Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario - A.C. 1780 - Lavori preparatori della Legge n. 269/2006 (Iter al Senato) - parte I
Riferimenti:
AC n. 1780/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 55    Progressivo: 1
Data: 15/12/2006
Descrittori:
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO     
Organi della Camera: II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS n. 635/XV   L n. 269 del 24-OTT-06


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

 

Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

Lavori preparatori della Legge n. 269/2006

Iter al Senato

 

 

n. 55/1

Parte I

 

15 dicembre 2006

 


 

I dossier predisposti per l’esame dell’A.C. 1780 (Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario) sono i seguenti:

 

- n. 55 che contiene le schede di lettura e i riferimenti normativi

- n. 55/1 (parti I e II) che contengono i lavori preparatori della Legge n. 269 del 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

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File: GI0011aa.doc

 


INDICE

Legge 24 ottobre 2006, n. 269

§      Sospensione dell'efficacia nonche' modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario  3

Iter al Senato

Progetto di legge

§      A.S. 635, (Governo), Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario  13

Esame in sede referente

-       2^ Commissione (Giustizia)

Seduta del 4 luglio 2006  23

Seduta del 5 luglio 2006  29

Seduta del 5 luglio 2006 (pomeridiana)33

Seduta del 6 luglio 2006  37

Seduta dell’11 luglio 2006  41

Seduta del 18 luglio 2006  69

Seduta del 20 luglio 2006  73

Seduta del 27 luglio 2006  79

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla 2^ Commissione (Giustizia)

-       1^ Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 26 luglio 2006  85

Seduta del 27 luglio 2006  89

-       5^ Commissione (Bilancio)

Seduta del 26 luglio 2006  93

Seduta del  27 luglio 2006  95

Relazione della 2^ Commissione (Giustizia)

§      A.S. 635-A, (Governo), Sospensione dell’efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario  99

Esame in Assemblea

Seduta dell’11 luglio 2006  105

Seduta del 29 luglio 2006  111

Seduta del 19 settembre 2006  115

Seduta del 20 settembre 2006 (antimeridiana)137

Seduta del 20 settembre 2006 (pomeridiana)163

Seduta del 21 settembre 2006  183

Seduta del 26 settembre 2006  199

Seduta del 27 settembre 2006 (antimeridiana)251

Seduta del 27 settembre 2006 (pomeridiana)263

Seduta del 28 settembre 2006  341

Seduta del 3 ottobre 2006  395

Seduta del 4 ottobre 2006  461

 


Legge 24 ottobre 2006, n. 269

 


Legge 24 ottobre 2006, n. 269

 

Sospensione dell'efficacia nonche' modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

 

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2006

 


Art. 1.

 

1. L'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e' sospesa fino alla data del 31 luglio 2007.

2. Al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 1, le parole: «sotto la propria responsabilita» sono soppresse;

b) l'articolo 2 e' sostituito dal seguente:

    «Art. 2 (Titolarità dell'azione penale). - 1. Il procuratore della Repubblica, quale titolare esclusivo dell'azione penale, la esercita personalmente o mediante assegnazione a uno o più magistrati dell'ufficio. L'assegnazione può riguardare la trattazione di uno o più procedimenti ovvero il compimento di singoli atti di essi. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

    2. Con l'atto di assegnazione per la trattazione di un procedimento, il procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell'esercizio della relativa attività. Se il magistrato non si attiene ai principi e criteri definiti in via generale o con l'assegnazione, ovvero insorge tra il magistrato ed il procuratore della Repubblica un contrasto circa le modalità di esercizio, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione; entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica».

3. Al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, i commi 2 e 3 sono abrogati;

b) all'articolo 2, comma 1:

    1) la lettera i) e' abrogata;

    2) la lettera v) e' sostituita dalla seguente:

    «v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonche' la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106»;

    3) la lettera z) e' abrogata;

    4) la lettera bb) e' abrogata;

    5) la lettera ff) e' sostituita dalla seguente:

    «ff) l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza»;

c) all'articolo 2, il comma 2 e' sostituito dal seguente:

    «2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare»;

d) all'articolo 3, comma 1:

    1) la lettera f) e' abrogata;

    2) la lettera h) e' sostituita dalla seguente:

    «h) l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato»;

    3) la lettera i) e' sostituita dalla seguente:

    «i) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, e' diretto a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste»;

    4) la lettera l) e' abrogata;

e) dopo l'articolo 3, e' inserito il seguente:

    «Art. 3-bis (Condotta disciplinare irrilevante). - 1. L'illecito disciplinare non e' configurabile quando il fatto e' di scarsa rilevanza»;

f) all'articolo 14, il comma 4 e' sostituito dal seguente:

    «4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici hanno l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio nonche' i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare»;

g) all'articolo 15:

    1) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:

    «1-bis. Non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal fatto»;

    2) al comma 2, ovunque ricorrano, le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «due anni»;

    3) al comma 8, alinea, dopo le parole: «il corso dei termini», sono inserite le seguenti: «, compreso quello di cui al comma 1-bis,», e dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti:

    «d-bis) se, nei casi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), all'accertamento del fatto costituente illecito disciplinare e' pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o amministrativo;

    d-ter) se il procedimento e' sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16»;

h) all'articolo 16:

    1) il comma 4 e' sostituito dal seguente:

    «4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritiene necessario ai fini delle determinazioni sull'azione disciplinare, può acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi, motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata del procuratore della Repubblica ovvero di altri dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può prendere visione degli atti. Il procedimento può essere altresì sospeso nel corso delle indagini preliminari»;

    2) dopo il comma 5, e' aggiunto il seguente:

    «5-bis. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione procede all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante ai sensi dell'articolo 3-bis o forma oggetto di denuncia non circostanziata ai sensi dell'articolo 15, comma 1, ultimo periodo, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4 oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso. Il provvedimento di archiviazione e' comunicato al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta si provvede nei modi previsti nei commi 4 e 5 dell'articolo 17 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto. Il provvedimento di archiviazione acquista efficacia solo se il termine di cui sopra sia interamente decorso senza che il Ministro abbia avanzato la richiesta di fissazione dell'udienza di discussione orale davanti alla sezione disciplinare. In tale caso e' sospeso il termine di cui al comma 1 dell'articolo 15»;

    3) nella rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «. Potere di archiviazione»;

i) all'articolo 17:

    1) il comma 5 e' sostituito dal seguente:

    «5. Il decreto di cui al comma 4 e' comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonche' al difensore di quest'ultimo, se già designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare o abbia richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, al Ministro della giustizia»;

    2) al comma 7, e' soppresso l'ultimo periodo;

l) all'articolo 18, comma 1, e' soppresso il secondo periodo;

m) all'articolo 19, il comma 1 e' sostituito dal seguente:

    «1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura delibera immediatamente dopo l'assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio»;

n) all'articolo 22, comma 1, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di minore gravità il Ministro della giustizia o il Procuratore generale possono chiedere alla sezione disciplinare il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo, ma diverso da quello indicato nell'articolo 11 del codice di procedura penale»;

o) all'articolo 24, il comma 2 e' sostituito dal seguente:

    «2. La Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del ricorso»;

p) all'articolo 25, i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:

    «7. La sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al comma 2, o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 4 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare.

    8. Contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione e' ammesso ricorso alle sezioni unite civili della Corte di cassazione»;

q) dopo l'articolo 32, e' aggiunto il seguente:

    «Art. 32-bis (Disposizioni transitorie). - 1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ai procedimenti disciplinari promossi a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.

    2. Per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente decreto continuano ad applicarsi, se più favorevoli, gli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.

    3. I ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura pendenti presso le sezioni unite penali della Corte di cassazione sono trasferiti alle sezioni unite civili della stessa Corte».

Art. 2.

1. All'articolo 1 della legge 25 luglio 2005, n. 150, il comma 3 e' sostituito dal seguente:

    «3. Il Governo e' delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi all'acquisto di efficacia delle disposizioni contenute in ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti la disciplina transitoria, se necessaria, le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei medesimi con le altre leggi dello Stato e l'abrogazione delle norme divenute incompatibili. I decreti legislativi previsti nel presente comma sono adottati con l'osservanza dei principi e dei criteri di cui all'articolo 2, comma 9, e divengono efficaci dopo quindici giorni dalla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale».

Art. 3.

1. All'articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437, le parole: «e' differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario» sono sostituite dalle seguenti: «e' differita alla data di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n. 150».

 

Art. 4.

1. Fino al 31 luglio 2007 continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nonche' le altre disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, ed in particolare gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20.

2. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e le situazioni esaurite durante la vigenza del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160.

 

 

 

 


 

Iter al Senato

 


Progetto di legge

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 635

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Ministro della giustizia

(MASTELLA)

di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 GIUGNO 2006

 

 

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Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

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Onorevoli Senatori. – La concreta operatività dei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, comporta la tempestiva riorganizzazione di interi settori dell’apparato giudiziario e, nello stesso tempo, la realizzazione di numerose e complesse attività da parte del Consiglio superiore della magistratura nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali.

Così il citato decreto legislativo n.106 del 2006 comporta la ristrutturazione funzionale degli uffici di procura secondo modelli ragionevolmente omogenei nell’intero territorio nazionale. Il decreto legislativo n.109 del 2006 comporta problemi analoghi e un difficile assestamento dell’ufficio che, nella Procura generale presso la Corte di cassazione, ha il compito dell’azione disciplinare: basti dire che, con l’obbligatorietà dell’azione e la tipicizzazione degli illeciti disciplinari, si avrà, per un verso, la moltiplicazione del numero dei procedimenti mentre, per altro verso, l’estinzione di quelli non rispondenti alla tipologia della riforma, cioè un massiccio lavoro iniziale per la Procura generale e per la sezione disciplinare del Consiglio superiore; si avrà cioè un enorme sforzo organizzativo e gestionale, aggravato dai ridotti termini di durata delle varie fasi procedimentali; in definitiva uno sforzo oggi assolutamente insostenibile.

Senonché, mentre gli uffici interessati (procure della Repubblica e Procura generale presso la Suprema Corte) dovranno procedere ad un’ampia e impegnativa riorganizzazione, il Consiglio superiore della magistratura attualmente in carica scade il 31 luglio 2006 ed è stata fissata al 9 e 10 luglio la data per l’elezione dei membri togati. Poi il Parlamento, a Camere riunite, dovrà eleggere i componenti laici: determinazione che, mai facile secondo le esperienze passate, si profila più complessa in relazione al futuro Consiglio. Nel frattempo l’Ordine giudiziario sarà privo di un governo autonomo nella pienezza dei suoi poteri, mentre l’operatività dei suddetti decreti legislativi richiede l’immediato e fattivo impegno del Consiglio superiore della magistratura nell’attuazione di una normativa completamente nuova rispetto all’impianto anteriore.

In questo periodo, potrebbero poi prodursi effetti irreversibili quali l’opzione obbligatoria tra funzioni giudicanti e requirenti per chi intenda partecipare al prossimo bando di concorso per l’accesso in magistratura (articoli 1, comma 6, e 8, comma 2, del decreto legislativo n.160 del 2006) e l’estinzione di molteplici procedimenti disciplinari per effetto della riduzione a un anno del termine entro il quale deve essere pronunciata la sentenza disciplinare (articolo 15, comma 2, del decreto legislativo n.109 del 2006). Si potrebbero inoltre determinare, in assenza di tempestive indicazioni del Consiglio superiore della magistratura, situazioni organizzative irragionevolmente disomogenee sul territorio nazionale nella riorganizzazione degli uffici di procura, secondo le linee del decreto legislativo n.106 del 2006, con preoccupanti incidenze sul corso delle attività investigative e di indagine.

Si renderà, peraltro, naturalmente necessaria l’emanazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, e successive modificazioni, di un regolamento che definisca e renda più agevole l’attuazione delle disposizioni dei decreti legislativi.

C’è dunque la necessità di un intervento quanto più possibile tempestivo rivolto a sospendere l’efficacia dei tre decreti legislativi, in modo che la loro effettiva operatività coincida con la costituzione dell’organo di governo in tutte le sue componenti ed in possesso della prima ma necessaria esperienza.

Con l’articolo 1 l’efficacia dei tre decreti legislativi numeri 106, 109 e 160 del 2006 viene sospesa fino al 1º marzo 2007.

Con l’articolo 2 si provvede, per coerenza, tenuto conto della sospensione dell’efficacia dei tre decreti legislativi citati fino alla data del 1º marzo 2007, al conseguente slittamento del termine per l’esercizio della delega relativa alle norme di coordinamento e transitorie di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 25 luglio 2005, n. 150.

Per quanto concerne l’articolo 3, si rileva che la sospensione dell’efficacia del citato decreto legislativo n.160 del 2006 viene ovviamente a incidere sull’articolo 50, comma 4, dello stesso decreto, secondo cui «Resta fermo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, e successive modificazioni». La sospensione dell’efficacia delle disposizioni del decreto legislativo – che espressamente richiamava l’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n.916 del 1958 nel testo novellato nel 2002 – rende implicitamente ma chiaramente applicabile la disciplina del ricollocamento in ruolo dei magistrati membri del Consiglio superiore della magistratura secondo quanto previsto dall’articolo 30, secondo comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 916 del 1958, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n.74. L’intervento normativo appare comunque necessario per evitare che sul punto possano crearsi contrasti interpretativi.

In coerenza con quanto precedentemente detto, risulta poi necessario differire il termine di cui all’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995, n.361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n.437, concernente l’organizzazione della segreteria e dell’ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura, in modo da assicurare al futuro Consiglio un supporto idoneo alla complessa attività che dovrà svolgere in attuazione dei decreti legislativi (articolo 4).

L’articolo 5 disciplina, infine, l’entrata in vigore della legge, che si è stabilita, in considerazione dell’urgenza dell’intervento, nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Dal presente disegno di legge non derivano conseguenze finanziarie, come evidenziato nella relazione tecnica.

 

Analisi tecnico-normativa

1. Aspetti tecnico-normativi

a) Necessità dell’intervento normativo

La concreta operatività dei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, relativi alla riforma dell’organizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, della disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e della procedura per la loro applicazione e della disciplina dell’accesso in magistratura nonché della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, richiede l’adempimento di numerose e complesse attività da parte del Consiglio superiore della magistratura, nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali. Tali complesse attività di organizzazione e di gestione della riforma, che implicherà anche un’ampia e impegnativa riorganizzazione degli uffici rispettivamente interessati, richiedono manifestamente la presenza di un organo di governo della magistratura nella pienezza dei suoi poteri, in grado, quindi, di fronteggiare tali non facili compiti. La scadenza del Consiglio attualmente in carica, che avrà luogo il 31 luglio 2006, con la conseguente necessità di provvedere alla elezione dei membri togati dell’organo, nonché alla elezione, da parte del Parlamento, di quelli laici, comporterà, viceversa, che l’Ordine giudiziario resterà privo di un governo autonomo nella pienezza dei suoi poteri. Da ciò la necessità del presente intervento normativo, volto a sospendere l’efficacia dei decreti legislativi sopra indicati in modo che la loro operatività coincida con la costituzione dell’organo di autogoverno in tutte le sue componenti ed in possesso della prima ma necessaria esperienza (articolo 1). Quanto agli interventi operati con gli articoli 3 e 4 del disegno di legge, essi si pongono, come già messo in evidenza nella relazione illustrativa, in rapporto di conseguenzialità e di coerenza rispetto alla sospensione dell’efficacia dei tre decreti legislativi.

b) Analisi del quadro normativo e incidenza delle norme proposte sulle leggi ed i regolamenti vigenti

Il disegno di legge incide, senza modificarne il contenuto, sulla efficacia dei decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006, che viene sospesa, per le finalità indicate alla lettera a), fino alla data del 1º marzo 2007, nonché sulla decorrenza della applicazione degli articoli 7, commi 1 e 3, e 7-bis della legge 24 marzo 1958, n.195.

c) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario

Il disegno di legge non presenta alcun possibile profilo di incompatibilità con l’ordinamento comunitario.

d) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o di incompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, incidendo su materie, quella dell’ordinamento giudiziario, riservata alla potestà legislativa dello Stato.

e) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali

Il disegno di legge, come sopra già evidenziato, non coinvolge le funzioni delle regioni e degli enti locali.

f) Verifica dell’assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione

Il disegno di legge ha ad oggetto materie assistite da riserva di legge, non suscettibili di delegificazione.

2. Elementi di drafting e linguaggio normativo

a) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso

La portata dell’intervento, di mera sospensione dell’efficacia o differimento della applicazione di atti già in vigore, esclude che lo stesso possa autonomamente introdurre nuove definizioni.

b) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi

I riferimenti normativi che figurano nel provvedimento sono corretti.

c) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti

Si è fatto ricorso, in particolare, alla tecnica della novella legislativa, al fine di modificare la disposizione dell’articolo 1, comma 3, della legge 25 luglio 2005, n. 150, relativamente al termine di esercizio della delega conferita al Governo con la medesima disposizione.

d) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell’atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo

L’intervento normativo non risulta comportare effetti abrogativi.

 

Analisi dell’impatto della regolamentazione

a) Ambito dell’intervento, con particolare riguardo all’individuazione delle amministrazioni, dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti

Dalla portata dell’intervento, che opera una mera sospensione della efficacia o un differimento della applicazione di disposizioni già vigenti, deriva che i soggetti destinatari, e quelli coinvolti dallo stesso, siano i medesimi già destinatari degli interventi la cui efficacia viene sospesa o la cui applicazione viene differita; in particolare, quanto alla sospensione dell’efficacia dei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, destinatario è il Consiglio superiore della magistratura, organo le cui funzioni di organizzazione e decisione sono, in via principale, chiamate in causa ai fini della gestione della complessa riforma operata con i tre provvedimenti in considerazione. L’intervento interessa, inoltre, oltre che, evidentemente, l’Ordine giudiziario, il Ministro della giustizia e l’amministrazione della giustizia, in relazione alle competenze ad essi attribuite in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia ed in materia disciplinare. Esso investe, infine, l’attività degli organi giudiziari con competenze in materia disciplinare e, in particolare, quella della Procura generale presso la Corte Suprema di Cassazione.

b) Esigenze sociali, economiche e giuridiche prospettate dalle amministrazioni e dai destinatari ai fini di un intervento normativo

Si rinvia a quanto già evidenziato nella relazione illustrativa e nell’analisi tecnico-normativa (sub 1, lettera a)).

c) Obiettivi generali e specifici, immediati e di medio-lungo periodo

L’obiettivo è il soddisfacimento dell’esigenza, già manifestata alla lettera a), di assicurare che il Consiglio superiore della magistratura possa gestire le complesse riforme ordinamentali operate a mezzo dei decreti legislativi di cui si sospende l’efficacia nella pienezza dei suoi poteri ed in possesso della prima ma necessaria esperienza.

d) Presupposti attinenti alla sfera organizzativa, finanziaria, economica e sociale

In considerazione della portata dell’intervento normativo, non sono ravvisabili presupposti attinenti alla sfera organizzativa. L’intervento è anzi orientato, in particolare, proprio a consentire, sospendendo l’efficacia dei citati tre decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006, di creare i presupposti organizzativi per la gestione della riforma dell’ordinamento giudiziario dagli stessi prevista.

e) Aree di criticità

Non si ravvisano, tenuto conto di quanto detto alla lettera d), aspetti di criticità.

f) Opzioni alternative alla regolazione ed opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili

Premesso che la così detta «opzione nulla» risulterebbe di per sé contrastante con la necessità dell’intervento già evidenziata, non sono ravvisabili opzioni alternative alla regolazione.

g) Strumento tecnico normativo eventualmente più appropriato

Il disegno di legge è l’unico strumento tecnico normativo possibile tenuto conto della materia, riservata alla legge, oggetto dell’intervento.

 

Relazione tecnica

La presente nota tecnica è volta a valutare i possibili effetti finanziari derivanti dalle disposizioni contenute nel disegno di legge in oggetto. In particolare le disposizioni tendono:

articoli 1 e 2

–a sospendere l’efficacia dei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, in modo che la loro operatività coincida con la costituzione del Consiglio superiore della magistratura e delle sue componenti;

–a far slittare il termine per l’esercizio della delega relativa alle norme di coordinamento e transitorie di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 25 luglio 2005, n. 150;

articolo 3

–a rendere, nuovamente applicabile, in conseguenza del differimento dell’efficacia del citato decreto legislativo n.160 del 2006, la disciplina del ricollocamento in ruolo dei magistrati membri del Consiglio superiore della magistratura secondo quanto previsto dall’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, così come modificato dall’articolo 14 delle legge 12 aprile 1990, n. 74;

articolo 4

–a prorogare i termini riguardanti l’organizzazione della segreteria e dell’ufficio studi e documentazione del Consiglio superiore della magistratura in modo da assicurare al futuro Consiglio un supporto idoneo alla complessa attività collegata all’attuazione dei decreti legislativi.

Al riguardo si segnala che:

1) le disposizioni contenute agli articoli 1 e 2, non determinano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato in quanto trattasi di mera sospensione di efficacia di provvedimenti approvati e, ad oggi, non ancora operativi, e di differimento del termine di esercizio di delega legislativa;

2) la disposizione di cui all’articolo 3 tende a ripristinare, al fine di evitare eventuali contenziosi, la vecchia disciplina del ricollocamento in ruolo del magistrati membri del Consiglio superiore della magistratura non solo presso l’ufficio di provenienza, anche in soprannumero, ma anche in altri uffici, in tal senso non determinando nuovi o maggiori oneri;

3) la disposizione contenuta all’articolo 4 concerne la proroga del termine di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto-legge 28 agosto 1995, n.361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437, in modo da renderla coerente con il differimento di efficacia dei decreti legislativi sopra indicati; in tale senso la disposizione non determina nuovi o maggiori oneri.

Conclusivamente si evidenzia che tutte le disposizioni contenute nel disegno di legge in esame non comportano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.



 


 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007.

Art. 2.

1. All’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge 25 luglio 2005, n.150, le parole: «entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 1º giugno 2007».

Art. 3.

1. Fino al 28 febbraio 2007 si applica il secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n.916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n.74.

Art. 4.

1. All’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995, n.361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n.437, le parole: «è differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario.» sono sostituite dalle seguenti: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

Art. 5.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 


Esame in sede referente

 


GIUSTIZIA (2a)

martedi' 4 luglio 2006

3a Seduta

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

 La seduta inizia alle ore 12,30.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Esame e rinvio)

 

 Riferisce alla Commissione il presidente SALVI(Ulivo), il quale rileva preliminarmente che il Governo ha optato per la sospensione dell'efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006 n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, di attuazione della legge delega di riforma dell'ordinamento giudiziario, piuttosto che per la loro abrogazione o per eventuali modifiche di merito. Ciò al fine di porre il Parlamento nelle condizioni di valutare - nei tempi opportuni - le soluzioni normative più idonee e più in grado di raccogliere il consenso di tutte le forze politiche.

 Il relatore si sofferma quindi brevemente sugli aspetti più controversi dei decreti legislativi di cui viene proposta la sospensione dell'efficacia. In particolare le critiche di maggior rilievo avanzate nei confronti del decreto in materia di organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero si appuntano sull'eccesso di gerarchizzazione, che certamente non costituisce l'unica possibile formula in cui si possono configurare i rapporti amministrativi. Se da un lato non si può negare che per l'ufficio del pubblico ministero si prospettano questioni legate alla necessità di uniformità di condotta e di orientamenti stabili ed omogenei, d'altra parte tale obiettivi possono essere raggiunti anche con strumenti diversi.

In merito al secondo dei decreti in questione, quello relativo alla responsabilità disciplinare del magistrato, il relatore rileva che, mentre l'esigenza di tipizzazione dell'illecito disciplinare è da tutti condivisa, sono state mosse svariate riserve alle modalità di tipizzazione, che rischiano di compromettere la libertà di azione del magistrato nonché all'obbligatorietà dell'azione disciplinare che, perseguendo il legittimo scopo di rendere effettiva la tutela del cittadino, rischia invece di vanificarla e di paralizzare il sistema. Si pone dunque - ad avviso del relatore - la necessità di affrontare il tema in modo aperto.

Per quanto riguarda il terzo decreto, gli aspetti più controversi sono due: la netta distinzione tra magistratura giudicante e magistratura inquirente e la complessità del sistema di accesso, formazione e progressione di carriera dei magistrati.

Il relatore prospetta una discussione generale articolata in cinque sedute e propone di fissare per mercoledì 5 luglio alle ore 17 il termine di presentazione degli emendamenti, i quali, ai sensi dell'articolo 97 del Regolamento, dovranno limitarsi all'oggetto del disegno di legge in titolo, cioè agli aspetti afferenti la sospensione dell'efficacia dei decreti legislativi, ipotizzando altresì un rapido avvio dell'esame di eventuali disegni di legge di modifica delle disposizione sull'ordinamento giudiziario.

 

Il senatore VALENTINO(AN), intervenendo sull'ordine dei lavori, propone alla presidenza di posticipare il termine per la presentazione degli emendamenti dopo la conclusione della discussione generale.

 

Il senatore CASTELLI (LNP) pone l'accento sul fatto che il Governo, presentando un disegno di legge di sospensione, abbia acceduto sostanzialmente alla tesi della magistratura, trascurando del tutto le chiare prese di posizione in favore della riforma dell'ordinamento giudiziario assunte da altri operatori del settore, quali gli avvocati penalisti attualmente in sciopero o gli impiegati amministrativi che stanno sollecitando l'ultimo dei decreti attuativi relativo al decentramento del personale dell'amministrazione della Giustizia.

L'oratore ritiene quindi opportuno procedere preliminarmente ad audizioni informali dei protagonisti del settore - in particolare avvocati e magistrati - per verificare gli effetti prodotti dall'entrata i vigore della riforma e poi, in un clima più sereno e con maggiore consapevolezza delle questioni, procedere alle opportune correzioni.

 

Il senatore Massimo BRUTTI (Ulivo) evidenzia due ordini di ragioni che giustificano la sospensione dell'efficacia dei tre decreti legislativi: le ragioni tecniche consistono nell'avvicendamento di due organi essenziali per la corretta attuazione dei decreti, il Governo e il Consiglio Superiore della Magistratura, che suggerisce l'opportunità di una pausa; le ragioni politiche attengono al merito del provvedimento, al centro - nella scorsa legislatura - di una battaglia parlamentare che ha visto non solo una contrapposizione frontale tra maggioranza e opposizione, ma anche l'emersione - all'interno della stessa maggioranza pro tempore - di molteplici riserve, superate solo con la posizione della questione di fiducia.

In riferimento alla proposta, avanzata dal senatore Castelli, di procedere preliminarmente ad audizioni informali degli operatori della giustizia, l'oratore ritiene opportuno procedere immediatamente alla sospensione e solo successivamente, con i tempi che la sospensione garantisce al Parlamento, procedere alle audizioni per ragionare sul merito delle proposte, con spirito di leale collaborazione e senza tesi precostituite.

In ordine alla questione relativa al termine di presentazione degli emendamenti, il senatore Brutti ritiene corretto il termine proposto dal Presidente, perché consente di velocizzare i tempi di approvazione della sospensione, per poi concentrarsi sul merito.

 

Il senatore PITTELLI (FI) denuncia il carattere pretestuoso sotteso alle motivazioni addotte dal Governo per giustificare la sospensione dei decreti legislativi, ritenendo altresì dannoso il differimento dell'entrata in vigore soprattutto in materia di gerarchizzazione delle funzioni, fondamentale per evitare l'anarchia delle procure. Anche in tema di illecito disciplinare, per quanto si tratti di una questione di grande portata sulla quale occorre un supplemento di riflessione, non di meno vi è l'urgenza di tutelare il diritto dei cittadini a vedere accertata la responsabilità di magistrati che sbagliano.

 

Il senatore CENTARO (FI) chiede di sapere se i disegni di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario sono solo di iniziativa parlamentare o se il Governo sarà titolare di un'iniziativa in tal senso.

Convenendo sull'opportunità di fissare un termine più congruo per la presentazione degli emendamenti, condivide la posizione del senatore Brutti sull'opportunità di procedere alle audizioni informali quando la Commissione si occuperà del merito delle questioni, ma ritiene che legittimamente possano inserirsi in questa fase sospensiva, per il carattere propedeutico e chiarificatore che esse rivestono.

 

Il senatore CARUSO (AN) sottopone alla Presidenza la questione dei limiti di ammissibilità degli emendamenti, ritenendo che possano essere considerati ammissibili non solo gli emendamenti che si limitino a modificare i termini della sospensione, ma anche quelli volti a selezionare cosa sospendere e cosa no, soprattutto in ordine ai decreti legislativi già entrati in vigore.

Osservando come gli interventi sulla riforma dell'ordinamento giudiziario stia procedendo per approssimazioni successive, l'oratore rileva sia questa la fase opportuna per procedere all'audizione informale di magistrati e di avvocati.

 

Il senatore DI LELLO FINUOLI (RC-SE) sollecita la Presidenza a chiarire i limiti di ammissibilità degli emendamenti e rileva l'inutilità di procedere - in questa fase - alle audizioni, le quali rischierebbero, tra l'altro, di proporre nuovamente la dannosa contrapposizione tra magistratura e avvocatura.

 

Il presidente SALVI, rispondendo alle sollecitazioni di molteplici senatori, ribadisce la necessità di una rigorosa applicazione dell'articolo 97 del Regolamento, che individua nell'oggetto del disegno di legge il criterio per valutare l'ammissibilità degli emendamenti. Poiché il disegno di legge in esame ha ad oggetto esclusivamente la sospensione dell'efficacia di disposizioni dei decreti legislativi in questione, saranno dichiarati ammissibili emendamenti che intervengano sulla sospensione, pur nella accezione meno rigorosa proposta dal senatore Caruso. Saranno invece inammissibili emendamenti aventi ad oggetto il merito dei provvedimenti.

 

Il senatore BUCCICO (AN) condivide la proposta del senatore Castelli di procedere all'audizione informale di magistrati ed avvocati, che sono pur sempre i soggetti della giurisdizione, considerando che in questa fase il tema della sospensione si lega inevitabilmente con il merito, al punto da ritenere auspicabile la presentazione e l'esame congiunto del disegno di legge di sospensione e dei disegni di legge di riforma.

 

Il senatore D'AMBROSIO (Ulivo) sottolinea che l'oggetto del dibattito attuale è solo il problema della sospensione, richiesta dal Governo al fine di tenere fede ad un impegno elettorale dell'attuale maggioranza che ha combattuto una forte battaglia contro questa riforma dell'ordinamento giudiziario, la quale presenta notevoli elementi di criticità, uno fra tutti la gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, che inficia gravemente il principio costituzionale dell'indipendenza della magistratura e che rischia di ricondurre il sistema ad una situazione pre-costituzionale, quando i rischi di un forte e illegittimo condizionamento del pubblico ministero da parte dell'Esecutivo erano molto alti.

L'oratore ricorda inoltre che il disegno di legge-delega sull'ordinamento giudiziario nacque in un teso clima di polemiche e di scontro, anche in relazione alle vicende processuali dell'allora Presidente del Consiglio, e quindi muoveva da un chiaro intento punitivo nei confronti della magistratura, la cui indipendenza era considerata un pericolo.

Il senatore D'Ambrosio ritiene quindi opportuno procedere ad una rapida approvazione del disegno di legge di sospensione, per poi discutere con calma nel merito, procedendo eventualmente in quella sede ad audizioni informali di magistrati ed avvocati.

 

Il senatore MANZIONE (Ulivo) rileva che la discussione sugli aspetti meramente tecnici della sospensione, nel momento stesso in cui si valuta ciò che si deve sospendere e come sospendere, porta inevitabilmente a doversi confrontare con il merito delle questioni. Il Governo, proponendo la sospensione del provvedimento, ha infatti dimostrato un profondo rispetto del Parlamento, chiamato in prima persona - e fin da adesso - a discutere sugli aspetti critici della riforma dell'ordinamento giudiziario approvata nella scorsa legislatura.

 

La senatrice Maria Luisa BOCCIA (RC-SE) ritiene che il Governo abbia voluto utilizzare lo strumento della sospensione al fine di dare al Parlamento il tempo di confrontarsi nel merito delle questioni in modo che, pur nella distinzione ineliminabile fra le concezioni dell'attuale maggioranza sui temi dell'ordinamento giudiziario e quelle che caratterizzano la riforma approvata nella passata legislatura, si possa arrivare ad una decisione che tenga conto, per quanto possibile, delle diverse sensibilità.

Anticipare la discussione del merito dei decreti in sede di approvazione di un disegni di legge di sospensione significa rinunciare ad un dibattito meditato e approfondito sulle complesse questioni in gioco.

 

Il senatore ZICCONE (FI) ritiene che la sospensione di un provvedimento possa avere due diversi significati, o di recupero di uno spazio di tempo congruo per una piena ed efficace attuazione di ciò che si sospende, ovvero - ed è questo il caso - di assecondare di disegni di una nuova maggioranza politica che, non condividendo la riforma, non sa però come intervenire per realizzare quella che l'oratore giudica, in realtà, una vera e propria controriforma.

Il senatore condivide quindi le osservazioni del senatore Caruso in ordine alla possibilità di ammettere emendamenti volti a selezionare le disposizioni colpite dalla sospensione.

 

Il sottosegretario MARITATI risponde in primo luogo al senatore Castelli in ordine alla questione da lui avanzata nella precedente seduta circa l'ultimo dei decreti attuativi, dichiarando che il decreto in questione sta per essere approvato dal Consiglio dei Ministri con una modifica attinente esclusivamente all'entrata in vigore.

Condividendo quanto affermato dal Presidente Salvi, ribadisce che il disegno di legge di sospensione nasce da alcune preoccupazioni in ordine agli istituti previsti nei decreti delegati, tra i quali soprattutto la forte gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico ministero che non è ritenuta dal Governo una risposta adeguata alle esigenze - pur condivise - di una più funzionale e disciplinata organizzazione delle procure.

Chiusa la fase tecnica della sospensione, si potrà aprire - con la serenità necessaria - la fase del merito.

 

Il presidente SALVI, dopo aver ringraziato i senatori e il rappresentante del Governo per quanto emerso nel dibattito, ribadisce la necessità di applicare rigorosamente l'articolo 97 del Regolamento del Senato in materia di ammissibilità degli emendamenti, sposta il termine di presentazione degli emendamenti a lunedì 10 luglio alle ore 12 e rinvia all'Ufficio di Presidenza la definizione della questione delle eventuali audizioni.

 

La Commissione conviene.

 


GIUSTIZIA (2a)

mercoledi' 5 luglio 2006

4a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

 La seduta inizia alle ore 9,05.

 

IN SEDE REFERENTE

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

Il presidente SALVI dichiara aperta la discussione generale.

 

Il senatore CASTELLI (LNP) rileva preliminarmente che, per comprendere la ratio del disegno di legge in titolo, occorre ricordare che il precedente Governo, approvando la legge delega di riforma dell'ordinamento giudiziario, oltre ad attuare, a distanza di molti anni dalla sua entrata in vigore, un preciso dettato costituzionale, si è adoperato per riaffermare le prerogative del Parlamento nell'esercizio della funzione legislativa anche in materia afferente al potere giudiziario che, se un tempo era stato subalterno al potere esecutivo, come ricordato nella seduta di ieri dal senatore D'Ambrosio, da alcuni anni a questa parte si era caratterizzato - all'opposto - per una forte volontà di prevaricazione sul potere politico, cui aveva corrisposto l'incapacità del legislatore di varare qualsiasi riforma in materia senza il preventivo consenso della magistratura.

L'oratore osserva che, proprio in ragione di questa grave anomalia istituzionale, in qualità di Ministro della giustizia si era adoperato affinché il Parlamento esercitasse la funzione legislativa anche contro il parere della magistratura, senza preoccuparsi di possibili proteste da parte dell'Associazione Nazionale Magistrati.

Il senatore Castelli, pur ammettendo la presenza - in alcune disposizioni della legge delega - di aspetti che possono apparire punitivi, voluti peraltro da alcuni settori del Parlamento e rispetto ai quali il Governo ha svolto una funzione di freno, non ritiene possa considerarsi punitiva la previsione - tra le prove di ammissione alla magistratura - di test psico-attitudinali, considerando che, se è ormai diffuso l'uso di questi test per chiunque eserciti una funzione pubblica, tanto più tale strumento dovrà essere utilizzato per chi, dopo il superamento di un concorso, si trova a dover giudicare di beni fondamentali dei cittadini.

L'oratore rileva altresì che i decreti legislativi colpiti dalla sospensione contengono alcuni istituti molto importanti, in riferimento ai quali sarebbe stato opportuno un supplemento di riflessione, auspicando, anche per l'attività legislativa, così come accade per qualsiasi altra attività umana, una scrupolosa valutazione degli effetti. Tra gli istituti più rilevanti colpiti ingiustamente dalla sospensione il relatore ricorda: l'incompatibilità, per ragioni di parentela, dell'esercizio di funzioni all'interno di uno stesso ufficio giudiziario, che pone fine ad un fenomeno di abusi fondato sul precedente regime, nel quale l'incompatibilità era derogabile da parte del Consiglio Superiore della Magistratura; la struttura dei Consigli giudiziari, sui quali vi è a tutt'oggi un forte contenzioso tra avvocatura e magistratura; l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, in riferimento alla quale la tesi che paventava effetti dirompenti sul sistema si fondava chiaramente su argomentazioni pretestuose e pregiudizialmente ostili e non considerava che in alcune procure, come quella di Napoli, quanto previsto nel decreto legislativo veniva già da tempo attuato tramite disposizioni interne; l'avanzamento di carriera dei magistrati, in ordine al quale l'oratore denuncia l'assurdità delle critiche ad un sistema nel quale i magistrati, nel corso di una carriera spesso quarantennale, dovranno affrontare non più di due concorsi.

La sospensione dei decreti, proposta dal Governo, prelude - ad avviso dell'oratore - alla loro definitiva cancellazione. Ciò risponde alla volontà di far prevalere, in una logica di contrapposizione fra potere legislativo e potere giudiziario, quest'ultimo rispetto al primo, mortificando la centralità del Parlamento e offrendo all'Associazione Nazionale Magistrati un sostanziale potere di veto su qualsiasi legge in materia di giustizia. Lo stesso Ministero della giustizia, d'altra parte, è caratterizzato dalla presenza di un numero elevatissimo di magistrati, non solo in settori - quali l'Ispettorato - in cui ciò è inevitabile e legittimo, ma anche in altri settori, quali la Direzione Generale Sistemi Informativi Automatizzati (D.G.S.I.A.), che, occupandosi esclusivamente di telematica, dovrebbe essere diretto da un esperto informatico, un obiettivo per il quale egli si è fortemente impegnato, proprio per garantire maggiore funzionalità al sistema, incontrando fortissime resistenze di carattere corporativo.

 

 Il senatore MANZIONE(Ulivo), dopo aver segnalato alla Presidenza la necessità di fare uno sforzo per evitare una sovrapposizione delle convocazioni della Commissione giustizia con quelle della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, si sofferma su quanto affermato dal senatore Castelli circa la presunta incapacità del Parlamento di approvare leggi in materia di giustizia sgradite all'Associazione nazionale magistrati, osservando che invece questa maggioranza è animata dall'intento di non intervenire a favore o contro questa o quella categoria ma nell'interesse della giustizia e dei cittadini.

 Egli osserva poi come la rapidissima - specialmente se paragonata a quanto avvenuto nel recente passato - elezione dei componenti "laici" del Consiglio Superiore della Magistratura, cui alla fine della settimana seguirà l'elezione di quelli espressi dai giudici, fa venire meno le ragioni di carattere formale che avevano determinato il Governo ad adottare un disegno di legge a contenuto sospensivo; restano dunque le ragioni legate alle obiezioni di merito nei confronti della riforma dell'ordinamento giudiziario, e in specie delle disposizioni recate dai tre decreti legislativi che sono oggetto del provvedimento in titolo.

 Se lo scopo dell'intervento sospensivo è ora dunque essenzialmente quello di consentire una correzione delle disposizioni in parola, a suo parere è opportuno ragionare sugli obiettivi che si intendono perseguire e sulla possibilità di conseguirli nel breve tempo possibile.

 A tal fine l'oratore distingue tra la situazione relativa al decreto legislativo n. 160 - un provvedimento che non è condiviso nel suo impianto complessivo dall'attuale maggioranza, e che è frutto di una polemica, del passato governo nei confronti della magistratura, determinata da cause fortemente contingenti e che è pertanto, a suo parere, da sospendere e rivedere integralmente - da quella dei decreti legislativi nn. 106 e 109, in relazione ai quali si possono già formulare delle ipotesi di correzione, alla luce dei criteri che si evincono dalla relazione del Governo.

 In particolare, per quanto riguarda il decreto legislativo n. 106, si tratterebbe essenzialmente di modulare il meccanismo dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare in modo da evitare che denunce temerarie possano determinare una paralisi della giurisdizione, e di rivedere la tipizzazione degli illeciti disciplinari.

 Per quanto invece riguarda il decreto legislativo n. 109, il Guardasigilli ha indicato una soluzione ai timori da più parti manifestati circa l'indipendenza del pubblico ministero nell'approvazione da parte del Consiglio Superiore della Magistratura del progetto organizzativo predisposto dal Capo ufficio della Procura e nella facoltà per il sostituto di opporsi all'avocazione della pratica da parte del Capo ufficio stesso, fermo restando evidentemente che il decreto legislativo reca disposizioni che devono essere valutate positivamente, come quella che attribuisce al solo Procuratore capo i rapporti con la stampa.

 Pertanto egli ritiene che, mediante la presentazione di opportuni emendamenti, si possa consentire l'entrata in vigore delle norme meno controverse, anche per evitare un pericoloso vuoto normativo che si verificherebbe in relazione ai decreti legislativi 106 e 109, già entrati in vigore, in mancanza di una disposizione esplicita diretta a salvaguardare l'ultrattività delle norme da essi abrogate.

 

 Il senatore D'AMBROSIO (Ulivo) si sofferma su alcune considerazioni del senatore Castelli, il quale ha argomentato l'inopportunità della sospensione proposta dal Governo con la presunta necessità di verificare sul campo gli effetti delle norme recate dai decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006.

 In realtà, in particolare per quanto riguarda le norme concernenti l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, non vi è alcuna verifica da fare, in quanto tali disposizioni sono evidentemente dirette a ripristinare quella che è stata la condizione storica della magistratura italiana, ed in particolare e più a lungo di quella requirente, di soggezione e prossimità al potere politico, e in particolare all'esecutivo, una condizione dalla quale essa si è solo di recente emancipata attraverso un lungo e travagliato processo normativo e culturale di adeguamento ai principi costituzionali che si è realizzato nel corso della pluridecennale esperienza repubblicana.

 Il senatore D'Ambrosio si sofferma in proposito su alcune esperienze da lui maturate nel corso di una pluridecennale esperienza nella magistratura requirente, che dimostrano quanto fosse lontano dal modello costituzionale della funzione giurisdizionale quel mondo che si cerca oggi di far rivivere con la riforma dell'ordinamento giudiziario: si pensi al potere che i Procuratori capi avevano - e che esercitavano quando si toccavano interessi di poteri costituiti - di disporre archiviazioni senza neanche consultare l'ufficio istruzione; si pensi a vicende come quella dell'inchiesta su Roberto Calvi, prima avocata dalla Procura generale per il sospetto di inerzia della Procura competente, e poi a questa stessa riassegnata togliendola ai magistrati che la conducevano quando erano emersi concreti elementi che dimostravano l'insolvenza della Banca popolare italiana.

 Si pensi infine alle vicende relative alle inchieste sulla strage di piazza Fontana, quando l'allora Procuratore capo di Milano fu costretto da un pesante intervento del potere politico ad accettare l'ingiustificato trasferimento della indagine a Roma, e sulla morte in questura di Giuseppe Pinelli, quando la Procura della Repubblica non ebbe neanche il coraggio di disporre un sopralluogo negli uffici dove si erano svolti i fatti.

 Il senatore D'Ambrosio si sofferma poi sulle considerazioni svolte dal senatore Castelli in merito alle vicende dell'informatizzazione del sistema giudiziario italiano e delle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Napoli.

 A tal proposito egli osserva come tali dichiarazioni finiscano in realtà per confermare i timori circa le conseguenze della riforma, dal momento che vengono da una Procura con gravi difficoltà, che opera in una situazione ormai praticamente paralizzata dal crimine.

 Quando si verificò la vicenda della rivolta di piazza Ottocalli, dove alcuni abitanti del luogo riuscirono ad impedire la cattura di un rapinatore da parte delle forze dell'ordine, il ministro Pisanu e il procuratore Lepore rilasciarono una dichiarazione congiunta sullo stato dell'ordine pubblico a Napoli, nella quale indicavano tra i provvedimenti prioritari che sarebbero stati adottati dalla polizia e dalla magistratura per contrastare la criminalità nel capoluogo campano l'adozione di indagini più accurate sui soggetti arrestati in flagranza, un'affermazione che costituiva un implicito riconoscimento della inefficienza del sistema informatico della questura e della procura, dal momento che, laddove questo funziona, la situazione degli arrestati in flagranza - in particolare per quanto riguarda le recidive - può essere conosciuta in tempo reale, come dimostrano i risultati ottenuti in altri uffici giudiziari, dove nel caso degli arrestati in flagranza la percentuale degli accordi sui riti alternativi sale dal normale sette - otto per cento, fino ad oltre il novanta per cento.

 E' evidente quindi che la riflessione sui decreti legislativi in questione deve essere complessiva e articolata, ciò che sarebbe evidentemente impossibile se si provasse in questa fase ad entrare nel merito, senza aver prima proceduto a sospendere l'efficacia dei decreti legislativi stessi.

 

 Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 

 


GIUSTIZIA (2a)

mercoledi' 5 luglio 2006

5a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

 La seduta inizia alle ore 14,35.

 

IN SEDE REFERENTE

 

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

Riprende l'esame sospeso nella seduta antimeridiana.

 

Il presidente SALVI ricorda che questa mattina ha avuto inizio la discussione generale.

 

Il senatore CENTARO(FI), dopo aver preliminarmente rilevato il carattere pretestuoso delle ragioni addotte dal Governo nella relazione illustrativa al disegno di legge in titolo, concorda con quanti hanno sostenuto l'inopportunità, in questa sede, di entrare nel merito delle modifiche alle disposizioni sull'ordinamento giudiziario, ritenendo opportuno attendere previamente le intenzioni del Governo sull'indirizzo che intende adottare in Parlamento.

L'oratore contesta quindi la correttezza di una sospensione generalizzata dell'intero corpus normativo dei tre decreti, convenendo sulla necessità di procedere ad un'attenta ricognizione del contenuto di ciascun decreto per selezionare quanto può legittimamente essere sottratto all'intervento sospensivo.

In primo luogo, il senatore ritiene errato sospendere quella parte del decreto delegato n.109 che, disciplinando il rito davanti alla sezione disciplinare, lo ha trasformato da inquisitorio ad accusatorio, uniformandolo al nuovo processo penale, come pure quella parte che ha ad oggetto l'istituto della incompatibilità.

L'oratore auspica, in secondo luogo, un ripensamento in ordine all'opportunità di sospendere le disposizioni in materia di sanzioni disciplinari, osservando che, per quanto si possa dissentire su singole fattispecie, la ratio della disciplina appare nel complesso condivisibile; come pure quelle che introducono l'obbligatorietà dell'azione disciplinare, nonché le disposizioni sull'accesso in magistratura e sulla progressione di carriera, che, superando il puro automatismo, possono invece consentire un'evoluzione meritocratica della procedura di accesso alle giurisdizioni superiori.

E' da riconsiderare anche - ad avviso dell'oratore - l'opportunità di sospendere le disposizioni del decreto legislativo n.106 in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, ritenendo che un ritorno alla normativa precedente possa indurre i capi degli uffici a precostituirsi una maggioranza assembleare ed una copertura correntizia in seno al Consiglio Superiore della Magistratura, per evitare l'ingovernabilità degli uffici stessi e per fronteggiare le possibili intemperanze e le ben note competizioni medianiche dei sostituti procuratori, oggi ridimensionate in virtù dell'attribuzione - al solo responsabile dell'ufficio - della facoltà di intrattenere rapporti con la stampa.

 

Il senatore BUCCICO(AN), dopo aver svolto una considerazione di carattere generale sulla necessità - soprattutto quando si affrontano le delicate questioni della giustizia - di realizzare in Parlamento le opportune convergenze fra le diverse forze politiche per giungere a soluzioni il più possibile condivise, si concentra esclusivamente sul decreto legislativo n.109 in materia di illeciti disciplinari, osservando come tale materia sia storicamente controversa soprattutto sotto tre essenziali profili fino ad oggi irrisolti: in primo luogo, la terzietà del collegio giudicante, principio consacrato all'articolo 111 della Costituzione e che, nonostante alcuni autorevoli pronunce in tal senso - non ultima quella dell'onorevole Violante - non ha trovato applicazione nel procedimento in questione, che si ispira ancora ad una giurisdizione di tipo domestico; in secondo luogo, l'assenza, per gli illeciti disciplinari, di un termine di prescrizione, principio essenziale di civiltà giuridica; in terzo luogo, la titolarità dell'azione disciplinare che, anziché essere di esclusiva spettanza del procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dovrebbe essere attribuita anche ad altri soggetti.

Ad avviso dell'oratore l'unica vera novità del decreto legislativo n.109 è la previsione della obbligatorietà dell'azione disciplinare. Pur consapevole del carattere in gran parte illusorio del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale sancito dall'articolo 112 della Costituzione, non vi è dubbio che esso abbia rappresentato, almeno sul piano delle dichiarazioni di principio, un momento fondamentale nel processo di realizzazione dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Non diversamente l'abbandono della discrezionalità dell'azione disciplinare deve contribuire a superare una situazione che vede oggi una diffusa disparità di trattamento tra i magistrati e che non può essere elusa denunciando l'affaticamento organizzativo che essa può determinare negli uffici della procura, poichè appare ben possibile organizzare diversamente la procura, ampliandone le strutture, prevedendo una puntuale attività istruttoria, facendo così perdere alla giurisdizione disciplinare il suo carattere residuale nell'economia dei lavori della Corte di cassazione.

In riferimento alla tipizzazione degli illeciti disciplinari, l'oratore rileva che essa, oltre a venire incontro ad alcuni desiderata di Magistratura Democratica, non ha fatto altro che codificare, attraverso una tipizzazione generica attuate tramite la selezione delle condotte, quanto era stato elaborato dalla giurisprudenza pretoria del Consiglio Superiore della Magistratura. Stesse considerazioni possono essere svolte, ad avviso del senatore, per quanto riguarda il catalogo delle sanzioni e per quanto concerne i termini: quello di un anno appare all'oratore congruo per svolgere il procedimento disciplinare, purché venga svolta preventivamente l'attività istruttoria.

Concludendo sul punto, il senatore afferma che il decreto legislativo n.109, oltre a ristabilire il principio di uguaglianza dei magistrati di fronte alla legge, non modifica in nessun modo l'attività che il Consiglio Superiore della Magistratura ha svolto in questi anni, in quanto non fa altro che tradurre in disposizioni di legge procedure e principi già ampiamente applicati nella prassi giurisprudenziale.

 

 Il senatore CARUSO (AN) osserva come in pochi giorni il Governo sia stato capace di elaborare un provvedimento, quale quello recante la manovra finanziaria estremamente articolato e che innova in maniera significativa complesse normative che disciplinano le attività più disparate; è pertanto alquanto curioso il fatto che il Governo e la maggioranza che lo sostiene non siano stati in grado, nei circa tre mesi trascorsi dalle elezioni che li hanno visti vincitori, di elaborare null'altro che un provvedimento di carattere sospensivo rispetto ad una materia - i decreti legislativi emanati in base alla legge delega di riforma dell'ordinamento giudiziario - frutto di un lungo dibattito nella passata legislatura e oggetto di roventi polemiche e di impegni di riforma assunti in campagna elettorale.

 Probabilmente, se la maggioranza e il Governo non sono stati capaci di presentare concrete proposte di carattere soppressivo, modificativo o integrativo della disciplina approvata nella scorsa legislatura, ciò rappresenta un segnale del fatto che nella maggioranza stessa non vi sono forse idee così chiare, nè un vero e proprio disegno unitario circa l'ordinamento della magistratura, e che si sia voluto unicamente bloccare l'entrata in vigore della riforma al fine di pagare una cambiale sottoscritta durante la campagna elettorale con una parte del mondo giudiziario.

 Rispondendo anche a talune obiezioni del relatore e del senatore D'Ambrosio, l'oratore ritiene che proprio in considerazione dell'articolata varietà di strumenti di intervento, anche semplicemente integrativi, a disposizione del Governo, non può essere accolta la motivazione per cui la scelta di intervenire in via meramente sospensiva sia stata determinata dalla volontà di non sopprimere ciò che vi era di buono nella riforma e di cercare intese più larghe con l'opposizione. Del resto egli respinge con decisione la ricorrente accusa che viene rivolta al passato Governo e alla Casa delle Libertà di aver approvato la riforma in solitudine: la legge delega sull'ordinamento giudiziario, infatti, è stata certamente approvata nella scorsa legislatura dalla maggioranza di allora, che se ne è assunta la responsabilità ed il merito, ma certamente è stata una riforma approvata dopo un dibattito approfondito, che ha accolto istanze provenienti dalla magistratura, dall'avvocatura e dalla stessa opposizione.

 La riprova di quanto da lui affermato circa l'esistenza di orientamenti molto differenti all'interno della maggioranza e, in definitiva, circa l'assenza di un progetto vero e proprio, si riscontra negli interventi pronunciati questa mattina dal senatore Manzione e dal senatore D'Ambrosio.

 Il primo, infatti, ha espresso una valutazione sostanzialmente positiva sui decreti legislativi n.106 e n.109 del 2006, ritenendo necessario unicamente intervenire su aspetti specifici, ed anzi ha espresso, cosa di cui egli non può che compiacersi, una valutazione sostanzialmente positiva sulla disposizione recata dal decreto legislativo n.106 che accentra la responsabilità dei rapporti tra le singole procure della Repubblica e la stampa, un'idea che egli stesso aveva fortemente sostenuto nella passata legislatura e che allora aveva incontrato fortissime resistenze nel centrosinistra.

 Al contrario il senatore D'Ambrosio, soffermandosi sul decreto legislativo n.106, non solo ha espresso un'opinione nettamente contraria a tale riforma, ma ha di fatto affermato, seppur non esplicitamente, che a suo parere nella materia dell'organizzazione degli uffici del pubblico ministero non vi sarebbe stato bisogno di alcuna riforma, ciò che dimostra come l'asserita volontà della maggioranza di conservare, sia pure con correzioni più o meno profonde, lo spirito riformistico della 14a legislatura, non sia in realtà così forte o per lo meno non da tutti condiviso.

 Il senatore Caruso si sofferma poi brevemente sul merito di quanto affermato dal senatore D'Ambrosio, osservando come a suo parere le critiche all'impianto del decreto legislativo n.106 non possono essere semplicemente argomentate affermando che tale normativa ripristinerebbe le condizioni che cinquanta anni fa determinavano la soggezione della magistratura al potere esecutivo, dal momento che tale osservazione non tiene conto del profondissimo mutamento del contesto socio culturale italiano, nè dello stesso mutamento dell'estrazione sociale e del complesso valoriale e culturale dei magistrati.

 

 Il seguito del dibattito è quindi rinviato.

 

 La seduta termina alle ore 15,35.

 

 


GIUSTIZIA (2a)

giovedi' 6 luglio 2006

6a Seduta

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

 La seduta inizia alle ore 9.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

Riprende l'esame del disegno di legge in titolo, sospeso nella seduta pomeridiana di ieri.

 

Il presidente SALVI (Ulivo) ricorda che ieri pomeriggio è proseguita la discussione generale.

 

Il senatore VALENTINO (AN) palesa preliminarmente la sua perplessità in ordine alle ragioni della sospensione che - a suo avviso - sono legate al possibile maturare di condizioni politiche che non hanno nulla a che fare con il tema in esame.

 La riforma dell'ordinamento giudiziario realizzata dalla precedente maggioranza parlamentare appare all'oratore coerente con le esigenze dei tempi; essa fu infatti condivisa inizialmente dalla Associazione nazionale magistrati, le cui osservazioni portarono a modifiche rilevanti rispetto al testo originariamente licenziato dagli uffici legislativi del Ministero della giustizia e poi dalla stessa Associazione respinta con uno sciopero ingiustificato proclamato nonostante fosse ancora in corso la trattativa con l'Esecutivo.

 Ricorda l'oratore che la stessa atmosfera in Commissione, per la meritoria opera di mediazione del Presidente pro tempore Caruso e per il tono assai qualificato degli interventi dei colleghi, non fu mai condizionata dal conflitto in atto fra politica e magistratura e si caratterizzò sempre per l'estrema propensione al dialogo e al confronto, nella condivisa consapevolezza di intervenire su organi fondamentali di garanzia.

 Le soluzioni adottate - ad avviso dell'oratore - rispondendo alle esigenze espresse in molte occasioni dalla magistratura associata e dagli altri operatori della giustizia - possono essere certamente perfettibili, ma non meritano di essere sospesi.

 Senza voler entrare nel merito delle questioni, il senatore rileva che rientra appieno nelle prerogative del Parlamento interpretare i principi costituzionali in tema di indipendenza della magistratura nel senso di diversificare le guarentigie della magistratura giudicante rispetto a quelle della magistratura inquirente, realizzando una gerarchizzazione dell'ufficio che - lungi dal compromettere l'autonomia dei sostituti procuratori nelle attività processuali delegate - si limita a garantire una maggiore omogeneità organizzativa, ampliando i poteri del capo dell'ufficio il quale, benché spesso scelto sulla base di condizionamenti correntizi all'interno del Consiglio superiore della magistratura, è dotato di quell'esperienza e di quell'autorevolezza che gli consentono di assumere le determinazioni opportune e di intervenire per evitare l'eccessivo protagonismo di alcuni sostituti procuratori che - come accaduto in numerose recenti giudiziarie - con il loro comportamento rischiano di compromettere la credibilità stessa della giustizia. Per concludere sul punto, l'oratore rileva altresì che al capoufficio che dovesse disattendere le attese può non essere rinnovato l'incarico che, ai sensi del decreto legislativo in questione, ha una durata quadriennale.

 In riferimento all'obbligatorietà dell'azione disciplinare, l'oratore ne mette in luce l'opportunità, in considerazione delle troppe distrazioni, errori ed intemperanze cui sono incorsi in questi ultimi anni molti magistrati.

 La tipizzazione degli illeciti disciplinari appare infine all'oratore fondamentale per evitare l'intollerabile disparità di trattamento che si verifica quando la selezione delle condotte illecite si basa su una valutazione discrezionale che mina - come bene messo in luce dal senatore Buccico - la stessa terzietà del giudizio.

 

Il senatore CASSON (Ulivo) concorda sull'opportunità di procedere ad una sospensione generale dei tre decreti legislativi, ritenendo che la scelta governativa non sia dettata dall'assenza di proposte in materia, ma dal fato che l'entrata in vigore delle disposizioni, ponendo problemi di coerenza normativa, rischia di determinare notevoli disagi.

In riferimento al decreto legislativo n. 106, il senatore osserva che una gerarchizzazione assoluta dell'ufficio del pubblico ministero - che determina una controriforma mirante in realtà a compromettere l'autonomia del magistrato e che allontana il sistema giudiziario italiano da quel modello di "potere diffuso" che appare il più idoneo a una democrazia moderna - impedisce, in ragione della assoluta concentrazione di poteri in capo al procuratore della Repubblica, un capillare e diffuso esercizio dell'azione penale, che in questi anni ha avuto luogo grazie al coraggio di molti sostituti procuratori, e di cui il relatore è stato testimone e in molte occasioni protagonista. In ordine al problema della cosiddetta "fuga di notizie", l'oratore osserva che, al di là delle ipotesi in cui il comportamento del magistrato integri una fattispecie penale, la previsione di attribuire al capo dell'ufficio in via esclusiva la facoltà di intrattenere rapporti con la stampa, è inattuabile per le procure medio - grandi, nelle quali il capo dell'ufficio non è a conoscenza nei particolari di tutti i procedimenti penali in corso, ed è dannosa in assoluto perché rallenta e ostacola l'esercizio dell'azione penale da parte del sostituto titolare dell'inchiesta. Le stesse critiche possono rivolgersi - ad avviso dell'oratore - alla previsione dell'obbligo dell'assenso scritto del capo dell'ufficio per il mandato di cattura, una formalità che - oltre ad incidere sulla speditezza del procedimento in corso - compromette il rapporto diretto tra sostituti procuratori e polizia giudiziaria.

In riferimento al decreto n. 109, l'oratore osserva che la tipizzazione degli illeciti disciplinari, così come è stata attuata, si presta a molteplici critiche e necessita di numerose modifiche che suggeriscono di cautelarsi con la sospensione preventiva della disciplina attuale.

Il relatore dissente altresì da quanti hanno prospettato un automatico parallelismo tra l'obbligatorietà dell'azione penale e l'obbligatorietà dell'azione disciplinare, che per coerenza - ma con esiti paradossali - andrebbe applicato ai regimi disciplinari previsti per tutte le categorie dei pubblici dipendenti.

Anche in ordine al procedimento disciplinare, il senatore rileva l'opportunità di una sospensione, perché il sistema configurato, oltre a produrre disfunzioni nello spedito corso dei procedimenti, rischia di ingenerare timori profondi nei magistrati più inesperti laddove si consideri i sostituti procuratori potranno essere soggetti a procedimenti disciplinari anche solo a seguito di denunce anonime.

Il relatore osserva altresì l'opportunità di sospendere, per ragioni essenziali di coerenza normativa, la disposizione in tema di prescrizione dell'azione disciplinare, pur ritenendo condivisibili le osservazioni del senatore Buccico sulla opportunità della previsione di un termine, come pure le norme sull'incompatibilità che, una volta in vigore, potrebbero produrre effetti rilevanti, mentre il Parlamento sta procedendo ad una loro modifica.

In riferimento al decreto n. 160, il senatore ritiene la normativa sull'accesso in magistratura e sulla progressione di carriera dei magistrati espressione di una volontà punitiva nei confronti dell'ordine giudiziario nel suo complesso.

 

Il relatore SALVI (Ulivo), in sede di replica, dopo aver ringraziato i senatori intervenuti nel dibattito, ricorda da una parte che, per quanto fosse stato sereno il dibattito in commissione, il dibattito in aula, documentato dagli atti parlamentari, fu invece caratterizzato da una contrapposizione molto aspra; dall'altra che tra i punti del programma dell'attuale maggioranza vi era la volontà di intervenire radicalmente sull'ordinamento giudiziario. La scelta del disegno di legge di sospensione, più moderata rispetto all'intervento più radicale prospettato all'inizio della legislatura e fortemente voluto dalle associazioni dei magistrati, dimostra la profonda sensibilità istituzionale del Governo che - pur avendo numerose proposte in materia - ha preferito affidare al Parlamento la ricerca di una soluzione condivisa, trattandosi di questioni nelle quali sono coinvolti principi e valori di rilevanza costituzionale.

Del resto è pretestuoso e fuorviante affermare che il centro-sinistra faccia acritico riferimento alle posizioni della magistratura associata; si pensi alle circostanze in cui fu presentata e approvata la riforma dell'articolo 111 della Costituzione.

Ad avviso del relatore, la sospensione è uno strumento legittimo sia per evitare un possibile caos normativo determinato dal succedersi di interventi diversi, sia perché l'attuale maggioranza non ha mai pensato di tornare alla disciplina precedente, scelta che avrebbe giustificato un intervento abrogativo, ritenendo invece opportuno procedere ad una modifica sostanziale che però, per la delicatezza e la complessità della materia, richiede tempo.

 

Il sottosegretario MARITATI ribadisce, in sede di replica, la necessità della sospensione, per una meditata riflessione sulle modifiche da apportare. Concorda altresì con il relatore nel denunciare il clima di forte contrapposizione che ha caratterizzato l'approvazione - nel corso della XIV legislatura - del disegno di legge di delega, testimoniato dalla presentazione da parte del Governo di numerosi maxiemendamenti che di fatto sconfessavano le soluzioni condivise e il lavoro fatto in commissione.

Il Rappresentante del Governo, che non condivide le osservazioni del senatore Valentino sulla possibilità di interpretare nel senso da lui indicato i principi di autonomia e di indipendenza degli organi della magistratura requirente, ribadisce la volontà dell'Esecutivo di realizzare una riforma dell'ordinamento giudiziario che si ispiri al primato della legge e della democrazia e ad una corretta separazione di poteri.

Pur dichiarando di non voler entrare nel merito delle questioni, l'oratore ritiene essenziale procedere ad una differente organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero; ad una disciplina diversa in ordine alla Scuola superiore della magistratura, istituzione di per sé meritoria e condivisa; ad una organizzazione interna del Consiglio superiore della magistratura che riduca i condizionamenti delle diverse correnti della magistratura associata, e che - in luogo di pubblicizzare - elimini gli incarichi extragiudiziari dei magistrati.

 

 Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

 

 


GIUSTIZIA (2a)

MARTEDÌ 11 LUGLIO 2006

7a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Li Gotti, Maritati e Scotti.

 

La seduta inizia alle ore 10.

 

IN SEDE REFERENTE

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

 Riprende l'esame del disegno di legge in titolo, sospeso nella seduta del 7 luglio.

 

 Il relatore, presidente SALVI(Ulivo), ricorda che nella seduta precedente si era conclusa la discussione generale e che era stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 12 di ieri.

 Gli emendamenti pervenuti sono pubblicati in allegato.

 Il relatore svolge quindi una serie di considerazioni circa la proponibilità degli emendamenti presentati.

 A norma dell'articolo 97 del Regolamento, devono essere considerati improponibili emendamenti estranei all'oggetto del disegno di legge, che, in questo caso, è la sospensione dell'efficacia delle disposizioni recate dai decreti legislativi nn.106, 109 e 160 del 2006, nonché di alcune altre norme ad essi collegate.

 Sono quindi, a suo parere, improponibili emendamenti che modifichino nel merito i predetti decreti legislativi, ovvero la legge delega - anche perché questo evidentemente implicherebbe la necessità di esaminare il disegno di legge unitamente ad altre eventuali proposte di riforma - mentre sono ammissibili gli emendamenti diretti a modificare il termine di sospensione, ovvero a limitarlo ad uno o più dei decreti legislativi in questione, ovvero a modularlo differentemente per i singoli decreti legislativi.

 Per quanto riguarda gli emendamenti diretti a limitare gli effetti della sospensione a singole parti di interi decreti legislativi, si devono ritenere ammissibili unicamente quelli che non incidano sull'impianto normativo complessivo del decreto legislativo che si sospende in maniera da determinarne o una surrettizia modifica nel merito, ovvero una sostanziale inapplicabilità.

 Pertanto, sono a suo giudizio da considerare improponibili gli emendamenti 1.12, 1.23 e 1.24 in quanto sospendono unicamente l'efficacia dell'articolo 1 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, che fissa le prerogative del procuratore della Repubblica, consentendo però l'immediata applicazione degli articoli da 2 a 5 che costituiscono la specificazione dell'articolo 1 e lo richiamano anche esplicitamente, nonché gli emendamenti 1.26, 1.28, 1.29, 1.30, 1.31, 1.32, 1.33, 1.34, 1.35, 1.37, 1.38 e 1.39, che parimenti, sospendendo l'efficacia di singoli commi dell'articolo 1 o di singoli articoli a questo esplicitamente correlati, configgono con il coerente impianto normativo del decreto legislativo n. 106 del 2006.

 Parimenti risultano improponibili gli emendamenti 1.46, 1.47, 1.48, 1.49, 1.50, 1.51, 1.52, 1.53, 1.54, 1.55, 1.56, 1.57 e 1.58, ognuno dei quali stabilisce, con effetti del tutto incomprensibili, l'immediata applicazione di una singola fattispecie incolpatrice tra quelle previste dalla tipizzazione degli illeciti disciplinari recata dagli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 109 del 2006.

 Parimenti risulta improponibile l'emendamento 1.59, in quanto nel consentire l'immediata applicazione dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 109 del 2006, sospende però l'efficacia della definizione di una sola delle sanzioni da esso previste.

 Le stesse ragioni determinano l'improponibilità degli emendamenti 1.63, 1.64, 1.65 e 1.66 (che sottraggono alla sospensione singoli gruppi di fattispecie incolpatrici), 1.67 (che determina l'applicazione immediata dell'articolo 5 recante l'elenco delle sanzioni disciplinari sospendendo però gli articoli che ad esse fanno riferimento), nonché 1.68, 1.69, 1.70, 1.71, 1.72, 1.73, 1.74 e 1.75, ciascuno dei quali reca la definizione di una delle predette sanzioni.

 Gli emendamenti 1.76, 1.77, 1.78, 1.79, 1.80, 1.81, 1.82, 1.83, 1.84, 1.85, 1.86 e 1.87 risultano improponibili in quanto ciascuno di essi è diretto a determinare l'applicazione immediata di una singola fase del procedimento disciplinare introdotto con il capo II del decreto legislativo n. 109 del 2006.

 Gli emendamenti 1.88 e 1.89 sono improponibili in quanto entrambi determinano l'applicazione immediata dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 109 del 2006, che fa riferimento esplicito alle fattispecie disciplinari di cui agli articoli 2, 3 e 4 dello stesso decreto, la cui efficacia viene sospesa.

 E' parimenti improponibile l'emendamento 1.93, in quanto diretto a escludere dalla sospensione l'articolo 30, che stabilisce la non applicazione ai magistrati amministrativi e contabili di un decreto legislativo di cui il disegno di legge in esame sospende complessivamente l'efficacia.

 Gli emendamenti 1.95, 1.96, 1.97, 1.102 e 1.103 appaiono tutti improponibili, in quanto ognuno di essi è diretto a sospendere l'efficacia di uno dei capi I, II, III, VIII e IX del decreto legislativo n. 160 del 2006, ciascuno dei quali però, anche sulla base degli espliciti riferimenti interni, appare necessario per il complessivo impianto della disciplina fissata dal predetto decreto legislativo relativamente alle funzioni dei magistrati, all'accesso alla carriera e alla progressione nella stessa.

 Ancor di più, in base alla stessa logica sono da considerare improponibili gli emendamenti 1.106, 1.107, 1.108, 1.109, 1.110, 1.111, 1.112, 1.113, 1.114, 1.115, 1.116, 1.117, 1.118, 1.119, 1.120, 1.121, 1.122, 1.123, 1.124, 1.125, 1.126, 1.127, 1.128, 1.129, 1.130, 1.131, 1.132, 1.133, 1.134, 1.135, 1.136, 1.137, 1.138, 1.139, 1.140, 1.141, 1.142, 1.143, 1.144, 1.145, 1.146, 1.147, 1.148, 1.149, 1.150, 1.151, 1.152, 1.153, 1.154, 1.155, 1.156, 1.157, 1.158, 1.159, 1.160 e 1.161, ciascuno dei quali dispone l'immediata applicazione di un unico articolo del decreto legislativo n. 160 del 2006.

 Risultano infine improponibili gli emendamenti 1.171, 1.172 e 4.9, tutti recanti interventi estranei alla sospensione oggetto del presente disegno di legge, nonché l'emendamento 1.173, in quanto sembra stabilire una sorta di vincolo per la futura attività non solo del Governo ma dello stesso Parlamento.

 Risultano quindi proponibili gli emendamenti da 1.1 a 1.11 compreso, da 1.13 a 1.22 compreso, 1.25, 1.27 e 1.36, da 1.40 a 1.45, 1.60, 1.61, 1.62, 1.90, 1.91, 1.92, 1.94, 1.98, 1.99, 1.100, 1.101, 1.104, 1.105, gli emendamenti da 1.162 a 1.170 compreso, 1.174 e 1.175, nonché gli emendamenti agli articoli 2, 3, 4 (tranne il 4.9) e 5.

 Il presidente Salvi ritiene peraltro che la delicatezza e il carattere controverso della materia e dei profili di improponibilità segnalati rendano opportuno che delle suddette improponibilità sia investito il Presidente del Senato.

 Pertanto la Commissione sospenderà le votazioni all'emendamento 1.11 in attesa delle determinazioni della Presidenza del Senato.

 

 Il senatore CASTELLI (LNP) illustra gli emendamenti 1.1, 1.9, 1.10, 1.11, 1.22, 1.61, 1.94, 1.164, 1.167, 1.171, 1.172, 1.173, 1.174 e 1.175.

 Riservandosi di intervenire sui singoli emendamenti in sede di dichiarazioni di voto, il presentatore ribadisce il suo giudizio complessivo sull'inopportunità della sospensione dell'entrata in vigore dei decreti legislativi in oggetto, in assenza di un preventivo monitoraggio sugli effetti già prodotti dai decreti legislativi già entrati in vigore.

 A suo parere una simile verifica dimostrerebbe l'infondatezza dei timori di una parte della magistratura associata, di cui la maggioranza si è fatta portatrice, circa i presunti effetti destabilizzanti della riforma .

 In particolare, nel ribadire che il capo di una procura della Repubblica importante come quella di Napoli ha dichiarato il decreto legislativo n. 106 del 2006 non avrà conseguenze sull'organizzazione del suo ufficio, che già adesso ricalca quella auspicata dalla riforma, osserva come l'esigenza dell'adozione di un nuovo modello di ufficio del pubblico ministero, che responsabilizzi direttamente il capo della procura, sia messa in evidenza in questi giorni dalla vicenda della gestione delle indagini sul presunto rapimento di Abu Omar.

 

 Il senatore VALENTINO (AN) illustra gli emendamenti 1.2, 1.3, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.12, 1.13, 1.14, 1.15, 1.16, 1.17, 1.18, 1.19, 1.20, 1.21, 1.23, 1.24, 1.25, 1.26, 1.35, 1.37, 1.38, 1.41, 1.43, 1.45, 1.46, 1.47, 1.48, 1.49, 1.50, 1.51, 1.52, 1.53, 1.54, 1.55, 1.56, 1.57, 1.58, 1.59, 1.60, 1.62, 1.88, 1.95, 1.96, 1.97, 1.98, 1.99, 1.100, 1.101, 1.102, 1.103, 1.104, 1.105, 1.118, 1.123, 1.127, 1.137, 1.163, 1.165, 1.169, 1.170, sottolineando come la rapida elezione dei componenti laici del Consiglio superiore della magistratura da parte del Parlamento, cui questa settimana ha seguito quella dei componenti togati, ha fatto venir meno ogni parvenza di giustificazione per la sospensione dell'efficacia dei decreti legislativi 106, 109 e 160 del 2006 proposta dal Governo, dal momento che affermare che un nuovo Consiglio superiore della magistratura nel pieno delle sue funzioni abbia bisogno di un particolare tempo di riflessione circa le modalità applicative dei nuovi decreti legislativi può apparire addirittura irrispettoso della professionalità degli apprezzati giuristi che compongono l'organo di autogoverno della magistratura.

 Egli ribadisce quindi che la sospensione in discussione rappresenta una cambiale elettorale pagata dalla nuova maggioranza ad una parte della magistratura associata.

 

 Il senatore CENTARO (FI) illustra gli emendamenti 1.4, 1.27, 1.28, 1.29, 1.30, 1.31, 1.32, 1.33, 1.34, 1.36, 1.39, 1.40, 1.42, 1.44, 1.63, 1.64, 1.65, 1.66, 1.67, 1.68, 1.69, 1.70, 1.71, 1.72, 1.73, 1.74, 1.75, 1.76, 1.77, 1.78, 1.79, 1.80, 1.81, 1.82, 1.83, 1.84, 1.85, 1.86, 1.87, 1.89, 1.90, 1.91, 1.92, 1.93, 1.106, 1.107, 1.108, 1.109, 1.110, 1.111, 1.112, 1.113, 1.114, 1.121, 1.122, 1.124, 1.125, 1.126, 1.128, 1.129, 1.130, 1.131, 1.132, 1.133, 1.134, 1.135, 1.136, 1.138, 1.139, 1.140, 1.141, 1.142, 1.143, 1.144, 1.145, 1.146, 1.147, 1.148, 1.149, 1.150, 1.151, 1.152, 1.153, 1.154, 1.155, 1.156, 1.157, 1.158, 1.159, 1.160, 1.161, 1.166 e 1.168.

 Nel condividere le osservazioni del collega Valentino circa la debolezza degli argomenti con i quali il Governo ha giustificato nella relazione di accompagnamento la sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario, egli sottolinea come tale scelta testimoni l'incapacità della maggioranza di proporre un progetto alternativo, e l'evidente volontà di mantenere, salvo eventuali piccoli aggiustamenti di facciata, l'attuale assetto della magistratura.

 Se così fosse, sarebbe allora di gran lunga preferibile che il Governo e la maggioranza dichiarassero con chiarezza le proprie intenzioni, senza lasciare gli operatori del mondo giudiziario in una situazione di sospensione e incertezza del domani.

 Il senatore Centaro nel prendere atto di quanto affermato dal presidente Salvi circa gli emendamenti improponibili e nell'esprimere apprezzamento per la scelta di rimettere la decisione su una materia così delicata al Presidente del Senato, osserva tuttavia che a suo parere una valutazione circa la proponibilità delle proposte emendative presentate dal Gruppo di Forza Italia e dalla Casa delle Libertà avrebbe dovuto essere assunta tenendo conto di un criterio sistematico, e quindi anche degli effetti derivanti dall'approvazione di più emendamenti. In proposito egli invita la maggioranza ad esaminare le proposte emendative in uno spirito di grande apertura, tenendo conto ad esempio che molte di quelle relative agli articoli successivi al primo non devono essere considerate decadute nell'eventualità di una soppressione dell'articolo 1, avendo una propria autonoma logica giuridica.

 

 In assenza del presentatore, il PRESIDENTE dà per illustrati gli emendamenti 1.115, 1.116, 1.117, 1.119 e 1.120.

 

 Il sottosegretario MARITATI illustra l'emendamento 1.162, con il quale il termine di sospensione viene portato al 31 luglio, che rappresenta evidentemente una data più realistica per l'approvazione di opportuni interventi correttivi per la riforma dell'ordinamento giudiziario.

 

 Si passa alla votazione degli emendamenti.

 

 L'emendamento 1.1, di contenuto identico agli emendamenti 1.2, 1.3 e 1.4, posto ai voti, non è accolto.

 

 Dopo una dichiarazione di voto contraria del senatore CASTELLI (LNP) - il quale osserva che tale emendamento accetta in sostanza la logica della sospensione proposta dal Governo che, come dimostra lo stesso emendamento illustrato dal sottosegretario Maritati, rischia di aprire la strada ad un sostanziale affossamento della riforma - e una dichiarazione di voto favorevole del senatore BUCCICO (AN) - il quale fa presente come l'emendamento proponga una modulazione dei termini di sospensione dei tre decreti in considerazione della loro differente difficoltà di applicazione - l'emendamento 1.5, posto ai voti, non è accolto.

 

 Sono altresì posti separatamente ai voti e respinti gli emendamenti 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1.10 e 1.11.

 

 Il PRESIDENTE rinvia il seguito dell'esame in attesa delle determinazioni del Presidente del Senato in ordine alle improponibilità.

 Egli ricorda quindi che la Commissione convocata per le ore 19, o successivamente alla conclusione della seduta pomeridiana dell'Assemblea qualora quest'ultima si prolungasse oltre quell'ora, per proseguire con le votazioni degli emendamenti ovvero, qualora non sia ancora giunta la decisione del Presidente del Senato, per iniziare l'esame in sede consultiva del disegno di legge n. 741.

 

La seduta termina alle ore 10,50.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N° 635

 

Art. 1

1.1

CASTELLI

Sopprimere l'articolo.

1.2

CARUSO

Sopprimere l'articolo.

1.3

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Sopprimere l'articolo.

1.4

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Sopprimere l'articolo.

1.5

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.6

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1. – L'efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è soppressa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.7

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1. – L'efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.8

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1. – L'efficacia delle disposizioni contenute nell'articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.9

CASTELLI

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L'efficacia delle disposizioni contenute nell'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006, al fine di consentire ai procuratori generali presso le corti di appello di espletare le attività di vigilanza indicate».

1.10

CASTELLI

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L'efficacia della disposizione contenuta nell'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.11

CASTELLI

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L'efficacia delle disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.12

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui agli articoli da 1 a, nonché per quelle di cui al Capo II, al Capo IV, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X».

1.13

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, e 23 febbraio 2006, n.109».

1.14

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106».

1.15

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109».

1.16

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e» con le parole: «nel decreto legislativo».

1.17

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia delle disposizioni contenute nell'articolo 4 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.18

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia delle disposizioni contenute nell'articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.19

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.20

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

1.21

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

1.22

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «20 febbraio 2006, n.106».

1.23

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, fatta esclusione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui al Capo I, al Capo II, al Capo IV, al Capo V, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X.».

1.24

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui agli articoli da 1 a, nonché per quelle di cui al Capo II, al Capo IV, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X.».

1.25

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbario 2006, n.106 e 23 febbraio 2006, n.109».

1.26

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 3 e 4».

1.27

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le porole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1,».

1.28

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 1,».

1.29

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 2,».

1.30

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 3,».

1.31

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 4,».

1.32

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 5,».

1.33

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 6,».

1.34

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1, comma 7,».

1.35

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «106» inserire le seguenti: «fatta esclusione per quelle contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5».

1.36

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 2,».

1.37

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «106» inserire le parole: «tranne per quelle di cui agli articoli 3, 4 e 5».

1.38

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 3 e 4».

1.39

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 3,».

1.40

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 4,».

1.41

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «106» aggiungere le seguenti: «con eccezione dell'articolo 4».

1.42

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 5,».

1.43

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «106» aggiungere le seguenti: «con eccezione dell'articolo 5».

1.44

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 6,».

1.45

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.46

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera b) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.47

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera e) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.48

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera f) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.49

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera g) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.50

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera b) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.51

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera n) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.52

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera v) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.53

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera cc) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.54

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera dd) dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.55

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera c) dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.56

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera f) dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.57

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera l) dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.58

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia della lettera d) dell'articolo 4 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.59

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L'efficacia dell'articolo 9 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.60

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.61

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.62

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati».

1.63

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 1,».

1.64

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 2,».

1.65

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 3,».

1.66

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 4,».

1.67

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 5,».

1.68

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 6,».

1.69

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 7,».

1.70

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 8,».

1.71

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 9,».

1.72

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 10,».

1.73

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 11,».

1.74

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 12,».

1.75

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 13,».

1.76

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 14,».

1.77

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 15,».

1.78

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 16,».

1.79

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 17,».

1.80

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 18,».

1.81

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 19,».

1.82

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 20,».

1.83

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 21,».

1.84

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 22,».

1.85

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 23,».

1.86

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 24,».

1.87

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 25,».

1.88

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «109» aggiungere le seguenti: «tranne per quelle di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29».

1.89

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 26,».

1.90

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 27,».

1.91

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 28,».

1.92

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 29,».

1.93

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 30,».

1.94

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «5 aprile 2006, n.160».

195

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo I – Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e uditorato, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

196

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo II – Funzioni dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

197

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo III – Della progressione nelle funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

198

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo IV – Passaggio di funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

199

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo V – Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.100

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.101

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo VII - Assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.102

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo VIII - Concorsi e commissioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.103

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo IX - Incarichi semi direttivi e direttivi, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.104

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo X - Magistrati fuori ruolo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.105

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l'efficacia degli articoli del Capo XI - Progressione economica dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.106

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 1,».

1.107

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 2,».

1.108

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 3,».

1.109

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 4,».

1.110

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 5,».

1.111

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 6,».

1.112

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 7,».

1.113

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 8,».

1.114

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 9,».

1.115

D'ONOFRIO

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 10,».

1.116

D'ONOFRIO

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 11,».

1.117

D'ONOFRIO

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 12,».

1.118

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione degli articoli 13, 14, 15 e 16,».

1.119

D'ONOFRIO

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezzione dell'articolo 13,».

1.120

D'ONOFRIO

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 14,».

1.121

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 15,».

1.122

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 16,».

1.123

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo V - Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado».

1.124

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 17,».

1.125

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 18,».

1.126

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 19,».

1.127

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado».

1.128

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 20,».

1.129

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 21,».

1.130

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 22,».

1.131

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 23,».

1.132

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 24,».

1.133

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 25,».

1.134

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 26,».

1.135

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 27,».

1.136

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 28,».

1.137

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo IX - Incarichi semidirettivi e direttivi».

1.138

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 29,».

1.139

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 30,».

1.140

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 31,».

1.141

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 32,».

1.142

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 33,».

1.143

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 34,».

1.144

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 35,».

1.145

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 36,».

1.146

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 37,».

1.147

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 38,».

1.148

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 39,».

1.149

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 40,».

1.150

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 41,».

1.151

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 42,».

1.152

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 43,».

1.153

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 44,».

1.154

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 45,».

1.155

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 46,».

1.156

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 47,».

1.157

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 48,».

1.158

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 49,».

1.159

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 50,».

1.160

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 51,».

1.161

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell'articolo 52,».

1.162

Il Governo

Al comma 1 del disegno di legge le parole: «1º marzo 2007» sono sostituite dalle seguenti: «31 luglio 2007».

1.163

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, le parole: «1º marzo 2007» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre 2006».

1.164

CASTELLI

All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: «è sospesa fino alla data del 1 marzo 2007», con le seguenti parole: «è sospesa improrogabilmente fino alla data del 1 ottobre 2006».

1.165

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, le parole: «1º marzo 2006» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre 2006».

1.166

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Sostituire le parole: «1º marzo 2007» con le seguenti: «1º novembre 2006».

1.167

CASTELLI

All'articolo 1, comma 1, sostituire le parole: «è sospesa fino alla data del 1 marzo 2007», con lòe seguenti parole: «è sospesa improrogabilmente fino alla data del 1 dicembre 2006».

1.168

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Sostituire le parole: «1º marzo 2007» con le seguenti: «1º dicembre 2006».

1.169

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, le parole: «1º marzo 2007» sono sostituite dalle seguenti: «15 dicembre 2006».

1.170

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, le parole: «1º marzo 2007» sono sostituite dalle seguenti: «15 gennaio 2007».

1.171

CASTELLI

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. All'articolo 16, comma 4 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, dopo le parole: ''rimangono segreti'' aggiungere le seguenti parole: ''nei confronti di qualsiasi altro soggetto''».

1.172

CASTELLI

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. All'articolo 3, comma 1 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, dopo la parola: ''o'' aggiungere le seguenti parole: '',nel caso di particolari esigenze di servizio,''».

1.173

CASTELLI

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Entro il medesimo termine, devono essere adottate esclusivamente disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160».

1.174

CASTELLI

All'articolo 1, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro tale termine, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

1.175

CASTELLI

All'articolo 1, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro tale termine, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all'articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 della legge 25 luglio 2005, n.150».

Art. 2

2.1

CASTELLI

Sopprimere l'articolo.

2.2

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Sopprimere l'articolo.

2.3

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Sopprimere l'articolo.

2.4

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Sostituire l'articolo con il seguente:

«L'articolo 1, comma 3 della legge 25 luglio 2005, n.150 è sostituito dal seguente:

''3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi all'acquisto d'efficacia delle disposizioni contenute in ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti la disciplina transitoria, se necessaria, le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei medesimi con le altre leggi dello Stato e l'abrogazione delle norme divenute incompatibili.

I decreti legislativi previsti nel presente comma sono adottati con l'osservanza dei princìpi e dei criteri di cui all'articolo 2, comma 9, e divengono efficaci dopo quindici giorni dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.''».

2.5

Il Governo

Al comma 1, le parole: «1º giugno 2007» sono sostituite dalle seguenti: «31 ottobre 2007».

2.6

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «1entro il 1º giugno 2007» con le seguenti: «entro il 31 dicembre 2006».

Art. 3

3.1

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Sopprimere l'articolo.

3.2

CASTELLI

Sopprimere l'articolo.

3.3

VALENTINO, BUCCICO

Sopprimere l'articolo.

3.4

CARUSO

Sopprimere l'articolo.

3.5

Il Governo

Al comma 1, le parole: «28 febbraio 2007» sono sostituite dalle seguenti: «30 luglio 2007».

3.6

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «28 febbraio 2007» con le seguenti: «31 dicembre 2006».

3.7

PISTORIO

Al comma 1 sostituire le parole: «nel testo risultante dalla modifica di cui all'articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n.74» con le seguenti: «nel testo risultante dalla modifica di cui all'articolo 13 della legge 28 marzo 2002, n.44».

3.8

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «All'articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n.74» con le seguenti: «All'articolo 13 della legge 28 marzo 2002, n.44».

Art. 4

4.1

CASTELLI

Sopprimere l'articolo.

4.2

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Sopprimere l'articolo.

4.3

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Sopprimere l'articolo.

4.4

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

4.5

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160».

4.6

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data del 1º ottobre 2006».

4.7

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell'ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data del 31 ottobre 2007».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma: «I regolamenti previsti al comma 3 dell'articolo 7 e al comma 1 dell'articolo 7-bis della legge 24 marzo 1958, n.195 sono adottati entro il termine di sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge».

4.8

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole da: «dell'ultimo dei decreti» fino alla fine del comma, con le seguenti: «del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160».

4.9

CASTELLI

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Il primo periodo, del comma 6, dell'articolo 1 del decreto-legge 28 agosto 1995, n.361, convertito con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n.437, è soppresso».

Art. 5

5.1

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Sopprimere l'articolo.

5.2

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale», con le seguenti: «il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale».

 


GIUSTIZIA (2a)

martedi' 18 luglio 2006

14a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

La seduta inizia alle ore 14,30.

 

IN SEDE REFERENTE

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

 Riprende l'esame del disegno di legge in titolo, sospeso nella seduta antimeridiana dell'11 luglio scorso.

 

Il presidente, senatore SALVI (Ulivo), fa presente che alcuni colleghi dell'opposizione hanno chiesto un breve rinvio dell'inizio dei lavori della Commissione perché impegnati nella presentazione di subemendamenti ad emendamenti del Governo sul decreto competitività.

Pertanto egli sospende la seduta.

 

 La seduta sospesa alle ore 14,35 è ripresa alle ore 15.

 

Il PRESIDENTE ricorda che nella seduta precedente erano stati votati i primi undici emendamenti all'articolo 1 e che l'esame era stato sospeso in attesa che il Presidente del Senato si pronunciasse sulle inammissibilità.

Avverte quindi che si passerà all'esame dei restanti emendamenti all'articolo 1, già pubblicati nella seduta antimeridiana dell'11 luglio 2006.

 

Gli emendamenti 1.13, 1.14, 1.15 e 1.16, posti separatamente ai voti, con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, sono respinti.

 

 Il PRESIDENTE avverte che sarà posta in votazione la prima parte dell'emendamento 1.17.

 

 Il senatore CASTELLI(LNP), in sede di dichiarazione di voto, nell'esprimere il voto favorevole del suo Gruppo, rileva l'incongruenza tra la gravità delle accuse mosse dal Ministro dell'Interno in ordine alla leggerezza con cui i sostituti procuratori della Repubblica comunicano ai giornalisti il contenuto delle intercettazioni telefoniche e la pervicace volontà della maggioranza parlamentare di sospendere l'efficacia del decreto legislativo n. 106, che, attribuendo al capo dell'ufficio di procura l'esclusiva facoltà di intrattenere rapporti con la stampa, tenta di risolvere il problema. Al fine dunque di una più meditata soluzione, l'oratore chiede di audire preventivamente il Ministro dell'interno.

 

 Posta ai voti, con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinta la prima parte dell'emendamento 1.17, risultando pertanto preclusi gli emendamenti 1.18, 1.19, 1.20, 1.21 e 1.22. L'emendamento 1.23, posto ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinto.

 

 Il PRESIDENTE avverte che sarà posto in votazione l'emendamento 1.27.

 

 Il senatore CENTARO(FI) esprime voto favorevole, rilevando che l'emendamento mira a salvare dalla sospensione l'articolo 1 del decreto legislativo, concernente le attribuzioni del procuratore della Repubblica, che reca unicamente dichiarazioni di principio condivisibili da tutti che possono essere legittimamente mantenute, essendo riservata semmai ad eventuali regolamenti e circolari l'attuazione concreta dei suddetti principi.

 

 Posto ai voti con il parere contrario del RELATORE del rappresentante del GOVERNO, è respinto l'emendamento 1.27.

 

 Il PRESIDENTE dichiara che sarà posto in votazione l'emendamento 1.36.

 

 Prendendo la parola in sede di dichiarazione di voto favorevole, il senatore CENTARO (FI) osserva che anche l'emendamento in questione mira a salvare dalla sospensione una norma di principio, l'articolo 2, concernente la titolarità dell'azione penale e che, disciplinando al comma 2 la delega per la trattazione di un procedimento, attribuisce al procuratore la facoltà, non certo l'obbligo, di indicare i criteri cui il sostituto procuratore della Repubblica deve attenersi.

 

 Dichiarando il suo voto favorevole, il senatore CASTELLI (LNP) esprime il suo stupore per l'atteggiamento della maggioranza che - invece di discutere nel merito le questioni afferenti all'ordinamento giudiziario - accetta supinamente la decisione di un Governo che sembra totalmente subalterno alla magistratura e soprattutto ai diktat dell'Associazione Nazionale Magistrati. Ad avviso dell'oratore, sarebbe invece più opportuno monitorare gli effetti della riforma e solo successivamente procedere alle modifiche ritenute più opportune.

 

 Posto ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinto l'emendamento 1.36.

 

 Previa dichiarazione di voto favorevole dei senatori CENTARO(FI), CASTELLI (LNP) e CARUSO(AN), posti ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, sono respinti gli identici emendamenti 1.40 e 1.41.

 

 Previa dichiarazione di voto favorevole dei senatori CENTARO(FI), BUCCICO (AN) e CASTELLI(LNP), il quale ultimo esprime anche le sue perplessità in ordine alla scelta della Presidenza di dichiarare inammissibili gli emendamenti miranti ad escludere dalla sospensione l'articolo 3 del decreto legislativo n. 106, posti ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, sono respinti gli identici emendamenti 1.42 e 1.43.

 

 Il PRESIDENTE avverte che sarà posto in votazione l'emendamento 1.44

 

 Il senatore CENTARO(FI), in sede di dichiarazione di voto favorevole, rileva che l'articolo 6 del decreto legislativo n. 106, che l'emendamento vuole salvare dalla sospensione, nel disciplinare l'attività di vigilanza e di controllo del procuratore generale della Repubblica, non fa che prendere atto di quanto già avviene presso le corti di appello italiane.

 

 Previa dichiarazione di voto favorevole dei senatori BUCCICO (AN) e CASTELLI(LNP), il quale dichiara di astenersi, posto ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinto l'emendamento 1.44

 

 Previa dichiarazione di voto favorevole dei senatori BUCCICO(AN), CENTARO (FI) e, in dissenso, dichiarazione di astensione CARUSO(AN), l'emendamento 1.45, posto in votazione con il parere contrario del RELATORE e del rappresentate del GOVERNO, è respinto.

 

 Previa dichiarazione di voto del senatore CENTARO(FI), posti in votazione con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, sono respinti gli emendamenti 1.60 e 1.61.

 

Il PRESIDENTE avverte che sarà posto in votazione l'emendamento 1.62.

 

Prendendo la parola in sede di dichiarazione di voto favorevole, il senatore BUCCICO (AN) osserva che la tipizzazione degli illeciti disciplinari disposta dal Capo I del decreto n. 109, che l'emendamento mira a salvare dalla sospensione, corrisponde in gran parte a quanto elaborato dalla giurisprudenza pretoria del Consiglio Superiore della Magistratura.

 

Posto ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinto l'emendamento 1.62.

 

Gli emendamenti 1.90 e 1.92, posti separatamente ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, sono respinti.

 

Previa dichiarazione di voto favorevole dei senatori CASTELLI(LNP), CENTARO (FI) e, in dissenso, del senatore CARUSO (AN) - il quale dichiara che voterà contro l'emendamento per sottolineare la mancanza di spirito costruttivo di una maggioranza che pure pretende di chiamare l'opposizione a collaborare a soluzioni condivise - l'emendamento 1.92, posto ai voti con parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinto.

 

L'emendamento 1.94, posto ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è respinto.

 

Previe dichiarazioni di voto del senatore BUCCICO(AN), posti separatamente ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, sono respinti gli emendamenti 1.98 e 1.99.

 

L'emendamento 1.100 è ritirato.

 

Gli emendamenti 1.101, 1.104, 1.105, posti separatamente ai voti con il parere contrario del RELATORE e del rappresentane del GOVERNO, sono respinti.

 

Previe dichiarazioni di voto contrario del senatore CARUSO(AN), il quale osserva che l'emendamento rappresenta una sfacciata ammissione della volontà del Governo di affossare la riforma dell'ordinamento giudiziario, del senatore CENTARO (FI) e, in dissenso, del senatore VALENTINO(AN), posto ai voti con il parere favorevole del RELATORE e del rappresentante del GOVERNO, è approvato l'emendamento 1.162, risultando pertanto preclusi gli emendamenti 1.163, 1.164, 1.165, 1.166, 1.167, 1.168, 1.169 e 1.170.

 

Gli emendamenti 1.174 e 1.175 sono decaduti.

 

Il PRESIDENTE rinvia il seguito dell'esame.

 


GIUSTIZIA (2a)

giovedi' 20 luglio 2006

16a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

 Interviene, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, il prefetto Alessandro Panza, accompagnato dal dottor Vincenzo Nicolì, vice questore aggiunto.

 

 La seduta inizia alle ore 10.

(omissis)

IN SEDE REFERENTE

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito dell'esame e rinvio)

 

 Riprende l'esame sospeso nella seduta pomeridiana del 18 luglio scorso.

 

 Il presidente SALVI ricorda che tutti gli emendamenti sono già stati pubblicati nella seduta antimeridiana dell'11 luglio scorso. Ricorda altresì che nella scorsa seduta erano stati votati gli emendamenti all'articolo 1.

 Pone pertanto ai voti l'articolo nel testo emendato.

 

 La Commissione approva.

 

 Si passa all'esame degli emendamenti all'articolo 2.

 

 Il senatore CARUSO(AN), nel rinunciare ad illustrare l'emendamento soppressivo 2.2, si sofferma sull'emendamento 2.4 rilevando come esso sia diretto a correggere quello che a suo parere fu un errore della legge delega le cui conseguenze sono aggravate dalla sospensione dell'efficacia di tre decreti legislativi proposta dal Governo, e vieppiù dal differimento del termine di sospensione operato con l'emendamento 1.162.

 Il comma 3 dell'articolo 1 della legge 150 del 2005, infatti, contiene una delega al Governo ad adottare decreti legislativi che abbiano la funzione di introdurre disposizioni di coordinamento, ove se ne manifesti la necessità dopo l'entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione della delega stessa.

 E' evidente però - al fine di evitare che le disposizioni di cui si riscontri una difficoltà di applicazione restino prive di disposizioni integrative e di coordinamento per un tempo eccessivo - che sarebbe stato opportuno stabilire un termine di emanazione parametrato sulla data di entrata in vigore dei singoli decreti legislativi a cui le norme di coordinamento si riferiscono.

 La legge delega ha invece previsto che le disposizioni di coordinamento venissero emanate entro un termine riferito alla data di entrata in vigore dell'ultimo decreto legislativo, ciò che determina evidentemente un'incongrua dilatazione del periodo di incertezza normativa che può conseguire alla difficile applicazione di norme relative ai primi decreti legislativi emanati, periodo che si allunga a dismisura se si procrastina nel tempo l'acquisizione dell'efficacia di alcuni decreti.

 

 Si associa il senatore CENTARO(FI).

 

 Il sottosegretario MARITATI illustra l'emendamento 2.5, la cui approvazione è la conseguenza necessaria del rinvio del termine di sospensione dell'efficacia dei decreti legislativi n. 106, 109 e 160 del 2006, conseguente all'approvazione dell'emendamento 1.162.

 

 Essendo decaduto per assenza del relatore l'emendamento 2.1, è posto ai voti e respinto l'emendamento 2.2, identico all'emendamento 2.3, e sul quale il parere del RELATORE e del GOVERNO è contrario.

 

 Dopo dichiarazioni di voto favorevole del senatore CARUSO(AN), l'emendamento 2.4, posto ai voti con il parere contrario del RELATORE e del GOVERNO, non è accolto.

 

 L'emendamento 2.5, posto ai voti, è accolto, ed è pertanto precluso l'emendamento 2.6.

 

 L'articolo 2, posto ai voti nel testo emendato, è approvato.

 

 Si passa all'esame dell'articolo 3.

 

 Il senatore CENTARO (FI) fa proprio l'emendamento 3.7 del senatore Pistorio e illustra l'emendamento soppressivo 3.1.

 L'articolo 3 del disegno di legge costituisce una riprova che il provvedimento governativo reca una serie di cambiali pagate dal Governo a componenti della magistratura associata, ed in questo caso all'uscente Consiglio superiore della magistratura.

 La norma di cui si propone la sospensione, infatti, aveva un'evidente finalità di moralizzazione, in quanto determinava l'impossibilità per i magistrati membri del Consiglio superiore della magistratura - fermo restando il loro diritto ad essere ricollocati in ruolo nella stessa posizione che avevano prima delle elezioni - di concorrere a incarichi direttivi o semidirettivi per i due anni successivi alla cessazione del mandato consiliare; tale norma intendeva impedire fenomeni come quello di un Presidente della terza sezione del Consiglio superiore, il quale ha omesso per ben due anni di mettere a concorso una posto di procuratore aggiunto che egli stesso è andato poi ad occupare rientrando in ruolo.

 

 Nell'illustrare l'emendamento soppressivo 3.3, il senatore CARUSO (AN) si associa alle considerazioni del collega Centaro e osserva che, nei prossimi due anni, le vicende della carriera dei magistrati che il prossimo 31 luglio scadranno dall'incarico di componenti del Consiglio superiore della magistratura, consentiranno di individuare i mandanti della norma in discussione.

 In proposito egli ricorda che l'articolo 13 della legge n. 44 del 2002 è frutto di un emendamento da lui stesso presentato in Assemblea in quanto relatore sulla riforma del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura, ma che in realtà era stato preparato dal senatore Fassone, del Gruppo dei Democratici di Sinistra, e dal senatore Dalla Chiesa del Gruppo della Margherita. Anzi, nella sua prima versione, l'emendamento stabiliva che il divieto di concorrere a cariche direttive o semidirettive durasse cinque anni, anche se poi in Assemblea si è ritenuto che una sospensione del progresso nella carriera così lunga si sarebbe tradotta in una sorta di punizione nei confronti dei magistrati che avevano fatto parte del Consiglio superiore della magistratura.

 In realtà, con la legge n. 44 del 2002, si volevano raggiungere essenzialmente due risultati di carattere moralizzatore e cioè, con la riforma del sistema elettorale dell'organo di autogoverno della magistratura, una riduzione del peso delle correnti che non si è purtroppo verificata, ciò che ha determinato alla fine della scorsa legislatura la consapevolezza della necessità di rivedere la riforma, e la valorizzazione della dignità della funzione svolta dai magistrati che fanno parte del Consiglio superiore della magistratura attraverso quella norma che oggi il Governo propone di fatto di abrogare.

 

 Il sottosegretario MARITATI nell'esprimere parere contrario sugli altri emendamenti presentati, illustra l'emendamento 3.5 che si ispira ad una logica coerente con quella degli altri emendamenti presentati dal Governo, quella di armonizzare tutte le date relative alla sospensione dell'efficacia dei decreti legislativi.

 

 Il RELATORE si rimette alla Commissione sugli emendamenti all'articolo 3.

 

 Intervenendo in dichiarazione di voto favorevole sull'emendamento soppressivo, il senatore CARUSO (AN) sottolinea che l'articolo 3 non incide in alcun modo sulle norme oggetto dei decreti legislativi dei quali viene sospesa l'efficacia, e pertanto non è giustificata l'argomentazione che sorregge il parere contrario del Governo.

 

 L'emendamento 3.1, di contenuto identico agli emendamenti 3.2, 3.3 e 3.4, e sul quale il parere del GOVERNO è contrario mentre il RELATORE si rimette alla Commissione, posto ai voti non è accolto.

 

 L'emendamento 3.5 del Governo, sul quale il PRESIDENTE si rimette alla Commissione, posto ai voti, è accolto.

 

 Il senatore CENTARO(FI), nell'annunciare il voto favorevole all'emendamento 3.7, presentato dal senatore Pistorio e da lui fatto proprio, osserva che, qualora si volesse dar credito al Governo circa l'intento veramente sospensivo dell'articolo 3, tale norma determinerebbe una disparità di trattamento fra i magistrati che rientreranno in ruolo dal Consiglio superiore della magistratura il prossimo 31 luglio e quelli che cesseranno dalle consigliature successive.

 

 L'emendamento, posto ai voti con il parere contrario del GOVERNO e sul quale il RELATORE si rimette alla Commissione, non è accolto.

 

 E' pertanto precluso l'emendamento 3.8.

 

 L'articolo 3, nel testo emendato, posto ai voti, è approvato.

 

 Si passa all'esame dell'articolo 4.

 

 Senza discussione sono respinti gli identici emendamenti 4.1, 4.2 e 4.3, mentre decadono gli emendamenti 4.4, 4.5 e 4.6.

 

 Senza discussione sono poi respinti gli emendamenti 4.7 e 4.8.

 

 Si passa all'esame dell'articolo 5.

 

 Senza discussione sono respinti gli emendamenti 5.1 e 5.2.

 

 Il seguito dell'esame è rinviato.

 

SUL PROCESSO VERBALE

 

 Il senatore CARUSO (AN) segnala che nel resoconto sommario della seduta pomeridiana di martedì 18 luglio scorso non sono state riportate le perplessità da lui manifestate, e alle quali solo successivamente si è associato il senatore Castelli, circa le improponibilità valutate dal Presidente della Commissione e successivamente confermate dal Presidente del Senato, con particolare riferimento all'esclusione degli emendamenti diretti a sottrarre alla sospensione dell'efficacia l'articolo 3 del decreto legislativo 106 del 2006.

 

 Il presidente SALVI, nel dare assicurazione che i rilievi del senatore Caruso saranno verbalizzati, ribadisce che le motivazioni che sorreggono le sue valutazioni circa la proponibilità degli emendamenti e la successiva decisione del Presidente del Senato sono agli atti della Commissione.

 

 La seduta termina alle ore 12,05.

 


GIUSTIZIA (2a)

giovedi' 27 luglio 2006

20a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

SALVI

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Maritati.

 

 La seduta inizia alle ore 14.

IN SEDE REFERENTE

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Seguito e conclusione dell'esame)

 

 Riprende l'esame del disegno di legge in titolo, sospeso nella seduta antimeridiana del 20 luglio scorso.

 

 Il presidente SALVI ricorda che nella seduta antimeridiana del 20 luglio si è concluso l'esame degli articoli e degli emendamenti ad essi riferiti ed avverte che si passerà alla votazione finale.

 

 Il senatore CARUSO(AN), in sede di dichiarazione di voto, rileva preliminarmente che le modifiche approvate dalla Commissione al disegno di legge in esame hanno soltanto ampliato ulteriormente il tempo di sospensione dell'efficacia dei tre decreti legislativi di riforma dell'ordinamento giudiziario e, per questa ragione, risultano accentuate le ragioni di contrarietà sollevate dall'opposizione.

 L'oratore osserva che la maggioranza, per quanto abbia auspicato, nel corso del dibattito, l'opportunità di una sospensione al fine di riflettere con il massimo coinvolgimento possibile di tutte le forze politiche, di fatto ha blindato il disegno di legge di sospensione in tutti i suoi aspetti, rifiutandosi di accogliere emendamenti puntuali presentati dall'opposizione, i quali non avevano alcun intento ostruzionistico.

 Ad avviso del senatore, il Governo, tra scegliere di condividere il processo riformatore o avviare una controriforma, ha optato per una terza via, quella di sospendere l'efficacia dei procedimenti, già peraltro produttivi di effetti nell'ordinamento, senza sapere come modificarli, con il rischio di accantonare definitivamente il processo riformatore che invece - per unanime valutazione - merita di essere perseguito.

 Condividendo quanto affermato dal ministro Bersani sulla necessità di sperimentare qualsiasi riforma, verificandone gli effetti nel tempo senza paventare possibili disastri, invita il ministro Mastella - che già ha subito un'espropriazione delle sue competenze, in materia di ordini professionali, da parte del Ministro per le attività produttive - ad ascoltare il suggerimento del suo collega di governo per valutare la necessità di eventuali opportune modifiche, senza disattendere però le aspettative di un numero considerevole di operatori del diritto.

 Nel preannunciare il voto contrario dei senatori di Alleanza Nazionale, l'oratore ribadisce la sua contrarietà a questa surreale "danza del gambero" e insiste perché il Ministro della giustizia palesi al più presto al Parlamento gli intendimenti del Governo in materia di ordinamento giudiziario.

 

 Il senatore DI LELLO FINUOLI(RC-SE), nell'esprimere il voto favorevole dei senatori di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, auspica che il Governo fughi il prima possibile i timori che il provvedimento di sospensione nasconda la volontà di non cambiare nulla, considerando che, per quanto i decreti colpiti dalla sospensione configurino un modello di ordinamento giudiziario non compatibile con quello costituzionale, è opportuno intervenire al più presto in materia, soprattutto in ordine alla tipizzazione degli illeciti disciplinari.

 In riferimento a quest'ultimo aspetto, l'oratore osserva che una puntuale tipizzazione delle fattispecie di illecito consente anche di introdurre, senza difficoltà, il principio della obbligatorietà dell'azione disciplinare, perché di quest'ultima può stemperare i possibili rischi inflazionistici.

 Il senatore rileva altresì che sia da rivedere completamente il sistema delle carriere dei magistrati, che non può fondarsi su un numero eccessivo di concorsi; nello stesso tempo è possibile valutare la questione della distinzione di funzioni tra magistratura requirente e magistratura giudicante, in riferimento alla quale non c'è alcuna pregiudiziale negativa da parte della sinistra, che - in altri paesi, come in Francia - ha dimostrato di voler colpire alcuni degli interessi corporativi degli organi giurisdizionali.

 

 Il senatore Massimo BRUTTI(Ulivo), nell'esprimere il voto favorevole dei senatori del gruppo Ulivo, ricorda che, nel corso della XIV legislatura, i segnali di dialogo che si percepivano nel dibattito in commissione venivano ripetutamente frustrati dalla presentazione di maxiemendamenti dal contenuto inaccettabile.

 La sospensione dei decreti delegati risponde - ad avviso dell'oratore - alla necessità di dare vita ad una riforma dell'ordinamento giudiziario alternativa a quella approvata dal centro - destra, affermando altresì l'opportunità di coinvolgere, nel processo riformatore, settori importanti dell'attuale opposizione che non avevano condiviso le scelte del Governo in materia.

 Il senatore osserva che i profili di maggiore perplessità della riforma avanzata dal centro destra attengono alla incostituzionalità complessiva del sistema, confermata dal messaggio di rinvio del Presidente della Repubblica, le cui osservazioni puntuali non furono soddisfatte completamente con la seconda lettura. Il senatore auspica altresì un'accelerazione dell'iter approvativo, che consenta di lavorare, fina da settembre, sul merito delle questioni.

 

 Il senatore ZICCONE (FI) esprime le sue perplessità sul disegno di legge di sospensione, avanzando alcune riserve di principio, in ordine alla concezione stessa della democrazia dell'alternanza, in cui non può passare l'assunto in base al quale una nuova maggioranza annulla tutto quello che ha fatto la precedente, soprattutto quando - come in questo caso - si tratta di un provvedimento atteso da tempo, afferente ad una materia di rilevanza costituzionale, frutto di un dibattito parlamentare durato molti anni e ritenuto necessario dallo stesso Capo dello Stato nel suo messaggio di rinvio alla Camere.

 Nonostante in molti settori della maggioranza si percepisca l'intenzione di procedere in tempi rapidi ad un esame nel merito dell'ordinamento giudiziario, il dato oggettivo è il blocco sostanziale di un processo riformatore. Ad avviso del relatore, il rifiuto di discutere di proposte emendative, presentate per trasformare un'arida sospensione in un intervento modificativo sostanziale, dimostra la reale intenzione della maggioranza.

 Il senatore, pur consapevole delle difficoltà, per il Governo, di prospettare a breve una coerente proposta alternativa, attende eventuali disegni di legge in materia di ordinamento giudiziario per dialogare finalmente nel merito su ciò che può essere opportuno cambiare.

 

 Il senatore CASTELLI (LNP) evidenzia l'incoerenza della maggioranza che non ha sollevato alcuna critica al taglio di 350 milioni di euro alle spese di giustizia, contenuto nel cosiddetto decreto Bersani, dopo che per anni ha imputato alla scarsità di risorse la causa principale delle patologie del sistema giudiziario.

 Ad avviso dell'oratore, la ratio del provvedimento sospensivo in esame, la stessa che caratterizza il disegno di legge sull'indulto da poco approvato dalla Camera, il quale tra l'altro aprirà le porte del carcere a migliaia di detenuti, è la totale mancanza di qualsiasi proposta rilevante per risolvere i problemi in materia di giustizia.

 Il senatore osserva che le accuse mosse ai decreti di attuazione della legge delega sull'ordinamento giudiziario, la presunta incostituzionalità e i danni irreversibili che rischiano di produrre nel sistema, sono pretestuose, immotivate, prive di reale fondamento e servono solo a coprire la vera motivazione che giustifica la sospensione, ovvero la volontà di assecondare un preciso diktat della magistratura "militante", nei confronti della quale il Governo precedente ha sempre legittimamente opposto la sovranità del Parlamento e il principio costituzionale della soggezione dei giudici alla legge.

 Dichiarando il voto contrario della Lega Nord Padania, il senatore rileva come il Governo dovrebbe riflettere sul fatto che, per la prima volta nella storia della Repubblica, tutta l'avvocatura sia in sciopero contro l'Esecutivo e prende atto del carattere velleitario degli auspici per una rapida discussione nel merito.

 

 Il senatore CARUSO (AN) rileva che la Commissione si sta accingendo a concludere l'esame in sede referente del disegno di legge in titolo, senza aver preventivamente acquisito il parere della 1a Commissione.

 

 Il PRESIDENTE, preso atto del rilievo, si rammarica per il fatto che la Commissione Affari costituzionali, pure convocata in data odierna per l'espressione del parere, non abbia concluso i suoi lavori in tempo utile.

 

 La Commissione conferisce infine mandato al relatore a riferire in senso favorevole sul disegno di legge in titolo, con le modificazioni ad esso apportate nel corso dell'esame, autorizzandolo a richiedere lo svolgimento della relazione orale e ad effettuare gli interventi di coordinamento formale eventualmente necessari.

 

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

 

 Il PRESIDENTE comunica che, al termine della seduta pomeridiana dell'Assemblea, si riunirà l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari della Commissione.

 

 La seduta termina alle ore 14,50.

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLEDI’ 26 LUGLIO 2006

22a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Scotti.

 

La seduta inizia alle ore 14,40.

 

PER UN SALUTO DI BENVENUTO AL SENATORE PALUMBO

 

 Il presidente BIANCO rivolge un saluto di benvenuto e l'augurio di buon lavoro al senatore Aniello Palumbo, proclamato eletto dopo le dimissioni del senatore Nicola Mancino.

 

 Si associa la Commissione.

 

IN SEDE CONSULTIVA

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Parere alla 2ª Commissione. Esame e rinvio)

 

 Il relatore CALVI (Ulivo) ricorda la vicenda della riforma dell'ordinamento giudiziario, che è stata oggetto di molte polemiche tra maggioranza e opposizione nella scorsa legislatura, un testo assai complesso in ordine al quale la sua parte politica ha espresso riserve e censure anche sotto il profilo costituzionale.

 Illustra quindi il disegno di legge in titolo che, in attesa di un'auspicabile revisione di quella riforma, sospende l'efficacia dei decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006. Il provvedimento ha lo scopo di evitare le difficoltà organizzative che si determinerebbero con l'applicazione delle norme che prevedono l'obbligatorietà dell'azione disciplinare e la tipizzazione dei relativi illeciti nonché una nuova regolazione dell'accesso in magistratura.

 Esprime alcune perplessità tecniche sul contenuto dell'articolo 3, che ribadisce l'applicazione del secondo comma dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, modificato dalla legge n. 74 del 1990, in materia di ricollocamento in ruolo dei magistrati già membri del Consiglio superiore della magistratura, che risulterebbe abrogato qualora non venisse sospesa l'efficacia del citato decreto legislativo n. 160 del 2006.

 Infine rileva l'assenza di una norma transitoria che disciplini gli effetti della sospensione dei suddetti decreti legislativi dalla data della loro entrata in vigore.

 

 Il senatore PALMA (FI) rileva che la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge ordinario implica il riconoscimento della mancata sussistenza di eventuali condizioni di necessità e urgenza tali, ad esempio, da giustificare l'emanazione di un decreto-legge. Esprime, tuttavia, forti riserve sull'opportunità di sospendere l'efficacia dei decreti attuativi della riforma dell'ordinamento giudiziario.

 Sotto il profilo della compatibilità costituzionale, rileva anch'egli l'assenza di una disciplina transitoria; l'incertezza legislativa, a suo avviso, potrebbe provocare conseguenze sul piano della disparità di trattamento, ad esempio per quanto riguarda l'esito di eventuali denunce di illecito disciplinare nel periodo di sospensione delle norme.

 Quanto all'articolo 3, ritiene che si tratti di una norma ad hoc in palese contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, in quanto ripristina in modo surrettizio una posizione di privilegio per i membri del Consiglio superiore della magistratura uscenti.

 Per tali motivi, ritiene che si dovrebbe esprimere un parere contrario sul disegno di legge in titolo.

 

 Il senatore PASTORE (FI) giudica singolare che si sospenda una norma in vigore, senza stabilire la disciplina da applicarsi nel periodo di sospensione; un problema che determina effetti particolarmente gravi quando si tratta di norme che stabiliscono l'abrogazione di disposizioni preesistenti.

 Sottolinea, quindi, la rilevanza costituzionale delle disposizioni sull'ordinamento giudiziario, che dovrebbe indurre maggiore cautela ed equilibrio per assicurare il pieno rispetto del principio di legalità.

 

 Il senatore SAPORITO (AN) osserva che il Governo, non essendo d'accordo sul contenuto della riforma dell'ordinamento giudiziario approvata nella scorsa legislatura avrebbe dovuto scegliere la via della soppressione di quelle disposizioni, piuttosto che sospenderne l'efficacia.

 La Commissione, a suo avviso, dovrebbe eccepire la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento che si determinerebbe in assenza di una adeguata normativa transitoria, e dell'articolo 97, poiché l'incertezza normativa provocherebbe un pregiudizio per il buon andamento della pubblica amministrazione. Infine, la formulazione dell'articolo 3 del disegno di legge in esame, a suo avviso, rappresenta una grave violazione del principio di uguaglianza, per le motivazioni, che condivide, esposte dal senatore Palma.

 

 Il sottosegretario SCOTTI ricorda la posizione espressa dal Ministro della giustizia a nome del Governo, favorevole a una revisione della riforma dell'ordinamento giudiziario, senza tuttavia sovvertirne completamente l'impianto. Di qui la scelta di sospendere l'efficacia delle norme attuative, anziché procedere con una generalizzata abrogazione.

 Sottolinea, in particolare, le difficoltà che si determinano presso la Procura generale della Corte di cassazione a seguito dell'introduzione dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare, della mancata previsione del potere di archiviazione e della riduzione da due anni a un anno del termine entro il quale deve essere pronunciata la sentenza disciplinare. Il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, a suo avviso, contrariamente a quanto sostenuto dal senatore Saporito, rappresenta un motivo non secondario alla base della decisione del Governo di sospendere l'efficacia dei decreti legislativi attuativi.

 Per quanto riguarda la formulazione dell'articolo 3, su cui sono state sollevate riserve nel corso del dibattito, preannuncia la disponibilità del Governo a considerare proposte emendative finalizzate a evitare possibili disparità di trattamento.

 

 Per un breve commento alle dichiarazioni del rappresentante del Governo ha nuovamente la parola il senatore PALMA (FI), che considera non persuasivi gli argomenti addotti a sostegno dell'iniziativa in esame, confermando la sua critica, in particolare, all'evidente misura di vantaggio che si intende introdurre per i magistrati che rientrano nei ruoli dopo un'esperienza elettiva nel Consiglio superiore, del resto liberamente scelta.

 

 Il relatore CALVI (Ulivo), intervenendo in replica, giudica con favore la disponibilità del Governo ad accogliere una diversa formulazione dell'articolo 3 e conferma l'opportunità di sollecitare la Commissione di merito ai fini dell'eventuale introduzione di una disciplina transitoria.

Illustra quindi una proposta di parere favorevole, con osservazioni, pubblicata in allegato al presente resoconto.

 

Il seguito dell'esame è infine rinviato.


PARERE PROPOSTO DAL RELATORE

SUL DISEGNO DI LEGGE N. 635

 

 

 

La Commissione, esaminato il disegno di legge in titolo, non ravvisando elementi di incompatibilità costituzionale, esprime un parere favorevole, rilevando comunque l'opportunità di una norma transitoria che assicuri certezza alla condizione dei magistrati per i quali viene meno la disciplina vigente, in attesa di quella da adottare. Inoltre, si segnala l'opportunità di una diversa formulazione dell'articolo 3, tale da rispettare in forma più congrua la sequenza normativa, considerato che la norma abrogata è fatta rivivere senza intervenire sulla norma abrogante. L'intervento, infine, dovrebbe aderire in modo più appropriato alla natura generale e astratta del rapporto tra norma abrogata e norma nuovamente vigente.

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

giovedi' 27 luglio 2006

23a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

BIANCO

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Scotti.

 

 

La seduta inizia alle ore 14,10.

 

IN SEDE CONSULTIVA

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Parere alla 2a Commissione. Seguito dell'esame)

 

Prosegue l'esame, sospeso nella seduta del 26 luglio.

 

Il relatore CALVI (Ulivo) conferma la proposta di parere favorevole, con osservazioni, illustrata nella seduta di ieri. Essa, al fine di accogliere alcune delle sollecitazioni emerse nel dibattito, potrebbe essere adottata in modo da sottolineare con forza la necessità di una diversa formulazione dell'articolo 3. Pertanto, egli presenta un nuovo testo di quella proposta di parere, allegato al presente resoconto.

 

Il senatore PASTORE (FI) osserva che, anche con la modifica appena illustrata dal relatore, la proposta di parere non sarebbe idonea a rappresentare i profili di incostituzionalità del testo in esame, la cui congruità e il cui equilibrio normativo sono inficiati dall'assenza di una disciplina transitoria e dalla formulazione dell'articolo 3, che non chiarisce l'efficacia nel tempo delle norme richiamate.

Propone, quindi, di esprimere un parere di nulla osta, condizionato alla determinazione di un regime transitorio che assicuri certezza alla condizione dei magistrati per i quali viene meno la disciplina vigente e alla soppressione dell'articolo 3. La proposta alternativa di parere, sottoscritta anche dai senatori MANTOVANO(AN), MAFFIOLI(UDC), SARO (DC-Ind-MA) e PIROVANO(LNP), è pubblicata in allegato al presente resoconto.

 

Il relatore CALVI (Ulivo)precisa che la proposta di parere da lui avanzata recepisce in misura adeguata le preoccupazioni ora esposte dal senatore Pastore. Ricordando che il Governo ha manifestato la disponibilità a una riformulazione dell'articolo 3, ritiene che i rilievi, peraltro condivisibili, concernenti quella disposizione e l'assenza di una disciplina transitoria non potrebbero in alcun caso configurare una incompatibilità costituzionale del testo.

 

Il senatore VILLONE (Ulivo) condivide l'opportunità di suggerire alla Commissione giustizia una riformulazione dell'articolo 3, mentre ritiene infondata la conclusione di incostituzionalità del testo implicita nella proposta di parere del senatore Pastore. Analogamente, dissente sull'eccezione di incostituzionalità sollevata in relazione all'assenza di una disciplina transitoria.

 

Il senatore PALUMBO (Ulivo) osserva che i rilievi mossi dal senatore Pastore per sostenere la proposta di parere condizionato attengano piuttosto al merito del provvedimento. Ritiene che la proposta di parere avanzata dal relatore nella sua nuova formulazione recepisca in maniera appropriata l'istanza di introdurre una normativa transitoria e di modificare l'articolo 3.

 

Il senatore VITALI (Ulivo) esprime il suo consenso sulla proposta di parere avanzata dal relatore.

 

Il senatore LATORRE (Ulivo) ritiene che la proposta di parere condizionato avanzata dal senatore Pastore e da altri senatori rappresenti un atto di mera opposizione politica: esso infatti non illustra gli argomenti a sostegno dei rilievi di incostituzionalità. Consente, invece, con la proposta di parere del relatore.

 

Il sottosegretario SCOTTI, a nome del Governo, manifesta il favore per il parere proposto dal relatore, che opportunamente sottolinea l'esigenza di una disciplina transitoria e suggerisce la riformulazione dell'articolo 3 in modo da evitare indebite posizioni di vantaggio dei componenti uscenti del Consiglio superiore della magistratura ma anche inopportune penalizzazioni all'atto della loro ricollocazione in ruolo. Infine, condivide l'opinione sostenuta dal relatore e dal senatore Villone nel senso che il testo non presenta profili di incompatibilità costituzionale.

 

Il presidente BIANCO, considerato che l'Assemblea del Senato sta per iniziare i propri lavori, rileva che non è possibile concludere l'esame del disegno di legge in titolo.

 

Il senatore QUAGLIARIELLO (FI) osserva che, nonostante l'urgente riconvocazione della seduta della Commissione al fine di concludere l'esame del disegno di legge n. 635, ancora una volta non è stato possibile esprimere il parere della Commissione affari costituzionali. Si tratta, a suo avviso, di una situazione preoccupante, che mette a rischio la dignità dei lavori della Commissione.

 

 Anche il relatore CALVI (Ulivo) esprime il disagio per l'incerto andamento dei lavori della Commissione, che era stata dapprima sconvocata su invito del Presidente del Senato per la proposizione da parte del Governo della questione di fiducia sul disegno di legge in tema di missioni internazionali e poi è stata convocata nuovamente per proseguire l'esame del disegno di legge di sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario, secondo un accordo in tal senso in sede di Conferenza dei Capigruppo.

