimento da parte dello Stato. Dunque, finiamola di dire che un provvedimento di clemenza servirebbe anche a ridurre, nei prossimi cinque anni, l'incremento di reati all'interno della società italiana! Ogni qualvolta, torno a ripeterlo, nel corso della prima Repubblica, vi è stato un provvedimento di clemenza, immediatamente dopo vi è stata un'impennata di reati e di ingressi in carcere che, in realtà sono reingressi, perché si tratta di coloro i quali hanno commesso reati, che erano stati condannati e incarcerati e che sono tornati puntualmente a delinquere.

Oltretutto, perché tutto ciò avviene? Perché si torna a delinquere? In merito, occorre aprire anche una riflessione: chi delinque non lo fa, nella maggior parte dei casi - nel 99 per cento dei casi, perché determinato da necessità. Chi ruba la mela, chi commette reati in campagna per sfamarsi, già rientra nella comprensione della legge. Chi commette reati, nella maggior parte dei casi, è persona che ha scelto volontariamente di percorrere una via diversa da quella del rispetto della legge, della legittimità e della fatica. Chi commette reati, chi ruba, chi rapina, lo fa semplicemente perché non vuole lavorare, perché preferisce questa «scorciatoia» per potersi arricchire. Chi spaccia droga non lo fa perché costretto dalla necessità della fame. Lo fa perché si vuole arricchire, come purtroppo gli consentono di sperare molti episodi cui assistiamo, i molti casi di organizzazione dello spaccio di droga che non vengono sanzionati immediatamente e che, quindi, consentono a chi vuole seguire tale strada di sperare di poterlo fare impunemente.

Quindi, è inutile pensare di determinare un rinsavimento, in tale maniera. Su un giornale di Catania, alcune settimane fa, ho letto di un operatore dell'alimentazione, il quale gestiva, assieme ai fratelli e ad altri dipendenti, una struttura tra le più avviate e frequentate, in una delle piazze più note di Catania. Io stesso, con altri colleghi, sono stato spesso a mangiare in tale locale. Improvvisamente, abbiamo scoperto che sono stati arrestati perché, assieme agli alimenti, essi proponevano  anche cocaina e droghe pesanti, volendo non solo allargare il loro giro d'affari (come sarebbe stato legittimo), bensì accelerare la loro ricchezza.

Allora, approvare un provvedimento di clemenza e porgere una mano a coloro i quali non ne hanno assolutamente bisogno, avendo dimostrato di voler continuare a delinquere e, anziché costringerli a riflettere sulle loro malefatte, consentire loro di uscire fuori dal carcere e di tornare a delinquere, credo sia assolutamente offensivo nei confronti di coloro i quali, invece, svolgono la loro attività legittimamente e nel pieno rispetto della legge.

Ritengo che nello scorcio finale della legislatura avremmo dovuto occuparci celermente, con immediatezza e con efficacia di riconoscere il legittimo diritto alla difesa, specialmente nel proprio domicilio, nonché il legittimo diritto dei tutori dell'ordine di vedere finalmente riordinate le loro carriere, di vedere finalmente riconosciuti i loro diritti e di vedere finalmente riordinata una struttura organizzativa interna che li lascia fortemente insoddisfatti e che determina tante volte una mortificazione cui dobbiamo finalmente porre fine.

Ritengo che questo Parlamento, nel momento in cui poche settimane ci dividono dal voto, dovrebbe mettere da parte questo provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia ed affrontare, piuttosto, la riorganizzazione delle carriere dei tutori dell'ordine, cosa che avremmo dovuto fare da molto tempo e che è bene che finalmente si faccia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Catanoso, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, torno ad illustrare la posizione, credo chiara, del gruppo della Margherita su questa vicenda ingarbugliata, che riguarda il provvedimento sull'amnistia e l'indulto. È una pagina poco edificante per la politica italiana, perché si sono alimentate giuste e comprensibili illusioni. Tuttavia, nel momento in cui prendo la parola, non mi sembra che le prospettive dei lavori dell'Assemblea siano tali da corrispondere a queste esigenze.

Abbiamo discusso per tutta la legislatura della possibilità e dell'opportunità di un provvedimento di clemenza, come noto, da più parti sollecitato: e mi riferisco non solo alle parole del Pontefice più volte ripetute in quest'aula, ma anche alla oggettività dei problemi che riguardano le nostre carceri. Mi riferisco, inoltre, alle denunce e alle inchieste svolte dalle associazioni di volontariato che si occupano dei temi del carcere e mi riferisco ad una realtà dolorosa ed obiettiva che tutti noi conosciamo, in modo particolare i parlamentari che visitano le carceri nell'ambito delle proprie funzioni ispettive.

È una condizione che non può essere trattata con le parole, con gli strumenti e con i metodi della pura demagogia o del populismo, che pure è stato rivendicato da qualche collega della Lega, direi audacemente, negli interventi svolti in mattinata. Quella del mondo carcerario è una realtà che impegna tutta intera la responsabilità della classe politica dirigente del paese, perché non si può rispondere a condizioni incivili e disumane ampiamente documentate (non sto certo a ripetere in questa sede le cifre e i dati) semplicemente con un «faremo», «vedremo», «provvederemo», «costruiremo nuove carceri».

Non v'è dubbio: nessuno ritiene che si tratti della soluzione migliore a queste condizioni di inciviltà che, non a caso, evocano l'inadempimento di principi costituzionali a cui profondamente crediamo e che connotano il nostro tessuto civile e democratico (cioè, quello dell'umanità della pena e della civiltà delle condizioni in cui essa si sconta), a fronte della speranza che la pena possa essere (anche se non automaticamente), alla fine, un momento di recupero di fiducia in se stessi, nella società e, quindi, un'occasione importantissima per uscire dal circuito criminale e dalle occasioni di delinquere.

Perché ciò avvenga, però, occorre che la società, l'ordinamento democratico e costituzionale vivano fuori dalle carceri, con i propri valori, ma anche al loro interno. Dinanzi a questo problema, annoso, doloroso, non sono sufficienti - lo ripeto - le richieste di procedere alla costruzione di nuove carceri. Si tratta di richieste che ho sentito formulare dai colleghi in particolare di Alleanza nazionale e della Lega - ma anche da altri -, ai quali devo doverosamente domandare perché in questi anni non si sono fatti passi concreti in avanti in questa direzione, avendo avuto essi stessi responsabilità piene di Governo.

Il punto, però, è anche un altro, perché siamo tutti largamente convinti, nel Parlamento, che occorrano politiche per nuove e più civili carceri ma anche politiche contro il carcere, diverse cioè dalla risposta carceraria. Il ragionamento, invero, diventa un po' più complesso, ma solo all'apparenza, perché i dati sono chiari: se si punta solo alla costruzione di nuove carceri, si punta anche ad oberare il bilancio statale dedicato alla politica penitenziaria con nuove spese in termini di risorse, personale, magistratura dedicata, cioè, spese nel carcere per il carcere.

Probabilmente, in tempi di vacche magre, rese ancor più magre da dissennate politiche economiche, si sottraggono risorse per politiche alternative al carcere. Non si tratta di un discorso teorico né puramente ideologico perché, se riflettiamo in concreto sulla popolazione detenuta - oltre 20 mila detenuti oltre il limite massimo di capienza delle nostre carceri -, dobbiamo ammettere che un terzo circa dei detenuti è in attesa di giudizio, cioè, si trova in uno stato di custodia cautelare.

Leggevo di recente un saggio di un giurista americano sulle emergenze della democrazia e, tra gli elementi di una certa allarmante deriva che le esigenze di contrasto del terrorismo determinano in tutti i paesi, non solo occidentali (in termini però di depotenziamento dei diritti civili, individuali, costituzionali), veniva citato il fatto che si sta per introdurre una legge che aumenterebbe, addirittura fino a 2 mesi, il termine per la custodia cautelare. Se in altri paesi diventa un dato così preoccupante una custodia cautelare di due mesi, dobbiamo interrogarci seriamente e responsabilmente tutti insieme se sia giusto o meno il regime di custodia cautelare che abbiamo nel nostro paese.

Forse, si potrebbe immaginare, anziché l'indulto di turno, rituale, anche un approccio diverso: ad esempio, una riduzione del novero e una diversa valutazione delle circostanze che portano alla custodia cautelare in Italia, perché credo che questo sia il modo di ragionare anche del cittadino comune. Se si deve pensare a una misura di sfoltimento delle carceri, che, al momento, non consentono la detenzione di un così alto numero di reclusi, forse sarebbe più logico farlo iniziando da alcune categorie particolari: per esempio, i tossicodipendenti - di questo abbiamo già parlato - e chi non è ancora stato condannato in via definitiva e, quindi, si presume innocente.

È evidente, però, che non si può immaginare che non vi siano esigenze come quella dell'arresto di chi commette reati in flagranza o di chi abbia commesso gravi reati che destano serio allarme sociale o costituisca un forte pericolo di ripetere azioni criminali, di fuga o di inquinamento delle prove. Dunque, nell'ipotizzare un diverso approccio riduttivo nei confronti della custodia cautelare in Italia, dovremmo anche pensare ad adeguate misure di sicurezza alternative al carcere - nel mondo anglosassone e in Inghilterra si discute sul braccetto elettronico e su altre forme -, che hanno anch'esse dei costi.

Dunque, si deve capire quale politica si vuole fare, perché se si spendono soldi solo ed esclusivamente, peraltro in modo puramente evocativo, per costruire nuove carceri, è evidente che essi non saranno spesi per far crescere nuovi servizi e per garantire misure di sicurezza alternative alla pena detentiva.

Questa ed altre riflessioni mancano e sono mancate nelle carenti e dissennate politiche sulla giustizia svolte in questi anni. Sono problemi risalenti nel tempo; nessuno li addebita solo ed esclusivamente all'attuale Governo. Tuttavia, bisogna addebitare  all'attuale Governo la mancanza del senso di responsabilità e l'incapacità di individuare le priorità del paese con cui i temi della giustizia sono stati affrontati.

Siamo in condizioni seriamente emergenziali per una democrazia che non voglia essere debole con gli imputati eccellenti e forte con i poveri cristi, rinchiusi, invece, nelle patrie galere. Occorre che si pensi ad un provvedimento di natura clemenziale limitato, ragionato e ragionevole, che ponga un argine, un parziale rimedio, nei confronti dell'illegalità incostituzionale diffusa nelle nostre carceri.

È per questo che il gruppo della Margherita, sin dall'inizio, con molta coerenza, insieme agli altri gruppi dell'Ulivo, peraltro, ha fatto propria e presentato al Parlamento la proposta sull'indulto. Si tratta di un indulto limitato e revocabile nei confronti di chi dovesse delinquere dopo avere ottenuto questo beneficio. Dunque, è una misura equilibrata ma concreta, per affrontare un problema grave e serissimo, che non si può disconoscere, francamente, come molti stanno facendo.

Siamo stati, invece, contrari a questa «giostra» - permettetemi di definirla così - dell'amnistia, perché l'amnistia, per come è stata tecnicamente scritta nel testo del provvedimento in esame e dopo un inutile, estenuante dibattito durato un'intera legislatura, risulta un provvedimento totalmente inutile sul piano pratico.

Sappiamo che la Costituzione impone, con l'articolo 79, terzo comma, che sia rispettato il termine della data di presentazione della proposta di legge sull'amnistia come termine di efficacia per i reati in essa conclusi, nel senso che non si estende l'amnistia ai reati commessi successivamente alla presentazione della proposta di legge di amnistia, e la data che concretamente abbiamo è il 1o giugno 2001. È un limite invalicabile. So che qualcuno tenterà arditamente ed anche spudoratamente di valicarlo (probabilmente anche attraverso emendamenti), ma è un termine scritto con grande chiarezza nella Costituzione ed anche nelle sentenze, sia pure precedenti alla riforma, della Corte costituzionale del 1968. Dunque, per senso di responsabilità, ritengo impropri gli esercizi interpretativi svolti contra legem contro un articolo assai chiaro della nostra Costituzione.

D'altronde, non mi soffermo nel sottolineare che quella disposizione costituzionale non è affatto «capricciosa», ma ha una sua ratio del tutto evidente, poiché non è ammissibile che possa beneficiare dell'amnistia chi commette reati dopo la presentazione della proposta di legge di amnistia, contando quindi su un effetto clemenziale che un'amnistia aperta anche a reati commessi successivamente finirebbe per trasformare in criminogeno.

L'amnistia è stata presentata nel testo in esame in forza anche della mancanza di una seria volontà (lo ripeto, ma non sarebbe necessario perché due gruppi dell'attuale maggioranza stanno svolgendo ostruzionismo in Assemblea), soprattutto da parte della destra. Per la ferma volontà dei gruppi della destra sull'amnistia, e per la verità anche sull'indulto, non è mai stata raggiunta una ragionevole intesa in questa legislatura.

Pensare oggi di approvare un'amnistia per reati commessi anteriormente al 1o giugno 2001 significa esattamente votare una «non amnistia». Lo sappiamo; dobbiamo avere l'onestà, la serietà, il senso di responsabilità per riconoscerlo, perché sappiamo che i reati commessi anteriormente, anche solo nel 1999 o nel 2000 (per considerare le date più vicine), sono prescritti o prossimi alla prescrizione.

Avremmo, quindi, l'annuncio, le «grida» manzoniane dell'amnistia, senza che venga compiuta. Credo non sia serio nei confronti del paese, proprio perché riteniamo che l'amnistia per i reati minori, o cosiddetti bagatellari, come si usava dire un tempo, sia un provvedimento utile e necessario, soprattutto se accompagnato da serie riforme strutturali per l'efficienza della giustizia e per lo snellimento dei nostri processi.

L'amnistia è un bluff ed è per questo motivo che la Margherita, DL-L'Ulivo ed i gruppi dell'Ulivo hanno deciso con chiarezza  di votare contro una finta amnistia e a favore, invece, di una misura ragionevole e limitata di indulto.

Dovrei confidare, se potessi fare affidamento sulle parole di Voltaire, secondo il quale l'illusione è il primo dei piaceri, su uno sviluppo diverso dei nostri lavori e sulla possibilità che si raggiunga, almeno sull'indulto, la maggioranza necessaria, prescritta dalla Costituzione, con il quorum molto alto dei due terzi che, tuttavia, è possibile raggiungere in questo Parlamento.

Vorrei ripetere che l'intero centrosinistra, unito, voterà l'indulto e rivolgere un ultimo appello ai colleghi del centrodestra (si tratta di una materia trasversale su cui ciascuno deve compiere libere e responsabili valutazioni) affinché votino l'indulto. Si può anche ragionare su eventuali correzioni e limitazioni, nonché sulla misura dell'indulto; tuttavia, vorrei rivolgere un ultimo appello affinché, in modo ragionevole e non demagogico, si possa oggi adottare una misura limitata, equilibrata, ragionevole ed utile dinanzi ad un'emergenza dei diritti civili e costituzionali, di fronte ai quali nessuna forza può chiamarsi fuori, nemmeno in nome di comprensibili interessi di propaganda elettorale. Soprattutto, nessuno può sostituire alla ragionevolezza di queste argomentazioni e dei problemi che abbiamo dinanzi gli eccessi demagogici, populistici e, spesso, incivili ed irritanti, con cui sono state svolte le argomentazioni e le posizioni in quest'aula da forze di Governo che dovrebbero avere la responsabilità complessiva delle politiche sulla giustizia ed anche sulla clemenza (le politiche di clemenza sono parte della politica della giustizia).

Credo davvero che sia possibile, anche da parte dei gruppi del centrodestra, votare, magari apportando anche correzioni, la proposta di un indulto ragionevole e limitato. Non posso, invece, dare alcun credito a posizioni mistificatorie espresse in «politichese» di fronte ad un problema tanto serio che riguarda il paese intero, come quelle di alcuni gruppi: mi riferisco, per eccesso di chiarezza, ai gruppi di Forza Italia e dell'UDC, nonché al presidente Pecorella; ho letto, al riguardo, una sua intervista esplicita apparsa oggi su Il Sole 24 ore, volta a fugare ogni dubbio, secondo cui o l'amnistia e l'indulto o niente!

La verità è che non si vuole niente, perché l'amnistia che taluno propone, così com'è scritta, è niente, mentre l'indulto è una misura ragionevole, sostenibile e civile!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, vorrei fornire alcune risposte anche all'onorevole Mantini, il quale ha affermato che, nel corso di questi cinque anni, sono state messe in atto politiche carcerarie dissennate da parte del ministro Castelli; invece, sono del parere che le politiche dissennate dal punto di vista carcerario siano state compiute da chi ha chiuso precedentemente le carceri, senza prevedere nuovi interventi per soddisfare le varie necessità.

Ricordo - anche i numeri sono importanti - che i detenuti sono 56.840 (uno più uno meno) e gli stranieri sono 18.584. Sicuramente, si tratta di un problema che è esploso in questa ultimi 10-15 anni. Quindi, il Governo dell'Ulivo che ci ha preceduto avrebbe dovuto prevedere l'incremento di queste persone che si recavano nel nostro paese, magari anche motivate da buone intenzioni, ma che poi, in seguito alle difficoltà che erano costrette ad affrontare, molto spesso finivano nelle reti della malavita, dedicandosi ad attività che non erano sicuramente nel rispetto della legge.

Tutto ciò dimostra che la politica dell'Ulivo ha fatto sì che emergesse un problema carcerario. Ricordiamo che nel 2003 è stato approvato il cosiddetto indultino che ha permesso a 5.936 detenuti di uscire dal carcere, e non mi sembra che ciò abbia risolto i problemi, anzi circa 1.800 delinquenti sono tornati nelle patrie galere. Dunque, notiamo che tali interventi non producono gli effetti sperati.

A mio avviso, coloro che frequentano i palazzi istituzionali raramente parlano  con la gente. Presidente, cinque minuti fa, ho ricevuto una telefonata da un artigiano che lavora 20 ore su 24 che, avendo ascoltato parte del dibattito, mi ha chiesto di non mollare e di non consentire che siano lasciati liberi coloro che hanno commesso reati (ladri, stupratori, delinquenti comuni).

Il convincimento diffuso tra la gente è che siano molti a delinquere, ma solo pochi quelli che poi pagano per quanto hanno commesso. Quando svolgevo le funzioni di sindaco, ad esempio, nonostante le forze dell'ordine si dessero da fare, spesso ciò non era sufficiente. Infatti, una sera un extracomunitario colto in flagranza di reato e condotto immediatamente in carcere, il giorno successivo era nuovamente in circolazione. Ovviamente, il giudice avrà applicato la legge, ma il problema è che le leggi, a mio avviso, spesso sono dalla parte di chi delinque! Pensiamo, ad esempio, al patteggiamento e ad altri riti che spesso consentono a chi è colpevole di non pagare pienamente il proprio debito con la giustizia.

