Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale - A.C. 782
Riferimenti:
AC n. 782/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 15
Data: 03/07/2006
Descrittori:
DIRITTO PENALE   DIRITTO PROCESSUALE PENALE
LIBERTA' DELLA PERSONA     
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale

A.C. 782

 

 

 

n. 15

 

 

3 luglio 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

 

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file: gi0019.doc


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Necessità dell’intervento con legge  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Formulazione del testo  5

Schede di lettura

§      Normativa vigente  9

§      Il contenuto della proposta di legge  13

Progetto di legge

§      A.C. 782, (on. Contento), Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale  21

Riferimenti normativi

§      Costituzione della Repubblica (artt. 13 e 32)29

§      Codice di procedura penale (artt. 36, 131, 132, 220-232, 360, 399 e 431)30

§      L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. (art. 17)39

§      L. 15 febbraio 1996, n. 66. Norme contro la violenza sessuale. (art. 16)42

Giurisprudenza

Corte costituzionale

§      Sentenza del 24 marzo 1986, n. 54  47

§      Sentenza del 9 luglio 1996, n. 238  51

Lavori preparatori nella XIV legislatura

Progetti di legge

§      A.C. 4161, (on. Franz ed altri), Disposizioni in materia di prelievo coattivo di materiale biologico finalizzato all'esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato  63

§      A.C. 4862, (on. Onnis ed altri), Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici invasivi69

Esame in sede referente

-       II Commissione (Giustizia)

Seduta del 15 settembre 2004  79

Seduta del 28 settembre 2004  85

Seduta del 26 ottobre 2004  87

Seduta del 9 novembre 2004  89

Seduta del 27 settembre 2005  93

Seduta del 4 ottobre 2005  95

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

782

Titolo

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Diritto processuale penale

Iter al Senato

no

Numero di articoli

5

Date

 

§    presentazione o trasmissione alla Camera

18 maggio 2006

§    annuncio

22 maggio 2006

§    assegnazione

28 giugno 2006

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali); XII Commissione (Affari sociali)

 


Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge C. 782 (Contento)  intende colmare il vuoto normativo creatosi, in materia di accertamenti coattivi a fini di perizia, a seguito della sentenza del 9 luglio 1996, n. 238, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del secondo comma dell’articolo 224 c.p.p., nella parte in cui consente che il giudice, nell’ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell’indagato o dell’imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei “casi” e nei “modi” dalla legge

Il provvedimento è pertanto finalizzato ad introdurre nel codice di rito penale una disciplina che possa costituire un corretto bilanciamento tra le esigenze del processo e l’inviolabilità della libertà personale dell’individuo, garantita dall’art. 13, secondo comma della Costituzione.

Relazioni allegate

Si tratta di proposta di legge di iniziativa parlamentare corredata della sola relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

La proposta interviene su materia attinente al diritto processuale penale: si giustifica pertanto l'utilizzazione dello strumento legislativo. L’iniziativa legislativa si rende, inoltre, necessaria allo scopo di colmare il vuoto normativo determinato dalla dichiarazione di incostituzionalità del comma 2 dell’articolo 224 c.p.p. dalla citata sentenza della Corte costituzionale.  

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La materia trattata, riguarda le modalità di svolgimento della perizia nell'ambito del processo penale. La base giuridica del provvedimento appare pertanto riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l (giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa) della Costituzione.

Formulazione del testo

Per le osservazioni alla formulazione del testo si fa rinvio a quanto evidenziato nelle schede di lettura.

 


Schede di lettura


Normativa vigente

La perizia è l’esperimento attraverso il quale il giudice svolge specifici atti di indagine che, per l’insufficienza delle sue conoscenze extragiuridiche, non sarebbe in grado di svolgere senza l’ausilio di esperti.

I presupposti di ammissibilità sono individuati dal codice di rito: quando durante il procedimento penale, risulti necessario ai fini della ricostruzione del fatto, svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che implichino specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche per le quali non sia sufficiente la “scienza privata” del giudice, questi dispone l’espletamento di una perizia nominando uno o più esperti nella specifica disciplina; la nomina di un collegio peritale implica una particolare complessità delle indagini e delle valutazioni tecniche ovvero competenze distinte in differenti discipline (art. 220 e 221, c.p.p.).

L’art. 220, secondo comma c.p.p., conferma il tradizionale divieto di perizia psicologia e criminologica basata su elementi non patologici, già prevista dal codice abrogato; in tali ipotesi, sarà quindi vietato stabilire, con accertamento peritale, l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato.

Va osservato che, mentre nel vecchio codice spettava allo stesso giudice valutare la necessità della perizia, ora la valorizzazione del ruolo della parte fa si che, in presenza dei requisiti indicati, il giudice sia obbligato ad ammettere la perizia, con esclusione dei casi in cui “non occorra l’indagine”. Solo in tale ipotesi, l’indagine peritale risulterebbe superflua o irrilevante.

La perizia è, quindi, un mezzo di prova, e la sua natura consente che le risultanze dell’indagine peritale possano essere, entro certi limiti disattese e - come ogni altro strumento a contenuto probatorio - sottoposte a valutazione da parte dello stesso giudice (si parla di giudice come peritus peritorum). Ciò sarà tuttavia possibile soltanto alla luce del corretto funzionamento del principio del libero convincimento : il giudice, non potendo supplire con la sua scienza privata alla soluzione di problemi di natura tecnica, potrà disattendere le conclusioni del perito soltanto quando sia in grado di darne adeguata contezza nella motivazione della sentenza.

Il giudice dispone di una certa discrezionalità nella scelta del perito: potrà infatti attingere dai soggetti iscritti nell’apposito albo presso il tribunale (art. 67 e ss., disp. att. c.p.p.) ovvero, in mancanza di un albo, potrà scegliere una persona dotata in concreto di particolari conoscenze nella specifica disciplina. Il codice di rito prevedendo ipotesi tassative di incapacità e incompatibilità all’ufficio peritale (art. 222 c.p.p.), stabilisce l’obbligo del perito alla prestazione specialistica, salva la ricorrenza di motivi di astensione (artt 221 e 36 c.p.p.)[1] o di ricusazione. L’art. 223 c.c.p. prevede, infatti, che il perito, di fronte ad un motivo di astensione, ha l’obbligo di dichiararlo, potendo, per gli stessi motivi essere ricusato.

In deroga al principio dispositivo che prevede l’assunzione delle prove a richiesta di parte, l’art. 224 c.c.p. stabilisce che la perizia è disposta, anche, d’ufficio, dal giudice con ordinanza motivata, che contiene:

§         la nomina del perito;

§         la sommaria indicazione dell’oggetto delle indagini peritali;

§         l’indicazione di giorno, ora e luogo fissati per la comparizione del perito davanti al giudice.

Allo scopo di esercitare il diritto al contraddittorio, le parti potranno nominare propri consulenti tecnici, cioè loro ausiliari idonei ad assistere le relative posizioni sotto il profilo tecnico extragiuridico (art. 225 c.c.p.).

Circa le ulteriori fasi della procedura, l’art. 224, secondo comma, c.p.p. attribuisce al giudice, a parte gli adempimenti relativi alla citazione del perito ed alla comparizione dei soggetti sottoposti alla perizia, il potere di adottare ogni altro provvedimento necessario per l’esecuzione delle operazioni peritali. Nonostante la generica formulazione della norma sembri attribuire al giudice amplissima discrezionalità nel disporre ogni misura idonea al raggiungimento del risultato probatorio, alla luce della giurisprudenza costituzionale più recente in materia ( cfr. C. cost., sentenza 9 luglio 1996, n. 238), sono da escludere da tale ambito le misure incidenti sulla libertà personale dell’imputato o di terze persone, fatte salve quelle specificamente previste nei ”casi” e nei “modi” dalla legge. Quindi, fino ad un intervento del legislatore in materia – in assenza del consenso dell’interessato - devono ritenersi illegittimi e quindi vietati, ad esempio, prelievi ematici, accertamenti radiografici ed in genere ogni altro esame che possa incidere sulla libertà personale dell’individuo, anche quando risulti necessario per lo svolgimento di una perizia.

Prima di tale intervento della Corte costituzionale, l’interpretazione prevalente di tale norma, avallata da precedenti pronunce della stessa Corte (sentenza 24 marzo 1986, n. 54),  era – al contrario - che il giudice potesse ordinare, sia sull’imputato che su terze persone, analisi coattive del sangue, del DNA et similia con misure de libertate finalizzate all’esecuzione della perizia (C. cost. 24 marzo 1986, n. 54).

 

Con la citata sentenza 9 luglio 1996, n. 238, la Corte costituzionale – in occasione di una pronuncia nell’ambito di un noto caso giudiziario[2], – ha avvertito l’esigenza di rimeditare la problematica della possibile coattività delle operazioni peritali (nella specie prelievi ematici); ciò, anche alla luce del mutato impianto normativo e di una maggiore accentuazione della prospettiva del favor libertatis. La Corte – in considerazione del fatto che il prelievo di sangue coattivo comporta necessariamente una qualche restrizione della libertà personale (anzi travalica tale libertà, comportando – sia pur in misura minima – un’invasione della sfera corporale) ha ritenuto che le premesse dell’accertamento peritale potessero risolversi in compressioni della libertà dell’individuo soltanto in conformità a tassative previsioni di legge, secondo la circostanziata riserva contenuta nell’art. 13, 2° comma, Cost.

La norma costituzionale assoggetta, infatti, ogni restrizione della libertà personale a duplice garanzia: riserva di legge (essendo le misure coercitive possibili nei soli casi e modi previsti dalla legge) e riserva di giurisdizione (essendo tali misure adottabili solo con atto motivato dell’autorità giudiziaria)

La Corte ha ritenuto operante la garanzia di riserva – assoluta-  di legge che implica l’esigenza di tipizzazione dei casi e delle modalità con le quali la libertà personale può essere legittimamente compressa. Nel dichiarare l’incostituzionalità parziale dell’art. 224, 2° comma, c.p.p. (secondo cui il giudice può adottare ogni provvedimento necessario per l’esecuzione della perizia), la Consulta ha stigmatizzato ”l’assoluta genericità di formulazione” della norma e “la totale carenza di ogni specificazione al positivo dei casi e dei modi in presenza dei quali soltanto può ritenersi che sia legittimo procedere alla esecuzione coattiva di accertamenti peritali mediante l’adozione, a discrezione del giudice, di misure restrittive della libertà personale”: per la Consulta, il deficit di tassatività del presupposto si è tradotto, dunque, nel contrasto dell’art. 224, 2° comma, con l’indicato precetto costituzionale. La Corte rivolge, infine, con la sentenza un invito al legislatore a colmare il vuoto normativo in materia affermando che “fino a quando il legislatore non sara' intervenuto  ad individuare i tipi di misure restrittive della liberta' personale  che possono dal giudice essere disposte allo scopo di consentire (anche contro la volonta' della persona assoggettata all'esame) l'espletamento della perizia ritenuta necessaria ai fini processuali, nonche' a precisare i casi ed i modi in cui le stesse possono essere  adottate - nessun provvedimento di tal genere potra' essere disposto”.