 Ritiene però di dover respingere le allusioni a un presunto ostruzionismo della maggioranza e invita l'opposizione a prendere atto della sua disponibilità a modificare la proposta di parere con una formulazione delle osservazioni particolarmente incisiva. Osserva, al contrario, che la proposta alternativa di parere è connotata solo da un intento polemico e ha un dispositivo incongruo, non essendo sostenuta da alcun argomento diverso da quelli propri della stessa proposta.

 

 Il senatore PALMA (FI) ricorda i rilievi svolti nella seduta antimeridiana dell'Assemblea a proposito della mancata espressione dei pareri della Commissione affari costituzionali a causa di comportamenti dilatori dei Gruppi di maggioranza. Ricorda, inoltre, che il presidente del Gruppo Forza Italia, il senatore Schifani, ha sottolineato l'esigenza di un parere di costituzionalità sul disegno di legge n. 635.

 Rileva, quindi, che la Commissione affari costituzionali non è in grado di esprimere il proprio parere, che è stato richiesto fin dal 16 giugno: un esito che, a suo avviso, rappresenta il sintomo di una compressione del confronto parlamentare che ha conseguenze non trascurabili anche dal punto di vista democratico e rivela una condotta politica, da parte dei gruppi di maggioranza, evidentemente insensibile a simili, importanti implicazioni.

 

 Il senatore MANTOVANO (AN) nota che il parere di costituzionalità non è stato votato perché i senatori della maggioranza non erano in numero tale da far prevalere la proposta del relatore: infatti sono intervenuti i senatori di quasi tutti i Gruppi di maggioranza solo per evitare che la sproporzione numerica fosse sancita dalla votazione.

 

 Il senatore VILLONE (Ulivo) osserva che la mancata espressione del parere dipende piuttosto dal contrasto di opinioni che si è verificato in Commissione sulla rilevanza delle osservazioni sul testo in esame. A suo avviso, la proposta di parere condizionato, che implica una censura di incostituzionalità del testo, ha natura solo strumentale.

 

 Il senatore ZANDA (Ulivo) respinge le critiche dei senatori Palma e Mantovano a proposito di una carenza di spirito democratico e ricorda che anche nella scorsa legislatura, in più occasioni, nelle Commissioni i senatori della maggioranza hanno prolungato i loro interventi per assicurare una prevalenza al momento del voto. Auspica che l'esame di costituzionalità dei disegni di legge si svolga in futuro con argomenti fondati e che l'importante funzione che svolge la Commissione affari costituzionali non sia condizionata in misura impropria dalla contrapposizione politica.

 

 Il senatore PIROVANO (LNP) osserva che la mancata conclusione dell'esame di costituzionalità rende inutile l'attività e la presenza dei componenti della Commissione: il comportamento della maggioranza e la continua posizione di questioni di fiducia da parte del Governo determinano una prassi inedita che vanifica il dibattito parlamentare.

 

 Il senatore PASTORE (FI) ricorda che gli argomenti a sostegno della proposta di parere condizionato da lui presentata insieme ad altri senatori sono stati ampiamente esposti nella seduta di ieri.

La mancata espressione del parere anche per il disegno di legge n. 635 rischia di trasformarsi in una prassi e per questo desta viva preoccupazione.

 

Il presidente BIANCO ricorda le circostanze che lo hanno indotto a riconvocare l'odierna riunione della Commissione per l'esame in sede consultiva del disegno di legge n. 635. L'impossibilità di dare un esito ai lavori della Commissione è dipesa, a suo avviso, dal fatto che hanno prevalso le motivazioni politiche, visto che le divergenze sul parere non sembravano insormontabili.

 

 

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

mercoledi' 26 luglio 2006

3a Seduta

 

Presidenza del Presidente

MORANDO

 

 Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.

 

 

 La seduta inizia alle ore 15,05.

(omissis)

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Parere alla 2a Commissione. Esame e rinvio)

 

 Il presidente MORANDO (Ulivo), in qualità di relatore, illustra il disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che il provvedimento all’articolo 1 sospende fino alla data del 1° marzo 2007 l’efficacia dei decreti legislativi n. 106 e n. 109 del 2006, entrati in vigore rispettivamente in data 18 e 19 giugno 2006, nonché del decreto legislativo n. 160 del 2006, non ancora entrato in vigore (con entrata in vigore originariamente prevista per il 28 luglio 2006). L’articolo 2 fa slittare il termine per l’esercizio della delega relativa alle norme di coordinamento e transitorie di cui all’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge n. 150 del 2005, originariamente previsto per il 30 luglio 2006, che viene ad essere spostato al 1° giugno 2007 nel testo del provvedimento in esame. La relazione di accompagnamento afferma che dal disegno di legge non derivano conseguenze finanziarie, come evidenziato dalla relazione tecnica, in quanto norme di mera sospensione di efficacia di provvedimenti non ancora operativi e di differimento del termine di esercizio di delega.

Per quanto di competenza, con riferimento all’articolo 1 e in particolare con riferimento ai decreti legislativi nn. 106 e 109 del 2006, formalmente già entrati in vigore, segnala l’opportunità di acquisire conferma che le norme di cui viene sospesa l’efficacia non abbiano ad oggi prodotto effetti operativi, secondo quanto affermato dalla relazione tecnica, atteso che ciò costituisce il presupposto dell’assunta invarianza di oneri della sospensione in parola. Gli articoli 3 e 4 del provvedimento sono invece volti, secondo quanto chiarito dalla relazione tecnica, a rendere coerente la normativa con l’effetto di sospensione disposto dal provvedimento, per cui non si hanno osservazioni al riguardo.

 

Il sottosegretario CASULA concorda con il relatore circa il fatto che la neutralità finanziaria della sospensione delle disposizioni contenute nei decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006, richiamati dall’articolo 1 del testo in esame, presuppone che i decreti medesimi non siano stati attuati nelle more dell’iter parlamentare del disegno di legge e che, pertanto, resti immutato il quadro operativo di riferimento. A tal fine, con riferimento ai decreti legislativi nn. 106 e 109, per i quali è già decorsa la data di entrata in vigore, evidenzia la necessità di acquisire ulteriori elementi informativi dalla competente amministrazione di settore, al fine di confermare l’assenza di effetti finanziari.

 

Il senatore LEGNINI (Ulivo) osserva che, sebbene i citati decreti legislativi nn. 106 e 109 siano formalmente già entrati in vigore, la loro concreta applicazione è stata di fatto sospesa dalle amministrazioni guidiziarie competenti, proprio per tenere conto del rinvio operato dal disegno di legge in esame, per cui non dovrebbero essersi prodotti effetti operativi.

 

Il presidente MORANDO rileva la necessità di acquisire certezza sull’assenza di effetti derivanti dai citati decreti legislativi, per cui propone di rinviare ad altra seduta il seguito dell’esame, al fine di acquisire le necessarie integrazioni informative.

 

Il senatore AZZOLLINI (FI) concorda con la proposta del Presidente, osservando l’indispensabilità di tali informazioni ai fini dell’espressione del parere da parte della Sottocommissione.

 

Il seguito dell’esame è pertanto rinviato.

 

La seduta termina alle ore 15,40.

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

giovedi' 27 LUGLIO 2006

4a Seduta

 Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casula.

 

 

 La seduta inizia alle ore 14,40.

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(Parere alla 2a Commissione. Seguito dell’esame e rinvio)

 

 Riprende l’esame sospeso nella seduta di ieri.

 

 Il presidente MORANDO ricorda che il provvedimento all’esame era stato oggetto di discussione nella seduta della Sottocommissione per i pareri di ieri, nella quale si era reso necessario acquisire ulteriori chiarimenti rispetto alla relazione tecnica predisposta dalla Ragioneria.

 

 Il sottosegretario CASULA illustra quindi i profili attinenti l’assenza di oneri connessi al provvedimento in esame, specificando, altresì, che il Ministero della giustizia ha confermato l’assenza di effetti operativi conseguenti alle norme formalmente entrate in vigore e di cui si dispone la sospensione dell’efficacia, con la successiva presa d’atto di tale chiarimento da parte della Ragioneria generale dello Stato.

 

 Il senatore VEGAS (FI) ritiene opportuno verificare che non siano stati adottati atti prodromici alla normativa di cui si dispone la sospensione al di là della mancata produzione di effetti operativi. Richiede dunque al Presidente di poter disporre il rinvio dell’esame ad un successivo momento, previa acquisizione di tali ulteriori chiarimenti posto peraltro che il provvedimento sarà posto in votazione in Assemblea alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva.

 

 Il senatore POLLEDRI (LNP), nell’esprimere perplessità in ordine alla totale mancata adozione di provvedimenti finalizzati all’attuazione delle norme, data la imminente entrata in vigore prevista per le stesse, aderisce alla richiesta del senatore Vegas.

 

 Dopo un intervento del senatore RIPAMONTI (IU-Verdi-Com), volto a chiarire come anche in una data successiva i chiarimenti da parte del Governo non potranno che essere confermati, il presidente MORANDO, pur riconoscendo che i chiarimenti risultano ad oggi esplicitati da parte del Governo, non avendo obiezioni sulle richieste formulate, propone di rinviare l’esame del provvedimento.

 

 La Sottocommissione conviene.

 

La seduta termina alle ore 14,50.

 

 


Relazione della 2^ Commissione (Giustizia)

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾   XV LEGISLATURA   ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 635-A

Relazione orale

(Relatore Salvi)

 

TESTO PROPOSTO DALLA 2ª COMMISSIONE PERMANENTE

(GIUSTIZIA)

 

 

Comunicato alla Presidenza il 27 luglio 2006

PER IL

 

DISEGNO DI LEGGE

 

 

Sospensione dell’efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

 

presentato dal Ministro della giustizia

di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze

 

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 GIUGNO 2006

———–

 

 


 

 

DISEGNO DI LEGGE

DISEGNO DI LEGGE

Testo del Governo

Testo proposto dalla Commissione

—-

—-

Art. 1.

Art. 1.

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007.

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007.

Art. 2.

Art. 2.

1. All’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le parole: «entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 1º giugno 2007».

1. All’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le parole: «entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 ottobre 2007».

Art. 3.

Art. 3.

1. Fino al 28 febbraio 2007 si applica il secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n. 74.

1. Fino al 30 luglio 2007 si applica il secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n. 74.

Art. 4.

Art. 4.

1. All’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437, le parole: «è differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario.» sono sostituite dalle seguenti: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n. 150».

Identico

Art. 5.

Art. 5.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Identico.

 

 

 


Esame in Assemblea

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

15a

seduta pubblica (pomeridiana)

 

Martedì

11 luglio 2006

 

Presidenza del presidente MARINI,

indi del vice presidente ANGIUS

 

 


 

(omissis)

Programma dei lavori dell'Assemblea, integrazioni

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi questa mattina con la presenza dei Vice presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento - la seguente integrazione al programma dei lavori del Senato per i mesi di giugno e luglio 2006:

(omissis)

- Disegno di legge n. 635 - Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

(omissis)

 

Calendario dei lavori dell'Assemblea

Discussione e reiezione di proposte di modifica

(omissis)

 

PRESIDENTE

(omissis)

Gli emendamenti al disegno di legge n. 635 (Sospensione efficacia disposizioni ordinamento giudiziario) dovranno essere presentati entro le ore 19 di lunedì 24 luglio.

(omissis)

PASTORE (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (FI). Signor Presidente, vorrei avanzare una diversa proposta di calendario, con riferimento in particolare al disegno di legge n. 635, che lei ha battezzato "disegno di legge Mastella", se non sbaglio. Propongo che quel provvedimento venga cancellato dal calendario che lei ha letto e quindi rinviato a settembre, per una serie di ragioni che vorrei esporre.

In Commissione affari costituzionali non abbiamo ancora discusso della costituzionalità del provvedimento, ma ritengo che, al di là del merito delle questioni che esso solleva in riferimento all'entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario, vi sia una questione di fondo. La riforma dell'ordinamento giudiziario non interviene in una materia di generica rilevanza costituzionale, ma di forte rilevanza costituzionale, tant'è che il legislatore costituente, nel 1947, introdusse una disposizione transitoria che in qualche modo manteneva in vita il vecchio ordinamento giudiziario, prevedendo un termine, naturalmente ritenuto ordinatorio e non perentorio, per l'entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario.

Oggi, Presidente, dopo sessant'anni, abbiamo una riforma dell'ordinamento giudiziario fatta, naturalmente, nel rispetto dei principi costituzionali, come abbiamo potuto constatare anche dall'iter legislativo della legge di delega, ma con questo disegno di legge fermiamo tale processo, già in ritardo di sessant'anni. Ciò quindi pone un problema di validità di un disegno di legge che interrompe un cammino che la Costituzione richiede; naturalmente, la maggioranza attuale è libera di modificare l'ordinamento giudiziario, di stravolgerlo, di integrarlo, di sopprimere norme e articoli, ma, secondo me, il cammino intrapreso non può essere interrotto.

Vi è di più e di peggio, perché un pezzo di quell'ordinamento giudiziario è già in vigore e la vigenza di quel pezzo non trascurabile dell'ordinamento giudiziario verrebbe fermata. Si fermerebbe l'orologio della riforma e, addirittura, lo si riporterebbe indietro.

Credo che questa scelta legislativa, oltre che assolutamente incongrua nel nostro ordinamento giuridico, sia ancor più contraddittoria in un contesto costituzionale che fa dell'ordinamento giudiziario una delle colonne portanti dell'ordinamento costituzionale stesso.

Per questo motivo, Presidente, credo sia opportuna un'approfondita riflessione su questo punto. Non so se sarà possibile farla in questo periodo, quindi propongo che il disegno di legge venga stralciato dal calendario e che la sua discuessione riprenda eventualmente a settembre.

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN).

(omissis)

Concordo poi con quanto detto dal senatore Pastore circa il disegno di legge n. 635 concernente la sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario, il cui esame lei, Presidente, prevede di inserire nella prima settimana di agosto, qualora ve ne siano i presupposti, ma che comunque - a mio avviso - può essere rimandato tranquillamente alla ripresa dei lavori a settembre.

Per tali motivi non possiamo votare questo calendario; voteremo contro, a meno che lei non voglia rivedere, soprattutto per quanto concerne il cosiddetto decreto Bersani, la possibilità di aprire qui, in quest'Aula, un dibattito di almeno tre giorni che consenta anche ai Gruppi di opposizione di portare un contributo alla stesura del provvedimento stesso.

QUAGLIARIELLO (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

QUAGLIARIELLO (FI).

(omissis)

 

Vengo poi alla vexata quaestio sulla quale abbiamo molto discusso questa mattina in sede di Conferenza dei Capigruppo e anche oggi in Aula, attraverso gli interventi dei senatori Pastore e Matteoli, riguardante il cosiddetto disegno di legge Mastella.

Signor Presidente, come abbiamo già sostenuto molte volte, non vi è alcuna necessità e urgenza di affrontarlo. Si è trattato semplicemente, almeno fino ad ora, di un provvedimento di bandiera: è un segnale mandato ai magistrati, di cui questa maggioranza è paladina, in merito alla volontà di cancellare i decreti legislativi più pregnanti in questa materia. Il Governo è legittimato ad adottarlo, non c'è alcun dubbio, ma non si capisce quale sia la ratio di voler a tutti i costi anticipare questo provvedimento, atteso che non avrà alcun effetto pratico.

In seguito, infatti, dovrà essere discusso dalla Camera dei deputati e non credo, signor Presidente, che la Camera si voglia impegnare su questo tema né in agosto, né in settembre. La questione, quindi, andrà per le lunghe, per cui nessuno degli obiettivi che il Governo si era posto verrà raggiunto. Pertanto, non cambierà nulla dal punto di vista pratico e nemmeno dal punto di vista del segnale politico, perché ormai penso che anche i magistrati abbiano capito che si è trattato di un provvedimento di bandiera.

Infine, signor Presidente, vi è una questione nuova, delle ore 13,53, che rassegno a lei e a tutta l'Assemblea. Il ministro dell'interno Amato ha reso in Commissione affari costituzionali affermazioni di una gravità inaudita, che non interessano soltanto gli addetti ai lavori, cioè coloro i quali si occupano di giustizia, ma anche tutto il Parlamento e la società.

Il ministro Amato ha dichiarato (cito testualmente, non credo che l'ANSA non sia veritiera): «Sono esterrefatto da ciò che accade in Italia» - relativamente alla pubblicazione di intercettazioni - «e mi dicono che accade da molto tempo». (Brusìo).

Chiedo un minimo di attenzione da parte dei colleghi. Credo che un Ministro che abbia dichiarato in una sede ufficiale cose di questa natura debba poi venire in Parlamento a riferire più compiutamente. «È una prassi talmente consolidata» - quella appunto di divulgare e propalare intercettazioni - «che alcuni giornalisti mi dicono che esistono contratti di fatto tra i giornalisti e chi fornisce le notizie e collegamenti tra procure e giornali per cui viene data al giornalista una password per entrare nel momento in cui un atto viene dato ai difensori».

Il Ministro dell'interno, cioè, dice che esistono dei contratti di fatto tra giornalisti e procure per propalare notizie riservate. Lo dice in Parlamento il Ministro dell'interno, per cui chiederò, nella prima riunione utile della Commissione giustizia, che, prima di andare avanti nell'esame del disegno di legge Mastella, venga convocato il ministro Amato a riferire più compiutamente su cosa intendeva dire. Credo sia suo dovere in questo momento rivelare chi sono i giornalisti che hanno fatto a lui tali dichiarazioni. Egli è un pubblico ufficiale e ha ricevuto notizia di reato: non può fermarsi ad una dichiarazione di questa natura. Ciò rivela quale sia l'inquinamento che oggi vige nelle procure italiane.

Cosa c'entra ciò con il disegno di legge Mastella? C'entra, signor Presidente, perché oggi l'unico strumento innovativo che il Parlamento ha introdotto per porre un freno a questo mal costume è il decreto legislativo sulle procure. Oggi finalmente - ed è già legge - abbiamo un procuratore capo responsabile di quanto accade. Credo che se la maggioranza vuole abrogare questa norma, che - ripeto - oggi è l'unico strumento efficace che abbiamo posto in essere per frenare questo scandalo, si assume una responsabilità enorme. Su questo dobbiamo meditare tutti perché si tratta di una questione che travalica il confronto tra maggioranza e opposizione.

Per questo motivo le chiedo, signor Presidente, che, proprio come segnale politico della volontà del Parlamento di fare chiarezza sugli scandali, il disegno di legge Mastella venga cancellato dal calendario. (Applausi dai Gruppi LNP, FI, AN, UDC e DC-Ind-MA).

(omissis)

SCHIFANI (FI).

(omissis)

Quanto al cosiddetto disegno di legge Mastella, nel corso della Conferenza dei Capigruppo mi sono fatto carico, a nome della nostra coalizione, di prevederne addirittura la cancellazione dal calendario dei lavori, in quanto ritenevamo che su un argomento così delicato (che prevede la quasi sostanziale cancellazione di un'importantissima e strutturale riforma dell'ordinamento giudiziario, che peraltro è per buona parte già in vigore) occorresse che la Commissione giustizia esaurisse nei tempi canonici i propri lavori, tempi che noi individuiamo, secondo il Regolamento, in sessanta giorni.

(omissis)

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

 

29a

seduta pubblica (antimeridiana)

 

sabato

29 luglio 2006

 

Presidenza del presidente MARINI,

indi del vice presidente CAPRILI,

del vice presidente CALDEROLI

e del vice presidente BACCINI


(omissis)

Discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 18,17)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 635.

Il relatore, senatore Salvi, ha facoltà di svolgere la relazione, nei termini che egli stesso ci ha indicato. Non facendosi ulteriori osservazioni la richiesta si intende accolta.

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore.

SALVI, relatore. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, con il disegno di legge in esame il Governo propone la sospensione di alcuni dei decreti attuativi della riforma dell'ordinamento giudiziario approvati nella precedente legislatura.

Le ragioni di sintesi, richieste dalla breve discussione appena svoltasi mi portano ad indicare soprattutto i punti politici di questa scelta del Governo e delle intenzioni del Governo e della maggioranza.

Perché, dunque, la sospensione delle disposizioni in tema di ordinamento giudiziario? L'attuale maggioranza, come è noto, ha avversato molto nettamente il disegno di legge proposto dal precedente Governo. Sarebbe stato pertanto anomalo e avrebbe rappresentato una mancanza di rispetto del programma presentato davanti agli elettori, se la coalizione di centro-sinistra, una volta diventata maggioranza, non si fosse fatta carico di una scelta coerente con quella posizione.

D'altra parte, occorre considerare le materie affrontate dai tre decreti in questione, concernenti la formazione e la professionalità dei magistrati, la distinzione di funzioni tra pubblico ministero e giudice, l'esigenza di una tipizzazione dell'illecito disciplinare e le maggiori garanzie per il cittadino circa il fatto che di fronte agli illeciti dei magistrati ci sia giustizia, un sistema e un'organizzazione delle procure della Repubblica che - pur senza avere la rigida gerarchizzazione del sistema previsto dalla riforma - non comporti tuttavia un ritorno alla situazione pre-esistente perché la diffusività della funzione del giudice non può essere riproposta negli stessi termini per quanto riguarda la funzione della pubblica accusa.

Tutte queste ragioni hanno indotto a proporre, non già l'abrogazione, bensì la sospensione dell'efficacia di questi provvedimenti onde consentire al Parlamento, non di lasciare che nulla sia fatto, ma di intervenire nel periodo di tempo che il Governo ha chiesto in Commissione (fino al luglio del prossimo anno) per introdurre una nuova normativa per ciascuno di questi punti. Una normativa che tenti di porre il tema della magistratura non sul versante del contrasto tra politica e giustizia, ovvero all'interno del sistema giustizia tra avvocatura e magistratura, ma dal punto di vista dei diritti del cittadino. Quindi diritto ad avere una giustizia in tempi rapidi, una giustizia che abbia la sua efficacia e la sua prontezza, soprattutto per i cittadini più deboli dal punto di vista economico e finanziario.

Ciò non vuol dire che quello dei tempi e dei costi della giustizia sia l'unico tema da affrontare, anche se è certamente centrale. Sono da affrontare anche i temi che la legge sull'ordinamento giudiziario ci offre. Noi proveremo a farlo in una prospettiva nuova, guardando la questione, anche in questo caso, dal punto di vista del diritto del cittadino. Quindi diritto ad avere una difesa forte ed efficiente e pertanto ad avere un'avvocatura che sia in grado di far valere i propri diritti; diritto di avere davanti a sé un giudice autonomo e indipendente, perché se non è così, dipenderà da qualcun altroe non certamente dal cittadino comune o dai soggetti più deboli.

Nel fare questo vogliamo operare alla ricerca del più ampio confronto parlamentare. Il Governo non ha presentato suoi disegni di legge sostitutivi rispetto ai decreti delegati per la scelta di affidare al confronto parlamentare la soluzione di questi problemi. Il Presidente della Repubblica ci ha ricordato qualche settimana fa che non su ogni questione ci deve essere la dialettica e perfino lo scontro, ma solo su quelle che il Governo ritiene decisive ed essenziali per la propria funzione di indirizzo politico. Credo che il Governo abbia quindi fatto bene ad affidare al Parlamento la soluzione di questi problemi, perché mi auguro che sarà possibile, superando le contrapposizioni del passato, trovare i più ampi consensi per affrontare questi temi. Una giustizia nella quale il cittadino non ha fiducia non è una giustizia rispondente ai nostri principi costituzionali.

Questa è la ragione, signor Presidente, onorevoli colleghi, della proposta del Governo, di cui raccomando l'approvazione.

In Commissione abbiamo avuto un confronto molto serrato, perché l'opposizione ha legittimamente difeso - sarebbe stato anomalo il contrario - la riforma che aveva sostenuto nella passata legislatura. Mi auguro che alla ripresa dei lavori a settembre, nel tener fermo questo punto di vista, ci sia la stessa disponibilità al confronto e alla discussione che c'è stata in Commissione, in modo che si possa operare tutti insieme per una soluzione positiva dei problemi della giustizia. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, FI e dai banchi del Governo).

PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Salvi per la sua relazione.

Colleghi, come unanimemente convenuto dalla Conferenza dei Capigruppo del 26 luglio scorso, il seguito dell'esame del provvedimento in titolo sarà posto all'ordine del giorno della prima seduta dell'Aula dopo la pausa estiva.

(omissis)

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

33a

seduta pubblica  

 

Martedì

19 settembre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI

 

 

 


(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 18,42)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta del 29 luglio il relatore, senatore Salvi, ha svolto la relazione orale.

MASTELLA, ministro della giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mondo della giustizia presenta, mai come in questo periodo, notevoli complessità e sempre più spinosi problemi, alcuni, per la verità, non recentissimi che le varie strategie di intervento non sono riuscite a risolvere.

Ai problemi della resa di giustizia, dell'arretratezza dell'apparato e della riorganizzazione degli uffici, si sono aggiunti quelli dell'ordinamento giudiziario, cioè di un sistema che un illustre giurista definì «il reticolo normativo dello statuto funzionale dei magistrati, importante quanto i codici e senza il quale gli stessi codici di rito non possono funzionare». (Brusìo in Aula).

 

PRESIDENTE. Colleghi, mi sembrava che una certa abitudine ad un eccesso di conversari fosse oggi superata. Vi prego di continuare così.

Sta parlando il Ministro e credo vogliano tutti ascoltarlo.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Sull'attività giudiziaria e sulla magistratura i Costituenti dettarono ben precise disposizioni rivolte a garantire l'esercizio della giurisdizione ad opera di un corpo giudiziario di alta professionalità, dotato al tempo stesso di autonomia e di indipendenza, e nella VII disposizione transitoria previdero una nuova legge sull'ordinamento giudiziario formulata in piena conformità con la Costituzione.

Ma l'ordinamento Grandi del 1941 ha continuato ad applicarsi, anche con successive modifiche ed integrazioni, e ciò ha suscitato nella letteratura giuridica una vasta elaborazione e sempre un vivace dibattito. Sono stati per la verità molteplici i tentativi di una riforma organica rimasti senza esito, sia per vedute ideologiche divergenti, sia per le difficoltà insite nei problemi stessi, anche perché le linee di fondo tracciate dalla Costituzione si pongono a mezza strada tra l'impianto francese del funzionariato della giustizia ed il sistema anglosassone del potere terzo. Dunque, un dibattito fervido ed agitato che dura però da 50 anni, troppi.

E devo dare atto al senatore Castelli ed alla sua ex maggioranza di avervi posto mano, seppure a colpi di spada che per certi aspetti hanno inciso su quella indipendenza e su quella autonomia fermamente volute dalla Costituzione: colpi di spada che, come ben sappiamo, determinarono i messaggi correttivi del presidente Ciampi.

La riforma però non ha segnato soltanto un ritorno in alcuni punti al sistema impiegatizio dell'ordinamento Grandi, sminuendo, tra l'altro, la centralità del Consiglio superiore della magistratura quale organo di governo dell'ordine giudiziario; ha anche determinato incidenze negative sullo stesso esercizio della giurisdizione per almeno due motivi: innanzitutto, perché oggi il problema di maggior rilievo, come si sa, è la lentezza, questo modo lumacoso della giustizia di procedere, problema che la riforma dell'ordinamento non risolve affatto; in secondo luogo, perché alcune delle metodologie introdotte dalla riforma, come i concorsi per la progressione in carriera, distolgono necessariamente il giudice dall'attività quotidiana e lo spingono ad un carrierismo poco conforme all'esigenza di continuità e di impegno per una giustizia sollecita secondo i reali bisogni dei cittadini. Insomma, la riforma introdotta con la legge delega del 2005 e con i decreti attuativi, invece di riportare serenità (il che è giusto) ed ordine nel metodo della giustizia, ha accentuato contrasti e lacerazioni; per di più, in alcuni suoi aspetti rischia di rompersi alla prova dei fatti sul terreno della concreta operatività.

Non intendo proporre, onorevoli senatori, una controriforma, né una riforma completamente diversa. Intendo piuttosto, con disponibilità personale e politica e con buon senso pratico, ricalibrare alcuni dei meccanismi posti dai decreti legislativi; per la verità, ad alcuni mi sono già applicato non cambiandoli assolutamente, registrandone però, rispetto a questa mia disponibilità a questo modo di rivisitare tratti dell'ordinamento, gli snodi per aggiustare quelle previsioni normative imprecise, contraddittorie o pericolose per l'autonomia della magistratura.

Con il disegno di legge in esame ho soltanto chiesto la sospensione dell'applicazione di alcuni decreti legislativi riguardanti la riforma dell'ordinamento giudiziario ed ho ritenuto di farlo sia per evitare alla macchina giudiziaria, già abbastanza disastrata, ulteriori incidenze negative, sia per la necessità di elaborazione ed approvazione di provvedimenti correttivi. Nessuna lesa maestà, quindi, rispetto ai provvedimenti posti in essere precedentemente, né la voglia matta di una contrarietà in via di principio.

Al riguardo, faccio rilevare che proprio qualche giorno fa il vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura, già autorevole componente di questa Assemblea, senatore Mancino, con l'equilibrio e la saggezza che caratterizzano la sua grande esperienza istituzionale, ha sottolineato come il Consiglio corra il rischio di operare nella costante incertezza e di avviarsi verso una vera e propria paralisi di alcuni dei settori di governo della magistratura, soprattutto - ha detto il presidente Mancino - in quello disciplinare.

Ha espresso così il senatore Mancino l'auspicio che l'istituzione consiliare possa contare su un solido e permanente tessuto normativo che non determini anomalie nel governo dell'ordine né di trattamenti differenziati nell'esercizio di tale governo. È rilevante, fra l'altro, che da nessuna, dico nessuna, delle componenti consiliari, pur rappresentanti appezzamenti di territorio politico espresse da quest'Aula e dall'Aula della Camera, si sia levata una qualche voce di dissenso sulle preoccupazioni espresse dal senatore Mancino. E le sue parole di buon senso le ho considerate non, come ha forzatamente detto qualcuno, un'indebita incursione nei lavori parlamentari, assolutamente no, ma come la fotografia realistica di un disagio, la constatazione di un'emergenza censita da parte sua e sottoposta alla nostra attenzione con spirito sereno e sgombro da pregiudizi. Io l'ho letta così e mi piace leggerla così.

È dunque indispensabile e urgente che il Parlamento adotti le sue determinazioni sulla mia proposta di rinviare di alcuni mesi l'entrata in vigore dei decreti di riforma, cioè per il tempo strettamente necessario a correggere quelle anomalie che incidono negativamente sullo status dei magistrati, ma, quel che più conta e m'interessa di più, sull'efficienza della giurisdizione.

In qualcuno, lo so, fa capolino l'idea che, mandata in esilio questa riforma, non si arriverà mai più ad altra riforma e ad altra conclusione operativa, finendo così quasi in una critica terra di nessuno, in una sorta di indistinto costituzionale senza alcun approdo finale. Non sarà così, non è questa la mia intenzione e garantisco la mia parte politica e il Governo che non sarà così.

Da collega con una qualche esperienza parlamentare comprendo la legittima esigenza espressa dalle opposizioni di sapere cosa c'è a ridosso della sospensiva, cioè quali innovazioni intende con me il Governo proporre a modifica della riforma Castelli. Si tratta, riconosco, di un'esigenza legittima, che ho già cercato (ma, mi rendo conto, invano) di soddisfare con le mie comunicazione alle Commissioni giustizia di Camera e Senato, in questa occasione voglio però, con maggior dettaglio, con una fotografia meno panoramica e più scattata appunto nell'indagine della vicenda giudiziaria, dar conto a quest'Assemblea del lavoro di revisione dei decreti legislativi, un lavoro pressoché ultimato a livello propositivo.

Voglio anche chiarire che il programma futuro non potrà consistere, non è mia intenzione farlo consistere, nel ripristino della situazione esistente prima dell'attuale ordinamento. Non invoco, né spero, né lavoro per un semplice ritorno al passato.

Dico subito allora che le innovazioni non toccano i decreti legislativi nn. 20, 24 e 35 del 2006, concernenti taluni incarichi direttivi di legittimità, l'organico dei giudici addetti alla Cassazione e la pubblicità degli incarichi extragiudiziari, il cui contenuto, senatore Castelli, mi trova concorde. Dico pure che le modifiche non soltanto rispondono al criterio dell'essenzialità perché toccano punti di assoluta importanza, ma non contraddicono ai criteri ispiratori della riforma rivolti ad assicurare la massima serietà per l'accesso in magistratura, la costante professionalità dei magistrati e il relativo controllo da parte degli organi di governo dell'ordine giudiziario, la unitarietà dell'ufficio di procura, l'attribuzione di funzioni sulla base delle attitudini specifiche, il necessario rigore nel regime disciplinare.

Qual è allora, da parte mia, il tentativo difficile, complicato, qual è il filo esile di Arianna per riuscire a determinare una possibilità di cittadinanza alle idee che in questo momento sto trascrivendo e ponendo alla vostra attenzione? Ecco il contenuto delle possibili innovazioni, cominciando dal concorso in magistratura fino al sistema disciplinare.

Per l'accesso in magistratura, dirò per quelli più addetti e più dotti anche di me in materia, ritengo si debba conservare quell'impronta di concorso di secondo grado verso cui già si orientava la riforma Castelli con il decreto legislativo n. 160 del 2006; anzi l'ho maggiormente, dal mio punto di vista, caratterizzata nei presupposti di ammissibilità e nelle prove.

Propongo infatti alla vostra attenzione che possano partecipare alle prove non i semplici laureati in legge, ma coloro che abbiano già superato un concorso pubblico, o che siano docenti in materie giuridiche con due anni di anzianità, ovvero iscritti all'albo degli avvocati da almeno due anni; il presupposto può anche consistere nell'aver completato il primo incarico di giudice onorario con conferma, oppure nell'aver svolto le funzioni di deputato, senatore, consigliere regionale, provinciale o comunale; al di fuori di questi casi, condizione essenziale è il diploma presso le scuole di specializzazione nelle professioni legali.

Un'eccezione si può fare e credo sia giusto farla per quei giovani che, laureatisi con voto altissimo e con un curriculum di tutto rispetto, potrebbero essere costretti a rinunziare al concorso perché la condizione della loro famiglia non consente consistenti attese.

Mi sembra opportuno, inoltre, che alle tre prove scritte ne sia aggiunta una quarta, a carattere pratico, consistente nella redazione di una sentenza; ciò consente di accertare la padronanza delle tecniche argomentative, la sensibilità ad una congrua ed equilibrata motivazione e la capacità di qualificare la situazione concreta nell'astratta fattispecie normativa che il semplice elaborato a tema assai spesso non esprime.

L'originario testo sull'accesso obbliga gli aspiranti ad una scelta iniziale tra l'esercizio delle funzioni giudicanti e requirenti. A parte - debbo dire, onorevoli senatori - le critiche suscitate nella cultura giuridica e nel mondo giudiziario, alcune concrete considerazioni mi hanno indotto a proporre l'abolizione di quest'obbligo iniziale: in primo luogo, chi intende partecipare al concorso, specie se ha il solo titolo di specializzazione, non ha consapevolezza piena delle funzioni esercitabili e quindi non è in grado di operare un'opzione che potrebbe durare per l'intera carriera; c'è infine l'esigenza degli uffici, che incide notevolmente sulla distribuzione funzionale, mentre le scelte iniziali rischiano di sottrarre agli organi di governo della giurisdizione la politica del personale, con possibili e gravi discrasie tra settore giudicante e settore requirente.

Altre modifiche possono riguardare - lo dico sempre in questo mio impegno, in questa mia testimonianza di apertura e di dialogo - la formazione delle commissioni esaminatrici, lo svolgimento dell'attività valutativa, la definizione anticipata dei criteri per la valutazione omogenea degli elaborati, la distinzione in gruppi di lavoro, nella prospettiva di accelerare l'iter, in modo che si possa rispettare la cadenza annuale dei concorsi.

Come si vede, all'accesso si vorrebbe dare un'impronta di notevole serietà, anche in linea con talune esperienze straniere, in maniera particolare quelle europee; e analoga serietà al tirocinio iniziale, che si prevede sia curato da un intero settore della scuola della magistratura, con una organizzazione esclusivamente finalizzata al tirocinio.

L'istituzione della scuola superiore della magistratura è una aspirazione da tempo avvertita dalla magistratura e dalla cultura giuridica: do atto con compiacimento a chi l'ha proposta di averla finalmente istituita. Le modifiche che propongo al riguardo sono poche e attengono soprattutto alla funzionalità operativa (e sottolineo funzionalità operativa) con alcune semplificazioni organizzative ed anche con sensibilità per gli impegni economici. In sostanza, le proposte di modifiche accentuano l'autonomia scientifica, didattica e gestionale della scuola, ne caratterizzano meglio i settori di intervento, con riguardo alla preparazione dei magistrati di prima nomina, alla formazione permanente attraverso stage periodici o di riqualificazione, alla cultura, molto importante, questa sì manageriale, degli aspiranti dirigenti di ufficio. La partecipazione del Consiglio superiore della magistratura e del Ministero al direttivo della scuola è su base paritetica, oltre il prezioso apporto dell'avvocatura e dell'università.

Scarse e, per così dire, non di rilievo ideologico sono le modifiche proposte in relazione al decreto legislativo n. 25 del 2006, concernente i consigli giudiziari e l'istituzione del consiglio direttivo della Cassazione: si tratta, onorevoli senatori, di puntualizzazioni in ordine al coordinamento normativo e di qualche correzione di semplice dettaglio.

Più incisive, invece, sono le modifiche che si potrebbero apportare al decreto legislativo n. 160 del 2006, in tema di progressione di carriera; ciò perché al sistema dei concorsi interni per accedere a gradi superiori e a funzioni più alte, dei quali lo stesso decreto n. 160 fa una minuziosa e - diciamo la verità - anche un po' farraginosa classificazione, intenderei, con il consenso del Parlamento, sostituire il più incisivo sistema della verifica quadriennale concernente la capacità, la diligenza, la laboriosità e l'impegno.

Come già dissi alle Commissioni giustizia, le leggi sui ruoli aperti non hanno dato buona prova di sé, e la mia proposta ne abbandona il criterio di fondo, così come fa la riforma Castelli. Ma il sistema concorsuale del citato decreto n. 160, a parte lo stigma impiegatizio che sembra riprodurre l'ordinamento del 1941, pone questi interrogativi rimasti senza risposta: quante volte e per quanto tempo ogni magistrato si sottrarrà all'ordinario esercizio della sua attività per dedicarsi alla preparazione dei vari concorsi interni? Come potrà non distrarre il suo impegno dalla giurisdizione? Quale stimolo ad un carrierismo indifferente alle sorti della giustizia questo sistema inocula nell'ordine giudiziario? In sostanza, la possibilità di partecipare ai concorsi, con la prospettiva di vantaggi di carriera e i relativi risvolti economici, potrebbe indurre molti a scegliere questa strada, abbandonando quegli uffici di primo grado dove si adottano le decisioni con maggiore impatto, soprattutto di natura sociale.

Tutto ciò in contrasto con l'interesse del cittadino ad avere un magistrato esperto fin dal primo grado del processo.

Viceversa, le valutazioni periodiche a tempi ravvicinati possono costituire non solo il presupposto per altre funzioni, ma anche importanti momenti di verifica, suscettibili di concludersi, se di esito negativo, con il blocco della progressione economica o con la destinazione ad altra funzione di chi si riveli inidoneo, addirittura, io ritengo, con la rimozione dei magistrati che non superino successive valutazioni.

Tali verifiche potrebbero articolarsi, oltre che nell'autorelazione dei magistrati, sui rapporti dei capi degli uffici, sul riscontro di produttività, sui corsi di aggiornamento presso la scuola della magistratura, su segnalazioni pervenute dal consiglio dell'ordine degli avvocati per fatti incidenti sulla professionalità o su specifiche situazioni di non indipendente esercizio della funzione ovvero, in conclusione, su comportamenti sintomatici di mancanza di equilibrio.

Insomma, si tratta a questo punto anche di definire una sorta di banca dei dati valutativi da utilizzare per tramutamenti e per funzioni cosiddette superiori, per incarichi semidirettivi e direttivi; nulla impedisce comunque di attivarla in riferimento a situazioni comunque relative alla capacità, come ho detto, laboriosità, professionalità specifica, all'equilibrio e alle attitudini del magistrato.

Quanto alle funzioni di legittimità, va in primo luogo garantito che, in linea con la Costituzione, il sistema resti nell'ambito della competenza del Consiglio superiore. Tuttavia il Consiglio ben potrebbe avvalersi di un apposito gruppo di magistrati e professori universitari per una prima valutazione dei provvedimenti degli aspiranti finalizzata al riscontro delle specifiche attitudini. Insomma, per l'accesso alle funzioni di legittimità la prospettiva è certamente diversa: un magistrato, per quanto bravo nell'attività di merito, può non essere in grado di svolgere una funzione di legittimità e perciò l'aspirante deve saper dimostrare la capacità di analisi delle norme.

Tutto questo non può non essere integrato con la partecipazione ad appositi stage presso la scuola, che vanno frequentati da quanti aspirino a funzioni diverse.

Su questi presupposti di controllata idoneità, secondo l'esito positivo della seconda e rispettivamente terza o quarta o quinta valutazione di professionalità, e sulla base di rigorose procedure concorsuali per titoli nonché di partecipazione a specifici corsi, si potrebbe fondare anche il delicato sistema degli incarichi semidirettivi, direttivi ed apicali; in proposito si deve tener conto delle specifiche attitudini organizzative, di gestione e della capacità di rapporto con il personale e l'utenza - la scuola ha in proposito uno specifico settore di formazione - nella prospettiva, sottesa all'articolo 107 della Costituzione, di porre l'uomo giusto al posto giusto; peraltro intenderei confermare la temporaneità di tali incarichi con rinnovi molto circoscritti e previo giudizio di idoneità.

Vengo alla questione del passaggio dalla requirente alla giudicante e viceversa. Intenderei, sempre con l'assenso e il volere della maggioranza - che spero sarà ampia - di quest'Aula, conservare appieno il principio della distinzione delle funzioni affermato nella riforma Castelli: il passaggio è consentito a seguito della frequenza di un corso di qualificazione professionale, è subordinato ad un giudizio di idoneità specifica per il quale è possibile acquisire il parere del presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati, ma il passaggio non è possibile in una sede compresa nel medesimo distretto; l'unica eccezione si potrebbe prevedere per il magistrato che abbia avuto una prima assegnazione, cioè dopo il tirocinio iniziale, per il quale l'incompatibilità è nell'ambito del circondario e non del distretto.

Le modifiche, quindi, che intendo apportare al decreto legislativo n. 106 del 2006 relativo all'ufficio di procura conservano appieno quel carattere unitario dell'ufficio del pubblico ministero che la riforma Castelli ha ribadito. Il capo della procura rimane nella piena titolarità dell'ufficio e dell'azione penale; a lui competono l'organizzazione e gli indirizzi della politica giudiziaria, l'assegnazione dei procedimenti, la determinazione dei criteri generali cui il sostituto deve attenersi, lo specifico assenso in tema di custodia cautelare e di sequestri, nonché i rapporti con i media.

Insomma, non intendo affatto contrastare la necessità di ridisciplinare la procura secondo un modello diverso dagli uffici della giudicante, così da restituire ai procuratori quella unitarietà di indirizzo, che intemperanze e deviazioni purtroppo riscontrate nella prassi hanno talvolta annullato; tuttavia non è possibile, anche per motivi di funzionalità, stringere l'attività dei sostituti in un letto di Procuste ove scompare ogni e pur limitata autonomia, ove è mortificata la dignità professionale ed è stimolata una mentalità burocratico-impiegatizia per cui conta solo ciò che vuole e decide il capo e soltanto il capo.

Nel contempo, attribuire tutta la responsabilità dell'intero ufficio al solo procuratore può determinare l'ingestibilità della procura, soprattutto di medio-grandi dimensioni, deresponsabilizza gli altri magistrati perché li pone al riparo di eventuali contestazioni disciplinari essendo il capo l'unico responsabile sia in eligendo, per la scelta dei sostituti assegnatari, sia in vigilando, per il deficit di controllo e il mancato esercizio del potere di revoca; né sarebbe facile per il CSM trovare magistrati disposti ad assumersi un peso tanto grave.

Per queste considerazioni credo di poter proporre circoscritte modifiche, e cioè: come è stato chiesto da molti, ad esempio dal senatore D'Onofrio, la trasmissione al CSM dei criteri generali dettati dal procuratore per settori di indagine, affinché il consiglio possa fare le sue valutazioni; l'«assegnazione» e non la semplice «delega» ai sostituti, assegnazione che, conferendo facoltà operative con limitata autonomia funzionale, risulta responsabilizzante e coerente a quel principio della sottoposizione «soltanto» alla legge che secondo la Corte costituzionale vale anche per i magistrati del pubblico ministero; ovviamente la gestione del procedimento va pur sempre realizzata secondo i criteri generali dettati dal procuratore ed è revocabile motivatamente, con un controllo da parte del Consiglio superiore su richiesta del sostituto; l'eliminazione di addendi terminologici che, senza alcun apporto di qualificazione tecnica, caricano di valenze verticistiche ed assolutistiche un apparato della giurisdizione e attribuiscono ingestibili e totalizzanti responsabilità al solo procuratore. D'altronde, l'effettività e l'ampiezza dei suoi poteri restano integre nonostante le modifiche proposte; infine una più razionale disciplina della posizione dei procuratori aggiunti e del vicario, in un quadro più razionale di gestione dell'ufficio.

Al sistema disciplinare è dedicato il decreto legislativo n. 109 del 2006 che introduce due innovazioni di base, cioè la tipicizzazione degli illeciti e l'obbligatorietà dell'azione disciplinare: le condivido entrambe, onorevoli senatori, per cui anche qui a mio parere le modifiche proposte sono abbastanza circoscritte rispetto all'impianto generale della riforma precedente.

Quanto alla tipicizzazione, alcune formule risultano impraticabili o incomplete oppure equivoche o contraddittorie. Faccio qualche esempio. La formula adottata per il difetto di motivazione come illecito disciplinare rischia di imporre in ogni caso inutili e defatiganti spiegazioni in fatto per provvedimenti seriali o privi di rilevanza, come, ad esempio, le archiviazioni; la formula relativa all'omissione di rapporto si riferisce ai presidenti di sezione e di collegio ma trascura i procuratori aggiunti; l'espressione «comportamento reiterato» - richiamato dall'ordinamento giudiziario Castelli - è più precisa e stringente dell'altra «comportamento abituale».

Vorrei eliminare, inoltre, laddove fosse possibile, alcune anomalie che si riscontrano in tema di illeciti da condotte estranee all'esercizio delle funzioni; così, ad esempio, l'espressione «condotta tale da compromettere l'immagine del magistrato» risulta esteriore e semplicemente formale, mentre è preferibile riferirsi alla «credibilità del magistrato»; in tema di divieto di iscrizione a partiti politici - divieto, onorevoli senatori del centro-destra, che rimane - la previsione, come illecito, del «coinvolgimento in attività di centri politici» è troppo generica e può comprendere anche manifestazioni culturali senza alcun radicamento partitico, perciò suscettibile di incidere su diritti di libertà costituzionalmente garantiti.

Ci sono infine formule come «l'uso strumentale della qualità» e «ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza e l'imparzialità», che risultano assolutamente incompatibili con la tipicizzazione e finiscono per attribuire la determinazione della condotta illecita ai titolari dell'azione o all'organo disciplinare.

Il citato decreto n. 109 trasforma in obbligatoria l'azione disciplinare del procuratore generale; questa obbligatorietà, accompagnata dal dovere di rapporto a sua volta sanzionato, sta già determinando un enorme aggravio - di questo ha parlato il senatore Mancino - di lavoro per la procura generale e in seguito lo determinerà per la sezione disciplinare, rischiando di lasciare impuniti, anche per effetto della riduzione a metà dei termini di prescrizione, casi certamente meritevoli di essere perseguiti.

Ad evitare questa conseguenza, proporrei due innovazioni. La prima riguarda il recupero di una disposizione che, opportunamente inserita nello schema originario, fu poi eliminata, e che consiste nella «non configurabilità dell'illecito disciplinare quando la condotta non incide negativamente, in concreto, sulla credibilità, sul prestigio o sul decoro del magistrato o sul prestigio dell'istituzione giudiziaria», cioè sui valori fondamentali oggetto di tutela; la seconda riguarda invece l'attribuzione al procuratore generale presso la Cassazione del potere di archiviazione quando la condotta non è disciplinarmente rilevante o non rientra in nessuna delle ipotesi tipiche oppure non è commessa con dolo o colpa grave o quando è già intervenuta la prescrizione.

Infine, esprimo per la verità forti dubbi su quella figura del delegato del Ministro (e parlo di un delegato che potrei eventualmente delegare se fosse in atto questa riforma) inserito nel procedimento disciplinare che può esaminare testimoni, consulenti, periti e interrogare l'incolpato: si tratta di una figura anomala che sembra avere il compito di controllare lo stesso rappresentante dell'accusa, creandosi una marcata e irragionevole disparità nella simmetria «accusa-difesa» nonché possibili e preoccupanti situazioni di contrasto tra il procuratore generale e il rappresentante del Ministro circa la gestione processuale.

In conclusione, onorevoli senatori, non si tratta, come ho letto anche oggi in questo frasario, in questo lessico, per chi ha motivato e poteva motivare diversamente o esprimersi in contrarietà con il mio provvedimento, di un'altra riforma, non si tratta di assumere soltanto elementi di discontinuità, né si tratta di un'iniziativa volta a indebolire l'orditura ordinamentale a tutto vantaggio della magistratura. È strano per la verità, onorevoli senatori, che uno come me che assai spesso è indicato nei media come uomo di grande equilibrio (nella versione più forte) o come equilibrista (in quella un po' caricaturale), insomma come uno che riesce a tenersi in equilibrio, in questo caso propenda, anche con la sua stazza e con il suo peso, dalla parte della magistratura e non abbia un senso di equilibrio; in realtà esso rimane immutato, perché questo è lo stile e questa è la componente - non accessoria, ma importante - della mia vita politica e parlamentare.

Sul piano finale alcune modifiche che intendo proporre riguardano aspetti della riforma che (voglio dirlo in questa sede, perché ciò ingenererebbe sì un motivo di grande perplessità) che appaiono ai limiti della costituzionalità perché incidenti, onorevoli senatori, sull'autonomia e sull'indipendenza dell'ordine giudiziario; altre, le più numerose, attengono a profili di impraticabilità delle norme o sono dirette ad evitare effetti di ricaduta assolutamente negativi per lo stesso governo del corpo giudiziario, mettendo in crisi, come ho detto, la stessa attività del Consiglio superiore.

La sospensione, onorevoli senatori, è dunque necessaria e urgente per operare gli aggiustamenti descritti e per evitare che nel frattempo discrasie e anomalie normative ricadano sull'efficacia del senso di giustizia a cui dobbiamo applicarci, cioè su quel valore essenziale con cui ogni riforma deve necessariamente misurarsi.

Né è di ostacolo all'intervento sospensivo il fatto che gran parte dei decreti sia già vigente. Alla sospensione, di per sé non in contrasto con i princìpi generali, il legislatore ha più volte fatto ricorso in occasione di riforme importanti, anche di natura ordinamentale; cito tre casi: l'istituzione del giudice di pace è stata ripetutamente differita e la seconda volta con un provvedimento adottato nove mesi dopo che quelle norme avevano acquistato efficacia; la nuova disciplina relativa alla segreteria e all'ufficio studi del CSM è stata differita fino all'entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario e la norma di differimento è stata emanata ben cinque anni dopo la vigenza dell'originaria disciplina; ancora, l'entrata in vigore della normativa in tema di efficacia delle sentenze straniere è stata rinviata con un provvedimento legislativo adottato oltre un anno dopo l'efficacia di quelle riforme.

Ricordo infine che la sospensione proposta sarà accompagnata da disposizioni transitorie per fare salvi gli effetti già prodottisi durante la vigenza dei decreti legislativi.

Comunque, onorevoli senatori, onorevoli colleghi, a prescindere dalle posizioni che saranno assunte - tutte legittime - dai vari Gruppi parlamentari, continuo e continuerò a ritenere e sono convinto più che mai che bisognerà assieme (e sottolineo assieme), maggioranza e opposizione, lavorare allo e sullo stesso telaio istituzionale della giustizia. Anzi, a questo proposito si potrebbe - perché no - studiare una sorta di comitato ristretto che abbia a collaborare con il Governo e che metta appunto e a ruolo questa significativa e obbligata partecipazione di tutti per rendere omogenei i criteri che dovranno ispirare, secondo una corretta visione di intese istituzionali, il nuovo ordinamento giudiziario.

Credo che questa sia una questione, la giustizia, che è elemento da intesa istituzionale perché su questi temi è giusto che ci sia la misura e il senso delle istituzioni, che tocca tutte le parti in causa presenti in quest'Aula. Occorre mettere allora a punto un nuovo contenitore il più possibile condiviso. Questa è la mia intenzione e i prossimi mesi ci diranno quali tessuti usciranno da quel telaio. Le riforme a mio parere intanto incidono e hanno un seguito nella coscienza popolare e hanno un esito favorevole nella pubblica opinione se partono da un confronto tra le forze politiche e se questo confronto è assunto come dato permanente, non come momento di episodicità. Un confronto che auspico, onorevoli senatori, né compiacente, né populista, ma che sappia riflettere anche - perché no - le ragionevoli esigenze dei destinatari dei provvedimenti che si vanno ad assumere.

Le riforme non si possono fare sulla testa e totalmente contro chi, poi, le deve attuare. Una coalizione politica, a qualunque schieramento appartenga, non può non tener conto di questo elementare criterio di buon senso politico.

In conclusione, credo che se ci imporremo tutti una serena valutazione sul come disegnare un nuovo modello ordinamentale, privi dello stress politico che assai spesso frequentiamo, se tutti considereremo le riforme, e questa riforma in particolare, non come uno sfondamento di linea contro gli altri, allora il risultato sarà di qualità e avremo contribuito, ognuno per la sua parte, a ricercare le misure più adatte, perché al centro della giustizia italiana, sempre più europea, ci sia finalmente solo e soltanto il cittadino come arbitro. (Applausi dal Gruppo Ulivo e dai banchi del Governo).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, devo dire che ho avuto una certa difficoltà nel seguire il discorso del ministro Mastella per il frastuono che c'era in Aula, a testimonianza dell'assoluto disinteresse che anche i parlamentari della maggioranza nutrono per questo tema e a testimonianza del fatto che gli schieramenti sembrano comunque codificati. Peccato, perché mi sembra che, soprattutto da parte nostra e dell'opposizione, fosse stata espressa una reale disponibilità a valutare le proposte del Ministro. Da quanto ho potuto percepire e recepire sono invece confuso e in larga parte anche deluso.

Vediamo intanto di fare il quadro della questione: oggi tutti i provvedimenti legislativi sono in vigore, nessuno escluso; mi pare che lei, signor Ministro, abbia provveduto a far approvare anche l'ultimo di essi, che in qualche modo aveva seguito le rocambolesche vicende tra Presidente del Consiglio e Quirinale. Mi sarei allora aspettato che parlasse di provvedimenti già in vigore, che avrebbero quindi già dovuto esplicare i loro effetti, se il Governo e il CSM fossero stati ligi alla legge.

Questo è il punto fondamentale: stiamo discutendo, completamente al buio e nel disinteresse dell'Aula, se bloccare o meno una legge che già sta esplicando i propri effetti, senza sapere se essi siano positivi o negativi. Mi sarei aspettato che lei fosse venuto qui a dirci questo, manifestando la sua intenzione di mantenere gli effetti della legge, nel caso in cui essi fossero stati positivi, o indicando la sua intenzione di abrogarli, in caso contrario.

In tale ottica ci saremmo volentieri misurati; invece, mi scusi, lei ha ripetuto pedissequamente alcuni punti già espressi dall'Associazione nazionale magistrati. Questo è il dato fondamentale sul quale dobbiamo ragionare: qual è la vera materia del contendere di questo provvedimento? Ciò che è scritto nelle leggi? No, tant'è vero che non interessa a nessuno, lo abbiamo visto anche in quest'Aula stasera. Il vero punto fondamentale è chi debba esercitare in questo Paese il potere in materia di giustizia. (Applausi dai Gruppi LNP e FI e del senatore Baldassarri). In materia di giustizia deve legiferare la magistratura o il Parlamento? Questo è il problema fondamentale che noi siamo chiamati a dirimere in questi giorni.

Il ministro Mastella ha fatto una scelta, per carità legittima. La sua scelta è stata lasciar legiferare la magistratura. Ormai è una questione che è sotto gli occhi di tutti: ha aperto il Ministero all'ANM e ha detto: prego, il Ministero è qui, lottizzatevi le posizioni apicali, basta che non mi date problemi. Anche plasticamente, vediamo seduto ai banchi del Governo un magistrato, che è stato preso direttamente dal tribunale e portato qui a rappresentazione plastica e anche formale di quanto conti la magistratura sugli altri poteri dello Stato in questo momento. Quindi, da un lato vi è la magistratura al Governo e in Parlamento che decide sul tipo di legge.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Anche lei aveva un Sottosegretario magistrato.

 

CASTELLI (LNP). Mi scusi, ministro Mastella, ma lei, sulla questione della progressione in carriera, ha ripetuto esattamente quello che dice l'ANM da tempo: questo è il dato di fatto. L'ha ripetuto lei perché la questione dei controlli più stringenti è un cavallo di battaglia dell'Associazione nazionale magistrati.

Qual è il problema fondamentale e inaccettabile in questo momento per la magistratura? Si dice che il giudice è autonomo e indipendente, ma il giudice non è mai stato meno autonomo e indipendente come in questo momento: il giudice è completamente nelle mani del Consiglio superiore della magistratura, che a sua volta è nelle mani dell'Associazione nazionale magistrati e delle correnti, questo è il dato fondamentale. Infatti, senza il placet delle correnti non si può fare carriera, non si può andare nelle posizioni apicali e non importa quali siano le capacità soggettive: se non gestisci la magistratura secondo i voleri dell'Associazione nazionale magistrati, devi andare via! Il caso Cordova docet. Cordova era un uomo di destra? No! Era semplicemente un uomo che non intendeva soggiacere ai diktat dell'ANM ed è stato cacciato via dal Consiglio superiore della magistratura, gestito dalle correnti.

Questi sono i punti fondamentali che stasera dobbiamo dirimere. Inoltre lei, mi scusi, ministro Mastella, ha fatto anche un po' di confusione, perché da un lato ci ha fatto alcune proposte sui decreti legislativi che oggi sono in esame, ma ci ha anche parlato della scuola della magistratura che intende modificare. Guardi che non è in esame questo provvedimento, lei non ha proposto la sospensione di questo decreto legislativo, quindi il suo dovere è quello di portare avanti ciò che è scritto. Invece è venuto a dirci che intende modificarla, ma non in quali termini.

Ebbene, lei ha dimostrato, attraverso le sue proposizioni, che sarebbe possibile seguire questa strada, anche più ragionevole, e cioè lasciare che la legge esplichi i suoi effetti e vedere quali sono questi terrificanti guai. Infatti, ribadisco, oggi la legge è in vigore, e cosa causa problemi alla giustizia in questo momento, forse gli effetti dei decreti legislativi? No! L'unico grande problema di questo momento è causato dal decreto Bersani che, attraverso i suoi provvedimenti, ha bloccato il pagamento degli stipendi al personale della giustizia. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

Dunque è legittimo che lei pensi di poter modificare la scuola della magistratura, si può fare, anzi è già nella legge questa possibilità. Infatti ricordo che la legge delega prevede che vi possano essere decreti legislativi successivi di correzione. È ovvio: nessuno pretende di aver fatto una legge perfetta. È chiaro che una riforma così complessa avrà dei buchi, avrà dei problemi e quindi andrà corretta, è stato previsto nella legge. Allora perché non utilizzare questo strumento, che è già previsto, senza dover bloccare l'Aula per quindici giorni su questa discussione? Perché bisogna pagare il prezzo formale all'ANM: «Castelli delendum est», questo è il punto fondamentale. Il Ministro che ha osato varare una riforma contro il parere della magistratura va cancellato, la riforma va cancellata come elemento plastico per definire il potere della magistratura in materia di giustizia.

Questo è il punto fondamentale su cui dobbiamo ragionare. Dunque va cancellata la riforma, perché nessuno crede che si tratti soltanto di una sospensione: questa è un'eutanasia! Lo dimostrano i fatti, perché il Governo ha presentato un unico emendamento in Commissione e si tratta di un emendamento che procrastina il termine di sospensione stesso. Quindi è chiaro che la volontà è quella di bloccare la riforma per sempre.

Credo che non possiamo accontentarci e non ci accontentiamo delle sue proposizioni su questo punto. Una posizione seria potrebbe essere quella di metterci intorno a un tavolo con il Governo che ci dica quali sono i reali effetti negativi che questa riforma ha portato, perché nessuno fino a questo momento, e neanche il Ministro stasera, ci ha riportato un solo esempio che ci confermi che ci sono degli elementi negativi nella riforma. In questa riforma sicuramente ci sono degli elementi negativi, ma spero che vogliate comunicarli anche a noi. Oggi siete al Governo, potete monitorare effettivamente gli effetti che tale riforma sta portando avanti (perché in larga parte è già operativa), ma anche stasera non ho sentito nulla a questo proposito.

Pertanto, per quanto ci riguarda manterremo in vita le questioni pregiudiziali, perché ritengo che stasera lei, ministro Mastella, non solo non ci abbia fornito alcun elemento positivo ma, riportando alcune parole che - ripeto - sono riprese fedelmente dai documenti dell'Associazione nazionale magistrati, ci inquieta ancor di più sulla sua reale indipendenza dalla magistratura. Ciò è grave, perché in questo modo si inficiano le basi stesse della democrazia, che prevede una suddivisione dei poteri.

Colleghi, badate bene, questo è un tema mondiale. Proprio in questi giorni è stato pubblicato un libro, «Giudice sovrano», di un grande avvocato americano e invito tutti a leggerlo, poiché denuncia proprio il problema della progressiva presa di potere della magistratura sugli altri poteri dello Stato. Credo che sia inaccettabile che la magistratura diventi anche ente legiferante.

Questa è la battaglia ideale che dobbiamo portare avanti, al di là di quanto contenuto nella riforma. Badate bene, un qualsiasi commentatore indipendente vi dirà che si tratta di una riforma all'acqua di rose. Le camere penali hanno ragione a promuovere scioperi contro la suddetta riforma poiché considerata troppo debole. Questo è vero, ma siamo riusciti ad ottenere soltanto questo, sia per la volontà politica del Parlamento, sia per i paletti posti dalla Costituzione.

Pertanto, la partita reale che si gioca oggi in Parlamento non è su quanto è scritto nella riforma, ma su chi detiene il potere in materia in materia di giustizia. (Applausi dai Gruppi LNP, FI, AN e UDC).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, nella Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari avevo avanzato, a nome dell'UDC, la richiesta che il Ministro della giustizia prendesse la parola prima delle questioni pregiudiziali, visto che ciò non era ancora avvenuto. Sostanzialmente egli avrebbe dovuto spiegarci se stavamo procedendo verso una modifica della riforma dell'ordinamento giudiziario, votata dalla sola maggioranza nella precedente legislatura, ed interamente entrata in vigore (alcuni decreti legislativi addirittura sono in vigore al di là dei termini previsti; un solo decreto legislativo non è entrato in vigore per alcuni termini ancora parzialmente aperti, per alcune decisioni riguardanti singole persone), per cercare, in una materia di grande delicatezza istituzionale, quale l'ordinamento giudiziario, un'intesa tra le grandi parti politiche del Parlamento, in modo che il potere parlamentare si potesse pronunciare nel suo insieme nei confronti del Consiglio superiore della magistratura, o se invece la maggioranza intendeva procedere senza alcun intesa con l'opposizione.

Prendo atto che il Ministro ha esposto molti argomenti di dettaglio, ma sono rammaricato per il fatto che egli abbia mantenuto la richiesta della sospensione dell'ordinamento vigente, prima di passare ad una sua revisione. Questa è una contraddizione di fondo tra il lavoro pregevole che il Ministro ha svolto, indicandoci le parti che egli ritiene debbano essere modificate (senza tuttavia fornirci dettagli tali da permetterci di votare immediatamente tali modifiche) e la richiesta di una sospensione che, da questo punto di vista, non è una richiesta di volontà d'intesa, ma è puramente pregiudiziale politica.

La domanda era ed è la seguente: la maggioranza di Governo intende procedere ad una riforma istituzionale come quella che riguarda i rapporti con la magistratura anche tenendo conto dell'opposizione oppure no? Ritiene di essere autosufficiente nei rapporti con la magistratura oppure no? Questa è la questione che abbiamo posto. Vogliamo sapere se c'è volontà di procedere d'intesa con l'opposizione.

Ovviamente, l'opposizione, che era maggioranza nel precedente Parlamento, ha prodotto una riforma legislativa e accetta di tutto ragionevole buon grado le modifiche da apportare, dicendosi pronta a votarle anche immediatamente, in modo che non ci sia più alcun bisogno di sospendere il provvedimento. Se invece ci si dice: «Prima sospendete e poi campa cavallo...», ovviamente non crediamo che il cavallo campi.

Occorre essere molto precisi su questo punto. Io sono un testardo: ho motivo di ritenere che tra oggi e la settimana prossima, quando dovremo votare questo provvedimento, il Governo possa maturare un orientamento diverso di fronte alla nostra dichiarata disponibilità a votare immediatamente (lo ripeto) le modifiche ritenute essenziali, come diceva il collega Castelli prima, purché siano istituzionalmente necessarie.

Vorrei far presente che il Vice presidente del Consiglio superiore della magistratura nella sua comunicazione non ha più parlato di sospensione del provvedimento, ma ha fatto riferimento a norme transitorie sulle quali si dovrebbe intervenire per ragioni di funzionalità. Non ha più parlato, il senatore Mancino, in qualità di Vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, di sospensione del provvedimento. Questo è un fatto istituzionale di enorme rilievo, perché nella precedente legislatura il CSM aveva ripetutamente detto di essere contrario a far entrare in vigore tale riforma.

Il Vice presidente del Consiglio superiore della magistratura afferma che l'attuazione della legge in vigore pone taluni problemi. Siamo pronti in questo momento a modificare l'ordinamento vigente per evitare disfunzioni istituzionali, ma non riteniamo necessaria alcuna sospensione del provvedimento adottato anche perché non vorremmo, onestamente, essere presi in giro. Si definisce sospensione quella che di fatto è un'abrogazione. Non parlo, come il collega Castelli, di eutanasia, ma di fatto si tratta di una sospensione che impedirebbe ad un provvedimento approvato (non so in che modo) di avere attuazione. Non riesco a capire come si possa sospendere un provvedimento già entrato in vigore, ma è un problema tecnico che rimetto alla valutazione del Governo.

Di fatto, lo ripeto, noi manteniamo la nostra idea alternativa alla sospensione. Accettiamo le modifiche. Discutiamo le modifiche, come ha detto il senatore Castelli, mettiamoci intorno ad un tavolo anche immediatamente, anche stasera: per approfondire quanto detto dal Ministro potrà essere necessario qualche giorno, non tempi infiniti. Modifichiamo l'ordinamento vigente, dimostriamo che cerchiamo l'intesa istituzionale di tutto il Parlamento con l'ordine giudiziario.

Se questa è la volontà siamo pronti, se questa non è la volontà siamo costretti a ritenere preferibile mantenere il provvedimento così come. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, abbiamo ascoltato con attenzione l'intervento del ministro Mastella ed ora i due interventi dei colleghi Castelli e D'Onofrio. La mia opinione è che nel discorso del ministro Mastella vi siano, in un'esposizione analitica che potrà essere forse apprezzata meglio leggendo il testo, le linee direttrici di un intervento modificativo delle norme dei decreti delegati della cosiddetta legge Castelli che può realizzarsi per venire incontro a problemi e obiezioni che da più parti sono state avanzate.

Il ministro Mastella ha più volte sottolineato che la volontà del Governo non è quella di abrogare una parte delle norme esistenti, perché abrogazione significa esclusivamente cancellazione, ma quella di correggere una parte delle norme esistenti sforzandosi di raccogliere gli intendimenti e le ispirazioni che pure erano alla base della nuova legge sull'ordinamento giudiziario approvata nella scorsa legislatura.

E' evidente che la prima questione posta dal collega D'Onofrio trova già risposta nel discorso del Ministro. Da parte del Governo vi è la volontà di ricercare sulla materia dei concorsi, su alcuni aspetti della materia disciplinare e su alcuni limitati aspetti dell'organizzazione delle procure una disciplina che modifichi le norme della cosiddetta legge Castelli, ma che deve essere definita in un confronto e in una convergenza con le forze dell'opposizione. Infatti, l'esigenza di interventi modificativi non nasce da un ragionamento astratto e da una scelta ideologica, ma da un'analisi concreta delle inadeguatezze delle norme attualmente vigenti.

La mia proposta è che nella situazione attuale, avendo di fronte a noi una proposta del Governo (e devo credere che il disegno di legge sia pronto, in quanto il ministro Mastella è stato molto chiaro e analitico nel fissarne le linee), noi avviamo subito un lavoro a partire dal Senato, cioè dal ramo del Parlamento davanti al quale il ministro Mastella ha enunciato le linee guida degli interventi modificativi da apportare alla cosiddetta legge Castelli.

Si costituisca, sulla base di una proposta che avevo avanzato anche nella scorsa legislatura ma senza successo, un Comitato ristretto dove avviare un confronto serrato tra maggioranza e opposizione al di fuori della contrapposizione politica, sulla base del testo presentato dal Governo, per trovare un punto di incontro sulla disciplina dei concorsi, sulla revisione di alcuni aspetti del disciplinare e delle norme relative all'organizzazione gerarchica degli uffici di procura, revisione a mio avviso soltanto parziale ma che deve esserci e della quale possiamo comunque discutere. Questi mi sembrano i punti sui quali è necessario discutere e sui quali occorre giungere ad una convergenza.

Senatore D'Onofrio, mi domando se possiamo realisticamente giungere attraverso questo confronto serrato e serio alla definizione di norme condivise nello spazio di poche ore e giorni. Io non credo che sia possibile e ritengo che noi dobbiamo, senza drammatizzare e senza attribuire un particolare significato politico a questa scelta, fermare per un momento l'applicazione e l'entrata in vigore effettiva dei decreti delegati, o meglio di alcuni di essi, in quanto altri camminano per la loro strada, e dei decreti legislativi conseguenti alla cosiddetta legge Castelli.

Bisogna fermare una parte dei decreti ma, nel momento stesso in cui stiamo discutendo della proroga, bisogna avviare il lavoro sul merito degli interventi modificativi, bisogna costituire e far funzionare un Comitato ristretto.

Chiediamo al Governo che la sua proposta venga depositata in questi giorni e che su di essa si possa avviare un lavoro nel merito. Mi sembra che questo sia un possibile punto di compromesso. Se voi chiedete di spostare gli interventi modificativi dei decreti delegati direttamente nel disegno di legge in discussione, tale compromesso diventa più difficile perché un lavoro del genere, un confronto, una convergenza richiedono un minimo di tempo, di elaborazione, di discussione.

Proprio per questo, se siamo d'accordo che si debba giungere ad una parziale modificazione potremmo condividere anche la proposta di fermare per un momento l'entrata in vigore di quei decreti. Questa è una linea che può, sia pure con tutta la fatica che deriva dai rapporti politici alle nostre spalle, segnati dalla contrapposizione, consentire un lavoro comune in un Comitato ristretto ed anche il varo di norme che trovino un consenso quanto più possibile ampio.

A tale riguardo, chiedo un gesto di buona volontà al senatore D'Onofrio e agli altri colleghi. Se fosse possibile accordarci su questo punto, massimo sarà l'impegno del Gruppo dell'Ulivo, in Comitato ristretto e in Commissione, per farsi carico delle ragioni che verranno avanzate dall'opposizione e per fare presto a giungere a norme che risolvano i problemi che sono sul tappeto e che ci trovino, quanto più possibile, d'accordo. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

PRESIDENTE. Alla Presidenza sono pervenute richieste d'intervento per l'illustrazione di due questioni pregiudiziali, non presentate per iscritto, quindi orali, da parte del senatore Pastore e del senatore Palma. (Il senatore Palma fa cenno di voler rinunciare alla questione pregiudiziale).

Il senatore Castelli poi interverrà per porre una questione sospensiva. Queste le indicazioni giunte sinora alla Presidenza.

PASTORE (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (FI). Signor Presidente, preliminarmente vorrei ricordare all'Assemblea che la Commissione affari costituzionali non ha potuto esprimere il parere su questo disegno di legge per mancanza di numeri nella maggioranza. Il parere, sulla base degli elementi di valutazione che cercherò di illustrare all'Assemblea e che costituiscono il fondamento della pregiudiziale, sarebbe stato negativo.

Come già è stato detto da alcuni colleghi e riconosciuto dal Ministro, i tre decreti legislativi dei quali si chiede la sospensione sono già entrati pienamente in vigore: il primo, che riguarda l'organizzazione delle procure, il 18 giugno 2006; il secondo, che riguarda il sistema disciplinare dei magistrati, il 19 giugno 2006; l'ultimo, che riguarda la carriera dei magistrati, il 28 luglio 2006. Ebbene, il disegno di legge nel testo giunto in Commissione propone che questi tre decreti legislativi vengano sospesi, ancorché abbiano dispiegato i loro effetti. Nulla si dice sulla disciplina che sarà applicata a decorrere dal giorno della sospensione, né sulla disciplina intercorrente tra il giorno della sospensione e il giorno dell'entrata in vigore.

Presidente, noi stiamo facendo un'operazione legislativa. L'Aula rischia di mandare in porto un'operazione legislativa che non ha precedenti. Si tratta di un salto nel buio, di una vergogna giuridica, di un obbrobrio parlamentare. Non è mai capitato nella storia del Parlamento - e credo non si trovino precedenti negli annali giuridici - che una legge già modificata nel suo cuore e abrogata totalmente, in maniera implicita o espressa, riviva grazie alla sospensione della legge che ne ha provocato l'abrogazione. Credo si tratti di una situazione unica nel panorama legislativo. Purtroppo, non è la prima stranezza di questa legislatura.

Vorrei far presente tra l'altro, signor Presidente, che vi sono materie estremamente sensibili toccate da questi decreti legislativi. Vi è la materia del disciplinare, per cui ove non si ponesse mano a risolvere questa grave lacuna, che riguarda sia il futuro successivo alla sospensione, sia il periodo intercorrente tra la sospensione e l'entrata in vigore di questi decreti legislativi che si vorrebbe sospendere, si verificherebbero problemi gravissimi, perché avremmo comportamenti di magistrati, degli uffici e di tutti coloro che sono soggetti a queste norme che non ricadrebbero né nell'una, né nell'altra disciplina. Un vero obbrobrio giuridico.

Né a me sembra che a questa situazione possa porre rimedio la proposta emendativa del Governo, che si è accorto con qualche mese di ritardo che la disposizione contenuta nel disegno di legge di sospensione dei decreti legislativi avrebbe comportato qualche problema di carattere giuridico.

Quella proposta dal Governo, infatti, è una norma che recupera le leggi abrogate rinviando a ciò che non esiste più. Il Governo intende introdurre nel nostro ordinamento un meccanismo in base al quale rivivrebbe una legge abrogata attraverso un semplice richiamo ad essa. È come se noi decidessimo una sospensione degli effetti del codice penale Rocco e stabilissimo che nel frattempo si attuano gli effetti del codice penale precedente. Non vi è alcuna differenza di carattere formale tra queste due ipotesi, ma credo che l'esempio possa servire a capire l'enormità di una simile questione.

Signor Presidente, signor Ministro, è una questione che tocca non una materia ordinamentale di carattere secondario, ma l'ordinamento giudiziario, che richiede una disciplina, senza la quale il nostro sistema istituzionale non funzionerebbe. Si tratta peraltro di un ordinamento che è oggetto di una riserva di legge e che quindi non può essere sostituito da norme di altra natura; è un ordinamento che ha una rilevanza costituzionale e sul quale abbiamo realizzato un grande progetto di riforma, ancorché nel 1948 la nostra Carta costituzionale prevedesse l'attuazione in poco tempo della riforma dell'ordinamento giudiziario. In sessant'anni è riuscito nell'intento il centro-destra e credo che con la procedura prevista dal disegno di legge in esame e, soprattutto, con l'approccio politico del ministro Mastella - che in realtà è stato poco ascoltato, in quanto il suo programma, mi consenta, è poco credibile, essendo un programma di ampio respiro, mentre lei sa benissimo che questo Governo ampio respiro, non ce l'ha - rischiamo certamente di resuscitare in malo modo un ordinamento giudiziario che risale al 1941.

Mi auguro pertanto che l'Aula accolga la questione pregiudiziale presentata ed eviti questo disastroso effetto. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Castelli per illustrare la questione sospensiva QS1.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, di fatto ho già illustrato nel mio precedente intervento le ragioni in base alle quali è stata presentata una questione sospensiva. Se fossimo in un Parlamento ragionevole e razionale dovremmo analizzare quali sarebbero gli effetti di questa riforma, che - ripeto - è già in atto.

La ragione quindi è semplicissima e la questione sospensiva si illustra da sé.

PRESIDENTE. Colleghi, la seduta odierna, aperta alle ore 17, dovrebbe terminare alle ore 20.

Potremmo anche procedere adesso alla discussione sulle questioni pregiudiziale e sospensiva presentate ma, rispetto al quadro che si presenta, sento il dovere di concludere i lavori odierni nei tempi previsti. Questa decisione mi sembra assolutamente rispettosa dei senatori che non sono presenti.

Potremmo chiudere la seduta dieci minuti prima e iniziare domattina con la discussione sulle due questioni poste dal senatore Pastore e dal senatore Castelli.

Questa mi sembra la decisione che l'Aula potrebbe adottare e che, fuori da ogni infingimento, dato il rilievo della decisione che stiamo prendendo, avrei veramente difficoltà a non osservare prolungando la seduta oltre l'orario ufficialmente stabilito. Questa è la proposta che mi sento di presentare all'Aula. Vorrei sentire il parere dei Gruppi.

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN). Presidente, se non ci sono iscritti a parlare, possiamo procedere al voto.

 

PRESIDENTE. Il senatore Casson è iscritto, o no? C'è quindi lui.

 

MATTEOLI (AN). Presidente, i senatori quando vogliono iscriversi a parlare si rivolgano all'Ufficio di Presidenza.

 

PRESIDENTE. Senatore Matteoli, guardi che la comunicazione dell'iscrizione del senatore Casson me l'ha riferita il Segretario generale, quindi non sussistono dubbi. Se c'è qualche preoccupazione venga espressa.

 

MATTEOLI (AN). Non ci sono preoccupazioni, ma se non ci sono iscritti votiamo senza rimandare a domattina.

 

PRESIDENTE. Se c'è il senatore Casson gli diamo la parola. (Commenti del senatore Storace). Qui siamo ad un livello di responsabilità tale per cui il suo discorso è privo di senso. Per una votazione di questo genere sento la responsabilità di rispettare l'orario stabilito per lo svolgimento dei lavori di questa seduta.

Prego, il senatore Casson ha la parola.

 CASSON (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli senatori, ritengo che la questione pregiudiziale sia completamente destituita di ogni fondamento. Sono anzi convinto che il suo accoglimento presenterebbe problemi e dubbi più consistenti sotto il profilo della legittimità costituzionale. Già in altra sede l'attuale vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, l'onorevole Mancino, ha avuto occasione di segnalare i danni anche gravi all'attività del Consiglio superiore della magistratura e degli uffici giudiziari stessi determinati dall'entrata in vigore e dall'efficacia dei tre decreti che ci riguardano. Ha usato anche toni piuttosto pesanti parlando di situazioni di blocco o di rischio di blocco dell'attività e anche di situazioni di caos.

Ritengo che l'entrata in vigore di questi tre decreti legislativi in particolare si presenti in contrasto con l'articolo 97 della Costituzione che è quello che tutela il buon andamento e l'imparzialità della pubblica amministrazione, ma ci sono altri profili di dubbio di legittimità costituzionale più consistenti. I primi riguardano il decreto legislativo n. 106 del 2006 relativo alla gerarchizzazione delle procure della Repubblica.

Le critiche di maggior rilievo vengono rivolte in particolare modo nei confronti di questo decreto legislativo perché inficia gravemente il principio costituzionale dell'indipendenza della magistratura, esplicitato in particolare nell'articolo 104 della Costituzione, che fa riferimento alla magistratura come ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Altro importante riferimento va fatto all'articolo 109 che dice che l'autorità giudiziaria dispone direttamente, come autorità giudiziaria e quindi come potere diffuso, della polizia giudiziaria. Ricordo infine l'articolo 112 che fa riferimento al pubblico ministero che ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Le norme, che entrerebbero, che sono entrate in vigore e che continueranno a produrre effetto, determinerebbero delle lesioni di questi principi costituzionali.

Il modello di sistema giudiziario vigente in Italia viene definito di potere diffuso e viene ritenuto il più idoneo a una democrazia moderna. È proprio impedendo un capillare e diffuso esercizio dell'azione penale che si va ad inficiare la natura stessa di questo potere diffuso.

Altri problemi sono poi collegati al secondo decreto legislativo entrato in vigore, il n. 109 del 2006, relativo all'azione disciplinare e, in particolare, alla tipizzazione - verso la quale peraltro non siamo contrari - e alla obbligatorietà dell'azione disciplinare in ogni caso.

È strettamente collegata, come complessità e come rischio di danno, questa entrata in vigore con quello che dicevo in materia di indipendenza e autonomia della magistratura, in riferimento all'esercizio del potere del pubblico ministero.

L'azione disciplinare, così com'è stata prospettata e così com'è entrata in vigore, crea dei problemi particolari all'interno del Consiglio stesso, rischiando di creare, contrariamente a quanto viene detto, un blocco dell'attività disciplinare per il Consiglio superiore della magistratura; d'altronde, proprio per il numero eccessivo di azioni, di segnalazioni e di esposti nei confronti di magistrati si creerebbe da una parte il blocco degli organi che sono stati istituzionalmente incaricati di questa azione disciplinare e, dall'altra, questo carico eccessivo di procedimenti comporterebbe il raggiungimento in tempi brevissimi del termine della prescrizione, che sappiamo essere fissato in un anno. Quindi, da una parte la moltiplicazione incontrollabile del numero dei procedimenti (con effetti intimidatori) e, dall'altra, l'estinzione rapida dei procedimenti che non rispondono alla tipologia normativamente prevista possono ritenersi i danni maggiori.

Un'altra questione riguarda il terzo decreto legislativo entrato in vigore, il n. 160 del 2006. In questo caso, è persino lapalissiano ricordare come la previsione, così com'è stata fatta, di concorsi ripetuti per i magistrati (il problema della progressione in carriera) costringerebbe i singoli magistrati a pensare più ai concorsi che non all'attività giudiziaria vera e propria, con dispendio di energie e di tempo in attività extragiudiziali e contro quel principio di natura costituzionale - che ricordavo all'inizio del mio intervento - relativo al buon andamento della pubblica amministrazione.

L'unico problema serio che poteva e che potrebbe sorgere è relativo al periodo transitorio, così com'è stato segnalato dall'intervento del senatore Pastore; ma, peraltro, questo periodo transitorio è stato individuato correttamente ed esattamente dall'intervento del Ministro. In particolare, il Governo ha presentato un emendamento proprio - per così dire - per tappare questo buco. L'emendamento proposto è il 4.0.600 e riguarda l'inserimento dell'articolo 4-bis successivamente all'articolo 4.

Tale articolo 4-bis è diviso in due commi: il primo fa riferimento ad un termine, quello del 31 luglio 2007, fino al quale continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto dei tre decreti legislativi che ci riguardano, le disposizioni del regio decreto n. 12 del 1941, con tutte le successive modificazioni ed integrazioni, nonché tutte le altre disposizioni approvate in materia di ordinamento giudiziario, comprese le ultime, relative anche al decreto legislativo n. 20 del 16 gennaio 2006.

La seconda parte di questo articolo 4-bis fa riferimento, ancora una volta, agli effetti che si sono prodotti e alle situazioni che si sono esaurite nel vigore dei decreti legislativi di cui all'articolo 1. Questa è la risposta che si vuole dare alla domanda che viene posta, in particolare, dal senatore Castelli. In questa situazione normativa, si rileva che, innanzitutto, si sono sicuramente prodotti degli effetti, che sono, possono essere, potranno o continueranno ad essere negativi; è proprio questo il motivo per cui i decreti nel frattempo vanno sospesi, proprio perché non producano altri effetti.

Con la proposta fatta ed illustrata, seppur per le linee generali, dal Ministro della giustizia, all'inizio di questa seduta sono state indicate le linee fondamentali, seppur in maniera sommaria, delle nostre proposte. Come abbiamo detto anche all'interno della Commissione giustizia del Senato, ci sono proposte anche dell'Ulivo che riguardano proprio la modifica della normativa in tema di ordinamento giudiziario, con particolare riferimento ai tre decreti legislativi che sono oggetto di discussione questa sera.

Si diceva che non si vuole abrogare, si vuole correggere. È una mano tesa questa; si vuole arrivare tutti assieme alla correzione dei punti negativi che sicuramente esistono, come peraltro diciamo che alcuni punti positivi esistono. Questi vanno recuperati e, laddove c'è la necessità, le correzioni devono essere apportate o in Commissione giustizia oppure in sede di comitato ristretto, così come ci è stato proposto.

Nel frattempo cosa si fa? Questi tre decreti legislativi hanno già prodotto degli effetti; continueranno a produrne, effetti che potranno essere pregiudizievoli, alcuni anche irreversibili. Pensiamo in particolare alla materia della progressione in carriera, alla materia dei concorsi, alle azioni disciplinari.

La nostra risposta conclusiva di sospendere tre decreti entrati in vigore non è un caso unico nella storia del nostro Parlamento. Ricordo soltanto a noi stessi ed al senatore Pastore come vi siano state anche situazioni precedenti. Mi riferisco in particolare alla normativa in materia di giudici di pace.

In conclusione, si chiede venga approvata la proposta del disegno di legge del Governo. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).

PRESIDENTE. Ricordo che devono ancora intervenire i senatori Di Lello Finuoli e Barbato.

Data l'ora, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635)

 

 

PROPOSTA DI QUESTIONE SOSPENSIVA

 

QS1

CASTELLI

Il Senato,

premesso che:

i decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n. 160 sono efficaci rispettivamente dal 18 giugno, dal 19 giugno e dal 28 luglio del corrente anno;

prima di approvare il provvedimento in esame, al fine di poter riscontrare la reale necessità di sospendere l’efficacia dei suddetti decreti, per un notevole lasso di tempo, per gli aspetti problematici messi in luce nella relazione al disegno di legge in esame, connessi alle difficoltà addotte in merito alla tempestiva riorganizzazione di interi settori dell’apparato giudiziario e, nello stesso tempo, alla realizzazione di numerose e complesse attività da parte del Consiglio superiore della magistratura, nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali;

il Csm, che alla data di emanazione del disegno di legge in esame era in scadenza, si trova oggi nella pienezza dei suoi poteri per essere stata eletta e nominata rispettivamente la componente togata e quella laica, per cui viene meno un consistente motivo addotto dal governo per suffragare la necessità della sospensione degli effetti dei decreti suddetti,

delibera:

ai sensi dell’art. 93, comma 6, del Regolamento, di non procedere all’esame del disegno di legge n. 635, prima di due mesi, al fine di consentire alla commissione dì merito di effettuare un’approfondita indagine sugli effetti ad oggi prodotti dai decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160 e se esistano effettivamente le difficoltà applicative che hanno portato all’emanazione del disegno di legge di sospensione dei medesimi.

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

34a

seduta pubblica (antimeridiana)

 

Mercoledì

20 settembre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI,

indi del vice presidente CAPRILI

 


(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

 

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 11,35)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta di ieri è intervenuto preliminarmente il Ministro della giustizia, sono state illustrate una questione pregiudiziale e una questione sospensiva ed ha avuto inizio la discussione su di esse.

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, annuncio brevemente che siamo contrari alla questione pregiudiziale proprio perché la sospensione e la successiva modifica delle leggi approvate sull'ordinamento giudiziario tendono proprio a ristabilire l'ordine costituzionale... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, consentiamo al senatore Di Lello Finuoli di svolgere tranquillamente il proprio intervento.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Siamo quindi contrari alla questione pregiudiziale. (Applausi dal Gruppo RC-SE. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Aveva chiesto di intervenire il senatore Barbato. Non essendo presente in Aula, si intende che vi abbia rinunciato.

VALENTINO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, già ieri sono state rappresentate con dovizia di particolari le ragioni che rendono assolutamente singolare il disegno di legge che ci apprestiamo a discutere, il quale priverà di regole - perché questa è la sostanza - per una fase, che probabilmente negli auspici della maggioranza dovrebbe durare fino al giugno 2007, la magistratura italiana. Questa è la sintesi alla quale fatalmente si è giunti.

Devo dire che, contraddicendo lo spirito del disegno di legge, che il Governo ha sollecitato, ieri il Ministro della giustizia ha rappresentato quali potrebbero essere le ipotesi di lavoro che a suo avviso potrebbero migliorare il testo, legge dello Stato, che licenziammo nella scorsa legislatura. Lo strumento però adottato per pervenire a queste eventuali conclusioni è caratterizzato da un'anomalia assoluta. Non può, infatti, che essere anomalo un disegno di legge che chiede di sospendere ogni tipo di normativa che regolamenti l'attività, il ruolo, la funzione della magistratura italiana, perché fatalmente questo sarebbe il risultato.

La legge Castelli (la chiamo così in omaggio al Ministro che ne fu promotore e che con grande determinazione si batté perché quel provvedimento giungesse a conclusione) ha abrogato una serie di norme relative all'ordinamento giudiziario. Nel momento in cui, signori dell'opposizione, si dovesse sospendere l'effetto dei decreti delegati, che sono già in corso di attuazione, non avremmo regole.

Allora, appare veramente singolare, senatore Casson, che lei faccia riferimento all'articolo 97 della Costituzione invocando le massime attenzioni per la buona amministrazione, sottolineando che la Costituzione questo prevede con l'autorevolezza che il documento comporta intrinsecamente, quando poi si sollecita una soluzione che renderebbe priva di regole, perlomeno fino al luglio 2007, la struttura di garanzia dello Stato, la magistratura.

Che cosa accadrà della disciplina? Non può essere applicata la vecchia legge, signor Presidente; non può rivivere autonomamente il vecchio ordinamento giudiziario. Quali saranno le regole in forza delle quali avremo una disciplina regolamentata? Gli uffici di procura saranno affidati a chi? Alla gestione assolutamente autonoma di ogni sostituto procuratore? Quali saranno gli agganci normativi ai quali la magistratura si dovrà rivolgere per poter governare nel rispetto della legge la propria attività?

Ecco il paradosso che si viene a realizzare: un vuoto normativo che durerà fino al luglio 2007, secondo gli auspici dei propugnatori di questa ipotesi legislativa così singolare che impone una sospensione la cui durata, però, già quando si discute del tema, appare adombrata dalle soluzioni che si intende prendere in considerazione. Si giunge, inoltre, a sostenere che ciò che è stato compiuto, tutto sommato, non è avvenuto in maniera peregrina e che molto si può salvare. Allora, non sarebbe stato meglio, signori senatori, se ci fosse stato un testo sul quale confrontarsi? Che significato ha questavacatio, questa mancanza di regole con la quale dovremo confrontarci per almeno un anno?

Cosa accadrà in questo anno? E se per avventura - lo auguro, è un mio auspicio naturalmente, ma la maggioranza ha opinioni diverse - cadesse il Governo? E se si dovesse andare a nuove elezioni? E se le vicende della politica non consentissero di immaginare soluzioni alternative? Resteremmo in questo stato di limbo normativo ancora per quanto?

Mi sembra che questo stato di cose imponga un'assunzione di coscienza da parte dell'Assemblea, al di là delle conseguenze che un voto favorevole sulla pregiudiziale possa determinare. Ognuno di noi è qui senza vincolo di mandato e risponde alla propria coscienza e credo che la coscienza di tutti noi ci imponga di stabilire che la magistratura italiana non può andare avanti carente di regole. Per questa ragione confido che la pregiudiziale di incostituzionalità possa essere approvata dall'Assemblea.

In conclusione, signor Presidente, auspico che si realizzi quello che ho rappresentato sommessamente. Ricordiamo sempre che la magistratura è una grande struttura di garanzia; una garanzia per tutti. Ed una garanzia priva di regole che cos'è?

Con questo interrogativo, signor Presidente, concludo il mio intervento e confido nella presa di coscienza da parte degli uomini che siedono in quest'Assemblea. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Pastore).

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, colleghi senatori, la Lega Nord ha presentato una questione sospensiva, oltre ad una questione pregiudiziale di costituzionalità, e mai come in questo caso credo si possa affermare che il riferimento all'articolo 93 del Regolamento (che tratta appunto delle questioni pregiudiziali e sospensive) sia applicato non semplicemente con finalità sospensive, ma con una razionalità dovuta alla tipologia molto particolare del disegno di legge che ci accingiamo a discutere e per il quale chiediamo una sospensione. Tant'è che il Regolamento stabilisce che il Senato è chiamato a pronunziarsi prima sulla sospensione e poi, se questa è approvata, sulla durata della sospensione stessa.

In base a quanto affermato nel disegno di legge in questione l'efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi in esso richiamati è sospesa fino alla data del 1° marzo 2007, mentre nel testo proposto dalla Commissione tale sospensione è ulteriormente prorogata fino al 31 luglio 2007.

Mi chiedo quali siano le ragioni di tutto questo, perché si decida di creare un vuoto legislativo nell'applicazione dei decreti legislativi a seguito della riforma dell'ordinamento giudiziario e non si intervenga invece, se lo si ritiene necessario, attraverso una modifica della legge a suo tempo approvata.

Il testo della questione sospensiva da noi presentato è molto eloquente circa le motivazioni che ci hanno indotto a presentare tale proposta. Esso recita: «(...) prima di approvare il provvedimento in esame, al fine di poter riscontrare la reale necessità di sospendere l'efficacia dei suddetti decreti, per un notevole lasso di tempo»; in sostanza, si ritiene necessario verificare il tipo di incidenza che i decreti legislativi hanno avuto nel nostro sistema giudiziario, le problematiche sollevate e i risultati raggiunti, positivi o negativi, dopo di chè si può intervenire, non tanto con una sospensione e con un rinvio dell'efficacia dei decreti legislativi, bensì con una loro eventuale modifica al fine di correggere quei punti specifici che avessero dimostrato di possedere lacune.

Il Consiglio superiore della magistratura, un tempo in scadenza, oggi è nella pienezza dei poteri: altro motivo di discussione degli ultimi mesi per via del reclamo da parte di qualcuno del rinvio dell'attuazione dei decreti legislativi viene meno perché tutte le funzioni costituzionalmente previste nel mondo della magistratura sono compiute; l'applicazione dei decreti legislativi quindi in tal senso può portare davvero alla concretezza della riforma dell'ordinamento giudiziario e successivamente a una verifica delle condizioni createsi. Intervenire in questo modo è causa invece della peggiore condizione possibile per il regolare svolgimento e la chiarezza del diritto nel nostro sistema giudiziario.

In discussione generale verranno indubbiamente illustrate le motivazioni tecniche e la validità delle scelte politiche per cui è stata approntata e approvata nella scorsa legislatura la riforma dell'ordinamento giudiziario. Non voglio pertanto commentare adesso le parti, i decreti legislativi e le motivazioni specifiche per cui alcuni hanno visto sospesa nella proposta del Governo la loro efficacia. Però è inutile nascondere che dietro a questo repentino, rapido desiderio di sospendere l'efficacia dei decreti applicativi più importanti vi è l'avversione ad una riforma del sistema giudiziario che, bene o male, discussa ma voluta comunque dalle Camere, è stato un tentativo molto profondo e credo - se fosse consentito al tempo di dare le risposte opportune - anche proficuo affinché il grave limite, quello che il ministro della giustizia nella scorsa legislatura, Castelli, chiamava il debito pubblico giudiziario italiano potesse essere intaccato.

In questo caso, invece, ci troviamo di fronte ad una sospensione degli effetti del lavoro svolto, a una incapacità di provvedere con proposte alternative, discutibili, sulle quali innestare un dibattito, come è stato fatto profondamente nella scorsa legislatura, con proposte alternative, che evidentemente non ci sono. Ho la netta impressione, in poche parole, che all'avvicinarsi delle scadenze previste - adesso oltre la metà dell'anno prossimo - per la sospensione dell'efficacia dei decreti legislativi, ci si troverà di fronte a un'ulteriore proroga della sospensione. Se qualcuno dice che vuole tentare concretamente di dare una risposta moderna, innovatrice, riformatrice della realtà giudiziaria italiana, non lo fa certamente rinviando delle scelte operate e discusse.

È inutile ricordare che vi sono state varie parti in gioco, alcune delle quali ritenevano che queste scelte fossero eccessivamente profonde nella loro trasformazione, altre le ritenevano insufficienti. Dopo questa lunga discussione ci si troverà a non avere nessuna risposta concreta. Vediamo qual è la situazione nel mondo giudiziario: ebbene, non vedo oggi, anche alla lettura del programma elettorale dell'Unione, soluzioni concrete, proposte che possano andare non tanto contro una riforma approvata nella scorsa legislatura, che invece è quello che si fa, ma a favore di una proposta alternativa, concreta che abbia come obiettivo il raggiungimento di una qualità della giustizia italiana che sia pari ai livelli di altri Paesi occidentali che, sotto questo profilo, non possono che definirsi più evoluti. I tempi dei processi, la situazione all'interno della magistratura, ma di tutto il mondo legato alla giustizia italiana, anche ovviamente quello degli avvocati, è gravemente in difficoltà.

Si tratta di una difficoltà dovuta a un sistema giudiziario vecchio, obsoleto, che non è in grado di dare risposte.

Cosa facciamo? Cosa propone invece il Governo? Propone di sospendere le riforme approvate nella scorsa legislatura, senza dare alcuna indicazione su quello che verrà fatto: verranno forse compiute delle riforme che al momento non ci è dato conoscere e che forse conosceremo più avanti dopo ulteriori sospensioni e rinvii.

Non so se saranno delle riforme - o delle controriforme - che avranno come primo soggetto beneficiario degli interventi legislativi il cittadino e l'impresa, che oggi sono ancora - e lo saranno purtroppo per lungo tempo - non dei fruitori di un servizio positivo, dinamico e rapido della giustizia pubblica, ma piuttosto delle vittime della lentezza burocratica, giudiziaria e normativa. Tale lentezza è legata a un progetto giudiziario e di magistratura molto vecchio, risalente nel tempo, che non è in grado di fornire oggi risposte. (Richiami del Presidente).

Per questi motivi riteniamo assolutamente indispensabile - nell'attesa di verificare i risultati che le riforme e i decreti legislativi avranno ottenuto - approvare la questione sospensiva in esame e rinviare il disegno di legge al momento in cui questi dati ci offriranno davvero delle risposte utili per prendere decisioni valide. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Tomassini).

 CICCANTI (UDC). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CICCANTI (UDC). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, l'articolo 101 della Costituzione, che apre il titolo IV sulla magistratura, è chiaro. Esso recita: «La giustizia è amministrata in nome del popolo» e aggiunge: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge». I due postulati sono dunque: le regole di giustizia sono scritte dal popolo attraverso i suoi rappresentanti in Parlamento e i giudici sono soggetti a queste regole. Essi sono indipendenti da ogni altro potere, ma dipendono dalla legge e dalla volontà popolare. Il giorno in cui si dovesse accettare l'idea o si avesse solo il sospetto che le leggi, ossia le regole, vengono scritte dai giudici attraverso pressioni e condizionamenti sulle forze politiche e sulle maggioranze parlamentari, si violerebbe la Costituzione formalmente e sostanzialmente.

Siamo stati sempre dell'idea che non ci debbano essere invasioni di campo: liberi i giudici da condizionamenti esterni, ma liberi anche i parlamentari da condizionamenti anche da parte dell'Associazione nazionale dei magistrati. Abbiamo la sensazione che la sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario sia una scelta del Governo e della sua maggioranza, dettata dal sindacato delle toghe: l'opposizione forte e decisa è venuta da loro, prima che dal centro-sinistra.

Questa subalternità del potere politico, le cui ragioni lascio all'immaginazione politica, ci preoccupa e ci stimola a reagire. L'UDC ha votato a favore della riforma dell'ordinamento giudiziario con senso critico e qualche perplessità, nella XIV legislatura. Il presidente Casini ha connotato tutta la sua esperienza di Presidente della Camera dei deputati all'insegna della centralità e della neutralità politica ed ha anche connotato l'immagine e l'azione dell'UDC come partito delle istituzioni, nel senso che le istituzioni democratiche devono venire prima degli interessi di potere dei partiti e delle coalizioni.

Questa consapevolezza ci ha reso critici verso chiusure preconcette ed aperti ad un sano dialogo con il centro‑sinistra sulla riforma dell'ordinamento giudiziario. Abbiamo aperto occhi ed orecchi quando abbiamo avvertito atteggiamenti costruttivi, ma non abbiamo potuto cedere a logiche ostruzionistiche e di parte del centro-sinistra, rispetto ad una riforma che si aspettava dal 1948, ossia dall'approvazione della VII disposizione transitoria della Costituzione.

La relazione del ministro Mastella, che abbiamo apprezzato per l'onestà politica con cui ha denunciato i limiti di volontà distruttive del lavoro legislativo della XIV legislatura, è un riconoscimento positivo dei fondamentali della riforma dell'ordinamento giudiziario. Il ministro Mastella ha riconosciuto infatti che la riforma è da confermare nei suoi caratteri essenziali. Egli ha dichiarato testualmente: «Non intendo proporre una controriforma, né una riforma completamente diversa».

Lei, ministro Mastella, ha sostenuto di volere «ricalibrare alcuni dei meccanismi posti dai decreti legislativi» e, per realizzare questi interventi minori, chiede di sospendere l'efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006, fino alla data del primo marzo del 2007. Con l'emendamento 4.0.600 del Governo, la sospensione è protratta al 31 luglio del 2007 sicché, salvaguardati gli effetti prodotti dalla riforma Castelli, dal 1° agosto del 2007 dovrebbero rivivere le disposizioni della stessa riforma. Non comprendiamo tuttavia perché debba trascorrere un anno solo per «ricalibrare alcuni dei meccanismi», come letteralmente ha dichiarato il Ministro.

L'unico ragionamento oggettivo, e forse convincente, è stato quello mutuato dalle considerazioni del vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Mancino, sull'ingorgo dell'attività dello stesso CSM, per l'avvio del nuovo rito sull'irrogazione delle sanzioni disciplinari. Se questo è il solo problema, possiamo discuterne. Se tutti gli altri istituti riguardanti l'accesso, la scuola superiore della magistratura, la separazione delle funzioni, la progressione di carriera, i concorsi, l'ufficio del procuratore e la tipizzazione degli illeciti disciplinari sono stati riconosciuti nelle valutazioni di merito da parte dello stesso Ministro come istituti da salvaguardare, salvo alcuni meccanismi di ricalibratura, possiamo soltanto esser lieti che sia stato apprezzato il lavoro svolto dalla maggioranza di centro-destra nella XIV legislatura.

Proprio perché riconosciamo l'onestà intellettuale e politica del Ministro e non intendiamo il suo discorso come un mero equilibrismo politico, bensì come un equilibrio di posizioni da raggiungere per una riscrittura di regole condivise, riteniamo che questa volontà vada colta, ma meglio esplicitata, soprattutto nel percorso legislativo di riscrittura da svolgere prima della scadenza dei termini del 29 settembre.

Dobbiamo pretendere dal Ministro maggiore chiarezza ed una possibilità di percorso da poter verificare prima ancora del 29 settembre, soprattutto per quegli istituti che sono stati riconosciuti validi nel merito, mentre soltanto alcuni meccanismi sono da rivalutare. Se vi sono questioni più complesse, esse vanno verificate separatamente, e il Ministro deve chiarire in questa sede quali sono le parti da ricalibrare, entrando tuttavia nel merito delle questioni.

In questo confronto di riscrittura delle regole è necessaria chiarezza politica; non basta parlare ed enunciare vagamente, senza favorire un confronto positivo verso il quale siamo ben disposti a ragionare, come lo eravamo già nella XIV legislatura, in questo senso votiamo la pregiudiziale.

Consentitemi di fare un'ultima considerazione nei confronti dei senatori a vita. In questo Senato, come ha riconosciuto la senatrice Finocchiaro poc'anzi, abbiamo difficoltà di carattere istituzionale che non sono soltanto della maggioranza. Si tratta di una verità oggettiva rispetto alla quale non si può venir meno perché è sotto gli occhi di tutti. Ebbene, questa difficoltà non può essere superata da un partito dei senatori a vita (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Galli), da quel terzo partito che si sta interponendo ad un confronto tra maggioranza ed opposizione, per dar vita soltanto ad una coalizione predefinita, quella del centro-sinistra. In quest'Aula non vi può essere questo vizio del gioco democratico e del dibattito.

Colleghi senatori a vita, riflettete. (Richiami del Presidente) Alcuni di voi sono stati arbitri in questa Repubblica. Dovete seguitare ad essere arbitri e non uomini di parte. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, preliminarmente mi corre obbligo replicare, seppur brevemente, alle affermazioni della senatrice Finocchiaro che, come opposizione, giudichiamo estremamente gravi. Infatti, se per la collega Finocchiaro esercitare i diritti regolamentari e il sacrosanto diritto di voto d'Aula su tutte le dinamiche parlamentari significa trasformare il Senato in un pantano, temo che la visione della democrazia della collega Finocchiaro sia estremamente preoccupante. (Applausi dal Gruppo FI).

Signor Presidente, ieri abbiamo votato, lei è stato il garante di quel voto e deve darci atto, come lo diamo a lei, della correttezza del reciproco comportamento. Ciascuno ha svolto la propria parte, la propria funzione, così come è stato garantito nei precedenti cinque anni di legislatura dal presidente Pera. Non abbiamo mai detto, in quegli anni, nemmeno quando il nostro presidente Pera è stato fatto oggetto di vili aggressioni verbali, che il Senato era stato trasformato in un pantano (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Menardi).

Il Senato è la casa di tutti e quindi alla collega Finocchiaro rispondo che l'opposizione in questa legislatura, che riteniamo breve, si attesterà all'esercizio sacrosanto del proprio ruolo di stimolo e di controllo dell'azione di Governo e dell'attività della maggioranza e quindi di esercizio del diritto di partecipazione al processo legislativo attraverso il voto.

Ricordo alla collega Finocchiaro che non siamo stati noi ad impedire il voto sulle questioni pregiudiziali sull'ordinamento giudiziario bensì voi, che ieri sera vi siete iscritti a parlare per evitare che la seduta potesse proseguire dopo le ore 20. (Applausi dal Gruppo FI). Non siamo stati noi perché noi non abbiamo paura del voto, signor Presidente, colleghi della maggioranza, non lo temiamo. Siete stati voi, ieri, dopo essere andati in minoranza sul calendario a fuggire dal voto sulle pregiudiziali. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Menardi).

Signor Presidente, ci troviamo a discutere una pregiudiziale di costituzionalità su un disegno di legge estremamente imbarazzante e non soltanto per il significato politico. Si tratta infatti di sospendere l'efficacia di norme prevalentemente già entrate in vigore, senza arrecare alcunché di catastrofico all'interno del sistema giudiziario. Due decreti su tre sono entrati in vigore e non si paventa alcun trauma o sconquassamento all'interno del mondo della giustizia. Ciò che imbarazza, colleghi, è leggere le motivazioni del disegno di legge presentato dal Ministro della giustizia - sono atti parlamentari - allorquando si sostiene che sostanzialmente l'entrata in vigore di questi decreti delegati postula l'esigenza di un Consiglio superiore della magistratura ancora in fase di insediamento.

Sostiene, quindi, che vi è la necessità di un intervento quanto più possibile tempestivo rivolto a sospendere l'efficacia dei tre decreti legislativi in modo che la loro effettiva operatività coincida con la costituzione dell'organo di governo in tutte le sue componenti, cosa che è già avvenuta da tempo (quindi, questa motivazione non è più valida). Stranamente, un'altra condizione è che non soltanto venga costituito l'organo, ma anche che le sue componenti siano in possesso della prima ma necessaria esperienza. In sostanza, il presupposto è che non c'è il Consiglio superiore della magistratura, ma che, qualora vi fosse, dovrebbe comunque avere acquisito un minimo di professionalità per potere applicare la norma. Onorevoli colleghi, ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando e da quali esponenti è composto il Consiglio superiore della magistratura? Eppure sono autorevoli docenti di diritto, magistrati eletti, ex parlamentari.

Nella premessa del Guardasigilli si sostiene che l'esigenza di sospendere l'entrata in vigore di questa norma sta nel fatto che il Consiglio superiore della magistratura dapprima si deve costituire - il fatto ora, però, è superato - e poi, anche se costituito, deve essere rodato perché non è in grado di applicare la riforma: vi invito ad inventare una motivazione più seria, più accettabile e più discutibile all'interno del Parlamento, senza sfiduciare il Consiglio superiore della magistratura che si è insediato sostenendo che non è in grado di applicare la riforma! (Applausi dal Gruppo FI).

La verità è un'altra e la diciamo tutta, anche se mi spiace che il ministro Mastella non abbia la bontà di ascoltare l'intervento di uno dei Capigruppo dell'opposizione, girando anche le spalle ai senatori. (Il ministro Mastella, rivolto verso la Presidenza, si gira nuovamente verso l'emiciclo. Commenti ed applausi del senatore Biondi). La ringrazio, signor Ministro. Lo apprezziamo!

La verità è che lei è sotto schiaffo della magistratura. Lei intende abrogare la riforma dell'ordinamento giudiziario approvato dal Governo di centro-destra. Allora, anziché arrivare ad un atto di coraggio che la espone anche alla contestazione interna al Paese, cioè all'abrogazione tout court e alla presentazione in Parlamento di un disegno di legge che preveda tale abrogazione, ha deciso di adottare la politica dei piccoli passi del carciofo: si sospende immediatamente fino al mese di luglio dell'anno prossimo per poi abrogare definitivamente.

Se lei avesse voluto modificare e accogliere l'appello del presidente Mancino - che lamenta il fatto che l'assenza di una norma transitoria rischia di determinare la paralisi del Consiglio superiore della magistratura - avrebbe proposto in Parlamento quella norma transitoria richiesta dai colleghi dell'UDC e che noi saremmo pronti ad approvare; non avrebbe sospeso l'efficacia di norme già entrate in vigore senza creare alcun trauma all'interno del mondo giudiziario. Lei, signor Ministro, è sotto scacco dell'Associazione nazionale magistrati e ci è dispiaciuto leggere ieri dalle sue dichiarazioni proprio le frasi degli esponenti dell'Associazione nazionale magistrati!

Noi contestiamo tale motivazione ed una metodologia di Governo che non possiamo accettare. Se si vuole cancellare quanto è stato fatto dal precedente Governo, ci si deve assumere la responsabilità di presentarsi in Parlamento con una controproposta di merito, con una controriforma piena di contenuti; ci si deve confrontare in Parlamento, così come noi vogliamo fare, sui contenuti delle proposte del Governo. In realtà, questo è un Esecutivo privo di un progetto di Governo perché non ha un programma sulla giustizia da presentare in questo ramo del Parlamento e, allora, procede con la logica della sospensione dicendo che se ne parlerà in seguito. (Applausi dal Gruppo FI).

Allora, onorevoli colleghi, non può passare questa linea e non si può accettare la costituzionalità di un modo legislativo dinamicamente scorretto, per la cui decretazione d'urgenza mi risulta - lo crediamo tutti - che il Presidente della Repubblica abbia negato il proprio sigillo; tant'è vero che ci troviamo a discutere su un disegno di legge perché il Colle presumibilmente ha negato la propria firma su una decretazione d'urgenza che sospendesse l'entrata in vigore di una norma.

MASTELLA, ministro della giustizia. Non gli è stato chiesto!

SCHIFANI (FI). Allora, il dato è politico e non soltanto legislativo.

Contestiamo l'azione di un Governo che, anziché presentarci le proprie proposte, chiede soltanto di sospendere quanto è stato fatto dal suo predecessore. Ciò non fa onore alla democrazia e alla politica.

In conclusione, ci chiediamo quale sarà l'atteggiamento di colui il quale, oggi seduto in quest'Aula del Parlamento, quando sedeva al Colle ebbe a ridire su alcuni aspetti di costituzionalità della norma tanto da rimandarlaal Parlamento per indurre le Camere correttamente a fare la propria parte, introducendo modifiche che rendessero più costituzionale il testo.

In quell'occasione il Presidente della Repubblica, che oggi siede in questo ramo del Parlamento, manifestò delle perplessità; successivamente il Parlamento si adeguò a quelle perplessità ed il Presidente della Repubblica promulgò quel testo. Vogliamo capire se oggi l'idea di quell'ex Presidente della Repubblica è cambiata o se è rimasto coerente a se stesso. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Schifani.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare sull'ordine dei lavori.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, molto rapidamente, la ringrazio di avermi dato la parola in questo momento. Io credo che la presenza del presidente Ciampi in quest'Aula stamattina crei un problema molto grave di credibilità delle istituzioni... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Castelli, il suo intervento non è sull'ordine dei lavori. Onorevoli colleghi, vi prego.

 

CASTELLI (LNP). Io chiedo, e lo dico nell'interesse delle istituzioni e del presidente Ciampi, che chi ha bloccato questo provvedimento rimandandolo alle Camere... (Brusìo. Proteste dai banchi dei Gruppi Ulivo, RC-SE e IU-Verdi-Com).

PRESIDENTE. Senatore Castelli, non può, il suo intervento non è sull'ordine dei lavori. La prego, concluda.

 

CASTELLI (LNP). È una posizione politica su questo tema. Credo che questa sia una questione molto importante.

 

PRESIDENTE. Non è sull'ordine dei lavori.

Prima di procedere, voglio annunciare all'Aula la nostra condizione nel voto: poiché con l'alzata di mano bisogna sempre passare alla verifica, voteremo mediante procedimento elettronico prima la questione pregiudiziale, illustrata all'Aula dal senatore Pastore, e successivamente, con un altro voto, la questione sospensiva che mi pare il senatore Castelli abbia anch'egli illustrato all'Aula.

Metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata dal senatore Pastore, mediante procedimento elettronico, senza registrazione dei nomi.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

(Le operazioni di voto si protraggono. Dai banchi del Gruppo Ulivo viene ripetutamente segnalata la presenza di alcune tessere inserite a cui non corrisponde la presenza di senatori. Brusìo).

 

Prego il senatore segretario di verificare se nella fila dove siede il senatore Buttiglione c'è un voto in più. (Brusìo. Vivaci commenti dai banchi dei Gruppi Ulivo, RC-SE e IU-Verdi-Com e repliche dai banchi dei Gruppi FI e AN). Onorevoli colleghi, vi prego, facciamo tutto. Se state seduti e in silenzio posso garantire la regolarità della votazione, altrimenti non è possibile procedere. Se invece di dieci parla uno solo di voi ed indica l'irregolarità si può provvedere.

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

311

 

Senatori votanti

310

 

Maggioranza

156

 

Favorevoli

153

 

Contrari

157

 

 

Il Senato non approva. (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE e IU-Verdi-Com).

 

Onorevoli colleghi, comprendo la tensione determinata, innanzitutto, dai numeri di questo ramo del Parlamento, ma lo spettacolo è indecente: non si può urlare nel momento della votazione.

Metto ai voti la questione sospensiva QS1, avanzata dal senatore Castelli, mediante procedimento elettronico, senza registrazione dei nomi.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

295

 

Senatori votanti

294

 

Maggioranza

148

 

Favorevoli

136

 

Contrari

157

 

Astenuti

1

 

 

Il Senato non approva.

BURANI PROCACCINI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BURANI PROCACCINI (FI). Presidente, mi scusi, volevo segnalare che la mia scheda non ha funzionato. Le chiedo, pertanto, di essere registrata come presente.

BERSELLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BERSELLI (AN). Signor Presidente, anche in corrispondenza della mia postazione il sistema non ha funzionato. La prego, pertanto, di registrarmi come presente.

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Divina. Ne ha facoltà.

DIVINA (LNP). Signor Presidente, intendevo pregarla di invertire l'ordine degli interventi in discussione generale, ma mi accorgo che sta entrando in Aula il senatore Castelli.

 

PRESIDENTE. È iscritto dunque a parlare il senatore Castelli. Ne ha facoltà.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, approfitto della parola per argomentare sul tema che prima mi è stato impedito di illustrare. Sono addirittura soddisfatto che il presidente Ciampi abbia votato contro tale questione pregiudiziale e che abbia assunto una precisa posizione politica su questo tema. Questo forse serve a fare chiarezza su vicende avvenute pochi mesi fa nel nostro Parlamento e al Quirinale, che avrebbero dovuto essere costituzionali e istituzionali.

Sappiamo tutti che il Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 89 della Costituzione, dovrebbe essere il garante super partes della Costituzione stessa; che egli dovrebbe sorvegliare, attraverso appunto l'articolo 89, la patente costituzionalità dei provvedimenti che il Parlamento licenzia; che dovrebbe esaminarli con grandissima obiettività; che dovrebbe rinviarli alle Camere se intravedesse negli stessi elementi di patente incostituzionalità.

Tutti conosciamo la sorte subita dal provvedimento in esame. Esso e' stato rinviato alle Camere e se oggi stiamo discutendo tali questioni e non vediamo questo provvedimento che ha già esplicato in pieno tutti i suoi effetti, ciò è legato proprio al rinvio, peraltro ampliamente previsto. Quindi, la questione è fondamentale e importante; altrimenti, nemmeno ci sarebbe stato questo provvedimento di legge.

Oggi il presidente Ciampi dà un importante imprimatur politico sullo stesso provvedimento, sul quale aveva assunto quella importante e fondamentale presa di posizione costituzionale. Questa è, dal suo punto di vista, senza il minimo dubbio, una caduta di stile.

Presidenza del vice presidente CAPRILI(ore 12,30)

 

(Segue CASTELLI). Mi domando se la necessità dei numeri imponesse anche questo sacrificio, soprattutto della sua immagine. Anche la volta precedente avevamo affermato che nel momento in cui il presidente Ciampi ha votato la fiducia al Governo non era più il Presidente di tutti gli italiani ma il Presidente della sinistra. Oggi, con questa sua presa di posizione pone anche qualche dubbio sulla sua correttezza istituzionale. Infatti, non si può intervenire prima approfittando dei propri poteri costituzionali e poi in sede politica. E' una commistione intollerabile.

Abbiamo assistito ieri al massacro della figura del Presidente del Consiglio attraverso le gaffe fatte dal presidente Prodi una dietro l'altra. Di questo non mi sono assolutamente rammaricato mentre mi rammarico invece che un Presidente della Repubblica possa arrivare a questi passi. In nome poi di cosa? In nome della salvaguardia di una traballante maggioranza anche se non con decisivi risultati. Non è certo questo un episodio decisivo. L'ha salvata oggi, cadrà domani. E' intervenuto su un tema non decisivo. Questo va sottolineato e lasciato agli atti perché registriamo un'altra triste giornata per le istituzioni del nostro Paese.

Per quanto riguarda il provvedimento in esame, io credo si sia detto molto e che valga la pena di ribadire quale è la natura vera del contendere. L'abbiamo fatto noi ed anche altri interlocutori che hanno parlato in questi giorni.

Non esiste confronto sul merito. Esiste un problema enorme, gravissimo, ribadito molte volte e sul quale il ministro Mastella continua a non fornire nemmeno una risposta. Ma questa risposta sarebbe nell'interesse di tutti, soprattutto suo e dell'amministrazione. Quali sono gli effetti concreti e reali che questo provvedimento sta esplicando?

Non è vero che il provvedimento è fatto, come ho sentito sostenere da qualcuno, da tre decreti legislativi che già, peraltro, sono intervenuti nella loro efficacia.

Il provvedimento è formato da dieci provvedimenti legislativi diversi, alcuni dei quali pacificamente sono operativi da mesi e mesi; se la memoria non mi tradisce, il primo è diventato efficace addirittura a febbraio 2006. Credo che un Parlamento serio dovrebbe misurarsi su questo: è stata fatta una riforma importantissima, valutiamo serenamente quali sono stati gli effetti positivi e negativi.

Non sono riuscito, né dal ministro Mastella, né dal sottosegretario Scotti che è qui che mi ascolta, né dal CSM, né dal nuovo Vice presidente del CSM, né dall'ANM, da nessuno, a farmi porre, a proposito della riforma, una sola questione: una, ditemene una, dite qualcosa, come diceva un noto regista, entrate nel merito, nel concreto, senza ripetere continuamente che la riforma opera effetti devastanti: fatemi un esempio.

Personalmente mi risulta che i procuratori siano soddisfatti, ad esempio, del decreto legislativo che cerca di rimettere un po' di ordine nel marasma di alcune procure, perché è noto a tutti che alcune grandi procure sono ingovernabili, dove il procuratore capo non sa nemmeno cosa fanno i sostituti; sono procure dove ogni sostituto va per la propria strada e poi le conseguenze le paga il Paese. Abbiamo avuto troppi esempi eclatanti, anche in questi ultimi mesi, di sostituti che volevano tutti restare, che hanno sollevato enormi polveroni, e che sono stati immediatamente sconfessati, con perdite di tempo, con spese, con problemi per il Paese.

Non esiste organizzazione al mondo in cui non ci sia un responsabile, un capo che governi: le uniche sono, o meglio erano, fortunatamente, le nostre procure. Oggi non è più così. Io non ho sentito una voce di un procuratore capo che denunciasse i guasti di questa riforma. Vorrei sentirli. Invece non è accaduto e addirittura un procuratore, lo cito per nome, il presidente Lepore, ha dichiarato che la riforma Castelli nella sua procura non avrebbe cambiato nulla perché stava già applicando i criteri della riforma stessa. Allora delle due l'una: o la mia riforma ha qualcosa di positivo, o il procuratore capo Lepore va immediatamente rimosso in quanto pericoloso sovversivo o incapace perché ha addirittura applicato, anticipando gli esiti della mia riforma, questi princìpi nella sua procura. Invece mi pare che la procura di Napoli in qualche modo stia funzionando un po' meglio.

Quindi affermo, e lo ribadiamo, come ha dichiarato il senatore D'Onofrio più volte, che noi siamo disponibili fin da subito a sederci intorno a un tavolo per valutare sul campo e su elementi concreti quali sono le questioni negative e quali positive a proposito della riforma. Non abbiamo mai avuto la pretesa di aver fatto una riforma perfetta. Anzi, siccome tutti conosciamo il cammino aspro e accidentato di questa riforma, che è stata frutto anche di molti compromessi - e spesso sul piano operativo il compromesso non porta a soluzioni positive -, siamo convinti che ci siano tante cose da correggere e da dipanare. Chiedo questo alla maggioranza, vox clamantis in deserto, ovviamente non mi illudo che il mio appello venga ascoltato.

Dovremmo avere un sussulto di dignità: vogliamo difendere la dignità del Parlamento, vogliamo stabilire il principio che è il Parlamento che legifera e poi tutti i cittadini, compresi i magistrati, obbediscono alle leggi? Non reagiamo più a nulla, abbiamo l'encefalogramma piatto. Si parla in questi giorni del fatto che il Parlamento non ha reagito agli insulti e alle minacce anche di morte che sono state fatte nei confronti del Papa e della nostra civiltà, ci soffermeremo anche su questo argomento.

Scendendo su un piano molto meno drammatico e importante, vi è stato un procuratore che ha dichiarato che della riforma se ne fa un baffo, che non la seguirà assolutamente e che vuole proprio vedere cosa gli faranno.

È, una dichiarazione gravissima da parte di un procuratore che afferma che non seguirà la legge, seguita poi da un'affermazione di certezza di impunità - assolutamente fondata, perché evidentemente i suoi colleghi non lo perseguiranno mai - «tanto nessuno mi farà nulla perché tanto siamo noi che ce la cantiamo e ce la suoniamo, tanto siamo noi che decidiamo sulle questioni».

Credo che questo sia un tema fondamentale; le leggi le fa il Parlamento o altri poteri? Come ricordavo l'altro giorno, questo è un tema che addirittura è mondiale. Avevo coniato anche un termine: la dicastocrazia, il potere dei giudici. Oggi si scrivono libri su questo tema, oggi, soprattutto nei Paesi di common law, dove questo esercizio è reso anche più facile dalla mancanza di una Costituzione, come in Inghilterra, o appunto la consuetudine della common law, sono i magistrati che fanno le leggi. Pochi giorni fa in Cassazione è stata completamente sovvertita una legge del Parlamento; si è detto «benissimo, il Parlamento ha fatto una legge sugli immigrati, ma noi decidiamo che così non va bene e la ribaltiamo completamente». Possibile che tutto questo venga accettato supinamente?

C'è una cecità, credo, di una parte del Parlamento perché qualcuno per viltà, qualcuno perché c'è costretto in quanto è sotto ricatto, qualcuno per convinzione ideologica, è convinto che la classe dei magistrati possa essere utile all'azione di Governo e possa essere comunque utile averla al proprio fianco. È tuttavia una questione di democrazia; credo che non possiamo rinunciare al principio fondamentale per cui il potere è esercitato in nome del popolo, da chi il popolo ha eletto. È tutta qui la questione.

Tra l'altro, da questo punto di vista, credo che alcune affermazioni del Ministro siano state anche abbastanza tragicomiche: il voler cancellare la targa che io ho voluto mettere nei tribunali. Ma, scusate, pensate all'eversione del ministro Castelli, che ha voluto che nei tribunali si scrivesse la prima frase che la nostra Costituzione afferma per quanto riguarda la magistratura. Il Titolo IV, articolo 101, comma uno, dichiara: «La giustizia è amministrata in nome del popolo». Il ministro Castelli ha avuto l'ardire di fare affiggere presso le aule delle corti d'appello questa frase eversiva, scritta nella Costituzione. No, bisogna cancellarla! Questo è addirittura l'input, il diktat che è venuto dalle fasce più estreme della magistratura. (Applausi dal Gruppo FI).

Il ministro Mastella ha dichiarato che la targa sarà eliminata; forse perché è timoroso di non riuscire a cancellare la legge e potrà dire «non sono riuscito a cancellare la legge, almeno la targa l'ho tolta». Evitiamo, per favore, queste cadute di stile, evitiamo queste prese di posizione così integraliste.