Quindi, occorre ascoltare ciò che dice la gente, occorre essere presenti sul territorio, affinché i lavoratori onesti possano sentirsi al sicuro quando rientrano nella propria abitazione. Si tratta di un aspetto importante. A mio avviso, stiamo andando su una brutta china, ed è necessaria un'inversione di tendenza. Apprendiamo continuamente notizie sempre più allarmanti riguardanti situazioni di pericolo, o peggio, omicidi e quant'altro, in particolare nei confronti di persone inermi che si trovavano nelle proprie abitazioni e la cui sicurezza non è più garantita neppure quando sono all'interno della propria famiglia.

A mio avviso, non dovremmo essere bloccati in questo modo dalla proposta in esame, in questo ultimo scorso di legislatura, con le numerose altre iniziative che dovremmo assumere, e che sono richieste dai cittadini, come sa chi lavora con la gente e parla con la gente. Il problema, ripeto, ha già avuto una risposta con il cosiddetto indultino del 2003, e dunque su tale problema abbiamo già discusso e il Parlamento si è già espresso. Avremmo dunque dovuto utilizzare l'ultima fase della legislatura per andare a risolvere altri problemi impellenti del nostro paese, soprattutto di chi lavora, di chi produce, di chi non vede realizzarsi una serie di iniziative, dalle infrastrutture al sostegno all'esportazione e via dicendo, alle quali avremmo dovuto essere più attenti e che avremmo dovuto seguire con maggiore convinzione.

Un'altra domanda - se non la prima - che dobbiamo porci su questo tema è se il paese, la gente normale, la società civile chiedono un provvedimento di questo genere e ne hanno bisogno. Sono convinto di no. Ho riferito a titolo di esempio una telefonata poc'anzi ricevuta: potremmo andare sul territorio per approfondire l'argomento, e constateremmo come le risposte sarebbero di tutt'altro tenore, se solo avessimo la possibilità di consultare direttamente i cittadini, anziché una persona che in questi cinque anni che ho trascorso in Parlamento ho visto digiunare parecchie volte e che si mette a digiunare periodicamente per far apparire i problemi che la gente reale non sente e non condivide. Sono sicuro che la stragrande maggioranza, se non il 100 per cento, dei cittadini di sinistra, anche dell'Ulivo, non avverte l'esigenza di adottare un provvedimento di indulto o di amnistia.

Chiedo al collega che mi ha preceduto per quale motivo nella precedente legislatura non sia stato adottato un provvedimento di indulto o di amnistia. Ora lo vediamo riproposto in maniera consistente e quasi dovuta, mentre in cinque anni non hanno affrontato l'argomento: forse che allora le carceri non erano sovraffollate? A me risulta il contrario, quindi molto probabilmente i problemi che dovevano allora essere affrontati sono stati rimandati, attribuendone la responsabilità al centrodestra, che invece non ha tale responsabilità.

Un'altra questione importante è capire se vi siano le condizioni storiche e politiche per concedere l'amnistia o l'indulto. Anche in questo caso dobbiamo rispondere con un no secco. Ripeto: lo abbiamo  appena approvato nel 2003 e sono usciti dal carcere 5936 detenuti. Mi sembra che questa sia già stata una risposta molto ampia secondo il mio punto di vista; anzi noi eravamo contrari anche a questo tipo di indulgenza e lo abbiamo sempre sostenuto.

Un altro problema di non poco conto che ha affrontato l'onorevole Pagliarini è che, oltre allo sconto della pena detentiva, è prevista anche l'eliminazione di sanzioni pecuniarie che i condannati sono tenuti a pagare allo Stato; anche questo mi sembra che sia un modo non corretto di portare avanti queste iniziative, perché se uno è fortunato e capita in un periodo in cui magari può usufruire dell'indulto o dell'amnistia e non paga la sanzione, arrecando anche un danno pecuniario, mentre se uno è sfortunato si vede costretto a pagare. Vi è, quindi, anche una diversità di trattamento che, secondo il mio punto di vista, è incostituzionale, soprattutto nei confronti dei detenuti che hanno anche sostenuto e già scontato la pena.

Oltre a queste motivazioni ve ne sono anche altre, perché, ad esempio, bisogna considerare anche chi tra le Forze dell'ordine è costretto a prendere iniziative rischiose tutti i giorni e vede poi i delinquenti rimessi in libertà con un colpo di spugna. Personalmente, ricordo di aver subito una rapina e sono stato anche trascinato via con la macchina dei rapinatori. L'impressione è stata molto negativa ed il fatto che si trattasse di persone senza alcuna sensibilità mi è stato confermato successivamente, quando sono stato chiamato a testimoniare ad un processo in cui questi stessi rapinatori un mese dopo, durante un'altra rapina, avevano ucciso un carabiniere delle Forze dell'ordine.

Queste sono considerazioni che devono essere fatte e per tutti questi motivi la Lega Nord voterà contro questi provvedimenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Presidente, aggiungere considerazioni a quelle che sono già state fatte è molto difficile perché è già stato detto di tutto riguardo all'argomento che stiamo trattando. Vorrei allora fare alcune considerazioni, sempre attinenti ovviamente all'argomento che stiamo trattando, ma di carattere più generale. Cercherò allora di rispondere a voce alta ad una domanda che, secondo me, ci siamo fatti in tanti dentro questa aula, all'interno sia della maggioranza che dell'opposizione, ma credo che questa domanda se la siano fatta anche i cittadini che stanno seguendo i lavori parlamentari.

Per quale motivo, a fronte di pochissime sedute che rimangono da svolgere in Assemblea prima della chiusura della legislatura, il Parlamento si è impaludato in questa discussione che sta sottraendo tempo prezioso, il poco tempo che rimane, ai lavori parlamentari? Qual è la logica che può indurre la maggioranza soprattutto e l'opposizione - la logica di quest'ultima si comprende di più - ad utilizzare le pochissime sedute rimanenti del Parlamento per trattare di un argomento che, com'è noto, non porterà consenso elettorale? A meno che non si voglia pensare che 50 mila o 60 mila detenuti più qualche parente possano influenzare il voto di 50 milioni di cittadini; ciò, anche solo in termini di semplice proporzione numerica, mi parrebbe veramente inverosimile. Rispondere a questa domanda è sinceramente molto difficile; sono due giorni che ci penso e non sono riuscito ancora a darmi una risposta.

Nel corso degli ultimi giorni della scorsa legislatura ero presente in Assemblea e ricordo benissimo come utilizzò quel poco tempo rimanente l'allora maggioranza di centrosinistra. Il centrosinistra utilizzò quei pochi giorni disponibili per eliminare, ad esempio, i ticket sui medicinali, provocando un deficit di bilancio per tutte le regioni a cui poi il successivo Governo della Casa delle libertà ha dovuto far fronte. Ma, al di là del comportamento certamente disdicevole dal punto di vista delle responsabilità, quella del centrosinistra fu una scelta che ha portato indubbiamente, almeno nelle loro speranze, consenso. È evidente, infatti, che quando si  danno i medicinali totalmente gratis ai cittadini, i quali si aspettano legittimamente di avere il più possibile e senza spendere dallo Stato, non si può che ricevere da essi consenso.

Il centrosinistra di allora, sempre negli ultimi giorni della scorsa legislatura, varò la riforma costituzionale, approvata, lo ricordo, con un colpo di mano, con soli quattro voti di scarto. Un centrosinistra che agì incurante delle proteste dell'allora opposizione di centrodestra e completamente immune dalle critiche che provenivano dai settori della società civile scandalizzati per il modo in cui si procedette a modificare la Carta costituzionale. Il centrosinistra, in quell'occasione, fece quella riforma sulla base di un calcolo preciso: cercare di intercettare i voti degli elettori del nord, i voti della Lega Nord, i voti di quegli elettori che cercavano una speranza di cambiamento nel paese. In altre parole, il centrosinistra fece quella riforma seguendo una logica politica.

Cito un altro esempio. Sempre negli ultimi giorni della scorsa legislatura i ministri del centrosinistra utilizzarono tutto il loro tempo a disposizione per riempire i ministeri e ogni apparato statale di uno stuolo di dirigenti ministeriali cosiddetti di area. Ricordo benissimo le famose assunzioni che furono fatte a spron battuto, anche a Camere già sciolte, per lasciare un degno ricordo a chi sarebbe poi venuto dopo ed avrebbe dovuto lavorare in quei ministeri.

Quelli citati sono sicuramente comportamenti disdicevoli dal punto di vista dell'etica politica, ma hanno una logica e un senso per chi fa politica in modo cinico. Ciò detto, mi chiedo qual è la logica che guida la Casa delle libertà, che si è impantanata in questa avventura. Questa logica non riesco a comprenderla e non riesco neanche a capire che cosa ci possa spingere a fare queste anziché altre cose nelle poche sedute parlamentari che ci rimangono prima della fine della legislatura e che sarebbero senz'altro utili per i cittadini. Perché anteporre il provvedimento di amnistia e di indulto a quello sulla legittima difesa? In ciò, a mio avviso, non c'è una logica, a meno che non vi siano altri motivi che in questo momento a me sfuggono. Comunque, sia noi della Lega Nord Federazione Padana sia gli amici di Alleanza nazionale non intendiamo condividere dal punto di vista politico questa scelta. Noi, insieme ad Alleanza nazionale, abbiamo fatto sapere chiaramente al paese che non intendiamo accettare e condividere la scelta di portare avanti il provvedimento in tema di amnistia e di indulto.

Sappiamo bene, peraltro, che l'amnistia, in questo caso, sarebbe di mera facciata, perché sarebbe riferibile al 2001 e gli effetti sarebbero, ovviamente, molto limitati. Quindi, più che di uno strumento per risolvere i problemi, si tratta di un modo per lavarsi la coscienza e, forse, per prendere in giro chi ha legittime aspettative al riguardo.

Entrando nel merito, mi sembra che un aspetto della questione non sia stato ricordato adeguatamente. I due provvedimenti di clemenza interesserebbero soltanto una parte delle persone detenute in carcere ed escluderebbero, in modo del tutto paradossale, proprio quelle alle quali dovremmo rivolgerci in via prioritaria. Mi riferisco alle persone che sono in carcere in attesa di processo. In un paese civile, queste dovrebbero costituire la parte minoritaria, quasi insignificante, della popolazione carceraria. In Italia, invece, le persone detenute in carcere in attesa di giudizio costituiscono una quota rilevantissima: sono quasi il 50 per cento o, comunque, si avvicinano alla metà dei detenuti.

Ebbene, noi dimostriamo sensibilità, come è stato affermato rievocando anche le parole del Papa, e siamo disposti a prestare attenzione ai carcerati, ma non a quelli tra loro che potrebbero essere innocenti non soltanto di fronte alla legge, ma anche nella sostanza! I provvedimenti di cui ci stiamo occupando non interessano, infatti, quei cittadini detenuti che, dal punto di vista delle norme, sono innocenti fino alla sentenza di condanna definitiva e che potrebbero essere innocenti anche sul piano sostanziale. Questa è  veramente un'ingiustizia! Altro che giustizia! Questa è un'ingiustizia con la «i» maiuscola!

Siamo di fronte ad una situazione determinata dalla paralisi del sistema giudiziario. Se proprio volessimo dare un aiuto a queste persone, dovremmo escogitare tutti insieme, destra e sinistra, in questi ultimi giorni della legislatura, un provvedimento legislativo che possa far celebrare i processi che sono attesi da anni. I cittadini vengono dapprima detenuti per un tempo anche abbastanza lungo, senza avere la possibilità di vedere celebrati i processi che li riguardano; poi, vengono scarcerati per decorrenza dei termini; quindi, devono aspettare dieci, quindici o venti anni per ottenere una sentenza definitiva di assoluzione!

Allora, dovremmo concentrarci anzitutto sui problemi che riguardano i cittadini potenzialmente onesti di fronte alla giustizia, di fronte alla società italiana e, magari, anche nei fatti. Poi, volendo, potremmo concentrarci sui problemi dei cittadini che, invece, si trovano in carcere dopo essere stati giudicati con sentenza definitiva e che, quindi, di fronte alla giustizia sono colpevoli.

Signor Presidente, a queste considerazioni e domande non ho trovato risposte negli interventi succedutisi in questi giorni, che hanno rafforzato la nostra contrarietà alla scelta che è stata effettuata. Mi rivolgo agli amici di Forza Italia ed a quelli dell'UDC: possibile che non riusciamo a capire che una maggioranza dovrebbe utilizzare gli ultimi giorni della legislatura per dare risposte concrete ai bisogni del paese? Dovremmo fare le cose che i cittadini si aspettano dai loro governanti.

Il Governo dovrebbe lasciare un segno prima dello scioglimento delle Camere. Qual è il segnale che lasciamo noi? Quello di aver voluto fare una finta amnistia? Sappiamo bene come andrà a finire questo «teatrino»: tra un'ora, si chiuderà il sipario - possiamo anticiparlo - perché non ci saranno i numeri per portare avanti il provvedimento di amnistia. Quindi, avremo recitato, avremo soltanto fatto finta di voler dare una risposta!

Naturalmente, l'opposizione, che ha inscenato la rappresentazione, si assumerà la responsabilità di ciò che succederà di fronte al paese. Non potranno sottrarsi alle loro responsabilità neanche quelle frange della maggioranza che hanno assecondato la scelta: senza l'apporto di una parte della maggioranza, la rappresentazione non sarebbe neanche cominciata! Questo è il dato di fatto ed anche il dato politico che dobbiamo cogliere!

Davanti a queste considerazioni, ribadisco che rimango allibito. È legittimo che ogni maggioranza cerchi di utilizzare lo strumento che la democrazia mette a sua disposizione, vale a dire il Governo, per orientare verso di sé, in modo democratico, il consenso dei cittadini.

Credo che stiamo facendo esattamente l'opposto. Le regole della democrazia mi sembra si siano invertite.

Concludo, ritenendo che il mio pensiero sia stato espresso abbastanza chiaramente. Lascio queste mie osservazioni ai colleghi che vorranno riflettere e capire che, forse, da martedì prossimo in avanti dovremo utilizzare le sedute che restano per fare qualcosa di utile per i cittadini. Non possiamo fare cose tanto complicate, perché mancano circa venti giorni allo scioglimento delle Camere. Tuttavia, in venti giorni possiamo lanciare qualche segnale positivo e importante ai cittadini, tutti insieme, cari amici della Casa delle libertà. Forse sarebbe auspicabile, anche per far dimenticare queste due o tre giornate certamente non gloriose del nostro Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, innanzitutto voglio sottolineare la nostra soddisfazione per essere arrivati finalmente a discutere di amnistia e di indulto in Assemblea. Si tratta di qualcosa che tutti insieme avremmo dovuto fare ben prima di arrivare all'ultima ora della legislatura, anche in condizioni che non  sono non le più auspicabili per questa discussione importante. Alcune proposte di legge in materia di indulto erano state presentate già nel 2001 anche da deputati del nostro gruppo. Nel 2003 eravamo già arrivati, in sede di Commissione giustizia, ad un testo largamente condiviso in materia di indulto. Poi, nel dicembre 2003, la discussione e l'iter parlamentare di quel provvedimento, purtroppo, si bloccarono perché, per una scelta, a dire il vero, non nostra, si preferì optare per lo strumento del cosiddetto indultino, nella speranza di poter in tal modo arrivare più velocemente ad una risposta indulgenziale ai problemi connessi alla situazione carceraria. Tale provvedimento di legge, appunto quello relativo al cosiddetto indultino, secondo la maggior parte di noi non avrebbe necessitato la maggioranza dei due terzi dei voti per la sua approvazione.

Si sa come sia andata a finire. Alcuni di noi furono facili profeti nel dire che quel provvedimento non incideva sui nodi del problema ed era assolutamente inadeguato e limitato. Infatti, a distanza di due anni, ci troviamo a riprendere il discorso su di un atto di clemenza nei confronti di coloro che si trovano in carcere.

Dicevo che, comunque, è bene che si sia arrivati nella sede propria, cioè nell'Assemblea della Camera dei deputati, in cui ciascuno può esprimere apertamente e direttamente le proprie posizioni e, soprattutto, con il voto può assumersi le proprie responsabilità. Finora, infatti, balletti tattici, qualche piccola ipocrisia e tanto populismo hanno danneggiato questo dibattito. È ora di lasciarli da parte. È giunto il momento che ogni gruppo parlamentare assuma una propria posizione con un voto che sia chiaro e attenga al contenuto della proposta. Questa è anche la posizione del gruppo dei Democratici di sinistra, che illustro brevemente, una posizione che guarda al contenuto della proposta. Ribadisco che il nostro gruppo è favorevole ad un atto di clemenza nei confronti dei detenuti e lo è, coerentemente, già da alcuni anni, cioè da quando abbiamo presentato alcune proposte di legge di indulto alla Camera. Il nostro gruppo è favorevole, non solo e non tanto per una sorta di generico buonismo e, men che meno, per chissà quali interessi di fine legislatura - come ha affermato l'onorevole Parolo - che ci muoverebbero a chiedere un atto di clemenza.

Non sono certo gli interessi elettorali quelli cui noi guardiamo in questo momento con riferimento a questo provvedimento; forse, alla facile demagogia ricorre proprio chi fa uno stantio e solo propagandistico ostruzionismo. Noi agiamo prima di tutto per ragioni di giustizia e di umanità, valori nei quali ritengo tutti ci riconosciamo; valori che valgono per tutti, anche per quanti si trovino in carcere per comportamento giudicato penalmente rilevante con sentenza definitiva.

Anche i detenuti, infatti, sono persone cui si applicano i principi di umanità e di giustizia, come dichiara, peraltro, la nostra Costituzione; ma oggi, colleghi - in questi anni, in particolare -, chi è in carcere non soffre solo per la pena della privazione della libertà legittimamente inflittagli da un tribunale. Il detenuto italiano è sottoposto, oggi, ad un supplemento di sofferenza che gli deriva dalle condizioni in cui le nostre carceri si trovano: condizioni da tutti descritte come assolutamente inadeguate; condizioni di sovraffollamento, dove sovente non vengono rispettati quei minimi diritti che devono essere garantiti anche alle persone detenute. I diritti relativi alla dignità della persona, anche se detenuta, non sempre sono rispettati a causa della situazione in cui oggi versano le carceri italiane. Non è dunque giusto che, per le nostre mancanze, per quelle del nostro sistema o dell'amministrazione penitenziaria, nonché per le scelte legislative sbagliate compiute da questo Parlamento anche in questa legislatura, ebbene, non è giusto che per tali motivi i detenuti debbano soffrire ulteriormente rispetto alla pena legittimamente inflittagli.