Come accennato in precedenza, la stessa Corte si era pronunciata in maniera diversa sull’identica questione dei prelievi coattivi di sangue a scopo peritale (C. cost., sent. 24 marzo 1986, n. 54). Argomentava la Corte che “per quanto si riferisce ai limiti alla libertà personale, non tiene conto il giudice a quo che il costituente ha inteso appunto tutelare la libertà del cittadino affidandone al giudice la garanzia e dal 2° comma dell’art. 13 si evince che la Costituzione consente sia la detenzione che «qualsiasi altra restrizione della libertà personale» proprio e soltanto se vi sia «atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». Tra i «casi» previsti dalla legge rientrano senza dubbio – a parere della Consulta - le ragioni della giustizia penale e dell’accertamento della verità ad essa relativo e la perizia medico-legale è altrettanto certamente uno dei «modi» legittimi con cui è consentito al giudice, dietro adeguata motivazione, attuare una «qualsiasi restrizione della libertà personale», nei limiti sopra accennati. Secondo la Corte, il prelievo ematico, oltre a non violare l’art. 13, comma 2, Cost., non costituiva lesione neanche del comma 4 della stessa norma, che punisce ogni violenza fisica o morale conto i sottoposti a privazione della libertà personale; tale pratica, né lede la dignità o la psiche della persona, né mette in alcun modo in pericolo la vita, l’incolumità o la salute della persona, salvo casi patologici eccezionali che il perito medico-legale sarebbe facilmente in grado di rilevare.

 

Una volta conferito l’incarico, il giudice procede alla formulazione dei quesiti, sentito il perito, i consulenti tecnici, il PM e i difensori presenti (art. 226 c.p.p.).

L’art. 227 c.p.p. prevede, in omaggio al principio di concentrazione, che il perito incaricato, proceda immediatamente agli accertamenti scientifici, tecnici o artistici necessari, per poi rispondere ai quesiti proposti con parere verbalizzato.

Nella prassi, però, lo svolgimento della perizia e la sua conclusione immediata non costituiscono la regola, bensì l’eccezione. Infatti, essendo quasi sempre impossibile rispondere immediatamente ai quesiti, il perito si riserva ulteriori e più accurati accertamenti, richiedendo, all’uopo, un termine al giudice; quest’ultimo, se non decide di sostituire il perito, fissa un termine non superiore a 90 giorni, prorogabili più volte per periodi non superiori a 30 gg, in caso di indagini peritali molto complesse. In ogni caso, il termine massimo per la risposta ai quesiti della perizia non può superare i 6 mesi.

L’ambito dell’attività del perito – tenuto ex art. 229 c.p.p. a comunicare il giorno l’ora ed il luogo d’inizio delle operazioni relative alla perizia - è delineato dall’art. 228 c.p.p: questi può essere autorizzato dal giudice a visionare gli atti, i documenti e le cose prodotti dalle parti e da acquisire al fascicolo dibattimentale; analoga autorizzazione è necessaria per assistere all’esame delle parti e all’assunzione di prove, potendo il perito avvalersi dell’assistenza di collaboratori in operazioni materiali che non comportino apprezzamenti e valutazioni. Ai fini dello svolgimento dell’incarico è consentito all’esperto raccogliere notizie sia dall’imputato e dall’offeso dal reato che da terze persone; per evitare il rischio di aggiramento delle ordinarie regole di acquisizione delle prove, viene precisato che gli elementi così acquisiti potranno essere utilizzati soltanto ai fini della perizia (art. 228, terzo comma, c.p.c.).

Regola generale è che le risultanze della perizia siano riferite oralmente; proprio la natura tecnica della perizia impone tuttavia molto spesso l’utilizzo di una relazione scritta a supporto conoscitivo dei risultati (art. 227, quinto comma, c.c.p.). Il perito ha diritto ad un compenso che è liquidato con decreto dal giudice che ha disposto la perizia (art. 232 c.p.p.).

 

Si ricorda che un particolare tipo di perizia, che comporta prelievi ematici coattivi, è stata introdotta nell’ordinamento dalla legge di riforma della violenza sessuale (legge 15 febbraio 1996, n. 66).

L’art. 16 della legge stabilisce che l’imputato per reati di natura sessuale specificamente individuati è obbligatoriamente sottoposto ad accertamenti per l'individuazione di patologie sessualmente trasmissibili, qualora le modalità del fatto possano prospettare un rischio di trasmissione delle patologie medesime.

 

In tal caso, si tratta non di perizie a fini probatori ma accertamenti diagnostici finalizzati alla tutela della salute di terzi. Anche questi ultimi, di regola, presuppongono il consenso dell'interessato, ma l'art. 32, comma 2, Cost[3]. li ammette anche in mancanza di consenso allorché (Cass. pen., Sez. IV, sent. n. 7339 del 14 febbraio 2003):

a) siano previsti per legge;

b) comportino un vantaggio per la salute del singolo o non gli provochino un danno apprezzabile, risolvendosi solo in una lesione al suo diritto alla riservatezza, che deve cedere di fronte ad interessi più rilevanti;

c) vi siano esigenze di solidarietà sociale talmente rilevanti da imporre il sacrificio, permettendo di evitare un grave danno alla salute altrui.

La Consulta (sentenza 2 giugno 1994, n. 218 ) li ha ammessi quando vi è esigenza di tutela della salute a fronte di attività che possano porla in pericolo. Così è stato dichiarato illegittimo l'art. 5 della legge 135/1990[4] laddove consentiva l'esame del sangue per l'accertamento della sieropositività all'infezione da HIV solo su consenso; si è ritenuto che tale accertamento possa essere imposto, ma solo dalla legge, come obbligatorio per l'espletamento di attività che comportino rischi per la salute dei terzi. Parimenti legittimo è stato ritenuto dalla Corte costituzionale (sentenza 12 giugno 1996, n. 194) l'accertamento obbligatorio - mediante alcoolimetro e rilascio di campioni di sangue o di urina - dello stato di chi è sorpreso alla guida in stato di ebbrezza sotto l'effetto di alcool o stupefacenti.

Il contenuto della proposta di legge

La proposta di legge C. 782 (Contento), che consta di 5 articoli, intende colmare il vuoto normativo creatosi in materia di accertamenti coattivi a fini di perizia a seguito della citata sentenza della Corte costituzionale 9 luglio 1996, n. 238, introducendo nel codice di rito penale una disciplina che possa costituire un corretto bilanciamento tra le esigenze del processo e l’inviolabilità della libertà personale dell’individuo, garantita dall’art. 13, secondo comma della Costituzione.

A seguito della lacuna normativa, ormai decennale, in assenza del consenso dell’interessato, risultano oggi inibiti non solo i prelievi di materiale organico per l'esecuzione del test del DNA, ma tutti gli accertamenti che, a fronte di un'invasione anche minima della sfera personale e grazie ai continui progressi scientifici, potrebbero contribuire in maniera decisiva all'accertamento della verità nel processo penale

 

Va ricordato che di alcune proposte di legge di contenuto analogo (A.C. 4161, Franz ed altri e A.C. 4682, Onnis ed altri) era stato avviato l’esame, in sede referente, presso la commissione giustizia della Camera, nel corso della XIV legislatura.

Nel corso dell’iter presso la commissione era stata deliberata l’adozione come testo base dell’A.C. 4682, al quale sono stati riferiti alcuni emendamenti presentati ma non esaminati a causa della mancata ripresa dell’esame dei progetti.

 

L'articolo 1, a proposito della perizia, prevede l'introduzione,nel codice di procedura penale, degli articoli 224 bis, ter e quater.

 

L’articolo 224 bis stabilisce (primo comma) la possibilità per il giudice – fuori dei casi espressamente previsti dalla legge - di disporre anche senza il consenso dell’interessato, accertamenti peritali potenzialmente idonei ad incidere sulla libertà della persona.

L’accertamento “invasivo” trova legittimazione in due presupposti: uno positivo ed uno negativo: il primo è ricavabile dal secondo comma dell’art. 224-bis e consiste nella “indispensabilità” dell’atto peritale (lett. b); il presupposto negativo è individuato dal successivo art. 224-ter c.p.p., che afferma l’impossibilità di disporre atti che, in considerazione delle circostanze, possano mettere in pericolo la salute della persona.

A tale proposito, si osserva come la formulazione dell’art. 224-ter (“.. nel caso in cui vi sia il sospetto che possano nuocere alla salute della persona”) appaia di non agevole comprensione. Potrebbe apparire, in tal senso, preferibile il riferimento ad atti “che possano mettere in pericolo la salute della persona”.

Il citato secondo comma dell'articolo 224-bis precisa i contenuti dell'ordinanza che dispone l’accertamento peritale e che, a pena di nullità, dovrà recare: l’indicazione del reato oggetto del procedimento penale; l’indicazione dell’atto e delle ragioni che lo rendono indispensabile; l’avviso all’interessato della facoltà di essere assistito (da un difensore o altra persona di fiducia) e della possibilità, per il giudice, di disporre l’accompagnamento coattivo in caso di mancata comparizione non giustificata da legittimo impedimento. Tale ipotesi rientrerebbe, quindi, tra “i casi previsti dalla legge” per cui è ammessa tale misura coercitiva (art. 132 c.p.p.).

L’accompagnamento coattivo rientra tra i poteri coercitivi del giudice (art. 131 c.p.p.), il quale, nell’esercizio delle sue funzioni, può chiedere l’intervento della polizia giudiziaria e se necessario, della forza pubblica, prescrivendo tutte le istruzioni operative per il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali procede. Ai sensi dell’art. 132, l’accompagnamento coattivo è disposto, nei soli casi previsti dalla legge, con decreto motivato con cui il giudice ordina di condurre l’imputato in sua presenza - se occorre - anche con la forza, salvo legittimo impedimento. Fermo restando il limite delle 24 ore, regola generale è che la persona sottoposta all’accompagnamento coattivo non può essere trattenuta per più del tempo necessario all’espletamento degli atti previsti e di quelli ad essi consequenziali. Analogo provvedimento può essere adottato, ex art. 133 nei confronti di terze persone (testimone, perito, consulente tecnico, interprete e custode delle cose sequestrate). Le norme citate prevedono, quindi, soltanto l’accompagnamento coattivo dell’imputato o terze persone, diverse dall’indagato.