Ripeto, rilancio l'appello, lo dico per l'ennesima volta - ma credo che mai come in questo caso repetita iuvant - che siamo disponibili a sederci attorno ad un tavolo ed a correggere le parti di questa riforma che non funzionano. Tuttavia, questo va fatto su basi concrete, empiriche, reali. Siamo la patria di Galileo Galilei che ha fondato la scienza moderna, che ha rinunciato all'ipse dixit - a cui purtroppo tanta parte della nostra cultura è ancora agganciata - per arrivare alla sperimentazione.

Esaminiamo la realtà, sperimentiamo la realtà, verifichiamo cosa ci dice la realtà e sulla base di quei dati, che diventano oggettivi, ciascuno faccia le proprie proposte secondo la propria parte politica. Comprendo infatti perfettamente che sulla stessa realtà poi si possano giocare proposte diverse in funzione della propria ideologia, di come si vede la società, di quale si pensa debba essere il ruolo della magistratura nel nostro Paese. Ciò è chiaro, evidente, pacifico e su ciò siamo pronti a misurarci; chiediamo tuttavia una questione razionale che salva la dignità di questo Parlamento: misuriamoci sulle cose. (Applausi dal Gruppo FI).

 

Per fatto personale

COSSIGA (Misto). Domando di parlare per fatto personale.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

COSSIGA (Misto). Signor Presidente, intervengo per discutere del riferimento cortese espresso dal senatore Schifani nei confronti dei senatori a vita.

Voglio ricordare che quando si determinò questa situazione di imbarazzante incertezza nel Senato, confermata da quanto accaduto oggi perché se sei senatori a vita non avessero votato la maggioranza sarebbe andata in minoranza, scrissi una lettera a tutti i senatori a vita dicendo che non derivando noi, se non per motivi storici, i nostri poteri dalla sovranità popolare, non potevamo interferire sui risultati del voto. Non potevamo, quindi, votare (Applausi dal Gruppo LNP) in quei casi nei quali il nostro voto fosse determinante.

Tutti i senatori a vita mi dissero che la mia era un'opinione isolata, tant'è vero che sono dell'opinione che in una riforma costituzionale, se mai si farà, la figura dei senatori a vita debba essere abolita oppure limitata al diritto di parola e non al diritto di voto. Uno dei motivi - un po' ne capisco di storia e di diritto costituzionale - per cui fu inventata la figura del senatore a vita di diritto era rappresentato dalla volontà di concedere un riconoscimento a chi avesse avuto una esperienza tale da diventare Presidente della Repubblica. La Presidenza della Repubblica, salvo alcuni casi, è una vincita al lotto, perché i più grandi esponenti politici come Moro, Fanfani, Andreotti non sono diventati Presidenti della Repubblica, mentre figure di secondo piano del Partito Socialista come Pertini, che era una bravissima persona, ma nel Partito Socialista non ha mai contato nulla, e come il sottoscritto, che nella Democrazia Cristiana non ha mai contato nulla, lo sono diventati.

 

SALVI (Ulivo). Anche D'Alema ha lo stesso problema.

 

COSSIGA (Misto). D'Alema ha un altro problema. Gli hanno messo due furbetti, uno del centro-destra e uno del centro-sinistra, e hanno detto: se va D'Alema siamo fregati perché Prodi dura per la vita. (Ilarità)

Uno dei motivi determinanti per cui è stata concepita questa figura è stato il non voler concedere la pensione ai Presidenti della Repubblica, anche se in tutte le Repubbliche gli ex Presidenti hanno la pensione, preferendo quindi nominarli senatori a vita, così non se ne sarebbe più discusso.

Anche se ho votato la fiducia al Governo Prodi, oggi ho votato a favore della pregiudiziale non peraltro, ma perché, essendomi laureato a 19 anni e mezzo con 110 e lode e la pubblicazione della tesi, avendo a 24 anni ricoperto l'incarico di professore all'università ed avendo avuto maestri di poco livello come Carlo Esposito, Giuseppe Capograssi e Giuseppe Guarino, qualcosa ne capisco. Le leggi sospensive non possono richiamare in vigore le leggi e le norme abrogate. Se uno studente fosse venuto da me a fare l'esame di diritto costituzionale sostenendo tali tesi l'avrei bocciato e gli avrei detto: non torni alla prossima sessione ma fra tre. Quindi, ho votato a favore della pregiudiziale solo per motivi giuridici, tant'è vero che poi ho votato con la maggioranza contro la sospensiva, perché tanto vale che si proceda e si veda cosa succederà.

Il mio voto è stato determinato anche da un altro motivo: il Senato non può votare sotto il ricatto dell'Associazione nazionale magistrati (Applausi dai Gruppi AN, FI, LNP). Quando si tratta di votare in materia di giustizia ho un criterio molto semplice: votare sempre contro quello che dice l'Associazione nazionale magistrati... (Applausi dai Gruppi AN, FI, LNP)... non contro la magistratura. Altrimenti sarei costretto a dire ai magistrati che, quando ero Presidente della Repubblica, sono stati perseguitati dal Consiglio superiore della magistratura. Una volta, presiedendo la sessione dove c'è stato uno scambio del genere «tu assolvi questo della tua corrente, io assolvo questo della nostra corrente» - assistetti ad una vera vergogna - dissi: voi, cari magistrati se avete la sfortuna, leggetevi l'interrogatorio di Giovanni Falcone: una vergogna. Quando Giovanni Falcone fu chiamato davanti al Consiglio superiore della magistratura a discolparsi dalle accuse di Orlando Cascio fu una vergogna. Ho vomitato una volta solo in vita mia: quando ho visto quelli che hanno crocifisso Falcone in Consiglio superiore della magistratura piangere accanto alla sua bara, dato che conoscevo bene il suo giudizio sui membri dell'Associazione nazionale magistrati.

Ebbene, il mio richiamo per fatto personale è perché - come ho già detto - ho votato perché hanno votato gli altri, altrimenti non avrei nessuna difficoltà ad astenermi dal farlo. Credo che non si dovrebbe fare, ma poiché vale la par condicio finché votano Ciampi, Andreotti, la premio Nobel, finché votano gli altri continuo a votare anche io, anche se credo che questa sia una distorsione della rappresentatività di questo ramo del Parlamento.(Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA. Congratulazioni) .

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.635 (ore 12,45)

 

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il senatore D'Onofrio. Ne ha facoltà.

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, membri del Governo, mi rammarico che non sia presente in Aula il ministro Mastella. Capisco gli impegni del Governo, una volta ottenuto il voto sulla pregiudiziale, inducano ad occuparsi delle questioni del Ministero.

Desidero svolgere due considerazioni prima di entrare nel merito della discussione generale riguardante il provvedimento al nostro esame. Esse attengono alle osservazioni svolte dal senatore Cossiga alcuni minuti fa.

Non vi è dubbio che in questo Senato della Repubblica in base alla Costituzione seggono due tipi diversi di senatori a vita. I senatori a vita scelti dai Presidenti della Repubblica per gli eccelsi meriti conquistati e i senatori che sono stati Presidenti della Repubblica e per ciò solo diventano senatori di diritto. Lo status di questi illustri colleghi è sempre stato oggetto di discussione serrata in Senato perché si ritiene che non appartengono alla stessa categoria democratica dei senatori eletti, ma appartengono pur sempre ai componenti del Senato e che, in quanto componenti del Senato, concorrono al quorum dei senatori ai fini dell'elezione del Presidente del Senato - e lo sappiamo - ma non concorrono al quorum se non presenti e votanti nelle sedute normali del Parlamento.

Il Regolamento del Senato, in sostanza, ha già distinto dal punto di vista giuridico le due differenti categorie di senatori. Questo fatto di estrema rilevanza conforta le cose dette dal senatore Cossiga nel senso che è di tutta evidenza che i senatori di diritto e quelli a vita non possono, per ragioni di correttezza democratica, ma anche per ragioni di Regolamento parlamentare, modificare gli orientamenti politici presenti al Senato allorché si procede alle votazioni. Si tratta di un fatto di grande rilievo ed è evidente il motivo per il quale continueremo in questa legislatura ad assistere a fenomeni assolutamente sgradevoli dal punto di vista politico: senatori a vita che siano stati Presidenti della Repubblica e che, come tali, sono membri del Senato in quanto hanno rappresentato l'unità nazionale e in quanto non sono appartenuti ad una parte politica particolare, che improvvisamente al Senato diventano decisivi per gli equilibri politici.

Ciò che è avvenuto poco fa nel voto sulla pregiudiziale è di enorme rilievo democratico perché il voto dei senatori a vita è stato determinante per la maggioranza politica, non è stato aggiuntivo rispetto ad esso. È stato determinante per il raggiungimento della maggioranza politica e addirittura per il quorum. Ma mentre per il quorum lo considero un fatto legato al Regolamento del Senato perché conseguenza del fatto che erano presenti e votanti, non è del tutto normale che concorrano alla formazione della maggioranza politica. Lo dico sia nei confronti dei senatori a vita che nei confronti dei senatori di diritto e invito a riflettere gli uni e gli altri su questo aspetto di estremo rilievo. In quest'Aula è di tutta evidenza che la loro presenza è graditissima, importante, dà dignità al Senato, ma non può modificare gli assetti politici che votando in Senato si determinano.

Questo fatto è avvenuto stamattina in termini che suonano di insulto alla regola fondamentale della democrazia che si fonda sul voto dei cittadini e mi sembra molto grave che vi abbiano concorso senatori che siano stati Presidenti della Repubblica o che siano senatori a vita per decisione dei Presidenti della Repubblica, non in base al sorteggio, ma in base a meriti conquistati nel corso degli anni, che non sono meriti di elezione, altrimenti ovviamente sarebbero stati eletti.

Non mi risulta che nessuno dei senatori a vita sia stato mai eletto al Senato, certamente non in questa tornata. Nessuno dei senatori di diritto è stato eletto al Senato. La regola dell'appartenenza al Senato non è quella della elezione, è un'altra ma non può modificare la naturale democraticità dei senatori presenti in Aula. Lo dico perché la materia tornerà ad essere ridiscussa e dibattuta. Ed è un problema molto serio.

Provo rammarico per il fatto che personalità come l'ex presidente della Repubblica Ciampi, osannato da tutte le parti politiche per la sua integerrima, sovrana neutralità politica diventi determinante per una maggioranza politica anziché un'altra. Questo degrado dell'ex presidente Ciampi è un vulnus che lui porta a se stesso, al ricordo che abbiamo di lui. Lo stesso vale per l'ex presidente Scalfaro, per il senatore a vita Colombo. Lo stesso varrebbe per il senatore a vita Cossiga; ovviamente vale per il senatore Andreotti e per chiunque altro.

Quindi, chiedo formalmente al Presidente che le considerazioni ascoltate poco fa dal presidente Cossiga siano formalmente inviate a tutti i senatori di diritto e a vita perché si rendano conto di cosa hanno fatto oggi, di cosa possono fare nel corso della legislatura; riflettano seriamente perché è una questione decisiva per la vita democratica del nostro Paese. Non è pensabile che a tal fine chi è stato nominato senatore a vita o chi è stato Presidente della Repubblica possa essere indifferente alle conseguenze dei propri comportamenti. Quindi, signor Presidente, chiedo non soltanto che gli estratti delle nostre discussioni siano disponibili per tutti i senatori, quindi anche per quelli a vita, ma che si prenda espressamente l'intervento del presidente Cossiga e lo si invii a tutti i senatori di diritto e a vita perché riflettano sull'argomento e replichino alle questioni avanzate.

Vengo ora al merito delle questioni anche perché immagino che con il mio intervento terminerà la seduta antimeridiana; quindi forse posso andare oltre i 20 minuti previsti. Di cosa stiamo discutendo? Il presidente Cossiga ha svolto un intervento su cui vorrei si prestasse un minimo di attenzione in più.

Il disegno di legge oggi all'esame del Senato reca la sospensione di un provvedimento legislativo vigente, riguardante l'ordinamento giudiziario, approvato dal Parlamento nella precedente legislatura. In questo provvedimento vi è una norma che reca l'abrogazione delle norme...

 

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, senatore D'Onofrio. Non è presente alcun rappresentante del Governo.

 

D'ONOFRIO (UDC). A quest'ora, non arriverà più nessuno. Posso rinviare il mio intervento alla seduta pomeridiana, ma le chiedo di poter parlare per dieci minuti ancora.

 

PRESIDENTE. È un problema regolamentare e procedurale e non un giudizio di merito.

 

D'ONOFRIO (UDC). Non posso immaginare che qualcuno sopraggiunga ora. (Il sottosegretario Scotti rientra in Aula).

 

PRESIDENTE. E' ripristinata la situazione: poiché il Sottosegretario è ora presente, può riprendere il suo intervento, senatore D'Onofrio.

 

D'ONOFRIO (UDC). Chiedo scusa. Nel merito, vi è stata una considerazione di ordine tecnico-giuridico che avrei piacere se nella settimana prossima, quando il Senato sarà chiamato a votare questo provvedimento legislativo, il Governo ci chiarisca: il disegno di legge recante la cosiddetta riforma Castelli, che dava delega al Governo per molte parti, conteneva anche una norma che prevedeva l'abrogazione dell'ordinamento vigente.

Quindi, le norme giuridiche dell'ordinamento vigente non esistono più dall'entrata in vigore di quella legge. La sospensione può ovviamente riguardare la legge in vigore - ci mancherebbe altro - ma non può ripristinare norme abrogate a meno che non siano riproposte con un disegno di legge apposito che ne permetta il rientro in vigore.

Per carità, si possono far rivivere tante cose per ragioni politiche anche dal punto di vista della Presidenza del Senato - ci possono essere persone in vita, non in vita - ma non si possono far rivivere norme giuridiche abrogate. Le questioni che allora pongo sono le seguenti. La prima è giuridica: le norme dell'ordinamento giudiziario del 1941 - se non sbaglio era ancora vigente il regime fascista, ma può darsi che qualcuno lo abbia ha dimenticato - sono state abrogate.

Non c'è il rinvio a decreti legislativi che comportano l'abrogazione. L'abrogazione è oggetto che consegue a una parte della legge promossa dal ministro Castelli, che è diversa dai decreti legislativi. C'è un testo proposto dal Governo, che si è reso conto di come, sospendendo il provvedimento Castelli, si sarebbe creato un vuoto gigantesco e mostruoso dal punto di vista giuridico. Altro che paralisi del Consiglio superiore della magistratura: non si saprebbe nemmeno quale normativa applicare. Chiaramente si tratta di un provvedimento aberrante dal punto di vista delle sue conseguenze.

C'è una proposta del Governo, dunque, che sarà votata - mi rimetto pertanto alla discussione che si svolgerà la settimana prossima - in cui di fatto si prevede che si sospende un provvedimento e che nel frattempo rivivono le norme del 1941. Questo non è possibile: capisco che ci possano essere giudici costretti a scrivere passaggi suicidi nelle sentenze per farle annullare nel grado successivo, ma questo fa parte della vita giudiziaria.

Il Parlamento non può, con proprie disposizioni legislative, far rivivere norme abrogate: questa è la questione. C'è una proposta del Governo che esattamente afferma ciò e intende farlo proprio perché si rende conto che la semplice sospensione darebbe vita ad una sorta di fatto misterioso. Mi chiedo quando arriveremo ad esaminare la norma a cui ha fatto prima riferimento il collega Ciccanti ed è la ragione per cui il Gruppo dell'UDC ha votato a favore della pregiudiziale, proprio per evitare questo massacro minimo del diritto.

Lo dico al collega senatore D'Ambrosio: stiamo parlando delle regole giuridiche più elementari, quelle che si studiano all'esame di diritto privato - come diceva il senatore Cossiga - o a quello di diritto pubblico, civile, costituzionale o penale. Si studia al primo esame di diritto, infatti, che le norme abrogate non possono rivivere.

Sembrerebbe lapalissiano, ma qui stiamo prevedendo una cosa diversa persino da quanto direbbe Monsieur de La Palisse. Da questo punto di vista, il provvedimento in quanto tale, non può sospendere le norme dei decreti‑legislativi, essendo esse in vigore: può sospendere le norme non ancora in vigore, ma non può far rivivere le norme abrogate. Lo dico all'onorevole Sottosegretario qui presente, affinché lo riferisca al ministro Mastella: ci auspichiamo che venga data una risposta in merito perché, qualunque essa sia, sarà certamente interessante dal punto di vista dell'evoluzione del diritto.

Entrando nel merito: mi chiedo che cosa succederà se si sospendono le norme in vigore, si fanno rivivere quelle vecchie e non interviene una nuova disciplina al 1° o al 31 luglio del 2007? Che cosa succederà se il Parlamento non emana una nuova disciplina? Rimangono in vigore le norme del 1941? E le norme sospese che fine fanno? Rimangono nel limbo, scompaiono, rientrano in vigore?

Ci troveremmo di fronte ad una situazione caratterizzata da questo paradosso: per sei mesi, durante la sospensione della riforma Castelli, rivivrebbero norme abrogate; una situazione da cimitero del diritto, per la verità. Dopo il termine della sospensione non sappiamo che cosa accadrà: rimarranno in vigore le norme abrogate che sono tornate vigenti o rientrerà in vigore la riforma Castelli? Ecco perché - e vengo all'ultima considerazione di ordine politico - l'UDC ha cercato disperatamente, e cercherà disperatamente ancora martedì prossimo, di proporre al Governo di metterci d'accordo per scrivere le nuove norme, in modo che non ci sia più la necessità di questa mostruosa sospensione e reviviscenza di norme abrogate.

Mi chiedo cosa possa impedire al ministro Mastella e al Governo della Repubblica di fare ciò, se non un ordine capestro da parte dell'Associazione nazionale magistrati, per cui non devono esserci altre norme che quelle volute da loro, espropriando la funzione legislativa. Vogliamo esaminare politicamente tale questione o no? Questa è quanto abbiamo chiesto al Governo, al ministro Mastella e alla collega senatrice Finocchiaro.

Vogliamo che in materie istituzionali, come è quella dell'ordinamento giudiziario, si approvino norme con un'intesa parlamentare larga. Non riteniamo più opportuno che la maggioranza approvi da sola le proprie leggi: lo abbiamo fatto noi del centro‑destra, lo sta facendo il centro‑sinistra, ma è un errore che il referendum popolare sembra aver negato definitivamente. Riteniamo l'ordinamento giudiziario materia che riveste un interesse istituzionale comune ad entrambe le parti politiche presenti in Parlamento. È il caso di metterci d'accordo, come ho già chiesto, e scrivere le regole immediatamente, ammesso che ci sia la volontà di fare qualcosa da parte del Governo e dell'ANM. Se non c'è tale volontà, il sospetto che con la sospensione si tenda all'abrogazione dell'ordinamento vigente è ovvio, e costituisce una sorta di vendetta, che fa sorgere il dubbio in merito a quale potestà legislativa stiamo considerando.

Lo ripeto ancora una volta in questo intervento e chiedo che il Ministro ne prenda atto, come ho avuto modo di dirgli poco fa quando l'ho incontrato.

Siamo disponibili a scrivere le nuove norme insieme, maggioranza ed opposizione, senza alcuna sospensione. Se la sospensione è una questione seria, le nuove norme si possono elaborare in poche settimane; altrimenti, se la questione non è seria, non vogliamo la sospensione. Non pretendiamo che l'ordinamento attuale rimanga vigente, ma desideriamo una norma d'intesa generale. Se non si desidera la cancellazione dell'ordinamento vigente, un'intesa generale si potrà raggiungere in pochissimo tempo, addirittura in un giorno, per quanto mi riguarda.

L'UDC è pronta. Mi dispiace che questa nostra prontezza non sia stata colta o, per meglio dire, probabilmente è stata colta, ma questa disponibilità causa un grande timore. Lo capisco, ma vorrei rimuovere tale timore perché siamo pronti. Martedì prossimo, il Governo, dopo cinque mesi di valutazione e riflessione - se ha riflettuto - può comunicarci quali sono le norme da cambiare.

Il vice presidente Macino ha dichiarato che vi sono problemi di funzionalità del CSM in materia di potere disciplinare. Tali problemi si possono affrontare tranquillamente.

Si dica cosa si deve cambiare. Oggi il ministro Mastella ha indicato alcune questioni molto precise, ma anche altre molto vaghe. Le traduca in un articolato di legge poiché siamo pronti ad approvarlo in sostituzione della sospensione, ammesso che essa sia veramente tale. Se invece si vuole definire sospensione un'abrogazione, allora la situazione è diversa e ovviamente non siamo d'accordo. Lo ripeto ancora una volta, ed è la ragione per la quale considero le questioni pregiudiziali votate oggi in qualche misura un avvenimento parziale, legato ancora alla vicenda di ieri.

Mi dispiace che da oggi a martedì prossimo non sia possibile sedersi intorno al famoso tavolo tutti insieme. Questo andrebbe fatto subito, non dopo l'approvazione della legge sulla sospensione. Le modifiche si possono apportare in uno o due giorni, senza difficoltà. Se poi tali modifiche non si vogliono realizzare, allora non si faranno. Ogni discorso politico in quest'Aula tende a questo risultato.

L'UDC ribadisce la volontà di intervenire prima e, in alternativa, la sospensione dell'ordinamento vigente, ferme restando le pregiudiziali sulle questioni giuridiche incredibili del provvedimento del Governo. Siamo pronti e disposti ad apportare tutte le modifiche ritenute indispensabili per la funzionalità sull'ordinamento giudiziario.

Tale disponibilità non viene meno con il voto sulle questioni pregiudiziali; si tratta di una disponibilità politica. Se il Governo e la maggioranza intendono coglierla, lo faranno e martedì ci daranno una risposta positiva. Altrimenti si potrà votare la loro legge di sospensione, potranno anche non elaborare un loro ordinamento, ma non dichiarino più che desiderano che vi sia intesa in materia istituzionale, perché avrebbero dimostrato di voler fare quello che vogliono. Scatterebbe allora l'altra ipotesi: l'autosufficienza della maggioranza. Per carità, ci potrà essere un voto di fiducia ed una precettazione. Da democristiano, capisco certe situazioni. Il Governo non cadrebbe a dicembre, magari cadrebbe a gennaio; diamolo per scontato, non succederà nulla. Ma il Senato sarebbe paralizzato, anche se non un pantano.

Capisco che l'ANM sarebbe molto lieta che il Senato fosse paralizzato: in questo modo non si farebbe nulla. Vorrei però che si capisse che questa sarebbe una conseguenza del rifiuto della disponibilità data e ripetuta da me e dal mio partito, dal segretario Cesa, dalla responsabile giustizia dell'UDC, la collega Mazzoni, e da chi si è occupato precedentemente di giustizia. La nostra è una disponibilità seria, fa parte di una riflessione politica seria. Come la legge elettorale e l'ordinamento costituzionale, consideriamo quello giudiziario un bene comune. Siamo disposti a collaborare, ma non vogliamo essere presi in giro. Temiamo infatti che la legge di sospensione sia una sostanziale presa in giro. Siamo pronti a discutere e a votare prima della sospensione, anche in pochi giorni; non è questo il problema.

Capisco che da parte di alcuni magistrati vi sia il terrore del 28 ottobre e che vi sia una specie di sconvolgimento. Ci mancherebbe, essa potrebbe entrare in vigore prima del 28 ottobre; non succede nulla. Ma dopo la sospensione non si farà più nulla, a meno che il Governo non ci dica che, anziché dar vita alle norme abrogate, rimangono in vigore, se non vi sarà la nuova legge, le norme dell'ordinamento Castelli. Allora il discorso cambia totalmente.

Se si afferma che entro quella data ci sarà il nuovo ordinamento, altrimenti rimarrà in vigore l'ordinamento Castelli, allora diventa più credibile che la sospensione sia vera e non una presa in giro. Finora di questo il Governo non vuol parlare, perché sostiene che ritornerebbe in vigore la normativa del 1941, magari del 1841 o addirittura del Medioevo. Da questo punto di vista, vogliamo capire se il Governo ha la volontà o meno. Finora ha espresso una volontà negativa. Se continuerà così, martedì prenderemo atto di questo e concluderemo con un nostro atteggiamento contrario.

Quindi, martedì attendiamo una risposta definitiva sia sulla reviviscenza delle norme già abrogate che sulla possibilità di emanare norme nuove in alternativa alla sospensione. Se la risposta sarà negativa, il Gruppo UDC esprimerà un voto contrario, ma non sarà certo per aver ridotto il Senato un pantano. Vuol dire che la maggioranza preferisce venire in questa sede e votare una o due volte la settimana con l'happening di avere o meno la maggioranza dei voti a seconda di come capita. In sostanza, una delle due Camere vive una vita molto incerta.

Forse, da questo punto di vista, occorrerebbe una norma che consenta al Senato di riprendere vita. Questo però è un problema diverso, di ordine costituzionale. (Applausi dal Gruppo UDC).

PRESIDENTE. Data l'ora, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635)

 

PROPOSTA DI QUESTIONE SOSPENSIVA

 

 

QS1

CASTELLI

Respinta

Il Senato,

premesso che:

i decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n. 160 sono efficaci rispettivamente dal 18 giugno, dal 19 giugno e dal 28 luglio del corrente anno;

prima di approvare il provvedimento in esame, al fine di poter riscontrare la reale necessità di sospendere l’efficacia dei suddetti decreti, per un notevole lasso di tempo, per gli aspetti problematici messi in luce nella relazione al disegno di legge in esame, connessi alle difficoltà addotte in merito alla tempestiva riorganizzazione di interi settori dell’apparato giudiziario e, nello stesso tempo, alla realizzazione di numerose e complesse attività da parte del Consiglio superiore della magistratura, nell’esercizio dei suoi compiti istituzionali;

il Csm, che alla data di emanazione del disegno di legge in esame era in scadenza, si trova oggi nella pienezza dei suoi poteri per essere stata eletta e nominata rispettivamente la componente togata e quella laica, per cui viene meno un consistente motivo addotto dal governo per suffragare la necessità della sospensione degli effetti dei decreti suddetti,

delibera:

ai sensi dell’art. 93, comma 6, del Regolamento, di non procedere all’esame del disegno di legge n. 635, prima di due mesi, al fine di consentire alla commissione dì merito di effettuare un’approfondita indagine sugli effetti ad oggi prodotti dai decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160 e se esistano effettivamente le difficoltà applicative che hanno portato all’emanazione del disegno di legge di sospensione dei medesimi.

 

 

ORDINI DEL GIORNO

G1

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 recante: «Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’Ufficio del Pubblico Ministero a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera d) della legge 25 luglio 2005, n.150.» è efficace dal 18 giugno 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G2

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 recante: «Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera f) e 2, commi 6 e 7, della legge 25 luglio 2005, numero 150.» è efficace dal 19 giugno 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G3

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20 recante: «Disciplina transitoria del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità, nonché di primo e secondo grado, a norma dell’articolo 2, comma 10, della legge 25 luglio 2005, n.150.» è efficace dal 28 gennaio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G4

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 23 gennaio 2006, n. 24 recante: «Modifica dell’organico dei magistrati addetti alla Corte di cassazione, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera e), della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace per quanto attiene all’art. 5, comma 1, dal 3 febbraio 2006, mentre per le rimanenti disposizioni dal 4 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G5

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, recante: «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c), della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 4 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G6

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, recante: «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 4 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G7

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 35 recante: «Pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera g) e 2, comma 8, della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 14 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

 

 

G8

CASTELLI

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62, recante: «Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’articolo 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 1º giugno 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto .

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

35a

seduta pubblica (pomeridiana)

 

Mercoledì

20 settembre 2006

 

Presidenza del presidente ANGIUS,

indi del vice presidente BACCINI

e del vice presidente CALDEROLI


 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 17,22)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta antimeridiana sono state respinte una questione pregiudiziale e una questione sospensiva ed ha avuto inizio la discussione generale.

STORACE (AN). Domando di parlare sull'ordine dei lavori.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, mi scuso per la brevissima interruzione, ma ai fini di una conoscenza dell'andamento dei nostri lavori - questo interesserà ai colleghi - vorremmo comprendere l'orientamento della Presidenza del Senato sulla possibilità che domani si voti in merito al disegno di legge sull'ordinamento giudiziario. Lei comprenderà la delicatezza dell'argomento.

Vorremmo sapere, nel più breve tempo (quanto sarà possibile al Presidente del Senato per farlo sapere all'Aula), se si prevede che si giunga al voto nella giornata di domani o se, in caso di chiusura anticipata della discussione generale, si rinvii alla settimana successiva. È una questione che pongo per poter regolare i nostri lavori.

PRESIDENTE. Senatore Storace, lei mi pone un quesito al quale posso risponderle solo in un modo. Sono iscritti a parlare in discussione generale su questo punto dell'ordine del giorno circa venti colleghi. È stata concordata l'idea di concludere la seduta odierna un po' anticipatamente rispetto all'orario previsto, quindi intorno alle ore 19, questo in base a quanto mi è stato comunicato da alcuni Presidenti di Gruppo.

Domani avremo, all'inizio della seduta antimeridiana, la discussione di un altro provvedimento che però non dovrebbe impegnare l'Assemblea per molto tempo.

La previsione che possiamo fare è che gran parte della mattinata sia dedicata allo svolgimento della discussione generale, ma non siamo in grado di prevedere esattamente l'andamento dei lavori entro il termine della seduta previsto per le ore 14. La votazione sul provvedimento dovrebbe avvenire entro le ore 14 di domani, probabilmente alla fine della mattinata. In questo momento non sono in grado di darle altra spiegazione.

Riprendiamo la discussione generale. È iscritto a parlare il senatore Davico. Ne ha facoltà. (Brusìo).

Pregherei i colleghi che non intendono seguire la discussione generale di avviarsi verso l'uscita in modo tale da consentire innanzitutto al collega Davico che sta per intervenire e successivamente anche agli altri colleghi di svolgere il proprio intervento nelle condizioni più consone.

DAVICO (LNP). Signor Presidente, colleghi senatori, componenti del Governo, siamo di fronte ad un provvedimento che richiede alcune riflessioni, perché è un provvedimento non di proposta, non di costruzione, non di rinnovamento o di riforma di questo Paese, ma è un provvedimento di sospensione.

I cento giorni sono ampiamente passati, ci avviciniamo ai duecento e da questo Governo, da questa compagine governativa, è arrivato finora pochissimo; nessun provvedimento di costruzione, di programmazione, ma solamente provvedimenti di sospensione di provvedimenti già deliberati, se non addirittura proposte di abrogazione. Alcuni di carattere quasi arrogante, impositivo, come in questo caso, altri di carattere più legislativo. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di sgombrare l'emiciclo e di uscire dall'Aula - insisto - perché stanno disturbando sensibilmente il collega Davico che sta svolgendo il suo intervento.

Prego, senatore Davico.

 

DAVICO (LNP). Governare significa proporre, costruire, innovare, non significa solamente fermare, guardare indietro, rallentare o addirittura voler abrogare, voler distruggere ciò che è stato fatto in precedenza.

Il metodo del cacciavite, accennato dal presidente Prodi fin dalle sue dichiarazioni programmatiche in quest'Aula, adottato poi anche da alcuni Ministri, non porta per ora all'uso nobile di questo strumento che serve anche per costruire - soprattutto per costruire - e solo in certe situazioni per smontare e distruggere.

Eppure ci troviamo a questo punto, con questi primi interventi governativi, a vedere fermate tante riforme e tanti atteggiamenti riformatori, tanti slanci che avevano dato entusiasmo a questo Paese e che erano giunti praticamente a compimento o stavano per essere al definitivo compimento: parlo della scuola, del lavoro, delle questioni sociali, dell'immigrazione, delle opere pubbliche che erano state avviate, parlo delle amministrazioni degli enti locali, dove i sindaci, i comuni piccoli si trovano in grandi difficoltà.

Oggi cerchiamo di impedire, da parte nostra, che venga fermato il provvedimento di riforma sulla giustizia. I cittadini ci hanno forse eletto in questa Assemblea per fermare, per guardare indietro, per chiuderci o piuttosto per innovare, per aggiornare, per portare questo Paese avanti verso forme di Governo più snelle, più efficienti, più europee? Il settore giustizia - lo sappiamo - è un settore che da tanto tempo soffre di malesseri; da decenni si susseguono tentativi di interventi riformatori per risolvere e non più tollerare le disfunzioni che affliggono un sistema così importante come questo.

Nel corso degli anni tutte le maggioranze che si sono succedute al governo di questo Paese hanno tentato di procedere a riforme settoriali, senza peraltro avere mai il coraggio di intraprendere una riforma complessiva, una riforma strategica a favore dei cittadini

quei cittadini che vanno messi al centro dell'azione riformatrice, dell'azione amministrativa dello Stato; quei cittadini che il ministro Castelli aveva voluto mettere in quella scritta: la giustizia si amministra nel nome dei cittadini, nel nome del popolo, come dice la nostra Costituzione; quei cittadini che devono essere al centro innanzitutto del sistema della giustizia e che chiedono efficienza, chiedono rinnovamento.

Erano questi i princìpi ispiratori di quella riforma, che posso riassumere in alcuni punti: l'ammodernamento e una maggiore attualizzazione o aggiornamento del sistema complesso della giustizia; un miglioramento del sistema di accesso alla magistratura, alla carriera di magistrato; il principio costituzionale della terzietà del giudice con la separazione delle carriere; l'introduzione di meccanismi volti a recuperare l'efficienza della professione, l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici; e, ancora, il ristabilire quel legame fondamentale tra istituzioni e cittadini, tra politica e giustizia attraverso il recupero della fiducia, della legalità, di una sana cultura e di una politica della giustizia vicina ai cittadini, superando anche quei luoghi comuni che tanto male fanno alla nostra amministrazione pubblica e alla nostra convivenza sociale e civile, che allontanano i cittadini da noi e dai sistemi amministrativi come quello della giustizia.

In questo scorcio di legislatura ci apprestiamo quindi a discutere quella che può ritenersi una riforma fondamentale in questa materia, ovvero la riforma dell'ordinamento giudiziario, che non è piovuta dall'alto, che non è stata imposta, ma che ha richiesto un lavoro enorme. Ci sono voluti infatti oltre tre anni, quaranta mesi di discussioni, di dibattiti, di proposte, cinque letture parlamentari, un rinvio alle Camere da parte del Capo dello Stato, quattro astensioni dalle udienze da parte dell'Associazione nazionale magistrati e sei scioperi dell'Unione delle camere penali. Questa riforma non è quindi una riforma che è stata imposta, una riforma che è stata gestita con arroganza, ma è una riforma che è stata comunque mediata con alcuni princìpi ispiratori - quelli cui accennavo prima - che hanno comunque portato ad una mediazione, ad un aggiornamento e a tener conto di quelle che sono state tutte le esigenze, tutte le componenti che hanno voluto partecipare a quella proposta.

Per questo dico: perché abrogarla? Questa riforma, al pari di qualunque altra proposta e riforma, può darsi che abbia qualche aspetto da rivedere, da aggiornare, da migliorare; questo va però fatto non fermandola, non introducendo o bloccando norme che lascerebbero il vuoto; infatti, come sentivo questa mattina dire bene dal collega D'Onofrio; quali norme sarebbero in vigore con questa sospensione? Le norme abrogate, quelle che, quindi, non ci sono più, o le norme che dovrebbero essere reintrodotte con una forma di riforma dell'abrogazione (non so come possa essere definita una situazione di questo genere)?

Quindi quello sforzo corale dell'allora maggioranza, con la partecipazione di tutti coloro che vollero inserirsi nel dibattito e portare un contributo, ci portò ad un modello condiviso di giurisdizione, rispettoso dei princìpi costituzionali e in grado di restituire, soprattutto a quei cittadini cui accennavo prima, un servizio efficiente, un servizio in cui avere fiducia.

Dopo una riflessione approfondita, nella quale in più riprese l'allora ministro Castelli è venuto sempre più incontro alle esigenze sia della magistratura, sia delle forze politiche (anche di opposizione), desta sconcerto riscontrare come ancora oggi si parli di questa come di una riforma ingiusta, che aggraverebbe l'inefficienza della giustizia italiana ed attenterebbe all'indipendenza e all'autonomia di tutti i magistrati.

Al contrario, noi riteniamo che questa riforma rappresenti un'innovazione fondamentale in materia di giustizia, dato che, per la prima volta da oltre cinquant'anni, praticamente in tutta la nostra storia repubblicana, viene modificata la legge fondamentale in materia di ordinamento giudiziario, risalente al lontano 30 gennaio 1941.

Si tratta di una riforma, quella in vigore, che incide sull'organizzazione interna della magistratura, tentando di ridisegnare il sistema di accesso in magistratura in modo tale da recuperarne la professionalità, l'efficienza, l'indipendenza e l'imparzialità. In sostanza viene a delinearsi un sistema più puntuale nella valutazione dei magistrati.

A tal fine, per essere ammessi al concorso, non basta più la semplice laurea in giurisprudenza ma sono richiesti ulteriori titoli abilitanti; dovranno essere sostenuti dei colloqui di idoneità psicoattitudinale volti a valutare la predisposizione del candidato, anche in riferimento alle specifiche funzioni che egli avrà indicato al momento della domanda di ammissione al concorso; si dovrà seguire un apposito corso di formazione iniziale presso la scuola della magistratura e di seguito trascorrere i periodi dell'uditorato presso i vari uffici giudicanti, requirenti e di prima assegnazione, così che il periodo di tirocinio iniziale serva per valorizzare la formazione dell'uditore attraverso l'apporto di varie esperienze diverse.

Grazie a questa riforma, finalmente anche la progressione in carriera dovrà svolgersi alla luce di profili meritocratici, venendo sganciata dal semplice avanzamento per anzianità di servizio ed affidata a momenti di effettiva valutazione (i concorsi) oltre che a corsi di aggiornamento professionale continui.

In pratica, queste innovazioni cambiano la prospettiva dalla quale si deve guardare al superamento del concorso: l'essere diventati magistrati non significa più aver raggiunto un traguardo nella vita, ma un semplice punto di partenza verso una funzione che richiede costantemente impegno professionale ed aggiornamento continuo, perché il magistrato aggiornato è anche il più qualificato dal punto di vista professionale.

Ma la riforma è interessante anche perché vuole garantire il principio costituzionale di terzietà del giudice, in attuazione del principio del giusto processo sancito dall'articolo 111 della Costituzione.

A tale scopo delinea il quadro della separazione delle funzioni tra giudici e pubblici ministeri, onde porre fine ad una commistione inaccettabile tra chi sostiene l'accusa e chi giudica, con la possibilità, oltretutto, di passare tranquillamente da una funzione all'altra in un modo che giudichiamo, a dir poco, inquietante.

È bene precisare che la riforma proposta non sconvolge il sistema, ma prevede appunto un meccanismo che si può definire di separazione, tendenziale e di fatto, delle funzioni: pubblici ministeri e giudici continuano, entrambi, ad appartenere all'ordine giudiziario, con la differenza che, attraverso la riforma, il passaggio dalle une alle altre funzioni viene subordinato ad una serie di condizioni che si presentano come sbarramento alla continua commistione tra le stesse cui abbiamo assistito fino ad oggi.

Sotto questo profilo sono stati ripetuti gli attacchi da parte del mondo della magistratura, che lamenta un vero e proprio attentato alla sua indipendenza ed autonomia. In effetti, questa critica sembra dimenticare completamente quanto sia necessario distinguere le due funzioni, in ragione della diversa professionalità che l'esercizio delle stesse presuppone. Al pubblico ministero viene infatti richiesta non tanto la cultura della giurisdizione, ma la cultura dell'investigazione, tanto spesso trascurata. Al giudice, in ragione della sua posizione di terzietà imposta dalla Costituzione, si richiede quella imparzialità che tuteli le garanzie fondamentali dei cittadini.

Anche a livello europeo - tanto invocato in altri momenti - è sufficiente un rapido esame per rendersi conto di come la disciplina di accesso e progressione in carriera sia differente rispetto a quella italiana. Ad esempio, in Germania si parte da un'unica formazione per tutte le professioni legali, che si articola in varie fasi e comprende esami di professionalità, al termine dei quali si sceglie una delle professioni legali. A questo punto, giudice e pubblici ministeri godono di uno status giuridico distinto, che continua ad essere tale per tutta la progressione in carriera. Lo stesso dicasi per la Spagna, dove la carriera in magistratura è separata da quella di pubblico ministero. Si parte tuttavia da un concorso unico per giudice e pubblico ministero, al termine del quale i vincitori scelgono tra una carriera e l'altra.

Un altro risultato importante di questa riforma è la temporaneità degli incarichi direttivi (e ricordiamo a questo proposito che si tratta di un'antica rivendicazione della magistratura), oltre alla nuova strutturazione degli uffici della procura. La nuova previsione in chiave verticistica serve a recuperarne l'efficienza, individuando nel procuratore capo il compito di coordinamento della gestione delle indagini, ma anche a recuperare chiarezza, individuando il centro di responsabilità in colui che diventa l'unico titolare dell'azione penale. Con le modifiche proposte siamo sicuri che, alla fine, gli uffici di procura recupereranno l'efficienza e l'agilità gestionale che sono troppo spesso mancate al procuratore nell'organizzare i lavori degli uffici a lui sottoposti.

Condivisibile è anche la chiarezza con cui viene strutturato il sistema degli illeciti disciplinari che, in tal modo, dovrebbe diventare finalmente tassativo, chiaro e indirizzato al recupero dei valori di professionalità, equilibrio, correttezza, imparzialità, indipendenza: insomma, di quella che dovrebbe rappresentare l'autonomia vera, e non meramente proclamata, per l'esercizio della funzione giudiziaria.

Riteniamo che questa riforma sia stata varata, al di sopra degli interessi di parte, per rispondere ai problemi reali e contrastare l'inefficienza del sistema giustizia. E siamo convinti che, per poter fare questo, sia necessario creare un modello di magistrato più attuale e rispondente ai nuovi valori della moderna società civile, per renderlo compatibile con la richiesta di giustizia del Paese e più rispondente ai princìpi costituzionali di imparzialità ed efficienza.

Un ultimo appello, anche se ora sono assenti (sono presenti solo in alcuni momenti, quelli cioè in cui è necessario il voto), lo rivolgo ai senatori a vita. Il presidente Cossiga, questa mattina, ha svolto un intervento anche condivisibile: i senatori a vita sono comunque una risorsa, per la loro esperienza e per quello che hanno rappresentato (come ex Presidenti della Repubblica o come personaggi della politica, del mondo imprenditoriale, scientifico, artistico e culturale). È, però, impopolare e non giusto che siano determinanti in situazioni così delicate come quelle di cui stiamo parlando, quando il loro voto diventa determinante (perché fa la differenza), fondamentale nella contesa tra le parti politiche; diventa antipatico per la gente, non corretto e non giusto per questa nostra Assemblea.

Rivolgo quindi loro l'invito, se possibile, ad astenersi da tale votazione, per lasciare spazio a coloro che sono stati eletti direttamente dal popolo.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Divina. Ne ha facoltà.

DIVINA (LNP). Signor Presidente, è assai singolare che quest'Aula si debba esprimere su una serie di decreti già operativi (quindi norme vigenti) e che si scelga la formula della sospensione quando esistono altri strumenti normativi: le leggi si possono abrogare o si può varare una legislazione successiva, ma, comunque, non si lascia un ambito sgombro da norme o, peggio ancora, non si blocca una disciplina appena entrata in vigore sospendendola immediatamente.

L'intervento dell'esimio presidente Cossiga ha avuto un solo difetto: è stato svolto in un'Aula semivuota - nel momento in cui questa è stata abbandonata per altri interessi - mentre sarebbe stato probabilmente illuminante per tutti i colleghi.

Lungi dal volermi sostituire all'esimio Presidente, su una frase è da concordare: "bisogna essere sempre" - sempre - "contro l'Associazione nazionale dei magistrati". Lo ripeto: bisogna essere sempre contro l'Associazione nazionale magistrati, non contro la magistratura, perché una cosa è il sindacato e altra cosa è l'istituzione.

Quel che sta avvenendo è che il Governo sta cedendo ad una forte pressione sindacale e corporativa. Ci si sta accingendo a effettuare un'operazione per cui - e mi si consentano la volgarità ed il salto - sarebbe come dire che il sistema dei trasporti non è finalizzato agli utenti, ai cittadini, ma alle esigenze dei ferrotramvieri: affermare che le esigenze della giustizia non sono le esigenze del cittadino, ma devono partire o debbono avere il placet del sindacato dei magistrati, è la stessa identica cosa!

La sinistra lo ricorda. C'era infatti un bellissimo aforisma coniato dalla sinistra radicale negli anni Ottanta che diceva pressappoco così: «Leggi il "Corriere della Sera" e fai l'esatto contrario». L'importante è sempre avere un termine di paragone, che sia positivo o negativo, e allora, siccome quel giornale era visto come contrapposto agli interessi di un certo gruppo politico, quello era il motto che circolava a quei tempi. Oggi lo potremmo trasferire esattamente nei confronti dell'Associazione nazionale dei magistrati.

Possiamo dire che sono stati risolti tutti i problemi del sistema giudiziario italiano? Possiamo dire che non esistono disfunzioni nel sistema e nell'ordinamento giudiziario italiano? Tutti in cuor loro, e anche onestamente tanti, hanno il coraggio di affermarlo; il problema diventa il coraggio di affrontarle, perché di fronte ad un potere come quello inquirente e giudicante della magistratura, si smorzano tutte le velleità di andare a sistemare e a regolamentare un sistema che tutti, all'unisono, dicono che ha bisogno di registrazioni.

È così volgare, è così sovversivo dire che per fare il magistrato bisogna superare intanto un concorso, e che non serva più la semplice laurea in legge ma magari altre prove attitudinali, che dimostrino la capacità, la predisposizione a svolgere questa delicata funzione, e pertanto stabilire che servirà anche addirittura una scuola della magistratura, così come i decreti che si vogliono sospendere hanno previsto?

È così sovversivo dire che la progressione della carriera di magistrato dovrà seguire e anche o avere profili meritocratici e che non basta soltanto l'anzianità per fare carriera?

Mi sembra che tutte le organizzazioni sindacali abbiano fissato termini meritocratici per distinguere all'interno di tutto il mondo lavorativo pubblico e privato, anche della pubblica amministrazione. Perché questo non può andar bene nel contesto della magistratura?

E così sovversivo dire che gli incarichi direttivi devono essere temporanei? Abbiamo troppi capi ufficio giudiziari che hanno dimostrato di non essere all'altezza del compito, ma sono ormai inamovibili!

A noi sembra che la strada sia quasi obbligata. L'ultima volta che si è messo mano alla Carta costituzionale, quando si è riformato l'articolo 111 della Costituzione, mi sembra che queste Assemblee fossero interamente d'accordo nell'affermare - e lo si scrisse una infinità di volte - l'importanza della terzietà del giudice: il giusto processo in funzione del diritto ad una giusta giustizia dei cittadini!

Bene, adesso dobbiamo darvi seguito. Non basta fissare princìpi; bisogna creare norme, disposizioni, dare attuazione a quanto il Parlamento aveva ratificato. E non è forse in questa logica, in questa conseguenza il riordino degli uffici dei pubblici ministeri o la separazione delle funzioni - perché magari qui sta il nocciolo - tra giudicanti ed inquirenti? Oggi giudici e pubblici ministeri continuano ad appartenere allo stesso ordine della magistratura ed i decreti non sovvertivano ciò.

Stabilivano però, ad esempio, condizioni ben precise per esercitare certe funzioni e l'eventuale passaggio subordinato ad altre eventuali condizioni. Se al giudice - ripetiamolo - è richiesta innanzitutto la terzietà, crediamo che al pubblico ministero sia giusto non solo chiedere che sia dotato di una certa cultura giuridica, ma anche di una certa cultura addirittura dell'investigazione, di equilibrio personale. Quanti errori abbiamo visto commettere da tanti esuberanti procuratori, poi finiti nel nulla! Noi sappiamo come funzionano le procure e nel momento in cui vi è la fuga di notizie, qual è il ristoro che si può offrire ad una vittima ormai distrutta nella propria immagine, oltre che nel proprio fisico?

È così scandaloso scrivere ciò che stabilisce il decreto legislativo n. 109, cioè che il magistrato esercita le funzioni che gli sono state attribuite con imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità (termine a volte poco conosciuto), riserbo - questo forse è più deflagrante - e equilibrio e nel rispetto della dignità delle persone sottoposte alla propria funzione? Tante volte quelle stanze delle procure, che dovrebbero essere camere blindate, più che porte blindate sembravano avere porte di saloon, che si aprivano in tutti i sensi e più volte abbiamo letto notizie secretate e verbali estremamente riservati sulle colonne dei più importanti giornali del nostro Paese.

Presidenza del vice presidente BACCINI(ore 17,53)

 

(Segue DIVINA). Serviva o no una riforma, serviva o no mettere mano al sistema giudiziario italiano? Serviva ed è stato fatto. Perché oggi, a riforma partita, i decreti sono entrati in funzione tra febbraio e luglio, a scalare? Oggi, a settembre inoltrato, a riforma partita, il Governo, sotto pressione dall'Associazione nazionale magistrati, decide di calare la scure, di bloccarla. Parliamone, senza voler far lezioni come quella sentita dal senatore Cossiga, che possiamo definire una lectio magistralis. Ripeto: peccato ci fosse un'Aula così sgombra ad ascoltare puntualizzazioni che, sotto il profilo costituzionale, rivestivano carattere di grande lezione giuridico-costituzionale per il Senato della Repubblica. Il primo principio cui dobbiamo attenerci, tra i princìpi democratici (e mai dimenticarlo), è quello della sovranità popolare, sancito nei primi articoli della nostra Costituzione.

Nel momento in cui nascono conflitti tra poteri dello Stato, essendo la nostra cultura giuridica figlia della separazione dei poteri, chi deve disciplinare la materia? Se la sovranità - ricordiamolo - è sovranità popolare, allora gli unici che godono del privilegio di farsi portatori della sovranità popolare sono i rappresentanti liberamente eletti con mandato popolare, ergo i parlamentari di questa Repubblica.

Chi fa le leggi? I rappresentanti del popolo sovrano a legiferare. Chi deve applicare le leggi? Gli appartenenti all'ordine della magistratura. Possono entrare nel merito delle leggi e operare sindacato nei confronti dell'opera del Parlamento? Vi è una parte dell'ordinamento giudiziario che prevede l'esistenza di organi appositi che formulino un giudizio sulla legittimità di un provvedimento e del suo contenuto: sull'iter e sul contenuto del provvedimento, non sul merito! Noi non possiamo accettare che taluni magistrati si rifiutino di applicare una legge perché ritenuta, nel merito, ingiusta o inopportuna; magistrati che, all'apertura dell'anno giudiziario, si presentano con toga nera e Costituzione sotto il braccio, quella stessa Costituzione che - come lasciano ben intuire - avrebbero voluto mettere sotto un'altra parte del corpo! È possibile che la magistratura interferisca, in questo conflitto di attribuzione di poteri, con il potere che rappresenta la sovranità popolare: il Parlamento?

Dovrebbe essere presente a questo dibattito il ministro Mastella, visto che è il promotore del provvedimento al nostro esame. Non essendo presente il Ministro, suppongo che uno dei Sottosegretari che siedono al banco del Governo abbia la delega alla giustizia. Spero che mi scuseranno se non conosco chi dei presenti svolga tale funzione. Avremmo bisogno di predisporre chiare norme comportamentali: ecco perché era necessario concordare sulla responsabilità disciplinare anche degli illeciti dei magistrati, perché non esistono legibus soluti. I magistrati non possono essere l'unica categoria della Repubblica a non essere soggetta a un sindacato sulla loro operatività.

Ricordiamo un fatto: il tribunale di Milano, nello specifico il giudice Forleo, sentenzia in modo sovversivo, rilasciando terroristi, che hanno reclutato altrettanti terroristi, incaricati di andare a compiere atti di violenza contro militari italiani in Paesi esteri; li giustificano in quanto resistenti e non appartenenti a un'organizzazione di criminali. (Applausi dal Gruppo LNP). Se noi sapessimo fare il nostro lavoro, non consentiremmo a questi giudici di giocare nelle pieghe dell'ordinamento giudiziario e delle leggi italiane.

Visto che ho la parola vorrei lanciare un monito, che dovrà essere però seguito da un atto ufficiale, da una mozione che presenterà la Lega, sul fatto che, per evitare che terroristi vengano rilasciati, anche una volta difficoltosamente assicurati alla giustizia, da magistrati italiani, occorre trovare una formula affinché questo non avvenga più. Bisogna, cioè, definire ogni atto di terrorismo come atto contro l'umanità, perché il terrorista non ha un solo obiettivo; al di là dell'obiettivo terroristico, di tutto ciò che accade intorno al terrorista non importa assolutamente niente.

Se, probabilmente, era l'America l'obiettivo dell'organizzazione criminale che risponde ad Al Qaeda, non era il Presidente degli Stati Uniti, ma tutto il sistema America; infatti, quante vittime abbiamo visto? Una volta che il terrorista decide che quello è il suo obiettivo, piazzando la carica, l'auto esplosiva, l'uomo che salta in aria, fa morire chiunque si trova momentaneamente nelle vicinanze.

Quindi, si tratta di un atto di violenza generalizzata da classificare come crimine contro l'umanità. E se riuscissimo ad approvare una mozione indirizzata all'ONU e al Tribunale penale internazionale affinché l'Italia riconosca ogni atto terroristico come crimine contro l'umanità, nessun giudice italiano potrebbe comportarsi come il tribunale di Milano.

Per concludere, onorevoli rappresentanti del Governo, serve, eccome, un riordino del nostro sistema giudiziario e probabilmente è urgente. Non serve procrastinare: quello che state facendo è solo procrastinare, spinti dall'organizzazione sindacale dei magistrati. È inaccettabile. La giustizia si amministra in nome del popolo italiano. (Applausi dal Gruppo LNP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

D'AMBROSIO (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che per capire bene le ragioni della sospensione non si possa prescindere dalle ragioni per cui è stato approvato questo ordinamento giudiziario.

Vedete, in questa sede è stato più volte ripetuto che l'ordinamento giudiziario serve anche a rendere più celeri i processi. Ebbene, non c'è prospettiva più errata di questa. Il nostro processo penale non funziona perché il legislatore del 1988 non ha fatto una scelta precisa e decisa fra processo accusatorio e processo inquisitorio: ha preso alcune parti del processo accusatorio, le ha portate avanti, ma solamente nella parte riguardante l'indagine preliminare, il dibattimento di primo grado e non fino in fondo; poi ha lasciato assolutamente immutato il sistema delle impugnazioni, che è quello del codice del 1930.

È chiaro che da una regolamentazione di questo tipo non possiamo avere che processi che durano all'infinito. A tale proposito, è bene sgomberare il campo da quello che è stato affermato da qualche senatore dell'opposizione, cioè che l'ordinamento giudiziario servirebbe anche a rendere più celeri i processi e che, quindi, la sospensione dei regolamenti di attuazione sarebbe controproducente per quanto riguarda l'efficienza dell'amministrazione della giustizia. Niente di più sbagliato.

L'ordinamento giudiziario è il complesso delle norme che regolano l'assunzione, la carriera, la disciplina e la preparazione dei magistrati, ma non ha niente a che fare con la celerità dei processi. Se questa fosse stata effettivamente l'intenzione del passato Governo di centro-destra, noi avremmo avuto contemporaneamente un maggiore stanziamento di fondi per la giustizia, che non c'è stato, perché per quanto io ricordi, appena il ministro Castelli ha assunto le sue funzioni la giustizia è rimasta a secco. C'erano finanziamenti per progetti finalizzati a rendere più celere la giustizia, a eliminare l'arretrato, che furono completamente aboliti.

Se si prescinde dalle ragioni per cui si è arrivati all'approvazione di questo ordinamento giudiziario credo che qualsiasi argomento si porti avanti sia fuorviante.

Noi abbiamo un brutto difetto, quello di dimenticare la nostra storia, il nostro passato. Dimentichiamo ciò che ha determinato l'approvazione di questo ordinamento giudiziario, a distanza di oltre cinquantasei anni dall'entrata in vigore della Costituzione, che pure prevedeva, nelle norme transitorie, una nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità della Costituzione stessa. Allora, ci sembra di trovarci improvvisamente, senza alcuna ragione, nell'attuale situazione. Non è così, non è nato per questa ragione il disegno di legge delega al Governo per l'emanazione di un ordinamento giudiziario, né sono nati così i decreti di attuazione.

Ricordiamo insieme quanto è accaduto, come è nato questo progetto di ordinamento giudiziario, come si è portato avanti e in che modo è stato approvato. È nato perché c'era un conflitto tra la magistratura e il potere politico, esasperato da una circostanza ben precisa e cioè dal fatto che il Presidente del Consiglio del passato Governo di centro-destra era un imputato, era soggetto alla magistratura.

Si dimentica, allora, quello che si è fatto prima di arrivare all'approvazione del disegno di legge sull'ordinamento giudiziario. Si sono emanate le cosiddette leggi vergogna, con cui si volevano bloccare i processi a carico del Presidente del Consiglio (e in parte ci si è anche riusciti). Si dimentica la legge sulle rogatorie, che impediva l'utilizzazione nel processo di tutte le rogatorie, che erano il corpo principale di prova nei confronti degli imputati. Non ci si è riusciti perché la magistratura interpreta la legge in modo conforme alla Costituzione, nella quale è previsto il rispetto dei trattati internazionali, che prevedono la prassi di trasmissione delle rogatorie senza la necessità di autenticazione che invece quella legge voleva.

Si pensò allora di fare qualcosa di più. Prima si intervenne con la legge sul falso in bilancio, che - come sappiamo tutti - è stata una sorta di depenalizzazione, di cui hanno beneficiato certi imputati, e infine, per differire quei processi, si è arrivati addirittura alla legge Schifani sull'immunità delle più alte cariche dello Stato, ma anche quella poi fallì nella sua finalità.

Si è dunque pensato di modificare l'ordinamento giudiziario. Anche gli esponenti dell'opposizione hanno riconosciuto che il complesso di norme che rappresenta l'ordinamento giudiziario è materia di interesse comune. Ed effettivamente lo è, perché quelle norme sono fatte nell'interesse dei cittadini, non nell'interesse dei magistrati. Sono i cittadini che hanno interesse ad avere una giustizia che funzioni, ma che sia anche indipendente.

La preoccupazione che in questo momento prende tutti è quella che ha espresso con tanto vigore e con tanta chiarezza il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Mancino, senatore fino a pochi giorni fa, il quale ha paventato il rischio della paralisi in cui può trovarsi lo stesso Consiglio superiore, che ha il governo della magistratura, a causa dell'incertezza su quali norme saranno applicate. Tale incertezza deriva soprattutto dal fatto che il centro-sinistra ha sempre dichiarato che queste norme costituiscono un pericolo per l'indipendenza della magistratura, che è presupposto indispensabile di un ordinamento giuridico corretto.

La riforma di norme fatte, a livello quanto meno di subconscio, con l'intento di controllare la magistratura fa parte del programma elettorale. Quando parlo di intento mi riferisco a ciò che ha ripetuto più volte anche il senatore Castelli quando ha fatto riferimento al procuratore aggiunto di Milano Spataro, esprimendo la necessità di far entrare immediatamente in vigore questo ordinamento giudiziario. In questo modo, infatti - ecco l'esempio fatto dal collega Castelli - non ci sarebbe stato il processo fatto da Spataro per il rapimento di Abu Omar.

Una cosa scandalosa: agenti di un servizio segreto di altro Stato sono venuti in Italia, hanno catturato e rapito questo cittadino straniero, portandolo via e poi rilasciandolo. Tale personaggio era sottoposto al controllo della DIGOS italiana, la quale si è adontata di questo fatto, perché è stata eliminata una fonte di controllo e di informazioni sui terroristi presenti in Italia. Un fatto di una gravità assoluta viene portato come esempio. Un intervento di agenti stranieri nello Stato italiano che sequestrano un indiziato e sorvegliato dalla polizia italiana perché sospettato di poter avere rapporti con i terroristi e che può essere una fonte di informazione diventa l'esempio. In più si dice: tutto questo non sarebbe avvenuto se ci fosse stato un procuratore in grado di intervenire e togliere il processo a questo magistrato. A parte il fatto che credo che il procuratore abbia questo diritto di sorveglianza, evidentemente il procuratore di Milano condivide ciò che ha fatto il suo aggiunto in materia di terrorismo.

Noi sappiamo benissimo chi è Armando Spataro. Forse molti dimenticano che è quel magistrato che si è impegnato, a rischio della propria vita, ed erano pochissimi quelli che lo facevano, nella lotta al terrorismo. Ricordate che in Italia c'è stato il terrorismo e che parecchi magistrati sono morti perché si sono impegnati a fondo in questa lotta? Ricordate che c'era anche Spataro tra i magistrati che conducevano queste indagini? A Milano erano due, Carnevali e Spataro. (Commenti dal Gruppo LNP). Questo lo avete dimenticato. Come avete dimenticato che proprio i magistrati italiani hanno avuto, unici, la menzione alle Nazioni Unite per essere riusciti a battere il terrorismo senza far ricorso a leggi speciali.

Quando si dimentica che assicurare l'indipendenza del pubblico ministero è indispensabile per assicurare anche l'indipendenza dei giudici si commette un errore grave. Stabilire l'indipendenza del giudice quando non si assicura l'indipendenza del pubblico ministero non serve a niente, perché il giudice non avrà mai occasione di esercitare questa sua indipendenza se il pubblico ministero non gli porterà i processi in cui poter esplicare questa indipendenza.

Ecco allora che alla preoccupazione generale si aggiunge la preoccupazione di fondo che questo ordinamento giudiziario, finalizzato a porre in essere un controllo in un certo modo, contenga in sé il rischio reale di una sottoposizione della magistratura ad un certo controllo.

Badate bene che quando si ristabilisce questa carriera per concorso interno, quando si dice che si agevola la carriera di chi fa i concorsi, oltre al fatto che si toglie tempo ai magistrati di occuparsi delle questioni serie per prepararsi ai concorsi, si mostra l'intenzione (perlomeno questo è il pericolo che si può generare) di creare una classe di magistrati ambiziosi, che sono poi quelli più suscettibili di essere controllati quando diventano dirigenti di un ufficio giudiziario. Ecco la preoccupazione più grande.

Si dimentica il momento in cui venne presentato il maxiemendamento, che effettivamente riduceva la procura ad un ufficio gestito esclusivamente dal procuratore capo della Repubblica, in quanto si eliminavano gli aggiunti e si dava la facoltà di delega solo per determinati atti, accentrando tutto sul procuratore della Repubblica, facendo fare un balzo all'indietro nel tempo incredibile.

Si dimentica allora quale fu il motivo del maxiemendamento. Ve lo ricorderete, vi fu un ricorso alla Cassazione per trasferire quel determinato processo cui accennavo prima da Milano a Brescia. Vi fu anche un intervento legislativo immediato per cercare di agevolare questo passaggio da una parte all'altra. Quando, però la Cassazione, di fronte alla circostanza che non c'era alcuna ragione per spostare i processi (e, badate, non la Cassazione a sezioni semplici ma la Cassazione a sezioni unite), affermò che non c'erano i presupposti per tale trasferimento, allora si fece il maxiemendamento e questo dopo che c'era stato un proclama a reti unificate da parte di chi era interessato a questo processo che, è inutile che ve lo ricordi, tutti hanno commentato e su cui si sono dette cose veramente incredibili.

Ecco allora che da chi è sinceramente democratico c'è una giustissima preoccupazione che questo ordinamento giudiziario possa in qualche modo condizionare l'indipendenza della magistratura. È vero che poi si sono fatte delle modifiche, sotto la spinta e soprattutto anche per l'intervento del nostro presidente della Repubblica Ciampi, che rilevò ben quattro motivi di incostituzionalità e rimandò il provvedimento alle Camere, come è stato anche ricordato. Questo è stato un altro segnale molto forte del fatto che si volesse comunque cercare di condizionare l'indipendenza della magistratura.

Ci vengono a parlare di migliore professionalità, ma chi contesta il nostro orientamento favorevole all'istituzione della scuola per la magistratura? Chiediamo che venga istituita da anni, quindi non è certamente questo il motivo. Forse uno dei motivi per cui siamo favorevoli a determinate modifiche che vanno fatte, come quella della scuola per migliorare la professionalità dei magistrati, è proprio questo, anche se però bisogna riconoscere che già in precedenza un'attenzione in tal senso era stata mostrata proprio dal Consiglio superiore della magistratura, che aveva istituito corsi centralizzati e corsi periferici per il miglioramento della professionalità. L'affermazione che non vi sia stata attenzione alla professionalità neanche da parte dell'Associazione magistrati è un falso plateale.

Qual è stata la proposta dell'Associazione nazionale magistrati, di cui anche oggi si è parlato così male? Per controllare effettivamente la professionalità e la redditività dei magistrati, sia fatto un controllo sulla qualità e quantità del lavoro svolto dai magistrati ogni quattro anni. Se per due volte consecutive viene espresso un giudizio negativo su un magistrato, lo si butta fuori: deve uscire dalla magistratura. Come vedete, per quanto riguarda la professionalità e la capacità dei magistrati, è stata avanzata una proposta che addirittura va al di là di quello che stabilisce l'attuale ordinamento giudiziario, i cui decreti legislativi di attuazione si vogliono sospendere.

Non solo. Se vogliamo poi parlare dei pericoli, diciamo allora che il vostro ordinamento giudiziario, quello che noi tendiamo a sospendere, prevede una cosa veramente incredibile: che il magistrato di prima nomina possa esercitare funzioni monocratiche, sia requirenti che giudicanti. Vi sembra veramente che possa giovare all'amministrazione della giustizia il fatto che un magistrato inesperto eserciti funzioni monocratiche appena entrato in magistratura e dopo aver seguito solo un corso teorico? Sono queste le domande che vi pongo sull'efficienza e sulla validità di questo ordinamento giudiziario. (Il microfono si disattiva automaticamente).

 

SALVI (Ulivo). Lo lasci terminare, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Calma, senatore Salvi. Vuole prendere il mio posto?

 

SALVI (Ulivo). L'ho già fatto.

 

PRESIDENTE. Stavo appunto dicendo al senatore D'Ambrosio che il tempo a sua disposizione è terminato.

Prego, concluda il suo intervento, senatore D'Ambrosio.

 

D'AMBROSIO (Ulivo). Concludo subito.

Per quanto riguarda la temporaneità degli uffici direttivi, signor Presidente, che è stata tanto sbandierata, faccio notare che la magistratura e l'Associazione nazionale magistrati si battono da anni per la temporaneità degli incarichi direttivi.

L'altro giorno il senatore Castelli faceva l'esempio di un procuratore che era stato trasferito: se è stato trasferito è proprio perché si era dimostrato incapace di governare una procura. Se ci fosse stato l'incarico direttivo temporaneo, che la magistratura ha sempre voluto e che hanno voluto e vogliono tutti i cittadini democratici, probabilmente tutto questo non sarebbe avvenuto.

Concludo quindi con l'invito ad attuare questa sospensione, per tranquillizzare la magistratura, ricordando solamente che si deve fare questa scelta entro il 28 ottobre. So personalmente quello che succede quando deve essere fatta una tale scelta. Ho visto la procura della Repubblica di Milano impoverirsi degli elementi migliori solo per la minaccia della separazione delle carriere; appena è arrivata la notizia che sembrava che ciò si dovesse attuare da un momento all'altro, i migliori magistrati della Procura sono passati alla giudicante.

Invito pertanto tutti i senatori a votare a favore di questa sospensione, che farà prendere tempo. Mi meraviglia che non sia stata colta l'enorme disponibilità da parte del Ministro della giustizia per accettare le cose buone e riformare quelle cattive. È questo che si vuole fare e lo si vuole fare nei tempi più brevi possibile. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Franco Paolo. Ne ha facoltà.

FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, indubbiamente il provvedimento di sospensione dei decreti legislativi può essere visto sotto diversi profili. Lo si può guardare dal punto di vista tecnico, nel senso di un intervento che guardi alla sostanza della legge delega, a cui questi decreti legislativi attuativi danno appunto attuazione.

Lo si può guardare dal punto di vista di parti in causa, che, ovviamente con competenza professionale maturata sul campo, come il collega D'Ambrosio che mi ha preceduto, svolgono delle valutazioni, anche di merito, sui concorsi, sull'opportunità, i limiti e le paure.

Ho sentito dire che questa sospensione tranquillizzerà la magistratura; mi fa piacere constatare che avremo una magistratura più tranquilla, se questo deve essere un termine di paragone.

Tuttavia, lo si può vedere da un'altra angolazione, quella dei cittadini, cioè dei fruitori di questo servizio. Purtroppo, con il massimo rispetto di tutti coloro che ogni giorno lavorano nella magistratura, i cittadini e le imprese forse ritengono questo settore sostanzialmente un disservizio, anzi un grave handicap, un limite. Infatti, quando parliamo di ordinamento giudiziario e di magistratura nel senso più esteso del termine - ovviamente, non intendiamo solamente gli aspetti penali ma anche quelli civilistici - ci riferiamo alla formazione e alla professionalità di giudici, di pubblici ministeri e a tutte quelle norme che vadano ad incidere e ad organizzare la vita civile, sociale ed economica del nostro Paese e che, per quanto ne so io, ma penso anche tutti voi, non ha certo una valenza positiva.

La pubblica amministrazione in generale può essere un elemento di supporto all'attività sociale ed economica del Paese ma può costituire anche un elemento di freno; quindi, nel momento in cui ci si confronta a livello internazionale, ci si trova con risposte, tempi e processi lunghissimi che in altri Paesi, per alcune motivazioni specifiche - per l'organizzazione ma anche per dettami costituzionali diversi - invece non esistono.

Tuttavia, all'interno di questi tre aspetti, non posso non considerare che se l'esordio per una giustificazione della sospensione dell'efficacia dei decreti legislativi è quello secondo cui l'ordinamento giudiziario è stato modificato per un conflitto esistente tra una certa parte politica e la magistratura, non posso certo credere e accettare che questa sia una risposta sufficiente per cittadini. Se la giustizia è amministrata in nome del popolo, queste non sono motivazioni condivise o condivisibili che i cittadini possano accettare.

L'ordinamento giudiziario è stato modificato perché anzitutto esiste nel nostro Paese un debito giudiziario pesantissimo nei confronti della comunità, dovuto anche al fatto che, nel tempo, mai e poi mai dal 1941 si era riusciti a portare una riforma così innovativa, pressante e incisiva nel sistema giudiziario per adeguarlo alle diverse realtà di oggi rispetto a quelle esistenti più di 50 anni fa.

Proprio lunedì scorso, insieme ai colleghi parlamentari della mia Provincia, quella di Vicenza, abbiamo incontrato in un convegno molto interessante, organizzato dall'ordine degli avvocati della Provincia vicentina, i rappresentanti degli avvocati. Un convegno a cui hanno partecipato anche esponenti locali della magistratura, dove il confronto è stato sereno e dove si sono viste le diversità di posizione. Lì è stato riconosciuto da tutti - mi sembra una ovvietà ma a quanto pare non lo è - che la situazione dell'ordinamento complessivo, ma soprattutto anche della disponibilità delle piante organiche non solo della magistratura ma anche dei servizi amministrativi, è così carente da rendere impossibile un qualsiasi efficace svolgimento dell'attività giudiziaria, nel senso di essere utile davvero alla comunità, e quindi di offrire tempi accettabili. Non entro neanche nel merito della qualità - elemento altrettanto fondamentale - nel senso che avere magistrati preparati è una priorità assoluta.

Mettiamoci quindi dalla parte dei cittadini; non voglio, non ho la pretesa e non conosco la specificità del mondo della magistratura - non è il mio campo di azione professionale - ma forse per questo ho modo di vedere in maniera più disincantata quanto succede, quanti sono i problemi, quante le strette a cui è costretta la nostra comunità, i nostri concittadini quando devono rivolgersi per qualsiasi motivo alla magistratura.

In quel convegno ho sentito parlare anche di organici nella mia Provincia, nella mia Regione, il Veneto, particolarmente sottodotati rispetto ad altre realtà del Paese, ma ho anche conosciuto proposte od esempi che riguardavano e si rifacevano ad altri Paesi. Mi sono reso conto che non è solo una questione di numeri di magistrati e di personale amministrativo, perché mi sembra che la media tra numero di magistrati e numero di abitanti nei diversi settori in cui si compone il servizio giudiziario del nostro Paese sia superiore a quella di altri Paesi occidentali dove la giustizia funziona in maniera totalmente diversa. Per cui, quando si sente parlare del problema dell'organico, credo che non si possa dire, se non in casi eccezionali (dove la sperequazione territoriale è assolutamente marcata), che è "il" problema. È un problema di normativa, un problema di approccio, un problema anche di categoria.

Ulteriormente ribadisco che l'affidare ad una semplice contrapposizione con il sistema giudiziario la riforma dell'ordinamento giudiziario approvata nella scorsa legislatura è assolutamente superficiale. Quando sento parlare dell'indipendenza della magistratura, che è una cosa di cui tanti si riempiono bocca e su cui siamo tutti d'accordo in linea di principio, mi viene da fare una domanda: il fatto che ci siano le cosiddette toghe rosse e che la magistratura sia politicizzata, è forse una cosa che sogno io, che ho visto o letto in qualche romanzo di fantascienza politica, oppure è una realtà presente?

Se diciamo che le riforme vanno fatte - e non vanno fatte contro l'indipendenza della magistratura (su questo sono assolutamente d'accordo, non si può transigere) - non si può far finta che la magistratura non abbia, essa stessa in primo luogo, violato i princìpi di indipendenza dell'istituto della magistratura. Indipendenza della magistratura non vuol certo dire che la magistratura è un ramo particolare del Parlamento per il quale devono passare le riforme le quali, approvate in proprio, devono poi essere semplicemente recepite dai due rami del Parlamento, dai rappresentanti del popolo. In proposito, abbiamo visto che il presidente del Consiglio Prodi non ha intenzione di venire domani in Senato, nonostante la nostra richiesta. Il rispetto di quest'Aula non è una prerogativa dell'attuale maggioranza di Governo.

Credo che, anche se si abolisse in toto la riforma dell'ordinamento giudiziario, non verrà fatta nessuna riforma utile per risolvere le problematiche che prima ho tracciato. Mi riferisco, ad esempio, ai princìpi generali legati ai tempi della giustizia; infatti, al di là della competenza, della distinzione delle funzioni e altro ancora, alla gente comune o all'imprenditore che ha bisogno del servizio giudiziario interessano proprio i tempi rapidi della giustizia. Questo anche al di là del giudizio che forse una persona preferisce di dover pagare quello che deve pagare alla giustizia in tempi accettabili e secondo modalità che siano umane, non disumane, scusatemi il termine. Non è accettabile aspettare anni e anni a fronte di una sentenza che viene poi scritta con criteri, anche oggettivi, ma propri di una realtà totalmente diversa, anche se si applicano ovviamente, come sappiamo, le norme in vigore nel momento in cui le questioni sottoposte a giudizio sono accadute.

Il differimento di questi decreti legislativi è un'azione immotivata e direi anche pericolosa. C'era una legge approvata da questo Parlamento, una legge delega che ha generato dei decreti legislativi: differirli nel tempo - non sto parlando tanto di differimento temporale dovuto magari ad un'esigenza oggettiva, alla preparazione o alla mancanza di alcuni strumenti attuativi - vuol dire esautorare il Parlamento di quello che ha fatto nella piena potestà della propria competenza nella scorsa legislatura. Se si voleva controriformare l'ordinamento giudiziario si doveva procedere con un disegno di legge ordinario, ma la magistratura indipendente aveva ordinato che questo non si poteva fare perché sarebbe entrato in vigore un ordinamento giudiziario nuovo, che poi magari avrebbe dimostrato di essere un buon ordinamento giudiziario: qualcuno se ne sarebbe accorto e non sarebbe stato possibile concretamente modificarlo.

Vedrete che quelle lunghe pagine del programma elettorale dell'Unione sull'ordinamento giudiziario, sull'amministrazione della giustizia in generale nel nostro Paese resteranno lettera morta, soprattutto nei casi in cui andranno ad incidere sulle rendite di posizione proprie della magistratura. Quindi, chi ha violato per primo l'indipendenza della magistratura è chi ha politicizzato la magistratura, che è diventata funzionale a scelte politiche.

Vi è la massima libertà per qualsiasi magistrato di cessare il proprio impegno nel mondo della giustizia e di trasferirsi nel mondo della politica, però è evidente, e credo sia anche questa un'ovvietà, che la politicizzazione della magistratura abbia inciso in maniera notevole, mettendo di fronte al Parlamento delle scelte. Tuttavia, non ho sentito in questa discussione, ma spero di sentirne parlare, delle aspettative dei cittadini: penso che il Parlamento debba rappresentare i cittadini in senso più esteso, salvaguardando naturalmente le prerogative costituzionali di tutti gli organi che sono delegati.

Definire la separazione delle funzioni, così come introdotta nell'ordinamento giudiziario, come un attentato all'indipendenza della magistratura mi sembra fuori luogo. Dando una scorsa al programma dell'Unione, anche se sappiamo che quel programma, in pieno stile ungherese, ad esempio si opponeva decisamente alle missioni italiane all'estero eccetera. Ma questo non è certo l'argomento all'ordine del giorno di oggi; comunque, sappiamo che qualcuno ha scritto qualcosa per fare cose diametralmente opposte e speriamo che se ne renda conto. Guardando ad alcuni aspetti del programma dell'Unione, anche se adesso non ho il tempo materiale per fare una compiuta disamina del programma nella parte che riguarda la giustizia, penso di aver colto nella lettura alcune frasi generiche, di una genericità tale da far sì che ci possa stare dentro tutto o quasi tutto, sostanzialmente la volontà di abrogare l'ordinamento giudiziario riformato per tornare ad una situazione anteriore e quindi, lo ripeto, ad una situazione che non è in grado di dare risposte ai cittadini nei tempi e nei modi voluti.

Ho sentito parlare ancora oggi di questi aspetti, ma non ho sentito parlare di proposte concrete per migliorare il servizio ai cittadini: la parola cittadini, anzi, forse dovrebbe essere pronunciata in maniera più frequente.

È scritto testualmente nel programma dell'Unione, a proposito dell'importanza professionale della Scuola della magistratura: «Dobbiamo realizzare un'efficace e rigorosa separazione di funzioni tra magistratura giudicante e magistratura inquirente, e contribuire a realizzare nel processo penale un'effettiva terzietà del giudice ed una effettiva parità tra accusa e difesa.»

Spero che quello che ho sentito poco fa da parte del senatore D'Ambrosio non sia contraddittorio con questo concetto. Questo è infatti un aspetto che ci vede tutti uniti teoricamente nell'esprimere la necessità di dare alla magistratura una separazione delle funzioni essenziale per lo svolgimento professionale e competente nel tempo dei diversi incarichi, senza una commistione che - anche umanamente e personalmente - può essere deleteria. È una frase importante che ho sentito, e in parte lo è anche nel decreto di sospensione che volete approvare, dando un taglio diverso alla separazione delle funzioni, e viene disattesa proprio dalle norme di sospensione che andrete ad approvare.

Ma vi è qualcosa di più. Visto che qualcuno richiama provvedimenti varati ad personam (una storia infinita!), spero siano emanati ad personam anche quelli sull'ordinamento giudiziario (che riguardino, cioè, 55 milioni di cittadini, in modo da garantire ad ognuno di loro il giusto processo - nel vero senso della parola - e che sia soprattutto breve).

Prosegue ancora, sempre a pagina 51, il programma dell'Unione: «Intendiamo attuare la Scuola della magistratura (bene: anche in questo caso, questa diventa un aspetto fondamentale di riforma e crescita della magistratura stessa) in maniera coordinata con i poteri di indirizzo e controllo che fanno capo al Consiglio superiore della magistratura».

Presidenza del vice presidente CALDEROLI(ore 18,42)

 

(Segue FRANCO Paolo). Indirizzo e controllo, va bene: sperando che non diventi una scuola succube, ma che l'indipendenza e la libertà non siano questioni di libertà d'insegnamento, di apprendimento, di crescita professionale, né siano due cose distinte o contrapposte.

Ma ecco quello che mi preoccupa in questa frase (e riprendo a leggere quanto è scritto nel programma dell'Unione): «in modo da rafforzare una cultura unitaria, cui devono ispirarsi la magistratura inquirente, quella giudicante e l'avvocatura». «Cultura unitaria»: in tutta onestà, queste parole mi sanno tanto di cappello rosso, per cui, in maniera molto rigida, la magistratura inquirente, quella giudicante e l'avvocatura devono avere una certa forma mentale, determinata dagli indirizzi impressi nella Scuola della magistratura a coloro che vi si prepareranno a svolgere la propria professione o che dovranno nel tempo aggiornarsi (una volta affrontato un periodo professionale d'impegno nel mondo della giustizia), secondo la strutturazione che verrà impressa alla Scuola stessa.

Questo è molto pericoloso: a fronte di un tentativo di rendere più dinamico l'ordinamento giudiziario, probabilmente anche la riforma che è stata varata non sarà in grado di per se stessa di fornire quella scossa - anche se la potrà avviare - necessaria alla nostra strutturazione giudiziaria, affinché il debito pubblico giudiziario si contenga e si riduca. Partire, però, dal presupposto che il mondo della giustizia, a trecentosessanta gradi, debba avere una cultura unitaria, credo sia da stigmatizzare in quanto elemento portante che ci fa comprendere le motivazioni vere e profonde per cui vengono proposte la sospensione dei decreti legislativi e quindi l'attuazione compiuta della riforma dell'ordinamento giudiziario. (Applausi dal Gruppo LNP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fruscio. Ne ha facoltà.

FRUSCIO (LNP). Signor Presidente, onorevoli senatori, potremmo dire che quest'Aula rappresenta una situazione da Parlamento degli intimi: il Senato degli intimi.

 

PRESIDENTE. Pochi ma buoni, potremmo dire, però!

 

FRUSCIO (LNP). Pochi, pochissimi: speriamo tutti buoni.

Sono portato ad esprimere alcune considerazioni dall'ascolto del pacato intervento del senatore D'Ambrosio, anche se mi duole sinceramente farlo senza la sua presenza, perché, di solito, non risponde a stile intervenire in assenza dell'interessato. Sono rimasto, però, veramente scosso - mi si lasci passare il termine - dalla maestria, dal tono ammaliante e quasi suadente del suo discorso, supportati da un linguaggio e da una capacità tecnici pari al livello professionale del senatore.

Il senatore D'Ambrosio ha voluto dirci che ci stiamo interessando di un disegno di legge di iniziativa del ministro Mastella, che trae origine da necessità tecniche. Egli ha parlato di «necessità tecniche negative, implicite» nella cosiddetta legge Castelli, approvata dal Parlamento il 25 luglio 2005. Poi, ha spiegato il concetto: quali sono queste necessità tecniche e da dove muovono.

Con una certa disinvoltura, con l'atteggiamento di chi ha sempre la chiave della verità, tipico del magistrato di alto livello, ha detto che le necessità tecniche traggono origine dal fatto che all'epoca dell'elaborazione del provvedimento Castelli, che è durata qualche anno nella scorsa legislatura, vi era il Presidente del Consiglio dei ministri sotto giudizio. Il provvedimento di cui il ministro Mastella, a nome del Governo, chiede la sospensione dell'efficacia, sarebbe quindi stato ispirato da una conflittualità fra il Presidente del Consiglio, che giocava a fare il topo, e un gruppo di magistrati - non la magistratura - che giocavano a fare il gatto.

Per la mia esperienza professionale nella città di Milano, conosco le qualità del dottor D'Ambrosio, ne conosco anche la rettitudine e la serietà, però questo non lo salva, non lo esime dal "vizietto" che comunque anche il magistrato composto, integerrimo, preparato e intelligente può concedersi, perché è uno status quasi di superiorità intellettuale, forse anche umana, a certi livelli. Egli può concedersi la libertà di dire che le motivazioni tecniche che sottendono il provvedimento di iniziativa del ministro Mastella sono volte a modificare e frenare gli inconvenienti tecnici recepiti dalla legge Castelli, la quale sarebbe riconducibile ad una sorta di barricata nei confronti della posizione dell'ex Presidente del Consiglio.

E per rendere credibile la cosa, con maestria e con capacità tecnica che non può essere la mia nel campo giudiziale, ha ricordato dei fatti. Ad esempio, la legge sul falso in bilancio sarebbe stata pilotata solo in funzione di quel topo particolare che doveva salvarsi dal gatto, come dicevamo prima. Ha ricordato la legge sulla rogatoria ed altro; ha richiamato finanche, e con ciò suscitando una mia sorpresa - perché ne conosco il tratto di discrezione e di ristrettezza dell'uomo - che dell'antiterrorismo un pubblico ministero di Milano, il famoso dottor Spataro, rappresenta il punto più alto dell'indipendenza dell'ufficio del pubblico ministero e che qui la riforma Castelli del luglio 2005, andando a toccare le disposizioni che regolamentano la figura e l'ufficio del pubblico ministero, avrebbe commesso il grave handicap giuridico-legislativo- ordinamentale di ledere l'indipendenza del pubblico ministero.

Signori, amici intimi, senatori, signor Presidente, in realtà qui ci stiamo interessando delle seguenti materie perché la legge Castelli non altro tratta che dell'accesso alla magistratura, della progressione economica e della funzione dei magistrati, delle competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici, della Scuola superiore della magistratura, del tirocinio e formazione degli uditori, dell'aggiornamento professionale, del Consiglio direttivo della cassazione e altro ancora, tutto di natura strettamente ed unicamente ordinamentale. Allora il volere, come è normale fare nelle persone abili, ampliare il confine dell'argomento di cui si discute così da realizzare una grande confusione e far emergere un dato assolutamente inveritiero, anzi falso, perfido ed ingannevole, secondo cui da una parte ci stanno sempre e soltanto i buoni e dall'altra ci sono soltanto i cattivi; da una parte ci stanno i guelfi e dall'altra i ghibellini.

Noi siamo persone oramai abbastanza avvezze a subire questa sorta di trattamento, per cui non ci scandalizziamo e non ci meravigliamo. Intendiamo soltanto chiedere al signor Presidente: a cos'è chiamato il Parlamento, a cosa sono precostituiti i due rami del Parlamento se non - come diceva qualcuno di cui abbiamo reminiscenze storiche e culturali - a svolgere attività in favore del prossimo e della collettività? Che cos'è, amici, la politica, la gestione della politica e la politica nelle istituzioni, se non realizzare il governo della casa comune dell'uomo e del cittadino?

Allora, abbasso gli infingimenti! Diciamolo chiaramente: il programma dell'Ulivo comprendeva l'indicazione che la legge Castelli sarebbe stata tolta di mezzo. Questo è il punto, signor Presidente, che non può essere prescisso. Perciò, che si faccia questa attività. Nessuno denega la possibilità al Parlamento di compiere un'attività legislativa caducativa della precedente e innovativa, predisponendone o meno una nuova. Ma non si può prendere l'istituzione per i fondelli.

Qui si pretende di prenderci per i fondelli. Non si può, attraverso una cosiddetta sospensione dell'efficacia, disporre l'abrogazione di fatto della legge. Si passi dalle Aule, si decida l'abrogazione della legge! Noi sappiamo, signor Presidente, che con molto meno le leggi cadono in desuetudine; già la sola a lungo scarsa o saltuaria applicazione di una legge, speciale o generale che sia, la fa normalmente cadere in desuetudine (così si dice in gergo). In questi casi, subentra alla legge scritta la cosiddetta legge materiale, cioè l'uso costante di una norma che viene applicata in sostituzione di quella scritta.

Pertanto, mentre denunciamo il comportamento del Governo come un tentativo di rozza mistificazione, diciamo che abbiamo scoperto il giochino e che non faremo passare, almeno per quanto concerne le nostre possibilità e le nostre determinazioni, un progetto che è indicato nel programma elettorale dell'Ulivo attraverso la via surrettizia della sospensione, ovvero del congelamento sine die.

Infatti, non è vero che si congelerebbe per un anno, perché questo è il primo passaggio. Penso che un Governo che adotta questa più che scarsa sensibilità, questa ostilità, questo senso di arroganza nei confronti dell'opposizione, ma direi anche nei confronti di se stesso, quantomeno di larga parte dei suoi componenti, sia un Governo che abbia soltanto molto da vergognarsi. (Applausi dal Gruppo LNP).

PRESIDENTE. Come convenuto, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

36a

seduta pubblica (antimeridiana)

 

giovedì

21 settembre 2006

 

Presidenza del vice presidente CALDEROLI,

indi del presidente MARINI

e del vice presidente CAPRILI


(omissis)

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 12,51)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri sono state respinte una questione pregiudiziale e una questione sospensiva ed ha avuto inizio la discussione generale.

PIROVANO (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PIROVANO (LNP). Signor Presidente, senza nulla eccepire sulle capacità del sottosegretario Scotti, facendo riferimento anche a quanto esplicitato dal senatore Manzione, ci dispiace profondamente che, da Camera alta, noi si sia diventati «anti-Camera». Neppure il Ministro della giustizia oggi è qui ad ascoltare la discussione sulla modifica dell'ordinamento giudiziario; inoltre, siamo privati della presenza ormai molto assidua dei senatori a vita in quest'Aula, che mai abbiamo visto come in questo periodo, ma soprattutto del presidente Ciampi. (Commenti e applausi ironici dai banchi della maggioranza).

 

PRESIDENTE. Credo proprio che possa bastare, senatore Provano.

È iscritto a parlare il senatore Gabana. Ne ha facoltà.

GABANA (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo oltre cinquant'anni di attesa di riforma per l'ordinamento giudiziario, finalmente con la legge n. 150 del 2005 l'iter si è concluso. Com'era prevedibile, sotto la pressione dell'Associazione nazionale magistrati, il Governo, non per migliorare la legge ma con l'intento di cancellarla definitivamente, ha presentato l'Atto Senato n. 635, a firma del ministro Mastella, che, in un solo colpo, vuole sospendere l'efficacia dei decreti nn. 106 del 20 febbraio 2006, 109 del 23 febbraio 2006 e 160 del 5 aprile 2006.

Se dovesse essere approvata, la presente proposta sarebbe senza dubbio una vittoria della ANM sul Parlamento, un vulnus inaccettabile per la democrazia. È evidente che il ministro Mastella, con il sostegno della ANM, vuole cancellare completamente la riforma Castelli, unico atto legislativo che ha portato riforme fondamentali nel campo della giustizia.

Mi corre l'obbligo ricordare che, dopo una riflessione approfondita, nella quale in più riprese successive il ministro della giustizia Castelli è venuto sempre più incontro alle richieste sia della magistratura, sia delle forza politiche (anche dell'opposizione), desta sconcerto riscontrare come ancora oggi si parli di questa come una riforma ingiusta, che aggrava l'inefficienza della giustizia italiana ed attenta all'indipendenza e all'autonomia di tutti i magistrati. Al contrario, noi riteniamo che questa riforma rappresenti un'innovazione fondamentale in materia di giustizia, dato che, per la prima volta da oltre cinquant'anni, viene modificata la legge fondamentale in materia di ordinamento giudiziario, risalente al lontano 30 gennaio 1941.

Si tratta di una riforma che incide sull'organizzazione interna della magistratura, tentando di ridisegnare il sistema di accesso in magistratura in modo tale da recuperarne la professionalità, l'efficienza, l'indipendenza e l'imparzialità. In sostanza viene a delinearsi un sistema più puntuale nella valutazione dei magistrati.

A tal fine, per essere ammessi al concorso, non basta più la semplice laurea in giurisprudenza, ma sono richiesti ulteriori titoli abilitanti;

dovranno essere sostenuti colloqui di idoneità psicoattitudinale volti a valutare la predisposizione del candidato, anche in riferimento alle specifiche funzioni che egli avrà indicato al momento della domanda di ammissione al concorso; si dovrà seguire un apposito corso di formazione iniziale presso la scuola della magistratura e di seguito trascorrere i periodi dell'uditorato presso i vari uffici giudicanti, requirenti e di prima assegnazione, così che il periodo di tirocinio iniziale serva per valorizzare la formazione dell'uditore attraverso l'apporto di varie esperienze diverse.

Grazie a questa riforma, finalmente anche la progressione in carriera dovrà svolgersi alla luce di profili meritocratici, venendo sganciata dal semplice avanzamento per anzianità di servizio ed affidata a momenti di effettiva valutazione (concorsi) oltre che a corsi di aggiornamento professionale.

In pratica, queste innovazioni cambiano la prospettiva dalla quale si deve guardare al superamento del concorso: l'essere diventati magistrati non significa più aver raggiunto un traguardo nella vita, ma un semplice punto di partenza verso una funzione che richiede costantemente impegno professionale ed aggiornamento continuo, perchè il magistrato aggiornato è anche più qualificato dal punto di vista professionale.

È utile ricordare che il decreto legislativo n. 106 del 2006 recava: «Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero (...)», cioè la ristrutturazione delle procure della Repubblica secondo modelli omogenei; il decreto legislativo n. 109 dello stesso anno recava: «Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati (...)»; il decreto legislativo n. 160 sempre del 2006 recava invece «Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati (...)».

L'intento del presente disegno di legge è di sospendere l'efficacia dei sopra nominati decreti al 31 luglio 2007 ma, in realtà, il vero scopo è di sospenderli per sempre. Se questo provvedimento venisse approvato, signor Presidente, il nostro Paese diventerebbe l'unica democrazia al mondo in cui l'organismo legislativo (quindi il Parlamento) deve sottostare al ricatto dell'organismo che applica le leggi (quindi la magistratura): un bel colpo mortale alla legalità e alle istituzioni democratiche.

Questa proposta non è intenzionata, come sostiene il Ministro, a migliorare alcuni aspetti della riforma Castelli. Il vero obiettivo è quello di accontentare la potente casta delle toghe, che da cinque anni non fa altro che criticare ciò che il Parlamento approva.

Signor Presidente, con il presente atto non si vuole modificare - cosa peraltro legittima - una legge attualmente in vigore, ma si vuole sancire la completa e totale imposizione della volontà dell'Associazione nazionale magistrati al Parlamento. Infatti, nel suo intervento il Ministro - mi dispiace che non sia presente in Aula - non ha citato alcun effetto negativo della legge n. 150 del 2005 perché, evidentemente, il Ministro non ne ha rilevati e non voleva essere questo lo scopo dell'intervento. L'intenzione era quella di seguire un diktat dell'Associazione nazionale magistrati per poter, da parte del Ministro, gestire in completa tranquillità il Ministero della giustizia.

Se la presente proposta venisse approvata sarebbe sancita la definitiva abdicazione del potere politico di fronte alla magistratura. La giustizia sarebbe governata esclusivamente dal volere e dalle proposte dei magistrati.

Questo provvedimento è l'inizio dell'azione legislativa del presente Governo di sinistra, il cui motto è: cancellare tutto quanto fatto dal precedente Governo.

Il Parlamento non può rinunciare al suo ruolo sancito dalla Costituzione, che la sinistra cita sempre come intoccabile, e non può subire il ricatto da parte di alcuno.

Voglio, infine, ribadire che l'approvazione della presente proposta sancirebbe l'abdicazione dell'istituzione democratica di fronte a una magistratura sempre più decisa a condizionare il Parlamento ed il Governo con le proprie volontà e volta a mantenere i propri privilegi. (Applausi dal Gruppo LNP).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caruso. Ne ha facoltà.

CARUSO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, intervengo quasi al termine della discussione generale di un disegno di legge specialissimo, quale è questo, che non mira a realizzare alcuna positiva proposta legislativa, ma che intende sospendere l'efficacia, futura, di tre leggi già in vigore da qualche mese, attuatrici di alcune (e significative) parti della riforma dell'ordinamento giudiziario, riforma che il Governo di centro-destra riuscì a realizzare, dopo ben sessant'anni dalla norma costituzionale che la prescriveva e dopo gli innumerevoli insuccessi collezionati sul punto, nel corso del tempo, da vari Governi e dalle più assortite maggioranze.

Più qualche altra cosa, di non trascurabile rilievo, su cui sarà anche bene spendere qualche parola nel corso del dibattito.

Intervengo a ridosso del momento in cui il Ministro della giustizia ha finalmente inteso spiegare al Parlamento quanto il Parlamento stesso (trasversalmente, nelle sue componenti di maggioranza e di opposizione, anche attraverso voci istituzionalmente e politicamente autorevoli - penso al presidente Salvi) gli aveva chiesto di spiegare fin dal momento in cui questo disegno di legge si fece strada fra i lavori del Senato. E cioè, quali parti egli in realtà non condividesse delle tre leggi di cui proponeva di sospendere l'efficacia.

Quali parti, delle tre leggi, badate bene, colleghi (e non le leggi nel loro complesso), perché diversamente di altro avremmo parlato e ben più radicale avrebbe dovuto ragionevolmente essere la proposta legislativa del Ministro, nel senso dell'abrogazione tout court (pura e semplice) delle ripetute tre leggi: soluzione radicale (e, come detto, assai semplice), certamente gradita alla categoria professionale che in tutta evidenza assiste, circonda e controlla, forse tiene prigioniero l'attuale Ministro, ma forse troppo ardita e coraggiosa per un Ministro (come l'attuale), che è anche uomo politico troppo avvertito, intelligente e raffinato, per non sapere, in primo luogo, che una simile scelta sarebbe stata, sì, gradita all'agguerrita e potente truppa dei 9.000 magistrati, ma anche viceversa assolutamente invisa ai 150.000 avvocati, per esempio, che peraltro già ora sono in sciopero - come noi tutti sappiamo - per distinta ragione, e per fatto di altro Ministro di questo Governo.

E non solo. Che anche questa scelta, in secondo luogo, del pari di quella - recente - dell'indulto, sarebbe stata ben difficilmente compresa e comprensibile per i cittadini che, attraverso la riforma dell'ordinamento giudiziario, avevano appena conosciuto - questo ci rimanda a quanto discusso non più di mezz'ora fa parlando della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del professor Marzano - per esempio il fatto assolutamente nuovo (ed è solo un puro e semplice esempio) che anche il giudice che abitualmente li giudica avrebbe potuto essere a sua volta disciplinarmente giudicato (in maniera equa, ma soprattutto seria e finalmente effettiva, e finalmente «obbligatoria», tutte le volte in cui nella condotta da lui tenuta, nei confronti del cittadino stesso (o della collettività di essi), fosse stata ravvisata scorrettezza, o lesività di diritti, o fosse anche stata semplicemente superata la soglia dell'al di là delle righe o della contrarietà ai doveri.

Un intervento, quello di ieri l'altro del Ministro, dunque assai atteso e assai importante, perché attraverso lo stesso sarebbe stato finalmente possibile, soprattutto per l'opposizione, sciogliere un serio dubbio che è fin qui aleggiato; sarebbe stato, cioè, possibile capire se la proposta di sospensione avanzata dal Governo costituiva presupposto concreto di una proposizione seria, migliorativa della riforma dell'ordinamento giudiziario, oppure se si trattava soltanto di una cambiale firmata in campagna elettorale dall'attuale maggioranza e che a lui, Ministro, toccava ora di pagare.

Il dubbio - come detto - era aleggiato ed anche da me era stato personalmente manifestato, durante i lavori in Commissione giustizia.

Ma in quella fase il Ministro aveva più volte ripetuto che egli non intendeva «blindare» nulla (come in gergo, e me ne scuso, ci si è abituati a dire), che egli offriva e attendeva dialogo con tutte le parti politiche e che occorreva lavorare insieme, nell'interesse dello Stato, nell'interesse della giustizia e così via (insomma, un po' quanto ancora ha ripetuto l'altro ieri, con un'impudenza - chiedo scusa, signor Presidente - degna di miglior causa).

A fronte di ciò fu dunque obbligatorio che si facesse strada, rispetto al dubbio, il dovere istituzionale (che è anche un dovere dell'opposizione) di assegnare credito a chi è chiamato a svolgere la delicata funzione che è propria dell'unico Ministro cui la nostra Costituzione riserva esplicito ed espresso richiamo, a chi - senatore Mastella - è, da questo punto di vista (quello della presunzione di sincerità e del conseguente credito), il Ministro di tutti e non solo di una parte politica o di una parte parlamentare. E a fronte di ciò fu dunque stabilito, da parte delle forze di opposizione, che l'appropriata risposta dovesse essere quella del dibattito franco e leale, oltre che - positivamente - quello della presentazione di pochi emendamenti, tra i quali pochissimi quelli, per così dire, di bandiera e tutti propositivi e migliorativi i rimanenti: così è stato e ciò corrisponde alla precisa manifestazione, durante i lavori coordinati dal presidente Salvi, della non volontà di praticare ostruzionismo alcuno e della decisione di dare viceversa credito al Ministro e alle sue affermazioni.

La risposta alla risposta è del tutto nota: un solo emendamento approvato, del Governo, addirittura banalmente peggiorativo della proposizione iniziale.

Il dubbio, onorevoli colleghi, non è stato più dubbio, ma è divenuto certezza: il disegno di legge di sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario era (è sempre stato e pacificamente è) il banale, modesto, non nobile pagamento di un debito politico della maggioranza di Governo, di una cambiale elettorale in favore di una lobby autorevole e potente, quale è quella dei magistrati.

Il senatore Mastella ha accettato, quale «Ministro alla partita», di esserne l'ufficiale pagatore. Con personale tornaconto o senza è un problema che assolutamente non ci appassiona e non ci interessa. Sono e restano problemi del Ministro.

Quello che ci interessa è, tuttavia, che il Ministro si è condotto, e si conduce, in questa vicenda in maniera evidentemente non sincera: non solo, alla luce delle reiterate (e non praticate) profferte di dialogo, ancora l'altro ieri declamate qui in Aula, ma, anche e soprattutto, in relazione al merito della questione che ben probabilmente non è invero quello della transitoria sospensione dell'efficacia di alcune disposizioni, ma quello (peraltro praticato in maniera vile) del definitivo affossamento di una riforma che pure riguardava contesti di grande utilità per gli equilibri del Paese e per i suoi cittadini.

Nulla vi è stato, nel nostro passato politico, di più definitivo del provvisorio e vedrete che anche questa volta così sarà.

Se mi sarò sbagliato, signor Ministro, sarò lieto di dargliene atto, come lieto sarei stato per altra e gravissima questione che pure la riguarda molto, molto da vicino.

Il ministro Mastella, signor Presidente, è quello stesso che - intervenendo in Commissione giustizia e qui nell'Aula del Senato e, ancora, davanti ai deputati, allora accompagnato dal suo sottosegretario Manconi - non esitò a comunicare al Parlamento dati gravemente difformi dal vero su una questione, la cui straordinaria delicatezza non è dato di revocare in dubbio, e su cui il Parlamento doveva proprio in quel momento formare la propria definitiva decisione, e doveva responsabilmente formarla proprio anche sulla base di quei dati che il Ministro era tenuto a dare, possedendoli alla luce ed in forza delle sue prerogative.

Mi riferisco, signor Presidente, alla questione dell'indulto, che è definitivamente superata dal punto di vista legislativo (chi ora interviene, signor Presidente, appartiene ad una comunità politica che le leggi tende ad osservarle e ad accettarle e non a sospenderle), ma che lascia - proprio dal punto di vista politico - lo strascico logico del problema che l'inveridicità delle comunicazioni del Governo al Parlamento determina.

Sostenni nel corso di quel dibattito che, per effetto del provvedimento in procinto di essere approvato, sarebbero stati anzitempo liberati oltre ventimila detenuti, senza contare i benefici che avrebbero determinato l'assenza di ogni controllo di sicurezza su altre decine di migliaia di condannati.

Venne più volte ribadito dal Ministro e dal sottosegretario Manconi, con grande sicumera, in Commissione e in Aula, oltre che comunicato (e conseguentemente pubblicato) da giornali e televisioni, che il numero stimato (fino, addirittura, all'indicazione dell'unità) dei detenuti di prossima liberazione era assolutamente inferiore a quanto da me indicato e puntualmente doveva essere valutato in esattamente 12.756 unità.

Il Parlamento, signor Presidente, su quei dati forniti dal Governo (che pure lasciavano perplessa la parte evidentemente più avvertita dei colleghi della maggioranza) prese la sua finale decisione, e questa finale decisione fu quella della concessione di un indulto, con i limiti e le esclusioni stabilite, perché dalle stesse derivassero i numeri che il Ministro aveva comunicato.

Il «Corriere della Sera» dello scorso venerdì 8 settembre (data spero singolarmente non casuale per il Governo di cui lei, Ministro, fa parte) racconta agli italiani che lei invece, di detenuti, non ne ha liberati 12.756, ma ben 21.000: un migliaio in più di quanto io avevo sostenuto che sarebbe stato.

Io, signor Presidente, ero stato prudente nel mio intervento, non avevo mentito e non mi ero sbagliato. Il Ministro e il sottosegretario Manconi, invece, o mentirono o semplicemente si sbagliarono. Ma quasi del doppio?

Dovete essere voi, colleghi di maggioranza, prima di ogni altri, a formarvi le convinzioni e a trarre le conclusioni che preferite. Perché a voi, prima che ad ogni altri, i cittadini chiederanno il conto, e di dare conto.

Se il Governo in quell'occasione sbagliò, lo fece - come detto - sottovalutando un fenomeno delicato praticamente del cento per cento. Se il Governo, il Ministro e il Sottosegretario invece mentirono, è pacifico che ci si trovi di fronte ad un impasse anche istituzionale non certo trascurabile.

Sono un realista, signor Presidente, e so bene che il mio invito ai colleghi tale resterà. Ma una cosa tuttavia mi domando. Errore inescusabile o condotta disinvolta che sia stata in quell'occasione quella del ministro Mastella, si può fare ancora finta di nulla anche ora? Si può permettere che oggi il Ministro - su altra e delicata questione - ancora reiteri disinvolte condotte?

Senatore Mastella, ho nella memoria quello che mi sembra l'unico precedente della storia repubblicana di mozione di sfiducia individuale nei confronti di un Ministro (di un Ministro guardasigilli, per l'appunto). Ragioni di simpatia personale mi inducono ad augurarle che non capiti anche a lei di trovarsi ad assistere ad analoga discussione, ma prudenza forse vorrebbe che lei si dia una mano da sé, mutando la propria condotta: non solo nei confronti della sua opposizione, ma anche per la sua maggioranza, nelle cui file militano persone cui certamente non manca il senso dello Stato e delle istituzioni, che sanno quello che vogliono e che non accettano (e non intendono che per esse si accettino) non degne scorciatoie.

Una soluzione c'è. Avvicendi urgentemente il sottosegretario Manconi, per la ragione che preferisce lei, signor Ministro: per aver mentito al Parlamento, per inadeguatezza, per averle fornito dati gravemente fuorvianti su una questione delicata e decisiva. Veda lei. E accetti che le leggi in vigore tali restino e presenti al più presto le sue concrete proposte. Che saranno immediatamente esaminate, senza pregiudizio e in quella effettiva logica di costruttiva collaborazione che già una volta l'opposizione ha dimostrato di sapere e di poter accettare.

Si tratta, come lei stesso ancora ieri ci ha ripetuto, signor Ministro, di norme tutto sommato non innumerevoli e lei ha, a suo corredo, anche fior di altri collaboratori, tecnici e politici. Non si limiti a pagare le cambiali, signor Ministro, e faccia quello che ha sempre fatto: politica seria, nell'interesse dello Stato. E anche lei, come la saggezza popolare usa dire da sempre («dagli amici mi guardi Iddio»), invochi la necessaria assistenza.

C'è un suo compagno di coalizione, un suo collega Ministro, che, oggi, si fa leggere sul quotidiano «la Repubblica», informando i cittadini del fatto che, a fronte di chi fa sforzi per il miglioramento dell'economia e per tante altre cose, di Ministro «ce n'è uno contrario che mira a inciuciare, a mettersi d'accordo sulle piccole questioni (...), una politica degli amici per gli amici, tutta mirata a salvaguardare i propri interessi». È lo stesso suo

compagno di coalizione, senatore Mastella, che dice che «sui valori della legalità non si va a spanne» e che dedica esplicitamente a lei queste affermazioni. Con tutta la mia curiosità - e concludo - di ascoltare cosa pensa lei anche di questo. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galli. Ne ha facoltà.

GALLI (LNP). Signor Presidente, negli anni scorsi credo che tutto il Paese si sia profondamente lamentato per il sistema giudiziario e per tutti i problemi ad esso collegati. Finalmente, nella scorsa legislatura, si riuscì a fare una riforma che potrebbe, se non affossata, portare a significativi miglioramenti nel mondo della giustizia.

Dopo una riflessione approfondita, nella quale in più riprese successive il ministro della giustizia Castelli è venuto sempre più incontro alle richieste sia della magistratura che delle forze politiche (anche di opposizione) di allora, desta sconcerto riscontrare come ancora oggi si parli di questa come di una riforma ingiusta, che aggrava l'inefficienza della giustizia italiana ed attenta all'indipendenza e all'autonomia di tutti i magistrati. Al contrario, noi riteniamo che questa riforma rappresenti un innovazione fondamentale in materia di giustizia, dato che, per la prima volta da oltre cinquant'anni, viene modificata la legge fondamentale in materia di ordinamento giudiziario, risalente al lontano 30 gennaio 1941.

Si tratta di una riforma che incide sull'organizzazione interna della magistratura, tentando di ridisegnare il sistema di accesso in magistratura in modo tale da recuperarne la professionalità, l'efficienza, l'indipendenza e l'imparzialità. In sostanza viene a delinearsi un sistema più puntuale nella valutazione dei magistrati.

A tal fine, per essere ammessi al concorso, non basta più la semplice laurea in giurisprudenza ma sono richiesti ulteriori titoli abilitanti; dovranno essere sostenuti dei colloqui di idoneità psico attitudinale volti a valutare la predisposizione del candidato, anche in riferimento alle specifiche funzioni che egli avrà indicato al momento della domanda di ammissione al concorso; si dovrà seguire un apposito corso di formazione iniziale presso la scuola della magistratura e di seguito trascorrere i periodi dell'uditorato presso i vari uffici giudicanti, requirenti e di prima assegnazione, così che il periodo di tirocinio iniziale serva per valorizzare la formazione dell'uditore attraverso l'apporto di varie esperienze diverse.

Grazie a questa riforma, finalmente anche la progressione in carriera dovrà svolgersi alla luce di profili meritocratici, venendo sganciata dal semplice avanzamento per anzianità di servizio ed affidata a momenti di effettiva valutazione, (come i concorsi) oltre che a corsi di aggiornamento professionale.

In pratica, queste innovazioni cambiano la prospettiva dalla quale si deve guardare al superamento del concorso: l'essere diventati magistrati non significa più aver raggiunto un traguardo nella vita, ma un semplice punto di partenza verso una funzione che richiede costantemente impegno professionale ed aggiornamento continuo, perché il magistrato aggiornato è anche il più qualificato dal punto di vista professionale.

Ma la riforma è interessante anche perché vuole garantire il principio costituzionale di terzietà del giudice, in attuazione del principio del giusto processo sancito dall'articolo 111 della Costituzione.

A tale scopo delinea il quadro della separazione delle funzioni tra giudici e pubblici ministeri, onde porre fine ad una commistione inaccettabile tra chi sostiene l'accusa e chi giudica, con la possibilità, oltretutto, di passare tranquillamente da una funzione all'altra in un modo che giudichiamo, a dir poco, inquietante.

È bene precisare che la riforma non sconvolge il sistema, ma prevede appunto un meccanismo che si può definire di separazione, tendenziale e di fatto, delle funzioni: pubblici ministeri e giudici continuano, entrambi, ad appartenere all'ordine giudiziario, con la differenza che, attraverso la riforma, il passaggio dalle une alle altre funzioni viene subordinato ad una serie di condizioni che si presentano come sbarramento alla continua commistione tra le stesse cui abbiamo assistito fino ad oggi.

Sotto questo profilo sono stati ripetuti gli attacchi da parte del mondo della magistratura, che lamenta un vero e proprio attentato alla sua indipendenza ed autonomia.

In effetti, questa critica sembra dimenticare completamente quanto sia necessario distinguere le due funzioni, in ragione della diversa professionalità che l'esercizio delle stesse presuppone. Al pubblico ministero viene infatti richiesta non tanto la cultura della giurisdizione, ma la cultura dell'investigazione, tanto spesso trascurata. Al giudice, in ragione della sua posizione di terzietà imposta dalla Costituzione, si richiede quella imparzialità che tuteli le garanzie fondamentali dei cittadini.

Anche a livello europeo - tanto invocato in altri momenti - è sufficiente un rapido esame per rendersi conto di come la disciplina di accesso e progressione in carriera sia differente rispetto a quella italiana. Ad esempio, in Germania si parte da un'unica formazione per tutte le professioni legali, che si articola in varie fasi e comprende esami di professionalità, al termine dei quali si sceglie una della professioni legali. A questo punto, giudici e pubblici ministeri godono di uno status giuridico distinto, che continua ad essere tale per tutta la progressione in carriera. Lo stesso dicasi per la Spagna, dove la carriera in magistratura è separata da quella di pubblico ministero. Si parte tuttavia da un concorso unico per giudici e pubblici ministeri, al termine del quale i vincitori scelgono tra una carriera e l'altra.

Un altro risultato importante di questa riforma è la temporaneità degli incarichi direttivi (e ricordiamo a questo proposito che si tratta di un'antica rivendicazione della magistratura), oltre alla nuova strutturazione degli uffici della procura. La nuova previsione in chiave verticistica serve a recuperarne l'efficienza, individuando nel procuratore capo il compito di coordinamento della gestione delle indagini, ma serve anche a recuperare chiarezza, individuando il centro di responsabilità in colui che diventa l'unico titolare dell'azione penale. Con le modifiche realizzate siamo sicuri che, alla fine, gli uffici di procura recupereranno l'efficienza e l'agilità gestionale che sono troppo spesso mancate al procuratore nell'organizzare i lavori degli uffici a lui sottoposti.

Condivisibile è anche la chiarezza con cui viene strutturato il sistema degli illeciti disciplinari che, in tal modo, dovrebbe finalmente diventare tassativo, chiaro e indirizzato al recupero dei valori di professionalità, equilibrio, correttezza, imparzialità, indipendenza: insomma, di quella che dovrebbe rappresentare l'autonomia vera, e non meramente proclamata, per l'esercizio della funzione giudiziaria.

Riteniamo quindi che questa riforma sia stata varata, al di sopra degli interessi di parte, per rispondere ai problemi reali e contrastare l'inefficienza del sistema giustizia. E siamo convinti che, per poter fare questo, sia necessario creare un modello di magistrato più attuale e rispondente ai nuovi valori della moderna società civile, per renderlo compatibile con la richiesta di giustizia del Paese e più rispondente ai principi costituzionali di imparzialità ed efficienza.

A fronte di queste considerazioni, di cosa stiamo discutendo oggi? Della richiesta, da parte della maggioranza e del Governo, non di fare qualcosa al posto della legge comunque esistente con le caratteristiche che ho fin qui elencato, ma semplicemente di rinviare questa legge più avanti nel tempo, in attesa che l'attuale Governo, l'attuale maggioranza individuino una proposta alternativa e portino avanti una nuova proposta di legge. Devo dire che questa è un'abitudine abbastanza consolidata in questa maggioranza, che nei due anni precedenti le elezioni aveva fatto intendere al Paese di essere pronta a ribaltare l'Italia, a metterla a posto in tutti i suoi settori, salvo poi scoprire, dopo le elezioni, che in qualunque argomento si arrivi a discutere la posizione del Governo è semplicemente quella di attendere, di aspettare, di rinviare perché deve pensare cosa fare. Ciò non solo nel campo della giustizia, lo vediamo anche in tante altre questioni. Si parla tanto di immigrazione, e un simil Ministro, come il ministro Ferrero, vaneggia su alcune proposte come quella dell'anno per ricerca di lavoro, quella dei ricongiungimenti facili, quella del certificato di famiglia dimostrato con una carta scritta a mano in qualche Paese del Terzo mondo, mentre in tutto il resto d'Europa anche Ministri competenti e Governi di sinistra vanno in direzione esattamente opposta, come lo stesso Prodi, che in casa dà ragione a Ferrero e poi va a stringere la mano a Zapatero che ha dichiarato che rimanderà a casa 800.000 immigrati. Quindi probabilmente anche della Bossi-Fini si parlerà, la rinvierete, ma alla fine probabilmente resterà. Lo spero per fortuna del Paese.

Oppure come la legge n. 30 del 2003, su cui avete detto tutto e il contrario di tutto ma poi, alla fine, mi sembra che stiate dicendo di fare le cose che il Governo e la Casa delle Libertà nella scorsa legislatura avevano già fatto.

Devo dire che proposte alternative dal ministro Mastella non ne sono arrivate e credo anche che non ne arriveranno nei prossimi giorni e nelle prossime settimane; ormai, come ricordato già da qualche collega, i suoi sforzi e le sue energie si sono esaurite in quello che è stato fatto nei mesi scorsi a proposito dell'indulto. Un indulto riguardo al quale la Lega compatta - in questo è stato l'unico partito presente in quest'Aula a farlo - si è messa di traverso, proprio prospettando la gravità della situazione verso la quale ci si sarebbe poi indirizzati.

I risultati numerici del recente indulto sono sotto gli occhi di tutti, li ha appena ricordati il collega Antonino Caruso. Alla fine, vi sono stati quasi 22.000 scarcerati su poco più di 60.000 persone presenti in carcere prima dell'indulto, molti di questi già rientrati in carcere, molti di questi che hanno commesso subito dopo la liberazione reati anche molto gravi, alcuni addirittura omicidi o lesioni gravi alle persone.

Questo è il vostro modo di vedere la giustizia: criticare quello che con grande fatica e con grande sforzo è stato fatto da altri, cioè da noi nella scorsa legislatura, arrivando ad una legge, ripeto dopo cinquant'anni, che comunque ha una sua organicità e proponendo in cambio il nulla, se non di rinviare, mentre, devo dire, con molta velocità, siete riusciti a liberare 22.000 delinquenti.

Tutto ciò serve a non far parlare e riflettere i rappresentanti del popolo, quali dovremmo essere noi, sugli effettivi problemi della giustizia.

Ieri abbiamo sentito l'intervento del senatore D'Ambrosio, che, come giustamente ha ricordato il collega Fruscio, ha raccontato in maniera quasi suadente la situazione della magistratura, quasi come se raccontasse una favola ai nipotini di una magistratura che evidentemente conosce solo lui. Probabilmente non è più abituato a frequentare gli ambienti normali, dove vivono i cittadini normali, che non viaggiano con l'auto blu, la scorta, la sirena e tutte le altre cose alle quali possiamo essere abituati.

Guardiamo allora ai problemi veri della magistratura italiana. Al di là di quelli istituzionali, di indirizzo e vorrei aggiungere di buon senso, che nella riforma Castelli sono comunque contenuti, guardiamo un attimo ai numeri. Dovremmo infatti governare il Paese anche dal punto di vista dell'utilizzo ottimale delle risorse, cioè delle tasse che i cittadini pagano con grande fatica. Ricordiamo i numeri: in Italia - oltretutto con un aiuto che è stato dato: ho visto la richiesta delle associazioni dei magistrati fatta anche nella scorsa legislatura - abbiamo superato i 9.000 magistrati. Deteniamo il record mondiale di magistrati pro capite. Ricordo che la sola Campania ha un numero di magistrati equivalente a quello dell'intera Inghilterra. A fronte di ciò abbiamo quasi dieci milioni di processi civili in attesa di essere terminati e la durata media di tali processi è ormai vicina ai dieci anni di tempo. Ma sue queste cose i magistrati, le loro associazioni e i loro rappresentanti sindacali non hanno nulla da dire? Possibile che con un numero di magistrati doppio, e in molte situazioni triplo o quadruplo, rispetto a qualunque altro Paese occidentale equivalente al nostro e con un esercito di persone che lavora nella giustizia si riesca poi a conseguire quei record negativi che conosciamo nell'espletamento dei processi?

Perché nessuno parla qui della presenza dei magistrati? Hanno forse paura che magari al primo avviso di garanzia possano essere trattati peggio di altri? Io lo dico senza nessun problema (ho avuto la fortuna di non essere mai stato implicato in alcun processo anche se, per incarichi istituzionali che ho svolto nel passato, mi è accaduto spesso di assistere e di dover portare testimonianze). Perché nessuno parla, per esempio, di impegno fisico e di orario di lavoro dei magistrati? Perché non si fanno le statistiche rispetto agli altri Paesi europei ed occidentali su quanti giorni all'anno e quante ore al giorno lavorano i nostri magistrati, su quanti giorni di ferie e di malattia prendono o su quanti giorni di assenza non giustificata si registrano (ovviamente se un magistrato sta a casa nessuno si prende la briga di andargli a chiedere come mai sta a casa, perché, non si sa mai, tutti «tengono famiglia»)?

Queste mi sembrano situazioni che, se superate, consentirebbero di risolvere gran parte del problema giustizia in Italia, altro che andare su giornali scandalistici per dire che le procure o i tribunali non hanno i soldi per fare le fotocopie.

Con tutti gli stipendi inutili che abbiamo nel sistema giustizia, ne faremmo non a milioni ma a miliardi di fotocopie! Ricordo, tra le altre cose, che i giudici ricevono da parte dello Stato un emolumento non propriamente trascurabile, quindi anche il costo fisico del giudice è qualcosa che al cittadino non dovrebbe essere nascosto.

Ci sono peraltro esempi che arrivano dal passato veramente eclatanti in questo senso, che solo con grande fatica sono stati messi a posto. Ricordiamo per esempio che, fino a una decina di anni fa (e proprio per intervento della Lega, all'inizio degli anni Novanta, tale scandalo fu eliminato, almeno questo, nel nostro Paese), i magistrati erano gli unici cittadini italiani che, se venivano eletti al Parlamento, continuavano a prendere lo stipendio da magistrato (potendo quindi disporre di un doppio stipendio, quello da magistrato e quello da parlamentare), facevano ugualmente carriera, avevano ugualmente gli scatti di anzianità, arrivavano ad avere la doppia pensione.

A me pare siano questi gli scandali della giustizia italiana, ma su tali aspetti un minimo di autoanalisi dei problemi non è mai stato fatto. Non ho mai sentito un magistrato o un rappresentante sindacale dei magistrati riconoscere che effettivamente, se non sono troppi, sono comunque in tanti e che, se ognuno facesse un processo in più, un giorno di lavoro in più, un giorno di malattia o di assenza in meno, magari darebbero una mano al sistema giudiziario. Di questo, devo dire, nessuno parla mai.

Il sistema della magistratura, della giustizia è diventato qualcosa di assolutamente autoreferenziale. Ne abbiamo avuto un esempio da parte del senatore D'Ambrosio qualche settimana fa, in occasione della discussione sull'indulto. E a tale proposito mi si consenta, da cittadino normale, di fare un appunto su questa storia dei magistrati che si mettono in politica ed entrano ed escono dai partiti: ma come fanno, poi, a dire di essere imparziali ed oggettivi nei loro giudizi? Una categoria di persone come loro, che hanno sindacati che si chiamano Magistratura Democratica, cioè che mettono nel nome del loro sindacato l'orientamento politico, come fa a dichiarare di essere oggettiva nel giudizio, soprattutto quando ad essere giudicate sono persone che hanno inevitabilmente un certo tipo di collocazione?

Comunque, stavo dicendo che abbiamo avuto un fulgido esempio dal senatore D'Ambrosio, qualche settimana fa. Parlando dell'indulto, rispetto al quale egli era parzialmente contrario per una serie di ragioni anche condivisibili, egli fece un riferimento agli immigrati in prigione per la cosiddetta legge Bossi-Fini. A proposito, poi abbiamo visto quanti erano: sono usciti 22.000 detenuti, gli extracomunitari erano solo 6.000 e la maggior parte di questi per aver commesso reati veri, non per essere entrati illegalmente in Italia. Potete constatare, quindi, come anche su questo argomento sia manomessa l'informazione, non solo sui giornali, ma anche in quest'Aula, da parte di chi dovrebbe invece fornire dati oggettivi e realistici.

Dicevo, il senatore D'Ambrosio, a proposito di questi extracomunitari, disse che erano in prigione pur non avendo commesso nulla. In sostanza, egli ha affermato che secondo lui una persona che è stata presa due volte da irregolare, che quindi secondo la legge Bossi‑Fini deve essere messa in galera o espulsa dal Paese, non ha commesso nulla. Ciò significa che il magistrato non applica la legge, ma la giudica: se gli va bene, la applica, se non la condivide, non la applica.

E abbiamo avuto un riscontro di questo in moltissimi casi negli ultimi anni, nel nostro Paese. Abbiamo visto la Forleo che scambia terroristi con guerriglieri (peraltro, se un guerrigliero fa il guerrigliero a casa mia, non vedo quale sia la differenza), che ha inveito contro i poliziotti perché avevano arrestato un soggetto che non aveva pagato il biglietto del tram, accusando di essere incivili i poliziotti che con 1.200 euro al mese rischiano anche di prendersi quattro legnate da queste persone.

Ma se nel Paese tutti si comportassero allo stesso modo, se i cittadini che pagano le tasse decidessero quali sono giuste e quali sbagliate e pagassero solo quelle che ritengono giuste, in quale Paese verremmo mai a trovarci?

Quindi, per concludere, signor Presidente, anche se vi sarebbero tante altre cose da aggiungere, devo ricordare che la riforma portata avanti dalla Casa delle Libertà, in particolare dal ministro Castelli, è utile, indispensabile per il Paese, ma è solo un primo passo; quello definitivo dovrà essere, come nei Paesi seri e civili, l'elezione diretta del giudice. Una persona che vive fuori dal contesto e dalla realtà socioeconomica in cui opera, infatti, non deve esercitare tale professione e se, dopo un po' di anni, viene ritenuta incapace dalla maggioranza dei cittadini che vivono nel territorio in cui esercita la propria funzione, deve andare a casa e svolgere un altro mestiere (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ciccanti. Ne ha facoltà.

 CICCANTI (UDC). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, sono passati 47 anni, dal gennaio 1948 al 25 luglio 2005, data in cui è stata approvata la legge delega per varare la riforma dell'ordinamento giudiziario, prevista dalla VII Disposizione transitoria della nostra Costituzione. È stato ridefinito l'esercizio dei poteri e delle funzioni all'interno dell'ordinamento giudiziario, con un forte scontro con l'Associazione nazionale dei magistrati e con l'opposizione del centro-sinistra.

Nella seduta del 4 luglio scorso, intervenendo in Commissione giustizia proprio sul disegno di legge in esame, e ieri in Aula, l'autorevole collega D'Ambrosio, dei Democratici di Sinistra, ha sottolineato e ricordato che il clima di scontro in cui nacque e fu approvata la legge delega sulla riforma dell'ordinamento risentiva delle vicende processuali dell'allora Presidente del Consiglio e, quindi, muoveva da un «chiaro intento punitivo nei confronti della magistratura, la cui indipendenza - continua il collega D'Ambrosio - era considerata un pericolo». Riteniamo che un giudizio così pesante sia ingiusto nei confronti del Parlamento, ossia di quella maggioranza che votò la delega, tra cui il sottoscritto e l'UDC.