Colleghi, noi variamo leggi come la Bossi-Fini, la quale, prevedendo che venga detenuto ogni cittadino straniero che non risponda all'obbligo di rimpatrio, contribuisce a far sì che le carceri «scoppino»  di extracomunitari; variamo leggi come la cosiddetta ex Cirielli, provvedimenti che lo stesso ministro della giustizia riconosce come ingestibili dal sistema carcerario. Ebbene, non possiamo però fare ricadere le nostre colpe - quelle del sistema o quelle legate alle vostre scelte legislative - sui carcerati, che hanno diritto come tutti a condizioni di vita degne, al rispetto della loro dignità anche nella loro situazione di detenuti.

Ecco perché noi, in ragione di una scelta eccezionale di giustizia e di umanità nei confronti dei detenuti - che oggi, in carcere, non possono godere, e non per colpa loro, di una situazione di rispetto dei loro diritti e della loro dignità -, siamo favorevoli alla misura di clemenza eccezionale dell'indulto. Certamente, tale misura non è «la» soluzione; è piuttosto un tampone eccezionale per una situazione altrettanto eccezionale che noi abbiamo determinato.

Una soluzione potrebbe essere, invece, abrogare le leggi testé citate, nonché altre che inutilmente scelgono quale strada maestra della politica criminale quella della carcerazione. Tale strada, invece, è assai spesso sbagliata.

Una soluzione potrebbe, altresì, essere quella di investire nelle misure alternative alla pena, vale a dire investire nei servizi sociali carcerari del Ministero della giustizia, nel rendere possibile il percorso di recupero dei carcerati per evitarne anche, poi, la recidiva. Ma oggi, un provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti e di chi soffre in carcere, ingiustamente e per colpa nostra, è un atto, in qualche modo risarcitorio, di giustizia e di umanità.

Ecco perché noi Democratici di sinistra, come tutto il centrosinistra, siamo favorevoli all'indulto « senza se e senza ma», colleghi di Forza Italia!

Diverso è il discorso sull'amnistia: in questo caso, mi rivolgo a tutti, compreso chi, fuori da questo Parlamento, ha invocato l'amnistia come la soluzione dei problemi carcerari. Infatti, va detto molto chiaramente a chi non lo sa che l'amnistia non è un atto di clemenza e che non ha nulla a che vedere con la situazione carceraria. Ciò perché l'approvazione dell'amnistia non incide in alcun modo né sul sovraffollamento carcerario, né sulle condizioni di vita dei detenuti, e non determina assolutamente la liberazione di detenuti condannati in via definitiva.

L'amnistia, invece, come sappiamo - ma dobbiamo dirlo a chi non lo sa -, cancella i processi, nonché le indagini in corso per una serie di reati. L'amnistia, in altri termini, rappresenta un «colpo di spugna» giudiziario su una serie generalizzata di reati. Certo, non si tratta di reati gravissimi, ma sono fatti che sono comunque importanti per la vita sociale: pensiamo, ad esempio, alle truffe, alle appropriazioni indebite ed a tanti altri reati che, qualora dovesse passare l'amnistia, non verrebbero più perseguiti nei tribunali, e non sarebbero nemmeno più indagati dalla magistratura.

In questo modo, non si renderebbe giustizia alle vittime del reato e, ancora una volta in questa legislatura...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di fare un po' di silenzio, per cortesia!

GIOVANNI KESSLER. Credo che forse i colleghi dovrebbero risolvere i problemi del centrodestra non in aula, ma (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... Scusate, ma è un po' di tempo che parlo assistendo alle vostre liti «in diretta» (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia! Il collega stava parlando serenamente, ma c'era un po' di rumore (Commenti)! Io stesso ho richiamato l'esigenza di prestare un ascolto sereno!

Prego, onorevole Kessler, prosegua pure il suo intervento.

GIOVANNI KESSLER. La ringrazio, signor Presidente. Come dicevo, l'amnistia non influisce in alcun modo sulla situazione dei detenuti in carcere che ho appena descritto e che necessita - quella sì!  - di un intervento legislativo. Essa rappresenta un «colpo di spugna» giudiziario e fa venir meno una richiesta di giustizia proveniente sia dalla società, sia dalle stesse vittime dei reati, che verrebbero pretermesse dall'amnistia stessa poiché, in questo modo, i loro diritti non verrebbero riconosciuti.

A tutto concedere, l'amnistia può essere definita un atto di politica giudiziaria. Infatti, alcuni dei suoi sostenitori in quest'aula l'hanno invocata poiché libererebbe gli armadi dei pubblici ministeri e dei giudici, consentendo loro di dedicarsi più velocemente ai processi non coperti da amnistia: si tratterebbe, come dire, di una misura di «velocizzazione» della giustizia.

Sarebbe certamente una misura tampone, e non rappresenterebbe un intervento strutturale di snellimento dell'attività giudiziaria. Allora, chiamiamo le cose con il loro nome: l'amnistia non è un atto di clemenza! Tutt'al più, essa può essere ritenuta un atto di clemenza per i giudici e per i pubblici ministeri; ma onestamente, onorevoli colleghi, lasciatemi dire che, oggi, non vi è bisogno di un atto di clemenza anche per i magistrati inquirenti e giudicanti! Vi è bisogno, invece, di giudici e di pubblici ministeri che svolgano bene il loro lavoro, senza interferenze esterne, come dimostrano quotidianamente di saper fare.

Non dobbiamo interferire per legge ancora una volta, in questa legislatura, per bloccare uno o più processi, oppure una generalità di procedimenti. Semmai, un'amnistia potrà essere concessa se risulterà collegata ad una riforma strutturale della giustizia, così come venne fatto in occasione dell'approvazione dell'ultimo provvedimento di amnistia, nel 1989, funzionale all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.

L'amnistia stessa, tuttavia, non può essere ritenuta una misura strutturale per far funzionare la giustizia: semmai, ripeto, può essere considerata ammissibile qualora fosse collegata ad una proposta di riforma generale della giustizia, e solo in quel caso, allora, potrebbe essere giudicata accettabile. Ecco perché noi siamo contrari all'amnistia e voteremo contro questi primi articoli di amnistia, votando a favore dell'emendamento soppressivo, per ragioni, che ho cercato di spiegare, di merito e solo di merito. Ecco perché, invece, voteremo convintamene a favore dell'indulto e spero che, in quest'aula, tutti i gruppi parlamentari si prendano la responsabilità, con il loro voto, di votare per ragioni di merito, non per ragioni di tattica o per ragioni di ipocrisia per poi dare la colpa gli uni agli altri.

Credo che, non solo i detenuti, ma tutta l'opinione pubblica e tutti i nostri elettori meritino questa attenzione e questa sincerità anche da parte nostra.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per motivi tecnici e anche personali, sospendo brevemente la seduta (Applausi).

(omissis)

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.

GIORGIO CONTE. Signor Presidente, credo di poter aggiungere pochi argomenti a quelli che abbiamo ascoltato finora, tuttavia ritengo che valga la pena sottolinearne uno, perché deve essere ribadita con forza e con grande determinazione la posizione che Alleanza nazionale intende assumere su un provvedimento sicuramente importante.

Il mio intervento rientra tra quelli di coloro i quali si sono mostrati perplessi, anzi quasi sorpresi per i tempi e per i modi che hanno caratterizzato l'ingresso in aula di questo provvedimento e, soprattutto, non solo per la sua efficacia, ma per le reali motivazioni che hanno portato talune formazioni politiche a promuoverlo. Si tratta chiaramente di un'azione propagandistica, avendo già verificato in Commissione e nelle opportune sedi quali scarse probabilità di riuscita possa avere concretamente il provvedimento stesso.

Quindi, questo scorcio di legislatura, invece che essere dedicato alle vere emergenze del paese, ai provvedimenti urgenti che richiamano la grande attenzione dell'opinione pubblica, proprio in vista della fine di una legislatura e, quindi, di un impegno elettorale e politico, viene dedicato ad una campagna elettorale che si anticipa negli argomenti senza esclusione di colpi e che, in questo caso, si consuma colpevolmente sulla pelle non tanto dei detenuti, quanto dei familiari dei detenuti stessi.

Ho sentito parlare di illusioni, di disillusioni e di responsabilità sulle medesime disillusioni. Dunque, è bene rilevare che le illusioni e le eventuali possibili disillusioni in questa materia sono da addebitarsi a chi si è reso responsabile di aver portato in aula questo provvedimento. Il partito al quale appartengo, infatti, ha sempre chiaramente e coerentemente sostenuto non solo l'inutilità, ma anche la scarsa chiarezza e coerenza politica di questo provvedimento rispetto al programma elettorale con il quale ci eravamo impegnati con gli elettori.

È per tale motivo che Alleanza nazionale intende dissociarsi da questa campagna propagandistica. Rifiutiamo e respingiamo al mittente le accuse di propaganda, che evidentemente sono argomento di chi ha portato questo provvedimento in aula e non di chi, coerentemente, lo respinge con forza e determinazione.

Dicevo che, nell'ipotesi in cui questo provvedimento dovesse occuparci ancora per molte ore in quest'aula, è bene sottolineare che non è sicuramente con questo testo che si può rispondere concretamente alle emergenze del sistema carcerario italiano. Questo Governo si è molto impegnato - ed è stato ribadito da molti interventi degli esponenti della maggioranza - su emergenze che caratterizzano tutto il mondo della sicurezza, con impegni finanziari importanti nei confronti delle strutture carcerarie, che non hanno precedenti negli ultimi decenni, e con impegni di risorse importanti nei confronti della contrattualizzazione delle Forze di polizia.

Non credo, invece, che il problema delle condizioni igienico-sanitarie delle carceri o del sovraffollamento delle stesse possa risolversi con un mero tentativo di svuotamento. Infatti, non di svuotamento si tratta, ma di un vano tentativo.

Concludo dicendo semplicemente che proprio con provvedimenti di natura economico-finanziaria, che vanno a sostenere le ragioni del programma elettorale del centrodestra, si può effettivamente rimediare alle condizioni igienico-sanitarie e di sovraffollamento delle carceri, e non certo con provvedimenti di clemenza, che appaiono in assoluta e netta contraddizione con il messaggio chiaro e coerente che Alleanza nazionale ha sempre portato avanti.

Se mi è permessa un'ultima annotazione riguardo a situazioni particolari che vale la pena sottolineare, vorrei dire che, se certa magistratura - e sottolineo la parola «certa» - invece di contestare o interpretare determinate leggi si limitasse ad applicarle correttamente (il riferimento, puramente voluto, è alla cosiddetta legge Bossi-Fini), credo che molti ospiti delle nostre patrie galere non sarebbero in Italia ed avremmo potuto provvedere ad  una condizione per così dire di «ospitalità» nei confronti della popolazione carceraria ben diversa.

È bene, quindi, sottolineare, ancora una volta, l'impegno forte, coerente e chiaro di Alleanza nazionale contro questo provvedimento; finché avremo tempo e finché avremo la disponibilità, ci batteremo per impedirne l'approvazione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sergio Rossi. Ne ha facoltà.

SERGIO ROSSI. Signor Presidente, siamo ormai giunti alle ultime due settimane di lavori parlamentari e siamo qui riuniti per trattare un provvedimento di clemenza, come se in questo paese non vi fossero altre priorità: mi riferisco, ad esempio, ai problemi che attanagliano i pensionati in merito al costo della vita.

Oltretutto, stiamo esaminando un provvedimento di clemenza per approvare il quale non ci sono le condizioni storico-politiche. Siamo dell'opinione che gli atti di clemenza dovrebbero servire esclusivamente per chiudere pagine dolorose, riferite a periodi con i quali i popoli di un paese hanno bisogno di riconciliarsi. Invece, ci troviamo, purtroppo, ad esaminare un atto di clemenza che, qualora approvato, risulterà essere il secondo nel breve periodo di tre anni.

Vorrei ricordare che già con il primo indulto approvato nel corso di questa legislatura sono usciti dalle nostre carceri ben 6 mila detenuti, 1.500 dei quali vi sono poi rientrati pochi mesi dopo aver beneficiato di questa misura di clemenza.

Riscontriamo che non vi è una richiesta popolare in merito a questo provvedimento e per tale motivo la Lega Nord è contraria. Tuttavia, manifesta tale contrarietà avanzando, contemporaneamente, delle proposte volte a risolvere la questione del sovraffollamento delle carceri, ammesso che questo sia il vero problema per cui ci troviamo riuniti ad approvare tale atto di clemenza. Vorrei riassumere brevemente le nostre proposte che sono volte, ad esempio, a costruire nuove carceri. A tal fine, necessariamente, occorre reperire nuove risorse finanziarie: ciò è possibile evitando determinati sprechi nella pubblica amministrazione (e ce ne sono ancora tanti!), come, ad esempio, quelli riguardanti l'emergenza rifiuti in Campania, di cui ci stiamo occupando proprio in questi giorni.

Poi, dovremmo impedire che molti extracomunitari clandestini entrino nel nostro paese per delinquere e, quindi, entrare nelle nostre galere. Faccio presente che sono quasi ventimila i detenuti extracomunitari che affollano le nostre carceri e ciò equivale ad un terzo di tutta la popolazione carceraria. Vorrei, in proposito, leggervi un passaggio di una lettera pervenuta ad un quotidiano locale e scritta da alcune mamme extracomunitarie.

La lettera recita nel seguente modo: «Una gentile signora si è prestata a scrivere sotto nostra dettatura questa lettera perché nessuno di noi sa scrivere in italiano. Siamo un gruppo di mamme extracomunitarie, quattro ucraine, tre rumene, tre albanesi e due moldave, occupate come badanti di persone anziane. Abbiamo appreso con grande dolore delle violenze nelle ville e delle aggressioni a degli innocenti cittadini. Questi episodi ci fanno soffrire e vergognare perché sono molti i nostri connazionali che vengono in Italia a delinquere. Speriamo che vengano puniti e che scontino la loro pena in carcere. Purtroppo, nei nostri paese d'origine è diffusissima l'idea che in Italia non vi sia mai nessuno che stia in carcere».

Questa è la notizia che ci perviene da queste mamme straniere: l'impressione che noi diamo del nostro paese all'estero è che in Italia non si va mai in carcere! È ovvio che, approvando questo provvedimento, continueremo a dare all'estero questa immagine del nostro paese e quindi ad incentivare l'arrivo sul nostro territorio di clandestini dediti poi alla delinquenza.

Vi sono poi altre misure che vorremmo venissero adottate per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Penso, ad esempio, alla nostra proposta di legge in merito alla legittima difesa. Chiediamo  che questa proposta venga posta all'ordine del giorno del Parlamento in fretta anche se, ormai, manca molto poco alla fine della legislatura. Invece, ci troviamo ancora una volta anteposto un problema di clemenza per i detenuti piuttosto che un intervento mirato a tutelare i cittadini onesti, i quali a volte si trovano a reagire ad aggressioni o a furti anche con l'uso di armi, quando queste aggressioni avvengono all'interno della propria abitazione. Bisognerebbe tutelare di più questi cittadini.

Abbiamo anche affrontato il problema del sovraffollamento delle carceri stipulando con dei paesi stranieri accordi volti a far rimpatriare molti detenuti extracomunitari. Attraverso la legge Bossi-Fini stiamo rimpatriando circa cento detenuti al mese nei paesi di origine. Abbiamo stipulato accordi con paesi come Albania, Romania e Bulgaria. Il bilancio è, ad oggi, di circa tremila detenuti espulsi. Per rendere efficiente il sistema carcerario è necessario anche affrontare il problema dei costi. Infatti, abbiamo un costo molto elevato: un detenuto costa ai cittadini circa 130 euro al giorno mentre negli Stati Uniti costa solo 63 dollari, cioè meno della metà.

Poi abbiamo il problema degli agenti penitenziari che, nel nostro paese, sono nell'ordine di 1,4 agenti per ogni detenuto mentre la media europea è di un agente ogni 3 detenuti (negli Stati Uniti è addirittura di un agente ogni 7 detenuti).

Quindi, ci sarebbe un margine per intervenire e rendere più efficiente il nostro sistema carcerario.

Un altro suggerimento che vorremmo dare, per esempio, è quello dell'uso del braccialetto elettronico per coloro i quali siano sottoposti agli arresti domiciliari, almeno per alcune tipologie di reati.

Per concludere, un'altra nostra proposta di legge prevede l'espletamento di un lavoro civico non retribuito da parte del detenuto. Si tratterebbe di un intervento saggio poiché porrebbe il detenuto nella possibilità di svolgere un lavoro civico: gli verrebbe chiesto di scegliere tra una riduzione della pena, con sottoposizione ad un lavoro civico, oppure l'espiazione dell'intera pena senza essere di alcuna utilità alla società.

L'atto di clemenza che il Parlamento sta esaminando non costituisce pertanto una risposta ai cittadini di questo paese, ma, anzi, ne calpesta il diritto ad avere una giustizia più giusta e più vera e, soprattutto, una società più sicura. Non dimentichiamoci che siamo a favore della certezza della pena e che su questo punto ci eravamo impegnati in campagna elettorale. I cittadini ci chiedono sicurezza e legalità, non di aprire le porte dei nostri penitenziari ad un numero di detenuti ancora indeterminato!

Quel che è grave è che questa amnistia e questo indulto si applicherebbero anche ai recidivi e ai delinquenti abituali e professionisti. Abbiamo l'impressione che per la sinistra l'amnistia sia necessaria per sfoltire il debito giudiziario in materia penale qualora vincesse le elezioni, ossia per togliere dalla scrivania del futuro ministro del centrosinistra tale problema, che non si vuole risolvere con altri provvedimenti, come quelli che abbiamo citato prima, ma semplicemente con misure di clemenza.

Il centrosinistra vuole far approvare il provvedimento proprio al centrodestra, mentre noi riteniamo che sarebbe opportuno sottoporre questa scelta al giudizio degli elettori, perché, se è vero quanto dichiara l'onorevole Pisapia, ossia che l'amnistia e l'indulto non sono un atto di buonismo istituzionale ma di saggezza politica, oltreché di corretta applicazione di norme costituzionali, allora noi chiediamo al centrosinistra di dirlo con chiarezza agli elettori in campagna elettorale.

L'atto di clemenza, quindi, diventerebbe un punto del programma elettorale delle forze politiche. Vadano a chiedere il voto agli elettori con questa proposta e, considerato che nel programma elettorale del centrosinistra è già inserito l'innalzamento dell'età pensionabile e il diritto di voto agli extracomunitari, abbiano il coraggio di inserirvi anche l'atto di clemenza  per i delinquenti (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fontanini. Ne ha facoltà.