Poteri coercitivi del giudice nei confronti dell’indagato sono previsti solo indirettamente, e ciò appare ricollegabile alla peculiare posizione del PM nella fase delle indagini preliminari: l’art. 376 c.p.p. stabilisce, infatti, che l’accompagnamento coattivo della persona sottoposta ad indagini è disposto dal P.M. previa autorizzazione del giudice delle indagini preliminari.

Va, tuttavia, ricordato che le perizie sul DNA sono, nella prassi, assunte a mezzo di incidente probatorio; in tal caso, l’art. 399 c.p.p. stabilisce che il GIP può ordinare – salvo legittimo impedimento - l’accompagnamento coattivo della persona sottoposta ad indagine quando la sua presenza sia necessaria per compiere l’atto oggetto della perizia. La norma estende, quindi, alla fase dell’incidente probatorio l’operatività di analoghi poteri riconosciuti al giudice nella fase dibattimentale.

L'accompagnamento coattivo, ai sensi del nuovo articolo 224-quater, segue la disciplina generale dell’illustrato art. 132 del codice di rito (v. ante).

 

L'articolo 2 integra il contenuto dell’art. 360 c.p.p. prendendo in considerazione l'eventualità in cui, nella fase delle indagini preliminari, vi sia l'esigenza di compiere accertamenti tecnici non ripetibili che incidono sulla libertà personale dell’indagato.

Mentre l’art. 1 della p.d.l. è relativo ad atti peritali nei confronti dell’imputato, l’art. 2 contempla, quindi, l’ipotesi di accertamenti sull’indagato.

Il vigente art. 360 c.p.p. prevede che quando gli accertamenti tecnici riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici. All’indagato è dato avviso della possibilità di nomina di un difensore di fiducia, fermo restando l’assistenza di un difensore d’ufficio (commi 1 e 2). I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve (comma 3).

Qualora, prima del conferimento dell'incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio, il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti (comma 4). Se il pubblico ministero, malgrado l'espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell'ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento (comma 5).

In tal caso il nuovo comma 5-bis dell’art. 360 prevede l’applicabilità della descritta disciplina, introdotta dai nuovi artt. 224-bis, ter e quater.

In tal modo, si garantisce che sia il giudice a vagliare l’opportunità del provvedimento emesso dal pubblico ministero e che i risultati di quell'attività si rendono pienamente utilizzabili, da parte del giudice, nelle successive fasi processuali, in quanto inseribili nel fascicolo del dibattimento (articolo 431, lett. c), senza necessità di rinnovare l'atto invasivo.

 

Dalla formulazione del comma 5-bis (ovvero il semplice rinvio dell’applicabilità degli artt. 224-bis e ss. al ”provvedimento”), se emerge chiaramente la finalità di consentire un controllo giurisdizionale sul provvedimento emanato dal PM in materia di misure incidenti sulla libertà personale (accompagnamento coattivo in mancanza di consenso), non appaiono chiaramente definite le modalità procedurali con cui avviene tale controllo. Sembrerebbe opportuno, a tal fine, precisare che il PM “richiede” soltanto il provvedimento al giudice.

 

L’articolo 3 della proposta di legge introduce nel codice penale il nuovo art. 373-bis che sanziona, con la reclusione fino a quattro anni, l’illecito proprio del soggetto accompagnato coattivamente ai sensi degli artt. 224-quater e 360-bis e consistente nel rifiuto di collaborare all'esecuzione dell'atto.

Si è avuto riguardo, in particolare, agli accertamenti tecnici che presuppongono una collaborazione attiva della persona che deve sottoporvisi (ad esempio, soffiare aria in un apparecchio rilevatore).

In queste ipotesi, nessuna coazione sarebbe praticabile, ma la condotta di rifiuto potrà integrare un delitto contro l'amministrazione della giustizia, considerando che quell'accertamento tecnico era stato ritenuto assolutamente indispensabile per conoscere la verità nel processo penale.

Analoga soluzione risulta del resto adottata dagli artt. 186 e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), a proposito della guida sotto l'influenza di alcool o di sostanze stupefacenti.

Infatti, colui che guida in tali condizioni è punito con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda da euro 258 a euro 1.032; identica sanzione è però comminata a chi rifiuti gli accertamenti del tasso alcoolemico o della presenza, nell'organismo, di sostanze stupefacenti.

 

Ad un regolamento di attuazione – da adottare con decreto del ministro della giustizia (manca un termine di adozione), sentito il Garante della privacy - è delegata la disciplina della istituzione di apposite banche dati per la raccolta e la gestione dei prelievi di reperti biologici finalizzati all’analisi ed al confronto del DNA. L’accesso alla banca dati è consentito solo previa autorizzazione della magistratura (articolo 4).

 

L’articolo 5 della p.d.l. è, infine,  relativo alla sua entrata in vigore.


Progetto di legge

 


N. 782

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato CONTENTO

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Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale

 

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Presentata il 18 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La Corte costituzionale, con sentenza n. 238 del 9 luglio 1996, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale «nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei "casi" e nei "modi" dalla legge», affermando che nessun rilievo di tale genere potrà essere disposto dal giudice fino a quando il legislatore non sarà intervenuto a individuare i tipi di misure restrittive della libertà personale che possono essere disposte a fini processuali nonché a precisare le modalità con cui le stesse possono essere adottate. Con detta pronuncia, insomma, è la Corte stessa a sollecitare il legislatore a intervenire nella materia avviando un'operazione diretta a individuare tipologie e modi di esecuzione degli accertamenti, sempre nel rispetto delle garanzie di legge e dell'intervento dell'autorità giudiziaria.

Dopo circa dieci anni dalla pronuncia ricordata, appare opportuno che il Parlamento assuma la responsabilità di un intervento volto a tradurre i princìpi affermati dalla Corte costituzionale in precise regole.

La presente proposta di legge vuole dunque tentare di porre rimedio a tale vuoto normativo, muovendo proprio dalla decisione della Corte costituzionale e ricercando un giusto equilibrio tra la tutela della persona e l'esigenza di accertamento della verità nell'ambito del processo penale.

Del resto, recenti pronunce giurisprudenziali hanno più volte sottolineato l'opportunità di disporre di norme adeguate di fronte al rifiuto dell'imputato rispetto al prelievo necessario per l'esame comparativo del DNA.

Per rispondere a un'esigenza come quella appena ricordata, si è inteso intervenire con una modifica del codice di procedura penale diretta a prevedere, nell'ambito dell'attività rimessa al perito, quel tipo di accertamenti che, pur idonei ad incidere sulla libertà individuale, non sono certo in grado di mettere a repentaglio la salute o l'integrità del soggetto, in base alle risultanze di oggettive valutazioni medico-scientifiche.

L'introduzione di un apposito articolo volto a permettere al magistrato di disporre la perizia anche in tali casi è sembrata l'iniziativa più coerente con il codice di rito, avendo ovviamente cura di rimettere tale possibilità a un provvedimento seriamente condizionato quanto ai presupposti e, quindi, alla motivazione.

Viene, comunque, ribadito il divieto di compimento di atti che possano nuocere alla salute delle persone, e previsto che gli adempimenti possano essere disposti anche in sede di accertamenti tecnici non ripetibili.

La proposta di legge disciplina, poi, l'accompagnamento coattivo dell'indagato e le conseguenze penali del rifiuto a sottoporsi all'esecuzione dell'atto.

Da ultimo, si è ritenuto utile permettere l'allestimento di una vera e propria banca dati per la conservazione del risultato delle analisi del DNA in modo da favorirne l'utilizzo, pur sempre sotto la stretta sorveglianza dell'autorità giudiziaria.



 


proposta  di legge

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Art. 1.

1. Dopo l'articolo 224 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:

«Art. 224-bis. - (Provvedimenti del giudice per le perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale). - 1. Fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, qualora gli accertamenti peritali richiedano il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà della persona, il giudice dispone con ordinanza, anche d'ufficio, lo svolgimento dei medesimi anche in difetto del consenso da parte dell'interessato.

2. Oltre a quanto disposto dall'articolo 224, l'ordinanza di cui al comma 1 contiene, a pena di nullità:

a) l'indicazione del reato per cui si procede;

b) l'indicazione dell'atto e delle ragioni che lo rendono indispensabile;

c) l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia;

d) l'avviso che, in caso di mancata comparizione senza addurre legittimo impedimento, può disporsi l'accompagnamento coattivo dell'interessato ai sensi dell'articolo 224-quater;

e) l'indicazione della struttura pubblica o privata presso la quale l'atto viene eseguito.

Art. 224-ter. - (Divieto di atti pericolosi per la salute della persona). - 1. Gli atti previsti dall'articolo 224-bis non possono essere eseguiti nel caso in cui vi sia il sospetto che possano nuocere alla salute della persona.

Art. 224-quater. - (Accompagnamento coattivo). - 1. Per l'accompagnamento coattivo della persona nei confronti della quale l'atto deve essere eseguito si osservano le disposizioni di cui all'articolo 132».

 

Art. 2.

1. All'articolo 360 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«5-bis. Fermo restando quanto disposto al comma 5, nel caso in cui gli accertamenti richiedano il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale, al provvedimento del pubblico ministero si applicano le disposizioni previste dagli articoli 224-bis, 224-ter e 224-quater».

 

Art. 3.

1. Dopo l'articolo 373 del codice penale è aggiunto il seguente:

«Art. 373-bis. - (Rifiuto di collaborazione nell'esecuzione di una perizia o consulenza tecnica). - La persona nei confronti della quale è stato disposto l'accompagnamento coattivo che rifiuti, senza giustificato motivo, di collaborare all'esecuzione di un atto indispensabile per lo svolgimento di una perizia legittimamente disposta dall'autorità giudiziaria è punita con la reclusione fino a quattro anni».

 

Art. 4.

1. Con regolamento adottato dal Ministro della giustizia ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, è disciplinata l'istituzione di apposite banche dati per la raccolta e la gestione dei prelievi di materiale biologico finalizzato all'analisi e al confronto del DNA.

2. Il regolamento di cui al comma 1 disciplina le modalità di accesso alla banca dati, consentendolo esclusivamente sulla base di un provvedimento emesso dall'autorità giudiziaria.