Rassicuro il collega D'Ambrosio - e quanti la pensassero come lui - che non abbiamo mai avuto la preoccupazione delle vicende giudiziarie di Berlusconi; semmai, siamo stati preoccupati da una sconfitta del suo consenso popolare per via giudiziaria, ovvero da un uso strumentale del potere inquisitorio.

Un altro autorevole collega dei Democratici di Sinistra, il senatore Calvi, intervenendo il 28 giugno 2006 sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, pur affermando che si trattava di una legge pessima, ostile alla giurisdizione, di dubbia costituzionalità e lesiva dei principi di libertà ed uguaglianza, riconosceva che non vi era un conflitto tra Parlamento e magistratura, e che quindi la logica punitiva di cui parla D'Ambrosio è da riporre nella sua bellicosa fantasia.

Non siamo così sprovveduti da ignorare che alcuni risentimenti e pregiudizi abbiano albeggiato nella volontà di alcuni parlamentari, ma non si può generalizzare al punto da invocare uno scontro, riassunto in quell'inno alla lotta delle toghe di Borrelli: «Resistere, resistere, resistere!». Il nostro Dio - come ha ben sostenuto Benedetto XVI - è quello della ragione e non abbiamo risposto alla dichiarazione di guerra di Borrelli.

Sono amico personale di magistrati onesti, preparati e laboriosi. Noi dell'UDC non smetteremo mai di ricordare e riconoscere il tributo di sangue di magistrati eroici che hanno combattuto a fianco di quanti dei nostri esponenti, furono vittime del terrorismo tendente a scardinare lo Stato. Vi è una stragrande parte di magistrati che studia e lavora, che non teme i concorsi o qualunque forma di valutazione e che non è vero che trascurerebbe di lavorare per ragioni di carriera. Vi sono giudici che non amano i colleghi procuratori in prima pagina, famosi nella fase dell'accusa, meno famosi, poi, in quella del giudizio, in cui troppe volte subiscono umilianti, quanto silenziose sconfitte, a nulla rilevando il dolore delle vittime.

Il ministro Mastella ha ricordato ieri che l'ultima riforma dell'ordinamento risaliva al 1941: qualcuno avrà pur giudicato che era arrivata l'ora di riformare; probabilmente, qualche magistrato pensava di rimanere alla riforma Grandi del 1941; qualcun altro avrà pensato che la riscrittura dovesse essere realizzata a due mani: Associazione Nazionale Magistrati e Parlamento.

Non sfugge però al presidente del Movimento per la difesa della Costituzione Scalfaro e a quanti l'hanno seguito per l'ultimo referendum, che la Costituzione va sempre difesa, anche quando la cultura della sovranità parlamentare incrocia maggioranze diverse dalla propria. Se questo è vero, dovete riconoscere che la riforma dell'ordinamento giudiziario è stata votata in libertà, anche da chi, come me, riteneva fuori dal tempo la semplice laurea in giurisprudenza per l'accesso in magistratura e che fosse arrivata l'ora di una sede specifica, come la Scuola Superiore della Magistratura, per una formazione permanente dei magistrati, così come avviene, in genere, per il lavoro privato e pubblico, e come ha sottolineato bene il presidente della Repubblica Napolitano alla sessione di insediamento del nuovo Consiglio superiore della magistratura.

Ci sarà pure chi è d'accordo con una separazione delle funzioni secondo una logica di valorizzazione delle proprie inclinazioni professionali.

Non comprendiamo perché sulla separazione delle funzioni possano esprimersi autorevoli magistrati ed esponenti della sinistra e non abbiano diritto di farlo parlamentari del centro-destra. Non ho mai capito - e non lo hanno mai capito molti italiani - perché l'avanzamento economico e gerarchico nella magistratura fosse dettato dall'inesorabile invecchiamento di ciascuno e non dai meriti professionali, come in ogni luogo di lavoro del nostro Paese.

Molti giovani magistrati - così come molti giovani farmacisti cari al ministro Bersani - non hanno mai capito perché la loro bravura e preparazione dovesse essere mortificata nell'accesso agli incarichi direttivi, semidirettivi e di legittimità dal privilegio di altri magistrati che opponevano la vecchiaia al merito. Non abbiamo capito - ma nemmeno molti capi delle procure italiane - come poter arginare il protagonismo mediatico e a volte anche l'arbitrio personale di alcuni sostituti procuratori che la precedente normativa rendeva liberi di accusare, dissacrare, sfigurare la dignità umana e professionale di chiunque incrociasse i loro pregiudizi o teoremi accusatori.

Non abbiamo mai capito perché l'obbligatorietà dell'azione giudiziaria costituisse un totem sacrale della magistratura inquirente e la stessa volesse poi sottrarsi dalla stessa regola nei procedimenti disciplinari aperti dalla loro giustizia interna. Non ho mai capito perché un militante no global avesse dovuto credere all'imparzialità del giudice o al rinvio a giudizio di un sostituto procuratore dichiaratamente militante di AN o Forza Italia; ma il discorso vale con protagonisti invertiti.

Ho votato la riforma Castelli per dare una risposta a questi interrogativi, miei e di milioni di italiani, molto più attratti da queste inquietudini che dalle supposte vendette di Berlusconi contro la magistratura. La domanda che c'è oggi in quest'Aula è se siamo riusciti in questo intento. Il ministro Mastella ha detto di sì. Nel suo discorso di ieri ha dichiarato che non vuole cancellare la riforma Castelli, perché non vuole realizzare né una controriforma, né una riforma diversa.

Non so se parlava a titolo personale - come spesso gli capita - o a nome del Governo e della sua maggioranza; quindi a nome del senatore D'Ambrosio e del ministro Di Pietro. Sta di fatto che, rispetto ad un equilibrio politico possibile di riscrittura di alcune norme minori e di dettaglio, ha svolto un intervento da equilibrista, preoccupandosi di non scoprire quelle carte che una certa sinistra giudiziaria non gli avrebbe mai fatto giocare.

Il problema è tutto su questo punto: ad un'opposizione pronta a discutere le innovazioni, peraltro minori, manca un interlocutore politico, nel Governo e nella maggioranza, credibile ed autorevole, con cui discutere e definire un decisivo percorso legislativo.

Il ministro Mastella ha riconosciuto che le modifiche rispondono al criterio di essenzialità, ma non contraddicono i criteri ispiratori della riforma. In ordine all'accesso alla magistratura, è giusto quello che è stato scritto nella riforma, anzi rincara la dose nei requisiti, riconoscendo titoli perfino a chi è stato consigliere comunale, provinciale o regionale, oppure parlamentare. A tanta imprudenza nessuno di noi si era mai spinto; rinuncio a qualsiasi commento.

Sulla dirompente questione della separazione delle funzioni, non solo il Ministro intende mantenere il principio della distinzione, reclamando però un consenso della maggioranza che non c'è, ma mantiene e rafforza le norme di procedura della riforma, chiedendo addirittura il parere dell'ordine degli avvocati: anche a questo riguardo nessuno di noi si era spinto a tale punto e mi astengo da ogni commento.

L'unica pillola concessa ai radicali dell'Associazione nazionale magistrati, è l'abolizione della distinzione nell'accesso alla carriera di magistrato.

Sulle progressioni di carriera, il Ministro propone l'abolizione di quello che era diventato un concorso per titoli per una valutazione quadriennale, comunque rinunciando al precedente automatismo. Bene la scuola superiore per la magistratura, bene l'ufficio del pubblico ministero, con qualche ritocco, bene la tipizzazione degli illeciti disciplinari, bene la neutralità politica, bene tutti gli altri istituti con qualche ritocco. Se così stanno le cose, perché non evitare la sospensione? O meglio: fatta salva l'essenza della riforma, si discuta subito delle modifiche tecniche da introdurre entro il 29 settembre e altre individuarle dopo, chiedendo, eventualmente, su queste disposizioni, la sospensione.

Sentiamo su questo Parlamento, soprattutto su questo ramo del Senato, il peso e la responsabilità di una decisione. Concordo con chi ha sostenuto in quest'Aula, dalle fila del centro-sinistra, che la riforma dell'ordinamento deve avere al centro l'interesse del cittadino e non gli interessi di questa o quella parte politica; coloro che sostengono questa tesi devono però stare attenti a non sembrare i pretoriani di una corporazione. Un conto è chiedere la sospensione dei decreti-legislativi, perché ci sono dei meccanismi attuativi che ne rendono inapplicabili le disposizioni, un conto è sostenere la sospensione perché è scritto nel programma elettorale del centro-sinistra sotto dettatura della ANM. Se c'è l'onestà intellettuale di riconoscere l'interesse del cittadino, allora non si può avere la faziosità di individuarlo solo nella propria parte politica.

Amici del centro-sinistra, abbiate il coraggio di abbandonare i vincoli del patto elettorale con un corrente politica militante della magistratura e accingetevi a riscrivere quelle norme che tecnicamente devono essere corrette o meglio calibrate, come ha ricordato il vice presidente del CSM Mancino.

Noi dell'UDC, come ha ricordato il collega D'Onofrio, siamo pronti a farlo in piena autonomia e libertà di coscienza. La nostra opposizione non è contro il Paese, come spesso ci ricorda il collega Baccini, ma contro gli interessi di parte, qualunque essi siano.

Voglio concludere citando alcuni passaggi dell'indirizzo di saluto del presidente della Repubblica Napolitano rivolto l'8 giugno 2006 ai componenti del Consiglio superiore della magistratura. Noi dell'UDC ci riconosciamo pienamente in questo appello: «Occorre superare le tensioni tra politica e giustizia, inevitabilmente destinate a turbare lo svolgimento di una così alta funzione costituzionale»; «Il recupero di toni che non siano di pura contrapposizione agevola la ricerca di punti di convergenza ed evita che la dignità dei magistrati venga ingiustificatamente ferita da gratuite forme di delegittimazione»; «Il dialogo, inoltre, è premessa indispensabile per restituire funzionalità al sistema giustizia, essenziale servizio pubblico che, come tale, deve ispirarsi ai princìpi costituzionali del buon andamento della pubblica amministrazione».

Noi che siamo eredi del pensiero e della testimonianza di un uomo che la nostra storia repubblicana ricorda, come Bachelet, non possiamo non riconoscerci nelle parole del Capo dello Stato che ho citato. (Applausi daI Gruppi UDC, FI e AN. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Data l'ora, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

(omissis)

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

38a

seduta pubblica  

 

martedì

26 settembre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI,

indi del vice presidente CAPRILI

e del vice presidente CALDEROLI


(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 16,41)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 21 settembre è proseguita la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Valentino. Ne ha facoltà.

VALENTINO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando il Presidente del Consiglio presentò al Senato il Governo, denunziammo le carenze del programma del Governo in tema di giustizia. Dicemmo che poche laconiche paginette...

 

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, sono iniziati i lavori dell'Assemblea. Senatore Russo Spena, la prego di non dare le spalle a chi parla.

 

VALENTINO (AN). La ringrazio, signor Presidente, ma io mi specchio nelle spalle del senatore Russo Spena, che è persona garbatissima.

 

PRESIDENTE. La prego, senatore Valentino.

 

VALENTINO (AN). Come dicevo, denunziammo la laconicità dei temi trattati e ci fu risposto che, nel corso dei lavori parlamentari, si sarebbero avviate tutte le iniziative opportune per riempire di contenuti l'esigenza fortemente avvertita di cambiare alcuni segmenti importanti della giustizia.

Devo dire che l'unica iniziativa sulla quale la maggioranza si sta spendendo, con un vigore che forse - anzi senza forse - va oltre la consistenza del prodotto legislativo presentato, è proprio questa sospensione... (Brusìo. Richiami del Presidente).

PRESIDENTE. È assolutamente inaccettabile. Si accomodino fuori. Prosegua, senatore Valentino.

 

STORACE (AN). Signor Presidente, non riesco a sentire il discorso del senatore Valentino pur essendo seduto vicino a lui.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, capisco che i temi trattati, quando si parla di argomenti triti e ritriti, non appassionino più di tanto. Ognuno di noi ha però il dovere di introdurre nel dibattito le proprie valutazioni su una materia sensibile e fortemente avvertita, che sta creando in alcuni settori del Paese, peraltro non secondari, forti conflitti.

Parlo di forti conflitti perché trovo francamente singolare, signor Presidente, che l'attuale maggioranza abbia fatto proprie indicazioni che venivano da un'importante associazione di categoria, l'Associazione nazionale magistrati, e in forza di questi input - e soltanto in forza di essi - abbia proposto questo disegno di legge, teso a sospendere l'efficacia della legge che noi approvammo, dopo un lungo e complesso iter, nella scorsa legislatura. Una legge che venne sottoposta al vaglio della Presidenza della Repubblica, la quale pretese giustamente taluni cambiamenti e modificazioni che furono apportate, di talché il prodotto finito appariva certamente congruo e conferente rispetto alle esigenze di modernizzazione da tutti avvertite.

Non posso, signor Presidente, non tornare su un tema già trattato nel corso della discussione sulla questione pregiudiziale: a quali regole si dovrà uniformare la magistratura nel momento in cui dovesse essere sospesa, se approvato il disegno di legge oggi in discussione, la normativa attualmente in vigore? Francamente, trovo singolare che si possa evocare, da parte della maggioranza, l'articolo 97 della Costituzione a sostegno dell'inconferenza dell'apparato normativo di cui oggi si chiede la sospensione, considerando che poi si dovrebbe affrontare, per un certo periodo di tempo, certamente non secondario, una vacatio legis assolutamente ingiustificata.

In quale contesto normativo si iscrivono le regole che debbono presiedere alle condotte dei magistrati? Quale legge sarà applicata? Se per avventura, con un'accelerazione che già è stata impressa in questo ramo del Parlamento, di qui ad un mese l'efficacia di questa legge dovesse essere sospesa, quale legge sarà applicata fino al luglio 2007?

Pongo tale interrogativo all'Aula e rimarco l'importanza di questo argomento, perché ritengo che questo tema non potrà non essere rassegnato alle valutazioni della Corte costituzionale. Signor Presidente... (Brusìo dai banchi del centro-sinistra).

 

PRESIDENTE. Mi scusi senatore Valentino. Onorevoli colleghi, ora mi rivolgo a questo settore in maniera specifica. Non è possibile parlare in queste condizioni, è veramente un po' degradante. Tutto si può capire, ma non così. Vi prego, onorevoli colleghi. Del resto, si può lasciare l'Aula e poi rientrare.

Mi scusi di nuovo, senatore Valentino. Prosegua il suo intervento.

 

VALENTINO (AN). La ringrazio, signor Presidente. Appartengo ad un mondo professionale che ha grande rispetto della parola, perché è proprio sulla parola che ha improntato le ragioni del suo essere e ancora coltivo l'illusione che le parole possano essere disapprovate o apprezzate, ma debbono comunque essere valutate.

Soprattutto, in un contesto in cui è fuor di dubbio che la buona fede debba prevalere, qualche acconcia considerazione e valutazione su questa situazione particolare, che il disegno di legge va ad evocare e suscitare, potrebbe forse - al di là degli schieramenti - essere presa nella debita considerazione, potrebbero mutare le opinioni, ma francamente devo rilevare che la mia resta un'aspirazione. Voglio sperare che non sia così, signor Presidente.

Signor Presidente, perché abbiamo bisogno di una magistratura altamente professionale? Perché abbiamo bisogno di una magistratura capace, di una magistratura rigorosa, di una magistratura che abbia piena consapevolezza del proprio ruolo? Io dico: perché i limiti della politica hanno imposto questo sistematico controllo di legittimità. Sono perfettamente edotto che questa transizione, che non si è conclusa, ha determinato una situazione politica generale certamente problematica; quindi, ciò è bene ed opportuno. Le attività del magistrato non sono assolutamente intrusive o sostitutive, sono controlli di legittimità che la situazione generale impone. Prendo pertanto atto, signor Presidente, onorevoli colleghi, di questa situazione che mi pare sia sotto gli occhi di tutti. Ogni giorno leggiamo di ineffabili realtà che si scontrano e che impongono il rigoroso controllo di legittimità della magistratura.

Qual è allora la conseguenza? Se io ammetto - e non posso fare diversamente, perché questa è la situazione - l'importanza della funzione, debbo pretendere che la funzione stessa sia esercitata con il massimo rigore. Debbo avere la piena consapevolezza e la piena cognizione che i soggetti cui è demandata questa funzione così importante,e così fortemente incidente sulle realtà che riguardano altri uomini siano tutti soggetti particolarmente qualificati e a questo fine, signor Presidente, onorevoli colleghi, tendeva la legge che noi approvammo con grande impegno, con grande fatica e, devo dire, al di là delle cose che si sono dette nella scorsa legislatura, con una corretta dialettica. Una dialettica che cominciò fin dall'inizio, quando trattammo questi temi sensibili, non solo con l'opposizione dell'epoca, ma anche con l'Associazione nazionale magistrati.

Rammento la costituzione di tavoli di concertazione, nel cui ambito si discussero questi argomenti e si immaginarono soluzioni condivise; tutto ciò finché non irruppe lo sciopero dei magistrati, che certamente pose termine a quel dialogo altamente produttivo.

La disponibilità a trattare, signor Presidente, non è venuta meno nemmeno adesso. Noi difendiamo con grande determinazione la legge che nella scorsa legislatura fu promulgata, però non siamo insensibili alla possibilità di sedersi ad un tavolo di lavoro ed immaginare delle soluzioni. Perché questaiattanza da parte del Governo e della maggioranza di chiedere la sospensione? Una iattanza che poi confligge, signor Presidente, con gli argomenti che sono stati trattati dal Ministro Guardasigilli, perché quest'ultimo ha esposto, in una compiuta relazione, tutta una serie di ipotesi alternative che avrebbero potuto formare oggetto di un disegno di legge sul quale discutere.

Perché dobbiamo differire di qui a luglio la trattazione di questi temi e non discuterli adesso? Trovo confliggente, signor Presidente, questo atteggiamento del Governo, lo trovo francamente illogico: da una parte sospendo e dall'altra propongo. Non voglio usare le espressioni che nella scorsa legislatura venivano adottate sistematicamente per definire l'attuale legge, di cui allora discutevamo, controriforma, per l'amor del cielo. Non si tratta di un problema di controriforma. Vi sono esigenze che possono essere prese in considerazione, ma il Governo ha preferito bloccare tutto.

Ripeto una considerazione che ho già anticipato durante la discussione della pregiudiziale di costituzionalità. Se non riuscissimo ad approvare entro il mese di luglio, per le mille vicende complesse che attraversano la vita parlamentare, una nuova legge cosa accadrebbe? Entrerebbe in vigore la riforma Castelli? Francamente, stento a comprendere le ragioni di alcune scelte.

Signor Presidente, quando viene evocato in maniera enfatica l'allarme che l'attuale vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Mancino, avrebbe espresso riguardo il carico di processi che andrebbero a confluire presso il Consiglio stesso (procedimenti disciplinari che non potrebbero essere trattati, atteso il loro grande numero, che si impone in ragione della obbligatorietà dell'azione disciplinare) francamente resto perplesso. Trovo veramente singolare che non si sia immaginato - perché lo si è immaginato e lo si applica - il sistema della cosiddetta archiviazione per pacchi.

Lo stesso tema è stato trattato anche dal Ministro con grande enfasi, evocando la congestione di tutto il meccanismo disciplinare. Ora l'espressione «archiviazione per pacchi» può sembrare atecnica, ma viene normalmente adottata anche nei sistemi giudiziari e permetterebbe di risolvere una serie di vicende che non andrebbero certamente ad appesantire in alcun modo le attività più impegnative che, sotto questo profilo, il Consiglio potrebbe realizzare.

È vero, signor Presidente, che l'aspirazione più avvertita nel Paese in tema di disciplina sarebbe un'altra e mi sarebbe piaciuto che l'attuale maggioranza, prendendo spunto da alcune proposte avanzate da suoi autorevoli esponenti nella scorsa legislatura, avesse cercato di immaginare una riforma costituzionale in tema di disciplina, immaginando la soluzione auspicata di un organismo autonomo rispetto al Consiglio superiore che si possa occupare esclusivamente di disciplina.

A suo tempo se ne parlò in Commissione bicamerale, come lei stesso e molti di noi ricorderanno. Il tema fu poi abbandonato, salvo diventare, da parte dell'opposizione, nella scorsa legislatura, argomento di critica di pochezza sostanziale che avrebbe caratterizzato la riforma su tale punto da parte della nostra maggioranza. Se allora foste critici evocando questa situazione, perché non avete avanzato tale proposta adesso? Avreste certamente trovato disponibilità e sponde favorevoli.

Signor Presidente, ho buona memoria e ricordo ciò che dichiararono alcuni autorevoli esponenti, vertici dell'Associazione nazionale magistrati, qualche tempo fa, proprio a proposito della disciplina, quando sostennero che le ragioni dell'appartenenza a questa o quell'associazione incidevano fortemente sulle determinazioni che poi si andavano ad assumere.

Allora, se questa è la ragione che imponeva un intervento e siccome non viene proposto un intervento radicale e fortemente avvertito, si vuole sospendere ciò che è stato fatto. Tipicizzando le condotte riprovevoli sotto il profilo disciplinare, si vogliono sottrarre a questo mercato (mi scuso per l'espressione inelegante), a questa trattativa connessa all'appartenenza, le decisioni in tema di disciplina. Francamente, non riesco a capire perchè sospendere questo provvedimento, quali siano le ragioni che rendono improrogabile tale necessità.

Se effettivamente qualcuna di queste tipicizzazioni imponeva una riconsiderazione ci saremmo seduti al tavolo della trattativa, come del resto ha avuto modo di dire nel suo intervento anche il ministro guardasigilli dellascorsa legislatura, il senatore Castelli. Egli ha sostenuto che tutto è perfettibile - parlando in quest'Aula qualche giorno fa - e si può modificare. Discutiamone. Così non è.

Francamente, trovo singolare che invece di discutere di questi argomenti, invece di dare un contributo al cambiamento e al miglioramento, si voglia sospendere correndo il rischio di non realizzare alcunché e di ricadere poi nella situazione che adesso si intende tenere per un attimo in un angolo.

Signor Presidente, un altro aspetto che ha suscitato grandi critiche da parte di osservatori superficiali - me lo consenta - è stato quello afferente il cosiddetto concorsificio, un'espressione pittoresca che però rende bene la denuncia della maggioranza rispetto all'esigenza di verificare periodicamente la capacità, l'attitudine, il rigore di chi poi deve realizzare progressioni di carriera; una soluzione che si contrappone naturalmente a quell'automatismo che da tempo è stato denunciato da ogni parte politica, salvo poi modificare l'atteggiamento nel momento in cui le contingenze imponevano le contrapposizioni. Tutti hanno lamentato atteggiamenti di questo genere.

Ebbene, rispetto a questo profilo della norma, della quale oggi voi chiedete la sospensione, cari colleghi della maggioranza, noi manifestammo disponibilità massima alla trattazione. Dicemmo che l'ipotesi di riconsiderare questo aspetto ci vedeva, tutto sommato, disponibili: lo dicemmo in sede di Commissione, lo abbiamo detto nei convegni e in mille colloqui che abbiamo tenuto sull'argomento. L'unica cosa alla quale tenevamo e teniamo, e che mi pare sia imprescindibile, è un rigoroso esame di accesso alla magistratura di legittimità, proprio per evitare il disagio, che sovente si vive, di personaggi che, pur non avendo tutti i requisiti... (Richiami del Presidente). Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, di questo intervento, turbato da qualche brusìo iniziale.

PRESIDENTE. In effetti, le consento un piccolo recupero.

VALENTINO (AN). La ringrazio, signor Presidente, per la sua consueta cortesia.

Parlavo dell'importanza di un esame per accedere alla Cassazione, alla magistratura di legittimità. Credo sia fortemente avvertita questa esigenza, vale a dire che soggetti di particolare qualità, che abbiano dato prova sotto ogni profilo della loro capacità, del loro valore e della loro cultura giuridica, accedano a quella funzione in cui, per così dire, si fa il processo al processo; in cui, scevri da ogni suggestione che il merito può evocare, si valuta la correttaconduzione del processo sotto il profilo giuridico.

È uno spunto di riflessione che poteva trovare, tutto sommato, un possibile tavolo di concertazione. Qualche giorno fa il senatore D'Onofrio, intervenendo immediatamente dopo il Ministro, diede un termine perentorio, dicendo: se entro martedì non ci dite cosa intendete fare, cesserà ogni possibilità di dialogo. Non vengo dal mondo da cui proviene... (Il microfono si disattiva automaticamente).

 

PRESIDENTE. Concluda, senatore Valentino.

 

VALENTINO (AN). Presidente, non vi sono termini perentori per la trattazione, la discussione, la concertazione.

 

PRESIDENTE. La sto pregando di terminare, considerati i numerosi iscritti a parlare.

 

VALENTINO (AN). Concludo, Presidente, con l'auspicio che in questa fase della discussione si possa giungere ad un momento di riflessione con la maggioranza per cercare di vanificare questo errore fondamentale, poiché tale ritengo la sospensione della legge in vigore. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Biondi).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Leoni. Ne ha facoltà.

LEONI (LNP). Signor Presidente, colleghi, prendo la parola anche io a difesa della legge n. 150 del 2005 non solo perché porta il nome di un nostro Ministro, ma anche perché dovremmo dare un senso al mondo della politica e far sì che non tutto quello che fa una parte poi, quando cambiano i colori in Aula, venga disfatto. Questa tecnica di Penelope sicuramente non è condivisibile, prima di tutto dalla mia persona.

Voglio lanciare proprio un messaggio alla maggioranza, poiché ritengo necessario un confronto su questa legge, così importante per il Paese. D'altronde, i riformisti dicono che siedono a sinistra ma, quando sono di fronte ad un momento così riformatore di una parte importante del nostro Paese, le cose sembrano stare esattamente al contrario.

Leggerò un pezzo di cosa ha proposto la citata legge n. 150. Si tratta di una riforma che incide sull'organizzazione interna della magistratura, tentando di ridisegnarne il sistema di accesso, in modo tale da recuperarne la professionalità, l'efficienza, l'indipendenza e l'imparzialità. Mi chiedo e continuo a chiedermi perché queste cose fanno paura alla sinistra! In sostanza viene a delinearsi un sistema più puntuale nella valutazione dei magistrati.

Non sono un uomo di legge, sono un architetto, però ho vissuto sulla mia pelle situazioni, che ancora adesso ritengo assurde, determinate da comportamenti della magistratura. Visto che ne ho l'occasione, vorrei proprio raccontarvi quello che mi è capitato.

Sono stato il primo consigliere comunale della Lega, allora Lega Lombarda, e mi sono seduto in consiglio comunale a Varese nel 1985. Il nostro pensiero autonomista e federalista mirava ad intraprendere lotte politiche per dimostrare la voglia di una nuova forza politica fortemente radicata nel territorio.

Nel mio secondo intervento in consiglio comunale a Varese, invitai quella che allora, in quell'organismo, era la maggioranza (ed era di centro-destra), a modificare il regolamento di assegnazione degli alloggi delle case popolari (che all'epoca avveniva tramite la legge n. 167 del 1962). Questi venivano assegnati in particolar modo ai non residenti: il punteggio, infatti, era differenziato, per cui chi proveniva dal di fuori della nostra Regione ne otteneva uno più elevato (così venivano assegnati gli alloggi).

Quella mia dichiarazione in consiglio comunale, ripresa poi dal quotidiano locale a pieni titoli il giorno dopo, fece scattare un avviso di garanzia nei miei confronti: dopo tre giorni mi trovai davanti ad un magistrato, che mi vietò espressamente di pronunciarmi in quel modo in consiglio comunale. Disse che gli alloggi popolari venivano assegnati con una legge dello Stato, per cui parlando così andavo contro di essa e mi avrebbe messo in galera.

Ero un giovanotto, non avevo mai avuto rapporti con la magistratura. Nell'ambito del mio potere politico di consigliere comunale ritenevo di poter affermare quello che il mio movimento intendeva esprimere: tre giorni dopo, però, mi trovai davanti ad un magistrato. Ricordo ancora molto bene la situazione: vidi nella magistratura il braccio armato dello Stato, che voleva fermare all'inizio, sul nascere, un movimento che era l'espressione del mio popolo.

Di più. Sono solito, nei miei discorsi, intercalare la lingua italiana con quella territoriale, di casa mia. Penso che lo facciano molti senatori nati appena dopo la seconda guerra mondiale: l'intercalare il proprio dire con frasi in dialetto o in lingua locale è un qualcosa di naturale. Un'espressione che usai nei confronti del magistrato per fare un riferimento tipico in lingua locale lo fece infuriare al punto che mi minacciò chiedendomi cosa mai stessi dicendo e se lo stessi prendendo in giro. Per me era invece naturale.

E qui, nella riforma Castelli, ho notato che, in modo preoccupante, non è stata inserita la territorialità del magistrato. In tal modo, un magistrato che deve giudicare gli abitanti della città - faccio riferimento a me - o della Provincia di Varese, se è nato territorialmente lì (qui la territorialità non c'è, ed è preoccupante che non ci sia), sicuramente è in grado di comprendere benissimo il mio dire in lingua locale.

Mi ricordo anche la frase colorita, tipicamente nostra, che pronunciai: «Dottore, guardi che se qui non risolviamo il problema del punteggio la mia gente rimane alla situazione del "camp di sett pertic", cioè del campo delle sette pertiche che è un'unità di misura lombarda che, nel periodo agrario, non era divisibile. Una famiglia che aveva più figli, cioè, se doveva operare una divisione territoriale non poteva scendere sotto le sette pertiche, perché un nucleo familiare che avesse posseduto un terreno di estensione inferiore a tale unità di misura non avrebbe potuto garantire l'autosufficienza alla propria famiglia. L'aver detto «camp di sett pertic» ha fatto dare i numeri al magistrato, tanto che ha aperto il cassetto della scrivania e, prendendo le manette e sventolandomele sotto il naso, mi ha detto che se avessi continuato in quel modo mi avrebbe fatto mettere in galera.

Questo è il primo dei passi che ho subìto da parte della magistratura (perché poi di avvisi di garanzia il sottoscritto, per impegni politici, ne ha collezionati ben ventitré).

Voi capite che, sentendo parlare di una riforma del mondo della magistratura, vorrei tanto che il magistrato non solo giudicasse, ma conoscesse anche la popolazione del luogo in cui opera, conoscesse le tradizioni e in particolar modo la lingua di queste genti. Nella vicina Svizzera avviene così. Io che vivo a pochi chilometri dalla Confederazione elvetica so che lì i magistrati sono tutti territoriali, vivono assieme alla propria popolazione.

Ricordo un altro simpatico passaggio, in cui ho esortato il magistrato, che non capiva «camp di sett pertic», a rivolgersi al finanziere che stava stenografando il mio intervento. Ma il ragazzo, purtroppo per lui, era nato a Catania e non poteva dare nemmeno un aiuto al magistrato nella stesura del verbale. C'è qui un collega che era presente con me nel consiglio comunale, il quale ha vissuto questi eventi: non si tratta di storie che mi sto inventando.

Dopo questa vicenda, è stato un continuo per me: chiamate in questura, chiamate in tribunale, perché parlavo di una formazione politica nuova che si stava affacciando e che era l'espressione del mio popolo. Ho continuato a subire una persecuzione - che ritengo tale - durata fino al 1998, quando ignoti hanno messo nel mio ufficio una bomba. Ancora adesso, grazie al buon lavoro dei magistrati, non ho capito chi ha avuto il gusto di mettere una bomba presso il mio ufficio il 16 marzo 1998.

Allora, se vogliamo riformare questo mondo, dobbiamo impegnarci per primi. È facile parlare per quei colleghi che magari non hanno subìto queste cose sulla propria pelle. Io, invece, posso raccontarvi altri eventi, come le chiamate in tribunale con titoli da codice Rocco: istigazione contro le leggi dello Stato (mi sono trovato anche questa imputazione); o come quando il pretore di Saronno mandò 20 carabinieri presso il mio studio a sequestrare volantini e giornali (l'allora giornale «Lombardia Autonomista»).

Ditemi dunque come posso condividere la sospensione della legge n. 150 del 2005, che va a chiarire e a sistemare l'organizzazione di uno degli istituti del nostro Stato, che è - dal mio punto di vista - così come è concepita, con queste regole, pericolosissima.

Ho vissuto - ripeto - sulla mia pelle situazioni che non voglio nemmeno augurare ad altri colleghi. Ve ne racconto un'altra. Allora ero in Senato ed ero stato accusato di aver intascato una tangente di 10 milioni di lire per pagarmi la campagna elettorale. Ancora adesso la questione non è stata chiarita e questa volta non sono mai stato chiamato dal magistrato, mai dal 1992. Allora rassegnai le dimissioni da senatore per fare chiarezza. È una persecuzione continua, non solo nei miei confronti, ma anche nei confronti del mio movimento.

Quando è stato nominato il ministro Castelli ci auguravamo che si pervenisse ad una legge che facesse chiarezza in questa parte di organizzazione dello Stato.

Adesso abbiamo chiarezza e ci sono regole per le quali non basta studiare il diritto romano e sostenere un esame per diventare magistrato e rimanere tale per tutta la vita, con scatti di carriera per anzianità e non per meriti, e la sinistra, che dovrebbe garantire il nostro popolo, magari i più deboli, che si definisce la parte riformista del mondo della politica, con un colpo di spugna cerca di fermare una riforma che ritengo indispensabile.

Mi avvio a concludere il mio intervento e lancio un appello agli amici della sinistra: questa tecnica di Penelope, come io la chiamo, non porta da nessuna parte. Come ha dichiarato anche il ministro Castelli a proposito di quel che è stato costruito, tutto è perfettibile e nessuno ha la presunzione di aver ristampato le Tavole di Mosè. Forse sarebbe l'occasione di sedersi attorno ad un tavolo ed esaminare con spirito migliorativo i contenuti della legge n. 150 del 2005, invece di pensare di disfare tutto quel che è stato attuato e avviato nella scorsa legislatura, con grandi sacrifici e impegno da parte di tutti.

In tal modo si darebbe al Paese non il segno di una debolezza da parte della maggioranza, bensì il messaggio che c'è del buono in tutte le parti della politica e quel buono va riscoperto, condiviso e portato a termine per il bene comune. (Applausi del senatore Biondi).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Zanoletti. Ne ha facoltà.

ZANOLETTI (UDC). Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, avere una buona giustizia significa avere leggi chiare, che vengono applicate in modo rapido, con criterio equo. Ma non solo questo: credo sia necessario anche che ogni utente della giustizia, ogni cittadino abbia la convinzione anche lui, come il contadino prussiano, di avere il suo giudice a Berlino.

Non è facile avere una buona giustizia, ma certamente il livello di civiltà di una nazione si misura in gran parte dalla qualità della giustizia in quella nazione.

Ora, cosa è avvenuto negli ultimi anni del nostro Paese? Che invece di discutere di buone leggi, di applicazione rapida delle medesime, di equità ed imparzialità della giustizia, si è parlato soprattutto dei rapporti fra giustizia e politica, fra magistratura e Parlamento. Lo si è fatto in un modo un po' contrario alla storia, cioè difendendo non tanto la magistratura dall'invasione della politica, quanto il contrario, e lo si è fatto con una vis polemica sicuramente esagerata.

Molto è venuto dagli anni di Tangentopoli: ricordiamo la enfatizzazione mediatica, il protagonismo di tanti magistrati che poi si sono trasferiti in politica e nelle Aule del Parlamento; ricordiamo soprattutto gli effetti di quei momenti: moltissimi indagati, processati attraverso i media, e poi tanti assolti; soprattutto ricordiamo la distruzione per via giudiziaria di partiti storici che, pur avendo enormi difetti, non meritavano quella fine.

Ma ricordiamo anche fatti antecedenti e successivi: magistrati che, partecipando a feste di partito, tengono comizi, oppure che, commemorando la Resistenza, si spingono a paragoni sicuramente eccessivi fra i regimi di un tempo e il Governo di centro-destra di allora; ricordiamo magistrati che intervengono in via preventiva rispetto a leggi che il Parlamento si appresta a votare: immagino cosa succederebbe se io, in qualità di parlamentare, intervenissi nella mia città rispetto ad un processo in corso chiedendo questa o quell'altra sentenza; ricordiamo i documenti della magistratura, gli scioperi e via dicendo.

Gli effetti di tutto ciò sono tanti: sicuramente un'invasione di campo da parte di una certa magistratura organizzata e militante nel settore politico; i dubbi, sempre più diffusi nei cittadini, sulla imparzialità dei magistrati; in ultimo, questa atmosfera e questo contesto, aggiunto ai ritardi storici e alla lentezza cronica della nostra magistratura, sia civile sia penale, provocano un calo di fiducia verso la magistratura nel suo insieme.

Nella legislatura scorsa abbiamo discusso molto di giustizia e io credo che si sia anche discusso in modo non adeguato, con troppi pregiudizi, con troppa polemica e con troppa pregiudizialità ideologica. Si è anche legiferato molto, e direi non sempre bene. Sono state emanate molte leggi, ma non si è riusciti a fare quella riforma vera e profonda della giustizia sia civile, sia penale, con responsabilità che sono un po' di tutti: sicuramente della maggioranza, sicuramente dell'opposizione di allora, sicuramente del raccordo che c'era con una certa magistratura che pesava coi suoi giudizi e i suoi orientamenti su certe forze politiche.

Ma qualcosa di buono è stato realizzato. Questa riforma dell'ordinamento giudiziario, non fosse altro perché fa esistere qualcosa che doveva esistere già cinquant'anni fa e per il fatto di essere stata realizzata dopo lunga discussione (quasi tre anni di confronto parlamentare), è stata un fatto positivo. Essa contiene sicuramente degli elementi positivi: la separazione delle funzioni, che tende a produrre dei giudici più terzi e dunque più imparziali; il voler tendere ad avere dei magistrati più preparati, promossi per merito; la precisazione del ruolo delle procure e del Guardasigilli. Questo è stato realizzato, anche se non è stata una riforma sconvolgente. L'ha affermato la settimana scorsa il guardasigilli di allora, il senatore Castelli, e l'ha sostenuto l'avvocatura, che è scesa in sciopero, anche se essa non è soddisfatta per motivi opposti a quelli lamentati dalla magistratura.

Adesso, con la nuova legislatura, l'attuale maggioranza propone di bloccare tre decreti significativi di quella riforma e poi di operare delle consistenti modifiche. In Aula la settimana scorsa l'attuale ministro della giustizia, senatore Mastella, ha fatto un discorso ampio, condivisibile nei toni. Egli però non ha cambiato la sostanza del discorso relativamente al blocco. Ma il blocco - come ribadito da tanti senatori dell'opposizione - significa una grossa interruzione della continuità istituzionale e denota troppo significativamente ed evidentemente come ci sia una volontà di apportare modifiche distruttive rispetto al testo approvato.

La logica consiglierebbe di attendere qualche mese almeno, vedere quali sono gli effetti di questa riforma e verificare se ci sono cose da cambiare, da modificare in negativo o da aggiungere in positivo. Allora sarebbe il momento di farlo.

L'UDC ha fatto un'altra proposta, quella di non bloccare la riforma ma di procedere subito ad una discussione. Noi siamo disponibili a discutere subito per migliorare, per sentire, per continuare questo discorso e questo confronto tra le forze politiche. Credo che il nostro atteggiamento sia corretto, sereno e costruttivo, in linea con quell'opposizione decisa ma responsabile che il nostro partito intende attuare su tutti gli argomenti importanti. Credo anche che sia il massimo che l'opposizione possa proporre.

Invitiamo dunque la maggioranza a riflettere. Non vogliamo essere prevaricati da nessuno, siamo disponibili a collaborare - ripeto - e, se facciamo questa resistenza sulla legge dello scorso anno, la facciamo convinti di servire l'interesse del popolo italiano: non contro qualcuno, tanto meno contro quella parte della magistratura, la maggioranza, che serve con grande positività ed efficacia il Paese, che ha lasciato feriti e morti nel cammino della sua storia e che merita il nostro grande rispetto.

Ripeto: opposizione e disponibilità. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Biondi).

Presidenza del vice presidente CAPRILI(ore 17,30)

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fazzone. Ne ha facoltà.

FAZZONE (FI). Signor Presidente, membri del Governo, colleghi senatori, credo che questo disegno di legge ci debba far riflettere proprio per la denominazione con cui è stato proposto.

Stiamo parlando di un disegno di legge di sospensione. Normalmente la sospensione è una soluzione che si adotta nel caso di situazioni che hanno prodotto effetti devastanti. Credo non sia il nostro caso, perché la legge Castelli, questa riforma che porta il nome dell'ex ministro della giustizia, non ha prodotto effetti devastanti nonostante sia in vigore e sia caratterizzata da dieci decreti legislativi i quali intervengono su una serie di settori della giustizia, dal reclutamento degli uditori giudiziari (quindi maggiore formazione, maggiore professionalità, maggiori requisiti) al riordino delle grosse procure, al sistema disciplinare.

Avrei potuto capire, e credo che anche i cittadini italiani lo avrebbero compreso, se questa riforma avesse realmente realizzato dei presupposti devastanti all'interno del sistema giudiziario, ma questa non risulta essere la realtà. Al contrario, risulta invece che in alcune grosse procure in cui si registrava un marasma notevole si sta mettendo ordine grazie al relativo decreto.

Credo che l'intento sia un altro, perché non si può sospendere una legge che al suo interno, oltre alla delega per dieci decreti legislativi, contiene anche una norma che abroga totalmente il sistema di norme legislative precedenti in materia. Come ha ben detto il giorno che discutevamo della questione pregiudiziale il senatore D'Onofrio, non esiste in nessun caso la possibilità di rimettere in vita un sistema abrogato. Non si può nemmeno sospendere l'efficacia di un provvedimento se questo contiene al suo interno una norma che addirittura abroga la legislazione passata. Il che significa che, se il Parlamento approverà questo disegno di legge di sospensione, i cittadini non sapranno quale sistema dovranno rispettare per le attività giudiziarie. Credo si tratti di un precedente unico, però rischia di verificarsi.

Io invece attribuisco questa situazione a un diverso fattore, a una mentalità che non deve appartenere alle istituzioni: ciò che si fa in una legislatura non deve essere cancellato totalmente da chi viene dopo: sicuramente può essere corretto, in armonia con le interpretazioni, i programmi e le linee di chi va a governare, ma non si può cancellare totalmente ciò che è stato fatto. Ciò significa per il nostro Paese, avviatosi verso un'alternanza di Governo ormai costante, la paralisi totale del sistema politico e amministrativo.

Ma la cosa che più non comprendo personalmente - sono alla prima legislatura - è perché il Parlamento, che è sovrano e viene eletto per legiferare e quindi emanare leggi, si faccia invece dettare le regole da lobby, come è avvenuto per il decreto Bersani, come è successo in questo caso con una parte dell'Associazione nazionale magistrati e come è accaduto per altri interventi legislativi in cui il Parlamento è divenuto succubo delle lobby.

Noi siamo espressione dei cittadini e dobbiamo avere il coraggio di interpretare la nostra funzione nella correttezza massima; dobbiamo certamente ascoltare le associazioni, le categorie, ma soprattutto dobbiamo ascoltare i cittadini, dobbiamo guardare alle disfunzioni che le leggi che noi emaniamo creano all'utente finale, cioè al cittadino. Invece avviene che ci facciamo condizionare dalle lobby, come in questo caso: la sospensione che viene richiesta è un impegno elettorale, com'era stato un impegno elettorale il decreto Bersani in alcuni suoi contenuti, ad esempio nel caso delle farmacie, che dovevano essere date alle cooperative.

In questo caso vi è stato un impegno per sospendere una legge che sicuramente, come per ammissione dello stesso senatore Castelli, non è la migliore delle riforme, ma certamente la prima riforma dopo cinquant'anni. Una riforma, qualsiasi riforma, , nel tempo, quando viene applicata, necessita di interventi correttivi. Dunque, dato che questa riforma è entrata in vigore, potevamo tranquillamente attendere e insieme sederci attorno a un tavolo per apportare i correttivi necessari rispetto alle disfunzioni che essa conteneva. No, invece non è così: non c'è questa volontà. Vi è una volontà disfattista.

Non è questo il primo caso. Anche in altre istituzioni, come le Regioni e in particolare nel Lazio (quella nella quale io sono stato eletto), si segue la stessa politica: tutto ciò che è stato costruito precedentemente, ad esempio in opere pubbliche o nel settore sanitario, si sta annullando, come per dire che ciò che è stato fatto dev'essere cancellato. Ripeto: non è così che si amministra.

Sia a destra che a sinistra, coloro che vengono eletti sono interpreti delle esigenze dei cittadini, anche appartenenti a coalizioni diverse, quindi lavorano certamente per apportare dei miglioramenti. Anche in questo caso, io credo che una riforma che è intervenuta dopo cinquant'anni a cercare di riordinare il settore giudiziario fosse e sia qualcosa di importante.

Inoltre, signor Sottosegretario, non so che cosa ci proporrete successivamente, ma vorrei sapere una cosa. Parliamo, ad esempio, delle disfunzioni di alcune procure, disfunzioni non attribuibili ai magistrati ma a carenze di risorse strumentali e umane o a carenze strutturali: perché non si rivede il sistema organico e perché avviene che procure che hanno carichi di lavoro ridottissimi hanno in dotazione un personale quattro volte superiore alle procure che invece hanno un carico notevole? Perché non si provvede allo spostamento di risorse umane? Perché non si provvede a stanziare maggiori risorse laddove c'è più attenzione e più lavoro? Perché si continua a distribuire a pioggia, oppure c'è chi ha il potere di stabilire le procure o i tribunali sotto casa? Credo che anche in questo sistema dovrebbe entrare l'ottica della meritocrazia e dei carichi di lavoro e sarebbe necessario verificare realmente dove si lavora e dove invece no, e il personale non può essere lo stesso.

Per quanto riguarda le risorse strumentali, è vero che vi è carenza nelle finanze dello Stato, però credo che il settore giudiziario non debba subire perdite finanziarie, perché non è possibile che i cittadini aspettino per avere giustizia venti, venticinque o trent'anni.

La certezza del giudizio è importante e dev'essere garantita a tutti i cittadini: si può essere anche incriminati, ma si deve avere la certezza di poter dimostrare, in tempi celeri, se si è innocenti o colpevoli.

Il sistema va cambiato e va cambiato notevolmente: noi dobbiamo avere il coraggio di farlo. Ci avete proposto questa sospensione per noi illogica; era più giusto, invece, iniziare a discutere immediatamente su quei decreti che bisognava correggere, piuttosto che intervenire e sospendere.

Presidente, stiamo parlando di sospensione: ma quando avviene una sospensione? Quando c'è qualcosa di grave; una partita di calcio, ad esempio, viene sospesa quando interviene qualcosa che non consente di continuarla. In questo caso, perché si sospendono questi decreti? Che cosa è intervenuto dal momento della loro entrata in vigore ad oggi? Non ci risulta che ci siano stati effetti devastanti.

Non era allora più logico ragionare immediatamente sui decreti da correggere? No, si è iniziato invece un braccio di ferro che non giova, però, né alla destra, né alla sinistra: sicuramente fa perdere tempo all'Italia e crea disagi ai cittadini. Di certo noi possiamo discutere ed io stesso assisto a discussioni anche importanti in Commissione, dove vi è spesso una certa competizione tra chi è magistrato e chi è avvocato nell'utilizzare paroloni più forti, ma io credo che non dobbiamo mai perdere di vista i cittadini e l'Italia. Noi dobbiamo lavorare per dare risposte al Paese, a quei cittadini che chiedono di avere un sistema Italia diverso, che funzioni e che possa realmente recuperare il terreno perduto in tanti anni.

Il mio augurio è che insieme, successivamente, si possa fare realmente una riforma dell'ordinamento giudiziario che possa contemplare, nella sua completezza, l'esigenza della nostra Nazione di avere una giustizia celere e rapida.

Un'altra cosa che non sono mai riuscito a capire è come mai si consenta ad un organo importante come la magistratura, che dev'essere - e lo è - assolutamente autonomo nello svolgimento della propria funzione, di intervenire nel condizionare le funzioni di altri organi: questo non è corretto. I magistrati sono funzionari dello Stato chiamati a far applicare le leggi che il Parlamento emana, non le leggi che loro vogliono che il Parlamento adotti!

Non esiste che un magistrato possa intervenire sul dibattito in materia di separazione delle carriere: questa è una scelta che deve fare il Parlamento, non i magistrati! Se così fosse, dovremmo consentire d'intervenire ai Carabinieri, alla Polizia, a tutti gli organi dello Stato. Lo trovo francamente assurdo. È giusto che si ascoltino tutti, però il Parlamento deve recuperare la propria dignità, quella dignità che gli appartiene e per la quale noi veniamo eletti. Dobbiamo avere il coraggio di assumerci le nostre responsabilità, non facendoci condizionare perché dobbiamo qualcosa a qualcuno: non dobbiamo niente a nessuno, dobbiamo qualcosa ai cittadini, all'Italia.

In conclusione, Presidente, auspico che queste disposizioni non vengano sospese e che comunque, ove ci dovessero essere dei correttivi, si proceda però in maniera diversa rispetto al passato. (Applausi dal Gruppo FI e dei senatori Forte e Stracquadanio).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mantovano. Ne ha facoltà.

MANTOVANO (AN). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, una norma chiarisce, meglio di altre, la cifra politica di questo scarno disegno di legge, quella contenuta nell'articolo 3 del testo, così come modificato dalla Commissione: «Fino al 30 luglio 2007 si applica il secondo comma dell'articolo 30...». Qual è la norma la cui applicazione questa disposizione intende sospendere?

È una norma contenuta non nell'ordinamento giudiziario riformato, ma nella legge n. 44 del 2002, della quale non do lettura presumendone la conoscenza da parte di questa Assemblea. Il senso della disposizione del 2002 è che aver fatto parte del Consiglio superiore della magistratura non può porre il magistrato togato uscente da queste funzioni in una posizione di privilegio ai fini delle funzioni che sarà chiamato a svolgere.

Ora, l'articolo 3 del disegno di legge, sospendendo l'operatività di questa disposizione, riporta alla situazione ante 2002. Riporta, cioè, ad una situazione di fatto e di diritto nella quale il consigliere uscente del CSM aveva una posizione di preferenza rispetto agli altri magistrati - ad altri magistrati anche con più titoli e maggiore anzianità - per ottenere il posto al rientro in servizio.

La prima domanda che rivolgo al Governo, se ha voglia di ascoltare e soprattutto di rispondere, è la seguente: che cosa c'entra questa norma con l'ordinamento giudiziario? Eppure essa è inserita in un disegno di legge che ha lo scopo specifico di sospendere gli effetti, che la maggioranza considera terribili, di tale provvedimento. Perché è stata inserita in questo provvedimento di blocco del "terremoto " in atto? Ad essere maliziosi si potrebbe rispondere che la ragione sta nell'ennesima cambiale che il Governo nel suo insieme, ma il Ministro della giustizia in modo particolare, paga con questo provvedimento.

Parlo di una cambiale perché per l'intera legislatura passata vi è stata una polemica continua sulle leggi definite ad personam - salvo poi ammettere, a mezza voce, che più d'una di esse aveva un suo fondamento e una sua logica: penso per tutte alla riforma dei reati societari, conosciuta ingiustamente e falsamente come abolizione del falso in bilancio - e poi ci viene proposta una disposizione che certamente non è ad personam, ma è - vogliamo riconoscerlo? - ad personas. Per essere più precisi, essa è ad decem-sexies personas, perché riguarda per l'appunto sedici soggetti, tanti quanti sono i degnissimi consiglieri togati uscenti del CSM.

L'intera politica con cui l'attuale Governo ha avviato la legislatura in materia di giustizia sembra caratterizzata dal pagamento di cambiali. È accaduto così verso l'area della criminalità con l'indulto, che sta causando effetti devastanti, basta chiedere al sindaco di Napoli: chiamo in causa un esponente politico che non appartiene ad Alleanza Nazionale. Lo stesso sta accadendo, mutatis mutandis, con il presente disegno di legge di sospensione dell'ordinamento giudiziario. E la cambiale, come è accaduto per l'indulto, viene pagata danneggiando i diritti degli altri. In questo caso, gli altri sono i magistrati diversi dai sedici - lo ripeto, degnissimi - togati uscenti del CSM, che probabilmente hanno titoli e anzianità più qualificanti e che però rischiano di essere - il rischio è più che concreto - sopravanzati nel momento dell'assegnazione delle funzioni. Il tutto con una formulazione normativa per la quale il senatore Calvi, anch'egli non appartenente ad Alleanza Nazionale, in sede di parere da parte della Commissione affari costituzionali ha scritto: «Si segnala l'opportunità di una diversa formulazione dell'articolo 3, tale da rispettare in forma più congrua la sequenza normativa, considerato che la norma abrogata è fatta rivivere senza intervenire sulla norma abrogante. L'intervento, infine, dovrebbe aderire in modo più appropriato alla natura generale e astratta del rapporto tra norma abrogata e norma attualmente vigente».

La tecnica legislativa più elementare insegna che l'abrogazione di una norma - in questo caso la sospensione del suo vigore - non ha un potere taumaturgico, cioè non può fare miracoli, non ottiene di per sé, come risultato, la resurrezione della norma antecedente. Non si può dire a una norma del 1990, modificata nel 2002: «Alzati e cammina, alzati e riprendi la tua efficacia». Volete perlomeno riscriverla? Non so se nei criteri di economicità che hanno caratterizzato la costituzione e la formazione di questo Governo rientri anche la micragnosità nella stesura delle norme.

Infatti, con la stessa tecnica legislativa, censurata da un esponente qualificato della maggioranza qual è il senatore Calvi in un momento qualificato (l'espressione del parere in 1ª Commissione permanente), si potrebbe dire: è sospesa l'applicazione delle norme del codice civile, rivivono le 12 Tavole, le quali, dal mio punto di vista, erano tutt'altro che spregevoli.

È una norma incostituzionale. Sarà impugnata dagli interessati davanti al TAR e, attraverso questo, davanti alla Consulta, a fronte di ogni assegnazione di posti che veda concorrere consiglieri uscenti del CSM, qualunque sia l'esito del concorso. È incostituzionale perché non risponde a criteri di generalità e di astrattezza, visto che abbiamo 16 nomi e cognomi ogni 4 anni. Non risponde a criteri di eguaglianza per le ragioni che prima indicavo e non risponde al rispetto di quell'articolo 97 della nostra Carta fondamentale che richiama l'imparzialità dell'amministrazione.

Non risponde a criteri di ragionevolezza perché se per un posto direttivo sarà preferito un magistrato meno anziano e meno virtualmente capace, ne ricaverà danno la razionalità del sistema. Non risponde - se mi si permette un fatto personale - al criterio di eguaglianza, anche con riferimento agli altri magistrati che, in aspettativa in questo momento, si trovano a far parte di corpi elettivi. È vero che si chiama Consiglio superiore della magistratura, ma quale rango superiore ha il magistrato che ha fatto parte del CSM rispetto al magistrato che, dopo aver svolto un mandato elettivo, rientra nelle funzioni e si trova però a concorrere con criteri di minore preferenza rispetto al primo?

Noi non vogliamo svolgere alcuna opposizione aprioristica e preconcetta. Diciamo soltanto: non vi piace l'ordinamento giudiziario che è stato approvato nella passata legislatura - ciò è legittimo - e allora cambiatelo, mostrateci un'ipotesi alternativa. Ricordo che nel 1996 l'allora Ministro della giustizia (era un signore che oggi è vice presidente della Consulta, il professor Flick) si presentò nei primi giorni di legislatura al Parlamento con 20 disegni di legge dicendo (anche in questo caso cito un esponente autorevole, all'epoca, dell'altro schieramento politico): questo è il programma mio e del Governo sulla giustizia, lo si può condividere in tutto, in parte o per nulla, però è un programma che ha una sua logica e anche un suo peso (dal giudice monocratico al giudice di pace, ai riti alternativi, e altro ancora).

Qui ci troviamo ad oltre quattro mesi dall'avvio della legislatura e abbiamo assistito all'approvazione del provvedimento sull'indulto e a questa paletta rossa nei confronti dell'ordinamento giudiziario.

Perché un blocco secco? Perché - tutto ha una ragione - il Governo non ha avuto ancora tempo e modo di trattare compiutamente con l'Associazione nazionale magistrati su come riformare l'ordinamento giudiziario e ritengo che ce ne vorrà di tempo. E allora, non riuscendo ad arrivare ad un'ipotesi alternativa, è molto più comodo porre uno stop, disinteressandosi - uso un eufemismo - delle conseguenze concrete che questo stop può avere nel quotidiano andamento della giustizia.

Sarei veramente sorpreso se in questo ramo del Parlamento questa linea fosse condivisa da senatori che si sono sempre e motivatamente espressi nella direzione di rivendicare la piena libertà delle Camere a legiferare, anche in materia di giustizia, senza ricevere input da vertici di congregazioni togate.

Sono ben consapevole che ogni riforma richiede la consultazione dei diretti interessati e deve puntare, nei limiti del possibile, a fare da eco alle loro esigenze, ma ciò è quello che i proponenti della riforma nella passata legislatura hanno provato a fare, perlomeno in una prima fase. Essi infatti hanno anzitutto ripreso proposte relative all'ordinamento giudiziario che si inserivano in un filone che già era stato preso in considerazione all'epoca della Commissione bicamerale dalle varie bozze dette «Boato», dal nome del relatore all'interno della Commissione. Poi si è arrivati ad un momento, nel maggio del 2002, di possibile concreta convergenza con i vertici della magistratura associata per una riforma adeguata anche alle loro esigenze. Per questioni assolutamente interne a quell'associazione, un accordo quasi raggiunto fu mandato all'aria; si arrivò ad uno sciopero, il primo di una serie, che inaugurò una sequela di proteste dall'esibizione della Costituzione ai girotondi e così via.

Questo per dire che vi è stata l'occasione per giungere ad una riforma della giustizia parzialmente diversa da quella approvata in via definitiva, certamente più vicina alle esigenze del mondo della magistratura, ma questa occasione è stata respinta dagli stessi interessati.

L'aspetto grave consiste non solo in questo, ma nel fatto che il centro-sinistra si sia fatto e continui a farsi eco dei diktat di una parte del vertice associativo togato. Lo ha fatto con l'opposizione aprioristica alla riforma nella passata legislatura, continua a farlo con il disegno di legge in discussione.

Ricordo che, durante la discussione di quella che sarebbe divenuta la legge sull'ordinamento giudiziario, l'allora segretario dell'Associazione nazionale magistrati paragonò il Governo di centro-destra al regime di Mussolini. Tale affermazione fu pronunziata non in un bar, ma nella sede del congresso dell'Associazione nazionale magistrati ed ebbe echi anche in Parlamento. Personalmente mi chiedo se sia proprio così. Si può anche non condividere nessun aspetto di questa riforma, ma si può avere il gusto e la soddisfazione di discuterla nel merito? Si è protestato, per esempio, perché la riforma vieta ai pubblici ministeri di diventare giudici nello stesso distretto. Gradirei sapere quale pericolo per le libertà democratiche del Paese derivi da questa previsione.

Personalmente - forse sbaglierò - la distinzione tra giudici e pubblici ministeri non mi fa venire in mente i carri armati che sfilano per le vie di Bangkok. Non solo l'odiato centro-destra, ma gran parte della cultura italiana ritiene che una moderata articolazione di carriera basata su concorsi stimolerebbe la professionalità e la formazione professionale dei giudici e valorizzerebbe la Corte di cassazione. Ma anche su questo versante si sostiene che sottoporre i giudici alla valutazione di una Commissione tecnica, benché espressione del CSM, equivale a riesumare Salazar e Pinochet. E ancora, è golpistico fare chiarezza sugli illeciti disciplinari e sulla procedura per sanzionarli?

Mi chiedo se modificare l'attuale situazione, secondo la quale quando un parlamentare, o un cittadino qualsiasi, riceve una denuncia viene iscritto obbligatoriamente nel registro degli indagati, e se invece un magistrato viene denunciato in sede disciplinare vi è facoltà di procedere nei suoi confronti, sia contro i diritti dell'uomo, e quindi anche del magistrato.

Chiedo pertanto al Governo e alla maggioranza se la riforma dell'ordinamento giudiziario viene rifiutata perché ritenuta nel merito, in tutto o in parte, non condivisibile o perché è stata approvata dal centro-destra. Se la risposta va nella prima direzione, allora vorrei che si abbassasse la paletta rossa e se ne discutesse. Chiedo inoltre se il rifiuto è superabile con un confronto che, per quanto aspro, giunga a risultati o se esso è insuperabile perché la stessa previsione di un sistema di controlli e di verifiche sul corpo giudiziario è inaccettabile.

Esiste poi un profilo sul quale dovremmo intenderci in Parlamento e riguarda la pretesa, non dichiarata ma reale, che la gestione politica del nostro Paese avvenga nelle aule di giustizia; la pretesa, cioè, di considerare che il compito dei magistrati non è il controllo sui singoli atti illeciti commessi dai politici - il che è doveroso - ma è il controllo della politica nel suo insieme.

Tutti i giudici compiono scrupolosamente il loro dovere, ma alcuni lo fanno in un modo e altri in un modo diverso. Alcuni cambiano, in piena autonomia e indipendenza, la concezione del dovere sulla base del tempo e dello spazio. La custodia cautelare non è intesa alla stessa maniera a Milano, a Roma o a Bari. In alcuni processi viene utilizzata la presunzione del «non poteva non sapere», e in altri ciò non avviene. Sulla base delle medesime carte alcuni giudici assolvono e altri condannano. Ora quest'alternanza fa onore all'indipendenza della magistratura, ma da essa non possono dipendere i destini politici del Paese.

Gli italiani leggono i giornali, guardano la televisione e constatano che magistrati eminenti, spesso responsabili di processi delicati e difficili, si dichiarano di «sinistra», scrivono sul quotidiano «l'Unità», tengono convegni - cosa legittima in sé e non contestabile, che però si contesta nell'opportunità rispetto alla veste che si ricopre, al ruolo che si svolge e anche al momento specifico - e comizi sotto la sigla di organizzazioni politiche, in certi casi partecipano a manifestazioni no global.

Signor Presidente, in conclusione, si può condividere o no la riforma Castelli, si può discutere, entrare nel merito - ed auspichiamo che ciò avvenga - ma dovrebbe essere un dato di comune condivisione che il magistrato deve essere ed apparire imparziale, che deve avere una professionalità seria e verificata, che non può comportarsi come un politico di professione.

Con questo blocco il Governo, e la maggioranza che lo sostiene, non aiuta la magistratura, anzi concorre con fatti concludenti a confermare che il rischio più forte per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura proviene dall'interno della stessa magistratura. (Applausi dai Gruppi AN, FI e del senatore Stracquadanio).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pirovano. Ne ha facoltà.

PIROVANO (LNP). Signor Presidente, il provvedimento di cui stiamo ormai dissertando da tempo e che il Governo Prodi vuole per ora congelare con la chiara intenzione, come ha detto poc'anzi il collega Mantovano, di aspettare che chi decide in Italia sull'amministrazione della giustizia dica a coloro che sono stati eletti cosa devono fare, non per modificare l'applicazione delle leggi, non nella sostanza i diritti, non procurando dei vantaggi ad alcuni cittadini a scapito di altri, ma cercando di normare e di mettere ordine nella macchina dell'amministrazione e di definire anche come si dovrebbero svolgere le carriere.

Velocemente vorrei ripercorrere, in sintesi, i grandi titoli di questo stravolgimento della giustizia, come è stato presentato da questo Governo e dai mass media, evidentemente molto vicini ad esso.

Come era la separazione delle funzioni prima di questo decreto? L'aspirante magistrato, dopo un anno di tirocinio da uditore, partecipava al concorso per entrare in magistratura e chiedeva di fare il giudice o il pubblico ministero. Molti, soprattutto in primo grado, facendo domanda al CSM, cambiavano funzione anche più volte. Con questo decreto si prevede che nella domanda di ammissione al concorso l'aspirante magistrato deve scegliere tra giudice o pubblico ministero. Il concorso prevede anche un colloquio di idoneità psico-attitudinale che può indirizzarlo verso una funzione o l'altra. La sua scelta definitiva avviene dopo cinque anni. Per cambiare funzione deve sostenere un esame orale e frequentare un corso di formazione presso la Scuola della magistratura ottenendone una valutazione positiva. Inoltre, dovrà cambiare distretto giudiziario e qui forse sta lo scandalo.

Come era la formazione? Il Consiglio superiore della magistratura si occupava della formazione delle toghe organizzando dei corsi non obbligatori. Non esisteva una scuola per la magistratura come è oggi. La formazione per gli uditori, ma anche per l'aggiornamento professionale e la valutazione dei magistrati è compito della Scuola superiore per la magistratura e i corsi sono obbligatori ogni cinque anni. Al termine del corso viene formulata una valutazione. Il comitato direttivo è composto dal primo presidente e dal procuratore generale della Cassazione, da due magistrati nominati dal Consiglio superiore della magistratura, da un avvocato con almeno 15 anni di servizio nella professione, da un professore universitario e da un membro nominato dal Ministro della giustizia. Soltanto un membro è rappresentante di emanazione politica all'interno di questo comitato.

È forse questo lo scandalo? Il fatto di consentire anche ad un rappresentante del Governo di poter esprimere la sua opinione sulle capacità di un magistrato, non sul modo di amministrare la giustizia?

Come era la carriera? L'avanzamento di carriera avveniva automaticamente, per anzianità. In pratica, dopo 13 anni si accedeva alla Corte d'appello e dopo 28 alla Cassazione senza concorsi. Anche senza svolgere effettivamente quelle funzioni, lo stipendio veniva adeguato. Com'è ora? Chi vuole può continuare a seguire la vecchia strada, un numero limitato di posti (30 per cento) è a disposizione di coloro che vorranno accelerare la propria carriera, sostenendo un concorso che prevede la risoluzione (scritta) e la discussione (orale) di uno o più casi pratici che riguardano il proprio lavoro di magistrato.

Come era l'organizzazione delle procure? II capo della procura dava delle direttive e organizzava il lavoro dei suoi aggiunti e sostituti, ognuno dei quali era titolare dell'azione penale, aveva una sua autonomia nelle inchieste e poteva rilasciare dichiarazioni alla stampa. Solo in alcuni casi poteva avocare a sé un'inchiesta. Come è con il decreto da bloccare? Il capo della procura ha più poteri. E' l'unico titolare dell'azione penale che "delegherà" agli altri pubblici ministeri. Una delega revocabile per l'assegnazione dei procedimenti, in caso di divergenza o inosservanza dei criteri indicati, con una comunicazione alla Cassazione. E' l'unico a tenere i rapporti con i mass media. Questo è uno scandalo perché tutti oggi vogliono parlare con le televisioni.

Come era l'azione disciplinare? L'azione disciplinare era facoltativa e ne erano titolari il procuratore generale della Cassazione e il Ministro della giustizia. Veniva applicato il codice del 1930 e non esisteva una tipizzazione dei reati. Come è ora? In caso di illeciti disciplinari l'azione del procuratore generale della Cassazione diventa obbligatoria e non più facoltativa. Il Ministro della giustizia può opporsi al non luogo a procedere solo per i casi da lui stesso promossi. Quindi, non ha un potere assoluto. E' prevista una tipizzazione degli illeciti disciplinari raccordati a specifiche sanzioni, un prontuario.

Infine, come era la regolazione degli incarichi extragiudiziari? II Consiglio superiore della magistratura autorizzava gli incarichi extragiudiziari per i magistrati, senza alcun obbligo di pubblicità. Come è oggi? Gli incarichi extragiudiziari alle toghe, autorizzati dal Consiglio superiore della magistratura, devono essere pubblicizzati in un elenco ogni sei mesi. I magistrati, inoltre, non possono iscriversi a partiti politici né partecipare ad attività che li possano condizionare o appannarne l'immagine.

Sinceramente trovo che lottare contro una regolamentazione interna all'organizzazione - che nulla a che vedere con l'applicazione della legge - per migliorarla ed avvicinare di più la classe della magistratura alla normalità degli esseri umani che abitano in questa Nazione non solo non sia disdicevole ma sia doveroso. Trovo meno doveroso, invece, leggere alcune applicazioni di una recente sentenza del 18 settembre 2006 della Corte suprema di Cassazione, prima sezione penale, nella quale si vede invece quale sia il pensiero della magistratura.

Con quella sentenza il tribunale di Roma ha assolto, perché il fatto non sussiste, la cittadina romena Alexandru Nicolau Malina, imputata del reato previsto dall'articolo 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 settembre 1998, n. 286, in quanto trovata nel territorio dello Stato, da cui era stata espulsa mediante ordine di allontanamento.

Il giudicante ha fondato la decisione su una duplice argomentazione. Doveva ritenersi sussistente il giustificato motivo che esclude la punibilità del fatto (essere clandestini con un'ingiunzione di allontanamento dal territorio nazionale), avendo l'imputata dichiarato di essere sprovvista del denaro occorrente al rimpatrio. Circostanza plausibile - sentite perché - essendo emerso che alloggiava presso uno scalo ferroviario ed essendo risultato che non aveva compreso appieno il contenuto del provvedimento esecutivo dell'espulsione, tradotto soltanto in inglese, in quanto durante il dibattimento aveva dovuto essere assistita da un interprete di lingua romena.

Nella nostra Repubblica, patria del diritto, basta dimostrare di non avere mezzi di sussistenza e di non comprendere la lingua italiana per essere scagionati da qualunque reato. Credo che ciò gridi allo scandalo, e non normare l'organizzazione interna che porta alle cariche supreme della magistratura, che nulla ha a che vedere con l'intromissione da parte del Governo e dei due rami del Parlamento nell'amministrazione della giustizia.

Mi piacerà vedere, insieme a tutti i nostri colleghi che hanno volentieri e plaudendo approvato il decreto Castelli, quali saranno le esilaranti e fantasmagoriche modifiche che la parte più politicizzata della magistratura vi apporterà, dopo averlo congelato e lasciato marcire in un freezer, togliendo anche la spina, e cosa accadrà all'organizzazione della magistratura. Prepariamoci, perché probabilmente, seduti al tavolo dove ora siede lei, Presidente, ci sarà un rappresentante della magistratura nei prossimi Parlamenti. (Applausi dei senatori Burani Procaccini e Stracquadanio).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Stracquadanio. Ne ha facoltà.

STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, senatori, signor rappresentante del Governo, mi sia consentito iniziare con la citazione di un documento di qualche giorno fa, che molto attiene alla nostra discussione.

Quel documento - il cui autore rivelerò in un secondo momento - recita così: «Il Comitato direttivo centrale registra il dato positivo della prosecuzione dell'iter del disegno di legge sulla sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario; rinnova la sua richiesta al Governo e al Parlamento di fronteggiare, con i mezzi istituzionali di cui dispongono, la vera e propria emergenza determinata, nell'ordinamento giudiziario e nel funzionamento della giurisdizione, dall'entrata in vigore di una legge di riforma che continua a giudicare sbagliata, paralizzante e controproducente; ribadisce di non essere in alcun modo a favore di sospensioni ripetute o illimitate e di volere in tempi brevi l'approvazione di una riforma dell'ordinamento giudiziario ragionevole e coerente con i princìpi costituzionali; sottolinea l'assoluta necessità che il previsto intervento normativo sia adottato prima del 28 ottobre 2006, al fine di scongiurare la separazione di fatto delle carriere giudicante e requirente che a quella data rischia di verificarsi e l'avvio di un sistema di organizzazione della carriera dei magistrati contrario ai princìpi costituzionali ed alle esigenze di efficacia e funzionamento della giustizia».

Infine, il Comitato centrale «dà mandato alla Giunta di seguire gli sviluppi dell'iter del disegno di legge sulla sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario, adottando tutte le iniziative ritenute opportune e provvedendo a mobilitare la categoria, se necessario convocando anche d'urgenza una riunione straordinaria del suddetto Comitato direttivo centrale».

Ora, nel tono del documento e nel modo in cui è articolato, è evidentemente riscontrabile, per chiunque abbia fatto politica nelle istituzioni, ma anche fuori di esse, il linguaggio tipico di un partito: vi sono un Comitato centrale, una Giunta che dà esecuzione, alcuni punti di premessa e un dispositivo finale; a firmare tale documento è l'Associazione nazionale magistrati, il cui Comitato centrale si è riunito sabato scorso.

Qual è il quadro, colleghi, dal punto di vista politico ed anche istituzionale? Vi hanno accennato poco fa i colleghi Mantovano e Fazzone: il Parlamento nella scorsa legislatura ha approvato una riforma ed oggi un partito extraparlamentare, che non ha consenso nel Paese e non può candidarsi alle elezioni, ma che, da partito extraparlamentare, ha molte propaggini nel Parlamento, in modo più o meno palese o più o meno occulto, ci dice che dobbiamo approvare il provvedimento al nostro esame entro il 28 ottobre, altrimenti saranno dolori.

Già questo basterebbe per respingere al mittente il provvedimento, sulla base di questa deliberazione. Ma se non bastasse, possiamo ricordare due citazioni molto semplici. Sul quotidiano «Avvenire» del 6 settembre, Giuseppe Gennaro, presidente della suddetta Associazione nazionale magistrati (cioè di quel partito extraparlamentare che influisce e determina le volontà del Parlamento, essendo costituito, in quanto partito extraparlamentare, fuori dalle regole della nostra Costituzione), dice: «La riforma dell'ordinamento giudiziario va sospesa: se non ci sarà uno sviluppo alla ripresa dei lavori parlamentari, non resteremo a guardare». Sarebbe stato interessante sapere dal presidente Gennaro che cosa intende con «non resteremo a guardare».

Colleghi, provo a sollecitare in voi una riflessione. Se a pronunciare parole di questo genere fosse il più alto rappresentante sindacale della Polizia di Stato o il più alto rappresentante del COCER dei Carabinieri o un qualche generale dell'Esercito o di qualunque altra Arma, vi sarebbe una reazione della politica e dell'opinione pubblica che chiamerebbe questi atti insurrezione, golpe, attentato alle prerogative parlamentari.

Invece, il fatto che lo facciano il Presidente dell'Associazione nazionale magistrati e l'Associazione nazionale magistrati stessa, con quel tono tipico dei partiti politici, passa come un fatto di normalità e anzi si fa di tutto per rispondere a questo diktat.

Signor Presidente, questa è la situazione in cui ci troviamo. Il Ministro - che purtroppo non è presente oggi - aveva cercato in qualche misura di temperare tale quadro, intanto facendo presente che la maggioranza in Senato su questo provvedimento aveva qualche difficoltà ulteriore rispetto alle innumerevoli difficoltà che ha su tutti gli altri. Ma di tutta risposta il segretario dell'ANM, il giorno 7 settembre (lo ha pubblicato «Il Sole 24 Ore») ha detto: «Il dialogo con l'opposizione non può diventare un alibi per giustificare l'inerzia del Governo e della sua maggioranza». Andiamo avanti coni diktat, precisi e puntuali. Il vero partner di maggioranza e il vero detentore della golden share, del voto decisivo di questo Governo, è l'ANM con i suoi organi.

Il Ministro potrebbe obiettare che si tratta in realtà di un impegno elettorale e potrebbe richiedere alle forze della sua maggioranza una coerenza. È vero, infatti, che nel programma dell'Unione c'era scritto: «È necessario rimuovere tutti gli aspetti del nuovo ordinamento in stridente contrasto con i princìpi costituzionali, anche adottando provvedimenti di sospensione». L'ha ricordato di recente un magistrato, il dottor Giancarlo Caselli (di cui si ricordano più le gesta politiche e meno le performance professionali, che sono state meno brillanti di quelle politiche) in un articolo, appunto, su "l'Unità".

Stabilire a priori (come fa l'ANM o il dottor Caselli) che la riforma dell'ordinamento giudiziario approvata la scorsa legislatura, firmata dal ministro Castelli, sia in stridente contrasto con i princìpi costituzionali mi pare francamente eccessivo.

Vorrei solo far notare che lo scorso Parlamento aveva sottoposto la riforma al vaglio di costituzionalità, approvandola in tutte le fasi in cui il nostro Regolamento e il Regolamento della Camera impongono un esame della costituzionalità delle norme che vanno a discutersi e ad approvarsi.

Ma c'è di più. Il 16 dicembre 2004, con messaggio motivato, il Presidente della Repubblica rinviava questa riforma alle Camere, sottoponendo al Parlamento una serie di punti che a suo avviso erano in contrasto - non stridente, diceva il Presidente, ma in contrasto - con la Carta costituzionale.

Ebbene, il Parlamento ha recepito quel messaggio del Capo dello Stato, ha modificato le norme su cui il Capo dello Stato aveva chiesto di intervenire e, a quel punto, ha varato un nuovo provvedimento, diverso da quello in prima lettura, che il Capo dello Stato ha promulgato, sancendo in questo modo che la nuova versione era assolutamente aderente ai princìpi costituzionali, perché altrimenti, trattandosi di un nuovo testo, non era impedito nella Facoltà di rispedirlo ulteriormente al mittente qualora il nuovo testo non avesse soddisfatto le indicazioni giunte nel messaggio motivato.

Ciò non consente ad alcuno di dire che la riforma dell'ordinamento giudiziario oggi vigente è in contrasto con i princìpi della Costituzione. Perché la maggioranza ha fatto propria questa tesi? Lo spiega bene in quello stesso articolo il dottor Caselli, che conclude, un po' sibillino nei confronti del Governo e della maggioranza parlamentare, dicendo che se la riforma Castelli non verrà sospesa e poi smantellata - ed è importante la citazione - «c'è il rischio - magari inconsapevole - di ritrovarsi in un'altra compagnia (quella di Licio Gelli) e potrebbe suonare - paradossalmente - un po' come darla vinta al "venerabile" piduista». Dunque abbiamo così preavvisato il ministro Mastella e tutti coloro che nella maggioranza hanno qualche perplessità, che di lì a poco, se non ottempereranno a questi diktat, saranno tacciati di essere - come dire? - piduisti di ritorno? Piduisti di seconda fila? Piduisti inconsapevoli? Comunque piduisti. Saranno cioè demonizzati come coloro che vogliono sovvertire l'ordine costituzionale, mentre ci troviamo di fatto in una sovversione dell'ordine costituzionale da parte dell'ordine giudiziario e della sua espressione associata, che si chiama Associazione nazionale magistrati, con i suoi documenti ufficiali che bisognerebbe sottoporre a qualche autorità, se esistesse una autorità indipendente in questo Paese in tale ambito.

Ma non basterebbe il tempo che abbiamo a disposizione in questo dibattito, signor Presidente, colleghi, per analizzare quello che è il perverso intreccio che c'è stato tra parte della magistratura e parte della politica, la sinistra segnatamente, ed è quello che provoca questa soggezione che il Governo vuole imporre al Parlamento nei confronti della magistratura. Meglio di me potrebbero spiegarlo due colleghi che fanno parte di quest'Aula, che purtroppo non vedo, che sono i senatori Andreotti e Mannino, i quali hanno subito e sono stati vittima di quel perverso intreccio tra parte della magistratura e parte della politica.

Il Ministro ha cercato in qualche misura di non rimanere ostaggio, di non restare stritolato in questa morsa e ha tentato di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte in questi mesi. Ad esempio, il 7 agosto ha disposto, per accontentare l'Associazione nazionale magistrati che lo chiedeva da tempo, che la citazione dell'articolo 101 della Costituzione («La giustizia è amministrata in nome del popolo») fosse rimossa dalle aule di giustizia. Abbiamo avuto cioè una contestazione da parte della magistratura perché una frase, che apre un articolo della Costituzione, era stata posta come massima cui attenersi nelle aule della giustizia italiana.

E poi sarebbe la riforma Castelli, quella che noi abbiamo approvato, ad essere al di fuori o contro la Costituzione? O non è contro e fuori la Costituzione questa parte della magistratura, che è arrivata fino a voler cancellare una massima di norma costituzionale dalle Aule di giustizia? Ed è assolutamente scandaloso che in questo il Ministro si sia assoggettato, tentando forse di placare l'animo, che ovviamente non è stato placato, di una magistratura che cerca una rivalsa politica contro le riforme e contro una parte politica che quelle riforme aveva proposto al corpo elettorale, aveva avuto un mandato per realizzarle e le aveva realizzate.

Ma per dare un colpo alla botte, il Ministro ha, ad esempio, nominato a presiedere la Commissione per la riforma del codice penale l'avvocato Giuliano Pisapia, già membro del Parlamento, esponente del Partito di Rifondazione Comunista, che, peraltro, prima delle elezioni del 9 e 10 aprile, era stato candidato a Ministro della giustizia dell'eventuale futuro Governo dell'Unione.

L'avvocato e onorevole Pisapia, a proposito della riforma dell'ordinamento giudiziario, aveva pronunziato una frase che voglio riportare in questo dibattito e che mi sento totalmente di sottoscrivere. Egli ha affermato: «La Casa delle Libertà aveva proposto la separazione delle carriere nel suo programma elettorale nel 2001 e poi non l'ha realizzata nella sua riforma». E' vero: è stata una mancanza, abbiamo fatto meno di quanto ci eravamo impegnati a fare con gli elettori.

«Nel programma presentato dal centro-sinistra» - continua Pisapia - «proponiamo una più netta separazione delle funzioni in modo da evitare che possa svolgere la funzione di giudice chi qualche mese prima aveva fatto il Pm nello stesso tribunale e nella stessa aula di giustizia».

Dobbiamo pensare che forse per queste parole Giuliano Pisapia non sia ministro di questo Governo? Vogliamo pensare che ci sia stato un veto per avere lui pronunciato tali frasi e che perciò il Ministro abbia potuto dargli solo la Presidenza di una Commissione per la revisione del codice penale? Non vorrei crederlo ma tutto lascia pensare che sia così. Questo perché, signor Presidente, voi, Governo e maggioranza, siete subalterni e sottostate al ricatto della Associazione nazionale magistrati e della sua costante azione di insurrezione politica.

Il ministro Mastella che durante l'estate si era prodigato nell'affermare di cercare il dialogo, di volere emendare in parte la riforma Castelli, di non volere abolirla tutta e nel ribadire che anche l'opposizione doveva contribuire a emendarla, dopo qualche intervista giornalistica di carattere generale ha dovuto fare marcia indietro. Egli ha dovuto dire che per il Governo devono essere cambiate le norme sull'organizzazione delle procure, sulle carriere, sulla formazione professionale e sui procedimenti disciplinari. Cosa resti dell'ordinamento Castelli non è dato sapere. Infatti, se si cambiano questi elementi, che ne sono i pilastri, si cambia tutto. Ciò vuole dire che la pressione e il ricatto dell'ANM hanno funzionato anche in questo caso. Eppure da parte nostra non era giunta una preclusione a un proficuo rapporto con la maggioranza e il Governo anche, eventualmente, per correggere la riforma.

Ricordo la nostra proposta di rinviare di sei mesi l'entrata in vigore dell'ultimo decreto attuativo, relativo alla separazione delle funzioni e che deve appunto entrare in vigore il 28 ottobre. Noi proponevamo di discuterne in questi sei mesi e di giungere ad un accordo su emendamenti all'ordinamento tali da soddisfare sia l'una che l'altra parte politica. Evidentemente, questa proposta è stata rigettata totalmente dal Governo perché al Governo non c'è il ministro Mastella ma, probabilmente, ci sono il dottor Gennaro o il dottor Rossi, rispettivamente il Presidente ed il segretario dell'ANM.

Purtroppo, con questo dibattito, a cui siamo oggi rimasti in pochi a partecipare e che avrebbe dovuto invece essere più appassionante e coinvolgente, andiamo verso un'abrogazione di fatto della riforma ordinamentale. Ha ragione l'ex ministro Castelli a sostenere che oggi la magistratura deve ripristinare il suo potere sul Parlamento e sull'Esecutivo. Egli ha aggiunto che questa è la vera partita e che la sua legge è solo la causa occasionale.

Signor Presidente, se questa è la vera partita, che il Parlamento abbia almeno un sussulto di dignità, di quella dignità che il Governo non dimostra affatto di avere. Infatti, se il provvedimento che oggi discutiamo sarà approvato non sarà soltanto sospesa una riforma, che in qualche misura è fatto grave ed eccezionale, ma ancora una volta il Parlamento, i rappresentanti della sovranità popolare avranno piegato la loro testa sotto i colpi prepotenti, e aggiungo, extra legem della casta dei magistrati costituitasi ancora una volta in un partito fuori dalle regole e contro la Costituzione. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Baccini. Ne ha facoltà.

BACCINI (UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, prendere la parola in un dibattito così importante è sempre un momento di grande rilievo, che contribuisce a mio parere a formare, anche a livello parlamentare, quel senso comune di idee, di progetti e di obiettivi da raggiungere.

Ho ascoltato con grande attenzione l'intervento del ministro Mastella. Credo che nelle sue considerazioni si possano riscontrare note meritevoli e indicative di una buona volontà nel proporre ipotesi di riforma, che però nella sostanza mostrano anche tutti i limiti di questa volontà, di questa buona proposizione. Il ministro Mastella non è riuscito a chiarire nel suo intervento la questione principale su cui si basa tutto il nostro ragionamento e i nostri interventi al fine di non rendere inutile questa discussione e cioè se si tratta di una sospensione o di un'abrogazione dell'iniziativa dell'ex ministro Castelli.

Questo credo sia il nodo sul quale dobbiamo porre la dovuta attenzione. Se si tratta di una sospensione, probabilmente, oltre a dei problemi organizzativi credo vi siano problemi anche costituzionali. Come si fa a sospendere una legge che deve entrare in vigore da subito per garantire la funzionalità di un servizio importante per il nostro Paese?

In più occasioni abbiamo avuto modo di affermare durante il dibattito, lo ha fatto soprattutto il nostro presidente di Gruppo, il senatore D'Onofrio, la disponibilità del nostro partito a discutere di un'ipotesi di revisione della legge. Se si intendeva rivedere la legge alla luce anche dell'esperienza, allora c'era da parte nostra la disponibilità a entrare nel vivo del provvedimento e a discutere di questioni importanti senza sospenderne l'efficacia. Ciò significava affrontare in tempo reale un dibattito, preparare un'attività emendativa e valutare le questioni che anche questa Camera avrebbe potuto sollevare, per poi incidere direttamente sul provvedimento con un'ipotesi di revisione.

Invece, il ministro Mastella credo non abbia avuto la possibilità di dare questo tipo di garanzie sui punti che abbiamo posto. Quindi, ci è parsa evidente la linea di una maggioranza che non ha voluto aprire alle grandi riforme cercando il consenso parlamentare (da non porre in termini contrari e negativi ma da contrapporre in termini propositivi anche agli altri poteri ed organi dello Stato, come la magistratura e il Consiglio superiore della magistratura), in modo tale da cogliere l'occasione per conseguire il maggiore consenso possibile per una riforma che mettesse al centro della discussione politica la diversità e l'autonomia dei poteri dello Stato.

Ho ascoltato dai colleghi che probabilmente su questi temi occorrerà proporre un dibattito culturale per valutare se l'attività del legislatore nel nostro Paese su queste materie, sulla giustizia in particolare, debba subire un'influenza costante da parte di una corporazione della magistratura oppure se il Parlamento, sovrano perché espressione della rappresentanza popolare, debba ascoltare, e, perché no, anche concertare, alcuni passaggi importanti per poi decidere nella sua piena autonomia, preso atto dei problemi e tenuto conto anche delle difficoltà di chi opera tutti i giorni nella trincea della giustizia, per garantire al nostro Paese quel livello di legalità di cui credo abbia bisogno.

Davanti a queste nostre osservazioni ci siamo trovati di fronte ad una disponibilità a parole, nei fatti non abbiamo però riscontrato da parte del Ministro, del Governo e anche della maggioranza la disponibilità a discutere e ad entrare nel vivo degli articoli e delle proposte.

Allora, a questo proposito, cari colleghi, credo che dovremmo prendere spunto non tanto dalla fase tecnica. Infatti, se questo Parlamento, se questa legislatura, nella fase delle riforme, potesse caratterizzarsi con una convinzione, con un valore superiore alla gestione quotidiana che sembra preferire la maggioranza (una gestione quotidiana che a mio parere non porta da nessuna parte), con una politica di ampio respiro, sul risanamento economico, sulle riforme, sulla legge elettorale, cioè sulla revisione delle regole e sulla ristrutturazione della politica in generale, potremmo trovare delle sinergie perché gli interessi non sono di una maggioranza o di una opposizione ma sono del Paese.

Il nostro senso di difesa delle istituzioni, di responsabilità politica - in politica estera lo abbiamo dimostrato in più occasioni - la nostra coerenza sono la garanzia che la nostra volontà non è quella di incidere sulla sopravvivenza più o meno lunga di questa maggioranza, ma di affermare, ancora una volta qualora ce ne fosse bisogno, che davanti agli interessi generali del Paese, la nostra disponibilità è autentica. Davanti a questo noi ci ritroviamo prigionieri in un bipolarismo che da politico è diventato per blocchi elettorali, dove le esigenze delle estreme, delle corporazioni, degli interessi di parte, prevalgono sull'interesse generale.

Ecco, senatore Brutti e amici del Governo, io credo che questa sia stata un'occasione mancata. Ci sarà tempo e altre occasioni, però porre un problema come l'abrogazione di una legge di questo Paese, dopo che è stata offerta ampia disponibilità da parte di molte forze politiche a discutere nel merito, mi sembra un atto di debolezza, un'abdicazione dal ruolo di legislatore che poteva, in questo caso, essere un'occasione.

Dunque sono convinto, e concludo cari amici perché non penso che questo sia il contesto per entrare negli aspetti più tecnici, che si parli e si richieda un voto che non ritengo opportuno in questo momento storico. Il collega Castelli, tra l'altro, nel suo intervento, aveva dichiarato la sua disponibilità a entrare nel merito: se la maggioranza ritiene che vi sia qualcosa da cambiare lo dica e ci si può confrontare.

Noi abbiamo posto il problema della separazione delle carriere: si tratta di problemi che vanno affrontati non a colpi di maggioranza ma convergendo con una comune volontà, anche da parte dei magistrati, per migliorare il servizio nel nostro Paese. Certo non possiamo consentire che ci siano invasioni di campo, signor Presidente. Invasione di campo significa che, quando il Parlamento discute, non ci possono essere interferenze così forti.

A questo proposito vorrei richiamare l'attenzione e anche l'autorevolezza di questa Camera e del Parlamento nel suo complesso per cercare di volare un po' più alto: anziché fare i rappresentanti dei legittimi interessi di alcune importanti corporazioni, si deve portare avanti l'interesse generale che passa anche per un principio e un valore: il rispetto della sovranità popolare e comunque l'importante esercizio legislativo del Parlamento italiano.

In conclusione, signor Presidente, credo che abbiamo perso un'occasione straordinaria. Attendiamo anche le dichiarazioni del Governo e ci riserviamo, ovviamente, di fare ulteriori valutazioni, se da parte del Governo stesso ci saranno indicazioni di disponibilità ad entrare nel concreto della revisione e della modifica della legge Castelli. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e dei senatori Stracquadanio e Fluttero).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malan. Ne ha facoltà.

MALAN (FI). Signor Presidente, il disegno di legge che stiamo esaminando ha come obiettivo principale, nel sospendere la riforma dell'ordinamento giudiziario approvata dal Parlamento nella scorsa legislatura, dopo un lungo iter e dopo un rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica, la sospensione della norma che finalmente introduce la separazione delle funzioni dei magistrati.

Noi peraltro avremmo voluto la separazione delle carriere, questo era nel nostro programma nel 2001.

Siamo sempre invitati a guardare a quel che succede all'estero e nel resto dell'Europa - così impropriamente chiamata - della quale facciamo parte; se ci adeguassimo a quanto accade nella maggior parte degli altri Paesi, dovremmo andare verso la separazione delle carriere. Siamo almeno riusciti ad approvare la separazione delle funzioni dei magistrati in modo da impedire un'eccessiva contiguità tra coloro che sostengono l'accusa e coloro che devono giudicare se ha ragione l'accusa o la difesa, ovvero se ha ragione l'imputato.

Fino ad oggi vi è stata una contiguità tale per cui c'è spesso da dubitare che il giudice si senta veramente terzo e veramente equidistante - in tal caso il neologismo equivicino sarebbe da respingere - tra le parti. La separazione, che spesso viene richiesta e dovrebbe essere nelle cose - secondo un'antica dottrina della forma dello Stato - andrebbe quindi realizzata e dovrebbe sussistere non soltanto tra la magistratura inquirente e quella giudicante, ma anche tra la stessa magistratura, l'ordine giudiziario nel suo insieme e gli altri poteri.

Purtroppo, da quanto abbiamo sentito in questi giorni, mi riferisco in particolare all'intervento del senatore Stracquadanio, tale indipendenza viene vista a senso unico: viene cioè sottolineata da importanti organismi spontanei di magistrati, faccio riferimento all'Associazione nazionale magistrati, nei confronti di chiunque altro. Si rivendica, dunque, e giustamente, l'indipendenza della magistratura rispetto ad ogni altro potere, ma si dimentica che anche gli altri poteri, in quanto espressione della volontà popolare, gradirebbero di godere di una loro indipendenza.

Purtroppo, di fronte ai diktat che vengono dall'Associazione nazionale magistrati, o da altre associazioni di magistrati o da singoli magistrati, che però per il loro nome e, soprattutto, per il loro potere reale hanno di per sé una certa forza, mi pare che il potere legislativo si stia piegando all'ordine giudiziario. A volte, infatti, si parla di potere giudiziario, anche se la Costituzione non scrive «potere giudiziario» da nessuna parte, parlando, invece, di ordine giudiziario: ciò dovrebbe essere ricordato, mentre a volte lo si dimentica.

Qualche giorno fa c'è stata una sentenza della Cassazione nei confronti dell'onorevole Vittorio Sgarbi nella quale si è stabilito che è reato, e dunque è perseguibile, definire politica una sentenza, indipendentemente dal contenuto di essa: questa era la sentenza stessa della Cassazione sull'argomento. Per il fatto di insinuare che in una sentenza vi è un aspetto politico, una volontà politica, si può essere perseguiti sia penalmente sia civilmente. In altre parole, si può essere sia condannati alla reclusione o a sanzione pecuniaria, sia ad un risarcimento danni: naturalmente i danni sono morali, mentre il risarcimento è estremamente materiale e può essere costituito da decine, a volte da centinaia di milioni, ragionando in lire.

Ebbene, assistiamo perciò ad un'indipendenza asimmetrica: ovvero da una parte abbiamo certe associazioni di magistrati particolarmente attive nell'interessarsi al nostro lavoro di legislatori - e non so quanto attive nell'interessarsi al loro ruolo di magistrati, di giudici, di procuratori o a quello connesso alle altre funzioni previste dall'ordinamento giudiziario - mentre dall'altra parte il potere legislativo e l'Esecutivo, nei limiti della sua partecipazione alla funzione legislativa, si danno da fare per ottemperare a questi diktat, che vanno addirittura a sollecitare i tempi di approvazione delle norme.

Precedentemente il senatore Stracquadanio ha citato una precisa indicazione, che sollecitava l'approvazione del presente disegno di legge entro il 28 ottobre. Ho qui con me un comunicato stampa dell'Associazione nazionale magistrati del 3 agosto scorso, in cui l'Associazione stessa si è interessata persino al fatto che, nell'ultima settimana dei nostri lavori prima della pausa estiva, non si sia parlato del disegno di legge sulla sospensione degli effetti dell'ordinamento giudiziario, di cui oggi stiamo discutendo. È stata una scelta giudicata nel comunicato come incomprensibile e che si è risolta in un vero e proprio schiaffo alle ragioni, alle richieste, alle attese della magistratura. Dunque, ci troviamo addirittura di fronte ad un parere sulla formulazione del calendario.

Di fatto si è autocostituito un partito composto dai giudici che condividono una certa concezione della magistratura e costituito dunque da una parte della magistratura che è minoritaria nei fatti, ma maggioritaria in alcuni organi come l'Associazione nazionale magistrati.

Visto che questo partito - che si è costituito al di fuori della legge e della Costituzione e dunque contro la legge e la Costituzione - c'è, tanto vale convocarlo e farlo partecipare alla Conferenza dei Capigruppo, così che possa dettare direttamente, senza interporre altri soggetti, non soltanto il contenuto delle leggi che dobbiamo approvare, ma anche i tempi in cui dobbiamo farlo.

Presidenza del vice presidente CALDEROLI(ore 18,45)

 

(Segue MALAN). Va ricordato che l'ordine giudiziario non esprime in nessun modo la sovranità popolare, poiché nella magistratura si entra per concorso mentre in Parlamento si entra per elezione, per scelta del popolo, al quale in base al primo articolo della Costituzione, appartiene la sovranità.

È curiosa questa gelosia della separazione, che è una gelosia a senso unico. Ho menzionato la sentenza in cui l'onorevole Sgarbi è stato condannato per aver definito politica una sentenza: poi però notiamo che alcune associazioni di magistrati, in quanto tali, fanno politica e addirittura entrano nel merito dell'agenda dei lavori parlamentari. Ci sono poi delle prese di posizione più che esplicitamente politiche da parte delle associazioni dei magistrati. Andando a cercare quelli che definirei i recenti diktat, i proclami, le intimazioni dell'Associazione nazionale magistrati, nel sito Internet di questa associazione ho trovato giustamente i link alle varie componenti che ne fanno parte. Tra queste primeggia, credo anche per numero di consensi, ma comunque di certo per radicamento, Magistratura democratica.

Il programma di tale componente, come riportato in questa pubblicazione ufficiale, comprende tuttora una serie di punti programmatici che hanno anche una connotazione abbastanza politica. In essi si parla, in particolare, della protezione dei diritti degli immigrati e dei meno abbienti in una prospettiva di emancipazione sociale dei più deboli, del sostegno all'integrazione comunitaria ed europea - che non sapevo fosse una prerogativa dei magistrati - della difesa dell'indipendenza del potere giudiziario, sia nei confronti di ogni altro potere che di interessi particolari.

Una serie di punti, alcuni per la verità curiosamente attinenti alle funzioni dei magistrati, in cui si ribadisce con insistenza anche condivisibile, l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, sancita nel primo comma dell'articolo 104 della Costituzione.

Ciò che viene sempre dimenticato è l'articolo 101 che, guarda caso, è il primo articolo che riguarda la magistratura, e riporta che «La giustizia è amministrata in nome del popolo» (del quale, peraltro, bisognerebbe ricordarsi qualche volta), mentre al secondo comma recita che «I giudici sono soggetti soltanto alla legge». Allora la legge dovrebbe essere applicata. I giudici sono soltanto alla legge e a nessun altro. Non devono essere soggetti ad altri poteri, ma solo alla legge, mentre abbiamo assistito troppo spesso ad un uso della legge che viene applicata e disapplicata a seconda di ragionamenti politici. Io allora mi chiedo: se è reato definire politica una sentenza, non dovrebbe anche essere un reato definire contraria alla giustizia una legge? Non dovrebbe anche e soprattutto essere reato non applicare questa legge, magari farlo dichiaratamente, come a volte si trova in certi documenti fatti circolare da associazioni dei magistrati?

Lo stesso sito di Magistratura democratica riporta antichi documenti di questa associazione, nata nel lontano 1964, per poi fare un salto di qualche decennio arrivando ad epoche più recenti. Ci sono anche dei documenti interessantissimi risalenti a un periodo intermedio. Il 5 dicembre 1971 l'Assemblea nazionale di Magistratura democratica approvò una mozione che aveva delle frasi che sono forse un tantino politiche. Ad esempio questa: «...per la determinazione della linea politica della corrente vi è la convergenza su alcune acquisizioni fondamentali che si identificano nel riconoscimento: a) della caratteristica di classe della giustizia» - allora scopriamo che la giustizia è di classe per un'associazione di magistrati - «b) delle possibilità di fornire un contributo reale all'avanzamento del movimento popolare» (qui bisogna fare un po' di filologia perché nel 1971 per movimento popolare si intendeva sostanzialmente l'insieme della sinistra, che andava dal PCI fino alle frange collocate ancora più a sinistra le quali hanno anche intrapreso attività non più politiche, ma di altro tipo) «anche attraverso una nuova politica della giustizia» e, sempre in questa mozione approvata da Magistratura democratica, «c) che i problemi giudiziari non devono essere ridotti a meri problemi tecnici..., ma devono essere portati all'interno di tutto il movimento» (il "movimento popolare" del punto b) per «avviare un processo di riappropriazione popolare dei temi della giustizia». Nella mozione si legge anche che bisogna rendere «funzionale alle esigenze di eguaglianza, partecipazione sociale, economica e politica delle classi lavoratrici» la «teoria e la prassi giudiziaria(...) attraverso la utilizzazione di tutte le contraddizioni del sistema democratico, non per mediarlo» (il sistema democratico, è scritto) «al fine di una razionalizzazione del sistema, ma per valorizzare gli elementi che possono portare al superamento del sistema stesso».

Questo non è il proclama di qualche folle, di qualche singolo, ma è una mozione approvata da un'associazione che mi pare ha oggi il 25 per cento dei consensi nelle elezioni per gli organi della magistratura e che all'epoca credo avesse un sostegno, forse un po' inferiore, ma comunque importante. L'Assemblea (non Vittorio Sgarbi, che all'epoca credo non avesse l'età per prendere posizione su questi temi) dichiarò che «per l'attuazione delle linee politiche» (sono loro a dirlo) «l'azione» (sempre della magistratura) «deve svolgersi sia all'interno che all'esterno dell'ordine giudiziario attraverso(...) la ricerca di collegamenti con tutte le forze politiche, tradizionali e non, della sinistra». Quanto alle forze tradizionali, ci si riferisce al Partito comunista e ad altri antichi partiti, mentre le forze non tradizionali in quegli anni stavano per accingersi ad attività di cui poi la magistratura ha dovuto interessarsi perché erano un tantino al di fuori della legge.

Il 4 aprile 1973 l'Assemblea nazionale di Magistratura democratica approvò una risoluzione in cui si indicava la necessità di costruire «un rapporto costante e articolato con le forze politiche e sindacali della sinistra(...) che consenta di ricercare(...) obiettivi politici(...) in un quadro strategico unitario inteso a battere il disegno reazionario e di ristrutturazione neocapitalista». Devo dire che questo vecchio armamentario vetero-marxista credevo fosse scomparso negli anni Settanta, mentre con questa legislatura ho imparato che ancora c'è, sentendolo a volte riecheggiare in quest'Aula dai banchi della sinistra.

Si tratta di un'operazione che credevo fosse di archeologia del linguaggio, invece si tratta di archeologia ancora viva. Un documento del 1973 sosteneva la necessità di «un impegno globale di Magistratura democratica per un crescente allargamento dei consensi all'interno e all'esterno della magistratura sulle linee sopra indicate»

Nello stesso numero del giornale "Magistratura democratica", che riportava doverosamente questo documento ufficiale dell'Associazione, vi è un articolo di Pierluigi Onorato, un magistrato che ha scritto moltissime sentenze nella sua carriera, alcune delle quali riguardanti persone che oggi sono nostri colleghi in Parlamento. Nel suddetto articolo Onorato sosteneva «l'esigenza sempre più avvertita all'interno e all'esterno del mondo giudiziario» che «questa frangia di magistrati democratici superi la fase della testimonianza per innescare un processo politico che investa tutta l'istituzione e assuma un valore per tutto il movimento», ossia il movimento prima menzionato, che era sostanzialmente l'insieme della sinistra.

E ancora: «Il momento presente impone a tutti una crescita politica, cioè il superamento dello spontaneismo». Basta quindi andare ciascuno per conto proprio, magari facendo sentenza in nome della legge. Pierluigi Onorato fa riferimento inoltre alla «continua preoccupazione delle implicazioni strategiche dei propri comportamenti: in una parola un approccio politico».

Continua il magistrato: una «vera crescita politica doverosa per tutti è invece non riprodurre la separazione tra la sfera sociale e quella istituzionale, che porterebbe ai quadri democratici della magistratura a recuperare e difendere i valori della professionalità senza uno stretto legame col movimento. Occorre cementare nessi profondi tra movimento democratico» - cioè la sinistra - «e magistratura. È necessario approfondire rigorosamente i contenuti dell'azione politica perché siano sempre sorretti da una lucida consapevolezza strategica e verificati sulla base di questa».

Successivamente egli propone delle «mosse per far avanzare il fronte di lotta delle classi lavoratrici verso trincee finora riservate al nemico di classe».

Alla luce di tutto ciò, ritengo che se esiste qualcosa che possa limitare la possibilità di alcuni magistrati di fare politica con le loro sentenze - e spero che quanto rimane dell'articolo 68 della Costituzione sia sufficiente a proteggere ciò che sto dicendo da azioni di magistrati - se si può fare qualcosa per limitare quest'uso, che considero spudorato ed esplicito, della magistratura per fare politica, credo che dovremmo davvero fare di tutto perché ciò avvenga. Nella scorsa legislatura l'abbiamo fatto; avremmo voluto fare di più, ma la riforma che oggi si vuole sospendere faceva grandi passi in questa direzione.

Mi domando come si faccia ad affrontare serenamente un processo se si sa che un magistrato, giudice o inquirente (può succedere che sia l'uno, l'altro o anche tutti e due), considera magari non l'imputato, ma qualcuno che potrebbe essere non lontano dall'imputato, un nemico di classe, sostenendo ciò da magistrato e non da militante politico, che peraltro sarebbe augurabile non avvenisse.

Magistrati - il collega Stracquadanio in precedenza ne ha citato uno - che hanno una frequenza alle "Feste dell'Unità", anche in Comuni con 3.000-4.000 abitanti, difficilmente poi hanno molto tempo da riservare all'attività di magistrato, per non parlare della serenità e dell'equanimità necessaria.

Allora credo che dovremmo andare avanti, senza sospendere la separazione delle funzioni, ed auspicare che vi sia anche una separazione tra l'ordinamento giudiziario e il potere politico. I magistrati, quando svolgono la loro attività, si occupino di giustizia e possibilmente non facciano politica. Se poi essi decidono di entrare in politica, si limitino a fare politica senza voler fare i magistrati una volta entrati in politica: questo sarebbe un passo avanti molto importante. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Divella. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Casson. Ne ha facoltà.

CASSON (Ulivo). Signor Presidente del Senato, onorevoli senatori, una premessa innanzitutto perché c'è da rimanere veramente allibiti ogni qual volta l'uno o l'altro esponente dell'opposizione interviene in Aula mettendo fortemente in discussione il ruolo e le decisioni dei senatori a vita. Poiché anche la settimana scorsa si sono ripetutamente verificati interventi di tal genere anche in occasione del voto sulla sospensione dei decreti legislativi in materia di ordinamento giudiziario, ritengo di dover dire due parole pur convinto che i senatori a vita non abbiano certo bisogno di difesa d'ufficio. Peraltro, soltanto due parole perché la semplice lettura della Sezione I del Titolo I della Parte II della nostra Costituzione fuga qualsiasi dubbio. I senatori a vita fanno parte a pieno titolo del Senato. In quanto membri del Parlamento rappresentano anch'essi la Nazione - articolo 67 - ed esercitano la loro funzione senza vincoli di mandato. Questo dice la nostra Costituzione, questa è la nostra Costituzione!

Se non si è d'accordo esistono mezzi, strumenti e vie per modificarla. Che vengano presentati nuovi disegni di legge in materia e se ne discuterà, ma fino ad allora, fino all'approvazione e all'entrata in vigore di nuove norme, sarebbe il caso di smetterla con polemiche inutili, sterili, che vogliono essere soltanto propagandistiche o al limite dell'intimidazione, di smetterla di dire, come fa il senatore Schifani, sbagliando in diritto e in fatto, che l'allora Presidente della Repubblica, oggi senatore a vita, letteralmente votò quel testo e oggi si troverebbe, chissà per quale motivo poi, in situazione di conflitto.

Vengo ora all'oggetto specifico del disegno di legge n. 635. Sono d'accordo con il senatore e presidente Francesco Cossiga quando dice che bisogna distinguere tra Associazione nazionale magistrati e magistratura. Ha ragione. Commentavo questa affermazione già in sede di Commissione giustizia. Sono due entità distinte, ma a noi sta a cuore non l'Associazione nazionale magistrati, ma la magistratura come organo costituzionale, sta a cuore l'efficienza e l'efficacia dell'attività giudiziaria.

Èper questo motivo che, per tutelare la magistratura e quindi noi stessi in quanto cittadini - tutti i cittadini - bisogna impedire che mantengano la loro efficacia questi tre decreti legislativi, causa di confusione, di caos, di rischi di blocco dell'attività di organi costituzionali come il CSM, come denunciato pubblicamente dall'attuale vice presidente del Consiglio superiore della magistratura.

Viene posta di sovente anche in quest'Aula una domanda. Ma è utile sospendere tutto? In questa situazione giuridica di fatto la risposta non può che essere positiva per due ordini di motivi. In primo luogo, perché si possono determinare situazioni immodificabili, irreversibili, in materia di concorsi, di carriera, di azioni disciplinari, di interventi autoritari dei capi delle procure, in materia di separazione di funzioni e, in secondo luogo, perché è in corso di presentazione un nuovo testo, sia da parte del Ministro della giustizia, come annunciato in Aula, sia da parte del Gruppo L'Ulivo, come segnalato più volte anche in sede di Commissione giustizia.

Per quanto concerne ancorail primo ordine di motivi, va risposto che plurimi sono gli effetti - sarebbe da aggiungere ovviamente - già prodotti dai tre decreti per i quali si chiede la sospensione, innanzitutto con riferimento al primo dei tre da sospendere, il decreto legislativo n. 106, relativo alla rigida gerarchizzazione degli uffici del pubblico ministero.

Varibadito che sono entrate in vigore norme che si pongono decisamente in contrasto con la nostra Carta costituzionale. Il primo e principale vulnus alla nostra Costituzione è generato proprio dalla dizione letterale dell'articolo 1, lì dove il procuratore della Repubblica viene definito letteralmente titolare esclusivo dell'azione penale. E gli articoli 112 e 104della Costituzione? Il primo prevede che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale e ogni sostituto procuratore è un pubblico ministero, un magistrato autonomo e indipendente, il quale dunque autonomamente deve avere la titolarità dell'azione penale. L'articolo 104 poi definisce la magistratura un ordine autonomo e indipendente e quindi ogni magistrato è autonomo ed indipendente.

Il vulnus costituzionale introdotto sulla questione dalla controriforma Castelli già produce i suoi effetti ogni giorno, in ogni procura della Repubblica in materia di assegnazione di fascicoli, di gestione delle indagini e della polizia giudiziaria. E qui il decreto legislativo n. 106 si scontra con un'altra norma di rango costituzionale, l'articolo 109, che dispone che l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Quindi, ogni singolo magistrato di una procura può disporre dell'autorità giudiziaria. Ma se il titolare esclusivo dell'azione penale è il procuratore della Repubblica, allora ricordo come non io peraltro, ma un senatore esponente della Lega, il senatore Davico, in Aula la settimana scorsa, abbia parlato letteralmente di capi ufficio non all'altezza del compito. E in questi casi, per qualsiasi motivo si possano verificare (di età, di salute, di incapacità o anche indolenza), è evidente il danno gravissimo che si può arrecare ad indagini complesse e delicate come, peraltro, già in sede di Commissione di giustizia ricordavo, citando fatti concreti e specifici, e come benissimo ha ricordato in Aula il senatore D'Ambrosio.

Non dimentichiamo poi un aspetto fondamentale dell'intera questione: il nostro sistema giudiziario è un modello di potere diffuso; modello che appare il più idoneo per una democrazia moderna come la nostra, che prevede delicati meccanismi nell'equilibrio tra i vari poteri dello Stato ed anche all'interno di questi stessi poteri.

Quanto agli altri due decreti che vogliamo sospendere, nn. 109 e 160, sono ancora più evidenti i danni gravi ed irreparabili che si possono verificare proprio perché si parla di un decreto in materia di concorsi, di progressione in carriera, di scelta obbligatoria immediata con una scadenza di qui a poco tra funzione requirente e funzione giudicante; materie, queste, per le quali ogni intervento può essere di pregiudizio grave e non riparabile.

Si parla poi di un decreto attinente alla sfera disciplinare. Anche qui si comprende benissimo come, se entrano in vigore, come lo sono entrate, norme sbagliate o addirittura pericolose, venga attinta la sfera professionale e personale del magistrato, che da norme sbagliate o pericolose può ricevere danni gravissimi. Pensiamo, oltre che alla reputazione, alla sospensione dal servizio, al trasferimento, alla rimozione.

È ovvio come esistano margini di discussione, come non tutte le norme entrate in vigore siano sbagliate. Da qui deriva la nostra dichiarata disponibilità al dialogo e al confronto. Il fatto è però che, nonostante siano pressoché pronte le nostre proposte di legge in materia, bisogna decidere nell'immediato per questa fase transitoria, a proposito della quale sono state sollevate dall'opposizione diverse perplessità, tanto da far dire al senatore Valentino che ci troveremmo di fronte ad un vuoto normativo. Non mi nascondo che, se il disegno di legge del Governo fosse rimasto nella sua formulazione originale, si sarebbero creati dei problemi proprio per la fase transitoria.

Il Governo, però, è intervenuto sul punto con l'emendamento 4.0.600, che vuole introdurre l'articolo 4-bis, volto proprio a regolamentare il regime transitorio. Ora, che la scelta tecnica adottata non sia la migliore mi pare forse indubitabile. Di qui a parlare di mostruosità giuridica, però, ce ne corre, in quanto la formulazione letterale dell'articolo 4-bis, proposto dal Governo, è chiara e precisa: da una parte, il comma 2, secondo cui sono fatti salvi gli effetti prodotti e le situazioni esaurite nel vigore dei decreti legislativi che vogliamo ora sospendere; dall'altra, la parte iniziale dell'articolo, il comma 1, parla di un sistema di norme - che viene specificamente indicato - che continua ad applicarsi. Sono forse espressioni non felici, se vogliamo, ma molto chiare e, comunque, di facile interpretazione ed applicazione.

In conclusione, ribadita la nostra volontà di lavorare assieme all'opposizione per far funzionare in maniera efficace ed efficiente il pianeta giustizia, anche attraverso la riforma dell'ordinamento giudiziario, ritengo comprensibile, logica ed inevitabile la nostra volontà di regolamentare da subito e con urgenza la fase transitoria, annullando gli effetti deleteri della controriforma Castelli e quindi sospendendo i tre decreti oggetto della nostra discussione.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Manzione. Ne ha facoltà.

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, ho sostenuto più volte in Commissione che avrei voluto svolgere il mio intervento alla presenza del ministro Mastella.

 

SALVI (Ulivo). Non c'è nemmeno il Sottosegretario!

 

MANZIONE (Ulivo). Prendo atto del fatto che non era presente neanche il Sottosegretario che sta entrando in questo momento. Va bene, l'ha detto il mio Presidente!

PRESIDENTE. È presente il Sottosegretario, lo posso testimoniare. Si era nascosto per indurvi in errore!

 

SALVI (Ulivo). Ci vorrebbe il Ministro!

 

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, ho deciso di svolgere questo breve intervento sulla proposta di sospensione dei decreti legislativi relativi all'ordinamento giudiziario perché avverto la necessità personale di lasciare agli atti la traccia di un dissenso rispetto alla proposta formulata dal Ministro della giustizia.

Nessuno potrà mai, in quest'Aula, mettere in discussione la qualità e la fermezza dell'atteggiamento di forte opposizione che nella scorsa legislatura mettemmo in campo contro la proposta di riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dell'ex ministro Castelli e portata avanti con arroganza da tutta la Casa delle Libertà, in Aula ed in Commissione (dove, anche in quel caso, il collega Calvi era ciarliero e dava fastidio come in questo momento).

In Aula ed in Commissione, abbiamo fatto di tutto per impedire uno scempio ed un uso strumentale dei mezzi legislativi, piegati alla necessità di mettere in campo una prova muscolare che servisse a ridurre l'indipendenza della magistratura e a limitare, attraverso il sistema incrociato dei concorsi e delle opzioni, la funzionalità dell'apparato per determinare forme subdole di acquiescenza.

Abbiamo esultato di fronte al messaggio alle Camere del Capo dello Stato che richiamava il legislatore al rispetto di quei precetti costituzionali che sono il fondamento di uno Stato di diritto moderno e credibile, nella considerazione che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura costituiscono un patrimonio di garanzia complessivo del sistema che rappresenta un patrimonio comune a tutti i cittadini.

Ma oggi, signor Presidente, rispetto alla reiterata proposta di generalizzata sospensione di tutti e tre i decreti legislativi al nostro esame, non posso non rilevare che l'atteggiamento del Governo si appalesa debole ed ingiustificato. Il programma dell'Unione in materia di giustizia prevedeva un intervento puntuale al fine di rimuovere tutti gli aspetti in stridente contrasto con i principi costituzionali, ove necessario servendosi anche di provvedimenti di sospensione.

La correzione, l'intervento puntuale, signor Presidente, era la regola; la sospensione era l'eccezione. Adesso, invece, la sospensione incondizionata diventa la regola generalizzata da attuare, limitandosi alla sterile e ripetuta enunciazione delle eventuali modifiche da apportare non si sa quando, non si sa dove. Se questa è la foto realistica della situazione, preferisco non partecipare ad un'operazione che considero ingiusta ed inopportuna per il Paese.

 

DIVELLA (AN). Bene!

 

MANZIONE (Ulivo). Grazie per il commento.

Ma come? Quando si è deciso di tentare una prima regolamentazione delle professioni, si è scelta la strada del decreto-legge, scontrandosi con tutti gli ordini, ed ora che si potrebbe intervenire su almeno due dei tre decreti, ritoccandoli, che cosa facciamo? Ne sospendiamo l'efficacia e creiamo un sistema monco ed inapplicabile, ancor più permeato dall'incertezza e dalla precarietà.

Sul punto, una prima preliminare considerazione s'impone: l'entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della legge delega incide in modo di per sé irreversibile sulla disciplina previgente. La sospensione dell'efficacia di tali decreti - si ribadisce - una volta che sono tutti già entrati in vigore non comporta alcuna automatica reviviscenza delle disposizioni che regolavano la materia anteriormente alla riforma operata nella XIV legislatura. È questo un punto che deve essere affrontato, perché determinerà una situazione di incertezza che il Paese non merita.

Ma andiamo per gradi. Nella relazione che accompagna il cosiddetto disegno di legge Mastella è scritto che la reale motivazione - riassumo - per cui occorre immediatamente procedere alla sospensione è che, diversamente, entreranno in vigore decreti attuativi che avrebbero bisogno di un organismo di gestione - il riferimento è al CSM - nel pieno delle sue funzioni e che invece troverebbero un CSM debilitato e probabilmente debilitato ancor più dal fatto che per l'elezione della componente laica chissà quanto tempo sarebbe stato necessario. Si è verificato esattamente il contrario. Il CSM è stato eletto immediatamente, anche la componente laica è stata immediatamente e in una sola votazione eletta a rappresentare interessi generali del Paese. E allora, la motivazione della sospensione dove è?

Se volessimo essere ancora più fiscali, nell'analisi tecnica normativa legata al decreto è specificato che «la concreta operatività dei decreti dipende dall'operatività del Consiglio superiore della magistratura. Da ciò la necessità del presente intervento normativo volto a sospendere l'efficacia dei decreti legislativi sopraindicati, in modo che la loro operatività coincida con la costituzione dell'organo di autogoverno». Per rendere operativo il sistema occorre che l'operatività dei decreti legislativi coincida - lo dice il Governo - con la costituzione dell'organo di autogoverno.

Allora, se queste sono le motivazioni che enuncia il Ministro, sottese al provvedimento, resto veramente perplesso, perché non riesco a rinvenire la necessità di questo tipo di intervento.

Veniamo, allora, al merito. Appare incontestabile la complessità di un intervento correttivo in merito al decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, perché tutta la parte relativa alle procedure concorsuali, alle opzioni e all'accesso rappresenta un autentico vulnus, insuperabile rispetto all'indipendenza della magistratura.

Rispetto a questo decreto, quindi, riconosco - come ho già fatto in Commissione - che occorrerà riscriverlo tutto, non apparendo assolutamente condivisibile la scelta operata dalla precedente maggioranza. Questo per me è dunque l'unico decreto legislativo rispetto al quale il provvedimento di sospensione potrebbe trovare effettivamente una motivazione accettabile. Ma rispetto agli altri due? Rispetto al decreto n. 106 del 2006, relativo alla riorganizzazione dell'ufficio della procura, o al decreto n. 109 del 2006, che reca la normativa sugli illeciti disciplinari, quali sono le reali motivazioni che ci hanno impedito un intervento puntuale? Non riesco a comprenderlo, se è vero, come è vero, che già intervenendo in sede di illustrazione del suo programma di Governo lo stesso ministro Mastella si preoccupava di delimitare le correzioni e le modifiche che avremmo dovuto apportare.

Non voglio leggere il Resoconto stenografico, ma ricordo a me stesso che, per quanto riguarda il decreto n. 106 del 2006, si ragionava del modello organizzativo che in qualche modo doveva essere considerato anche dal CSM e ci fu un coro quasi unanime che concordava con il Ministro, così come la previsione di revocare l'affidamento dell'incarico giudiziario dell'indagine al pubblico ministero non poteva che essere motivata e l'eventuale revoca non poteva che essere sottoposta al CSM. Tutti d'accordo. Allora, quattro mesi fa, l'ho ribadito in Commissione e ora le proposte di modifica dove sono?

Per quanto riguarda la normativa sugli illeciti disciplinari, già allora il ministro Mastella precisò, intervenendo in Commissione (ed era la prima uscita di questo Guardasigilli), che sicuramente occorreva intervenire sulla tipizzazione. Siamo perfettamente d'accordo. Vi era il problema dell'obbligatorietà della azione disciplinare, che andava contemperata prevedendo la possibilità in capo al procuratore generale di disporre una forma di archiviazione. Eravamo e restiamo tutti d'accordo. Le proposte di modifica dove sono?

Tutte le critiche puntuali, condivisibili non sono state assolutamente previste, non sono state assolutamente predisposte, benché - l'ho detto e lo ribadisco - molti dei componenti della Commissione nell'ascoltarlo condividessero e io personalmente mi permisi di esprimere concretamente quella posizione. Tutto inutile. Così come inutilmente ho riproposto la mia posizione, anche intervenendo successivamente in Commissione nel merito del provvedimento.

L'ordine - mi spiace dirlo - era di blindare ogni cosa, anche la possibilità di emendare nel merito, ricorrendo a un'interpretazione, che personalmente considero abnorme, di un articolo del nostro Regolamento.

Rispetto a questo contesto, un parlamentare dell'Ulivo è libero di dire che non condivide tale impostazione, sì o no? È libero di dire che questa sembra essere una controriforma debole e pasticciata, che corre il rischio di produrre maggiori incertezze e precarietà? Posso ricordare a me stesso che molto spesso le sospensioni diventano rinvii sine die? Posso rammentare a me stesso che la prima proposta di regolamentazione del disciplinare dei magistrati è stata presentata dal ministro Darida, anno domini 1982 (eravamo nell'VIII legislatura), seguita dalla proposta di legge del ministro Martinazzoli nella IX, dal disegno di legge Vassalli nella X, riproposta dallo stesso Vassalli nell'XI, con un disegno di legge che venne approvato dalla Camera, ripresa ancora da Mancuso nella XII e da Flick nella XIII?

Posso ricordare a me stesso che sono venticinque anni che discutiamo del disciplinare dei magistrati e non riusciamo ad approvare uno straccio di norma che possa essere messa in campo? (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Polledri). Lo posso ricordare a me stesso, rivendicando la capacità di rivisitare storicamente le Aule di questo Palazzo, che non possono parlare se non quando noi diamo loro voce, come in questo caso?

È chiaro che il sospetto che viene a qualcuno, che su alcune materie sia meglio non intervenire, che non si possa intervenire, comincia a diventare un sospetto che si materializza e personalmente vorrei scacciare questo cattivo pensiero, ma penso che non sarà possibile.

Posso ricordare a me stesso, ad esempio, che la Bicamerale presieduta da Massimo D'Alema, nella XIII legislatura, propose un testo del novellato articolo 123 della Costituzione che iniziava prevedendo che «L'azione disciplinare è obbligatoria»? Perché allora sì e adesso ci spaventiamo della previsione di obbligatorietà dell'azione disciplinare? Non lo so, continuo a chiederlo.

Posso ricordare a me stesso che la sentenza n. 52 del 1976 della Corte costituzionale prevede la compatibilità di modelli di organizzazione gerarchica delle procure, chiaramente ragionando sul modello di un'altra norma?

Ed allora, considerando conclusivamente che il ministro Mastella è venuto a precisare in Aula, all'inizio di questa discussione, che le sue ipotesi di modifica per i decreti nn. 106 e 109 restano sostanzialmente le stesse che aveva già illustrato in Commissione, ritengo di non poter condividere una tale impostazione e manifesterò il mio dissenso in modo chiaro e leale, avendo già ribadito - e tengo a precisarlo - tale mia posizione sia al Gruppo, sia al Presidente del Senato. Dissenso che esprimo - lo voglio dire chiaramente, in conclusione - anche rispetto alla proposta di strani organismi paralleli (Comitati ristretti tra maggioranza e opposizione) che dovrebbero riunirsi non si capisce come e dove, che offendono le istituzioni parlamentari che prevedono le Aule delle Commissioni e delle Camere per affrontare i percorsi legislativi. Le leggi si fanno in Parlamento: vi chiedo di non rinunciare a discutere, vi chiedo di poter esprimere chiaramente la mia posizione critica. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Ziccone. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Polledri. Ne ha facoltà.

POLLEDRI (LNP). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, signor rappresentante del Governo, certo quest'ultimo intervento suona un altro spartito rispetto a quello del senatore Casson, sicuramente anche come vivacità. Infatti, ascoltando il collega Casson mi veniva un dubbio sulla data del Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi: probabilmente, signor Presidente, non è avvenuto nel Cinquecento, ma avviene oggi nelle procure, come abbiamo ascoltato, e il capo dei Lanzichenecchi, probabilmente, è tale ministro Castelli. Infatti, molti giudici, signor Presidente, sono approdati in quest'Aula e propongo di considerarli rifugiati politici, di riconoscere loro il diritto d'asilo: apriamo un centro di primo soccorso temporaneo qui, anziché a Lampedusa.

 

PRESIDENTE. L'articolo 68 vale per tutti, indipendentemente dalla professione precedente.

 

POLLEDRI (LNP). Questo clima apocalittico viene probabilmente smentito.