PIETRO FONTANINI. L'amnistia e l'indulto, oltre ad essere sponsorizzati da quasi tutti i colleghi del centrosinistra, sono stati annunciati qui a Roma con dei manifesti murali attaccati proprio a pochi passi da quest'aula da un sedicente comitato di disoccupati europei. Probabilmente la questione ha attinenza con la disoccupazione a livello europeo. Con slogan cubitali ed utilizzando anche l'immagine del Papa Giovanni Paolo II, gli stessi manifesti proclamano la necessità e l'urgenza di svuotare rapidamente le carceri perché i detenuti sono stanchi di promesse e di visite di politici, che in più occasioni hanno fatto intravedere loro la possibilità di uscire dalle carceri stesse.

I postulanti di queste promesse provengono da quasi tutti i partiti. Solo un partito si dissocia da questa linea di apertura delle carceri ed è il nostro, la Lega Nord che, coerentemente con quanto promesso ai cittadini italiani durante la campagna elettorale del 2001, dichiara di impegnarsi per la certezza della pena e, soprattutto, per una lotta dura alla criminalità, per dare ai cittadini onesti la consapevolezza di vivere in un paese in cui la loro sicurezza sia sempre più una certezza.

Noi, cari colleghi di Forza Italia e dell'UDC, abbiamo vinto le elezioni perché eravamo portatori di queste esigenze. Non solo ci siamo dichiarati contro queste misure di clemenza che hanno contraccolpi negativi per chi crede nella giustizia, ma abbiamo dimostrato in cinque anni di Governo di aver combattuto con fermezza il crimine.

Proprio ieri, il ministro dell'interno, nominando altri poliziotti di quartiere, ha elencato tutta una serie di dati che evidenziano come, in questi anni, i crimini siano fortemente diminuiti: è il risultato della fermezza della lotta alla criminalità di una politica concreta che ha prodotto ottimi risultati.

Colleghi di Forza Italia, non rovinate il lavoro del vostro ministro Pisanu svuotando le carceri: diciamo «no» all'amnistia e all'indulto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Seneen. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO DE SENEEN. Signor Presidente, il provvedimento all'esame dell'Assemblea riguarda certamente una materia molto importante ed interessante e per questo ho seguito tutto il corso dei lavori con estrema attenzione.

Tre passaggi mi hanno colpito in maniera particolare. Il primo riguarda le affermazioni fatte dall'onorevole Falanga, che ha accusato Alleanza nazionale e la Lega Nord di voler espropriare i carcerati di ciò che è un loro sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione. L'articolo 79 della Costituzione, al quale ha fatto riferimento l'onorevole Falanga, non prende in considerazione diritti ma concessioni, tanto è vero che è necessario che sia emanata una legge ad hoc affinché vengano, appunto, concessi l'amnistia e l'indulto.

La seconda cosa che mi ha particolarmente colpito è la patente di «opportunisti» che dalla maggior parte degli intervenuti è stata affibbiata ai rappresentanti di Alleanza nazionale e della Lega Nord. Non credo che a chiunque sia dotato del senso dell'udito e del bene dell'intelletto possa essere mai sfuggito il fatto che Alleanza nazionale e la Lega Nord sono sempre stati favorevoli alla certezza della pena e all'equità della stessa.

Non è qualcosa che abbiamo tirato fuori oggi o ieri per questioni propagandistiche ed elettorali, ma è argomento nel quale abbiamo sempre creduto e che abbiamo sempre ribadito con fermezza. Sull'equità della pena non vogliamo discutere; una volta che il giudice ha comminato una pena, riteniamo questa giusta e non ne vogliamo discutere, mentre vogliamo discutere  sulla certezza della pena. Il senso della giustizia, al quale si appellava l'onorevole Kessler, è a 360 gradi (deve essere a 360 gradi!); pertanto, se, da un lato, può essere da lui ritenuto giusto che si adotti un provvedimento di benevolenza nei confronti dei carcerati e dei reclusi, così è altrettanto giusto, a mio modo di vedere, che si adotti un provvedimento di giustizia nei confronti di coloro che sono stati danneggiati dalle azioni criminose, facendo sì che chi si è visto riconoscere delle responsabilità paghi per intero la pena che gli è stata inflitta.

La terza considerazione è la seguente (mi meraviglia molto il fatto che, a parte l'onorevole Patarino, nessun altro abbia sollevato il problema): si parla di sovraffollamento delle carceri, di condizioni di vita difficili per i detenuti, ma nessuno ha parlato delle condizioni difficili e stressanti in cui versano quotidianamente coloro che svolgono funzioni di verifica e di controllo e che hanno delle grandi responsabilità all'interno delle carceri. Sto parlando delle guardie carcerarie che, oltretutto, hanno la responsabilità - lo voglio ricordare a coloro che non lo sanno - dell'incolumità dei detenuti stessi.

Se è vero, come è vero, che non è certamente agevole vivere in celle strutturate per la permanenza di tre detenuti qualora i suddetti diventino sei, è altrettanto vero che non è facile gestire la vita carceraria quando ci si trova di fronte ad un sottodimensionamento delle strutture e, quindi, quando ogni operazione assume caratteristiche di rischio decisamente superiori a quelle per le quali sono state previste le stesse strutture.

L'onorevole Mantini ha affermato che il centrodestra, nel corso dei cinque anni, non ha fatto nulla, ma vorrei fare presente una cosa: in Sardegna, realtà di cui posso parlare perché provengo da quella regione (pertanto, ho conoscenza diretta del problema), gli appalti per la costruzione di tre carceri (ad Oristano, a Cagliari ed a Sassari) sono fermi perché la giunta di centrosinistra che attualmente governa in Sardegna non ha messo la commissione preposta alla valutazione dell'indennità definitiva di esproprio in condizioni di formulare il proprio parere, e quindi i lavori sono bloccati.

Per queste ed altre ragioni, ritenendo che il fine del provvedimento in esame non sia quello di risolvere il problema (trattandosi di un provvedimento con fini propagandistici ed elettoralistici), preannunzio l'espressione da parte del gruppo di Alleanza nazionale di un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Signor Presidente, vorrei pronunciare poche, ma sentite parole sull'argomento. Ieri sera, ieri notte, questa mattina e nel corso di questo primo pomeriggio, la nostra parte politica ha avuto modo di sviluppare, sviscerare con chiarezza, coerenza e concretezza il senso di una posizione che è chiara e che non ha infingimenti né contraddizioni.

Lo abbiamo fatto dopo essere stati costretti da un'operazione tutta propagandistica ad una forzatura; la prima è stata quella di inserire all'ordine del giorno, posponendo il provvedimento concernente le forze dell'ordine, quello sull'amnistia e sull'indulto. Con felice battuta, il nostro capogruppo ha detto: per noi, prima le guardie e poi i ladri!

Abbiamo contribuito a vedere - chi da vicino, chi da lontano - la vergogna di un'aula semivuota il 27 dicembre scorso, dopo che un gruppo si era prodigato ad apporre delle firme, senza però farsi vedere quando si è trattato di essere presenti.

Abbiamo visto la piccola-grande vergogna di ieri sera quando, dopo i grandi proclami, non vi era nessuno. Abbiamo denunciato le contraddizioni di tutta quella parte che invoca il Papa, ma a corrente alternata, perché è un Papa che va bene quando chiede clemenza per Caino, ma che non va più bene quando invece invoca la stessa clemenza per i tanti Abele mai nati e soppressi per aborto.

Potremmo continuare in questo esercizio dialettico per ore ed ore, potremmo  inchiodare questa Camera ad altre ore di discussione, ma riteniamo che a questo punto sia più logico che le contraddizioni che abbiamo denunciato vengano fuori plasticamente, con un voto. Allora, votiamo pure, vediamo se per davvero vi è questo spaccato d'Italia che ritiene prioritari l'indulto e l'amnistia, vediamo se da una parte vi è una banda di irriducibili - come siamo stati descritti - e, dall'altra, la banda delle buone intenzioni o se tutto ciò è soltanto demagogia.

Penso che con questo voto saremo noi a sconfiggere la demagogia, la bassa propaganda, l'ipocrisia, la falsità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1, ad eccezione degli identici emendamenti Lussana 1.18, Raisi 1.30 e 1.150 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento), sui quali il parere è favorevole. Tali emendamenti riguardano l'ipotesi relativa alla violazione di norme concernenti il Monopolio dei tabacchi ed altro, per cui occorrerebbe una copertura finanziaria che la V Commissione ci ha comunicato non essere disponibile.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI VITALI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti soppressivi Lussana 1.1 e Anedda 1.2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente Alleanza nazionale esprimerà un voto favorevole sugli identici emendamenti soppressivi dell'articolo 1.

Abbiamo ascoltato attentamente quanto affermato dal Presidente all'inizio dell'esame del provvedimento. Questi emendamenti soppressivi saranno votati con la normale maggioranza e non con quella prevista dalla Costituzione per l'amnistia.

Avremmo preferito ritirare immediatamente i nostri emendamenti riferiti all'articolo 1 per rendere possibile quello che il collega Menia ha testè affermato, vale dire subito un voto definitivo chiarificatore sull'esistenza o meno della maggioranza dei due terzi prescritta per votare l'amnistia. Tuttavia, non possiamo farlo, in quanto, permanendo comunque emendamenti presentati da altri gruppi, in ogni caso si voterebbe su questi emendamenti soppressivi e non sul mantenimento dell'articolo per la votazione del quale occorre la maggioranza qualificata. In sostanza, affinché si metta subito una pietra tombale sul desiderio di far passare questo provvedimento, occorrerà che gli emendamenti in esame siano approvati con la maggioranza semplice.

Avremmo potuto fare come altri hanno fatto in questo scorcio finale di legislatura, tenendo bloccato il Parlamento. Riteniamo invece che il voto che stiamo per esprimere sia importantissimo. Sarà già possibile, nell'ipotesi in cui gli emendamenti soppressivi in esame venissero approvati, capire subito che non esiste la possibilità di votare l'amnistia: non solo non vi sarebbe una maggioranza dei due terzi, non vi sarebbe neppure una maggioranza semplice. Ma anche qualora venissero respinti, dal numero dei votanti apparirebbe subito chiaro se vi è o meno questa benedetta maggioranza dei due terzi, affinché l'Assemblea ne prenda coscienza e non ci costringa a perdurare in un'inutile attività propagandistica. Ci avete accusato di fare ostruzionismo, insieme con la Lega, per motivi di propaganda. La verità è che non c'è nessuna maggioranza, allo stato, che  consenta di far passare questo provvedimento. E se è vero, come ci si dice, che nel fronte favorevole al provvedimento vi è chi non è a favore dell'indulto ed è a favore dell'amnistia, e viceversa, non vi è neanche la possibilità di far passare la seconda parte del provvedimento, relativa all'indulto.

Dunque, la decisione di inserire, con i modi che conoscete, questo punto all'ordine del giorno, e di posticipare l'esame della proposta di legge, presentata dalla Lega, sulla legittima difesa, e della nostra proposta sulle carriere dei Carabinieri, della Polizia, della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e di tutte le Forze dell'ordine, grida ancora vendetta. Per tali motivi cerchiamo di accelerare i tempi, in quanto vogliamo che negli ultimi venti giorni della legislatura, se non vi è una maggioranza per approvare l'amnistia e l'indulto, ci si possa occupare di altro. Se, al contrario, vi fosse, faremmo ostruzionismo fino all'ultimo momento, ma siamo convinti che questa maggioranza non c'è, che voi sapete che non esiste e che ci tenete qui solo per fare fumo.

Dunque, come fanno i giocatori di poker, vogliamo dire: vediamo. Questo voto è il voto di chi chiede di capire se esiste tale possibilità, o se ci troviamo qui soltanto per accontentare qualcuno che ha bisogno di questo argomento - e magari non si tratta soltanto di chi è all'interno di quest'aula - per avere voce in capitolo prima delle elezioni.

Annuncio pertanto il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale sugli emendamenti interamente soppressivi dell'articolo 1 (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo ad esprimere voto favorevole sugli identici emendamenti soppressivi in esame, perché, come più volte abbiamo avuto modo di enunciare in quest'aula e come è stato ampiamente dichiarato dal collega Mantini, abbiamo maturato un convincimento serio, ponderato, profondo circa la necessità di adottare un provvedimento di indulto che risponda all'esigenza di venire incontro a coloro che in carcere scontano una pena in termini assolutamente difformi da quelle che sono le condizioni etiche e filosofiche che provengono dalla cultura illuminista, cristiane ma anche costituzionalmente garantite.

Abbiamo ritenuto che questa fosse la soluzione corretta ai problemi che venivano posti dall'esigenza che emergeva all'interno delle carceri, e della quale tutti in quest'aula ci siamo sentiti portatori. Nessuno infatti ha affermato che le istanze provenienti anche dal Sommo Pontefice non erano corrette, e in tutti gli interventi è stata richiamata la drammatica situazione nelle carceri. Abbiamo dunque ritenuto di sostenere un provvedimento di indulto, che è l'unico ad avere la caratteristica di poter immediatamente intervenire sul problema carcerario.

Coloro che in questa sede hanno affermato di voler approvare l'indulto a condizione che si introduca anche l'amnistia, ovvero coloro che hanno ritenuto che l'amnistia fosse provvedimento necessario ed indispensabile anche per un provvedimento di indulto - colleghi ai quali io non posso disconoscere la buona fede, anche se alcune riserve in ordine ad alcuni atteggiamenti le ho maturate e le conservo - sono in grave errore.

L'amnistia non serve a risolvere i problemi delle carceri: serve esclusivamente a liberare i tavoli dei pubblici ministeri da molti processi oggi, ma soprattutto è strumento pericolosissimo in un momento in cui la sensibilità sociale è fortemente allarmata da fatti che impongono rigore etico - mi riferisco ai colleghi che hanno assunto nei confronti di questo provvedimento atteggiamenti non condivisibili -, ma soprattutto che impongono un estremo rigore nel valutare i principi di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, di modo che non vi siano cittadini che soffrono  delle disfunzioni della giustizia e cittadini che di queste si approfittano per garantirsi un'impunità.

Si scontrano due culture, me ne rendo conto, ma ho il dovere di sottolineare in questa sede che il voto che noi esprimeremo non è minimamente sovrapponibile, quanto a presupposti culturali dai quali esso muove, al voto che daranno altri, perché la nostra è una cultura di legalità ed una cultura di rispetto della persona umana, che non è sovrapponibile con la cultura del populismo di comodo. La prossima settimana discuteremo della cosiddetta legittima difesa: ritengo che non sia corretto - molti di voi lo sanno - affrontare questo provvedimento, perché esso è destabilizzante all'interno del sistema penale e, soprattutto, non è possibile farlo senza avere la capacità di disegnare complessivamente un sistema penale nel quale esso potrebbe anche trovare ospitalità, a condizione però che il sistema fosse interamente diverso.

Colleghi che vi siete sempre occupati di problemi della giustizia, non si può affrontare alcuna riforma che attenga al diritto penale sostanziale o al diritto penale processuale senza avere una visione organica e non si può procedere a provvedimenti fatti come lo spizzico delle caramelle o dei cioccolatini, una volta di qua o una volta di là, a seconda delle convenienze del momento, che non rispondono ad un progetto organico e che hanno, conseguentemente, la capacità di destabilizzare il sistema senza avere alcun elemento positivo da apportare ad esso!

Noi abbiamo una cultura della legalità che vuol dire rispetto delle regole e cultura della universalità della giurisdizione, tradotta nel principio costituzionale secondo il quale la legge è uguale per tutti e non può essere gabellata con provvedimenti che creano necessariamente delle crasi tra cittadino e cittadino, tra ceti sociali, tra appartenenze diverse. Siamo per la cultura della legalità, che vuol dire anche cultura dell'equità della legge e che ci ha condotto ad adottare il nostro atteggiamento. Vi è una cultura che proviene dalle scuole platoniche, da quelle socratiche, che viene da Sant'Agostino, che spesso è intervenuto su questo tema. Non si tratta di una cultura nata dopo il Medioevo; né, tanto meno, è una cultura longobarda. Mi scuseranno i colleghi della Lega se faccio questa notazione, ma ho sentito troppe volte fare riferimento improprio a culture cui loro non appartengono, perché, come dice il Manzoni, «di essi fu propria una cultura dell'offesa in ragion del numero».

Noi vogliamo un sistema giusto ed efficiente e per questo lavoreremo, se avremo la ventura di farlo nella maggioranza nella prossima legislatura, affrontando il problema in termini diversi e cercando di coinvolgere tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, credo che debba essere chiaro ai colleghi, e mi rivolgo in particolare a quelli del centrosinistra, che l'emendamento soppressivo in esame è stato presentato dal gruppo della Lega Nord...

IGNAZIO LA RUSSA. E da Alleanza nazionale!

ENRICO BUEMI. ...e da Alleanza nazionale, cioè quelle forze politiche che ritengono che per affermare i principi di giustizia nel nostro paese bisogna ampliare il raggio delle facoltà del cittadino di farsi sostanzialmente giustizia da solo mettendo mano alla pistola (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Questo è, in buona sostanza, il contenuto di quell'emendamento che proviene da quel versante culturale! Questo è il senso di quell'emendamento che proviene da una forza politica che in questi anni ha retto, attraverso un suo ministro, il senatore Castelli, il Ministero della giustizia. Quella giustizia che oggi fa registrare nel nostro paese oltre 8 milioni di processi arretrati, oltre 160 mila prescrizioni per decorrenza di termini ogni anno e più di 60 mila detenuti nelle nostre carceri e che promette di  risolvere il problema attuale dei reclusi con la costruzioni di venti nuove carceri che, se va bene, saranno completate tra otto-dieci anni...

DARIO GALLI. E cosa pensavi di fare?

ENRICO BUEMI. Questo è il retroterra culturale...

DARIO GALLI. Ubriacone!

ENRICO BUEMI. ...ed anche etico.

ENRICO BUEMI. Io sono del paese del (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di portare rispetto!

ENRICO BUEMI. ...e ne sono onorato (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! Ai colleghi del centrosinistra dico che possiamo anche avere opinioni diverse nel merito...

FRANCESCO GIORDANO. Presidente, ha usato come epiteto: «ubriacone»!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, che cosa volete che dica? Sto vigilando, pertanto non ho bisogno che voi me lo diciate (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

ENRICO BUEMI. ...ma dare spazio alla Lega Nord per affermare una sua linea, così come viene affermata attraverso la soppressione dell'amnistia, è un'iniziativa che francamente ci lascia sconcertati e che evidentemente apre le porte ad una profonda riflessione.