 

Art. 5.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


SIWEB

Lavori preparatori nella XIV legislatura

 


Progetti di legge

 


N. 4161

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati FRANZ, ANEDDA, BOCCHINO, BRIGUGLIO, BUTTI, GIORGIO CONTE, FOTI, LA RUSSA, LANDOLFI, MACERATINI, MENIA, MIGLIORI, NESPOLI

¾

 

Disposizioni in materia di prelievo coattivo di materiale

biologico finalizzato all'esecuzione delle analisi del DNA

dell'imputato o dell'indagato

 

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Presentata il 15 luglio 2003

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Onorevoli Colleghi! - La Corte costituzionale, con sentenza n. 238 del 9 luglio 1996, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale "nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei "casi" e nei "modi" dalla legge" affermando che nessun rilievo peritale di tal genere potrà essere disposto dal giudice fino a quando il legislatore non sarà intervenuto ad individuare i tipi di misure restrittive della libertà personale che possono essere disposte a fini processuali, nonché a precisare i casi e i modi in cui le stesse possono essere adottate.

In altre parole, con la pronuncia n. 238 del 1996, la Corte ha vivamente sollecitato il legislatore ad intervenire con una disciplina positiva che, previa individuazione dei provvedimenti ritenuti necessari, tipizzi i casi e i modi in cui debbano essere eseguiti, secondo la duplice garanzia di legge e di giurisdizione!

Trascorsi ben sette anni dalla pronuncia in questione, si impone al Parlamento un intervento che finalmente traduca le indicazioni ed i princìpi affermati dalla Corte costituzionale in norma di legge.

Dal 1996, infatti, il silenzio del legislatore in materia ha reso inesperibili numerosi accertamenti indispensabili alle indagini e al processo penale. Tra tutti, prioritaria è l'introduzione del prelievo coattivo di materiale biologico finalizzato alle analisi del DNA: grazie al progresso della biologia e della genetica, oggi il test del DNA può essere definito come una formidabile fonte di prova, dotata di un elevatissimo grado di affidabilità, in grado di fornire - sulla base di un ridottissimo campione di tessuto o di liquido biologico - la precisa identificazione di un individuo.

Il test del DNA può quindi contribuire a scagionare con certezza l'innocente, scongiurando terribili errori giudiziari, e può altresì fornire l'individuazione del colpevole, concretizzandosi al contempo in uno strumento attuale di giustizia e di garanzia, che sposa in pieno le parole dell'insigne giurista Gaetano Filangeri, secondo il quale "compito della procedura penale è quello di togliere quanto si possa all'innocente ogni spavento, al reo ogni speranza, ai giudici ogni arbitrio"!

La proposta di legge, composta da soli cinque articoli, intende colmare il vuoto normativo oggi esistente, rendendo esperibili i prelievi coattivi di materiale biologico dell'imputato e dell'indagato, onde eseguire il test del DNA, finalizzato all'individuazione del colpevole, grazie al confronto di tali risultanze con il materiale repertato sul luogo del delitto. Tutto ciò, nel pieno rispetto delle indicazioni della Consulta e delle norme costituzionali e, quindi, anzitutto dell'articolo 13, secondo comma, della Costituzione, che autorizza le restrizioni della libertà personale soltanto "per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge".

Se la pronuncia della Corte suggerisce al legislatore di operare una scelta positiva, che bilanci gli interessi delle indagini e del processo e la tutela delle libertà personali, la presente proposta di legge, ispirandosi ai più alti valori costituzionali e facendo propri gli strumenti più innovativi in campo medico e scientifico, non ha voluto sacrificare le libertà personali dei cittadini, la loro dignità e la sacralità della loro sfera corporale, neanche a fronte degli interessi del processo penale. Pertanto, si introduce la possibilità di effettuare il test del DNA utilizzando esclusivamente metodiche non invasive, nell'assoluto rispetto della dignità e del decoro della persona, assicurando al contempo le esigenze del processo e quelle del cittadino.

La proposta in esame, infatti, prevede che, nel caso di delitti gravi, puniti con la pena dell'ergastolo o con la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, il giudice possa disporre il prelievo di materiale biologico dell'imputato o dell'indagato, al fine di procedere all'analisi del DNA e al confronto di dette risultanze con quelle emerse dalle tracce repertate sul luogo del delitto o su cose comunque pertinenti al reato. Onde evitare un eccesso di coercizione sul periziando e per tutelare al massimo la dignità e l'integrità della persona, la presente proposta di legge prevede che, qualora questi rifiuti di sottoporsi ad un ordinario prelievo ematico, il giudice possa comunque disporre il prelievo di materiale biologico, avvalendosi di tecniche non invasive, ma parimenti efficaci, quali i tamponi del cavo orale, di tessuti di desquamazione epiteliale nonché di liquidi biologici, metodi peraltro già ampiamente utilizzati in altri ordinamenti.

La norma, quindi, non solo garantisce la tutela della dignità e dell'integrità fisica e morale della persona, ma riserva anche una particolare attenzione alle condizioni di sicurezza clinica e sanitaria, disponendo che il test possa essere effettuato solo all'interno di strutture pubbliche, da personale dotato di comprovata e specifica esperienza nel settore.

L'articolo 3 completa poi il quadro, accennando alle metodiche e alle procedure di raccolta dei reperti di confronto, prevedendo l'emanazione di un regolamento ministeriale che disciplini le metodiche di apprensione e di conservazione del materiale biologico di confronto che, raccolto sul luogo del reato soltanto da determinati soggetti, dovrà risultare da verbale ed essere classificato in modo tale da rendere complete le garanzie cui la presente proposta di legge si ispira.



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Quando si procede per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni e negli altri casi espressamente previsti dalla legge, il giudice può disporre anche d'ufficio il prelievo coattivo di materiale biologico dell'indagato o dell'imputato finalizzato all'analisi e al confronto del DNA dell'imputato o dell'indagato con le tracce raccolte sul luogo del delitto o su cose comunque pertinenti al reato per il quale si procede.

2. Il giudice dispone il prelievo e i successivi accertamenti di confronto con ordinanza motivata, secondo le modalità previste dagli articoli 224 e seguenti del codice di procedura penale, indicando il luogo, il giorno e l'ora e le modalità di esecuzione del prelievo, adottando i provvedimenti necessari per assicurare il sicuro, corretto e regolare compimento degli atti.

 

Art. 2.

1. In assenza di consenso dell'imputato o dell'indagato a procedere al prelievo ematico, ai fini di cui all'articolo 1, il prelievo di materiale biologico finalizzato all'espletamento dell'analisi del DNA è effettuato ricorrendo a metodiche tali da non compromettere la salute dell'individuo e la dignità e il decoro della persona. La scelta delle metodiche deve rispondere alla necessità dei relativi accertamenti.

2. Il prelievo del materiale biologico dell'imputato o dell'indagato e la successiva analisi del DNA sono effettuati da medici e da analisti di laboratorio con specifica e comprovata esperienza. Il prelievo e i successivi accertamenti di confronto sono svolti presso strutture pubbliche adeguatamente attrezzate e in condizioni di sicurezza clinica.

 

Art. 3.

1. Il materiale di confronto rinvenuto sul luogo del delitto e le tracce biologiche comunque pertinenti al reato devono essere raccolti da ufficiali di polizia giudiziaria e devono risultare da verbale scritto, secondo le modalità e le procedure determinate dal regolamento di attuazione della presente legge, adottato, entro tre mesi dalla sua data di entrata in vigore, con decreto del Ministro della giustizia.

 

Art. 4.

1. Qualora l'imputato o l'indagato rifiuti di sottoporsi al prelievo finalizzato all'analisi del DNA, ovvero non compaia nel luogo al giorno e all'ora stabiliti per l'esecuzione della perizia, senza legittimo impedimento, il giudice ne ordina l'accompagnamento coattivo nelle forme previste dalla legge.

 

Art. 5.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


N. 4862

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati ONNIS, BENEDETTI VALENTINI, CRISTALDI, FRAGALA', GARNERO SANTANCHE', MACERATINI, MAZZOCCHI, MAZZONI, PORCU, SAPONARA

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Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale
in materia di accertamenti tecnici invasivi

 

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Presentata il 10 febbraio 2004

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Onorevoli Colleghi! - La Corte costituzionale, con la sentenza 9 luglio 1996, n. 238, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224, comma 2, del codice di procedura penale, rilevandone il contrasto con l'articolo 13, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui consentiva che il giudice, nell'ambito di operazioni peritali, disponesse misure comunque incidenti sulla libertà personale dell'indagato, dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei "casi" e nei "modi" dalla legge.

Nel caso di specie, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del prelievo ematico coattivo, finalizzato alla successiva esecuzione di una perizia, e tuttavia espressamente estendeva la sua valutazione "a ogni altro provvedimento coercitivo atipico che possa astrattamente ricondursi alla nozione di "provvedimenti (...) necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali (...)"".

Evidentemente, la portata caducatoria della sentenza citata non può essere limitata al caso, pur estremamente significativo, del prelievo ematico, ma si diffonde a tutti gli atti comunque invasivi per la libertà personale - quali, ad esempio, gli accertamenti radiografici - disposti, in assenza del consenso dell'interessato, per l'esecuzione della perizia.

In conseguenza della suddetta declaratoria di illegittimità costituzionale, dunque, "fino a quando il legislatore non sarà intervenuto ad individuare i tipi di misure restrittive della libertà personale che possono dal giudice essere disposte allo scopo di consentire (anche contro la volontà della persona assoggettata all'esame) l'espletamento della perizia ritenuta necessaria ai fini processuali, nonché a precisare i casi e i modi in cui le stesse possono essere adottate - nessun provvedimento di tal genere potrà essere disposto".

Trascorsi oltre sette anni, quell'invito rivolto dalla Consulta al legislatore, affinché intervenisse a disciplinare il settore con norme rispondenti ai canoni costituzionali e conformi innanzi tutto ai princìpi di garanzia affermati dal secondo comma dell'articolo 13 della Costituzione, non ha avuto seguito e permane, quindi, il vuoto normativo in materia.

Questa lacuna è particolarmente preoccupante, perché, solo che manchi il consenso dell'interessato, risultano oggi inibiti tutti gli accertamenti che, a fronte di un'invasione anche minima della sfera personale, potrebbero contribuire in maniera decisiva all'accertamento della verità nel processo penale, grazie ai continui progressi scientifici e alle più recenti acquisizioni della medicina legale.

Eppure, secondo la stessa sentenza prima citata, "le ragioni della giustizia penale, consistenti nell'acquisizione della prova del reato" devono riconoscersi quale "valore primario sul quale si fonda ogni ordinamento ispirato al principio di legalità".