Siamo nel Paese dei paradossi. Abbiamo affrontato quest'estate l'emergenza nelle carceri con una velocità invidiabile, come provvedimento legislativo: l'indulto. Forse qualche giudice poteva alzarsi e ricordare il lavoro dei giudici e la loro professionalità, tutto quel lavoro svolto (istruttorie e quant'altro) che in qualche modo veniva sicuramente messo da parte. Ora, però, che dobbiamo dare una risposta ad una categoria, anzi ad un intero settore, quello della giustizia, che non comprende solamente i magistrati, contenti di questo provvedimento, ma anche gli avvocati, scontenti come abbiamo sentito poc'anzi, i cancellieri, gli operatori e - ricordiamo - anche i cittadini, cosa rispondiamo? Che l'efficacia delle disposizioni è sospesa fino al luglio 2007, come abbiamo ascoltato.

E nel mentre? La giustizia, continua a zoppicare, i cittadini non ottengono la certezza del diritto e, insomma, tiriamo a campare anche con questo provvedimento.

Si sono citati i senatori a vita; un grande senatore a vita disse che non c'è niente che non si possa rimandare, in questo Paese, come minimo a domani o a dopodomani. Ebbene, noi rimandiamo questo fino al luglio 2007.

Si dice che occorre la riorganizzazione di interi settori dell'apparato giudiziario. Bene, perché non farla oggi? Rinviamo l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero e la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, come abbiamo sentito poc'anzi.

La disciplina delle relative sanzioni, della procedura per la loro applicabilità, nonché la modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati? Rinviata. La nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché la materia della progressione economica e di funzione dei magistrati? Rinviata.

Certo, a qualcuno fanno comodo questi rinvii. E' una cambiale che questa maggioranza paga all'Associazione nazionale magistrati. E' vero e reale quello che dice anche l'ex presidente Cossiga. Chi invece vuole accedere alla magistratura e svolgere il proprio lavoro con onestà, senso del dovere e rispetto dei princìpi costituzionali dovrà aspettare.

Dobbiamo essere onesti, con noi stessi prima di tutto e, nel limite del possibile, sgomberare il campo dall'ipocrisia. La lobby dei magistrati - ci consentano di chiamarla come tale - esiste, lo sappiamo, e non ha assolutamente piacere che si intervenga con nuove regole trasparenti, legate all'efficienza e alla produttività, con meccanismi che vanno a premiare giudici onesti, professionisti (e siamo convinti che siano la maggioranza), magistrati che svolgono il proprio lavoro.

Avete preso una posizione con il decreto Bersani. Si era detto che bisognava intervenire sulle posizioni di rendita, e allora addosso ai tassisti romani, salvo poi fare retromarcia, qualche slalom e tornare indietro. Abbiamo sentito esponenti sinceri di questa maggioranza, quali ad esempio il presidente Salvi, intervenire in tema di privilegi della classe politica proponendo una riduzione degli stipendi e del numero dei consiglieri, anche di quartiere. In quel caso vale un intento ed un afflato riformatore e di efficienza; in questo, assolutamente no.

Qual è dunque il vero punto di partenza? Cosa chiede il cittadino allo Stato in materia di giustizia? Processi in tempo ragionevole; giudici competenti, autonomi, indipendenti, formati e consapevoli anche dei propri limiti (basta con questo senso di onnipotenza); criteri precisi per l'accesso in magistratura e per le carriere; l'eliminazione della confusione nei ruoli (la separazione delle carriere c'è ovunque, in tutta Europa); garanzie per tutelare i diritti di tutti.

Per quanto riguarda l'accesso alla magistratura, ci si è lamentati della proposta di fare una valutazione psichiatrica. Signori, la valutazione psichiatrica la fa chi ha il brevetto per le caldaie, la fanno i cacciatori, i vigili del fuoco e altri ancora. Pensiamo che tutti costoro siano meno incisivi sul futuro dei cittadini di un magistrato? Noi crediamo che anche questa sia una professione come tante altre che richiede, quanto meno, garanzie per il cittadino. La valutazione psichiatrica non è dunque qualcosa di offensivo, a meno di dire che sia offensiva per i cacciatori e per chi, addirittura, regola le caldaie dei nostri condomini.

Nei testi di cui si propone il rinvio è enunciato un importante principio: il magistrato esercita le funzioni con imparzialità, con correttezza, con diligenza, con laboriosità, con riserbo ed equilibrio. Egli rispetta la dignità della persona nell'esercizio delle funzioni, ma noi, invece, rinviamo.

E riguardo agli illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni? Lasciamo perdere. Senza pensare poi ai rapporti con gli organi di informazione. La riorganizzazione delle procure segue la linea di un miglioramento fondamentale della giustizia in uno dei suoi aspetti fondamentali, con il procuratore capo unico titolare dell'azione penale e unico a poter avere rapporti diretti con i mass media. Eviteremmo, a mio giudizio, quelle esternazioni che in questi anni hanno invelenito il clima politico del Paese.

Vogliamo magistrati professionisti, vogliamo valorizzare il loro lavoro e la loro capacità e questo risultato può essere raggiunto attraverso una precisa disposizione, come quella contenuta in uno dei decreti, che disciplini la progressione nelle funzioni. L'avanzamento in carriera dei magistrati non solo per anzianità, ma anche per meriti e concorso (non un è un concetto solamente di destra o liberista, ma è un concetto ormai entrato nella mentalità di tutti, anche e soprattutto di qualcuno di sinistra) farà sì che presto faranno carriera i migliori magistrati in circolazione, con particolare riferimento alle giovani leve, e questo non potrà che far bene alla giustizia.

La sinistra di tutto questo cosa vuol fare? Rinvia. La sinistra non ha oggi il coraggio di esprimere una posizione forte perché non può dire di no all'Associazione nazionale magistrati.

Rimane un ultimo aspetto: il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti. Da più parti viene detto che una separazione delle carriere non è di per sé segno di mancanza di democrazia e autonomia della magistratura. Allora, a giudizio della Lega Nord, occorre non rinviarla, ma rinforzarla e iniziare un nuovo e stimolante iter per tutti. La formazione dei giudici e dei pubblici ministeri oggi, nel 2006, deve essere diversa, perché i compiti sono diversi, così come la loro inclinazione professionale. Chi ha avuto compiti di indagine non può trovarsi in un attimo a passare a competenze giudicanti e viceversa. Dobbiamo abbandonare la difesa dei benefici dello status quo.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Lello Finuoli. Ne ha facoltà.

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, non mi dilungherò, poiché l'ora è tarda e di molte cose abbiamo già ragionato anche in Commissione.

Come Gruppo di Rifondazione Comunista siamo favorevolissimi alla sospensione, proprio perché i tre decreti e tutta la riforma dell'ordinamento giudiziario del centro‑destra avevano scardinato l'impianto costituzionale che in questo nostro Paese e con questa Costituzione democratica costruiva una figura di giudice liberale terzo e indipendente, ovviamente speculare e anzi strumentale al principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Pertanto, non si poteva rispettare il principio di uguaglianza in assenza di un giudice terzo soggetto anch'esso alla legge e non alla gerarchia, soggetto a un regime indipendente, strumentale anche proprio alla sua indipendenza.

Quindi, l'indipendenza del corpo giudiziario come garanzia anche dell'indipendenza del singolo giudice. Un giudice che non essendo soggetto alla gerarchia potesse giudicare secondo legge, realizzando quel principio che abbiamo più volte definito del potere diffuso.

I Costituenti non avevano un punto di riferimento, specialmente non lo avevano nelle ideologie dell'epoca. Uscivamo da una dittatura molto feroce e quindi si voleva un giudice non soggetto al Governo e al Ministero, un giudice forse funzionario, che però non fosse soggetto all'Esecutivo ed al Ministero di grazia e giustizia. Ma il Costituente non aveva nemmeno come punto di riferimento un giudice ideologizzato che potesse rispondere ad un'idea di sinistra, perché allora l'idea di legalità della sinistra, almeno in campo internazionale, era quella di una legalità socialista che aveva poco di socialismo e niente di legalità.

Secondo me, quindi, quello designato dalla Costituzione è un giudice liberale, funzionale, nella sua indipendenza, all'indipendenza di tutti gli altri cittadini.

La riforma Castelli ha quanto meno indebolito questo impianto e quindi è logico che noi aderiamo alla sua sospensione. Non vi è dubbio, però, che adesso dobbiamo pensare a cosa fare subito dopo perché il nostro impegno, sia del Gruppo di Rifondazione che di tutta l'Unione, è che dopo la sospensione si passi immediatamente ad una fase, per così dire, costituente, di una riforma organica dell'ordinamento giudiziario che certamente può salvare anche alcune parti della riforma Castelli.

Penso innanzitutto, e lo dico subito al rappresentante del Governo, alla riforma della normativa sulla disciplina dei magistrati, cioè sulla responsabilità disciplinare. Sono decenni che i magistrati invocano un codice disciplinare; però, così come realizzato dalla riforma Castelli, si tratta di una norma disciplinare molto vaga che non tipicizza, perché quando si tipicizza si costruiscono casi precisi. Invece, quello delineato dalla riforma è un giudice che dovrebbe essere attento ad essere, ad apparire, che dovrebbe stare attento ad essere equilibrato e tanti altri aggettivi per i quali scatterebbero ipotesi disciplinari e a causa dei quali un giudice molto accorto potrebbe solo scegliere il percorso da casa all'ufficio e dall'ufficio a casa, proprio per evitare drammi ulteriori.

Non vi è dubbio, comunque, che una volta stabilito un codice rigido, tipicizzato, l'azione disciplinare deve essere obbligatoria: ci sarebbe una illogicità tra una disciplina rigida e una facoltatività dell'azione disciplinare; ovviamente vanno tolti tutti i poteri ai delegati del Governo e si può immaginare anche un potere di archiviazione per le denunce infondate. Questo è tanto più facile quanto più ci sia una tipicizzazione vera.

Per quanto riguarda la separazione delle carriere (e concludo, perché sugli altri argomenti discuteremo al momento della riforma), credo si imponga una rigida distinzione delle funzioni. Certo, la riforma Castelli impedisce qualsiasi vera osmosi tra giudicante e requirente; però, non vi è dubbio che non si può neanche consentire il caos attuale per cui il giudizio di professionalità per il passaggio da una funzione all'altra è quasi sempre basato sulla carriera, sull'età del magistrato che aspira ad un'altra posizione. E non vi è dubbio che non è plausibile che un giudice cominci nella stessa sede, specialmente se di corte d'appello, prima facendo il giudice per le indagini preliminari, poi passi a fare il sostituto, poi il capo dei gip, poi da capo dei gip magari diventi procuratore della Repubblica e poi presidente del tribunale e poi ancora procuratore generale e infine primo presidente. È veramente un tratto che ci distingue, questo sì, dagli altri ordinamenti giudiziari.

Quindi, una rigida distinzione, con un passaggio che deve essere motivato non attraverso questi esami e questa farraginosità, ma attraverso un esame serio ed una valutazione seria da parte del CSM.

Tali funzioni, inoltre, vanno esercitate in altro distretto, anzi direi in altra Regione. Infatti, alcune Regioni hanno quattro distretti (come la Sicilia, ad esempio, dove si trovano i distretti di Palermo, Messina, Catania e Caltanissetta) all'interno dei quali il giudice si muove liberamente. Pertanto, sarebbe sbagliato ipotizzare una distinzione di funzioni solo al di fuori di un distretto e non al di fuori della Regione.

In ogni caso, ripeto, sarei anche favorevole, in linea di massima, ad una separazione delle carriere, come accade nel resto dell'Europa; non c'è dubbio, infatti, che in alcuni Paesi la giustizia funzioni meglio, però dobbiamo storicizzare l'ordinamento giudiziario del nostro Paese, che ha avuto fasi di incrostazione di potere ventennale, poi quarantennale. Pertanto, è sbagliato ipotizzare un ordinamento giudiziario con un corpo di pubblici ministeri appaltati ad un Governo che rimane sempre lo stesso per venti, trenta o quarant'anni.

Credo quindi che la distinzione rigida delle funzioni sia una scelta oculata e per essa ci batteremo, ma adesso dobbiamo sospendere, innanzitutto, l'efficacia delle disposizioni dei tre decreti legislativi in materia. Successivamente, potremo passare ad una riforma che sia, questa volta, la più condivisa possibile. In caso contrario, infatti, si riverserebbe sulla società un malessere, una tensione tra magistrati e avvocati tale da generare conflitti che andrebbero a discapito del cittadino che si troverebbe schiacciato da questa morsa e più indifeso. Noi, invece, dobbiamo essere un Parlamento che, pur essendo attento sia ai desideri dei magistrati, sia ai desideri delle Camere penali, non si faccia però schiacciare da questa morsa, ma abbia di mira soprattutto i diritti dei cittadini.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Buccico. Ne ha facoltà.

BUCCICO (AN). Signor Presidente, circoscriverò in poco tempo le ragioni del dissenso mio e del Gruppo di Alleanza Nazionale rispetto a questo disegno di legge recante «Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario».

Non sono stato mai un fanatico fautore dell'ordinamento giudiziario così come prospettato dalla legge Castelli: avevo riconosciuto in quella legge alcune ispirazioni positive, ma ritengo che la strada della ragionevolezza avrebbe dovuto essere ampiamente seguita.

In effetti, la giustizia diventa ancora terreno di scontro e questa volta - lo dobbiamo riconoscere - per esclusiva responsabilità della maggioranza che ha scelto la strada dell'estremizzazione. Infatti, invocare la sospensione di leggi vigenti nel nostro Paese con lo scenario dei conflitti intertemporali che sono dietro l'angolo - e che non sono assolutamente facili - significa determinare un'obiettiva situazione di scontro.

La giustizia, l'ho detto tante volte, è terreno sul quale le convergenze dovrebbero essere le più ampie possibili, perché essa non riguarda né i magistrati, né gli avvocati, ma essenzialmente i cittadini: la giustizia è una necessità delle società.

Ho ascoltato con molto interesse l'intervento del senatore Manzione, il quale, però, mi ha ricordato - considerando l'analogo atteggiamento da lui avuto in occasione del decreto Bersani - quei soldati di Franceschiello che facevano la faccia feroce, ma poi si glorificavano in ritirate maestose.

Vorrei sapere se alle parole trucide che egli ha dedicato alla maggioranza alla quale organicamente appartiene, parlando di progetto debole e non giustificato, farà seguire un atteggiamento coerente con la dichiarazione di voto. Se invece farà seguire un atteggiamento di incoerenza, come ha già fatto in occasione della conversione del decreto Bersani, il collega Manzione avrà soltanto dato vita a una di quelle «battagliucce da intellettuali della Magna Grecia», che caratterizzano la vita politica dei rappresentanti campani: mi riferisco a una celebre querelle che vide come antagonisti Gianni Agnelli e il presidente Ciriaco De Mita.

Nel mio breve intervento voglio fornire un'interpretazione in chiave storica del motivo per cui, dal 1941 ad oggi, non siamo riusciti a modificare l'ordinamento giudiziario. È un dato di fatto obiettivo: sono stati elaborati molti progetti e li conosciamo tutti. Il senatore Calvi sa bene, per la vita professionale che entrambi abbiamo dedicato all'attività forense, che tali progetti sono stati da noi seguiti in maniera certosina, nella speranza di modificare una normativa che risale al 1941. Una legge fascista, sopravvissuta, nonostante la transitorietà delle norme, al 1948 - anno di entrata vigore della Costituzione repubblicana - al 1955 - anno di insediamento della Corte costituzionale - e all'alluvione delle leggi che si ponevano, naturalmente, in contrasto logico con quell'apparato normativo, che risentiva di una concezione dello Stato in cui gli organi degli avvocati - lo dico per fare piacere al ministro Bersani - non esistevano, ma esistevano i sindacati degli avvocati e le libertà erano naturalmente compresse.

Ho notato che quanto si è verificato deriva dal fatto che, in un certo periodo della vita del Paese, la magistratura ha registrato un'espansione del proprio potere, tale che qualcuno ha potuto affermare che l'ordine avesse tracimato in un vero e proprio potere, non di contestazione, ma di interlocuzione - anche legittima - sui temi della giustizia. Ma sapete quando si è avuta la vera svolta in materia? Quando la magistratura ha portato il suo peso all'interno del Consiglio superiore della magistratura e lo ha caricato di funzioni, di oneri, di attività che non gli competono automaticamente, che trovano la loro genesi nell'ordinamento giudiziario, ma che permettono alla magistratura delle correnti, attraverso il Consiglio superiore, di esercitare un controllo terribile.

Voglio fare due esempi, perché altrimenti non si possono capire i problemi. Un primo esempio dimostra come il controllo viene esercitato sulla vita dei magistrati in maniera addirittura totalizzante: ricordo che non c'è stata mai nessuna volontà di decentrare queste attività minori del Consiglio superiore della magistratura. Se oggi un magistrato si trova a dover chiedere un giorno di malattia, lo può fare, ma la sua richiesta documentale dev'essere ratificata dal Consiglio superiore della magistratura, che costituisce un occhio vigile sulla vita dei magistrati.

Un altro esempio clamoroso dell'ingerenza fortissima che ha avuto il Consiglio superiore della magistratura lo possiamo notare a proposito del passaggio dalla funzione requirente alla giudicante e da quella giudicante alla requirente. Chi andasse a vedere l'applicazione, nel corso degli ultimi venti anni, dell'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario - che è l'articolo filtro in base al quale il Consiglio superiore della magistratura, sulla base del parere dei consigli giudiziari, deve determinare la capacità e la possibilità di un magistrato di passare dalla funzione giudicante a quella requirente - si renderebbe conto che si è trattato di un passaggio automatico e deresponsabilizzato.

Questa è la verità: tali prassi distorsive hanno creato, qualche volta anche in maniera aggressivamente tumorale, il potere della magistratura delle correnti, che ha finito per parlamentarizzare il Consiglio superiore della magistratura. Questa mia critica è ormai accettata in maniera unanime. La mia non è una critica datata o persino antistorica, come alcune di quelle che pure ho sentito proporre in quest'Aula da alcuni senatori che appartengono latu sensu alla mia stessa parte politica, vale a dire non ad Alleanza Nazionale ma al più ampio schieramento di centro-destra.

Questa è la verità sacrosanta, perché le prassi distorsive sono diventate tali quando il nodo della responsabilità politica, come dicono gli studiosi delle istituzioni, è stato trasferito all'interno del Consiglio superiore della magistratura, che è diventato l'arbitro non solo della vita dei magistrati, ma della vita della politica giudiziaria del nostro Paese.

Questo è un dato di fatto. Per la mia permanenza negli ultimi quattro anni al Consiglio superiore magistratura e per averne presieduto la sezione disciplinare, ho sperimentato di persona quanto in quest'asserzione vi sia di storicamente vero e controllabile.

Le considerazioni che intendo svolgere riguardano il Ministro, l'Associazione nazionale magistrati e l'attuale vice presidente del Consiglio superiore della magistratura (non come persona, ovviamente, ma come titolo funzionale), perché sia il Ministro, sia l'Associazione nazionale magistrati, sia Mancino, sono entrati in maniera pesante in questo dibattito e per certi versi lo hanno condizionato o tendono a condizionarlo.

Il Ministro ha giocato di fioretto perché è venuto qui, è stato volatile ed ubiquo, saltellante ed ecumenico, perché ha detto tutto e il contrario di tutto (in ciò non si sbaglia mai). Negli ultimi giorni, c'è stato un qualche allontanamento nel linguaggio perifrastico del Ministro da questo atteggiamento culturale, dall'opulento arcaico ceppalonico ed è stato quando si è trovato d'accordo con il ministro Di Pietro.

 

SALVI (Ulivo). La fase è stata brevissima.

 

BUCCICO (AN). È stata brevissima, però il linguaggio è espressivo di mentalità, di toni, di umori e anche di cultura. Il Ministro ha utilizzato il ceppalonico arcaico quando ha detto: qui ci vogliono fottere. Il linguaggio veste e sagoma perfettamente alcune espressioni del nostro Ministro.

Il Ministro ci ha teso la mano più volte proponendo l'istituzione di un comitato ristretto. Le obiezioni sono venute, a cominciare da quella del senatore Valentino (che ha parlato all'inizio della seduta); avremmo potuto incontrarci prima, come hanno detto tutti e come continuiamo a dire ancora adesso. Ma, di fronte ad un problema importante come quello della giustizia, ogni marginalità temporale può essere sfruttata e quindi noi ci auguriamo, per quelle voci che aleggiano nei corridoi e che si sentono anche in quest'Aula così vuota ma così significativamente piena di contenuti e di concetti, che domani mattina, nel corso dell'esame degli emendamenti, qualche spiraglio possa aprire la strada, non a trattative o ad incontri, ma a possibilità di rendere più ragionevole ed unitario, e quindi più serio, il discorso sulla giustizia e l'intervento legislativo che ci si appresta ad operare.

Se non dovesse prevalere questa logica della unitarietà, noi avremmo tutto il diritto di dire (proprio mentre si accampano all'orizzonte questi conflitti intertemporali che poggiano - lo dico con molto rispetto, ascolto sempre tutti con rispetto; penso a quello che ha detto il collega Casson - su diritti, maturati in questi mesi, che tradizionalmente noi giuristi di provincia definiamo diritti quesiti, e che creeranno gravissimi problemi, che hanno creato già discriminazioni, differenze, gerarchie diseguali e che porteranno a un contenzioso terribile in sede amministrativa e forse anche di fronte al giudice delle leggi) che, ancora una volta, il Ministro ha fatto riferimento alla vecchia cosmetica, al vecchio armamentario che viene geneticamente dall'imprinting della sua vita e della sua passione politica. Noi ci auguriamo che ciò non sia e che domani possa esserci uno spiraglio di discussione e di dibattito più ampio.

Ho sentito tuonare contro l'Associazione nazionale magistrati. Voglio subito dire che nell'avvocatura sono considerato un amico dei magistrati e non me ne vergogno. C'è solo una cosa che i magistrati non debbono fare: sbandierare l'imparzialità, l'indipendenza e l'autonomia come un loro segno distintivo quasi castale, perché l'autonomia, l'imparzialità e l'indipendenza dei magistrati sono un bene di ogni società civile e di ogni democrazia. Siamo noi ad esigere che nei magistrati prevalga l'autonomia, l'indipendenza e l'imparzialità, senza quelle distinzioni celestiali fra imparzialità apparente e imparzialità sostanziale, perché l'imparzialità è una e basta: non esistono queste distinzioni; l'ho potuto verificare e sperimentare proprio presiedendo la sezione disciplinare del CSM.

Non mi scandalizzo che l'Associazione nazionale magistrati rivendichi un ruolo di interlocuzione, perché è un soggetto né indifferente, né neutrale: non dev'essere un soggetto belligerante, la differenza è tutta qui. Fin quando interloquisce con tutte le armi della dialettica, senza scadere nell'ultimatum e nella intimidazione dialettica siamo perfettamente d'accordo. L'ultimo documento approvato l'altro ieri dall'Associazione nazionale magistrati e l'ultima dichiarazione che Giuseppe Gennaro, presidente della stessa, ha reso tracciano però simbolicamente una linea temporale gotica invalicabile: se entro il 28 ottobre non dovesse passare questa legge, loro sarebbero costretti allo sciopero. A parte questa simbologia delle date che mi crea qualche imbarazzo dal punto di vista estetico, anche per le mie appartenenze politiche (il 28 ottobre nella storia d'Italia ha significato qualcosa), lo stabilire date così ferme e fare affermazioni di questo genere mi sembra sia un metodo che non possa e non debba essere condiviso.

Qual è il problema? Ho sentito prima - credo fosse il collega Casson - far riferimento al fatto che non si può - l'ha sostenuto anche il collega Di Lello Finuoli - pensare al sistema di concorsi come ad un sistema che necessariamente debba migliorare la qualità professionale. Sì, forse molti concorsi non servono, lo riconosco con molta onestà ed obiettività. Ma perché si è arrivati a questo? Voglio dirlo con grande sincerità. Non condivido quanto l'attuale componente del Consiglio superiore della magistratura, ed abituale notista de «l'Unità», il consigliere Livio Pepino, scrive da tempo, ossia che questa riforma vorrebbe determinare giudici su misura ed omogenei. A mio parere, gli unici giudici omogenei che ho conosciuto nel corso della mia esperienza diretta, sono quelli che escono dal sistema delle valutazioni di professionalità del vecchio Consiglio superiore della magistratura.

Su questo punto siamo tutti d'accordo, perché, se parlo singolarmente con i magistrati, loro si dichiarano d'accordo con me: sono state queste prassi distorsive - lo ripeto ancora - a determinare una situazione tale da far ritenere che soltanto l'omogeneizzazione esclusivista e corporativa dei magistrati possa e debba essere premiata.

Leggete la letteratura pedissequa, omologa, rituale, testuale contenuta nei verbali dei consigli giudiziari e vi renderete conto che la promozione all'interno del Consiglio superiore della magistratura diventa un fatto automatico. Sapete che coloro che sono bloccati nelle funzioni e non passano alle funzioni superiori rappresentano meno dello 0,1 per cento? Si tratta veramente di una situazione che non può essere ulteriormente tollerata.

Abbiamo bisogno, quindi, di maggiore qualità, perché l'accesso è indiscriminato e si basa ancora sul vecchio concorso, così come si faceva trenta o quarant'anni fa, e non vi è stato nessun aggiornamento vero. Battersi contro la Scuola superiore della magistratura, ad esempio, significa battersi contro una delle poche idee ispiratrici positive degli ultimi anni. Dobbiamo porci invece nel filone e nell'alveo delle grandi scuole di formazione dei pubblici dipendenti e dei magistrati, come in Francia con la scuola di Bordeaux, la Grande École della pubblica amministrazione francese. In questo modo il Paese va avanti, ma se continuiamo ad avere il respiro corto del circolo vizioso delle appartenenze, non potremo determinare condizioni di miglioramento.

In conclusione del mio intervento, vorrei ricordare le dichiarazioni del vice presidente Mancino, riguardanti la sezione disciplinare del CSM, perché ho ascoltato affermazioni non vere che non possono essere condivise. Mancino ha lanciato un allarme chiedendo di stare attenti a far entrare in vigore la legge sull'ordinamento giudiziario, perché la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ne sarebbe paralizzata (anche se successivamente ha aggiunto altro). Nella primissima dichiarazione vi è un codicillo molto serio cui ha fatto riferimento Mancino. Tale codicillo poi è scomparso, edulcorato nelle ulteriori dichiarazioni, perché, avendoci vissuto, sa bene qual è la logica delle correnti che esercitano il loro peso in maniera molto forte.

Egli ha sostenuto che si potrebbe pensare anche ad organismi giudicanti esterni. Si tratta di una vecchia idea di Luciano Violante, che trovò isolati su questa posizione lo stesso Violante e me stesso, in qualità di presidente nazionale degli avvocati. Si pensava ad un organismo nel quale potessero confluire le altissime competenze di ex presidenti della Corte costituzionale o di altre personalità per dare quel segno di terzietà che l'articolo 111 della Costituzione, sulla scia dell'articolo 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo, approvata in Europa, determinava.

Avanzo pertanto il seguente ragionamento: dal 1980 al 2000 i procedimenti disciplinari a carico dei magistrati sono stati meno di 1.800. Vi è una sopravvenienza annua di circa 150 procedimenti. Il presidente Mancino afferma che i procedimenti disciplinari saranno mille. Io non credo che si raggiungerà tale cifra, ma, anche se così dovesse essere, la legge attuale ci dà la possibilità, con interventi additivi che provengono dall'interpretazione corretta delle decisioni della Corte costituzionale, di creare più sezioni disciplinari all'interno dello stesso Consiglio superiore della magistratura. Ma essi non sono e non possono essere mille nella maniera più assolata, anche se (lo affermo con molto rispetto per la stima che nutro verso il collega Di Lello Finuoli) penso che un'archiviazione per manifesta infondatezza sia possibile anche allo stato attuale, pure in mancanza, ancora oggi, di una norma prevista. Sono convinto che questo sia possibile, anche perché la tipizzazione alla quale si è fatto riferimento è un'ipotesi impropria, non è una tipizzazione che può essere paragonata a quella esistente nel codice penale. Si tratta di una tipizzazione frutto di una comparazione mimetica degli approdi giurisprudenziali ai quali è pervenuto il Consiglio superiore della magistratura negli ultimi trenta o quarant'anni. È un timido approccio con la tipizzazione.

Ma faccio un altro discorso. Ammettiamo che siano mille i processi sopravvenienti. A maggior ragione deve entrare immediatamente in vigore la parte relativa al procedimento disciplinare. Se sino ad oggi i processi sono 150 e da domani diventano 1.000 - è un dilemma che mi pongo - il problema non è l'opzione tra obbligatorietà o facoltatività, ma tra obbligatorietà e casualità, fra obbligatorietà e arbitrarietà. Se oggi sono 150 e domani si dovesse arrivare a mille processi (un numero spropositato per un corpo sociale di meno di novemila magistrati), ciò significherebbe che oggi si procede arbitrariamente, con grande discrezionalità, con la possibilità di gravissimi errori e con la possibilità di colpire chi dev'essere colpito e chi non dev'essere colpito e dunque che, a maggior ragione, quella parte deve entrare in vigore. Questa è la verità sacrosanta e penso di aver dato nel corso della mia esperienza presidenziale esempi di distacco da queste vicende e dalla loro genesi.

Perché tutti i giuristi ritengono che l'articolo 112 della Costituzione, ancorché nell'esperienza quotidiana rappresenti un simulacro, dal momento che molti reati non vengono perseguiti nelle procure italiane, debba essere mantenuto nel nostro ordinamento? Perché determina le condizioni di eguaglianza fra i cittadini. I magistrati che non voglio essere considerati cittadini dimezzati debbono ritenersi cittadini come gli altri. Questa è una norma di civiltà che deve entrare immediatamente in vigore e vi sono rimedi per porvi riparo. Sono convinto che, perlomeno sotto questo profilo, la battaglia sia perfettamente giusta.

Mi spiace che non siano presenti i senatori a vita, perché sul particolare aspetto dell'obbligatorietà dell'azione penale (all'articolo 112 della Costituzione) e del pendant dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare e dell'uguaglianza dei cittadini e dei magistrati di fronte alla legge, avrei voluto richiamare la loro sensibilità ricordando un antico scritto di un liberale spesso dimenticato nel nostro Paese, Benedetto Croce, il quale, a proposito di certi atteggiamenti ambigui, scrisse un volumetto sull'estetica e l'etica. Qui c'entrano sia l'etica che l'estetica nell'opporsi ad un disegno di legge che vuole stabilire princìpi di uguaglianza e di civiltà.

Queste sono le ragioni sulle quali cresce il motivato dissenso mio e di Alleanza Nazionale. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ziccone. Ne ha facoltà.

ZICCONE (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, non era passato molto tempo dall'approvazione, nella passata legislatura, della riforma dell'ordinamento giudiziario che già nel Paese, durante la campagna elettorale e in tutte le occasioni, ne veniva preannunciata la cancellazione rapida, immediata, come primo atto della legislatura successiva, qualora il fronte opposto avesse vinto le elezioni. E questo la dice lunga sul significato reale del disegno di legge in esame, sulla sospensione degli effetti di alcuni dei decreti delegati, forse i più significativi, relativi alla riforma dell'ordinamento giudiziario.

E allora perché il Governo e la maggioranza, nel corso di numerosi interventi durante l'esame di questo disegno di legge, hanno sentito il bisogno di ribadire che non si trattava di spazzare via una riforma dell'ordinamento approvata nella precedente legislatura e da altra maggioranza, bensì della necessità di sospenderne gli effetti per le conseguenze gravi che l'immediata attuazione dei decreti delegati poteva comportare per la giustizia? Sono state fatte alcune affermazioni talmente ridicole e false da essere poi immediatamente messe da parte per sostituirle con le argomentazioni vere sottese a questo disegno di legge, cioè non permettere alla riforma dell'ordinamento giudiziario di entrare in vigore.

Ma per che cosa? Per un'altra riforma, per un suo perfezionamento, per una correzione di alcune sue norme o per la sua cancellazione per poi provvedere a data da destinarsi? Il dibattito ha messo purtroppo in evidenza che, se dovesse restare tale ed essere approvato il disegno di legge sulla sospensione, si determinerebbe di fatto la cancellazione di un provvedimento importante, approvato nella precedente legislatura. Questo è già un fatto gravissimo per la democrazia italiana e per il significato che assume il Parlamento nella democrazia italiana.

Poiché politicamente sostengo - ma non lo sostengo soltanto io, l'ha sostenuto il popolo italiano con il referendum, lo sostengono molti partiti della maggioranza e della minoranza dei vari schieramenti - che bipolarismo e alternanza siano due momenti reali della democrazia, ritengo che concepire l'alternanza e il bipolarismo come la cancellazione di tutto ciò che è stato fatto nei cinque anni precedenti sia forse la cosa più grave che si possa immaginare per distruggere la democrazia.

Figuratevi che cosa è e che cosa può essere di un Paese quando le energie politiche sono destinate alternativamente a distruggere tutto ciò che è stato fatto prima. Ciò non vuol dire di certo che una maggioranza diversa non avesse il diritto di rivedere una legge molto discussa e contrastata; anzi aveva forse il dovere di farlo, proprio perché aveva dichiarato, durante tutto l'iter della precedente approvazione della legge, la sua aperta contrarietà, ma non poteva e non doveva ipotizzare la cancellazione di una legge dello Stato, perché ciò significa - lo ripeto - cosa completamente diversa.

Questo mio pessimismo mi sembrò quasi allontanato dall'intervento che il ministro Mastella fece all'inizio di questa discussione, quando riprese la parola dopo la sua iniziale relazione; infatti, nel discorso del Ministro stranamente comparvero una serie di considerazioni che erano punti di favore rispetto alla riforma precedente. Mastella in quest'Aula - ho riletto, così come aveva invitato a fare il collega Brutti, il discorso dopo averlo sentito - in numerosi punti, sia pure con un po' di confusione, incertezza e contraddizioni, sosteneva di non annoverarsi tra quelli che vogliono distruggere questa riforma perché era convinto che alcune cose potessero essere salvate, anzi fossero opportune.

Stranamente poi questo stesso motivo è stato ripetuto in molti autorevoli interventi di componenti dell'attuale maggioranza: uno degli ultimi di quelli ascoltati è stato un discorso forse ancora più deciso di quanto sono stati quelli dell'attuale minoranza.

Perché allora non si dà il via all'invito rivoltoci dal Presidente della Repubblica e che si ripete continuamente? Perché, invece di attuare una sospensione di effetti, che significa fatalmente voler cancellare la riforma perché nei termini previsti non è possibile, dopo aver compiuto un atto così grave nei confronti dell'attuale minoranza, pensare di riprendere il discorso sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, non si dà il via a quello che tutti hanno dichiarato di voler fare e che l'attuale minoranza ha ripetuto in varie occasioni e in molti discorsi di questo dibattito? Perché non si deve sostanzialmente operare individuando quali sono i punti del dissenso e ragionare su di essi, per vedere in che misura la riforma dell'ordinamento giudiziario può essere corretta?

Avrei capito la posizione dell'attuale maggioranza se vi fosse stato da parte della minoranza, cioè da parte nostra, un arroccarsi su una legge varata dopo due anni di dibattito, se noi avessimo sostenuto che questa riforma era perfetta e non c'era motivo di cambiarla o discuterla. Ma vi abbiamo chiesto di spiegarci quali sono i punti sui quali ritenete opportuna una revisione, perché eventualmente potremmo discutere su di essi, su come e quando farli entrare in funzione e su come possono essere aggiustati ed adattati. Il rifiuto di dare un seguito a questo discorso, almeno fino a stasera, in base a quasi tutti gli interventi svolti dalla maggioranza, a mio avviso, è un gravissimo atto contro la democrazia e verso la possibilità di avere finalmente una riforma dell'ordinamento giudiziario con quel tipo di partecipazione che il Presidente della Repubblica ha ripetutamente richiesto.

Mi avvio dunque a concludere, perché non avevo e non ho nessuna intenzione di toccare i punti dell'ordinamento giudiziario, in quanto non credo che questa sia l'occasione per svolgere nuovamente un dibattito su chi era favorevole e chi era contrario alla riforma di tale materia. Allora, guardiamo avanti e non imbrogliamo gli italiani; almeno non imbrogliate - e lo dico alla maggioranza - gli italiani, ma dite la verità: se volete cancellare la riforma è perché siete eterogestiti e perché ritenete di esservi impegnati in tale direzione.

Ditelo: se ce la fate, cancellate la riforma; oppure, se invece dovesse essere sincero il discorso svolto dal ministro Mastella, ripreso da alcuni interventi, salviamo rapidamente quello che è giusto salvare della riforma. E qui componenti della maggioranza hanno addirittura parlato di forme ancora più serie e rigorose - com'è stato detto - di separazione delle funzioni. Ma perché, noi che cosa abbiamo fatto? Non abbiamo realizzato la separazione delle funzioni?

 

CALVI (Ulivo). No!

 

ZICCONE (FI). E allora che cosa abbiamo fatto?

 

CALVI (Ulivo). Un pasticcio.

 

ZICCONE (FI). Se avessimo fatto il cosiddetto pasticcio, sarebbe un buon motivo per mettere mano alla sua riparazione, sempre che accettiate i princìpi - secondo quanto avete dichiarato - della separazione delle funzioni e della disciplinare.

 

SALVI (Ulivo). È una trappola, quella del senatore Calvi. Aveva detto che non bisognava parlare...

 

PRESIDENTE. Colleghi, a quest'ora se parlate di pasticci penso alle lasagne, quindi cerchiamo di concludere.

ZICCONE (FI). La verità è una sola: mentre tutti in quest'Aula continuano a sostenere che era il momento di introdurre, dopo cinquant'anni di attesa, una legge sulla disciplinare che riguardasse i singoli casi, il principio di tassatività, l'obbligo dell'azione (princìpi, quasi tutti, riconosciuti da ogni parte politica), oggi ci si chiede di votare la sospensione di un punto che non trova nessun contrasto se non - da quanto mi risulta - con due o tre ipotesi (e per cambiarle sarebbe sufficiente, forse, un lavoro in Commissione o in Aula di qualche giorno, non di qualche mese o di qualche anno).

In conclusione, voterò contro questa sospensione per un motivo molto semplice: è un modo indiretto, subdolo, bugiardo di mettere da parte una riforma che tutti, a parole, avremmo voluto e dovremmo, invece, approvare e attuare. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Calvi. Ne ha facoltà.

CALVI (Ulivo). Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, certamente l'ora tarda mi consiglia di essere molto conciso, anche se, debbo dire, almeno gli ultimi interventi che ho avuto occasione di ascoltare - li ho ascoltati quasi tutti, ma soprattutto gli ultimi richiedono una più attenta riflessione - anche per il prestigio delle persone che hanno parlato, meriterebbero risposte puntuali.

Vorrei, allora, brevemente toccare alcuni punti. Nella scorsa legislatura, tutti quelli che erano presenti ricordano certamente che sull'ordinamento giudiziario si sono svolte lunghe discussioni, anche aspre, e confronti duri.

Desidero subito precisare che la riforma dell'ordinamento giudiziario non è stata una scelta governativa o una scelta parlamentare. Sicuramente è un dovere del Parlamento affrontare questo tema e voglio dire subito che la scelta dell'allora Ministro di affrontare questo problema merita apprezzamento. Poi come andò e come fu affrontato è altra questione, ma risolvere il problema dell'ordinamento giudiziario era un dovere. È una grave responsabilità del Parlamento - ho avuto occasione di dirlo più volte - non aver affrontato un tema fondamentale e causa, forse non ultima, della crisi della giustizia nel nostro Paese.

La VII Disposizione transitoria della nostra Carta costituzionale dice in modo chiarissimo che l'ordinamento Grandi del 1941 è incostituzionale: dev'essere cancellato e riscritto secondo il modello voluto dalla nostra Costituzione.

Non si è fatto nulla. Eppure, se guardiamo al sistema giudiziario, nell'attuale ordinamento, ci accorgiamo che esso è radicalmente mutato rispetto ad allora. Vi sono giudici che sono scomparsi, come il giudice istruttore, e vi sono giudici nuovi, come il Gip e il Gup.

Che cosa è successo in effetti? È successo che in parte il Parlamento, in parte la Corte costituzionale, in parte la Corte di cassazione, ma soprattutto il Consiglio superiore della magistratura, con le sue circolari, hanno radicalmente mutato il sistema ordinamentale della magistratura.

Condivido molte delle scelte fatte, ma non condivido che l'ordinamento giudiziario sia stato riformato attraverso le circolari del Consiglio superiore della magistratura. Non era questo lo strumento che doveva essere utilizzato. Era il Parlamento che doveva affrontare tale questione. Purtroppo l'abbiamo affrontata male. Anche in questo caso, mi sembra che le responsabilità dell'allora Ministro siano minori rispetto alle scelte che il Governo fece in quelle occasioni.

Collega Ziccone, tutti vogliamo questa riforma, infatti abbiamo sostenuto con forza la necessità che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura poggiassero sul rafforzamento dei poteri di controllo, per esempio del Consiglio superiore della magistratura, che non sono quelli che ha ora esposto il collega Nicola Buccico, che pure è stato lì; si tratta di controlli assolutamente inefficaci. Occorre un rafforzamento dei poteri, ma nello stesso tempo una maggiore capacità di controllare l'attività della magistratura.

Certamente, collega Ziccone, lei non dimentica che siete stati voi a diminuire il numero dei membri del Consiglio superiore della magistratura, indebolendolo ulteriormente. Queste sono gravi responsabilità politiche nella visione complessiva della riforma del sistema giudiziario.

Nel momento attuale occorre decidere cosa fare. Ho apprezzato il ministro Mastella, il quale è venuto in Senato ad esporre le sue intenzioni: mi sembra che il suo sia un discorso positivo. Ha detto che vi sono una serie di punti su cui bisognerà tornare, mentre altri sono già soddisfacenti. Discutiamone. Potrei aggiungere che le parti che vanno già bene - e lei lo sa meglio di tanti altri, collega Ziccone - sono quelle alle quali noi abbiamo cooperato, anzi sono frutto della nostra iniziativa, del nostro dibattito, del nostro contributo.

Tutta la prima parte della discussione in Commissione giustizia nella scorsa legislatura non fu caratterizzata da un atteggiamento di chiusura. Ricordo quante volte il ministro Castelli ci ha invitato, e addirittura espresse apprezzamento per il contributo positivo dato in quella Commissione, innanzitutto dal collega Elvio Fassone: la Scuola superiore della magistratura è stata un'idea di Elvio Fassone. Non condividevamo quel meccanismo di controllo della Corte di cassazione, ma intanto l'istituzione fu una nostra idea ed è un'idea che noi apprezzammo.

Tuttavia, se lei legge la storia - adesso la ripercorrerò brevemente - di quel provvedimento, si renderà conto di come, mentre si progrediva nella discussione, improvvisamente entravano in gioco considerazioni endoparlamentari, se vuole addirittura metapolitiche, che incidevano pesantemente nel dibattito sull'ordinamento giudiziario.

Èquesto il punto: questa legge è stata frutto di urgenze determinate da eventi esterni al Parlamento stesso, che hanno portato ad alcuni vizi profondi. Non mi può dire che è stata attuata la separazione delle carriere o delle funzioni: né l'una, né l'altra. Voi avete portato avanti quanto più possibile, senza la riforma costituzionale, che era doverosa, una separazione che sicuramente non è la distinzione delle funzioni (c'è un mio disegno di legge su questo argomento: lo presentammo nella scorsa legislatura e anche questa volta). Avete operato una distinzione di funzioni fittizia, nella quale però vi sono momenti che sono assolutamente inaccettabili.

Credo sia un grave errore stabilire che fin d'ora, fin dall'inizio vi è l'obbligo di operare una scelta se intraprendere o l'una o l'altra carriera. Porto questo esempio perché in proposito vi è la necessità di riprendere il discorso, sospendendo per un momento gli effetti che ne possono derivare, senza mettere in discussione la necessità della separazione o della distinzione delle funzioni o delle carriere: lo discuteremo. Certo è che, nel momento in cui questa legge dovesse produrre i suoi effetti, oggi un giovane che dovesse superare il concorso e dovesse scegliere per la vita quale delle due carriere intraprendere, opererebbe una scelta spesso drammatica, non voluta, che in qualche modo lo vincolerebbe in modo ingiustificato rispetto a scelte di questo Parlamento che potranno anche essere diverse. Di qui la necessità di sospendere questi effetti e di ridiscutere.

Non capisco. Forse avreste voluto che fosse tutto cancellato e si ricominciasse da capo? Oppure non è invece opportuno sospendere gli effetti e ridiscutere punto su punto quale parte far vivere e quale modificare? Mi sembra una scelta ragionevole. Se poi a questo aggiungiamo ciò che il Ministro ha detto, e cioè quali parti intende ridiscutere (e mi sembra che gran parte del provvedimento rimanga vivo, con qualche piccola modifica), quale scelta più ragionevole si doveva fare, se non quella di sospenderne l'efficacia e poi discutere e non provocare subito effetti, magari drammatici, per poi modificare questa legge con norme transitorie? Mi sembra una scelta assolutamente ragionevole.

Mi lasci ricordare - purtroppo qui siamo rimasti soltanto quelli che vivemmo quella esperienza, ma dato che poi questo intervento andrà sulle carte e sarà letto, sarà bene ricordarla anche a coloro che ora sono assenti - che il ministro Castelli presentò in Senato il disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario nel marzo 2002. Cominciammo la discussione che, anche se aspra, fu molto positiva e stavamo giungendo al termine di quella fase in Commissione quando improvvisamente tutto venne sospeso.

I lavori della legge delega vennero sospesi d'improvviso, dopo mesi di lavoro, perché nel frattempo intervenne un fatto (e tutti sappiamo a cosa mi riferisco): un processo che si celebrava a Milano con un ricorso in Cassazione per il problema del cosiddetto legittimo sospetto e con la presentazione di una legge ad hoc, la cosiddetta legge Cirami. Discutemmo notti e notti in Commissione giustizia. L'ordinamento giudiziario fu sospeso e non se ne parlò più per mesi fino a quando, il 7 marzo 2003, il Consiglio dei ministri varò un maxiemendamento di modifica radicale del testo originario della legge delega, soprattutto in tema di progressione di carriera, ridisegnata con criteri meritocratici e di separazione delle carriere.

È impossibile non mettere in fila questi eventi per capire come questa legge nasca, si evolva e si concluda. Io credo che, se avessimo lasciato lavorare con più tranquillità quella Commissione giustizia al Senato, avremmo prodotto una legge, che noi forse non avremmo condiviso, ma che sarebbe stata certo di gran lunga più positiva. Per questo non mi sento di attribuire al ministro Castelli tutta la responsabilità. Fu il Consiglio dei ministri che decise con forza la presentazione del maxiemendamento. Se così fosse, potremmo anche ridiscutere e valutare quello che accadde. Ma non è finita, anzi. Quando il testo giunge alla Camera dei deputati è un testo radicalmente modificato. Il disegno di legge è riscritto più volte, in Commissione e anche in Aula. Al termine, ancora una volta, è presentato un maxiemendamento sul quale il Governo chiede la fiducia. Nel giugno 2004, la Camera dei deputati vota un disegno di legge totalmente diverso rispetto a quello presentato dal ministro Castelli e da quello votato al Senato.

Quindi, il disegno di legge n. 1296-B costituisce la quarta stesura della riforma dell'ordinamento giudiziario. Ognuna di tali stesure è stata radicalmente diversa dalla precedente e nulla è rimasto dell'elaborato originario. Quando arriva al Senato, il disegno di legge, che - ricordiamolo - era stato approvato con voto di fiducia e il Ministro aveva detto che era assolutamente inemendabile, viene modificato con un nuovo maxiemendamento redatto e presentato proprio da quel Governo che aveva chiesto ed ottenuto la fiducia. Il grado di confusione è straordinario.

Ma non finisce qui. Infatti, il maxiemendamento è presentato solamente pochi minuti prima della scadenza del termine prefissato, lasciando a noi dell'opposizione la notte come termine per redigere i nostri subemendamenti, ma la mattina il Governo produce invece un nuovo coup de théatre, con il ministro Castelli che presenta due subemendamenti.

In sintesi, la situazione è questa: abbiamo quattro testi ogni volta uno diverso dall'altro e ciascuno dei quali mai discusso compiutamente in Parlamento. L'ultima versione è approvata con voto di fiducia alla Camera ed è emendata in Senato dallo stesso Governo che, non soddisfatto dell'immane confusione creata, corregge i suoi stessi emendamenti che modificavano quel testo sul quale aveva chiesto e ottenuto una fiducia evidentemente mal riposta.

Questa è la storia di questa legge: una storia confusa, arruffata e nella quale il Parlamento si è trovato di fronte a improvvisi cambiamenti di scenario, decisi non si sa dove, anche se si vocifera di uno studio legale non lontano dal Senato. (Commenti del senatore Salvi). Non mi riferisco al collega Ziccone. Egli è un galantuomo e avvocato serio, oltre che un parlamentare di grande spessore, non fa queste cose.

Il Parlamento, dunque, ha approvato così questa legge. Come consentire che essa rimanga quando è stata permeata ed intrisa di questi umori non ragionevoli? Tali umori sono risposte astiose e come tutte le risposte astiose non hanno nulla a che fare con la ragionevolezza e con la giustizia.

Signor Presidente, ricordo ciò che Dante fa dire a Cacciaguida: «Sempre la confusion delle persone principio fu del mal della cittade». Ecco, il male della nostra città, del nostro Paese, del nostro Stato è appunto la confusione. Questa è una legge permeata da un grande stato di confusione e noi abbiamo giustamente deciso di rimettervi mano e la ridiscuteremo.

A questo punto, mi sembra che il percorso scelto, appunto quello di ridiscutere la legge non cancellandola ma sospendendone gli effetti per poterla discutere, sia la via più ragionevole. Non facciamo maxiemendamenti, non la riscriviamo quattro volte, vediamo di discutere insieme quello che si potrà fare. A quale fine? Come dice Dante, quello appunto di evitare la confusione, il male maggiore che possa colpire il nostro Stato. Nell'interesse di chi? Non dei magistrati, né degli avvocati, ma dei cittadini.

Mi spiace che il ministro Castelli qui in Senato giorni fa, nel giustificare questo cambiamento, abbia dichiarato: «Perché bisogna pagare il prezzo formale all'ANM: "Castelli delendum est" questo è il punto fondamentale. Il Ministro che ha osato varare una riforma contro il parere della magistratura va cancellato, la riforma va cancellata come elemento plastico per definire il potere della magistratura in materia di giustizia».

Credo che qui nessuno possa erigersi a Marco Catone e francamente il ministro Castelli esagera nel paragonarsi a Cartagine; forse ad Albalonga, ma Cartagine era una minaccia molto più forte per la civiltà romana. Non c'è un potere dell'ANM su di noi e nessuno vuole colpire il ministro Castelli. Mi sembra che sia un'esagerazione ingiustificata. Vogliamo riscrivere una legge necessaria al Paese, dovuta per impegni costituzionali, una legge che sia più serena, più vicina agli interessi dei cittadini, e i magistrati, gli avvocati, l'ANM o chicchessia non hanno alcun potere per influire sul nostro intendimento, quello sovrano del Parlamento che lavora nell'interesse dei cittadini. Questo è ciò che vogliamo e speriamo di perseguire nel migliore dei modi.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Calvi, anche per gli indispensabili cenni storici cui ha fatto riferimento.

Dichiaro chiusa la discussione generale e rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

39a

seduta pubblica (antimeridiana)

 

mercoledì

27 settembre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI

 

 

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 9,42)

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il relatore.

SALVI, relatore. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, abbiamo oggi in esame il disegno di legge che il Governo ha presentato per la sospensione di tre decreti attuativi della riforma dell'ordinamento giudiziario predisposta dal Governo e approvata dal Senato nella precedente legislatura.

Com'è noto, tale riforma dell'ordinamento giudiziario, essendo stata realizzata con lo strumento della legge delega, prevedeva molteplici decreti delegati. Alcuni di essi, tre per l'esattezza, che al momento della predisposizione e della presentazione del disegno di legge da parte del Governo non erano ancora entrati in vigore, concernono aspetti molto rilevanti della disciplina dell'ordinamento giudiziario.

Il primo di essi tratta le materie dell'accesso alla magistratura, della progressione in carriera, della formazione professionale, della distinzione delle funzioni; il secondo riguarda la nuova organizzazione del sistema delle procure della Repubblica; il terzo concerne l'ordinamento disciplinare. Come ricordavo, al momento della presentazione del disegno di legge quei decreti legislativi non erano ancora entrati in vigore.

Successivamente la maggioranza ha ritenuto, d'intesa con il Governo, di non forzare i tempi della discussione e non si è fatto ricorso allo strumento, che pure si era ipotizzato, della decretazione d'urgenza; non si è ritenuto, giustamente, di inserire la sospensione di questi provvedimenti, come pure sarebbe stato tecnicamente possibile, in uno dei provvedimenti che il Governo ha assunto per il rinvio di termini in altri campi.

Si è ritenuto di seguire la via dell'ordinario disegno di legge e così si è fatto, dapprima nella sede della Commissione giustizia, dove c'è stato un serrato e ampio confronto (e devo dare atto a tutti i colleghi della Commissione, della maggioranza e dell'opposizione, di avervi partecipato con impegno e serietà) e successivamente in Aula, seguendo, anche in questo caso - vorrei sottolineare che è la prima volta che accade in questo ramo del Parlamento -, l'ordinaria procedura parlamentare, come è giusto, senza contingentamento dei tempi.

Pur nella serenità del confronto, è evidente che sono emerse, tanto in sede di Commissione come nella discussione generale che abbiamo svolto, posizioni che hanno visto contrapposte la maggioranza e l'opposizione. In sé non ci sarebbe da stupirsi di questo: l'attuale opposizione difende una legge che ha fortemente voluto nella passata legislatura, mentre la maggioranza adempie, con questo strumento, a un impegno assunto nel suo programma elettorale, quello di modificare profondamente la disciplina dell'ordinamento giudiziario, così come prevista nei decreti delegati.

Perché si è seguita questa strada? Sono risuonati anche nel corso della discussione generale argomenti ai quali intendo brevemente replicare: non si tratta, come è stato detto, di un cedimento alle pressioni dell'Associazione nazionale magistrati o della magistratura in quanto tale. Non si tratta di questo, perché la necessità di un profondo cambiamento dell'ordinamento giudiziario, eventualmente anche con la sospensione dei relativi decreti delegati, era stata presentata davanti ai cittadini nel programma dell'Unione. Quindi non c'è - mi rivolgo al collega Caruso - alcuna cambiale sottobanco da pagare, ma c'è un impegno assunto davanti agli elettori. Se una cambiale, che viene onorata, c'è stata, è quella rivolta ai cittadini, in coerenza con il programma dell'Unione. Queste cambiali sono onorevoli ed è giusto onorarle.

Perché, ci si potrebbe domandare, questa nostra scelta? Vorrei ricordare innanzitutto che il Governo non ha proposto l'abrogazione di quei decreti delegati, ma la loro sospensione. Non ha proposto l'abrogazione perché, come ha ricordato il ministro Mastella nel suo intervento prima della discussione generale, noi riteniamo che ci siano dei cambiamenti profondi da apportare nell'ordinamento giudiziario preesistente la riforma Castelli.

È giusto che la definizione di questa nuova disciplina che si deve introdurre avvenga con il concorso dell'opposizione, da ricercare - lo diceva bene ieri il senatore Manzione - nell'Aula parlamentare e non in comitati ristretti esterni al Parlamento, che pure sono stati ventilati, anche perché, come si vede in questi giorni per un altro provvedimento, intese politiche extraparlamentari bipartisan non sempre producono risultati positivi. Condivido l'osservazione ieri formulata dal senatore Ziccone che non è questa la sede per affrontare tutti i temi dell'ordinamento giudiziario. Come dicevo prima al senatore Boccia, questo mi consente di essere più sintetico di quanto sarebbe necessario per affrontare tutti i temi. Non interloquirò quindi rispetto agli importanti e interessanti interventi che ci sono stati.

Vorrei richiamare solo che le ragioni per cui chiediamo le modifiche di questo testo sono legate a quanto ha detto il senatore D'Ambrosio nel suo intervento: l'ordinamento giudiziario non è materia che riguarda la professione dei magistrati, ma è materia che deve essere affrontata innanzitutto dal punto di vista dei diritti dei cittadini. Il tema dell'autonomia e dell'indipendenza, così come quello della responsabilità del magistrato, deve quindi essere affrontato sul versante del diritto del cittadino ad una magistratura autonoma, indipendente e responsabile.

Noi riteniamo che nell'impianto dell'ordinamento giudiziario, così come approvato dalla precedente maggioranza, non ci sia questa attenzione alla centralità del diritto del cittadino. Se volessi fare una considerazione al riguardo, mi pare che trapeli una certa nostalgia per una magistratura del passato, che pure abbiamo conosciuto, una magistratura gerarchizzata nella quale la Corte di cassazione funzionava effettivamente come strumento di controllo e di selezione della magistratura e l'organizzazione gerarchica delle procure funzionava come modo per limitare o controllare l'esercizio dell'azione penale: la magistratura degli anni Cinquanta, in breve, che aveva una chiara connotazione sociale, conservatrice e talvolta francamente reazionaria. Ma oggi la magistratura, a tutti i suoi livelli, non è più così e anche la svalutazione del ruolo del giudice di primo grado (che è il giudice di frontiera, il magistrato che più deve affrontare i temi dei diritti dei cittadini) è a mio avviso profondamente sbagliata.

Ciò vuol dire chiusura totale al confronto? Credo di no. Ad esempio, il senatore Mantovano ha svolto sull'articolo 3 di questo provvedimento considerazioni critiche che io in larga misura condivido, come già ho avuto modo di dire in Commissione e al riguardo avremo occasione di pronunciarci in sede di esame di tale articolo.

Il senatore Manzione ieri ha svolto un intervento coerente - ma forse il senatore Zanda non l'ha seguito, come mi pare non stia seguendo tutto il dibattito - in cui ha segnalato... (Brusìo. Richiami del Presidente).

 

PRESIDENTE. Colleghi, dietro il relatore vi è un chiacchiericcio a cui bisogna porre fine.

 

SALVI, relatore. Non è quello il problema, Presidente.

 

PRESIDENTE. Le dà fastidio principalmente il chiacchiericcio del senatore Zanda? (Il senatore Zanda si allontana dai banchi del Governo, dove stava intrattenendosi con il ministro Mastella).

 

SALVI, relatore. No: ai miei tempi ognuno stava al posto suo.

Il senatore Manzione ieri ha svolto considerazioni per altro coerenti con la posizione sostenuta in Commissione e, devo dire, avvalorate anche dall'intervento svolto l'altro giorno dal Ministro. Il Ministro ci ha delineato possibili linee di una proposta del Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, che dovremo affrontare in sede - come è nostro impegno fare - appena completata la sospensione (se questa verrà approvata dal Parlamento). Naturalmente, il disegno di legge ancora non c'è, ma le linee sono state chiaramente indicate. Ed effettivamente l'impostazione del Governo, che poi spetterà al Parlamento esaminare, mentre mi pare sostanzialmente alternativa al primo dei cosiddetti decreti Castelli (quelli riguardanti accesso, funzioni e così via), è emendativa - ragionevolmente - degli altri due.

Per quanto riguarda le procure, non si può tornare alla situazione preesistente, anche se è sbagliato l'impianto gerarchico del sistema attuale; in merito al sistema disciplinare, una volta accolto - come ha fatto il Governo - il principio dell'obbligatorietà, i problemi mi pare che siano due, relativamente semplici da affrontare: individuare un meccanismo di filtro, per evitare che l'obbligatorietà dell'azione disciplinare comporti una dispersione dei tempi, e rivedere alcune fattispecie della tipicità.

Se fossimo stati su tale posizione all'inizio dell'esame parlamentare la via avrebbe potuto essere diversa: abrogare il primo decreto ed emendare gli altri due. E, tuttavia, al senatore Manzione vorrei rivolgermi per ricordargli che oggi non ci troviamo più in quella fase. Oggi siamo in una fase dell'esame del provvedimento, in cui è da ritenere preferibile, intanto, seguire la via indicata dal Governo, con una precisazione che mi permetto di fare in Aula al Ministro (se il sottosegretario Pinza gli consente di ascoltare).

Ho sentito dal senatore Ciccanti un'osservazione critica su una frase del Ministro, che credo sia stata una boutade, quando ha parlato di titoli preferenziali per parlamentari, senatori, consiglieri comunali per l'accesso in magistratura. È evidente che non possiamo immaginare un ordinamento giudiziario in cui vi siano norme di preferenza per il ceto politico: sconsiglierei, quindi, di seguire tale strada, anche persino in termini di presentazione di un disegno di legge, perché condivido il rilievo critico espresso dal senatore Ciccanti.

Voglio concludere auspicando un clima disteso nel confronto parlamentare, come ha invitato a fare il Presidente della Repubblica nell'indirizzo di saluto rivolto ai componenti del Consiglio superiore della magistratura l'8 giugno 2006, qui richiamato dagli equilibrati interventi dei colleghi dell'UDC. È un discorso che vale per noi in Parlamento, per le categorie professionali e per la stessa magistratura.

Ci ha detto il Capo dello Stato: «Occorre superare le tensioni fra politica e giustizia, inevitabilmente destinate a turbare lo svolgimento di una così alta funzione costituzionale. Il recupero di toni che non siano di pura contrapposizione agevola la ricerca di punti di convergenza. Il dialogo è premessa indispensabile per restituire funzionalità al sistema giustizia». Questa è organizzazione fondamentale, come dicevo all'inizio, per tutelare i diritti dei cittadini e, soprattutto, dei cittadini più deboli nella società. Sono infatti i cittadini più deboli che hanno il diritto a che il Parlamento eserciti la sua funzione pensando a loro, hanno diritto a una magistratura certamente responsabile, ma anche autonoma e indipendente, perché se tale non è dipenderà da qualcuno e non sarà certamente dai cittadini comuni, ma piuttosto da potentati politici, economici o finanziari.

Con tali considerazioni, ritengo che questo provvedimento sia meritevole di approvazione ed auspico che il confronto parlamentare si svolga, nella contrapposizione fisiologica propria di una democrazia parlamentare, tenendo conto dell'esigenza di una convergenza, mai come in questa materia, alla ricerca del bene comune. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, innanzitutto mi sia consentito ringraziare i colleghi che da vari appezzamenti politici e di territorio culturale hanno espresso consenso nei confronti delle posizioni che ho esposto o, al contrario, manifestato un diniego e una reticenza, contribuendo comunque, anche in tal modo, alla dialettica parlamentare, a quella dialettica incisiva che è il rapporto e il nesso che lega il Governo e il Parlamento.

Come ha ricordato nella sua sintesi il senatore Salvi, la scorsa settimana ho avuto modo di esporre alcune linee di modifica che avrei ancora intenzione di apportare ad alcuni decreti legislativi sull'ordinamento giudiziario. Ritengo però - e mi pare che questa fosse l'obiezione palesata, serpeggiando un interrogativo in tal senso - che nel momento in cui si chiede la sospensione, sia corretto chiarire cosa si intende fare per il dopo.

Ci sono stati brusii, ai quali ha fatto riferimento anche il senatore Salvi poco fa: sarà forse per altre ragioni o evidentemente per il mio lessico. Intendo però chiarire, e mi rivolgo al senatore Salvi, che le mie sono opinioni, non boutade e ciò anche per quanto riguarda i senatori o quant'altro, perché non vorrei che ci fosse la delegittimazione costante di tutto ciò che è istituzionale, nella ricerca, comunque, di ruoli che possono esser fatti o svolti successivamente al mandato o all'investitura di natura popolare: si tratta di opinioni e non certamente di boutade.

Dicevo, quindi, che vorrei ribadire quali sono le linee alle quali intendo far riferimento per il prosieguo. Non ho inteso proporre, e lo dico anche all'amico senatore Manzione, alcuna controriforma. Mi pare che l'impianto di per sé, le linee di convergenza che ho tentato di tracciare, lo stesso fatto che alcuni decreti da me sostenuti, precedentemente legittimati sul piano parlamentare dal ministro Castelli, siano stati recepiti e portati a compimento e all'efficacia operativa, dimostrino che non c'era la voglia matta di operare in controtendenza, con una visione antagonistica, con uno sforzo pregiudiziale a tutti i costi: assolutamente non è stato così.

Però, lo voglio ricordare a me stesso e agli altri, c'è stato uno spartiacque elettorale, esiste un programma al quale ho il dovere di attenermi. Che questo programma consenta di attenersi a quanto è stato scritto, mi pare evidente; che poi ci sia, come c'è sempre stato, e rimane sullo sfondo, dal mio punto di vista, la volontà di dialogare e trovare motivi di convergenza, questo appartiene alla mia cultura e rappresenta anche la linea di fondo lungo la quale si muove questo Governo, per evitare quello che anche il presidente Mancino aveva detto nella sua interlocuzione con il Governo, che vi sia cioè una paralisi nella macchina giudiziaria.

Quindi, non c'è il desiderio di favorire lassismi di carriera, né di accentuare al tempo stesso la conflittualità tra magistrati e mondo della politica; se vi fosse quindi la possibilità di mettere assieme e di lavorare allo stesso telaio istituzionale, come ho riferito la volta scorsa, in modo che si realizzi questa partecipazione, non straordinaria, ma ordinaria in relazione alla questione giustizia, di per sé straordinaria, dando apporto calorico da parte della maggioranza e dell'opposizione, sarei ben felice e lo saremmo tutti quanti. E neppure lo voglio dire a quelli che sono stati più censori dei censori o più soloni rispetto a me, quasi che la mia preferenza fosse di per sé diretta ad ascoltare la voce dei magistrati.

Voglio anche dire, però, che se è così, è anche vero che i magistrati possono esprimere liberamente la propria voce come può farlo chiunque, all'interno di questo mondo come al di fuori di esso. Non è pensabile che alcuni debbano essere afoni, mentre altri hanno la possibilità di parlare, anche a tutti i costi, con voce molto sobria e molto forte. Non si può neanche dire che io abbia tenuto conto degli aspetti che riguardavano le richieste fatte all'Associazione, perché tra le richieste c'erano anche quelle con cui si chiedeva magari di non procedere.

Un conto è l'elemento associativo che configura ipotesi e che può formulare richieste o rivendicazioni, un conto è agire in maniera tale che si crei una forma di espropriazione della titolarità legislativa del Parlamento o delle prerogative del Governo o del Parlamento stesso. Certo è che ho tentato di ascoltare e ho ascoltato tutte le voci che compongono la polifonia del mondo della giustizia, comprese quelle dissonanti. (Brusìo. Richiami del Presidente). Quindi, è vero che ho cercato il consenso, ma ho anche cercato di rendermi conto delle critiche sincere che venivano formulate nei confronti della cosiddetta riforma Castelli. Ciò è stato fatto soprattutto nella prospettiva di migliorare il servizio giudiziario, nell'interesse non dei singoli componenti del mondo della giustizia, che assai spesso confliggono tra di loro, ma nell'interesse primario del cittadino: l'obiettivo è infatti quello di rendere giustizia al cittadino.

L'unica volontà che esprimo con molta nettezza, senza alcun discrimine e alcuna particolarità, è quella di dialogare a tutti i costi, è quella di provare e di riprovare il dialogo, con un'idea baconiana della politica, nella speranza che la goccia riesca ad incidere anche laddove il marmo è molto più rigido e dimostra minore permeabilità. Questa è la mia intenzione, se è possibile metterla in atto e mi auguro che lo sia.

Partendo da questa premessa essenziale, rimane ferma la mia intenzione di predisporre un rigoroso sistema di accesso alla magistratura e un'altrettanto rigorosa progressione in carriera, attraverso severi filtri quadriennali, diversificando l'esercizio delle funzioni di merito da quelle di legittimità. Penso - ritenendo che questa non sia una boutade ma un'opinione - ad un ufficio di accusa unitario negli indirizzi, sia pure con il controllo dell'organo di autogoverno, in cui oltre alla prioritaria responsabilità del capo ci sia anche quella dei sostituti. Prospetto dunque un passaggio dalla giudicante alla requirente, secondo precise condizioni di specifica professionalità, vietando la permanenza nel medesimo distretto. Ritengo che, tipicizzati gli illeciti disciplinari, per il principio di legalità, l'azione disciplinare non possa che essere obbligatoria, ma con filtri molto severi e molto rigorosi che evitino la crisi della procura generale e della stessa sezione disciplinare.

In questa prospettiva rispondo alle obiezioni formulate nel corso del dibattito parlamentare, con particolare riguardo ai motivi per cui si rende necessaria la sospensione e a come disciplinare il regime transitorio. Inizio allora a rispondere a quanti nell'interlocuzione parlamentare hanno espresso considerazioni opposte o di diniego rispetto alle mie proposte.

Quanto all'ingresso in magistratura e alla progressione in carriera, voglio far notare che, se gli aspiranti prima ancora del concorso e poi tutti i magistrati, entro la data fatidica del 28 ottobre di quest'anno, dovranno scegliere tra l'attività giudicante e quella requirente, si verificheranno le seguenti conseguenze, che ho il dovere di sottoporre all'attenzione del Parlamento. La scelta degli aspiranti sarà fatta al buio, senza alcuna consapevolezza di quale lavoro in realtà saranno chiamati a svolgere, senza aver mai sperimentato di persona l'esercizio dell'una o dell'altra funzione e senza aver neppure frequentato un'aula o un ufficio giudiziario.

Si spaccherebbe e si spacca in due parti ben distinte la magistratura, abbandonando quel principio di comune cultura della giurisdizione che ogni magistrato deve possedere, pubblico ministero compreso, per non diventare, come si dice a volte, uno spietato «pubblico accusatore».

Si determinerebbe e si determina un'enorme confusione nell'assetto concreto degli uffici perché all'opzione deve necessariamente seguire l'esercizio della relativa funzione: insomma, una sorta di terremoto negli uffici, con trasferimenti a catena, scopertura di sedi importanti e asimmetrie distributive al di fuori di ogni politica del personale; un terremoto per il quale sarà difficilissimo tornare indietro e per i cui effetti devastanti sarà difficile ricostruire. Tale terremoto ricadrà sul funzionamento della macchina giudiziaria e alla fine si depositerà sui cittadini italiani.

Come ho già detto, vorrei conservare la distinzione delle funzioni; perciò chi ha fatto il pubblico ministero non potrà di colpo fare il giudice, ma dovrà frequentare un corso qualificante, avere ben precisi pareri del corpo giudiziario e delle rappresentanze dell'avvocatura e comunque non potrà esercitare le diverse funzioni nel medesimo distretto ove abbia svolto precedentemente la funzione di accusa. In sostanza, un sistema alquanto diverso dalla disciplina Castelli.

Quanto ai concorsi per la progressione in carriera, il vice presidente del CSM, senatore Mancino, ha adombrato, con molto rispetto verso il Parlamento ma con autentica e sofferta preoccupazione, le anomalie tra l'impegno partecipativo dei tanti magistrati aspiranti alla progressione, sottratti così facendo necessariamente al lavoro giudiziario, e le difficoltà della resa di giustizia, già così afflitta dalla massa di lavoro e dai tantissimi ritardi.

Inoltre, i tempi tecnici necessari per l'espletamento delle procedure consiliari di mobilità saranno inevitabilmente allungati dallo svolgimento delle attività delle commissioni di concorso. Le pesanti ricadute sulla mobilità ordinaria dei magistrati, quindi, comprometteranno ulteriormente la qualità della risposta alla domanda di giustizia dei cittadini a causa del prolungamento della scopertura degli uffici giudiziari. Né sarà possibile, per la verità, rispettare in concreto il termine di un anno che la riforma Castelli prevede per la pubblicazione dei posti di secondo grado e di legittimità.

Non propongo slittamenti automatici nella progressione in carriera per semplice anzianità, tant'è vero che ho espresso la mia contrarietà al sistema dei ruoli aperti. Vorrei - se consentito dal processo parlamentare - soltanto realizzare qualcosa di ben più energico nel sistema di progressione, cioè un severo controllo quadriennale che non incida sulla resa di giustizia, come ho detto, che non distolga i giudici dal proprio lavoro e che riguardi tutti i magistrati, sia quelli non ancora in condizione di aspirare a funzioni superiori sia quelli che preferiscono curare il difficile compito del primo grado. Comunque, essendo il sistema che propongo fondato sulla raccolta periodica di dati «a futura memoria», ci si pone, così facendo, al riparo - tale è stata un'altra obiezione - da favoritismi correntizi legati di volta in volta all'occasione della promozione.

Anche gli incarichi direttivi ricevono notevoli contraccolpi a causa dei limiti di età previsti per le nomine, che determinano una forbice di nove anni tra il momento ultimo di legittimazione all'incarico e la data di cessazione dal servizio, che suscita forte demotivazione ed indurrà i migliori a pensionarsi, come in realtà già sta accadendo.

Tuttavia, le conseguenze più gravi si stanno verificando nel nuovo sistema disciplinare e si moltiplicheranno in via esponenziale di mese in mese. Infatti, l'aver introdotto l'obbligatorietà dell'azione e il dovere dei capi di fare rapportoper qualunque lagnanza o esposto che possa profilare un illecito sta intasando, ad oggi, la procura generale della Cassazione, come ha comunicato già da tempo il procuratore generale in una nota a me inviata in data 22 giugno, con la conseguenza di impantanare, a sua volta, la sezione disciplinare e di destinare alla prescrizione (il che è peggio), che la riforma ha ridotto ad un solo anno, anche illeciti che viceversa meriterebbero un'energica sanzione.

Il Vice presidente del CSM, sempre dialogando dal punto di vista istituzionale con il Parlamento, ha pure sottolineato che quel delegato del Ministro, che sarebbe una contrarietà rispetto ad un atto di parità, introdotto dalla riforma Castelli e posto accanto alla pubblica accusa nel procedimento disciplinare, sta suscitando eccezioni di incostituzionalità per evidenti disparità traun'accusa binomica o binaria e una singola difesa; il che porterà ad un ulteriore blocco dell'intero sistema disciplinare.

Qui io propongo invece di mantenere l'obbligatorietà dell'azione - come vedete, non è la controriforma - senza però che essa si traduca in una sorta di paralizzante automatismo, prevedendo inoltre un potere di archiviazione da parte della procura generale, in modo da filtrare quanto di inutile le perviene, per poi passare alla sezione del CSM quanto merita un'effettiva trattazione.

Poche parole sulle procure della Repubblica. Ho chiaramente detto che condivido l'unitarietà dell'ufficio, l'esigenza di ricondurre i poteri di indirizzo al procuratore e la conferma di una sua ben precisa rappresentatività esterna anche nei rapporti con gli organi di informazione. Ma l'eccesso di verticismo tipico del decreto legislativo n. 109 del 2006 sta deresponsabilizzando i sostituti, come sta accadendo in vari uffici, tanto che il Consiglio è costretto ad intervenire con una circolare del 5 luglio 2006 nel tentativo di dirimere i numerosi contrasti già sorti tra dirigenti e sostituti su singoli aspetti delle nuove norme; insomma, si sta verificando un graduale disimpegno di numerosi sostituti che cominciano a identificare il proprio status professionale nella semplice esecuzione delle disposizioni del capo.

Vengo al periodo transitorio, e con questo spero di rassicurare il senatore D'Onofrio. Ho proposto un regime transitorio che ridà efficacia alla legislazione precedente, cioè a quella disciplina che non è l'ordinamento del 1941, ma una normativa completamente modificata dai vari interventi e norme successive alla Costituzione. Perché è necessario il periodo di sospensione? Per due motivi fondamentali, a mio parere: innanzitutto, per evitare gli effetti perversi di cui ho parlato e, in secondo luogo, per avere il tempo di approvare le modifiche, sempre con il concorso - mi auguro - della maggioranza e dell'opposizione.

Voglio infine anche rassicurare quanti hanno prospettato il pericolo di una ipocrisia istituzionale insita nella sospensione, che diventando permanente farebbe rivivere all'infinito il vecchio sistema. Se si fissa un termine, come ho proposto e convengo nell'accettare, evidentemente questo pericolo non c'è, perché, scaduto il termine, o sono intervenute le modifiche del Parlamento o vive, invece, ed opera la riforma Castelli. Mi pare evidente l'opportunità di stabilire il quando e il come, la congruità del tempo, cioè, nel quale lavorare e costruire questa diversa organizzazione della giustizia nel nostro Paese.

Prendo atto delle disponibilità, che pure sono emerse, a confrontarsi serenamente per lavorare insieme agli aggiustamenti da apportare. A mia volta, confermo la disponibilità, purché le prospettive risultino chiare e precise, in linea con i princìpi della Costituzione; siano soprattutto rivolte a non pregiudicare quel servizio giudiziario che abbiamo il dovere, tutti, di rendere ai cittadini con l'apporto intelligente dell'avvocatura - sottolineo tale aspetto, onorevole Buccico - ma senza alcun intento punitivo nei confronti dell'ordine giudiziario: un intero corpo dello Stato chiamato ad operare in autonomia e indipendenza a difesa della legalità e che ha avuto anche - non lo dimentichiamo - le sue vittime nell'adempimento dei doveri di ufficio, vittime alle quali va comunque e sempre il commosso ricordo del Parlamento.

Poiché, signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia volontà è ferma nell'idea di operare una costruzione comune e poiché mi è parso di intendere che ci fosse questa analoga volontà da parte di altre componenti dell'Aula, le chiedo, se possibile, una sospensione di un'ora, in modo tale da verificare se esistono queste condizioni; viceversa, nella libera dialettica democratica del Parlamento, ognuno vada avanti. Spero che non sia così e si possa trovare la possibilità di un riscontro effettivo di una volontà comune perché la giustizia in materia istituzionale e ogni fatto istituzionale hanno bisogno di essere confortati dal calore e dalla caloria energetica della maggioranza e dell'opposizione. (Applausi dal Gruppo Ulivo e dai banchi del Governo).

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per il suo intervento. Come l'Assemblea ha potuto verificare e prendere atto, il Ministro, riferendosi anche ad alcune dichiarazioni, l'ultima delle quali del relatore, ha manifestato una disponibilità al confronto, per quanto sia possibile andare assieme, che io ho rilevato anche nella riunione dei Capigruppo ieri in mattinata. Considero quindi positivamente la richiesta di sospendere i lavori per un'ora e sarei del parere di accettarla. Questo il mio parere.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, per motivi regolamentari non sono potuto intervenire durante l'intervento del relatore Salvi e nemmeno durante l'intervento del ministro Mastella, ma una cosa la devo dire. Forse, avendo ormai passato i sessant'anni, ho qualche problema d'udito, ma non sono riuscito se non a percepire qualche spezzone di discorso nel vociare assoluto dell'Aula. Non ho capito quasi nulla di quello che ha detto il senatore Salvi - non ho sentito - e mi è sembrato di percepire che il ministro Mastella abbia avanzato una proposta, verso la fine del suo intervento, della quale, però, non ho udito i termini.

Se cortesemente volesse riproporla, con l'Aula che osserva un po' più di silenzio, magari potremmo anche capirci.

PRESIDENTE. Capisco bene il richiamo del senatore Castelli al Presidente, anche se è stato così cortese da non indicarlo. Ho sempre la preoccupazione di non interrompere troppo il relatore, chi parla. Resta il fatto che il livello di brusìo e di mormorio è inaccettabile. Visto che giustamente viene rilevato formalmente, mi adopererò perché questa abitudine non dico venga abolita - non sono così ottimista - ma drasticamente ridotta. Su questo piano mi sento realmente impegnato.

Ministro Mastella, mi pare che il senatore Castelli le abbia chiesto se vuole ritornare sul punto finale del suo intervento. Se lei lo ritiene, signor Ministro, ha la parola.

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, siccome immagino che il brusìo non sarà interrotto e quindi le orecchie sensibili del senatore Castelli non avranno l'opportunità di ascoltarmi fino in fondo, farò il riassunto della parte finale e dunque non riprenderò interamente quanto detto prima.

Ho chiesto all'Assemblea, al Presidente e al garbo dei colleghi una sospensione di un'ora, laddove ci fossero condizioni di disponibilità, accertate con il mio orecchio, nonostante il brusìo, nelle fasi precedenti la discussione generale. Se questa disponibilità si manifesta, bene; altrimenti, evidentemente ognuno si disloca secondo le proprie idee e la tipicità delle posizioni assunte.

CARUSO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, naturalmente accolgo la proposta del ministro Mastella. Il Gruppo di Alleanza Nazionale è senz'altro disponibile.

Aggiungo una riflessione, signor Presidente. Non ho ancora compiuto sessant'anni, come il senatore Castelli. Il mio udito, negli ultimi undici anni, da quando, cioè, frequento quest'Aula, non è certamente migliorato; tuttavia, generalmente ci sento benissimo. Il brusìo, negli ultimi undici anni in cui ho frequentato quest'Aula, c'è sempre stato. Posto che questa settimana si discuterà anche il bilancio interno del Senato, le chiedo, signor Presidente, di riconsiderare e di far riconsiderare ai tecnici del Senato il sistema di funzionamento dei microfoni che, al contrario, fin quando i nostri microfoni sono stati pezzi di ottone piuttosto antiquati, ha funzionato perfettamente. Il brusìo c'è, ma l'impianto forse deve essere rivisto. (Applausi dai Gruppi AN, LNP e FI).

PRESIDENTE. Senatore Caruso, sono particolarmente sensibile alla sua osservazione. Accolgo pertanto con entusiasmo l'invito e stia certo che me ne occuperò con molta determinazione.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, innanzitutto volevo significarle che non vi era alcuna intenzione di rivolgerle un implicito rimprovero.

Mi associo a quanto affermato dal senatore Caruso. Ritengo che, almeno per quanto riguarda il nostro Gruppo, la proposta del Ministro sia assolutamente degna di attenzione. Si tratta di capire in quali termini formali utilizzare la sospensione. Torniamo in Commissione? Facciamo delle riunioni informali? Cosa facciamo?

 

PRESIDENTE. Senatore Castelli, se ho compreso bene lo spirito, forse il Ministro - che può chiarire meglio - voleva utilizzare quest'ora in termini anche informali, di incontri con i Capigruppo.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Sì, signor Presidente, in termini informali.

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, di fronte alla richiesta del Governo di sospendere la seduta per un'ora, non diciamo di no (ci mancherebbe), attesa anche la disponibilità del Governo ad una verifica con l'opposizione.

Come il collega Castelli, anch'io però avrei preferito che questa possibilità fosse stata espletata ancor prima di oggi; in tal modo, avremmo avuto più tempo per esaminare il contenuto delle proposte del Governo, senza dover ricorrere ad una sospensione di un'ora della seduta d'Aula, ma in una sede ben diversa, attraverso un breve ritorno in Commissione.

Per queste ragioni, confermo la disponibilità del Gruppo di Forza Italia a tale sospensione, pur segnalando alcune perplessità su questo percorso, che ritengo estremamente asfittico ed accidentato su un tema di fondo. Abbiamo sollevato un problema ed esprimiamo una netta contrarietà alla sospensione dell'efficacia di una riforma per due terzi entrata in vigore, ed una disponibilità, insieme ad altri partiti dell'opposizione, ad esaminare eventuali proposte di modifica di una legge di impianto, quale è la riforma del centro-destra. Non ci è stata data risposta.

Adesso il Governo viene in Aula, prima ancora del voto sulla proposta di non passaggio agli articoli, manifestando l'esigenza di un incontro di approfondimento. Noi acconsentiamo; tuttavia, signor Presidente, voglio ribadire che riteniamo e temiamo che gli spazi per poterci confrontare su un tema di fondo e strutturale siano estremamente esigui.

PRESIDENTE. Prendo atto che vi è una disponibilità generale e dispongo, pertanto, nello spirito indicato dal Ministro, la sospensione della seduta per un'ora.

La seduta è sospesa.

 

(La seduta, sospesa alle ore 10,22, è ripresa alle ore 11,28).

 

La seduta è ripresa.

Onorevoli colleghi, il rappresentante del Governo e i Capigruppo chiedono di prolungare di mezz'ora il loro incontro. Sospendo pertanto la seduta fino alle ore 12.

 

(La seduta, sospesa alle ore 11,29, è ripresa alle ore 11,55).

 

La seduta è ripresa.

Onorevoli colleghi, vi prego di fare attenzione un momento. L'Assemblea ha concesso una sospensione dei nostri lavori nello spirito di un confronto positivo. Ora, sia da parte dei Capigruppo, sia da parte del Governo, si comunica che il lavoro sta andando avanti positivamente. Naturalmente i risultati si vedranno, se ci sono. Si chiede ulteriore tempo, anzi, d'accordo con me, la seduta della mattina è da ritenersi conclusa e i lavori riprenderanno nella seduta pomeridiana alle ore 16,30. Questa è la richiesta avanzata dai Capigruppo e dal rappresentante del Governo; l'Assemblea è sovrana, ma mi pare che siamo nella condizione di accettare questa indicazione.

Pertanto, tolgo la seduta e rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

40a

seduta pubblica (pomeridiana)

 

mercoledì

27 settembre 2006

 

Presidenza del vice presidente CAPRILI,

indi del vice presidente CALDEROLI

 

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 16,36)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Ricordo che nella seduta antimeridiana hanno avuto luogo le repliche del relatore e del rappresentante del Governo.

Comunico che sono state avanzate due proposte di non passare all'esame degli articoli.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, credo che la motivazione per il non passaggio agli articoli - come qualche oratore ha evidenziato, prima di me, in discussione generale - sia scritta nella stessa relazione di accompagnamento del provvedimento in esame. La relazione, infatti, dichiara, apertis verbis, che questo differimento, perché di ciò stiamo trattando, si rende necessario - meglio sarebbe dire era necessario vista la data di deposito del provvedimento - in quanto il sistema giustizia non era preparato a recepire gli effetti degli ultimi decreti delegati. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Castelli, ma vorrei ricordare ai colleghi che la seduta è iniziata e che lei sta parlando.

CASTELLI (LNP). Atteso che quando il disegno di legge è stato depositato il Consiglio superiore della magistratura era nella sua fase finale e si era in attesa della nuova consiliatura, il disegno di legge dichiara che era necessaria una sospensione dell'entrata in vigore dei provvedimenti per dar tempo al nuovo CSM di insediarsi e di organizzare i complicati compiti richiesti dai provvedimenti della cosiddetta riforma Castelli.

È ovvio che oggi questa motivazione è caduta di per sé. Il Consiglio superiore della magistratura, infatti, si è insediato nel luglio scorso ed ha potuto lavorare. Inoltre, i provvedimenti per i quali esso è chiamato a porre in essere alcune direttive, soprattutto in riferimento a quello che prevede che, entro il 28 ottobre, i magistrati debbano pronunciarsi sulla scelta tra funzione requirente o giudicante, sono già stati avviati, come dichiarato dal presidente Mancino. Ciò dimostra che non vi è alcuna motivazione di questa natura che necessiti la sospensione del provvedimento. In realtà, come più volte ribadito e come è a tutti noto, la questione è prettamente politica.

Devo dare atto al ministro Mastella di aver posto in essere oggi un estremo tentativo di mediazione. Il Ministro, che certamente è un politico, si è reso conto che lo scontro su tale tema non paga e porterà probabilmente a un danno per la magistratura, per il Parlamento e per i cittadini. Si è cercato quindi di porvi rimedio. Ricordo, tra l'altro, che stiamo parlando di tre provvedimenti su nove, perché per altri sei la riforma posta in essere dalla Casa delle Libertà è ormai legge ed ha dispiegato i suoi effetti, credo anche bene perché non si è verificato nessuno dei catastrofici eventi evocati qualora la riforma fosse entrata in vigore.

Ciòvale anche per qualcuno dei tre provvedimenti in discussione, soprattutto per quello che riguarda l'Ufficio del giudice. Anche qui la magistratura militante e il CSM avevano pronosticato una serie di effetti catastrofici che puntualmente non si è verificata; anzi, da notizie in mio possesso per le vie brevi, sembra che alcuni procuratori abbiano visto con favore questo provvedimento che è andato a sanare situazioni di vera e propria anarchia esistenti in alcune procure.

Abbiamo lavorato tutto il giorno, seriamente, credo tutti con spirito aperto, per trovare una soluzione, un accordo che potesse consentire di superare questo scontro, questo muro contro muro. Mi pare tuttaviaabbiano prevalso, lo dico con rincrescimento, alcune questioni di natura ideologica, che soprattutto alcuni senatori hanno posto in essere perché si sono dimenticati di essere diventati senatori e pensano ancora di essere magistrati.

Scusate se dico questa cosa (Applausi dai Gruppi LNP, FI e UDC) che è abbastanza forte, ma la sensazione che ho mutuato dagli incontri e dai confronti di oggi è stata questa. Siamo tornati di nuovo al punto fondamentale. C'è una parte di questa maggioranza, che è formata soprattutto da ex magistrati - formalmente, in realtà, magistrati militanti ancora nello spirito e nella mente, anche se senatori - che non ha voluto arrivare ad un accordo. Ci deve essere uno scontro, perché quest'Aula deve essere teatro di uno scontro finale.

La riforma Castelli deve essere cancellata in quanto vista come un vulnus al potere della magistratura. Bisogna ristabilire l'ordine delle cose per le quali da anni, anni e anni questo Parlamento in materia di giustizia non può legiferare se la magistratura non è d'accordo. Questo è il dato fondamentale con il quale noi oggi dobbiamo ancora una volta misurarci. Credo che su questo gli stessi colleghi dell'attuale maggioranza dovrebbero meditare, anche se vedo che i giochi sono fatti.

Consiglio a tutti la lettura di un libro interessante, «Il giudice sovrano», che ci dimostra come questa deriva dicastocratica, permettetemi questo termine, sia un fenomeno mondiale, che non riguarda soltanto il nostro Paese. Ma oggi la partita si gioca su questo tema e credo sia ancora aperta. Vedremo come andrà a finire. Vedremo cosa faranno le forze di natura parlamentare, alle quali il ministro Mastella sicuramente appartiene. Oggi il Ministro si è speso moltissimo per trovare un accordo. Non c'è riuscito. Era circondato, li ho contati, da ben otto magistrati o ex magistrati. Non so se anche lui, al pari del primo ministro Prodi, per il quale è stato chiesto un comitato di sostegno, sia circondato da un comitato di sostegno o di controllo. Questo lo dovrà dire lui alla fine della sua avventura ministeriale (Applausi dai Gruppi LNP e FI), ma questo è il dato e dobbiamo prenderne atto. Su questo filone purtroppo in questi giorni dovremo avviarci. (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN).

CENTARO (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la proposta di non passare all'esame degli articoli non vuole essere una proposta meramente ostruzionistica, così come d'altra parte eravamo abituati nella scorsa legislatura, ma un'ultima possibilità di confronto e di dialogo.

Signor Ministro, ho apprezzato molto la sua voglia di arrivare ad una mediazione, ad un confronto, però, me lo permetterà, è arrivato un po' in ritardo, perché se già da quando lei è venuto in Commissione giustizia avesse indicato delle linee di riferimento in relazione alla modifica dell'ordinamento giudiziario, se già sulla base di queste si fosse inaugurata in Commissione la possibilità di un confronto concreto e costruttivo anche sulla modifica, oggi non ci troveremmo in «zona Cesarini», strozzati dall'incombere dell'Aula. Soprattutto, avremmo potuto discutere con maggiore serenità e tranquillità. Avremmo potuto veramente lavorare assieme. Tutto ciò non è avvenuto.

Solo in fase di replica lei ha indicato e ribadito una serie di linee di indirizzo. Ne ha discusso anche in sede di trattativa, ma tutto questo sembra frutto di una sollecitazione, di una rincorsa, di un voler dire: «noi qualcosa nel cassetto lo abbiamo». Ma sino a ieri - ieri quasi temporale - tutto ciò non appariva e addirittura rappresentanti del Governo dicevano che avrebbe dovuto essere il Parlamento, e non il Governo, a ipotizzare il nuovo scenario della riforma.

Evidentemente tutto questo ha fatto perdere tempo e alla fine ci siamo ritrovati con una discussione nella quale sono emersi momenti particolarmente incisivi ed importanti.

Credo, signor Ministro, che tutti concordino sulla necessità di evitare che l'azione disciplinare crei degli ingolfamenti e di rivederla in alcuni passaggi. Ci siamo però fermati su alcuni punti essenziali. Al di là, infatti, della circostanza che lei comunque ha affermato di condividere, ovvero della possibilità di ipotizzare la separazione delle funzioni - poi si vedrà come, e lo stesso, tutto sommato, hanno fatto alcuni colleghi in Commissione dicendo che l'impossibilità della separazione delle funzioni non è un dogma assolutamente intoccabile - alla fine ci si è arenati purtroppo e soprattutto non sulla sostanza, ma su determinati aggettivi che potevano essere mera apparenza politica e che come tali venivano colti da chi, in proposito il collega Castelli probabilmente avrà anche pensato male, ma, come si suol dire, a pensare male forse ci si indovina, cerca a tutti i costi di condizionare la politica da fuori e di eterodirigerla.

Ecco perché il ritorno in Commissione, il non passaggio agli articoli apre, in modo assoluto, lo scenario al confronto costruttivo su ogni punto, evidentemente con una prevalenza dell'indirizzo della maggioranza, perché questo è fin troppo evidente, il risultato elettorale è fuori discussione, ma con la certezza che si possa procedere nei tempi e con i modi giusti, senza diktat.

Vede, a proposito di pensare male, c'è chi ha parlato di cambiali che erano state sottoscritte dall'Associazione nazionale magistrati. Ricordo che in fase prelettorale, in un dibattito svoltosi a Catania davanti all'ANM locale, cui parteciparono rappresentanti del Parlamento oggi presenti in Senato, si disse che in ogni caso si sarebbe subito sospesa la riforma dell'ordinamento giudiziario con decreto-legge e che poi si sarebbe valutato su come procedere.

C'era un convitato di pietra, che forse era anche presente nell'aula in cui abbiamo trattato e discusso, che con i suoi niet tecnici o pseudo tali ha escluso, a fronte di una disponibilità che abbiamo percepito e che ci è stata manifestata da parte dell'elemento politico, la possibilità di arrivare non ad uno stravolgimento del vostro indirizzo, ma all'attuazione di un modo di intendere la giurisdizione, in particolare l'ufficio del pubblico ministero, in cui non è pensabile che vi possano essere difformità di indirizzo, in cui ci deve essere comunque un capo dell'ufficio che ovviamente va controllato nel suo operato, ma non dal Consiglio superiore della magistratura, non dall'assemblearismo, non dalle correnti, ma, nell'ambito della giurisdizione, dal procuratore generale della Cassazione che, fra l'altro, è contitolare con lei, signor Ministro, dell'azione disciplinare e che poteva intravedere in quel fascicolo, sottratto al pubblico ministero, l'ipotesi di un estremo d'azione disciplinare, ovvero per il procuratore come per il sostituto.

Allora, tutto questo ci ha portato a irrigidimenti, al voler accogliere dei totem, perché tali sono per coloro che purtroppo hanno dimostrato di sapere condizionare e eterodirigere questa maggioranza. Alla fine, però, perde la politica; perde cioè la possibilità che la politica si confronti senza avere a cuore interessi dell'una o dell'altra categoria, ma avendo a cuore un sistema che funziona e in ordine al quale tutti si affannano a dire che oggi non funziona. Ne vogliamo parlare? Noi siamo pronti al dialogo, ma non certamente con termini giugulatori e con la possibilità che l'incombere della discussione in Aula limiti il dibattito e impedisca i ragionamenti, fuori e dentro il luogo della trattativa, che fanno parte dell'attività della politica.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione delle proposte di non passare all'esame degli articoli.

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, il Gruppo UDC è particolarmente rammaricato per il fatto che, nonostante il tentativo, lungamente perseguito, di un'intesa politica su un fatto di regole istituzionali (come quello concernente l'ordinamento giudiziario), non sia stato possibile raggiungere l'accordo; è stato di fatto impossibile ottenere, da parte dei Gruppi della maggioranza, che non si sospendesse, dell'ordinamento votato dalla precedente legislatura, almeno la parte concernente il pubblico ministero.

Dico questo, perché abbiamo ripetutamente affermato, anche in quest'Aula, di essere favorevoli a cercare l'intesa sulle regole; ma, quando la nostra disponibilità è stata messa alla prova, purtroppo ci è stato detto che non era possibile.

Prendiamo atto con molto rammarico di questa impossibilità. Ci auguriamo che in futuro la maggioranza si possa pentire seriamente di quanto ha fatto oggi. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).

GHEDINI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GHEDINI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il passaggio al voto degli articoli è certamente un errore politico, poiché non credo che sia possibile oggettivamente prospettare ai cittadini italiani che una riforma quale quella dell'ordinamento giudiziario, che si attendeva da moltissimi anni, possa essere vanificata, rectius sospesa, con un atto di imperio dell'attuale maggioranza, su punti estremamente delicati e senza, peraltro, che vi siano delle norme transitorie che vadano a sanare le problematiche evidentissime. Sono infatti ormai entrate in vigore le parti della cosiddetta legge Castelli, che quindi verrebbe ad essere sospesa senza che a regime rimanga assolutamente nulla.

La votazione sugli articoli è quindi assolutamente un fuor d'opera, quando pacificamente si poteva trovare un accordo tra maggioranza ed opposizione per addivenire ad un testo che fosse veramente più consono alle esigenze della magistratura e della cittadinanza.

Vedete, bloccare ancora una volta la separazione delle funzioni, per cui chi è pubblico ministero il giorno dopo può andare a svolgere funzioni di giudicante, è una cosa straordinaria, che non è consentita in uno Stato di diritto e non è consentita dall'articolo 111 della Costituzione. Evitare, ancora una volta, che i procedimenti disciplinari abbiamo un'oggettiva tipizzazione è un qualche cosa che va al di là delle regole di diritto certe. Far sì che i concorsi vengano accantonati e si continui a procedere per anzianità è, anche questo, un fuor d'opera.

Mi rendo conto delle pressioni straordinarie che il potere giudiziario sta esercitando sulla maggioranza; ma a me pare che questa sarebbe l'occasione, vista la disponibilità che è stata data da tutta l'opposizione, per poter addivenire a norme concordate, per fare una breve pausa di riflessione vera e per riscrivere, in pochi giorni, questi articoli.

Mi pare straordinaria la tesi che non si sia in grado di apportare delle modifiche strutturali ad una legge che pacificamente è già in vigore. Vi sono stati anni e anni di discussione tra noi, nella passata legislatura, e mesi e mesi dalle ultime elezioni. Quindi, che ci si venga dire che non è possibile, per l'attuale maggioranza, avanzare una proposta oggettiva sull'ordinamento giudiziario significa una povertà di contenuti e di programmi che lascia stupiti; salvo che, come diceva il senatore Castelli, non ci sia soltanto la volontà di porre nel nulla una riforma che è lungamente aspettata dal Paese.

A me pare, quindi, che la sospensione della votazione degli articoli sia un atto dovuto, vista la disponibilità pacifica da parte di questa opposizione di arrivare ad un miglioramento di una legge che è già in vigore. L'incostituzionalità del provvedimento in esame si appaleserà immediatamente; non so come potrà il Capo dello Stato firmarlo e far sì che vengano sospese delle norme già in vigore, senza che rivivano le norme precedentemente abrogate.

Non ho, nella mia esperienza, mai visto una legge che preveda siffatto metodo e francamente non riesco a comprendere come si possa, anche con quei pannicelli caldi che sono gli emendamenti proposti dal Governo, addivenire ad un sistema che vada a regolamentare le norme pacificamente già abrogate.

Credo quindi che votare la proposta di non passare all'esame degli articoli, ai sensi dell'articolo 96, comma 2, del Regolamento del Senato, sia un atto dovuto.

CARUSO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, la proposta di questa mattina di sospendere i lavori dell'Assemblea e di avviare una possibile discussione fra le parti politiche presenti in Parlamento è giunta dal Ministro della giustizia e tutti noi lo sappiamo, ma tutti noi sappiamo anche che nelle passate settimane il problema dell'utilità di una possibile trattativa fra le parti politiche e del valore di un eventuale risultato positivo di questa trattativa non era sfuggito al presidente del Senato Marini, il quale anzi aveva in qualche maniera operato in quella direzione, che oggi abitualmente si chiama di moral suasion, perché le parti si incontrassero e si potesse giungere ad un risultato di questo tipo.

Il valore di questo risultato non deve sfuggire a nessuno: sarebbe stato un fatto assolutamente nuovo nel panorama politico e istituzionale del nostro Paese, un messaggio assolutamente innovativo, assolutamente originale nei confronti dei cittadini, abituati ormai da decenni a vedere le parti politiche del Paese contrapposte fra di loro sul tema della giustizia, se - pur ferme le posizioni di ciascuno in termini di principio - le parti avessero iniziato questo famoso dialogo da tutti declamato e mai da nessuno concretamente praticato.

Credo quindi che debba essere riconosciuta al presidente Marini la primogenitura nell'aver avviato questa possibilità di trattativa, di effettivo dialogo, con la «d» maiuscola, per poter pervenire a questo risultato nuovo da offrire alla comunità dei cittadini. Non siamo riusciti a pervenire ad un risultato, malgrado le componenti della Casa delle Libertà abbiano accettato di rinunciare alla critica di fondo, alla critica di scenario che avevano avanzato quando il Ministro della giustizia aveva proposto il disegno di legge di cui stiamo discutendo. Avevamo allora detto, questa primavera, all'inizio dei nostri lavori della XV legislatura, che se il Ministro, se il Governo, se l'attuale maggioranza non avessero condiviso in tutto o in parte la riforma che passa sotto il nome di riforma Castelli, avrebbero potuto proporre un disegno di legge che la modificasse in tutto o in parte, paradossalmente che la sopprimesse.

Il ministro Mastella più volte ci ha ripetuto che non era questo il suo intendimento, né quello dell'azzeramento della riforma, né quello dell'annullamento o della controriforma di qualche misura. Il ministro Mastella ci ha più volte ripetuto che egli intendeva, attraverso lo strumento della sospensione, eliminare qualche criticità che nel sistema e nell'ordinamento sembrerebbe verificarsi su almeno tre dei temi che la riforma Castelli ha inteso affrontare: l'ufficio del pubblico ministero e la sua riorganizzazione secondo un modello assolutamente innovativo, il processo disciplinare, invocato a parole dai magistrati ma che domani, quando questo disegno di legge - se la maggioranza sarà presente - sarà votato, sarà ancora una volta azzerato e infine il sistema dell'accesso in magistratura e dei concorsi.

Nelle riunioni di questa mattina e di questo pomeriggio - credo che se ne debba dare pubblico atto - ci siamo confrontati allo scopo principale di far emergere queste criticità. Per quanto riguarda il primo dei tre decreti legislativi in discussione, quello che individua il nuovo modello dell'ufficio del pubblico ministero (decreto-legislativo che è in vigore da ormai 7 mesi e che, possiamo ragionevolmente ritenerlo, resterà in vigore per almeno un anno, considerando i tempi che occorreranno dopo che il disegno di legge passerà dall'esame di Palazzo Madama alla Camera dei deputati, poi forse nuovamente in quest'Aula e sarà forse modificato), abbiamo verificato che non è stata segnalata alcuna criticità.

Abbiamo, viceversa, verificato, anche attraverso le autorevoli parole del senatore Mancino, attuale vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, come su un altro aspetto delle questioni, segnatamente sul disciplinare, vi siano delle riconosciute criticità. Ciò avviene analogamente con riferimento al terzo e maggiore provvedimento, quello che riguarda la riforma dell'accesso alla magistratura e dei concorsi. Abbiamo, in definitiva, proposto che, laddove non siano state riscontrate criticità, non occorre sospendere nulla. Sarebbe, anzi, un'indicazione assolutamente distorsiva quella di far entrare in vigore una disposizione e, dopo un anno che è in vigore, sospenderla, non per poi abrogarla - come il Ministro ha negato di voler fare - ma per modificarla nuovamente. Abbiamo, viceversa, convenuto che, laddove esistano delle criticità, saremmo stati disponibili a intervenire con correzioni concordate in tempo reale, destinate a migliorare il risultato concreto che, in definiva, è proposto agli operatori e ai cittadini, ovvero di procedere alla sospensione.

Su questo punto, signor Presidente, le nostre discussioni si sono arrestate sulle seguenti parole: per noi l'aggettivo «esclusivo» è un totem. Lei capisce bene, signor Presidente, che di fronte ai totem, non si può dialogare: il totem è ontologicamente un oggetto, una condizione di vita su cui è impossibile qualsiasi dialogo. Va rispettato, va infranto quando ve ne è la possibilità e la condizione (in questo caso la condizione è politica), ma non può essere oggetto di dialogo.

Oggi noi abbiamo responsabilmente offerto e il presidente Marini ha responsabilmente offerto alla sua maggioranza (ma egli ha mostrato di essere in questa circostanza senz'altro il Presidente di tutti senatori) la possibilità di smarcarsi rispetto a quello che è stato chiamato il «convitato di pietra», piuttosto che quello che è stato chiamato il «trattario della cambiale elettorale». È un'opportunità che in questo momento la maggioranza sembra aver declinato.

Io sono del partito di «mai dire mai». Quindi, credo che, attraverso la ridiscussione del disegno di legge in Commissione e il non passaggio agli articoli, si possa mantenere aperto questo spazio opportuno che il Presidente del Senato ha voluto offrire a tutti noi. (Applausi dai Gruppi AN, FI e LNP).

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). Intervengo in dichiarazione di voto per chiedere all'Aula il voto favorevole alla proposta di non passaggio agli articoli illustrata dal presidente Castelli.

Il presidente Castelli ha già spiegato, in maniera assolutamente compiuta, il significato di tale proposta. Si tratta di questioni che abbiamo già affrontato all'inizio, in relazione all'incostituzionalità del provvedimento. La mera sospensione di parte dei decreti legislativi attuativi di una legge delega, così com'è prevista, senza che vi sia stata una constatazione di incostituzionalità, riscontrata nell'applicazione delle norme, quindi non una risposta nei confronti dei risultati che l'applicazione delle stesse ha prodotto o sta per produrre, fa ritenere le motivazioni espresse dal senatore Castelli assolutamente fondate.

Sospendendo in questo modo l'efficacia dei decreti legislativi, si crea una grave confusione nell'ordinamento giudiziario e si realizza, altresì, un'ulteriore difficoltà per una futura ed eventuale modifica (che sarebbe stata più opportuna) del testo della legge delega e, conseguentemente, dei decreti legislativi.

Per le modalità con cui è stata effettuata la sospensione, ritengo che la proposta di non passaggio all'esame degli articoli, avanzata dal senatore Castelli, sia assolutamente da prendere in considerazione, e su di essa auspico pertanto il voto favorevole dell'Assemblea. (Applausi dal Gruppo LNP).

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, esprimo il voto contrario del Gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea a questa richiesta di non passaggio all'esame degli articoli. Nel corso del mio intervento vorrei anche spiegare brevemente su quale punto oggi c'è stata la rottura.

Dopo molte ore di discussione, il senatore Castelli - forse stanco - si è accorto del comitato di controllo di magistrati intorno al ministro Mastella, ma non del suo comitato di controllo di magistrati senatori, cioè di quel gruppo che era intorno a lui: pertanto, ritengo che su questo punto siamo alla pari. Sia il ministro Mastella che il senatore Castelli avevano alle spalle un comitato di senatori magistrati o ex magistrati (Applausi dal Gruppo RC-SE).

Passando, invece, al punto della rottura - dal momento che i problemi affrontati sono già stati ricordati da più parti - non vorrei che passasse l'idea che la spaccatura si sia verificata per il totem dell'"esclusivo", quando, invece, ha avuto luogo su un problema più grave, di fondo, che tocca il cuore della riforma Castelli, e cioè sui poteri del capo dell'ufficio del pubblico ministero.

Noi volevamo che tale capo non fosse il titolare esclusivo dell'azione penale; non solo, desideravamo che esso esercitasse l'azione penale delegandola ai suoi sostituti e, nel caso di rottura degli accordi o di contrasto, fosse previsto il ricorso al Consiglio superiore della magistratura. La Casa delle Libertà, invece, voleva che questo ricorso andasse al procuratore generale, causando così uno stravolgimento dell'ufficio, all'interno del quale, con l'attribuzione di poteri veramente impropri al procuratore generale, ci sarebbero stati due capi che avrebbero potuto risolvere la situazione in due modi differenti.

Procuratore generale e procuratore capo avrebbero potuto trovare un accordo diretto: il primo avrebbe cioè potuto dire al capo di fare quello che voleva, poi avrebbe risolto lui i conflitti a suo piacimento, oppure, avrebbero potuto trovare un'altra soluzione, ancora più inquietante; il procuratore generale avrebbe, cioè, potuto lanciare ai sostituti un messaggio del tipo: «Non vi preoccupate del procuratore capo, fate ricorso che a voi penso io».

Il problema è stato, dunque, quello di non stravolgere un ufficio e di ridargli funzionalità. Siamo convinti che tale ufficio, essendo gerarchico, debba essere governato dal capo, ma non stravolgendo i canoni di un corretto uso di questo potere, né stravolgendo l'ordinamento giudiziario in uno dei suoi punti fondamentali.

Quindi, io sono d'accordo nel respingere la richiesta di non passaggio all'esame degli articoli e nell'affrontare la questione con maggiore calma e con maggiore ponderazione dopo la sospensione dei decreti.

A questo punto, però, la rottura non poteva essere evitata perché saremmo stati appunto responsabili innanzitutto di una delegittimazione del CSM e poi di uno stravolgimento delle regole interne di funzionamento di un ufficio vitale per l'organizzazione giudiziaria. (Applausi dal Gruppo RC-SE.)

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi abbiamo fatto tutto il possibile per avviare subito un confronto serio sulle norme in materia di ordinamento giudiziario, essendo convinti che l'ordine giudiziario e il sistema giustizia abbiano bisogno di nuove norme, quanto più possibili condivise, in materia di ordinamento giudiziario.

Per tale ragione il nostro atteggiamento in questi giorni è stato di chi tende la mano per trovare già adesso una possibile intesa sul disegno di legge in discussione, che sospende le norme delegate, sulle proposte e sui progetti da tradurre quanto prima possibile in norme di legge. Abbiamo voluto l'incontro di questa mattina e abbiamo voluto la discussione di merito svolta in queste ore, avanzando la proposta di salvare alcune delle norme dei decreti Castelli.

L'intendimento politico era quello di dare un segnale all'opposizione: facciamo scemare il contrasto, cerchiamo un punto di incontro e poi lavoriamo assieme, anche abbreviando i tempi della sospensione, per arrivare prima alla definizione di norme sull'ordinamento giudiziario che possano raccogliere un consenso più ampio rispetto ai limiti della maggioranza di Governo.

Sul decreto che si riferisce ai concorsi, su quel meccanismo complesso che ha suscitato riserve e che anche voi ritenete degno di riesame, si stava raggiungendo un accordo per bloccarlo, sospenderlo e in seguito riaffrontarlo con calma insieme. Anche sull'azione disciplinare si era pensato, pur convenendo sostanzialmente sulle linee di una modificazione delle norme Castelli, di fermarci e di lavorare con maggiore capacità di riflessione e con tempi non strettissimi.

Mi pare che sia stato difficile, e ad un certo punto impossibile, portare avanti il confronto avviato e giungere tra noi ad un punto di consenso sul tema molto delicato dell'assetto e del funzionamento degli uffici di procura.

È evidente che quando si vuole stabilire, come voi avete proposto fino all'ultimo, creando da parte nostra delle difficoltà, che sia il procuratore generale a decidere sulla revoca del procedimento e sull'eventuale contrasto insorto tra sostituto e procuratore della Repubblica, allora si introduce una configurazione degli uffici di procura, e più in generale della magistratura requirente, corrispondente proprio a quel modello gerarchico da noi più volte messo in discussione.

Quindi, è difficile trovare, nell'intervallo di tempo tra la seduta antimeridiana e pomeridiana, un'intesa su questo punto.

Voglio dire con franchezza ai colleghi che hanno parlato, al collega Castelli che è portatore nell'ambito di questo dibattito di una posizione di critica più radicale rispetto alle nostre proposte, che non è soltanto per ragioni funzionali che abbiamo voluto e vogliamo la sospensione dei decreti delegati. Non è solo perché il Consiglio si è appena rinnovato, non è soltanto per superare difficoltà organizzative che è stato presentato il disegno di legge di sospensione; o meglio, vi sono ragioni di funzionalità, ma vi sono anche ragioni di funzionalità derivanti da norme che a nostro avviso sono sbagliate.

Per quello che riguarda le norme in materia di responsabilità disciplinare, se s'introduce l'obbligatorietà dell'azione disciplinare senza stabilire un filtro, un potere di archiviazione per l'irrilevanza dei fatti, si porta il sistema al collasso; come pure, prevedere nei procedimenti disciplinari un intervento di un delegato del Ministro accanto alla procura generale è, a nostro giudizio, norma non accettabile.

Allora, noi non condividiamo questi aspetti delle norme sull'ordinamento giudiziario; abbiamo voluto la sospensione per poter costruire insieme, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, nuove norme più soddisfacenti che siano anche sottratte allo scontro che ha accompagnato la politica della giustizia nella scorsa legislatura.

Si dice che occorre legiferare indipendentemente dalle spinte particolari; ho sentito parlare qui di convitati, di un comitato che circonda il Ministro e che sarebbe portatore di interessi particolari. Sono letteralmente stupefatto, perché abbiamo visto giocare nella preparazione e nell'approvazione di leggi in tema di giustizia interessi particolari; lo abbiamo visto nella scorsa legislatura, nelle leggi che non abbiamo condiviso, che abbiamo criticato e che a tutti i costi la maggioranza ha voluto imporre al Parlamento. Allora, non trascinateci per i capelli verso la riapertura di una polemica che non conviene a nessuno e che non aiuta il nostro lavoro. Non ci sono interessi particolari che dettino le nostre scelte qui: c'è una concezione dell'ordinamento giudiziario che evidentemente non corrisponde alle idee guida dei decreti delegati, almeno per certi aspetti.

Quindi, noi diciamo di ridiscutere insieme; è possibile - per quello che ho sentito anche nella riunione di oggi - trovare punti d'intesa comune; abbassiamo dunque il tono delle polemiche e cerchiamoli. Per far questo, però, la maggioranza ritiene che la sospensione dei decreti - avremmo voluto una sospensione parziale, non siamo riusciti a trovare questa intesa - ci consenta un lavoro serio e un confronto nel merito.

Ho ascoltato con attenzione, e lo ringrazio, il collega D'Onofrio, il cui intervento è stato tra i più pacati nella discussione di pochi minuti fa; penso che sia possibile la convergenza, sulla base di quel che ho ascoltato nel suo intervento, che dobbiamo cominciare a costruirla subito, che già un pezzo - piccolo purtroppo - di cammino lo abbiamo fatto nella giornata di oggi.

Per questo, noi chiediamo ai colleghi, a tutti i colleghi - l'opposizione naturalmente si regolerà come meglio crede e sulla base delle proprie scelte politiche - di respingere la proposta di non passaggio all'esame degli articoli, che ripropone una contrapposizione che non è nel merito e che rifiuta la pausa, la riflessione che invece noi riteniamo indispensabile al confronto.

Per questo voteremo contro il non passaggio all'esame degli articoli e dalle prossime ore siamo pronti al confronto in Commissione giustizia, fuori da essa, nel dibattito che deve aprirsi per arrivare al più presto possibile - ben prima del mese di luglio - a definire norme nuove su quelle materie dell'ordinamento giudiziario rispetto alle quali abbiamo sospeso l'efficacia dei decreti delegati. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, delle proposte di non passare all'esame degli articoli, avanzate dai senatori Castelli e Centaro.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

311

Maggioranza

156

Favorevoli

155

Contrari

156

Astenuti

0

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo ora all'esame degli ordini del giorno, già illustrati nel corso della discussione generale e sui quali invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

SALVI, relatore. Signor Presidente, giustamente il presentatore ha differenziato tra i singoli decreti, nel dubbio che per alcuni e non per altri il Governo volesse riferire. Poiché mi sembra doveroso che il Governo riferisca in Parlamento sullo stato di attuazione dei provvedimenti ed il tenore degli ordini del giorno è il medesimo, esprimo parere favorevole su tutti gli ordini del giorno.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere favorevole.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Poiché ritengo importante l'ordine del giorno G1, insisto per la sua votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'ordine del giorno G1, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

310

Senatori votanti

309

Maggioranza

155

Favorevoli

270

Contrari

23

Astenuti

16

 

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Poiché il senatore Castelli non insiste per la loro votazione, gli ordini del giorno G2, G3, G4, G5, G6, G7 e G8, accolti dal Governo, non saranno posti ai voti.

CENTARO (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, ai fini della individuazione delle ragioni a base degli emendamenti, poiché si tratta di tre decreti delegati tutti concentrati sull'articolo 1, cui sono riferiti la maggior parte degli emendamenti presentati, trattandosi di materie assolutamente differenti, per evitare delle indicazioni molto generiche, sarebbe utile si illustrassero gli emendamenti riferiti ad ogni singolo decreto delegato, ancorché ricompreso nell'articolo 1, piuttosto che fare un discorso assolutamente generale e omnicomprensivo.

PRESIDENTE. Senatore Centaro, credo che dobbiamo procedere secondo il sistema abituale.

Do lettura del parere espresso dalla 5ª Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti: «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo ed i relativi emendamenti trasmessi, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo sul testo, nel presupposto che, secondo i chiarimenti forniti dal Governo, dalla sospensione delle norme già in vigore dei decreti legislativi di cui all'articolo 1 del provvedimento in esame, non derivano conseguenze negative sul bilancio dello Stato, non avendo le norme stesse, ad oggi, prodotto effetti di carattere finanziario.

Esprime inoltre parere di nulla osta sugli emendamenti, ad eccezione delle proposte 1.12, 1.24, 1.23, 1.95, 1.96, 1.97, 1.98, 1.334, 1.99, 1.335, 1.100, 1.336, 1.101, 1.337, 1.102, 1.103, 1.104, 1.338, 1.105, 1.339, 1.340, 1.341, 1.342, 1.118, 1.343, 1.123, 1.344, 1.127, 1.345, 1.346, 1.347, 1.137, 1.348, 1.349 e 1.350, sulle quali il parere è contrario, nonché delle proposte 4.5, 4.301, 4.6, 4.7 e 4.8, sulle quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione».

Onorevoli colleghi, a norma dell'articolo 97 del Regolamento, sono improponibili gli emendamenti estranei all'oggetto del disegno di legge che, in questo caso, concerne la sospensione dell'efficacia delle disposizioni recate dai decreti legislativi nn. 106, 109 e 160, nonché di alcune altre norme ad essi collegate.

La Presidenza ritiene pertanto ammissibili unicamente gli emendamenti diretti a modificare il termine di sospensione ovvero a limitarlo a uno o più decreti legislativi, ovvero a modularlo differentemente per i singoli decreti. Ritiene altresì ammissibili gli emendamenti diretti a limitare gli effetti della sospensione a singole parti dei decreti legislativi, a condizione che essi non incidano sull'impianto normativo complessivo del decreto legislativo in questione, in modo da determinarne o una surrettizia modifica nel merito ovvero una sostanziale inapplicabilità.

Risultano invece improponibili gli emendamenti 1.12, 1.24, 1.23, 1.35, 1.317, 1.37, 1.318, 1.26, 1.38, in quanto sospendono l'efficacia dell'articolo 1 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, consentendo però l'immediata applicazione o la modificazione del termine di sospensione di altre disposizioni del decreto esplicitamente correlate all'articolo 1 stesso.

Sono altresì improponibili gli emendamenti da 1.46 a 1.59, in quanto ognuno di essi sospende l'efficacia, con effetti del tutto incomprensibili, di singole fattispecie incolpatrici tra quelle previste dalla tipizzazione degli illeciti disciplinari recata dal decreto legislativo n. 109 del 2006.

Sono improponibili gli emendamenti 1.326, 1.95, 1.96, 1.97, 1.102, 1.103, 1.118, 1.409, 1.410, 1.411, 1.412, 1.414, 1.416, 1.419, 1.420, 1.426, 1.431, 1.432, in quanto determinano l'applicazione immediata di disposizioni recate dai singoli decreti legislativi che fanno riferimento esplicito ad altre disposizioni dei medesimi decreti la cui efficacia viene invece sospesa.

Sono, infine, improponibili gli emendamenti 3.301, 4.0.300, 4.0.301, 4.0.302, 4.0.303, in quanto apportano modifiche di merito ai decreti legislativi in questione, alla legge delega o ad altri decreti legislativi in materia di ordinamento giudiziario.

PASTORE (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (FI). Signor Presidente, siccome lei sta dando lettura di una lunga lista di emendamenti, desidereremmo non solo riceverne una copia, ma anche che ci sia concesso qualche minuto per orientarci sugli emendamenti stessi, altrimenti rischiamo di parlare su emendamenti non proponibili o per i quali non c'è copertura senza avere la possibilità di contestare, soprattutto per questi ultimi, le decisioni della Commissione bilancio.

CARUSO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, in parte la mia osservazione coincide con quella del senatore Pastore ma, nello specifico, vorrei richiamare la sua attenzione sull'emendamento 3.600 (testo 2).

Se non mi è sfuggito nella sua rapida lettura il passaggio relativo a questo emendamento, ho compreso che esso è ritenuto dal Presidente del Senato pertinente, compatibile e non esorbitante dall'impianto del disegno di legge per come fu a suo tempo presentato.

Vorrei sapere, signor Presidente, se la mia interpretazione è giusta perché, se così non fosse, allora parte del mio intervento non avrebbe più importanza.

PRESIDENTE. Senatore Caruso, l'emendamento 3.600 è stato dichiarato proponibile, perché è stato modificato. Le farò pervenire il testo 2 dell'emendamento. Le ricordo che il testo originario di tale emendamento era stato dichiarato improponibile, mentre così non è stato per il testo 2.

CARUSO (AN). Signor Presidente, sono dell'opinione che il testo 2 dell'emendamento 3.600 è ancora meno proponibile del testo 1.

Al di là di questa, che è una valutazione di merito, voglio richiamare l'attenzione su questo singolare balletto della proponibilità e della improponibilità degli emendamenti. Conosciamo tutti bene la norma di Regolamento da lei, signor Presidente, richiamata, talmente bene da sapere anche perfettamente in quale maniera la stessa sia stata tradizionalmente, storicamente applicata dall'Aula del Senato e, di conseguenza, dalle Commissioni del Senato. Sappiamo perfettamente come l'applicazione della stessa abbia avuto particolare rigore con riferimento alle leggi di conversione di decreti-legge e attenuato, attenuatissimo, inesistente rigore con riferimento ai disegni di legge ordinari, quale è quello al nostro esame.

Quando tale provvedimento si è affacciato ai lavori della Commissione si è posta immediatamente la questione della improponibilità o proponibilità di taluni emendamenti. Il presidente Salvi ritenne, sospendendo per questa ragione i lavori della Commissione, di sottoporre la questione al Presidente del Senato.

Il Presidente del Senato comunicò un'interpretazione non restrittiva, ma restrittivissima della norma di Regolamento di cui oggi si discute, per la prima volta applicata in questa legislatura e in termini assoluti. Richiamo, infatti, signor Presidente, la sua attenzione e la sua memoria all'ultimo dei controversi decreti‑legge di cui si è occupata quest'Aula e mi riferisco al decreto-legge Bersani. Tutti noi sappiamo benissimo che il decreto-legge Bersani è entrato in quest'Aula in una certa maniera e sappiamo benissimo che ne è uscito arricchito - ad uso degli stenografi preciso che l'aggettivo «arricchito» è impiegato in senso strettamente eufemistico - attraverso un utilizzo tradizionale della norma di Regolamento che disciplina il sistema di proponibilità o improponibilità degli emendamenti.

In questa occasione, per la prima volta il Presidente del Senato torna alla più stretta, strettissima ortodossia e, con riferimento all'emendamento 3.600 (testo 2) del Governo, contraddice, signor Presidente, se stesso. Questo emendamento è assolutamente distante, assolutamente estraneo alla volontà legislativa contenuta nel disegno di legge e, quindi, la invito, signor Presidente, a riconsiderare la sua decisione e a dichiararlo improponibile.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, volevo sapere se anche l'emendamento 3.600, presentato dal Governo, è stato dichiarato improponibile.

 

PRESIDENTE. No, l'emendamento 3.600 (testo 2) è stato dichiarato ammissibile.

PALMA (FI). Signor Presidente, rilevo che è stato dichiarato improponibile l'emendamento 3.301, da me presentato e concernente l'articolo 3 del disegno di legge. Quell'articolo non prevede la sospensione di una norma dell'ordinamento giudiziario, come accade per gli articoli 1, 2 e 4 del provvedimento, ma la sospensione di una norma relativa alla legge istitutiva del Consiglio superiore della magistratura e in particolare il rientro in ruolo dei consiglieri superiori uscenti.

Signor Presidente, quando si ritiene, come è scritto nel disegno di legge, di dover modificare quella norma, vale a dire l'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, abrogando implicitamente, sia pure temporaneamente, una disposizione del 2002 per fare rivivere una precedente disposizione del 1958, e si assume che questa disposizione dev'essere in vita, previa sospensione delle altre, fino al 31 luglio del 2007 (con buona pace del senatore Brutti che poc'anzi faceva riferimento a leggi ad personam), sostanzialmente si crea una legge ad personas che riguarda i sedici componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.

Signor Presidente, vorrei capire la ragione per la quale viene dichiarato improponibile un emendamento che riguarda specificatamente la disciplina del rientro in ruolo dei consiglieri superiori uscenti, quando nel disegno di legge si consente di modificare quella disciplina attraverso la sospensione di una norma del 2002 che, essendo protratta per un anno, consente ai sedici consiglieri superiori uscenti di giovarsi della precedente normativa. Davvero non riesco a comprendere le ragioni di questa improponibilità.

PASTORE (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (FI). Signor Presidente, avevo chiesto copia del testo degli emendamenti improponibili, che ancora non vedo, ma anche una breve sospensione per avere il tempo di verificare sia le improponibilità sia il parere della 5a Commissione.

In ogni caso, ove non ritenesse opportuna questa sospensione, vorrei fare un richiamo al Regolamento per quanto concerne la improponibilità degli emendamenti. Mi dica lei se devo proseguire o se è d'accordo con la sospensione.

 

PRESIDENTE. Senatore Pastore, prosegua pure il suo intervento. Per quanto riguarda la copia degli emendamenti, stiamo provvedendo.