Desidero svolgere un'ultima considerazione. Di amnistia e di indulto c'è bisogno oggi nel nostro paese e ci sarà, e ciò lo dico agli amici e compagni del centrosinistra, bisogno domani nel momento in cui, speriamo tutti insieme, assumeremo responsabilità di Governo. Non affrontare oggi questo problema significa anche creare condizioni difficili per poterlo affrontare domani (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno e di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, intervengo, a nome del gruppo della Lega Nord, per testimoniare un fatto singolare. In questa sede noi oggi abbiamo visto consumarsi, tra i banchi dei colleghi del centrosinistra, un autentico dramma istituzionale. Al di là dei tanti richiami all'unità, al confronto e alla civiltà giuridica, oggi ci si trova di fronte al fatto che non c'è accordo tra coloro che appartengono ad una coalizione che si candida a governare questo paese. Si scopre, ancora una volta, che alle vostre parole non corrisponde alcun fatto. Qualcuno potrebbe, agitandosi, individuare delle contraddizioni all'interno della Casa delle libertà, ma queste non ci sono. Non ci sono per un motivo molto semplice; perché questa Assemblea, ancora una volta, dimostra che c'è qualcuno che non ha il coraggio di portare fino in fondo le proprie azioni e non ha la capacità politica di persuadere persone, che si uniscono alla vostra coalizione, che cambiano denominazione e che si definiscono oggi la Rosa nel Pugno ma che probabilmente dovrebbero ribattezzarsi, per salvarsi sul piano elettorale, perché questa è una vetrina elettorale per qualcuno, un «pugno nello stomaco» dopo che si dimostra che si cita il Santo Padre, un giorno sì e un giorno no, per misere convenienze elettorali (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

Noi ci troviamo nella necessità di segnalare un aspetto singolare. Più precisamente, in queste settimane e in questi giorni si sono cercate quelle, che nella prima Repubblica, si definivano convergenze parallele. Si doveva parlare, ma non bisognava far capire troppo che dovevamo stare dalla stessa parte ...! Mi spiace per i colleghi di Forza Italia e mi auguro che essi abbiano una sorta di ravvedimento  operoso. Colleghi di Forza Italia, quando l'iniziativa politica parte dal vostro partito, dai banchi dell'opposizione, in maniera ideologica, si oppone un assoluto rifiuto al confronto con il vostro movimento politico (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana); quando, invece, è l'opposizione a chiedere un confronto, Forza Italia diventa un partito con cui è possibile dialogare sui temi più vari.

Si parla di civiltà giuridica e di grande tradizione democratica, ma soltanto a senso unico: quando serve alla causa di chi vuole occupare lo spazio di questa maggioranza per «portare a casa» provvedimenti che, quando governava il centrosinistra, non si è avuto il coraggio di affrontare per cinque anni (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)! Questa è una cartina tornasole!

Permettetemi di concludere con una battuta. L'atteggiamento ostruzionistico che abbiamo tenuto e l'opposizione dura che abbiamo condotto, usando tutti gli strumenti temporali e contenutistici a nostra disposizione costituiscono il primo atto della legittima difesa dei cittadini, i quali non sono populisti, ma vogliono essere sicuri nelle loro case, e non sono come i «compagni» con la falce ed il martello che vivono nei centri storici, in case con i soffitti laccati, che hanno macchine e barche (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana - Commenti del deputato Bellillo) e che non rappresentano più quel mondo che rappresentavano negli anni Cinquanta. Adesso, costoro sono la brutta copia di quello che sono stati nella loro storia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

LUCIANO DUSSIN. Bravo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, prendo la parola a titolo personale, essendo già intervenuti altri colleghi, con una certa sofferenza, che non è emozionale ma politica. Essa nasce dalla coscienza del fatto che, in questo momento, il mio e gli altri partiti che hanno scelto la linea del voto favorevole agli emendamenti soppressivi in esame stanno commettendo un errore politico.

Non c'è nulla di male: in politica, può capitare di avere opinioni diverse; ma poiché io credo nel partito democratico fino in fondo, ritengo che, di fronte a simili questioni, vi sarebbe stata, probabilmente, l'opportunità per provare a delineare effettivamente qualcosa di nuovo, uno scenario nuovo, ed anche un'attenzione diversa, e magari nuova, rispetto a determinati problemi.

Rispetto profondamente il lavoro svolto da tutti i colleghi, in particolare da quelli del mio gruppo, in Commissione giustizia. Tuttavia, signor Presidente, rimango della convinzione che, in questo momento, per il sistema carcerario, ma anche per il sistema della giustizia, pensare di disgiungere un provvedimento di indulto da uno di amnistia sia semplicemente un errore politico. È questa la ragione per la quale voterò contro gli emendamenti soppressivi dell'articolo 1.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, desidero confermare, coerentemente con la battaglia che ha visto impegnati i deputati Verdi in queste settimane, la nostra volontà di fare il possibile, pur prendendo atto delle condizioni politiche che si stanno determinando in quest'aula, affinché l'amnistia sia varata e sia accompagnata da un provvedimento di indulto.

Quindi, voteremo contro gli emendamenti soppressivi in esame, con la convinzione della necessità di un intervento complessivo, capace non soltanto di intervenire sulle sanzioni penali già applicate con sentenze passate in giudicato, attraverso lo strumento dell'indulto, ma anche, sia pure nella limitatezza dell'articolo approvato dalla Commissione due giorni fa,  su alcuni tra i milioni di procedimenti penali pendenti. Senza un provvedimento di amnistia, questi ultimi continueranno a contribuire all'incertezza della sanzione penale e continueranno a far lavorare i tribunali e le Procure della Repubblica, anche se, come sappiamo, quando tale lavoro arriverà alla fine sarà la casualità a determinare l'estinzione o meno del processo penale.

Devo sottolineare anche che, come Verdi, francamente rimaniamo molto contrariati dall'atteggiamento dei Democratici di sinistra e della Margherita. Lo affermiamo, ovviamente, con rispetto della loro posizione politica, ma riteniamo che la convergenza si dovesse misurare nell'ambito di un voto parlamentare. Infatti, la parte più retriva del Parlamento ha usato ed usa in maniera demagogica la questione dell'amnistia per una campagna forcaiola e giustizialista che non ha alcun riscontro con il tema reale, quello delle condizioni del nostro sistema penitenziario e della necessità di un intervento capace di ridurre quell'aggravio di pena che non è scritto nella nostra Costituzione ma deriva dal sovraffollamento e dalle condizioni sanitarie delle nostre carceri. È una vergogna il fatto che nei nostri istituti di pena il tasso di mortalità è molto più elevato di quello registrato al di fuori. Perciò, pur con tutto il rispetto, come Verdi rimaniamo negativamente sorpresi della convergenza che può maturare in quest'Assemblea tra quella posizione ed una parte del centrosinistra, costituita dai Democratici di sinistra e dalla Margherita. Lo affermiamo perché sappiamo che non vi è alcuna convergenza di valori. Anzi, le battaglie combattute insieme, il lavoro che, insieme, stiamo svolgendo riguardo al programma dell'Unione e ai delicati temi della giustizia nel nostro paese ed anche la possibilità di creare una convergenza di Governo per il futuro del paese trovano una differenziazione in questo voto relativo all'amnistia, il quale apre un problema politico che non deve essere enfatizzato ma che sarebbe un errore sottovalutare. Ci auguriamo che vi sia ancora il margine per una riflessione...

PRESIDENTE. Onorevole Cento...

PIER PAOLO CENTO. ... sul voto dei singoli parlamentari dei Democratici di sinistra e della Margherita.

PRESIDENTE. Onorevole Cento...

PIER PAOLO CENTO. Concludo, signor Presidente.

Riteniamo che il centrosinistra debba combattere a testa alta una battaglia, in questo Parlamento e nel paese, per garantire la sicurezza dei cittadini, un sistema carcerario umano ed una visione della sanzione penale che sia umana e tesa alla rieducazione di chi sbaglia. Questa è la sfida culturale che dobbiamo lanciare e sulla quale noi Verdi impegniamo il nostro partito, a partire dal voto che esprimeremo su questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e Misto-La Rosa nel Pugno e del deputato Craxi)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Signor Presidente, il gruppo dell'UDC ha sostenuto e sostiene tuttora il provvedimento di amnistia e indulto. A monte di tutto, bisogna svolgere una riflessione, sulla quale dobbiamo concordare tutti. Si è sempre parlato di amnistia e di indulto e se ne parlerà ancora. Forse non li approveremo stasera ma il problema ritornerà perché, per non parlarne più, dovremo risolvere tre problemi che riguardano il sistema della giustizia in Italia. Il primo è quello della ragionevole durata del processo; il secondo è quello della depenalizzazione delle ipotesi di reato meno gravi; il terzo è quello della carcerazione preventiva. Infatti, dei 60 mila detenuti di cui si discute, 20 mila si trovano in stato di carcerazione preventiva nelle carceri italiane. Allora, se non avremo la forza e la volontà di affrontare questi tre problemi, e se questi continueranno a sussistere, in Italia dovremo continuare a parlare di  amnistia e di indulto, che diventano provvedimenti necessari. Ecco perché noi li sosteniamo. Però, non capiamo l'atteggiamento e la presa di posizione di quelle forze politiche che, questa sera, ci dicono che sono favorevoli all'indulto ma non all'amnistia. Forse, non si è compresa la differenza profonda esistente tra amnistia ed indulto.

Con l'indulto, secondo l'opinione di quanti sostengono tale tesi, si farebbero uscire dalle carceri gli imputati per quei reati gravi cui tanto si è fatto riferimento; comprendo l'argomento. Ma noi riteniamo che ciò sia giusto per le esigenze richiamate e per la vita che si svolge nel carcere.

Se sosteniamo che è giusto, adesso, provvedere in tal senso, e che, in questo momento, ciò è esigenza contingente, legata alla presenza di 60 mila detenuti nelle carceri italiane - e giustifichiamo tale ipotesi e siamo d'accordo sul fatto che tali persone, anche se detenute per reati gravi, dall'omicidio all'estorsione, alla rapina, debbano avere uno sconto della pena dell'ordine da uno a due anni -, non comprendo perché, poi, vi sia questa opposizione nei confronti dell'amnistia.

Questi due provvedimenti, infatti, nella storia repubblicana, hanno camminato sempre insieme. Cosa è l'amnistia? Non tanto e non solo si liberano i tavoli dei pubblici ministeri - come è stato sostenuto in questa Assemblea - ma si dà anche la possibilità agli stessi pubblici ministeri, nel momento in cui hanno messo da parte reati di modesta importanza (in tal caso vengono in rilievo infatti reati contravvenzionali e reati per i quali il massimo della pena è previsto in quattro anni), di dedicarsi con più impegno alle ipotesi di reato veramente gravi. Si tratta di quelle ipotesi di reato, qui richiamate, cui fa riferimento l'opinione pubblica; quelle sulle quali dobbiamo concentrare l'attenzione se vogliamo salvaguardare la sicurezza dei cittadini. Esse sono i punti di riferimento; non certo le ipotesi di reato previste dall'amnistia e da questo provvedimento di clemenza.

Inoltre, ho sentito tante discussioni, questa sera, in questa Assemblea; ma nel merito del provvedimento non si è entrati: sul merito, invece, avremmo dovuto confrontarci, discutendo circa quelle fattispecie di reato che noi abbiamo ritenuto di poter inserire in questa ipotesi legislativa di clemenza. Allora, avremmo potuto discutere, in un confronto civile e costruttivo, se aggiungere o espungere talune ipotesi di reato, il che poteva costituire, nel momento attuale, un momento di riflessione ed anche di considerazione da parte dell'opinione pubblica. Nulla di tutto ciò. Si è detto esclusivamente: esiste il problema ma - è quanto sostenuto da una parte della sinistra - noi, lo risolveremo fra tre mesi. Ebbene, non comprendo perché, sul piano politico, sul piano della sostanza del ragionamento, questo problema oggi non possa essere affrontato mentre potrà esserlo fra quattro mesi.

PRESIDENTE. Onorevole...

ANTONIO MAROTTA. Ciò ci lascia molto, molto perplessi.

Ecco perché, con queste considerazioni, noi ci siamo dichiarati fin dal primo momento favorevoli all'amnistia ed all'indulto (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi voteremo a favore di queste proposte emendative; ma poiché troppo distanti sono le ragioni nostre da quelle che i colleghi della Lega e di Alleanza nazionale hanno qui riferito, io vorrei esporre brevemente i motivi per i quali noi riteniamo - l'abbiamo già detto in questa Assemblea, e l'abbiamo già chiarito più volte in Commissione - che questo provvedimento, nella parte in cui reca la previsione dell'indulto, è da approvare, e da approvare immediatamente; non così per la parte in cui reca la previsione dell'amnistia. Cercherò di spiegare brevemente le ragioni per le quali a questa amnistia noi ci opponiamo.

Un dato i colleghi che hanno sostenuto il provvedimento di amnistia hanno, non dico occultato - sostenerlo sarebbe ingeneroso da parte mia -, ma certo mai evidenziato durante le lunghe giornate di propaganda e di manifestazioni in favore, appunto, dell'amnistia. Il dato, vale a dire, che questa amnistia copre i delitti compiuti fino al 1o giugno 2001; questa amnistia avrebbe, dunque, effetto su una platea di reati che per metà sarebbero prescritti, trattandosi di contravvenzioni (e forse la mia stima è ingenerosa per difetto). D'altra parte, la misura non servirebbe neanche allo scopo tipico delle amnistie, quello di liberare gli uffici giudiziari dal carico di contenzioso nel momento in cui si proceda ad una riforma strutturale che, ad esempio, acceleri i processi o meglio organizzi il lavoro giudiziario. Infatti, i processi per reati commessi cinque anni fa sono già andati avanti ed hanno già occupato le aule giudiziarie.

E poi vi è una ragione, che io ritengo «la» ragione.

Altri colleghi - anche del mio gruppo -, nel corso del dibattito, muteranno forse questa gerarchia, tuttavia la ragione è la seguente.

Vedete, onorevoli colleghi, un paese non può sopportare un'amnistia all'anno: ciò mi sembra troppo chiaro, e non attiene alla responsabilità di nessuna forza politica sostenere una scelta di questo genere. Mi dispiace essere distante, su questo punto, dall'onorevole Buemi, al quale mi permetto anche di dire, in maniera assolutamente amichevole, che mi sembra molto singolare anche l'idea dell'amnistia come riforma; ma su questo aspetto, torneremo più tardi.

Votare «sì» a questa amnistia brucia la possibilità di varare nella prossima legislatura, accompagnandola a riforme che velocizzino i processi, che organizzino il lavoro degli uffici giudiziari, che vedano una diversa ripartizione degli stessi uffici giudiziari sul territorio e che dedichino strutture e risorse alla funzionalità e all'efficienza del servizio giustizia, un'amnistia davvero efficace, che copra i reati commessi non fino al 1o giugno 2001, ma fino a tutto il 2004, ed io direi anche fino ad una parte del 2005.

Su questo punto - è questo il dato politico - il mio gruppo si impegna. Vedete, onorevoli colleghi, ho voluto fare questa affermazione scandendo anche le parole perché stiamo ragionando nell'ambito di un contesto sul quale grava l'anatema lanciato da Forza Italia: o si votano insieme amnistia ed indulto, oppure non se ne fa niente!

Guardate, detta così, potrebbe essere interpretato, in maniera semplicistica, come un ricatto nei nostri confronti. Mi permetto di dire, e si tratta di un punto politico sul quale richiamo l'attenzione dei colleghi, che tale affermazione non suona come un ricatto e non pende su di noi; al contrario, mi pare sia diretta a tutti coloro verso i quali la discussione di questi giorni - che noi, per senso di responsabilità, non abbiamo suscitato - si è rivolta: mi riferisco a quelli che stanno nelle carceri, a coloro che aspettano un provvedimento di indulto ed a quelli che attendono un provvedimento di clemenza.

Ma tale affermazione - chiamiamola ricatto, per intenderci - assume questa caratteristica perché, lasciatemelo dire, si tratta di un modo politicistico di affrontare la partita; mi sembra, invece, che proprio su questa materia e su tale questione il politicismo sia un rischio dal quale dovremmo tutti sfuggire.

L'unica domanda alla quale dovremmo rispondere è: a che cosa serve il provvedimento in esame? Io dico che serve un provvedimento di indulto che valga a far sì che chi è in carcere e sta scontando una pena possa vedersi abbonata una parte della pena stessa, in ragione della gravità del reato che ha commesso, tornando in carcere nel caso in cui, avendo usufruito dell'indulto, dovesse commettere un ulteriore reato. A questo serve: a risollevare la speranza di coloro che si trovano in carcere, a far fronte al sovraffollamento carcerario ed a tenere fede alle promesse che sono state fatte ed alle aspettative che sono state suscitate!

Mi rivolgo anche, onorevoli colleghi, agli amici della nostra coalizione. Guardate che, con questa posizione, ci assumiamo delle responsabilità. Potremmo comportarci in maniera politicistica; potremmo agire facendo finta di niente; potremmo anche votare a favore di questa amnistia che poco produce, che così poco mantiene, ma che così tanto ipoteca le possibilità per il domani! Ma questa possibilità, che è diventato un nostro impegno, noi non possiamo bruciarla.

PRESIDENTE. Onorevole Finocchiaro, si avvii a concludere!

ANNA FINOCCHIARO. Concludo, signor Presidente.

Potremmo dire, come afferma l'onorevole Rossi, che, votando a favore di questa amnistia, ci portiamo avanti per quando governeremo. Ma non lo facciamo, onorevoli colleghi, e non si tratta di una scelta semplice. Non lo facciamo perché cerchiamo di essere fedeli al proposito di fare sul serio e di assumerci responsabilità, anche se, come spesso accade per le scelte responsabili e lungimiranti, esse sembrano non premiare al momento.

Sbagliamo? Tanti colleghi della nostra coalizione, come l'onorevole Intini, ci dicono che forse sbagliamo. Io credo di no; in ogni caso, onorevoli colleghi, anche se noi sbagliassimo - ed io ritengo di no -, non lo faremmo suscitando speranza e disperazione per calcolo elettorale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prendete posto, per cortesia. Adesso porrò in votazione gli identici emendamenti Lussana 1.1 e Anedda 1.2, interamente soppressivi dell'articolo 1. Ricordo, l'ho già fatto stamattina, che si applica il principio della maggioranza semplice.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Lussana 1.1 e Anedda 1.2, non accettati dalla Commissione e su cui il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione - Commenti del deputato Buontempo).

Me lo indichi, onorevole Buontempo, chi vota per due. Onorevoli colleghi, nessuno voti per due!

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Vedi votazioni).

(Presenti 405

Votanti 397

Astenuti 8

Maggioranza 199

Hanno votato 206

Hanno votato no 191).

Prendo atto che l'onorevole Crucianelli ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere un voto contrario.