Più in generale, dovrebbe dirsi che queste indagini tecniche servono non solo per ottenere la "prova del reato", ma, più in generale, garantiscono la migliore ricostruzione dei fatti, al servizio della ricerca della verità, valore fondamentale del processo penale.

Anzi, l'esperienza ha dimostrato che gli accertamenti in questione spesso possono fornire la dimostrazione incontrovertibile dell'innocenza dell'imputato (indagato), allontanando da lui i sospetti e, magari, facendogli riacquistare la libertà o scongiurandone l'ingiusta carcerazione.

Attesa la rilevanza dei valori coinvolti, è ormai indifferibile un intervento normativo che colmi la lacuna conseguita alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'articolo 224, comma 2, del codice di procedura penale.

Anche le più recenti indicazioni giurisprudenziali confermano l'esigenza di disporre, in tempi brevi, di norme di riferimento adeguate: da ultimo, si è infatti ritenuto di poter interpretare il rifiuto dell'imputato a soggiacere al prelievo necessario per l'esame comparativo del DNA quale elemento di prova integrativo e, particolarmente, quale riscontro individualizzante della chiamata di correo. La scelta di valorizzare contra reum tale rifiuto di prestarsi all'accertamento invasivo, ispirata al principio del libero convincimento del giudice, può suscitare perplessità, soprattutto per l'assenza di norme in materia, in quanto la negazione del consenso, da parte dell'imputato, può dipendere dai motivi più vari (anche di carattere etico o religioso), diversi dalla consapevolezza di poter essere individuato, per quella via, quale responsabile dell'illecito. Il criterio proposto non sarebbe peraltro di alcuna utilità allorché l'atto riguardi persone diverse dall'indagato (o dall'imputato), quali, ad esempio, l'offeso o i soggetti ad altro titolo interessati e coinvolti nel procedimento (si pensi alla necessità di acquisire materiale biologico da un testimone, per confrontarlo, attraverso l'esame del DNA, con quello reperito sul luogo del delitto, al fine di ricomporre a posteriori la scena del crimine).

La presente iniziativa interviene dunque per rimediare al vuoto di disciplina che si è evidenziato, muovendo dalle indicazioni contenute nella citata sentenza n. 238 del 1996 della Corte costituzionale, nell'equilibrio tra il rispetto dovuto alla persona che non accorda il consenso all'accertamento invasivo e la necessità di ricercare la verità nel processo penale, spesso a tutela, come detto, dello stesso imputato.

Innanzitutto, si è considerato che queste attività invasive, finalizzate all'esecuzione di una consulenza tecnica o di una perizia, in qualche caso particolare possono ritenersi già disciplinate dalla legge (ovvero potranno essere oggetto in futuro di specifica regolamentazione, che magari tenga conto dell'ulteriore evoluzione delle tecniche di prelievo e di analisi): così, ad esempio, si ritiene che l'accertamento dei residui di polvere da sparo sul corpo di una persona sia un atto di ispezione personale, in relazione al quale già dispongono gli articoli 244 e 245 del codice di procedura penale.

Pertanto, come suggerito dalla Consulta, occorre limitare l'attenzione ai casi diversi da quelli "specificamente" previsti "nei "casi" e nei "modi" dalla legge".

A proposito della perizia, sia essa disposta in sede di incidente probatorio o nelle ulteriori fasi del processo, si prevede (articolo 1) l'introduzione degli articoli 224-bis, 224-ter e 224-quater del codice di procedura penale.

Come risulta dal testo dell'articolo 224-bis del codice di procedura penale, non si è ritenuto opportuno limitare l'adozione di queste misure coattive ai procedimenti relativi a talune categorie di reati, individuati, ad esempio, in base alla natura o all'entità della pena. Infatti, come si è detto, talora anche la prova dell'innocenza può essere conseguita (solo) a mezzo della perizia e la ricerca della verità nel processo penale deve poter giustificare un - minimo - sacrificio della libertà personale. Del resto, gia le ispezioni personali (articolo 245 del codice di procedura penale) e le perquisizioni personali (articolo 249 del codice di procedura penale) sono mezzi di ricerca della prova che intervengono coattivamente sulla libertà della persona e ad esse può farsi ricorso a prescindere dalla gravità del reato per il quale si procede.

I "casi" nei quali è ammessa l'imposizione dell'accertamento invasivo sono invece descritti richiedendo il concorso di due elementi: a) il primo, positivo, in quanto deve trattarsi di un atto assolutamente indispensabile (articolo 224-bis, comma 1), quindi, non solo dovrà essere necessaria la perizia, ma occorrerà che proprio quell'atto invasivo risulti imprescindibile; b) il secondo, negativo, in quanto, comunque, non potrebbero disporsi gli atti che, in considerazione delle circostanze del caso, possano mettere in pericolo la vita, la salute, l'incolumità della persona ovvero risultino lesivi della sua dignità o invasivi per l'intimo della psiche (articolo 224-ter). Si recepiscono, così, i limiti individuati dalla sentenza n. 54 del 1986 della Corte costituzionale, pronunciata, a proposito del prelievo ematico coattivo, in seguito alle censure di illegittimità costituzionale degli articoli 146, 314 e 317 del vecchio codice di procedura penale.

Il comma 2 dell'articolo 224-bis del codice di procedura penale precisa i contenuti della motivazione dell'ordinanza che obbliga al compimento dell'atto, affinché risulti verificabile il percorso logico-giuridico seguito nella decisione; tale ordinanza (articolo 224-bis, comma 3) dovrà essere notificata con anticipo all'interessato (e, se esiste, al suo difensore), per dargli modo di conoscere e di valutare in tempo utile quanto gli si richiede.

L'atto deve poi essere eseguito in condizioni di massima sicurezza, a cura o comunque sotto la vigilanza del perito, rispettando la dignità e, per quanto sia possibile, anche il pudore e la riservatezza di colui che vi è sottoposto (articolo 224-bis, comma 4).

L'articolo 224-quater del codice di procedura penale disciplina l'accompagnamento coattivo del soggetto che, ricevuta la notifica del provvedimento che impone l'atto invasivo, ometta senza valida giustificazione di presentarsi nel luogo, nel giorno e nell'ora stabiliti dal giudice.

All'articolo 2 della proposta di legge si è presa in considerazione l'eventualità in cui l'esigenza di compiere l'accertamento tecnico che incide sulla libertà personale si proponga durante le indagini preliminari: ai sensi dell'articolo 360-bis del codice di procedura penale, il pubblico ministero, se non avanza richiesta di incidente probatorio, potrà procedere con consulenza tecnica, adottando, tuttavia, la procedura descritta dall'articolo 360 del medesimo codice.

Così, da un lato si garantisce al meglio il contraddittorio, si consente all'indagato di optare per l'incidente probatorio e, soprattutto, i risultati di quell'attività si rendono pienamente utilizzabili, da parte del giudice, nelle successive fasi processuali, in quanto inseriti nel fascicolo del dibattimento (articolo 431, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale), senza necessità di rinnovare l'atto invasivo.

Le disposizioni dettate dall'articolo 360-bis del codice di procedura penale richiamano, in sostanza, quelle dettate dagli articoli 224-bis e seguenti, a proposito della perizia; però, si è preferito disporre (comma 4) che sia il giudice, su richiesta del pubblico ministero, a ordinare l'accompagnamento coattivo, per introdurre un vaglio propriamente giurisdizionale sulla procedura seguita e sulla sussistenza dei requisiti di legge.

L'articolo 3 della presente proposta di legge modifica, invece, il codice penale, introducendo l'articolo 372-bis, per sanzionare (con la reclusione fino a quattro anni) il rifiuto di collaborare all'esecuzione dell'atto, da parte del soggetto accompagnato coattivamente ai sensi degli articoli 224-quater e 360-bis del codice di procedura penale.

Si è avuto riguardo, in particolare, agli accertamenti tecnici che presuppongono una collaborazione attiva del soggetto che deve sottoporvisi (ad esempio, per insufflare aria in un apparecchio rilevatore).

In queste ipotesi, nessuna coazione sarebbe praticabile, ma la condotta di rifiuto potrà integrare un delitto contro l'amministrazione della giustizia, considerando che quell'accertamento tecnico era stato ritenuto assolutamente indispensabile per conoscere la verità nel processo penale.

Analoga soluzione risulta del resto adottata dagli articoli 186 e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), a proposito della guida sotto l'influenza di alcool o di sostanze stupefacenti.

Infatti, colui che guida in tali condizioni è punito con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda da 258 euro a 1.032 euro; identica sanzione è però comminata a chi rifiuti gli accertamenti del tasso alcoolemico o della presenza, nell'organismo, di sostanze stupefacenti.

L'articolo 4 della proposta di legge modifica il testo dell'articolo 375 del codice penale, prevedendo un aggravamento della pena stabilita dall'articolo 372-bis del medesimo codice.

 



 


proposta di legge

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Art. 1.

1. Dopo l'articolo 224 del codice di procedura penale, sono inseriti i seguenti:

 

"Art. 224-bis. - (Provvedimenti del giudice per il compimento di atti invasivi). - 1. Fuori dai casi specificamente previsti dalla legge, qualora l'esecuzione della perizia richieda il compimento di atti che comunque incidono sulla libertà della persona, e questa non vi acconsenta, il giudice, purché risulti assolutamente indispensabile, dispone con ordinanza, anche d'ufficio, le necessarie operazioni.

2. L'ordinanza contiene, a pena di nullità:

 

a) l'indicazione dell'atto e delle ragioni che lo rendono assolutamente indispensabile;

 

b) l'indicazione del reato per il quale si procede;

 

c) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora stabiliti per il compimento dell'attività;

 

d) l'avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia;

 

e) l'avviso che, in caso di mancata comparizione senza addurre legittimo impedimento, può disporsi l'accompagnamento coattivo, a norma dell'articolo 224-quater.

 

3. L 'ordinanza è notificata alla persona che deve essere sottoposta all'atto e al suo difensore, almeno tre giorni prima di quello stabilito per l'esecuzione delle operazioni.

4. Gli atti disposti a norma dei commi 1, 2 e 3 devono essere eseguiti presso strutture pubbliche o equiparate, a cura di personale qualificato e comunque sotto la vigilanza del perito, nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore e della riservatezza di chi vi è sottoposto.

 

Art. 224-ter. - (Divieto di compiere atti pericolosi per l'incolumità o la dignità personali). - 1. Gli atti previsti dall'articolo 224-bis non possono essere eseguiti se, in considerazione delle circostanze del caso, possano mettere in pericolo la vita, la salute, l'incolumità della persona ovvero risultino lesivi della sua dignità o invasivi per l'intimo della psiche.