 

PASTORE (FI). Signor Presidente, mi richiamo ai criteri seguiti per dichiarare l'improponibilità degli emendamenti. Il collega Caruso ha citato un esempio contrario, quello del decreto-legge Bersani. Se mi consente, citerò un esempio ancora più significativo determinatosi in questa legislatura e che presenta due aggravanti, forse tre. La prima aggravante è che si trattava di un decreto-legge per il quale i criteri di omogeneità del contenuto sono molto più stringenti di quelli concernenti una normale iniziativa legislativa, come un disegno di legge.

La seconda aggravante è che quel decreto-legge conteneva la sospensione di un termine regolamentare ben preciso al quale il Governo ha attaccato la sospensione di termini per l'adozione e l'efficacia di decreti legislativi e di termini per l'adozione di leggi delega, introducendo addirittura nuove fattispecie di leggi delega, facendo in sostanza di tutto e di più.

Vorrei sapere, signor Presidente, se esiste un Regolamento scritto per la maggioranza di centro-sinistra e ne esiste un altro per l'opposizione di centro-destra. (Applausi dal Gruppo FI).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, non ho ancora ricevuto il testo riformulato dell'emendamento 3.600, ma dal contenuto di quello precedente capisco che è prevista anche la riammissione in ruolo in caso di soprannumero.

Vorrei ricordare che questo tema è stato ampiamente dibattuto durante la scorsa legislatura in sede di approvazione della riforma e che la Presidenza della Repubblica ha sempre dichiarato che il soprannumero era inammissibile per motivi costituzionali, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Visto che viene portato in Aula, è chiaro che ci vuole un parere della Commissione bilancio.

Nella confusione dell'Aula, chiedo scusa, non ho capito se questo sia stato espresso o meno. In caso di risposta negativa, come presumo, ci dovrà essere una votazione elettronica, perché l'Aula deve votare su un emendamento che patentemente non ha copertura finanziaria. (Applausi del senatore Galli).

PRESIDENTE. Colleghi, per quanto riguarda il testo più contestato, quello del Governo, devo ricordare che, nella prima versione dell'emendamento 3.600 la sospensione non c'era, mentre invece nella sua seconda versione, emendamento 3.600 (testo 2), c'è. Ecco perché quest'ultimo è stato dichiarato ammissibile.

Ad ogni modo la Presidenza, tenendo conto di queste valutazioni, compresa quella del senatore Palma, quando arriveremo all'esame dell'articolo 3, darà le valutazioni del caso.

Procediamo all'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Passiamo all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, intervengo per illustrare brevemente alcuni emendamenti.

Come segnalato prima dal senatore Centaro, di fatto la parte assolutamente pregnante del provvedimento è l'articolo 1. Forse sarebbe stato meglio suddividerlo per argomenti, visto che comprende i tre decreti legislativi, ma prendo atto della decisione della Presidenza che, a termini di Regolamento, è ineccepibile.

Intanto, credo che una premessa sia necessaria. I nostri emendamenti sono stati scritti in modo sicuramente criticabile, in modo non razionale, ma c'è una motivazione ben precisa. In questo caso è stato adottato, soprattutto in Commissione, d'accordo con la Presidenza del Senato, un atteggiamento assolutamente restrittivo sugli emendamenti presentati, per cui sono stati dichiarati ammissibili soltanto gli emendamenti che intervenivano nel merito temporale delle norme. Quindi, non ci è stato possibile costruire emendamenti che avessero un senso compiuto, pena il rischio di vederli dichiarare inammissibili. Dunque, sono emendamenti scritti alla rovescia. Ma è stato fatto, non perché siamo ignari di tecnica legislativa, bensì perché in questo modo sarebbe stato comunque possibile discutere di alcune modifiche.

Sostanzialmente, si tratta di emendamenti che intervengono, punto per punto, articolo per articolo, comma per comma, modulando l'entrata in vigore delle norme. Quindi alcuni, se da soli, non hanno organicità, bisognerebbe riuscire ad approvarli o a bocciarli pacchetto per pacchetto.

Il più importante è l'emendamento 1.1, con il quale si chiede la soppressione dell'articolo. È chiaro che la sua votazione (lo stesso valeva per quella di poco fa) sarà assolutamente determinante, proprio perché, come dicevo prima, l'articolo 1 è sostanzialmente il cuore del provvedimento. Se l'emendamento, tra l'altro presentato da numerosi altri colleghi, venisse approvato, evidentemente il provvedimento decadrebbe perché non vi sarebbe più la sospensione dell'efficacia dei decreti cui fa riferimento l'articolo 1. Quindi questo emendamento è il più importante e significativo di tutti quelli che abbiamo presentato.

Alcuni emendamenti che intervenivano sull'incompatibilità, che intervenivano su un fenomeno che sostanzialmente crea molti problemi all'immagine della magistratura, sono stati dichiarati inammissibili dalla Presidenza. Francamente non ne ho capito il motivo.

La norma sulla incompatibilità, tra l'altro prevista anche dal vecchio ordinamento giudiziario, era nata al fine di evitare che vi siano negli stessi uffici giudiziari padri e figli, marito e moglie, fratelli e quant'altro. Dai dati che avevamo elaborato emergeva un'incompatibilità tra parenti che lavoravano negli stessi uffici giudiziari.

Tale fenomeno riguarda circa il dieci per cento dei magistrati, quindi un numero assolutamente importante, per cui sarebbe assolutamente raccomandabile mantenere in vita questa norma. Ricordo che si tratta di una scelta che crea sconcerto, perché la norma dell'incompatibilità vale per tutti. Un sindaco, per esempio, non può chiaramente nominare il fratello o la moglie assessore e questo è un dato assolutamente pacifico: è ovvio che i parenti non possano operare nello stesso ufficio, qualunque esso sia. Questa norma vale per tutti gli italiani, vale per tutti gli uffici, ma non vale per un'unica categoria: i magistrati.

Tra l'altro, il fatto è ancora più paradossale perché il regio decreto del 1941, che riguarda l'ordinamento giudiziario, prevede ovviamente tale disposizione, ma essa è stata modificata da una norma che prevede che l'incompatibilità possa essere superata nel caso di deroga del CSM. Questa deroga è ormai diventata una prassi e quindi assistiamo ad un malcostume che vede fratelli o marito e moglie svolgere la carica di magistrati nello stesso ufficio giudiziario o, ancora, figli ricoprire la carica di avvocati dove i padri esercitano la funzione di magistrato.

Mi raccomanderei all'Aula soprattutto su questo aspetto, perché, se approvasse gli emendamenti che sono rimasti in vita sul tema, darebbe un segnale di moralizzazione della vita pubblica, mentre lascerebbe un segno assolutamente negativo se bocciasse gli emendamenti che appunto prevedono il superamento di questa norma con la cogenza dell'incompatibilità. Credo che questo sia uno dei punti fondamentali.

Il Presidente ha elencato molto in fretta, com'è giusto che sia, gli emendamenti improponibili, forse tra questi ce n'è anche qualcuno di quelli a difesa dei quali sono intervenuto, ma mi riservo, in sede di dichiarazioni di voto, di essere più preciso. (Applausi del senatore Galli).

CARUSO (AN). Signor Presidente, non sono riuscito, e l'ho già confessato, a prendere debitamente nota di tutti gli emendamenti dichiarati improponibili e segnatamente dei miei, né ho la lista, che non è stata posta a disposizione dei senatori o quantomeno non è pervenuta a me. Questo mi impedisce di illustrare puntualmente emendamento per emendamento. Mi limiterò dunque a fare un discorso generale; del resto, questo è in definitiva possibile.

Il discorso generale si riallaccia, peraltro, con quello poco fa pronunciato circa le ragioni del sostegno, mio e del Gruppo di Alleanza Nazionale, assicurato alla richiesta del presidente Castelli di non passaggio agli articoli.

Voglio richiamare l'attenzione dei colleghi dell'Aula sul fatto che, per esempio... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia un po' di silenzio.

 

CARUSO (AN). Come dicevo, gli emendamenti da me proposti intervengono in una prima area, quella della proposta di non procedere alla sospensione di alcuni dei decreti delegati ormai in vigore, naturalmente come ipotesi subordinata rispetto a quella di non sospenderne alcuno e quindi, in definitiva, di rinunciare alla parte centrale del proposito normativo.

Con riferimento a ciascuno dei tre decreti delegati oggi in vigore, devo ricordare che quello che riguarda il pubblico ministero, ad esempio, è uno strumento normativo - di cui è chiesta la sospensione - composto solamente da otto articoli. Di questi, il primo costituisce una semplice enunciazione di principio; il secondo rappresenta un po' il cuore della riforma, perché indica i poteri; i restanti sei sono semplicemente e pedissequamente attuativi dei primi.

Signor Presidente, sospendere questo decreto legislativo, affermando che non si vuole dare luogo all'azzeramento della riforma, ma che si vuole semplicemente procedere alla futura e ragionata modifica della riforma stessa, proposta dal Governo di centro-destra nella XIV legislatura, è - non me ne vogliano i colleghi e non me ne voglia lei, signor Presidente - una marcata, una dichiarata, una non revocabile in dubbio grande ipocrisia.

L'opzione alternativa contenuta negli emendamenti a mia firma, che recano, come contenuto propositivo, la sospensione solo di alcuni dei decreti legislativi e non di tutti e tre, come il Ministro ha proposto, riguarda, ad esempio, il decreto legislativo n. 109 del 2006, in materia di procedimento disciplinare. Anche in questo caso si tratta di una trentina di articoli, di gran parte dei quali non è possibile revocare in dubbio la assoluta condivisibilità.

Non posso pensare che il ministro Mastella o la maggioranza di centro-sinistra vogliano non condividere il principio enunciato già solo nell'articolo 1 della prima sezione del Capo I del decreto legislativo, che parla dei doveri dei magistrati. Posso immaginare che il ministro Mastella, che parte della maggioranza, che l'intera maggioranza attuale non condivida il catalogo dei disvalori contenuto nell'articolo 2, ma si tratta di un catalogo dei disvalori articolato in decine di punti, alcuni dei quali, ancora una volta, mi sembrano assolutamente non revocabili in dubbio.

Apro una breve parentesi, signor Presidente. Nella XIV legislatura ho avuto l'onore di presiedere la Commissione giustizia; so bene come sono nate queste norme, ne conosco non solo i momenti immediatamente formativi, ma anche i momenti mediatamente formativi. Ritengo di poter essere creduto, come memoria storica su questo punto, se dico che nel catalogo dei disvalori ritroviamo, in sostanza, quella che fu una proposta del centro-sinistra, quando era ministro della giustizia l'attuale giudice costituzionale Giovanni Maria Flick.

Pertanto non posso credere che tutto questo apparato debba essere necessariamente sospeso. Né posso credere che si vogliano revocare in dubbio le scansioni della sanzioni, come sono contenute nella seconda sezione del decreto legislativo, e la relativa didascalica esplicazione.

Allora mi domando: che necessità vi è di sospendere uno strumento complesso, che è un valore aggiunto consegnato ai cittadini? Questi oggi sanno che anche chi li giudica non è immune da giudizio; anche chi li giudica, anche chi ha lo smisurato potere di privarli della libertà può, a sua volta, essere giudicato, non peraltro al di fuori della sua enclave. Dobbiamo infatti ricordare che giudice dei giudici restano i giudici, attraverso il Consiglio superiore della magistratura. Perché eliminare questo valore aggiunto di democrazia e trasparenza che è stato consegnato ai cittadini? Perché procedere ancora una volta ad una ipocrita sospensione?

Sono perfettamente consapevole - l'ho detto senza infingimenti in ogni sede, parlamentare e non parlamentare e attraverso i mezzi d'informazione - che anche questo pezzo della riforma Castelli, che riguarda il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati che se lo meritano, richiede un intervento di perfezionamento.

Si è cercato di avviare una trattativa per farlo subito, ma non è stato possibile pervenire, anche per ragioni di carattere politico, a quel risultato, ma perché buttare via il bambino con l'acqua calda? Perché il ministro Mastella non rinuncia a sospendere questo decreto legislativo lasciandolo in vigore e affidando, ad esempio, ad un decreto-legge, che certamente avrebbe le caratteristiche costituzionali dell'urgenza e della necessità, quegli interventi modificativi e perfezionativi che personalmente considero giusti e condivisibili, ma che - lo ricordo a lei e ai colleghi, signor Presidente - sono stati anche reclamati non in maniera formale, attraverso un pronunciamo del plenum, ma in maniera assolutamente palese non da una qualsiasi senatore, ma da un organo costituzionale, qual è il Consiglio superiore della magistratura? (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, non si sente la voce del senatore Caruso, che pure è sufficientemente alta, ma il brusìo la sta coprendo.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, la ringrazio per la sua cortesia, tuttavia sono abituato a questo, non è un problema; in ogni caso, sto per concludere il mio intervento.

La fase del dibattito in cui ci troviamo è quella dell'illustrazione degli emendamenti all'articolo 1 del disegno di legge n. 635. Credo di aver rassegnato all'Assemblea le ragioni per le quali ho presentato un complesso di emendamenti, alcuni più fortunati, altri meno, a seconda delle novità introdotte dal presidente Marini nella determinazione dell'improponibilità, che mirano a suggerire al ministro Mastella o di non intervenire attraverso lo strumento della sospensione, fermo il suo intangibile diritto di intervenire attraverso lo strumento della modifica ed anche dell'abrogazione, ovvero a proporre al ministro Mastella, al Governo ed alla maggioranza di centro-sinistra di intervenire nella maniera da loro scelta, ma con un provvedimento a geometria variabile, che lasci sane le parti che non hanno alcuna ragione di essere immediatamente modificate attraverso una misura di sospensione.

Si sospende quello che procura danno, ma ancora non abbiamo sentito dire dal Ministro ciò che procura danno, con riferimento almeno ad una parte significativa dei tre decreti legislativi.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Terminata la fase di illustrazione degli emendamenti, procediamo alla discussione sul complesso dell'articolo.

 

CASSON (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (Ulivo). Signor Presidente, onorevoli senatori, la sospensione dell'articolo 1 tocca il cuore della discussione che dobbiamo affrontare. Il decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, fa riferimento sostanzialmente al problema della gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, un'impostazione della procura della Repubblica che ci vede nettamente contrari.

Il decreto legislativo del 20 febbraio 2006, n. 109, riguarda l'azione disciplinare, così com'è stata impostata dalla riforma Castelli, con un'azione disciplinare obbligatoria e la tipizzazione degli illeciti disciplinari.

Il decreto legislativo del 5 aprile 2006, n. 160, riguarda l'altra colonna portante della riforma che vogliamo sospendere: sostanzialmente, la questione relativa al concorso, alla progressione in carriera e alla separazione delle funzioni requirenti e giudicanti.

Intendiamo arrivare alla sospensione di tale riforma per una questione fondamentale. Così come ha avuto modo di riferire il Ministro della giustizia anche in quest'Aula, è allo studio ed è pressoché pronta la riforma dell'ordinamento giudiziario che noi della maggioranza vogliamo proporre.

Così com'è stato anche ripetutamente annunciato anche in Commissione giustizia, è quasi pronta una riforma che noi presenteremo, come forze politiche di maggioranza, in Senato. Di fronte a ciò, intendiamo arrivare alla sospensione dei tre decreti legislativi in questione, proprio perché hanno ad oggetto una materia molto importante, che riguarda l'ordinamento costituzionale dello Stato e gli organi costituzionali. Vogliamo giungere ad una riforma che sia il più possibile condivisa e che, però, su alcuni aspetti fondamentali, arrivi nel profondo.

Il motivo principale per cui si chiede la sospensione è quello di permetterci di decidere, nel frattempo, cosa fare, perché dall'entrata in vigore dei decreti legislativi si sono già verificati gravi e pesanti effetti sull'ordinamento giudiziario e altrettante conseguenze gravi e non riparabili possono continuare a verificarsi. Durante la discussione generale, abbiamo avuto già modo di ricordare - come maggioranza - alcuni esempi fondamentali di tali effetti.

Per quanto concerne il primo decreto legislativo, il n. 106, che riguarda la gerarchizzazione delle procure, ciò che soprattutto non accettiamo è l'impostazione della figura del procuratore della Repubblica come titolare esclusivo dell'azione penale: un potere assoluto che viene riferito a una sola persona. Ciò è in contrasto con il nostro modello giudiziario, che è un modello di potere diffuso, quello che più si confà ad uno Stato democratico moderno come il nostro.

In particolare, ci preoccupa il concreto, cioè in cosa si esplica l'esclusività dell'azione penale. La questione riguarda le assegnazioni dei fascicoli, il potere assoluto di revoca e persino la possibilità di decidere contro i singoli magistrati, i quali sono tutelati, così come la magistratura nel suo complesso, dalla Costituzione. Il vulnus più grave del decreto legislativo n. 106 riguarda proprio tale violazione della Carta costituzionale, la quale afferma l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e, quindi, di ogni singolo magistrato.

Nel corso della giornata odierna abbiamo cercato di dialogare con l'opposizione, proprio per verificare se vi erano termini concreti per poter pervenire a un testo condiviso. Abbiamo verificato che tale volontà in realtà non c'era, ma permaneva invece il tentativo di reinserire la gerarchizzazione degli uffici del pubblico ministero: attraverso la figura del procuratore generale, la si faceva uscire dalla porta per farla rientrare dalla finestra. Infatti, noi avevano proposto di affidare ogni parola conclusiva in materia di revoca, ad esempio, dei fascicoli, al Consiglio superiore della magistratura. Questa proposta è stata completamente rifiutata; di conseguenza, anche il ruolo del Consiglio superiore della magistratura veniva limitato e ridotto a un qualcosa di poco conto.

Ancor più gravi, per certi aspetti, sono gli effetti relativi al decreto legislativo n. 109, che riguarda l'azione disciplinare. Infatti, se ancora una volta condividiamo almeno una parte dello spirito della riforma proposta, cioè la tipizzazione degli illeciti disciplinari, non ci convincono fino in fondo certune fattispecie che devono essere affrontate in maniera più dettagliata.

In questo momento è anche tecnicamente sbagliato procedere ad una sorta di "riforma arcobaleno", intervenendo su questo decreto legislativo solo in alcuni punti. Riteniamo, pertanto, che esso vada visto completamente, nel suo insieme.

Allo stesso modo, per quanto attiene all'azione disciplinare obbligatoria, se questa impostazione per certi versi ci vede d'accordo, soprattutto per il periodo transitorio, va comunque prospettata una sorta di filtro, che va approfondito nella sede adeguata.

Gli effetti del decreto legislativo n. 109 sono gravi, perché, come ha avuto modo di dire in altra sede l'attuale Vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, questa impostazione rischia di portare a un blocco dell'attività della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Ciò significa, al contempo, fare arrivare verso la prescrizione tutti i procedimenti pendenti e quelli che si possono innestare, vista la prescrizione estremamente limitata inserita all'interno di questo decreto della riforma Castelli.

Per quanto riguarda il decreto legislativo n. 160, gli aspetti che ci preoccupano sono ancora maggiori. Si tratta, forse, del cuore della riforma, che ha fatto e fa riferimento soprattutto alla separazione delle funzioni: requirenti da una parte e giudicanti dall'altra. Quando viene fissato il termine del 28 ottobre per una scelta che si prospetta definitiva, si crea una situazione piuttosto grave per la progressione e la possibilità per il magistrato di operare all'interno della magistratura in una funzione o nell'altra.

Proprio per evitare che questi effetti gravi e non rimediabili che si sono già prodotti - come il vulnus costituzionale - continuino a verificarsi, riteniamo di dover sospendere i tre decreti legislativi che sono stati indicati. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, siamo contrari agli emendamenti perché, ovviamente, porterebbero ad una riaffermazione della validità della riforma Castelli.

Anch'io voglio iniziare il mio intervento dal primo decreto legislativo, forse il più importante, tanto che proprio su di esso oggi si è determinata una rottura nella faticosa trattativa per cercare di arrivare ad un voto condiviso sui tre decreti legislativi.

La riforma Castelli dell'ufficio del pubblico ministero ha ignorato l'articolo 107 della Costituzione, il quale al terzo e quarto comma afferma che: «I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario». Si prefigura in tal modo una gerarchia solo amministrativa e non tale da determinare la conduzione dei processi.

Non c'è dubbio che così come il giudice è sottoposto soltanto alla legge, nello stesso modo anche il pubblico ministero è sottoposto soltanto legge e non può essere sottoposto alla gerarchia.

Invece, con la riforma Castelli si ipotizzava un ufficio gerarchico, al punto che il dominus dell'azione penale, dalla sua genesi alla sua fine, era solo e soltanto il capo dell'ufficio. Noi contrastiamo questa idea perché ci riporta indietro ad anni molto bui di questa Repubblica. Forse, abbiamo dimenticato gli anni della procura di Roma e del cosiddetto porto delle nebbie, gli anni in cui il CSM aveva una legge elettorale maggioritaria, ragion per cui un gruppo di magistrati minoritari riusciva a conquistare tutti e 20 i seggi del Consiglio superiore, determinando così anche la scelta dei procuratori della Repubblica e dei capi degli uffici. All'interno di quel Consiglio superiore non c'erano contrasti né litigi, non c'era una dialettica, perché tutti la pensavano allo stesso modo.

 

Presidenza del vice presidente CALDEROLI(ore 18,10)

 

(Segue DI LELLO FINUOLI). Non è vero che il Consiglio superiore della magistratura non fosse politicizzato: lo era al massimo, solo che era politicizzato sotto uno stesso simbolo, quello del moderatismo. Questa la grande differenza tra quel Consiglio superiore della magistratura e quello attuale. Quel Consiglio superiore determinava anche la struttura dei vari uffici e non c'è dubbio che decidesse anche che agli uffici più importanti andavano i magistrati con una maggiore corrispondenza ideologica con il potere dominante.

Non è vero, come si diceva una volta, che i giudici erano servi del potere. Non è vero, in quanto i giudici condividevano in pieno l'ideologia del potere; facevano le stesse scelte ideologiche, avevano le stesse opzioni culturali, provenivano dagli stessi ambienti. Essi erano espressione di quella stessa classe che poi esprimeva il potere di Governo.

Ecco perché siamo contrari a questa impostazione del progetto di legge della Casa delle Libertà, che crea un ufficio gerarchizzato in questo modo. Non possiamo tornare indietro, alla procura della Repubblica di Roma dove tutto veniva insabbiato. Dobbiamo guardare avanti e sempre e soltanto alla luce della Costituzione repubblicana. (Applausi dal Gruppo RC-SE).

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN). Signor Presidente, intervengo brevemente sull'ordine dei lavori, rivolgendole la preghiera di riferire al presidente Marini.

Abbiamo fatto un accordo, in sede di Conferenza dei Capigruppo, un accordo che intendiamo rispettare. Esso prevedeva di lavorare fino al primo pomeriggio di domani e poi martedì prossimo di procedere alle dichiarazioni di voto e al voto finale. Quell'accordo non prevedeva un'interruzione di circa sette ore, come quella di stamane, su richiesta - per carità, apprezzabile - del Governo al fine di trovare un accordo.

Io, e vorrei se ne tenesse conto perché, lo dico senza malizia, ho l'impressione che da parte della maggioranza si faccia una sorta di ostruzionismo per non consentire all'opposizione di illustrare gli emendamenti. Non mi pare corretto.

Chiedo allora - per carità, non voglio limitare gli interventi dei colleghi della maggioranza, ci mancherebbe altro, non ne ho il potere, né tanto meno la voglia - di recuperare queste sette ore per consentire all'opposizione di illustrare gli emendamenti. (Applausi dai Gruppi AN e FI. Il senatore Boccia Antonio fa cenno di voler intervenire).

PRESIDENTE. Mi consenta, senatore Boccia, di poter rispondere al collega Matteoli.

Riferirò ovviamente la questione al Presidente, perché decisioni del genere o trovano l'unanimità di tutta l'Aula, oppure non è consentito assumerle se non con una nuova Conferenza dei Capigruppo. Ritengo che comunque la sua eccezione sia fondata perché - per chi non è avvezzo alle regole del Senato - avendo fissato l'orario entro cui concludere l'esame degli articoli e la votazione finale e non avendo proceduto al contingentamento dei tempi - quindi alla distribuzione per i singoli Gruppi - paradossalmente qualcuno potrebbe prendere la parola da questo momento fino alle ore 15 di domani e alle ore 15 tutti gli emendamenti decadrebbero e non verrebbero votati.

Credo che ciò non sia nell'interesse né dell'Assemblea, né di nessuno.

BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, sulla questione sollevata mi rimetto alle sue decisioni, che, tra l'altro, mi paiono giuste e opportune; comunque, ci rimettiamo sempre alle decisioni della Presidenza.

Tuttavia, l'intervento del collega Matteoli merita - anzitutto per l'autorevolezza della sua persona - una precisazione. Non stiamo facendo ostruzionismo; se l'opposizione avesse avuto la volontà di votare, sarebbe stato sufficiente non iscrivere tante persone a parlare. Siccome, signor Presidente, abbiamo scelto nella giornata di oggi la strada - per iniziativa del Governo, ma ovviamente anche per volontà della maggioranza - di attivare il dialogo, per quanto possibile, abbiamo ritenuto potesse essere sconveniente dare l'idea di non avviare - almeno sui primi emendamenti - un minimo di interlocuzione. Ora, essere accusati, perché volevamo interloquire e avviare un minimo di dialogo, di voler fare, noi, ostruzionismo al voto, mi pare francamente improprio.

Assicuro, tuttavia, il presidente Matteoli che non parleremo più. Tuttavia, per quelli che ci ascoltano e per l'opposizione, a questo punto comprenderà che il nostro atteggiamento in qualche modo deriva anche da questi rimproveri cortesi che ci vengono mossi, per cui mi auguro che non parli non solo la maggioranza, ma nemmeno l'opposizione. In tal modo, signor Presidente, voteremo rapidamente, come lei molto abilmente sa fare.

PRESIDENTE. Teoricamente, questo dovrebbe essere il Parlamento, quindi qualche chiacchierata magari bisognerebbe farla.

Credo che la soluzione (senza volere aprire ora una discussione in merito), alla luce di orari che comunque sono cambiati, sia di non far sì che tutti gli emendamenti che non fossero stati votati alle ore 15 di domani debbano decadere e cercare di procedere nei nostri lavori con celerità ed equilibrio negli interventi, non privando l'Assemblea della possibilità di votare gli emendamenti stessi.

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, per chiarezza, in relazione alla sua ultima affermazione, vorrei ricordare come nella Conferenza dei Capigruppo non si sia stabilito il principio, da lei evocato poc'anzi, della decadenza automatica degli emendamenti. È stato fissato un accordo reciproco che prevedeva un'intesa: il voto finale per la giornata di martedì pomeriggio e la chiusura del voto degli emendamenti nella giornata di giovedì. Non è stato fissato un orario; non vi è quindi una decadenza automatica. Era prevista una seduta fiume per la giornata di giovedì. Questo era l'accordo stilato nella Conferenza dei Capigruppo e non una decadenza automatica.

Riallacciandomi - seppur brevemente - all'intervento del collega Matteoli, vorrei ricordare ai colleghi della maggioranza come la seduta antimeridiana di oggi non si sia potuta tenere, nonostante si sia lavorato. Vi è stato, infatti, un confronto nel merito tra maggioranza e opposizione, nessuna volontà dilatoria, nessun atteggiamento ostruzionistico.

Ci si è confrontati profondamente nel merito delle proposte. Nessuno può pensare né affermare, né nella maggioranza né nell'opposizione, che stamattina si sia dato luogo ad un confronto sterile e riduttivo. Non abbiamo trovato un'intesa, ma finalmente si è parlato di merito della proposta.

Detto questo, invito la Presidenza di turno a rivolgere al presidente Marini una richiesta di convocazione della Conferenza dei Capigruppo perché in quella sede, possibilmente, in assenza di un accordo unanime di Assemblea che forse in questo momento non c'è, si possa rivisitare la possibilità di far scivolare di alcune ore il voto finale alla mattina di mercoledì proprio per ridare all'Assemblea la serenità di un dibattito compiuto che - confermiamo - non vogliamo caratterizzare con atteggiamenti ostruzionistici di alcun genere, ma soltanto con un confronto serio sui contenuti. (Applausi dal Gruppo FI).

PRESIDENTE. La seduta di giovedì non è non limitata nel tempo: ha un inizio e una conclusione già fissata per le ore 15. Quindi, questo avrebbe determinato ciò che paventavo. Proprio in tal senso ho chiarito che non si dovesse arrivare ad un'amputazione del voto. Comunque, sicuramente avanzerò la richiesta alla Presidenza per convocare una Conferenza dei Capigruppo, ma se si dovranno votare gli emendamenti questa sarà la naturale conseguenza dei nostri lavori e non una cosa predeterminata.

PASTORE (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (FI). Affinché agli atti non resti un possibile precedente, evidenzio che si è parlato di decadenza degli emendamenti: nessuna norma regolamentare prevede per il disegno di legge ordinario una simile conseguenza che derivi dal mancato rispetto dei termini. L'unico caso è previsto per i decreti-legge. Evidenzio ciò perché risulti chiaro tale principio e non costituisca un equivoco per il futuro. (Applausi dal Gruppo FI).

 

PRESIDENTE. Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

SALVI, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti per le ragioni esposte in sede di discussione generale.

SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Anch'io esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 1.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1, identico agli emendamenti 1.2, 1.3, 1.4 e 1.300.

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). È evidente, come è stato ripetuto a iosa, che l'articolo 1, descrivendo la finalità suprema di questo disegno di legge, afferma che l'efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006 è sospesa fino alla data del 1° marzo 2007.

Abbiamo - questa è la mia dichiarazione di voto a nome del Gruppo della Lega Nord - indicato come importante la soppressione dell'articolo 1 con l'emendamento 1.1, essendo proprio questo articolo portante di tutta la strategia che soggiace al disegno di legge sospensivo.

Ebbene, avendo discusso, sia al momento della verifica di costituzionalità, sia in sede di proposta di non passaggio agli articoli, di quanto deleteria sia per il funzionamento dell'ordinamento giudiziario una tale sospensione della esecutività dei decreti legislativi di cui trattiamo, credo che affermare con forza, da parte nostra, la necessità della soppressione di questo articolo, con cui chiudere la parte più deleteria e negativa di questo disegno di legge, sia una conseguenza di quanto sostenuto nel merito sia negli interventi in discussione generale, sia negli interventi sulle questioni pregiudiziali poste.

Pertanto, sull'emendamento 1.1 - successivamente, tratterò degli altri - chiedo all'Assemblea di votare favorevolmente.

PASTORE (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PASTORE (FI). Signor Presidente, vorrei intervenire sulle modalità di votazione, chiedendole, a nome del prescritto numero di senatori, che la votazione avvenga a scrutinio segreto. Ritengo infatti che queste norme incidano sulle materie indicate dal comma 4 dell'articolo 113 del Regolamento. Ricordo che tale comma individua una serie di diritti di libertà fondamentali per la cui tutela è sempre fatto riferimento all'autorità giudiziaria e a norme di garanzia. Ora, i decreti dei quali si chiede la sospensione riguardano proprio l'organizzazione giudiziaria e in particolare l'individuazione dei soggetti che esercitano la giurisdizione.

Aggiungo, Presidente, che c'è un riferimento quasi testuale e cioè l'articolo 25 della Costituzione, che richiama il principio secondo il quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Il giudice naturale è quello indicato nelle norme dell'ordinamento giudiziario e nelle norme processuali.

Aggiungo, inoltre, che vi sono norme del decreto legislativo relativo agli illeciti disciplinari dei magistrati che incidono sulla libertà degli stessi - libertà di associazione, libertà di parola e così via - e quindi vengono a impingere in maniera precisa con gli articoli della Costituzione che riguardano i diritti fondamentali richiamati dal comma 4 dell'articolo 113 del Regolamento.

Chiedo pertanto alla Presidenza di consentire una votazione a scrutinio segreto su tali emendamenti; naturalmente, se così sarà, la nostra richiesta verrà appoggiata dal prescritto numero senatori.

PRESIDENTE. Senatore Pastore, non ritengo ricorrano i presupposti per procedere ad una votazione a scrutinio segreto, in quanto non viene messa in discussione la libertà dell'individuo. Stiamo parlando di organizzazione della giustizia e proprio per questo motivo l'organizzazione della giustizia è trattata in altro Capo della Costituzione.

MALAN (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MALAN (FI). Signor Presidente, a sostegno della richiesta fatta dal senatore Pastore, vorrei ricordare che il 21 gennaio 2004, il senatore Massimo Brutti avanzò la richiesta di effettuare una votazione a scrutinio segreto proprio relativamente ad alcune condizioni alle quali i magistrati vengono chiamati a rispondere. Si trattava dell'emendamento 7.507 (testo 2).

Fu richiesta la votazione a scrutinio segreto, nessuno ebbe nulla da ridire e il presidente Fisichella, una garanzia per il suo stesso percorso politico bipartisan, concesse il voto segreto senza difficoltà. (Applausi dai Gruppi FI e LNP).

PRESIDENTE. L'emendamento cui fa riferimento, senatore Malan, riguardava il divieto per i magistrati di iscriversi a un partito politico.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, sempre a sostegno della richiesta avanzata dal senatore Pastore, vorrei rappresentarle che in uno dei decreti di cui si chiede la sospensione è previsto espressamente che la richiesta di misura cautelare, quindi un provvedimento strettamente incidente sulla libertà personale dei cittadini, debba essere preceduta dal visto del procuratore della Repubblica. Ciò equivale a dire, signor Presidente, che se per ipotesi si proponesse di inserire la stessa norma nel codice di procedura penale essa dovrebbe essere votata a scrutinio segreto, facendo parte di un procedimento attinente la misura cautelare.

Non vedo la ragione per la quale lei nega tale tipo di votazione in questa situazione, nonostante le norme in oggetto riguardino espressamente un passaggio di procedimento che porta alla compressione della libertà personale. (Applausi dai Gruppi FI e LNP).

CENTARO (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, a sostegno di quanto dicevano i colleghi, posso anche dire che nel decreto delegato relativo alla tipicizzazione degli illeciti disciplinari, vi è una serie di norme che fanno divieto di iscrizione ai partiti, e questo certamente incide sulla problematica di uno dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione. Quelle stesse norme contengono anche il divieto di partecipazione a manifestazioni organizzate da partiti o da altri, e anche questo incide su una delle libertà fondamentali garantite e tutelate dalla Costituzione.

Questa rapida esemplificazione dà conto di una serie notevole di norme contenute nei decreti delegati che comunque incidono su tali diritti fondamentali. L'elenco sarebbe lungo e se si avesse tempo anche solo di esaminarlo tutto penso che ci troveremmo di fronte ad alcune decine di ipotesi tutte rientranti nella norma.

 

GARRAFFA (Ulivo). Signor Presidente, hanno parlato tre esponenti di Forza Italia!

 

PRESIDENTE. Colleghi, credo che la questione sollevata non sia banale.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, noi stiamo parlando della partecipazione o meno dei magistrati ai partiti politici perché l'articolo 1 del disegno di legge al nostro esame fa riferimento anche alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto n. 109 del 2006 che vieta «l'iscrizione o la partecipazione a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di centri politici o operativi nel settore finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato».

Se esiste il precedente, è evidente che al nostro esame vi è un caso che rientra esattamente in questa fattispecie e, quindi, non si può fare altro che procedere con una votazione segreta. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

PRESIDENTE. Mi rivolgo a lei, senatore Castelli, e a tutti coloro che hanno posto la questione.

L'articolo che regolamenta il voto segreto fa riferimento alla complessità e al peso, all'interno di tale complessità, delle varie materie che possono essere sottoposte a votazione segreta. È quindi necessario valutare se nel testo da votare sia prevalente la parte che può rientrare nei casi che possono essere sottoposti a votazione segreta o quella che invece deve essere votata in modo palese.

La richiesta avanzata a suo tempo dal senatore Brutti verteva sul singolo emendamento nel quale si faceva riferimento a tale divieto. Al nostro esame è il complesso del decreto legislativo, il quale contiene anche questo punto ma in cui è assolutamente prevalente la seconda parte e non la prima.

Sono quindi convinto che il voto debba essere palese.

BIONDI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIONDI (FI). Signor Presidente, ho grande simpatia per lei, ma l'argomento che ha scelto è assolutamente controproducente. Infatti, se nel complesso delle cose ci sono più fatti che attengono ad un rapporto che può essere squilibrato a seconda non solo dell'interpretazione ma anche dell'applicazione di una norma che riguarda una condizione soggettiva e un rapporto tra questa condizione soggettiva e la collettività, lei ha detto una cosa che aggiunge il plurale al singolare richiesto dal collega Brutti.

Mi sembra che la sua fresca intelligenza le consenta di capire qual è la contraddizione. (Applausi dal Gruppo FI).

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, ricordo bene la mia richiesta di voto segreto relativa ad una norma che incideva su un diritto costituzionalmente garantito o meglio sul suo esercizio. Si trattava di una norma che, in conformità con la Costituzione, tendeva a regolare l'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito da parte dei magistrati. La questione rispetto alla quale ciascun senatore doveva pronunciarsi riguardava la determinazione dell'ampiezza dell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, quindi la limitazione di determinate facoltà rientranti nel diritto del magistrato come cittadino.

Si può parlare qui di esistenza o inesistenza di facoltà rientranti in un diritto costituzionalmente garantito. Adopero questa categoria ben nota ai civilisti - e mi rivolgo al collega Salvi - perché oggi qui stiamo discutendo di altro, vale a dire della sospensione temporanea dell'efficacia di norme e quindi non si incide sull'attribuzione e sul riconoscimento di diritti. Il nostro voto incide sull'efficacia, subito o tra qualche mese, di un complesso di norme, neanche di una norma specifica relativa all'iscrizione dei magistrati ai partiti o alla partecipazione a movimenti e associazioni.

Per questa ragione il principio della tutela costituzionale non entra in gioco. Noi infatti ci limitiamo a decidere che queste norme abbiano efficacia non a partire dalla data originariamente prevista, ma a partire da una data successiva. Per questa ragione, a mio avviso, non c'è alcun motivo per accordare il voto segreto.

MANTOVANO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO (AN). Signor Presidente, desidero svolgere un'osservazione sulla sua decisione ed una sull'intervento del senatore Brutti. Sulla sua decisione, che spero non sia definitiva, devo dire che non rintraccio nel Regolamento un criterio di prevalenza e gradirei conoscere un'opinione diversa sempre fondata sulla lettera del Regolamento.

Vi è poi un'argomentazione ulteriore. Ammesso e non concesso che si volesse adottare il criterio di una percentuale rispetto all'estensione della norma sulla quale viene richiesta la segretezza, vi è un indubbio peso specifico che ha un'incidenza diretta sulla libertà dei cittadini. L'ordinamento giudiziario riformato - piaccia o meno, ma non stiamo discutendo di questo - accentua la gerarchizzazione degli uffici di procura conferendo una responsabilità maggiore nella direzione dell'ufficio al procuratore della Repubblica.

A me non sembra di secondo piano e soprattutto priva di incidenza diretta sulla libertà di ciascuno di noi, la circostanza che la firma del procuratore della Repubblica, vale a dire la sua condivisione di una richiesta che a che fare con la libertà personale non sia qualcosa che essa stessa ha diretta incidenza sulla libertà personale. Per questo il voto riguarda i diritti di libertà dei cittadini, al di là che esso incida, anche soltanto per l'1 per cento, sull'intero complesso delle disposizioni di cui viene chiesta la sospensione.

L'intervento del senatore Brutti necessita di appena qualche secondo di replica.

Dice il senatore Brutti, se ho ben inteso la sua argomentazione, che qui non stiamo disponendo un mutamento definitivo della disciplina, ma semplicemente una sospensione della sua efficacia. Sì, ma i diritti di libertà comunque conoscono un'incidenza nella parentesi interessata dalla sospensione. Quindi mi pare che coloro che ne subiranno una lesione in quel periodo comunque abbiano voce in capitolo per chiedere che il Parlamento possa esprimersi nella sua piena libertà. (Applausi dai Gruppi AN, FI e LNP).

PRESIDENTE. Senatore Mantovano, la prevalenza intanto è del comma 7 dell'articolo 113 del Regolamento.

Colleghi, so che è una prassi inusuale, ma essendoci il precedente rispetto all'emendamento presentato a suo tempo dal senatore Brutti, visto che il Regolamento mi dà la potestà di sentire la Giunta per il Regolamento, intendo farmi dare un aiuto in questo senso, proprio per verificare, e chiedo anche l'ausilio del presidente Salvi, cosa questo determini e produca in termini di conseguenze.

Alla luce di queste considerazioni, convoco tra dieci minuti la Giunta per il Regolamento e sospendo la seduta fino alle ore 19,05.

 

(La seduta, sospesa alle ore 18,42, è ripresa alle ore 19,27).

 

Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.

Vi comunico l'esito della riunione della Giunta per il Regolamento che si è espressa dividendosi esattamente cinque a cinque. Quindi, di fatto ha deciso di non decidere, considerato che ci sono stati cinque voti in un senso e cinque in un altro (anche se temevo che la cosa potesse andare così).

In una situazione del genere il Presidente deve assumere le decisioni rispetto al quesito che il nostro Regolamento prevede sia formulato in forma scritta proprio per dare la possibilità agli uffici e alla Presidenza di valutare la ricevibilità della richiesta senza dover sospendere i lavori dell'Aula e convocare la Giunta per il Regolamento. Se successivamente vi saranno altre richieste, vi pregherei che fossero già consegnate alla Presidenza.

In merito ai quesiti, io credo che, rispetto all'emendamento interamente soppressivo, debba essere fatto valere il comma 7 dell'articolo 113 del Regolamento laddove dice: «Sulla prevalenza decide il Presidente sentita, ove lo creda, la Giunta per il Regolamento», e prima dove recita: «... a meno che, trattando tali disegni di legge prevalentemente le materie di cui al precedente comma 4, non sia stata avanzata richiesta di votazione a scrutinio segreto».

Ritenendo nel complesso del provvedimento non prevalente la parte da sottoporre a voto segreto, voteremo gli emendamenti interamente soppressivi in forma palese o con lo scrutinio elettronico, se verrà richiesto. Laddove vi saranno invece emendamenti che puntualmente andranno ad interessare le lettere degli articoli 2 e 3, dove si fa un evidente riferimento ad una limitazione delle libertà costituzionalmente tutelate, se vi sarà la richiesta, intendo autorizzare il voto segreto.

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN). Signor Presidente, voglio darle atto che il suo atteggiamento, con la convocazione della Giunta per il Regolamento, denota un grande rispetto dell'istituzione che in questo momento presiede.

Evidentemente, la richiesta avanzata dal collega Pastore aveva dei fondamenti molto forti, tanto è vero che la Giunta per il Regolamento si è espressa dividendosi cinque a cinque e lei stesso ha avuto delle perplessità prima di prendere la decisione di non accedere alla richiesta del collega Pastore.

Per carità, non entro nel merito, sono intervenuti molti colleghi giuristi, che hanno espresso pareri, ma c'è qui un aspetto anche politico che voglio sottolineare: da parte della maggioranza ci poteva essere la richiesta di accedere favorevolmente a ciò che il collega Pastore aveva chiesto. Egli, infatti, non aveva chiesto di non votare, di cancellare un provvedimento, ma soltanto di esprimersi attraverso il voto segreto. Se c'era, da parte della maggioranza, questa certezza di difendere il provvedimento poteva cedere a tale richiesta; sarebbe stato un atto democratico molto forte e apprezzato da tutta l'Assemblea del Senato.

Resta il punto della sua decisione, che rispettiamo, ma resta anche questo aspetto politico che volevo sottolineare. (Applausi dal Gruppo AN).

PRESIDENTE. La ringrazio senatore Matteoli. L'approfondimento dell'argomento era necessario perché evidentemente un Presidente non può conoscere l'interezza di un provvedimento; quindi era necessario approfondire la questione e avere il sostegno del relatore per conoscerne i contenuti prima di potere decidere sulla prevalenza.

FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma mi auguro che non si apra adesso un dibattito sulla Giunta per il Regolamento.

 

FINOCCHIARO (Ulivo). No, no, per carità, signor Presidente. Mi permetto di ricordare al collega Matteoli che, nella scorsa legislatura, alla Camera - dove la maggioranza di allora era composta da decine di deputati - sulla questione pregiudiziale da me presentata, che riguardava appunto quella parte della legge delega concernente la riorganizzazione delle procure con un particolare riguardo a un principio costituzionale che è quello dell'obbligatorietà dell'azione penale e dei suoi riflessi sui diritti di libertà, mi fu negato il voto segreto e il provvedimento venne votato a voto palese.

 

MALAN (FI). C'era un altro Regolamento!

PRESIDENTE. Colleghi, vogliamo piantarla con queste cose da parte a parte, qui dobbiamo lavorare! (Applausi dai Gruppi LNP, Ulivo e RC-SE).

Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.1, identico agli emendamenti 1.2, 1.3, 1.4, 1.300.

 

CENTARO (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Il senatore Centaro è una persona seria!

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Centaro, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.1, presentato dal senatore Castelli, identico agli emendamenti 1.2, presentato dal senatore Caruso, 1.3, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori, 1.4, presentato dal senatore Centaro e da altri senatori, e 1.300, presentato dal senatore Palma.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Senatore Carrara chi c'è di fianco a lei? Calma, è aperta la votazione. Senatore Cantoni, dietro di lei c'è una luce alla quale non corrisponde nessun senatore. Sfilate la relativa tessera. (Brusìo).

Colleghi, volete far sospendere subito la seduta! Intendo procedere a ritirare tutte le tessere da una parte e dall'altra che non abbiano il corrispondente, per cui se vi sedete controllo, diversamente...

Uno alla volta, una l'abbiamo tolta, adesso procediamo con le altre. Colleghi, io non ricevo nessuna segnalazione se non dal Capogruppo e gli altri stiano seduti. Tornate a posto, colleghi.

Almeno i Capigruppo mi diano una mano nello stare al posto ed eventualmente segnalare eventuali irregolarità dato che fino a quando restate in piedi non posso chiudere la votazione! Chi segnala le posizioni e le irregolarità sono i senatori segretari, gli unici titolati ad alzarsi.

Senatore Gentile, dia il buon esempio!

 

RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, a fianco del senatore Mannino vi è una scheda cui non corrisponde una persona.

 

PRESIDENTE. Si verifichi, per favore!

Dichiaro chiusa la votazione.

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Vista l'esiguità dello scarto, dispongo che per il prosieguo, nel caso in cui non vi siano richieste specifiche, si proceda con votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico, senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.400, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Colleghi, vi faccio presente che bisogna procedere a cento votazioni. Se non acceleriamo superiamo la data del differimento e ci ritroviamo a votare a Natale!

BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, lei ha perfettamente ragione. Poiché però nella giornata di oggi si è detto addirittura che non volessimo votare, adesso faccia la cortesia di garantire che ognuno voti per sé perché nei banchi dell'opposizione c'è gente che truffa.... (Vivaci e prolungate proteste dai banchi dell'opposizione).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.401.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, voglio raccomandare l'approvazione di questo emendamento che va ad incidere su uno dei punti sui quali abbiamo discusso oggi relativamente al decreto legislativo n. 106. La prevede che almeno venga fatta salva la possibilità da parte del procuratore di comunicare al Consiglio superiore della magistratura eventuali variazioni nell'organizzazione dell'ufficio stesso. In questo modo diamo tempo ai procuratori capo di organizzare, ai sensi del decreto legislativo n. 106, che ricordo è in vigore, il loro ufficio e poi darne comunicazione al CSM.

Vorrei però segnalare l'attenzione soprattutto dei colleghi della Casa delle Libertà su un punto che mi sta colpendo e mi fa meditare su come stanno andando i lavori dell'Assemblea.

Abbiamo visto che, al di là di rari momenti in cui magari c'è un po' di chiasso, si tratta di lavori estremamente corretti, estremamente pacati ed in cui c'è un confronto di idee. Scusate, ma non posso non tornare con la mente ai tre anni che abbiamo passato qui con l'approvazione della riforma dell'ordinamento giudiziario, quando sembrava di essere in guerra e tutto si svolgeva tra urla e insulti da parte dell'attuale maggioranza nei confronti del Ministro e nei confronti anche del Presidente del Consiglio. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

Vorrei allora complimentarmi con i colleghi della Casa delle Libertà perché veramente stiamo dando una lezione di stile. Vi ringrazio per questo. (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN).

PRESIDENTE. Colleghi, quello del senatore Castelli non è un invito a fare chiasso, ma un invito a stare tranquilli.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.401, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione). (Proteste dai banchi del centro-destra).

 

Invito un l'assistente parlamentare di ritirare la tessera. Gli assistenti devono ritirare le schede di chi viene sorpreso a non essere presente e portarle al Presidente.

RUSSO SPENA (RC-SE). Domando di parlare. (Commenti dai banchi del centro-destra).

 

PRESIDENTE. Colleghi, esiste la possibilità di intervenire per segnalare irregolarità del voto; è previsto dal Regolamento.

Ha facoltà di intervenire, senatore Russo Spena.

 

RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, mi dispiace fare questa parte ma la Conferenza dei Capigruppo ha deciso che questo compito deve essere svolto dai Presidenti di Gruppo. Mi scuso quindi con l'Aula e con i colleghi, ma accanto al senatore Strano, se non sbaglio, c'è una borsa e sotto di essa una scheda disattesa.

 

STRANO (AN). Lo ammetto.

PRESIDENTE. Colleghi, quando ci sono le borse c'è anche la possibilità di verificare sul tabellone se si tratta di una borsa che vota o di una borsa che non vota.

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.402.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, mi sarei mosso prima, ma alla votazione di questo emendamento ci siamo arrivati ora. Questo emendamento riguarda la libertà personale perché fa riferimento all'articolo 1 del provvedimento che concerne le misure cautelari e le modalità attraverso le quali il procuratore deve assumere misure cautelari. Credo pertanto che la materia ricada nelle previsioni regolamentari inerenti al voto segreto e per tale ragione chiedo che esso venga votato a scrutinio segreto.

PRESIDENTE. Senatore Castelli, non so se la materia affrontata dall'articolo 1 del provvedimento possa rientrare tra quelle per le quali il nostro Regolamento prevede il voto segreto.

Colleghi, o c'è un richiesta scritta che gli uffici possono valutare o, se ogni volta si deve andare a verificare la riferibilità degli emendamenti alle materie per le quali il Regolamento prevede il voto segreto, diventa difficile; altrimenti non sarebbe stato previsto nel Regolamento di avanzare tale richiesta anche in forma scritta. Comunque, colleghi, dopo aver meglio approfondito il contenuto di tale emendamento, dichiaro ammissibile la richiesta di votazione a scrutino segreto avanzata dal senatore Castelli.

Dobbiamo ora verificare se tale richiesta è appoggiata dal prescritto numero di senatori.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto, avanzata dal senatore Castelli, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.402, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B)

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.403.

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, come i colleghi hanno potuto constatare, gli emendamenti presentati dal senatore Castelli all'articolo 1 intendono sostituire l'articolo medesimo e propongono la misura sospensiva solamente per una parte del decreto legislativo n. 106.

In particolare, l'emendamento 1.403 propone il mantenimento dell'intero articolo 1 del provvedimento in esame, fatta salva la sospensione dell'efficacia dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 106 relativo all'impiego da parte della polizia giudiziaria delle risorse finanziarie e tecnologiche.

Ritenendo quindi che la finalità sospensiva e di rinvio possa essere accordata o relativamente condivisa solo per una minima parte dell'articolo, chiedo che venga approvato il rinvio solo di una parte, appunto quella relativa all'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 106.

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi,l'emendamento 1.403, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.404.

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, non posso che ripetere quanto detto poco fa in merito all'emendamento 1.403.

La volontà è sempre quella di ridurre la portata della sospensione, facendo questa volta riferimento non solo alla completa ed esclusiva efficacia dell'articolo 4 del decreto legislativo n. 106 quanto anche al comma 2 del medesimo articolo i cui effetti sono sospesi fino alla data del 1° marzo 2007. Il suddetto comma 2 definisce i criteri generali da seguire per l'impostazione delle indagini in relazione a settori omogenei di procedimenti da parte del procuratore della Repubblica. L'emendamento 1.404 limita la dilazione ed il rinvio temporale al 1° marzo 2007 solamente a questo caso e non investe l'intero decreto legislativo n. 106.

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.404, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.405.

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, nel caso dell'emendamento 1.405 la proposta di rinvio dell'efficacia riguarda solamente l'articolo 6 del decreto n. 106 del 2006 i cui effetti vengono sospesi fino alla data del 1° gennaio 2007, mantenendo invece efficaci tutti i rimanenti articoli del decreto stesso.

L'articolo 6, di cui è stata proposta esclusività nella sospensione dell'efficacia, riguarda l'attività di vigilanza del procuratore generale presso la Corte d'appello, ritenendo che anche in questo caso la limitazione della sospensione, solamente della parte così normata in applicazione della legge delega e del decreto legislativo, possa non essere lesiva dell'impianto complessivo del decreto legislativo proprio in applicazione della legge delega.

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.405, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.406.

FRANCO Paolo (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FRANCO Paolo (LNP). Signor Presidente, in questa dichiarazione di voto tratterò brevemente, se me lo concede, anche di emendamenti successivi, sempre nell'ottica di provvedere ad una sospensione limitata e non complessiva.

In questo caso si fa riferimento all'articolo 28 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109. Sostanzialmente, le proposte formulate sono di spostare a date alternative, allo scopo di dare una possibilità di scelta all'Aula parlamentare, la sostituzione dell'articolo 1, del disegno di legge in esame volto alla sospensione dell'efficacia dell'articolo 28 del decreto n. 109, solamente nelle parti richiamate ed indicate rispettivamente nell'emendamento 1.406, al primo marzo 2007, nell'emendamento 1.407, al 1° febbraio 2007 e nell'emendamento 1.408, al 15 febbraio 2007.

Il testo dell'articolo 28, comma 1, capoverso Art 11, secondo ed ultimo periodo, tratta del magistrato decaduto dall'impiego e dell'applicazione di queste disposizioni anche all'ipotesi di decadenza prevista dall'articolo 127, primo comma, lettera c, seconda parte, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

Propongo pertanto una votazione favorevole all'Aula, preannunciando il voto favorevole del mio Gruppo parlamentare anche sugli emendamenti 1.407 e 1.408, che prevedono date diverse di efficacia della sospensione. Chiedo altresì che sull'emendamento 1.406 si proceda mediante votazione con il sistema elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Franco Paolo, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.406, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.407.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, volevo attirare l'attenzione dell'Aula su ciò che stiamo votando. Noi non stiamo dando seguito ad una serie di proposte contenute nei decreti in vigore - ricordo tra l'altro che anche il decreto legislativo n. 109 è in vigore - ma stiamo votando sul fatto che nel decreto stesso si prevede che un magistrato che non assume le funzioni alle quali è stato preposto dal Consiglio superiore della magistratura decade dall'impiego. Si tratta, quindi, di una questione banale, del tutto ovvia. Ebbene, ci opponiamo anche a questo tipo di provvedimenti.

Forse se si avesse maggiore contezza di quel che votiamo, anche il voto dell'Aula potrebbe essere diverso.

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Schifani, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.407, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi,l'emendamento 1.408, presentato dal senatore Castelli.

 

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione). (Il senatore segretario indica che c'è una scheda in più vicino al senatore Firrarello).

 

Invito gli assistenti a ritirare quella tessera. (L'assistente raggiunge la postazione in cui ci sarebbe una scheda in più). Colleghi, è già ingiustificato e non regolare quando si tratta dei cosiddetti peones, che poi lo facciano persone anche note mi pare incredibile. Senatore Firrarello, se il collega non è presente, la prego di consegnare la tessera all'assistente. (Il senatore Firrarello fa segno che è la sua). Va bene, senatore Firrarello.

Il Senato non approva.

 

Gli emendamenti 1.409, 1.410, 1.411 e 1.412 sono improponibili.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.413, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

L'emendamento 1.414 è improponibile.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.415, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

L'emendamento 1.416 è improponibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.417.

POLLEDRI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

POLLEDRI (LNP). Signor Presidente, l'articolo 6 del decreto-legislativo n. 160 del 2006 attiene ai lavori della commissione esaminatrice. Stiamo quindi normando l'accesso alla carriera, in particolare l'accesso in base a criteri di competenza e di preparazione. La sospensione della normativa verrebbe, a nostro giudizio, ad inficiare la richiesta di una magistratura preparata secondo determinati criteri.

Con questo emendamento chiediamo di sospendere l'efficacia del comma 6 dell'articolo 6, in cui si dice che la mancata partecipazione, anche se giustificata, di un componente a due sedute della commissione, qualora ciò abbia causato il rinvio delle sedute stesse, può costituire motivo per la revoca della nomina da parte del Consiglio superiore della magistratura. Noi pensiamo che l'efficacia di questa disposizione possa essere sospesa fino al 1° aprile 2007, ma che le rimanenti previsioni dell'articolo 1 debbano essere eliminate.

Quindi, tutte le altre misure previste dall'articolo 6, che verte, lo ripeto, sui lavori della commissione, resterebbero invariate, pur con un criterio prudenziale. Se vogliamo mantenere un minimo di interlocuzione con il Consiglio superiore della magistratura, siamo disponibili a rinviare tale termine.

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.417, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

SODANO (RC-SE). Sotto il senatore Pera chi c'è?

 

ALBONETTI (RC-SE). In quel banco ci sono cinque senatori e sei luci!

 

PRESIDENTE. Colleghi, lasciateci fare le opportune verifiche.

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.418.

POLLEDRI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

POLLEDRI (LNP). Signor Presidente, il comma 9, dell'articolo 6, prevede che con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano determinate le indennità spettanti ai professori universitari componenti della commissione. Questo attiene al compenso. Credo che l'emendamento, che propone la soppressione di tale comma, sia assolutamente possibile in un momento in cui tutti sono chiamati a intervenire per ridurre il bilancio.

Credo che una riduzione, anche minima, della tassazione dei componenti della commissione potrebbe essere accettata; per questo chiediamo il voto favorevole dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.418, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Gli emendamenti 1.419 e 1.420 sono improponibili.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.421.

DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DIVINA (LNP). Signor Presidente, si parla di posti vacanti nella funzione della magistratura giudicante. A noi sembrava più che legittima l'attuale impostazione che non avrebbe necessitato di alcun differimento nell'entrata in vigore, anche perché è previsto che i magistrati, che hanno assunto funzioni giudicanti presso una sede considerata disagiata e che hanno già presentato domanda di tramutamento, di passaggio da una all'altra funzione, decorsi tre anni dall'assunzione, abbiano diritto a che la loro domanda venga valutata con una precedenza rispetto alle altre per la possibilità di operare una mutazione di funzione. È una norma che addirittura agevola la scelta dei magistrati ed introduce il criterio dell'anzianità: chi si trovava in servizio e aveva più di tre anni e ha fatto questo tipo di scelta dovrà essere considerato con un occhio di riguardo.

Noi proponiamo che questa norma rimanga in vigore o che comunque non venga sospesa oltre il 31 marzo 2007, anche perché è stato singolare vedere il Governo presentarsi in Aula con un provvedimento che chiede quantomeno che tutto slitti al prossimo marzo; e, probabilmente, nel pensatoio delle Commissioni si ritiene che il margine di garanzia debba essere ulteriormente dilatato, spostando tutto al luglio del 2007. Questa norma poteva essere stralciata e non era sicuramente una di quelle cui il Ministro poteva far riferimento con la sua richiesta di procrastinare con le motivazioni che abbiamo letto - e che non condividiamo, del resto - nel decreto che ci viene posto.

VALENTINO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, quello delle sedi disagiate è un tema che ci è particolarmente caro, tant'è che nel documento programmatico del nostro partito, proprio con riferimento alla situazione particolare che talune aree del Paese soffrivano per l'oggettivo disagio delle sedi giudiziarie, abbiamo scritto un'articolata relazione.

Ora, francamente, noi troviamo assolutamente inutile ed ultronea questa specifica sospensione; immaginare, cioè, che si debba sospendere anche questa norma, che incide su un problema certamente sensibile e fortemente avvertito da tutti coloro che hanno veramente a cuore i problemi della giustizia. Condivido pienamente le argomentazioni trattate dal collega che mi ha preceduto poc'anzi. Ci sono situazioni particolari... (Brusìo. Richiami del Presidente).

Sono particolarmente sfortunato, signor Presidente, perché, quando io parlo, il brusìo si inasprisce.

 

PRESIDENTE. Perché dice così? Magari eccita le folle, solo quello.

 

VALENTINO (AN). Evidentemente l'attenzione per i temi disadorni che io rassegno alla sua valutazione e a quella dell'Aula è totale; ne prendo atto. Però, vede, la materia che stiamo discutendo, i temi che stiamo trattando impongono la massima attenzione ed impongono che resti traccia, nei verbali dei nostri lavori, della nostra determinazione su questo argomento.

Non è possibile che chi viva il disagio di un tribunale di frontiera poi non debba avere un beneficio; che chi ha occupato postazioni difficili, chi è stato a contatto con aree particolarmente complesse della società non debba poi beneficiare di una condizione particolare. Perché questa corsia privilegiata deve essere inibita? Io me lo chiedo e lo chiedo all'Assemblea. Mi meraviglio che l'atteggiamento o le scelte della politica debbano incidere su un fatto che oggettivamente è di una chiarezza assoluta.

Tutti quanti diciamo di avere a cuore le sorti della magistratura; tutti quanti diciamo, con argomenti diversi, di voler intervenire per rendere migliori le condizioni di questa categoria benemerita, alla quale tutti siamo grati per l'impegno che spiega quotidianamente per tutelarci e per garantire la legittimità. Ebbene, ora si costituisce una condizione particolare per premiare proprio coloro che sono gli ultimi, perché i più disagiati, coloro che hanno scelto di servire la collettività in condizioni obiettivamente compromesse, perché c'è difficoltà di viabilità o c'è difficoltà dal punto di vista degli ambienti con i quali si interloquisce.

Ci sono sedi in cui nessuno vuole andare, signor Presidente; eppure quel grande servizio sociale che è la giurisdizione, l'esercizio della giurisdizione, il rispetto della giustizia, e l'applicazione dei principi fondamentali, lì viene realizzato grazie a questi personaggi benemeriti. Allora, per quale ragione non dobbiamo tutelarli?

Mi interrogo perplesso, signor Presidente, di fronte all'atteggiamento del Governo e del relatore e li invito a riconsiderare l'opinione che hanno espresso su questo argomento. La magistratura italiana ci sta guardando, è attenta a questi nostri lavori. Molto, di quello che saranno la loro carriera e il loro avvenire, dipende dalle determinazioni che in questa sede saranno prese.

Allora, perché questo segmento limitato, questi pochi ed eroici uomini della magistratura non debbono beneficiare dell'attenzione maggiore da parte del Parlamento repubblicano? Io glielo chiedo, signor Presidente, me lo chiedo, lo chiedo all'Aula e confido in un voto favorevole al nostro emendamento. (Applausi dai Gruppi AN, LNP e FI).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la copertura delle sedi disagiate rappresenta un momento particolarmente difficile dell'esercizio completo e concreto della giurisdizione, in particolare con riferimento ai posti di secondo grado.

Infatti, le sedi disagiate di primo grado possono comunque periodicamente essere coperte con gli uditori giudiziari che, a volte anche obtorto collo, sono costretti ad accettarle; quindi comunque è assicurata una copertura periodica per questo tipo di sedi. Per sedi disagiate si intendono, tecnicamente, le sedi per le quali non è stata fatta domanda di trasferimento, secondo i bandi che ordinariamente vengono pubblicati dal Consiglio superiore della magistratura, per un certo numero di occasioni.

A volte sono sedi disagiate anche ridenti cittadine che non hanno nulla a che vedere con luoghi negativamente noti per una forte presenza di criminalità organizzata, ma per essere lontani dalle grandi vie di comunicazione e quindi dalla possibilità per il magistrato di avere poi anche una vita normale.

Il problema però si pone in maniera particolarmente pesante per le sedi di secondo grado, per le quali è vero che è previsto anche un trasferimento d'ufficio, ma questo non viene mai azionato dal Consiglio superiore della magistratura, ovvero viene impugnato regolarmente davanti ai tribunali amministrativi e c'è una giurisprudenza costante di sospensione di questi provvedimenti che alla fine porta concretamente all'impossibilità di coprire le sedi disagiate, in particolare di secondo grado, perché in quelle di primo grado andranno gli uditori, più o meno obtorto collo, perché possano essere comunque coperte.

Nel momento in cui comunque riusciamo ad avere dei magistrati che hanno richiesto di essere assegnati a tali sedi, certamente anche contando su quelli che possono essere i vantaggi della situazione di coprire un posto in una sede disagiata - perché anche questo tipo di vantaggi consente di far sì che anche in queste sedi possa essere amministrata la giustizia e che comunque vi possa essere un corrispettivo per i disagi che il magistrato incontra - sarebbe per lo meno incongruo prevedere una sospensione analoga a quelle delle altre norme dei decreti delegati dell'ordinamento giudiziario e cioè fino a luglio 2007, quando costoro hanno già messo in conto la possibilità di poter rientrare, dopo quel periodo che hanno deciso di trascorrere nella sede disagiata.

S'impone certamente una differenziazione nelle date di sospensione, perché ci troviamo in una situazione particolare e specifica, se facciamo di tutta l'erba un fascio penalizzeremo questi magistrati che comunque sono andati a svolgere un ruolo con tutte le difficoltà possibili e immaginabili.

È evidente quindi che è necessario graduare e modulare diversamente la sospensione e d'altra parte la data del 31 marzo 2007, tutto sommato, corrispondeva all'indicazione originaria di partenza delle sospensione delle norme sull'ordinamento: perché allora penalizzare questi magistrati? La mancata approvazione dell'emendamento 1.421 significherà voler penalizzare coloro che vanno in queste sedi disagiate, vorrà dire che alla maggioranza e al Governo non interessa che si siano fatti carico di questa necessità di copertura, e che li tratteranno esattamente come gli altri.

Tutto ciò evidentemente non è pensabile, non è possibile. Bisogna operare una differenziazione in virtù di una distinzione complessiva delle situazioni, non possono essere penalizzati magistrati che svolgono il loro ruolo egregiamente nelle sedi dove l'amministrazione della giustizia è difficile spesso anche per scarsità di mezzi e Dio solo sa quanto ulteriormente si aggraverà questa situazione in virtù del taglio dei fondi al Ministero della giustizia operato dal cosiddetto decreto Bersani. Prima si diceva che mancava la carta quando il centro-destra aveva non solo mantenuto, ma addirittura aumentato le risorse a disposizione del Ministero della giustizia; certo, per ragioni di logica numerica, nel momento in cui verranno tagliati ulteriormente i fondi è chiaro che vi saranno ulteriori disagi. Mi raffiguro anche che questi disagi pioveranno ancor prima sulle sedi disagiate, dove comunque vi è una possibilità contrattuale nei confronti del Ministero di gran lunga inferiore, piuttosto che sulle altre, in cui comunque probabilmente una presenza forte dello Stato è assicurata. Troppe sedi disagiate sono assolutamente dimenticate, sono assolutamente prive di quei presidi minimi perché la giustizia possa essere adeguatamente amministrata.

Non possiamo fare di tutta l'erba un fascio. Dobbiamo trattare diversamente tali situazioni e prevedere, comunque, una sospensione anticipata rispetto alla sospensione ordinaria.

BUCCICO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ai sensi del Regolamento, in fase di dichiarazione di voto, è previsto un solo intervento per Gruppo. Per la prima volta, vista l'attenzione che c'è sull'argomento, avendo ricevuto due richieste di intervento provenienti dai medesimi Gruppi, intendo concedere, brevemente la parola anche al senatore Buccico e al senatore Biondi che hanno chiesto di intervenire sull'emendamento 1.421.

Pertanto ha facoltà di parlare il senatore Buccico.

BUCCICO (AN). Signor Presidente, per invitare i colleghi all'approvazione dell'emendamento al nostro esame, vorrei aggiungere una considerazione storica a proposito delle sedi disagiate.

La problematica delle sedi disagiate, per chi ne è a conoscenza, dev'essere affrontata con molto realismo. Non è sede disagiata quella in cui vi sono particolari condizioni di malessere della giustizia. Sede disagiata, secondo l'ordinamento giudiziario e l'applicazione dei magistrati, è quella determinata sede per la quale non si trovano magistrati che chiedono di andare ad occuparvi posti. Pertanto, le sedi disagiate costituiscono spesso un dato casuale. Molto spesso sono anche un dato terrificante che indica la mancanza di magistrati in posti centrali.

Voglio fare soltanto un riferimento di carattere territoriale e storico, perché ci si possa rendere conto della gravità della situazione. Come ha ricordato il senatore Centaro, mentre i giovani magistrati che escono dal concorso, dopo l'uditorato (molto ridotto, soprattutto negli ultimi tempi), possono essere mandati in qualsiasi sede, nessun magistrato può essere forzatamente inviato in un'altra sede, anche se circostanze eccezionali dovessero richiederne la presenza.

Vi porto un esempio: vi è una zona nel nostro Paese in cui alto è il tasso di impunità e altissima l'infiltrazione criminogena. Mi riferisco alla Locride. Se vi andate a leggere la storia del tribunale di Locri, vi renderete conto che è un tribunale cronicamente disagiato. Lì vengono mandati magistrati che, per farsi le ossa e costituirsi un titolo nel futuro, si vanno a sacrificare. È una situazione drammatica. Quando leggo che a Locri - per esempio, a proposito dell'omicidio Fortugno - vi è una cattiva risposta da parte dell'organizzazione giudiziaria, è bene che si sappia che vi sono giovani che si sono sacrificati per andare lì e che soltanto l'anno scorso su 24 omicidi ne sono rimasti non scoperti 22.

È una zona in cui il disastro e la diseconomia che si raggiunge fra politica e perversione della pubblica amministrazione hanno fatto sì che a Locri vi sia il tribunale con il più alto numero di cause previdenziali in Italia: oltre 22.000. Non possiamo punire questi magistrati, che scelgono volontariamente di andare ad occupare una posizione di trincea, attraverso un prolungamento innaturale, così come originariamente previsto nell'ordinamento. (Applausi dai Gruppi AN, LNP e FI).

BIONDI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIONDI (FI). Signor Presidente, onorevole Ministro, care colleghe e colleghi, oggi sono molto contento perché finalmente si vota. È un avvenimento mondano qui al Senato con le fiducie poste per strozzare i dibattiti.

Ho ascoltato i colleghi che hanno affrontato questo tema. Qualcuno accusa, in specie gli avvocati, ma anche i magistrati, di essere un po' rattrappiti per via della loro funzione e per un sorta di deformazione professionale, di essere legati cioè ad una certa specificità e, qualche volta, anche ad una limitatezza nelle loro capacità di analizzare i problemi posti alla loro attenzione, qui e fuori di qui. Ammetto l'addebito, ma non faccio parte anche di questo tipo di soggetti. Da un certo punto di vista, non me ne pento, perché credo che essere sinceri, anche con i propri difetti, sia una buona qualità nell'ipocrisia dominante.

Tuttavia, se in quest'Aula c'è una dialettica e, finalmente, un tema come questo è portato all'attenzione di tutti, non per motivi politici, ma per una valutazione soggettiva e oggettiva di difficoltà di soggetti che hanno fatto una scelta in base alla quale si trovano una condizione per cui una proroga più allungata potrebbe essere penalizzante, mi chiedo, onorevoli colleghi di parte avversa, per quale motivo dovremmo essere avversi su questo punto, se non per una questione di schieramento. (Applausi dal Gruppo FI).

Diciamo la verità, è inutile che ci arrivino dagli altissimi sogli inviti a discutere, a chiacchierare, a confrontarci e a stabilire, su certi punti almeno, una consonanza quando non c'è una differenza che militi per una coerente posizione politica che io rispetto e che, anzi, amo, perché il Parlamento è l'organizzazione del dissenso, non del consenso. Il consenso può arrivare se c'è un'intenzione comune di capire il problema e di non opporsi per principio.

Allora, io che ho ascoltato i colleghi, non intendo aggiungere nulla a quello che hanno detto, con la diversa esperienza che hanno su vari campi, tanto nella vita professionale, quanto nella precedente attività che hanno svolto. Io che ascolto queste affermazioni e quindi mi sono convinto con le loro dichiarazioni, chiedo a voi, amici colleghi della maggioranza, che, almeno su questo punto, vi possa essere una valutazione che non sia manichea, di schieramento, che non ci obblighi a consumarci il dito per votare, ma ci costringa qualche volta a far funzionare il cervello e, auspicabilmente, la coscienza. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.421, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (Applausi ironici del senatore Biondi).

 

Colleghi, se dopo questi interventi appassionati riusciamo a procedere con gli emendamenti, effettuando qualche votazione in più, si potrebbe chiudere alle ore 20,30 piuttosto che alle 21. So di darvi una brutta notizia, ma decideremo sulla base dello stato dell'arte alle ore 20,30.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.422.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, approfitto di avere la parola su questo emendamento per segnalare all'Assemblea una questione: non so se sia importante o meno, ma forse può essere significa del clima che si respira non qui all'interno dell'Assemblea, dove - come abbiamo detto prima - ho l'impressione che si stia svolgendo tutto nella massima calma e positività, ma forse all'esterno.

In questo momento è uscita un'agenzia che riferisce affermazioni non di un magistrato qualunque, ma del segretario dell'Associazione nazionale magistrati, che dice: «(...) Castelli tenta di trascinare ANM in polemica... da lui accuse ingiustificate...continua a non rispettarci». Vorrei sapere dai colleghi se ho mai pronunciato la parola «ANM», se in qualche modo ho proferito verbi o pensieri poco rispettosi nei confronti dell'Associazione nazionale magistrati o dei magistrati. (Applausi dai Gruppi LNP, FI, AN, UDC e DC-PRI-IND-MPA).

Credo che in quest'Assemblea ciascuno abbia svolto liberamente delle argomentazioni di natura politica e ritengo che l'ultima frase sia vagamente preoccupante. Cosa significa non rispettare i magistrati? Di solito chi non rispetta un magistrato incorre in sanzioni. Mi sembra un'affermazione vagamente intimidatoria. (Applausi dai Gruppi FI e AN). Spero di avere la solidarietà anche della maggioranza in questo senso, però è significativo di come alcune frange, peraltro autorevoli (stiamo parlando del segretario dell'Associazione nazionale magistrati), interpretano la separazione dei poteri in questo nostro Paese che considero in alcuni casi sfortunato, in altri casi più fortunato.

Credo che questo dato non sia importantissimo, per carità, ma valeva la pena segnalarlo. Ritengo che siamo tutti d'accordo, maggioranza e opposizione, se dico che, comunque, proseguiremo il nostro dibattito come abbiamo fatto fino ad ora, parlando liberamente, nel massimo rispetto di tutti, senza aver paura di nessuno. (Applausi dai Gruppi LNP, FI, AN, UDC e DC-PRI-IND-MPA).

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN). Signor Presidente, mi sembra superfluo, considerato l'applauso ricevuto dal senatore Castelli, esprimergli solidarietà. Qui però è presente il Ministro della giustizia, credo che egli debba dire qualcosa di fronte ad un magistrato che interviene così pesantemente nei lavori dell'Aula.

Auspico dunque che il ministro Mastella, persona molto sensibile a queste cose, oltre che uomo navigato che ben conosce la politica, dica qualcosa in merito. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA).

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, mi sembra di tornare a quando alcuni di noi ci trovavamo in Commissione bicamerale accingendoci a votare la riforma costituzionale riguardante il CSM e l'ordinamento giudiziario. In quella occasione, un attimo prima delle votazioni, pervenne in Commissione un'agenzia con la quale veniva data notizia delle dimissioni della giunta dell'Associazione nazionale magistrati in segno di protesta per l'attività che la Commissione bicamerale era in procinto di svolgere.

Signor Presidente, le ingerenze dell'Associazione nazionale magistrati sull'attività legislativa del nostro Paese sono state, e purtroppo continuano ad essere, sotto gli occhi di tutti. Io esprimo piena solidarietà al collega Castelli per questa intimidazione. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA).

 

PRESIDENTE. Non esageriamo, colleghi, altrimenti il senatore Castelli potrebbe montarsi la testa, lo conosco. Lasciamo piuttosto parlare il senatore Schifani.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, non solo confermo la solidarietà al collega Castelli, ma mi rivolgo, invece, proprio ai colleghi della maggioranza. Su questo dibattito e su questo tema essi, assieme a noi, si sono dati la regola del confronto, della verifica e anche della misura sui numeri e sulle votazioni.

Dico loro che il principio della separazione dei poteri è principio sacro e inviolabile della Costituzione. Non è un principio che tutela le maggioranze e le opposizioni, ma la democrazia del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo FI).

Li invito a riflettere su questo e lo faccio perché mi auguro che questo Parlamento, questo Senato siano garanti anche nei giorni a seguire, di un voto liberamente espresso in piena autonomia, senza condizionamenti, senza infingimenti, senza dichiarazioni esterne che possano incidere sui processi di valutazione dei singoli parlamentari. (Applausi dal Gruppo FI).

Dimostriamo che noi singoli parlamentari, al di là delle appartenenze politiche, abbiamo una coscienza ed un cuore che batte secondo le nostre opinioni e che non ci lasciamo condizionare da certa magistratura che vuole invadere una competenza che non le appartiene. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA).

STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Prima però ricordo ai colleghi che chiedono di prendere la parola che un intervento per Gruppo e già più di quanto avrebbe dovuto essere consentito.

 

STRACQUADANIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, naturalmente mi associo a quanto detto dai colleghi intervenuti prima di me nell'esprimere solidarietà al collega Castelli.

Mi associo alla richiesta del collega Matteoli nei confronti del Ministro e del collega Schifani nei confronti di tutti i membri di questo Senato. Io credo che, di fronte a questa presa di posizione, sia indispensabile una presa di posizione netta del Presidente del Senato che ribadisca la sovranità del Parlamento quale espressione della sovranità del popolo e che difenda le nostre prerogative di Parlamento rispetto a questa invasione di campo, ancora una volta una travalicazione, un tentativo di costituirsi in partito da parte di quelli che dovrebbero essere servitori dello Stato. (Applausi dai Gruppi FI, AN e UDC).

PRESIDENTE. Senatore Stracquadanio, riferirò ovviamente al Presidente la sua segnalazione. Posso solo testimoniare che, al di là del brusìo, il dibattito si è svolto in un clima di assoluta civiltà e tranquillità. (Commenti dai banchi dell'opposizione. Richiami del Presidente). Adesso sto parlando io.

Testimonio il clima di assoluta serenità e tranquillità, tranne la prima fila che disturba - e devo testimoniarlo - quando parlano il relatore e i colleghi della Commissione. Se qualcuno vuole non vedere le cose è un conto, altrimenti lo invito a collegarsi al canale 824 di una nota emittente (non posso dirne il nome, altrimenti farei pubblicità) per vedere la diretta del Senato e verificare come nessuno si sia scatenato o abbia insultato; mi sembra che vi sia un clima di assoluta civiltà e si riesca a procedere nei nostri lavori.

MASTELLA, ministro della giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. A questo punto però la chiusura alle ore 20,30 salta. Ovviamente, signor Ministro, non volevo toglierle la parola, mi riferivo all'Aula. Prego, Ministro, a lei la parola.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, dirò cose semplicissime e anche un po' banali. Devo riconoscere che la correttezza del dibattito in quest'Aula è stata esemplare; devo dire altresì al senatore Castelli che in quest'Aula, se mi chiama a testimone, non ho visto né invasioni di campo, né ho sentito, da parte sua, pronunciare parole offensive nei confronti di chicchessia. Fuori di quest'Aula, però, senatore Castelli, non so quello che abbia detto, perché lei ha parlato e gli altri hanno replicato. Io quindi sono testimone qua, fuori dall'Aula francamente non lo so. (Applausi dal Gruppo Ulivo. Commenti dai Gruppi FI e LNP).

PRESIDENTE. Procediamo colleghi con le votazioni, altrimenti andiamo avanti sino alle ore 21.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.422, presentato dal senatore Castelli. (Commenti del senatore Buccico). Senatore Buccico, ieri non l'ho censurata per l'espressione «fottere» che ho messo tra virgolette perché riferiva cose dette da altri, ma adesso basta!

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.423.

DIVINA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DIVINA (LNP). Signor Presidente, quello che è accaduto era stato già prefigurato in uno degli ultimi interventi della seduta scorsa. L'emerito presidente Cossiga...

 

PRESIDENTE. Senatore Divina, la volta precedente le ho tolto la parola e mi è spiaciuto. Lei parla dell'emendamento o parla...

 

DIVINA (LNP). Presidente, mi lasci introdurre l'emendamento; è soltanto una frase introduttiva per dire che...

 

NANIA (AN). Basta!

 

DIVINA (LNP). Il presidente Cossiga aveva lanciato un appello a quest'Aula dando una specie di linea di condotta: sempre, sempre, sempre contro l'Associazione nazionale magistrati. Questo era il monito di Cossiga; non contro la magistratura, contro l'Associazione nazionale magistrati, il sindacato che ingerisce nell'attività...

 

PRESIDENTE. Cosa c'entra con l'emendamento, senatore Divina? (Proteste dal Gruppo AN).

 

DIVINA (LNP). Se mi consente ci arrivo. L'Associazione nazionale magistrati ha perfettamente ragione, perché le norme di cui stiamo parlando sono veramente eversive, sovversive! Con esse, infatti, si introduce il concetto - me lo consenta, Presidente - secondo il quale il Consiglio superiore della magistratura valuterà i magistrati in base alla loro laboriosità: questo è un concetto che all'Associazione nazionale magistrati va di traverso! Nessuno, all'interno della magistratura, vuole che vi siano organi deputati a valutarne la professionalità, e a ragione. È sovversiva l'introduzione di questa misura tramite i decreti adottati dallo scorso Governo.

Ma se facciamo un passo indietro, dobbiamo ricordare le grandi battaglie fatte proprie dalla sinistra per introdurre il concetto dell'operosità nella pubblica amministrazione, che è la meritocrazia. Come applichiamo la meritocrazia al settore della giustizia se non si può intervenire a fare valutazioni di merito?

Questo emendamento è legato anche al concetto della funzionalità degli uffici o, meglio, della temporaneità della direzione degli uffici.

Penso, egregio Ministro, che lei oggi proponga soltanto un differimento dell'entrata in vigore. Ma se continueremo ad accettare questo comportamento dell'Associazione nazionale magistrati, la prossima richiesta che perverrà sulla sua scrivania sarà lo stralcio di questo emendamento. Allora, Presidente, parleremo successivamente, quando si porterà qui l'ordinamento riscritto della magistratura. (Applausi dal Gruppo LNP).

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Divina, anche se francamente l'emendamento mi pare vada in senso esattamente contrario rispetto a quanto da lei detto!

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.423, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.424, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi,l'emendamento 1.425, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

L'emendamento 1.426 è improponibile.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.427, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.428, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

A questo punto, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635)

ORDINI DEL GIORNO

G1

CASTELLI

Approvato

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 recante: «Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’Ufficio del Pubblico Ministero a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera d) della legge 25 luglio 2005, n.150.» è efficace dal 18 giugno 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

G2

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 recante: «Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera f) e 2, commi 6 e 7, della legge 25 luglio 2005, numero 150.» è efficace dal 19 giugno 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

G3

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20 recante: «Disciplina transitoria del conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti di legittimità, nonché di primo e secondo grado, a norma dell’articolo 2, comma 10, della legge 25 luglio 2005, n.150.» è efficace dal 28 gennaio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

G4

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 23 gennaio 2006, n. 24 recante: «Modifica dell’organico dei magistrati addetti alla Corte di cassazione, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera e), della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace per quanto attiene all’art. 5, comma 1, dal 3 febbraio 2006, mentre per le rimanenti disposizioni dal 4 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

G5

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 27 gennaio 2006, n. 25, recante: «Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c), della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 4 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

G6

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, recante: «Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 4 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

G7

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 35 recante: «Pubblicità degli incarichi extragiudiziari conferiti ai magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera g) e 2, comma 8, della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 14 maggio 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

G8

CASTELLI

Non posto in votazione ( )

Il Senato,

considerato che il Decreto legislativo 7 febbraio 2006, n. 62, recante: «Modifica della disciplina concernente l’elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell’articolo 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150.» è efficace dal 1º giugno 2006,

impegna il Governo:

a riferire al più presto al Parlamento, eventualmente nella Commissione competente per materia, sullo stato di attuazione del suddetto decreto.

________________

( ) Accolto dal Governo

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 1.

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007.

EMENDAMENTI

1.1

CASTELLI

Respinto

Sopprimere l’articolo.

1.2

CARUSO

Id. em. 1.1

Sopprimere l’articolo.

1.3

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Id. em. 1.1

Sopprimere l’articolo.

1.4

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Id. em. 1.1

Sopprimere l’articolo.

1.300

PALMA

Id. em. 1.1

Sopprimere l’articolo.

1.400

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 1, comma 6, lettera c) del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.401

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Gli effetti dell’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 sono sospesi fino alla data del 31 gennaio 2007».

1.402

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 è sospesa fino alla data del 15 febbraio 2007».

1.403

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 4 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 è sospesa fino alla data del 15 marzo 2007».

1.404

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Gli effetti dell’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 sono sospesi fino alla data del 1º marzo 2007».

1.405

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 è sospesa fino alla data del 1º gennaio 2007».

1.406

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 28, comma 1, capoverso Art. 11, secondo ed ultimo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.407

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 28, comma 1, capoverso Art. 11, secondo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.408

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 28, comma 1, capoverso Art. 11, ultimo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 15 febbraio 2007».

1.409

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 29, comma 1, capoverso Art. 18, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007, limitatamente alle parole da: "i magistrati preposti", fino a: "criteri di cui al secondo comma"».

1.410

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 29, comma 1, capoverso Art. 18, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 15 marzo 2007, limitatamente alle parole da: "i magistrati preposti", fino a: "attività civile e penale"».

1.411

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 29, comma 1, capoverso Art. 18, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007, limitatamente alle parole da: "Il rapporto di parentela", fino a: "criteri di cui al secondo comma"».

1.412

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 29, comma 1, capoverso Art. 19, ultimo comma, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 1º aprile 2007».

1.413

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 30, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.414

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.415

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 5, comma 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º gennaio 2007».

1.416

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 5, comma 7, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.417

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º aprile 2007».

1.418

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 31 marzo 2007».

1.419

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 19 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.420

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.421

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 31 marzo 2007».

1.422

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 20, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.423

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 21, comma 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º maggio 2007».

1.424

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º aprile 2007».

1.425

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.426

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 25, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.427

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 25, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.428

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 26, comma 7, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.429

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 26, comma 8, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 31 gennaio 2007».

1.430

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 27 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.431

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 28, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.432

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 35 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.433

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 35, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.434

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 36 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 31 marzo 2007».

1.435

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 37 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.436

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.437

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 41, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º gennaio 2007».

1.438

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 42 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.439

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 44, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.5

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.6

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.7

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.8

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.301

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Se non diversamente disposto da intercorrente normativa, da sottoporre al parere delle competenti commissioni parlamentari, è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.302

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Se non diversamente disposto da intercorrente normativa, è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.303

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Fino a diversa disposizione, è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, fino al 1° dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, fino al 1º febbraio 2007».

1.304

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 fino al 1º dicembre 2006, se non diversamente disposto da intercorrente normativa,».

1.305

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, fino al 1º novembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, fino al 15 novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, fino al 1º dicembre 2006».

1.306

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Fino alla data del 15 gennaio 2007 è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160,».

1.307

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006».

1.308

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006».

1.309

CASTELLI

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006».

1.9

CASTELLI

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006, al fine di consentire ai procuratori generali presso le corti di appello di espletare le attività di vigilanza indicate».

1.10

CASTELLI

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L’efficacia della disposizione contenuta nell’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.11

CASTELLI

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.14

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106».

1.15

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109».

1.16

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e» con le parole: «nel decreto legislativo».

1.17

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 4 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.310

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 4 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 15 novembre 2006».

1.18

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.311

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 15 novembre 2006».

1.19

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.312

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.20

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

1.22

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «20 febbraio 2006, n.106».

1.313

PALMA

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «20 febbraio 2006, n.106».

1.12

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui agli articoli da 1 a 13 nonché per quelle di cui al Capo II, al Capo IV, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X».

1.24

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui agli articoli da 1 a 13 nonché per quelle di cui al Capo II, al Capo IV, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X.».

1.23

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, fatta esclusione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui al Capo I, al Capo II, al Capo IV, al Capo V, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X.».

1.13

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, e 23 febbraio 2006, n.109».

1.94

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «5 aprile 2006, n.160».

1.314

PALMA

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «5 aprile 2006, n.160».

1.315

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 1, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 15 dicembre 2006,».

1.27

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 1,».

1.316

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 2, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 15 dicembre 2006».

1.36

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 2,».

1.35

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «106» inserire le seguenti: «fatta esclusione per quelle contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5».

1.317

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106» aggiungere le seguenti: «tranne per quelle di cui agli articoli 3, 4 e 5», e sopprimere ai commi 1 e 2 del citato articolo 3, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, le parole: «ai sensi dell’articolo 1, comma 4».

1.37

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «106» inserire le parole: «tranne per quelle di cui agli articoli 3, 4 e 5».

1.318

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106» inserire le seguenti: «con eccezione per quelle di cui agli articoli 3 e 4 la cui entrata in vigore è sospesa fino al 1º dicembre 2006,».

1.26

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 3 e 4».

1.319

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 4, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 1º gennaio 2007».

1.40

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 4,».

1.41

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «106» aggiungere le seguenti: «con eccezione dell’articolo 4».

1.320

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 5, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 15 gennaio 2007».

1.42

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 5,».

1.43

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «106» aggiungere le seguenti: «con eccezione dell’articolo 5».

1.321

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 6, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 30 gennaio 2007».

1.44

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 6,».

1.45

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.322

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.46

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera b) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.47

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera e) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.48

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera f) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.49

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera g) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.50

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera b) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.51

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera n) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.52

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera v) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.53

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera cc) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.54

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera dd) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.55

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera c) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.56

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera f) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.57

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera l) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.58

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera d) dell’articolo 4 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.59

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia dell’articolo 9 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.60

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.61

CASTELLI

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.323

PALMA

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.324

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 27 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.325

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 28 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.326

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 29 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.331

CASTELLI

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati, la cui efficacia è sospesa fino al 1º novembre 2006,».

1.62

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati».

1.330

CENTARO

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo I».

1.332

CENTARO

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo II».

1.333

CENTARO

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo III».

1.88

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «109» aggiungere le seguenti: «tranne per quelle di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29».

1.500

VALENTINO, BUCCICO, CARUSO

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» sono inserite le seguenti: «con esclusione di quelle contenute nell’articolo 23».

1.327

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 27 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006».

1.90

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 27,».

1.328

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 28 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006,».

1.91

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 28,».

1.329

CASTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 29 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006,».

1.92

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 29,».

1.95

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo I – Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e uditorato, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.96

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo II – Funzioni dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.97

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo III – Della progressione nelle funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.98

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1, sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo IV – Passaggio di funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.334

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo IV – Passaggio di funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.99

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo V – Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.335

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo V – Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.100

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.336

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.101

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VII - Assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.337

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VII - Assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.102

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VIII - Concorsi e commissioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.103

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo IX - Incarichi semidirettivi e direttivi, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.104

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo X - Magistrati fuori ruolo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.338

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo X - Magistrati fuori ruolo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.105

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo XI - Progressione economica dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.339

CASTELLI

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo XI - Progressione economica dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.340

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo I».

1.341

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo II».

1.342

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo III».

1.118

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del capo IV».

1.343 (testo 2)

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui ai capi IV e VIII».

1.123

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo V - Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado».

1.344

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo V».

1.127

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado».

1.345

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo VI».

1.346

CENTARO

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo VII».

1.347

CENTARO

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo VIII».

1.137

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo IX - Incarichi semidirettivi e direttivi».

1.348

CENTARO

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo IX».

1.349

CENTARO

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo X».

1.350

CENTARO

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo XI».

1.163

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007» con le seguenti: «30 settembre 2006».

1.164

CASTELLI

All’articolo 1, comma 1, sostituire le parole: «è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007», con le seguenti parole: «è sospesa improrogabilmente fino alla data del 1 ottobre 2006».

1.351

CASTELLI

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007», con le seguenti: «1º novembre 2006».

1.167

CASTELLI

All’articolo 1, comma 1, sostituire le parole: «è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007», con le seguenti parole: «è sospesa improrogabilmente fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.169

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007» con le seguenti: «15 dicembre 2006».

1.170

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007» con le seguenti: «15 gennaio 2007».

1.174

CASTELLI

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro tale termine, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

1.175

CASTELLI

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro tale termine, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 della legge 25 luglio 2005, n.150».

1.352

CASTELLI

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro il 31 ottobre 2007, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

1.353

CASTELLI

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro il 30 novembre 2007, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 della legge 25 luglio 2005, n.150».

 

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

41a

seduta pubblica (antimeridiana)

 

giovedì

28 settembre 2006

 

Presidenza del vice presidente BACCINI,

indi del vice presidente ANGIUS


(omissis)

 

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 9,42)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.429.

PIROVANO (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PIROVANO (LNP). Signor Presidente, con l'emendamento in esame si propone la sospensione fino al 31 gennaio 2007 dell'efficacia del comma 8 dell'articolo 26, che così recita: «I magistrati che, prima dell'espletamento di uno dei concorsi di cui all'articolo 12, hanno ricevuto l'applicazione di una sanzione disciplinare superiore all'ammonimento, sono ammessi ai medesimi concorsi dopo il maggior numero di anni specificatamente indicato nella sentenza disciplinare definitiva. Detto periodo di maggiorazione temporale non può essere, comunque, inferiore a due né superiore a quattro anni, rispetto a quanto previsto dall'articolo 12, commi 3, 4 e 5, e dal capo VIII».

Signor Presidente, nell'auspicare un voto favorevole dell'Assemblea, chiedo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

 

(La seduta, sospesa alle ore 9,45, è ripresa alle ore 10,05).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.635

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Per facilitare i nostri lavori, le votazioni saranno effettuate mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, in modo tale da avere una visione immediata della situazione in Aula.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 1.429.

 

Verifica del numero legale

PIROVANO (LNP). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

 

Il Senato non è in numero legale.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 10,06, è ripresa alle ore 10,26).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n.635

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 1.429.

 

PIROVANO (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutino simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Prima di procedere con i nostri lavori ricordo che su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 1 del disegno di legge in discussione vi è il parere contrario del relatore e del rappresentante del Governo.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pirovano, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.429, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

 

 

Senatori presenti

302

Senatori votanti

301

Maggioranza

151

Favorevoli

146

Contrari

154

Astenuti

1

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Come ho già anticipato in apertura di seduta, è stato stabilito di votare tutti gli emendamenti attraverso procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, per evitare successive verifiche. Pertanto, salvo richieste specifiche di altro tipo, si procederà in tal senso.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.430, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

298

Senatori votanti

297

Maggioranza

149

Favorevoli

143

Contrari

152

Astenuti

2

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Gli emendamenti 1.431 e 1.432 sono improponibili.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.433.

 

Verifica del numero legale

 

PIROVANO (LNP). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.433, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.434, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.435, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.436.

 

PIROVANO (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pirovano, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.436, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

300

Senatori votanti

297

Maggioranza

149

Favorevoli

143

Contrari

152

Astenuti

2

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.437, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (Il senatore Storace fa presente che la sua postazione elettronica non funziona).

 

Prego gli assistenti di verificare la funzionalità della postazione del senatore Storace e i senatori segretari di mettere a verbale la sua presenza e la sua votazione.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.438, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, vorrei pregarla di invitare tutti i colleghi a rimanere seduti al proprio posto, per consentire ai senatori segretari di svolgere le operazioni di controllo del voto.

Inoltre, signor Presidente, vorrei che venisse concesso a tutti i colleghi qualche secondo ulteriore per effettuare la propria votazione. Infatti, purtroppo, nel bene o nel male, non siamo abituati ai ritmi della Camera dei deputati perché in questo ramo del Parlamento qualche secondo in più durante le votazioni è sempre stato concesso, nell'interesse di tutta l'Assemblea, non certo soltanto dell'opposizione.

VIZZINI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI (FI). Signor Presidente, poco fa nel corso della votazione ero seduto presso una postazione che non è fornita di sistema elettronico; pertanto, non essendo per me agevole votare, ho chiesto alla senatrice Bianconi di premere al mio posto il tasto nella postazione accanto alla sua.

Dal momento che tutto questo è stato correttamente ripreso da chi esercita il proprio mestiere di fotografo, vorrei che restasse a verbale questa mia precisazione al fine di evitare che si pensasse che la collega ha votato per due.

PRESIDENTE. Senatore Vizzini, la sua presenza è di per sé già un'autorevole testimonianza.

In merito al richiamo del capogruppo di Forza Italia, senatore Schifani, credo che una maggiore possibilità per i colleghi di esercitare il proprio diritto di voto sia un auspicio della Presidenza. Ci atterremo quindi ad una maggiore elasticità.

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.439, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Ciascun collega deve votare per sé; è superfluo ripeterlo.

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.5, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.6, identico all'emendamento 1.306.

Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata avanzata la richiesta di votazione a scrutinio segreto.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, l'emendamento 1.6 riguarda un tema molto importante, cioè la possibilità concessa al procuratore capo nell'attuale legge, che ricordo vigente, di prendere la decisione ultima sulle custodie cautelari. Abbiamo avuto troppi esempi in questi ultimi anni di procuratori un po' avventurosi. Non più tardi di qualche anno fa alcuni di essi volevano porre sotto custodia cautelare - o detto in termini magari meno aulici mettere in galera - mezza Italia, compresa una nutrita serie di parlamentari e di Ministri.

Noi siamo intervenuti su questo tema con la legge sull'ordinamento giudiziario per evitare che qualche procuratore (e purtroppo ci sono), forse perché troppo entusiasta ed innamorato del proprio lavoro, potesse recare danni enormi al Paese. Abbiamo anche altri esempi in questi giorni di procuratori più importanti che hanno procurato gravissimi danni al Paese sul piano internazionale.

Tra l'altro, considerando la presenza in Aula del ministro Mastella, egli potrebbe rispondere su una questione relativamente alla quale la sinistra tace: la vicenda degli arresti per i cosiddetti rapitori, o presunti tali, di Abu Omar. Cosa è accaduto? Un procuratore, anche in questo caso entusiasta, ha cercato di disintegrare nei fatti i nostri Servizi segreti e, anziché cercare di perseguire i terroristi, ha cercato di perseguire i cacciatori di terroristi. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

Fortunatamente, chi ha scritto il codice di procedura penale - e non è stata la Casa delle Libertà in quanto è stato scritto tanti anni fa (l'ultima versione importante risale al 1989) - ha previsto nella norma una questione molto importante. Di fronte a questioni di natura internazionale per le quali siano in gioco la sicurezza dello Stato, il buon nome dello Stato e i rapporti internazionali l'ultima decisione (come è giusto che sia) spetta al Ministro, rappresentante del popolo in quanto sostenuto dalla maggioranza votata dalla maggior parte del popolo. Il Ministro, appunto, deve rispondere in ultima analisi su questo tema.

Di fronte a una richiesta del genere, che di fatto devastava e ha devastato già in modo irreversibile il nostro attuale sistema dei Servizi segreti (soprattutto il SISMI) e che rischiava anche di apportare un vulnus pesantissimo nei rapporti internazionali, soprattutto con il nostro partner americano, io mi sono avvalso di questo potere e ho rifiutato di avallare l'arresto dei presunti rapitori. Per questo motivo, sono stato attaccato dal procuratore perché in Italia è normale che un procuratore attacchi i Ministri e chi fa politica. Questo malcostume è ormai accettato come normale nel nostro Paese. Sono stato attaccato anche da una parte di coloro i quali in questo momento siedono in quest'Aula. La vicenda è stata sottoposta all'esame del Parlamento europeo ed è arrivata anche alle soglie dell'ONULa vicenda è rimasta tale, non è cambiata, è quella; però è cambiato il Governo.

Non mi risulta che l'attuale Governo abbia controfirmato quei mandati d'arresto. Vorrei che il ministro Mastella ci dicesse a che punto è la questione, perché delle due l'una: o sta agendo esattamente come ho agito io - e allora forse avevo ragione - oppure vi sono altre questioni in ballo che ci piacerebbe, anzi avremmo diritto, di conoscere.

Avevo presentato anche alcune interrogazioni in materia, alle quali però al momento non è stata data risposta; forse questa potrebbe essere l'occasione per capire cosa sta succedendo su questa delicatissima materia. (Applausi dai Gruppi LNP, AN e FI).

VALENTINO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, l'emendamento 1.6, in un certo qual modo, interpreta quello che è lo spirito della legge; uno spirito che noi non apprezziamo, ma al quale naturalmente non siamo ostili nel corretto dibattito che deve caratterizzare i rapporti tra forze politiche di maggioranza e di opposizione.

Fra le cose che si sono lamentate discutendo del nuovo ordinamento giudiziario vi è stata anche la cosiddetta gerarchizzazione degli uffici delle procure. Si è sostenuto - devo dire da parte di osservatori superficiali - che il nuovo corso non avrebbe potuto realizzarsi in maniera compiuta proprio perché ormai i tempi dell'entrata in vigore incombevano, la legge è in vigore, e le difficoltà degli uffici erano tali da non consentire un'organizzazione acconcia ed opportuna, un'organizzazione pronta ad affrontare il nuovo corso della vita delle procure che si caratterizza per il ruolo centrale - certamente diverso rispetto al passato - del procuratore della Repubblica.

Il procuratore della Repubblica - come è a tutti noto - è il capo dell'ufficio, è un uomo le cui capacità professionali sono state valutate dal Consiglio superiore della magistratura; egli occupa quindi una postazione di grande responsabilità e per la legge che è stata licenziata nella scorsa legislatura deve essere il responsabile esclusivo di tutte queste prerogative.

Si è detto che l'organizzazione che sarebbe seguita a questo nuovo impianto non poteva esaurirsi nel tempo breve che era di fronte. Bene, ritengo che entro il 15 gennaio 2007 - è questo lo spirito del nostro emendamento - si consenta al procuratore della Repubblica, agli uffici di procura, di organizzarsi in maniera adeguata in relazione alle rinnovate esigenze. Sottolineo, comunque, che i titolari di alcune procure consistenti, di uffici giudiziari di grandi città hanno già dichiarato di essersi uniformati al nuovo corso e che i loro uffici lavorano in maniera efficace e produttiva.

Non posso quindi non cogliere la speciosità della sospensione, che non è riconducibile a quella che dovrebbe essere un'esigenza degli uffici, bensì a tutte quelle complesse valutazioni politiche che abbiamo fatto nel corso di questa discussione, che sono riferibili ad alcuni settori - dico alcuni settori - della magistratura che ne hanno ispirato la trattazione.

Signor Presidente, è ormai nelle cose lamentare alcuni comportamenti disinvolti di giovani procuratori, non solo i procuratori anziani i quali - vi è stato fatto cenno poc'anzi dal senatore Castelli - operano con piena consapevolezza di ciò che fanno; io non discuto che vi sia una consapevolezza, è un disegno giudiziario, per l'amor del cielo, che ha una sua logica, vedremo poi quale sorte subirà. Tuttavia, non vi è dubbio che le procure sono anche caratterizzate da presenze la cui esperienza certamente non è pari all'importanza della funzione alla quale si assolve.

È allora necessario e indispensabile che il ruolo del procuratore capo sia un ruolo incidente, un ruolo di controllo, un ruolo di stimolo, un ruolo di verifica, che il quadro d'insieme della situazione nella sua complessità - perché ogni processo è una situazione complessa - venga sottoposto all'esperienza del procuratore della Repubblica. Un'esperienza della quale l'organo di autogoverno ha preso atto, tant'è che quella funzione gli è stata affidata.

Signor Presidente, il vecchio ordinamento prevedeva che fosse sempre il procuratore della Repubblica, a meno che non si decidesse di operare scelte diverse. Invece, i tempi imposti dalla nuova legge sono diversi. Si è titolari di uffici apicali per quattro anni; incarico che può essere rinnovato. Vivaddio! Se in questi quattro anni il detentore di una responsabilità così compiuta e così impegnativa dà luogo a comportamenti discutibili ed opinabili non gli si rinnova l'incarico.

Mi sembra importante tener conto della logica e dell'esperienza che stiamo attraversando ormai da troppi anni. Signor Presidente, i casi particolari sono sempre imbarazzanti, però vorrei capire la ragione per la quale alcuni giovani ed ineffabili magistrati dell'ufficio della procura della Repubblica commettono sistematicamente errori in tema di competenza territoriale senza che nessuno se ne occupi, tant'è vero che continuano a restare dove sono e a reiterare i loro errori.

È pur vero che talvolta capita che colpiscano anche personaggi screditati, ma è altrettanto vero che l'errore lo si commette reiteratamente. Il Consiglio superiore, che io sappia, non fa nulla, così come gli organi preposti all'intervento. Continuiamo a sbagliare nella piena, consapevole soddisfazione che l'errore è appagante perché evoca mille suggestioni e consente al magistrato di Canicattì - cito casualmente questa città per non turbare il mio amico lucano Nicola Buccico - che una vicenda avvenuta a Milano possa essere indagata dal magistrato lucano. Mi chiedo cosa rappresenti tutto questo; cosa sia tutto questo disordine, questo caos, questa mancanza di certezze e di regole. Mi chiedo, inoltre, in che modo reagisca l'opinione pubblica e quale disagio avverta di fronte alla magistratura, organo di garanzia, che si comporta in tale maniera.

Ebbene, stabiliamo delle regole e creiamo situazioni tranquillizzanti. Un magistrato che abbia esperienza e qualità riconosciute può tenere in mano situazioni che ad altri sono sfuggite e che continuano a sfuggire.

Ecco la ragione per la quale sollecitiamo questo breve differimento, accogliendo le notizie giunte dalla stampa ed avanzate da alcuni uffici circa l'opportunità di avere un margine di tempo adeguato al fine di poter meglio organizzare gli uffici. Il mese di gennaio 2007, signor Presidente, potrebbe essere una data giusta. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Castelli).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in alcune delle parti dei decreti delegati di cui stiamo esaminando la richiesta di sospensione avanzata con il disegno di legge del Governo vi sono alcuni riferimenti diretti a diritti fondamentali del cittadino sanciti dalla Costituzione. E tali riferimenti diretti precludono la possibilità che vi siano differimenti di mesi, se non di anni, perché dobbiamo ipotizzare un meccanismo che eviti nel modo più assoluto quegli inconvenienti e quei problemi brillantemente espostidai colleghi intervenuti prima di me.

Si deve evitare che vi possa essere una procura della Repubblica in cui da un ufficio all'altro vi sia difformità di indirizzo in materie particolarmente critiche quali la libertà personale, l'ablazione, seppure momentanea, dei beni appartenenti ai cittadini.

È necessario che non vi possano essere più episodi come quello accaduto in Sicilia, in cui un procuratore della Repubblica ha attaccato l'indirizzo del proprio ufficio alla vigilia dell'udienza del tribunale del riesame. Bisogna cioè che vi sia la possibilità per l'ufficio giudiziario di avere una linea e quindi la necessità che il visto, l'indirizzo di carattere generale espresso dal procuratore della Repubblica possa essere assolutamente cogente, possa dare una uniformità di giurisprudenza in grado di assicurare certezza del diritto al cittadino.

E allora è evidente che già solo ponendo mente a questa problematica non è pensabile che vi possano essere rinvii ad un anno: quando parliamo del mese di luglio 2007 come possibilità ipotetica di sospensione per poi arrivare ad eventuali modifiche o altro dei decreti delegati dell'ordinamento giudiziario facciamo di tutta l'erba un fascio e ci rendiamo conto che trattiamo questioni veramente sensibili come questa accanto ad altre meramente organizzative che possono tranquillamente essere rinviate e meditate con maggior tempo a disposizione.

Queste sono questioni sensibili, su cui non possiamo che richiedere una meditazione rapida con un indirizzo chiaro e stabile, per evitare quell'anarchia pericolosissima, quella difformità di vedute e quella impossibilità di assicurare la certezza del diritto auspicata dai cittadini.

Ma non sono solo queste le norme. Ve ne sono altre nel decreto delegato riguardante il procedimento disciplinare che toccano direttamente la possibilità per il magistrato di iscrizione ai partiti politici (c'è già nella Costituzione un divieto di iscrizione al partito politico, ma deve essere normato nella legge ordinaria e deve avere un'ulteriore esplicazione per quegli enti, quelle organizzazioni parapolitiche che ruotano attorno ai partiti politici, bracci indiretti del loro modo di esplicarsi sul territorio), così come la libertà di espressione da parte del magistrato, la libertà di critica. Sono tutte materie su cui bisogna interrogarsi ed approfondire, ma che necessitano una decisione immediata. Non possiamo anche in questo caso far sì che vi sia un ritorno al passato tout court in attesa che da qui al mese di luglio 2007 vi possa essere la possibilità di capire e modificare la precedente riforma.

E torniamo alla polemica d'origine: se a tutto questo avessimo pensato prima, se si fosse avuta una possibilità di discussione attraverso linee di indirizzo programmatiche del Governo già dal momento dell'arrivo in Commissione del disegno di legge non vi sarebbe stato bisogno di sospensioni di lungo termine; le questioni sensibili, a cuore a tutti e che certamente tutti percepiscono per la loro importanza e che non hanno alcun contenuto ideologico né persecutorio ma tendono ad assicurare, esse sì, la vera autonomia e indipendenza della magistratura da condizionamenti politici di qualsiasi tipo, sarebbero certamente state risolte, ed in tempi brevi.

Ecco perché su queste parti è necessario che la sospensione arrivi non oltre il mese di gennaio 2007: sono in gioco diritti fondamentali del cittadino magistrato, ma anche del cittadino che si trova ad essere interessato dai procedimenti giudiziari. Ecco perché su questi momenti sensibili il Parlamento, il mondo politico tutto deve assumersi la responsabilità di decisioni immediate e non di rinvii sine die che porranno in uno stato di pressoché totale anarchia, così com'era quello previgente alla riforma del ministro Castelli, l'ordinamento giudiziario, l'amministrazione della giustizia e, soprattutto, la certezza dei diritti dei cittadini. (Applausi dal Gruppo FI).

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.6, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori, identico all'emendamento 1.306, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Pregherei tutti i colleghi di rimanere seduti durante lo svolgimento della votazione; ciascun senatore deve corrispondere alla propria scheda.

I segretari sono pregati di verificare l'attendibilità del voto sia da una parte che dall'altra. (Brusìo. Richiami del Presidente). Colleghi, per favore, i segretari stanno effettuando le verifiche. Si prega di riconsegnare le schede incustodite alla Presidenza.

Il Senato non approva. (v. Allegato B)

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.7.

VALENTINO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, anche l'emendamento 1.7 tratta un tema particolarmente sensibile. (Forte brusìo).

 

PRESIDENTE. Scusate, colleghi, il senatore Valentino sta svolgendo un suo intervento; pregherei quindi i colleghi di contenersi un minimo per consentire a tutti di esprimersi.

 

VALENTINO (AN). Grazie, signor Presidente. Il tema trattato da questo emendamento è un tema sensibile, di grande attualità e riguarda il rapporto tra gli uffici giudiziari, tra gli uffici di procura e la stampa. Credo che da tutte le parti si sia, nel corso di questi anni, colto con grande disagio la natura particolare del rapporto che si è venuto a creare tra alcune procure e la stampa. Si tratta di un rapporto complesso e particolare nel quale vengono privilegiate alcune testate rispetto ad altre. Siamo in presenza di un legame che poi fatalmente induce al sospetto che la violazione di alcuni segreti debba essere riconducibile ai personaggi che governano l'inchiesta e non già a tutto quel mondo che vi vive intorno.

Ho colto, nel corso del dibattito che si è svolto in queste giornate, come sia stata sottolineata l'impossibilità di risalire tout court, per principio, all'eventuale responsabilità del magistrato. Non c'è nulla che consenta di stabilire che sia lui a far circolare alcune notizie; però è altrettanto vero che il sospetto diventa invincibile, signor Presidente, perché è il personaggio più autorevole, soprattutto quando le vicende sono nutrite di attenzione particolare, che può assumersi la responsabilità di far circolare notizie riservate. È un tema antico sul quale ci confrontiamo da tempo. Nessun esito sortiscono, ahimè, le denunzie che vengono fatte da coloro che vedono i loro nomi esposti sulle prime pagine dei giornali, senza che alcuna ragione giustifichi l'accaduto e senza che tutte quelle verifiche, che devono essere segrete per definizione, si siano svolte.

Ecco allora che il nuovo ordinamento giudiziario interviene su questa che possiamo definire, senza ombra di dubbio, una delle tante patologie giudiziarie dei tempi che stiamo vivendo. Interviene stabilendo regole, dicendo che l'unico soggetto abilitato ad interloquire con la stampa è il procuratore della Repubblica, il soggetto cui sono state attribuite le funzioni per tutte quelle ragioni che ho avuto l'onore di rassegnare all'Assemblea nel corso del mio intervento precedente. Ogni rapporto con l'organo di informazione deve transitare attraverso il filtro del procuratore della Repubblica e dell'ufficio che egli va a realizzare per la trattazione di questo aspetto. Vi è, signor Presidente, un divieto netto ed assoluto, da parte degli altri magistrati, di avere interlocuzioni con la stampa sui processi in corso.

Si sostiene poi quello che è un principio reclamato da tempo da tutti coloro che queste materie hanno osservato e che si sono impegnati perché si realizzassero nella maniera migliore. Ogni qual volta si tratta di una certa vicenda giudiziaria, non bisogna mai far cenno a chi sia il soggetto, la persona fisica dell'ufficio impegnata, bensì, impersonalmente, all'ufficio. Credo che questa sia una saggia soluzione e che anch'essa, che probabilmente imporrà dei tempi di coordinamento e organizzazione, possa essere predisposta in maniera opportuna entro la data del mese di gennaio 2007.

Quindi, non è traumatico il cambiamento di assetti; sarebbe forse traumatico il cambiamento di mentalità. Si possono però creare tutte le condizioni perché, entro un periodo congruo, la legittima esigenza e necessità dell'opinione pubblica di conoscere, per quanto è possibile conoscere, notizie che afferiscono a vicende giudiziarie possa essere appagata attraverso questo ufficio di interlocuzione ufficiale con la stampa, cioè attraverso un organo che cauteli tutti.

Tenete conto, signori colleghi, che ogni notizia che venga propalata senza le opportune cautele è una notizia che crea sì pregiudizio al soggetto che la subisce, ma crea soprattutto pregiudizio al processo. Infatti, se il nostro legislatore ha previsto la segretezza, come momento fondante di tutta la fase scritta dell'indagine giudiziaria, evidentemente vi è una ragione di tutela della miglior valutazione del clima che si deve costituire intorno, delle attenzioni che si debbono realizzare quando si tratti di vicende delicate, come qualunque processo è.

Penso che differire a luglio un aspetto così importante ed avvertito della complessa materia giudiziaria sia soltanto un atto che non trova alcuna giustificazione logica. Valutiamo che possa sussistere un'esigenza organizzativa da parte degli uffici, ma allora diamo loro un termine adeguato perché si possano attrezzare.

Vedete, signori, questo articolo, del quale chiediamo l'immediata entrata in vigore, sanziona la notizia che direttamente passi dal magistrato delegato alla stampa; ed è bene che sia così.

È stato riportato in quest'Aula dal senatore Castelli - se ricordo bene - il singolare caso di alcuni difensori che non chiesero copia degli interrogatori che il loro assistito aveva reso davanti a un giovane sostituto procuratore della Repubblica e, il giorno seguente, dopo aver rilevato che vi erano alcune difficoltà di realizzazione di quel piccolo documento, perché potesse essere utilizzato dalle difese, si ritrovarono puntualmente, su tutti i giornali italiani, persino le virgole di quello stesso interrogatorio.

Signor Presidente, se questa è la realtà, se alcuni giovani magistrati si fanno prendere dall'ansia di apparire e non dall'esigenza di comprendere la gravità del compito che svolgono, se tali magistrati cedono nell'interlocuzione con la stampa, i disagi che ne derivano sono grandi e assolutamente non di poco momento. Ecco la ragione per la quale è bene che gli uffici e i rapporti siano governati dai loro capi con rigore, con saggezza, con cultura giuridica e con esperienza.

Bisogna aspettare il mese di luglio del 2007 perché si realizzi questa esigenza che l'opinione pubblica reclama? Mi auguro che il Senato si renda interprete di tale necessità e, accogliendo il messaggio che viene dall'opinione pubblica, voglia approvare l'emendamento 1.7 al nostro esame. (Applausi dai Gruppi AN e LNP).

BIONDI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIONDI (FI). Signor Presidente, sarà per il mio inesauribile ottimismo, ma continuo a rivolgermi a tutti i colleghi - ovviamente, nessuno escluso, perché a tutti porto rispetto e a taluni anche qualcosa di più, per consuetudine di vita - sperando che le argomentazioni espresse non siano frutto di una valutazione aprioristica, sia da un lato che dall'altro.

Sono stato Ministro della giustizia, ho incontrato tante difficoltà anche con alcuni degli amici qui presenti, ma ho sempre ritenuto che il valore della funzione che si svolge in questi campi debba consentire, ovviamente, la facoltà di critica e la scelta anche di temi aspri: nei miei confronti sono stati asperrimi. Pertanto, non me la prendo se vengono sollevate delle polemiche.

Tuttavia, sul tema della segretezza credo sinceramente che dovremmo essere d'accordo, perché - come ha detto benissimo il senatore Valentino - la segretezza non è un bene che appartiene ad una casta che vuol essere segreta per poter fare ciò che vuole. La segretezza attiene ad un'impostazione che nel processo penale è necessaria perché una parte delle indagini non venga resa nota e perché i soggetti interessati siano tutelati nella loro reputazione in funzione di ciò che la Costituzione, non a parole e non formalmente, dice essere la presunzione, non di innocenza, ma di non colpevolezza; l'innocenza è un'altra cosa, è qualcosa di più della non colpevolezza.

C'è un segreto che riguarda il cittadino e l'indagine. Vogliamo tutelarlo? Come originano questi fiumi carsici che partono dagli uffici e arrivano sempre ai giornali? Io faccio l'avvocato da tantissimi, troppi anni, e mi è capitato di non avere avuto ancora un verbale e di leggerlo invece su un settimanale che è sempre informato, che offre gli stessi nomi e gli stessi soggetti. Perché? Non credo che la responsabilità sia dei giudici. Sono questi grandi indagatori, questi soggetti capaci di controllare tutto e di vedere nell'indagine la proiezione di ciò che Calamandrei chiamava «istinto venatorio»: si arriva a colpire la vittima nella speranza che sia poi quella giusta. Vedremo poi: provideant iudices. Dopo si vedrà se era destinata o no all'iniziativa penale. Questi stessi soggetti, dotati di un tale dono di natura, non riescono mai a scoprire chi nel loro ufficio non svolge un'azione di verifica, di controllo.

Come mai? Come si fa a ritenere che non ci sia questo controllo? Se anche qualcuno sollecita, si va a Brescia, tanto per non fare nomi, e si a vedere che gli stessi che controllano i controllori non trovano mai nulla. Perché? La domanda non è rivolta ad una illegittima suspicione nei confronti dei magistrati. È una domanda che ci dobbiamo porre per capire come far sì che la garanzia sia uguale all'andata e al ritorno, per il cittadino e per l'ufficio, perché la giustizia a questo tende: stabilire un rapporto credibile tra chi accusa, chi si difende e chi giudica. Se gli elementi fuoriescono e hanno quindi nell'indagine una loro capacità aggressiva, qualche volta depistante, il rischio c'è. Se si individua un unico soggetto che abbia la responsabilità del rapporto con la stampa, è meglio.

Parliamoci chiaro. Qui nessuno vuole fare «Alice nel paese delle meraviglie». Ci sono nelle procure dei giornalisti, magari fortunati, che hanno un naso per cui entrano nei fascicoli e li conoscono in anteprima; che hanno un rapporto di amicizia, un rapporto di confidenza, nel senso latino del termine; che godono della fiducia di chi non dovrebbe accordargliela. Questa confidenza dà poca riverenza, quindi si può avere quel rapporto. Con un solo soggetto responsabile, forse non verrebbe nemmeno la tentazione di farsi un nome con il processo, di diventare famosi perché è famoso l'inquisito.

L'operazione è nota: siccome l'azione penale è obbligatoria, ma la scelta del fascicolo è facoltativa, si individua il fascicolo che fa più nomea rispetto a quello più anonimo che magari riguarda il cittadino qualsiasi. D'altronde, è vero che la legge è uguale per tutti, ma fa più notizia, favorisce un rapporto, una relazione col giornale, se la vicenda si riferisce a chi abbia un certo nome, un certo ruolo, una certa funzione e perciò sia destinatario della legittima curiosità del giornalista.

Sono un vecchio liberale. Credo che la libertà di stampa sia una garanzia assoluta per tutti e che nella libertà ci sia il rischio della libertà. La libertà è rischiosa, non è comoda. Penso che su questo dobbiamo stabilire, non una criminalizzazione di chi utilizza, ma semmai un motivo di attenzione su chi consente o non impedisce un evento che ha l'obbligo giuridico di impedire. Perciò mi permetto di dire che, approvando l'emendamento 1.7, non si fa un salto da una parte all'altra di questo piacevole emiciclo, ma soltanto quel che è giusto, ossia vedere se una norma realizzi meglio la finalità per la quale la segretezza si pone come garanzia della giustizia prima di tutto e del cittadino poi, non sotto l'aspetto della sua soggettività, ma della sua costituzionale illibatezza fino alla sentenza definitiva di condanna.

Può darsi che sia io ottimista, può darsi che sia fiato buttato al vento. Confido sulla benevolenza di chi ascolta e sull'intelligenza di chi capisce. (Applausi dai Gruppi FI e AN e del senatore Stiffoni).

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.7, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.8, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Ci sono dei problemi tecnici. Questa votazione è annullata.

Prego i colleghi di verificare l'effettivo funzionamento delle schede.

Dichiaro aperta la nuova votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.301.

 

PIROVANO (LNP). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pirovano, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.301, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

304

Senatori votanti

303

Maggioranza

152

Favorevoli

148

Contrari

154

Astenuti

1

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.302, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

TIBALDI (IU-Verdi-Com). Presidente, lì c'è un collega che sta votando per due. (Commenti dai banchi del centro-destra).

 

PRESIDENTE. Colleghi, pregherei i senatori segretari di porre la dovuta attenzione ed i colleghi di rimanere seduti procedendo alla votazione ciascuno con la propria scheda.

Il Senato non approva.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.303.

BUCCICO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUCCICO (AN). Signor Presidente, raccomando l'approvazione di questo emendamento, che prevede una sospensione dell'efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi nn. 106, 109 e 160 del 2006.

In particolare, l'emendamento prevede una sospensione dell'efficacia del decreto legislativo n. 109 fino al 1° novembre 2006 e penso che questa data non possa essere superata. Faccio riferimento in particolare a questo decreto per evidenziare una situazione di estrema gravità e urgenza che si sta determinando nell'ambito della disciplina dei magistrati con specifico riguardo al governo della disciplina dei magistrati da parte della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Si sta verificando una situazione assolutamente paradossale e gravissima in forza della quale i magistrati, che già in base a questa proroga non sono cittadini uguali agli altri ma cittadini gerarchicamente privilegiati rispetto agli altri, ricevono in queste ore e in questi giorni un trattamento assolutamente e differenziatamente favorevole da parte del Consiglio superiore della magistratura.

Vengo ai dati di fatto. Com'è noto, questo decreto legislativo prevede un termine decadenziale massimo dell'attività di giudizio della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura di anni uno. Il vecchio termine era di anni due. Se si crede, come dovrebbe essere logico, che sospendendo l'efficacia di questo decreto si sospenda anche il termine decadenziale di un anno, per cui rimarrebbe in vigore il termine di anni due, si sbaglia, perché l'applicazione che si sta attualmente facendo di tale normativa in seno al Consiglio superiore della magistratura è quella di ritenere che la legge più favorevole comunque debba essere applicata. Pertanto si potrebbe assistere ad una sanatoria generalizzata di tutti gli illeciti disciplinari dei magistrati.

Non c'è più, come ho già detto, l'opzione tra obbligatorietà e facoltatività dell'azione disciplinare, tra obbligatorietà e arbitrarietà dell'azione disciplinare. Quando l'azione disciplinare si apre a un ventaglio di così larga discrezionalità diventa non solo casuale, ma arbitraria, e quando è arbitraria è ingiusta. Quando si vuole far sì che si debba sottrarre al principio sacrosanto dell'obbligatorietà, al quale tutti noi cittadini siamo sottoposti, non lediamo soltanto i diritti fondamentali che appartengono uti cives ai magistrati, ma anche i nostri diritti di cittadini.

Si tratta, quindi, di una norma che corregge una gravissima distorsione. Se questa interpretazione che ha già cominciato ad albergare in seno alla sezione disciplinare dovesse prendere piede avremmo una sanatoria generalizzata; altro che indulto, altro che condono, questa è la verità!

Di fronte a questi problemi l'Associazione nazionale magistrati e i magistrati, che non sono né indifferenti né neutrali, non parlano. Lo fanno soltanto quando devono essere invasivi e belligeranti. I magistrati, però, non devono essere né invasivi né belligeranti, ma cittadini come noi, rispettosi della legge come noi, sottoposti alle leggi come noi. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC e LNP).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, questa materia ormai, non dico occupa, ma tormenta il Parlamento da quattro anni: infatti, quasi ininterrottamente, senza soluzione di continuità, si parla di ordinamento giudiziario ben dal 2002. Ciò testimonia come sia difficoltoso poter legiferare in materia di giustizia e soprattutto sulle previsioni circa il funzionamento della macchina giudiziaria, sulla progressione in carriera e su come debbano lavorare i magistrati: c'è stato un iter faticosissimo, accidentato, fatto di marce in avanti e indietro.

La riforma che porta il mio nome venne definita controriforma, commettendo un errore nell'utilizzo dei termini dal punto di vista storico. Ricordo, infatti, che la controriforma è, appunto, la negazione di una riforma; sotto il profilo storico tuttavia la prima riforma - condivisibile o meno che sia - è stata varata proprio nella scorsa legislatura. In questo caso dovremo, invece, parlare di contro‑controriforma o, con un termine che piace alla sinistra, di revanchismo giudiziario: potremmo definire in questo modo lo spirito che permea il disegno di legge che stiamo esaminando.

Ieri il Governo ci ha assicurato che intende intervenire rapidamente su questo tema per varare la contro-contro-controriforma, evidentemente. In questa sede abbiamo proposto un emendamento - che ritengo sia di buon senso - che consente al Paese di non stare nell'incertezza nel tempo più breve possibile, in una sorta di vuoto legislativo per il quale alcuni provvedimenti sono in vigore mentre altri non lo sono.

Ritengo che potrebbe essere approvato rapidamente se il Governo avesse già predisposto un testo e se venisse usato lo stesso spirito adoperato in questo caso per bocciare un testo vigente: una maggioranza blindata, sempre presente, compatta, coesa, che marcia come uno schiacciasassi verso il suo destino, cioè bloccare questa riforma che, lo ricordo, è stata la prima mai votata in Italia. Pertanto, ritengo che questo emendamento potrebbe essere approvato.

Vorrei, però, cogliere l'occasione per ritornare sul tema che avevo sollevato prima. Credo non ci sia occasione migliore per il ministro Mastella in quest'Aula così gremita per dirci cosa vuole fare sul caso Abu Omar. Noto che su questo tema mostra molto imbarazzo, signor Ministro, ma avrà pure maturato una decisione. È una decisione anche il non decidere: se lei ha deciso di non decidere essa stessa è una decisione.

Fra poche ore alla Camera dei deputati si parlerà della Telecom che, come lei sicuramente sa, ha giocato un ruolo decisivo nella vicenda delle intercettazioni sui nostri Servizi segreti. Peraltro, il numero dei cellulari usati dai nostri Servizi segreti non dovrebbe essere noto neanche alla magistratura perché coperto dal segreto di Stato. Chi ha violato questo segreto di Stato? Chi ha consentito che i nostri Servizi diventassero non più segreti? (Applausi dai Gruppi LNP, FI e AN)).

Ho sentito un'affermazione paradossale, pronunciata, mi pare, da Pecorario Scanio (non ricordo esattamente se si trattasse di lui), o comunque da un uomo della sinistra il quale diceva che bisognava lavorare affinché i nostri Servizi segreti diventino trasparenti. Pensate in che mani siamo in questo momento! Lei però, ministro Mastella, deve darci una risposta sulla questione. Capisco che questa forse non è la sede adatta (Il ministro Mastella annuisce). Ci dica almeno quale sede sceglierà - personalmente, spero l'Aula - per comunicare cosa intende fare in proposito.

Abbiamo molto tempo a disposizione. D'ora in avanti e fino a martedì prossimo le porrò questa domanda ad ogni emendamento; credo che alla fine risponderà. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.303, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.304.

VALENTINO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, leggo un'agenzia che riferisce un'apprezzabile iniziativa del ministro Mastella: «Così com'è non la votiamo (la finanziaria) neanche con la fiducia. Non ci sto ad azzannare il ceto medio».

Signor Ministro, coloro che saranno veramente vittime di questa situazione, che noi intendiamo lasciare com'è senza correttivi, saranno proprio i ceti medi, saranno quelle aree della società che, coinvolte per una serie complessa di ragioni in una vicenda giudiziaria, non avranno la possibilità di interloquire con un giudice moderno, rigoroso, equilibrato, con un giudice che si è sottoposto sistematicamente alle verifiche circa la sua capacità e la sua cultura. Certo, il delinquente, il criminale incallito, quello che non fa parte del ceto medio - chiunque sia il giudice - troverà sempre il sistema per eludere le ragioni della giustizia.

Ma proprio quella parte di società che lei con questa apprezzabile dichiarazione intende tutelare è quella che sarà maggiormente penalizzata da un meccanismo giudiziario che resta - così com'è - arcaico, obsoleto e inadeguato alle necessità dei tempi che viviamo. (Applausi dal Gruppo AN).

Presidenza del vice presidente ANGIUS(ore 11,30)

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.304, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.305.

PIROVANO (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PIROVANO (LNP). Innanzitutto, signor Presidente, chiedo che vengano verificate meglio le operazioni di voto, anche quelle che si svolgono sotto i giornali.

Chiedo, poi, la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Pirovano, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Anche sulla base della sollecitazione del senatore Pirovano, chiedo una maggiore collaborazione dei senatori segretari.

Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.305, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.307.

Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata avanzata la richiesta di votazione a scrutinio segreto.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.307, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.308.

Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata avanzata la richiesta di votazione a scrutinio segreto.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.308, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.309.

Comunico che da parte del prescritto numero di senatori è stata avanzata la richiesta di votazione a scrutinio segreto.

Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione a scrutinio segreto risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione a scrutinio segreto

 

PRESIDENTE. Indìco, ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento, la votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.309, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.9, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.10, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.11.

VALENTINO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VALENTINO (AN). Signor Presidente, l'argomento è certamente fra quelli più attuali oggi in trattazione. Esso riguarda la materia della disciplina e afferisce proprio alla tipicizzazione delle condotte che devono essere eventualmente valutate e censurate dal Consiglio superiore della magistratura.

Francamente non capisco perché si debba sospendere una iniziativa legislativa, il decreto legislativo n. 109 del 2006, che recita: «Quando il magistrato è sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva» deve essere sospeso dalle proprie funzioni.

Signor Presidente, nel momento in cui voi sospenderete la legge che è stata approvata nella scorsa legislatura si verificherà una vacatio legis e lo abbiamo dichiarato ampiamente nel corso di questo dibattito. Non ci sarà una norma che potrà regolamentare certe vicende e certe condotte. Le chiedo: il magistrato che abbia violato la legge in forza di quale norma sarà sospeso dalle funzioni? Nulla lo prevedrà più, almeno fino al luglio 2007.

Questo è il pasticciaccio brutto provocato da queste iniziative dissennate - perdonatemi, onorevoli colleghi - tese ad assecondare funzioni corporative senza una seria valutazione di quale sarebbe stata la conseguenza se si fosse acceduto in maniera così superficiale a questa richiesta così singolare.

Si può violare la legge. Alcune categorie privilegiate lo potranno fare senza che i loro organismi disciplinari, posti dalla Costituzione al vertice delle valutazioni disciplinari per costoro, possano ritualmente intervenire. Invero non vi è una norma che regolamenti la loro attività. Ecco un altro dei danni che questa sospensione andrà a determinare.

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.11, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

303

Senatori votanti

302

Maggioranza

152

Favorevoli

147

Contrari

154

Astenuti

1

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.14.

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.14, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

304

Senatori votanti

303

Maggioranza

152

Favorevoli

149

Contrari

153

Astenuti

1

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.15.

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.15, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

306

Senatori votanti

304

Maggioranza

153

Favorevoli

149

Contrari

154

Astenuti

1

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.16.

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Metto ai voti, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.16, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

299

Senatori votanti

298

Maggioranza

150

Favorevoli

146

Contrari

151

Astenuti

1

Il Senato non approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.17.

PALMA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, l'emendamento 1.17 non tocca... (Forte brusìo). Scusate, scusate!

 

PRESIDENTE. Un attimo, senatore.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, non si preoccupi.

PRESIDENTE. No, io mi preoccupo. Lei ha diritto di svolgere il suo intervento nello stesso modo in cui lo hanno svolto gli altri colleghi. Pregherei i colleghi che intendano farlo di accelerare l'uscita dall'Aula in modo da consentire la prosecuzione dei lavori nel modo più consono. Ci provi, senatore Palma.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, questo emendamento non tocca il provvedimento di sospensione dell'ordinamento giudiziario, ma si limita semplicemente a mantenere la vigenza di quei sei articoli di un decreto legislativo che riguardano l'organizzazione del pubblico ministero. È un emendamento, quindi, che tocca... (Forte brusìo). Scusate, se volete parlare voi, fate prima.

 

PRESIDENTE. Scusi, senatore Palma, in questo momento nell'Aula c'è un senso di indisciplina diffuso a destra e a sinistra.

 

PALMA (FI). Nel suo intervento, il ministro Mastella ha dichiarato che in qualcuno fa capolino l'idea che, mandata in esilio questa riforma, non si arriverà mai più ad altra riforma e ad altra conclusione operativa. Ha poi aggiunto che non sarà così, non è questa la sua intenzione e lo garantisce per la sua parte politica e per il Governo.

Purtroppo, ministro Mastella, sarà esattamente così, al di là delle sue buone intenzioni. Lei infatti dovrebbe ricordare, da parlamentare di lungo corso, come i magistrati si opposero anche a quella riforma che il ministro Flick provò nella XIII legislatura. La realtà di fondo, ministro Mastella, è che i magistrati - al di là delle parole, spesso lanciate al vento - quando il Parlamento si muove per riformare l'ordinamento giudiziario vogliono che nulla si tocchi.

Questa situazione, la situazione che esisteva prima dell'ordinamento giudiziario e che lei vuole perpetuare attraverso la sospensione della riforma Castelli, consente a gruppi ben individuati di magistrati il mantenimento di rendite di posizione e di situazioni di potere; sicché spesso autorevoli studiosi della materia affermano che il Consiglio superiore della magistratura non è organo di autogoverno della magistratura, ma organo di Governo.

Veniamo al punto. Stiamo parlando di un segmento della riforma Castelli sicuramente costituzionale, non me ne voglia, senatore Casson, non lo dico io, ma lo ha detto il Presidente della Repubblica quando, nel suo messaggio di rinvio alle Camere, non ebbe a toccare in alcun modo la parte concernente la riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero. Quel Presidente della Repubblica, una volta diventato senatore a vita, ha dimostrato attraverso i suoi voti che il suo cuore di certo non batte verso il centro-destra.

Ministro Mastella, lei avrà ascoltato - come ho ascoltato io - l'intervento del senatore Casson e quello del senatore Di Lello Finuoli; ma quanta distanza vi è tra quei due interventi e la sua posizione! La sua posizione, ministro Mastella, è estremamente chiara ed è - secondo le sue parole - quella secondo cui le modifiche che intende apportare al decreto legislativo n. 106, quello per il quale si chiede l'immediata entrata in vigore, relativo all'ufficio di procura, conservano a pieno quel carattere unitario dell'ufficio del pubblico ministero che la riforma Castelli ha ribadito.

Il capo della procura rimane nella piena titolarità dell'ufficio e dell'azione penale, a lui competono l'organizzazione e gli indirizzi della politica giudiziaria, l'assegnazione dei procedimenti, la determinazione dei criteri generali cui il sostituto deve attenersi, lo specifico assenso in tema di custodia cautelare e di sequestri, nonché i rapporti con i media. Quanta distanza tra questa sua visione che accetta il principio della gerarchizzazione dell'ufficio del pubblico ministero da quelle posizioni espresse da due autorevoli esponenti della sua maggioranza!

Ma qual è il problema? E' mia abitudine non svelare ciò che avviene nelle sedi non ufficiali, ma la questione è molto semplice. Non potete permettere la vigenza del decreto n. 106 perché non potete consentire, in ragione di ciò che vi impone l'Associazione nazionale magistrati, quel concetto titolare esclusivo dell'azione penale e, principalmente, il concetto di delega invece che quello da voi proposto di assegnazione.

Si tratta, signor Ministro, di due totem. E se sui totem ci si impicca l'opposizione passi pure, ma se ci si impiccano il Governo con la sua responsabilità e la maggioranza è grave. Perché se davvero vi fosse da parte sua, signor Ministro, e della sua maggioranza l'intento di non procedere ad un azzeramento della riforma, ma semplicemente ad alcuni ritocchi, in questo momento ha l'occasione di consentire, attraverso l'accettazione dell'emendamento 1.17, volto a sopprimere al comma 1 le parole «20 febbraio 2006, n. 106,» l'immediata vigenza di questo provvedimento.

Signor Ministro, lei sa meglio di me che quelle due norme le può cambiare; sa benissimo - e ancor più i suoi valenti tecnici - che per cambiare gli articoli 1 e 2 di quel decreto occorrono due minuti, non di più. Invece prende tempo, a seguito di un emendamento approvato in Commissione, fino al mese di giugno 2007, sicché in ragione di questi due totem si verificherà quanto segue. (Brusìo). Vi prego, nei limiti del possibile, di prestare un minimo di attenzione a ciò che sto dicendo.

Stavo dicendo che accadrà che nello stesso ufficio giudiziario due sostituti che, per ipotesi, si trovino davanti a due casi assolutamente diversi potranno procedere uno alla richiesta di misura cautelare e l'altro no, giacché verrà meno quell'unitarietà dell'ufficio che lei, signor Ministro, intende conservare. Si potrà verificare che nello stesso identico ufficio un sostituto impegnato in un processo particolarmente delicato, ad esempio nei confronti del senatore Palma, sia particolarmente riservato e non fornisca nessuna notizia alla stampa e che, sempre nello stesso ufficio, un altro sostituto ritenga di dover fornire notizie e di accondiscendere alla sua vanità e al suo protagonismo, rilasciando dichiarazioni in ordine ad un processo che sta seguendo e che indubbiamente, attraverso le sue esternazioni, finirà con l'infangare l'immagine di quel senatore Palma oggetto della sua indagine.

Ebbene, onorevoli colleghi, signor Ministro, come potete consentire che si perda non tanto il concetto dell'unitarietà dell'ufficio, quanto del controllo e delle garanzie dei cittadini su temi così importanti quali la custodia cautelare, i provvedimenti di sequestro di grande rilevanza e, principalmente, sull'incredibile prassi che vede la gente gettata in pasto alla stampa e alla cittadinanza prima ancora di ricevere un atto? Bloccate tutto questo per quel titolare esclusivo... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Prego i colleghi di abbassare almeno il tono della voce.

 

PALMA (FI). ...cioè per un totem che viene imposto dall'Associazione nazionale magistrati.

In conclusione, onorevoli senatori, non accadrebbe nulla se venisse soppressa questa piccola parte dell'articolo 1, come proposto nell'emendamento 1.17, se il decreto legislativo n. 106 continuerà ad avere vigore, come già è in vigore da diverso tempo, senza alcun danno per l'efficienza dell'azione della magistratura.

Avete un'idea diversa in ordine all'assegnazione del processo invece che alla delega? Avete un'idea diversa rispetto al "titolare esclusivo dell'azione penale"? Nulla vi impedisce di presentare, di qui a due giorni, un disegno di legge apposito relativo a queste due norme, ma evitate sul serio che fino al mese di giugno 2007 possa essere consentito dal vostro comportamento e della vostra assunzione di responsabilità un diverso trattamento nei confronti dei cittadini; di quei cittadini di cui siete rappresentanti e che hanno diritto al massimo delle garanzie sotto il profilo della libertà personale.

Evitate di immaginare che la giustizia bussi sempre alla porta del vostro vicino di casa e di ricordarvi le garanzie solo quando bussa alla vostra! (Applausi dai Gruppi FI e AN).

MANZIONE (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, parlerò a titolo personale, avendo già espresso in discussione generale una posizione in parte diversa da quella rappresentata come posizione ufficiale del mio Gruppo.

Premetto che tutti sappiamo che ieri per sette ore abbiamo sospeso il dibattito per cercare di raggiungere un'intesa, essendo consapevoli, come molto spesso il Ministro ci ha detto, che scelte come queste non vanno compiute con la prevalenza di un voto, ma devono essere partecipate e condivise, rappresentando una platea che interessa complessivamente tutta la Nazione. Questo è il modello che abbiamo messo in campo. Per chi osservasse i lavori parlamentari adesso, però, riscontrerebbe che stranamente abbiamo discusso segretamente per sette ore, mentre, al di là di interventi di stile che rafforzano posizioni già note, l'interlocuzione tra maggioranza e opposizione non viene assolutamente rappresentata. È chiaro allora che il primo scopo che il mio intervento si prefigge è di rappresentare un'interlocuzione effettivamente avvenuta, che si è fermata forse ad un millimetro dal raggiungere un accordo.

L'emendamento in discussione (primo di una serie e di cui voteremo la prima parte) esclude dalla sospensione il decreto legislativo n. 106 del 2006; si sospendono infatti i decreti legislativi entrati in vigore, tranne il n. 106, che si occupa dell'organizzazione delle procure. Perché faccio riferimento al ragionamento di ieri? Quando dico che siamo arrivati ad un millimetro dall'accordo ed abbiamo affrontato, quindi, finalmente il merito delle vicende, lo abbiamo fatto proprio rispetto al decreto legislativo n. 106; fatto, secondo me, sintomatico di una possibilità d'intesa rispetto alle diverse prospettazioni.

Vi è probabilmente qualche problema in più nell'immaginare delle modifiche del decreto legislativo n. 109 riguardante il disciplinare, così come sul decreto legislativo n. 160, riguardante le opzioni, la carriera ed i concorsi. Come già detto nel mio intervento in Aula, sono necessari una attenzione ed un impegno maggiori per immaginare delle modifiche concordate che non possono esaurirsi in un contesto limitato come quello che stiamo vivendo.

Rispetto al decreto legislativo n. 106, invece, voglio rivolgere un invito a tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione: la scelta di un modello anziché di un altro infatti non appartiene ad una logica preconcetta di schieramento, ma alla libera disponibilità di quella parte di società che intercettiamo, rappresentiamo, per la quale vogliamo che quel modello possa essere applicabile. Ecco perché non condivido le valutazioni del collega Nitto Palma che parlava di totem, di Associazione nazionale magistrati che esercita una ipoteca: non mi interessa assolutamente tutto ciò! Non voglio ragionare né a favore, né contro i magistrati; voglio mettere a confronto i due modelli che nascono dal decreto legislativo n. 106 e che si creano quando esso viene sospeso.

Questo è quanto dovrebbe interessarci in questo momento sapendo che è evidente che il ragionamento sarà di grana grossa e non fina dato che non possiamo intervenire con emendamenti puntuali per quanto sappiamo e dato che è naufragata l'ipotesi di intesa, arrivata ad un millimetro dalla conclusione (voglio ribadirlo ancora una volta), che il ministro Mastella aveva cercato di mettere in campo, nella consapevolezza che tutto dovesse essere condiviso.

Se questo è il ragionamento e se oggi quel millimetro, quell'ulteriore pezzettino di strada fosse stato già percorso, per cui quelle differenze probabilmente non esisterebbero (ma probabilmente non abbiamo più tempo per praticare quel percorso), allora a maggior ragione dobbiamo confrontarci sui modelli. Quali sono i modelli? Quali sono i modelli astratti? Il modello che c'era precedentemente, al di là delle confezioni del collega Zanone, era un modello che determinava una sorta di caos, lo riconosciamo tutti. Non c'era una capacità di intendere unitariamente la guida di una procura; non c'era la capacità di comprendere quale coerenza ci fosse fra un provvedimento e l'altro; c'era una spettacolarizzazione dell'esercizio dell'azione penale che tutti abbiamo condannato, da sinistra e da destra.

Rispetto a questo problema il decreto legislativo n. 106 del 2006 ha indicato delle soluzioni, ha proposto delle scelte. Sappiamo, per esempio, che per quanto riguarda la spettacolarizzazione non è più possibile che ogni singolo sostituto si scelga l'inchiesta, la metta in campo in un certo modo, magari aggressivo, e gestisca mediaticamente il risultato raggiunto. Perché? Perché tutto si riconduce a quell'unitarietà che fa in modo che qualunque inchiesta debba diventare asettica, che fa in modo che tutto sia riconducibile in maniera neutra al procuratore capo. È una scelta che condivido. Sostenni un simile punto di vista quando questa parte di riforma venne approvata in Aula, pur essendo stato tra coloro che si erano impegnati e battuti di più.

Voglio ricordare a tutti i miei colleghi, e in questo momento parlo ai colleghi dell'Unione, che il nostro programma prevede che, rispetto alla riforma dell'ordinamento giudiziario voluta dal centro-destra, è necessario prima intervenire con delle correzioni puntuali rispetto alle violazione costituzionali e solo eventualmente sospendere. Non è giusto fare di quell'eccezione - la sospensione della norma - la regola, perché in questo modo sospendiamo tutto, rinunciando alla capacità di ragionare su modelli concreti e sui miglioramenti che possono essere introdotti.

Sul punto, ieri, vi ho ricordato che è stato raggiunto un accordo pressoché unanime; e allora vi invito a ragionare chiedendovi se è giusto mantenere in vita un modello che tutto sommato concentra nelle mani del procuratore capo, anche se ciò è previsto utilizzando delle terminologie che non riusciamo a concepire appieno nel momento in cui lo si definisce titolare esclusivo dell'azione penale. Nel momento in cui però è prevista la possibilità di revoca ed è prevista la possibilità di contestare la revoca, tutto sommato questo percorso, che deve essere corretto, non mi pare determini chissà quali pregiudizi nell'esercizio dell'azione penale e nella vita delle procure italiane; se è vero, com'è vero (e non dobbiamo dimenticarlo), che questo decreto legislativo è in vigore da quattro o cinque mesi.

È più facile, dunque, mantenere in vita un modello che offre garanzie alla gente e modificarlo dopo, oppure è giusto sospendere questo modello, che in parte non condividiamo, ma che offre alla gente garanzie maggiori di riconducibilità ad un coordinamento complessivo, per evitare, come diceva il collega Nitto Palma, che eguali situazioni vengono trattate - mi avvio a concludere - nello stesso ufficio di procura, in maniera diversa l'una dall'altra? Questo coordinamento è ciò che vogliamo tutti noi.

Immaginiamo che ci siano regole anche all'interno del mondo della giustizia - semplifico e mi avvio a concludere, Presidente - e chiediamoci qual è il modello di procura che vogliamo in campo: potrebbe essere quello, per essere chiari, della procura di Potenza, dove c'è un sostituto procuratore che gira per il mondo a tutto campo, intercetta, indaga, fermo restando che quelle procure poi vengono ridimensionate o annullate? Quel modello appartiene al vecchio sistema.

Se vogliamo invece un modello dove comunque ci sia un procuratore capo della Repubblica responsabile perché deve controvistare i provvedimenti di custodia cautelare e perché in qualche modo coordina tutto ed esercita l'azione penale, allora, pur non condividendo interamente - e termino, Presidente - il decreto legislativo n. 106, nel merito, in tutta coscienza, vi dico di fare in modo che esso resti in vita e si proceda poi a modificarlo. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Zavoli).

BUCCICO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUCCICO (AN). Signor Presidente, le considerazioni svolte dal collega Manzione ci trovano ovviamente annuenti. Anche l'altra sera, nel corso della discussione generale, il senatore Manzione ha sostenuto le stesse tesi ed ha argomentato come oggi. Mi permetterà di dissentire soltanto su una considerazione di carattere generale.

Il senatore Manzione ritiene che, nel condizionamento del dibattito e nello scontro sui problemi della giustizia, la voce dei magistrati sia indifferente e neutrale. Così non è, è una visione idilliaca. Purtroppo, il terreno di scontro che anima il dibattito sulla giustizia è fortemente condizionato dalle prese di posizione dei magistrati. Del resto, è sufficiente leggere quanto ha prodotto il direttivo dell'Associazione nazionale magistrati tre giorni fa, con la proclamazione, da ora al 28 ottobre, di una serie di manifestazioni grandemente contestatrici, nell'ipotesi in cui il disegno di legge dovesse subire il tracollo nell'Aula del Senato. Questa è la verità sacrosanta.

Quindi noi dobbiamo sì restituire a tutti quanti il proprio ruolo, la necessità e la capacità dell'interlocuzione dialettica, ma è necessario che condizionamenti straripanti e tracimanti non vi siano più. Il Parlamento non può essere condizionato da questi ultimatum e neppure da quei pareri che, al di là dei limiti, il Consiglio superiore della magistratura, organo di autogoverno o di governo (è poco importante) della magistratura, spesso dà, ponendosi addirittura come terza camera parlamentare.

Il problema che oggi ci poniamo è molto semplice e mi pare sia stato ricondotto a grandissima ragionevolezza dagli interventi dei senatori Palma e Manzione. Si tratta del problema dell'ufficio della procura della Repubblica, così come ridisegnato. Ho grande stima del collega Di Lello Finuoli, ma egli ha secondo me una visione datata e storicamente superata degli uffici della procura. Ha fatto dei riferimenti di carattere storicamente suggestivo, quando ha voluto ricordare la definizione con cui era denominata la procura di Roma, ma non possiamo porre in alternativa questi modelli.

Dobbiamo considerare quello che avviene oggi nelle procure, quello che avviene oggi nell'amministrazione quotidiana della giustizia, quello che avviene oggi fra l'uso a volte distorto della misura cautelare reale o personale e i cittadini; dobbiamo misurare oggi quanta incidenza ha sui diritti di libertà fondamentale, alcune volte, la asincronia che vige in tantissime procure.

Non si tratta purtroppo di riferimenti che riguardano soltanto la Basilicata; basterebbe andare, per un secondo soltanto, a quello che ci viene propinato, in tema di incompetenza ubiqua ed ecumenica, dalla procura di Torino per renderci conto di come siamo stati da anni abituati ad assistere a questi straripamenti e a questi scippi di competenza, per determinare poi affermazioni di presenza sul piano dell'agone giudiziario e quindi di grandissima visibilità.

Guardate, il problema è molto serio e molto semplice: dobbiamo porre rimedio ad una serie di gravissime distorsioni nell'uso quotidiano della giustizia. Allora questo decreto, razionale e compatto, è un decreto che nel contesto si inserisce perfettamente. Non stiamo a distinguere sulla necessità di definizione della titolarità dell'esercizio dell'azione penale! Io sostengo che l'aggettivo «esclusivo», che si accoppia a «titolare» nel testo del decreto legislativo, è addirittura superfluo; è sufficiente dire che è titolare dell'azione penale per qualificare e, nello stesso tempo, perimetrare e determinare la somma di potestà che sono in capo al procuratore della Repubblica. Ma un'esigenza di razionalizzazione è necessaria.

Io definirei ed ispirerei questo decreto, di cui vogliamo la vigenza e la permanenza, al criterio della unitarietà.

È necessario che vi sia un'unitarietà, pur ferma la libertà del singolo magistrato.

Debbo dire al collega Di Lello Finuoli che qui non c'entra la mera suddivisione per funzioni, prevista ontologicamente e naturalmente nella Carta costituzionale a tutela della libertà dei magistrati. Una cosa sono le funzioni e altra cosa è la necessità di organizzazione degli uffici con la suddivisione dei compiti. Del resto, non può sfuggire a nessuno - soprattutto a molti magistrati - come in tante procure italiane già si sia realizzata questa suddivisione. È sotto gli occhi di tutti l'intervista che ha concesso il procuratore capo della Repubblica di Napoli in cui ha affermato di aver già attuato questo decreto legislativo. Da noi si fa proprio così. È una verità sacrosanta.

Pertanto, abbiamo bisogno di recuperare questo spirito unitario di razionalità che non si esprime soltanto nella necessità di maggiori garanzie per la libertà personale. È senza significato la lunghissima discussione che ha avuto luogo fra gli operatori del diritto sulla titolarità del giudice ad emettere la misura cautelare. Siamo stati a discutere anni se debba farlo un giudice monocratico, com'è oggi il Gip, o debba essere demandata tale funzione, considerato il bene supremo che è la libertà, a un organo collegiale come un tribunale ad hoc o il tribunale del riesame.

Com'è previsto dalla legge, questo criterio di organizzazione, non gerarchica ma dialogica, deve valere anche nelle procure. Nel momento in cui partono queste richieste, si innesca il meccanismo che può portare alla privazione della libertà, alla delimitazione anche forzosa di beni di proprietà, senza far riferimento poi all'aspetto della spettacolarizzazione legata all'uso frequente delle conferenze stampa. In Italia si diventa magistrati così: dopo l'uditorato, si diventa sostituti procuratori e il giorno dopo già si fa la conferenza stampa, attorniati dalla polizia giudiziaria, con cortei di macchine e celebrazioni di interviste. È ora di finirla, perché dobbiamo restituire alla giustizia un tasso di serietà! (Applausi dai Gruppi AN e FI).

 

PASTORE (FI). Bravo!

 

BUCCICO (AN). Questa è la verità! Dobbiamo restituirlo questo tasso di serietà! Se questo principio unitario interviene nell'organizzazione delle procure e se viene razionalizzato anche nelle esternazioni con i mass media, senza conculcare i sacri principi del diritto di libertà e di stampa, è un bene. Possiamo continuare ad assistere quotidianamente agli scioperi, agli scenari cui siamo abituati, alle macchine che bruciano l'asfalto, a magistrati che pontificano dalla mattina alla sera? No!

Il bene principale da tutelare non è l'attività del magistrato, è certamente la libertà di condizioni nelle quali il magistrato deve operare. Il bene principale è la serietà, la libertà dei cittadini, che sono poi gli interlocutori essenziali. (Applausi dai Gruppi AN e FI).

È su questo tema che ci dobbiamo confrontare. Perciò, non posso non dire al collega Manzione ciò che ho già sostenuto all'inizio: tutti hanno diritto di intervenire nel dibattito sulla giustizia. Guai se non fosse così! Se i tassisti, giustamente colpiti, possono intervenire e rivendicare l'interlocuzione con il ministro Bersani, se i lavoratori dell'industria possono interloquire, giustamente, con i datori di lavoro e con i Ministri competenti, è giusto che anche i magistrati facciano sentire il loro punto di vista. È addirittura indispensabile conoscere il punto di vista dei magistrati ed è assolutamente indispensabile non subire questo punto di vista! (Applausi dai Gruppi AN e FI). Qui è il sistema di garanzia e di libertà. Questa è la coralità delle voci che debbono essere poi metabolizzate e filtrate, in piena libertà, dalle Assemblee parlamentari.

I magistrati li conosciamo bene. Nella maggior parte dei casi, sono ottime persone: è la verità sacrosanta. Il sistema di accesso alla magistratura è molto datato, perché è un mero concorso mnemonico che porta al più alto esercizio che vi possa essere in un Paese. Spesso si tratta di giovani che hanno lasciato le aule del liceo e hanno superato con il facilissimo cento dieci e lode degli ultimi anni il corso universitario. L'esame è mnemonico, è scolastico! I sistemi di accelerazione delle loro carriere sono sistemi - purtroppo - di filtro corporativo. Restituiamo una volta tanto condizioni di ragionevolezza, di serietà e di unitarietà - come dice il ministro Mastella - a questo decreto legislativo, che deve essere mantenuto, per i magistrati, per il miglior funzionamento della giustizia e per la tutela dei diritti di libertà e di garanzia dei cittadini. (Applausi dai Gruppi AN e FI).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, se possibile, vorrei avere l'attenzione del Ministro e del relatore, perché nella discussione di questo provvedimento, per il cui destino l'intervento del senatore Manzione potrebbe essere decisivo, siamo arrivati ad un punto fondamentale.

Sostanzialmente, nel dibattito di questi giorni si è partiti da una posizione di natura prettamente ideologica, con il Governo e la maggioranza che avevano sposato in maniera precisa la posizione della parte della magistratura più contraria al provvedimento. Poi, man mano che si è dipanata la discussione, si è arrivati a ragionare sulle cose e ad entrare nel merito del provvedimento. E ora, ma noi eravamo certi che sarebbe accaduto, qualche dubbio sta sorgendo in alcune posizioni dell'attuale maggioranza.

Oggi siamo di fronte ad un bivio: dobbiamo decidere se bloccare i tre decreti legislativi o solo una parte di essi. Questo è il dato fondamentale. Poi non si sa cosa accadrà. Si dice: «Poi interverremo». Siamo tutti troppo esperti, sia di questa materia complicata della giustizia sia dei lavori del Parlamento, per capire che non vi è alcuna garanzia sul fatto che possiamo sostituire in maniera rapida questo testo con altri. Anzi, la mia impressione è che se usciremo da questo provvedimento... (Il ministro Mastella conversa con il senatore Russo Spena). Vorrei che anche il Ministro mi ascoltasse, perché è un punto importante; altrimenti, diventa semplicemente una prova muscolare.

 

RUSSO SPENA (RC-SE). (Rivolto al senatore Castelli). Mi scusi.

 

CASTELLI (LNP). Credo sia nostro dovere ragionare sul tema.

Il senatore Manzione invita a stare attenti, perché lo scenario odierno funziona, è in atto, non è futuribile. Secondo lui, si può ragionare su come funziona. Era stato detto che sarebbero successi degli sfracelli. Vorrei almeno un dato vero, almeno uno, concreto, che indichi quali siano questi sfracelli. A me risulta invece che il sistema sia funzionante e che sia addirittura gradito a molti procuratori.

Il senatore Manzione responsabilmente si interroga se sia meglio mantenerlo e intervenire successivamente per correggerlo laddove non funzioni oppure tornare a prima. E non si nasconde la realtà dei fatti: tornare a prima significa, come ha dichiarato lui stesso, anarchia, anzi peggio, perché è evidente che quei procuratori che in questi anni ci hanno dimostrato di non essere in grado di svolgere in maniera quanto meno ponderata la loro attività si sentiranno legittimati da un voto del Parlamento ad agire ancor più liberamente e irresponsabilmente.

Non torneremo quindi alla situazione di prima, ma ad una situazione che sarà ancora peggiore. Questo è il punto su cui dobbiamo interrogarci. Vale la pena restare su una posizione meramente ideologica e buttare alle ortiche il provvedimento? I magistrati la vittoria da quest'Aula l'avranno, perché su tre provvedimenti due verranno cancellati. Credo infatti che, attese purtroppo anche le vacanze dell'opposizione il loro destino sia segnato (Applausi dal Gruppo LNP). Posso testimoniare che i senatori della Lega, ancorché pochi, ci sono tutti. Ma non posso dire la stessa cosa di altri Gruppi e mi rattrista che ciò sia accaduto su un provvedimento così importante. Mi dispiace che la rampogna vada ai presenti, ma è sempre così.

Dobbiamo allora interrogarci su cosa fare con il decreto legislativo n. 106, il quale, sta emergendo in maniera ormai evidente, non è vero che funziona male; ormai lo dicono a mezza bocca anche gli stessi esponenti della maggioranza, almeno quelli che guardano alle cose senza lenti ideologiche. Questo provvedimento sta funzionando, questo provvedimento ha migliorato lo stato della giustizia; ditemi che non è vero e portatemi un caso in cui ciò non è accaduto. Esso ha portato ordine in un settore delicatissimo, quello delle procure; tale è il dato di fatto.

Mi fa piacere che gli esponenti più avveduti di questo ramo del Parlamento non si pongano il problema ideologico se devono vincere i magistrati o il Parlamento, se deve vincere la Casa delle Libertà o l'Unione, ma invece quello di capire quale sia la via migliore per la giustizia e quindi per i cittadini e mi sembra stia emergendo patentemente che per questi ultimi è molto meglio il provvedimento che oggi è legge rispetto ad una sua cancellazione. Meditiamo su questo punto. Ormai non è più questione di stabilire chi deve vincere o chi deve perdere. Poniamoci il problema di come fare.

Il senatore Manzione ha detto che non dobbiamo far morire il decreto legislativo n. 106. Ovviamente siamo d'accordo, ma si tratta di capire come fare anche dal punto di vista tecnico. Credo sia molto semplice: sarebbe sufficiente votare per parti separate l'articolo 1 oppure far presentare al Governo o al relatore un emendamento, nel caso si trovi in extremis un accordo. Ho dichiarato prima che non c'erano più margini di manovra ma, atteso tale ultimo intervento, credo sia assolutamente doveroso da parte nostra esplorare fino all'ultimo la possibilità che tale decreto resti in vigore, non per una vittoria politica ma perché ormai, colleghi della maggioranza, il risultato è evidente: questo decreto funziona, va bene ed è avversato semplicemente per un fatto di principio, e cioè perché la riforma della Casa delle Libertà non deve assolutamente andare bene.

Vi porterete a casa la vostra vittoria, affossando - per sempre, dico io - due decreti che, a mio parere, avrebbero potuto funzionare egregiamente. Transeat, ormai è chiaro che di questi decreti non se ne parlerà più, ma almeno cerchiamo di fare un danno più limitato, più circoscritto, non buttando alle ortiche anche un provvedimento positivo, come ormai è sotto gli occhi di tutti. (Applausi dai Gruppi LNP e FI. Congratulazioni).

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, nel voto che stiamo per formulare siamo di fronte ad una scelta che ha un preciso e semplice significato politico: dobbiamo decidere se la maggioranza del Senato ritiene di poter mantenere in vigore, e considerarlo quindi come la definitiva regolamentazione di questa materia, uno dei decreti delegati che si fondano sulla legge in materia di ordinamento giudiziario voluta dal ministro Castelli e dal Governo di centro-destra nella scorsa legislatura. In particolare, dobbiamo decidere se tenere ferme le norme che disciplinano l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero e degli uffici di procura.

Si tratta di norme rilevanti ai fini dell'esercizio dell'azione penale, dell'indipendenza dei magistrati che esercitano l'azione penale, del rapporto tra questi magistrati e i cittadini, non soltanto quelli che hanno a che fare con la giustizia, perché sui loro comportamenti si svolge un accertamento volto ad individuare responsabilità penali o a scagionarli, ma anche coloro che sono stati vittime o sono familiari delle vittime di reati e che quindi guardano all'esercizio dell'azione penale attendendo, dall'azione indipendente di un magistrato autonomo, il soddisfacimento della loro domanda di giustizia.

Ebbene, voglio essere quanto più chiaro possibile sul punto che è stato qui sollevato dai colleghi dell'opposizione ed anche dal collega Manzione. Conoscete le nostre critiche riguardo al decreto n. 106 e sapete che non abbiamo condiviso, non abbiamo accettato e critichiamo quelle norme. Quell'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero non è per noi soddisfacente, poiché non è tale da garantire l'indipendenza e l'autonomia di ciascun magistrato al quale è riconosciuta dall'ordinamento costituzionale la titolarità dell'esercizio dell'azione penale.

Quelle norme regolano i rapporti fra procuratore capo e sostituti. Le considerazioni del collega Di Lello non sono datate; al contrario, sono tali da rispecchiare una storia: c'è, è vero, una tradizione, una vicenda lunga che è all'origine del dibattito attuale sul rapporto tra procuratore capo e sostituti.

Nell'ambito di un ufficio che ha bisogno di una strutturazione, di un'organizzazione interna e anche della definizione di principi chiari di responsabilità, noi vogliamo norme che stabiliscano un equilibrio e garantiscano una responsabilità. Nell'ambito di un ufficio di tale genere deve esservi una sfera definita e certa di autonomia del singolo magistrato.

Credo di interpretare l'opinione comune, popolare, quella cioè dei più deboli che hanno bisogno di giustizia, se affermo che i cittadini che attendono la tutela dei propri diritti vogliono avere di fronte un magistrato con la spina dorsale dritta, che non si piega al potere politico, che non appartiene a logge massoniche, che non si piega agli ordini, ai suggerimenti ed ai consigli che gli vengono in modo improprio, da qualsiasi parte essi vengano.

Questo magistrato, che è il titolare dell'azione penale, che adempie al suo lavoro e deve rispettare regole di correttezza, a chi risponde del suo operato, della sua correttezza? Al Ministro? Al senatore Manzione? No, all'organo di governo autonomo della magistratura che è l'organo costituzionale competente a governarla.

Una politica forte, un potere politico che ha il senso di sé e della democrazia è rispettoso dei limiti, dei controlli, dei poteri che si bilanciano tra loro ed è rispettoso della sfera di autonomia propria dell'organo di governo autonomo della magistratura. Per queste ragioni di principio non possiamo accettare che il decreto legislativo n. 106 rimanga così come è.

Eravamo pronti ieri, e lo siamo oggi, ad una discussione serena, per definire assieme, con un confronto aperto e senza sbarramenti, nuove norme ampiamente soddisfacenti. Utilizzo questa espressione, perché penso che debbano essere isolate le posizioni oltranziste, per trovare un equilibrio che garantisca l'autonomia del singolo magistrato - che conosce il fascicolo ed adempie al suo lavoro - che è, comunque, necessaria.

Tale autonomia deve essere regolata, gli eccessi devono essere perseguiti in sede disciplinare e gli errori non devono passare inosservati. L'autonomia, tuttavia, è necessaria.

Ricordo la sofferenza di Giovanni Falcone quando il suo procuratore capo gli impediva di svolgere le indagini che riguardavano i rapporti tra la mafia ed autorità ufficiali.

 

PALMA (FI). Non dici come l'ha trattato il Consiglio superiore!

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Lo ricordo ed è per me un punto di riferimento per la necessità che avverto di contemperare le esigenze di unitarietà dell'ufficio, di equilibrio e di autonomia dei singoli magistrati.

Ai colleghi che sono intervenuti vorrei dire che su questo terreno non ci sono veti, condizionamenti o rifiuti da parte nostra verso ipotesi di confronto e anche di compromesso. Ma non potete chiedere poi alla maggioranza che ha espresso critiche, in alcuni punti nette e non superabili nei confronti di queste norme, dopo che ieri abbiamo discusso per una giornata e non siamo riusciti a trovare un accordo, di rimangiarsi le proprie posizioni e di dire: lasciamo fermo questo decreto delegato.

Vi ho detto con franchezza le ragioni, per certi versi culturali e ideali, per le quali alcune di queste norme, a nostro giudizio, sono criticabili. Discutiamone, confrontiamoci. In questo momento la nostra posizione è, comunque, quella che sto cercando di esprimere e che altri colleghi prima di me hanno già manifestato. Proprio perché quelle norme non le possiamo sottoscrivere, non le possiamo neanche tenere in vita. La sospensione in questo momento ci aiuterà a costruire un confronto. Non c'è stato nessun veto ieri, nessun condizionamento.

Non formulerei accuse offensive nei confronti dell'opposizione immaginando che qualcuno dall'esterno o dall'interno possa vincolarne e condizionarne le scelte. Perciò respingiamo al mittente alcune delle considerazioni che sono state qui svolte: nessun veto, nessun condizionamento, nessuna pressione da associazioni sindacali e non e dall'esterno di quest'Aula. Le nostre convinzioni le esprimiamo qui, le maturiamo autonomamente e su questa base votiamo e voteremo per la sospensione e contro l'emendamento 1.17. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

PRESIDENTE. Colleghi, la Presidenza si trova nella presente situazione. Alcuni colleghi, per la verità non tanti (tre), appartenenti a Gruppi già intervenuti in sede di dichiarazione di voto, hanno chiesto la parola.

Data la delicatezza della questione sulla quale dobbiamo pronunciarci, ritengo opportuno concedere loro la parola per un solo minuto.

CARUSO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, intendo riformulare l'emendamento 1.17, nel senso di espungerne la seconda parte. Preannuncio altresì il ritiro dei miei successivi emendamenti tendenti a sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n. 106».

Vorrei aggiungere che occorre che il senatore Brutti faccia la pace con sé stesso quando si riferisce al Consiglio superiore della magistratura. Egli, infatti, nell'intervento di poco fa, argomentando sul fatto che il decreto delegato che stabilisce il nuovo modello di organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero costituisce o costituirebbe un pericolo per l'autonomia dei singoli sostituti procuratori della Repubblica, ha affermato che il sostituto procuratore della Repubblica si troverebbe (forse, probabilmente, possibilmente) costretto a subire le pressioni del procuratore della Repubblica che gli è sovrapposto.

Ebbene, il senatore Brutti argomenta sul fatto che nelle procure della Repubblica vi siano dei buoni e dei cattivi: i buoni sono i sostituti procuratori della Repubblica - scusate se banalizzo - e i cattivi i capi degli uffici. Dice tuttavia che il problema...

 

PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore Caruso.

 

CARUSO (AN). Presidente, ho il diritto di intervenire. Se vuole e le fa piacere interverrò in dissenso dal Gruppo.

 

PRESIDENTE. Lei ha senz'altro il diritto di intervenire, ma tale diritto le è stato concesso dalla Presidenza. Tuttavia, poiché le dichiarazioni di voto per il suo Gruppo sono già state svolte, la prego di concludere.

 

CARUSO (AN). Concludo dicendo che non si può dire che il Consiglio superiore della magistratura quando esprime i capi degli uffici - che non arrivano da altri pianeti, ma sono designati dal CSM - opera bene e quando, invece, deve svolgere la funzione contraria opera male o all'inverso, come forse è più giusto dire.

Ha ragione il senatore Manzione, colleghi, che vi ha invitati ad un voto ragionevole e saggio, ad un voto che può rappresentare la svolta effettiva non per il problema che il singolo emendamento affronta ma per l'intero disegno di legge. (Applausi dal Gruppo AN).

MANTOVANO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANTOVANO (AN). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione l'intervento del senatore Brutti e credo che la pacatezza del dibattito che si è svolto fino a questo momento possa far dire con estrema tranquillità che tutti noi siamo convinti che i magistrati italiani compiono scrupolosamente il proprio dovere. Il problema è che alcuni vedono il proprio dovere in un modo, altri lo vedono in modo diverso. Alcuni cambiano - per carità! - in autonomia e indipendenza la concezione del dovere in base al tempo e allo spazio. La custodia cautelare non è intesa alla stessa maniera a Milano, a Roma o a Bari; in alcuni processi viene adoperata la categoria del "non poteva non sapere", in altri no; sulle medesime carte alcuni giudici assolvono, altri condannano.

Questa alternanza fa onore all'autonomia della magistratura ma da essa non possono dipendere i destini della libertà delle persone e la sorte politica di questo Paese. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC e LNP).

BIONDI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIONDI (FI). Signor Presidente, dopo avere ascoltato le parole del senatore Brutti, mi trovo in una particolare situazione. Poiché sono stato difensore di parte civile nel maxiprocesso di Palermo per i fratelli Dalla Chiesa, sono stato vicino a Giovanni Falcone e lo sono stato anche quando il Consiglio superiore della magistratura si è permesso di attuare un'operazione che non considero commendevole. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LNP). Perciò il suo esempio non va bene, senatore Brutti.

Dobbiamo invece fare un altro discorso. Il senatore Manzione ha posto un problema di coscienza, quello per cui mi sono più volte esposto ad intervenire. Su questo tema credo sia opportuno che il Ministro dica qualcosa uscendo dal suo caratteristico riserbo e credo debba dire come la pensa. (Applausi dei Gruppi FI e LNP).

BUTTIGLIONE (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BUTTIGLIONE (UDC). Signor Presidente, intendo prima di tutto ringraziare il collega Manzione che ha posto l'accento sulle vere questioni che sono davanti a noi e che non sono tecniche, ma eminentemente politiche.

Prima di affrontare nel merito l'argomento, vorrei dare una rassicurazione al collega senatore ed ex ministro Castelli. Il Gruppo UDC è interamente presente in Aula, salvo il senatore Poli, ricoverato a causa di un'operazione di angioplastica. (Applausi del Gruppo UDC). Certo, se qualche altro Gruppo facesse qualche girotondo in meno e assicurasse invece qualche presenza in Aula in più, la battaglia dell'opposizione avrebbe migliori prospettive. (Applausi dai Gruppi UDC e LNP).

Affronto ora la questione che ci occupa in questo momento: il motivo per cui il voto che ci apprestiamo ad esprimere è politicamente di straordinaria importanza. Devo di nuovo citare il collega Castelli per dissentire da lui. Egli ha rivendicato il fatto di aver varato una riforma e non una controriforma. Il collega Castelli sbaglia: la sua è stata una controriforma. Egli non ha trovato una riforma negli atti parlamentari, ma in Italia questa ha avuto comunque luogo. È una riforma che è stata attuata fuori delle Aule del Parlamento, attraverso il prevalere prima di un indirizzo culturale nelle università e poi di indirizzi giurisprudenziali all'interno della magistratura.

Vorrei citare gli elementi di tale riforma. Alla fedeltà al testo della legge, all'idea del magistrato come colui che ha come sua finalità precipua l'interpretazione del testo legislativo e, quindi, ad una funzione conservatrice (si diceva allora) all'interno della società si è sostituita l'idea del magistrato che favorisce l'evoluzione della società creando sentenze che possono avere consenso sociale.

Ricordo quando ero studente all'università di Torino, quando insegnavano i professori Bobbio e Treves e si discuteva della giurisprudenza sociologica americana.

Era la metà degli anni Sessanta, quando si veniva configurando una trasmutazione fondamentale all'interno della magistratura italiana. Il problema era capire ciò che avrebbero fatto i giudici e questo non dipendeva solo, e forse neanche prevalentemente, dal testo della legge ma dalla possibilità di costituire un consenso sociale.

Ricordo giovani colleghi, poi divenuti famosi magistrati, che leggevano avidamente il testo di Petr Stucka: «La funzione rivoluzionaria del diritto e dello Stato», che sosteneva esattamente la medesima tesi. Il magistrato, cioè, diventa fattore rivoluzionario nella società nel momento in cui non fa dominare la sua attività dal riferimento obsoleto alla lettera della legge ma da quello all'evoluzione sociale, ai movimenti rivoluzionari in atto e la reinterpreta in funzione di una nuova coscienza di classe che si va affermando.

L'espressione «di classe» adesso non usa più, il marxismo è decaduto e Petr Stucka non è più citato. Questa idea di un magistrato non vincolato alla lettera della legge è però rimasta. Ciò ha portato alla politicizzazione della magistratura, cioè alla dipendenza da una visione culturale e politica che prevale sul testo della legge. Allora era una tendenza generale nel mondo; ora è una tendenza obsoleta. In America la giurisprudenza sociologica è stata superata. Anthony Scalia, che mi permetto di chiamare amico, ha riscoperto la certezza del diritto come punto di riferimento dell'azione della magistratura.

Vi rendete conto, amici miei, che oggi (io sono padre di un giovane avvocato) avere il proprio procedimento affidato ad un sostituto procuratore piuttosto che a un altro può fare la differenza fra la tutela del proprio diritto e la perdita della propria causa? (Applausi dai Gruppi UDC e FI). Quanti di voi hanno esperienza di diritto lo sanno perfettamente perché non esiste certezza del diritto.

La certezza del diritto implica anche uniformità dei criteri di esercizio dell'azione giudiziaria, dell'azione penale. Qual è la finalità di questa norma che volete sospendere? Realizzare una controrivoluzione, e non ho paura di dirlo, riportare verso l'uniformità dei criteri di esercizio, verso l'uniformità della giurisprudenza e quindi la certezza del diritto, perché oggi, il cittadino italiano è privato del bene fondamentale della certezza del diritto. Voi mi risponderete che esistono i gradi di appello e che alla fine le cose si aggiustano. Non è sempre così. Anche quando le cose si aggiustano la tutela del diritto non ha più quella immediatezza e velocità che è anche un fattore competitivo del nostro sistema Paese all'interno del mondo. Su questo stiamo votando: sulla certezza del diritto, non su altro.

Consentitemi ancora un'unica osservazione. Ho sentito citare in quest'Aula il nome di Giovanni Falcone. Io non intendevo citare questo nome perché esso non dovrebbe essere strumentalizzato per fini di parte all'interno di una discussione politica. Ma, visto che se ne è parlato, vorrei ricordare che Giovanni Falcone è stato trascinato davanti al Consiglio superiore della magistratura e che in quel Consiglio superiore della magistratura le correnti a cui molti degli ex magistrati qui presenti aderiscono, in particolar modo i Verdi e Magistratura democratica, votarono contro di lui! (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN).

Per favore: manteniamo Falcone come oggetto di devozione, come esempio per i cittadini e per i magistrati davanti agli occhi di tutti gli italiani; non tentiamo di accaparrarlo ad una parte politica! E, se vogliamo fare la storia, cerchiamo di farla con i documenti e attenendoci fedelmente alla verità! (Vivi applausi dai Gruppi UDC, FI e AN. Congratulazioni).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, siccome vi sono alcuni emendamenti susseguenti a mia firma che sostanzialmente ricalcano quanto previsto dall'emendamento 1.17 a firma Caruso ed altri, mi riservo, in caso di valutazione positiva di questo emendamento, di riconsiderarli.

MASTELLA, ministro della giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, ritengo e continuo a ritenere, soprattutto dopo aver ascoltato larga parte del dibattito fino ad ora portato alla mia attenzione nell'Aula e fuori dall'Aula, che una riforma come questa abbia bisogno sostanzialmente dell'accordo tra maggioranza e opposizione. È stato ricordato che ieri abbiamo tentato di raggiungerlo ed eravamo arrivati sull'ultimo miglio; continuo a ritenere che questo sia possibile; non vorrei che per scarti minimi si determinasse una fragilità consequenziale che porti un'istituzione, quella della magistratura, o a confliggere, o magari ad assoggettarsi, o a dar l'idea di una forma di contrapposizione che non si vuole da parte di nessuno tra politica, in particolare il Parlamento, e i magistrati.

Allora, al punto in cui siamo, poiché anch'io debbo rilevare politicamente, con molta onestà e rigore intellettuale, che voci critiche sono emerse anche all'interno della mia maggioranza (con buona fede, perché ognuno ha avanzato rilievi avendolo già premesso in discussioni preliminari), spero ancora - e quindi questo è il mio tentativo - che si possa addivenire ad una soluzione.

Propongo pertanto, signor Presidente e onorevoli senatori, data l'ora, di accantonare l'emendamento 1.17 e lo chiedo anche al senatore Manzione che è stato colui che ha determinato questo; debbo dire ai colleghi dell'opposizione che, non ci fosse stato lo spunto del senatore Manzione, non vi sarebbe questa opportunità. Siccome non ritengo di dare rilievo politico ad un fatto che rimane istituzionale, chiederei anche al senatore Manzione, per primo evidentemente, così al presidente Salvi e agli altri colleghi, di fermarci opportunamente qua, tentando di lavorare dove ci siamo fermati ieri, perchè credo che soltanto per poco ci siamo fermati.

Nessuno può pretendere tutto, né la maggioranza, né l'opposizione, perché evidentemente occorre il giusto compromesso, quale - vorrei ricordarlo ad alcuni che sono qua e che sono stati anche costituenti di questa Repubblica - fu il compromesso serio su cui vige questa nostra democratica Repubblica.

Mi auguro che su questo, che è un fatto istituzionale, si raggiunga il giusto, sano compromesso per far sì che nessuno sia sconfitto, ma che sia privilegiata quella resa di giustizia alla quale tutti quanti vogliamo dare il nostro apporto.

Quindi, signor Presidente, la mia proposta è quella di accantonare questo emendamento e di passare - se possibile - a questioni dove non c'è motivo di contrapposizione, in modo tale per martedì prossimo di riprendere e di votare sperando di essere arrivati ad una conclusione che sia operativamente concludente in maniera responsabile con il contributo corale dell'intera Assemblea.

PRESIDENTE. Chiederei un attimo di attenzione da parte dei colleghi. Il Ministro ha avanzato apparentemente una sola proposta, ma, per la verità ne ha avanzate praticamente due.

La prima proposta è quella di un accantonamento dell'emendamento 1.17, che stiamo discutendo, per tentare, sulla base delle sue indicazioni - sto riassumendo per i colleghi - un approccio diverso rispetto a quello al quale stiamo andando con la votazione sull'emendamento medesimo. Io non ho nessuna difficoltà, se c'è un consenso dell'Aula, ad accogliere questa proposta.

C'è poi una seconda proposta implicita, che consegue a quella che ha esplicitamente avanzato il ministro Mastella, cioè quella di sospendere la seduta, quindi di fatto di toglierla, dato l'orario al quale siamo arrivati.

La prima questione sulla quale dobbiamo decidere è quella dell'accantonamento. Sentirei innanzitutto un parere del relatore.

SALVI, relatore. Signor Presidente, colleghi, credo naturalmente che la risposta istituzionale in termini parlamentari debba essere data dai presentatori degli emendamenti.

Credo altresì che sia eccessivo dire che abbiamo posizioni vicine o che sia possibile un'intesa sui temi della giustizia, perché ciò non è vero. È vero che, su questo specifico punto (che presenta anche sue complessità tecniche), negli incontri che si sono svolti ieri (riguardo ai quali ho letto oggi fantasiose ricostruzioni giornalistiche: non c'è stato nessun veto di nostri colleghi che si siano precipitati in Aula, come ho letto su un importante quotidiano), eravamo arrivati abbastanza vicini alla possibilità di sciogliere alcuni nodi. Non è che vi sia stato un clamoroso fatto politico tale da consentirci improvvisamente di trovare un'intesa sulla giustizia: non sarebbe corretto e giusto affermarlo, anche in base agli interventi svolti questa mattina.

Su uno di quei tre decreti delegati, precisamente quello riguardante l'organizzazione della procura della Repubblica, a mio avviso è possibile trovare una soluzione valida in sé, con la convergenza delle posizioni degli esperti dei diversi Gruppi parlamentari. E poiché ritengo che, quanti più problemi si risolvono di comune intesa, tanto è meglio, suggerirei ai presentatori di questo emendamento (ma dipenderà dalle loro valutazioni) di accogliere la richiesta avanzata dal Governo.

Va da sé che, vista l'ora, le due proposte (quella di accantonare l'emendamento e quella di togliere la seduta) sono di fatto abbinate.

PRESIDENTE. Abbiamo ascoltato il parere del relatore che, sostanzialmente, è d'accordo con l'ipotesi di accantonamento e rinvio avanzata dal Ministro.

Per quel che mi concerne, avvalendomi dell'articolo 92 del Regolamento, al fine del pronunciamento dell'Aula, propongo che su tale proposta intervengano un senatore a favore e uno contro.

CALDEROLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Senatore Calderoli, intende intervenire a favore o contro la proposta?

 

CALDEROLI (LNP). Né a favore né contro, signor Presidente, desidero intervenire per un richiamo al Regolamento.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CALDEROLI (LNP). In ordine alla proposta di accantonamento e rinvio dell'emendamento 1.17 occorre dire che il nostro Regolamento su certi punti è molto fumoso e lascia spazi interpretativi. Però ritengo che l'articolo 100, ai commi 10 e 11, sia estremamente puntuale nel definire le possibilità di richiesta di accantonamento e rinvio: secondo il comma 10, una richiesta può essere avanzata dal Governo, ma solo nei riguardi di emendamenti presentati nel corso della seduta e che, quindi, necessitano di un ulteriore approfondimento. Ora non ci troviamo in tale fattispecie, poiché l'emendamento 1.17 è presente nel fascicolo già da tempo.

Inoltre, secondo il comma 11, l'accantonamento e il rinvio alla competente Commissione possono essere decisi dal Presidente per singoli articoli e i relativi emendamenti.

Pertanto, per quanto riguarda l'accantonamento, non credo ve ne siano i presupposti. Qualora, invece, si fosse modificata la posizione politica relativamente a questo emendamento, allora che vi sia da parte del Ministro una modifica del suo parere e che si proceda finalmente alla votazione.

Non si può chiedere il rinvio semplicemente perché si teme di «andar sotto» a causa del voto segreto. (Applausi del senatore Polledri).

PRESIDENTE. La Presidenza non condivide l'opinione testé espressa dal senatore Calderoli, ancorché confortata, in parte, dal riferimento al Regolamento. Nel caso specifico, infatti, occorre riferirsi ad un altro punto del Regolamento, quello dell'articolo 92 relativo all'ordine dei lavori e stiamo discutendo in merito ad una proposta avanzata dal rappresentante del Governo, condivisa dal relatore e rispetto alla quale chiedo un parere del senatore Caruso, primo firmatario dell'emendamento 1.17 sul quale ci stiamo pronunciando.

CARUSO (AN). Signor Presidente, mi rimetto all'Assemblea.

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, su questo argomento il ministro Mastella sa bene che si è arenata la trattativa nella quale siamo stati impegnati per alcune ore durante la giornata di ieri. È stato il tema dirimente, quello che ha fatto crollare un'eventuale possibilità di intesa tra maggioranza ed opposizione. Diciamo le cose come stanno. Pertanto, o il Ministro nel chiedere l'accantonamento e il rinvio dichiara che esistono nuovi margini e nuove disponibilità da parte del Governo e della maggioranza per discutere del tema oppure, in caso contrario, vale a dire in assenza di eventuali riaperture sull'argomento, non ravviso l'esigenza di un accantonamento e di un rinvio.

Ieri siamo stati disponibili ed abbiamo accolto di buon grado l'invito del Ministro di sospendere la seduta. Abbiamo lavorato, ci siamo confrontati sull'organizzazione del pubblico ministero, che è un tema trasversale - come ha detto bene il senatore Castelli, ma anche altri - e riguarda una riforma che è entrata in vigore, che vige e che non ha determinato nessun trauma all'interno dell'amministrazione della giustizia, anzi, essa ha riconosciuto la garanzia - come diceva il collega Buttiglione - della certezza del diritto, finalmente, per la univocità di interpretazione delle norme attraverso una certezza di indirizzo in capo ad un unico procuratore della Repubblica e non a tanti. È una norma entrata negli interstizi della nostra amministrazione giudiziaria.

Oggi il Governo, in una logica di sospensione dell'efficacia dell'intera riforma, si trova in difficoltà: diciamolo! Infatti, si trova anche a doversi pronunziare sulla sospensione di una riforma che funziona, che va bene e che viene sospesa nella logica di un progetto più complessivo per cui si deve azzerare tutto quello che ha fatto il centro-destra. Questo è il tema! (Applausi dai Gruppi FI e LNP).

Allora, Ministro, Governo, ci dica! In assenza di nuove disponibilità sostanziali, oggi noi siamo contrari, purtroppo, così come ieri siamo stati favorevoli al confronto e ci siamo misurati su questa ipotesi, ma abbiamo misurato la negatività delle aperture del Governo. Sul decreto legislativo n. 106 del 2006 il Governo chiedeva un ritorno al passato, colleghi; un ritorno al fatto che la titolarità dell'azione penale non fosse di esclusiva pertinenza del procuratore capo, ma anche di sostituti procuratori della Repubblica e noi abbiamo detto sostanzialmente no.

Su questo tema si misura e si è rotta la trattativa. Quindi, o ci sono delle sostanziali riaperture o noi, signor Presidente del Senato, signor Ministro, chiediamo di andare avanti nei nostri lavori, così come ieri avevamo aderito alla sospensione dei lavori. (Applausi dai Gruppi FI e LNP).

 

PRESIDENTE. Mi pare chiaro che debba esserci un pronunciamento dell'Assemblea.

FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, credo che il senatore Schifani dica cosa giusta quando afferma che proprio su questo punto ieri si è interrotta la trattativa. Lo dice perché - mi rivolgo anche al senatore Buttiglione - stiamo ragionando di una questione che non è organizzativa, ma che rimanda ad un quadro di questioni di sistema e anche di valori, sui quali mi sembra assolutamente legittimo che la discussione duri tra di noi sin dai tempi in cui il provvedimento di riforma è stato discusso nella scorsa legislatura.

Credo che l'Assemblea venga paradossalmente, su questo emendamento, ad essere interrogata su alcune questioni (ne faccio una ricostruzione teorica, culturale, se vuole, senatore Buttiglione, diversa dalla sua) che, per esempio, riguardano il fatto che, essendo il principio di uguaglianza considerato l'architrave del nostro ordinamento, intorno a questo i costituenti articolarono una serie di sistemi che garantissero quel principio e quindi l'autonomia e l'indipendenza della magistratura perché davvero tutti fossero uguali di fronte alla legge. Questa è la portata antagonista dell'esercizio della giurisdizione, senatore Buttiglione, secondo me: il fatto che ciò che è diseguale nella società, in un'aula di giustizia improvvisamente veda il potere scomparire, non avere più forza, efficacia; tutti sono uguali di fronte alla legge.

Dall'altra parte, previdero che quello dei pubblici ministeri fosse un potere diffuso. Ma perché lo pensarono? Forse perché ritenevano che in forza di questo bisognasse alimentare un potere assoluto e spregiudicato dei tanti sostituti procuratori della Repubblica che avevano il potere di agire l'azione penale? No. Tentarono anche per questo verso, facendo del potere inquirente un potere diffuso, di garantire ancora una volta per questo strumento (misura non solo amministrativa, di organizzazione) quel principio di uguaglianza.

Abbiamo convenuto più volte, anche nella discussione di ieri, sul fatto che l'organizzazione delle procure abbia bisogno di veder messe a regime una serie di misure che in questi anni il Consiglio superiore della magistratura ha adottato e i singoli uffici - come ci ricordava il senatore D'Ambrosio ieri - hanno già interiorizzato, alcuni con maggiore forza ed efficacia, anche in grado alla capacità del capo dell'ufficio, altri con minore efficacia. Quindi, su questo conveniamo.

Ciò che ovviamente ci divide è se poi preservare, nel procedimento che contempli gli strumenti per garantire l'uniformità dell'agire dell'ufficio, la possibilità di rivolgersi al Consiglio superiore della magistratura o radicare le decisioni sul conflitto ai procuratori generali. Anche qui discutiamo dei massimi sistemi, per così dire, non di uno scontro su una questione meramente organizzativa. Tutto questo ha ancora a che fare - ha ragione il senatore Buttiglione - con la grande questione dell'affidabilità per i cittadini delle decisioni, della prevedibilità dell'agire dei magistrati e dei pubblici ministeri.

Questo è il contesto; questa materia non è possibile neanche esaurirla brevemente. Possiamo anche andare a un voto adesso. Il mio Gruppo ha apprezzato ovviamente e grandemente l'ulteriore sforzo del ministro Mastella per rinviare la discussione e forse su questa grande questione possiamo, a meno che non sia un cavallo di Troia per smontare l'intero provvedimento del ministro Mastella, rinviare a martedì, tanto abbiamo poco più di mezz'ora, 34 minuti, per la fine della seduta.

Se ieri ci sono stati, come sempre accadono, piccolo strascichi polemici, prego ciascuno di noi di dimenticarli perché ci stiamo interrogando su una grande questione. Ci chiediamo, infatti, se su questa questione è possibile prendere tempo fino a martedì, tanto ormai il tempo della seduta di oggi è consumato. In proposito, il mio Gruppo non è assolutamente contrario. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

PRESIDENTE. Ho valutato, nel corso della discussione, data la rilevanza della materia trattata, di concedere la parola ad un rappresentante per Gruppo. Pregherei i colleghi, dato che si stanno svolgendo interventi incidentali sull'opportunità o meno di rinviare la votazione, di non utilizzare tutto il tempo a loro disposizione, in modo tale da consentire sul punto un pronunciamento dell'Aula.

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, avrei voluto che si fosse osservato l'ordine cronologico delle prenotazioni ad intervenire, comunque esprimo parere favorevole all'accantonamento della discussione, anche perché credo ci siano tutte le condizioni necessarie per raggiungere un'intesa sul punto, che è cruciale e che poi - come ho sempre sostenuto - è il cuore della riforma Castelli.

Ieri eravamo abbastanza vicini; forse ci siamo anche attardati su degli aggettivi inutili, come ricordava giustamente il senatore Buccico, circa la definizione di capo dell'ufficio quale titolare esclusivo dell'azione penale. Per me è evidente che, se il capo dell'ufficio è titolare dell'azione penale, lo è in maniera esclusiva e non, per così dire, a mezzadria. Ci siamo, ancora, arenati sulla disquisizione tra delega o assegnazione.

Il problema vero che ha condotto alla rottura, però, è stato quello della risoluzione del conflitto in caso di contrasto tra procuratore capo e capo dell'ufficio. Non sono affatto contrario, anzi noi, come Rifondazione Comunista, non siamo affatto contrari a che l'ufficio del pubblico ministero conservi questa forma gerarchica. Se la gerarchia è necessaria, deve avere anche un senso, perché avere la gerarchia con un capo che non comanda è ovvio che sarebbe illogico. Quindi, vogliamo che ci sia una gerarchia.

Siamo anche noi contrari alla spettacolarizzazione: quando vedo il pubblico ministero, ma anche il carabiniere o il poliziotto di turno, che fa la conferenza stampa sulla pelle di un soggetto che è stato forse appena arrestato, ma che dovrà ancora essere giudicato (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo e FI), anche a me viene l'orticaria. Quindi, anche noi siamo contrari, dobbiamo cancellare questo obbrobrio, così come vorremmo cancellare le esternazioni fatte in corso di processo.

Qui il tema centrale è ritornare proprio al punto di contrasto di ieri e quindi vedere a chi tocca il potere di risoluzione di questo conflitto. L'abbiamo detto: non può toccare al procuratore generale, quantomeno non può toccare esclusivamente al procuratore generale. Ecco la nostra apertura: non può toccare esclusivamente al procuratore generale, perché in questo caso si ingenererebbe un potere improprio in questa figura e nello stesso ufficio ci sarebbero due capi che fanno la stessa cosa, perché, ripeto, potrebbe esservi un procuratore generale che, d'accordo con il capo dell'ufficio, alza uno sbarramento totale contro i sostituti, così come potrebbe esservi - questo è da tenere presente - il caso di un procuratore generale che lancia ai sostituti un messaggio di resistenza («Resistete al capo perché poi vi aggiusto i problemi: resistere, resistere, resistere!»). In conclusione, credo che noi possiamo veramente raggiungere un accordo su questo punto.

Vorrei solo dire al senatore Buttiglione che la certezza del diritto non c'entra niente, è un'altra cosa. La certezza del diritto è un'aspirazione; se pensiamo che le stesse sezioni della Cassazione hanno dei pareri non concordi sullo stesso caso vuol dire che, appunto, la certezza del diritto non c'entra niente. Quello che invece va attuata è la certezza della decisione: questo è il punto. La certezza della decisione, anche all'interno di un ufficio giudiziario come la procura della Repubblica, va attuata nel senso che ci sia un orientamento omogeneo per i casi più particolari e più delicati, specialmente in tema di restrizione della libertà personale.

Noi siamo quindi favorevoli a trovare un accordo su questo punto e a svelenire un po' l'atmosfera, perché su questo punto credo veramente che un accordo condiviso rasserenerebbe non solo quest'Aula, ma anche il conflitto esterno tra avvocati, camere penali, magistrati, ANM, a tutto vantaggio dei cittadini che modestamente rappresentiamo. (Applausi dai Gruppi RC-SE e Ulivo. Congratulazioni).

PIROVANO (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PIROVANO (LNP). Signor Presidente, vorrei ricordare all'attenzione dell'Aula che il ministro della giustizia Mastella ha utilizzato il termine «accantonamento».

Vorrei che lei mi spiegasse, signor Presidente, come questo termine «accantonamento» sia leggibile nell'articolo 92 del Regolamento. Non ha parlato il ministro Mastella di un'inversione delle votazioni, di un'inversione di argomenti in Aula. Vorrei, signor Presidente, che ci chiarisca in quale altro articolo, se non nell'articolo 100, ai commi 10 e 11, si parli di accantonamento di emendamenti.

Nell'articolo 100, ai commi 10 e 11, mi pare evidente che si dica che gli emendamenti che possono essere accantonati sono esclusivamente quelli presentati in corso di seduta d'Aula. Non mi risulta che nell'articolo 92 e in nessun altro articolo del nostro Regolamento si preveda quanto è stato chiesto in quest'Aula dal Ministro della giustizia, ovvero di accantonare l'emendamento per discuterlo in un'altra seduta del Senato.

Quindi chiedo, e confermo la richiesta del Gruppo della Lega Nord, che si giunga immediatamente alla votazione, com'è previsto a norma del nostro Regolamento. (Applausi del senatore Polledri).

PRESIDENTE. Senatore Pirovano, lei ha chiesto una cosa che la Presidenza aveva già deciso, sulla base dell'applicazione - le assicuro - del Regolamento, esattamente dell'articolo 92. Quindi, la nostra opinione coincide in parte con la sua, ma è motivata diversamente.

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, noi del Gruppo UDC riteniamo di accogliere la richiesta del Ministro, perché giudichiamo assolutamente condivisibili le considerazioni del collega Schifani e poiché diamo per scontato che, se il Ministro chiede di accantonare il voto sull'emendamento 1.17, è perché, evidentemente, intende assumere un atteggiamento diverso da quello assunto ieri nel corso delle trattative. Altrimenti, la sua richiesta non avrebbe alcun significato.

Da questo punto di vista, mi sembra che le considerazioni svolte ieri, forse in modo affrettato, abbiano bisogno di un supplemento di riflessione da parte della maggioranza che chiede, attraverso il proprio Ministro della giustizia, questo accantonamento. Noi concorriamo nella convinzione che, da oggi al voto su questo emendamento, ci sia qualcosa di sostanzialmente diverso da ciò che ieri ha impedito l'accordo. Altrimenti, non capiremmo il senso dell'accantonamento.

Per tali ragioni, il Gruppo UDC accoglie la richiesta avanzata dal Ministro.

MATTEOLI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MATTEOLI (AN). Signor Presidente, chi sceglie di fare il nostro «mestiere» - e, se ci fosse ancora il proto, lo pregherei di mettere «mestiere» tra virgolette - ha l'obbligo di essere presente in Aula al momento delle votazioni, ma anche di fare le sue battaglie e - se ritiene - i girotondi, perché non è un reato.

Venendo alla richiesta del ministro Mastella, rinnovata poi, in altri termini, dalla collega Finocchiaro, mi hanno insegnato, nei tanti anni in cui ho fatto politica (si può dire da sempre), che, quando un Ministro si presenta in Aula e chiede l'accantonamento su un provvedimento da lui presentato, i casi sono due: o questo Ministro non è tanto convinto del provvedimento che ha portato in Aula, oppure non è sicuro di avere una maggioranza che lo sostiene. In ogni caso, quando un Ministro in carica avanza tale richiesta, è sempre un risultato positivo per l'opposizione: me lo hanno insegnato tanti anni. Credo che questa mattina, con la richiesta del Ministro, si sia verificato in quest'Aula qualcosa di simile.

Alla luce di ciò, concordo con la richiesta avanzata dalla collega Finocchiaro: la seduta può essere rinviata a martedì. Se fino a quella data vi è la possibilità di riprendere anche il filo del discorso interrotto ieri, credo sia positivo farlo.

Pertanto, auspico che si rinvii, senza bisogno di votare l'accantonamento, la seduta a martedì prossimo. La proposta della collega Finocchiaro mi sembra accettabile. (Applausi dal Gruppo AN).

PRESIDENTE. Mi pare allora che possiamo procedere alla votazione dell'Aula come avevamo deciso, in base all'applicazione dell'articolo 92, ultimo comma, del Regolamento del Senato.

MASTELLA, ministro della giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Vorrei dire che, a seguito dell'intervento del senatore Di Lello, di quanto testé affermato dal senatore Matteoli, dell'indicazione di procedura del senatore D'Onofrio e di altri intervenuti - dal senatore Brutti al Presidente Salvi - mi pare che ci siano queste condizioni al merito.

Vorrei aggiungere però, con molto franchezza, che non è che un Ministro sia dubbioso, abbia strane curiosità o non sia appagato da ciò che ha determinato. Io ritengo - l'ho detto anche prima - che questo, fin dove è possibile (spero che lo sia), non è un nodo di natura politica. Non vorrei tradurre la questione in termini di ideologia «l'uno contro l'altro». È stata mostrata da parte di tanti senatori una certa disponibilità, nel convenire su alcuni elementi e trovare una soluzione ragionevole. Su altri punti ci saranno discordanze, ma registro innanzitutto - voglio dirlo anche al senatore Castelli - il clima diverso che ognuno di noi ha mutuato dal proprio senso di responsabilità e che prescinde dalle aree di appartenenza.

Penso che questo clima ci abiliti e ci porti non a segnare il passo o a ritenere che io abbia avuto una sbandata o abbia fatto una cosa di cui non sono convinto. Non è assolutamente così. Ciò nonostante, se su tale argomento il Parlamento fornisce il proprio contributo, anche nell'idea che ho del rapporto dialettico tra Governo e Parlamento, il Governo ha il dovere di tenere conto dei rilievi dell'opposizione e anche dalla maggioranza che lo sostiene.

Non c'è un atto di sfiducia alla sua maggioranza. Ho il dovere di tenere conto di un elemento di grande equilibrio che bisogna trovare. Credo che, utilizzando opportunamente i prossimi giorni, potremo arrivare all'appuntamento avendo realizzato una condizione ottimale per tutti. Non è, voglio dirlo al senatore, mio amico, Matteoli, una sconfitta o una resa del Governo o della maggioranza. È una resa alla giustizia migliore, questo è il mio intendimento, per cui tutti lavoriamo, tentando di farlo nel modo migliore.

Al di là dell'aspetto regolamentare (non so se la cosa più corretta, ma l'ha detto il presidente Angius, sia stata quella di disciplinare i lavori in base all'articolo 92 del Regolamento), chiedo di fare quest'ultimo sforzo, perché nel merito, come ha detto il senatore Di Lello, c'è la volontà di procedere. Se così è, mi pare sia una cosa opportuna e l'impedimento è questo; se così non è, se ne prende atto. Dico a tutti che, laddove ci fosse una forma di ostilità o ci fossero apprensioni, il Governo avrebbe altri strumenti procedurali, che io non ho mai inteso spendere come colpo scuro, come si dice dalle mie parti, alla fine dei fuochi di artificio, perché voglio che su questo provvedimento ci sia la massima comprensione e la massima dilatazione sul piano parlamentare.

SALVI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI, relatore. Signor Presidente, nello spirito delle cose che sono state dette, se l'Aula del Senato riterrà di addivenire all'accantonamento, credo potremo approfondire oggi stesso il punto in discussione. Non stiamo decidendo un rinvio in Commissione. Non si può svolgere una seduta della Commissione. Non disponiamo dello strumento, di cui dispone invece la Camera, del Comitato dei nove.

Formulo però una proposta in questa sede, perché i colleghi possano valutarla anche in sede di voto, che poi formalizzerò nell'Ufficio di Presidenza della Commissione giustizia. Visto che per oggi pomeriggio era prevista una seduta della Commissione, propongo che, anche se non come seduta della Commissione, per la ragione che ho detto, si esaminino le questioni rimaste aperte, con la partecipazione dei componenti della Commissione giustizia e del Governo.

PRESIDENTE. La Presidenza prende atto che sta maturando nell'Aula la volontà di procedere ad un accantonamento e quindi di andare all'esaurimento della nostra seduta. Le due cose sono strettamente correlate, tuttavia ci sono stati importanti Gruppi parlamentari che si sono espressi in modo diverso.

SCHIFANI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SCHIFANI (FI). Signor Presidente, ho ascoltato con estremo interesse l'intervento del collega Di Lello Finuoli, che personalmente stimo come magistrato abbastanza equilibrato...

RUSSO SPENA (RC-SE). Ma solo abbastanza! (Ilarità).

 

SCHIFANI (FI). Colleghi, ho avuto modo di apprezzarlo quando io facevo l'avvocato e lui faceva il giudice istruttore a Palermo. E noi sappiamo, al di là della divisione della militanza politica, dell'equilibrio di certi magistrati.

Riscontro nel collega Di Lello Finuoli, più che nell'intervento del Ministro, che è di auspicio, la disponibilità a ridiscutere nel merito l'argomento. Il Ministro si è limitato, forse non volendosi esporre eccessivamente con la sua maggioranza, ad auspicare. Il collega Di Lello Finuoli invece ha rimesso sostanzialmente in pista l'approfondimento del tema dell'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.

Amiamo confrontarci in Aula quando è indispensabile. Amiamo il rispetto delle regole sancite, già in vigore, quando queste regole sono condivise dai cittadini, in ogni campo, anche fuori dal Parlamento. Pertanto, se in queste ore dovesse ulteriormente realizzarsi uno sforzo che porti al mantenimento in vita del decreto delegato n. 106, o quantomeno delle sue parti essenziali e strategiche, non potremo che essere in ogni caso favorevoli.

Detto questo, Presidente, dal punto di vista tecnico propenderei più per una sospensione della seduta dieci minuti prima e non parlerei di accantonamento, perché mi rendo conto che le obiezioni sollevate dai colleghi della Lega sono pertinenti.

Quindi, per evitare di andare al di là delle disposizioni regolamentari sarei dell'idea di concordare una sospensione anticipata della seduta, fermo restando che l'emendamento non viene accantonato ma verrà affrontato come primo punto all'ordine del giorno nella seduta di martedì. (Applausi dal Gruppo FI).

PRESIDENTE. In realtà, questa era la proposta originaria che il ministro Mastella aveva formulato. Come ho ricordato, egli aveva formulato due proposte, quella della sospensione e quella dell'esaurimento della seduta.

Poiché mi sembra di capire che si è realizzata un'ampia convergenza, possiamo avviarci alla conclusione della seduta, ricordando che la discussione sul provvedimento in esame proseguirà nella seduta pomeridiana del prossimo martedì 3 ottobre e che, come comunicato dalla Conferenza dei Capigruppo, tale seduta potrà proseguire fino alle ore 22.

Rinvio pertanto il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

(omissis)

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635)

 


 

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

Art. 1.

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007.

EMENDAMENTI DA 1.429 A 1.17

1.429

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 26, comma 8, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 31 gennaio 2007».

1.430

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 27 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.431

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 28, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.432

CASTELLI

Improponibile

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 35 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.433

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 35, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.434

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 36 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 31 marzo 2007».

1.435

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia dell’articolo 37 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.436

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.437

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 41, comma 3, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º gennaio 2007».

1.438

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 42 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.439

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«1. L’efficacia dell’articolo 44, comma 6, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160 è sospesa fino alla data del 1º febbraio 2007».

1.5

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.6

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.7

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.8

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160, è sospesa fino alla data del 15 gennaio 2007».

1.301

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Se non diversamente disposto da intercorrente normativa, da sottoporre al parere delle competenti commissioni parlamentari, è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.302

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Se non diversamente disposto da intercorrente normativa, è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, fino al 1º dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160, fino al 1º febbraio 2007».

1.303

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Fino a diversa disposizione, è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, fino al 1° dicembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, fino al 1º novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, fino al 1º febbraio 2007».

1.304

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 fino al 1º dicembre 2006, se non diversamente disposto da intercorrente normativa,».

1.305

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – È sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, fino al 1º novembre 2006, nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, fino al 15 novembre 2006 e nel decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, fino al 1º dicembre 2006».

1.306

CASTELLI

Id. em. 1.6

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – Fino alla data del 15 gennaio 2007 è sospesa l’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160,».

1.307

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006».

1.308

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006».

1.309

CASTELLI

Respinto

Sostituire l’articolo con il seguente:

«Art. 1. – L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, oltre che nei decreti legislativi 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006».

1.9

CASTELLI

Respinto

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106, è sospesa fino alla data del 1º novembre 2006, al fine di consentire ai procuratori generali presso le corti di appello di espletare le attività di vigilanza indicate».

1.10

CASTELLI

Respinto

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L’efficacia della disposizione contenuta nell’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.11

CASTELLI

Respinto

Sostituire il comma 1, con il seguente:

«1. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109, è sospesa fino alla data del 1º marzo 2007».

1.14

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106».

 

1.15

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109».

 

1.16

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e» con le parole: «nel decreto legislativo».

 

1.17

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

V. testo 2

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 4 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

 

1.17 (testo 2)

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,» .


 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

44a

seduta pubblica(pomeridiana)

 

martedì

3 ottobre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI

 

 

 


(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 16,40)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta antimeridiana del 28 settembre è proseguitala votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

Il relatore ha presentato l'emendamento 1.600 e ha chiesto di intervenire per illustrarlo. Ne ha facoltà.

SALVI, relatore. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, oltre ad illustrare rapidamente questo emendamento, fornirò qualche ulteriore notizia sui lavori che in sede informale la Commissione giustizia sta svolgendo, come detto alla fine della precedente seduta.

È stata raggiunta un'intesa per quanto riguarda la riforma del decreto legislativo n. 106 del 2006, che è quello che concerne l'organizzazione delle procure. Nel disegno di legge si chiedeva la sospensione anche di questo decreto, insieme agli altri due oggetto del presente provvedimento. Dal confronto si è visto che si sarebbe potuta individuare - e in effetti si è trovata - una soluzione, che presento con questo emendamento, che tiene conto dei diversi orientamenti emersi al riguardo.

Il punto fondamentale della materia è che per la magistratura requirente non sussiste, già nella stessa Costituzione, la soggezione esclusivamente alla legge. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Guardate che fra poco passeremo al voto. Credo quindi che un'attenzione verso le decisioni che stiamo per assumere, sia assolutamente scontata.

 

SALVI, relatore. Mentre per i magistrati - compreso quindi il pubblico ministero - sono previste garanzie di autonomia e di indipendenza, che non vengono messe in discussione, la soggezione esclusiva alla legge è riservata solo al giudice, per evidenti ragioni. Nessuno può dare direttive al giudice nella funzione giudicante sia essa monocratica o collegiale, mentre nell'attività della procura della Repubblica è giusto che ci sia una struttura, un'organizzazione cui possano essere date delle direttive.

La formulazione che è stata trovata modifica il decreto n. 106 eliminando un eccesso di gerarchizzazione che in esso era contenuto. Approvando questo emendamento viene meno naturalmente la sospensione del decreto in questione.

Propongo altresì, signor Presidente, l'accantonamento degli emendamenti che riguardano il decreto n. 109 in materia di procedimento disciplinare. Nel confronto che si è appena concluso, nella sede informale della Commissione giustizia, si sono verificati testi e soluzioni che rendono non sicura, ma possibile un'intesa su questo punto. Quindi, signor Presidente, se lei e l'Aula siete d'accordo, proporrei l'accantonamento degli emendamenti che si riferiscono esclusivamente al decreto n. 109, in modo che nella seduta pomeridiana prevista per domani saremo in grado di dire se anche su questo decreto si è raggiunta l'intesa ovvero no.

Infine, signor Presidente, preannuncio fin d'ora il mio parere favorevole agli emendamenti soppressivi dell'articolo 3 del disegno di legge.

Se il Governo mostrasse di condividere queste proposte fornirebbe un segnale positivo in questo campo e contribuirebbe anche a un più sollecito esame del provvedimento. Ringrazio tutti per la precisa attenzione che è stata concessa a queste mie considerazioni.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi al riguardo.

MARITATI, sottosegretario di Stato per la giustizia. Il parere è favorevole.

PRESIDENTE. Dunque, il parere è favorevole alle due proposte contenute nell'intervento del relatore.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.600, che è la sintesi dell'intesa riferita dal relatore sul decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, mi riservo di fare poi una dichiarazione di voto, ma prima vorrei pregare la Presidenza di fornire il testo dell'emendamento in versione definitiva perché ci sono state modifiche fino all'ultimo; solo per una formalità, per poterlo leggere nella sua versione definitiva.

PRESIDENTE. La versione definitiva è stata stampata, quindi lei lo potrà vedere immediatamente: glielo stanno già portando.

MANZIONE (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MANZIONE (Ulivo). Signor Presidente, mi sento orgoglioso... (Brusìo dai banchi del centro-destra) ...e mi rivolgo anche ai colleghi dell'opposizione ai quali porgerei l'invito molto sommesso di condividere con me questo momento.

Mi sento orgoglioso, dicevo, di quel che è accaduto in quest'Aula, ovvero del fatto che si sia deciso di dismettere gli abiti ideologici di una contrapposizione che è il residuo di una campagna elettorale consumata da poco, ma che è anche il retaggio di una contrapposizione - che è stata violentissima nella scorsa legislatura - su una materia come questa, che tocca direttamente i cittadini.

Signor Presidente, niente più del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, riguarda direttamente i cittadini, compresi i colleghi Izzo e Pisanu, che invece non sono molto interessati e continuano a chiacchierare alle mie spalle. Tale decreto legislativo infatti interveniva sull'organizzazione e sulla gestione delle procure. Voglio dire subito con chiarezza che il programma dell'Unione, il nostro programma elettorale, rispetto alla riforma dell'ordinamento giudiziario, prevedeva espressamente una serie di interventi puntuali e solo laddove essi non potessero essere messi in campo immediatamente, la sospensione.

Quindi, prevedeva da una parte una categoria principale - quella della modifica - e dall'altra un'eccezione costituita dalla sospensione, laddove le modifiche capaci di rendere più adeguata la normativa al dettato costituzionale non fossero state introdotte.

Quanto accaduto è stato possibile perché c'è stata una grande disponibilità dell'Aula a recepire un'esigenza, c'è stata una grande disponibilità da parte del relatore a favorire una sintesi e c'è stata una grande disponibilità di tutti i Gruppi di maggioranza e di opposizione ad impegnarsi concretamente sul terreno di una normativa che doveva essere assolutamente modificata per determinare quelle condizioni che i cittadini, in qualche modo, ci chiedevano.

È chiaro che molto ha fatto anche la Presidenza del Senato, che in ogni modo, con la sua assoluta discrezione e con la sua capacità di non essere assolutamente mai giocatore in campo, ma con una serie di indicazioni tacite, ha favorito un approccio di questo tipo.

Un altro ringraziamento sicuramente è dovuto al ministro della giustizia Clemente Mastella che ha voluto che questo metodo fosse perseguito: metodo che poi, signor Presidente, era stato invocato dal presidente della Repubblica Napolitano, in una materia come questa che tocca direttamente la vita dei cittadini.

È inutile enumerarli tutti, ma voglio sinceramente ringraziare anche tutti i Gruppi parlamentari del Senato. Ecco perché siamo riusciti ad affrontare e risolvere una serie di problemi.

Dicevo che il provvedimento riguarda più da vicino i cittadini, perché tutto sommato aveva una stella polare condivisibile, quella di cercare di creare un'uniformità di gestione delle procure. Ciò significa immaginare che le indagini vengano gestite tutte allo stesso modo e che a parità di indagini, per contestazioni più o meno uguali, non si verifichi - come qualche volta è accaduto - che, mentre per qualcuno è prevista la misura cautelare, nei confronti di altri non siano adottati provvedimenti restrittivi di questo tipo. Si è voluto cioè immaginare un coordinamento per dare maggiore sicurezza al cittadino.

Anche un'altra fra le misure rimaste intonse, quella che affida direttamente al procuratore capo la gestione mediatica dell'indagine, serve a rassicurare i cittadini, perché in questo modo si evita che ci sia una strumentalizzazione anche involontaria da parte del pubblico ministero, del sostituto procuratore che gestisce l'indagine, il quale è portato, magari spinto dal clamore che imass media riversano sull'iniziativa, ad essere un po' sovraesposto, con ciò compromettendo quell'aspetto di terzietà e lucidità che vorremmo caratterizzasse sempre l'azione dei pubblici ministeri.

Pertanto, Presidente, abbiamo dovuto prevedere un intervento, reso possibile anche grazie ai colleghi dell'opposizione, che riducesse la gestione troppo gerarchica del procedimento e ripristinasse un minimo di compartecipazione nella gestione delle procure, per non accentrare esclusivamente nelle mani del procuratore capo un potere che invece volevamo fosse a lui riconducibile (ecco perché il coordinamento), ma assolutamente non in modo totalitario.

Questo è stato possibile, per esempio, ragionando sulla delega che diventa assegnazione, e che quindi rispetta una serie di criteri obiettivi (le tabelle o altri criteri più specifici), e creando all'interno di questo percorso la possibilità per il procuratore capo della Repubblica di revocare l'assegnazione, mentre il sostituto che subisce la revoca può pretendere che vi sia una motivazione e che questa rimanga agli atti. Si è evitato di specificare chi dovesse decidere sul dissidio, perché vogliamo immaginare che ci sia un momento dialettico all'interno delle procure e che, dalle divergenze fra il procuratore capo e il sostituto procuratore, possa nascere un rapporto più fecondo, proficuo e corretto.

L'unica logica che ha ispirato queste misure è quella del cittadino. Sono convinto che il grande sforzo che il Senato ha messo in campo rispetto a questo provvedimento ha un unico riferimento, il cittadino, che con tali norme verrà maggiormente tutelato.

Sono quindi soddisfatto dell'iniziativa che è stata portata avanti e sono convinto che alla lunga anche coloro che adesso sono dubbiosi comprenderanno che questa è un'iniziativa che ha la capacità di far materializzare la politica buona, che dovrebbe essere sempre capace di privilegiare le scelte che hanno come punto di riferimento la gente.

Ecco perché, Presidente, non posso che dichiarare con soddisfazione il mio voto favorevole sull'emendamento 1.600.

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, non posso che esprimere grande soddisfazione per il risultato raggiunto, sia perché testimonia la possibilità di intesa su problemi fondamentali, qual è quello dell'organizzazione dell'amministrazione della giustizia, sia perché fa giustizia di tanti estremismi che possono trovare posto nella campagna elettorale, ma che non devono trovare posto nelle Aule del Parlamento, nelle concezioni contrapposte, spesso frutto di ideologia e di posizioni eterodirette.

Esprimo soddisfazione perché ho sentito della condivisione della necessità di una uniformità d'indirizzo nell'esercizio dell'azione penale da parte di un ufficio così fondamentale come la procura della Repubblica.

Esprimo soddisfazione perché, in definitiva, l'impianto complessivo rimane assolutamente identico nella sostanza e quindi viene ad essere riconosciuta la bontà di quell'impianto in un primo tempo assolutamente demonizzata. Così non è nella realtà dei fatti perché non si è verificato alcun problema negli uffici di procura: non abbiamo notizie di rivolte di pubblici ministeri, di incidenti di percorso. Alcuni procuratori, anzi, hanno addirittura affermato di avere attuato, ancor prima dell'entrata in vigore, l'impianto fondamentale contenuto in questo decreto delegato.

Nella sostanza, dunque, il procuratore della Repubblica continua a rimanere titolare esclusivo dell'azione penale (ciò dà senso all'uniformità di indirizzo alla base di questo decreto delegato) mentre il magistrato, invece che delegatario, diventa assegnatario. Insomma, a ben vedere si tratta soltanto di una differenza nell'uso della terminologia. Potremmo anche discettare sulla sostanziale diversità tra i due termini, ma in realtà ci si deve attenere a quei criteri indicati dal procuratore della Repubblica che potrà, anche in questa occasione con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione.

Aggiungo che la sintesi raggiunta permette di far sì che non vi sia nessun ricorso ad alcuna autorità, sia essa il procuratore generale della Cassazione (come nel testo vigente), sia esso il Consiglio superiore della magistratura o eventuali altri. Questo significa rafforzare la figura del procuratore della Repubblica senza con ciò far venire meno le possibilità già previste oggi dall'ordinamento, quali: un'eventuale denuncia penale o la possibilità di presentare un esposto al CSM. In questo modo esce ancor più rafforzata la figura del procuratore della Repubblica.

Ebbene, devo ammettere che è un peccato - dal momento che ho visto con assoluto favore l'iniziativa del ministro Mastella che va ringraziato per la volontà dimostrata nel voler cercare una sintesi nella ricerca di un dialogo spesso difficile - essere partiti così in ritardo. Se ci avessimo pensato prima, probabilmente, non saremmo stati così costretti dalla presenza del provvedimento in Aula. Avremmo potuto ragionare con maggiore tranquillità e magari avremmo potuto pensare anche all'impianto complessivo.

Rimane, comunque, l'ottimo risultato di questo accordo; rimane una nuova visione degli uffici della procura che evita anche quei protagonismi, quella ricerca di visibilità mediatica attraverso un unico portavoce, sia esso il procuratore della Repubblica o un suo delegato.

Esprimo, infine, soddisfazione perché in questo modo viene ad essere confermato l'impianto della riforma proposta dall'allora ministro della giustizia Castelli e dalla Casa delle Libertà. (Applausi dal Gruppo FI).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, purtroppo questa mattina non sono stato presente ai lavori dell'Assemblea del Senato e temo di non aver potuto partecipare - nel caso il Senato lo abbia fatto - agli omaggi resi al nostro secondo alpino deceduto, Vincenzo Cardella.

Vorrei dunque ora esprimere il cordoglio dell'UDC per questo secondo caduto in Afghanistan. Ovviamente, non lo riteniamo motivo per il quale si debba andare oltre il profondo rammarico per quanto è accaduto. Lo faccio perché ho l'impressione che non ci si possa fermare a commemorare soltanto il primo caduto in una sventurata vicenda in Afghanistan che, purtroppo, ha riguardato anche un secondo caduto. Per questo motivo noi esprimiamo il nostro rammarico.

Colgo l'occasione, Presidente, per dire che non c'è volontà di protagonismo, di partito o di Gruppo parlamentare, in ordine a ciò che sta avvenendo in riferimento alle procure della Repubblica. L'Aula probabilmente ricorderà che il Gruppo UDC, fin dall'inizio della discussione di questo provvedimento, ha espresso una convinzione, un desiderio, un auspicio: che fosse possibile trovare un'intesa di largo consenso parlamentare su provvedimenti istituzionali come quello relativo all'ordinamento giudiziario. Siamo quindi particolarmente lieti per aver concorso, in modo forse determinante, a tale risultato.

Il ministro Mastella ricorderà che quando egli chiese l'accantonamento dell'emendamento relativo alle procure ritenni opportuno, a nome del Gruppo UDC, un supplemento di istruttoria che consentisse un'intesa che fino al giorno prima era sembrata impossibile. Siamo quindi particolarmente lieti che quel supplemento abbia prodotto un risultato utile ed è la ragione per la quale, nel rivendicare in parte il merito di questo risultato molto importante, esprimo l'auspicio che anche per ciò che concerne l'azione disciplinare si possa trovare nella mattinata di domani un accordo ampio, in modo che l'operatività del provvedimento proposto dal Governo, volto ad una sospensione di fatto e generalizzata della riforma, si possa limitare, se necessario, ad aspetti particolari - non dico marginali - e non più a tutta la riforma dell'ordinamento giudiziario.

Voglio garantire che il Gruppo UDC continuerà in queste ore e domani mattina a ricercare un'intesa dignitosa, sapendo che questa richiede necessariamente che le due parti si ritrovino su un punto d'accordo al quale nessuna delle due sarebbe stata da sola desiderosa di porre il proprio timbro, trattandosi di una decisione parziale.

Mi auguro che prima della votazione finale riusciremo a fare anche il passo che riguarda la separazione delle funzioni. Siamo pronti a questo importante tentativo. Se così non dovesse essere, do però per scontato che faremo di tutto perché anche su questo argomento si possa trovare un punto di equilibrio. Ancora una volta questo equilibrio istituzionale, avvenendo nel pieno di uno scontro politico molto forte sulla finanziaria presentata dal Governo, dimostra che ci si può attenere ad una distinzione tra gli aspetti istituzionali, per i quali è necessaria costituzionalmente un'intesa di largo consenso parlamentare, e lo scontro politico dal punto di vista degli orientamenti del Governo, che come tale viene rimesso alla volontà popolare.

Per questa ragione il Gruppo UDC esprime soddisfazione per l'intesa raggiunta sull'ordinamento delle procure, rivendica il suo piccolo merito per questo risultato e conferma l'impegno a cercare risultati analoghi sugli altri punti. (Applausi dal Gruppo UDC).

(omissis)

Ripresa della discussione del disegno di legge n.635 (ore 17,05)

PRESIDENTE. Riprendiamo le dichiarazioni di voto sull'emendamento 1.600.

CARUSO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, la prima delle proposizioni contenute nel disegno di legge proposto dal guardasigilli, il ministro Mastella, era volta a sospendere l'efficacia del decreto delegato con cui, in attuazione della cosiddetta riforma Castelli dell'ordinamento giudiziario, veniva disegnato un nuovo modello dell'ufficio del pubblico ministero centrato sul principio che titolare esclusivo dell'azione penale è il procuratore della Repubblica, che quindi incarna l'ufficio stesso.

La proposizione del disegno di legge era dunque quella di sospendere l'efficacia di questo complesso normativo e segnatamente degli otto articoli di cui lo stesso è composto. Il risultato a cui perveniamo, attraverso quella che confido essere l'approvazione dell'emendamento 1.600, firmato dal relatore in attuazione di un accordo ampio intervenuto tra le forze politiche, è quello del mantenimento, così come sono, degli articoli da 2 a 8 del decreto delegato di cui sto parlando, e quindi, del mantenimento così come è dell'intero modello dell'ufficio del pubblico ministero come disegnato dalla maggioranza e dal Governo di centro-destra nella passata legislatura, con riferimento ad un ufficio centrale nel sistema di funzionamento della nostra giustizia.

Con la modifica del primo articolo di questo decreto delegato si interviene in relazione a tre punti precisi. Il primo è la soppressione delle parole «sotto la propria responsabilità»; il procuratore della Repubblica resta titolare esclusivo di un'azione penale che non esercita più solo sotto la propria esclusiva responsabilità, ma sotto la responsabilità condivisa sua e di coloro i quali sono parte del suo ufficio.

La seconda modifica introdotta riguarda una correzione puramente lessicale. Il sottosegretario Scotti ha sottolineato l'ipertrofia legislativa che era contenuta nelle parole «nei modi e nei termini stabiliti dalla legge»; abbiamo quindi rimosso queste parole.

La terza modifica è quella che forse ha un significato più incisivo, nel senso che stabilisce che i contrasti all'interno delle procure della Repubblica, se sono contrasti che rimangono nell'ambito della fisiologia dialettica, si risolvono con la decisione del titolare esclusivo dell'azione penale, cioè del procuratore della Repubblica. Se invece è una dialettica che trascende la fisiologia e precipita nelle patologie, allora saranno risolti attraverso i sistemi che il sistema - le chiedo scusa per il bisticcio, signor Presidente - prevede per questi casi: il ricorso al procedimento penale e il ricorso al procedimento disciplinare.

Come si vede, abbiamo una larghissima parte dello strumento normativo che avevamo proposto che rimane inalterata e la parte che viene modificata lo è in termini migliorativi, per quanto ci sembra, in alcuni aspetti e in termini marginali per altri. Il tutto attraverso una proposta puntuale che abbiamo presentato proprio noi, senatori di Alleanza Nazionale. Credo che il Gruppo di AN possa ascriversi un po' la primogenitura di questo risultato e quindi il voto favorevole all'emendamento 1.600 del Gruppo di AN è un atto che annuncio in termini praticamente scontati. (Applausi dal Gruppo AN).

PRESIDENTE. (Brusìo). Senatore Gasbarri, per favore, che stia un po' troppo con le spalle rivolte a chi parla, che parli con il collega della prima fila vicino a lei, non va bene! Che voglia parlare anche con quelli che stanno più indietro?

Tengo a sottolineare che continuando con questo brusìo mi prendo l'accusa di essere un Presidente debole e alla mia età questo diventa insopportabile. (Commenti del senatore Morando). Lo farò anche con gli altri, stia tranquillo, lo farò con tutti, ma con uno bisogna pur cominciare.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, pur nella distrazione dell'Aula penso che occorra lasciare qualche parola agli atti. Credo che da parte di chi mi ha preceduto sia stata esternata una giusta e corretta soddisfazione per essere arrivati ad un fatto positivo, come è stato ricordato, in primis per i cittadini, ma - credo - anche per il buon funzionamento degli uffici della procura.

Se possibile, per me la soddisfazione è doppia, perché oltre alla soddisfazione per la sostanza del provvedimento, devo aggiungere quella di vedere finalmente dimostrato, in questa sede, di avere la testimonianza pro veritate, che tutte le accuse piovute addosso a me e alla Casa delle Libertà durante la discussione di questo provvedimento nella scorsa legislatura erano, evidentemente, strumentali e false.

Si potrebbe aprire una pagina polemica, ma non credo sia il caso, visto che guasterebbe la nuova atmosfera di positività che si è aperta sul provvedimento. Credo che sia questo l'aspetto che va colto e i sassolini nella scarpa ce li toglieremo in un secondo tempo, in sedi magari più appropriate.

Dunque, il nostro Gruppo voterà a favore dell'emendamento 1.600 che non credo sia innovativo perché, come ho ricordato molte volte, tale fattispecie è già in essere perché oggi le procure lavorano secondo questo decreto legislativo. Si evita l'errore di abrogarlo e quindi credo che ciò sia positivo per tutto il Senato. (Applausi dal Gruppo LNP).

BRUTTI Massimo (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. La prego, senatore Brutti, tenga conto anche dell'intervento del senatore Manzione.

 

BRUTTI Massimo (Ulivo). Signor Presidente, siamo giunti oggi al voto su un testo che non era stato discusso in quest'Aula, ma che è nato da un incontro e da una concordanza non semplice tra maggioranza e opposizione. Tale intesa riguarda l'organizzazione degli uffici del pubblico ministero e ruota intorno ad una visione unitaria dell'attività requirente e dell'assetto delle procure.

Il procedimento viene assegnato dal procuratore della Repubblica al suo sostituto. Il procuratore della Repubblica definisce i criteri per l'esercizio dell'azione penale da parte di ciascun magistrato del suo ufficio; egli ha anche un potere di revoca del procedimento ed è data la possibilità al sostituto di rivolgere proprio al procuratore della Repubblica doglianze ed osservazioni ove egli ritenga non giusto l'esercizio del potere di revoca. É evidente che, in caso di contrasto sulla base dei principi fissati dell'ordinamento, chi decide, chi dirime il contrasto è l'organo di governo autonomo della magistratura.

Per queste ragioni abbiamo ritenuto che l'intesa raggiunta fosse ragionevole e, sempre per queste ragioni, stiamo prendendo un po' di tempo, all'inizio di questa seduta, per portare in Aula la scelta che si è compiuta, le ragioni che ci hanno indotto alla convergenza ed anche la valutazione di ciascuna forza politica su questo testo.

Naturalmente, rimane tra noi e il centro-destra, su questo tema specifico ma più in generale sulla tematica dell'ordinamento giudiziario, una vasta area di dissensi; permangono opinioni alternative, una visione dei problemi della giustizia che ci allontana dalle posizioni espresse dal centro-destra e che allontana il centro-destra dalle nostre posizioni. Negli incontri che stiamo svolgendo, quindi, non cambiano l'impostazione generale o le premesse culturali proprie della nostra e della vostra coalizione in ordine ai problemi della giustizia ma, tenendo conto di queste differenze, è ancora più rilevante, mi sembra, il lavoro comune che stiamo cercando di condurre.

Naturalmente, per chiarezza, abbiamo rinviato a domani mattina la discussione su alcuni aspetti relativi alle norme in materia disciplinare, perché questa materia è più complessa e perché in tale campo è più difficile superare le divergenze; ma noi confidiamo sulla possibilità che le divergenze siano superate perché anche su questo tema si ravvisi un punto di incontro.

Su questo intendimento, che naturalmente non significa in alcun modo offuscare le differenze e le peculiarità delle nostre rispettive concezioni, vorrei rassicurare anche il collega Manzione. Fin dall'inizio vi è stata la nostra disponibilità alla convergenza, naturalmente tenendo fermi i principi dai quali muoviamo, e questa disponibilità sarà riproposta e ribadita nelle prossime ore per un esito positivo per tutti.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.600, presentato dal senatore Salvi.

E' approvato.

 

Risultano pertanto assorbiti gli emendamenti 1.17 (testo 2), 1.310 (testo 2) e 1.313 e preclusi gli emendamenti 1.315, 1.27, 1.316, 1.36, 1.319, 1.40, 1.41, 1.320, 1.42, 1.43, 1.321 e 1.44.

Gli emendamenti 1.18, 1.311, 1.19, 1.312, 1.20, 1.22 e 1.347 sono stati ritirati, mentre gli emendamenti 1.12, 1.24, 1.23, 1.35, 1.317, 1.37, 1.318, 1.26, 1.46, 1.47, 1.48, 1.49, 1.50, 1.51, 1.52, 1.53, 1.54, 1.55, 1.56, 1.57, 1.58, 1.59, 1.326, 1.95, 1.96, 1.97, 1.102, 1.103 e 1.118 sono improponibili.

Come proposto dal senatore Salvi, e poiché non si fanno osservazioni, sono accantonati, per le ragioni illustrate e riprese in molti interventi, gli emendamenti riguardanti il decreto legislativo n. 109, e precisamente gli emendamenti 1.45, 1.322, 1.60, 1.61, 1.323, 1.324, 1.325, 1.331, 1.62, 1.330, 1.332, 1.333, 1.88, 1.500, 1.327, 1.90, 1.328, 1.91, 1.329 e 1.92. Passiamo pertanto alla discussione e al voto sugli emendamenti che concernono il decreto legislativo n. 160.

Passiamo all'esame dell'emendamento 1.13, sostanzialmente identico agli emendamenti 1.94 e 1.314.

PALMA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, ho ascoltato prima il senatore Salvi e poi il senatore Brutti affermare che tra il centro-sinistra e il centro-destra vi è una diversa concezione del mondo della giustizia. Questo è sicuramente vero perché, senza voler fare alcuna polemica, non da entrambe le parti si immagina il mondo della giustizia in assoluta libertà o in assoluta assenza di correlazioni con interessi di parte.

Il decreto legislativo n. 160, ministro Mastella, è quello che riguarda più da presso la vita e la carriera dei magistrati e costituisce il cuore della riforma dell'ordinamento giudiziario. Fra poco voteremo e, se la maggioranza avrà i voti, questo decreto legislativo verrà sospeso.

Vede, ministro Mastella, seguendo sempre il suo intervento, mi consenta di dirlo, da politico intelligente, ci sono dei nodi che devono essere sciolti e che lei si è ben guardato dal chiarire. È strano, ministro Mastella: lei afferma di condividere l'impianto previsto nel decreto legislativo per l'entrata in magistratura e cioè, sostanzialmente, di immaginarlo come un concorso di secondo grado.

L'unica eccezione e l'unica difformità rispetto al testo della riforma Castelli è quello che - devo dire con non eccessiva bontà - il senatore Salvi ha inteso definire una boutade: cioè consentire a chi è consigliere comunale, provinciale, regionale o deputato di entrare in magistratura, mi auguro, evidentemente, avendo sempre, almeno, la laurea in giurisprudenza. Devo dire che non si tratta tanto di una boutade, se è vero che questo è un requisito richiesto, ad esempio, per l'entrata nella giustizia amministrativa. Di sicuro, però, ministro Mastella, lei dimentica che nella precedente legislatura all'unanimità la Camera dei deputati - solo la Camera, ahimè! - ha approvato una proposta di legge tutta tesa ad impedire qualsiasi forma di commistione tra la politica e i magistrati.

In secondo luogo, lei dice di condividere la separazione delle funzioni tra pubblico ministero e giudice. Tuttavia, sostanzia questa separazione dando la possibilità ogni tre anni ad un magistrato di passare dall'ufficio del pubblico ministero all'ufficio del giudice e, conseguentemente, di ritornare a fare il pubblico ministero con l'unico limite del cambiamento di distretto.

Credo che i suoi uffici l'abbiano informata del fatto che il cambio da un ufficio all'altro avviene solo nei primi anni della carriera ed è strettamente funzionale al posizionamento in un posto «più vicino a casa», o ha luogo per motivi di carriera. Spesso abbiamo visto procuratori della Repubblica diventare presidenti del tribunale o consiglieri istruttori divenire procuratori della Repubblica nello stesso identico circondario, evidentemente con buona pace di quel concetto reale o di apparenza che è la terzietà del giudice prevista dall'articolo 111 della Costituzione.

Allora, ministro Mastella, ci spieghi - perché quanto meno gli avvocati sono interessati a saperlo - che tipo di separazione di funzioni lei immagina: se si tratta, cioè, di una separazione, per così dire, trotterellante da un distretto all'altro, ma che vede il giudice e il pubblico ministero sostanzialmente identici a come erano prima della riforma Castelli, o qualcosa di diverso.

Tenga presente, ministro Mastella, che quando si è immaginata la separazione delle funzioni, peraltro in ossequio a una chiara sentenza della Corte costituzionale, lo si è fatto perché riteniamo che, se sicuramente è un bene che il pubblico ministero abbia la cosiddetta cultura della giurisdizione, consideriamo assolutamente un male e un male peggiore che il giudice possa avere la cultura dell'accusa, come troppo spesso siamo stati abituati a vedere in questi ultimi tempi. Vorrei che i senatori eletti all'estero ragionassero su questo, perché nei Paesi in cui risiedono vi è un sistema giudiziario completamente diverso, dove non vi è alcuna forma di commistione tra il pubblico ministero e il giudice.

Inoltre, ministro Mastella, lei ha ripetutamente detto che il sistema concorsuale è tale da impedire ai magistrati di dedicare il loro tempo all'attività lavorativa. Non è vero, non è assolutamente vero. Il sistema concorsuale previsto dalla legge è esattamente quello disegnato da un autorevole esponente di Magistratura democratica, il consigliere Nello Rossi, ed è esattamente quello auspicato dal presidente Marvulli, cioè che vi sia una commissione filtro che possa valutare compiutamente l'attività realmente svolta sul campo dai magistrati, così da poter proporre al Consiglio superiore della magistratura una terna all'interno della quale il Consiglio stesso possa adottare le sue scelte.

Ministro Mastella, per troppi, troppi, troppi anni il Consiglio superiore della magistratura è stato la fonte del maggiore inquinamento dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, perché troppi, troppi, troppi, davvero troppi sono i casi in cui magistrati di assoluto valore non hanno avuto soddisfazione alle proprie aspirazioni perché erano fuori delle logiche correntizie o non frequentavano salotti politici.

Non voglio aprire una polemica dolorosa, ma davvero è dispiaciuto sentire in una delle precedenti sedute il senatore Brutti evocare il nome di Giovanni Falcone, di quel Giovanni Falcone che da morto viene considerato il più grande magistrato antimafia, ma che da vivo è stato osteggiato dal Consiglio superiore della magistratura in tutti i modi possibili: trovando negata, in un primo momento, la sua aspirazione di fare il consigliere istruttore di Palermo, successivamente quella a fare il procuratore nazionale antimafia e, principalmente, trovandosi sottoposto ad una procedura di trasferimento d'ufficio solo perché si era reso responsabile di imputare di calunnia tale Pellegriti invece di imputare per associazione mafiosa il senatore Andreotti.

Questo è quanto accadde, e accade normalmente, in quel Consiglio superiore che lei, Ministro, sospendendo la cosiddetta riforma Castelli, intende perpetuare dando sfogo alle logiche di potere della corrente, ma principalmente esaltando il ruolo di compressione dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, che si gioca tutto all'interno del Consiglio superiore.

Inoltre, ministro Mastella, non parli di verifiche quadriennali. Se lei avesse il tempo e la bontà di leggere le relazioni che riguardano i magistrati si troverebbe di fronte a una categoria eccezionale: in nessun rapporto troverebbe che concerne il magistrato alcunché di negativo, e sarebbe esattamente lo stesso con quelle verifiche quadriennali. Né, Ministro, parli di un ufficio del monitoraggio. Lei ha ragione, sarebbe necessario, ma dovrebbe ricordare che il Presidente della Repubblica, nel messaggio di rinvio alle Camere, puntò la sua attenzione proprio su quell'ufficio, considerandolo in contrasto con la Costituzione perché compressivo dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura.

Mi auguro per lei, ministro Mastella, che oggi questo emendamento soppressivo possa essere accolto, perché ove mai non dovesse essere così lei si troverà di fronte ad un grave problema. Le ribadisco quanto le già ho detto in precedenza: o lei non farà nulla, oppure, qualsiasi cosa farà, avrà contro i magistrati.

Un ultimo rilievo prima di concludere, signor Presidente. È proprio di oggi una dichiarazione del consigliere Matera, segretario di «Unità per la Costituzione», il quale sostanzialmente afferma che le forze politiche che si sono tanto battute contro la cosiddetta riforma Castelli, adesso la faranno passare per grandi parti, ma principalmente si tratta delle stesse forze politiche che stanno minando l'autonomia e l'indipendenza della magistratura contraendo, tramite il disegno di legge finanziaria, gli stipendi dei magistrati.

Ministro Mastella, le faccio un sincero augurio di buona fortuna, ma se l'emendamento soppressivo non dovesse passare, questo è il campo in cui lei si troverà ad arare. (Applausi dai Gruppi FI e AN).

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.13, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori, sostanzialmente identico agli emendamenti 1.94, presentato dal senatore Castelli, e 1.314, presentato dal senatore Palma.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Di fronte a me c'è un voto espresso da qualche entità non materiale. Vi prego di togliere la scheda.

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

307

Senatori votanti

306

Maggioranza

154

Favorevoli

152

Contrari

153

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Metto ai voti mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, l'emendamento 1.98, presentato dal senatore Buccico e da altri senatori, identico all'emendamento 1.334, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

305

Senatori votanti

304

Maggioranza

153

Favorevoli

150

Contrari

154

 

(Il senatore Izzo fa presente il malfunzionamento del sistema in corrispondenza della sua postazione).

Ripetiamo dunque la votazione. (Proteste dai banchi della maggioranza). Colleghi, ho il giudizio dei senatori segretari che non combacia, ed io non ho seguito.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

310

Senatori votanti

309

Maggioranza

155

Favorevoli

153

Contrari

156

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

BOCCIA Antonio (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BOCCIA Antonio (Ulivo). Signor Presidente, mi scusi, ma è veramente disdicevole che noi si debba far polemiche in quest'Aula sui doppi voti. Chiedo formalmente che i senatori segretari ritirino le schede. Ci sono, infatti, Presidente, due colleghi che sistematicamente votano nel momento in cui lei chiude la votazione. La prego di tenere la votazione aperta per qualche secondo, così le possiamo indicare coloro che votano doppio. (Proteste dai banchi dell'opposizione).

PRESIDENTE. Per favore, colleghi. Il senatore Boccia si è rivolto al Presidente.

Io tengo aperta la votazione per qualche secondo, e la tengo aperta fino a quando, con le modeste facoltà che ho di capire l'Assemblea, non mi sembra che ci siano problemi. Invito comunque i senatori segretari a controllare, anche se del resto stasera lo stanno facendo in maniera anche più efficace di altre volte.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Presidente, può darsi che esista la telecinesi, i miracoli sono sempre possibili, ma nel giro di pochi secondi magicamente sono comparsi tre voti in più. Credo quindi che forse i segretari dovrebbero controllare un po' meglio.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.99, identico all'emendamento 1.335.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.99, presentato dal senatore Valentino e da altri senatori, identico all'emendamento 1.335, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

156

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.100, identico all'emendamento 1.336.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.100, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori, identico all'emendamento 1.336, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

(Proteste dai banchi dell'opposizione). Colleghi, i senatori segretari hanno il diritto di verificare e sono stati invitati a farlo, come ha appena fatto il senatore Eufemi dal banco della Presidenza.

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

155

Astenuti

1

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.101, identico all'emendamento 1.337.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.101, presentato dal senatore Buccico e da altri senatori, identico all'emendamento 1.337, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

305

Senatori votanti

304

Maggioranza

153

Favorevoli

150

Contrari

154

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.104, identico all'emendamento 1.338.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.104, presentato dal senatore Buccico e da altri senatori, identico all'emendamento 1.338, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

156

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.105, identico all'emendamento 1.339.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.105, presentato dal senatore Valentino e da altri senatori, identico all'emendamento 1.339, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

310

Senatori votanti

309

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.340.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.340, presentato dal senatore Centaro.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

310

Senatori votanti

309

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.342, 1.127, 1.345, 1.346 e 1.350.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.341.

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, vorrei attirare l'attenzione del Governo e dei colleghi della maggioranza sulla circostanza che il Capo II del decreto delegato in esame contiene esclusivamente un'elencazione di funzioni secondo i paradigmi già oggi esistenti. Infatti, quando si sostiene che le funzioni giudicanti di primo grado sono quelle di giudice di tribunale, di giudice del tribunale per i minorenni, di magistrato di sorveglianza si fotografa esattamente la situazione attuale e lo stesso vale per le funzioni requirenti di primo grado e per le funzioni giudicanti di secondo grado, e così via. È un capo assolutamente ininfluente e, come suole dirsi, neutro, che definisce esclusivamente le funzioni secondo quanto già esiste oggi.

Allora, mi chiedo qual è la necessità di questa sospensione quando poi dovrà certamente essere riproposta perché non si potrà sostenere diversamente, al di là delle opinioni diverse sulla separazione o distinzione delle funzioni, sulla loro reversibilità o meno, sul modo di accedere alla magistratura. Questa è la fotografia dell'esistente.

Ecco perché invito il relatore e il Governo a rivedere il loro parere in ordine all'emendamento 1.341 e i colleghi della maggioranza a votarlo.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Presidente, colleghi, mi sento di sostenere convintamente l'emendamento 1.341 perché, come diceva giustamente il collega Centaro, è una mera elencazione che pone un ordine preciso alle varie funzioni dei magistrati. Credo che tale emendamento sia necessario in questo momento e magari sul punto il ministro Mastella potrà essere più preciso. Non abbiamo ancora letto il testo definitivo della finanziaria.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Nemmeno io.

 

CASTELLI (LNP). È normale, non mi stupisce. Passano i Governi, ma i costumi sono sempre gli stessi. Comunque, dalle indiscrezioni sembra vi siano delle misure che vanno a intaccare la progressione in carriera, anche remunerativa, dei magistrati. Mi pare, da quanto ho letto, che vi siano anche degli interventi proprio per quanto riguarda le varie funzioni. Se così fosse, questo voto sarebbe importante perché invece statuirebbe la volontà del Parlamento in tal senso. Quindi, inviterei il relatore e il Governo a meditare sulla questione.

Tra l'altro, in cauda venenum, dico che il cattivissimo ministro Castelli e la Casa delle Libertà si erano ben guardati dal toccare gli stipendi dei magistrati, i quali adesso hanno appoggiato in maniera eclatante il Governo di sinistra che li ripaga con questo premio e taglia loro gli stipendi. Bene, credo che ve la siete voluta. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.341, presentato dal senatore Centaro.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

306

Senatori votanti

305

Maggioranza

153

Favorevoli

149

Contrari

156

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.137, 1.348 e 1.349.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.343 (testo 2).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI) Signor Presidente, questo emendamento punta ad attuare concretamente quella meritocrazia e quella possibilità di selezione, e quindi di premio, della quale si parla tanto ma di cui pochi tendono all'attuazione.

Ci dobbiamo intendere e chiarire: oggi i concorsi per titoli sono quelli che consentono di arrivare in appello e in Cassazione soltanto attraverso l'anzianità e la mancanza di demerito, non attraverso il merito. Se si guardano i fascicoli dei magistrati si possono trovare superlativi assoluti, ma quando si trovano superlativi relativi forse c'è qualcosa che non funziona.

È un sistema che permette la partecipazione a chi vuole, quindi in via del tutto eventuale. Molti colleghi hanno parlato di «concorsificio»: nulla di tutto ciò. Gli unici due concorsi in più introdotti dalla riforma Castelli sono quelli che riguardano la possibilità di arrivare alle funzioni di giudice d'appello e di legittimità prima del tempo consentito. Facciamo venir meno quella gerontocrazia che impera anche in magistratura e che fa arrivare, evidentemente, in Cassazione ad un livello di età e di carriera in cui non sempre si riesce a mantenere intatto quello spirito e quella capacità che ogni magistrato dovrebbe continuare ad avere in ogni momento della sua carriera.

Mi chiedo e chiedo ai colleghi avvocati e magistrati se vogliamo davvero che Andrea Torrente continui a rimanere nel primo grado di un tribunale a fare decreti ingiuntivi in attesa che maturino tutti gli anni necessari al passaggio in Cassazione o se non è più utile farlo arrivare prima alla Corte di cassazione per dare maggior lustro all'organo e dare più forza, slancio e incisività alla giurisprudenza della Cassazione. Su questo ci dobbiamo interrogare: certamente questi concorsi - che comportano, a differenza degli altri, anche degli esami, perché comunque permettono un'anticipazione di carriera - servono a selezionare magistrati per dei livelli di straordinaria importanza, quali sono l'appello e le funzioni di legittimità. Non servono certamente a far fuggire dalle funzioni di primo grado, che sono anch'esse di straordinaria importanza, come molti colleghi hanno sostenuto, esprimendo un avviso contrario rispetto a questo emendamento.

Tali concorsi servono a dare slancio a determinate individualità che ne hanno bisogno. Ciò significa finalmente attuare quella meritocrazia di cui tanto parla l'Associazione nazionale magistrati, ma solo in termini generali e di cui tanto parlano tutte le forze politiche, ma che in quest'occasione viene attuata concretamente.

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.343 (testo 2), presentato dal senatore Centaro.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

308

Senatori votanti

307

Maggioranza

154

Favorevoli

150

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.123 e 1.344.

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 1.163.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della prima parte dell'emendamento 1.163, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori, fino alle parole: «dalle seguenti».

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

311

Maggioranza

156

Favorevoli

154

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 1.163 e gli emendamenti 1.164, 1.351, 1.167, 1.169 e 1.170.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.174.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.174, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

BOCCIA Antonio (Ulivo). Il senatore Cutrufo vota per due!

 

PRESIDENTE. Senatore Cutrufo, tolga per favore quel foglio di carta appoggiato sulla postazione di voto accanto alla sua. (Il senatore Cutrufo fa segno che nella postazione accanto alla sua non c'è alcuna scheda inserita).

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

311

Senatori votanti

310

Maggioranza

156

Favorevoli

153

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.175.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.175, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

310

Senatori votanti

309

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.352.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.352, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

311

Senatori votanti

310

Maggioranza

156

Favorevoli

153

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.353.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.353, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

156

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. La votazione dell'articolo 1 è accantonata.

Passiamo dunque all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

CARUSO (AN). Signor Presidente, raccomando l'approvazione dell'emendamento 2.4.

Il tema di cui si occupa l'articolo 1, comma 3, della legge 25 luglio 2005, n. 150, cui si riferisce l'emendamento, ossia la legge delega da cui sono stati originati i decreti delegati che hanno attuato la cosiddetta riforma Castelli, si fa carico di introdurre nell'ordinamento delle disposizioni che consentano al legislatore, o per meglio dire al legislatore delegato (cioè al Governo), di intervenire per stabilire la disciplina transitoria eventualmente necessaria per traghettare le vecchie norme dell'ordinamento vigente alle nuove norme dell'ordinamento riformato, oltre che per introdurre le eventuali disposizioni di coordinamento ed abrogative, per evitare che si crei confusione. Come lei comprenderà, signor Presidente, si tratta di strumenti assolutamente delicati e importanti per il funzionamento del sistema previgente, vigente e futuro.

La legge delega, cioè la citata legge n. 150 del 2005 e segnatamente l'articolo 1, comma 3, prevedeva che questi strumenti legislativi fossero adottati dal Governo in un tempo pari a un anno e novanta giorni dopo che fosse entrato in vigore l'ultimo dei vari decreti delegati previsti per l'attuazione della riforma.

Il Governo, con il disegno di legge ora proposto dal Ministro guardasigilli, ha prorogato questo termine con la stessa logica di proroga e la stessa logica di sospensione.

L'emendamento di cui raccomando - ma davvero - l'approvazione non ha contenuti politici. Contiene, se me lo permettete colleghi e signor Presidente, argomenti di semplice buon senso. Questo emendamento prevede che per ciascuno dei decreti delegati sia prevista la possibilità per il Governo di intervenire con specifiche norme transitorie di coordinamento ed abrogative non nel termine di un anno e novanta giorni dopo l'approvazione dell'ultimo, ma in un termine che io ho indicato in novanta giorni.

Se il Governo ritiene sia un termine troppo stretto nulla vieta di scrivere centoventi, centocinquanta giorni o ciò che il Governo, questo Governo, ritiene più opportuno, ma in un termine contenuto dal momento in cui ciascun decreto delegato acquista efficacia, perché è in quel momento che si concretizza la necessità di una disciplina transitoria che operi - come ho detto - da traghetto fra il vecchio e il nuovo ordinamento.

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

SALVI, relatore. Signor Presidente, per le ragioni espresse in sede di replica, il parere del relatore è negativo su tutti gli emendamenti all'articolo 2, ad eccezione dell'emendamento 2.4, testé illustrato dal senatore Caruso, che mi sembra abbia una sua ragionevolezza anche se forse il previsto termine di novanta giorni è effettivamente breve.

Mi rimetto pertanto al Governo su tale emendamento, tanto più alla luce della precedente votazione relativa alle procure.

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo è contrario a tutti gli emendamenti, ad eccezione dell'emendamento 2.4, a condizione che il previsto termine di novanta giorni venga portato a sei mesi.

PRESIDENTE. Senatore Caruso, intende modificare l'emendamento 2.4 nel senso proposto dal Governo?

CARUSO (AN). Signor Presidente, come ho detto, non intendo porre la questione del termine di novanta giorni. Se il termine suggerito di centottanta giorni è ritenuto opportuno e necessario dal Ministro e dal Governo non ho difficoltà a modificare l'emendamento, sostituendo la parola «novanta» con l'altra «centottanta».

.

PRESIDENTE. Senatore Castelli, intende mantenere l'emendamento soppressivo 2.1?

CASTELLI (LNP). Sì, Presidente, lo mantengo e colgo l'occasione per dirle che vorrei svolgere alcune considerazioni in merito all'emendamento 2.4; nella confusione mi prenoto prima.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.1, identico agli emendamenti 2.2, 2.3 e 2.300.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.1, presentato dal senatore Castelli, identico agli emendamenti 2.2, presentato dal senatore Buccico e da altri senatori, 2.3, presentato dal senatore Centaro e da altri senatori, e 2.300, presentato dal senatore Palma.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

152

Contrari

156

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.4 (testo 2).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, si tratta di una questione meramente tecnica in merito alla quale pregherei il relatore e il Ministro di ascoltarmi un attimo. Questa è sostanzialmente una norma di chiusura, perché noi siamo intervenuti in maniera assolutamente complessa e quindi è evidente che durante i lavori in Aula non è possibile valutare tutte le ricadute che questi decreti e questa riforma possono avere. Viene quindi giustamente delegato il Governo affinché possa intervenire il più rapidamente possibile con norme di coordinamento, perché sicuramente si potranno rilevare delle discrepanze.

Novanta giorni era un termine che sembrava a metà strada tra la necessità di agire urgentissimamente e invece la necessità del Governo di poter valutare e poi intervenire in maniera meditata sulla materia. Credo che sei mesi sia invece un termine che procrastina troppo il regime transitorio; rischieremmo di avere per sei mesi delle norme che non sono coordinate tra loro.

Per tale ragione pregherei veramente il relatore e il Governo di ripensarci e di mantenere il termine di novanta giorni. Non c'è assolutamente nulla di politico in tutto ciò, è soltanto una questione di natura tecnica.

PRESIDENTE. Senatore Castelli, il senatore Caruso ha accolto la modifica dell'emendamento 2.4 con il parere favorevole del relatore e del Governo.

CARUSO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, ci sono sempre i termini di centoventi e centocinquanta giorni, non credo che dobbiamo farne una questione di peso.

 

PRESIDENTE. No, non credo.

SALVI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI, relatore. Signor Presidente, voglio dire al senatore Castelli che naturalmente questo è un termine massimo, non è che uno debba aspettarne la fine; tuttavia, siccome c'è una ragionevolezza e avevo detto quattro mesi, forse centoventi giorni può essere il termine giusto, se il Governo e il presentatore lo accolgono.

 

PRESIDENTE. Ministro Mastella, centoventi giorni è la proposta del relatore.

MASTELLA, ministro della giustizia. Non ho contrarietà, ma non vorrei che fosse una logica un po' mercantile; direi, con un po' di arie intellettuali, che vorrei un tempus ad quem, il che non significa che non si possa lavorare assieme - come stiamo facendo - con il contributo di maggioranza e opposizione, anche per velocizzare e quindi per arrivare in maniera anticipata a quello che è il termine che abbiamo fissato come paletto ultimativo. Quindi, se il termine che suggerisce il relatore è di centoventi giorni, per il Governo va bene.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.4 (testo 2).

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.4 (testo 2), presentato dal senatore Caruso e da altri senatori, interamente sostitutivo dell'articolo 2.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

308

Senatori votanti

307

Maggioranza

154

Favorevoli

295

Contrari

3

Astenuti

9

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 2.6 e 2.301.

Passiamo all'esame dell'articolo 3, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati.

La Presidenza, sciogliendo la riserva relativa all'ammissibilità degli emendamenti riferiti all'articolo 3, ritiene che essi siano tutti proponibili.

Ritiene altresì proponibile l'emendamento 4.0.303.

Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti riferiti all'articolo 3.

SALVI, relatore. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che ho espresso parere favorevole all'emendamento soppressivo dell'articolo 3 e il Governo ha espresso parere conforme.

MASTELLA, ministro della giustizia. Il Governo si rimette alla bontà dell'Assemblea.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, ritiro gli emendamenti a mia firma diversi dall'emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.1, identico agli emendamenti 3.2, 3.3, 3.4 e 3.300.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 3.1, presentato dal senatore Centaro e da altri senatori, identico agli emendamenti 3.2, presentato dal senatore Castelli, 3.3, presentato dai senatori Valentino e Buccico, 3.4, presentato dal senatore Caruso, e 3.300, presentato dal senatore Palma.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

306

Senatori votanti

304

Maggioranza

153

Favorevoli

291

Contrari

4

Astenuti

9

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 3.600 (testo 2), 3.6 e 3.8, mentre gli emendamenti 3.301, 3.500 e 3.302 sono stati ritirati.

Passiamo all'esame dell'articolo 4, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi.

SALVI, relatore. Esprimo parere contrario agli emendamenti 4.1, 4.2, 4.3, 4.300, 4.4, 4.5, 4.301, 4.6, 4.7, 4.8 e parere favorevole all'emendamento aggiuntivo del Governo.

Mi rimetto al Governo sugli emendamenti del senatore Formisano.

MASTELLA, ministro della giustizia. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

VALENTINO (AN). Signor Presidente, sugli emendamenti del senatore Formisano si rimettono a vicenda, il relatore al Governo e il Governo al relatore. Andiamo avanti così?

PRESIDENTE. Gli emendamenti del senatore Formisano sono stati dichiarati improponibili, mentre l'emendamento 4.0.303, presentato dal senatore Barbato, è stato ritirato.

CARUSO (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, le chiedo scusa ma mi è proprio sfuggita la sorte che ha avuto, dal punto di vista della proponibilità o dell'improponibilità, l'emendamento 4.0.600 del Governo.

 

PRESIDENTE. È stato dichiarato proponibile.

 

CARUSO (AN). Una decisione che non mi spiego, Presidente, perché è evidentemente estraneo agli stretti criteri di pertinenza dettati dal nostro Regolamento, con cui lei ha inteso interpretare tutti gli emendamenti che intervenivano in maniera assonante a questo.

 

PRESIDENTE. Il Governo aveva presentato un primo emendamento, poi mi sembra che sia stato cambiato e questo, nella discussione precedente, è stato dichiarato proponibile. Mi sembra che vi sia stato un cambiamento dalla prima stesura di questo emendamento da parte del Governo.

 

CARUSO (AN). Non è per contraddirla, ma io vedo, sul fascicolo degli emendamenti, il 4.0.600 senza alcuna annotazione, e credo di avere il documento corretto; poi vedo l'annesso III e anche qui non vi sono interventi modificativi. Non credo di avere documenti non aggiornati. Non mi sembra che vi sia stata nessuna modifica in corso d'opera. Mi sembra semplicemente che si tratti di un argomento aggiuntivo - il Governo ha presentato giustamente un emendamento aggiuntivo - che avrebbe dovuto subire la sorte, non gradita da alcuni in quest'Aula però da tutti subita, della improponibilità, come per gli emendamenti del senatore Formisano.

PRESIDENTE. L'emendamento del Governo tratta della fissazione dei termini. Gli emendamenti del senatore Formisano entravano nel merito. Prima della decisione di oggi sull'emendamento del relatore, che ha fatto sviluppare poi i lavori, tutti gli emendamenti che entravano nel merito erano stati dichiarati improponibili, così è stato fatto nell'altra seduta; mentre questo, poiché riguardava soltanto la fissazione dei termini, è stato accettato e quindi lo abbiamo mantenuto per la votazione. Questa è stata la ragione, senatore Caruso, di una decisione già presa.

POSSA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

POSSA (FI). Signor Presidente, noto con piacere che sono presenti in Aula una dozzina di illustri rappresentanti del Governo. Credo che non si sia mai verificata nella scorsa legislatura una simile presenza in massa di membri del Governo. (Commenti dai banchi della maggioranza).

Questo è un giusto omaggio al Senato, ma mi chiedo come l'azione di Governo, che peraltro dev'essere fatta, possa essere svolta da questi illustri rappresentanti del Governo.

PRESIDENTE. Senatore Possa, siamo proprio al di fuori dell'ambito della nostra discussione.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.1, identico agli emendamenti 4.2, 4.3 e 4.300.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.1, presentato dal senatore Castelli, identico agli emendamenti 4.2, presentato dal senatore Centaro e da altri senatori, 4.3, presentato dal senatore Buccico e da altri senatori, e 4.300, presentato dal senatore Palma.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

311

Senatori votanti

310

Maggioranza

156

Favorevoli

154

Contrari

156

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.4.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.4, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

310

Maggioranza

156

Favorevoli

153

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 4.5, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

CARRARA (FI). Ne chiediamo la votazione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.5, presentato dal senatore Castelli.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

311

Maggioranza

156

Favorevoli

154

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla prima parte dell'emendamento 4.301, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

CARRARA (FI). Ne chiediamo la votazione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, della prima parte dell'emendamento 4.301, presentato dal senatore Castelli, fino alle parole «1° ottobre 2006».

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

311

Senatori votanti

310

Maggioranza

156

Favorevoli

154

Contrari

156

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 4.301 e l'emendamento 4.6.

Passiamo all'emendamento 4.7, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

CARRARA (FI). Ne chiediamo la votazione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.7, presentato dal senatore Caruso e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

311

Maggioranza

56

Favorevoli

154

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 4.8, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

CARRARA (FI). Ne chiediamo la votazione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.8, presentato dal senatore Valentino e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

311

Maggioranza

156

Favorevoli

154

Contrari

157

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 4.

CENTARO (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, vorrei chiedere l'accantonamento dell'emendamento 4.0.600, perché non è detto che sia compatibile con l'emendamento presentato in Aula dal relatore, che, con le modifiche apportate, mantiene sostanzialmente il decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106; inoltre, non è detto che eventualmente ci sia compatibilità, qualora domani il relatore presenti un emendamento sull'altro decreto legislativo in materia disciplinare. Pertanto, vorrei che vi fosse, comunque, una valutazione da parte del Governo, con un'indicazione specifica delle norme che vengono sospese.

Suggerisco altresì di utilizzare, in tale emendamento, un'espressione più appropriata: non «continuano ad applicarsi», perché per alcuni versi sono scomparse dall'ordinamento giuridico tante di quelle norme, ma, eventualmente, «tornano ad applicarsi» o «si applicano».

 

SALVI, relatore. Signor Presidente, l'articolo 4 lo abbiamo votato?

 

PRESIDENTE. No, non lo abbiamo ancora votato. L'emendamento 4.0.600, che era oggetto dell'attenzione del senatore Centaro, verrà votato dopo.

 

SALVI, relatore. Secondo me è opportuno l'accantonamento dall'emendamento aggiuntivo del Governo, non tanto per quanto abbiamo già votato, quanto per quello che potremmo votare. Sono pertanto favorevole alla proposta di accantonamento dell'emendamento 4.0.600 del Governo.

 

PRESIDENTE. Cioè, lei è per votare l'articolo 4 e per accantonare il successivo emendamento aggiuntivo.

 

SALVI, relatore. Esattamente, signor Presidente.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, per via della confusione non mi è chiaro che fine ha fatto l'emendamento 4.0.600.

PRESIDENTE. È stato accantonato.

Procediamo dunque alla votazione dell'articolo 4.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Dietro al senatore Lunardi c'è una scheda abbandonata, prego gli assistenti di rimuoverla.

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

311

Senatori votanti

310

Maggioranza

156

Favorevoli

157

Contrari

153

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. L'emendamento 4.0.600 è accantonato.

Gli emendamenti 4.0.300, 4.0.301 e 4.0.302 sono improponibili, mentre l'emendamento 4.0.303 è stato ritirato.

(omissis)

Ripresa della discussione del disegno di legge n.635 (ore 18,29)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi.

SALVI, relatore. Vorrei chiedere ai presentatori degli emendamenti 5.1 e 5.2 di ritirarli. Infatti lo scopo era quello di prender tempo; dal momento che le cose sono state fatte bene,il ritiro di tali emendamenti sarebbe un buon segno, in modo da poter passare alla votazione dell'articolo 5.

In caso contrario, esprimo parere negativo.

PRESIDENTE. I presentatori di tali emendamenti intendono aderire all'invito del relatore?

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 5.1.

 

CASTELLI (LNP). Ritiro l'emendamento 5.2.

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 5.

 

CARRARA (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 5.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

(Proteste dai banchi dell'Ulivo). Per favore, colleghi, c'è stato fino ad ora un netto miglioramento del clima, almeno vocale.

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

153

Contrari

154

Astenuti

1

Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Vivi applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LNP).

 

A questo punto, rinvio il seguito della discussione del disegno di legge in titolo ad altra seduta.

Colleghi, come abbiamo convenuto, sospendo la seduta per un'ora per verificare se il Ministro dell'interno è in grado di venire a riferire all'Assemblea sul tema sollevato dal senatore Matteoli.

La seduta è sospesa.

 (La seduta, sospesa alle ore 18,31, è ripresa alle ore 19,32).

 


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635)

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

Art. 1.

Accantonato

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007.

EMENDAMENTO 1.600 E SEGUENTI

1.600

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n. 106».

Conseguentemente, dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«2. Al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, comma 1, le parole: ’’sotto la propria responsabilità’’ sono soppresse;

b) l’articolo 2 è sostituito dal seguente:

’’Art. 2. - Titolarità dell’azione penale. 1. Il procuratore della Repubblica, quale titolare esclusivo dell’azione penale, la esercita personalmente o mediante assegnazione a uno o più magistrati dell’ufficio. L’assegnazione può riguardare la trattazione di uno o più procedimenti ovvero il compimento di singoli atti di essi. Sono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 70-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni.

2. Con l’atto di assegnazione per la trattazione di un procedimento, il procuratore della Repubblica può stabilire i criteri ai quali il magistrato deve attenersi nell’esercizio della relativa attività. Se il magistrato non si attiene ai principi e criteri definiti in via generale o con l’assegnazione, ovvero insorge tra il magistrato ed il procuratore della Repubblica un contrasto circa le modalità di esercizio, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocare l’assegnazione; entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica’’».

1.17 (testo 2)

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Assorbito

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

1.310 (testo 2)

CASTELLI

Assorbito

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

1.18

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Ritirato

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.311

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nell’articolo 5 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 15 novembre 2006».

1.19

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Ritirato

Al comma 1 sopprimere le parole: 20 febbraio 2006, n.106».

Conseguentemente aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.312

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 20 febbraio 2006, n.106 è sospesa fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.20

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Ritirato

Al comma 1 sopprimere le parole: «20 febbraio 2006, n.106,».

1.22

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «20 febbraio 2006, n.106».

1.313

PALMA

Assorbito. Cfr em. 1.600

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «20 febbraio 2006, n.106».

1.12

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui agli articoli da 1 a 13 nonché per quelle di cui al Capo II, al Capo IV, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X».

1.24

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui agli articoli da 1 a 13 nonché per quelle di cui al Capo II, al Capo IV, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X.».

1.23

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, fatta esclusione per quelle di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160, con eccezione per quelle di cui al Capo I, al Capo II, al Capo IV, al Capo V, al Capo VIII, al Capo IX e al Capo X.».

1.315

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 1, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 15 dicembre 2006,».

1.27

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 1,».

1.316

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 2, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 15 dicembre 2006».

1.36

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 2,».

1.35

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, dopo la parola: «106» inserire le seguenti: «fatta esclusione per quelle contenute negli articoli 2, 3, 4 e 5».

1.317

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106» aggiungere le seguenti: «tranne per quelle di cui agli articoli 3, 4 e 5», e sopprimere ai commi 1 e 2 del citato articolo 3, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, le parole: «ai sensi dell’articolo 1, comma 4».

1.37

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, dopo la parola: «106» inserire le parole: «tranne per quelle di cui agli articoli 3, 4 e 5».

1.318

CASTELLI

Improponibile

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n. 106» inserire le seguenti: «con eccezione per quelle di cui agli articoli 3 e 4 la cui entrata in vigore è sospesa fino al 1º dicembre 2006,».

1.26

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, con eccezione per quelle di cui agli articoli 3 e 4».

1.319

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 4, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 1º gennaio 2007».

1.40

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 4,».

1.41

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo la parola: «106» aggiungere le seguenti: «con eccezione dell’articolo 4».

1.320

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 5, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 15 gennaio 2007».

1.42

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 5,».

1.43

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo la parola: «106» aggiungere le seguenti: «con eccezione dell’articolo 5».

1.321

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 6, la cui entrata in vigore è sospesa fino al 30 gennaio 2007».

1.44

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.600

Al comma 1, dopo le parole: «20 febbraio 2006, n.106,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 6,».

1.45

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.322

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.46

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera b) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.47

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera e) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.48

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera f) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.49

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera g) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.50

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera b) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.51

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera n) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.52

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera v) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.53

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera cc) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.54

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera dd) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.55

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera c) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.56

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera f) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.57

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera l) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.58

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera d) dell’articolo 4 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.59

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia dell’articolo 9 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.60

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.61

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.323

PALMA

Accantonato

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.324

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 27 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.325

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 28 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.326

CASTELLI

Improponibile

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 29 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.331

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati, la cui efficacia è sospesa fino al 1º novembre 2006,».

1.62

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Accantonato

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati».

1.330

CENTARO

Accantonato

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo I».

1.332

CENTARO

Accantonato

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo II».

1.333

CENTARO

Accantonato

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo III».

1.88

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la parola: «109» aggiungere le seguenti: «tranne per quelle di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29».

1.500

VALENTINO, BUCCICO, CARUSO

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» sono inserite le seguenti: «con esclusione di quelle contenute nell’articolo 23».

1.327

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 27 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006».

1.90

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 27,».

1.328

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 28 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006,».

1.91

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 28,».

1.329

CASTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 29 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006,».

1.92

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Accantonato

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 29,».

1.13

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109 e 5 aprile 2006, n.160» con le parole: «20 febbraio 2006, n.106, e 23 febbraio 2006, n.109».

1.94

CASTELLI

Sost. id. em. 1.13

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «5 aprile 2006, n.160».

1.314

PALMA

Sost. id. em. 1.13

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «5 aprile 2006, n.160».

1.95

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo I – Disposizioni in tema di ammissione in magistratura e uditorato, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.96

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo II – Funzioni dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.97

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo III – Della progressione nelle funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.98

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo IV – Passaggio di funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.334

CASTELLI

Id. em. 1.98

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo IV – Passaggio di funzioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.99

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo V – Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.335

CASTELLI

Id. em. 1.99

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo V – Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.100

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.336

CASTELLI

Id. em. 1.100

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.101

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VII - Assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.337

CASTELLI

Id. em. 1.101

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VII - Assegnazione dei posti nelle funzioni di legittimità, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.102

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo VIII - Concorsi e commissioni, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.103

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo IX - Incarichi semidirettivi e direttivi, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.104

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo X - Magistrati fuori ruolo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.338

CASTELLI

Id. em. 1.104

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo X - Magistrati fuori ruolo, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.105

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo XI - Progressione economica dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.339

CASTELLI

Id. em. 1.105

Al comma 1 sostituire le parole: «e 5 aprile 2006 n.160,» con le seguenti: «nonché l’efficacia degli articoli del Capo XI - Progressione economica dei magistrati, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160,».

1.340

CENTARO

Respinto

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo I».

1.341

CENTARO

Respinto

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo II».

1.342

CENTARO

Precluso dalla reiezione dell'em. 1.340

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo III».

1.343 (testo 2)

CENTARO

Respinto

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui ai capi IV e VIII».

1.118

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del capo IV».

1.123

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso dalla reiezione dell'em. 1.343 (testo 2)

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo V - Assegnazione dei posti nelle funzioni di primo grado».

1.344

CENTARO

Precluso dalla reiezione dell'em. 1.343 (testo 2)

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo V».

1.127

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Precluso da reiezione em. 1.340

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo VI - Assegnazione dei posti nelle funzioni di secondo grado».

1.345

CENTARO

Precluso da reiezione em. 1.340

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo VI».

1.346

CENTARO

Precluso da reiezione em. 1.340

All’articolo 1 dopo le parole: «5 aprile 2006, n.160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo VII».

1.347

CENTARO

Ritirato

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo VIII».

1.137

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso da reiezione em. 1.341

Al comma 1, dopo la parola: «160» aggiungere le seguenti: «ad eccezione del Capo IX - Incarichi semidirettivi e direttivi».

1.348

CENTARO

Precluso da reiezione em. 1.341

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo IX».

1.349

CENTARO

Precluso da reiezione em. 1.341

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo X».

1.350

CENTARO

Precluso da reiezione em. 1.340

Al comma 1, dopo le parole: «5 aprile 2006, n. 160,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo XI».

1.163

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Le parole da: «Al comma 1 » a: «le seguenti» respinte; seconda parte preclusa

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007» con le seguenti: «30 settembre 2006».

1.164

CASTELLI

Precluso

All’articolo 1, comma 1, sostituire le parole: «è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007», con le seguenti parole: «è sospesa improrogabilmente fino alla data del 1 ottobre 2006».

1.351

CASTELLI

Precluso

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007», con le seguenti: «1º novembre 2006».

1.167

CASTELLI

Precluso

All’articolo 1, comma 1, sostituire le parole: «è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007», con le seguenti parole: «è sospesa improrogabilmente fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.169

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Precluso

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007» con le seguenti: «15 dicembre 2006».

1.170

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso

Al comma 1, sostituire le parole: «31 luglio 2007» con le seguenti: «15 gennaio 2007».

1.174

CASTELLI

Respinto

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro tale termine, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

1.175

CASTELLI

Respinto

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro tale termine, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 della legge 25 luglio 2005, n.150».

1.352

CASTELLI

Respinto

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro il 31 ottobre 2007, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

1.353

CASTELLI

Respinto

Dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:

«1-bis. Entro il 30 novembre 2007, il Governo può adottare disposizioni integrative dei decreti legislativi n.20 febbraio 2006, n.106, 23 febbraio 2006, n.109, e 5 aprile 2006, n.160 nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui all’articolo 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7 e 8 della legge 25 luglio 2005, n.150».

ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 2.

Non posto in votazione (*)

1. All’articolo 1, comma 3, primo periodo, della legge 25 luglio 2005, n. 150, le parole: «entro i novanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 ottobre 2007».

________________

(*) Approvato l'emendamento 2.4 (testo 2), interamente sostitutivo dell'articolo

EMENDAMENTI

2.1

CASTELLI

Respinto

Sopprimere l’articolo.

2.2

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Id. em. 2.1

Sopprimere l’articolo.

2.3

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Id. em. 2.1

Sopprimere l’articolo.

2.300

PALMA

Id. em. 2.1

Sopprimere l’articolo.

2.4

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

V. testo 2

Sostituire l’articolo con il seguente:

«L’articolo 1, comma 3 della legge 25 luglio 2005, n.150 è sostituito dal seguente:

"3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i novanta giorni successivi all’acquisto d’efficacia delle disposizioni contenute in ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti la disciplina transitoria, se necessaria, le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei medesimi con le altre leggi dello Stato e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili.

I decreti legislativi previsti nel presente comma sono adottati con l’osservanza dei princìpi e dei criteri di cui all’articolo 2, comma 9, e divengono efficaci dopo quindici giorni dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica."».

2.4 (testo 2)

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Approvato

Sostituire l’articolo con il seguente:

«L’articolo 1, comma 3 della legge 25 luglio 2005, n.150 è sostituito dal seguente:

"3. Il Governo è delegato ad adottare, entro i centoventi giorni successivi all’acquisto d’efficacia delle disposizioni contenute in ciascuno dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti la disciplina transitoria, se necessaria, le norme eventualmente occorrenti per il coordinamento dei medesimi con le altre leggi dello Stato e l’abrogazione delle norme divenute incompatibili.

I decreti legislativi previsti nel presente comma sono adottati con l’osservanza dei princìpi e dei criteri di cui all’articolo 2, comma 9, e divengono efficaci dopo quindici giorni dalla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica."».

2.6

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso

Al comma 1, sostituire le parole: «entro il 31 ottobre 2007» con le seguenti: «entro il 31 dicembre 2006».

2.301

CASTELLI

Precluso

Al comma 1, sostituire le parole: «entro il 31 ottobre 2007» con le seguenti: «entro il 1º dicembre 2006».

ARTICOLO 3 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 3.

Non posto in votazione (*)

1. Fino al 30 luglio 2007 si applica il secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n. 74.

________________

(*) Approvata la soppressione dell'articolo

EMENDAMENTI

3.1

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Approvato

Sopprimere l’articolo.

3.2

CASTELLI

Id. em. 3.1

Sopprimere l’articolo.

3.3

VALENTINO, BUCCICO

Id. em. 3.1

Sopprimere l’articolo.

3.4

CARUSO

Id. em. 3.1

Sopprimere l’articolo.

3.300

PALMA

Id. em. 3.1

Sopprimere l’articolo.

3.301

PALMA

Ritirato

Sostituire l’articolo 3 con il seguente:

«Art. 3. – 1. Al secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, nel testo risultante dalla modifica di cui all’articolo 13, comma 1, della legge 28 marzo 2002, n. 44, le parole da "Prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato" fino a: "nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie." sono sostituite dalle seguenti: "Detti magistrati non possono partecipare alle procedure concorsuali aventi ad oggetto il conferimento di uffici direttivi o semidirettivi la cui vacanza si è determinata fino ai sei mesi successivi al giorno in cui hanno cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura. Altresì, salvo che ciò sia disposto per consentire lo svolgimento di funzioni elettive non possono, nei due anni successivi al giorno in cui hanno cessato di far parte del Consiglio superiore della magistratura, essere nuovamente collocati fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie".

2. L’aver prestato servizio quale magistrato addetto al Consiglio superiore della magistratura o l’aver ricoperto la carica di componente del Consiglio superiore della magistratura non costituisce titolo preferenziale per il conferimento di qualsivoglia tipo di funzione giudiziaria o di incarico direttivo o semidirettivo».

3.600 (testo 2)

IL GOVERNO

Precluso dalla soppressione dell'articolo

Sostituire l’articolo 3 con il seguente:

«Art. 3. – Nel secondo comma dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni, l’efficacia delle disposizioni contenute negli ultimi due periodi è sospesa fino al 31 luglio 2007».

3.500

LEGNINI

Ritirato

Sostituire l’articolo 3 con il seguente:

«Art. 3. – 1. Fino al 30 luglio 2007 si applica il comma secondo dell’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni, limitatamente alle parole da: "I magistrati componenti elettivi" sino a: "nelle funzioni precedentemente esercitate"».

3.6

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso dalla soppressione dell'articolo

Al comma 1, sostituire le parole: «30 luglio 2007» con le seguenti: «31 dicembre 2006».

3.8

CASTELLI

Precluso dalla soppressione dell'articolo

Al comma 1, sostituire le parole: «all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n.74» con le seguenti: «all’articolo 13 della legge 28 marzo 2002, n.44».

3.302

PALMA

Ritirato

Al comma 1, sostituire le parole: «di cui all’articolo 14 della legge 12 aprile 1990, n.74» con le seguenti: «di cui all’articolo 13 della legge 28 marzo 2002, n.44».

ARTICOLO 4 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 4.

Approvato

1. All’articolo 1, comma 6, primo periodo, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437, le parole: «è differita alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario.» sono sostituite dalle seguenti: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n. 150».

EMENDAMENTI

4.1

CASTELLI

Respinto

Sopprimere l’articolo.

4.2

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Id. em. 4.1

Sopprimere l’articolo.

4.3

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Id. em. 4.1

Sopprimere l’articolo.

4.300

PALMA

Id. em. 4.1

Sopprimere l’articolo.

4.4

CASTELLI

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150».

4.5

CASTELLI

Respinto

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160».

4.301

CASTELLI

Le parole da: «Al comma 1» a: «2006» respinte; seconda parte preclusa

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data del 1º ottobre 2006».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«I regolamenti previsti al comma 3 dell’articolo 7 e al comma 1 dell’articolo 7-bis della legge 24 marzo 1958, n.195 sono adottati entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge».

4.6

CASTELLI

Precluso

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data del 1º ottobre 2006».

4.7

Respinto

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Al comma 1, sostituire le parole: «è differita alla data di efficacia dell’ultimo dei decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui alla legge 25 luglio 2005, n.150» con le seguenti: «è differita alla data del 31 ottobre 2007».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«I regolamenti previsti al comma 3 dell’articolo 7 e al comma 1 dell’articolo 7-bis della legge 24 marzo 1958, n.195 sono adottati entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge».

4.8

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole da: «dell’ultimo dei decreti» fino alla fine del comma, con le seguenti: «del decreto legislativo 5 aprile 2006, n.160».

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 4

4.0.600

IL GOVERNO

Accantonato

Dopo l’articolo 4, è aggiunto il seguente:

«Art. 4-bis.

1. Fino al 31 luglio 2007 continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le altre disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, ed in particolare gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n.20.

2. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e le situazioni esaurite nel vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1».

4.0.300

FORMISANO

Improponibile

Dopo l’articolo 4, inserire il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240)

1. La lettera b) del comma 2 dell’articolo 10 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 è sostituita dalla seguente:

"b) all’assegnazione delle risorse materiali ed umane destinate agli uffici giudiziari in base a criteri di ripartizione oggettivi e predeterminati, definiti con apposita deliberazione delle competenti commissioni parlamentari permanenti per materia, su concorde parere del Consiglio Superiore della Magistratura. I dirigenti possono adottare anche provvedimenti di assegnazione temporanea del personale in posti vacanti di altro ufficio, e in via eccezionale anche in soprannumero, per un periodo non superiore a sei mesi prorogabile una sola volta, fermo restando il rispetto della vigente normativa in materia di mobilità, su concorde parere del Consiglio Superiore della Magistratura;"».

4.0.301

FORMISANO

Improponibile

Dopo l’articolo 4, inserire il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240)

1. All’articolo 8 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, dopo la parola: "attività" sono aggiunte le seguenti: "di gestione amministrativa";

b) al comma 4, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

"d) il personale non di magistratura e la relativa formazione";

c) al comma 4, lettera f), la parola: "amministrative" è sostituita dalle seguenti: "di gestione amministrativa"».

4.0.302

FORMISANO

Improponibile

Dopo l’articolo 4, inserire il seguente:

«Art. 4-bis.

(Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240)

1. Il comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240 è sostituito dal seguente:

"1. Entro il 15 febbraio di ciascun anno il magistrato capo dell’ufficio giudiziario redige, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il programma delle attività da svolgersi nel corso dell’anno. Il programma può essere modificato, durante l’anno, su iniziativa del magistrato capo per sopravvenute esigenze dell’ufficio giudiziario"».

4.0.303

BARBATO

Ritirato

Dopo l’articolo 4, inserire il seguente:

«Art. 4-bis.

1. L’articolo 2, comma 45 della legge 25 luglio 2005, n.150 è abrogato».

ARTICOLO 5 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

ART. 5.

Respinto

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

EMENDAMENTI

5.1

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Ritirato

Sopprimere l’articolo.

5.2

CASTELLI

Ritirato

Al comma 1 sostituire le parole: «il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale», con le seguenti: «il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale» .

 

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XV LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO SOMMARIO

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

ASSEMBLEA

 

 

 

46a

seduta pubblica (pomeridiana)

 

mercoledì

4 ottobre 2006

 

Presidenza del presidente MARINI

 

 

 


 

(omissis)

Seguito della discussione del disegno di legge:

(635) Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (Relazione orale) (ore 16,38)

 

Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 635.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri sono stati accantonati gli emendamenti 1.45, 1.322, 1.60, 1.61, 1.323, 1.324, 1.325, 1.331, 1.62, 1.330, 1.332, 1.333, 1.88, 1.500, 1.327, 1.90, 1.328, 1.91, 1.329 e 1.92 , nonché l'articolo 1 e l'emendamento 4.0.600.

Ha chiesto di parlare il relatore. Ne ha facoltà.

SALVI, relatore. Signor Presidente, i rappresentanti dei Gruppi dell'opposizione membri della Commissione giustizia hanno chiesto di procedere ad un breve rinvio della discussione del disegno di legge per verificare la possibilità di raggiungere su alcuni punti soluzioni condivise. In merito il mio parere è favorevole, con la precisazione che l'iter del disegno di legge in titolo deve comunque concludersi entro oggi.

PRESIDENTE. Ritengo che la richiesta avanzata dai rappresentanti dell'opposizione per il tramite del relatore sia motivata.

MASTELLA, ministro della giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, intervengo soltanto per dichiarare la disponibilità del Governo alla richiesta, avanzata dal presidente Salvi, di una breve pausa di sospensione.

 

STORACE (AN). Ma l'Italia dei Valori è d'accordo, sì?

PRESIDENTE. Se non sbaglio, è intervenuto il senatore Storace, che ha preso la parola senza chiederla.

 

STORACE (AN). Come no?

 

PRESIDENTE. Senatore Storace, perché ha preso la parola senza chiederla?

La Presidenza accetta, con lo spirito costruttivo con cui ieri si è avviato un certo lavoro, la proposta avanzata e sospende la seduta fino alle ore 17,30.

 

(La seduta, sospesa alle ore 16,40, è ripresa alle ore 17,43).

 

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Comunico all'Aula che il lavoro avviato con la sospensione di ieri è andato avanti, riconfermando l'intesa dei Capigruppo che questa sera si arrivi al voto finale sul disegno di legge in discussione anche, se necessario, con un breve allungamento dei tempi dell'Aula. Vi è la richiesta di continuare il lavoro che si sta svolgendo fino alle ore 18,45.

Comprendo la situazione, ma ho premesso l'intesa sui due punti che vi ho appena illustrato. Pertanto, dopo aver ascoltato il relatore e il Governo, pregherei l'Assemblea di accettare un'ulteriore sospensione di un'ora, fermi restando i suddetti due punti.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, ho sempre l'alibi ‑ credo fondato ‑ che nel brusìo faccio fatica ad ascoltare ciò che lei dice. Mi sembra di aver capito che lei abbia proposto un'ulteriore ora di sospensione, ma che abbia contestualmente annunciato di voler arrivare entro stasera al voto finale sul disegno di legge in discussione.

Il momento è assolutamente delicato e ci troviamo davvero su un crinale molto sottile, per il quale si potrebbe cadere o da una parte o dall'altra: una a mio parere molto positiva, con un ulteriore accordo sul testo in esame, e l'altra negativa, con il rischio di uno scontro dagli esiti probabilmente - come abbiamo visto ieri - imprevedibili. Proprio per questo motivo, accetto la sua proposta di sospensione, ma non vorrei che ci «impiccassimo» sul fatto che stasera si debba comunque arrivare al voto finale. Potrebbe infatti succedere che vi sia necessità di un ulteriore approfondimento dei problemi.

D'altro canto, desidero far osservare all'Aula che sono quattro anni e otto mesi che discutiamo di questo tema. (Applausi dai Gruppi LNP, UDC, FI e AN). Con tutto rispetto della classe dei magistrati, credo bisognerà pure arrivare ad una soluzione. Se la soluzione comporta anche qualche ora in più, magari domani mattina, penso non sia un problema. Non lo dico in senso ostruzionistico: semplicemente può rivelarsi opportuno se si intravede una soluzione o un accordo, come è accaduto per il decreto legislativo n. 106 del 2006.

Accolgo quindi con favore la proposta di proseguire per un'altra ora la discussione, lasciandoci però aperta qualsiasi soluzione. Rischieremmo, infatti, di raggiungere una soluzione negativa semplicemente per non aver speso qualche ora in più - ripeto - su quattro anni e otto mesi. Credo che ciò non renderebbe un buon servizio al Paese.

Approfitto del fatto che sia presente il ministro Mastella per dare atto ancora una volta al Governo che sta compiendo grandi sforzi per arrivare ad una soluzione positiva e mi dispiace che in questo momento non sia supportato da tutta la sua maggioranza. Questo è un fatto politicamente significativo. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, ritengo che nel supplemento di lavoro che lei indica vi siano tutte le condizioni per poter raggiungere un risultato utile per tutti e, da questo punto di vista, per l'intero Parlamento. Mi permetto di aggiungere che il Gruppo UDC si rimette alla sua saggezza: è al termine dell'ora di lavoro che sarà ragionevolmente comprensibile se occorre un'altra mezz'ora o no e confidiamo che la sua saggezza sarà tale da non impedirci l'accordo per mezz'ora, qualora fosse necessaria.

Pertanto, ci rimettiamo alla sua saggezza in riferimento al termine delle ore 19,45.

PRESIDENTE. Il nostro lavoro si può svolgere positivamente se abbiamo dei punti fermi sui quali ragionare. Già nella riunione dei Capigruppo, che ha fissato il calendario per questo periodo, è stata indicata la chiusura per questa sera, con l'indicazione politica di arrivare alla conclusione dei lavori. Questo è avvenuto ed è stato comunicato all'Assemblea.

Mi pare che il lavoro stia procedendo positivamente e che tale giudizio sia espresso anche dal Governo e dal relatore. Sto chiedendo il rispetto di un impegno che già è stato assunto. Può darsi che non sia necessario e quindi non si ponga il problema. Tuttavia, vi è già stato un impegno ripetuto a concludere, perché domani sarà presente in Aula il Presidente del Consiglio, altrimenti avremmo potuto aggiornare, con l'intesa di tutti, la continuazione e la chiusura dei lavori per domani mattina. Il problema è legato proprio a tale impossibilità, che richiamo.

L'Assemblea procede con l'intesa tra i Capigruppo e tra i Gruppi. Questo problema è stato posto dall'inizio e da nessuno negato.

RUSSO SPENA (RC-SE). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, se possibile molto brevemente.

 

RUSSO SPENA (RC-SE). Signor Presidente, credo molto nel lavoro unitario che faticosamente si sta costruendo. Speriamo che l'esito sia positivo.

Come sapete, siamo stati fra i promotori di questo lavoro unitario. Mi rendo, quindi, anche conto delle esigenze che il presidente D'Onofrio e il presidente Castelli pongono. Credo sia possibile trovare un punto d'incontro, ma, come ci ricordava il presidente Marini, vi è un dies ad quem, anzi una hora ad quem: un termine che comunque non possiamo trascurare e non possiamo superare, vale a dire le ore 10 di domani mattina, con la venuta del Presidente del Consiglio, peraltro richiesta con forza dall'opposizione.

Ritengo quindi che le due esigenze possano essere in qualche modo coniugate. Proseguiamo questa sera concedendo tutto il tempo necessario al confronto, alla mediazione e poi al passaggio in Aula, ma concludiamo - questa è la mia proposta - prima delle ore 10 di domani mattina, per poi ascoltare il Presidente del Consiglio.

ANDREOTTI (Misto). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ANDREOTTI (Misto). Signor Presidente, chiedo scusa ai colleghi: sono un incompetente in materia e siccome si rischiava, nelle scorse votazioni, che alcune decisioni passassero per un voto, ho preferito non partecipare, perché non volevo essere commissario unico nella determinazione di una norma.

Vorrei però porre una domanda, siccome sento dire che nell'ambito di questi contatti si affronta un problema estremamente delicato, quello dell'iscrizione ai partiti: tale problema è posto nella Costituzione, ma il fatto che non si sia mai legiferato in merito vorrà pur dire qualcosa. Non so se si può affrontare così «di striscio» un problema di estrema delicatezza, anche perché poi, per analogia, la Costituzione parla anche dei militari.

Io non conto niente, non ho forze parlamentari alle spalle, ma vorrei raccomandare una grande prudenza nell'introdurre un tema nuovo in questo dibattito già abbastanza complicato. (Applausi dal Gruppo FI).

TOFANI (AN). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

TOFANI (AN). Signor Presidente, sicuramente vogliamo rispettare gli impegni e comprendiamo anche la sua richiesta, però vorremmo far presente un passaggio.

Dato atto che si sta lavorando e che indubbiamente il lavoro è produttivo per tutti, teso a risolvere talune incomprensioni e quindi a costruire, non possiamo però immaginare che l'Aula parlamentare possa lavorare con questo ritmo. C'è una specie di tensione continua nel non capire, nel non sapere e sembra anche, dati i tempi così stretti che lei propone, che ci troveremmo di fronte ad un cataclisma se questa sera entro le ore 21 non dovessimo votare il provvedimento.

Lei sa benissimo, Presidente, anche per i fatti di ieri sera, che c'è stato un vulnus in questo provvedimento: manca un articolo e pertanto non sarà questo atto ad arrecare eventuali situazioni di disagio. Allora, anche se c'è bisogno di un'ora o di due ore in più è bene che si affrontino e si risolvano questi problemi, perché votando un altro giorno non accadrà assolutamente nulla, ma saremo più sereni e più tranquilli e non sulla graticola o tesi e strappati continuamente. Magari arrivati alle ore 19 non si sarà raggiunto nulla e forse si richiederà ancora tempo.

Lo dico anche per la dignità dell'Aula: ci siamo dati un tempo, è vero, abbiamo posto il termine delle ore 21, ma dipenderà dalle condizioni: l'obiettivo non è il rispetto dell'orario ma quello di portare a casa un provvedimento (Applausi dai Gruppi AN e FI). Se le condizioni vi sono, e mi sembra che vi siano tutte, cerchiamo di non formalizzarci a tal punto. Facciamo lavorare serenamente chi sta costruendo un percorso fruttuoso - così come è stato, e lo abbiamo verificato - e andiamo avanti con tranquillità e serenità.

La nostra proposta quindi è quella di non strozzare tempi, signor Presidente: non strozziamo i tempi. (Applausi dai Gruppi AN e FI).

FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (Ulivo). Signor Presidente, mi permetto di parlare a nome di coloro che stanno portando avanti quel percorso fruttuoso di cui ho appena sentito parlare e che mi hanno autorizzato a riferire, parlando a nome dei componenti di tutti i Gruppi parlamentari, il fatto che ritengono di poter chiudere entro mezz'ora, potendo quindi passare alla votazione del testo.

Tra l'altro, vorrei ricordare ai colleghi due circostanze. La prima è quella sottolineata dal presidente Castelli, e cioè che stiamo ragionando su un testo che è stato oggetto dell'attenzione del Parlamento, in Commissione e in Aula, al Senato e alla Camera, per quattro anni e otto mesi e chi se ne è occupato, come i colleghi che stanno lavorando adesso, è totalmente padrone della materia.

L'altra questione è che, se non dovessimo raggiungere l'accordo, ci resterebbero 14 votazioni da svolgere; se invece, come mi auguro e come pare sia assolutamente possibile, l'accordo si raggiungerà, avremmo soltanto un paio di votazioni da compiere e sarebbe inspiegabile che, avendo soltanto un paio di votazioni, l'Aula non venisse chiamata a votare e quindi ad alleggerire il lavoro complessivo del Senato da questo adempimento. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

PRESIDENTE. Prima di assumere una decisione vorrei precisare al senatore Tofani che non ho alcuna velleità di forzare i tempi e la mano dei colleghi. E' privo di senso. Resta un fatto: conosco bene quali sono le urgenze dell'Aula, le questioni che abbiamo già deliberato di esaminare nel corso di questa e della prossima settimana, quindi ho la preoccupazione per uno sviluppo del lavoro dell'Assemblea serio e rispondente alle esigenze che il Paese ci pone.

Certo, non esiste il problema dinanzi alla necessità di un impegno drastico, però ho voluto richiamare quanto è accaduto nell'ambito dei nostri lavori. È stato manifestato un impegno, che poi valuteremo tutti quanti assieme, a concludere entro questa sera con il voto l'esame del disegno di legge al nostro esame.

Comunque, in accordo con le parole espresse dai Presidenti dei Gruppi che sono intervenuti, sospendiamo i nostri lavori fino alle ore 19 nella speranza di poter giungere ad una conclusione.

MASTELLA, ministro della giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Signor Presidente, credo di non poter essere tacciato di essere uno che non voglia a tutti costi il dialogo. Ho sempre detto che si tratta di materia e questione istituzionale e come tale deve essere affrontata, però debbo dire, in maniera un po' speculare al senatore Castelli, che se è vero che è ormai da quattro anni e otto mesi che si discute della materia, a maggior ragione bisogna concludere, proprio perché la materia è stata sviscerata oltre misura.

Come si è potuto verificare anche ieri, da parte mia non vi è alcuna difficoltà a riflettere in Aula, oltre che al di fuori di essa (ritengo infatti che alcune questioni siano da esaminare in Parlamento e non fuori). Bastano cinque minuti per variare le cose e dunque si può immaginare cosa potrebbe accadere dalla sera alla mattina, quindi preferirei che si facesse questo sforzo evitando pigrizie e magari il trascorrere di una notte, anche perché non sempre la notte porta buon consiglio.

Sulla base di quanto è stato detto dalla senatrice Finocchiaro e da altri con cui si è interloquito in questo periodo, forse si può giungere ad una conclusione. Siccome il clima non mi è sembrato esasperato, al di là di alcuni elementi rarefatti di conflitto, laddove non fosse possibile trovare un accordo bisognerebbe legittimamente prendere atto di questa plausibile divisione, nella consapevolezza che la materia sarà comunque posta all'attenzione dell'Aula in un altro momento, perché sull'ordinamento giudiziario dovremo applicarci anche in seguito.

Ciòche non si può fare adesso è con riferimento a quanto è stato acquisito fino ad oggi. Rispetto al dato iniziale da cui si è partiti, la stragrande maggioranza dell'Aula ha espresso una volontà che ha portato ad alcune modifiche e concordo con il presidente Andreotti quando dice che non è possibile risolvere in cinque minuti problematiche su cui neanche la Costituzione è riuscita a dare un mandato vincolante.

Pertanto, chiedo la cortesia ai colleghi che stanno operando per arrivare a conclusioni positive di stringere i tempi e di farcela e al Presidente, associandomi a quanto detto anche dal presidente Salvi, di votare entro questa sera, non tanto per l'obbligo deontologicamente espresso di chiudere stasera, quanto piuttosto perché credo che sia giusto così, in considerazione anche di una serie di rilievi emersi ieri in quest'Aula.

SALVI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI, relatore. Signor Presidente, ho bisogno di un chiarimento ai fini dello svolgimento dei lavori della Commissione. Mi sembra dunque di comprendere che non si prevede un orario di conclusione della seduta pomeridiana odierna. Si intende proseguire fino al voto finale del provvedimento?

PRESIDENTE. Questo è stato l'auspicio sottolineato anche dal Ministro. Si tratta solo di un auspicio, non essendo stata assunta una decisione.

Sospendo la seduta per un'ora.

 

(La seduta, sospesa alle ore 17,59, è ripresa alle ore 19).

 

La seduta è ripresa.

Ha chiesto di intervenire il relatore, senatore Salvi, per una comunicazione all'Assemblea. Ne ha facoltà.

SALVI, relatore. Signor Presidente, pare che si sia a buon punto. Mi permetto di chiedere alla pazienza dell'Assemblea e alla sua ancora 30 minuti di tempo, in modo che l'emendamento possa essere stampato. Su questa richiesta, che proviene in particolare dal Gruppo di Alleanza Nazionale, credo di poter addivenire all'intesa.

PRESIDENTE. Interpretando il volere dell'Assemblea, sospendo la seduta per mezz'ora.

 

(La seduta, sospesa alle ore 19,01, è ripresa alle ore 19,39).

 

Riprendiamo i nostri lavori.

SALVI, relatore. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SALVI, relatore. Signor Presidente, chiedo scusa ai colleghi dell'Aula che hanno dovuto pazientare più del previsto, ma la materia è complessa sia sul piano tecnico che sul piano politico. Si è trattato di un lavoro complesso e devo dare atto al Governo, in particolare ai sottosegretari Scotti e Maritati, e a tutti i membri della Commissione giustizia di entrambi gli schieramenti della serietà e dello spirito costruttivo con cui hanno affrontato questo difficile tema.

Disponiamo ora di un testo che prevede la riforma della normativa sull'illecito disciplinare contenuta nella legge approvata nella passata legislatura. Con la stessa tecnica che si è seguita ieri per quanto riguarda l'altro decreto in questione, che riguardava la procura della Repubblica, abbiamo pertanto elaborato l'emendamento 1.700 che propone anzitutto di sopprimere la proposta di sospensione del decreto, perché si introducono invece modifiche al decreto precedente.

Sono quindi introdotte alcune modifiche, che ora enuncerò in modo molto sommario e sintetico, ma se ci saranno richieste di chiarimenti questi potranno essere forniti.

In primo luogo, si modificano le fattispecie di illecito disciplinare previste dalla legislazione vigente, nel senso di semplificare, ridurre ed eliminare quelle parti che ad alcuni potevano apparire compressive della dignità dei magistrati.

Si è tenuto conto anche di alcune osservazioni - in particolare quella del presidente Andreotti, che non vedo - in merito alla riformulazione della disciplina che concerne i rapporti con i partiti e le forze politiche.

Si è quindi proceduto ad una revisione delle fattispecie degli illeciti disciplinari, mantenendo il principio della tipizzazione, che è una grande novità che viene introdotta nel sistema perché, come i colleghi sanno, in questi ultimi sessant'anni non si era mai riusciti a varare una disciplina della tipicità degli illeciti disciplinari.

Il secondo capo del decreto legislativo che si propone di modificare riguarda il procedimento disciplinare. Qui le modifiche di maggiore rilievo concernono il mantenimento del principio dell'obbligatorietà dell'azione disciplinare. Una volta che un esposto è stato formulato e che sono stati sollevati dubbi sulla correttezza del comportamento di un magistrato si ritiene infatti opportuno prevedere il diritto ad una risposta, nell'interesse stesso di colui che solleva la questione e del magistrato chiamato in causa.

Si è però, come da più parti chiesto, introdotto un meccanismo di filtro, che consenta di esaminare preventivamente esposti manifestamente infondati o che concernono questioni a prima vista non suscettibili di sanzione disciplinare senza dover impegnare in tutto il procedimento la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Peraltro, come richiesto giustamente dall'opposizione, è previsto anche un meccanismo per evitare che questo filtro possa tradursi in realtà in rapide archiviazioni e così via. È pertanto prevista la possibilità di ricorrere contro la prima pronuncia di manifesta infondatezza, con un meccanismo che a nostro avviso garantisce sia l'esigenza di una certa rapidità del procedimento disciplinare sia quella del magistrato che fosse chiamato in causa di avere una chiara risposta, che quella del cittadino o di chi abbia proposto l'esposto di ricevere una risposta da parte dell'ordinamento.

Si è infine eliminata la presenza - che è apparsa un duplicato - di un delegato del Ministro in tutte le fasi del procedimento disciplinare e ciò per rispettare il sistema costituzionale, che al riguardo ha introdotto un sistema duale condizionato molto delicato che quindi va attuato in modo ravvicinato e serio, come mi sembra sia stato fatto con questo emendamento.

Pertanto, considerate queste unanimi conclusioni della Commissione, raccomando all'Assemblea l'approvazione dell'emendamento 1.700.

PALMA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PALMA (FI). Signor Presidente, ho letto l'emendamento 1.700, presentato dal relatore, e mi permetto di rappresentare al relatore stesso, per un'eventuale modifica, che in questo emendamento rimane fermo quel termine di un anno di decadenza, previsto per le varie scansioni di fase del procedimento disciplinare.

Il ministro Mastella, nel suo intervento, aveva rappresentato come la ristrettezza di questo termine poteva, per certi versi, affaticare l'azione del Consiglio superiore della magistratura e principalmente, proprio in ragione di tale ristrettezza, con riferimento all'aumento dei casi dovuti alla obbligatorietà dell'azione disciplinare, comportare una prescrizione continua degli illeciti disciplinari.

Tutto ciò premesso, chiedo al relatore di voler valutare - se lo ritiene opportuno - di modificare il suo emendamento, nel senso di portare da uno a due anni il periodo di tempo concesso al procuratore generale per l'esaurimento della fase istruttoria e da uno a due anni il tempo previsto per la sezione disciplinare per l'emissione della relativa sentenza.

 

PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunciarsi su tale proposta.

SALVI, relatore. Mi rimetto al parere del Governo.

MASTELLA, ministro della giustizia. Accolgo la proposta del senatore Palma.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'emendamento, come modificato.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Preciso che l'approvazione dell'emendamento 1.700 (testo 2), illustrato poc'anzi dal relatore, preclude gli emendamenti riferiti all'articolo 1 che avevamo accantonato nella seduta pomeridiana di ieri.

 

VALENTINO (AN). Si vota l'emendamento con la modifica che è stata proposta?

 

PRESIDENTE. Sì, così come accettata dal rappresentante del Governo.

Metto pertanto ai voti l'emendamento 1.700 (testo 2), presentato dal relatore.

È approvato. (Applausi).

Passiamo alla votazione dell'articolo 1, nel testo emendato.

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, credo che la vicenda su questo provvedimento possa essere definita la partita delle occasioni perdute. Abbiamo potuto verificare che, laddove ci si è posti il problema di poter arrivare ad un accordo, ad un accordo si è addivenuti. Tuttavia, devo ricordare che in ogni caso l'articolo 1 approva la sospensione - che in realtà, a mio parere, è una abrogazione - del decreto legislativo n. 160, che resta comunque assai importante. La separazione delle funzioni, l'accesso in carriera, la progressione in carriera vengono di fatto abrogate.

Sono convinto che, se avessimo avuto più tempo, avremmo potuto affrontare positivamente anche questo aspetto; sono convinto che, se avessimo posto in essere l'atteggiamento che abbiamo posto in essere in questi giorni, anche durante i lavori in Commissione l'estate scorsa, oggi potremmo - credo con soddisfazione di tutti - votare a favore di un provvedimento che sarebbe stato a vantaggio non della sinistra, non della Casa delle Libertà, non dei magistrati, ma a vantaggio sicuramente di tutti i cittadini e della giustizia.

Purtroppo, il mantenimento di tale abrogazione non ci consente di votare convintamente di sì all'articolo in esame, anche a malincuore. In tal modo, infatti, sembrerebbe che si voglia arrecare un vulnus all'atmosfera di positività di questi giorni, ma non possiamo fare altro che esprimere voto contrario.

COLOMBO Furio (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

COLOMBO Furio (Ulivo). Signor Presidente, prendo la parola soprattutto per esprimere la mia preoccupazione per chi leggerà queste carte in un tempo molto lontano da quello presente, perché vi troverà quasi soltanto dichiarazioni che descrivono i magistrati come esseri pericolosi per sé e per gli altri, che vanno tenuti a bada e frenati in tutte le situazioni, e per i quali va creata... (Vivaci proteste dai Gruppi AN e FI. Richiami del Presidente).

 

GRAMAZIO (AN). Buffone!

 

PRESIDENTE. Scusi, senatore Colombo.

Colleghi, per favore, il senatore Colombo sta facendo affermazioni che possono essere accettate o meno, ma che sono del tutto legittime. Com'è possibile reagire in questo modo? La prego, per favore, vada avanti, senatore Colombo.

 

COLOMBO Furio (Ulivo). In breve, signor Presidente, desidero che resti agli atti parlamentari - per chi li studierà in futuro - che qualcuno in quest'Aula vuole garantire sostegno appassionato e indiscusso ai magistrati ed alla magistratura italiana, il terzo potere della democrazia. (Applausi dal Gruppo Ulivo).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di riflettere sulle reazioni suscitate dagli interventi dei colleghi. Vi sono valutazioni diverse, siamo qui per esprimerle: vanno tutte accettate, poi eventualmente contestate. Non si può, però, rumoreggiare in questo modo.

BIONDI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BIONDI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, ero molto contento per il metodo con il quale si stabiliva un rapporto che non era manicheo né ostracistico degli uni o degli altri. Pensavo che questo - come ha detto benissimo il presidente Castelli - potesse essere, sia pure dal punto di vista della reminiscenza, un modo in cui procedere anche in altre occasioni.

Credo, però, che sia stato giusto - com'è stato fatto opportunamente, ognuno dal proprio punto di vista, se è possibile - trovare convergenze su temi come quelliu concernenti la magistratura, che non riguardano una casta, una corporazione, ma un istituto di garanzia per i cittadini italiani (Applausi dal Gruppo FI, UDC e LNP). Un istituto di garanzia di persone consapevoli e capaci, con cui ho avuto la possibilità, ed anche l'opportunità, di intrattenere rapporti diretti, e le cui qualità non sono in discussione, senatore Colombo.

Si può discutere, semmai, di altro: accade, signor Presidente, che talune iniziative possano essere criticate e criticabili, e devono esserlo. Quando un potere, infatti, è senza responsabilità, si corre il rischio che diventi un prepotere e, forse, anche una prepotenza. È giusto, quindi, che si discuta anche sulle misure correttive di tali possibili rischi.

Intendo dire - e mi rivolgo anche a lei, signor Presidente, oltre che al senatore Colombo - che, per quello che mi riguarda, le diverse idee, e la loro espressione, sono tutte rispettabili, meno una: quella in base alla quale si accusano calunniosamente gli altri di pensarla in maniera diversa da come pensano e agiscono. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e LNP).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, non avrei chiesto di intervenire sull'articolo 1 se non avesse preso la parola, poco fa, il collega Furio Colombo.

Stiamo evidentemente realizzando, nella presente vicenda, un passaggio di enorme significato politico e costituzionale. Per la prima volta dal 1993, con grande fatica e disponibilità intelligente di tutte le parti politiche (e rivendico, ancora una volta, il merito del mio Gruppo per aver cercato tale intesa fin dall'inizio), stiamo disancorando il sistema politico italiano dal blocco drammatico nel quale è caduto nel 1993. Stiamo cominciando una diversa navigazione, tutti insieme, anche nei confronti della magistratura, alla quale confermiamo rispetto e fiducia.

Le due grandi novità che abbiamo introdotto sulla procura e sull'ordinamento disciplinare sono significative. Do per scontato che lo stesso faremo a proposito della separazione delle funzioni, ma è importante capire che in questo ramo del Parlamento italiano, per la prima volta dal 1993, si sta realizzando un significativo passaggio d'epoca. Per questo vorrei dire che non gradisco le dichiarazioni di guerra che ho ascoltato prima. (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN, LNP e DC-PRI-IND-MPA).

CARUSO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, al pari del presidente D'Onofrio, non avrei preso la parola sull'articolo 1 se non fosse intervenuto il senatore Furio Colombo e soprattutto se egli non avesse detto ciò che ha detto. Lungi da me la volontà di voler alimentare in quest'Aula e fuori qualsiasi frizione. Gli incontri di oggi pomeriggio - i colleghi seduti al banco del Governo ne sono testimoni - hanno avuto anche momenti di significativa diversità di opinioni, all'interno dell'una e dell'altra coalizione, e mi hanno visto protagonista nel tentativo di non alimentare polemiche, anzi, nel limite del possibile, di sedarle.

Signor Presidente, richiamandomi alle scuse che ha rivolto il presidente Salvi a tutti i colleghi dell'Assemblea, che hanno perso la loro giornata, personalmente devo dire che da dieci ore sto lavorando in maniera quasi totalmente ininterrotta, non contro i magistrati, bensì ad un provvedimento che serve alla stragrande parte dei magistrati! (Applausi dai Gruppi AN, FI, LNP e DC-PRI-IND-MPA). I magistrati sono infatti persone sobrie, laboriose, oneste, autonome e indipendenti, non per loro privilegio, ma per loro dovere nei confronti dei cittadini, che hanno necessità di essere - loro sì - tutelati da coloro i quali, nell'ambito della loro stessa categoria, violano le regole e fanno perdere credibilità alla magistratura. Solo un processo equo ed effettivo dal punto di vista disciplinare può determinare questo.

Signor Presidente, il senatore Furio Colombo, nelle ultime dieci ore, io non l'ho mica visto! (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Senatore Caruso, quando il relatore ha parlato di tempo fatto perdere all'Assemblea - debbo dire - non ha colto il punto. Eravate incaricati responsabili di portare avanti questo importante lavoro. Voglio darne atto all'Assemblea. Poiché ho una certa esperienza, so che quando si va al primo, al secondo o al terzo rinvio, è scontato che vi sia il rumoreggiamento e la contestazione. Quest'Aula, certamente consapevole della serietà e dello sforzo che si stava facendo, ha invece accettato oggi tre rinvii, senza che vi fosse una contestazione al Presidente. Quindi, credo che il lavoro svolto sia stato apprezzato da tutti.

FINOCCHIARO (Ulivo). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (Ulivo). Io non definirei col termine «contestazione» l'intervento del senatore Colombo. Egli ha espresso una posizione personale che proprio la forza di quest'Aula e del nostro accordo può consentire di ritenere prezioso per ciò che è: un'opinione dissenziente. (Applausi dei senatori Matteoli e Storace). Credo che sia giusto. (Commenti del senatore Castelli). No, presidente Castelli, non tenti di trascinarmi in una trappola o in una provocazione. Qualunque sia l'opinione dissenziente, da chiunque espressa in quest'Aula, non è un figuraccia.

Vorrei dire a nome del mio Gruppo - e mi permetta di dire anche a nome di tutti i colleghi dell'Unione - che il divieto di iscrizione ai partiti politici e l'eliminazione della possibilità di un conflitto di interessi con attività economiche o finanziarie, previsto da tale disposizione disciplinare, non solo è giustificata dal terzo comma dell'articolo 98 della Costituzione, non solo è prevista nel codice deontologico dei magistrati (per quanto riguarda il divieto di iscrizione ai partiti politici), ma risponde assai di più a un'esigenza costituzionale: quella che tutela l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, non come privilegio di una casta, ma come principio servente rispetto al pari trattamento di tutti i cittadini di fronte alla legge.

Il dovere che l'Assemblea aveva nel legiferare su questo tema era esattamente quello di difendere il bene prezioso dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, ma guardandolo e interpretandolo come garanzia suprema dell'ordinamento per la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, nonostante le disparità di potere che li possono, nella società, contraddistinguere.

Per questa ragione - come sapete - la nostra convinzione rispetto a questa parte dell'emendamento approvato è assoluta. (Generali applausi).

PRESIDENTE. Se non si fanno ulteriori obiezioni, procederei alla votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, per vedere chiaramente l'esito, dell'articolo 1, nel testo emendato.

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Signor Presidente, chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 1, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione). (Brusìo).

Non rumoreggiate, colleghi, vi prego. Rimanete seduti.

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

312

Senatori votanti

311

Maggioranza

156

Favorevoli

159

Contrari

151

Astenuti

1

Il Senato approva.

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

 

PRESIDENTE. Passiamo ora all'esame dell'emendamento tendente ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 4, presentato dal Governo e riformulato rispetto alla stesura accantonata ieri. Prego il senatore segretario di leggere il testo dell'emendamento 4.0.600 (testo 3).

BATTAGLIA Giovanni, segretario. «Dopo l'articolo 4, è aggiunto il seguente:

"Articolo 4-bis.

1. Fino al 31 luglio 2007 continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le altre disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, ed in particolare gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n. 20.

2. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e le situazioni esaurite durante la vigenza del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160"».

 

PRESIDENTE. Invito il relatore a pronunziarsi al riguardo.

SALVI, relatore. Signor Presidente, il parere del relatore è favorevole.

Giacché ho la parola, mi permetto di dire al collega Caruso, con il quale abbiamo lavorato tanto intensamente e positivamente, che non vedo perché il senatore Furio Colombo avrebbe dovuto lavorare con noi, non facendo parte della Commissione giustizia. Il senatore Furio Colombo ha votato con tutti noi l'emendamento.

 

VOCI DAI BANCHI DELL'OPPOSIZIONE. Basta!

 

SALVI (Ulivo). Niente basta! Ascoltate un momento senza fare confusione. (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).

 

PRESIDENTE. Per favore, fate silenzio. La prego, Presidente, vada avanti.

 

SALVI (Ulivo). Certo che vado avanti, ci mancherebbe altro!

Non capisco, onestamente, per quale motivo si possa fare carico al senatore Furio Colombo, che ha votato con tutti noi l'emendamento della Commissione, di non aver partecipato ai lavori di una Commissione di cui non fa parte. Mi pare che abbia fatto benissimo a non venire.

PRESIDENTE. Possiamo ora procedere alla votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, dell'emendamento 4.0.600 (testo 3).

CARRARA (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARRARA (FI). Perché rimanga a verbale la votazione, chiedo ai colleghi l'appoggio per il voto elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Carrara, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.0.600 (testo 3), presentato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

Senatori presenti

309

Senatori votanti

308

Maggioranza

155

Favorevoli

159

Contrari

149

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 635

PRESIDENTE.

Passiamo alla votazione finale.

PETERLINI (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PETERLINI (Aut). Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, desideriamo svolgere una nostra dichiarazione perché come Gruppo per le autonomie, e in special modo come Volkspartei, non siamo nell'Unione, ma la sosteniamo e sosteniamo il Governo, anche se non ne facciamo parte.

Nella scorsa legislatura abbiamo - in quest'Aula - discusso molto di giustizia e molte leggi sono state emanate al riguardo. È vero, questo Paese ha urgente necessità di una riforma che renda il sistema giustizia più efficiente. La lentezza della nostra macchina giudiziaria non può essere disconosciuta. La possibilità di ottenere giustizia in tempi accettabili appartiene ancora, nel vissuto dei cittadini, a una mera ipotesi non suscettibile di concrete verifiche nella realtà.

Tuttavia, nessuno dei provvedimenti varati nel corso della scorsa legislatura è riuscito a rendere la giustizia più rapida ed efficiente per le generalità dei cittadini. Al contrario... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Mi scusi,senatore Peterlini. Vi prego, colleghi, capisco che siamo alla conclusione, ma non si può stare in piedi e conversare: accomodatevi. Un momento di attenzione.

Mi scusi ancora, senatore Peterlini, continui pure.

 

PETERLINI (Aut). Grazie, Signor Presidente. Al contrario, sono state fatte varie leggi ad personam che hanno stravolto il funzionamento della giustizia.

Un'assai controversa riforma varata nella XIV legislatura è stata proprio la riforma Castelli sull'ordinamento giudiziario. L'iter parlamentare di questa legge - come noi tutti sicuramente ricordiamo - è stato assai lungo e travagliato: dopo la sua prima approvazione definitiva nel dicembre del 2004, la «riforma» è stata rinviata alle Camere dall'allora presidente della Repubblica Ciampi per motivi di incostituzionalità. Nel giugno del 2005 la legge è stata riapprovata con modificazioni dal Senato e nel luglio 2006 definitivamente dalla Camera.

Pur ringraziando - in questo caso come SVP - la maggioranza di allora per la sensibilità dimostrata nei confronti dei problemi della giustizia nella Provincia autonoma di Bolzano, in special modo riguardo alla corte d'assise d'appello e al rispetto dell'impianto autonomistico, abbiamo sempre sostenuto che questa legge non soddisfa le esigenze di una giustizia equa e condivisa. Ma non intendo qui entrare nel merito della riforma Castelli e dei suoi effetti - a mio avviso - squilibranti dell'organizzazione giudiziaria.

Intendo, tuttavia, evidenziare che la proposta del Governo in discussione, così come era stata approvata dal Consiglio dei Ministri ad inizio giugno, perseguiva lo scopo di evitare che al danno si aggiungesse la beffa. Perché, come illustrato nella relazione del disegno di legge governativo, la concreta operatività di alcune disposizioni della riforma Castelli comporta la tempestiva riorganizzazione di interi settori dell'apparato giudiziario. Per evitare un collasso del sistema giustizia che si sarebbe ripercosso, in definitiva, sui cittadini, il Gruppo Per le Autonomie aveva accolto con favore questo intervento del Governo che non intendeva abrogare la legge Castelli nel suo complesso, ma si limitava a disporre la sospensione di alcuni decreti legislativi attuativi della legge delega.

Il provvedimento del Governo non si è mai ispirato a interessi di parte - un'accusa, lasciatemelo dire, strumentale e infondata - ma a esigenze di funzionalità della giustizia. Esso non va affatto visto come un colpo di mano, soprattutto perché è stato preannunciato a chiare lettere dall'Unione nel suo programma elettorale. Il centro-sinistra, infatti, aveva promesso che si sarebbe impegnato a rimuovere tutti gli aspetti del nuovo ordinamento in stridente contrasto con i princìpi costituzionali ed a intervenire con provvedimenti di sospensione dell'efficacia di quelle norme che potrebbero ledere il principio di unità, uguaglianza e parità di trattamento dei cittadini o le garanzie dell'indipendenza e autonomia della magistratura o rendere impossibile, successivamente, un nuovo e diverso riordino della magistratura.

In ragione dei tempi richiesti per l'approvazione di un disegno di legge, sarebbe stata tuttavia più coerente da parte del Governo l'adozione di un decreto-legge di sospensione che avrebbe raggiunto lo scopo primario di questo provvedimento, ovvero impedire che i decreti legislativi attuativi della riforma Castelli divenissero efficaci alle scadenze per ciascuno di essi previste.

Esprimiamo, tuttavia, soddisfazione per il fatto che si siano create successivamente le condizioni per un confronto costruttivo tra maggioranza e opposizione sul disegno di legge in esame. A tal riguardo, uno speciale ringraziamento va soprattutto al ministro della giustizia Mastella, che in queste settimane si è fortemente impegnato per creare le basi per l'avvenuto dialogo tra i due poli. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Mi scusi per l'interruzione, senatore Peterlini, ma non riesco a capire come mai, pur essendosi largamente svuotata l'Aula, non diminuisca il brusìo. È probabile che, man mano che i colleghi escono dall'Aula, i presenti alzino il tono della voce. Vi prego di ascoltare con maggiore attenzione il collega, che altrimenti fa fatica a parlare.

 

PETERLINI (Aut). Signor Presidente, effettivamente era difficile parlare, ma è ben vero che sono state giornate lunghe, piene di interruzioni e di difficili trattative. Mi rendo conto che adesso, giunti ormai al termine, l'attenzione stia diminuendo.

Grazie a questo dialogo costruttivo è stato possibile, in ordine alle disposizioni relative all'organizzazione delle procure, formulare un emendamento che tiene conto dei diversi orientamenti emersi al riguardo.

Più complesso è stato invece trovare un'intesa sul decreto legislativo relativo ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati. Anche su questo punto si è trovata, tuttavia, una soluzione ragionevole. Lo stesso discorso vale per la questione delle carriere e della distinzione delle funzioni. Per trovare a tal riguardo un testo condiviso servono sicuramente tempi più lunghi.

Per concludere, signor Presidente, onorevoli colleghi, il Gruppo Per le Autonomie voterà a favore del provvedimento in esame per i succitati motivi e perché ritiene che l'approvazione di tale provvedimento ponga le giuste condizioni per continuare sulla strada già intrapresa di un riformismo serio. Serve, possibilmente in tempi brevi, una riforma il più condivisa possibile, che dia efficienza al sistema giustizia e insieme garantisca l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Tutto ciò non a servizio supino della magistratura, ma esclusivamente per attuare una giustizia davvero giusta per tutti i cittadini. (Applausi dal Gruppo Aut e della senatrice Brisca Menapace).

PISTORIO (DC-PRI-IND-MPA). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PISTORIO (DC-PRI-IND-MPA). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi del Senato, il Gruppo Democrazia Cristiana-Partito Repubblicano Italiano-Indipendenti-Movimento per l'Autonomia esprimerà un voto contrario sul disegno di legge sulla sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario.

Si vuole però evidenziare il lavoro proficuo che la Commissione e l'Aula hanno prodotto in queste settimane in un confronto serrato ma costruttivo fra posizioni inizialmente antitetiche che hanno trovato sintesi e punti di equilibrio accettabili per garantire il miglior funzionamento di un sistema delicato e complesso.

E' questo un risultato della politica che ha la forza che gli deriva dal consenso democraticamente espresso dai cittadini. Perché se è vero che la Costituzione ha pienamente sancito il principio della separazione dei poteri e all'interno di questo sistema il ruolo primario del Parlamento, sede della sovranità popolare, è innegabile però che a partire soprattutto dai primi anni novanta, si è determinata nel nostro Paese una dialettica troppo aspra fra il potere giudiziario e la funzione legislativa del Parlamento.

E' certamente un errore costruire una riforma dell'ordinamento giudiziario con il vizio di origine del conflitto con la magistratura, e questo non credo sia accaduto, ma è altrettanto sbagliato sospendere l'efficacia di tre decreti per adempiere ai desideri di qualche pezzo di magistratura militante.

Oggi più che mai c'è bisogno di un rapporto fisiologico e di corretta dialettica istituzionale tra il ruolo del Parlamento e quello dell'ordine giudiziario perché abbiamo tutti la consapevolezza che il tema della separazione dei poteri non è pura simbologia della democrazia, ma garanzia di percorsi istituzionali in grado di affrontare in una corretta dialettica i bisogni dei cittadini.

Siamo garantisti e non possiamo dimenticare alcuni eccessi che in questi anni si sono verificati nell'amministrazione della giustizia, quali l'uso distorto delle misure cautelari, la spettacolarizzazione dei processi, le invasioni di competenza ed una interpretazione talora ideologica della norma. Rispetto a questo noi riaffermiamo la necessità di assicurare l'uniformità dei criteri di esercizio della giurisdizione e quindi il principio della certezza del diritto e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

A sostegno della necessità di sospendere l'efficacia dei decreti suddetti, veniva affermata dalla maggioranza, nella relazione introduttiva, la difficoltà di provvedere ad una tempestiva riorganizzazione di interi settori dell'apparato giudiziario. Sembrava questa una proposta irrinunciabile, una posizione pregiudiziale, un punto politico di discontinuità e contrapposizione.

Le Assemblee legislative, attraverso i loro atti, segnano i tempi, codificano il pensiero comune, le convinzioni collettive, accompagnano la crescita di comportamenti, valori e tendenze. Questo bipolarismo muscolare e forzoso invece crea il convincimento che ogni volta che il Governo del Paese cambia, si debbano riscrivere per intero le norme espresse dalla maggioranza precedente, in maniera alternativa, senza impegnarsi invece in un lavoro di perfezionamento sulla base delle esperienze maturate. Laddove la contrapposizione politica è così accesa, come sul terreno dell'ordinamento giudiziario, la tentazione è quella di abrogare tout court il lavoro precedente per segnare una discontinuità.

La sospensione dell'efficacia dei decreti nn. 106, 109 e 160 sarebbe andata in questa direzione ma, come dicevo prima, le leggi devono esprimere le convinzioni, i valori e gli interessi del Paese. Le esigenze del Paese in buona parte si rintracciano nei tre decreti Castelli. Che questo sia vero lo dimostrano le perplessità di ampi settori della maggioranza e l'iter parlamentare dei provvedimenti.

Infatti, questa Assemblea ha dato una risposta per molti versi equilibrata e lungimirante ai problemi posti. Le modifiche minime al decreto n. 106, in cui si postula la «assegnazione» e non la semplice «delega» ai sostituti, garantisce insieme l'autonomia dei sostituti e consolida il ruolo di indirizzo e di garanzia del procuratore capo. La mediazione così raggiunta ci pare salvaguardi la sostanza del decreto Castelli.

Possiamo certamente dire che questo risultato è frutto della compattezza dell'opposizione in quest'Aula ma anche dell'attenzione alle nostre ragioni di alcuni settori della maggioranza. Voglio sottolineare per tutti l'intervento del collega Di Lello Finuoli che ha aperto uno spazio per la riflessione nella maggioranza e soprattutto l'attenzione del Ministro, che ha dato prova di pragmatismo, flessibilità, e capacità di mediazione.

Ascoltare, comprendere le ragioni di tutti, decidere per i bisogni reali dei cittadini è il compito dei parlamentari. Verremmo meno ad un obbligo della democrazia se ci trasformassimo in portavoci faziosi di gruppi di potere o di pressione o peggio ancora di quanti operano per una delegittimazione del Parlamento.

D'altra parte, anche il voto di ieri dell'Aula, che ha visto anche la maggioranza sconfitta, conferma il prevalere delle ragioni della dialettica parlamentare su ogni posizione pregiudiziale. La maggioranza è certamente venuta meno per un suo problema interno, marcata com'è da elementi di debolezza strutturale, ma anche per la complessità delle posizioni che si sono palesate in questo campo così delicato e difficile. Siamo consapevoli, per esempio, che sul tema della distinzione delle funzioni tra magistratura giudicante e magistratura inquirente vi è una disponibilità vera al merito del confronto, per costruire una soluzione di garanzia in linea con quanto avviene negli ordinamenti di altre grandi democrazie occidentali.

Ma, allo stesso tempo, non si può limitare il giudizio sul decreto n. 160 alla postulata separazione delle carriere, dimenticando l'obiettivo, che il decreto si pone, di migliorare il sistema di accesso alla magistratura per una maggiore professionalità e indipendenza dei futuri magistrati.

Anche oggi, per quanto riguarda il decreto n. 109, la Commissione giustizia ha lavorato per individuare una soluzione che rappresenti un auspicato equilibrio tra i princìpi di responsabilità, che devono caratterizzare l'attività dei magistrati, e le esigenze di garanzia, che derivano dalla tipizzazione delle condotte censurabili sotto il profilo disciplinare.

Il confronto, qualche volta duro, di questo decennio tra il potere legislativo e l'ordine giudiziario, la tentazione di alcuni partiti di schierare al proprio fianco la magistratura e di farsene garante politico, hanno determinato un clima inaccettabile relativamente ai temi dell'amministrazione della giustizia nel nostro Paese, facendo dimenticare le questioni reali e producendo un grave disorientamento dei cittadini. Noi, come Gruppo parlamentare Democrazia Cristiana-Partito Repubblicano Italiano-Indipendenti-Movimento per l'Autonomia, vogliamo contribuire a un rasserenamento del clima istituzionale e politico al fine dare risposte efficaci ai bisogni quotidiani di giustizia, equità e sicurezza dei cittadini.

C'è un convitato di pietra in quella che sembra una partita a due tra politici e magistrati: il cittadino che attende troppo a lungo o inutilmente una giustizia giusta, il cittadino che chiede professionalità dai magistrati e certezza del diritto. Con questo obiettivo, colleghi, vanno valutate le norme relative all'accesso in magistratura e alla formazione culturale e permanente dei magistrati e va considerata, nella logica di una corretta dialettica processuale, la distinzione certa tra funzione inquirente e funzione giudicante.

Certamente oggi i cittadini non possono dirsi soddisfatti di questo livello dell'amministrazione della giustizia e questo per responsabilità diffuse. I tre «decreti legislativi Castelli» - li chiamo così per semplificare - si ponevano quale tentativo serio di dare risposte efficaci a queste necessità. La maggioranza, secondo una corretta logica parlamentare e politica, avrebbe dovuto presentare una proposta migliorativa, un suo progetto complessivo, e non solo una sospensione cautelare. Ma questo avrebbe richiesto una forza e una consapevolezza delle proprie ragioni che questa maggioranza oggi non possiede. Da ciò l'esigenza di sospendere oggi, e forse sopprimere domani, l'efficacia dei decreti Castelli.

Il percorso parlamentare ha consentito, invece, di liberarci e liberare il Paese, almeno in questo caso e solo parzialmente, da questa camicia di forza degli schieramenti, approdando a soluzioni in qualche modo condivise. I dubbi, i ripensamenti, le sintesi di mediazione raggiunti non sono frutti casuali, ma dialettica parlamentare, il sale della democrazia, il prevalere, quindi, del buon senso e dell'interesse generale sulle posizioni pregiudiziali che ha fatto da argine, almeno per una volta, a questa vocazione diffusa, autodistruttiva, della militarizzazione della politica.

Per questo, il voto contrario che il nostro Gruppo esprime sul complesso del provvedimento in discussione in questa occasione ha un contenuto e sfumature del tutto diverse dalle altre questioni finora trattate in quest'Aula. (Applausi dal Gruppo DC-PRI-IND-MPA).

D'ONOFRIO (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ONOFRIO (UDC). Signor Presidente, onorevole Ministro, il Gruppo dell'UDC vota su questo provvedimento, originariamente proposto dal Governo, con qualche difficoltà. Noi capiamo che votiamo contro un provvedimento alla radicale modifica del quale abbiamo concorso in modo decisivo. Se avessimo voluto far precedere le ragioni del metodo seguito nella modifica del provvedimento alle ragioni del fatto che quest'ultimo venga dal Governo, avremmo dovuto votare a favore di questo provvedimento.

Noi votiamo contro perché, ovviamente, si tratta di un provvedimento che, sebbene ridotto ad un terzo soltanto della disposizione iniziale (che riguardava procure della Repubblica e procedimento disciplinare), è pur sempre un provvedimento che prevede la sospensione di un decreto legislativo attuativo di una riforma voluta da questa parte politica, che era maggioranza nella precedente legislatura.

Ho detto prima e ripeto ora che il nostro voto contrario è sostanzialmente un voto che parte dalla constatazione del mutamento radicale tra la proposta iniziale del testo del Governo... (Il senatore Storace conversa con il ministro Mastella). Chiedo una cortesia al collega Storace e al ministro Mastella.

 

PRESIDENTE. Per favore, il senatore D'Onofrio sta chiedendo una cortesia.

 

D'ONOFRIO (UDC). Per una ragione politica molto importante: questo provvedimento è giunto al Senato con la caratteristica della sospensione di fatto dell'intera riforma dell'ordinamento giudiziario approvata dal centro-destra nella precedente legislatura. A questa ipotesi noi abbiamo contrapposto con forza, con tenacia, con una capacità di iniziativa che pochi credevano possibile, l'ipotesi che in materia di riforma dell'ordinamento giudiziario non si potesse procedere più con l'idea che una maggioranza può fare quello che vuole, ma che, trattandosi di regole istituzionali, si dovesse cercare dovunque l'intesa per una riforma stabile, qualunque parte politica vinca le elezioni.

Ritengo che, da questo punto di vista, il comportamento del Governo e della maggioranza che lo sostiene, nonostante le difficoltà procedurali alle quali abbiamo assistito, nel corso di questi tre mesi sia cambiato anche per merito nostro. Rivendico con forza il merito dell'UDC per aver detto, fin dal luglio scorso, non nelle ultime ventiquattro ore, che su questa materia era necessario capire se il Governo voleva abrogare o modificare la riforma Castelli. La proposta un po' furbesca di sospendere il provvedimento Castelli di fatto poteva diventarne l'abrogazione, se la sospensione fosse stata caratterizzata da una volontà di chiudersi, come maggioranza, a riccio. Ciò non è avvenuto.

Abbiamo posto una sfida, signor Presidente; abbiamo posto una sfida, signor Ministro. Volevamo capire se, sulla materia dell'ordinamento giudiziario, le due caratteristiche di fondo della proposta Castelli (il potere esclusivo del procuratore capo della Repubblica nell'inizio dell'azione penale e l'obbligatorietà dell'azione disciplinare), quei due pilastri rimanevano intatti o no. Ci è stato detto che questi pilastri rimangono, con le modifiche che hanno ritenuto giusto apportare ad essi. Abbiamo detto, a questo punto, che è ovvio che procura della Repubblica e procedimento disciplinare saranno diversi da quelli della riforma Castelli, che non viene quindi abrogata, non viene più neanche sospesa, ma viene modificata, come ritenevamo doveroso.

È per queste ragioni che noi riteniamo che anche la terza parte della riforma Castelli, quella corposa, che riguarda la separazione delle funzioni, di fatto poteva essere modificata d'intesa all'inizio di questa legislatura, senza alcuna sospensione del decreto legislativo n. 160 del 2006 dell'allora ministro Castelli. Ciò non è stato possibile. Ma è evidente che il voto finale su questo disegno di legge - è bene che i colleghi della maggioranza colgano questo punto - non è più il voto a favore di un disegno di legge che comportava di fatto una sospensione generalizzata del provvedimento; è diventata residuale.

Noi riteniamo che, da questo punto di vista, l'introduzione della separazione delle funzioni dovrà tenere conto, in misura notevole, del fatto che le procure della Repubblica sono caratterizzate dal potere esclusivo (che il disegno di legge mantiene) dell'azione penale da parte del procuratore capo e dall'obbligatorietà dell'azione disciplinare. Ecco perché il nostro voto è, in un certo senso, contrario per ragioni formali e procedurali, ma è politicamente un voto favorevole.

Noi cogliamo nella ragione dell'intesa sulla riforma dell'ordinamento giudiziario un punto strategico al quale più volte il Ministro si è richiamato nei suoi interventi, ai quali mi sono riferito più volte negli interventi a nome del Gruppo UDC, e che abbiamo visto con grande soddisfazione diventare anche oggi, quando sembrava imminente la rottura definitiva tra le due parti politiche. Abbiamo detto che era soltanto un intervallo procedurale e politico, non era una conclusione negativa.

L'altro ieri, quando sembrava definitivamente conclusa in modo negativo l'intesa sulla riforma delle procure, abbiamo detto che c'era un supplemento di intesa possibile. Quando il ministro Mastella ha chiesto di accantonare l'emendamento del senatore Caruso su questo argomento, abbiamo dato la disponibilità, perché abbiamo capito che nella richiesta di accantonamento del Ministro non vi era solo una ragione di compattezza della maggioranza che sostiene il Governo, ma vi era anche una ovvia disponibilità a capire se le ragioni che noi avevamo indicato erano componibili con le ragioni della maggioranza.

In questo senso credo abbia ragione la collega Finocchiaro quando parla di una vittoria del Parlamento. È veramente una vittoria del Parlamento. Ritengo inoltre che il presidente Marini abbia motivo di compiacersi del fatto che il suo appello alle intese istituzionali su questo argomento sia stato raccolto.

Credo, infine, non sia nel giusto chi tra i colleghi del fronte dell'opposizione abbia ritenuto che nell'atteggiamento dell'UDC si nascondesse l'intenzione quasi di svincolarsi dal proprio schieramento per chissà quali intendimenti politici. Vi era soltanto l'intendimento serio, questo sì, di passare dalla logica dello scontro militarizzato dei blocchi contrapposti alla ricerca dell'intesa sulle regole istituzionali.

Noi continueremo lungo questa strada, dando per scontato che la maggioranza che sostiene il Governo e il Governo stesso cercheranno l'intesa anche sulla questione della separazione delle funzioni e, una volta che tale intesa sarà raggiunta, non avremo difficoltà ad esprimere un voto favorevole, come abbiamo fatto in merito alla riforma della procura della Repubblica e ai procedimenti disciplinari.

Per queste ragioni, esprimo una grande soddisfazione per avere iniziato la legislatura nel modo più corretto affrontando proprio questo tema che si presentava di estrema difficoltà.

Non è un voto sul Governo; non abbiamo votato a favore delle proposte del Governo perché erano state da questo avanzate. Abbiamo constatato che vi era un'intesa generalizzata. Riteniamo quindi opportuno questo piccolo, significativo passo. Non mi illudo che esso rappresenti la soluzione del problema, ma può invece consentirci di passare da quella contrapposizione violenta che dal 1993 in poi ha caratterizzato i rapporti tra magistratura e potere politico all'ipotesi non dico di un'intesa - perché non cerco l'intesa tra questi due poteri istituzionali - ma almeno di una distinzione dei ruoli nel rispetto dei principi costituzionali.

Per queste ragioni, il nostro voto sul provvedimento in esame rimane contrario, mentre le motivazioni per le quali siamo stati lieti delle due grandi modifiche intervenute sull'ordinamento giudiziario ci hanno trovato favorevoli. Proprio per questo non attribuirei grande significato al nostro voto contrario rispetto alla particolare soddisfazione che proviamo per le modifiche apportate. (Applausi dai Gruppi UDC, LNP e DC-PRI-IND-MPA e del senatore Caruso. Congratulazioni).

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

DI LELLO FINUOLI (RC-SE). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, intervengo a nome di tutti i Gruppi parlamentari dell'Unione presenti nell'Aula del Senato, i quali separatamente lasceranno a verbale le proprie dichiarazioni di voto, come convenuto con la Presidenza.

L'esposizione sintetica del presidente Salvi mi esime dal tornare sugli aspetti qualificanti del provvedimento che stasera ci accingiamo ad approvare nella parte relativa agli illeciti disciplinari dei magistrati, ma devo dare atto che se volessimo, come maggioranza, emettere un bollettino di vittoria dovremmo anche ricordare la buona volontà dell'opposizione con la quale in due o tre giorni di trattative, pur rimanendo ognuno nell'ambito delle proprie convinzioni, abbiamo trovato un accordo che può essere un segnale non tanto ai magistrati quanto ai cittadini. Siamo giunti ad un accordo ragionevole in merito alla ristrutturazione dell'ufficio della procura della Repubblica e abbiamo trovato un'intesa, anch'essa ragionevole, circa l'illecito disciplinare dei magistrati.

Una riforma condivisa dà forza, non solo all'ordinamento giudiziario, ma anche al sistema giustizia. E quel che oggi manca in Italia è la forza di questo sistema giustizia, cioè la sua scarsa considerazione sociale. In altri Paesi, penso all'Inghilterra e alla Francia, il sistema giustizia ha un suo valore, una sua accettazione, una sua condivisione sociale, perché è riconosciuto come valido, efficace, giusto e condiviso.

Con questo accordo abbiamo messo un primo tassello perché le riforme vengano recepite all'esterno come volute da tutto il Parlamento. È vero, è una vittoria del Parlamento, ma è anche una vittoria dei cittadini, i quali, specialmente sul disciplinare, oggi sapranno essere tutelati. I magistrati invocavano da anni una tipicizzazione degli illeciti disciplinari. Noi l'abbiamo ottenuta sfrondando la legge Castelli da tutte quelle forme vaghe di chiusura che portavano la tipicizzazione ad essere vanificata. Abbiamo invece, con la buona volontà dell'opposizione, trovato delle forme di tipicizzazione che tuteleranno i magistrati perché sapranno d'ora in poi quel che potranno e quel che non potranno fare. E questo è un grande passo avanti. Abbiamo quindi tutelato con questa riforma anche i cittadini, che sono i primi beneficiari di un sistema giudiziario serio e condiviso.

L'indipendenza della magistratura è sempre stata il faro delle nostre riflessioni e delle nostre battaglie. Credo che con questa riforma del disciplinare il sistema della protezione dell'indipendenza della magistratura venga rafforzato, perché il magistrato non sarà in balia del Ministro o del procuratore generale della Cassazione in base a dei comportamenti che magari a Milano vengono tollerati e a Bari no. Oggi ci sarà un'uniformità di riferimento dei comportamenti, insieme, ovviamente, all'obbligatorietà dell'azione disciplinare, perché sarebbe stato vano tipicizzare queste forme di illecito e poi lasciarle all'arbitrio dell'azione disciplinare.

L'accordo che abbiamo trovato deve tuttavia preludere ad una discussione comune sulla parte, corposa, che viene sospesa. Su questo possiamo rassicurare i colleghi dell'opposizione: non ne vogliamo l'abrogazione. Vogliamo invece che immediatamente, subito dopo questo voto, innanzitutto come maggioranza, dando poi all'opposizione i criteri in base ai quali affronteremo le diverse situazioni, che sono tra le più importanti, perché riguardano l'accesso alla magistratura, la divisione delle funzioni, la progressione e altro ancora, si torni sulla materia. E anche nella nuova discussione che andremo ad affrontare non dovremo farci coinvolgere da ideologismi, bensì guardarci intorno in Europa.

L'ho detto anche all'inizio di questa discussione: la divisione delle carriere non può essere un tabù, perché è prevista in tutti i Paesi europei. In Italia possiamo comunque raggiungere un buon accordo sulla divisione delle funzioni, modificando i passaggi previsti dalla riforma Castelli che sono impossibili e che obbligano ad una scelta molto drammatica. Un po' come si diceva un tempo: «Disse sì e fu monaca per sempre», oppure «Tu es sacerdos in aeternum», così il 28 ottobre un magistrato dovrebbe dire «Sono pubblico ministero per sempre».

Ci deve essere un'osmosi tra funzione giudicante e funzione inquirente ma con dei filtri, con delle garanzie, quindi con una divisione delle mansioni attuata, lo ripeto, non per distretto ma su base regionale, nel senso che chi opta per una funzione diversa poi deve cambiare Regione. Esistono infatti Regioni - penso alla Sicilia - in cui ci sono quattro distretti; sarebbe quindi facile per un magistrato giostrare all'interno della stessa Regione.

Queste sono le assicurazioni che come maggioranza possiamo dare. Non siamo per l'abrogazione di questa importante parte della riforma. Non siamo per scatenare guerre religiose, ma per andare avanti, ognuno nella chiarezza delle proprie posizioni e nella fermezza dei propri princìpi. Vogliamo andare avanti per riformare veramente la giustizia italiana.

Credo che il mio intervento, svolto a nome di tutti i partiti dell'Unione, possa dimostrare concretamente la compattezza di questa maggioranza. Con questa compattezza siamo anche disposti ad affrontare - e saremo forse molto più credibili - la terza parte di questa storia, che spero sia a lieto fine. Lo dico non per la magistratura, né per noi, ma per i cittadini italiani, che aspettano da anni una giustizia funzionante, efficiente e anche giusta. (Applausi dai Gruppi RC-SE, Ulivo, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, colleghi, credo che prima di tutto occorra fare alcune considerazioni di natura politica su questa vicenda, che, come ho ricordato prima, dura ormai da quasi cinque anni, a dimostrazione incontrovertibile di come sia stato faticoso e difficile legiferare su tale materia.

La prima considerazione che si può fare è che il Parlamento, attraverso un cammino aspro, è comunque alla fine riuscito, sia pure parzialmente, a rivendicare la propria autonomia e indipendenza da altri poteri e a riaffermare un principio costituzionale incontrovertibile: è il Parlamento che fa le leggi, tutti gli altri soggetti vi si devono adeguare.

La seconda considerazione che possiamo fare riguarda un dato di fatto: finalmente la verità è venuta a galla. Ricordo gli insulti, le polemiche, le affermazioni apocalittiche secondo le quali anche soltanto un minuto di vigenza della riforma dell'ordinamento giudiziario introdotta dalla Casa delle Libertà avrebbe arrecato danni irreversibili al sistema. Bene, oggi possiamo dire che dei dieci decreti legislativi che la riforma prevedeva tutti rimangono operativi. Anche il decreto legislativo più controverso, il n. 160 del 2006, probabilmente verrà ad esplicare per qualche mese o per qualche giorno i suoi effetti.

Ma lasciamolo pure da parte: gli altri nove decreti legislativi non soltanto non hanno arrecato alcun danno ma stasera il Parlamento in forma solenne dice al Paese che essi non soltanto non hanno arrecato danni ma sono positivi per il Paese. Questo è il dato politico che emerge in maniera eclatante da questa vicenda. (Applausi dai Gruppi LNP e FI).

Come ho detto già in altra occasione, chi ha partecipato a questo faticosissimo cammino anche nella scorsa legislatura - e moltissimi parlamentari che oggi siedono in questo Senato hanno partecipato a questa grande fatica - deve sentirsi orgoglioso, perché ha consentito al Paese di fare un passo in avanti.

Mi riferisco a quanto diceva prima il senatore Andreotti, e cioè che addirittura neanche la Costituzione stessa è riuscita a dire una parola definitiva sull'attività politica dei magistrati; noi ci siamo riusciti e abbiamo dato un quadro preciso, definitivo e, credo, soddisfacente per tutti. Da un lato, viene salvata l'incontrovertibile prerogativa costituzionale per la quale il magistrato, da cittadino, può esprimere le proprie idee, ma viene anche statuito che il magistrato non è un cittadino qualunque; ha guarentigie, diritti particolari e quindi anche doveri particolari di correttezza, equidistanza e pertanto non può partecipare direttamente all'agone politico. Altro non fosse se non per questa norma, noi avremmo fatto un lavoro positivo.

Ve ne sono moltissime altre; non ritorno sulla questione dell'ufficio del procuratore che credo sia veramente una svolta epocale; finalmente dà ordine in un'attività così delicata, così fondamentale per il Paese. Resta questa grande soddisfazione, consentitemi anche personale, se volete. (Applausi dal Gruppo FI). Abbiamo sofferto, abbiamo sofferto, però oggi possiamo finalmente, almeno su tali questioni, dire la parola fine.

Resta il rammarico - lo dico con grande sincerità - di non poter votare sì a questo provvedimento. Lo avremmo fatto volentieri perché si era instaurato un clima di collaborazione; sarebbe stato bello e positivo poter coronare questo clima con una luce verde. Non ci è consentito perché c'è stata una mancanza di coraggio da parte della maggioranza; non si è osato affrontare l'ultimo totem, l'ultimo tabù: la separazione delle funzioni, ma soprattutto la meritocrazia nella progressione in carriera dei magistrati. Bisogna pure affrontare questo tema, colleghi.

Chi di noi stasera non è qui per merito? C'è qualcuno di noi che forse stasera non è qui per merito? Non credo. Ciascuno di noi ha una storia personale dietro che, attraverso una serie di impegni personali, di studio, di applicazione, del fatto che ci si è messi in gioco, ci ha consentito di arrivare in quest'Aula. Chi delle persone che fuori lavorano non progredisce, non va avanti nella vita per merito? Nessuno. Bene, abbiamo una sola categoria che è avulsa da questa logica scontata per tutti: è la classe dei magistrati.

Credo che su questo tema dovremo pur confrontarci; non si è avuto il coraggio di farlo ora - secondo me è un peccato -, non si è avuto il coraggio di affrontare il problema della separazione delle funzioni; lo si poteva fare perché in via privata, molti, anche esponenti dell'attuale maggioranza, mi hanno confessato che il primo testo che avevamo presentato al Senato era un testo che poteva essere assolutamente praticabile e affrontabile.

Consentitemi una nota pessimistica: non credo che potremo tornare tanto facilmente su questi temi in questa legislatura, anche per una questione pratica. Ho ricordato prima come abbiamo passato ore e ore a discutere; anche questa legislatura ha impegnato l'Assemblea quasi totalmente su questo tema.

È chiaro che il Paese aspetta anche la risoluzione di molti altri problemi, altrettanto e forse anche più gravi. Questo era il treno che avremmo dovuto prendere; lo abbiamo perduto e non so quando tornerà. Questo è il motivo che ci costringe a votare contro. (Applausi dai Gruppi LNP, FI, AN e UDC).

CARUSO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CARUSO (AN). Signor Presidente, siamo al momento del riassunto dei nostri lavori e quindi riassumiamo.

Il Ministro si è affacciato nell'Aula del Senato con questo disegno di legge con cui ha proposto di sospendere tre decreti legislativi attuativi della riforma dell'ordinamento giudiziario voluta e votata dalla maggioranza di centro-destra nella XIV legislatura, più un altro intervento di non poco conto. Il Ministro si è affacciato in quest'Aula con un disegno preciso: colpire al cuore la riforma dell'ordinamento giudiziario voluta e votata dalla maggioranza di centro-destra nella XIV legislatura.

Il Ministro esce da quest'Aula con due dei tre decreti legislativi modificati marginalmente, in maniera infinitesimale (con riferimento al principale, quello che riguarda il nuovo modello di organizzazione della procura della Repubblica) ed uno, purtroppo, sospeso. Non so se i magistrati saranno felici di questo risultato, che oggi il Ministro guardasigilli e la maggioranza di centro-sinistra ottengono: può darsi di sì, può darsi di no.

Nel caso in cui siano felici, è ovvio che la felicità sarà quantomeno mitigata dal fatto che - è notizia di oggi - l'articolo 65 del disegno di legge finanziaria voluta dal Governo di centro-sinistra un qualche dispiacere loro lo dà, diminuendone gli emolumenti e - così ho letto in talune delle loro dichiarazioni - attentando, anch'esso, all'indipendenza e all'autonomia della magistratura. Insomma, un attentato che va ed uno che viene. Quello che va, purtroppo, è quello che doveva essere recato dal decreto delegato sul riassetto delle carriere e del sistema dei concorsi; quello che viene è, invece, l'articolo 65 del disegno di legge finanziaria.

Il Ministro esce dall'Aula con un articolo del disegno di legge (l'articolo 2), che non sarà gran cosa, ma non è più suo. L'articolo 2, infatti, signor Presidente, è mio, è nostro, è del Gruppo di Alleanza Nazionale e dell'opposizione di quest'Aula. Tutto questo perché è stato, in tutta evidenza, approvato un emendamento che integralmente lo sostituisce.

Il ministro Mastella esce dall'Aula senza avere più l'articolo 3, che era un altro colpo al cuore - e non da poco - all'operazione trasparenza che il Gruppo di Alleanza Nazionale - devo ammettere per onestà e per verità di cosa, con la collaborazione e la cooperazione preziosa di forze dell'allora opposizione - volle. Si tratta, cioè, di quella norma in base alla quale i magistrati che partecipano ai lavori del Consiglio superiore della magistratura devono poi compiere un passo indietro temporaneo, per un periodo delimitato di tempo, entro il quale non potranno aspirare ai posti ambìti del fuori ruolo né degli incarichi direttivi e semidirettivi. È un'operazione trasparenza alla quale il ministro Mastella aveva cercato di inferire un colpo al cuore, e che, viceversa, è restata e resta nel nostro ordinamento.

Non vorrei maramaldeggiare, signor Presidente, ma il ministro Mastella esce da quest'Aula senza l'articolo 5. Il collega che mi ha preceduto ha parlato del convitato di pietra, a proposito di questi nostri lavori: è il convitato Di Pietro, ministro Mastella, che l'ha messa in difficoltà! (Applausi dal Gruppo AN).

La sospensione dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo che rimane (quindi quello sul riassetto delle carriere), tuttavia sospende, azzera e quindi inferisce un vero colpo al cuore al principio della separazione delle funzioni, che rappresentava il contenuto più innovativo e davvero di svolta della riforma dell'ordinamento giudiziario da noi voluta.

Questo ci basta per esprimere un voto contrario al disegno di legge nel suo complesso, perché vede, signor Presidente, vi sono Governi di svolta e Governi di retromarcia. Abbiamo sostenuto con entusiasmo, con il cuore, un Governo di svolta, quello della XIV legislatura; non sosterremo mai - qualunque cosa accada - un Governo di retromarcia, di cui fa parte e di cui in quest'occasione, con riferimento a questa controriforma, è stato protagonista ed emblema il ministro Mastella. Sosteniamo i Governi di svolta, non quelli di retromarcia.

Alleanza Nazionale, pertanto, esprimerà voto contrario al disegno di legge in esame. (Applausi dai Gruppi AN e FI).

CENTARO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CENTARO (FI). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, Forza Italia voterà contro il disegno di legge in discussione, il cui iter era iniziato con una relazione offensiva nei confronti del Consiglio superiore della magistratura. Infatti, basare la sospensione dell'efficacia delle disposizioni in tema di ordinamento giudiziario sulla circostanza che i magistrati eletti, gli avvocati e i docenti universitari designati non fossero all'altezza di interpretare ed attuare la riforma dell'ordinamento giudiziario, ma avessero bisogno di un periodo di tirocinio, è semplicemente offensivo per costoro. Ma è offensivo anche per l'intelligenza del Parlamento, perché quando si vuole sospendere e basta significa che non si sa cosa si vuole fare, significa un'assoluta confusione sul programma della giustizia.

Badi, signor Ministro, non so cosa sia successo dopo. Lei è corso ai ripari, ma intempestivamente, perché nelle dichiarazioni programmatiche del Governo in Commissione giustizia non ha detto nulla, e d'altra parte molti esponenti dell'Esecutivo e della maggioranza sostenevano che sarebbe stato il Parlamento poi a rivisitare la riforma dell'ordinamento giudiziario. Lei è corso ai ripari (ci fa piacere) con una serie di dichiarazioni programmatiche estremamente generiche, di cui non abbiamo ancora visto l'attuazione in concreto e che possono prestarsi anche a modifiche assolutamente destabilizzanti rispetto all'incipit principale.

D'altra parte, anche noi abbiamo apprezzato la sua apertura al dialogo che ha consentito, con un confronto assolutamente onesto, leale e serrato tra maggioranza e minoranza, di arrivare ad una sintesi veramente soddisfacente per tutti ma, soprattutto, che ha condotto a una vittoria contro gli estremisti della politica.

Alla fine, infatti, ci si rende conto che gli impianti dei decreti delegati sulla procura e sulla materia disciplinare tanto demonizzati, che in campagna elettorale erano stati sbandierati come momenti di assoluto ripudio da parte dell'Unione, andavano bene, sono stati attuati e non hanno creato quei guasti paventati da politici e magistrati. Hanno funzionato e alla fine sono stati modificati solo in misura assolutamente marginale.

Il decreto delegato sulle procure vede rafforzata la figura del procuratore della Repubblica come titolare esclusivo dell'azione penale, il quale può assegnare un procedimento al sostituto, ma glielo può togliere, se non risponde ai criteri che gli ha indicato, senza che vi sia nessun organismo a cui rivolgersi.

Vi è inoltre il portavoce per i media dell'ufficio, che eviterà quei protagonismi e quei rapporti patologici dei magistrati con i mezzi di comunicazione che tante devastazioni e tanti problemi hanno provocato per i diritti fondamentali dei cittadini. Lo stesso procedimento disciplinare è stato modificato solo in parte.

Diceva bene il collega Castelli: abbiamo avuto il coraggio di toccare dei punti sensibili. Alla fine anche voi vi siete resi conto che queste riforme andavano fatte e assolutamente approvate nell'interesse dei cittadini. Noi abbiamo toccato punti sensibili perché, oltre al divieto di iscrizione ai partiti politici, già previsto dalla Costituzione, abbiamo sancito il divieto di partecipazione sistematica e continuativa, seppure in modo informale, ai partiti politici, cosa che molti magistrati hanno l'abitudine di fare. Abbiamo sancito il divieto di dichiarazioni che siano dirette a condizionare strumentalmente l'operato di organi costituzionali. (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Vi prego, colleghi, state disturbando l'intervento del senatore Centaro. Limitate il brusìo.

 

CENTARO (FI). È ancora sotto gli occhi di tutti il ricordo di quei sostituti che dichiararono di essere pronti a dimettersi se il decreto-legge Biondi non fosse stato ritirato dal Governo. Un vero e proprio colpo di Stato, che si voleva porre in essere da parte della magistratura militante e politicizzata. (Applausi dal Gruppo FI).

Abbiamo regolato i rapporti con la stampa e con la politica, punti fondanti per affermare una vera autonomia e una vera indipendenza della magistratura.

Con queste norme vincono i magistrati, quelli che svolgono il proprio dovere, in silenzio, lavorando, rischiando la vita e pagando con la vita. Sono la stragrande maggioranza dell'ordine giudiziario italiano. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).

Perdono i magistrati politicanti, quelli che ritengono di poter condizionare il Parlamento. Perdono coloro che, forti di una posizione politicamente rilevante, in uscita dal Consiglio superiore della magistratura avevano l'abitudine di scegliersi i posti da ricoprire successivamente. Una funzione così alta, come quella del Consiglio superiore della magistratura, non può assolutamente essere sporcata con questi comportamenti da bassa bottega e deve prevedere una "sterilizzazione" della capacità e della forza politica del magistrato in uscita.

Ci siamo però fermati al punto fondamentale, signor Ministro: la separazione delle funzioni, i concorsi. Ho apprezzato le sue dichiarazioni, nel senso di prevedere la distinzione delle funzioni: vedremo come. Ho apprezzato anche le dichiarazioni del collega Di Lello Finuoli in merito ad una separazione delle funzioni, che non rappresenta più un tabù assolutamente intoccabile. Non so se poi tutto ciò ve lo faranno attuare, se poi, in concreto, tutto ciò verrà attuato. Ed è stato un peccato, perché se avessimo cominciato da subito a discutere nel merito e non solo di sospensione, oggi probabilmente saremmo arrivati anche a una soluzione soddisfacente per tutti. (Applausi dal Gruppo FI).

Così non è stato ed è sintomatico di ciò, perché voi siete bloccati sul programma giustizia, non solo sulla separazione delle funzioni, che è un punto fondante. Che fine ha fatto la riforma del diritto penale? Vi sono state due Commissioni nella XIII e nella XIV legislatura che hanno lavorato. Che fine ha fatto questa riforma? Che fine ha fatto la riforma del processo penale, voluta da tutti e che ha visto nella XIII legislatura una serie di riforme coerenti e logiche, come quella dell'articolo 111 della Costituzione, e assolutamente illogiche e incoerenti, come quelle della cosiddetta legge Carotti? Vi sono, poi, i tagli alle spese della giustizia, i provvedimenti nella finanziaria.

Signor Ministro, sono veramente curioso... (Brusìo).

 

PRESIDENTE. Per favore, silenzio. Prosegua, senatore.

 

CENTARO (FI). Sono veramente curioso di sapere se, dopo tutte queste misure negative rispetto alle richieste dell'ANM, verrà meno il silenzio assordante di coloro che ieri, con bilanci inalterati del Ministero della giustizia e anzi aumentati, con una serie di riforme utili ai magistrati e alla loro attività, strillavano come aquile per la mancanza della carta. Certo, dopo i tagli del decreto Bersani vorrei capire la carta dove potranno prenderla questi magistrati? È una questione matematica, di numeri. (Applausi dal Gruppo FI). Nella finanziaria non c'è nulla che ripristini questi fondi.

Oggi ha vinto la magistratura e sono stati sconfitti i magistrati militanti e politicanti. (Applausi dal Gruppo FI). Spero che domani avvenga lo stesso, ma soprattutto è importante che continui a vincere la politica, nell'accezione alta del termine, scevra da condizionamenti esterni. Una politica che tenda ad un quadro di sistema e non certamente ad una popolarità a ogni costo. Una politica dotata di una visione coerente, omogenea.

Signor Ministro, la politica del centro-sinistra è frammentata, è ostaggio di estremismi, vive di agguati, è semplicemente incoerente. In una parola, signor Ministro, non solo sul sistema giustizia, ma su tutto il sistema Italia, voi siete incapaci di governare questo Paese e di farlo progredire. (Applausi dai Gruppi FI, LNP, UDC e AN. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Le dichiarazioni di voto finale sono così esaurite.

Passiamo all'esame della proposta di coordinamento C1, che invito il relatore ad illustrare.

SALVI, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di coordinamento C1 riguarda esclusivamente il titolo del disegno di legge: essendo stabilita la sospensione di un decreto e la modifica degli altri due, il titolo coerentemente deve adeguarsi a questa realtà.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi su tale proposta.

MASTELLA, ministro della giustizia. Mi associo alla richiesta del senatore Salvi e vorrei, in conclusione, ringraziare innanzitutto la mia maggioranza che mi ha sostenuto e anche quelli al suo interno che hanno avuto qualche perplessità, qualche dubbio o qualche reticenza; ringrazio parimenti l'opposizione che ha concorso in maniera dialettica a costruire e a fabbricare modalità diverse.

La mia opinione molto banale (nonostante alcune dichiarazioni in coda, che danno l'idea un po' enfatica che qualcuno abbia vinto e qualcuno abbia perso) è che oggi ha vinto il Parlamento. Ha vinto il Parlamento - e questa è una bella giornata, di grande efficacia operativa - perché non ha sconfitto nessuno, né doveva combattere contro nessuno. Non c'erano legionari o crociate da mettere in moto rispetto ad altri poteri e rappresentazioni istituzionali autonome della vita del nostro Paese. Ha vinto il Parlamento perché è stato se stesso, costruendo e codificando le sue prerogative. (Brusìo. Richiami del Presidente).

 

BIONDI (FI). Così si riapre il dibattito!

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Mi fermo qui allora. (Applausi ironici del senatore Calderoli).

 

STORACE (AN). Meglio così.

 

MASTELLA, ministro della giustizia. Ringrazio tutti, il senatore Salvi, presidente della Commissione giustizia, i componenti della Commissione e quanti hanno collaborato alla stesura finale. Credo che questa sia una buona occasione per tutti e ringrazio davvero in maniera eguale tutte le parti e tutti gli appezzamenti del territorio parlamentare. (Applausi dai Gruppi Misto-Pop-Udeur, Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV, FI e AN e dai banchi del Governo).

CASTELLI (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASTELLI (LNP). Signor Presidente, quanto alla proposta di coordinamento chiedo al relatore se può leggere il titolo, perché mi sembra significativo.

SALVI, relatore. Ma per il gusto di sentirlo? Il titolo è: «Sospensione dell'efficacia» - tanto per cominciare - «nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario». Ha sentito, senatore Castelli?

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di coordinamento C1, presentata dal relatore.

È approvata.

 

Procediamo ora al voto finale sul disegno di legge. Naturalmente il voto si svolgerà con il sistema elettronico...

ASCIUTTI (FI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ASCIUTTI (FI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Asciutti, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari, indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario».

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Onorevoli colleghi, vi prego di stare fermi ai vostri posti.

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

308

Senatori votanti

307

Maggioranza

154

Favorevoli

159

Contrari

148

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi Ulivo, RC-SE, IU-Verdi-Com, Aut, Misto-IdV e Misto-Pop-Udeur e dai banchi del Governo).


 

Allegato A

 

DISEGNO DI LEGGE

Sospensione dell'efficacia di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635)

(V. nuovo titolo)

Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario (635) (Nuovo titolo)

 

ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE

 

Art. 1.

Approvato con emendamenti. Cfr. anche seduta 44.

1. L’efficacia delle disposizioni contenute nei decreti legislativi 20 febbraio 2006, n. 106, 23 febbraio 2006, n. 109, e 5 aprile 2006, n. 160, è sospesa fino alla data del 31 luglio 2007.

EMENDAMENTO 1.700 ED EMENDAMENTI DA 1.45 A 1.92

1.700

IL RELATORE

V. testo 2

Al comma 1 sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n. 109» conseguentemente dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

2. Al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 sono apportate le seguenti modificazioni.:

a) all'articolo 1 i commi 2 e 3 sono soppressi;

b) all'articolo 2 comma 1:

§           la lettera i) è soppressa

§           la lettera v) è sostituita dalla seguente:

v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di

trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria

quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui e la violazione del divieto di cui all'articolo 5,

comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106;

§           la lettera z) è soppressa

§           la lettera bb) è soppressa

§           la lettera ff) è sostituita dalla seguente:

ff. l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore

macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;

c) all'articolo 2, il comma 2 è sostituito dal seguente:

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di

interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a

responsabilità disciplinare.

d) all'articolo 3, comma 1:

§           la lettera f) è soppressa

§           la lettera h) è sostituita dalla seguente:

h) l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato;

§           la lettera i) è sostituita dalla seguente:

i) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di

realizzazione, è diretto a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

§           la lettera l) è soppressa:

e) dopo l'articolo 3 è inserito il seguente:

Art. 3-bis

Condotta disciplinare irrilevante.

1. l'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza

f) all'articolo 14 il comma 4 è sostituito dal seguente:

4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici hanno

l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di

cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di

collegio nonché i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti

l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo

disciplinare.

g) all'articolo 15:

§           dopo il comma 1 è inserito il seguente:

1-bis. Non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal

fatto.

2) al comma 8, dopo le parole: «il corso dei termini» sono inserite le seguenti: «, compreso quello di

cui al comma 1-bis,» e dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti:

d-bis. se, nei casi in cui all'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), all'accertamento del fatto costituente

illecito disciplinare è pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o amministrativo;

d-ter. se, il procedimento è sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16.

h) all'articolo 16:

1) il comma 4 è sostituito dal seguente:

4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritiene necessario ai fini delle

determinazioni sull'azione disciplinare, può acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che

detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi,

motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave

pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano

segreti per un periodo non superiore a dodici mesi prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata

del procuratore della Repubblica ovvero dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, secondo comma del codice di procedura penale e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può prendere visione degli atti. Il procedimento può essere altresì sospeso nel corso delle indagini preliminari.

2) Dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:

5-bis. il Procuratore generale procede all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta

disciplinarmente rilevante secondo l'articolo 3-bis o forma oggetto di denuncia non circostanziata

secondo l'articolo 15 ultima parte, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4

oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso. Il provvedimento di

archiviazione è comunicato al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento

della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni

successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al Presidente della sezione disciplinare la

fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta si provvede

nei modi previsti nei commi 4 e 5 dell'articolo 17 e le funzioni di pubblico ministero, nella

discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo

sostituto. Il provvedimento di archiviazione acquista efficacia solo se il termine di cui sopra sia

interamente decorso senza che il Ministro abbia avanzato la richiesta di fissazione dell'udienza di

discussione orale davanti alla sezione disciplinare. In tale caso è sospeso il termine di cui al comma 1

dell'articolo 15.

3) Nella rubrica sono aggiunte infine le seguenti parole:«Potere di archiviazione»

i) all'articolo 17:

1) Il comma 5 è sostituito dal seguente:

5. Il decreto di cui al comma 4 è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la

discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di questo ultimo, se già

designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, richiesto l'integrazione o la

modificazione della contestazione, al Ministro della giustizia.

§           Al comma 7 è soppresso l'ultimo periodo:

l) all'articolo 18, comma 1, è soppresso il secondo periodo.

m) all'articolo 19 il comma 1 è sostituito dal seguente:

§           La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura delibera immediatamente dopo

l'assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio.

n) all'articolo 22, comma 1, è aggiunto in fine il seguente periodo:«Nei casi di minore gravità il Ministro della giustizia o il Procuratore generale possono chiedere alla sezione disciplinare il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo, ma diverso da quello indicato nell'articolo 11 del codice di procedura penale».

o) all'articolo 24 il comma 2 è sostituito dal seguente:

§           La Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del

ricorso.

p) all'articolo 25, i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:

7. La sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al comma 2, o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 4 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare.



8. Contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione è ammesso ricorso alle

sezioni unite civili della Corte di cassazione.

q) dopo l'articolo 32 è aggiunto il seguente:

Art.. 32-bis

Disposizioni transitorie

§           Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti disciplinari

promossi a decorrere dalla sua entrata in vigore.

2. Per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente decreto legislativo continuano ad applicarsi, se più favorevoli, gli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.

3. I ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione disciplinare del Consiglio

superiore della magistratura pendenti presso le sezioni unite penali della Corte di cassazione sono trasferiti alle sezioni unite civili della stessa Corte.

1.700 (testo 2)

IL RELATORE

Approvato

Al comma 1 sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n. 109» conseguentemente dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

2. Al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 sono apportate le seguenti modificazioni.:

a) all'articolo 1 i commi 2 e 3 sono soppressi;

b) all'articolo 2 comma 1:

§           la lettera i) è soppressa

§           la lettera v) è sostituita dalla seguente:

v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di

trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui e la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106;

§           la lettera z) è soppressa

§           la lettera bb) è soppressa

§           la lettera ff) è sostituita dalla seguente:

ff. l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore

macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;

c) all'articolo 2, il comma 2 è sostituito dal seguente:

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attività di

interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a

responsabilità disciplinare.

d) all'articolo 3, comma 1:

§           la lettera f) è soppressa

§           la lettera h) è sostituita dalla seguente

h) l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato;

§           la lettera i) è sostituita dalla seguente:

i) l'uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di

realizzazione, è diretto a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste;

§           la lettera l) è soppressa:

e) dopo l'articolo 3 è inserito il seguente:

Art. 3-bis

Condotta disciplinare irrilevante.

1. l'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza

f) all'articolo 14 il comma 4 è sostituito dal seguente:

4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici hanno

l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di

cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di

collegio nonché i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti

l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo

disciplinare.

g) all'articolo 15:

§           dopo il comma 1 è inserito il seguente:

1-bis. Non può comunque essere promossa l'azione disciplinare quando sono decorsi dieci anni dal

fatto.

2) Al comma 2, ovunque ricorrano, le parole:«un anno» sono sostituite dalle seguenti:«due anni».

3) al comma 8, dopo le parole: «il corso dei termini» sono inserite le seguenti: «, compreso quello di cui al comma 1-bis,» e dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti:

d-bis. se, nei casi in cui all'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), all'accertamento del fatto costituente

illecito disciplinare è pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o amministrativo;

d-ter. se, il procedimento è sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16.

h) all'articolo 16:

1) il comma 4 è sostituito dal seguente:

4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo ritiene necessario ai fini delle

determinazioni sull'azione disciplinare, può acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che

detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi,

motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave

pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano

segreti per un periodo non superiore a dodici mesi prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata

del procuratore della Repubblica ovvero dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, secondo comma del codice di procedura penale e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può prendere visione degli atti. Il procedimento può essere altresì sospeso nel corso delle indagini preliminari.

2) Dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:

5-bis. il Procuratore generale procede all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta

disciplinarmente rilevante secondo l'articolo 3-bis o forma oggetto di denuncia non circostanziata

secondo l'articolo 15 ultima parte, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4

oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso. Il provvedimento di

archiviazione è comunicato al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento

della comunicazione, può richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni

successivi alla ricezione degli stessi, può richiedere al Presidente della sezione disciplinare la

fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta si provvede

nei modi previsti nei commi 4 e 5 dell'articolo 17 e le funzioni di pubblico ministero, nella

discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo

sostituto. Il provvedimento di archiviazione acquista efficacia solo se il termine di cui sopra sia

interamente decorso senza che il Ministro abbia avanzato la richiesta di fissazione dell'udienza di

discussione orale davanti alla sezione disciplinare. In tale caso è sospeso il termine di cui al comma 1

dell'articolo 15.

3) Nella rubrica sono aggiunte infine le seguenti parole:«Potere di archiviazione»

i) all'articolo 17:

1) Il comma 5 è sostituito dal seguente:

5. Il decreto di cui al comma 4 è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata per la

discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonché al difensore di questo ultimo, se già

designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, richiesto l'integrazione o la

modificazione della contestazione, al Ministro della giustizia.

2) Al comma 7 è soppresso l'ultimo periodo:

l) all'articolo 18, comma 1, è soppresso il secondo periodo.

m) all'articolo 19 il comma 1 è sostituito dal seguente:

§           La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura delibera immediatamente dopo

l'assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio.

n) all'articolo 22, comma 1, è aggiunto in fine il seguente periodo:«Nei casi di minore gravità il Ministro della giustizia o il Procuratore generale possono chiedere alla sezione disciplinare il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo, ma diverso da quello indicato nell'articolo 11 del codice di procedura penale».

o) all'articolo 24 il comma 2 è sostituito dal seguente:

§           La Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro sei mesi dalla data di proposizione del

ricorso.

p) all'articolo 25, i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:

7. La sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento disciplinare e, sentiti il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al comma 2, o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 4 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare.

8. Contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di revisione è ammesso ricorso alle

sezioni unite civili della Corte di cassazione.

q) dopo l'articolo 32 è aggiunto il seguente:

Art.. 32-bis

Disposizioni transitorie

§           Le disposizioni di cui al presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti disciplinari

promossi a decorrere dalla sua entrata in vigore.

2. Per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente decreto legislativo continuano ad applicarsi, se più favorevoli, gli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.

3. I ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione disciplinare del Consiglio

superiore della magistratura pendenti presso le sezioni unite penali della Corte di cassazione sono trasferiti alle sezioni unite civili della stessa Corte.

1.45

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.322

CASTELLI

Precluso

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 1º dicembre 2006».

1.46

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera b) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.47

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera e) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.48

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera f) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.49

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera g) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.50

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera h) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.51

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera n) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.52

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera v) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.53

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera cc) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.54

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera dd) dell’articolo 2 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.55

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera c) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.56

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera f) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.57

VALENTINO, CARUSO, BUCCICO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera l) dell’articolo 3 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.58

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia della lettera d) dell’articolo 4 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.59

BUCCICO, VALENTINO, CARUSO

Improponibile

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109,».

Conseguentemente, aggiungere il seguente comma:

«2. L’efficacia dell’articolo 9 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 è sospesa fino alla data del 31 dicembre 2006».

1.60

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, sopprimere le parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.61

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.323

PALMA

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, sopprimere le seguenti parole: «23 febbraio 2006, n.109».

1.324

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 27 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.325

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 28 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.326

CASTELLI

Improponibile

Al comma 1, sostituire le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» con le seguenti: «nonché l’efficacia dell’articolo 29 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109».

1.331

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati, la cui efficacia è sospesa fino al 1º novembre 2006,».

1.62

CARUSO, VALENTINO, BUCCICO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo la parola: «109» inserire le seguenti: «tranne per quelle di cui al Capo I - Della responsabilità disciplinare dei magistrati».

1.330

CENTARO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo I».

1.332

CENTARO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo II».

1.333

CENTARO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

All’articolo 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione di quelle di cui al capo III».

1.88

CARUSO, BUCCICO, VALENTINO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo la parola: «109» aggiungere le seguenti: «tranne per quelle di cui agli articoli 26, 27, 28 e 29».

1.500

VALENTINO, BUCCICO, CARUSO

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» sono inserite le seguenti: «con esclusione di quelle contenute nell’articolo 23».

1.327

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 27 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006».

1.90

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 27,».

1.328

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 28 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006,».

1.91

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 28,».

1.329

CASTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 29 la cui efficacia è sospesa fino alla data 15 novembre 2006,».

1.92

CENTARO, ZICCONE, FAZZONE, GHEDINI, MALVANO, PITTELLI

Precluso dall'approvazione dell'em. 1.700 (testo 2)

Al comma 1, dopo le parole: «23 febbraio 2006, n.109,» inserire le seguenti: «ad eccezione dell’articolo 29,».

EMENDAMENTO 4.0.600 (TESTO 2) TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 4

4.0.600 (TESTO 2)

IL GOVERNO

V. testo 3

Dopo l’articolo 4, è aggiunto il seguente:

«Art. 4-bis.

1. Fino al 31 luglio 2007 continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 1, le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le altre disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, ed in particolare gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n.20.

2. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e le situazioni esaurite nel vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 1».

4.0.600 (testo 3)

IL GOVERNO

Approvato

Dopo l’articolo 4, è aggiunto il seguente:

«Art. 4-bis.

1. Fino al 31 luglio 2007 continuano ad applicarsi, nelle materie oggetto del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, le disposizioni del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le altre disposizioni in materia di ordinamento giudiziario, ed in particolare gli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 16 gennaio 2006, n.20.

2. Sono fatti salvi gli effetti prodotti e le situazioni esaurite durante la vigenza del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160».

PROPOSTA DI COORDINAMENTO

C1

IL RELATORE

Approvata

Sostituire il titolo del disegno di legge con il seguente: «Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario» .