A seguito della votazione testé svoltasi, è preclusa la votazione degli articoli da 2 a 5, che recano disposizioni applicative delle previsioni in materia di amnistia recate dall'articolo 1, come il relatore potrà confermare.

Onorevoli colleghi, ascoltatemi un secondo. Scusate Onorevole Giovanardi, la prego... Poiché la questione è abbastanza delicata, prego soprattutto i presidenti di gruppo di prestare un attimo di attenzione. Come voi sapete, primi cinque articoli di questo provvedimento sono riferiti all'amnistia, e la restante parte, che si riferisce all'indulto, è in condizione di avere una sua autosufficienza di carattere giuridico. Pertanto, dobbiamo adesso passare all'esame dell'articolo 6, relativo alla concessione dell'indulto. Andiamo avanti: questa è la logica.

Chiedo ora il parere del relatore ...

ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, come lei sa, nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo avevo sottolineato il fatto di aver seguito interamente i lavori anche in Commissione: questo è un impegno mio e, naturalmente, non lo voglio estendere agli altri.

Tuttavia, in questo momento, al di là della necessità di proseguire sul piano tecnico i lavori, chiedo agli amici di Forza Italia, che hanno fatto una dichiarazione precisa in termini di posizione politica, come intendano andare avanti su questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE. È un'affermazione legittima, ma sul piano procedurale devo dare la parola al relatore per il parere.

IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Mormino, la prego di attendere.

Onorevole La Russa, ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, in tante altre occasioni un voto assai meno importante di questo, assai meno incisivo sull'insieme del provvedimento, assai meno stravolgente, ha portato alla sospensione della seduta per procedere ad una doverosa verifica con i presidenti di gruppo e ad una riflessione attenta in Commissione per verificare se il provvedimento da solo reggesse, se vi fosse l'adesione di quei gruppi che lo avevano sostenuto per intero. Mi sembra, devo dirlo, assai semplicistico proseguire come se niente fosse accaduto. Qui è successo qualcosa di importante: non soltanto è stato bocciato mezzo provvedimento, ma abbiamo sentito chiaramente l'onorevole Finocchiaro affermare con molta chiarezza - devo dire in maniera ineccepibile - che non si capisce come mai, se non si vota questa parte, poi alcuni non voteranno la seconda parte, ossia l'indulto. In altre parole, vi è già il seme preciso dell'assenza di una maggioranza anche per la seconda parte.

Signor Presidente, la invito a valutare l'opportunità di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo oppure di rinviare in Commissione il provvedimento. La invito caldamente ad effettuare questa valutazione.

PRESIDENTE. Onorevole La Russa, questa volta ho studiato, mi sono preparato bene... È perciò che sono passato con decisione all'articolo 6.

Ciò che lei dice è ineccepibile, anzi, sul piano politico devo dire che ha non uno, ma dieci motivi di fondamento. Sul piano regolamentare, vi è un provvedimento incardinato in Assemblea e, contrariamente ad altre circostanze, in cui una «bocciatura» clamorosa di parti del provvedimento ha portato il Presidente della Camera a rinviare la decisione al Comitato dei nove, questa volta il discorso era chiarissimo fin dall'inizio. Infatti, il provvedimento - in tal senso ho detto che ho studiato - è talmente chiaro in una parte e nell'altra che tutte le questioni politiche che lei pone rimangono nel loro valore intatto, ma sul piano regolamentare la seduta è incardinata. Dunque, o qualcuno di voi - non voglio suggerire io eventuali indicazioni - ha una proposta da formularmi, che apra una fase nuova (lo dico perché sul piano regolamentare ciò è possibile) o debbo passare all'esame dell'articolo 6.

IGNAZIO LA RUSSA. Lo abbiamo chiesto, Presidente, il rinvio in Commissione!

MAURIZIO GASPARRI. Abbiamo chiesto il rinvio in Commissione!

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, voglio ricordare ai colleghi che Forza Italia su questo tema - e lo ha detto molto efficacemente il presidente Pecorella nel corso della seduta straordinaria, l'unica che si è  tenuta in questa, e per la verità anche in altre legislature - una posizione di grande chiarezza.

Sono stato proprio io, signor Presidente a proporre nella scorsa riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, ieri, che di questo tema l'Assemblea discutesse subito, nella giornata di oggi, e non si rinviasse alle fasi conclusive della legislatura, all'ultima settimana, o, peggio ancora, non lo si trattasse affatto. Ho chiesto ciò, signor Presidente, nella consapevolezza che le forze politiche hanno, anzitutto il dovere e la responsabilità di non creare aspettative all'esterno e, soprattutto, di non crearne quando le categorie che sono interessate ai provvedimenti sono, come coloro che vivono nella situazione della costrizione carceraria, in condizioni particolari.

Qual è la posizione che Forza Italia, da cinque anni, esprime nel Parlamento? È una posizione coerente con la tradizione del nostro paese e con tutti i provvedimenti di amnistia e di indulto varati nella storia repubblicana. Noi siamo stati sempre favorevoli ad adottare, in questa legislatura, un provvedimento di clemenza, sia prima dell'appello rivolto dal Sommo Pontefice in Parlamento e, a maggior ragione, dopo tale appello; un provvedimento che si traducesse nella forma legislativa e costituzionale dell'amnistia e dell'indulto e che potesse servire non solo rispetto al fenomeno, che è stato denunciato anche dal ministro della giustizia, del sovraffollamento delle carceri, ma anche rispetto a molti altri mali oggi presenti nel campo della giustizia. Questa è stata la posizione assunta da Forza Italia in tutta questa legislatura, più volte resa nota dai nostri esponenti sia in Commissione, sia in questo stesso dibattito, sia nel corso della seduta del 27 dicembre, sia ancora ieri sera, con l'intervento, oltre che del relatore, dell'onorevole Taormina.

Quindi, mi stupisce che ora si chieda, da parte di qualcuno, a destra o a sinistra, cosa farà Forza Italia. Forza Italia, non essendo passato il provvedimento di amnistia, ed essendo favorevole ad un provvedimento di amnistia e di indulto, non è favorevole ad un provvedimento di solo indulto, che ritiene essere contraddittorio e sbagliato. Da un punto di vista giuridico - non sono un esperto, signor Presidente - avrebbe, al limite, potuto avere senso un provvedimento di sola amnistia, ma mai e giammai avrebbe senso un provvedimento di solo indulto, che non ha alcun precedente ed alcuna logica (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia) e sul quale non capisco perché importanti ed illustri colleghi della sinistra, magistrati ed avvocati, ci stanno trascinando, sapendo perfettamente che esso non risponde ad alcuna logica, né con sovraffollamento delle carceri, né riferimento al lavoro processuale. Di ciò credo che me ne potranno dare atto i colleghi Buemi e Giachetti, che sono stati tra i primi promotori dell'iniziativa della convocazione delle Camere. Quindi, non sorprenderà nessuno che Forza Italia oggi confermi ciò.

Signor Presidente, detto ciò - e mi rivolgo al collega La Russa - sono comunque dell'avviso che anche il voto sull'articolo 6 debba avere luogo oggi per far sì che, così come si è verificato che non vi è stata una maggioranza favorevole all'amnistia (e qui siamo stati sconfitti), si accerti che non vi è neanche una maggioranza favorevole all'indulto, come invece reclamano, a mio giudizio strumentalmente, i colleghi della sinistra.

Quindi, si proceda anche a questo voto, perché sospendere l'esame del provvedimento, rinviarlo in Commissione e chiedere un ulteriore dibattito significherebbe far nascere ancora ulteriori equivoci, creare aspettative all'esterno e mostrare scarso senso di responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU)).

Ciò premesso, non so perché venga chiamata in causa la posizione di Forza Italia. In questi cinque anni, con la nostra attività parlamentare, non abbiamo ritenuto di fare campagna elettorale, e lo dico anche a stimabili colleghi di maggioranza; figuratevi se ci mettiamo ora a fare campagna elettorale sulla situazione giudiziaria  e sulla pelle delle persone! Forse, altri adottano questo metodo e questo stile; ma non è il nostro, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusatemi un secondo. Diamo un po' di ordine: hanno parlato gli onorevoli Gibelli, La Russa, Elio Vito; l'onorevole Mazzoni, come anche altri colleghi, hanno chiesto di parlare.

Dopodiché, la mia idea è esattamente quella che ha espresso il presidente del gruppo di Forza Italia, ma per un fatto di responsabilità.

Prego, onorevole Mazzoni, ha facoltà di parlare.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Elio Vito, in parte, assorbe il mio. Volevo, infatti, rivolgere un appello a Forza Italia per capire quale fosse la sua posizione, considerata anche la posizione del relatore, onorevole Mormino.

Vorrei, poi, sottolineare la posizione dell'UDC rispetto al prosieguo dei lavori. Come ha cercato di segnalare, nei giorni passati e anche nelle ultime ore, l'onorevole Pisapia ai suoi alleati dell'opposizione, il tatticismo messo in atto dal centrosinistra ha colpito. Quel vostro tatticismo ha portato al fallimento di questo provvedimento. In quest'aula era a tutti nota la posizione dei gruppi dell'UDC e di Forza Italia. Mi sorprende, onorevoli colleghi, ritrovare un tale anelito ed ascoltare tanta passione da parte vostra nei confronti dell'indulto e, nonostante ciò, andare avanti nella contrarietà ad un provvedimento di amnistia che, seppure contraddittoriamente, è stato definito dai più del centrosinistra come un provvedimento inutile, che quindi non poteva far paura, come un provvedimento che, sicuramente, non sollevava quella incertezza sociale che anche l'onorevole Fassino, che ritorna sui suoi passi, oggi ha fatto presagire. Né, tantomeno, questa amnistia avrebbe toccato le vicende legate ai drammatici crack finanziari degli ultimi anni: lo dice la data, che è stata ripetuta da più parti, e lo dice anche l'esplicita esclusione di taluni reati chiesta dall'UDC quando ha presentato l'emendamento che inseriva l'articolo sull'amnistia.

Evidentemente, l'ipocrisia doveva essere protagonista di questa aula, come mi sono permessa di dire anche in Commissione. È un atteggiamento che non paga, e mi dispiace per le reazioni che, indubbiamente, questa inutile celebrazione di oggi produrrà all'esterno, poiché, inevitabilmente, ci saranno conseguenze drammatiche.

L'UDC in Commissione ha espresso un determinato parere su tutti gli emendamenti e anche sull'articolato che segue, perché li riteneva strettamente collegati alla prima parte del provvedimento; adesso, abbiamo una posizione diversa. Non crediamo che un provvedimento di clemenza possa ritenersi realmente tale se non è completo; un mezzo provvedimento è una forma di inganno. Noi, come UDC - e concludo signor Presidente - abbiamo esercitato in questi giorni (e continuiamo a farlo adesso con la nostra posizione) il nostro senso di responsabilità, quel senso di responsabilità al quale qualcuno dei colleghi della Lega ci richiamava. Per noi questo è esercizio di responsabilità istituzionale: assumere decisioni anche difficili e non assecondare un'onda emotiva che, per quanto comprensibile, non è giustificabile (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) e di Forza Italia).

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. È un momento abbastanza triste della vita parlamentare perché ho l'impressione che il dibattito che si sta sviluppando su un voto molto serio nasconda, in effetti, delle ipocrisie. Se c'è una questione su cui abbiamo sviluppato il confronto in questi mesi e in questi anni, questa è quella riguardante l'affollamento delle carceri. Anche il dibattito  che si è svolto in ordine agli emendamenti soppressivi dell'articolo che prevedeva l'amnistia, in effetti, è risultato deviato rispetto al merito in discussione, dal momento che si è parlato del tema del sovraffollamento delle carceri pur sapendo che l'amnistia non era finalizzata a questo obiettivo. Come tutti sanno, l'amnistia è finalizzata all'alleggerimento del carico delle pratiche accumulate sul tavolo dei pubblici ministeri. Non è un provvedimento clemenziale in senso stretto e non produce effetti efficaci riguardo al sovraffollamento delle carceri: questo è il problema affrontato dall'indulto. L'abbiamo affrontato in misura modesta con il provvedimento assunto due anni fa - il cosidetto indultino - ma questa volta volevamo affrontarlo in termini ancora più efficaci, approvando un provvedimento clemenziale di indulto. Non è vero - lo voglio dire al collega Vito - che non ci sono dei precedenti, perché nel 1990 il Parlamento ha approvato un provvedimento di indulto.

La verità, molto semplice, è che qui vi sono delle forze politiche che hanno utilizzato il tema dell'amnistia perché non volevano che fosse approvato il provvedimento dell'indulto, e la polemica che si fa in questo momento sul voto che c'è appena stato è strumentale! Sapevano, quelli che hanno introdotto il voto sull'amnistia, che questa non sarebbe passata e hanno utilizzato il tema dell'amnistia per poter avere un argomento obliquo, falso per dire di «no» all'indulto (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)! La verità è che a voi della condizione della popolazione carceraria, della condizione dei detenuti non interessa niente! A voi interessa semplicemente strumentalizzare ogni tema pur di non affrontare questo, che è il problema centrale, che non avete affrontato in cinque anni di Governo: la condizione delle carceri è peggiorata ed è destinata a peggiorare ancora di più!

Ancora recentemente, all'indomani dell'approvazione di un provvedimento assolutamente inqualificabile, il ministro della giustizia ha detto che la situazione carceraria sarebbe esplosa. Lo ha detto un minuto dopo, non un minuto prima, l'approvazione dell'ex Cirielli, a conferma che a voi della condizione carceraria non interessa niente!

Se, a questo punto, vi rifiutate di votare l'articolo 6, di votare l'indulto, finalmente si sarà rivelato qual è il vostro stato d'animo, qual è la vostra riserva mentale, qual è l'atteggiamento con cui siete venuti in aula ad affrontare questi problemi: semplicemente, un atteggiamento strumentale, elettoralistico! Ripeto: siete assolutamente disinteressati alla condizione delle persone che soffrono!

Se vi sta a cuore la condizione di sofferenza dei detenuti, avete solo una strada: approvare il provvedimento di indulto! Ci sarà poi il tempo per affrontare il tema dell'amnistia, ma in termini molto più seri e non come ce l'avete proposto oggi. Lo voglio dire anche ai colleghi Buemi e agli altri dell'opposizione, i quali sono consapevoli del fatto che un'amnistia così come configurata nell'articolo che è appena stato soppresso era una presa in giro perché non risolveva alcun problema: non quello delle carceri, per le ragioni che ho detto, ma neppure quello dei pubblici ministeri, per la ragione molto semplice che un'amnistia che riguarda i reati precedenti il giugno del 2001, che sono largamente prescritti, non serve a niente, se non ad una speculazione elettoralistica alla quale noi ci siamo sottratti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, darò ora la parola ad un esponente del gruppo Misto e, subito dopo, all'onorevole Finocchiaro, che ne ha fatto richiesta.

Se l'onorevole Cento vuole lasciare la parola all'onorevole Intini... Onorevole Cento, lei è noto per la sua generosità: se vuole smentirla, se ne assume la responsabilità...

PIER PAOLO CENTO. No, no, rimango generoso...

PRESIDENTE. Sta bene. Questo gesto le fa onore, onorevole Cento.

Ha facoltà di parlare l'onorevole Intini.

UGO INTINI. Signor Presidente, non abuserò della vostra cortesia e spero di parlare anche a nome dell'onorevole Cento, il quale mi interromperà se sarà contrario alle mie osservazioni.

Avremmo voluto l'amnistia e l'indulto, perché entrambe le misure sono contro l'affollamento abominevole delle carceri, ma, in più, l'amnistia è contro l'affollamento delle carte sul tavolo dei magistrati e dei processi che bloccano la giustizia e che - essi sì - danneggiano la sicurezza del nostro paese.

Capisco la lotta della Lega e di Alleanza nazionale contro l'amnistia. Non capisco, però, l'ostilità manifestata dai Democratici di sinistra e dalla Margherita. Mi sembra grave che si sia creato uno schieramento trasversale che comprende, come si evince dalla votazione che si è appena svolta, Lega, Alleanza nazionale, Democratici di sinistra e Margherita.

L'indulto da solo non funzionerà, perché avrebbe dovuto essere accompagnato dall'amnistia. Tuttavia, non siamo disponibili a partecipare ad un gioco al massacro, alla commedia degli equivoci, non ci piacciono i ricatti e le ripicche. Voteremo, pertanto, per l'indulto, perché, se esso libererà anche soltanto un carcerato, sottraendolo a questo mostruoso sistema penitenziario del nostro paese che ci rende lo scandalo dell'Unione europea, comunque sarà un effetto positivo.

Pertanto, sia pur denunciando ciò che è accaduto, di cui si valuteranno a lungo le responsabilità politiche, voteremo a favore dell'indulto (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione).

ANNA FINOCCHIARO. Chiede di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che i fatti si siano occupati di dimostrare che quel rischio di politicismo, che avevo denunciato con il mio intervento di poco fa, si sia verificato in ogni sua evidenza. Ciò per una ragione: non ho sentito qui, né dall'onorevole Vito, né dall'onorevole Mazzoni, una sola ragione di merito per la quale non debba adottarsi il provvedimento di indulto, che consentirebbe di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e di rispondere alle aspettative e alle speranze che si sono accese nei detenuti e nelle loro famiglie. Non una sola ragione di merito!

Né è apprezzabile la ragione che l'onorevole Mazzoni ha esibito: se questa amnistia non serve a niente, perché non la votate? Non lo facciamo per una ragione molto semplice, onorevole Mazzoni. Lei si richiama alla sua responsabilità istituzionale. Mi permetta di dire che noi la nostra responsabilità istituzionale e politica intendiamo declinarla in altro modo, come fedeltà all'articolo 79 della Costituzione, che prevede la concessione dell'amnistia e dell'indulto, fosse solo per i numeri e per la maggioranza che richiede, come evento eccezionale, come un'occasione non ripetibile e spendibile a distanza di poco tempo.

L'onorevole Intini - che ringrazio per la posizione che esprime a nome del suo gruppo, perché mi pare che essa sia prova di responsabilità - ha denunciato una ragione che più volte, nel corso di questo dibattito, abbiamo contrastato. Non ha senso sgombrare dei pochi fascicoli che fossero ancora sul tavolo dei giudici per reati commessi cinque anni fa al di fuori di una riforma che valga a non far riprodurre, nel giro di sei mesi, come le statistiche della storia della Repubblica dimostrano, lo stesso carico di contenzioso e gli stessi problemi di ingolfamento.

Lasciatemi dire anche un'altra cosa. Capisco che sia l'onorevole Vito sia l'onorevole Mazzoni si facciano carico di un'enfasi che è giusto venga espressa in Assemblea quando si parla a nome dei gruppi che si rappresenta.

Sarebbe stato meglio che quell'enfasi fosse stata utilizzata anche come vigore  per fare in modo che in Assemblea non vi fosse soltanto il 62 per cento dei componenti del gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU), il 68 per cento del gruppo di Forza Italia e non mancassero all'appello cento deputati, in modo tale che se anche tutto il centrosinistra avesse votato con voi comunque non avremmo raggiunto il quorum richiesto dalla Costituzione.

ANTONIO LEONE. Perché non dici anche le vostre percentuali?

ANNA FINOCCHIARO. A questo punto, le posizioni sono chiare: continuare ad avvolgere nella nebbia dei «politicismi» e delle strumentalità, come diceva l'onorevole Castagnetti, sarebbe l'ulteriore grave degrado che la politica potrebbe mostrare rispetto ad una questione così seria e delicata e che - voglio dirlo - non ci appartiene completamente.

Signor Presidente, il nostro gruppo ritiene che si debba proseguire e che occorra che l'Assemblea si pronunci sugli ulteriori articoli (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

GIULIANO PISAPIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Voteremo a favore di un provvedimento di indulto, pur sempre più consapevoli che sarebbe stato necessario, oserei dire fondamentale oltre che urgente, per la nostra giustizia penale un provvedimento sia di amnistia sia di indulto.

Sarebbe stato ragionevole approvare un provvedimento complessivo proprio per evitare di celebrare dei processi che, alla fine, si sarebbero risolti con una condanna che, in ogni caso, non sarebbe stata scontata dato che sarebbe stata condonata e «indultata» la pena.

In questa situazione, però, preso atto del fatto che l'amnistia non è stata approvata, siamo lo stesso convinti che un provvedimento di indulto, purché limitato, possa quantomeno lenire, limitare i danni e ripristinare una situazione di un minimo di vivibilità e di minore disumanità nelle carceri.

Voteremo quindi a favore, anche se riteniamo che questa sia una giornata amara per il nostro Parlamento ed anche - lo devo dire - per la coalizione di centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione).

 

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate, sezione 7).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NINO MORMINO, Relatore. Presidente, anche per quanto riguarda questo articolo, il parere è contrario su tutti gli emendamenti, ad eccezione dell'emendamento 6.150, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis del regolamento, proveniente dalla Commissione bilancio, che implica problemi di spesa che non trovano copertura.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI VITALI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Lussana 6.1 e Cirielli 6.17, interamente soppressivi dell'articolo 6, non accettati dalla Commissione e sui quali il Governo si è rimesso all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Vedi votazioni).

(Presenti 386

Votanti 384

Astenuti 2

Maggioranza 193

Hanno votato 206

Hanno votato no 178).

Prendo atto che gli onorevoli Falanga e Magnolfi non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto contrario.

Prendo atto, inoltre, che l'onorevole Patria ha espresso un voto erroneo.

Comunico che, essendo stati approvati gli identici emendamenti soppressivi Lussana 6.1 e Cirielli 6.17, è conseguentemente preclusa la votazione dell'articolo 7.

NINO MORMINO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, vorrei sottoporre all'attenzione della Presidenza e degli uffici competenti la situazione che si è venuta a determinare in seguito alla votazione testé svoltasi.

PRESIDENTE. Ho capito! Colleghi, l'onorevole Mormino mi sta ponendo il problema dell'articolo 8...

NINO MORMINO, Relatore. Sì, Presidente. Tale articolo prevede un'ipotesi che, così come formulata, presenta una sua autonomia normativa.

PRESIDENTE. Infatti, onorevole relatore, l'articolo 8 prevede la concessione dell'indulto in misura ridotta

 

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 458 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo dunque all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 8).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

NINO MORMINO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 8.

PRESIDENTE. Il Governo?

LUIGI VITALI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Boccia 8.20.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, vorrei esprimere alcune considerazioni, a scopo di chiarificazione, relativamente al punto in cui siamo arrivati, anche al fine di una decisione più consapevole.

Come volevasi dimostrare, non vi è stato il voto del centrodestra sul provvedimento, sia pur limitato, di indulto. Vi sono state molte chiacchiere, vi è stato un fumoso gioco al rialzo, nonché un po' di giustizia «creativa», dopo i fallimenti della finanza «creativa» da parte dell'onorevole Vito, il quale ha affermato che Forza Italia vuole sia l'amnistia sia l'indulto. Poi però, nonostante si trattasse di un'amnistia totalmente inutile, quando si è trattato di votare l'indulto, ha votato contro! Bell'esempio di coerenza e di politichese in ordine ai problemi della popolazione carceraria detenuta in condizioni incostituzionali!

Anche sull'indulto il centrosinistra ha votato coerentemente unito ed il centrodestra si è espresso coerentemente contro.

Mi auguro non sia più scomodato alcun riferimento al discorso del Sommo Pontefice e che, perlomeno, siano ben chiare dinanzi al paese non solo le responsabilità di questo voto, ma anche le mistificazioni, i giochetti, le ipocrisie che lo hanno accompagnato.

L'articolo 8 riguarda un'ipotesi graduata di condono, cioè un'ipotesi minore di indulto, poiché si prevede il condono di un anno per alcune categorie di reati, in particolare i reati di rapina, di cui all'articolo 628, di estorsione, di usura e di alcuni delitti relativi alla pubblica amministrazione.

Riteniamo sia abbastanza assurdo votare una misura di condono limitata ad un anno solo per alcune specifiche categorie di reati (è forse anche incostituzionale) e per tale motivo il gruppo della Margherita si asterrà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sgarbi. Ne ha facoltà.

VITTORIO SGARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, forse questa è l'ultima occasione di dibattito politico e morale all'interno di questo Parlamento.

Avevo sperato che nelle parole dell'onorevole Mantini vi fosse un'apertura, un segnale, pur estremo, pur rarefatto e senza entrare nel merito dei grandi valori di un'amnistia che avrebbe dovuto essere concessa all'inizio della legislatura e contro la quale insistono quei sistemi parlamentari che richiedono i due terzi per la sua concessione, non omologando, quindi, il voto alla volontà di un Governo e determinando veti incrociati che durano ormai da più di dieci anni; avevo sperato che questo estremo appiglio potesse essere un segnale che il Parlamento non ha lavorato invano, che Pannella non ha fatto appelli invano, che il Papa non è entrato in quest'aula invano. Tutto ciò mi sembra una buona ragione per chiedere all'amico Mantini di ribaltare il suo proposito e di votare perché l'indulto, sia pure ridotto, sia consentito almeno per un anno.

Altrimenti, queste conversazioni, la totale mancanza di segnali umanitari e di testimonianza di una volontà costruttiva rispetto al mondo delle carceri sarebbe devastante anche sul piano etico. Quindi, spero che il voto sia contrario alla soppressione dell'articolo 8.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, non avrei preso la parola se il collega della Margherita non avesse ritenuto di svolgere un intervento per la verità incomprensibile. In questi casi credo che il silenzio sia la cosa migliore!

Ci avete costretto a passare alcuni giorni qui, ci avete imposto di sottolineare una nostra coerente e chiara posizione espressa fin dal primo minuto, avete insistito affinché si votasse e si creassero aspettative in quel mondo carcerario che a parole dite tanto di voler difendere, quando anche un bambino di quinta elementare avrebbe potuto capire che non vi erano le condizioni politiche di fine della legislatura perché un simile provvedimento potesse essere approvato. Abbiate la cortesia di far calare un sipario di silenzio su questa incredibile vicenda che avete ammannito all'intero corpo elettorale e alla nazione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

Per quanto riguarda l'ultimo articolo, l'onorevole Sgarbi, non abbiamo concesso l'indulto per coloro che hanno commesso reati meno gravi e adesso riconosciamo un indulto ridotto a coloro che hanno commesso i reati più gravi? Lasciamo stare! Credo che nessuno pensi neanche lontanamente a questa possibilità!

Intendo sottolineare che la mia parte politica, che ha espresso un voto contrario sia sull'amnistia sia sull'indulto, si pone tanto quanto gli altri, forse di più, il problema delle condizioni di vita dei detenuti nelle carceri. Tuttavia, colleghi, sapete meglio di me che non era possibile approvare ora questi provvedimenti di clemenza e che se ciò fosse avvenuto si sarebbe trattato di un «pannicello caldo».

Noi, al contrario, vogliamo che all'inizio della prossima legislatura, quale che sia la maggioranza di Governo - anche all'esito degli effetti della legge Cirielli, che impone una maggiore severità nei confronti dei recidivi e che mi auguro tenga di più in carcere chi è abituato a commettere reati a ripetizione -, sia discusso un provvedimento a favore di chi veramente non rappresenta un pericolo per la società. Ci impegniamo pertanto ad essere disponibili alla discussione di un provvedimento all'inizio della legislatura e non quando serve per motivi di bassa propaganda elettorale.

Colleghi, ve lo avevamo detto che era meglio votare prima i provvedimenti più importanti come quello sulla legittima difesa e, a maggior ragione, quello sul riordino delle carriere delle forze dell'ordine (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Cinque anni avete avuto!

IGNAZIO LA RUSSA. Lo so che a voi non interessano le forze dell'ordine, lo so che per voi non contano niente, ma per noi rimangono l'impegno principale (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.

GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole sull'emendamento in esame, soppressivo dell'articolo 8.

Abbiamo appena perso una grande occasione per approvare l'indulto, poiché la maggioranza dell'Assemblea ha respinto l'articolo 6 che noi fin dall'inizio avevamo sostenuto. Ora, giustamente, viene posta in votazione una seconda parte dell'indulto che, dal punto di vista strettamente tecnico, sta ancora in piedi. Non contestiamo, anzi condividiamo la decisione del Presidente, che è una decisione tecnico-procedurale, ma come gruppo dobbiamo assumere delle decisioni politiche.

Il nostro gruppo, da sempre favorevole all'indulto, non può certo votare l'articolo 8, che, rimasto da solo, avrebbe il seguente significato: l'indulto non lo si dà a nessuno, perché questo è stato il voto della maggioranza sull'articolo 6, tranne che a coloro i quali hanno commesso rapine aggravate, estorsioni aggravate, usura o i reati più gravi contro la pubblica amministrazione. Paradossalmente l'articolo in esame, che aveva un senso nel contesto dell'indulto, per ridurre l'indulto nei confronti dei reati più gravi, se dovesse ora essere approvato da solo, darebbe la possibilità di beneficiare dell'indulto soltanto ai condannati per i reati più gravi. Si tratterebbe di una vera beffa, e dunque, non per responsabilità nostra, dobbiamo chiudere qui il discorso su un indulto che a questo punto rimarrebbe un indulto beffa, solo per i grandi delinquenti.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ricordo che, dopo la conclusione dell'esame di questo provvedimento, dobbiamo riprendere l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di emergenza rifiuti. Sono previste pochissime votazioni...

Una voce dai banchi dell'opposizione: No!

PRESIDENTE. Ma come «no»? «No» lo dice lei!

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che occorra avere un po' di coerenza. È stato appena respinto un provvedimento di indulto estremamente limitato, che riguardava i soggetti più deboli, gli emarginati, i tossicodipendenti, la detenzione sociale. Ora ci viene proposto, con l'articolo in esame, un indulto di un anno per i rapinatori, per chi è stato condannato per estorsione aggravata, per usura, per rivelazione di segreti d'ufficio. Ritengo che l'approvazione di tale norma costituirebbe non soltanto un danno gravissimo per la giustizia,  ma anche una beffa per il lavoro che tutti noi, rispettando le posizioni di ciascuno, abbiamo svolto finora.

È stato un dibattito duro, serio, importante. Purtroppo credo che non abbia vinto la ragionevolezza, ma ritengo doveroso per questo Parlamento approvare l'emendamento soppressivo in esame, evitando così una vera e propria vergogna per il Parlamento stesso.

PRESIDENTE. Avverto che sono stati ritirati dai rispettivi presentatori gli emendamenti Boccia 8.20 e Buemi 8.1.

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boccia 8.2 e Gamba 8.3.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.

MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, intendo semplicemente reagire alle parole pronunciate poco fa dall'onorevole La Russa. Non ammettiamo che qualcuno in quest'aula possa ritenersi paladino esclusivo delle Forze di polizia, che non appartengono a questa o a quella forza politica, ma appartengono a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani. Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

Mi si consenta solo una nota: visto che Alleanza nazionale parla molto di riordino, poteva essere presente stamattina alle nove meno un quarto in Commissione giustizia a votare il parere relativo a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-La Rosa nel Pugno - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boccia 8.2 e Gamba 8.3, interamente soppressivi dell'articolo 8, non accettati dalla Commissione e sui quali il Governo si rimette all'Assemblea.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 359

Votanti 356

Astenuti 3

Maggioranza 179

Hanno votato 353

Hanno votato no 3).

Avverto che, a seguito della soppressione dell'articolo 8, risultano preclusi tutti i restanti articoli in materia di indulto.

Poiché, a seguito delle votazioni effettuate, risultano respinti o preclusi tutti gli articoli recanti la disciplina sostanziale per la concessione dell'amnistia e dell'indulto, non procederemo alla votazione della proposta di legge al nostro esame, in quanto essa si intende respinta nel suo complesso.


 



Allegato A

 

PROPOSTE DI LEGGE: CENTO; CARBONI; TRANTINO; PISAPIA; PISAPIA E RUSSO SPENA; BOATO E CIMA; BOATO E CIMA; RUSSO SPENA ED ALTRI; TAORMINA; BIONDI E CICCHITTO; SINISCALCHI ED ALTRI; CENTO; GIUSEPPE GIANNI; FINOCCHIARO ED ALTRI; KESSLER ED ALTRI; JANNONE; MORETTI ED ALTRI; CENTO; CENTO E BULGARELLI; SANTORI; PERROTTA; PERROTTA; CRAXI E MILIOTO; MINNITI ED ALTRI; FANFANI: CONCESSIONE DI AMNISTIA E DI INDULTO (A.C. 458-523-1260-1283-1284-1606-1607-2417-3151-3152-3178-3196-3332-3385-3395-3399-3465-4187-4188-4768-5444-5456-5772-5881-6207)

 


(A.C. 458 ed abb. - Sezione 1)

QUESTIONE PREGIUDIZIALE PER MOTIVI DI COSTITUZIONALITÀ

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame, attraverso un'anomala ed eccessiva riduzione delle pene effettivamente espiate da parte dei condannati, incide negativamente sulla funzione di rieducazione, che l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione attribuisce invece alla pena;

in palese violazione del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, l'articolato del provvedimento in esame disegna un incongruo, illogico, e non equilibrato ambito di applicazione delle misure di clemenza, attraverso esclusioni ed inclusioni di reati, che sfuggono al criterio di ragionevolezza, assolutamente ineludibile in riferimento ad ogni provvedimento legislativo, in particolare in campo penale;

le disposizioni proposte presentano elementi di contrasto con i principi sanciti dagli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione,

delibera

di non procedere nell'esame del testo unificato.

n. 1. Gamba, Anedda, Rampelli, Menia, Alberto Giorgetti, Cirielli.

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 2)

QUESTIONE PREGIUDIZIALE PER MOTIVI DI MERITO

La Camera,

premesso che:

l'iter parlamentare del testo unificato delle proposte di legge in esame ha subito un'improvvisa ed imprevista accelerazione nell'ultimo mese che, considerata la pausa dei lavori per il periodo natalizio, ha impedito un adeguato esame da parte della Commissione di merito, anche attraverso l'auspicabile conseguimento di un'intesa tra tutte le forze politiche, come invece avrebbero richiesto questioni così delicate come quelle in esame;  

i tempi insolitamente ristretti con i quali si tenta ora di giungere all'introduzione di misure di clemenza non permettono, inoltre, di accertare li numero dei soggetti beneficiari e l'ampiezza complessiva dell'applicazione del provvedimento, aumentando così sensibilmente l'allarme sociale generato nei cittadini dall'iniziativa;

l'atto in esame contravviene al fondamentale principio della certezza della pena, destando forte preoccupazione nell'opinione pubblica, cui un simile provvedimento appare suscettibile di mettere a repentaglio la propria libertà e la propria sicurezza;

l'eventuale approvazione del provvedimento, inoltre, minerebbe il basilare principio della inderogabilità della pena, che, una volta minacciata dall'ordinamento, deve essere applicata nel caso di violazione della norma;

la concessione dell'amnistia e dell'indulto prevista dal testo unificato delle proposte di legge in esame avverrebbe sulla scia di un'onda emotiva che condiziona inopportunamente l'attività del Parlamento, organo sul quale ricade la responsabilità politica di un simile provvedimento;

le misure previste dal provvedimento in esame comunque non risolvono in modo reale il lamentato problema del sovraffollamento delle carceri, che, invece, deve essere affrontato con interventi seri e duraturi nell'ambito di un idoneo piano di edilizia carceraria teso, da un lato, alla riqualificazione ed all'ammodernamento degli istituti esistenti, e, dall'altro, alla realizzazione di nuove strutture, che già da tempo costituiscono oggetto dell'azione del Governo;

i precedenti provvedimenti generalizzati di clemenza, a differenza di quanto ora si prevederebbe, sono sempre stati adottati in occasione di importanti eventi, come ad esempio, nel 1990, in seguito all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale,

delibera

di non procedere nell'esame del testo unificato.

n. 1. Menia, Cirielli, Gasparri, Gamba, Anedda, Ascierto, Alberto Giorgetti.

La Camera,

premesso che:

la Lega Nord Federazione Padana ha sempre espresso, anche in sede parlamentare, netta contrarietà alla concessione di provvedimenti di clemenza, specialmente quando non siano minimamente risolutivi dei problemi legati al sovraffollamento carcerario;

in passato il Parlamento ha optato per la adozione di provvedimenti di clemenza al fine di far fronte a situazioni eccezionali, quali la immediata ed improrogabile necessità di far decollare il difficile meccanismo correlato all'attuazione del nuovo codice di procedura penale del 1989 e di assicurare una certa equità di trattamento a coloro che erano stati condannati con il vecchio rito, rispetto a coloro che avevano beneficiato del nuovo processo penale ed in particolare della possibilità di utilizzare i riti alternativi che consentivano consistenti sconti di pena;

il provvedimento in esame, a differenza di quello del 1990, non è giustificato da nessuna riforma in materia penale o processuale;

per sollecitare l'adozione di questo provvedimento di condono si è arrivati ad evidenziare la situazione di attesa che si è creata all'interno delle carceri, anche a seguito delle prese di posizione assunte dal mondo politico, che dà luogo a timori e minacce di agitazioni e disordini;

la Lega Nord non ritiene convincenti e comunque decisivi tali ultimi argomenti dal momento che l'amnistia e  l'indulto non serviranno ad eliminare o ridurre le difficoltà che oggi affliggono le carceri del Paese;

pur avendo previsto che, rispettivamente, dallo sconto di quattro anni di reclusione per l'amnistia, e dallo sconto di due anni per l'indulto, siano esclusi reati di terrorismo, reati di mafia, reati di tipo ambientale e di tipo finanziario, nonché i sequestri di persona a scopo di estorsione, le stragi, la devastazione e il saccheggio, il traffico di droga, tuttavia, non possono essere condonate pene quando la criminalità si espande a macchia d'olio, destando nella gente comune preoccupazione vivissima e quando scippatori, rapinatori e ladri con spregiudicatezza e temerarietà imperversano in ogni luogo, in tutte le città, in tutte le regioni, costituendo insidia quotidiana al quieto ed onesto vivere dei cittadini;

in una situazione di degrado e di delinquenza tanto elevata e crescente, che desta forte preoccupazione nella società civile, non possono essere poste in libertà per atto di clemenza le persone che sono finite in cella nonostante il garantismo cui si ispirano le nostre leggi;

non possono, non debbono essere elargiti provvedimenti di clemenza proprio quando si impone un atteggiamento di fermezza da parte dello Stato per garantire ordine pubblico e giustizia, quando si rende necessario intensificare l'attacco alla criminalità organizzata, quando debbono essere combattuti in modo efficace i crimini più efferati che sensibilmente scuotono l'opinione pubblica e colpiscono i cittadini innocenti che ne subiscono le gravi e deplorevoli conseguenze, quando Governo, Parlamento e partiti sono impegnati nella lotta contro il crimine e la malavita, e non solo contro la supercriminalità, ma anche contro la recrudescenza della criminalità comune, nella quale la supercriminalità attinge e arruola complici e gregari al suo servizio;

la Lega Nord ritiene responsabilmente di non poter condividere tale scelta ed il relativo proponimento perché teme che i criminali, che tali rimangono anche dopo «l'indulgere», rimessi in libertà, possano riprendere a delinquere ingrossando ulteriormente le fila delle varie associazioni malavitose che con spregiudicatezza ed anche con crudeltà operano nell'intero territorio nazionale;

il provvedimento in esame evidenzia in modo preoccupante il venir meno della certezza della pena, attenuando ulteriormente il valore del dettato legislativo, senza dare alcun contributo positivo allo sviluppo di un'azione efficace ed equilibrata del Parlamento che sia contemporaneamente contro il delitto e a favore della rieducazione del condannato;

la Lega Nord non può consentire che l'amnistia e l'indulto, così come enucleati nel testo in esame, possano essere concessi in un momento politicamente e socialmente inopportuno, mentre dovrebbero essere rigorosamente fondati sull'avveramento di eventi ed esigenze di comprovata eccezionalità e comunque di sussistente necessità che la Lega Nord, al contrario, non ritene ricorrano in questo momento e che comunque possono essere risolte con altri strumenti, come la realizzazione di carceri civili, o comunque con altri interventi strutturali;

la Lega Nord, pur comprendendo molte delle ragioni umanitarie che consigliano di adottare questo provvedimento, ritiene che il suo esame sia, oltretutto, inopportuno in quanto l'Assemblea della Camera non ha ancora adottato alcuna decisione sulla modifica costituzionale in materia di amnistia e di indulto,

delibera

di non procedere nell'esame del testo unificato.

n. 2. Lussana, Gibelli, Dario Galli, Caparini, Guido Giuseppe Rossi, Ballaman, Didonè, Guido Dussin, Ercole, Rizzi, Parolo, Luciano Dussin, Fontanini, Giancarlo Giorgetti, Francesca Martini, Pagliarini, Polledri, Rodeghiero, Sergio Rossi, Stucchi, Vascon.

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 3)

QUESTIONE SOSPENSIVA

La Camera,

delibera

di sospendere la discussione del testo unificato delle proposte di legge in esame, sino al momento in cui sarà possibile conoscere la portata del provvedimento ed acquisire i necessari elementi valutativi in ordine al numero dei procedimenti per i quali l'amnistia e l'indulto troverebbero applicazione, al numero dei condannati a pene definitive ai quali si applicherebbero le riduzioni di pena previste ed al numero dei detenuti, a vario titolo, che verrebbero rimessi in libertà a seguito della concessione dei benefici proposti.

n. 1. Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Cannella, Airaghi, Ascierto, Rampelli.

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 4)

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

 

 

 

A.C. 458 ed abb. - Sezione 5)

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

tenuto conto che i proventi derivanti dalle pene pecuniarie sono iscritti nel capitolo 2301 dello stato di previsione dell'entrata;

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

All'articolo 1, comma 1, sopprimere la lettera e).

All'articolo 6, comma 1, sopprimere le parole: «e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive».

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.13, 6.3, 8.7, 12.1, 12.2, 12.3, 12.4, 12.5, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

 

 

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 6)

ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

(Amnistia).

1. È concessa amnistia:

a) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

b) per i reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;  

c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

1) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale) e 337 (resistenza a un pubblico ufficiale), sempre che non ricorra taluna delle ipotesi previste dall'articolo 339 del codice penale o il fatto non abbia cagionato lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

2) 588, secondo comma (rissa), sempre che dal fatto non siano derivate lesioni personali gravi o gravissime ovvero la morte;

3) 640, secondo comma (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, n. 7, del codice penale;

d) per ogni reato commesso da minore degli anni diciotto, quando il giudice ritiene che possa essere concesso il perdono giudiziale ai sensi dell'articolo 19 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, come sostituito da ultimo dall'articolo 112 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ma non si applicano le disposizioni dei commi terzo e quarto dell'articolo 169 del codice penale;

e) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione, limitatamente alla vendita al pubblico e all'acquisto e alla detenzione di quantitativi di detti prodotti destinati alla vendita al pubblico direttamente da parte dell'agente;

2. Non si applica l'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO MODIFICATO

ART. 1.

(Amnistia).

Sopprimerlo.

 1. 1. Lussana.

(Approvato)

Sopprimerlo.

 1. 2. Anedda, Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu, Raisi.

(Approvato)

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per ogni reato non finanziario per il quale è stabilita una pena detentiva superiore nel massimo a sei mesi, ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta a detta pena;

1. 35. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

1. 4. Lussana.

Al comma 1, lettera a), dopo le parole: non superiore nel massimo aggiungere la seguente: edittale.

1. 5. Lussana.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: tre mesi.

Conseguentemente, al medesimo comma, sopprimere le lettere b), c) ed e).

1. 31. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: sei mesi.

1. 29. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: un anno.

1. 28. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: due anni.

1. 6. Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Anedda, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu, Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: due anni e due mesi.

1. 27. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: due anni e tre mesi.

1. 26. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: due anni e sei mesi.

1. 25. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: tre anni.

1. 24. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: tre anni e due mesi.

1. 23. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: tre anni e sei mesi.

1. 22. Raisi.

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: quattro anni con le seguenti: tre anni e nove mesi.

1. 21. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera b).

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:

d-bis) ai reati previsti dall'articolo 57 del codice penale commessi dal direttore o dal vicedirettore responsabile, quando è noto l'autore della pubblicazione;

1. 34. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera b).

1. 7. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, lettera e):

al numero 1), premettere i seguenti:

01) 336, primo comma (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale);

02) 337 (resistenza a un pubblico ufficiale);

dopo il numero 20), aggiungere il seguente:

20-bis) 588, secondo comma (rissa);

dopo il numero 22), aggiungere il seguente:

22-bis) 640, secondo comma (truffa);

1. 33. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

 1. 8. Gamba, Cirielli, Ascierto, Gironda Veraldi, Anedda, Bocchino, Cola, Porcu.

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

 1. 9. Lussana.

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 1).

1. 10. Anedda, Gamba, Gironda Veraldi, Cirielli, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu, Raisi.

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 2).

1. 11. Gironda Veraldi, Cirielli, Anedda, Gamba, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu, Raisi.

Al comma 1, lettera c), sopprimere il numero 3).

1. 12. Gamba, Anedda, Cirielli, Gironda Veraldi, Lo Presti, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu, Raisi.

Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, il seguente numero:

4) 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);

1. 13. Dell'Anna.

Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

c-bis) per i delitti previsti dall'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e dall'articolo 30, comma 4, della legge 6 agosto 1990, n. 223.

1. 14. Taormina.

Al comma 1, sopprimere la lettera d).

 1. 15. Lussana.

Al comma 1, sopprimere la lettera d).

 1. 16. Lo Presti, Cirielli, Anedda, Gironda Veraldi, Gamba, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sostituire le parole da: , quando il giudice ritiene fino alla fine della lettera con le seguenti: per il quale è stabilita una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni.

1. 17. Anedda, Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Lo Presti, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu.

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

a-bis) per i reati relativi a violazioni delle norme concernenti il monopolio dei tabacchi e le imposte di fabbricazione sugli apparecchi di accensione;

1. 36. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

 1. 18. Lussana.

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

 1. 30. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

 1. 150. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento).

Sopprimere il comma 2.

  1. 19. Cirielli, Anedda, Gamba, Gironda Veraldi, Lo Presti, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu.

Sopprimere il comma 2.

  1. 20. Lussana.

Sostituire il comma 2 con il seguente:

2. L'amnistia è concessa a condizione che, se vi sia persona offesa dal reato, questa sia stata risarcita del danno.

1. 32. Cirielli, Gironda Veraldi, Anedda, Gamba, Lo Presti, Ascierto, Bocchino, Cola, Porcu.

 

 

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 7)

ARTICOLO 6 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.

(Indulto).

1. È concesso indulto nella misura non superiore a due anni per le pene detentive e non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Il giudice, quando vi sia stata condanna per più reati in continuazione tra loro, ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, applica l'indulto, ai sensi della presente legge, determinando la quantità di pena condonata, ai sensi dell'articolo 672 del codice di procedura penale.

3. L'indulto non si applica ai recidivi nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale né ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, nel caso di condanna per delitti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTIC0LO 6 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 6.

(Indulto).

Sopprimerlo.

 6. 1. Lussana.

(Approvato)

Sopprimerlo.

 6. 17. Cirielli, Anedda, Gironda Veraldi, Gamba, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu, Raisi.

(Approvato)

Sopprimere il comma 1.

6. 2. Lussana.

Sostituire i commi 1 e 2 con il seguente:

1. È concesso indulto nella misura di un anno per le pene detentive.

6. 17. Boccia.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 6. 6. Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: sei mesi.

 6. 19. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

  6. 5. Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno.

  6. 30. Cirielli, Gamba, Anedda, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, sostituire le parole: due anni con le seguenti: un anno e due mesi.

6. 18. Raisi.

Al comma 1, sopprimere le parole da: e non superiore 10 mila euro fino alla fine del comma.

6. 150. (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento).

Al comma 1, sostituire le parole da: 10 mila euro fino alla fine dell'articolo con le  seguenti: 25 mila euro per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive.

2. Non si applicano le esclusioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

3. È concesso indulto, per intero, per le pene accessorie temporanee, conseguenti a condanne per le quali è applicato, anche solo in parte, l'indulto, salvo per quella dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici conseguente a condanna per delitti commessi con l'abuso di poteri o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione.

Conseguentemente:

sopprimere gli articoli 7 e 8;

sostituire l'articolo 9 con il seguente:

Art. 9. (Esclusioni oggettive dall'indulto). - 1. L'indulto non si applica alle pene per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:

a) 285 (devastazione, saccheggio e strage);

b) 416, sesto comma (associazione per delinquere diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602);

c) 416-bis (associazione di tipo mafioso);

d) 422 (strage);

e) 630, commi primo, secondo e terzo (sequestro di persona a scopo di estorsione);

f) 644 (usura);

g) 644-bis (usura impropria);

h) 648-bis (riciclaggio), limitatamente all'ipotesi che la sostituzione riguardi denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.

2. L'indulto non si applica, altresì, alle pene per il delitto di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

all'articolo 10:

al comma 1, sopprimere le parole: , ancorché congiunta a pena pecuniaria;

sopprimere il comma 2;

all'articolo 12, sostituire le parole: 1o giugno 2001 con le seguenti: 31 dicembre 2004.

6. 3. Buemi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: mille euro.

6. 10. Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 2 mila euro.

6. 9. Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 3 mila euro.

6. 8. Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 3.999 euro.

6. 26. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 4.450 euro.

6. 25. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 5 mila euro.

 6. 7. Lussana.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 5 mila euro.

 6. 24. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 6 mila euro.

6. 23. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 7 mila euro.

6. 22. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 8 mila euro.

6. 21. Raisi.

Al comma 1, sostituire le parole: 10 mila euro con le seguenti: 9 mila euro.

6. 20. Raisi.

Al comma 1, sopprimere le parole: , sole o

6. 27. Raisi.

Sopprimere il comma 2.

 6. 4. Lussana, Guido Giuseppe Rossi.

Sopprimere il comma 2.

 6. 28. Raisi.

Sopprimere il comma 3.

6. 11. Cento.

Sostituire il comma 3 con il seguente:

3. Non si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma dell'articolo 151 del codice penale.

6. 16. Kessler, Finocchiaro, Bonito, Carboni.

Al comma 3, sopprimere le parole: nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale.

 6. 12. Lussana.

Al comma 3, sopprimere le parole: nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma dell'articolo 99 del codice penale.

 6. 31. Cirielli, Gironda Veraldi, Gamba, Anedda, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 3, sopprimere le parole: , nel caso di condanna per delitti.

6. 13. Lussana.

Al comma 3, aggiungere, in fine, le parole: , né nei confronti di coloro che siano sottoposti a regime di sorveglianza speciale ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

6. 14. Lussana.

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

4. L'applicazione dell'indulto rende inapplicabili le misure di sicurezza inflitte con la sentenza di condanna, ad esclusione della confisca e della libertà vigilata.

6. 15. Kessler, Finocchiaro, Bonito, Carboni, Fanfani, Mantini.

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

4. L'indulto si applica al cittadino straniero immigrato clandestinamente a condizione che abbandoni il territorio dello Stato.

6. 29. Anedda, Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

 

 

 

 

(A.C. 458 ed abb. - Sezione 8)

ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE

Art. 8.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

1. È concesso indulto nella misura non superiore ad anni uno per le pene detentive  e non superiore a 2 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per i seguenti delitti previsti dal codice penale:

a) rapina di cui all'articolo 628, terzo comma;

b) estorsione di cui all'articolo 629, secondo comma;

c) usura di cui all'articolo 644;

d) delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, con esclusione degli articoli 323, 325, 326, 328, 329, 331 e 335.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL TESTO UNIFICATO

ART. 8.

(Concessione di indulto in misura ridotta).

Sopprimerlo.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1:

dopo il numero 6, aggiungere i seguenti:

6-bis) 314 (peculato);

6-ter) 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui);

6-quater) 316-bis (malversazione a danno dello Stato);

6-quinquies) 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato);

6-sexies) 317 (concussione);

6-septies) 318 (corruzione per un atto d'ufficio);

6-octies) 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio) e 319-bis (circostanze aggravanti);

dopo il numero 7, aggiungere i seguenti:

7-bis) 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio);

7-ter) 321 (pene per il corruttore);

7-quater) 322 (istigazione alla corruzione);

7-quinquies) 322-bis (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri);

7-sexies) 322-ter (confisca);

7-septies) 334 (sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa);

dopo il numero 21) aggiungere i seguenti:

21-bis) 628, terzo comma (rapina);

21-ter) 629, secondo comma (estorsione);

dopo il numero 22), aggiungere il seguente:

22-bis) 644 (usura).

8. 20. Boccia.

Sopprimerlo.

 8. 1. Buemi.

Sopprimerlo.

 8. 2. Boccia.

(Approvato)

Sopprimerlo.

 8. 3. Gamba, Anedda, Cirielli, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu, Raisi.

(Approvato)

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: anni uno con le seguenti: mesi sei.

8. 4. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: ad anni uno con le seguenti: a mesi otto.

8. 5. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: ad anni uno con le seguenti: a mesi dieci.

8. 6. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole da: 2 mila euro fino alla fine dell'alinea, con le seguenti: 10 mila euro per le pene pecuniarie quando la pena è conseguente a condanna per delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.

Conseguentemente, sopprimere l'articolo 9.

8. 7. Kessler, Finocchiaro, Bonito, Carboni.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: 2 mila euro con le seguenti: 800 euro.

8. 8. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: 2 mila euro con le seguenti: 1.000 euro.

8. 9. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: 2 mila euro con le seguenti: 1.200 euro.

8. 10. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: 2 mila euro con le seguenti: 1.400 euro.

8. 11. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: 2 mila euro con le seguenti: 1.600 euro.

8. 12. Raisi.

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: 2 mila euro con le seguenti: 1.800 euro.

8. 13. Raisi.

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 21), aggiungere il seguente:

21-bis) 628, terzo comma (rapina).

8. 57. Gamba, Anedda, Cirielli, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, sopprimere la lettera b).

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 21), aggiungere il seguente:

21-bis) 629, secondo comma (estorsione).

8. 58. Cirielli, Anedda, Gamba, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, sopprimere la lettera c).

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 22), aggiungere il seguente:

22-bis) 644 (usura).

8. 61. Anedda, Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), dopo le parole: con esclusione degli articoli aggiungere le seguenti: 314 (peculato), 315 (malversazione a danno di privati), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato),  316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (circostanze aggravanti), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore), 322 (istigazione alla corruzione).

8. 14. Lussana.

Al comma 1, lettera d), dopo le parole: con esclusione degli articoli aggiungere le seguenti: 314 (peculato), 315 (malversazione a danno di privati), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).

8. 16. Lussana.

Al comma 1, lettera d), dopo le parole: con esclusione degli articoli aggiungere le seguenti: 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-bis (circostanze aggravanti), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore), 322 (istigazione alla corruzione).

8. 15. Lussana.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: 323,

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 323 (abuso di ufficio).

8. 27. Gamba, Gironda Veraldi, Cirielli, Anedda, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: , 325.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 325 (utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione d'ufficio).

8. 28. Anedda, Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: , 326.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 326 (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio).

8. 29. Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Anedda, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: , 328.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 328 (rifiuto di atti d'ufficio. Omissione).

8. 30. Anedda, Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: , 329.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 329 (rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica).

8. 31. Cirielli, Gamba, Gironda Veraldi, Anedda, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: , 331.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 331 (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità).

8. 32. Gamba, Gironda Veraldi, Anedda, Cirielli, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.

Al comma 1, lettera d), sopprimere la parola: , 335.

Conseguentemente, all'articolo 9, comma 1, lettera a), dopo il numero 7), aggiungere il seguente:

7-bis) 335 (violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa).

8. 34. Cirielli, Anedda, Gironda Veraldi, Gamba, Ascierto, Bocchino, Cola, Lo Presti, Porcu.