 

Art. 224-quater. - (Accompagnamento coattivo). - 1. Qualora il soggetto invitato a presentarsi per essere sottoposto agli atti indicati dall'articolo 224-bis ometta di comparire senza addurre un legittimo impedimento, il giudice dispone che sia accompagnato coattivamente nel luogo stabilito e che vi sia trattenuto, anche contro la sua volontà, per il tempo strettamente necessario".

 

Art. 2

1. Dopo l'articolo 360 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:

 

"Art. 360-bis. - (Provvedimenti del pubblico ministero per il compimento di atti invasivi). - 1. Quando gli accertamenti indicati dall'articolo 359 richiedano il compimento di atti che comunque incidono sulla libertà della persona, e questa non vi acconsenta, il pubblico ministero, purché risulti assolutamente indispensabile, procede secondo le modalità previste dall'articolo 360 ovvero, ricorrendone i presupposti, fa richiesta di incidente probatorio.

2. Se si procede ai sensi dell'articolo 360, l'esecuzione dell'atto è ordinata dal pubblico ministero con decreto motivato, che, a pena di nullità, contiene gli elementi indicati dall'articolo 224-bis, comma 2.

3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 224-bis, commi 3 e 4, e dell'articolo 224-ter.

4. Qualora il soggetto invitato a presentarsi per essere sottoposto agli atti indicati al comma 1 ometta di comparire senza addurre un legittimo impedimento, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, verificata la sussistenza delle condizioni descritte al comma 1, dispone che sia accompagnato coattivamente nel luogo stabilito e che vi sia trattenuto, anche contro la sua volontà, per il tempo strettamente necessario".

 

Art. 3.

1. Dopo l'articolo 372 del codice penale, è inserito il seguente:

 

"Art. 372-bis. - (Rifiuto di collaborare all'esecuzione di una perizia o di una consulenza tecnica) - Il soggetto che, a seguito dell'accompagnamento coattivo ordinato a norma degli articoli 224-quater e 360-bis del codice di procedura penale, illegittimamente rifiuta di collaborare all'esecuzione dell'atto è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la pena della reclusione fino a quattro anni".

 

Art. 4.

1. All'articolo 375 del codice penale, dopo la parola: "372," è inserita la seguente: "372-bis,".

 


Esame in sede referente

 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 15 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 15.10.

(omissis)

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4161 Franz e C. 4682 Onnis.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Francesco ONNIS (AN), relatore, osserva che le proposte di legge n. 4161 Franz ed altri e n. 4682 Onnis ed altri intendono soddisfare la medesima esigenza, pur prospettando soluzioni almeno parzialmente differenti.

Tali iniziative hanno in comune la volontà di rimediare alla lacuna creatasi nell'ordinamento in seguito alla parziale declaratoria di illegittimità costituzionale dell'articolo 224, comma secondo, del codice di procedura penale.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 9 luglio 1996, n. 238, ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224, comma secondo, del codice di procedura penale, nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidono sulla libertà personale dell'indagato, dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle specificamente previste nei «casi» e nei «modi» della legge.

Nel caso concreto, la Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del prelievo ematico coattivo per l'espletamento di una perizia, rilevava il contrasto tra il citato articolo 224, comma secondo,del codice di procedura penale e l'articolo 13, comma secondo, Costituzione, in quanto la disposizione censurata «presenta assoluta genericità di formulazione e totale carenza di ogni specificazione al positivo dei casi e dei modi in presenza dei quali soltanto può ritenersi che sia legittimo procedere alla esecuzione coattiva di accertamenti peritali mediante l'adozione, a discrezione del giudice, di misure restrittive della libertà personale».

In effetti, per l'articolo 13, secondo comma, Costituzione «non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o di perquisizione personale, nè qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge»; invece, ai sensi dell'articolo 224, comma secondo,codice di procedura penale, «il giudice dispone la citazione del perito e dà gli opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all'esame del perito. Adotta tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali».

In conseguenza della suddetta declaratoria di illegittimità costituzionale, dunque, «fino a quando il legislatore non sarà intervenuto ad individuare i tipi di misure restrittive della libertà personale che possono dal giudice essere disposte allo scopo di consentire (anche contro la volontà della persona assoggettata all'esame) l'espletamento della perizia ritenuta necessaria ai fini processuali, nonchè a precisare i casi e i modi in cui le stesse possono essere adottate, nessun provvedimento di tal genere potrà essere disposto».

Orbene, otto anni dopo la sentenza citata, benchè la Corte Costituzionale avesse «vivamente sollecitato il legislatore a intervenire con una disciplina positiva»,  ancora permane l'evidenziato «vuoto normativo», cui appunto si vuol porre rimedio.

Rileva il giudice delle leggi che «le ragioni della giustizia penale, consistenti nell'acquisizione della prova del reato» debbono riconoscersi quale «valore primario sul quale si fonda ogni ordinamento ispirato al principio di legalità».

Più in generale, può dirsi che queste indagini tecniche servono non solo per ottenere la «prova del reato», ma, più in generale, garantiscono la migliore ricostruzione dei fatti, al servizio della ricerca della verità, valore fondamentale del processo penale.

Anzi, l'esperienza ha dimostrato che gli accertamenti in questione spesso possono fornire la dimostrazione incontrovertibile dell'innocenza dell'imputato (indagato), allontanando da lui i sospetti e, magari, facendogli riacquistare la libertà o scongiurandone l'ingiusta carcerazione.

Anche le più recenti indicazioni giurisprudenziali confermano l'esigenza di disporre, in tempi brevi, di norme di riferimento adeguate: da ultimo, si è infatti ritenuto di poter interpretare il rifiuto dell'imputato a soggiacere al prelievo necessario per l'esame comparativo del DNA quale elemento di prova integrativo e, particolarmente, quale riscontro individualizzante della chiamata di correo. La scelta di valorizzare contra reum tale rifiuto di prestarsi all'accertamento invasivo, ispirata al principio del libero convincimento del giudice, può suscitare perplessità, soprattutto per l'assenza di norme in materia, in quanto la negazione del consenso, da parte dell'imputato, può dipendere dai motivi più vari (anche di carattere etico o religioso), diversi dalla consapevolezza di poter essere individuato, per quella via, quale responsabile dell'illecito. Il criterio proposto non sarebbe peraltro di alcuna utilità allorchè l'atto riguardi persone diverse dall'indagato (o dall'imputato), quali, ad esempio, l'offeso o i soggetti ad altro titolo interessati e coinvolti nel procedimento (si pensi alla necessità di acquisire materiale biologico da un testimone, per confrontarlo, attraverso l'esame del DNA, con quello reperito sul luogo del delitto, al fine di ricomporre a posteriori la scena nel crimine).

La proposta di legge n. 4161 «intende colmare il vuoto normativo oggi esistente» a proposito dell'esecuzione, nel processo penale, dell'analisi del DNA nei confronti dell'imputato o dell'indagato, quando occorra procedervi coattivamente, in quanto manchi il consenso dell'interessato.

L'analisi in questione viene, com'è noto, effettuata mediante l'accertamento del DNA su un campione di materiale biologico prelevato dalla persona (nel caso che ora interessa, dalla persona dell'imputato o dell'indagato), per il successivo «confronto di tali risultanze con il materiale repertato sul luogo del delitto».

Si osserva ancora che «grazie al progresso della biologia e della biologia e della genetica, oggi il test del DNA può essere definito come una formidabile fonte di prova, dotata di un elevatissimo grado di affidabilità, in grado di fornire - sulla base di un ridottissimo campione di tessuto o di liquido biologico - la precisa identificazione di un individuo». Dunque, questo test può svolgere una funzione essenziale nel processo penale.

La proposta consta di cinque articoli. I primi quattro intervengono sulla materia senza inserirsi nel codice di procedura penale, ma in modo autonomo.

Gli articoli 1, 2 e 4 sono riferiti all'esecuzione coattiva del prelievo di materiale biologico e dei successivi accertamenti per il test del DNA; l'articolo 3 disciplina, invece, le «modalità» per la raccolta del «materiale di confronto rinvenuto sul luogo del delitto» e delle «tracce biologiche comunque pertinenti al reato».

L'articolo 1 dispone che possa compiersi coattivamente l'analisi del DNA «quando si procede per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni e negli altri casi espressamente previsti dalla legge».

Dunque, si è scelto di collegare la praticabilità dell'accertamento, in assenza del consenso dell'interessato, alla gravità  del reato per il quale si procede, desunta dal criterio obiettivo dell'entità della pena edittale.

Forse il limite di pena può apparire comunque elevato, anche in confronto ad altri istituti che pure sacrificano (probabilmente in modo più pesante) le libertà personali. Così, nel caso delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'articolo 266, lettera a) del codice di procedura penale prevede che siano esperibili nei procedimenti relativi a delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni; nel caso delle misure cautelari coercitive, si fa riferimento alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, mentre, per la custodia cautelare in carcere, il limite è quello della reclusione non inferiore nel massimo a quatro anni (articolo 280del codice di procedura penale).

Peraltro non si chiarisce se, nel determinare la pena, ai fini indicati dall'articolo 1, primo comma, si debba tener conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze. Manca, in sostanza, una norma analoga all'articolo 278 del codice di procedura penale(in tema di misure cautelari) e all'articolo 266, lettera a), del codice di procedura penale (in tema di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni).

Si prevede, poi, che il giudice, e non anche il pubblico ministero, possa disporre d'ufficio il prelievo coattivo di materiale biologico.

Vi è da credere che, qualora l'esigenza di procedere all'accertamento del DNA si proponga già durante le indagini preliminari, il P.M. debba attendere l'intervento del giudice, eventualmente provando a coinvolgerlo con una richiesta di incidente probatorio, motivata, magari, ai sensi dell'articolo 392, comma secondo, del codice di procedura penale.

Sempre ai sensi dell'articolo 1, comma primo, il prelievo coattivo potrà essere eseguito solo nei confronti dell'imputato o dell'indagato e non nei confronti di soggetti diversi (ad esempio, un testimone, la persona offesa, un soggetto coinvolto da un'indagine ancora pendente contro ignoti), nè per l'esecuzione di accertamenti diversi dal test del DNA (ad esempio, un accertamento radiografico).

Il secondo comma dell'articolo 1 è dedicato al provvedimento che il giudice deve pronunciare per disporre il prelievo e i successivi accertamenti di confronto, indicando «il giorno, il luogo e l'ora e le modalità di esecuzione del prelievo, adottando i provvedimenti necessari per assicurare il sicuro, corretto e regolare compimento degli atti».

L'articolo 2, comma primo, prevede che, in caso di dissenso, il prelievo del materiale biologico utile per l'esecuzione del test è scelto in base «alle necessità dei relativi accertamenti», previo ricorso a sistemi «tali da non compromettere la salute dell'individuo e la dignità e il decoro della persona».

L'articolo 2, secondo comma, indica chi deve procedere al prelievo coattivo e alla successiva analisi del DNA (medici e analisti di laboratorio con specifica e comprovata esperienza) e in quale luogo tali attività debbano svolgersi (presso strutture pubbliche adeguatamente attrezzate e in condizioni di sicurezza clinica).

Ciò anche al fine di assicurare «una particolare attenzione alle condizioni di sicurezza clinica e sanitaria».

L'articolo 4 dispone per il caso in cui l'imputato rifiuti di sottoporsi al prelievo oppure «non compaia nel giorno e all'ora stabiliti senza legittimo impedimento»; in questo caso, il giudice ordina l'accompagnamento coattivo «nelle forme previste dalla legge». Deve intendesi richiamato l'articolo 132 del codice di procedura penale (accompagnamento coattivo dell'imputato, applicabile anche all'indagato ai sensi dell'articolo 61. comma secondo, del codice di procedura penale).

L'articolo 3 riguarda la raccolta del «materiale di confronto rinvenuto sul luogo del delitto» e delle «tracce biologiche comunque pertinenti al reato»; in questi casi, deve provvedere necessariamente un ufficiale di polizia giudiziaria, redigendo «verbale scritto», secondo le  modalità e le procedure determinate dal regolamento di attuazione adottato, adottato, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro della giustizia.

La proposta di legge n. 4682 (Onnis e altri) muove dal presupposto che la citata sentenza 9 luglio 1996, n. 238, della Corte Costituzionale, dichiarando costituzionalmente illegittimo l'articolo 224, comma 2, ha in realtà esteso la censura «a ogni altro provvedimento coercitivo atipico che possa astrattamente ricondursi alla nozione di «provvedimenti necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali».

Evidentemente, la portata caducatoria della sentenza sopra indicata si diffonde a tutti gli atti comunque invasivi per la libertà personale - quali, ad esempio, gli accertamenti radiografici - disposti, in assenza del consenso dell'interessato, per l'esecuzione della perizia.

L'evidenziata lacuna normativa pare particolarmente preoccupante perchè, sol che manchi il consenso dell'interessato, risultano oggi inibiti non solo i prelievi per l'esecuzione del test del DNA, ma tutti gli accertamenti che, a fronte di un'invasione anche minima della sfera personale, potrebbero contribuire in maniera decisiva all'accertamento della verità nel processo penale, grazie ai continui progressi scientifici e alle più recenti acquisizioni della medicina legale.

Occorre dunque rimediare al vuoto di disciplina, nell'equilibrio tra il rispetto dovuto alla persona che non accorda il consenso all'accertamento invasivo e la necessità di ricercare la verità nel processo, spesso a tutela, come detto, dello stesso imputato.

Si è in primo luogo considerato che queste attività invasive, finalizzate all'esecuzione di una perizia, in qualche caso particolare possono ritenersi già disciplinate dalla legge: così, ad esempio, si ritiene che l'accertamento dei residui di polvere da sparo sul corpo di una persona sia un atto di ispezione personale, in relazione al quale già dispongono gli articoli 244 e 245 del codice di procedura penale.

Pertanto, come suggerito dalla Consulta, occorre limitare l'attenzione ai casi diversi da quelli «specificamente» previsti «nei casi e nei modi dalla legge».

L'articolo 1, a proposito della perizia, prevede l'introduzione degli articoli 224 bis, ter e quater del codice di procedura penale.

Come risulta dal testo dell'articolo 224 bis, non si è ritenuto opportuno limitare l'adozione di queste misure coattive ai procedimenti relativi a talune categorie di reati, individuati, ad esempio, in base alla natura o all'entità della pena. Infatti, come sopra si è detto, talora anche la prova dell'innocenza può essere conseguita (solo) a mezzo della perizia e la ricerca della verità nel processo penale deve poter giustificare un - minimo - sacrificio della libertà personale. Del resto, già le ispezioni personali sono mezzi di ricerca della prova che intervengono coattivamente sulla libertà della persona e ad esse può farsi ricorso a prescindere dalla gravità del reato per il quale si procede.

I «casi» nei quali è ammessa l'imposizione dell'accertamento invasivo sono invece descritti richiedendo il concorso di due elementi: a) il primo, positivo, in quanto deve trattarsi di un atto assolutamente indispensabile (articolo 224-bis ,comma primo): quindi, non solo dovrà essere necessaria la perizia, ma occorrerà che proprio quell'atto invasivo risulti imprescindibile; b) il secondo, negativo, in quanto, comunque, non potrebbero disporsi gli atti che, in considerazione delle circostanze del caso, possano mettere in pericolo la vita, la salute, l'incolumità della persona ovvero risultino lesivi della sua dignità o invasivi per l'intimo della psiche (articolo 224-ter).

Si recepiscono, così, i limiti individuati dalla sentenza n. 54/86 della Corte Costituzionale, pronunciata, a proposito del prelievo ematico coattivo, in seguito alle censure di illegittimità costituzionale degli articoli 146, 314 e 317 del vecchio codice di procedura penale.

Il comma secondo dell'articolo 224-bis precisa i contenuti della motivazione dell'ordinanza che obbliga al compimento  dell'atto, affinchè risulti verificabile il percorso logico-giuridico seguito nella decisione; tale ordinanza (articolo 224-bis, comma terzo) dovrà essere notificata con anticipo all'interessato (e, se esiste, al suo difensore), per dargli modo di conoscere e valutare in tempo utile quanto gli si richiede.

L'atto deve poi essere eseguito in condizioni di massima sicurezza, a cura o comunque sotto la vigilanza del perito, rispettando la dignità e, per quanto sia possibile, anche il pudore e la riservatezza di colui che vi è sottoposto (articolo 224 bis, comma quarto).

L'articolo 224 quater disciplina l'accompagnamento coattivo del soggetto che, ricevuta la notifica del provvedimento che impone l'atto invasivo, ometta senza valida giustificazione di presentarsi nel luogo, nel giorno e nell'ora stabiliti dal giudice.

L'articolo 2 prende in considerazione l'eventualità in cui l'esigenza di compiere l'accertamento tecnico che incide sulla libertà personale si proponga durante le indagini preliminari: ai sensi dell'articolo 360-bis del codice di procedura penale, il pubblico ministero, se non avanza richiesta di incidente probatorio, potrà procedere con consulenza tecnica, adottando, tuttavia, la procedura descritta dall'articolo 360.

Così, da un lato si garantisce al meglio il contraddittorio, si consente all'indagato di optare per l'incidente probatorio e, soprattutto, i risultati di quell'attività si rendono pienamente utilizzabili, da parte del giudice, nelle successive fasi processuali, in quanto inseribili nel fascicolo del dibattimento (articolo 431, lett. c)), senza necessità di rinnovare l'atto invasivo.

Le disposizioni dettate dall'articolo 360 bis richiamano, in sostanza, quelle dettate dagli artt. 224-bis e seguenti, a proposito della perizia; però, si è preferito disporre che sia il giudice, su richiesta del pubblico ministero, a ordinare l'accompagnamento coattivo, per indurre un vaglio propriamente giurisdizionale sulla procedura seguita e sulla sussistenza dei requisiti di legge.

L'articolo 3 propone la modifica del codice penale, introducendo l'articolo 372 bis, per sanzionare (con la reclusione fino a quattro anni) il rifiuto di collaborare all'esecuzione dell'atto, da parte del soggetto accompagnato coattivamente ai sensi degli artt. 224-quater e 360-bis.

Si è avuto riguardo, in particolare, agli accertamenti tecnici che presuppongono una collaborazione attiva del soggetto che deve sottoporvisi (ad esempio, per insufflare aria in un apparecchio rilevatore).

In queste ipotesi, nessuna coazione sarebbe praticabile, ma la condotta di rifiuto potrà integrare un delitto contro l'amministrazione della giustizia, considerando che quell'accertamento tecnico era stato ritenuto assolutamente indispensabile per conoscere la verità nel processo penale.

Analoga soluzione risulta del resto adottata dagli artt. 186 e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), a proposito della guida sotto l'influenza di alcool o di sostanze stupefacenti.

Infatti, colui che guida in tali condizioni è punito con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda da euro 258 a euro 1.032; identica sanzione è però comminata a chi rifiuti gli accertamenti del tasso alcoolemico o della presenza, nell'organismo, di sostanze stupefacenti.

L'articolo 4, che vorrebbe modificare il testo dell'articolo 375 del codice penale, prevede un aggravamento della pena in relazione ai delitti previsti dagli artt. 371-bis (false informazioni al pubblico ministero), 371-ter (false dichiarazioni al difensore), 372 (falsa testimonianza), 373 (falsa perizia o interpretazione) e 374 (frode processuale), così graduandolo: la reclusione da tre a otto anni se dal fatto driva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; la reclusione da quattro a dodici ani se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; la reclusione da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo.

Non diverso aggravamento della pena dovrebbe essere riservato a chi, rifiutando di collaborare all'accertamento coattivo disposto a norma del codice di procedura penale, abbia determinato l'ingiusta condanna dell'imputato.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 28 settembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA

La seduta comincia alle 14.

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4161 Franz e C. 4682 Onnis.

(Seguito dell'esame e rinvio)

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 15 settembre 2004.

Giovanni KESSLER (DS-U) condivide le esigenze sottese alla proposta di legge in esame, quali l'accertamento della verità processuale e la necessità di colmare il vuoto normativo evidenziato nella sentenza n. 238 del 9 luglio 1996 della Corte costituzionale. In particolare ricorda che in tale pronuncia la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 224 del codice di procedura penale nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito di operazioni peritali, disponga misure che incidano sulla libertà personale dell'indagato, dell'imputato o di terzi al di fuori di quelle espressamente previste nei casi e nei modi di legge. Attualmente che nessun prelievo coattivo di materiale biologico per le analisi del DNA può essere disposta dal giudice.

Quanto alle proposte di legge all'esame della Commissione rileva che il progetto di legge C. 4161 a firma dell'onorevole Franz limiti eccessivamente il tipo di prelievo che  può essere effettuato, in quanto consente al giudice il prelievo coattivo di materiale biologico del solo indagato o imputato esclusivamente con riferimento alle analisi e al confronto del DNA dell'imputato o dell'indagato con le tracce raccolte sul luogo del delitto o su cose comunque pertinenti al reato per il quale si procede. Inoltre avanza perplessità in ordine ad un intervento normativo che si ponga al di fuori del codice di procedura penale.

Evidenzia poi che la proposta di legge C. 4682 a firma dell'onorevole Onnis, intervenendo più opportunamente sul codice di procedura penale, è maggiormente dettagliata. Rileva tuttavia l'eccessiva indeterminatezza dei casi in cui può essere effettuato tale tipo di accertamento coattivo; ritenendo più opportuno limitare il prelievo a reati di una certa gravità. Inoltre ritiene inopportuno la previsione di cui all'articolo 3, in virtù della quale è qualificato reato il rifiuto di collaborare all'esecuzione di una perizia o di una consulenza tecnica.

Infine evidenzia l'opportunità che la Commissione incentri l'esame sulla proposta di legge n. 4682, adottandola come testo base.

Gaetano PECORELLA, presidente, ritiene che la Commissione debba valutare se sia opportuno affrontare anche la delicata questione della conservazione dei risultati degli accertamenti.

Francesco ONNIS (AN), relatore, in ordine alle osservazioni avanzate dal deputato Kessler, dichiara di condividere l'esigenza di prevedere le fattispecie di reati per i quali ammettere il prelievo coattivo di materiale biologico.

Erminia MAZZONI (UDC) nel condividere le esigenze sottese alla presentazione delle proposte di legge in esame, rileva l'opportunità che la Commissione adotti come testo base la proposte di legge C. 4682.

Sergio COLA (AN) concorda con l'ipotesi di adottare come testo base la proposta di legge C. 4682.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 26 ottobre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.50.

(omissis)

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4161 Franz e C. 4682 Onnis.

(Seguito dell'esame e rinvio - adozione del testo base).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 28 settembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda che nella seduta del 28 settembre 2004 i deputati Cola, Kessler e Mazzoni, a nome rispettivamente dei gruppi AN, DS e UDC, hanno dichiarato di condividere le esigenze sottese alle proposte di legge in esame e si sono dichiarati favorevoli ad adottare come testo base la proposta di legge C. 4682 Onnis. Invita il relatore a formulare la proposta di adozione del testo base.

Francesco ONNIS (AN), relatore, premette di aver riscontrato un ampio consenso da parte dei vari gruppi sui provvedimenti in esame. In considerazione delle questioni emerse durante l'esame preliminare, in primo luogo ritiene opportuno limitare il campo di applicazione del provvedimento ai reati di una certa gravità, individuati facendo riferimento o alla tipologia dei reati o all'entità della pena edittale. A tal proposito ritiene che si potrebbe prevedere un'esclusione dall'analisi del DNA per i delitti colposi o preterintenzionali.

Ritiene inoltre che andrebbe approfondita l'opportunità di prevedere la costituzione di una banca dati per la conservazione dei risultati degli accertamenti, in modo da poterli utilizzare anche per indagini e procedimenti successivi a quello nell'ambito del quale sono state effettuati.

Infine propone di adottare, quale testo base per il seguito dell'esame, la proposta di legge C. 4682 Onnis.

La Commissione delibera di adottare quale testo base per il seguito dell'esame la proposta di legge C. 4682 Onnis.

Gaetano PECORELLA, presidente, ricorda l'urgenza, evidenziata a più riprese anche dagli organi competenti, di addivenire all'approvazione di un provvedimento relativo all'analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato per colmare finalmente un vuoto normativo che rende difficoltosa, in determinati casi, l'accertamento della verità processuale.

Pertanto propone di fissare il termine per la presentazione di proposte emendative per mercoledì 3 novembre 2004, alle ore 14.

La Commissione concorda.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Martedì 9 novembre 2004. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 14.15.

(omissis)

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4682 Onnis e C. 4161 Franz.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato il 26 ottobre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, avverte che sono stati presentati degli emendamenti (vedi allegato 2) alla proposta di legge C. 4682, adottato, quale testo base dalla Commissione nell'ultima seduta.

Francesco ONNIS (AN), relatore, in considerazione della complessità degli emendamenti presentati, chiede un breve rinvio per consentire un maggior approfondimento del contenuto di tali proposte emendative.

Gaetano PECORELLA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.



ALLEGATO 2

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4682 Onnis e C. 4161 Franz.

EMENDAMENTI

 

 

 


ART. 1.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», sostituire il comma 1 con i seguenti:

1. Qualora, per mancanza del consenso dell'interessato, l'esecuzione della perizia richieda la privazione della libertà personale di alcuno per sottoporlo ad accertamenti invasivi del suo corpo, il giudice, purché risulti necessario ai fini della decisione, dispone con ordinanza le necessarie operazioni nei seguenti casi e con le seguenti modalità.

1-bis. L'uso di mezzi coercitivi per accertamenti invasivi del corpo umano è consentito solamente qualora si proceda per delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, determinata ai sensi dell'articolo 4, lettera e).

1. 5.Kessler.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», comma 1, sostituire la parola: qualora con le seguenti: quando si procede per delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, determinata ai sensi dell'articolo 4, e.

Conseguentemente, al medesimo capoverso, dopo il comma 1 inserire il seguente:

1-bis. Nello stesso modo si procede anche al di fuori dei limiti indicati dal comma 1 se l'esecuzione della perizia, che richiede il compimento di atti incidenti sulla libertà di una persona non consenziente e diversa dall'imputato appare assolutamente indispensabile ai fini del proscioglimento di quest'ultimo.

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, capoverso «articolo 360-bis», comma 1, dopo la parola: Quando inserire le seguenti: si procede per delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, determinata ai sensi dell'articolo 4, e.

1. 1.Il relatore.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», comma 1, sostituire le parole: che comunque incidono con le seguenti: comunque incidenti.

1. 2.Il relatore.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», comma 1, sostituire le parole: e questa non vi consenta con le seguenti: che non vi consenta.

1. 3.Il relatore.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», comma 2, sostituire la lettera a) con la seguente:

a) l'indicazione dell'accertamento e delle ragioni che lo rendono necessario ai fini della decisione.

1. 6.Kessler.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», comma 2, dopo la lettera e) inserire la seguente:

f) le disposizioni impartite dal giudice per la migliore conservazione dei materiali che debbano costituire oggetto di prelievo, in modo che sia preservata l'integrità, ove possibile, anche successivamente all'esecuzione della perizia.

1. 4.Il relatore.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», sostituire il comma 3 con il seguente:

L'ordinanza è notificata alla persona che deve essere sottoposta all'accertamento e, nel caso sia sottoposta ad indagine o imputata, al suo difensore, almeno tre giorni prima di quello stabilito per l'esecuzione delle operazioni.

1. 8.Kessler.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis, comma 4, sopprimere le parole: presso strutture pubbliche o equiparate.

1. 7.Kessler.

Al comma 1, capoverso «articolo 224-bis», comma 4, aggiungere in fine il seguente periodo: nonché facendo in modo che la persona sia privata della sua libertà per il tempo strettamente necessario.

1. 10.Kessler.

ART. 2.

Sopprimerlo.

 

2. 1.Pisapia.

Al comma 1, capoverso «articolo 360-bis», sostituire il comma 1, con il seguente:

Qualora si proceda per delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, determinata ai sensi dell'articolo 4, lettera e) e gli accertamenti indicati dall'articolo 359 richiedano, per mancanza di consenso dell'interessato, la privazione della libertà personale di alcuno per sottoporlo ad accertamenti invasivi del suo corpo, il pubblico ministero, purché risulti necessario ai fini della decisione, procede secondo le modalità previste dall'articolo 360 e con le seguenti modalità ovvero, ricorrendone i presupposti, fa richiesta di incidente probatorio.

Kessler.

Al comma 1, capoverso «articolo 360-bis», comma 1, sopprimere le seguenti parole: procede secondo le modalità previste dall'articolo 360 ovvero.

Conseguentemente, al comma 1, capoverso «articolo 360-bis» sopprimere il comma 2.

 

2. 2.Pisapia.

ART. 3.

Sopprimerlo.

3. 2.Pisapia.

Al comma 1, capoverso «articolo 372-bis», dopo il primo comma, inserire il seguente: è esclusa la punibilità del soggetto che sia già o venga successivamente imputato o sottoposto alle indagini nel procedimento penale in cui è stato ordinato  l'accompagnamento coattivo, nonché dei suoi prossimi congiunti.

3. 1.Il relatore.

Al comma 1, capoverso «articolo 372-bis», dopo il primo comma, inserire il seguente:

2. È esclusa la punibilità del soggetto che sia già sottoposto ad indagini o lo sia successivamente, nonché dei suoi prossimi congiunti.

3. 3.Kessler.

ART. 4.

Sopprimerlo.

4. 2.Pisapia.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

2. All'articolo 384, comma 1, del codice penale, dopo la parola: «372» è inserita la seguente: «372-bis».

4. 1.Il relatore.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 


SEDE REFERENTE

Martedì 27 settembre 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA.

La seduta comincia alle 13.05.

(omissis)

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4682 Onnis e C. 4161 Franz.

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 9 novembre 2004.

Gaetano PECORELLA, presidente, anche in considerazione dell'assenza del relatore, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 


II COMMISSIONE PERMANENTE

(Giustizia)

¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 


SEDE REFERENTE

Martedì 4 ottobre 2005. - Presidenza del presidente Gaetano PECORELLA. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Vitali e Jole Santelli.

La seduta comincia alle 14.10

 

Disposizioni in materia di esecuzione delle analisi del DNA dell'imputato o dell'indagato.

C. 4682 Onnis e C. 4161 Franz.

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 27 settembre 2005.

Gaetano PECORELLA, presidente, anche in considerazione dell'assenza del relatore del provvedimento in esame, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.


 

 


 



[1]     I motivi di astensione del perito sono gli stessi che ricorrono per il giudice, indicati all’art. 36 c.p.p.. Il perito dovrà obbligatoriamente astenersi:

a)       se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;

b)       se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;

c)       se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento;

d)       se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;

e)       se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;

f)         se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;

g)       se se è coniuge, parente o affine fino al secondo grado del giudice;

h)       se esistono altre gravi ragioni di convenienza.

[2]    Ci si riferisce al caso delle presunte, ripetute lacrimazioni di sangue della cd. Madonnina di Civitavecchia.

[3]    La norma costituzionale stabilisce che nessuno può essere obbligato a trattamenti sanitari, se non per disposizione di legge, fermo restando i limite imposti dal rispetto della persona.

[4]     Legge 15 giugno 1990, n. 135, Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS.