Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Riforma della disciplina delle professioni intellettuali - AA.C. 867 e abb. (II edizione)
Riferimenti:
AC n. 2160/XV   AC n. 867/XV
AC n. 1216/XV   AC n. 1319/XV
AC n. 1442/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 75
Data: 07/03/2007
Descrittori:
COLLEGI E ORDINI PROFESSIONALI   LIBERI PROFESSIONISTI
Organi della Camera: II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

AA.C. 867 e abb.

Schede di lettura

 

 

n. 75

seconda edizione

parte I

 

7 marzo 2007

 


 

La documentazione predisposta in occasione dell’esame dei progetti di legge relativi alla riforma della disciplina delle professioni intellettuali (AA.CC. 867 e abb.) è suddivisa nei seguenti volumi:

 

-    dossier n. 75 (parte I): contiene la scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa, le schede di lettura e gli stampati degli Atti Camera;

-    dossier n. 75 (parte II): contiene la normativa di riferimento (nazionale e comunitaria) e la giurisprudenza;

-    dossier n. 75/1: contiene ulteriore documentazione in materia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

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File: gi0048s1.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  8

§      Contenuto  8

§      Relazioni allegate  8

Elementi per l’istruttoria legislativa  9

§      Necessità dell’intervento con legge  9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  9

§      Compatibilità comunitaria  9

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  24

§      Impatto sui destinatari delle norme  25

§      Formulazione del testo  25

Schede di lettura

Quadro normativo  29

§      Professioni intellettuali e loro ordinamento  29

§      Albo professionale  31

§      Struttura degli ordini professionali34

§      Rapporti con altri soggetti pubblici36

§      Previdenza  36

§      Il decreto legislativo attuativo della legge La Loggia e il decreto legge Bersani (n. 223 del 2006)37

§      Normativa comunitaria  49

Il contenuto dei progetti di legge  58

§      La proposta di legge A.C. 867  58

§      Le proposte di legge A.C. 1216 e A.C. 1319  66

§      La proposta di legge A.C. 1442  82

§      Il disegno di legge A.C. 2160  86

Progetti di legge

§      A.C. 867, (on. Siliquini ed altri), Disciplina delle libere professioni105

§      A.C. 1216, (on. Mantini ed altri), Riforma della disciplina delle professioni intellettuali159

§      A.C. 1319, (on. Vietti ed altri), Riforma della disciplina delle professioni intellettuali195

§      A.C. 1442, (on. Laurini ed altri), Riforma della disciplina delle professioni intellettuali229

§      A.C. 2160, (Governo), Delega al Governo in materia di professioni intellettuali257

Iter alla Camera

Esame in sede referente

-       Commissioni riunite II (Giustizia) e X (Attività produttive)

Seduta del 28 novembre 2006  289

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

867

Titolo

Disciplina delle libere professioni

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

professioni

Iter al Senato

no

Numero di articoli

71

Date

 

§       presentazione alla Camera

23 maggio 2006

§       annuncio

30 maggio 2006

§       assegnazione

16 novembre 2006

Commissione competente

2ª Commissione (Giustizia) 10ª (Attivita' produttive, commercio e turismo)

Sede

Referente

Pareri previsti

1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 7ª (Cultura), 10ª (Att. produt.), 11ª (Lavoro) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 14ª (Pol. comun.), Quest. Reg.

 


Numero del progetto di legge

1216

Titolo

Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

professioni

Iter al Senato

no

Numero di articoli

44

Date

 

§       presentazione alla Camera

27 giugno 2006

§       annuncio

28 giugno 2006

§       assegnazione

12 luglio 2006

Commissione competente

2ª Commissione (Giustizia) e 10ª Commissione (Attività produttive)

Sede

Referente

Pareri previsti

1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 7ª (Cultura), 11ª (Lavoro) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 14ª (Pol. comun.), Quest. Reg.

 


 

Numero del progetto di legge

1319

Titolo

Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

professioni

Iter al Senato

no

Numero di articoli

39

Date

 

§       presentazione alla Camera

7 luglio 2006

§       annuncio

10 luglio 2006

§       assegnazione

23 ottobre 2006

Commissione competente

2ª Commissione (Giustizia) e 10ª Commissione (Attività produttive)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni 1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 7ª (Cultura), 11ª (Lavoro) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 14ª (Pol. comun.), Quest. Reg.

 


 

Numero del progetto di legge

1442

Titolo

Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

professioni

Iter al Senato

no

Numero di articoli

40

Date

 

§       presentazione alla Camera

21 luglio 2006

§       annuncio

24 luglio 2006

§       assegnazione

20 settembre 2006

Commissione competente

2ª (Giustizia) e 10ª (Attivita' produttive, commercio e turismo)

Sede

Referente

Pareri previsti

1ª (Aff. costit.), 3ª (Aff. esteri), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 7ª (Cultura), 11ª (Lavoro) (ai sensi dell'art. 73 reg. Camera), 14ª (Pol. comun.)

 


 

Numero del progetto di legge

2160

Titolo

Delega al Governo in materia di professioni intellettuali

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

professioni

Iter al Senato

no

Numero di articoli

9

Date

 

§       presentazione alla Camera

24 gennaio 2007

§       annuncio

25 gennaio 2007

§       assegnazione

7 febbraio 2007

Commissione competente

2ª (Giustizia) e 10ª (Attivita' produttive, commercio e turismo)

Sede

Referente

Pareri previsti

1ª (Aff. costit.), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze), 7ª (Cultura) (ai sensi dell’art. 73 reg. Camera), 8ª (Ambiente), 11ª (Lavoro), 12ª (Aff. sociali), 14ª (Pol. comun.), Quest. Reg.

 

 

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

I progetti di legge A.C. 867 (Siliquini ed altri), A.C. 1216 (Mantini ed altri), A.C. 1319 (Vietti ed altri), A.C. 1442 (Mantini ed altri), A.C. 2160 (Governo) sono diretti ad individuare i principi fondamentali relativi ad una complessiva riforma del sistema delle professioni intellettuali, in conformità alle previsioni costituzionali e agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria.

Relazioni allegate

I progetti di legge A.C. 867, A.C. 1216, A.C. 1319 e A.C. 1442, trattandosi di proposte di legge di iniziativa parlamentare, sono corredate, della sola relazione illustrativa.

Per quanto riguarda il disegno di legge A.C. 2160, di iniziativa governativa, corredato anch’esso della sola relazione illustrativa, la mancata presentazione della relazione tecnica viene giustificata in considerazione del fatto che dalla legge delega e dai decreti legislativi delegati non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato (cfr.relazione illustrativa).


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte di legge in esame sono finalizzate, come sopra ricordato, a delineare, nel rispetto dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, i principi fondamentali concernenti una complessiva riforma delle professioni intellettuali.

Si giustifica pertanto, in tale ambito, il ricorso allo strumento legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina delle professioni rientra, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione nell’ambito della competenza legislativa concorrente. Conseguentemente, spetta alla legislazione dello Stato determinare i principi fondamentali, in conformità dei quali le regioni potranno esercitare la propria potestà legislativa.

Le proposte di legge A.C. 867 ed abb. danno altresì attuazione, sia pure con differenti modalità, alle disposizioni dettate dalla Costituzione agli articoli 4 (in materia di diritto al lavoro), 33 (segnatamente al comma 5, relativo all’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione), 35 (con particolare riguardo alla formazione ed elevazione professionale dei lavoratori), e 41 (in tema di iniziativa economica privata).

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Quanto alla normativa comunitaria, occorre premettere che condizione indispensabile per la creazione del mercato unico europeo è, oltre alla libera circolazione delle merci, anche la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali (artt. 3, 39 e segg. del Trattato di Roma istitutivo della comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209): ciò implica per i professionisti il riconoscimento non del solo diritto alla libera prestazione di servizi nell'ambito della Comunità, ma anche della libertà di “stabilimento”, ossia il diritto di ogni cittadino europeo di esercitare la propria attività in qualsiasi Stato membro.

Pertanto, si rende necessario il reciproco riconoscimento fra i paesi membri della CE dei diplomi, certificati e titoli professionali dei cittadini europei.

La Corte di giustizia ha riconosciuto l'immediata precettività delle norme del Trattato che statuiscono i citati principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (v. es: sentt. 21/6/74, n. 2/74 (Reyners), e 28/4/77, n. 71/76 (Thieffry)).

In un primo momento, la produzione normativa comunitaria ha avuto l'obiettivo di armonizzare le legislazioni nazionali relative all'esercizio delle singole professioni, come presupposto per il riconoscimento dei titoli professionali (in questa direzione il legislatore comunitario si è mosso, in particolare, per le professioni sanitarie): non sono tuttavia mancate resistenze in tale cammino, come dimostra la normativa dettata per gli avvocati (77/249/CEE) che ha consentito a questi professionisti la sola libera prestazione di servizi professionali in ambito CE (rinviando ulteriormente l'attuazione del diritto di stabilimento).

In un secondo momento, il legislatore comunitario ha invece percorso - con le direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE - la strada del riconoscimento reciproco dei titoli professionali sulla base della rispondenza a taluni requisiti minimi. In questa nuova ottica deve anzitutto ricordarsi la direttiva 89/48/CEE, che ha trovato attuazione in Italia con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115.

Il quadro normativo comunitario, però, è stato innovato recentemente con la direttiva 2005/36/CE, che ha riformato il regime di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. La direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

In materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi, vanno segnalate anche le vicende della cd. direttiva Bolkenstein,relativa ai servizi nel mercato interno, con particolare riferimento all’elimininazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri.

Per l'esame più specifico delle diverse direttive che si sono succedute in tale materia, si fa rinvio al contenuto delle schede di lettura.

Da ultimo, si segnala l’approvazione della risoluzione 2137/2006/CE del Parlamento europeo (cd. risoluzione Ehler) del 12 ottobre 2006, sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, la quale sollecita l’eliminazione degli “ostacoli alla concorrenza che non sono giustificati o che nuocciano all'interesse generale”, pur riconoscendo “il diritto di emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche”.

Al riguardo, va segnalato che tutte le proposte di legge in esame individuano nei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario un parametro di riferimento, cui si conforma la nuova disciplina delle professioni intellettuali.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Tariffe professionali degli avvocati

Il 21 dicembre 2005 la Commissione, intervenendo sulla normativa anteriore all'entrata in vigore della legge Bersani (cfr. paragrafo relativo al quadro normativo), ha inviato all’Italia una lettera dimessa in mora complementare[1] con cui rileva l’incompatibilità con gli articoli 43[2] e 49[3] del Trattato CE delle norme nazionali in materia di tariffe di onorari minimi e massimi per le attività degli avvocati. I rilievi mossi dalla Commissione riguardano, in particolare, le seguenti disposizioni:

 

·         il regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36, come successivamente modificato, che disciplina la professione di avvocato in Italia. In particolare, l’articolo 57 stabilisce che i criteri per la determinazione degli onorari edelle indennità dovuti agli avvocati sono fissati con cadenza biennale con deliberazione del Consiglio nazionale forense (CNF) - istituito presso il Ministero della Giustizia – che, ai sensi dell’articolo 58, comma 2, fissa, per ogni atto, un limite massimo e un limite minimo. L’articolo 61 stabilisce che l’onorario degli avvocati è determinato in base ai criteri di cui all’articolo 57, tenuto conto della gravità e del numero delle questioni trattate. Come previsto dall’articolo 61, comma 2, tale onorario può essere più elevato di quello liquidato a carico della parte condannata alle spese se il carattere speciale della controversia o il valore della prestazione lo giustifichino;

·         l’articolo 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794, in base al quale gli onorari e i diritti stabiliti per le prestazioni dei procuratori e gli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati sono inderogabili. Ogni convenzione contraria è pertanto nulla;

·         l’articolo 13 della legge 9 febbraio 1982, n. 31[4] in base al quale l’obbligo di rispettare le tariffe professionali in vigore è esteso agli avvocati di altri Stati membri che svolgono attività giudiziali o extragiudiziali in Italia;

·         il decreto ministeriale 24 novembre 1990, n. 392, il decreto ministeriale 5 ottobre 1994, n. 585 e il decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 che hanno disciplinato successivamente gli onorari di avvocato. A questo proposito la Commissione cita l’articolo 4, paragrafo 1, della delibera del Consiglio nazionale allegata al decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127, che vieta di derogare agli onorari fissati per la professione di avvocato. L’articolo 9 della medesima delibera precisa che, in caso di sproporzione manifesta, per ragioni specifiche al caso, tra la prestazione e l’onorario previsto nella tabella, previo parere del Consiglio dell’Ordine competente i limiti massimi possono essere aumentati e i limiti minimi diminuiti; al di fuori di questa ipotesi non sono possibili deroghe all’onorario minimo.

La Commissione, inoltre, fa riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione italiana in base alla quale il divieto di derogare alla tariffa professionale degli avvocati comporta la nullità di qualsiasi accordo contrario tra le parti interessate dalla prestazione. Conformemente a quanto deciso dalla Corte di cassazione, quindi, se le parti hanno previsto onorari inferiori a quelli fissati dalla tariffa professionale, la retribuzione minima prevista da quest’ultima si sostituisce di diritto all’importo pattuito dalle parti.

La Commissione ha quindi proceduto a verificare la compatibilità della citata normativa italiana con gli articoli 43 e 49 del TCE[5] ed è giunta alla conclusione che la normativa italiana è incompatibile con i suddetti articoli in quanto essa costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi. Un cliente stabilito in uno Stato membro diverso dall’Italia, infatti, potrebbe essere dissuaso dal rivolgersi ad un avvocato stabilito in Italia in quanto quest’ultimo sarebbe obbligato a conformarsi alle tariffe italiane senza che questo corrisponda necessariamente alla realtà del mercato e del servizio legale reso in un altro Stato membro. L’avvocato, dal canto suo, si troverebbe in una posizione di svantaggio concorrenziale in quanto le tariffe sono stabilite sulla base di costi medi che non tengono necessariamente conto delle condizioni specifiche di una causa. Inoltre, un avvocato stabilito in un altro Stato membro potrebbe essere dissuaso dal prestare i propri servizi in Italia poiché dovrebbe adeguarsi alle tariffe italiane.

Alla luce di queste considerazioni la Commissione conclude che la determinazione del prezzo delle prestazioni è uno dei principali fattori di promozione nei confronti dei clienti e il divieto di deroga alle tariffe prestabilite rappresenta un grave ostacolo all’esercizio dell’attività di avvocato in Italia perché limita l’accesso al mercato.

Secondo la Commissione, inoltre, la normativa italiana viola l’articolo 49 in quanto essa rende la prestazione di servizi fra Stati membri più difficile della prestazione di servizi all’interno di un determinato Stato membro. Infine, il divieto di derogare ai tariffari prestabiliti costituisce un ostacolo alla libertà contrattuale delle parti.

La Commissione ha verificato, infine, se gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi e al diritto di stabilimento possano essere giustificati sulla base di motivi imperiosi di interesse generale. Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’interpretazione dell’articolo 49 del TCE[6] ostacoli o restrizioni delle libertà fondamentali stabilite nel Trattato da parte di provvedimenti nazionali possono essere giustificati per motivi imperiosi di interesse generale, se hanno carattere non discriminatorio, se sono idonei a garantire il perseguimento dello scopo e se sono proporzionali rispetto all’obiettivo da raggiungere. La Commissione conclude che la normativa in questione è sproporzionata rispetto all’esistenza di motivi imperiosi di interesse generale.

 

Come sopra anticipato, in relazione alla materia in esame è recentemente intervenuto il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (cd. decreto Bersani), successivamente modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, che ha inteso dare attuazione al principio comunitario di libera concorrenza e libera di circolazione delle persone e dei servizi, nonché ad assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato.

In particolare, l’articolo 2 del provvedimento(Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.) abroga le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti (cfr. paragrafo relativo al quadro normativo).

Tariffe professionali di architetti ed ingegneri

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[7] con il quale constata l’incompatibilità con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE delle norme nazionali in materia di tariffe minime per le prestazioni di architetti ed ingegneri.

I rilievi mossi dalla Commissione riguardano, in particolare, l’articolo 1 della legge n. 143 del 4 marzo 1958, modificata dalla legge n. 340 del 5 maggio 1976,in base al quale le tariffe degli onorari e delle spese di rimborso degli ingegneri e degli architetti sono stabilite mediante decreto ministeriale, su proposta dei Consigli nazionali riuniti degli ingegneri e degli architetti, previa consultazione dei Consigli competenti e delle organizzazioni sindacali a carattere nazionale delle due categorie. I minimi tariffari stabiliti dalla legge sono inderogabili. A tale riguardo, l’articolo 6 della legge n. 404 del 1° luglio 1977 precisa che il carattere inderogabile delle tariffe minime stabilite dalla legge deve intendersi applicabile esclusivamente ai rapporti tra privati. L’articolo 17, paragrafo 12 ter, della legge n. 109 del 17 febbraio 1994 relativa ai lavori pubblici precisa che qualsiasi convenzione contraria alle tariffe minime stabilite dalla legge per gli architetti e gli ingeneri è nulla. Tuttavia, l’articolo 4, comma 12bis, del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito nella legge n. 155 del 26 aprile 1989 stabilisce che, per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri enti pubblici relativamente alla realizzazione di opere pubbliche o comunque di interesse pubblico, il cui onere è in tutto o in parte a carico dello Stato e degli altri enti pubblici, la riduzione dei minimi di tariffa non può superare il 20 per cento.

Nella risposta del 19 settembre 2005, il Governo italiano precisa che la normativa applicabile agli architetti e agli ingegneri comprende anche l’articolo 2233 del Codice civile in virtù del quale qualora il compenso non sia convenuto dalle parti e non possa essere determinato secondo le tariffe o gli usi, esso è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione citata dalle autorità italiane[8] gli onorari sono oggetto di libero accordo contrattuale tra le parti.

La Commissione, tuttavia, contesta quanto sostenuto dalle autorità italiane in materia di libertà contrattuale per la fissazione degli onorari, richiamandosi alla sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 16 giugno 1995, in base alla quale gli onorari stabiliti dalla legge sono da considerare minimi inderogabili e qualsiasi accordo contrario va considerato nullo. Inoltre, la sentenza  della seconda sezione della Corte di cassazione n. 8787 del 28 giugno 2000 precisa che un architetto o un ingegnere possono derogare alle tariffe minime stabilite dalla legge e fornire prestazioni gratuite solo per motivi quali considerazioni di carattere sociale; in qualsiasi altra situazione gli accordi che derogano alle tariffe minime vanno considerati nulli.

La Commissione conclude, quindi, che nemmeno le supreme istanze giurisdizionali italiane confermano le argomentazioni sostenute dalle autorità italiane in base alle quali il principio della libertà contrattuale prevarrebbe rispetto alle tariffe minime obbligatorie per gli architetti e gli ingegneri. La Commissione fa notare, inoltre, che in occasione delle cause discusse davanti alla Corte di giustizia e riguardanti le tariffe applicabili alle prestazioni degli avvocati in Italia, il Governo italiano non ha contestato l’inderogabilità di tali tariffe e non ha fatto riferimento all’articolo 2233 del Codice civile per dimostrare la prevalenza del principio della libertà contrattuale tra le parti. Alla luce di queste considerazioni, la Commissione sostiene che, al fine di rispettare i principî della certezza del diritto e della tutela dei privati nelle materie disciplinate dal diritto comunitario, la normativa degli Stati membri deve avere una formulazione non equivoca che consenta agli interessati di conoscere i propri diritti e obblighi in modo chiaro e preciso a ai giudici di garantirne l’osservanza.

La Commissione ha deciso, pertanto, di procedere ad un esame della normativa italiana sulla base degli articoli 43 e 49 del TCE al fine di valutarne la giustificazione e la proporzionalità[9].

Secondo la Commissione, la normativa italiana costituisce una restrizione alla libera prestazione di servizi. Infatti,un cliente stabilito in uno Stato membro diverso dall’Italia potrebbe essere dissuaso dal rivolgersi ad un architetto o ingegnere stabilito in Italia in quanto questi ultimi sarebbe obbligati a conformarsi alle tariffe italiane senza che questo corrisponda necessariamente alla realtà del mercato e del servizio reso in un altro Stato membro. Inoltre, l’architetto o l’ingegnere si troverebbero in una posizione di svantaggio concorrenziale in quanto le tariffe sono stabilite sulla base di costi medi che non tengono necessariamente conto delle condizioni specifiche per esempio di un cantiere. Di conseguenza, un architetto o un ingegnere stabiliti in un altro Stato membro potrebbero essere dissuasi dal prestare i propri servizi in Italia poiché dovrebbero adeguarsi alle tariffe italiane.

Alla luce di queste considerazioni la Commissione conclude che la determinazione del prezzo delle prestazioni è uno dei principali fattori di promozione nei confronti dei clienti e il divieto di deroga alle tariffe prestabilite rappresenta un grave ostacolo all’esercizio dell’attività di architetto o ingegnere in Italia perché limita l’accesso al mercato. Inoltre, il divieto di derogare ai tariffari prestabiliti costituisce un ostacolo alla libertà contrattuale delle parti.

La Commissione conclude il proprio esame della normativa italiana in materia di tariffe minime per gli architetti e gli ingegneri, sostenendo che il divieto di deroga alle tariffe minime degli onorari stabiliti dalla legge non sembra giustificato ai sensi degli articoli 43 e 49 del TCE, né in virtù dell’obiettivo di interesse generale di garantire la tutela degli utenti di servizi, nonché la qualità dei servizi forniti. Alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’interpretazione dell’articolo 49 del TCE(vedi nota n. 11), ostacoli o restrizioni delle libertà fondamentali stabilite nel Trattato da parte di provvedimenti nazionali possono essere giustificati per motivi imperiosi di interesse generale, se hanno carattere non discriminatorio, se sono idonei a garantire il perseguimento dello scopo e se sono proporzionali rispetto all’obiettivo da raggiungere.

Per quanto riguarda la normativa italiana in questione, la Commissione ritiene che esistano mezzi meno restrittivi per garantire misure relative all’accesso alla professione o al suo esercizio, tanto più che sia gli architetti, sia gli ingegneri sono sottoposti al controllo disciplinare dell’ordine professionale che ha facoltà di sanzionare un eventuale comportamento inaccettabile.

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Servizi professionali

Concorrenza nei servizi professionali

Il 9 febbraio 2004 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla concorrenza nei servizi professionali (COM(2004)83).

L’obiettivo della relazione è quello di individuare le possibilità di riforma o di modernizzazione delle regole professionali, sotto il profilo della politica della concorrenza, e di proporre misure per eliminare le restrizioni ingiustificate.

La relazione ricorda il ruolo importante che servizi professionali liberalizzati e di qualità possono svolgere ai fini del miglioramento della competitività dell’economia europea – obiettivo cardine della strategia di Lisbona – e della possibilità di scelta per i consumatori.

Le valutazioni svolte dalla Commissione nella relazione riguardano alcune categorie professionali quali gli avvocati, i notai, i contabili, gli architetti, gli ingegneri e i farmacisti. La Commissione precisa, tuttavia, che le stesse conclusioni valgono per professioni affini quali i consulenti fiscali o gli agenti immobiliari; sono, invece, escluse le professioni mediche. Essa ricorda, inoltre, che le suddette professioni sono oggetto di un’ampia regolamentazione adottata dai governi nazionali o di forme di autoregolamentazione messe in atto da associazioni professionali.

In relazione ai servizi professionali nell’Unione europea, la Commissione individua cinque categorie principali di regolamentazione potenzialmente restrittiva; si tratta, in particolare, di norme riguardanti l’autorizzazione all’esercizio della professione come ad esempio i requisiti di accesso o le attività riservate, nonché di regole di comportamento attinenti alla fissazione dei prezzi (prezzi fissi e prezzi raccomandati), alla pubblicità ed infine alla struttura aziendale e alle pratiche multidisciplinari. Tali regolamentazioni restrittive, secondo la Commissione, oltre ad avere effetti negativi per i consumatori, sono suscettibili di eliminare o limitare la concorrenza tra prestatori di servizi e, pertanto, di disincentivare i professionisti a lavorare in modo efficace sotto il profilo dei costi, a ridurre i prezzi, a migliorare la qualità e ad offrire servizi innovativi.

La Commissione ritiene che un certo grado di regolamentazione dei servizi professionali sia necessario per almeno tre ragioni: 1) l’asimmetria dell’informazione fra clienti e prestatori di servizi dovuta al fatto che i professionisti dispongono di un alto livello di conoscenze tecniche di cui i consumatori sono privi con conseguente difficoltà a giudicare la qualità dei servizi che acquistano; 2) le esternalità, nel senso che i servizi in questione possono avere un impatto anche su terzi, oltre che sull’acquirente del servizio; 3) il concetto di bene pubblico in quanto alcuni servizi professionali sono destinati a produrre beni pubblici che presentano un valore per la società in generale.

Per quanto riguarda le responsabilità connesse con l’esistenza di tali regolamentazioni restrittive, occorre distinguere tra la responsabilità degli organismi professionali e quella degli Stati membri.

La Commissione sostiene che le autoregolamentazioni adottate dagli organismi professionali siano decisioni di associazioni di imprese potenzialmente in conflitto con il divieto di cui all’articolo 81 del Trattato CE[10].

La regolamentazione statale che impone o favorisce un comportamento anticoncorrenziale viola l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 10, paragrafo 2[11], e l’articolo 81 del Trattato CE che, in combinato disposto, vietano agli Stati membri di introdurre o mantenere in vigore misure, anche di natura legislativa o regolamentare, che potrebbero rendere inefficaci le regole di concorrenza applicabili alle imprese. Per la violazione di questi articoli la Commissione o un altro Stato membro possono avviare un procedimento di infrazione a norma degli articoli 226 e 227 del TCE.

Alla luce di queste considerazioni, la Commissione invita le autorità di regolamentazione e gli organismi professionali ad eliminare o a riformare le regole ingiustificate e a compiere un’analisi complessiva delle necessità di riforma nelle rispettive professioni e della compatibilità delle regole esistenti con i principi del diritto della concorrenza. Tale esame, secondo la Commissione, dovrebbe essere effettuato sulla base del principio di proporzionalità, ovvero valutando se tali regole siano effettivamente necessarie per raggiungere un determinato obiettivo di interesse generale e se rappresentano il meccanismo meno restrittivo della concorrenza atto a raggiungerlo.

La Commissione ritiene, tuttavia, che l’eliminazione dei meccanismi anti-concorrenziali potrebbe non essere sufficiente da sola a favorire una maggiore concorrenza nel settore delle professioni. Invita, pertanto, le autorità di regolamentazione e gli organismi professionali a valutare l’opportunità di ricorrere a meccanismi di sostegno della concorrenza, come, ad esempio, il controllo attivo da parte delle associazioni dei consumatori.

Per quanto riguarda l’applicazione della normativa relativa alle professioni, la Commissione ricorda che a partire dal 1° maggio 2004 – data di entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1/2003 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato CE - le autorità nazionali garanti della concorrenza e gli organi giurisdizionali hanno un ruolo più importante nella valutazione della legittimità delle regole e delle regolamentazioni relative alle professioni e, considerato che le restrizioni della concorrenza si attuano essenzialmente negli Stati membri, tali organi potranno applicare direttamente gli articoli 81 e 82 del TCE. L’applicazione di tali articoli sarà favorita anche dalla Rete europea della concorrenza (REC) che riunisce la Commissione europea e le autorità nazionali garanti della concorrenza. La Commissione, dal canto suo, continuerà ad occuparsi, se necessario, di casi concreti.

 

Successivamente, il 5 settembre 2005, la Commissione ha presentato il seguito alla relazione con una comunicazione dal titolo “I servizi professionali – Proseguire la riforma” (COM(2005)405).

La comunicazione ribadisce la necessità di liberalizzare i mercati e di eliminare la regolamentazione non necessaria per promuovere una maggiore concorrenza. Essa ricorda che questo obiettivo è stato sottolineato dalla rinnovata strategia di Lisbona e dal Consiglio europeo del marzo 2005 che ha invitato gli Stati membri a verificare la compatibilità delle normative nazionali con la normativa comunitaria al fine di aprire maggiormente il mercato interno alla concorrenza.

La comunicazione sostiene che il lavoro della Commissione nel settore dei servizi professionali dovrebbe essere visto in tale contesto al fine di esaminare se l’attuale quadro normativo sia il più efficace e il meno restrittivo della concorrenza, o se una migliore regolamentazione possa contribuire a rilanciare la crescita economica e ad assicurare servizi e condizioni migliori per i consumatori.

La comunicazione, in particolare, illustra i progressi realizzati nella revisione e nell’eliminazione delle restrizioni ingiustificate da parte degli Stati membri.

Con riferimento alle ragioni che giustificano una regolamentazione restrittiva dei servizi professionali - ovvero asimmetria delle informazioni, esternalità e concetto di bene pubblico - la Commissione ritiene che essi non interessino nella stessa misura tutti gli utenti dei servizi professionali. Secondo la Commissione, pertanto, sarebbe opportuno svolgere un’analisi economica dei servizi professionali più mirata ed approfondita al fine di comprendere meglio il rapporto tra domanda e offerta per ciascun servizio professionale, tenere conto degli interessi divergenti delle varie categorie di utenti e definire un quadro per la revisione della regolamentazione esistente.

La comunicazione ricorda che, nel corso del 2004, la Commissione ha stabilito un dialogo strutturato con gli organismi professionali europei di avvocati, notai, ingegneri, architetti, contabili, consulenti fiscali e farmacisti e con le autorità nazionali di regolamentazione per discutere quale sia la giustificazione per la regolamentazione professionale esistente e per studiare il modo per renderla più favorevole alla concorrenza. Da tale esercizio, secondo la Commissione, si evince che il livello di ricettività alla riforma dipende dall’esistente livello di apertura e di deregolamentazione della professione in esame. Grazie al lavoro svolto dalle autorità nazionali di regolamentazione, sono state soppresse alcune restrizioni ingiustificate esistenti nella legislazione e nella regolamentazione degli organismi professionali e sono stati creati gruppi di lavoro governativi incaricati di studiare nel dettaglio le raccomandazioni presentate e di avanzare proposte per riforme più radicali.

Per quanto riguarda l’applicazione delle norme per la tutela della concorrenza, la comunicazione ricorda - oltre ai nuovi poteri riconosciuti dal citato regolamento (CE) n. 1/2003 alle autorità nazionali garanti della concorrenza e agli organi giurisdizionali nazionali (vedi paragrafo precedente) - anche quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia[12] in base alla quale quando le imprese adottano un comportamento contrario all’articolo 81, paragrafo 1, del TCE, e quando esso è imposto o agevolato da misure statali, l’autorità nazionale garante della concorrenza ha l’obbligo di disapplicare tali misure statali e di applicare gli articoli 81 e 82 del TCE. La Commissione ritiene, inoltre, che nelle azioni che essa può intraprendere nei confronti di comportamenti restrittivi da parte di Stati membri, è possibile utilizzare l’articolo 86[13] in combinato disposto con gli articolo 81 e 82 del TCE.

Per quanto riguarda le prospettive future, la Commissione continuerà i propri sforzi al fine di contribuire alla diffusione delle migliori pratiche, creare forme di partenariato con le autorità nazionali garanti della concorrenza per incoraggiarle a proseguire il lavoro di riforma, migliorare i rapporti con le autorità nazionali di regolamentazione e favorire la cooperazione fra queste ultime e le autorità nazionali garanti della concorrenza.

Alla luce delle suddette considerazioni, la Commissione sostiene che:

·     sarebbe necessario che gli Stati membri promuovessero un processo di riforma sistematico del settore delle professioni a livello nazionale per migliorare l’economia, la concorrenza e la tutela dei consumatori;

·     rientra nelle prerogative degli Stati membri stabilire in che misura essi desiderano disciplinare direttamente le professioni mediante norme a livello statale o lasciare che ciò sia fatto dagli organismi professionali mediante l’autoregolamentazione. Raccomanda, tuttavia, agli Stati membri di sorvegliare la portata dell’autoregolamentazione per evitare che diventi eccessivamente restrittiva e che possa nuocere agli interessi dei consumatori;

·     è necessario che gli Stati membri affrontino la questione della modernizzazione delle norme relative alle professioni nei programmi nazionali per l’applicazione della strategia di Lisbona;

·     gli Stati membri dovrebbero avviare un processo analitico di revisione delle restrizioni esistenti, sia di quelle che possono essere eliminate velocemente come i prezzi fissi o le limitazioni alla pubblicità, sia delle strutture regolamentari per valutare la necessità di più ampie riforme al fine di realizzare progressi entro il 2010.

 

Il 12 ottobre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (A6-0272/2006), sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, nella quale ribadisce l’importanza dei servizi al fine di promuovere la competitività dell’economia europea e la necessità che le riforme da attuare nell’ambito della strategia di Lisbona includano i servizi professionali in quanto settore chiave dell'economia europea.

Nel testo approvato il Parlamento europeo, inoltre:

·     invita la Commissione a garantire il rispetto, nel settore delle libere professioni, delle norme del Trattato CE in materia di tutela della concorrenza e di mercato interno;

·     invita la Commissione ad approfondire l'analisi delle differenze esistenti in termini di apertura del mercato tra le diverse categorie professionali in ciascuno Stato membro e delle conseguenze che potrebbero derivare dal rafforzamento della concorrenza nel settore dei servizi professionali;

·     si compiace del dialogo in corso fra Commissione, Stati membri e associazioni di categoria dei prestatori di servizi professionali volto ad eliminare gli ostacoli alla concorrenza che non sono giustificati o che nuocciono all'interesse generale ed invita tutte le parti interessate a proseguire il processo di riforma in modo costruttivo;

·     riconosce il diritto di adottare regolamentazioni che tengano conto di peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche a condizione che esse non ostacolino la concorrenza;

·     invita gli Stati membri a prendere in considerazione le esperienze concrete di altri Stati membri nel processo di riforma dei servizi professionali;

·     invita gli Stati membri a garantire accesso e mobilità nell'ambito dei servizi professionali e ad agevolare il passaggio dalla formazione universitaria e post-universitaria alle professioni;

·     sottolinea la necessità di porre fine alle regolamentazioni speciali nel campo della pubblicità, limitandole in futuro a casi eccezionali debitamente giustificati per consentire ai professionisti di fornire agli utenti informazioni sulle loro qualifiche e specializzazioni professionali e sui servizi da essi offerti;

·     ritiene importante rafforzare gli standard etici e la protezione dei consumatori nell'ambito dei servizi professionali e sostiene a tal fine l'adozione di codici di condotta da parte dei prestatori di servizi professionali, da elaborare con la partecipazione di tutti i soggetti interessati;

·     considera che l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime e il divieto di contrattare compensi legati al risultato raggiunto potrebbero costituire un ostacolo per la qualità dei servizi e la concorrenza ed invita gli Stati membri ad adottare misure meno restrittive e più adeguate al rispetto dei princîpi di non discriminazione, necessità e proporzionalità.

Le professioni legali

 

Il 23 marzo 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle professioni legali e l’interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici, nella quale riconosce pienamente la funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica e, in particolare:

·     evidenzia le alte qualificazioni richieste per accedere alla professione legale, il bisogno di proteggere tali qualificazioni che caratterizza le professioni legali;

·     ribadisce l’importanza delle norme necessarie ad assicurare l’indipendenza, la competenza, l’integrità e la responsabilità dei membri delle professioni legali;

·     incoraggia gli organismi professionali, le organizzazioni e le associazioni delle professioni legali a istituire un codice di condotta a livello europeo;

·     considera che gli interessi pubblici che prevalgono sui principi della concorrenza dell’Unione europea si trovano nel sistema legale dello Stato membro in cui le norme sono adottate o producono i loro effetti, mentre non esiste un criterio d’interesse pubblico della UE, comunque lo si voglia definire;

·     invita la Commissione a non applicare le norme sulla concorrenza dell’Unione europea in materie che, nel quadro costituzionale dell’UE, sono lasciate alla competenza degli Stati membri, quali l’accesso alla giustizia, che include questioni quali le tabelle degli onorari che i tribunali applicano per pagare gli onorari agli avvocati;

·     sottolinea che i preesistenti ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libertà di fornire servizi per le professioni legali sono stati in teoria efficacemente rimossi dalle direttive 77/249/CEE, 98/5/CE e 2005/36/CE; rileva comunque che la verifica sarà realizzata fra due anni e attende con interesse questa approfondita valutazione;

·     ritiene che le tabelle degli onorari o altre tariffe obbligatorie per avvocati e professionisti legali, anche per prestazioni stragiudiziali, non violino gli articoli 10 e 81 del trattato, purché la loro adozione sia giustificata dal perseguimento di un legittimo interesse pubblico e gli Stati membri controllino attivamente l’intervento di operatori privati nel processo decisionale;

·     incoraggia le organizzazioni professionali a continuare a sviluppare le proprie attività nel settore del patrocinio giuridico, al fine di garantire che ognuno abbia il diritto ad ottenere consulenza e assistenza legali.

 

Formazione professionale e apprendimento permanente

Il 25 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (A6-0248/2006) sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.

Il PE, in particolare, sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità e l’impiego da parte dei vari Stati membri nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali. Secondo il PE, tenuto conto delle nuove sfide poste dalla società dell’informazione e dai cambiamenti demografici, lo sviluppo di un quadro per le qualifiche riveste un’importanza cruciale per facilitare la mobilità professionale all’interno dell’UE e per promuovere la competitività e la coesione sociale come previsto dalla strategia di Lisbona. Il PE ricorda, altresì, che il quadro europeo delle qualifiche non è destinato a sostituire, bensì ad integrare i quadri nazionali per le qualifiche.

 

Il 5 settembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa alla costituzionedel Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l’apprendimento permanente (COM(2006)479).

La proposta, che si inscrive nell’ambito della strategia di Lisbona, intende fornire uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. L’elemento chiave è l’insieme di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.

Si prevede che l’adozione della proposta, attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione, possa avvenire entro il 2007.

Nel programma legislativo e di lavoro per il 2007, figura l'intenzione della Commissione di procedere - in seguito alla presentazione della suddetta proposta di raccomandazione - all'abrogazione della decisione n. 85/368/CEE relativa ad un sistema per la comparabilità delle qualifiche di formazione professionale. La Commissione ritiene, infatti, che a causa della rapida evoluzione del settore delle qualifiche, questa decisione possa considerarsi superata.

L'iniziativa della Commissione rientra fra le misure preannunciate nel programma di lavoro allo scopo di semplificare e modernizzare il quadro normativo comunitario nel settore del mercato interno.

 

Sulla base di un documento presentato il 31 ottobre 2006 e oggetto di consultazione pubblicache si concluderà il 31marzo 2007 (SEC(2006)1431), la Commissione è impegnata a sviluppare un sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione e formazione professionale (ECVET)[14], che aiuti a trasferire, cumulare e rendere riconoscibili tra paesi e sistemi educativi diversi le conoscenze professionali acquisite lungo tutto l’arco della vita.

Una conferenza organizzata sul tema dalla Presidenza tedesca dell’Unione europea, entro giugno 2007, concluderà il processo consultivo che dovrebbe consentire alla Commissione, sulla base dei risultati ottenuti e di eventuali altri contribuiti specifici quali, ad esempio, quelli forniti dal programma Leonardo da Vinci sull’istruzione professionale, di elaborare la proposta formale, entro la fine del 2007, per l’introduzione del sistema ECVET.

 

Il 14 novembre 2006 il Consiglio istruzione ha approvato conclusioni sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (IFP)[15].

Il Consiglio, ribadendo il ruolo chiave dell’IFP nel fornire un’ampia  base  di capacità e conoscenze, nel miglioramento della coesione sociale e nel sostegno alla competitività del mercato del lavoro europeo, sottolinea, tra l’altro, la necessità di sviluppare strumenti europei comuni per creare uno spazio europeo in materia di istruzione e formazione professionale (IFP) che includono, ad esempio, l’ECVET, il sistema EUROPASS[16] ed il quadro europeo delle qualifiche.

 

Nell’ambito degli orientamenti per l’occupazione 2005-2008[17], l’orientamento 24 afferma l’esigenza di adattare i sistemi di istruzione e formazione ai nuovi requisiti in termini di competenze tramite:

·         l’aumento e la garanzia dell’attrattività, dell’apertura e dell’elevata qualità dei sistemi di istruzione e di formazione, l’offerta di opportunità di istruzione e di formazione su più vasta scala, la garanzia di percorsi di apprendimento flessibili e maggiore possibilità di mobilità per studenti e tirocinanti;

·         l’agevolazione e la diversificazione dell’accesso per tutti all’istruzione e alla formazione nonché alla conoscenza mediante l’organizzazione dell’orario di lavoro, i servizi di sostegno familiare, l’orientamento professionale e, se opportuno, nuove forme di condivisione dei costi;

·         la risposta a nuove necessità occupazionali, a competenze principali e ad esigenze future in termini di qualifica migliorando la definizione e la trasparenza delle qualifiche, il loro reale riconoscimento e la convalida della formazione informale o al di fuori dagli schemi formali.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

I progetti di legge A.C. 1216, A.C. 1319 e A.C. 1442, nel definire i principi fondamentali relativi ad una complessiva riforma del sistema delle professioni, delegano il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e delle province autonome nonché dei principi e criteri direttivi fissati nelle stesse proposte di legge.

I provvedimenti in esame demandano al Governo anche l’adozione di appositi regolamenti di attuazione (art. 70 dell’A.C. 867; art. 42 dell’A.C. 1216; art. 38 dell’A.C. 1319; art. 39 dell’A.C. 1442).

L’articolo 38 della proposta di legge A.C. 1216 assegna, inoltre, al Ministro dello sviluppo economico l’adozione di un apposito regolamento per la disciplina di dettaglio delle associazioni professionali.

L’articolo 1 del disegno di legge C. 2160 delega il governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la disciplina delle professioni intellettuali e delle relative forme organizzative, in coerenza con le direttive comunitarie e nel rispetto delle competenze delle regioni e dei principi e criteri direttivi esplicitati nei successivi articoli del provvedimento governativo. La delega al Governo comprende, altresì, il coordinamento con la normativa vigente in materia di istruzione di secondo grado e universitaria, in particolare per quanto riguarda gli esami di Stato e l'accesso alle professioni.

Coordinamento con la normativa vigente

Le proposte di legge in esame contengono alcune disposizioni finalizzate al coordinamento della nuova disciplina delle professioni intellettuali con la legislazione vigente.

In particolare, il provvedimento A.C. 867, che si configura come proposta di legge quadro, detta norme che costituiscono principi generali degli ordinamenti professionali e possono essere modificate o derogate solo espressamente (articolo 1).

La proposta di legge A.C. 1216 demanda, invece, al Governo l’esplicita abrogazione delle norme che risultano incompatibili con i già citati regolamenti di attuazione della legge di riforma (articolo 42).

Analogamente, l’A.C. 1319 prevede che dalla data di entrata in vigore dei relativi regolamenti di attuazione sono abrogati gli atti normativi che disciplinano le relative materie (articolo 38).

La proposta di legge A.C. 1442, nel prevedere che le disposizioni ivi contenute possono essere derogate o modificate solo espressamente (articolo 1), stabilisce che il Governo provvede ad adottare, con decreti legislativi, testi unici di riordino delle disposizioni vigenti in materia di professioni regolamentate (articolo 40).

Da ultimo, per quanto concerne il disegno di legge A. C. 2160, la delega al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la disciplina delle professioni intellettuali e delle relative forme organizzative, comprende, altresì, il coordinamento con la normativa vigente in materia di istruzione di secondo grado e universitaria, in particolare per quanto riguarda gli esami di Stato e l'accesso alle professioni.

Impatto sui destinatari delle norme

I progetti di legge A.C. 867 e abb. sono diretti ad una riforma organica dell’impianto normativo in materia di professioni intellettuali: essi, pertanto, determinano effetti, oltre che su tale comparto economico-sociale, anche nei confronti del pubblico dei consumatori e degli utenti, promuovendo, tra l’altro, la modernizzazione, la competitività, la formazione professionale, la qualità delle prestazioni, la trasparenza, la responsabilizzazione dei professionisti.

Formulazione del testo

Va osservato che l’articolo 27, comma 3, della proposta di legge A.C. 1216 e l’articolo 27, comma 2, della proposta di legge A.C. 1319, nell’enucleare i principi che devono essere assicurati nello svolgimento del procedimento disciplinare, fanno riferimento, alla lettera e), ad una “facoltà dell’esponente” senza precisarne il contenuto. Sembrerebbe necessario, inoltre, chiarire se tale norma si riferisca all'esponente dell'Ordine o dell'associazione.

Si evidenzia, altresì, che l'articolo 40, comma 1, della proposta di legge A.C. 1216 e l’articolo 36, comma 1, della proposta di legge A.C. 1319, nel riferirsi alle associazioni iscritte nella banca dati del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro citano un riferimento normativo (articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936) che sembrerebbe riguardare altra banca dati e, segnatamente, quella sul mercato del lavoro, sui costi e sulle condizioni di lavoro, alla cui formazione e aggiornamento concorrono gli enti pubblici che compiono rilevazioni sulle suddette materie.

Si segnala, inoltre, il probabile refuso di cui al comma 3 dell’articolo 42 del progetto di legge A.C. 1216, ove, nel dettare norme sulla pubblicità, si fa riferimento ai “regolamenti di cui al presente articolo 8”: i regolamenti in questione sono presumibilmente i regolamenti di attuazione previsti dallo stesso articolo 42 (e non dall’articolo 8, che concerne la disciplina della società interprofessionale).

Da ultimo, in relazione alla normativa indicata dal comma 2 dell'articolo 9 del disegno di legge A.C. 2160, si osserva che la legge n. 109 del 1994, citata da tale disposizione, è stata abrogata dall'art. 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, contenente il Codice dei contratti pubblici. La materia relativa alle società di ingegneria, originariamente prevista dall'articolo 17 dell'abrogata legge 109/1994, è ora confluita nell'articolo 90 del citato D.Lgs. n. 163/2006.

Al fine di una corretta formulazione della disposizione in esame, occorre, pertanto, indicare il vigente riferimento normativo.

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

Professioni intellettuali e loro ordinamento

La nozione di professione intellettuale è definita dalla dottrina più moderna in relazione, non solo alla specifica disciplina positiva, ma anche al significato che tale concetto può assumere nella realtà odierna: attualmente, infatti, il diffondersi sempre più emergente di nuove figure lavorative, la complessità del sistema sociale ed economico e, infine, l’affermarsi di nuovi modelli di organizzazione hanno reso insufficiente l'individuazione - operata dalla dottrina tradizionale - delle professioni intellettuali in base al carattere della prestazione, ossia in base alla prevalenza dell’attività intellettiva rispetto all’eventuale lavoro manuale.

La più recente dottrina evidenzia quindi la difficoltà di un'opera tesa a ricondurre ad unità la nozione di professione.

La stessa esegesi della normativa recata dal codice civile agli articoli 2229-2238, che costituisce la base generale della disciplina in materia, non consente, anche per il difetto di norme definitorie, di giungere ad una ricostruzione unitaria dei requisiti dell’attività professionale intellettuale in termini giuridicamente soddisfacenti.

Al riguardo appare opportuno rammentare preliminarmente che l’articolo 2229 c.c. si limita a prescrivere che la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, attribuendo alle associazioni professionali taluni poteri in merito, e che l’articolo 2231 non concede azione a chi abbia svolto attività professionale non essendo iscritto, ove richiesto, ad un albo o elenco. Il successivo articolo 2232 c.c. fornisce peraltro elementi più significativi ai fini di una ricostruzione della natura dell’attività in esame nella parte in cui precisa che il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto; la norma specifica altresì che il prestatore può avvalersi di sostituti e ausiliari, sempre sotto la propria direzione e responsabilità, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.

Da ciò, tra l’altro, si ricava che la connotazione di intellettuale rispetto ad una professione è implicita in quelle attività per il cui svolgimento è necessaria l’iscrizione in albi, sebbene ciò non escluda che altre attività per le quali tali iscrizioni non siano previste non possano rivestire il medesimo carattere. Del pari, come non ha mancato di rilevare la più recente dottrina, nulla positivamente esclude che la professione intellettuale possa essere svolta nell’ambito di un contratto di lavoro subordinato.

In sostanza si può affermare che la professione intellettuale è di volta in volta caratterizzata dalla natura dell’attività svolta e che lo stesso termine professione indica una posizione lavorativa tecnicamente specificata e connessa ad uno svolgimento abituale della stessa da parte del prestatore d’opera. Occorre rilevare, inoltre, che il professionista deve uniformare ed adeguare la sua attività ad una legislazione di tipo pubblicistico posta in funzione di una pluralità di interessi di natura tanto pubblica quanto generale, settoriale ed individuale.

Come accennato, l’iscrizione in taluni albi è obbligatoria per lo svolgimento di alcune professioni intellettuali. La disciplina di talune attività professionali è pertanto fondata su una particolare organizzazione dei rispettivi professionisti, che, sul piano ordinamentale, si risolve nell’istituzione di figure organizzatorie dei relativi gruppi, ossia degli Ordini e Collegi professionali, che trovano il loro primo referente storico nella organizzazione medioevale del lavoro per categorie.

Si determina quindi, per ogni professione, un ordinamento particolare, frutto dell'"entificazione pubblica" dei centri di riferimento degli interessi delle categorie, caratterizzato da un sostanziale autogoverno delle categorie stesse: in sostanza si ha un'organizzazione dei gruppi professionali in enti pubblici di tipo associativo.

Gli Ordini ed i Collegi professionali esercitano poteri pubblicistici (disciplinari, tariffari, normativi) e sono dotati di personalità giuridica; come accennato, l'appartenenza del professionista all'ordine è obbligatoria.

Caratteristica comune delle professioni per il cui esercizio è prescritta l'appartenenza ad un ordine o collegio è sia la particolare formazione culturale, scientifica o tecnica richiesta sia la necessaria autonomia decisionale del professionista circa la scelta degli strumenti e delle modalità di perseguimento dei risultati.

La funzione di governo autonomo della categoria professionale si riflette poi sull'organizzazione interna dei singoli ordini o collegi, caratterizzata sia dall'elettività degli organi, sia dalle competenze degli stessi.

Fondamento normativo della disciplina prevista per le professioni intellettuali è il già citato articolo 2229 del codice civile, il quale, nel riservare alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione in albi o elenchi, demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione, la tenuta degli albi e il potere disciplinare.

Non esiste, al momento, una disciplina unica e generale per tutti gli ordini professionali: tuttavia, oltre alle norme comuni (es. D.lgs. Lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla ricostituzione su basi democratiche dei consigli degli ordini e collegi; L. 25 aprile 1938, n. 897, sull'obbligatorietà delle iscrizioni negli albi professionali e sulle funzioni relative alla loro custodia; L. 8 dicembre 1956, n. 1378, sugli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio delle professioni), si possono ricavare dai singoli ordinamenti professionali principi comuni di organizzazione e di funzionamento, dei quali si darà brevemente conto di seguito.

Albo professionale

Funzione

L'esercizio delle professioni per le quali sia previsto un ordine è riservato agli iscritti in apposito albo: all'iscrizione consegue automaticamente l'appartenenza al gruppo professionale.

Peraltro, se il concetto stesso di ordine (o collegio) professionale implica quale necessario presupposto quello di un albo, vi sono albi, ruoli, registri ed elenchi tenuti da ministeri o altre pubbliche amministrazioni cui non sovrintende alcun ordine professionale: in questi casi, i ruoli hanno generalmente una mera funzione informativa.

L'albo adempie ad una funzione di certezza legale circa il numero e la condizione degli iscritti e a quella di garanzia circa il possesso delle qualità richieste per l'attività professionale; nei confronti del singolo professionista l'iscrizione all'albo - con il rispetto delle modalità imposte dall'ordinamento professionale - costituisce titolo di legittimazione all'esercizio della professione.

Quest'ultimo principio si trova enunciato nel citato art. 2229 c.c. L'art. 33, quinto comma, Cost. stabilisce che "è prescritto un esame di Stato […] per l'abilitazione all'esercizio professionale": tuttavia la previsione di un esame di Stato si riscontra talvolta anche per l'esercizio di attività o professioni non rientranti tra quelle in esame, in quanto non governate da un ordine o collegio.

Sulla natura giuridica del provvedimento di iscrizione sussistono dubbi in dottrina: a quanti sostengono che esso costituisca atto di accertamento costitutivo della sussistenza dei requisiti necessari per l'iscrizione stessa (di fronte al quale il richiedente è titolare di un pieno diritto soggettivo) si obietta che sussiste pur sempre un margine di discrezionalità nel consiglio dell'ordine laddove si tratta di valutare i requisiti morali del richiedente.

L'istanza di iscrizione, corredata della ricevuta del pagamento della relativa tassa, deve essere presentata al competente organo consiliare locale, la cui decisione è impugnabile dinanzi al Consiglio nazionale.

La funzione informativa assolta dall'albo richiede un suo regolare e periodico aggiornamento, cui presiede l'organo consiliare locale.

Requisiti di iscrizione

I requisiti di iscrizione possono  classificarsi come segue:

§      requisiti di cittadinanza (oltre a quella italiana ed a quella di Stato con cui viga un trattamento di reciprocità deve ora aggiungersi quella di Stato membro della Unione Europea, anche dove tale indicazione non sia esplicitata nei singoli statuti professionali);

§      requisiti di moralità e condotta (assenza di condanne penali, buona condotta, godimento dei diritti civili e politici);

§      requisiti di età (minima, di regola);

§      requisiti professionali (titolo di studio e abilitazione professionale, conseguente al compimento di un periodo di tirocinio presso un professionista iscritto all'albo o, talora, anche ad albo di altra analoga professione, ed al superamento di un esame di Stato).

Il tirocinio o pratica professionale concerne lo svolgimento di attività professionale sotto la guida e la direzione di un professionista iscritto all'albo (di regola con una anzianità minima d'iscrizione): talvolta però gli ordinamenti parificano a detta pratica anche la prestazione di attività tecnica subordinata con le mansioni proprie della specializzazione conseguita, ovvero la frequenza di apposite scuole di formazione L'esame di Stato mira all'accertamento della sussistenza nel candidato delle conoscenze tecnico-professionali o culturali necessarie per l'esercizio della professione: esso può consistere in prove teoriche e pratiche, scritte ed orali. L'accertamento stesso è rimesso ad una apposita commissione d'esame, di nomina ministeriale, ma della quale fanno parte anche membri scelti dai rispettivi ordini professionali.

Altri elenchi, registri e sezioni speciali

Gli albi possono essere divisi in sezioni differenti in ragione del titolo di studio conseguito dagli iscritti; talvolta sono disposti albi o elenchi diversi per titoli professionali diversi, pur sottoposti allo stesso ordine professionale. Vi sono poi elenchi speciali annessi agli albi, in cui sono iscritti professionisti cui è consentito un esercizio più esteso della professione ovvero professionisti ai quali è consentita un'attività più limitata; sussistono talvolta anche elenchi speciali di professionisti che versino in condizioni di incompatibilità. Altro elenco ancora è il registro dei praticanti, ove previsto.

L'iscrizione all'albo del luogo di residenza legittima, di regola, l'attività professionale in tutto il territorio nazionale.

L'esercizio della professione è subordinato all'iscrizione nell'albo, in mancanza della quale esso è abusivo: in conseguenza, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non dà azione per il pagamento della retribuzione (art. 2231 c.c.) e, se ne ricorrano gli estremi (in particolare la continuità delle prestazioni), risulta integrato il reato di cui all'art. 348 c.p. (esercizio abusivo della professione). Se l'attività professionale è prestata con contratto di lavoro subordinato, invece, si applicherà l'art. 2126 c.c. sulla prestazione del lavoro di fatto, in quanto norma favorevole al prestatore di lavoro dipendente.

Incompatibilità

Quanto al regime delle incompatibilità si deve far presente che l'esercizio della professione è talvolta precluso in ragione dello status di alcune categorie.

Le cause di incompatibilità possono essere raggruppate nei seguenti punti, a seconda dello status dei soggetti:

§      pubblico impiego. Tale causa di incompatibilità è stata profondamente modificata dalla disciplina introdotta dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica” (art. 1, commi 56, 56 bis e 57), poi integrata dall’art. 6, comma 2, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 (conv. dalla legge 28 maggio 1997, n. 140). In particolare, il comma 56-bis ha abrogato (tutte) le disposizioni che vietano l’iscrizione in albi professionali dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro part-time non superiore al 50 per cento. Va ricordato, tuttavia, che per la categoria degli avvocati la legge 25 novembre 2003, n. 339, ha stabilito l'inapplicabilità delle disposizioni sopracitate e la permanenza del regime delle incompatibilità di cui al R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, che in tal senso prevede l'incompatibilità della professione di avvocato con qualsiasi impiego o ufficio pubblico salvo alcune eccezioni espressamente stabilite. La ratio di tale intervento normativo va rinvenuta nell'esigenza di salvaguardare l'indipendenza della funzione del difensore[18].

Talvolta, però, è comunque consentita ai professionisti pubblici dipendenti l'iscrizione in elenchi speciali (es.: avvocati degli uffici legali degli enti pubblici: art. 3, co. 4, lett. b), RDL 1578/33) o l'annotazione del loro status nell'albo, al fine di permettere lo svolgimento delle sole prestazioni consentite dal rispettivo statuto d'impiego;

§      esercizio di altra professione retta da un ordine professionale;

§      esercizio di attività commerciali o industriali.

Queste due ultime cause d'incompatibilità sono poste per evitare possibili conflitti d'interesse. Cosa diversa è la previsione del divieto di iscrizione in più albi locali del medesimo ordine professionale.

Struttura degli ordini professionali

Le organizzazioni professionali si distinguono in ordini e in collegi a seconda che, per l'esercizio della professione, occorra avere conseguito una laurea o un diploma universitario ovvero un diploma (art. 1 RDL 24 gennaio 1924, n. 103): peraltro tale distinzione vale come principio, sussistendovi rilevanti deroghe.

La struttura degli ordini e collegi professionali è ricavabile dai singoli ordinamenti professionali e, per le categorie in esso contemplate, dal D.lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 382, sulla ricostituzione su basi democratiche degli ordini e collegi professionali.

Di regola ogni ordinamento è caratterizzato da una struttura decentrata e da un organo nazionale con funzioni di coordinamento. Le articolazioni periferiche sono a base circoscrizionale, provinciale, regionale o altro.

Taluni ordinamenti professionali, inoltre, impongono un numero minimo di iscritti ad ogni albo locale, pena l'accorpamento di più circoscrizioni.

Ordini locali

A livello periferico, sono organi dell'ordine l'assemblea degli iscritti, il consiglio, il presidente, il vicepresidente, il segretario, il tesoriere e, ove previsto, il collegio dei revisori dei conti.

L'assemblea è costituita dal complesso degli iscritti all'albo della circoscrizione (ne sono esclusi i praticanti) e ad essa compete anzitutto l'elezione dei membri del consiglio locale: per questo essa costituisce organo basilare di autogoverno democratico della professione.

Altre funzioni dell'assemblea sono, di regola, l'approvazione annuale dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi presentati dal consiglio. Oltre che per adempiere a tali funzioni, l'assemblea è convocata quando ne faccia richiesta la maggioranza del consiglio ovvero una quota degli iscritti. Ai singoli statuti professionali si deve rinviare per quanto attiene alle norme relative alla costituzione dell'assemblea ed alle sue modalità di funzionamento.

Il consiglio è invece organo prevalentemente amministrativo dell'ordine ed è composto da un numero di membri variabile a seconda degli ordinamenti professionali ed a seconda del numero degli iscritti all'albo locale. I consiglieri sono eletti dall'assemblea, appositamente convocata dal presidente del consiglio dell'ordine locale, e durano in carica per un periodo di due o tre anni (secondo le previsioni dei singoli ordinamenti professionali).

Il diritto di elettorato passivo spetta di regola a tutti gli iscritti all'albo, ma è previsto talvolta il requisito di una minima anzianità di iscrizione. Risultano eletti i candidati che abbiano ottenuto la maggioranza assoluta dei voti: se ciò non si verifica, per tutti o alcuni posti, si procede ad una nuova votazione; si rinvia comunque alle norme degli statuti professionali per quanto attiene ai procedimenti elettorali.

Il consiglio esercita numerose funzioni, che possono sinteticamente definirsi:

§      amministrative dell'ente;

§      di vigilanza sull'esercizio professionale e sul rispetto delle norme deontologiche, e conseguentemente disciplinari, caratterizzate dall'applicazione di sanzioni graduate e dalla definizione del giudizio disciplinare in base a norme deontologiche proprie del singolo ordinamento professionale;

§      tributarie, determinando - nei limiti posti dal Consiglio nazionale - e riscuotendo i contributi e le tasse a carico degli iscritti, finalizzati alla copertura delle spese;

§      di espressione di parere in ordine alle controversie sulla liquidazione degli onorari.

Il presidente, il vicepresidente, il segretario ed il tesoriere sono eletti dai consigli tra i propri componenti. Il presidente ha funzioni di rappresentanza legale del consiglio, il segretario svolge funzioni organizzative ed il tesoriere esercita competenze attinenti alla gestione finanziaria dell'ente.

Alcuni ordinamenti professionali prevedono inoltre il collegio dei revisori dei conti, al quale è attribuito il controllo sulla gestione finanziaria operata dal consiglio e la verifica dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi. Talvolta si prevede, anziché un collegio, un singolo revisore dei conti.

L'ordine nazionale

L'organo nazionale di ogni ordine è il Consiglio nazionale, composto da un numero di membri variabile a seconda dell'ordine professionale (generalmente 11: v. art. 10 d.lgs.lgt 382/44), di regola eletti - ogni tre anni - dai consigli degli ordini o collegi locali.

Al Consiglio nazionale sono attribuiti compiti:

§      di vigilanza e di coordinamento dell'attività dei consigli locali;

§      di formazione professionale e di elaborazione della deontologia professionale;

§      di vigilanza sull'esercizio della professione e di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie in materia disciplinare assunte dai consigli locali;

§      di decisione sui ricorsi avverso le pronunzie assunte dai consigli locali in materia di iscrizione e cancellazione dagli albi e sui ricorsi presentati in materia di elezioni degli organi di governo dell'ordine;

§      di determinazione delle tariffe professionali, da approvarsi dal ministro vigilante (talvolta il procedimento è più complesso);

§      di consulenza, su richiesta del ministro vigilante, sugli schemi di provvedimenti normativi riguardanti la professione,

§      di designazione dei rappresentanti dell'ordine professionale presso enti, commissioni e pubbliche amministrazioni;

§      di consulenza al ministro vigilante in ordine ai provvedimenti di scioglimento degli organi locali;

§      normativi (predisposizione dei regolamenti interni di procedura da approvarsi dal ministro vigilante).

L'appartenenza al Consiglio nazionale è di regola incompatibile con quella ai consigli locali. Ogni Consiglio elegge poi - di regola - Presidente, vicepresidente, segretario e tesoriere; talvolta è previsto, anche a livello nazionale, un collegio di revisori dei conti.

Rapporti con altri soggetti pubblici

Gli ordini professionali sono posti sotto la vigilanza di un'amministrazione dello Stato. Tale vigilanza è attribuita nella maggioranza dei casi al Ministero della giustizia. Si tratta di una forma di controllo amministrativo sugli enti - ordini professionali, in funzione di tutela degli interessi pubblici connessi con l'esercizio delle professioni.

Il controllo sugli organi può concretarsi nell'emanazione di decreti di scioglimento dei consigli locali per gravi motivi, impossibilità di funzionamento, violazione dei doveri, previo parere non vincolante del rispettivo Consiglio nazionale.

Con lo scioglimento, il ministro della giustizia può nominare un commissario straordinario  per l'amministrazione dell'ente e per le elezioni. Come si è visto, i rapporti tra ordini e pubbliche amministrazioni sono molteplici: sono previsti pareri dei Consigli nazionali al ministro vigilante (sui provvedimenti normativi che interessano la professione, sui provvedimenti relativi allo scioglimento, accorpamento o creazione di ordini locali, ecc), designazioni da parte dei Consigli stessi dei rappresentanti presso enti ed organi nazionali ed internazionali e comunicazioni delle decisioni dei consigli sui ricorsi e di copia degli albi (al ministro vigilante ed alla magistratura).

Previdenza

La previdenza a favore dei professionisti è affidata - solo per alcuni ordini - ad apposite casse speciali autonome - che sono enti pubblici - cui sono iscritti tutti gli iscritti all'albo professionale.

Dette casse svolgono una funzione previdenziale, consistente nell'erogazione delle pensioni e degli altri assegni previsti, ed anche una funzione assistenziale nei confronti degli iscritti (es: borse di studio).

Il decreto legislativo attuativo della legge La Loggia e il decreto legge Bersani (n. 223 del 2006)

Il decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30, Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, costituisce il primo caso di attuazione, nel nostro ordinamento, della delega contenuta nell’articolo 1, comma 4, della L. 131/2003[19] (c.d. legge La Loggia), volta ad adeguare l’assetto ordinamentale all’ampia riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla Legge cost. 3/2001[20].

Si ricorda, in proposito, che il citato comma 4 ha conferito al Governo una delega ad emanare uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la ricognizione dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti nelle materie attribuite alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, come, nella fattispecie in esame, la materia delle "professioni”, intesa in senso ampio, ovvero comprensiva delle attività professionali, che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, riserva alla potestà legislativa concorrente.

 

Particolarmente nutrito, dopo l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001, il contenzioso costituzionale tra Stato e Regioni in materia di potestà legislativa concorrente sulle attività professionali. Tra le più recenti sentenze della Consulta che hanno colpito con pronuncie di illegittimità costituzionale disposizioni di leggi regionali che hanno legiferato sulla materia delle professioni, si ricordano: C. cost. n. 353/2003 (legge reg. Piemonte n. 25/2002, recante istituzione di nuove professioni sanitarie relative a a pratiche terapeutiche non convenzionali nonché di un apposito registro regionale; C. cost. n. 355/2005 (legge reg. Abruzzo n.17/2003, istitutiva del registro regionale degli amministratori di condominio); C.cost. n. 424/2005 e 40/2006 (rispettivamente, legge reg. Piemonte n. 13/2004 e reg.Liguria n. 18/2004 entrambe istitutive del registro per gli operatori delle discipline bionaturali per il benessere); C. cost. n. 153/2006, (legge reg. Piemonte n. 1/2004, recante istituzione di nuove figure professionali nei servizi sociali).

 

L’attribuzione al Governo di tale compito, per espressa disposizione della legge, avviene “in sede di prima applicazione”, e il suo scopo è quello di “orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali”.

La norma afferma, dunque, il principio secondo cui spetterà al Parlamento individuare con proprie leggi i nuovi princìpi fondamentali, avendo l’attività di ricognizione delegata al Governo carattere provvisorio e contingente: in ragione dell’asserita natura meramente ricognitiva della delega, il Governo non può, con i decreti legislativi di attuazione, modificare i princìpi fondamentali vigenti, dovendo limitarsi a farli emergere nella loro testuale formulazione attualmente vigente nell’ordinamento.

Il citato comma 4, formula, inoltre, i princìpi della delega (individuati nei principi di esclusività; adeguatezza; chiarezza; proporzionalità; omogeneità) e stabilisce la procedura di adozione dei decreti legislativi, che risulta aggravata rispetto a quella delineata, in via generale, dall’art. 14 della L. 400/1988[21].

Infatti, vi si prevede:

§       la proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;

§       il concerto con i ministri interessati;

§       il parere della Conferenza Stato-Regioni;

§       il parere delle Camere, compreso quello della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro 60 giorni dall’assegnazione alle competenti Commissioni parlamentari;

§       il riesame da parte del Governo;

§       il parere definitivo della Conferenza Stato-Regioni, da rendersi entro 30 giorni dalla nuova trasmissione del testo eventualmente modificato dal Governo (o corredato delle sue osservazioni);

§       il parere definitivo delle Camere, da rendersi entro 60 giorni dalla nuova trasmissione del testo eventualmente modificato dal Governo (o corredato delle sue osservazioni).

L’organo deputato a rendere il parere parlamentare definitivo è indicato nella Commissione parlamentare per le questioni regionali, che deve in particolare rilevare se le disposizioni normative contenute nello schema:

§       non indichino alcuni dei princìpi fondamentali (principi omessi e da inserire);

§       abbiano contenuto innovativo dei principi fondamentali e non siano, quindi, meramente ricognitive (principi inseriti e da omettere perché innovativi);

§       non rechino principi fondamentali, ma, ad esempio, norme di dettaglio (principi inseriti e da omettere perché “non principi”).

I rilievi della Commissione parlamentare per le questioni regionali producono uno specifico effetto procedurale sull’attività successiva del Governo nelle sue vesti di legislatore delegato, conducendolo a dover optare tra le seguenti alternative:

§       espungere dal testo definitivo le disposizioni costituenti nuovi princìpi o non costituenti principio;

§       modificarle secondo le indicazioni della Commissione;

§       conservare ugualmente le disposizioni oggetto del rilievo, trasmettendo ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali una relazione che motivi la difformità rispetto al parere parlamentare.

 

Sulla delega legislativa illustrata è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale 13 luglio 2004, n. 280.

 

Con tale sentenza la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimi i commi 5 e 6 dell’articolo 1 della L. 131/2003, le parti cioè che individuavano i criteri direttivi della delega (co. 6) e consentivano di estendere la ricognizione alle disposizioni che, nell’ambito delle materie di legislazione concorrente, fossero riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, Cost. (co. 5).

Nella sentenza, la Corte si è concentrata sulla peculiarità della delega in oggetto, in quanto “meramente ricognitiva” e finalizzata a un “primo orientamento” dell’attività legislativa di Stato e Regioni.

Risulta chiaro, secondo la Corte, che “oggetto della delega è esclusivamente l’espletamento di un’attività che non deve andare al di là della mera ricognizione di quei princìpi fondamentali vigenti, che siano oggettivamente deducibili”.

A proposito dell’infondatezza della questione di legittimità costituzionale avente a oggetto l’art. 1, comma 4, la Corte ha infatti sostenuto che i decreti legislativi ricognitivi dei principi fondamentali costituiscono “un quadro (...) di principi già esistenti, utilizzabile transitoriamente fino a quando il nuovo assetto delle competenze legislative regionali, determinato dal mutamento del titolo V della Costituzione, andrà a regime, e cioè (…) fino al momento della entrata in vigore delle apposite leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi principi fondamentali”.

Inoltre, secondo la Corte, i decreti legislativi sopra citati costituiscono un “quadro di primo orientamento destinato ad agevolare, contribuendo al superamento di possibili dubbi interpretativi, il legislatore regionale nella fase di predisposizione delle proprie iniziative legislative, senza peraltro avere carattere vincolante e senza comunque costituire di per sé un parametro di validità delle leggi regionali, dal momento che il comma 3, dello stesso articolo 1 (della Legge 131/2003), ribadisce che le Regioni esercitano la potestà legislativa concorrente nell’ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato, o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti”.

Con questa “lettura minimale” – che assimila la delega in esame a quelle di compilazione dei testi unici – risultavano contrastanti i co. 5 e 6 dello stesso art. 1, i quali imponevano al legislatore delegato “un’attività interpretativa, largamente discrezionale”: il co. 5, infatti, ampliava “notevolmente e in maniera del tutto indeterminata l’oggetto della delega stessa fino eventualmente a comprendere il ridisegno delle materie”; i criteri direttivi di cui al co. 6 non solo evocavano “nella terminologia impiegata l’improprio profilo della ridefinizione delle materie, ma” stabilivano, “anche una serie di ‘considerazioni prioritarie’ nella prevista identificazione dei princìpi fondamentali vigenti, tale da configurare una sorta di gerarchia tra di essi”.

 

Critiche di natura diversa sono state mosse all’allora schema di decreto legislativo anche dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, con la delibera del 13 luglio 2005.

 

L’art. 3, comma 1 dello schema (poi emanato definitivamente nello stesso testo) prescrive che “l’esercizio della professione si svolge nel rispetto della disciplina statale della concorrenza, ivi compresa quella delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela di interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per ragioni imperative di interesse generale, della riserva di attività professionale, delle tariffe e dei corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale”.

 

Sul punto, l’Autorità ha rilevato come, secondo il principio del primato del diritto comunitario, le norme nazionali con questo configgenti sono inapplicabili e che tale automatica disapplicazione della norma interna incompatibile incontra il solo limite dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana; ai principi fondamentali della Costituzione non possono, evidentemente, ricondursi le riserve di attività professionale, le tariffe professionali e le limitazioni alla pubblicità professionale. Pertanto, l’Autorità ha precisato che il diritto comunitario ammette deroghe all’applicazione dei principi antitrust solo con riguardo al singolo caso concreto e nella misura in cui ne risulti accertata l’effettiva funzionalità alla tutela di interessi generali sulla scorta del test di proporzionalità anzidetto.

Ancora una volta, quindi, l’Autorità ha richiamato l’attenzione del Governo sulla circostanza che il corretto dispiegarsi della concorrenza implica la libertà di accesso al mercato ed il libero esercizio dell’attività[22], soprattutto con riferimento alla possibilità per gli operatori di determinare autonomamente il proprio comportamento concorrenziale, essendo solo in tal modo che la competitività esplica i suoi effetti benefici a vantaggio dei consumatori/utenti.

Anche in quest’ultima segnalazione, inoltre, con riguardo alle competenze riconosciute alle Regioni in materia di professioni, si è evidenziato che i titoli professionali previsti dal decreto in questione dovrebbero essere rilasciati dalle Regioni nel rispetto dei principi di concorrenza, nel senso che la valenza abilitativa attribuita a tali titoli non deve prestarsi ad introdurre nuove ed ingiustificate riserve di attività.

 

Composto da 7 articoli, il decreto legislativo 30/2006 si articola in tre Capi.

 

Il Capo I, recante le Disposizioni generali, si compone del solo articolo 1, che definisce l’ambito d’applicazione del decreto, ovvero l’individuazione dei princìpi fondamentali in materia di professioni, di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, che si desumono dalla legislazione statale vigente ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della Legge “La Loggia”.

Tali principi sono più compiutamente enunciati nel Capo II e al loro rispetto sono tenute le Regioni al momento dell’esercizio della loro potestà legislativa in materia di professioni.

Si specifica che la potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale.

L’articolo esclude dall’ambito di applicazione del decreto alcune specifiche discipline che, pur riconducibili alla stessa materia, ineriscono a interessi unitari e afferiscono alla potestà esclusiva dello Stato:

§      la formazione professionale universitaria;

§      la disciplina dell'esame di Stato previsto per l'esercizio delle professioni intellettuali, nonché i titoli, compreso il tirocinio, e le abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale;

§      l'ordinamento e l'organizzazione degli Ordini e dei collegi professionali;

§      gli albi, i registri, gli elenchi o i ruoli nazionali previsti a tutela dell'affidamento del pubblico;

§      la rilevanza civile e penale dei titoli professionali

§      il riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso alle professioni, di quelli conseguiti all'estero.

 

Il Capo II indica i seguenti principi fondamentali:

 

Tutela della libertà professionale (articolo 2): l'esercizio della professione, quale espressione del principio della libertà di iniziativa economica, è tutelato in tutte le sue forme e applicazioni, purché non contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume. Le regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino l'esercizio della professione. E’ sancito il divieto di ogni discriminazione derivante da ragioni razziali, sessuali, politiche, religiose e in genere da qualsiasi condizione personale o sociale, secondo quanto stabilito dalla disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione e condizioni di lavoro.

Anche l'attività professionale esercitata nelle forme del lavoro dipendente deve svolgersi secondo specifiche disposizioni normative che assicurino l'autonomia del professionista.

Si stabilisce che le associazioni rappresentative di professionisti che non esercitano attività regolamentate o tipiche di professioni disciplinate ai sensi dell'articolo 2229[23] del codice civile, se in possesso dei requisiti e nel rispetto delle condizioni prescritte dalla legge per il conseguimento della personalità giuridica, possono essere riconosciute dalla regione nel cui àmbito territoriale si esauriscono le relative finalità statutarie.

 

Tutela della concorrenza e del mercato (articolo 3). L'esercizio della professione si svolge nel rispetto della disciplina statale della tutela della concorrenza (ivi compresa quella delle deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela di interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per ragioni imperative di interesse generale), della riserva di attività professionale, delle tariffe e dei corrispettivi professionali, nonché della pubblicità professionale

La norma equipara l’attività professionale esercitata in forma di lavoro autonomo a quella d’impresa, ai fini della applicazione della disciplina in materia di concorrenza, di cui agli artt. 81, 82 e 86 del Trattato CE[24], salvo quanto previsto dalla normativa in materia di professioni intellettuali.

Sono ammessi gli interventi pubblici a sostegno dello sviluppo delle attività professionali, secondo le rispettive competenze di Stato e Regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.

 

Princìpi relativi all’accesso alle professioni (articolo 4): l'accesso all'esercizio delle professioni è libero, nel rispetto delle specifiche disposizioni di legge.

Relativamente alle attività professionali per l’esercizio delle quali sia richiesta una specifica preparazione, a garanzia di finalità tutelate dallo Stato, debbono essere rispettati i requisiti tecnico-professionali e la definizione dei titoli stabiliti dalla legge statale.

I titoli professionali rilasciati dalla regione nel rispetto dei livelli minimi uniformi di preparazione stabiliti dalle leggi statali, consentono l'esercizio dell'attività professionale anche fuori dei limiti territoriali regionali.

Princìpi per la regolazione delle attività professionali (articolo 5): si individuano alcuni princìpi cui la regolazione delle attività professionali dovrà ispirarsi: tutela della buona fede, affidamento del pubblico e della clientela, correttezza, tutela degli interessi pubblici, ampliamento e specializzazione dell'offerta dei servizi, autonomia e responsabilità del professionista.

 

Il Capo III reca le disposizioni finali del decreto legislativo.

 

L’articolo 6 dispone l’applicazione a favore delle Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano di quanto previsto dall’articolo 11 della legge “La Loggia”.

 

Il citato art. 11 fa salvo quanto previsto dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché dall’articolo 10 della legge costituzionale 3/2001, che estende alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano l’applicazione di quelle parti della riforma del Titolo V che prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite (ciò sino all'adeguamento degli statuti).

L’art. 11 stabilisce inoltre che le Commissioni paritetiche previste dagli statuti speciali, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla loro potestà legislativa ai sensi del sopra richiamato articolo 10 L.cost. 3/2001, possono proporre l’adozione delle norme di attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all’esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.

Tali Commissioni sono inoltre facoltizzate a proporre l’adeguamento degli Statuti anche in relazione alla disciplina delle attività regionali in materia di rapporti internazionali e comunitari.

L’articolo 7 reca, infine, una disposizione di rinvio ai sensi della quale i princìpi fondamentali individuati nel decreto legislativo si applicano a tutte le professioni, restando comunque fermi quelli riguardanti specificamente le singole professioni.

 

Più recentemente, nell’ambito di una nuova politica di liberalizzazioni, il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (cd. decreto Bersani) come modificato dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248, ha inteso dare attuazione al principio comunitario di libera concorrenza e libera di circolazione delle persone e dei servizi, nonché ad assicurare agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato

In particolare, l’articolo 2 del provvedimento(Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali.) abroga le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali:

§      l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime[25] ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti;

 

In relazione alle tariffe, è spesso l'ordinamento generale dello Stato che demanda all'ordinamento particolare delle singole professioni il compito di individuare i compensi dovuti al professionista per lo svolgimento della propria attività. Tale compito è assolto mediante l'elaborazione di tariffe, che riportano, per ogni attività astrattamente realizzabile nell'adempimento del mandato professionale, l'indicazione di un compenso minimo e di uno massimo. All'interno di tale "forchetta", il professionista determina, con un margine di discrezionalità, l'onorario applicabile al caso concreto. E' anche possibile che la tariffa contenga, in luogo della citata "forchetta", l'indicazione di compensi fissi. Le tariffe possono essere inderogabili o meno. Nel caso in cui esse non lo siano, la loro funzione è sostanzialmente quella di un suggerimento che l'ente esponenziale della professione rivolge ai propri membri in merito ai prezzi praticabili. Le tariffe sono invece inderogabili laddove ciò sia espressamente previsto dalla legge, da un atto regolamentare, dal codice deontologico o da altra fonte interna alla singola professione e laddove alla deroga da parte del professionista sia ricollegata una sanzione. L'inderogabilità può riguardare il compenso minimo, il compenso massimo o entrambi.

Per quanto concerne, poi, la possibilità di variare il compenso dovuto al professionista sulla base del risultato raggiunto (ad esempio, a seconda dell'esito di un procedimento giurisdizionale, cd. patto di quota-lite), si osserva che tale possibilità è stata tradizionalmente ritenuta non coerente con un ordinamento in cui l'obbligazione del professionista intellettuale è considerata come un'obbligazione di mezzi e non di risultato.

 

§      il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonchè il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine;

 

La direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE ha, comunque, introdotto il generale principio della legittimità della pubblicità nelle professioni regolamentate. Detta direttiva è stata trasposta nel nostro ordinamento col il D.lgs. 9 aprile 2003, n.70. L’art. 10 del decreto afferma, infatti, che “l'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi”.

Tuttavia, per la gran parte delle professioni vige un divieto più o meno esteso di ricorrere alla pubblicità: essa, infatti, è tradizionalmente considerata uno strumento esclusivo del settore commerciale, incompatibile con gli standard di decoro e dignità delle professioni.

 

§      il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.

Si ricorda che la legge 7 agosto 1997, n. 266 ha abrogato l’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815 e con esso il divieto di costituzione di società tra professionisti. Il regolamento governativo necessario ai fini attuativi della legge non è però mai stato emanato. Attualmente le sole società tra professionisti normativamente regolate sono quelle (soc. in nome collettivo) costituite tra avvocati (decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 “Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale”).

Il decreto “Bersani” fa salve le disposizioni riguardanti l'esercizio delle professioni reso nell'ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso, nonchè le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti.

In caso di liquidazione giudiziale e gratuito patrocinio, il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, sulla base della tariffa professionale. Nelle procedure ad evidenza pubblica, le stazioni appaltanti possono utilizzare le tariffe, ove motivatamente ritenute adeguate, quale criterio o base di riferimento per la determinazione dei compensi per attività professionali.

Il decreto, novellando poi l'articolo 2233 del codice civile, sancisce la nullità, in mancanza di redazione in forma scritta, dei patti, conclusi tra gli avvocati ed i praticanti abilitati con i loro clienti, che stabiliscono i compensi professionali. In base alla nuova formulazione, risulta soppresso il divieto del cosiddetto patto di quota-lite, di cui al terzo comma del previgente articolo 2233 del codice civile, ove si prevedeva che “Gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni”[26].

Tale disposizione completa, dunque, la citata previsione relativa all’abrogazione dei divieti di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

 

L’art. 2 del provvedimento fissa, infine, il termine del 1° gennaio 2007 per l’adeguamento delle norme deontologiche e pattizie e dei codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni in materia di tariffe, pubblicità ed esercizio della professione in forma associata, anche con l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data, le norme in contrasto con le nuove prescrizioni sono in ogni caso nulle.

 

Va rilevato, in proposito, che molte di tali disposizioni impongono il rispetto dei minimi tariffari (con conseguente sottoposizione a procedimento disciplinare del professionista che non vi si adegui) e, soprattutto, disciplinano - in maniera restrittiva - la pubblicità (materia che non è invece normalmente disciplinata da disposizioni di legge o di regolamento).

Al riguardo, si segnala che in relazione alla nuova disciplina introdotta dal citato decreto Bersani e al suo raccordo con le esistenti norme deontologiche è stata emanata il 4 settembre 2006 una apposita circolare interpretativa da parte del Consiglio nazionale forense (cfr. allegato).

Si ricorda, inoltre, che alcuni enti professionali, su sollecitazione dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, hanno già provveduto a modificare i propri codici deontologici.

 

Altra norma di interesse del citato decreto legge n. 223 del 2006 è l’articolo 35 comma 12 che integra il contenuto dell’articolo 19 (Scritture contabili degli esercenti arti e professioni) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi).

Per effetto di tale novella, gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, sono obbligati a tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui devono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.

In relazione agli obblighi di tenuta del conto corrente va segnalata la circolare 4 agosto 2006 n. 28 dell’Agenzia delle entrate (Decreto-legge n 223 del 4 luglio 2006 - Primi chiarimenti). In essa, viene chiarito che “i conti correnti bancari o postali, da tenere obbligatoriamente sia per il prelievo di somme finalizzate al pagamento delle spese sostenute sia per il versamento dei compensi riscossi, non necessariamente devono essere “dedicati" esclusivamente all'attività professionale, ma possono eventualmente essere utilizzati anche per operazioni non afferenti l'esercizio dell'arte o della professione”.

Inoltre, è disposto che i relativi compensi in denaro -  se unitariamente non superiori a 100 euro - vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.

Si segnala, altresì, che il successivo comma 12-bisdell’art. 35provvedeva all’applicazione graduale dell’illustrata disposizione, stabilendo che fino al 30 giugno 2007 il limite fosse stabilito in 1.000 euro, dal 1° luglio 2007 al 30 giugno 2008 in 500 euro, e soltanto dal 1° luglio 2008 si applicasse il limite di 100 euro.

La legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) è, però, intervenuta sulla indicata disciplina transitoria (art. 1, comma 69) differendone i tempi di applicazione. La nuova disciplina di pagamento dei compensi professionali sarà, pertanto, applicabile a decorrere:

§      dal 12 agosto 2006 al 30 giugno 2008 per somme superiori a 1000 euro;

§      dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009 per somme superiori a 500 euro;

§      dal 1° luglio 2009 per somme superiori a 100 euro.

Il citato comma 69 introduce, poi, un obbligo di relazione al Parlamento da parte del Ministro dell’economia, in relazione all’applicazione della indicata disciplina riguardante il pagamento dei compensi ai professionisti. Lo stesso Ministro è autorizzato ad emanare un apposito decreto "che individua le condizioni impeditive del soggetto tenuto al pagamento", che consentono di derogare ai limiti sopra indicati.

Non essendo disposta una specifica sanzione, può ritenersi che le nuove disposizioni comportino, in caso di violazione, l’irrogazione della sanzione pecuniaria da 1.032 a 7.746 euro prevista dall’articolo 9 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[27], per i casi di irregolare tenuta della contabilità.

 

Si ricorda, infine, che la necessità di una legge quadro in materia di professioni intellettuali è stata segnalata, il 28 giugno 2006, dal ministro della giustizia Mastella in sede di illustrazione, presso la Commissione giustizia della Camera, delle linee programmatiche del dicastero.

Secondo il ministro “le continue interruzioni del processo di riforma del sistema professionale italiano – che affondano le proprie radici nelle commissioni ministeriali degli anni ’70 – stanno inibendo al nostro terziario intellettuale la possibilità di cambiare in profondità e di dotarsi di un maggiore orientamento all’innovazione. Ed in più hanno creato competizioni di competenza fra Ministri che hanno ulteriormente accentuato le difficoltà”. Il ministro della giustizia Mastella ha, inoltre, fornito al Parlamento gli ultimi dati statistici sul sistema-professioni: gli iscritti agli Albi nel 2005 sono risultati 1.828.000, mentre gli esercenti le professioni non regolamentate erano circa 4 milioni. Segnalata, poi, la crescita accanto alle professioni tradizionali di un notevole numero di attività intellettuali nuove, a fronte del quale si è sviluppato un tessuto associativo ancora in formazione, ma molto attivo. Gli ordini sono al momento 27, mentre le Associazioni professionali non regolamentate sono 160.

 

Per il ministro “la riforma delle professioni deve quindi essere rimessa nell’agenda politica al più presto, per non fare perdurare l’attuale stato di confusione e di conseguente deterioramento del tessuto professionale e di quello associativo a questo collegato. Nella scorsa Legislatura una commissione costituita presso il Dicastero della giustizia elaborò una bozza di riforma che aveva ricevuto molti consensi e da cui si può ripartire con opportuni aggiustamenti. Ci sono, da un canto, i ben noti indirizzi dell’Unione europea e c’è, dall’altro, una nostra peculiare esperienza; nel mezzo c’è l’esigenza di adeguare il sistema degli ordini professionali alla realtà di oggi, soprattutto per meglio soddisfare i bisogni dell’utenza. Alcune cose vanno riviste ed aggiornate, senza tuttavia cedere all’idea di una completa ed assoluta liberalizzazione che, andando oltre i benefici di una fisiologica concorrenza, potrebbe determinare lo scadimento della prestazione professionale estremizzando la logica del “costo sempre più basso”.

L’istituzione degli ordini, la disciplina della loro autonomia e il relativo controllo non costituiscono un anacronistico interventismo bensì una garanzia per l’utenza perché lo Stato non può disinteressarsi di prestazioni che spesso toccano bisogni e diritti fondamentali dei cittadini”.

Normativa comunitaria

Per quel che concerne, in generale, il rapporto tra la disciplina comunitaria e l’ordinamento nazionale delle libere professioni non c’è dubbio che la prima eserciti una forte pressione riformatrice sull’attuale regime ordinistico. Come è noto, è soprattutto dal versante comunitario che la vigente normativa italiana sulle professioni è ritenuta particolarmente carente in relazione al principio sulla concorrenza definito dagli articoli 81 e 82 del Trattato istitutivo.

Non a caso tali norme ricadono in una sezione relativa alle “Regole applicabili alle imprese”; infatti, nella giurisprudenza comunitaria la nozione di impresa è assai più ampia da quella desunta dall’art. 2082 del codice civile, facendo riferimento ad ogni attività economica che offra beni e servizi in un determinato mercato. In base a tale premessa, ai fini dell’applicazione della disciplina comunitaria sulla concorrenza, ogni professione è equiparata ad un’attività d’impresa ed ogni ordine professionale ad una associazione di imprese. Questa tesi comunitaria è alla base di importanti sentenze (particolarmente in tema di tariffe) che però non hanno scalfito la contrapposizione tipica dell’ordinamento italiano tra attività professionale e attività d’impresa. Del resto, l’ordinamento comunitario considera gli ordini professionali associazioni di imprese ai fini della concorrenza ma non si preoccupa di fornirne una definizione generale, così che tale definizione ben può essere difforme nei vari ordinamenti professionali degli Stati membri. Da qui, una diversa qualificazione delle professioni: da un lato, come attività analoghe a quelle imprenditoriali; dall’altro, come attività ad esse contrapposte, secondo la definizione generale che ne dà l’ordinamento italiano.

Un quadro della situazione delle prestazioni professionali nell’ambito dell’Unione, è stato fornito dalla Relazione sulla concorrenza nei servizi professionalidel 9 febbraio 2004 della Commissione europea (cd. rapporto Monti).

La Commissione, dettagliatamente, ha analizzato le restrizioni alla concorrenza che caratterizzano la regolamentazione dei servizi professionali negli Stati membri dell'Unione e che derivano proprio dalla fissazione o raccomandazione dei prezzi, dalle restrizioni all'accesso alla professione e all'attività pubblicitaria, dai regimi di riserva previsti per talune attività, dalle regolamentazioni inerenti l'organizzazione e la struttura aziendale dell'attività.

Si tratta, nel complesso, di restrizioni che l'Autorità antitrust italiana aveva già avuto modo di individuare, con riguardo all'Italia, nell'ambito della nota indagine conoscitiva del 1997.

 

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha dedicato particolare attenzione al tema della ineludibilità di una riforma delle professioni in Italia, soprattutto in relazione al contrasto del sistema nazionale col principio comunitario della libera concorrenza e delle restrizioni all’accesso alle professioni. Di seguito sono sinteticamente illustrati i principali punti delle conclusioni cui l’Autorità pervenne in occasione dell’Indagine conoscitiva nel settore degli Ordini e Collegi professionali e delle professioni dagli stessi regolamentate, deliberata dall'Autorità ai sensi dell'art. 12, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287[28] e conclusasi nell'ottobre del 1997.

Per quanto concerne l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ed il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, l'Autorità ha affermato che tale previsione non appare riconducibile al perseguimento dell'interesse generale a garantire elevati livelli qualitativi delle prestazioni, quanto invece alla protezione delle categorie interessate. Ciò sarebbe confermato dallo svantaggio derivante alla collettività dalla fissazione di tariffe uniformi per le medesime prestazioni e dal fatto che le categorie professionali assumono un ruolo preponderante nella determinazione delle tariffe. L'Autorità ha escluso, inoltre, che i minimi tariffari possano costituire una tutela per i giovani professionisti, osservando che, al contrario, il divieto di concorrenza sul prezzo impedisce a questi ultimi di conquistare quote di mercato. L'Autorità ha poi negato che la fissazione di minimi tariffari possa giovare alla qualità del servizio reso: la qualità, infatti, dovrebbe essere tutelata dalla selezione all'accesso e dal rispetto degli standard previsti dalla legge e dai codici deontologici. L'Autorità si è infine espressa con favore in merito all'introduzione di compensi la cui entità sia collegata, anche in parte, all'esito dell'attività svolta.

Con riferimento al divieto di svolgere pubblicità informativa, l'Autorità ha osservato che tale divieto si pone in contrasto con l'interesse generale, in particolare con l'interesse dei consumatori ad essere compiutamente informati in merito al tipo di prestazioni offerte dal professionista e (laddove venisse meno il sistema tariffario) ai prezzi praticati. Analogamente a quanto sostenuto con riferimento ai prezzi, l'Autorità sostiene che l'introduzione della pubblicità andrebbe a vantaggio dei giovani professionisti.

In merito all’esercizio della professione in forma societaria, l'Autorità ha rilevato che non appaiono esservi ragioni per precludere ad alcune categorie l'esercizio della professione anche nella forma delle società di capitali, idonee alla creazione di strutture di maggiori dimensioni e più competitive a livello internazionale. Essa, inoltre, ha sollecitato una riforma sistematica della materia.

Le posizioni espresse dall’Autorità al termine della citata indagine sono state riprese e approfondite successivamente in numerosi pareri e segnalazioni[29].

 

Nella medesima Relazione, la Commissione europea evidenzia come il diritto comunitario riconosca la legittimità delle sole misure restrittive della concorrenza che superano il c.d. test di proporzionalità. Detto test di proporzionalità si considera soddisfatto allorché le misure in questione risultino oggettivamente necessarie per raggiungere un obiettivo di interesse generale chiaramente articolato e legittimo e costituiscano il meccanismo meno restrittivo della concorrenza idoneo a raggiungere tale obiettivo.

Nel prendere atto delle specificità dei servizi professionali, nella citata Relazione, la Commissione auspica che la revisione complessiva della regolamentazione dei singoli Stati membri in materia di servizi professionali avvenga ad opera di interventi volontari dei soggetti responsabili delle restrizioni esistenti (segnatamente, le autorità di regolamentazione e gli organismi professionali), invitando detti soggetti a verificare la necessarietà/proporzionalità delle esistenti regole restrittive rispetto alle esigenze di tutela degli interessi di utenti e professionisti.

In altri termini, il diritto comunitario ammette deroghe all'applicazione dei principi antitrust solo con riguardo al singolo caso concreto e nella misura in cui ne risulti accertata l'effettiva funzionalità alla tutela di interessi generali sulla scorta del test di proporzionalità.

 

Il 5 settembre 2005 la Commissione Europea ha pubblicato una nuova Comunicazione avente ad oggetto il seguito della Relazione del febbraio 2004 (I servizi professionali – Proseguire la riforma) con un aggiornamento dei progressi compiuti dai singoli Stati nella revisione e nella soppressione delle restrizioni alla concorrenza ed ha ribadito l’importanza di liberalizzare il mercato dei servizi professionali.

 

Quanto alla normativa comunitaria in materia di professioni - essendo condizione indispensabile per la creazione del mercato unico europeo, oltre alla libera circolazione delle merci, la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali (artt. 3, 39 e segg. Trattato di Roma istitutivo della comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209) – tale normativa si è in particolare concentrata sul riconoscimento del diritto alla libera circolazione dei servizi in ambito U.E. e della conseguente libertà di stabilimento, ossia il diritto di ogni cittadino europeo di esercitare la propria attività in qualsiasi Stato dell’Unione.

Da qui il necessario il reciproco riconoscimento fra i paesi membri dei diplomi, certificati e titoli professionali dei cittadini europei.

La Corte di giustizia CE ha riconosciuto l'immediata precettività delle norme del Trattato che pongono i citati principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (v. es: sentt. 21/6/74, n. 2/74 (Reyners), e 28/4/77, n. 71/76 (Thieffry)).

 

In un primo momento la produzione normativa comunitaria ha avuto l'obiettivo di uniformare ed armonizzare le legislazioni nazionali relative all'esercizio delle singole professioni, in base alla considerazione per cui il riconoscimento dei titoli professionali presuppone tale armonizzazione (ed in questa direzione il legislatore comunitario si è mosso in particolare per le professioni sanitarie): non sono peraltro mancate forti resistenze in tale cammino, come dimostra la normativa dettata per gli avvocati (77/249/CEE) che ha consentito a questi professionisti la sola libera prestazione di servizi professionali in ambito comunitario (rinviando ulteriormente l'attuazione del diritto di stabilimento).

 

Peraltro, la professione di avvocato ha avuto un trattamento particolare dalla normativa comunitaria. Essa, infatti, è stata disciplinata oltre che dalla citata direttiva 77/249/CEE, in materia di libera prestazione dei servizi, dalla direttiva 98/5/CE (attuata con il D.Lgs 2 febbraio 2001, n. 96) in relazione all’esercizio permanente delle professione di avvocato in un altro Stato membro attraverso un meccanismo di autorizzazione che prevede l’uso del titolo professionale del Paese d’origine, nonchè dalla direttiva 89/48/CEE, relativa al riconoscimento professionale (v. ultra).

 

In un secondo momento, il legislatore comunitario ha invece percorso - con le citata direttiva 89/48/CEE nonchè con la direttiva 92/51/CEE (ora superate con l’adozione della direttiva 2005/36/CE, v. ultra) - la strada del riconoscimento reciproco dei titoli professionali sulla base della loro equivalenza in ragione della rispondenza a taluni requisiti minimi.

In particolare, la direttiva 89/48/CE, che ha trovato attuazione in Italia con il D.lgs. 27 gennaio 1992, n. 115, ha introdotto un sistema generale di riconoscimento dell'equivalenza delle formazioni professionali conseguite nei diversi paesi della CE mirando, quindi, alla possibilità di esercitare stabilmente la professione con il titolo del Paese ospitante: essa riguarda le professioni il riconoscimento del cui titolo non risulti disciplinato da specifiche direttive (professioni sanitarie, architetto) e per le quali sia richiesto un titolo di formazione a livello universitario di durata pari ad almeno 3 anni.

Ad integrazione della direttiva 89/48/CEE - e particolarmente per disciplinare il riconoscimento dei titoli professionali non compresi fra quelli di cui alla suddetta direttiva - è poi stata emanata la direttiva 92/51/CEE, attuata con il D.Lgs. 2 maggio 1994 n. 319, concernente i titoli di formazione professionale che implicano un iter di studio post secondario inferiore a 3 anni ma superiore ad uno (cd. diplomi).

Tra le direttive relative al sistema generale si ricordano, in particolare:

§      la direttiva 1999/42/CE del 7 giugno 1999, del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per le attività professionali disciplinate da direttive di liberalizzazione e di transizione, e completa il sistema generale di riconoscimento dei diplomi di cui alle citate direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE. Tale direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 20 settembre 2002 n. 229;

§      la direttiva 2001/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 maggio 2001, che modifica le direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE del Consiglio relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali (nonché le direttive 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE del Consiglio concernenti le professioni di infermiere responsabile dell'assistenza generale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico).

La direttiva 2001/19/CE ha inteso, in particolare:

-        introdurre nella direttiva 89/48/CEE la nozione di "formazione regolamentata" che si è già incontrata nella direttiva 92/51/CEE. La finalità di questa nozione è di obbligare lo Stato membro ospitante a tener conto della formazione che il richiedente ha ottenuto, compresa quella nello Stato membro dove l'esercizio corrispondente non sarebbe regolamentato. Questa nuova disposizione permetterà di evitare che lo Stato membro ospitante chieda due anni di esperienza professionale;

-        verificare che lo Stato membro ospitante prenda in considerazione al momento di esaminare una domanda di riconoscimento di diploma, l'esperienza acquisita dall'interessato dopo l'ottenimento del diploma. Lo Stato ospitante non potrà più esigere sistematicamente misure di compensazione come prove attitudinali, tirocini di adeguamento o altri, ma dovrà semplificare o se possibile sopprimere tali misure;

-        assicurare la certezza giuridica in materia di riconoscimento di formazioni ottenute da cittadini europei nei paesi terzi: il sistema previsto lascia ad ogni Stato membro il diritto di riconoscere o meno tali formazioni salvo il caso in cui un primo Stato membro ospitante ha già riconosciuto l'esperienza professionale degli interessati. In questo caso un secondo Stato membro ospitante non potrà rifiutare direttamente la domanda di riconoscimento ma dovrà motivare il suo rifiuto;

-        estendere la procedura di riconoscimento automatico, già applicata ai medici generici, agli altri medici oltre che alle professioni di infermiere responsabile dell'assistenza generale, ai dentisti, ai veterinari, alle ostetriche e ai farmacisti. La principale semplificazione consiste nell'aggiornamento degli elenchi dei diplomi riconosciuti a livello europeo, poiché la Commissione potrà pubblicare regolarmente gli elenchi dei diplomi notificati dagli Stati membri.

 

Alla direttiva è stata data attuazione con il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 277.

 

A innovare profondamente tale quadro normativo comunitario è però recentemente intervenuta lacitata direttiva 2005/36/CE[30]che ha riformato il regime di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali.

La direttiva si applica si a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali, sia come lavoratori autonomi che dipendenti. Il provvedimento, relativamente alla situazione italiana, si è inserito nella discussione in atto da tempo sulla riforma delle professioni: la direttiva individua le autorità competenti ad espletare le procedure di riconoscimento delle qualifiche, confermando il ruolo di ordini e collegi, ma rendendo necessaria la regolamentazione delle associazioni per quelle professioni oggi non organizzate.

La direttiva 2005/36/CE mira a consolidare in un unico atto legislativo quindici direttive, fra le quali figurano dodici direttive settoriali riguardanti le professioni di medico, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista e architetto - e tre direttive che hanno introdotto un sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali riguardante la maggior parte delle altre professioni regolamentate (le citate direttive 89/48/CE, 92/51/CE e 1999/42/CE.

Il consolidamento di queste quindici direttive comporterà la loro abrogazione allo scadere del termine di trasposizione della nuova direttiva, vale a dire alla data del 20 ottobre 2007.

Le direttive 77/249/CE e 98/5/CE, relative alla prestazione di servizi e all'insediamento degli avvocati, non sono considerate nel quadro della nuova disciplina dato che queste non hanno per oggetto il riconoscimento delle qualifiche professionali, bensì il riconoscimento dell'autorizzazione ad esercitare. Il riconoscimento dei diplomi di avvocato, prima disciplinato dalla direttiva 89/48/CE (ora abrogata), è invece oggetto della nuova direttiva 2005/36/CE.

Il riconoscimento dei titoli avverrà secondo parametri minimi di formazione: sono fissati cinque livelli di riferimento che corrispondono ad altrettanti cicli di formazione nei diversi Stati membri.

§       attestato di competenza che corrisponde ad una formazione generale del livello d'insegnamento primario o secondario che comprova che il suo titolare possiede conoscenze generali o un attestato di competenza rilasciato da un'autorità competente dello Stato membro d'origine sulla base di una formazione attestata da un certificato o da un diploma, ovvero un'esperienza professionale di tre anni;

§       certificato che corrisponde ad una formazione di livello d'insegnamento secondario tecnico o professionale o generale, completato da un ciclo professionale;

§       diploma che sancisce una formazione del livello di insegnamento post-secondario, di una durata minima di 1 anno, o una formazione di livello professionale comparabile in termini di responsabilità e funzioni;

§       diploma che sancisce una formazione del livello d'insegnamento superiore o universitario, di una durata minima di 3 anni e inferiore a 4 anni;

§       diploma che sancisce una formazione superiore corrispondente ad una formazione di livello dell'insegnamento superiore o universitario, di una durata minima di 4 anni.

Eccezionalmente, altre formazioni possono essere assimilate ad uno di questi cinque livelli.

 

Questo sistema consentirà di mettere a confronto le qualifiche dei professionisti che provengono da Paesi diversi. Nell'ambito delle autonomie nazionali ogni governo decide quali sono i livelli di cultura e di formazione minima per l'accesso alle singole professioni e chi deve autorizzarne l'esercizio e controllarne lo svolgimento.

Ai fini del reciproco riconoscimento, lo Stato membro ospitante autorizza il professionista che ne ha fatto richiesta sulla base di un attestato di competenza o di un titolo di formazione con livello di qualifica almeno immediatamente anteriore a quello richiesto nel suo Stato di origine.

Lo Stato ospitante può, inoltre, richiedere provvedimenti di compensazione, come tirocini o prove, nel caso in cui non ci sia perfetta corrispondenza tra la qualifica conseguita e quella richiesta per la professione. Accordi tra gli Stati potranno far sì che determinate professioni siano riconosciute in maniera automatica.

Relativamente alle prestazioni temporanee, si prevede che il professionista sarà soggetto, nella gran parte dei casi, alla normativa vigente nel Paese nel quale presterà il servizio.

Come accennato, gli Stati membri hanno tempo fino al 20 ottobre 2007 per adeguarsi alla nuova normativa.

 

Si segnala, inoltre, la recente approvazione della risoluzione 12 ottobre 2006, n. 2137 del Parlamento europeo (cd. risoluzione Ehler) sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali (2137/2006/CE). Tale risoluzione sollecita l’eliminazione degli “ostacoli alla concorrenza che non sono giustificati o che nuocciano all'interesse generale”, pur riconoscendo “il diritto di emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche”. L’obbligatorietà di tariffe fisse o minime e il divieto di contrattare compensi legati al risultato raggiunto – si legge nella risoluzione - potrebbero essere di ostacolo alla qualità del servizio per i cittadini e alla concorrenza; gli Stati membri devono quindi superare tali vincoli con misure meno restrittive e più adeguate al rispetto dei principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità e garantire accesso e mobilità nell'ambito dei servizi professionali.

 

In materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi non possono non essere segnalate le vicende della cd. direttiva Bolkenstein,relativa ai servizi nel mercato interno (Dir. 2006/123/CE), definitivamente approvata dal Parlamento Europeo il 12 dicembre 2006).

 

La proposta iniziale della Commissione – che aveva sollevato in tutti i gruppi politici del Parlamento europeo preoccupazioni sui possibili rischi di riduzione dell’acquis comunitario nel settore sociale (in particolare, in relazione al principio del Paese di origine, v. ultra) – è stata sostanzialmente modificata dall’esame parlamentare.

Il testo approvato dal Parlamento europeo ribadisce l’obiettivo della proposta iniziale relativamente alla liberalizzazione dei servizi, sottolineando al contempo la necessità di assicurare un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

L’esame del Parlamento europeo si è focalizzato, in particolare, su alcuni punti controversi:

§       campo di applicazione (art. 2): relativamente a questo aspetto, il testo adottato dal Parlamento europeo ribadisce quanto previsto nella proposta della Commissione, ovvero l’esclusione dei servizi di interesse generale. A questo riguardo gli Stati membri restano liberi di definire, conformemente al diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse generale, nonché di determinare le modalità di organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono sottostare. La direttiva si applica, tuttavia, ai servizi di interesse economico generale, ovvero ai servizi che corrispondono ad un’attività economica e sono aperti alla concorrenza quali i servizi postali, i servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas o i servizi di distribuzione e di fornitura idrica. Oltre a tutta una serie di settori indicati espressamente nel testo adottato dal Parlamento europeo, sono inoltre escluse dal campo di applicazione della direttiva le materie disciplinate da disposizioni comunitarie specifiche come quelle sul distacco dei lavoratori, l’esercizio delle attività televisive o le qualifiche professionali;

§       principio del Paese di origine (art. 16): la formulazione iniziale prevedeva la possibilità per un prestatore di fornire i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza unicamente in base alla legislazione dello Stato membro di origine. Il Parlamento europeo ha sostituito questo principio con quello della “libera circolazione dei servizi” in base al quale per la fornitura dei servizi si applica la legislazione del paese in cui essi vengono effettivamente prestati. Inoltre, si fa obbligo agli Stati membri di rispettare il diritto del prestatore di fornire i propri servizi liberamente sul suo territorio senza imporre requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati tranne che per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e sanità pubblica;

§       distacco dei lavoratori (artt. 24 e 25): il Parlamento europeo ha soppresso le disposizioni relative al distacco dei lavoratori, ritenendo che questa questione ricada nel campo di applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una disciplina di servizi. diritti dei destinatari dei servizi e qualità dei servizi (artt. 20-23 e 26-32): la proposta fissa l’obbligo a carico delle imprese di mettere a disposizione dei consumatori alcune informazioni chiave. Essa stabilisce, inoltre, che le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali devono rispettare i principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità;

§       cooperazione amministrativa (artt. 34-38): gli Stati membri devono rafforzare la cooperazione amministrativa, anche mediante la trasmissione elettronica delle informazioni, al fine di assicurare un controllo migliore e più efficace delle imprese. In questo contesto la proposta modificata prevede l’istituzione di un meccanismo di allerta in virtù del quale,qualora uno Stato membro sia a conoscenza di fatti gravi suscettibili di nuocere gravemente alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, è tenuto ad informarne tempestivamente lo Stato membro di stabilimento, gli altri Stati membri interessati e la Commissione.

 


Il contenuto dei progetti di legge

La proposta di legge A.C. 867

La proposta di legge A.C. 867, Siliquini ed altri (Disciplina delle libere professioni ), è diretta a stabilire i principi fondamentali sulla materia delle professioni intellettuali, in attuazione delle norme costituzionali e in conformità della normativa comunitaria.

La proposta si compone di IX Capi e di 71 articoli.

Qui di seguito sui procederà ad un’illustrazione sintetica del contenuto del provvedimento.

Il Capo I (artt. 1-9), che si compone di 9 articoli, detta i principi generali della materia.

L’articolo 1, oltre ad individuare l’oggetto disciplinato dalla legge ed a qualificare le sue disposizioni come principi generali degli ordinamenti professionali (modificabili e derogabili solo espressamente), definisce il concetto di professione intellettuale quale attività diretta al compimento di atti, di servizi e di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale per la quale è richiesto un titolo universitario o equipollente.

L’articolo 2, dopo aver distinto l’attività professionale da quella d’impresa, ne stabilisce alcuni connotati specifici, quali il suo svolgimento nel rispetto delle norme deontologiche, la libertà dell’accesso alla professione, salvi i vincoli di predeterminazione numerica attualmente vigenti, la riserva alla legge dello Stato dei casi in cui lo svolgimento della stessa è subordinato a certi requisiti o consentito soltanto ai soggetti iscritti in appositi albi.

In tema di Ordini professionali l’articolo 3 ne dispone laqualificazione come enti pubblici non economici, non assoggettati a tutte le disposizioni conseguenti alla qualifica pubblica di un ente, caratterizzati da autonomia patrimoniale, finanziaria e statutaria - oltre che da autonomia regolamentare per la disciplina di specifiche materie -, e subordina l’istituzione di nuovi Ordini alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti in particolari condizioni.

Viene inoltre consentita dall’articolo 4 la costituzione di associazioni professionali ai professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge dello Stato, subordinandone l’iscrizione in un apposito registro istituito presso il Ministero della giustizia a determinati criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

I requisiti di accesso alle professioni per l’esercizio di attività riservate in esclusiva sono stabiliti dall’articolo 5 che contempla - oltre naturalmente al possesso del titolo di studio - un esame di Stato preceduto da un apposito corso di formazione disciplinato dagli Ordini professionali. Nei casi in cui, eccezionalmente, la legge prevede la preventiva determinazione numerica dei soggetti legittimati a conseguire l’abilitazione per l’esercizio di attività professionali che comportano lo svolgimento di pubbliche funzioni, viene prescritto il ricorso a procedure di evidenza pubblica.

Alcuni principi vengono stabiliti anche per quanto attiene  il tirocinio, che deve essere effettivo, retribuito con un equo compenso, di durata non inferiore a tre anni, e che può essere svolto in diverse forme e modalità; in ogni caso, il professionista che accoglie nel suo studio il tirocinante deve essere iscritto all’albo e avere un’adeguata anzianità di iscrizione.

La disciplina dell’esame di Stato è poi rimessa ad un regolamento governativo fermo restando il rispetto di alcuni criteri relativi all’uniformità delle prove sul territorio nazionale, all’uniforme valutazione dei candidati e alla verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e dell’attitudine necessaria allo svolgimento dell’attività professionale.

L’articolo 6 dispone in materia di tariffe stabilendo il principio della previa determinazione consensuale tra le parti, salvo il rispetto delle tariffe minime stabilite ogni triennio con decreto del Ministro della giustizia, ponendo anche a carico del professionista l’onere di informare anticipatamente il cliente sulla complessità dell’incarico e sugli oneri ipotizzabili al momento del conferimento dell’incarico medesimo. In ogni caso si applicano le tariffe stabilite dal ministero della giustizia in caso di mancata determinazione consensuale del compenso o di liquidazione giudiziale dello stesso. Resta inoltre fermo il principio della determinazione del compenso su accordo delle parti (o su decisione del giudice, anche arbitrale) per le professioni organizzate in associazioni o che non hanno una tariffa stabilita dalla legge.

Sull’informazione all’utenza dispone poi l’articolo 7 che disciplina l’oggetto e i limiti della pubblicità consentita al professionista mentre l’articolo 8 stabilisce il principio dell’assicurazione obbligatoria del professionista per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale. Chiude il Capo I l’articolo 9 che interviene per garantire che gli esercenti attività professionali non siano esclusi dalle agevolazioni o dagli incentivi diretti a favorire lo sviluppo dell’occupazione.

Il Capo II (artt. 10-15) si compone di 6 articoli disciplinanti i principi generali in tema di società e associazioni tra professionisti.

L’articolo 10 consente ai professionisti di costituire società o associazioni temporanee per lo svolgimento in comune dell’attività professionale, anche qualora si tratti di professionisti iscritti a Ordini professionali diversi. Si esclude poi la società tra professionisti dalla soggezione alle procedure concorsuali.

In tema di registro delle società professionali, l’articolo 11 ne prevede la creazione presso ogni Ordine professionale.

Particolari modalità vengono stabilite per l’iscrizione della società tra professionisti e della società formata da professionisti iscritti ad albi diversi.

 Vengono anche precisamente definite le modalità di presentazione della domanda di iscrizione al Consiglio dell’Ordine e la procedura di esame della stessa da parte del Consiglio medesimo.

L’articolo 12 stabilisce alcune incompatibilità: tra l’esercizio in forma individuale dell’attività professionale e la partecipazione ad una società tra professionisti, e nell’ipotesi di esercizio in forma societaria in più di una società. Tuttavia più società tra professionisti possono riunirsi in associazione temporanea per il compimento di incarichi determinati.

Vengono inoltre considerate incompatibili con il mantenimento della qualità di  socio o associato la cancellazione o radiazione dall’albo, mentre la sospensione da quest’ultimo è causa legittima di esclusione dalla società o dall’associazione temporanea.

In materia di responsabilità disciplinare l’articolo 13 sottopone la società tra professionisti alla vigilanza disciplinare e deontologica degli Ordini professionali cui è iscritta che determinano le sanzioni applicabili alle condotte censurabili. Viene poi sancita la concorrenza della responsabilità disciplinare del professionista con quella degli amministratori della società qualora la violazione commessa dal singolo sia ricollegabile a direttive impartite dalla società medesima. Gli articoli 14 e 15, infine, dispongono in tema di limitazioni per le elezioni dei consigli locali e nazionalie di norme previdenziali e fiscali.

Alla disciplina degli specifici tipi societari consentiti in tema di professioni sono dedicati i successivi Capi III, IV e V.

 Il Capo III (artt. 16-18) detta alcune disposizioni in tema di associazione temporanea tra professionisti.

Elemento qualificante di questa associazione è la decisione di uno o più professionisti di riunirsi per eseguire in comune un’opera o un mandato professionale determinati; i rapporti interni sono precisamente definiti e disciplinati con atto scritto antecedente all’assunzione dell’incarico. L’associazione non comporta la costituzione di un fondo o patrimonio comune essendo basata sulla responsabilità personale di ciascun associato (art. 16). Obblighi e poteri di rappresentanza e di direzione e coordinamento dei lavori sono conferiti al professionista mandatario (art. 17), ferma restando la responsabilità personale e illimitata di tutti i professionisti associati nei confronti del committente per l’attività professionale svolta (art. 18).

In tema di società semplice tra professionisti dispone il Capo IV (artt. 19-27).

L’articolo 19 dispone in tema di ragione sociale stabilendone i requisitiesancisce la regola della modificabilità dell’atto costitutivo con deliberazione unanime salvo che l’atto costitutivo medesimo preveda la deliberazione a maggioranza. Ai sensi dell’ articolo 20 la pronuncia della nullità della società per vizi di costituzione è consentita negli stessi casi relativi alla nullità dei contratti. In ogni caso la pronuncia di nullità o annullamento, che non escludono la responsabilità dei soci, non pregiudicano l’efficacia degli atti compiuti in nome della società. Per quanto attiene ai requisiti soggettivi dei soci è richiesta la loro  iscrizione in albi professionali (art. 21)  mentre la cessione dei diritti di partecipazione alla società è subordinata al consenso di tutti i soci (salva diversa disposizione dell’atto costitutivo). Viene escluso che l’amministrazione della società possa essere affidata a terzi (articolo 23). Alcune regole in tema di incarico professionale vengono poi stabilite dall’articolo 24. Fermo restando il principio dell’esecuzione dell’incarico solo da parte dei soci in possesso dei necessari requisiti, spetta in linea di massima alla società la scelta del socio o dei soci cui affidare l’incarico (salvo l’onere di informativa al cliente), a meno che non sia il cliente a chiedere, con particolari modalità, l’affidamento dell’incarico ad uno o più soci da lui scelti. L’articolo 25 qualifica come crediti della società i compensi derivanti dall’attività professionale dei soci, mentre in tema di partecipazione agli utili dei socidispone l’articolo 26, che ne affida la disciplina allo statuto, fermo restando che, in mancanza di fissazione da parte di quest’ultimo della misura della partecipazione, essa si presume in parti uguali.

Infine, in tema di responsabilità l’articolo 27 stabilisce il principio secondo il quale, accanto alla responsabilità della società (che risponde con il suo patrimonio) sono personalmente e illimitatamente responsabili nei confronti del committente i soci ai quali è stato affidato l’esecuzione dell’incarico, salva la responsabilità di tutti i soci qualora non sia stato comunicato al cliente il nominativo del socio incaricato. Sono egualmente personalmente e illimitatamente responsabili tutti i soci per le obbligazioni non derivanti dall’attività professionale. Da tali principi discende poi l’efficacia, a seconda dei casi, nei confronti dei soli soci incaricati o di tutti i soci della sentenza pronunciata nei confronti della società.

Una disciplina piuttosto ampia ed articolata viene poi dettata dal Capo V (artt. 28-61) sulla società professionale a responsabilità limitata.

Il Capo è suddiviso in 5 Sezioni.

La Sezione I (artt. 28-29) detta le disposizioni generali.

In tema di responsabilità il principio fondamentale, stabilito dall’articolo 28, è quello secondo il quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio, salva la responsabilità extracontrattuale dei professionisti, anche non soci, verso il committente per gli atti compiuti nell’esecuzione dell’incarico. Viene inoltre prescritto l’obbligo per la società di assicurarsi contro la responsabilità derivante dall’esecuzione delle prestazioni professionali per un massimale non inferiore a 500.000 euro.

L’articolo 29 dispone in tema di costituzione della società stabilendo che questo avvenga con contratto o atto unilaterale redatto nella forma dell’atto pubblico, contenete una serie di indicazioni specificamente stabilite. E’ inoltre richiesta l’avvenuta intera sottoscrizione del capitale sociale, il rispetto delle previsioni relative ai conferimenti (Sezione II), il possesso delle necessarie abilitazioni nonché il rispetto dell’obbligo assicurativo. L’atto costitutivo va depositato, corredato della necessaria documentazione, presso il competente registro delle società professionali; al momento dell’iscrizione nel registro la società acquista personalità giuridica. Vengono poi stabilite particolari regole in tema di responsabilità per le operazioni compiute prima e dopo l’iscrizione della società nel registro delle società professionali. Inoltre, a seguito della citata iscrizione, è consentita la pronuncia della nullità soltanto per alcune cause tassativamente indicate relative alla mancata stipulazione nella forma dell’atto pubblico, all’illiceità dell’oggetto sociale ed alla mancanza di alcune specifiche indicazioni nell’atto costitutivo. Fermo restando l’impossibilità di dichiarare la nullità quando la causa di essa sia stata eliminata e di tale eliminazione sia stata data pubblicità, vengono stabiliti alcuni principi per salvaguardare gli interessi dei creditori e dei terzi nonostante sia intervenuta la pronuncia di nullità. La sentenza che dichiara la nullità della società nomina i liquidatori.

La Sezione II (artt. 30-48) dispone in materia di conferimenti e quote.

Alcuni principi in tema di conferimenti sono stabiliti dall’articolo 30. La regola generale è che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, i conferimenti debbano farsi in denaro, ed il loro valore non può essere complessivamente cinferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Regole particolari sono poi stabilite in relazione al versamento presso un istituto bancario dei conferimenti, e in ordine alla possibilità di effettuare il conferimento mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria.

Vengono inoltre precisamente definite le modalità di stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti (art. 31) e viene delineata una particolare procedura (art. 32) nel caso di mancata esecuzione dei conferimenti. L’articolo 33 stabilisce la suddivisione del capitale sociale in quote che rappresentano la partecipazione di ciascun socio; infatti le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all’investimento.  Vengono stabilite regole particolari sulla determinazione dei diritti sociali e delle partecipazioni dei soci e sulla spettanza di diritti di voto o diopzionenel caso di pegno o sequestro delle partecipazioni. In tema di trasferimento delle partecipazioni l’articolo 34 stabilisce il principio della libera trasmissibilità delle stesse per atto tra vivi e per successione a causa di morte tra professionisti iscritti agli albi in cui è registrata la società. Nel caso in cui l’atto costitutivo vieti o limiti in qualsiasi modo la trasferibilità delle partecipazioni viene consentito ai soci o ai loro eredi l’esercizio del diritto di recesso. Le disposizioni in esame sono completate da quelle, contenute, rispettivamente, negli articoli 35, 36 e 37 sulla efficacia e pubblicità dell’atto di trasferimento, sia nei confronti della società che nei confronti dei terzi, nonché sulla espropriazione e sul pegno e sequestro della partecipazione. Viene inoltre stabilito il principio della responsabilità solidale dell’alienante con l’acquirente per i versamenti ancora dovuti, limitata ad un certo periodo di tempo, nel caso di cessione della partecipazione (art. 38).

   L’articolo 39 rimette all’atto costitutivo la determinazione dei casi e delle modalità in cui è consentito il recesso del socio.

Tuttavia il diritto di recesso è consentito in tutti i casi in cui venga operata una trasformazione rilevante della società alla quale il socio non abbia consentito o nel caso di società a tempo indeterminato salvo un congruo preavviso. Viene poi attribuito ai soci e specificamente determinato e disciplinato il diritto dei soci ad ottenere il rimborso della propria partecipazione. Specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio possono essere previste, ai sensi dell’articolo 40, dall’atto costitutivo, mentre l’articolo 41 esclude il compimento di operazioni sulle proprie partecipazioni.

La Sezione III (artt. 42-48) contiene la disciplina dell’amministrazione della società e dei controlli.

L’articolo 42 afferma il principio secondo il quale, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata ai soci. In caso di deroga a questo principio è richiesto comunque che gli amministratori siano professionisti iscritti negli albi in cui è iscritta la società. Vengono poi stabilite le regole per l’iscrizione della nomina degli amministratori nel registro delle società iscrizione che determina anche l’inopponibilità ai terzi della cause di nullità e annullabilità della nomina. Quando l’amministrazione è affidata a più persone queste costituiscono il consiglio di amministrazione e l’atto costitutivo può prevedere che l’amministrazione sia affidata ad esse congiuntamente o disgiuntamente. E’ in ogni caso di competenza del consiglio di amministrazione la redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione e scissione.

Agli amministratori spetta la rappresentanza generale della società (art. 43).

I conflitti di interessi tra gli amministratori e la società sono disciplinati dall’articolo 44 mentre l’articolo 45  disciplina la responsabilità solidale degli amministratori verso la società per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo salva la possibilità di dimostrare di essere esenti da colpa avendo fatto constare previamente il proprio dissenso.

Viene poi disciplinato il promovimento dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori azione che, in ogni caso, può essere oggetto di rinuncia o transazione da parte della società purché vi consenta una certa maggioranza dei soci e non vi sia opposizione da parte di una specifica percentuale dei soci medesimi, salvo il diritto al risarcimento del danno del socio o terzo che siano stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori. Ai sensi dell’articolo 46 viene considerata facoltativa la previsione nell’atto costitutivo di un collegio sindacale o di un revisore salva l’obbligatorietà della nomina di un collegio sindacale in alcuni casi specificamente previsti.

La tenuta e la definizione dei libri sociali obbligatori è disciplinata dall’articolo 47 mentre le disposizioni essenziali in tema di bilancio e distribuzione degli utili ai socisono dettate dall’articolo 48. Dopo aver richiamatole disposizioni di cui agli articoli 2423 e ss. del codice civile vengono dettate norme precise in tema di termini di presentazione del bilancio ai soci e di deposito del bilancio medesimo e dei documenti correlati. La decisione dei soci che approva il bilancio decide poi sulla distribuzione degli utili ai soci. Vengono infine stabiliti alcuni principi in tema di utili distribuibili ai soci, e di ripetibilità degli utili distribuiti in violazione delle disposizioni stabilite.

La Sezione IV (artt. 49-51) detta disposizioni in tema di decisioni dei soci.

In particolare, l’articolo 49 prevede che, salvo alcune materie riservate in ogni caso alla competenza dei soci, questi ultimi decidono sulle materie stabilite dall’atto costitutivo nonché sugli argomenti ad esso sottoposti dagli amministratori o da una certa percentuale dei soci medesimi. Vi è la possibilità, che deve essere contemplata dall’atto costitutivo, che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso per iscritto tuttavia, nel caso in cui tale previsione sia assente e, in ogni caso, con riferimento a determinate materia o in presenza di specifica richiesta degli amministratori o di un numero di soci che rappresentino una certa quota del capitale sociale, le decisioni sono assunte mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’articolo 50. Regola generale è poi che le decisioni dei soci siano prese con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.

Sui modi di convocazione e di riunione dell’Assemblea, sulla presidenza della stessa e sulle condizioni di adozione della deliberazione assembleare dispone poi l’articolo 50, mentre l’articolo 51 disciplina l’impugnativa delle decisioni dei soci non conformi alla legge o all’atto costitutivo, di quelle che possono recar danno alla società, di quelle aventi oggetto illecito o impossibile, prese in assenza assoluta di informazione e di quelle che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Vengono richiamati, nei limiti della compatibilità, gli articoli 2377 e s.s. del codice civile.

Chiude infine il Capo V la Sezione V (artt. 52-61) che si occupa delle modificazioni dell’atto costitutivo, la cui deliberazione è riservata dall’articolo 52 all’assemblea dei soci. Agli amministratori (art. 53) può essere conferita dall’atto costitutivo la facoltà di aumentare il capitale sociale, formalizzata secondo modalità definite: tale decisione non può tuttavia essere attuata fino a quando i conferimenti precedentemente dovuti non siano stati integralmente attuati.

L’articolo 54 disciplina l’aumento di capitale mediante nuovi conferimenti, riservando ai soci il diritto di sottoscriverlo salva la previsione, da parte dell’atto costitutivo, che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante l’offerta a terzi di quote di nuova emissione. In tal caso ai soci che non hanno consentito alla decisione spetta il diritto di recesso. Vengono poi dettate particolari disposizioni in ordine alle modalità di sottoscrizione dell’aumento di capitale ed alle modalità dei conferimenti.

La facoltà della società di aumentare il capitale sociale imputando ad esso le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio è disciplinata dall’articolo 55.  

 Della riduzione del capitale sociale si occupano gli articoli da 56 a 59 che prevedono tale riduzione in conseguenza di una decisione dei soci in tal senso (salvo il rispetto di determinate prescrizioni), o in conseguenza di perdite escludendo, in questo ultimo caso, ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci. Ai sensi dell’articolo 60 è consentita alla società l’emissione di titoli di debito in misura non superiore ad una certa percentuale del capitale effettivamente versato. La sottoscrizione viene riservata a fondi gestiti da casse previdenziali dei professionisti e sono stabilite regole particolari per la successiva circolazione dei titoli e in merito al contenuto della decisione di emissione dei titoli ed alla sua iscrizione nel registro delle società professionali. Infine, per lo scioglimento e liquidazione della societàl’articolo 61 richiama le norme del capo VIII del titolo V del libro V del codice civile (artt. 2484-2496) in quanto compatibili con la natura professionale della società che non è soggetta alle procedure concorsuali.

Il Capo VI della proposta di legge (artt. 62-63) disciplina la struttura degli ordini.

Viene stabilito (articolo 62) che organi di governo degli Ordini professionali a livello nazionale siano il consiglio nazionale, il presidente e il comitato esecutivo, dei quali viene disciplinata l’elezione e la composizione. Vengono inoltre elencate (articolo 63) le funzioni del consiglio nazionale e degli Ordini territoriali.

Il Capo VII (artt. 64-65) disciplina le assemblee, prevedendo e disciplinando il congresso nazionale come assemblea generale di ogni professione e l’assemblea locale composta da tutti gli iscritti all’Ordine locale.

Il Capo VIII (artt. 66-68)contiene la disciplina del controllo deontologico e amministrativo. L’istruzione e la decisione delle questiono disciplinari sono affidate ad organi territoriali, diversi da quelli aventi funzioni amministrative,  previsti dagli statuti degli Ordini professionali.

La disciplina dello svolgimento del procedimento disciplinare è affidata (articolo 66) a specifici regolamenti adottati nell’esercizio dell’autonomia propria degli Ordini professionali ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della proposta di legge, salvo il rispetto di alcuni diritti specificamente elencati. In ogni caso non sono ammesse sanzioni diverse dall’ammonizione, dalla censura, dalla sospensione e dalla radiazione, contestualmente definite.

Al Ministro della giustizia, al quale sono inviate le deliberazioni concernenti l’approvazione dello statuto e dei regolamenti, è affidata (articolo 67) la vigilanza sull’attività e sulla gestione degli ordini professionali.

Sempre al Ministro della giustizia è attribuito (sia pure a seguito di parere del consiglio nazionale dell’Ordine) il potere (articolo 68) di sciogliere, con proprio decreto, i consigli territoriali degli Ordini professionali, quando compiano atti di grave e persistente violazione della legge, e di nominare contestualmente un commissario ad acta.

Il Capo IX (artt. 69-71) contiene, infine, le norme transitorie.

L’articolo 69 rimette agli iscritti agli Ordini riuniti in un’assemblea congressuale l’approvazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, dello statuto degli Ordini professionali che, dopo l’approvazione, è trasmesso al Ministro della giustizia che lo emana con proprio decreto. Inoltre, entro un anno dalla entrata in vigore degli statuti i consigli nazionali degli Ordini esistenti provvedono a indire le elezioni dei nuovi consigli nazionali, degli organi di disciplina e dei collegi dei revisori dei conti.

Viene poi disposta (articolo 70) l’applicazione delle nuove disposizioni legislative a tutti gli Ordini professionali istituiti alla data di entrata in vigore della legge e viene rimesso ad uno o più regolamenti esecutivi del Governo, da adottare entro un anno dalla entrata in vigore della legge medesima (sentiti i consigli nazionali degli Ordini professionali) la definizione delle disposizioni di attuazione.

Infine, l’articolo 71 stabilisce l’applicazione delle nuove disposizioni anche alle attività organizzate in collegio professionale.

Le proposte di legge A.C. 1216 e A.C. 1319

Contenuto analogo presentano le proposte di legge A.C. 1216 (Mantini ed altri) e A.C. 1319 (Vietti ed altri). La proposta di legge A.C. 1216 (Riforma della disciplina delle professioni intellettuali), presentata il 27 giugno 2006,è diretta ad individuare i principi fondamentali relativi ad una complessiva riforma del sistema delle professioni intellettuali, conformemente alla previsione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione che qualifica le professioni come materia di legislazione concorrente. Il progetto di legge, come evidenziato nella relazione di accompagnamento, è frutto di un intenso confronto con il mondo professionale e con tutte le forze politiche parlamentari, promuovendo il rilancio della competitività, il quadro europeo, il sistema duale, l’investimento nella formazione e nell’aggiornamento, la valorizzazione dei talenti professionali. Si evidenzia, infatti, che in un contesto di veloce trasformazione del mondo del lavoro l’organizzazione delle professioni non può più essere retta da regole risalenti alla prima metà del novecento. Le professioni intellettuali tradizionali e le nuove professioni emergenti costituiscono, infatti, circa il 20 per cento del mercato del lavoro in Italia e quasi altrettanto in termini di prodotto interno lordo. Appare quindi essenziale nella “società della conoscenza” una riforma delle professioni intellettuali per la modernizzazione e la maggiore equità e competitività dell’Italia nell’economia globale.

Il provvedimento si compone di IV Titoli edi 44 articoli.

Il Titolo I (artt.1-14), rubricato come Parte generale, detta disposizioni applicabili a tutti i tipi di attività professionale.

Esso si suddivide in V Capi.

Il Capo I fornisce una specifica definizione di professione intellettuale, comeattività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti ovvero alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale(art. 1). Le finalità perseguite dal provvedimento consistono, ai sensi degli articoli 4, 33 e 35 della Costituzione, nella tutela della concorrenza e degli interessi generali, nella valorizzazione dell’organizzazione delle professioni, nella promozione dello sviluppo, della libertà e della dignità della persona umana e dell'effettiva partecipazione dei professionisti all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, nella salvaguardia dell'affidamento, nella garanzia della correttezza e qualità della prestazione professionale (art. 3).

Il Capo II (artt. 4-6) stabilisce alcuni principi in tema di esercizio della professione, distinguendo tra liberi professionisti e professionisti dipendenti. In linea generale, si sancisce il principio del libero accesso, prevedendo, quali criteri fondanti della professione, l'autonomia ed indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica del professionista. Corollario di questo principio appare essere quello di non predeterminare numericamente i posti in occasione dell’esame di Stato e di fondare tale esame su un tirocinio effettivamente svolto (art. 4). La libera professione può essere esercitata in forma individuale, associata o societaria sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria. In ogni caso, non si applicano le disposizioni codicistiche disciplinanti l’attività di impresa. Alla legge spetta l’individuazione delle professioni il cui esercizio è compatibile con la prestazione di lavoro subordinato, assicurando l'autonomia e l'indipendenza di giudizio del professionista (art. 5). Per quanto concerne i professionisti dipendenti, si prevede che, nel caso in cui l'abilitazione costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro, sia obbligatoria l'iscrizione all'albo. I professionisti dipendenti pubblici sono tenuti al rispetto del codice deontologico e dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (art. 6).

Il Capo III (artt. 7-10) affronta il tema dell’attività professionale svolta in forma societaria. Nell’affermare la possibilità di costituzione di società per l’esercizio di attività professionali (per le quali è prescritta una peculiare denominazione), il progetto di legge prevede che, nel caso di attività professionali non soggette a riserva esclusiva, sono ammessi i tipi sociali previsti dal codice civile. E’ consentita, altresì, la costituzione di società tra professionisti per l’esercizio di più attività professionali, nei casi individuati da un apposito  regolamento del Governo. La costituzione della società tra professionisti deve conformarsi ad alcuni principi fondamentali: la partecipazione alla società è ammessa solo per i soci professionisti iscritti all’albo ed agli stessi sono riservate le cariche sociali; è consentito conferire al capitale sociale anche il nome del professionista, la denominazione dello studio professionale o l’avviamento presso la clientela; le società aventi ad oggetto l’esercizio di professioni di interesse generale sono iscritte in una sezione speciale dell’albo; l’incarico professionale conferito alla società può essere svolto solo dai soci in possesso dei relativi requisiti; alle società medesime non sono applicabili le norme sulle procedure concorsuali.

Le società aventi ad oggetto l’esercizio di più professioni di interesse generale (c.d. società interprofessionali) sono iscritte nella sezione speciale dei rispettivi albi e regolamentate dagli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci. E’ comunque consentito a tali ordinamenti prevedere, per motivate ragioni, regimi di incompatibilità circa la partecipazione dei professionisti iscritti ad albi diversi. Per tali società, la prestazione può essere eseguita solo dai soci in possesso dei necessari requisiti. Viene inoltre ribadito il principio secondo cui le prestazioni riservate dalla legge ad una o più categorie possono costituire oggetto unicamente delle società che annoverano, tra i propri soci, appartenenti alla medesima categoria (art. 8).

La proposta di legge fa salvele disposizioni legislative vigenti che disciplinano società di diritto speciale, caratterizzate dalla presenza negli organi sociali di professionisti iscritti agli albi o che si avvalgono di professionisti per l’espletamento delle relative attività. Vengono poi estese anche alle società fra professionisti disciplinate dalla proposta di legge, le riserve attualmente già stabilite dalla legislazione speciale (art. 9).

Il capo IIIsi chiudecon la disciplina dell’esercizio della professione in forma associata. Tale esercizio, che va notificato agli Ordini professionali ed alle associazioni di categoria, è consentito ai soggetti che, in possesso dei necessari requisiti (o per particolare disposizione di legge), si associano per l’esercizio delle professioni. Anche in questo caso, è prescritta l’adozione di una precisa denominazione. E’ infine disposta l’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815 (art. 10).

Il Capo IV (artt. 11-13) detta le norme previdenziali e fiscali, nonché la disciplina dell’assicurazione per la responsabilità professionale. In particolare, è previsto che gli enti che gestiscono forme di previdenza obbligatorie per i liberi professionisti esercitano le attività previdenziali e assistenziali in posizione di indipendenza e autonomia, senza finanziamenti diretti o indiretti da parte dello Stato. Le loro risorse patrimoniali sono quindi private e devono garantire l’erogazione delle prestazioni a favore dei beneficiari. Sono assoggettati a contribuzione obbligatoriaa favore dell’ente previdenziale, oltre a quelli indicati dall’ordinamento di categoria, anche i redditi derivanti dalle cariche di amministratore, revisore e sindaco in società ed enti. Analogamente, sono assoggettati a contribuzione obbligatoria i redditi prodotti nell’esercizio dell’attività professionale in forma associativa o societaria: tale contributo va versato pro quota agli enti previdenziali. Il Governo, inoltre, è chiamato ad adottare decreti legislativi volti a definire condizioni e limiti per l’istituzione di enti previdenziali e assistenziali con riguardo alle professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico. Gli enti in questione, nel rispetto dell’autonomia privata, sono tenuti ad assicurare ogni moderna esigenza di previdenza ed assistenza (art. 11).

Per quanto attiene agli aspetti fiscali, si estende ai redditi di lavoro autonomo prodotti dai professionisti la disciplina fiscaledi cui al Testo unico delle imposte sui redditi e si delega il Governo a riformare il trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitali prodotti dagli enti previdenziali privati, escludendo ogni forma di doppia imposizione ed eliminando il prelievo sulle pensioni erogate dagli enti (art. 12).

Si introduce, inoltre, l’assicurazione per la responsabilità professionale. Il professionista, pena l’applicazione di sanzioni disciplinari, deve rendere noto al cliente gli estremi della polizza assicurativa ed il relativo massimale. Le condizioni generali di assicurazione possono essere negoziate da Ordini, associazioni ed enti previdenziali privati che, in caso di mancato accordo con le compagnie, possono rivolgersi all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (art. 13).

Il Capo V, collocato in chiusura del Titolo I, disciplina il riconoscimento pubblico e l’organizzazione delle professioni intellettuali (ordinistiche e associative), enucleando i principi e criteri direttivi sulla base dei quali il Governo è chiamato ad esercitare la delega legislativa. In particolare, si prevede il diritto al riconoscimento pubblico delle professioni non disciplinate nella forma dell’Ordine professionale e si stabilisce una diversa disciplina per le attività soggette a competenza esclusiva e per quelle non riservate (le prime sono svolte in esclusiva da soggetti in possesso di determinati requisiti, le seconde sono esercitate in regime di concorrenza, nel rispetto del principio di lealtà e sulla base di una denominazione connotativa degli effettivi profili professionali e non ingannevole per il pubblico). Per le professioni che incidono su interessi generali meritevoli di specifica tutela, si statuisce l’istituzione di Ordini professionali, mentre per le professioni che non incidono su tali interessi si prevede l’organizzazione in associazioni. Si sancisce, poi, il divieto di istituire di nuovi Ordini ove sussista omogeneità tra le professioni nuove e quelle già regolamentate. Per quanto concerne le professioni ordinistiche, si prevede l’attribuzione al Ministero della giustizia del potere di riconoscimento (esercitato sulla base di una specifica istruttoria) e dei compiti di vigilanza; al Ministero dello sviluppo economico è assegnata, invece, la vigilanza sulle associazioni professionali.

 

Il Titolo II (artt. 15-33) del progetto di legge contiene disposizioni in merito alle professioni di interesse pubblico. In particolare, si stabilisce che le condizioni e i presupposti per l’esercizio delle professioni di interesse pubblico, per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e l’iscrizione in un albo, siano disciplinate con decreti legislativi. I decreti sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: incidenza della attività professionale sugli interessi generali meritevoli di specifica tutela; esigenza di tutela dell’affidamento; rilievo sociale dei costi derivanti dall’esercizio non corretto delle attività professionali; esercizio di funzioni di pubblico interesse; garanzia della concorrenza. Spetta agli ordinamenti di categoria definire le competenze professionali degli appartenenti all’Ordine e le prestazioni riservate, il titolo professionale, i requisiti formativi, le modalità del tirocinio, le incompatibilità e gli ulteriori requisiti nell’interesse generale. La delega legislativa è esercitata garantendo la tassatività e specialità delle attività riservate e l’unificazione degli Ordini relativi a professioni omogenee.

In merito al tirocinio (art. 16), il Governo è delegato a stabilirne le condizioni e i requisiti sulla base di alcuni principi. In primo luogo, il tirocinio è finalizzato all’apprendimento dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione e la sua durata non può superare i due anni. Esso può essere svolto anche presso pubbliche amministrazioni, società e aziende operanti nel settore, ma, in ogni caso, sotto la responsabilità di un professionista iscritto all’albo da un congruo periodo di tempo. Si prevede anche la possibilità che il tirocinio sia svolto parzialmente all’estero mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato. Come sottolineato nella relazione illustrativa, la prestazione del tirocinante deve essere retribuita con un compenso determinato in relazione al contributo fornito e al regime tariffario delle prestazioni rese, assicurando comunque un compenso minimo.

Con riferimento all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione, il Governo è chiamato a disciplinare la materia in modo da garantire, tra l’altro, che l’esame sia basato su una verifica periodica dell’effettività del tirocinio, tramite un sistema di crediti, assicurando l’uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle attitudini necessarie (art. 16). In merito agli albi professionali, si prevede che il professionista sia iscritto all’albo del luogo di domicilio e che le modalità di formazione e tenuta degli albi stessi siano definite dagli ordinamenti di categoria (art. 17).

Con riferimento agli Ordini professionali, il progetto di legge stabilisce che le professioni per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione all’albo sono organizzate in Ordini professionali, ai quali spettano compiti di rappresentanza istituzionale. L’Ordine, definito ente pubblico nazionale non economico, dotato di autonomia organizzativa, patrimoniale e finanziaria, è soggetto alla vigilanza del Ministero della giustizia. Esso si articola in un Consiglio nazionale ed in Ordini territoriali, il cui ambito di competenza è definito dall’ordinamento interno (art. 18). L’organizzazione degli Ordini territoriali devecontemplare i seguenti organi: il consiglio, eletto dall’assemblea ogni quattro anni; l’assemblea, di cui fanno parte tutti i professionisti iscritti all’albo; il collegio dei revisori dei conti, che è eletto dall’assemblea ogni tre anni ed esercita il controllo sulla tenuta dei conti e la gestione del bilancio. All’Ordine territorialespetta, per mezzo del Consiglio, di curare la tenuta e l’aggiornamento dell’albo, di promuovere la formazione e l’aggiornamento permanenti degli iscritti, di determinare e riscuotere il contributo obbligatorio annuale a carico degli iscritti, di vigilare sul corretto esercizio della professione ed esercitare i poteri disciplinari, di formulare pareri in materia di liquidazione dei compensi, di esercitare funzioni di conciliazione tra i professionisti e i clienti i quali, nel caso di controversie, possono farsi assistere anche da associazioni dei consumatori e degli utenti (art. 20).

Il Consiglio nazionale dell’Ordine è composto, invece, da un numero variabile di componenti, in rapporto al numero degli Ordini territoriali, ed è eletto dai consigli degli Ordini territoriali ogni cinque anni. Il Consiglio nazionale svolge i compiti attribuiti dalle leggi in attuazione di obblighi comunitari, coordina gli Ordini territoriali, giudica dei ricorsi avverso i provvedimenti adottati da quest’ultimi, designa i rappresentanti della categoria presso commissioni e organi, formula pareri, determina e riscuote il contributo obbligatorio annuale a carico degli Ordini territoriali, determina gli standard qualitativi delle prestazioni professionali, adotta regolamenti, accredita i percorsi formativi, cura l’informativa al pubblico sulle modalità di esercizio della professione e svolge ogni altro compito assegnato dall’ordinamento di categoria (art. 21). Gli ordinamenti di categoria definiscono, altresì, i criteri in base ai quali i singoli Ordini territoriali determinano le indennità per i membri degli organi e le modalità di elezione dei Consigli nazionali e dei consigli degli Ordini territoriali. Tali norme garantiscono la partecipazione degli iscritti, la trasparenza delle operazioni elettorali, l’individuazione di limitazioni all’elettorato attivo e passivo in presenza di gravi e definitivi provvedimenti disciplinari (art. 22).

Gli articoli da 23 a 27 dettano disposizioni in tema di deontologia professionale e di sanzioni disciplinari. In particolare, ai sensi dell’art. 23, il Consiglio nazionale adotta ed aggiorna periodicamente il codice deontologico per l’esercizio della professione (che disciplina anche la pubblicità informativa, di cui all’art. 24), in modo da assicurare il decoro, il prestigio e il corretto esercizio della professione nonché i diritti degli utenti. In tema di responsabilità disciplinare, si afferma che il professionista è tenuto a rispettare le leggi ed il codice deontologico, ad osservare i principi di dignità e decoro professionale ed a curare l'aggiornamento professionale. La violazione dei doveri di aggiornamento o la sospensione dell’attività, oltre i limiti fissati dall’ordinamento di categoria, è causa di radiazione dall’albo (art. 25). La regolamentazione delle sanzioni disciplinari (avvertimento, censura, sospensione e radiazione) è rimessa all’ordinamento di categoria, in conformità al principio di proporzionalità della sanzione alla gravità della violazione. E’ altresì rimessa all'ordinamento di categoria la determinazione delle condizioni e delle procedure in base alla quali l'iscritto, in via eccezionale, può essere cautelativamente sospeso dall'esercizio della professione. Nei casi di radiazione è peraltro contemplata la possibilità, a determinate condizioni, di una reiscrizione all'albo. Con riferimento all’esercizio della professione in forma societaria, la responsabilità disciplinare è regolata diversamente a seconda che la società sia costituita da professionisti iscritti al medesimo albo o da professionisti appartenenti a categorie diverse (art. 26). Il procedimento disciplinare (art. 27) può avere inizio d'ufficio, su segnalazione del cliente o di chiunque vi abbia interesse, secondo le norme stabilite dagli ordinamenti di categoria, nel rispetto dei principi del codice di procedura civile, ove compatibili. Le funzioni disciplinari sono comunque affidate ad un organo specifico e diverso dal consiglio dell’Ordine territoriale, la cui presidenza è affidata ad un magistrato. Il procedimento è svolto garantendo il rispetto dei principi del giusto processo, quali la contestazione degli addebiti, il diritto di difesa, la motivazione delle decisioni, la pubblicità del provvedimento, la distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni giudicanti.

Va osservato che l’art. 27, comma 3, nell’enucleare i principi che devono essere assicurati nello svolgimento del procedimento disciplinare, fa riferimento, alla lettera e), ad una “facoltà dell’esponente” senza precisarne il contenuto. Analogamente, sembrerebbe necessario chiarire se la norma si riferisca all'esponente dell'Ordine o dell'associazione.

L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data della presunta violazione, mentre il procedimento deve concludersi entro 24 mesi. Non si applicano al procedimento disciplinare le disposizioni della legge n. 241/1990, in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. I provvedimenti disciplinari approvati a livello territoriale sono ricorribili dinanzi al Consiglio nazionale, a meno che l’ordinamento non preveda l'impugnazione innanzi a una diversa autorità. Si fanno salve le disposizioni vigenti che regolano i procedimenti disciplinari delle professioni istituite prima dell’entrata in vigore della Costituzione.

In tema di scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale, la proposta di legge prevede che le scuole di alta formazione possono essere istituite direttamente dagli ordinamenti di categoria ovvero dagli Ordini territoriali. Il riconoscimento dei titoli rilasciati dalle scuole è demandato ad un apposito decreto ministeriale. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono i criteri per la formazione e l’aggiornamento periodico degli iscritti e, nel rispetto di tali criteri, gli Ordini, le associazioni e i sindacati dei professionisti, le casse di previdenza, ma anche i privati, possono promuovere seminari e corsi di formazione (in quest’ultimo caso previa approvazione dell’Ordine cui sono rivolti). Le università e gli istituti del secondo ciclo di istruzione possono istituire corsi di preparazione all’esame di Stato e di aggiornamento professionale (art. 28).

Il progetto di legge contempla, altresì, la facoltà dei professionisti iscritti agli albi di costituire associazioni e di pubblicizzare, nelle forme previste dal codice deontologico, la partecipazione a scuole e corsi nonché l’appartenenza alle associazioni. Le associazioni fra iscritti agli albi sono costituite tra coloro che esercitano la medesima professione, garantendo adeguata diffusione territoriale, e sono finalizzate alla promozione del profilo professionale ed alla formazione e all'aggiornamento degli iscritti. Nello statuto va comunque escluso lo svolgimento di attività commerciale e garantita una disciplina su base democratica. L'associazione deve dotarsi di strutture organizzative e tecniche idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale ed è tenuta a comunicare al Ministero della giustizia il possesso di tali requisiti, pena l’inibizione della facoltà dell'associato di pubblicizzare la propria appartenenza all'associazione (art. 29).

Diverse disposizioni sono volte a disciplinare il regime tariffario. Le tariffe sono stabilite, nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti, solo per le attività riservate nell’interesse generale, mediante decreto del Ministro competente, previa apposita istruttoria. Le tariffe prevedono livelli massimi e minimi, negoziabili dal cliente in relazione alle modalità, al tempo e ai risultati delle prestazioni. Non sono previsti livelli minimi per le prestazioni professionali rese in favore delle attività di volontariato. In caso di controversia, il consiglio dell’Ordine territoriale garantisce al soggetto che contesta la parcella il diritto al contraddittorio e all’assistenza di un rappresentante delle organizzazioni sindacali o di tutela dei consumatori (art. 30).

In materia di politiche economiche per i professionisti, il progetto di legge nel promuovere agevolazioni e incentivi per la formazione e l’aggiornamento professionale, lo sviluppo dell’occupazione e l’accesso al credito, stabilisce, in particolare, che siano privilegiate le società tra professionisti e interprofessionali costituite da giovani e quelle che realizzano sedi operative all’estero. Ai professionisti è riconosciuto un credito di imposta per attività di ricerca di elevato contenuto scientifico, tecnico e disciplinare (art. 31).

Si stabilisce, altresì, che i Consigli degli Ordini in carica siano prorogati fino a sei mesi dopo l’entrata in vigore dei decreti legislativi adottati dal Governo (art. 32), al quale si demanda, altresì, il compito di adeguare l'ordinamento di categoria delle professioni ordinistiche mediante decreti legislativi. Tali decreti definiscono anche le modalità per la modifica ed integrazione, con cadenza decennale, degli ordinamenti medesimi (art. 33).

 

Il Titolo III (artt. 34-40) della proposta di legge detta la disciplina relativa al riconoscimento delle associazioni professionali. Come sottolineato nella relazione illustrativa, il riconoscimento delle nuove professioni e delle loro associazioni è urgente sia per ragioni economico-sociali sia per gli adempimenti  richiesti dalla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. I principi generali di tale disciplina sono definiti dall’art. 34 che prevede la libertà di costituire - nel rispetto della libera concorrenza - associazioni professionali, di natura privatistica, fondate su base volontaria e prive di vincoli di esclusiva. Gli statuti e le clausole associative devono assicurare la trasparenza, la dialettica democratica e l’osservanza di principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata al raggiungimento delle finalità delle associazioni. Le associazioni adottano il codice deontologico, esercitano la vigilanza sugli associati e definiscono eventuali sanzioni. Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il Registro delle associazioni professionali (art. 35), cui aderiscono le associazioni in possesso dei requisiti fissati in un apposito regolamento di attuazione (art. 38). Si introduce, inoltre, l’attestato di competenza (art. 36), mediante il quale le predette associazioni certificano il possesso dei requisiti professionali nonché l’esercizio abituale e corretto della professione e il costante aggiornamento del professionista. Le associazioni definiscono anche i requisiti per il rilascio di tale attestato, provvedendo all’individuazione di livelli di qualificazione professionale, alla definizione dell’oggetto dell’attività professionale e dei relativi profili, alla determinazione di standards qualitativi. L’attestato di competenza non è requisito vincolante per l’esercizio della professione ed è rilasciato a tutti gli iscritti che ne facciano richiesta e siano in possesso dei predetti requisiti (compresa la polizza assicurativa per la responsabilità professionale). Il mancato rinnovo dell’adesione all’associazione professionale comporta la perdita di validità dell’attestato. I professionisti iscritti alle associazioni hanno l’obbligo di fornire agli utenti che ne facciano richiesta il numero di iscrizione all’associazione professionale e gli estremi di iscrizione di quest’ultima al Registro delle associazioni.

L’art. 38, recante norme di attuazione, affida al Ministro dello sviluppo economico la disciplina della materia e la fissazione dei requisiti per l’iscrizione delle associazioni al Registro ed il rilascio degli attestati di competenza. A tal fine, il Ministro adotta un apposito regolamento che dovrà garantire i seguenti principi: il rispetto della trasparenza, la dialettica democratica e l’esclusione di ogni fine di lucro; una struttura organizzativa e tecnico-scientifica consolidata, procedure operative adeguate alle finalità delle associazioni e un codice deontologico; un limite temporale alla validità dell’attestato di competenza e modalità di rinnovo basate su parametri oggettivi. Al Ministero dello sviluppo economico è affidata la valutazione dei codici deontologici e dei requisiti fissati dalle associazioni professionali, nonché, ai sensi dell’art. 39, la vigilanza sulle associazioni stesse (incluso il potere di cancellazione dal Registro in presenza di irregolarità nell’operato, perdita dei requisiti, prolungata inattività).

L’art. 40, infine, demanda al Ministero dello sviluppo economico la definizione, con riferimento ai requisiti organizzativi richiesti, di un regime agevolato per le associazioni che all’entrata in vigore della legge risultino iscritte nella banca dati del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro.

Si segnala che l'art. 40, comma 1, nel riferirsi alle associazioni iscritte nella banca dati del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro cita un riferimento normativo (art. 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936) che sembrerebbe riguardare altra banca dati e, segnatamente, quella sul mercato del lavoro, sui costi e sulle condizioni di lavoro, alla cui formazione e aggiornamento concorrono gli enti pubblici che compiono rilevazioni sulle suddette materie.

Le suddette associazioni sono comunque tenute ad adeguarsi ai requisiti previsti entro tre anni dall’entrata in vigore della legge, pena la cancellazione dal Registro. A tal fine, le associazioni dovranno presentare domanda di registrazione almeno 6 mesi prima della scadenza del predetto termine.

 

Il Titolo IV (artt. 41-44) disciplina le modalità di esercizio della funzione legislativa delegata e della potestà regolamentare da parte del Governo. In particolare, l’art. 41 indica le modalità e le materie nelle quali il Governo dovrà emanare appositi decreti legislativi entro un anno dall’entrata in vigore della legge, previa costituzione di una apposita commissione di studio (art. 43). Entro un anno dall’entrata in vigore di tali decreti, il Governo adotterà decreti legislativi integrativi e correttivi.

L’art. 42 demanda al Governo anche l’emanazione dei regolamenti attuativi della legge di riforma delle professioni e dei conseguenti decreti legislativi, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato. Una particolare forma di pubblicità è prevista per la normativa in tema di professioni: in tutti i casi in cui venga emanato un regolamento attuativo, esso dovrà essere pubblicato in un apposito supplemento della gazzetta ufficiale, nella quale saranno ripubblicati anche i decreti legislativi e le altre disposizioni vigenti in materia. Infine, il Governo dovrà procedere all’abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili con i citati regolamenti.

Al riguardo, si segnala il probabile refuso di cui al comma 3 dell’articolo 42, il quale, nel dettare norme sulla pubblicità, fa riferimento “ai regolamenti di cui al presente articolo 8”: i regolamenti in questione sono presumibilmente quelli di attuazione previsti dallo stesso articolo 42 (e non dall’articolo 8, che concerne la disciplina della società interprofessionale).

In base al principio di concertazione, è prevista, infine, la consultazione del Comitato unitario delle professioni, del Coordinamento delle libere associazioni professionali e delle principali associazioni rappresentative delle professioni, in merito alle scelte socioeconomiche di carattere generale e nella fase di predisposizione del disegno di legge finanziaria annuale (art. 44).

 

Contenuto in molti aspetti coincidente con quello del progetto di legge sopra esaminato presenta la proposta di legge A.C. 1319 (Riforma della disciplina delle professioni intellettuali), presentata il 7 luglio 2006. Qui di seguito, pertanto, si procederà ad un’esposizione sommaria degli elementi di differenza della stessa dalla proposta di legge A.C. 1216.

Il provvedimento si suddivide in IV Titoli e 39 articoli.

Il Titolo I,rubricato comeParte generale, analogamente alla proposta di legge A.C. 1216, detta disposizioni applicabili a tutti i tipi di attività professionale, e si suddivide in V Capi.

Il Capo I (artt. 1-3) definisce l’oggetto della nuova disciplina (art. 1), la sua finalità (art. 3), e specifica il significato di una serie di definizioni usate nel provvedimento (art. 2). Rispetto alla definizione di professione intellettuale di cui all’articolo 1 dell’A.C. 1216, viene espressamente richiesto dal provvedimento in esame un titolo di studio universitario o equipollente.

Nell’ambito del Capo II (artt. 4-6) che – analogamente al Capo II della proposta di legge precedentemente esaminata – stabilisce alcuni principi in tema di esercizio della professione, gli elementi differenziali rispetto all’A.C. 1216 sono rappresentati dalla soggezione a predeterminazione numerica dell’esame di Stato per l’esercizio di professioni che implicano lo svolgimento di pubbliche funzioni (art. 4), e dalla specificazione che l’esercizio della professione in forma individuale avvenga sotto la responsabilità e la direzione pesonale del professionista (art. 5).

Il Capo III (artt. 7-10) affronta il tema dell’attività professionale svolta in forma societaria. Contenuto diverso rispetto al corrispondente articolo della proposta di legge A.C. 1216 presenta l’articolo 7 della proposta di legge in esame, disciplinante il tipo della società tra professionisti. Oltre alla mancanza della previsione della generale facoltà di costituire società per l’esercizio di attività professionali, vengono richiamate, per la disciplina della società tra professionisti (STP) le disposizioni del Titolo II (Esercizio della professione di avvocato in forma societaria) del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 (Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale), oltre che dei commi 2 e 3 dell’articolo in esame, invece delle disposizioni del codice civile, richiamate dall’articolo 7 della pdl A.C. 1216.

Viene inoltre consentita la costituzione di società tra professionisti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente regolata purché vengano rispettate alcune condizioni: a tali società sono applicabili, nei limti della compatibilità, le citate disposizioni del titolo II del decreto legislativo n. 96 del 2001.

Contenuto analogo a quello degli omologhi articoli della proposta di legge A.C. 1216, presentano poi gli articoli 8 e 9 della proposta di legge in esame,concernenti, rispettivamente, i tipi della società interprofessionale e della società di diritto speciale: in relazione a quest’ultima la proposta di legge A.C. 1319 contiene soltanto una previsione aggiuntiva che consente al Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 37, di riformare le disposizioni in vigore al fine di assicurare, nel rispetto del modello organizzativo, il necessario coordinamento con le norme della legge.

In tema di associazioni professionali l’articolo 10 stabilisce che l’esercizio delle professioni in forma associata sia disciplinato dall’articolo 1della legge 23 novembre 1939 n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e consulenza) legge che, tranne alcuni articoli espressamente elencati (3, 6, 7 e 8), viene mantenuta in vigore, diversamente da quanto disposto dall’articolo 10 della pdl A.C. 1216 che, dettando una specifica disciplina dell’esercizio in forma associata delle professioni, dispone contestualmente l’abrogazione della citata legge 1815/1939.

Contenuto sostanzialmente identico a quello dell’omologo Capo della proposta di legge A.C. 1216, presenta il Capo IV del provvedimento in esame (artt. 11-13) che detta le norme previdenziali e fiscali nonché la disciplina dell’assicurazione per la responsabilità professionale.

Il Capo V, composto dal solo articolo 14, disciplina il riconoscimento pubblico e l’organizzazione delle professioni intellettuali, enucleando i principi e i criteri direttivi sulla base dei quali ilGoverno è chiamato ad esercitare la delega legislativa.

Il contenuto dell’articolo citato è in gran parte analogo a quello dell’articolo 5 della proposta di legge A.C. 1216. Permangono, tuttavia, alcune differenze tra le quali vanno menzionate l’esclusione della possibilità (lettera b della pdl A.C. 1319) che possa essere considerata professione un’attività che riguarda prestazioni aventi la connotazione tipica delle professioni di interesse generale, l’attribuzione al Ministero della giustizia della vigilanza sugli Ordini e sulle associazioni professionali (a differenza dell’A.C. 1216 che opera una differenziazione attribuendo al Ministero della giustizia la vigilanza sugli Ordini ed al Ministero dello sviluppo economico quella sulle associazioni professionali), la previsione e disciplina di un potere di riconoscimento del Ministro della giustizia di concerto con i Ministri competenti, esercitabile, in caso di esito negativo dell’istruttoria, su richiesta dei soggetti interessati, in relazione a quelle attività che, senza essere disciplinate dagli ordinamenti di categoria hanno una connotazione tipica delle professioni di interesse generale qualora dall’istruttoria risultino certe caratteristiche delle attività medesime.  

Il Titolo II (artt. 15-32) del progetto di legge contiene disposizioni in merito alle professioni di interesse generale. In particolare, si stabilisce che le condizioni e i presupposti per l’esercizio delle professioni di interesse generale, per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e l’iscrizione in un albo, siano disciplinate con decreti legislativi. In riferimento a tali condizioni e presuppostil’articolo 15 presenta alcune difformità rispetto al’omologo articolo della proposta di legge A.C. 1216; sostanzialmente non vengono inclusi tra i principi e i criteri direttivi l’esercizio di funzioni di pubblico interesse e la garanzia della concorrenza e non viene riprodotta la previsione diretta a stabilire la garanzia della tassatività e specialità delle attività riservate e l’unificazione degli Ordini relativi a professioni omogenee. Contenuto sostanzialmente identico a quello della proposta di legge A.C. 1216 presenta l’articolo 17 relativo all’albo professionale.

In tema di Ordine professionale l’articolo 18 della proposta di legge A.C. 1319, contiene l’espressa previsione della non applicabilità all’Ordine medesimo, della legge 21 marzo 1958, n. 259 (Partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria), della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti) e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165  (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

Per quanto attiene agli organi in cui si articola l’ordine territoriale l’articolo 19 del provvedimento in esame prevede che il mandato dei consiglieri possa essere rinnovato per non più di tre volte consecutive (invece che non più di due volte, come previsto dalla pdl A.C. 1216) e che il mandato dei revisori possa essere rinnovato per non più di due volte consecutive (mentre l’omologo articolo della pdl A.C. 1216 prevede per tale categoria un massimo di tre volte consecutive).

In tema di compiti dell’Ordine territoriale, esercitati tramite il consiglio, la formulazione dell’articolo 20 riproduce pressoché integralmente quella del corrispondente articolo dell’A.C. 1216: non viene tuttavia contemplata, tra i compiti citati, la promozione della formazione e dell’aggiornamento permanente degli iscritti all’albo, attraverso sitemi di valutazione stabiliti dagli ordinamenti di categoria.

Gli articoli 21, 22, 23 e 24, concernentirispettivamente l’organizzazione e i compiti del Consiglio nazionale, le disposizioni comuni alle professioni regolamentate, il codice deontologico e la pubblicità informativa, riprendono sostanzialmente il contenuto dei corrispondenti articolidella proposta di legge A.C. 1216, cui si rinvia per una dettagliata illustrazione.

L’articolo 25 è diretto a regolamentare la responsabilità disciplinare del professionista con previsioni analoghe a quelle dettate dall’articolo 25 del progetto di legge A.C. 1216. Quest’ultimo prevede, tuttavia, la sanzione (non contemplata nella proposta di legge A.C. 1319) della radiazione dall’albo per il professionista che non ottempera ai doveri di aggiornamento professionale o che interrompe l’esercizio della professione per un periodo prolungato.

Analogamente, l’articolo 26, in materia di sanzioni disciplinari, ricalca le disposizioni di cui all’articolo 26 del progetto di legge A.C. 1216: a differenza di quanto ivi previsto, il progetto di legge A.C. 1319 non demanda all’ordinamento di categoria la puntuale definizione delle sanzioni disciplinari.

L’articolo 27 riproduce sostanzialmente le disposizioni sul procedimento disciplinare di cui all’articolo 27 dell’A.C. 1216. Per quanto concerne i punti di divergenza tra i due progetti di legge, si sottolinea che il provvedimento in commento non riporta la previsione (contenuta, invece, al comma 2 del corrispondente articolo dell’A.C. 1216), secondo la quale l’ordinamento di categoria affida l’esercizio delle funzioni disciplinari ad un organo distinto dal Consiglio dell’Ordine. Il progetto di legge A.C. 1319 precisa, inoltre, che l’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data di commissione dell’illecito (nell’A.C. 1216 il termine decorre dalla data della presunta violazione).

Al comma 2, lettera e), dell’articolo in esame, come già rilevato per la corrispondente disposizione dell’A.C. 1216, sembrerebbe necessaria una precisazione in merito al contenuto della facoltà riconosciuta “all’esponente”.

Anche l’articolo 28 relativo alle scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale presenta un contenuto sostanzialmente analogo a quello dell’articolo 28 del progetto di legge A.C. 1216. Al riguardo, si riscontra solo una diversa sfumatura in ordine alla possibilità per i soggetti privati di promuovere e organizzare seminari e corsi di formazione per l’aggiornamento professionale periodico degli iscritti (l’articolo 28 del progetto di legge A.C. 1216 subordina, infatti, tali iniziative alla preventiva approvazione dell’Ordine cui sono rivolte).

L’articolo 29, nel riproporre la disciplina concernente le Associazioni degli iscritti agli albi contenuta nell’articolo 29 della proposta di legge A.C. 1216, stabilisce altresì, all’articolo 2 (lettera c), che lo statuto dell’associazione deve escludere espressamente il rilascio di attestati di competenza professionale.

L’articolo 30 contiene una regolamentazione del regime tariffario parzialmente difforme da quella contenuta all’articolo 30 dell’A.C. 1216. In particolare, si stabilisce che, nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti di cui all’articolo 2233 del codice civile, le tariffe, previa istruttoria con i soggetti interessati, sono stabilite, nell’interesse generale, con decreto del Ministro competente, su proposta dei rispettivi Consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato (il progetto A.C. 1216 prevede che le tariffe siano determinate con decreto del Ministro solo per le attività riservate nell’interesse generale e previa acquisizione dei pareri delle associazioni sindacali e dei consumatori). Tali tariffe prevedono livelli massimi e minimi, inderogabili (per l’A.C. 1216 tali livelli sono negoziabili dal cliente), per le prestazioni che incidono su interessi generali. Sono nulli i patti difformi qualora prevedano una riduzione superiore al 20 per cento (per l’A.C. 1216 se superiori ad un terzo) del compenso minimo stabilito sulla base dei livelli tariffari. Il progetto di legge in esame non ripropone, invece, le previsioni di cui ai commi 3 (relativo alla controversie sull’applicazione delle tariffe) e 4 (in materia di revisione delle tariffe) dell’articolo 30 del progetto di legge A.C. 1216; esso, peraltro, aggiunge, al comma 3, che sono fatte salve le disposizioni che stabiliscono tariffe, aliquote, tabelle di compensi e corrispettivi per attività professionali, settori ovvero materie determinati.

L’articolo 31 contiene specifiche norme transitorie. In sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in vigore della legge risultano iscritti agli albi non è richiesto il possesso del titolo di studio universitario, o equipollente, ai fini del mantenimento dell’iscrizione stessa. Analogamente a quanto previsto all’articolo 32 del progetto di legge A.C. 1216, i Consigli in carica alla data di entrata in vigore della legge sono prorogati fino a sei mesi dopo la data di entrata in vigore dei decreti legislativi con i quali il rispettivo ordinamento di categoria è adeguato alla legge di riforma.

L’articolo 32 riprende, con diverse modifiche, il contenuto dell’articolo 33 della proposta di legge A.C. 1216, relativamente agli ordinamenti di categoria. Nell’esercizio della delega prevista all’articolo 37 e con i regolamenti di cui all’articolo 38, il Governo adegua, alle disposizioni della legge di riforma, l’ordinamento di categoria delle professioni indicate nell’allegato A annesso al progetto di legge, anche al fine di procedere alla unificazione tra Ordini professionali relativi ad uno stesso settore economico o sociale nonché al riordino degli albi, inserendovi, qualora venga accertata l’omogeneità dei percorsi formativi, le professioni di cui all’allegato B. Con la stessa procedura si provvede, altresì, alle modificazioni e integrazioni degli ordinamenti di categoria, con cadenza almeno decennale, anche al fine di verificarne la rispondenza all’interesse generale di cui all’articolo 15.

 

Il Titolo III (articoli dal 33 al 36) delinea la disciplina delle associazioni delle professioni riconosciute. Secondo la relazione illustrativa, “per professione riconosciuta si intende la professione non rientrante in quelle di interesse generale per il cui esercizio si è costituita una associazione tra coloro che la esercitano”.

In primo luogo, presso il Ministero della giustizia è tenuto il registro delle associazioni delle professioni riconosciute (articolo 33), previsto anche dall’articolo 35 della proposta di legge A.C. 1216 (anche se quest’ultima ne prevede l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico). Tale registro, istituito con decreto del Ministro della giustizia, contiene i dati identificativi dell’associazione, lo statuto, il codice etico e le generalità dei componenti degli organi amministrativi. Con appositi regolamenti il Governo stabilisce le modalità di tenuta del registro, anche ai fini dell’organizzazione del Ministero della giustizia (articolo 34).

L’articolo 35 detta i principi fondamentali in tema di requisiti associativi. In particolare, il Governo, nell’esercizio della delega legislativa prevista all’articolo 37 del progetto di legge, stabilisce i requisiti che le associazioni devono possedere per l’iscrizione nel registro. Tali requisiti vanno determinati nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi: l’associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione riconosciuta e deve avere adeguate diffusione, rappresentanza territoriali e numero di iscritti; lo statuto deve espressamente prevedere come scopo la promozione del profilo professionale degli iscritti e il loro aggiornamento, stabilendo le necessarie verifiche, anche in ordine al rispetto del codice etico; lo statuto deve anche indicare se l’associazione rilascia agli iscritti attestati in ordine alla formazione e qualificazione, professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso degli altri requisiti stabiliti per l’iscrizione; lo statuto deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica ed escludere esplicitamente ogni attività commerciale (previsione contenuta anche all’articolo 38, comma 1, lettera a) della proposta di legge A.C. 1216). Ai fini dell’iscrizione al predetto registro è altresì necessario il possesso di ulteriori requisiti, quali:

·         la dotazione da parte dell’associazione di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale, la periodica verifica e attestazione dei requisiti professionali degli iscritti, il relativo aggiornamento professionale, nonché l’effettiva applicazione del codice etico (previsioni analoghe sono contenute all’articolo 38, comma 1, lettera b) della proposta di legge A.C. 1216);

·         l’adozione da parte dell’associazione di un codice etico idoneo ad assicurare il corretto esercizio della professione (come previsto anche dall’articolo 38, comma 1, lettera b) della proposta di legge A.C. 1216);

·         l’obbligo per gli iscritti di assicurarsi per la responsabilità civile per danni arrecati nell’esercizio dell’attività professionale (l’assicurazione per la responsabilità professionale è disciplinata, in linea generale, anche dall’articolo 13 del progetto di legge A.C. 1216).

Il rispetto dei menzionati requisiti costituisce condizione per il mantenimento dell’iscrizione nel registro. In caso di cancellazione dell’associazione dal registro medesimo, agli iscritti è fatto divieto di utilizzare gli attestati rilasciati dall’associazione.

L’articolo 36 individuale norme transitorie ricalcando in buona sostanza le previsioni di cui all’articolo 40 del progetto di legge A.C. 1216. In particolare, si prevede che, nell’esercizio della delega prevista dall’articolo 37, il Governo (nell’A.C. 1216 questo compito è affidato al Ministero dello sviluppo economico) definisce un regime agevolato in ordine ai requisiti associativi a favore delle associazioni iscritte (alla data di entrata in vigore della legge) nella banca dati del CNEL (istituita ai sensi dell’art. 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936), che riguardano professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico ai sensi dell’articolo 14 della proposta di legge.

Per quanto concerne la banca dati del CNEL e i relativi riferimenti normativi, si rinvia alle osservazioni svolte in relazione all’articolo 40 del progetto di legge A.C. 1216.

In ogni caso, le associazioni in questione sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti ai sensi dell’articolo 35 entro cinque anni (nell’A.C. 1216 il termine è di tre anni) dalla data di entrata in vigore della legge, pena la cancellazione dal registro, presentando apposita domanda di iscrizione almeno sei mesi prima della scadenza di tale termine. Si prevede, inoltre, che, in sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in vigore della legge risultano iscritti alle associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento di cui al presente titolo non sia richiesto il possesso del titolo di studio universitario, o equipollente, ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’associazione.

 

Il Titolo IV, collocato in chiusura, si compone di tre articoli (da 37 a 39) dedicati ai provvedimenti di attuazione.

L’articolo 37 contiene una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati dallo stesso progetto di legge. Si tratta di disposizioniche prevedono una procedura analoga a quellariportata all’articolo 41 del progetto di legge A.C. 1216 (i decreti sono adottati, cioè, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e nel rispetto delle competenze costituzionalmente definite). L’unica differenza di rilievo concerne la procedura per l’adozione dei decreti legislativi finalizzati a disciplinare le materie di cui agli articoli 35 e 36, i quali sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, sentito il CNEL.

L’articolo 38 concerne la facoltà del Governo di adottare regolamenti di attuazione, in analogia a quanto previsto dall’articolo 42 del progetto di legge A.C. 1216. I principali elementi di differenza rispetto a quanto previsto in quest’ultima proposta di legge, sono contenuti al comma 3 dell’articolo in esame, il quale stabilisce che, con effetto dalla data di entrata in vigore dei predetti regolamenti, sono abrogati gli atti normativi che disciplinano le relative materie (l’A.C. 1216 demanda, invece, al Governo l’esplicita abrogazione delle norme incompatibili con i citati regolamenti). 

Disposizioni analoghe a quelle dettate dall’articolo 43 del progetto di legge A.C. 1216 sono previste, poi, dall’articolo 39, relativamente all’istituzione di una Commissione di studio per la predisposizione dei decreti legislativi di cui all’articolo 37 e dei regolamenti di cui all’articolo 38.

La proposta di legge A.C. 1442

La proposta di legge A.C. 1442 (Laurini ed altri) è diretta a riformare la disciplina delle professioni intellettuali stabilendo “i princıpi fondamentali della legislazione statale sulle professioni liberali, da una parte riconoscendo il ruolo essenziale degli Ordini per la regolamentazione, l’organizzazione e il controllo delle varie professioni, e, dall’altra, assicurando maggiore certezza e qualità della prestazione professionale, a tutto beneficio dei clienti” (cfr. relazione illustrativa).

Il provvedimento consta di IV titoli e di 40 articoli.

 

In sintesi, il Titolo I (artt. 1-4) contiene le disposizioni generali. L'obiettivo perseguito dalla proposta appare essere quello di dettare una disciplina comune a tutte le professioni intellettuali, intendendo il riferimento alle professioni in un'accezione ampia, comprendente tutte le attività economiche, anche organizzate, dirette al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale, per le quali è richiesto un titolo di studi universitario o un titolo ad esso equiparato (art. 1, comma 2).

L’accesso alle professioni intellettuali è libero con due eccezioni (art. 3):

-            le professioni che si caratterizzano per l’esercizio di funzioni pubbliche, per le quali possono esservi vincoli di predeterminazione numerica;

-            le professioni per le quali la legislazione vigente prevede un esame di Stato di abilitazione.

In questo caso, la proposta precisa che la quota di commissari delle commissioni giudicatrici designati dall’ordine professionale è limitata a non più della metà dei membri (art. 3, co. 3).

L’articolo 4 disciplina il tirocinio, prevedendo che non debba durare più di tre anni, che debba essere ricompensato in base all’effettivo apporto del tirocinante all’attività professionale e che possa essere svolto contemporaneamente agli studi necessari per conseguire il titolo professionale e anche all’estero. Spetterà ai Consigli nazionali disciplinare le modalità di svolgimento del tirocinio, tenendo presente che la disciplina dovrà essere diversa rispetto a quella vigente in materia di contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali.

 

Il Titolo II (artt. 5-17) detta i principi fondamentali in tema di professioni regolamentate. In particolare, la proposta affida alla legge il compito di individuare le attività professionali regolamentate, disponendo la tenuta di appositi albi e l’istituzione di Ordini professionali, sotto la vigilanza del Ministro della giustizia.

Gli Ordini professionali, enti pubblici non economici (cui non si applicano le disposizioni vigenti in materia di controllo della Corte dei conti), svolgono essenzialmente le funzioni di tenuta e aggiornamento degli albi (art. 5) e sono articolati in:

-            Consigli nazionali(disciplinati dall’articolo 6);

-            Consigli locali (disciplinati dall’art. 7).

Spetterà ai regolamenti attuativi della legge definire i meccanismi elettorali per la nomina dei suddetti organi, così da garantire la trasparenza delle operazioni elettorali, tutelare le minoranze e definire le ipotesi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dal mandato elettivo (art. 9). L’organizzazione interna dell’ordine professionale sarà invece disciplinata dai Consigli nazionali attraverso regolamenti impugnabili davanti al TAR (art. 13); spetterà agli stessi consigli nazionali vigilare sull’operato dei consigli locali, esercitando anche poteri sostitutivi e potendo, nei casi più gravi, chiederne al Ministro lo scioglimento. L’autorità governativa controllerà a sua volta l’operato dei consigli nazionali potendo arrivare fino al loro scioglimento in casi estremamente gravi (art. 15).

La relativa decisione è assunta dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia e sentite le commissioni parlamentari.

Per quanto riguarda la responsabilità disciplinare del professionista, anzitutto la proposta prevede che ciascun Ordine professionale debba adottare - previa consultazione dei consigli locali e approvazione del Ministro della giustizia - un proprio codice deontologico (art. 11). Il professionista, che dovrà attenersi alla legge e al codice deontologico (art. 16), sarà sottoposto a procedimento disciplinare a livello locale presso apposite commissioni composte da professionisti con modalità idonee ad assicurare imparzialità e indipendenza (art. 10). Spetterà ai regolamenti attuativi della legge delineare il procedimento disciplinare garantendo il contraddittorio e l’impugnabilità dei provvedimenti adottati a livello locale presso gli organi nazionali.

Inoltre, la proposta di legge prevede che il professionista:

-       debba sempre dotarsi di una copertura assicurativa per la responsabilità professionale (art. 8), rimettendo a ciascun ordine il compito di assumere le deliberazioni necessarie per garantire l’effettivo risarcimento del danno anche laddove l’attività professionale sia svolta da dipendenti o collaboratori del professionista;

-       possa pubblicizzare la propria attività (art. 14);

-       debba curare il proprio periodico aggiornamento, indispensabile per mantenere l’iscrizione all’albo. Spetterà agli Ordini organizzare apposite iniziative formative in modo diretto ovvero appoggiandosi a strutture esterne (art. 17).

Per quanto riguarda le tariffe professionali, l’art. 12 della proposta di legge prevede che esse debbano essere stabilite dagli Ordini, previa approvazione del Ministro vigilante; spetterà agli stessi Ordini decidere se rendere le tariffe vincolanti (comma 2) in presenza di prestazioni di rilievo pubblico.

 

Il Titolo III (artt. 18 e 19) prevede il riconoscimento di associazioni di prestatori di attività professionali non regolamentate. Previa istruttoria e parere sulle domande di riconoscimento da parte del CNEL, sentiti i Consigli nazionali degli ordini professionali operanti nel medesimo campo d’attività, il riconoscimento è effettuato con decreto del Ministro della giustizia, competente per la tenuta dell’apposito Registro delle libere associazioni. La proposta di legge precisa che il riconoscimento non attribuisce alcun diritto di esclusiva nell’esercizio dell’attività e che in ogni caso è garantito il pluralismo associativo per gli esercenti una medesima attività professionale (art. 18). Le associazioni professionali riconosciute – in presenza di alcuni requisiti, fra i quali espressamente il possesso di una polizza assicurativa - possono rilasciare attestati di competenza ai professionisti iscritti (art. 19).

 

Il Titolo IV (artt. 20-38), diviso a sua volta in più capi, disciplina le società tra professionisti. Le società, che hanno per oggetto l’esercizio in comune di una o più professioni (v. infra), possono essere costituite tra persone fisiche esercenti una professione intellettuale regolamentata e devono essere iscritte a loro volta all’albo professionale.

L’incarico può essere conferito al singolo socio ovvero alla società (nel qual caso sarà la società stessa a comunicare al cliente il nome del professionista che lo seguirà); dell’attività svolta risponde in prima persona il professionista e poi la società di appartenenza che resta solidalmente responsabile dei danni subiti dal terzo a seguito dell’espletamento dell’incarico professionale (art. 21). Anche la responsabilità disciplinare è in capo tanto al professionista quanto alla società (laddove il professionista abbia seguito direttive impartite dalla società stessa, ex art. 22).

La proposta di legge – facendo comunque salva la disciplina relativa alle associazioni professionali (di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815[31]) -specifica che il professionista può decidere di esercitare autonomamente la professione oppure decidere di partecipare ad una (e solo una) società professionale (art. 26) optando per una delle tipologie societarie individuate dal legislatore:

-       società tra professionisti esercenti la medesima professione (art. 20);

-       società multiprofessionali (art. 24), tra professionisti esercenti diverse professioni intellettuali regolamentate, al fine di effettuare prestazioni professionali comunque coordinate tra loro. Questa tipologia di società è espressamente esclusa per gli esercenti la professione di notaio e avvocato;

-       società tra professionisti esercenti professioni tecniche. In questo caso possono eccezionalmente partecipare alla società anche soci non professionisti, purché con una quota di partecipazione non superiore al 25% (art. 25).

Gli articoli da 27 a 33 dettano disposizioni in ordine alla costituzione della società prevedendo:

-       che l’oggetto esclusivo della società sia l’esercizio in comune della professione (art. 32);

-       che la costituzione debba avvenire per atto pubblico (art. 27) e che la durata della società sia stabilita dall’atto costitutivo (art. 31). Eventuali modifiche all’atto costitutivo o allo statuto sociale dovranno essere adottate con il consenso unanime dei soci (art. 33);

-       che i soci possano essere al massimo 10 (a meno che i regolamenti attuativi non dispongano diversamente, art. 28) e che il recesso dalla società possa avvenire previo preavviso annuale, salva giusta causa (art. 31);

-       che la denominazione sociale sia costituita dal nome di tutti i soci avvero da almeno due nomi con l’indicazione “e altri”; che possa essere conservato il nome del socio che ha cessato la professione o deceduto, con il consenso degli eredi o suo (art. 29);

-       che i conferimenti possano essere in denaro o in natura; che una quota degli utili, non superiore al 50% possa essere ridistribuita tra i soci (art. 30);

-       che siano i regolamenti da emanare ai sensi dell’art. 39 (v. infra) a determinare le condizioni per la costituzione della società e per la sua iscrizione all’albo professionale (art. 27).

Gli articoli da 34 a 36 dettano norme sul funzionamento della società professionale prevedendo, tra l’altro, che organi societari siano l’assemblea dei soci (all’interno della quale ogni socio ha un voto, a prescindere dall’entità della quota sociale) e gli amministratori (nominati dall’assemblea). L’art. 35 disciplina l’ipotesi di esclusione del socio, richiedendo la maggioranza dei due terzi degli altri soci ovvero rendendola automatica in caso di cancellazione o radiazione del socio dall’albo professionale.

Infine, la proposta di legge prevede alcune norme di chiusura:

-       l’art. 37 dispone che per tutto quanto non sia disciplinato dalla legge o dai regolamenti attuativi, trovino applicazione le disposizioni sull’esercizio della professione di avvocato in forma societaria di cui al titolo II del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96[32];

-       l’art. 38 contiene norme previdenziali e fiscali;

-       l’art. 39 prevede che entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge il governo debba emanare regolamenti di attuazione, per i quali delinea una particolare procedura;

-       l’art. 40 contiene una delega al governo per l’emanazione – entro due anni dall’entrata in vigore della legge - di decreti legislativi recanti testi unici di riordino della disciplina delle professioni regolamentate, sulla base di principi e criteri direttivi espressamente indicati dalla legge (comma 1).

Il disegno di legge A.C. 2160

Con il disegno di legge A.C. 2160, composto da 9 articoli, il Governo propone l’introduzione di una regolamentazione di principio volta al riordino del sistema delle professioni intellettuali complessivamente considerate, da attuarsi poi ad opera di appositi decreti delegati.

 

Come si legge nella relativa relazione illustrativa, il disegno di legge in esame, in coerenza con la normativa comunitaria sulla concorrenza e la libera circolazione dei servizi e nel rispetto delle competenze delle regioni[33], si ispira l'idea di fondo di “realizzare più circolazione e libertà nel mercato dei servizi professionali, con specifico riferimento alle professioni intellettuali”. Tale obiettivo richiede, tra l'altro, una nuova fisionomia degli ordini professionali che, “priva di connotati autoreferenziali e corporativi”, si caratterizzi, viceversa, per “una identità completamente proiettata nell’interesse dell’utenza e del libero mercato".

 

Di seguito, viene dato sinteticamente conto del contenuto dell’articolato del provvedimento che, ricorda il Governo nella relazione di accompagnamento, tiene conto del lungo dibattito svolto sia in sede politica che scientifica, delle elaborazioni dei precedenti Governi, nonché del confronto con gli enti esponenziali rappresentativi delle professioni.

 

L’articolo 1 del disegno di legge C. 2160 delega il governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la disciplina delle professioni intellettuali e delle relative forme organizzative, in coerenza con le direttive comunitarie e nel rispetto delle competenze delle regioni e dei principi e criteri direttivi esplicitati nei successivi articoli del provvedimento governativo.

 

Ai sensi del comma 2, la proposta relativa all'adozione dei citati decreti legislativi dovrà provenire dal ministro della giustizia, di concerto con:

 

-                 il ministro dell’Università e della ricerca;

-                 il ministro della pubblica istruzione;

-                 il ministro dello sviluppo economico;

-                 il ministro del lavoro e della previdenza sociale;

-                 il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione;

-                 il ministro per le politiche giovanili e le attività sportive;

-                 il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali;

-                 il ministro per le politiche comunitarie;

-                 il ministro competente per il singolo settore in relazione alla specifica attività svolta dai professionisti e in particolare con il Ministro della salute per le materie di sua competenza.

 

Si precisa, inoltre, che il Governo dovrà emanare i decreti legislativi entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge (comma 1) e dovrà inoltre acquisire i pareri degli Ordini professionali interessati, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e delle Commissioni parlamentari competenti che, al riguardo, dovranno esprimere il parere entro 30 giorni dalla trasmissione degli schemi di decreto.

 

Il successivo comma 3 dell’articolo 1 delega, inoltre, il Governo ad emanare decreti legislativi integrativi e correttivi entro due anni dall’entrata in vigore dei precedenti, nel rispetto della procedura sopra descritta e dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega.

 

Il comma 4 contiene, in fine, la clausola di invarianza finanziaria in quanto si prevede che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

Ai sensi del successivo articolo 2, nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo disciplina le modalità generali di accesso alle professioni intellettuali e di esercizio delle medesime, tenuto conto delle specificità delle singole attività professionali, con esclusione di quelle previste dall'articolo 29, comma 7, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

 

L'articolo 29 del citato Decreto Legislativo n. 42 del 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, concerne le misure di conservazione del patrimonio culturale.

In particolare, il comma sette, fa espresso riferimento alle figure professionali dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici.

 

Il Governo dovrà, inoltre:

 

- prevedere la libertà di accesso alle professioni, con l’eccezione di una eventuale predeterminazione numerica soltanto in riferimento a professioni che si caratterizzino per l'esercizio di funzioni pubbliche o per le quali esiste un specifico interesse generale ad una migliore tutela dell’utenza (lett. a) e f));

 

- garantire la libera concorrenza professionale, la libertà di scelta del cliente ed un adeguato livello di qualità della prestazione del professionista (lett. c)).

 

valorizzare e razionalizzare l'attività delle professioni intellettuali quale componente essenziale dello sviluppo economico del Paese (lett. b)),  prevedendo, altresì, la riduzione dell’attuale numero delle professioni organizzate in ordini, albi e collegi,attraverso la lorolimitazione alle sole attività ricollegabili a specifici interessi pubblici meritevoli di tutela (lett. d)).

 

Da qui, l’esigenza di :

 

§         riorganizzare le attività oggetto di professioni regolamentate, limitandole alle sole necessarie alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti per il perseguimento di interessi pubblici primari (lett. e));

§         favorire il transito ad altre forme organizzatorie (associazioni professionali riconosciute) - di natura privatistica ma assoggettate al controllo pubblico - di quelle professioni per cui non si rinvengano gli indicati interessi;

 

- prevedere l’esercizio della professione, fondato sull'autonomia e sull’indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica del professionista (lett. g))  in forma individuale, associata, o societaria (lett. h)); in quest’ultimo caso, e laddove sia richiesta un’abilitazione per l’esercizio della professione, si potranno prevedere casi d’iscrizione all’albo come requisito per l’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato;

 

- assicurare, indipendentemente dalla forma di esercizio professionale, adeguata tutela degli interessi pubblici, il rispetto delle regole deontologiche, nonché la personale responsabilità del professionista nell’adempiere la prestazione e per il risarcimento dell’eventuale danno ingiusto (lett. i)) provocato al cliente;

 

- in riferimento alla responsabilità civile del professionista o della società, prevedere la copertura assicurativa obbligatoria nonchè affidare agli stessi ordini e collegi la possibilità di negoziare le condizioni delle polizze; di quest’ultime e del massimale di copertura, il cliente dovrà essere adeguatamente informato (lett. n)).

 

- consentire la cd. pubblicità informativa (lett. l)) dell’attività professionale, basata sulla veridicità e la trasparenza delle informazioni

 

- prevedere la consensuale determinazione del compenso professionale, l’individuazione dei soli limiti tariffari massimi per ogni prestazione, la conoscenza del costo della prestazione da parte del cliente o almeno di una “forbice” al cui interno si colloca la somma da corrispondere a titolo di parcella (lett. m));

 

- a fini di una corretta informativa del cliente, prevedere l’obbligo del professionista di dichiarare la sua appartenenza a ordini e collegi o associazioni professionali e di esplicitare la propria esperienza professionale e gli eventuali conflitti di interesse con la prestazione professionale richiesta(lett. o)).

 

I successivi articoli 3 e 4 del d.d.l. dettano disposizioni generali riguardanti le professioni di interesse generale.

 

L’articolo 3, in attuazione della previsione costituzionale dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio professionale (art. 33, comma 5) e di quella di cui all’articolo 2061 c.c.(l’ordinamento delle categorie professionali è stabilito dalle leggi, dai regolamenti, dai provvedimenti dell’autorità governativa e dagli statuti delle associazioni professionali) individua principi e criteri direttivi specifici per l’accesso alle professioni intellettuali di interesse generale.

 

La lettera a), in particolare, detta una serie di criteri in materia di tirocinio professionale:

Al riguardo, il tirocinio, di durata non superiore a dodici mesi, dovrà assicurare l'effettiva acquisizione delle competenze e delle regole deontologiche e dovrà essere svolto presso un professionista iscritto all’albo da almeno 4 anni, a parte i casi di tirocinio organizzati da istituti scolastici e dalle università nell’ultima fase dei corsi di studio (lett. a)).

 

La medesima lettera a), stabilisce, inoltre, il principio generale in base al quale il tirocinio deve essere remunerato dal professionista; si prevede, di conseguenza, un equo compenso commisurato all’effettivo apporto professionale del tirocinante.

 

Ulteriori criteri direttivi in materia di tirocinio riguardano la possibilità di svolgere corsi di formazione a carattere pratico e con modalità analoghe e comunque alternative al tirocinio tradizionale, compresa la possibilità che lo stesso venga effettuato all’estero.

 

La lettera b) prevede che l’esame di Stato per l’abilitazione all'esercizio delle professioni venga mantenuto in relazione alle sole professioni il cui esercizio può incidere su diritti costituzionalmente garantiti o che riguardano interessi generali meritevoli di tutela.

 

È, inoltre, affidato al Governo il compito di disciplinare le modalità dell'esame di Stato, o del concorso per i casi di obbligatoria predeterminazione numerica, in modo da assicurare l'uniforme valutazione dei candidati su base nazionale e la verifica del possesso delle competenze tecniche necessarie per la specificità delle singole professioni.

 

Sono, poi, dettati alcuni criteri di delega relativi alle commissioni giudicatrici, da comporre sulla base di “regole di imparzialità e di adeguata qualificazione professionale”: In particolare, a fini di terzietà, le commissioni dovranno essere composte, per meno della metà, da membri appartenenti all’ordine professionale; i magistrati ordinari potranno essere nominati solo presidenti di commissione e non più commissari (la regola non vale, quindi, per le altre categorie, con particolare riferimento ai magistrati amministrativi); se l’esame avviene su base decentrata, i decreti delegati dovranno individuare modalità volte ad assicurare sia l’imparzialità dei commissari che l’uniformità nelle valutazioni degli elaborati; è, infine, prevista un’adeguata pubblicità del bando di concorso per l’abilitazione riservata a professioni per cui sia previsto un numero chiuso (cr. art. 1, comma 1, lett. f).

 

L’articolo 4 provvede all’individuazione di principi e criteri direttiviconcernenti le professioni intellettuali di interesse generale, con particolare riferimento alla loro struttura organizzativa e alle attribuzioni degli organi di rappresentanza.

 

Viene confermata, per tali professioni, l’attuale organizzazione su base ordinistica, nonché per gli organi esponenziali rappresentativi, la qualificazione giuridica di enti pubblici non economici. Si prevede, poi, che alla similarità delle attività professionali possa corrispondere un accorpamento degli attuali, distinti ordini (come ad esempio, accaduto con i commercialisti ed i ragionieri, confluiti nell'Ordine unico dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, v. D.Lgs n. 39/2005) ovvero l’istituzione di apposite sezioni in relazione a specifiche professionalità (lett.a)).

 

Si conferma la doppia articolazione (centrale e territoriale) di ordini, albi e collegi in base a criteri uniformi, tenuto conto delle specificità delle singole professioni, ferma restando l'abilitazione all'esercizio per l'intero territorio nazionale e fatte salve le limitazioni volte a garantire l'adempimento di funzioni pubbliche (lett. b)).

 

Ulteriori disposizioni sono dettate in riferimento al contenuto minimo degli statuti professionali: si tratta di norme di natura organizzativa che fotografano, nella sostanza, le funzioni già svolte dagli organi centrali di rappresentanza (funzioni di indirizzo, vigilanza, tenuta degli elenchi, poteri sostitutivi, codici deontologici, contributi economici) (lett. c)).

 

Più incisivo il contenuto dei principi generali di cui alla lettera d) che, attribuendo a ordini, albi e collegi professionali, sotto la vigilanza del ministero di settore, la tutela degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione, prevede: doveri di costante aggiornamento e qualificazione, l’autonomia finanziaria e patrimoniale degli ordini, l’adozione di regole contabili che garantiscano l’economicità della gestione, nonché l’obbligo di certificazione della contabilità da parte di idonei organismi di revisione.

 

Ai sensi della successiva lettera lettera e), la composizione di ordini, albi e collegi, i meccanismi elettorali, le regole sull’elettorato attivo e passivo dovranno garantire la trasparenza delle procedure e la rappresentatività, anche delle minoranze.

Si prevedono, inoltre, ipotesi di incompatibilità, ineleggibilità e decadenza da incarichi di gestione, nonché limiti temporali e di rieleggibilità nelle cariche direttive (quindi durata temporanea di queste ultime, il cui limite massimo è comunque fissato in 10 anni). In relazione a tale ultimo aspetto si prevede una disciplina transitoria annuale volta a “consentire un ordinato rinnovo delle cariche”

 

La lettera f) riguarda, poi, la previsione relativa all'istituzione di adeguate forme di vigilanza da parte dei ministeri competenti in relazione all'obbligo di versamento, da parte degli iscritti, dei contributi, motivatamente determinati dagli organi, centrali e periferici, nella misura strettamente necessaria all'espletamento delle attività ad essi rispettivamente demandate.

 

La successiva lettera g) riguarda, poi, i compiti degli organi nazionali e territoriali  e consistenti:

 

§      nell’aggiornamento e nella qualificazione professionale degli iscritti;

§      nella verifica degli obblighi di aggiornamento;

§      nell’assunzione di iniziative volte a favorire l’ingresso nella professione di giovani meritevoli o economicamente disagiati (borse di studio, agevolazione nella ricerca di studi professionali per il tirocinio);

§      nella erogazione di contributi (a singoli professionisti o società) per contribuire al pagamento dei costi di assicurazione obbligatoria per responsabilità civile.

 

Il sostegno di tali iniziative, precisa la successiva lettera g) dovrà essere assicurato dagli ordini con risorse proprie, anche costituendo all’uopo apposite fondazioni.

Da ultimo, si prevede, in capo al ministro competente, il potere di scioglimento diretto degli organi periferici di ordini, albi e collegi nonché un potere di proposta al Governo di scioglimento degli organi centrali, in caso di gravi e reiterate violazioni di legge (lett. h)).

 

L’articolo 5 del disegno di legge individua criteri direttivi per la legislazione delegata volta al raccordo della disciplina delle professioni per il cui esercizio sia richiesto un titolo di studio di livello universitario con quella in materia d’istruzione universitaria.

 

Per un esatto inquadramento della disposizione in esame, appare opportuno ripercorrere brevemente i tratti salienti della riforma universitaria.

L'art. 17, comma 95, della legge 127/1997[34] (così detta “Bassanini 2”) aveva demandato ad uno o più decreti del ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica[35] (previo concerto degli altri ministri interessati, se richiesto dalla normativa vigente) la definizione di nuove tipologie dei titoli di studio universitari in sostituzione o in aggiunta a quelli esistenti (legge 341/1990[36], art. 1: diploma universitario, diploma di laurea, diploma di specializzazione[37]), il loro accorpamento per aree omogenee nonché l'indicazione della durata e dell'eventuale serialità dei corsi e degli obiettivi formativi qualificanti. La stessa norma ha affidato poi ai regolamenti didattici di ateneo la concreta definizione dei percorsi universitari, entro margini di autonomia delimitati dai citati provvedimenti ministeriali. Con ciò si sono poste le basi per una radicale riforma degli ordinamenti didattici universitari, riconoscendo ai singoli atenei l'autonomia nella definizione dei percorsi formativi. Tra gli scopi della riforma vi è quello di avvicinare il sistema italiano di istruzione superiore al modello europeo delineato dalle dichiarazioni europee della Sorbona e di Bologna[38]. Tali accordi si propongono di costruire, entro il primo decennio del 2000, uno spazio europeo dell'istruzione superiore, articolato essenzialmente su due cicli o livelli principali di studio, finalizzato a realizzare la mobilità internazionale degli studenti e la libera circolazione dei professionisti ed a favorire il riconoscimento internazionale dei titoli di studio.

Il primo fra i decreti attuativi della riforma, il regolamento approvato con il citato D.M. 509/1999[39], ha delineato la nuova architettura del sistema attraverso l'individuazione di criteri generali atti a consentire agli atenei, in regime di completa autonomia, la progettazione dei propri corsi di studio.

La riforma prevede dunque una nuova articolazione dei corsi universitari e dei relativi titoli:

§       la laurea triennale, con l'obiettivo di assicurare allo studente un'adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l'acquisizione di specifiche conoscenze professionali;

§       la laurea specialistica, conseguibile in ulteriori due anni al termine del corso di laurea triennale (3+2), con l'obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici;

§       il master universitario, annuale di I e II livello, interamente affidato all'autonomia degli atenei, finalizzato all'offerta di formazione aggiuntiva e di aggiornamento professionale;

§       la specializzazione, nei soli casi in cui la prevedano specifiche disposizioni legislative o in applicazione di direttive dell'Unione europea; ed in particolare nelle aree degli studi sanitari, della formazione degli insegnanti, della preparazione alle professioni legali[40];

§       il dottorato di ricerca, già riordinato ad opera dell'art. 4 della L. 210/1998 e del regolamento attuativo[41], che hanno accentuato l'autonomia degli atenei nell'istituzione dei corsi (attivabili anche in convenzione con qualificati soggetti pubblici e privati) e sostituito al taglio prevalentemente accademico che caratterizzava il titolo un orientamento verso la “ricerca di alta qualificazione”, da svolgere anche in ambito non universitario[42].

In conformità al citato regolamento ed ai decreti ministeriali che l'hanno seguito, i corsi di laurea e di laurea specialistica istituiti dagli atenei, comunque denominati, appartenenti allo stesso livello ed aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili, sono raggruppati in “classi” di appartenenza ed hanno il medesimo valore legale. A tal fine, e a quello di consentire una maggior mobilità anche internazionale degli studenti, le attività formative sono misurate in termini di crediti formativi universitari, al fine di misurare con parametri uniformi la quantità di lavoro di apprendimento richiesta allo studente (studio individuale, lezioni, esercitazioni, tirocini)[43].1.4.1.2.

Un delicato aspetto della riforma riguarda il valore legale dei nuovi titoli di studio, con particolare riguardo alla loro spendibilità in ambito professionale e nel pubblico impiego. Si segnala, sul punto, che con circolare 27 dicembre 2000, n. 6350, la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della funzione pubblica) ha precisato la valenza dei nuovi titoli universitari previsti dall'art. 3 del regolamento in materia di autonomia didattica degli atenei ai fini dell'accesso al pubblico impiego: la laurea di primo livello viene considerata requisito per le qualifiche non dirigenziali; la laurea specialistica per quelle dirigenziali.

L’art. 1, comma 18, della legge 4/1999[44], ha previsto i regolamenti di delegificazione come strumento normativo per adeguare la disciplina dell'accesso ad albi, ordini e collegi professionali alla nuova architettura del sistema universitario.

I due D.M. 4 agosto 2000 e 28 novembre 2000 hanno stabilito la numerazione e la denominazione delle classi delle lauree universitarie (3 anni) e delle classi delle lauree universitarie specialistiche (3 + 2), individuando:

1) il primo, le classi 17 (classe delle lauree in scienze economiche e della gestione aziendale) e 28 (classe delle lauree in scienze economiche) i cui obiettivi formativi e le cui attività formative individuano un percorso idoneo a consentire l'accesso all'esame di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di commercialista (lauree triennali);

2) il secondo, le classi 64/S (lauree specialistiche in scienze dell'economia) e 84/S (lauree specialistiche in scienze economico-aziendali) (lauree quinquennali).

Con il DPR 328/2001[45] è stato emanato un primo regolamento volto alla disciplina dell'ordinamento, dei connessi albi, ordini o collegi, nonché dei percorsi formativi delle professioni di: dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo. Un ulteriore regolamento, relativo alle professioni di commercialista e di ragioniere e perito commerciale, pur approvato dal Consiglio dei ministri, non è poi stato emanato in considerazione dell’intervenuta necessità di unificazione dei due ordini professionali, poi attuata con il D.Lgs 139/2005.

In particolare, va segnalato che – in conformità di quanto previsto (come opzione) dall’art. 1, comma 18, della citata legge 4/1999 – si sono distinte, all’interno degli albi professionali, due sezioni rispettivamente riservate ai laureati (sez. B) ed ai laureati specialistici (sez. A), sezioni distinteche individuano ambiti professionali diversi in relazione al diverso grado di capacità e competenza acquisita mediante il percorso formativo.

commerciale, si èinteso consentire ai possessori delle nuove lauree, triennali e specialistiche, nelle discipline economiche, di iniziare il tirocinio per le professioni

 

Al riguardo, il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce, in primo luogo, che in sede di attuazione della delega riguardante la disciplina delle professioni intellettuali e delle relative forme organizzative, i decreti legislativi concernenti il raccordo tra la normativa in materia di studi universitari e la disciplina delle professioni intellettuali, per il cui esercizio sia richiesto il possesso di un titolo di studio di livello universitario, sono emanati su proposta del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e con il Ministro competente per il singolo settore, nel rispetto dei seguenti principi:

 

-    operare un coordinamento tra i diversi titoli di studio universitari e l’ammissione all’esame di Stato che permetta l’accesso a sezioni di ordini, albi e collegi (v. ultra, comma 2) corrispondenti al livello del titolo di studio conseguito (lett. a));

 

-    prevedere la possibilità di iniziare il tirocinio professionale durante l’ultima fase degli studi universitari nonché la partecipazione delle università alle attività formative del tirocinio stesso (lett. b)).

 

Il successivo comma 2 dell’articolo 5 prevede, poi, che l'adozione di decreti legislativi che istituiscono apposite sezioni di ordini, albi e collegi sia proposta dal ministro dell’università e della ricerca, ottenuto il concerto dei ministri della giustizia, delle politiche giovanili e le attività sportive nonché del ministro competente per materia.

 

Al riguardo, i criteri di delega enunciati riguardano:

 

-    l’istituzione delle sezioni di ordini, albi e collegi distinte in base al titolo posseduto (lett. a));

 

-    l’individuazione delle specifiche competenze professionali il cui esercizio è permesso in ragione della sezione in cui si è iscritti (lett. b));

 

Una specifica riserva è prevista, poi, per la disciplina delegata relativa alle professioni sanitarie la cui emanazione avviene su proposta del ministro della salute, con il concerto dei ministri dell’università e della giustizia (comma 3).

 

Analoghe disposizioni (in tema di accesso alle diverse sezioni e all’istituzione di sezioni di ordini, albi e collegi; in materia di tirocinio e di individuazione di competenze professionali) sono recate dall’articolo 6 in relazione alla normativa delegata di raccordo della disciplina delle professioni con quella in materia d’istruzione superiore.

 

Tale articolo, nel riconoscere al Ministro della pubblica istruzione l'iniziativa dei decreti delegati in materia di coordinamento tra le norme relative al conseguimento dei titoli di studio a livello di scuola secondaria superiore con quelle relative all'accesso alle rispettive professioni anche ai fini del tirocinio, enuncia i princìpi e criteri direttivi per l'organizzazione dei corsi scolastici ai fini del coordinamento con l'esame di Stato e della successiva iscrizione ad ordini e collegi, nonché per la possibilità di effettuare parte del tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi scolastici. L'iniziativa compete altresì al Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro della giustizia, per i decreti delegati diretti ad istituire apposite sezioni di ordini, albi e collegi, determinando l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito a seguito dell'iscrizione in tali sezioni.

 

L’articolo 7 definisce i principi e criteri direttivi ai quali il Governo,nell’esercizio della delega legislativa, è chiamato a conformarsi in materia di codice deontologico e potere disciplinare.

 

In particolare, spetta al Governo fissare i criteri e le procedure per l’adozione, da parte di ciascun ordine nazionale, di un codice deontologico finalizzato a garantire la libera scelta dell’utente, il principio dell’affidamento, la correttezza e la qualità della prestazione professionale, nonché un’adeguata informazione sui contenuti e le modalità di esercizio della professione e su eventuali conflitti di interesse. Il codice, la cui violazione è fonte di responsabilità disciplinare, è finalizzato, inoltre, a tutelare l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione congiuntamente a tutti gli altri interessi pubblici comunque coinvolti, assicurando, altresì,  la credibilità della professione (lettera a)).

 

Si prevede, inoltre, che il potere disciplinare sugli iscritti sia esercitato da organi nazionali e territoriali, distinti dagli organi di gestione, composti in maniera tale da garantire i principi di rappresentatività, imparzialità e indipendenza, anche con la partecipazione di soggetti diversi dai professionisti iscritti al relativo albo.

 

Si stabilisce, inoltre, che, in sede locale, solo alcuni componenti delle commissioni disciplinari possano appartenere allo stesso ordine territoriale cui è iscritto il presunto autore della violazione. Si contempla anche la possibilità di istituire commissioni regionali o interregionali e di spostare la competenza territoriale in materia di procedimento disciplinare (lettera b)).

 

Specifiche norme dovranno, poi, essere dettate dal governo in relazione alla titolarità e all’esercizio dell’azione disciplinare e per la rapida conclusione del procedimento, in armonia con i principi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo (lettera c)).

 

Si statuisce, inoltre, il diritto all’impugnazione delle decisioni in materia disciplinare davanti agli organi centrali o comunque davanti ad organi giurisdizionali e l'esperibilità del successivo ricorso per cassazione (lett. d)).  Il Ministro competente alla vigilanza (o un suo delegato) ha facoltà di intervenire nel procedimento disciplinare. Inoltre, allo stesso Ministro o al pubblico ministero (se non titolare dell’azione disciplinare) va riconosciuta la facoltà di esercitare l’azione stessa in via sostitutiva per il caso di inerzia (lett. e)).

 

Sono, poi, individuati come illeciti disciplinari i seguenti casi:

 

§      mancato rispetto delle leggi o del codice deontologico;

§      mancato aggiornamento della formazione professionale;

§      condotte pregiudizievoli per il cliente o contrarie alla credibilità e al decoro della professione (lett. f)).

 

Da ultimo, le sanzioni sono determinate in relazione alla gravità della violazione e/o alla reiterazione dell’illecito, secondo una graduazione che va dal mero richiamo alla cancellazione dall’albo.

Nel caso di esercizio della professione in forma societaria, gli effetti sanzionatori relativi agli illeciti commessi dal professionista socio ricadono anche sulla società e sui professionisti investiti di cariche sociali. Analogamente, il Governo definisce le modalità con cui incidono gli effetti sanzionatori, nel caso di società tra professionisti appartenenti a differenti categorie, in base al principio della prevalente attività prestata e fatta salva la responsabilità dei professionisti che ricoprono cariche sociali.

Si prevede, infine, la possibilità di delineare ipotesi eccezionali di sospensione cautelare circoscritta nel tempo (lett. g)).

 

L'articolo 8, detta princìpi e criteri direttivi in materia di associazioni professionali riconosciute.

 

Al riguardo, come si legge nella relazione illustrativa del provvedimento, le associazioni in esame non sono quelle dirette all'esercizio in comune dell'attività professionale, che costituiscono forme di prestazioni rese in modo associato e che già sono ammesse nella libera autonomia del servizio professionale, bensì organismi nei quali si riconoscono, per la tutela della propria identità e specificità, ampie aree professionali, talvolta portatrici di attività emergenti e di forte dinamica nel tessuto sociale.

 

Si tratta, quindi, di libere associazioni aventi natura prIvatistica e senza fini di lucro (lettera a)), che nel pieno rispetto della libera concorrenza (lettera b)), si prefiggono, essenzialmente, lo scopo di dare evidenza pubblica ai requisiti professionali dei propri iscritti -svolgono attività omogenea- favorendo in tal modo la selezione qualitativa e la tutela dell'utenza .

 

Da qui la necessità che il Governo nell'adozione dei decreti legislativi osservi una serie di principi e criteri direttivi volti ad assicurare l'esistenza di una struttura organizzativa e tecnico scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione.

 

A questo proposito, il disegno di legge in esame, dispone che il Governo dovrà prevedere l'iscrizione in un apposito registro, articolato in due sezioni, una tenuta dal Ministero della giustizia e l'altra dal Ministero della salute limitatamente alle associazioni relative a professioni sanitarie, delle sole associazioni che esistono da un certo numero di anni, comunque non inferiore a quattro, che hanno una ampia diffusione sul territorio e che svolgono attività suscettibili di incidere su diritti costituzionalmente garantiti o su interessi che per il  loro radicamento nel tessuto socio-economico comportino l'esigenza di tutelare la relativa utenza (lettera c).  

 

Sempre ai fini della citata registrazione, gli statuti e le clausole associative delle associazioni tra professionisti dovranno, altresì, prevedere (lettera d)):

 

§      la precisa identificazione delle attività professionali cui l'associazione si riferisce;

§      la rappresentatività elettiva delle cariche interne e l'assenza di situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità;

§      la trasparenza degli assetti organizzativi e l'attività dei relativi organi;

§      la dialettica democratica tra gli associati;

§      l'osservanza di princìpi deontologici secondo un codice etico elaborato dall'associazione;

§      la previsione di idonee forme assicurative per la responsabilità da danni cagionati nell'esercizio della professione.

 

Per quanto riguarda, poi, i compiti assegnati agli organi in esame, particolare rilievo viene dato all'attività di verifica della professionalità e di aggiornamento professionale che le associazioni devono svolgere nei confronti dei propri iscritti (lettera d)), anche al fine del rilascio, da parte delle sole associazioni registrate, di appositi  attestati di competenza che saranno emessi sulla base di elementi direttamente acquisiti dall'organismo associativo e per un periodo di tempo limitato (lettera e)).

 

Si segnala, da ultimo, che al fine di evitare qualsiasi dubbio interpretativo in relazione alle competenze delle associazioni tra professionisti e ordini professionali, l'articolo 8 del disegno di legge in esame (lettera g)), prevede che i decreti legislativi siano redatti in modo tale da escludere incertezze in ordine alle funzioni rispettivamente attribuite dalla legge ai citati organismi (lettera f)).

 

L'articolo 9 fissa i principi e i criteri direttivi in tema di società tra professionisti.

 

Al riguardo, nell'attuazione della delega, il Governo dovrà, in primo luogo, prevedere che le professioni comprese nel sistema ordinistico possano essere esercitate in forma societaria o cooperativa e disciplinare, altresì, tali società come tipo autonomo e distinto dalle società previste dal codice civile (lettera a)).

 

Il Governo, dovrà inoltre, consentire che dette professioni possano essere esercitate anche mediante strumenti societari o cooperativi temporanei che garantiscano l'esistenza di un centro di imputazione di interessi in relazione a uno scopo determinato e cessino dopo il raggiungimento dello stesso.

 

La nuova tipologia societaria prevede, inoltre, che alla società possano partecipare soltanto professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, nonché cittadini degli Stati membri dell'Unione europea purché in possesso del titolo di studio abilitante ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o con una partecipazione minoritaria e con esclusione per le attività riservate (lettera b)).

 

Ulteriori criteri direttivi concernenti la disciplina in forma societaria delle professioni intellettuali riguardano:

 

§      la disciplina della la ragione sociale della società a tutela dell'affidamento degli utenti e la previsione dell'iscrizione della società agli albi professionali (lettera c));

§      lo svolgimento esclusivo dell'incarico professionale conferito alla società da parte dei soli soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta (lettera d));

§      l'incompatibilità della partecipazione ad una società tra professionisti con la partecipazione ad altra società tra professionisti (lettera e));

§      le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo (lettera f));

§      la possibilità da parte della società di rendersi acquirente di beni e diritti strumentali all'esercizio della professione e compiere le attività necessarie a tale scopo(lettera g));

§      l'osservanza del codice deontologico del proprio ordine da parte dei professionisti soc(lettera h));

§      la possibilità che anche la società sia soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta (lettera i)).

 

Con particolare riferimento, poi, alla disciplina delle società multiprofessionali o dei centri di imputazione temporanea  che svolgono attività diverse ma compatibili fra loro, il comma 2 dell'articolo 9 attribuisce al Governo i seguenti compiti:

 

§      stabilire gli ambiti di incompatibilità;

§      prevedere che a tali società si applichi, in quanto compatibile, la disciplina delle diverse professioni con modalità tali da coordinare le norme sostanziali e procedimentali che regolano i diversi profili di responsabilità, anche disciplinari;

§      prevedere l'iscrizione delle società agli albi relativi alle singole attività e disciplinare, nel caso di cancellazione della società da uno degli albi nei quali la società sia iscritta, l'esclusione del socio o dei soci iscritti al medesimo albo;

§      prevedere che restino salve, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di società di ingegneria di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, nonché le disposizioni emanate in attuazione delle direttive comunitarie, e in particolare dell'articolo 19 della legge 21 dicembre 1999, n. 526[46].

 

In relazione alla citata normativa si osserva che la legge n. 109 del 1994 è stata abrogata dall'art. 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, contenente il Codice dei contratti pubblici. La materia relativa alle società di ingegneria, originariamente prevista dall'articolo 17 dell'abrogata legge 109/1994, è ora confluita nell'articolo 90 del citato D.Lgs. n. 163/2006.

Al fine di una corretta formulazione della disposizione in esame, occorre, pertanto, indicare il vigente riferimento normativo.

 

I commi 3 e 4 dell'articolo 9 disciplinano, da ultimo, il regime delle responsabilità e le formalità di costituzione e di funzionamento delle società tra professionisti.

 

In particolare, ai sensi del comma 3, il Governo dovrà prevedere la responsabilità diretta ed illimitata del socio incaricato dell'attività, se previamente individuato dall'utente, nonché in via solidale la società, ovvero, se tale individuazione manca, direttamente la società e illimitatamente i soci. Quando il fatto determinante la responsabilità sia esclusivamente collegabile alle direttive impartite dalla stessa, Il Governo dovrà, inoltre, prevedere la responsabilità della medesima società che le ha disposte.

Il comma 3 dell'articolo 9, riguarda, inoltre, gli effetti di un procedimento civile che coinvolga la società o il singolo socio e le reciproche possibilità di intervento e di difesa.

 

Da ultimo, il comma 4 dell'articolo 9 fissa i criteri per i conferimenti nella società multiprofessionale, le caratteristiche e le condizioni; prevede la riserva delle cariche a soci professionisti in caso di partecipazione di non professionisti; disciplina le opzioni nelle ipotesi di morte, recesso o esclusione di un socio.

 

 


Progetti di legge


N. 867

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati SILIQUINI, GIANFRANCO FINI, ALEMANNO, AMORUSO, ANGELI, ARMANI, BELLOTTI, BENEDETTI VALENTINI, BOCCHINO, BONGIORNO, BONO, BRIGUGLIO, BUONFIGLIO, BUONTEMPO, CASTIELLO, CICCIOLI, CIRIELLI, CONSOLO, GIORGIO CONTE, CONTENTO, GIULIO CONTI, COSENZA, DE CORATO, FOTI, FRASSINETTI, GAMBA, GARNERO SANTANCHÈ, GASPARRI, GERMONTANI, ALBERTO GIORGETTI, LA RUSSA, LAMORTE, LANDOLFI, LEO, LISI, LO PRESTI, MANCUSO, MARTINELLI, MAZZOCCHI, MELONI, MENIA, MIGLIORI, MINASSO, MOFFA, MURGIA, ANGELA NAPOLI, NESPOLI, PATARINO, PEDRIZZI, ANTONIO PEPE, PORCU, PROIETTI COSIMI, RAISI, RAMPELLI, ROSITA NI, SALERNO, TAGLIALATELA, TREMAGLIA, ULIVI, ZACCHERA

¾

 

Disciplina delle libere professioni

 

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Presentata il 23 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge non mira alla promulgazione di una legge delega, ma di una legge quadro che disciplini compiutamente la materia, rinviando a norme regolamentari l'attuazione della legge stessa: questo è ritenuto indispensabile per garantire la più ampia partecipazione dei soggetti interessati alla formazione della nuova normativa.

Le libere professioni, per le loro caratteristiche di autoimprenditorialità, capacità di espansione e valenza produttiva e occupazionale, rappresentano un punto di riferimento irrinunciabile del nostro sistema economico e sociale.

In controtendenza rispetto a quanti auspicano la sostituzione degli studi professionali con «società di servizi», per dare spazio a un mercato non regolamentato, affermiamo che si manifesta, sempre più forte, l'esigenza di eticità e sicurezza per i cittadini e per le imprese che si avvalgono dei servizi dei professionisti.

È errato, infatti, ritenere che la regolamentazione delle professioni costituisca un relitto del passato, un privilegio di casta estraneo ai princìpi democratici e alle necessità della società futura. Gli attuali ordini professionali non discendono affatto dalle corporazioni medioevali.

In Italia, gli ordini professionali risalgono al periodo liberale, quando vennero istituiti gli albi degli avvocati (1874), dei notai (1879) e, successivamente, dei ragionieri (1906), dei sanitari (1910), degli ingegneri e architetti (1923).

Gli ordini più recenti sono stati istituiti nel periodo repubblicano. La normativa fondamentale è costituita tuttora dal decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, che riorganizza su basi democratiche gli ordini e i collegi professionali, per cui gli organi di vertice sono esponenziali del corpo professionale e liberamente eletti dall'assemblea degli iscritti. La Costituzione repubblicana ha riconosciuto l'importanza sociale delle libere professioni, prescrivendo l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione (articolo 33) e, più in generale, affermando il principio della tutela del lavoro in tutte le sue forme (articolo 35).

Con lo sviluppo della legislazione comunitaria si apre l'attuale fase di integrazione dei mercati che coinvolge anche le professioni: il Trattato istitutivo della Comunità europea che afferma il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi, la direttiva 89/48/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sui criteri per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio superiori, e la direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, sulla libertà di esercizio delle professioni in generale.

Dalla legislazione comunitaria non deriva affatto la necessità di deregolarizzazione delle professioni intellettuali, di abolizione di ordini, tariffe, controlli all'accesso.

Inoltre, da un esame comparatistico della legislazione europea, non si evince l'esistenza di un modello unitario contrapposto al nostro, ma solo il permanere, soprattutto in Inghilterra, di tradizioni diverse in alcuni ambiti di attività.

In particolare, i professionisti anglosassoni sono iscritti ad associazioni private ristrettissime, caratterizzate da una esasperata selezione, senza possibilità di ingresso per chiunque abbia fatto lo stesso corso di formazione: l'ingresso nell'associazione, per l'aspirante professionista, dipende esclusivamente da una decisione discrezionale, basata su presupposti quali la conoscenza personale, il censo o altro, che danno vita a veri e propri «privilegi».

Ricordiamo, inoltre, il criterio seguito in altri Paesi europei sul tema delle società professionali: in Germania, di recente, è stata emanata una legge che consente anche agli avvocati di esercitare la professione forense in forma societaria sotto diverse forme, tra le quali la società a responsabilità limitata. Per queste società tra avvocati sono esclusi i soci di mero capitale. In Francia vi sono diverse forme societarie che consentono comunque ai professionisti esercenti la loro attività all'interno della stessa società di detenere la maggioranza del capitale sociale. Però, per ciascuna professione il Consiglio di Stato ha la facoltà di limitare o interdire del tutto il possesso di quote o azioni a determinate categorie di persone fisiche o giuridiche quando la loro partecipazione potrebbe mettere in pericolo l'indipendenza e il rispetto delle regole deontologiche.

Quindi, in entrambi gli altri ordinamenti-guida del diritto continentale europeo si è marcata l'attenzione alla tutela dei profili pubblicistici delle professioni, con l'introduzione di precisi limiti tendenti a impedire derive mercantilistiche nell'esercizio dell'opera professionale. C'è insomma una certa tendenza a distinguere tra forma organizzativa e modus operandi: da un lato si riconosce l'opportunità di consentire agli studi professionali l'adozione di modelli organizzativi idonei a riunire forze e competenze plurime o diverse per meglio rispondere alla domanda della committenza e affrontare la competizione globale; dall'altro, si ribadisce che l'adozione di un modello organizzativo di origine mercantile non deve snaturare le caratteristiche di «esperto indipendente e autonomo nelle proprie scelte tecniche», che è tratto tipico del professionista intellettuale.

Anche la legge 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999), che, nel prevedere l'attuazione della direttiva 98/5/CE in materia di esercizio della professione di avvocato, consente la pratica della professione sotto forma societaria, ma unicamente come società tra professionisti iscritti all'ordine, muove nella stessa direzione.

Proprio partendo dalle esigenze poste dall'unificazione dei mercati dei servizi nel territorio dell'Unione europea, sono sorti vivaci contrasti sulla base delle presunte antinomie tra la libertà di stabilimento e circolazione e i limiti di ordine pubblico posti dalle leggi nazionali. Nei pareri espressi da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e in talune passate proposte di legge si era inteso risolvere tali antinomie, solo all'apparenza inconciliabili, con la mera assimilazione della prestazione professionale al prodotto dell'impresa di servizi. Da tale postulato, che confonde il modello organizzativo con la natura della prestazione fornita dal soggetto organizzato, possono derivare gravi conseguenze negative per tutta la collettività e per la tutela del pubblico interesse, che con la presente proposta di legge, invece, si intende garantire.

In particolare, la posizione dell'Autorità antitrust italiana non solo è errata, travisando o perfino ignorando talune recenti direttive europee (vedi per tutte la n. 36 Zappalà), ma è anche dannosa e pericolosa rispetto ai propri obiettivi istituzionali: se la soppressione degli ordini e delle tariffe, così come appare, avesse per conseguenza, se non per obiettivo finale, il passaggio della titolarità dei servizi professionali in capo a «chiunque», e quindi anche alle grandi imprese, come da anni richiesto da Confindustria, banche ed altri, riducendo i professionisti a bracciantato intellettuale di queste ultime, si realizzerebbe una nefasta concentrazione dei servizi professionali in capo a pochi, un vero e proprio oligopolio che da un lato porterebbe alla distruzione del tessuto professionale italiano (caratterizzato da grande qualità e dal rispetto della deontologia) e dall'altro si ritorcerebbe a danno del consumatore.

Il principio che vogliamo salvaguardare è il diritto del cittadino e delle imprese di «scegliere» soggetto professionale sul mercato, con la garanzia però che la prestazione professionale provenga da chi ha seguito la formazione universitaria prevista dalla normativa vigente e un tirocinio professionalizzante, o comunque superato l'esame di Stato previsto dall'articolo 33 della Costituzione, e sia tenuto a doveri di indipendenza, lealtà e correttezza che ogni ordine professionale deve impegnarsi garantire sempre più, assicurando al cittadino la tutela verso il professionista infedele.

In sintesi: l'offerta dei professionisti sul mercato italiano oggi non solo esiste, ma è amplissima (si pensi che solo gli avvocati sono quasi 170.000), perciò la concorrenza, in concreto, esiste già. Ma la concorrenza non è un bene assoluto, e ha le sue patologie, che l'ordinamento deve prevenire. Per le professioni intellettuali, quindi, il cui oggetto investe in genere beni primari o perfino costituzionalmente protetti, come la libertà o la salute, il «pubblico interesse» da porsi a garanzia cittadini è che la concorrenza in ambito professionale si svolga tra soggetti all'altezza del compito loro richiesto; perciò prima va garantita la formazione obbligatoria, la qualità e l'aggiornamento permanente, poi viene il mercato.

Tale è infatti il criterio del «pubblico interesse» tenuto in considerazione nelle decisioni della Corte di giustizia europea, con una ponderazione della libertà di circolazione dei servizi con gli interessi contingenti perseguiti dalle norme nazionali limitative. È bene ricordare che secondo la Corte di giustizia il principio economico del mercato unico subisce «eccezioni» quando le norme nazionali perseguono «interessi pubblici» che l'ordinamento comunitario riconosce prevalenti (vedi sentenze Sager, 1990; Gebhard, 1995; Alpine Investments, 1995).

Il Parlamento europeo, il 5 aprile 2001, ha adottato una significativa risoluzione (B5-0247/2001) «sulla legittimità delle tariffe di alcune libere professioni, in particolare per gli avvocati, e sulla particolarità del ruolo e della posizione delle libere professioni nella società moderna», dichiarando quanto segue:

«le libere professioni rappresentano uno dei pilastri del pluralismo e dell'indipendenza all'interno della società ed assolvono a ruoli di pubblico interesse»;

«le regole che sono necessarie, nel contesto specifico di ciascuna professione, per assicurare l'imparzialità, la competenza, l'integrità e la responsabilità dei membri della professione stessa, o per impedire conflitti d'interesse e forme di pubblicità ingannevole, e che non ostacolano peraltro la libera circolazione dei servizi, non sono considerate restrizioni del gioco della concorrenza ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 1, del Trattato»;

«le libere professioni siano l'espressione di un ordinamento fondamentale democratico basato sul diritto e, più specificamente, rappresentino un elemento essenziale delle società e delle collettività europee nelle loro varie forme»;

«l'importanza delle norme, in conformità con i dettami degli articoli 81 e 82 del Trattato, che sono stabilite dalle categorie professionali, sotto la loro responsabilità, al fine di garantire la qualità dei servizi, di fissare specifici standard di valore, di assicurare l'osservanza delle norme stesse secondo i canoni della professionalità e di tener conto anche dell'etica professionale».

Il Parlamento europeo ritiene quindi che:

la legislazione nazionale debba considerare «gli elevati requisiti richiesti per l'esercizio delle libere professioni, la necessità di salvaguardare quelli che distinguono tali professioni a beneficio dei cittadini europei e la necessità di instaurare tra i liberi professionisti e i loro clienti un rapporto specifico fondato sulla fiducia»;

«si debbano rispettare, applicando il principio della sussidiarietà, le diversità che hanno le loro radici nella cultura, nella storia giuridica, nella sociologia e nell'etnologia delle varie categorie professionali degli Stati membri»;

«che gli Stati membri siano autorizzati a stabilire tariffe obbligatorie tenendo conto dell'interesse generale (e non solo di quello della professione) e a salvaguardare gli elevati livelli morali, etici e di qualità»;

«che l'obiettivo di promuovere la concorrenza nelle professioni vada conciliato, in ciascun caso, con quello di mantenere norme puramente etiche specifiche per ciascuna professione».

Pertanto non è corretto affermare che il diritto comunitario imponga di smantellare le discipline nazionali sulle professioni. Le pressioni verso una deregolarizzazione derivano piuttosto da una falsa rappresentazione della realtà del mercato, generate dall'asimmetria tra domanda e offerta nell'occupazione giovanile e dalla crisi nei settori della produzione industriale, che si vorrebbe compensare con l'espansione del capitale finanziario nel terziario, soprattutto nel settore dei servizi professionali. Rispetto a ciò, l'indiscriminato aumento del numero dei professionisti è in realtà funzionale all'idea di ridurre i costi della committenza disponendo di un'ampia sacca di manodopera intellettuale a basso costo, cui affidare il lavoro considerato routinario. Tale idea è malsana: nella moderna società dell'informazione il sapere intellettuale ha comunque un costo elevato, necessitando di aggiornamento e formazione continua, e chi non può sostenerlo non solo è fuori dal mercato, ma è un pericolo per chi ci si affida.

Chi vaticina la liberalizzazione selvaggia delle professioni intellettuali omette poi di considerare che tali professioni rappresentano un rilevante fattore di democratizzazione e di modernizzazione, come accreditato dai più recenti studi sul settore: ad esempio, assicurano la mobilità sociale, sulla base del merito, invece che sulla base della nascita, della classe di appartenenza e della fortuna; sono state il primo ambiente di lavoro che ha introdotto l'eguaglianza tra i sessi; sono un ambito aperto e in espansione, tanto che gli addetti si moltiplicano ogni anno e il fatturato è pari al 7 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Dagli ultimi rapporti del CENSIS risultano iscritti agli albi più di 1,8 milioni di professionisti, cui ne vanno aggiunti 500.000 appartamenti all'area sanitaria non medica, grazie all'istituzione, con la legge n. 43 del 2006, di nuovi albi e ordini delle professioni sanitarie, per un totale di 2,3 milioni.

Certamente, in questo insieme esistono problematiche differenti poste dalle professioni a disciplina ordinistica, da quelle semplicemente riconosciute e, infine, da quelle professioni emergenti che aspirano ad una regolamentazione.

La presente proposta di legge intende adeguare l'ordinamento delle libere professioni alle necessità della odierna società in Europa, anche consentendo la costituzione di società fra professionisti, secondo il principio dell'autodeterminazione, lasciando agli operatori la scelta di costituire associazioni temporanee, società tra professionisti su base personale o di capitale. Inoltre la presente proposta intende rinnovare gli Ordini rendendoli più trasparenti, democratici, aperti ai giovani e alle nuove esigenze dei professionisti e dei cittadini.

Adeguamento che va previsto salvaguardando sia le funzioni di interesse generale, sia le attribuzioni di interesse pubblico proprie di alcune di esse, la tutela degli interessi del cliente, da realizzare in modo più efficace anche in considerazione della normativa comunitaria. La riforma rispetta le caratteristiche essenziali delle attività professionali che hanno natura intellettuale, anziché meramente tecnica, e pertanto si distinguono da altri servizi per il contenuto creativo e inventivo fondato sulla detenzione «del sapere e della conoscenza specializzati». Il rapporto professionale è di tipo fiduciario e personale (affidamento all'intuitus personae), comporta la diretta responsabilità del prestatore di opera intellettuale, anche quando il mandato è assunto in forma collettiva, e presuppone l'assoluta indipendenza del professionista, che deve agire secondo scienza e coscienza.

La tutela del cliente del professionista assume aspetti più intensi e problematici rispetto al consumatore o all'utente di un servizio tecnico: la garanzia deve avvenire non solo sulla quantità, ma particolarmente sull'accertata qualità della prestazione. E deve esservi innanzitutto una verifica della capacità del professionista di esercitare la professione: in nessun altro modo si potrebbe garantire il cittadino dal rischio di prestazioni inadeguate, in quanto, trattandosi di obbligazione di mezzi e non di risultato, gli esiti - e gli eventuali danni sociali nel caso di prestazioni fornite da un professionista non qualificato - non sono immediatamente valutabili dall'interessato.

Non si è ritenuto di accogliere la tesi di chi vorrebbe abbandonare alla sola legge del mercato, consentendo a chiunque lo svolgimento dell'attività professionale, l'accesso alle professioni, la pubblicità, il compenso delle prestazioni. In effetti, l'attività del libero professionista, per il grado particolare di preparazione richiesto e per la fiduciarietà dell'incarico su cui fa affidamento il cliente e, soprattutto, per il valore degli interessi tutelati, non è riconducibile alla prestazione anonima di servizi commerciali né all'attività imprenditoriale. Il superamento della concezione dialettica fra capitale, impresa e lavoro non comporta l'assimilazione di ogni fattore a un'unica dimensione del mercato.

Per tali ragioni l'articolo 1 chiarisce che si è inteso offrire una legge quadro in attuazione degli articoli 35 e 117 della Costituzione.

L'articolo 2 chiarisce inequivocabilmente che l'attività professionale è distinta dall'attività d'impresa: la specificità rispetto all'attività d'impresa commerciale è indicata nel rispetto di norme deontologiche, nell'indipendenza e nella diretta o comunque concorrente responsabilità del professionista che ha compiuto l'albo professionale. Il comma 2 sancisce che la costituzione di nuove professioni e attività riservate è compito della legge dello Stato. In questo modo la legge si conforma alle pronunce costituzionali che si sono espresse in tale senso.

L'articolo 3 qualifica gli Ordini professionali come enti pubblici non economici e riconosce loro autonomia statutaria e regolamentare nei confronti delle rispettive categorie. Peraltro, i rapporti di lavoro dei dipendenti sono esclusi dalla normativa dei comparti del pubblico impiego e vengono invece regolati da contrattazioni specifiche e da disposizioni di legge.

L'obbligatorietà dell'iscrizione e la rappresentatività degli appartenenti conferiscono agli Ordini professionali prerogative di diritto pubblico. Particolarmente ampia, poi, è la loro funzione normativa, che riguarda non solo la tenuta e l'aggiornamento degli albi, ma altresì la verifica dei requisiti per l'iscrizione e il controllo della permanenza degli stessi, la deontologia e il procedimento disciplinare, la regolamentazione della pubblicità e la misura degli oneri associativi destinati all'organizzazione e al funzionamento degli organi rappresentativi. Obiettivo della proposta di legge è anche la salvaguardia degli Ordini attualmente esistenti, mentre l'introduzione di nuovi Ordini è subordinata alla verifica di determinati requisiti, quali la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, la necessità di salvaguardare l'utente dai rischi derivanti da una condizione di asimmetria informativa o l'entità dei danni sociali derivanti da prestazioni non adeguate.

Uno dei princìpi che caratterizza le libere professioni, non solo in Italia, ma anche, nonostante alcune differenze specifiche, negli altri Paesi europei, è l'esistenza di attività riservate in esclusiva a soggetti di cui è stata verificata la professionalità. Di conseguenza, si conferma che è compito della legge di stabilire le attività riservate in esclusiva agli iscritti agli albi. Si è evitato, comunque, di fare ricorso a formule che sarebbero state limitative, ovvero di circoscrivere nelle attività regolamentate quelle connesse con interessi costituzionali, in quanto vi sono numerosi interessi di grande rilevanza sociale (come quelli dell'ambiente, della sicurezza sul luogo di lavoro, degli impianti, delle abitazioni eccetera) che non possono essere ignorati.

All'articolo 4, per le professioni attualmente non organizzate in Ordini, è riconosciuta la possibilità di costituire libere associazioni, per la tutela della qualità della prestazione fornita.

L'accesso alla professione è uno dei punti ove più si avverte la tensione fra la richiesta di lavoro e la richiesta di qualità professionale. Alle misure per agevolare e rendere più imparziale l'accesso dei giovani alla professione è dedicato l'articolo 5, che prevede corsi di formazione, organizzati dagli Ordini professionali d'intesa con le università, e forme alternative al tirocinio ordinario anche in concomitanza con gli studi universitari. La formazione e l'aggiornamento dei professionisti sono esigenze importantissime in una società dinamica in cui il sapere assume forme sempre più complesse e mutevoli. Per questo si è pensato che gli Ordini possano promuovere la costituzione di fondazioni finalizzate alla formazione dei professionisti.

L'articolo 6 affronta l'importante problema delle tariffe. Il compenso spettante al professionista è fissato con determinazione consensuale fra le parti. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, si applicano tariffe professionali stabilite con decreto del Ministro della giustizia, su proposta dei rispettivi consigli nazionali.

Sulla materia la nota sentenza della Corte di giustizia, del 18 giugno 1998, sugli spedizionieri doganali aveva creato alcuni problemi interpretativi. Riteniamo che la medesima vada valutata nei termini posti dal caso esaminato senza giungere a conclusioni ultronee rispetto alla portata della sentenza, la quale non autorizza affatto a concludere che nessuna tariffa possa più essere prevista, soprattutto quando si tratta della soglia minima a garanzia del cittadino-utente. Inoltre, nei casi di prestazioni slegate dall'obbligo di assicurare il risultato (ad esempio prestazioni mediche, legali, progettazione eccetera) le tariffe minime svolgono la funzione di impedire che i prezzi scendano a livelli condizionati da operatori non qualificati e pertanto disponibili ad accettare corrispettivi inadeguati, non remunerativi per chi abbia invece sostenuto l'iter formativo previsto dalla legge.

Come ha chiaramente riconosciuto il Parlamento europeo nella citata risoluzione del 5 aprile 2001, «la giurisprudenza della Corte di giustizia non impedisce agli Stati membri di stabilire tariffe obbligatorie poiché "gli articoli 81 e 82 del Trattato riguardano soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa"» e quindi «solo le tariffe obbligatorie stabilite da organismi o associazioni professionali (...) possono essere considerate quali decisioni di associazioni di imprese sottoposte alla libera concorrenza». Le tariffe non possono più essere espressione delle organizzazioni degli stessi professionisti. Quindi, secondo l'articolo 6 della proposta di legge, le tariffe sono fissate con decreto del Ministro della giustizia, su proposta dei consigli nazionali e previo parere del Consiglio di Stato. Sempre a tutela del cliente è stabilito il suo diritto alla preventiva informazione in ordine alla complessità e onerosità della prestazione.

La pubblicità professionale, secondo l'articolo 7, non è concepita in termini di liceità indiscriminata secondo modalità di tipo commerciale. Deve essere invece di tipo essenzialmente informativo, mentre viene esclusa ogni forma comparativa o non adeguata al decoro professionale.

L'articolo 8 obbliga tutti i professionisti a stipulare una assicurazione per i rischi derivanti dallo svolgimento delle loro attività economiche.

Con l'articolo 9 si è inteso estendere ai professionisti - come si è più volte chiesto inutilmente con emendamenti alle leggi finanziarie degli anni passati - le agevolazioni e gli incentivi stabiliti per altre attività.

I capi II, III, IV e V sono dedicati alla disciplina della associazione temporanea e delle società tra professionisti.

L'attività professionale può essere svolta in forma individuale, associativa o a mezzo di società tra professionisti. Si sono previsti diversi modelli organizzativi per meglio adattarsi alle diverse realtà, sempre però mantenendo il principio dell'esclusione del socio di puro capitale onde assicurare l'autonomia dell'agire professionale. Possono quindi essere soci unicamente persone fisiche che, già al momento della sottoscrizione delle quote sociali, siano in possesso dei requisiti previsti di abilitazione e di iscrizione all'albo. Non sono ammessi soggetti estranei alla professione ovvero soci capitalisti che possano compromettere la trasparenza o condizionare la libera attività su cui devono poter fare affidamento i cittadini. Sono ammesse società multiprofessionali.

Sono indicate delle incompatibilità in funzione della trasparenza e della correttezza. Le società si costituiscono per atto pubblico e possono esercitare l'attività solo dopo la loro iscrizione in appositi registri allegati agli albi. Con questa prescrizione si è voluto assoggettare le società stesse alla disciplina degli Ordini e, quindi, alla vigilanza deontologica e disciplinare.

Le società si articolano su due modelli principali: la società semplice tra professionisti (STP), a base personale, e la società professionale a responsabilità limitata (SPRL), a base capitalistica e destinata a organizzazioni più strutturate. L'amministrazione della STP è sempre affidata ai soci, mentre nella SPRL lo statuto può stabilire che sia amministrata anche da non soci, purché professionisti. Entrambe le società sono escluse dalle procedure concorsuali. In entrambe, la responsabilità professionale della società concorre con quella del professionista che ha eseguite l'atto professionale, sia pure con titolo diverso, ma con garanzie analoghe per il committente. La possibilità per quest'ultimo di individuare specificamente i singoli professionisti responsabili dell'incarico rende più trasparente e consapevole la relazione professionale.

Fortemente innovativa è la previsione di copertura assicurativa obbligatoria.

Di rilievo è la disposizione per cui le quote delle SPRL sono normalmente cedibili per atti tra vivi salvo eventuali limiti o clausole di gradimento poste dallo statuto, e la disciplina sul pegno e il sequestro delle stesse.

Alcune disposizioni in materia tributaria e contributiva sono volte a razionalizzare una materia già troppo onerosa per i professionisti.

Poiché per tutte le professioni sono previste forme di previdenza obbligatoria, l'articolo 15 prevede l'adeguamento ai fini previdenziali, sotto il profilo degli obblighi e dei diritti, del socio professionista. Per la tassazione della STP, trattandosi di società a base personale che ha per oggetto esclusivo l'esercizio di attività professionali, ne consegue logicamente il richiamo alle norme di determinazione del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni contenute nell'articolo 54 del testo unico delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Per la SPRL, in coerenza con la sua struttura, si è scelto per la tassazione un criterio diverso, più vicino a quello delle società di capitali, con un'imposta fissa del 30 per cento sugli utili.

Il capo VI delinea la struttura e le funzioni degli organi degli Ordini professionali articolati su due livelli territoriali: uno nazionale e uno locale, in rispondenza con le diverse esigenze degli Ordini e delle comunità.

In particolare, al fine di adeguare alle nuove esigenze gli Ordini ancora organizzati a livello locale, sono previsti dei coordinamenti regionali.

Vengono specificate le materie attribuite alla funzione regolamentare dei consigli nazionali. L'esigenza di dare un quadro organizzativo uniforme è contemperata dal riconoscimento di speciali autonomie ai consigli locali.

Il capo VII delinea le assemblee generali e locali.

Alla nuova regolamentazione della funzione disciplinare è dedicato il capo VIII. Essa è attribuita ad appositi organi, denominati consigli di disciplina. Il procedimento disciplinare deve garantire all'incolpato la difesa tecnica con la nomina di un difensore avvocato o collega del proprio ordine professionale; la possibilità di prendere cognizione ed estrarre copia dei documenti che formano il fascicolo; la possibilità di far pervenire memorie e di intervenire personalmente all'udienza per essere sentito dalla commissione. Sono stabilite tassativamente le sanzioni previste.

Il controllo sugli atti degli Ordini, disciplinato all'articolo 63, è affidato al Ministro della giustizia. L'articolo 68 prevede lo scioglimento dei consigli territoriali per gravi motivi, con la nomina di un commissario ad acta.

Il capo IX reca norme transitorie per la prima elezione degli organi statutari e risponde alla necessità di assicurare il rinnovo degli organismi con metodi assolutamente democratici e trasparenti. Infatti è previsto che lo statuto degli Ordini professionali, ai sensi del comma 2 dell'articolo 2, venga sottoposto all'approvazione degli iscritti mediante un'assemblea congressuale, composta dai delegati di ciascun Ordine territoriale in rapporto proporzionale con il numero degli iscritti. Detto statuto è trasmesso al Ministro della giustizia che, previa verifica di legittimità, lo adotta con proprio decreto. Entro un anno devono essere indette le elezioni dei nuovi organi statutari.

Le norme finali stabiliscono che la legge si applica a tutti gli Ordini ed i collegi professionali e che entro un anno dalla data della sua entrata in vigore il Governo deve emanare i regolamenti attuativi ai sensi della legge n. 400 del 1988.



 


proposta di legge

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Capo I

PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.

(Ambito di applicazione).

1. La presente legge disciplina l'esercizio delle professioni intellettuali, stabilendone i princìpi fondamentali, in attuazione degli articoli 35 e 117 della Costituzione e nel rispetto della normativa comunitaria.

2. Per professione intellettuale si intende l'attività, anche organizzata in forma associata o societaria, diretta al compimento di atti ovvero alla prestazione di servizi e di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale, per la quale è richiesto un titolo di studio universitario o equipollente avente valore legale.

3. Le norme della presente legge costituiscono princìpi generali degli ordinamenti professionali e possono essere modificate o derogate solo espressamente.

Art. 2.

(Attività professionali).

1. L'attività professionale è distinta dall'attività d'impresa. Essa si svolge nel rispetto delle norme deontologiche, a tutela del soggetto nell'interesse del quale la prestazione è resa e secondo i princìpi della personalità, dell'indipendenza e della responsabilità diretta e individuale o comunque concorrente del professionista che svolge la prestazione.

2. La legge dello Stato stabilisce quando l'attività professionale è subordinata a determinati requisiti formativi ed è riservata a coloro che sono iscritti ad appositi albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 del codice civile.

3. L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista. Sono fatti salvi i vincoli di predeterminazione numerica stabiliti dalle norme vigenti in materia.

4. Nel caso in cui l'abilitazione professionale costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, è obbligatoria l'iscrizione all'albo per l'espletamento delle relative funzioni.

Art. 3.

(Ordini professionali).

1. Gli Ordini professionali sono enti pubblici non economici istituiti per garantire il rispetto dei princìpi previsti dagli articoli 1 e 2. Ad essi non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni, la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

2. Fatti salvi gli Ordini professionali istituiti antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, l'istituzione di nuovi Ordini è subordinata alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti nello svolgimento di attività caratterizzate da gravi asimmetrie informative e dal rischio di danni sociali conseguenti a prestazioni non adeguate

3. Gli Ordini professionali hanno autonomia patrimoniale e finanziaria, determinano la propria organizzazione mediante uno statuto e disciplinano con appositi regolamenti, nel rispetto della presente legge, le seguenti materie:

a) tenuta e aggiornamento periodico degli albi;

b) verifica della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione agli albi;

c) deontologia professionale e procedimento disciplinare;

d) certificazione attestante la qualificazione professionale e controllo sulla permanenza dei requisiti di iscrizione agli albi;

e) disciplina della pubblicità professionale;

f) misura degli oneri associativi destinati alle spese di organizzazione e funzionamento degli organi rappresentativi.

Art. 4.

(Libere associazioni).

1. I professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge dello Stato possono costituire associazioni professionali.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, sono stabiliti i criteri per l'iscrizione delle associazioni professionali all'apposito registro istituito presso il Ministero della giustizia e le modalità di verifica iniziale e successiva dei requisiti professionali degli iscritti, acquisiti tramite idonei percorsi di formazione e aggiornamento professionale.

Art. 5.

(Accesso alla professione).

1. Fermo restando il possesso del titolo di studio previsto, per l'abilitazione all'esercizio di una professione che comprende lo svolgimento di attività riservate in esclusiva è prescritto un esame di Stato, al quale si accede dopo un corso di formazione istituito e disciplinato dagli Ordini professionali di intesa con le università.

2. In casi eccezionali, la legge può prevedere una preventiva determinazione del numero di coloro che possono conseguire l'abilitazione all'esercizio di particolari attività professionali che comportano lo svolgimento di pubbliche funzioni. In tali casi l'accesso alla professione si consegue mediante il ricorso a procedure di evidenza pubblica.

3. La disciplina del tirocinio, ove previsto, si conforma a criteri che garantiscono l'effettività dell'attività formativa e il suo adeguamento costante all'esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. È previsto un equo compenso del tirocinante, commisurato al suo concreto apporto, fiscalmente detraibile dal professionista. Al tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali. La durata del tirocinio non può essere superiore a tre anni. Secondo quanto previsto da ciascun ordinamento, esso può essere svolto in concomitanza al corso di studio necessario per il conseguimento dell'abilitazione professionale, ovvero mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione degli esami di Stato o all'estero, sotto la responsabilità di un professionista. Il tirocinio può essere svolto, secondo quanto previsto da ciascun ordinamento e comunque sempre sotto la responsabilità di un professionista, anche presso amministrazioni e società che svolgono attività nel settore di riferimento della professione. Il professionista che accoglie presso il suo studio il tirocinante deve essere iscritto all'albo e avere una adeguata anzianità di iscrizione.

4. Con regolamento governativo è dettata la disciplina dell'esame di Stato, garantendo l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e dell'attitudine necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale. Le prove per l'esame di Stato devono essere uniformi e previste uguali sul territorio nazionale. Nelle commissioni giudicatrici non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, è designata dall'Ordine territoriale tra gli iscritti agli albi con adeguata anzianità.

Art. 6.

(Tariffe).

1. Il professionista è tenuto a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili al momento del conferimento.

2. Il compenso spettante al professionista è fissato previa determinazione consensuale fra le parti, fatto salvo il rispetto delle tariffe minime stabilite con decreto del Ministro della giustizia nell'interesse generale.

3. Le tariffe professionali sono stabilite ogni triennio, su proposta dei rispettivi consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato, e indicano i livelli minimi inderogabili, nonché livelli i massimi, non vincolanti in caso di determinazione consensuale.

4. In caso di mancata determinazione consensuale del compenso, ovvero in caso di liquidazione giudiziale di compensi, si applicano tariffe professionali stabilite con decreto del Ministro della giustizia.

5. Per professioni organizzate in associazioni, o che non hanno una tariffa stabilita dalla legge, il compenso per la prestazione deve essere stabilito su accordo delle parti, o, in difetto, dal giudice, anche arbitrale.

6. Sono fatte salve le disposizioni vigenti che stabiliscono tariffe, aliquote, tabelle di compensi e corrispettivi per attività professionali per settori ovvero per materie determinati.

Art. 7.

(Informazione all'utenza).

1. Il professionista può pubblicizzare il proprio nome e cognome, titolo e albo di appartenenza, le eventuali specializzazioni conseguite nonché la ragione sociale della società tra professionisti di cui fa parte. È proibita ogni forma pubblicitaria comparativa o non adeguata al decoro e al prestigio professionali.

2. I regolamenti di cui all'articolo 3, comma 3, possono prevedere i limiti necessari per assicurare la correttezza dell'informazione pubblicitaria.

Art. 8.

(Assicurazione obbligatoria).

1. Il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale.

2. Il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

3. I codici deontologici degli Ordini di appartenenza prevedono le conseguenze disciplinari della violazione dell'obbligo di cui al comma 1.

4. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente articolo possono essere negoziate, in convenzione per i propri iscritti, dagli Ordini di appartenenza, dalle associazioni e da enti previdenziali.

Art. 9.

(Agevolazioni e incentivi).

1. I provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi diretti a favorire lo sviluppo dell'occupazione e gli investimenti non possono escludere dalle categorie dei destinatari di tali benefìci coloro che esercitano attività professionali.

Capo II

SOCIETÀ E ASSOCIAZIONI

TRA PROFESSIONISTI IN GENERALE

Art. 10.

(Società e associazioni tra professionisti).

1. Al fine di svolgere in comune l'attività professionale alla quale sono abilitati, i professionisti possono costituire tra loro società o associazioni temporanee disciplinate dalla presente legge.

2. Nel rispetto dei princìpi della presente legge possono essere costituite tra professionisti, anche se iscritti a Ordini professionali diversi, società con lo scopo di organizzare stabilmente in comune l'esercizio delle rispettive prestazioni professionali ovvero associazioni temporanee per il compimento di incarichi determinati.

3. L'attività dei soci e dei collaboratori o addetti è soggetta alla disciplina vigente per l'esercizio delle professioni intellettuali delle singole professioni.

4. L'incarico affidato alla società può indicare specificamente il professionista o i professionisti che devono curarne l'esecuzione.

5. Salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni legislative per particolari attività, le professioni per cui è richiesta l'iscrizione agli albi non possono essere svolte in forma associativa diversa dall'associazione o dalla società tra professionisti.

6. La società tra professionisti non è soggetta alle procedure concorsuali.

Art. 11.

(Registro delle società professionali).

1. Presso ogni Ordine professionale è tenuto un registro delle società professionali.

2. Quando la società è formata da professionisti iscritti ad albi diversi, la società è iscritta in ognuno di essi, ma deve essere cancellata qualora rimanga priva di soci dotati dell'abilitazione per l'iscrizione in un determinato albo. L'iscrizione della società nel registro delle società professionali è richiesta contestualmente al deposito dell'atto costitutivo.

3. Se il notaio o gli amministratori non provvedono al deposito nel termine prescritto, ciascun socio può provvedervi a spese della società. L'Ordine professionale tenutario del registro, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la società nel registro medesimo.

4. La società tra professionisti è iscritta nel registro delle società professionali istituito presso l'albo del consiglio dell'Ordine territoriale nella cui circoscrizione è posta la sede legale. Le eventuali sedi secondarie con rappresentanza stabile sono iscritte nel registro delle società professionali tenuto dal consiglio dell'Ordine territoriale nella cui circoscrizione le sedi sono istituite. Se la istituzione non è contenuta nell'atto costitutivo, le sedi secondarie devono inoltre essere denunciate al consig1io dell'Ordine presso il quale la società è iscritta per l'annotazione.

5. La società deve mantenere nella propria sede e nelle eventuali sedi secondarie un ufficio nel quale si svolga l'attività professionale.

6. La domanda di iscrizione nel registro delle società professionali è rivolta al consiglio dell'Ordine ed è corredata dai seguenti documenti:

a) atto costitutivo in copia autentica;

b) certificato di iscrizione nell'albo dei soci non iscritti presso il consiglio dell'Ordine cui è rivolta la domanda o dichiarazione sostitutiva.

7. Il consiglio dell'Ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel termine di trenta giorni dalla domanda dispone l'iscrizione della società nel registro delle società professionali, con la indicazione della ragione sociale, dell'oggetto, della sede legale e delle sedi secondarie eventualmente istituite, del nominativo dei soci che hanno la rappresentanza, dei soci iscritti nell'albo, nonché dei soci iscritti in altro albo.

8. Per l'iscrizione delle sedi secondarie con rappresentanza stabile, la domanda è corredata da un estratto dell'atto costitutivo ovvero dalla delibera di istituzione della sede in copia autentica, con l'indicazione del consiglio dell'Ordine presso il quale la società è iscritta e la data di iscrizione, nonché dal certificato di iscrizione all'albo dei soci che operano nell'ambito della sede secondaria, se iscritti presso altro consiglio dell'Ordine.

9. Le deliberazioni che importano modificazioni dell'atto costitutivo, le variazioni della composizione sociale e ogni fatto incidente sull'esercizio dei diritti di voto sono comunicati al consiglio dell'Ordine entro il termine di trenta giorni dal momento in cui si verificano. Il consiglio dell'Ordine, verificata l'osservanza delle disposizioni di legge, nel termine di trenta giorni dispone l'annotazione della variazione nel registro delle società professionali. Il consiglio dell'Ordine presso il quale è iscritta la società provvede alla cancellazione della stessa dall'albo, qualora sia venuto meno uno dei requisiti previsti dal presente capo e la situazione di irregolarità non sia stata sanata nel termine perentorio di tre mesi dal momento in cui si è verificata.

 

Art. 12.

(Limitazioni all'esercizio dell'attività professionale in forma societaria).

1. L'esercizio in forma individuale dell'attività professionale è incompatibile con la partecipazione a una società tra professionisti. L'esercizio in forma societaria non è consentito in più di una società; tuttavia più società tra professionisti possono riunirsi in associazione temporanea per il compimento di incarichi determinati e la società professionale a responsabilità limitata, di cui al capo V, ove lo statuto lo preveda, può partecipare ad altra società dello stesso tipo.

2. Le incompatibilità di cui al comma 1 si applicano rispettivamente fino alla comunicazione della dichiarazione di recesso dalla società ovvero fino all'iscrizione della stessa secondo le disposizioni della presente legge.

3. Non può mantenere la qualità di socio o associato colui che è cancellato o radiato dall'albo. La sospensione di un socio dall'albo è causa legittima di esclusione dalla società o dall'associazione temporanea.

Art. 13.

(Responsabilità disciplinare).

1. La società tra professionisti è soggetta alla vigilanza disciplinare e deontologica degli Ordini professionali cui è iscritta, i quali determinano le sanzioni da applicarsi alle condotte censurabili.

2. Se la violazione commessa dal professionista è ricollegabile a direttive impartite dalla società, la responsabilità disciplinare di quest'ultimo concorre con quella degli amministratori della società.

3. Nel caso previsto dal comma 2, il consiglio dell'Ordine presso il quale è iscritta la società è competente anche per il procedimento disciplinare nei confronti del professionista, benché iscritto presso altro consiglio dell'Ordine, salvo che l'illecito disciplinare contestato al professionista riguardi un'attività non svolta nell'interesse della società.

4. La previsione di cui al comma 3 si applica anche nel caso in cui l'illecito disciplinare contestato riguardi un'attività professionale svolta dal professionista nell'ambito di una sede secondaria.

Art. 14.

(Limitazioni per le elezioni dei consigli locali e nazionali).

1. Le società tra professionisti non hanno diritto di elettorato, né attivo né passivo, nelle elezioni dei consigli locali e nazionali.

2. Non può essere eletto più di un socio della medesima società nel consiglio locale o nel consiglio nazionale per ogni Ordine professionale presso cui è iscritta la società.

Art. 15.

(Disposizioni previdenziali e fiscali).

1. L'attività professionale svolta in forma societaria dà luogo agli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali vigenti per l'attività individuale. I contributi di carattere integrativo sono dovuti nella stessa misura che si applica agli atti compiuti dal singolo professionista in relazione agli utili conseguiti.

2. Ai fini fiscali il reddito della società semplice tra professionista è determinato in base all'articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è imputato a ciascun socio, in proporzione agli utili conseguiti. Il reddito della società professionale a responsabilità limitata è costituito dall'utile conseguito dalla società nell'esercizio. Su di esso è dovuta dalla società un'imposta diretta del 30 per cento. L'utile residuo distribuito ai soci non è soggetto a ulteriore imposizione sul reddito. Su tale utile distribuito è calcolato e imputato a ciascun socio il contributo previdenziale obbligatorio.

3. Eventuali compensi percepiti per l'attività prestata per le funzioni di amministrazione della società si considerano derivanti dall'esercizio di arti e professioni. A essi non si applica il contributo integrativo.

Capo III

ASSOCIAZIONE TEMPORANEA

TRA PROFESSIONISTI

Art. 16.

(Costituzione).

1. Si costituisce un'associazione temporanea tra professionisti quando due o più professionisti covengono di riunirsi per eseguire in comune un'opera o un mandato professionali determinati.

2. I rapporti interni tra i professionisti sono regolati da atto scritto antecedente l'assunzione dell'incarico, il quale deve indicare a pena di nullità l'opera o il mandato da eseguire e, almeno sommariamente, le porzioni, fasi o percentuali di esso che ciascun professionista deve eseguire e il criterio di distribuzione dei proventi, oltre all'indicazione del professionista mandatario.

3. Nell'associazione temporanea tra professionisti non vi è costituzione di un fondo o patrimonio comune, ma ciascun associato risponde personalmente verso i terzi delle obbligazioni assunte per il compimento dell'opera professionale.

Art. 17.

(Obblighi e poteri del professionista mandatario).

1. Il professionista mandatario rappresenta l'associazione temporanea verso il committente, ha la direzione e il coordinamento dei lavori, riceve i compensi dal committente medesimo e li rendiconta agli altri associati.

Art. 18.

(Responsabilità verso il committente).

1. Tutti i professionisti associati sono personalmente e illimitatamente responsabili nei confronti del committente per l'attività professionale svolta in esecuzione dell'incarico.

2. A tale scopo il professionista mandatario, prima dell'accettazione del mandato professionale, comunica al committente il nome e cognome e le qualifiche professionali dei professionisti associati.

Capo IV

SOCIETÀ SEMPLICE

TRA PROFESSIONISTI

Art. 19.

(Ragione sociale).

1. La società semplice tra professionisti agisce sotto la ragione sociale costituita dal nome e cognome e dal titolo professionale di tutti i soci, ovvero di uno o più soci seguito dalla locuzione «ed altri», e deve contenere l'indicazione di società semplice tra professionisti, in forma abbreviata s.t.p.

2. Non è consentita l'indicazione del nome e cognome di un socio dopo la cessazione della sua appartenenza alla società.

3. L'atto costitutivo può essere modificato con deliberazione adottata da tutti i soci all'unanimità, salvo che l'atto costitutivo medesimo preveda la deliberazione a maggioranza con le relative modalità.

Art. 20.

(Invalidità della società).

1. La nullità della società semplice tra professionisti per vizi di costituzione può essere pronunciata solo nei casi previsti dalle disposizioni che disciplinano la nullità dei contratti.

2. La dichiarazione di nullità o la pronuncia di annullamento non pregiudicano l'efficacia degli atti compiuti in nome della società.

3. La sentenza che dichiara la nullità o che pronuncia l'annullamento nomina uno o più liquidatori, in persona dei soci o di terzi, purché professionisti iscritti nel registro in cui è iscritta la società.

4. L'invalidità non può essere pronunciata quando la causa di essa è stata eliminata per effetto di una modificazione dell'atto costitutivo iscritta nel registro in cui è iscritta la società.

5. La responsabilità dei soci non è esclusa dalla dichiarazione di nullità o dall'annullamento dell'atto costitutivo.

Art. 21.

(Requisiti soggettivi dei soci).

1. I soci della società semplice tra professionisti devono essere iscritti in albi professionali.

Art. 22.

(Subentro di nuovi soci).

1. I diritti di partecipazione alla società semplice tra professionisti possono essere ceduti per atto tra vivi solo con il consenso di tutti i soci, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo.

2. In caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi e questi abbiano i requisiti professionali richiesti e vi acconsentano.

Art. 23.

(Amministrazione).

1. L'amministrazione della società semplice tra professionisti spetta ai soci e non può essere affidata a terzi.

2. Salvo diversa pattuizione, l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri.

Art. 24.

(Incarico professionale e obblighi di informazione).

1. L'incarico professionale conferito alla società semplice tra professionisti può essere eseguito solo da uno o più soci in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale richiesta.

2. La società deve informare il cliente, prima della conclusione del contratto, che l'incarico professionale potrà essere eseguito da ciascun socio in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività, professionale richiesta; il cliente ha diritto di chiedere che l'esecuzione dell'incarico sia affidata ad uno o più soci da lui scelti sulla base di un elenco scritto con l'indicazione dei titoli e delle qualifiche professionali di ciascuno di essi.

3. In difetto di scelta, la società comunica al cliente il nome e cognome del socio o dei soci incaricati, prima dell'inizio dell'esecuzione del mandato professionale.

4. La prova dell'adempimento degli obblighi di informazione prescritti dai commi 2 e 3 e il nome e cognome del socio o dei soci indicati dal cliente devono risultare da atto scritto.

Art. 25.

(Compensi).

1. I compensi derivanti dall'attività professionale dei soci costituiscono crediti della società.

Art. 26.

(Partecipazioni agli utili).

1. Lo statuto delle società disciplinate dal presente capo stabilisce la partecipazione agli utili dei soci che, in difetto, si presume in parti uguali.

2. I soci hanno diritto alla distribuzione annuale degli utili.

3. Lo statuto disciplina altresì la corresponsione di acconti sugli utili derivanti dall'attività svolta e il limite massimo stabilito per gli accantonamenti degli stessi.

Art. 27.

(Responsabilità).

1. La società risponde con il suo patrimonio. Il socio o i soci incaricati dal committente sono personalmente e illimitatamente responsabili verso di lui per l'attività professionale svolta in esecuzione dell'incarico.

2. In difetto della comunicazione prevista dall'articolo 24, comma 3, per le obbligazioni derivanti dall'attività professionale svolta da uno o più soci, oltre alla società, sono responsabili illimitatamente e solidalmente tutti i soci.

3. Per le obbligazioni sociali non derivanti dall'attività professionale rispondono inoltre personalmente e illimitatamente tutti i soci, ai sensi dell'articolo 2291 del codice civile. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.

4. La sentenza pronunciata nei confronti della società fa stato ed è efficace anche nei confronti del socio o dei soci incaricati ovvero nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali possono intervenire nel giudizio e possono impugnare la sentenza.

Capo V

SOCIETÀ PROFESSIONALE

A RESPONSABILITÀ LIMITATA

Sezione I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 28.

(Responsabilità).

1. Nella società professionale a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. Tutte le attività riservate a soggetti iscritti in albi professionali devono essere svolte da professionisti abilitati secondo l'ordinamento della rispettiva professione.

2. Questi ultimi, anche se non soci, sono comunque soggetti alla responsabilità extracontrattuale verso il committente e a quella disciplinare per gli atti compiuti nell'esecuzione dell'opera professionale.

3. In ogni caso la società, per esercitare, deve essere assicurata contro la responsabilità derivante dall'esecuzione delle prestazioni professionali per un massimale non inferiore a 500.000 euro per sinistro.

4. In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte nel periodo in cui l'intera partecipazione è appartenuta ad una sola persona, questa risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dall'articolo 30, o fino a quando non sia stata attuata presso il registro delle società professionali di cui all'articolo 11 la pubblicità prescritta dall'articolo 2470 del codice civile.

 

Art. 29.

(Costituzione).

1. La società può essere costituita con contratto o con atto unilaterale. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e deve indicare:

a) il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o di costituzione, il domicilio o la sede, la cittadinanza di ciascun socio e la sua iscrizione in un albo professionale;

b) la denominazione della società, contenente l'indicazione di società professionale a responsabilità limitata, in forma abbreviata s.p.r.l., e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

c) l'attività che costituisce l'oggetto sociale;

d) l'ammontare del capitale sottoscritto, non inferiore a 50.000 euro, e di quello versato;

e) i conferimenti di ciascun socio e il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura;

f) la quota di partecipazione di ciascun socio;

g) le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione e la rappresentanza;

h) le persone cui è affidata l'amministrazione e gli eventuali soggetti incaricati del controllo contabile;

i) l'importo globale, almeno approssimativo, della spese per la costituzione poste a carico della società.

2. Per procedere alla costituzione della società è inoltre necessario:

a) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;

b) che siano rispettate le previsioni degli articoli della sezione II relative ai conferimenti;

c) che i soci posseggano le necessarie abilitazioni e sussistano le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto, compreso l'obbligo assicurativo.

3. Se la ragione sociale contiene il nome e cognome di uno o più soci essa deve essere modificata dopo la cessazione dell'appartenenza di questi alla società, salvo diverso accordo tra la società e il socio cessato o i suoi eredi. In tale caso l'utilizzazione del nome e cognome è consentita con l'indicazione «ex socio» o «socio fondatore» accanto al nominativo utilizzato.

4. Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo entro venti giorni presso il registro delle società professionali nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti comprovanti la sussistenza delle condizioni previste alle lettere a), b) e c) del comma 2.

5. Con l'iscrizione nel registro delle società professionali la società acquista la personalità giuridica.

6. Per le operazioni compiute in nome della società prima dell'iscrizione nel registro delle società professionali sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore e quelli tra i soci che nell'atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento dell'operazione.

7. Qualora successivamente all'iscrizione nel registro delle società professionali la società abbia approvato un'operazione prevista dal comma 6, è responsabile anche la società ed essa è tenuta a manlevare coloro che hanno agito.

8. Le somme depositate quali conferimenti non possono essere consegnate agli amministratori se questi non provano l'avvenuta iscrizione della società nel registro delle società professionali. Se entro novanta giorni dalla stipulazione dell'atto costitutivo l'iscrizione non ha avuto luogo, esse sono restituite ai sottoscrittori e l'atto costitutivo perde efficacia.

9. Prima dell'iscrizione nel registro delle società professionali è vietata l'emissione di titoli di debito.

10. Avvenuta l'iscrizione nel registro delle società professionali, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:

a) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico;

b) illiceità dell'oggetto sociale;

c) mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società o i conferimenti o le abilitazioni dei soci o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.

11. La dichiarazione di nullità della società non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l'iscrizione nel registro delle società professionali.

12. I soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali.

13. La sentenza che dichiara la nullità della società nomina i liquidatori.

14. La nullità della società non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle società professionali. Il dispositivo della sentenza che dichiara la nullità deve essere iscritto nel registro delle società professionali, a cura degli amministratori o dei liquidatori.

15. I soci fondatori possono riservarsi, nell'atto costitutivo, una partecipazione non superiore complessivamente a un decimo degli utili netti risultanti dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni.

Sezione II

CONFERIMENTI E QUOTE

Art. 30.

(Conferimenti).

1. Il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. Possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica.

2. Se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in denaro.

3. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il 25 per cento dei conferimenti in denaro e l'intero soprapprezzo o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Il versamento può essere sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con le caratteristiche determinate con decreto del Ministro della giustizia; in tale caso, il socio può in ogni momento sostituire la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in denaro.

4. Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si applicano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255 del codice civile. Le quote corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.

5. Il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui sono garantiti, per l'intero valore ad essi assegnato, gli obblighi eventualmente assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d'opera o di servizi a favore della società. In tale caso, se l'atto costitutivo lo prevede, la polizza o la fideiussione possono essere sostituite dal socio con il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in denaro presso la società.

6. Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni.

Art. 31.

(Stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti).

1. Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di un esperto o di una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili o di una società di revisione iscritta nell'apposito registro. La relazione, che deve contenere la descrizione dei beni o crediti conferiti, l'indicazione dei criteri di valutazione adottati e l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo, deve essere allegata all'atto costitutivo.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano in caso di acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo dei capitale sociale, di beni o di crediti dei soci fondatori, dei soci e degli amministratori, entro due anni dall'iscrizione della società nel registro delle società professionali. In tale caso l'acquisto, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, deve essere autorizzato con decisione dei soci a norma dell'articolo 49.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 si applicano il secondo comma dell'articolo 2343 e i commi quarto e quinto del l'articolo 2343-bis del codice civile.

Art. 32.

(Mancata esecuzione dei conferimenti. Finanziamenti dei soci).

1. Se il socio non esegue il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori lo diffidano a eseguirlo nel termine di trenta giorni. Decorso inutilmente tale termine, gli amministratori, qualora non ritengano utile promuovere azione per l'esecuzione dei conferimenti dovuti, possono vendere agli altri soci, in proporzione la loro partecipazione, la quota dei socio moroso.

2. La vendita è effettuata a rischio e pericolo del medesimo per il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato. In mancanza di offerte per l'acquisto, se l'atto costitutivo lo consente, la quota è venduta ad altro professionista non socio.

3. Se la vendita non può avere luogo per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio, trattenendo le somme riscosse. Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente.

4. Il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci.

5. Le disposizioni dei precedenti commi si applicano anche nel caso in cui per qualsiasi motivo siano scadute o divengano inefficaci la polizza assicurativa o la garanzia bancaria prestate ai sensi dell'articolo 2464, sesto comma, del codice civile. Resta salva in tale caso la possibilità del socio di sostituirle con il versamento del corrispondente importo in denaro.

6. Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori.

7. Ai fini del comma 6, si considerano finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Art. 33.

(Quote di partecipazione).

1. Il capitale sociale è diviso in quote che rappresentano la partecipazione di ciascun socio. Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all'investimento.

2. Salvo quanto disposto dal comma 4, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta.

3. Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento.

4. Resta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'accettazione degli incarichi, l'amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

5. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo e salvo in ogni caso quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 39, i diritti previsti dal comma 4 del presente articolo possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci.

6. Nel caso di pegno o sequestro delle partecipazioni il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o al custode solo se professionisti iscritti negli albi in cui è registrata la società; in caso contrario deve essere nominato un curatore speciale, scelto tra i professionisti iscritti agli albi in cui la società è registrata.

7. Se le partecipazioni sottoposte a pegno o sequestro attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio e al medesimo sono attribuite le partecipazioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio dei diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo o procurino un nuovo socio che lo eserciti, il capitale sociale deve essere ridotto in misura corrispondente al valore non sottoscritto.

8. Nel caso di aumento del capitale sociale il pegno o il sequestro si estendono alle quote di nuova emissione.

9. Se sono richiesti versamenti sulle partecipazioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; in mancanza, il creditore pignoratizio può vendere le partecipazioni nel modo stabilito dal presente articolo.

10. Salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o sequestro, sia al socio sia al creditore pignoratizio o al custode.

Art. 34.

(Trasferimento delle partecipazioni).

1. Le partecipazioni sono liberamente trasmissibili tra professionisti iscritti agli albi in cui è registrata la società per atto tra vivi e per successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo.

2. Qualora l'atto costitutivo preveda l'intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 39.

3. In tali casi l'atto costitutivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale il recesso non può essere esercitato.

Art. 35.

(Efficacia e pubblicità).

1. Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento dell'iscrizione nei libro dei soci, secondo quanto previsto al comma 2.

2. L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro trenta giorni, a cura del notaio autenticante, presso il registro delle società professionali nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. L'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci ha luogo, su richiesta dell'alienante o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui risultino il trasferimento e l'avvenuto deposito.

3. In caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione attestante il possesso della qualità di successore e dell'abilitazione professionale.

4. Se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro delle società professionali è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.

5. Quando l'intera partecipazione appartiene ad un solo socio o muta la persona dell'unico socio, gli amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle società professionali una dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e nome o della denominazione, della data e del luogo di nascita o di costituzione, del domicilio o della sede e cittadinanza dell'unico socio.

6. Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare apposita dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle società professionali.

7. L'unico socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità prevista nei commi precedenti.

8. Le dichiarazioni degli amministratori previste dai commi 4 e 5 devono essere depositate entro trenta giorni dall'iscrizione nel libro dei soci e devono indicare la data di tale iscrizione.

Art. 36.

(Espropriazione della partecipazione).

1. La partecipazione può formare oggetto di espropriazione. Il pignoramento si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle società professionali. Gli amministratori procedono senza indugio all'annotazione nel libro dei soci.

2. L'ordinanza del giudice che dispone la vendita della partecipazione deve essere notificata alla società a cura del creditore.

3. Se la partecipazione non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordarlo sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto; la vendita è peraltro priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro professionista acquirente che offra lo stesso prezzo.

4. Le disposizioni del comma precedente si applicano anche in caso di fallimento di un socio.

Art. 37.

(Pegno e sequestro della partecipazione).

1. La partecipazione può formare oggetto di pegno e sequestro. Salvo quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 36, si applicano le disposizioni dell'articolo 33.

Art. 38.

(Responsabilità dell'alienante per i versamenti ancora dovuti).

1. Nel caso di cessione della partecipazione, l'alienante è obbligato solidalmente con l'acquirente, per il periodo di tre anni dall'iscrizione del trasferimento nei libro dei soci, per i versamenti ancora dovuti. Il pagamento non può essere domandato all'alienante se non quando la richiesta al socio moroso è rimasta infruttuosa.

Art. 39.

(Recesso o perdita delle capacità professionali del socio).

1. L'atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità.

2. In ogni caso il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo di società, alla sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione, al trasferimento della sede all'estero, alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo o al compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto della società determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti attribuiti ai soci ai sensi dell'articolo 33, comma 4. Restano salve le disposizioni in materia di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.

3. Nel caso di società contratta a tempo indeterminato, il diritto di recesso compete al socio in ogni momento e può essere esercitato con un preavviso di almeno sei mesi; l'atto costitutivo può prevedere un periodo di preavviso di durata maggiore purché non superiore ad un anno.

4. I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale. Esso a tale fine è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso; in caso di disaccordo la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente; si applica in tale caso il primo comma dell'articolo 1349 del codice civile.

5. Il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso deve essere eseguito entro sei mesi dalla comunicazione del medesimo fatta alla società. Esso può avvenire anche mediante acquisto da parte degli altri soci, proporzionalmente alle loro partecipazioni, oppure da parte di un terzo concordemente individuato dai soci medesimi. Qualora ciò non avvenga, il rimborso è effettuato utilizzando riserve disponibili o, in mancanza, riducendo corrispondentemente il capitale sociale; in quest'ultimo caso si applica l'articolo 57 e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società è posta in liquidazione.

6. Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società.

7. Coi medesimi criteri di cui ai commi 4, 5 e 6 è liquidata la partecipazione del socio che abbia perduto la capacità professionale.

8. La sospensione temporanea dall'albo non comporta la liquidazione della quota.

Art. 40.

(Esclusione del socio).

1. L'atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio. In tale caso si applicano le disposizioni dell'articolo 39, esclusa la possibilità del rimborso della partecipazione mediante riduzione del capitale sociale.

Art. 41.

(Operazioni sulle proprie partecipazioni).

1. In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione.

Sezione III

AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETÀ

E CONTROLLI

Art. 42.

(Amministrazione della società).

1. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci e presa ai sensi dell'articolo 49. In caso di deroga, gli amministratori non soci devono essere comunque professionisti iscritti negli albi in cui è iscritta la società.

2. Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, gli amministratori devono chiederne l'iscrizione nel registro delle società professionali, indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.

3. Le cause di nullità o di annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono opponibili ai terzi dopo l'adempimento della prescritta pubblicità, salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza.

4. Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere, salvo quanto disposto al comma 6, che l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente; in tali casi si applicano, rispettivamente, gli articoli 2257 e 2258 del codice civile.

5. Qualora sia costituito un consiglio di amministrazione, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tale caso dai documenti sottoscritti dagli amministratori devono risultare con chiarezza l'argomento oggetto della decisione e il consenso alla stessa.

6. La redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o di scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale ai sensi dell'articolo 53, sono in ogni caso di competenza del consiglio di amministrazione.

Art. 43.

(Rappresentanza della società).

1. Gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società.

2. Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dall'atto costitutivo o dall'atto di nomina, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.

Art. 44.

(Conflitto di interessi).

1. I contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo.

2. Le decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società, qualora le cagionino un danno patrimoniale, possono essere impugnate entro tre mesi dagli amministratori e, ove esistenti, dai soggetti previsti dall'articolo 46.

3. In ogni caso sono fatti salvi i diritti acquisiti in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della decisione.

Art. 45.

(Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci).

1. Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per l'amministrazione della società. Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino da essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l'atto si stava per compiere, abbiano fatto constare il proprio dissenso.

2. I soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali, e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione.

3. L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi. In tale caso il giudice può subordinare il provvedimento alla prestazione di apposita cauzione.

4. In caso di accoglimento della domanda la società, salvo il suo diritto di regresso nei confronti degli amministratori, rimborsa agli attori le spese di giudizio e quelle da essi sostenute per l'accertamento dei fatti.

5. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'azione di responsabilità contro gli amministratori può essere oggetto di rinuncia o transazione da parte della società, purché vi consenta una maggioranza dei soci rappresentante almeno i due terzi del capitale sociale e purché non si oppongano tanti soci che rappresentano almeno un decimo del capitale sociale.

6. Le disposizioni dei precedenti commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori.

7. Sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi del presente articolo, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.

8. L'approvazione del bilancio da parte dei soci non implica liberazione degli amministratori e dei sindaci per le responsabilità in cui siano incorsi nella gestione sociale.

Art. 46.

(Controllo legale dei conti).

1. L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e i poteri, la nomina di un collegio sindacale o di un revisore.

2. La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le società per azioni.

3. La nomina del collegio sindacale è altresì obbligatoria se per due esercizi consecutivi siano stati superati due dei limiti indicati dal primo comma dell'articolo 2435-bis del codice civile. L'obbligo cessa se, per due esercizi consecutivi, due dei predetti limiti non sono superati.

4. Nei casi previsti dai comma 2 e 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia di società per azioni.

Art. 47.

(Libri sociali obbligatori).

1. Oltre ai libri e alle altre scritture contabili prescritti nell'articolo 2214 del codice civile, la società deve tenere:

a) il libro dei soci, nel quale devono essere indicati il nome e cognome dei soci, la partecipazione di spettanza di ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni, nonché le variazioni nelle persone dei soci;

b) il libro delle decisioni dei soci, nel quale sono trascritti senza indugio sia i verbali delle assemblee, anche se redatti per atto pubblico, sia le decisioni prese ai sensi del primo periodo del comma 3 dell'articolo 49; la relativa documentazione è conservata dalla società;

c) il libro delle decisioni degli amministratori;

d) il libro delle decisioni del collegio sindacale o del revisore nominati ai sensi dell'articolo 46.

2. I libri di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 devono essere tenuti a cura degli amministratori e il libro di cui alla lettera d) del medesimo comma 1 a cura dei sindaci o del revisore.

3. I contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro di cui alla lettera c) del comma 1 o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.

Art. 48.

(Bilancio e distribuzione degli utili ai soci).

1. Il bilancio deve essere redatto con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 2423, 2423-bis, 2423-ter, 2424, 2424-bis. 2425, 2425-bis, 2426, 2427, 2428, 2429, 2430 e 2431 del codice civile, salvo quanto disposto dall'articolo 2435-bis del medesimo codice.

2. Il bilancio è presentato ai soci entro il termine stabilito dall'atto costitutivo e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale, salva la possibilità di un maggiore termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato e quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura e all'oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall'articolo 2428 del codice civile le ragioni della dilazione.

3. Entro trenta giorni dalla decisione dei soci di approvazione del bilancio devono essere depositati presso il registro delle società professionali copia del bilancio approvato corredata dalle, relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 del codice civile nonché dal verbale di approvazione dell'assemblea, oltre che dall'elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali.

4. La decisione dei soci che approva il bilancio decide sulla distribuzione degli utili ai soci. Possono essere distribuiti esclusivamente gli utili realmente conseguiti e risultanti da bilancio regolarmente approvato.

5. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a distribuzione degli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.

6. Gli utili erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti.

 

Sezione IV

DECISIONI DEI SOCI

 

Art. 49.

(Decisioni dei soci).

1. I soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall'atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione.

2. In ogni caso sono riservate alla competenza dei soci:

a) l'approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili;

b) la nomina, se prevista nell'atto costitutivo, degli amministratori;

c) la nomina, nei casi previsti dall'articolo 46, dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore;

d) le modificazioni dell'atto costitutivo;

e) la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci.

3. L'atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tale caso dai documenti sottoscritti dai soci devono risultare con chiarezza l'argomento oggetto della decisione e il consenso alla stessa.

4. Qualora nell'atto costitutivo non vi sia la previsione di cui al comma 3 e in ogni caso con riferimento alle materie di cui alla lettera d) e e) del comma 2 oppure quando lo richiedono uno o più amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale, le decisioni dei soci devono essere adottate mediante deliberazione assembleare ai sensi dell'articolo 50.

5. Ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni previste dal presente articolo e il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione.

6. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, le decisioni dei soci sono prese con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.

 

Art. 50.

(Assemblea dei soci).

1. L'atto costitutivo determina i modi di convocazione dell'assemblea dei soci, tali comunque da assicurare la tempestiva informazione sugli argomenti da trattare. In mancanza, la convocazione è effettuata mediante lettera raccomandata spedita ai soci almeno otto giorni prima dell'adunanza nel domicilio risultante dal libro dei soci.

2. Se l'atto costitutivo non dispone diversamente, il socio può farsi rappresentare in assemblea e la relativa documentazione è conservata secondo quanto prescritto dall'articolo 47, comma 1, lettera b).

3. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'assemblea si riunisce presso la sede sociale; è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale; delibera a maggioranza assoluta e, nei casi previsti dalle lettere d) e e) del comma 2 dell'articolo 49, con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale.

4. L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nell'atto costitutivo o, in mancanza, da quella designata dagli intervenuti. Il presidente dell'assemblea verifica la regolarità della costituzione, accerta l'identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento e accerta i risultati delle votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale.

5. In ogni caso la deliberazione si intende adottata quando ad essa partecipa l'intero capitale sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono presenti o informati della riunione e nessuno si oppone alla trattazione dell'argomento.

 

Art. 51.

(Invalidità delle decisioni dei soci).

1. Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro tre mesi dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il giudice, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a sei mesi per l'adozione di una nuova decisione idonea a eliminare la causa di invalidità.

2. Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili ai sensi del comma 1 le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.

3. Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite.

4. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2377, quarto, sesto, settimo e ottavo comma, 2378, 2379-bis, 2379-ter e 2434-bis del codice civile.

 

Sezione V

MODIFICAZIONI DELL'ATTO COSTITUTIVO

Art. 52.

(Modificazioni dell'atto costitutivo).

1. Le modificazioni dell'atto costitutivo sono deliberate dall'assemblea dei soci ai sensi dell'articolo 50. Il verbale è redatto da un notaio. Si applica l'articolo 2436 del codice civile.

Art. 53.

(Aumento di capitale).

1. L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale, determinandone i limiti e le modalità di esercizio; la decisione degli amministratori, che deve risultare da verbale redatto senza indugio da un notaio, deve essere depositata e iscritta nel registro delle società professionali.

2. La decisione di aumentare il capitale sociale non può essere attuata fino a quando i conferimenti precedentemente dovuti non sono stati integralmente eseguiti.

Art. 54.

(Aumento di capitale mediante nuovi conferimenti).

1. In caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti, spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione alle partecipazioni da essi possedute. L'atto costitutivo può prevedere, salvo per il caso di cui all'articolo 59, che l'aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tale caso spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso ai sensi dell'articolo 39.

2. La decisione di aumento di capitale prevede l'eventuale soprapprezzo e le modalità e i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere inferiori a trenta giorni dal momento in cui è comunicato ai soci che l'aumento di capitale può essere sottoscritto. La decisione può anche consentire, disciplinandone le modalità, che la parte dell'aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta dagli altri soci o da terzi.

3. Se l'aumento di capitale non è integralmente sottoscritto nel termine stabilito dalla decisione, il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione medesima lo abbia espressamente consentito.

4. Salvo quanto previsto dal secondo periodo del comma 4 e dal comma 5 dell'articolo 30, i sottoscrittori dell'aumento di capitale devono, all'atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il 25 per cento della parte di capitale sottoscritta e, se previsto, l'intero soprapprezzo. Per i conferimenti di beni in natura o di crediti si applica quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 30.

5. Se l'aumento di capitale è sottoscritto dall'unico socio, il conferimento in denaro deve essere integralmente versato all'atto della sottoscrizione.

6. Entro trenta giorni dall'avvenuta sottoscrizione gli amministratori devono depositare, per l'iscrizione nel registro delle società professionali, un'attestazione che l'aumento di capitale è stato eseguito.

Art. 55.

(Passaggio di riserve a capitale sociale).

1. La società può aumentare il capitale sociale imputando ad esso le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili.

2. Nel caso di cui al comma 1, la quota di partecipazione di ciascun socio resta immutata.

Art. 56.

(Riduzione del capitale sociale).

1. La riduzione del capitale sociale può avere luogo, nei limiti previsti dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 29, mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti.

2. La decisione dei soci di ridurre il capitale sociale può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro delle società professionali della decisione medesima, purché entro tale termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione.

3. Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato un'idonea garanzia, dispone che l'esecuzione abbia luogo nonostante l'opposizione.

Art. 57.

(Riduzione del capitale sociale per perdite).

1. Quando risulta che il capitale sociale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti.

2. All'assemblea deve essere sottoposta una relazione degli amministratori sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni, nei casi previsti dall'articolo 48, del collegio sindacale o del revisore. Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, copia della relazione e delle osservazioni deve essere depositata nella sede della società almeno otto giorni prima dell'assemblea, perché i soci possano prenderne visione.

3. Nell'assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione prevista dal comma 2.

4. Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza, gli amministratori e i sindaci o il revisore nominati ai sensi dell'articolo 46 devono chiedere al tribunale che sia disposta la riduzione del capitale sociale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio.

5. Il tribunale, anche su istanza di qualsiasi interessato, provvede con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle società professionali a cura degli amministratori.

6. Si applica, in quanto compatibile, il terzo comma dell'articolo 2446 del codice civile.

Art. 58.

(Riduzione del capitale sociale al disotto del minimo legale).

1. Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale sociale, questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 29, gli amministratori devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il contemporaneo aumento del medesimo a una cifra non inferiore a tale minimo.

2. È fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società.

Art. 59.

(Riduzione del capitale sociale per perdite e diritti dei soci).

1. In tutti i casi di riduzione del capitale sociale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci.

Art. 60.

(Emissione di titoli di debito).

1. Se l'atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di debito, in misura non superiore al 49 per cento del capitale sociale effettivamente versato. In tale caso l'atto costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione.

2. I titoli emessi ai sensi del comma 1 possono essere sottoscritti soltanto da fondi gestiti da casse previdenziali dei professionisti. In caso di successiva circolazione dei titoli di debito, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.

3. La decisione di emissione dei titoli prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso ed è iscritta a cura degli amministratori nel registro delle società professionali. Può altresì prevedere che, previo consenso della maggioranza dei possessori dei titoli, la società possa modificare tali condizioni e modalità.

4. Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività.

Art. 61.

(Scioglimento e liquidazione).

1. Per quanto riguarda le ipotesi di scioglimento e liquidazione, si applicano le norme del capo VIII del titolo V del libro quinto del codice civile, in quanto compatibili con la natura professionale della società, la quale non è soggetta alle procedure concorsuali. In ogni caso i liquidatori devono essere professionisti iscritti in albi.

Capo VI

STRUTTURA DEGLI ORDINI

Art. 62.

(Organi degli Ordini professionali).

1. Gli Ordini professionali sono organizzati territorialmente secondo i loro statuti, che possono prevedere coordinamenti regionali degli ordini locali.

2. Gli organi di governo degli Ordini professionali a livello nazionale sono:

a) il consiglio nazionale;

b) il presidente;

c) il comitato esecutivo.

3. Il consiglio nazionale è eletto dai consigli locali e resta in carica per quattro anni. Il presidente è eletto dal consiglio nazionale, tra i componenti dello stesso, con la maggioranza assoluta dei voti.

4. Il comitato esecutivo è composto dal presidente e da quattro membri ed è eletto dal consiglio nazionale a maggioranza assoluta dei voti. Il regolamento di cui all'articolo 3, comma 3, stabilisce la ripartizione delle funzioni tra gli organi di cui al comma 2 del presente articolo.

5. Presso ciascun Ordine, è costituito, per il controllo dei bilanci e della gestione, un collegio dei revisori dei conti di cui fa parte almeno un iscritto all'albo nazionale dei revisori contabili.

6. I collegi di cui al comma 5 sono eletti per tre anni dal consiglio nazionale, a maggioranza assoluta dei voti; è escluso il voto plurimo.

7. I componenti degli organi di cui al presente articolo non sono eleggibili per più di due mandati consecutivi.

Art. 63.

(Funzioni degli organi statutari).

1. Al consiglio nazionale sono affidate le seguenti funzioni:

a) l'esercizio della giurisdizione domestica, nei limiti di cui alla presente legge;

b) l'adozione di uno statuto per la definizione della propria organizzazione;

c) l'approvazione di regolamenti nelle materie di cui all'articolo 3, comma 3;

d) la proposizione del codice di deontologia professionale;

e) la formulazione dei criteri per la determinazione dei compensi ai professionisti;

f) la determinazione del contributo annuale a carico degli iscritti agli Ordini territoriali per le spese necessarie al proprio funzionamento e all'esercizio delle sue funzioni;

g) la deliberazione delle nomine e delle designazioni in ambito nazionale;

h) l'emanazione di direttive generali e la definizione di obiettivi, priorità e programmi relativi all'attività di formazione e aggiornamento professionale;

i) ogni altra funzione ad esso attribuita dalla legge e dai regolamenti.

2. Gli Ordini territoriali esercitano le seguenti funzioni:

a) provvedono alla tenuta degli albi, al loro aggiornamento e alla verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione;

b) determinano gli oneri a carico degli iscritti;

c) formulano proposte o pareri nei confronti degli organi di livello nazionale;

d) curano l'aggiornamento periodico degli iscritti organizzando appositi corsi, anche di intesa con università e istituzioni o associazioni scientifiche e culturali. Per l'organizzazione dei corsi di formazione e di aggiornamento i consigli degli Ordini possono promuovere la costituzione di fondazioni anche con la partecipazione di soggetti pubblici e privati. In ogni caso l'organizzazione dei corsi non costituisce esercizio di attività commerciale;

e) esercitano i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

f) curano l'organizzazione degli uffici e la gestione del personale dipendente;

g) promuovono o resistono alle liti con l'eventuale potere di conciliare e transigere;

h) determinano i compensi ai professionisti, secondo quanto previsto dai regolamenti;

i) svolgono le altre funzioni previste dalla legge.

Capo VII

LE ASSEMBLEE

Art. 64.

(Assemblea generale).

1. Il Congresso nazionale è l'assemblea generale di ogni professione organizzata in Ordine, ne esprime la rappresentanza unitaria e ne formula gli indirizzi e le valutazioni per il perseguimento della finalità di valorizzare la rilevanza sociale ed economica della professione, favorendo la partecipazione all'organizzazione politica, sociale ed economica del Paese, onde garantire in ogni sede l'indipendenza e l'autonomia dei professionisti e tutelare l'affidamento della collettività e della clientela, onde assicurare correttezza nei comportamenti e qualità della prestazione professionale.

2. Il Congresso nazionale è formato dai delegati eletti in ciascun Ordine territoriale in proporzione al numero degli iscritti.

3. Il Congresso nazionale elegge un organismo di rappresentanza politica per l'attuazione degli indirizzi e delle risoluzioni programmatiche da esso espresse, secondo lo statuto approvato dal medesimo Congresso.

4. Il Congresso nazionale delibera sul codice deontologico proposto dal consiglio nazionale.

5. Il Congresso nazionale è convocato, si celebra e delibera ogni tre anni, con le modalità previste dallo statuto di cui al comma 3.

Art. 65.

(Assemblea locale).

1. L'assemblea locale è composta da lutti gli iscritti all'Ordine locale.

2. L'assemblea locale elegge il consiglio dell'Ordine locale e i delegati al Congresso nazionale, approva annualmente i bilanci presentati dal consiglio dell'Ordine locale e delibera sulle altre normative ad essa sottoposte ai sensi della legge e dello statuto, con le modalità determinate dallo statuto stesso.

Capo VIII

CONTROLLO DEONTOLOGICO

E AMMINISTRATIVO

Art. 66.

(Funzione disciplinare e consigli di disciplina).

1. Gli statuti degli Ordini professionali prevedono l'istituzione di organi territoriali, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, ai quali sono specificamente affidate l'istruzione e la decisione delle questioni disciplinari.

2. Il procedimento disciplinare si svolge secondo le norme stabilite dai regolamenti di cui all'articolo 3, comma 3, le quali devono assicurare il diritto dell'incolpato a conoscere le violazioni che gli sono contestate, a prendere cognizione ed estrarre copia dei documenti che formano il fascicolo, a nominare come difensore un avvocato ovvero un collega del proprio Ordine professionale, a presentare memorie a discolpa, ad essere personalmente sentito durante l'udienza della commissione.

3. Non sono ammesse sanzioni diverse dalle seguenti:

a) l'ammonizione, che consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

b) la censura, che consiste in una nota di biasimo resa pubblica;

c) la sospensione, che consiste nell'inibizione dall'esercizio della professione per un periodo massimo di diciotto mesi;

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall'albo.

4. I ricorsi avverso le decisioni del consiglio di disciplina rientrano nella giurisdizione del consiglio nazionale.

Art. 67.

(Controllo sugli atti degli Ordini professionali).

1. La vigilanza sull'attività e la gestione degli Ordini professionali è affidata al Ministro della giustizia.

2. Al fine di cui al comma 1, le deliberazioni concernenti l'approvazione dello statuto e dei regolamenti sono inviate entro quindici giorni dall'approvazione al Ministro della giustizia, che formula eventuali osservazioni o la richiesta di riesame entro un mese dal ricevimento.

Art. 68.

(Controllo sugli organi degli Ordini professionali).

1. I consigli territoriali degli Ordini professionali possono essere sciolti con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del consiglio nazionale dell'Ordine, quando compiono atti di grave e persistente violazione della legge.

2. Con il decreto di cui al comma 1 è nominato un commissario ad acta che esercita le attribuzioni conferitegli dal decreto medesimo.

Capo IX

NORME TRANSITORIE

Art. 69.

(Elezioni dei nuovi organi statutari).

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo statuto degli Ordini professionali previsto dall'articolo 3, comma 3, è sottoposto per l'approvazione agli iscritti mediante un'assemblea congressuale composta dai delegati di ciascun Ordine territoriale, nel rispetto del rapporto proporzionale con il numero degli iscritti.

2. Il testo dello statuto approvato dall'assemblea è trasmesso al Ministro della giustizia che lo adotta con proprio decreto, previa verifica della sua rispondenza alle norme della presente legge.

3. I consigli nazionali degli Ordini professionali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore degli statuti di cui al comma 2, a indire le elezioni dei nuovi consigli nazionali, degli organi di disciplina e dei collegi dei revisori dei conti.

Art. 70.

(Disposizioni transitorie e finali).

1. Le disposizioni della presente legge si applicano a tutti gli Ordini professionali istituiti alla data della sua entrata in vigore.

2. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo, con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentiti i consigli nazionali degli Ordini professionali interessati, stabilisce le disposizioni di attuazione della presente legge.

Art. 71.

(Collegi professionali).

1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche alle attività organizzate in collegio professionale.


N. 1216

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati MANTINI, COLASIO, MARGIOTTA, ALLAM, VILLARI, LUSETTI, MARAN, GAMBESCIA, MARTELLA, MARANTELLI, CESARIO, SUPPA, GAROFANI

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Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

 

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Presentata il 27 giugno 2006

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Onorevoli Colleghi! - Nel mondo del lavoro che si trasforma con ritmi straordinari l'organizzazione delle professioni e dei servizi professionali non può più essere retta da regole della prima metà del novecento. La «professionalità» o il «professionalismo» costituiscono ormai un vero «marchio» dell'epoca contemporanea, che si sposa con le esigenze di libertà e di qualità, alla base dei progetti di successo di molti individui, e in specie dei giovani, e con gli obiettivi di crescita competitiva dell'Europa, tracciati dall'Agenda di Lisbona dell'Unione europea.

Anche i dati stanno a confermarlo, se solo si pensa che le professioni intellettuali tradizionali e le nuove professioni emergenti costituiscono insieme circa il 20 per cento del mercato del lavoro in Italia (4 milioni di addetti) e quasi altrettanto in termini di prodotto interno lordo (PIL).

Nella «società della conoscenza» è essenziale una riforma delle professioni intellettuali per la modernizzazione e la maggiore equità e competitività dell'Italia nell'economia globale.

I principali fattori di trasformazione delle professioni sono quattro. Il primo è costituito dalla globalizzazione dei saperi e dei mercati, che implica la necessità di privilegiare i lavori skill intensive e lo scambio di conoscenze attraverso la Rete, e che determina anche un'accentuata trasformazione delle tecnologie e delle lingue usate e un più ampio accesso alle informazioni e ai loro impieghi nonché una differente organizzazione del lavoro (società e reti interdisciplinari dei saperi).

Il secondo fattore è costituito dai consolidati processi di outsourcing praticati dalle aziende con cui si scorporano servizi rilevanti, prima interni all'organizzazione aziendale e ora invece affidati a servizi professionali esterni.

Il terzo fattore è costituito dal mutamento dei modelli di consumo delle famiglie: mentre nei decenni passati si spendeva di più per l'acquisto di beni, ora il rapporto è invertito e oltre il 60 per cento della spesa familiare è orientato sui servizi alla persona. Una gran parte di questi viene soddisfatta tramite prestazioni professionali che incrementano lo sviluppo di nuove professioni (assistenza, medicina, fitness, consulenze, corsi di lingua, servizi informatici, turistici, di sicurezza, eccetera).

Il quarto fattore di mutamento dell'assetto tradizionale delle professioni è determinato dalla crescente autonomia dei progetti formativi delle università, dai processi di armonizzazione dei mercati e dalla necessità di favorire la libera circolazione in Europa.

La proliferazione delle lauree triennali «europee», in particolare, rompe lo schema binario «una laurea, una carriera», consentendo di accedere a più professioni, secondo il principio degli «albi in concorrenza».

Dal disegno di legge del primo Governo Prodi del 3 luglio 1998 alla successiva Commissione Mirone, dall'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1997 al disegno di legge dell'allora Ministro della giustizia Fassino (atto Camera n. 7452, XIII legislatura) al termine della XIII legislatura, ai dossier del Commissario europeo Monti fino ai tentativi di riforma della XIV legislatura, noti come «bozze Vietti», molti temi sono stati discussi ed è cresciuta la condivisione della necessità di una riforma moderna delle professioni che dia slancio competitivo e maggiore equità a un settore decisivo nell'economia e nella società della conoscenza.

Ordini professionali riformati, riconoscimento delle nuove professioni, crescita delle società professionali e interprofessionali, più attenzione per i giovani, concorrenza, qualità, formazione, etica: sono ormai questi i punti condivisi nel corso di una lunga e intensa istruttoria.

D'altronde è noto che il nostro Paese ha una grande tradizione nelle professioni intellettuali e tuttora dispone di buoni, spesso eccellenti, professionisti, noti e apprezzati in Italia e nel mondo.

Pur tuttavia da decenni, nel campo dei servizi professionali ad alto valore aggiunto, il nostro Paese è diventato territorio di conquista da parte di società di consulenza e di grandi studi professionali in forma societaria. Il deficit della bilancia commerciale dei servizi professionali nel 2003 era giunto a meno di 3,7 miliardi di euro, e ciò è conseguenza della difficoltà delle professioni italiane rispetto alla più attrezzata concorrenza internazionale.

In questo quadro, più volte l'Unione europea è intervenuta per sottolineare che i servizi professionali svolgono un ruolo importante ai fini del miglioramento della competitività dell'economia europea e hanno rilevanza immediata per i consumatori.

Attualmente, i provvedimenti più importanti, destinati ad incidere significativamente anche sulle normative nazionali, sono la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2005, relativa al «riconoscimento delle qualifiche professionali», e la proposta di direttiva sulla «libera circolazione dei servizi nel mercato unico dell'Unione europea», la cosiddetta «Bolkestein», di recente votata con modifiche.

L'Unione europea richiede più circolazione e libertà nei mercati dei servizi professionali, nel rispetto della qualità. L'Italia dovrà adeguarsi al più presto a questi princìpi.

Per ragioni economiche, per rispettare le direttive europee e le indicazioni dell'Antitrust, la riforma è imprescindibile. L'obiettivo non è abolire gli Ordini professionali, ma rinnovarli profondamente, e riconoscere le nuove professioni e le loro associazioni, sulla base del cosiddetto «sistema duale».

In coerenza con tale impostazione, ritengo che sia giusto limitare l'ambito delle professioni regolamentate a quelle per le quali l'ordinamento prefigura attività soggette a riserva esclusiva e per le quali è previsto l'esame di Stato, propedeutico all'iscrizione ad Ordini o collegi professionali, promuovendo nel tempo l'unificazione delle figure professionali affini.

Va riconosciuto il principio di leale concorrenza, a partire da una corretta denominazione, tra figure professionali diverse nelle attività che non sono soggette a riserva esclusiva.

L'accesso all'esercizio delle professioni intellettuali deve essere in linea di principio libero, senza vincoli di predeterminazione numerica, sulla base dell'esame di Stato.

Occorre qualificare e diversificare il praticantato, svolto di norma presso un professionista, che deve potersi svolgere anche presso i Paesi dell'Unione europea o altri Stati esteri, gli uffici giudiziari, gli enti locali, le pubbliche amministrazioni, nonché presso studi e strutture professionali di aziende. L'efficacia e la qualità di queste esperienze formative, durante il praticantato, costituiscono un elemento di valutazione al momento dell'esame di Stato, che deve essere riformato sulla base del criterio della verifica dell'effettività del tirocinio.

Al praticante deve essere riconosciuto un equo compenso commisurato all'effettivo apporto all'attività professionale, risolvendo le attuali ingiustizie derivanti dallo sfruttamento del lavoro dei più giovani.

L'obiettivo è fornire alle professioni strumenti adeguati di corretta e competitiva prestazione delle attività professionali, mantenendo aperto lo spazio, con regole e limiti in alcune professioni, per l'intervento e la crescita di società, anche di capitali, nel campo delle attività professionali, considerato l'apporto che tali società possono dare al settore in termini finanziari e strutturali. Occorre comunque garantire la salvaguardia dell'indipendenza del professionista, tenuto a prestare l'attività secondo le regole, anche deontologiche, delle professioni, vigilate da Ordini e collegi professionali.

Anche per le professioni regolamentate occorre stabilire il principio della libera e consensuale determinazione del corrispettivo, prevedendo altresì casi limitati, nei servizi di pubblico interesse, in cui è utile fissare corrispettivi massimi e minimi allo scopo di evitare che possibili pratiche di dumping e di concorrenza sleale producano un abbassamento della qualità dei servizi o costi ingiustificati per il cliente.

Relativamente a ciò, il Ministro competente deve consultare i rappresentanti degli Ordini e dei collegi professionali e le principali associazioni dei consumatori e degli utenti.

Occorre altresì aprire alla pubblicità che abbia carattere informativo, con riferimento alle oggettive caratteristiche delle prestazioni offerte e al percorso formativo e professionale nonché alla specializzazione del professionista, senza eccessi di natura commerciale o pratiche di pubblicità negativa e comparativa. Di fondamentale rilievo è la previdenza dei professionisti.

Da oltre un decennio le Casse di previdenza dei professionisti sono privatizzate in base ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 e al recente decreto legislativo n. 125 del 2005. Tale scelta va assolutamente rispettata. I presidenti e gli associati delle Casse valuteranno in che misura adeguare i contributi per garantire l'equità e la sostenibilità del sistema anche al fine di contribuire a un moderno welfare dei professionisti (in particolare, dei giovani e delle donne).

È fondamentale confermare il rispetto dell'autonomia finanziaria e gestionale delle Casse privatizzate, come è giusto confermare in linea di principio che lo Stato non interverrà con prelievi forzosi su tali risorse.

Altro punto di assoluto rilievo è il riconoscimento, in forma europea, delle associazioni delle nuove professioni.

Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nel V Rapporto di monitoraggio sulle professioni non regolamentate (aprile 2005), ha censito 155 nuove professioni. Si è formato un nuovo mercato del lavoro professionale, con modalità e regole spesso molto diverse da quelle del tradizionale lavoro dipendente o del lavoro indipendente delle professioni ordinistiche. Un mercato del lavoro che ha grande rilievo economico e sociale e che interessa quotidianamente circa un milione di persone.

Il riconoscimento delle nuove professioni e delle loro associazioni è perciò urgente sia per ragioni economico-sociali sia per gli adempimenti previsti dalla citata direttiva 2005/36/CE, che il Governo si è impegnato a recepire ben prima del termine previsto del 20 ottobre 2007.

Nella rinnovata strategia di Lisbona, un aspetto centrale riveste il maggior investimento nel capitale umano tramite un miglioramento dell'istruzione e delle competenze.

Un processo continuo di formazione e di aggiornamento professionale (life long learning), insieme con la riforma dell'accesso, deve servire ad affermare il principio del merito, a far emergere i talenti professionali, a spezzare circuiti di cooptazione e di rendita di posizione, a favorire l'emergere di giovani capaci e meritevoli.

Il riconoscimento delle associazioni dovrà avere come scopo sostanziale quello di un'attestazione di qualità nei confronti del cittadino utente sui requisiti di professionalità e di deontologia dell'iscritto alla singola associazione.

I punti cardinali sono dunque il rilancio della competitività, il quadro europeo, il sistema duale, l'investimento nella formazione e nell'aggiornamento, la valorizzazione dei talenti professionali, specie dei giovani.

Occorrono perciò non solo riforme legislative, ma anche politiche attive basate sulla concertazione.

Incentivi e deduzioni fiscali vanno riconosciuti alle organizzazioni professionali che fanno ricerca e alle società di servizi costituite in Cina e nei mercati emergenti.

Le organizzazioni unitarie delle professioni devono essere un soggetto stabile di consultazione nelle grandi scelte di politica economica del Paese.

La presente proposta di legge, che è frutto di un intenso confronto con i mondi professionali e con tutte le forze politiche parlamentari, è articolata per princìpi fondamentali, sulla base dell'articolo 117 della Costituzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale.

Le competenze legislative regionali, frutto dell'erronea scelta operata con la riforma costituzionale del titolo V della parte seconda, devono comunque esercitarsi nel rispetto dei princìpi fondamentali posti con legge dello Stato che ha, peraltro, competenza esclusiva in materia di concorrenza.

Per le stesse premesse richiamate, la presente proposta di legge è aperta al contributo che emergerà dal confronto parlamentare e dalle audizioni dei mondi professionali, nella consapevolezza che la riforma delle professioni costituisce un grande capitolo della modernizzazione dell'Italia.

 



 


proposta di legge

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TITOLO I

PARTE GENERALE

Capo I

Art. 1.

(Oggetto).

1. La presente legge disciplina l'ordinamento delle professioni intellettuali in attuazione dell'articolo 117 della Costituzione e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.

2. La disciplina dei princìpi fondamentali degli ordinamenti delle professioni intellettuali, ai sensi degli articoli 33, 41 e 117 della Costituzione e dei princìpi comunitari in tema di concorrenza, spetta alla legislazione esclusiva dello Stato; la disciplina delle professioni intellettuali in tema di formazione e di organizzazione di particolare rilievo regionale spetta alle regioni.

3. Per professione intellettuale si intende l'attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi esercitata, abitualmente e in via prevalente, mediante lavoro intellettuale.

Art. 2.

(Definizioni).

1. Ai fini della presente legge si intende:

a) per «professione», la professione intellettuale, come definita ai sensi dell'articolo 1, comma 3;

b) per «professione ordinistica», la professione di cui al titolo II per lo svolgimento della quale la legge richiede l'iscrizione ad albi previo superamento dell'esame di Stato e possesso degli altri requisiti accertati ai sensi di legge;

c) per «professione associativa», ogni altra attività professionale che non sia ricompresa nelle professioni di cui all'articolo 2229 del codice civile o che sia oggetto di almeno una associazione professionale iscritta nel Registro di cui all'articolo 35;

d) per «libero professionista», colui che esercita una professione in forma indipendente;

e) per «professionista dipendente", il soggetto che esercita la professione nelle forme del lavoro subordinato;

f) per «professionista», il libero professionista e il professionista dipendente;

g) per «categoria», l'insieme dei professionisti che esercitano la medesima professione con lo stesso titolo professionale;

h) per «esercizio professionale», l'esercizio della professione;

i) per «prestazione professionale», la prestazione del professionista in qualunque forma resa;

l) per «legge», la legge e gli atti equiparati dello Stato;

m) per «ordinamento di categoria», le disposizioni normative che regolano competenze, condizioni, modalità e compensi per l'esercizio della professione di interesse generale;

n) per «Ordine professionale», il Consiglio nazionale e gli Ordini territoriali di cui all'articolo 18;

o) per «Consiglio nazionale», il Consiglio nazionale dell'Ordine professionale;

p) per «esame di Stato», l'esame, anche in forma di concorso, previsto per l'accesso alle professioni ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione;

q) per «consiglieri», i membri del Consiglio nazionale e del consiglio dell'Ordine territoriale;

r) per «associazioni professionali» le associazioni professionali di cui all'articolo 34;

s) per «sindacati», i sindacati dei professionisti;

t) per «riserva professionale», le attività che la legge stabilisce debbano essere esercitate soltanto da iscritti ad albi professionali.

Art. 3.

(Finalità).

1. Le disposizioni della presente legge, ai sensi degli articoli 4, 33 e 35 della Costituzione, disciplinano le professioni al fine di:

a) garantire e tutelare la concorrenza, in attuazione dell'articolo 41 della Costituzione e dei trattati europei;

b) tutelare gli interessi generali connessi con l'esercizio professionale;

c) valorizzare l'organizzazione delle professioni, quale risorsa prioritaria dell'economia della conoscenza;

d) favorire il pieno sviluppo della persona umana, la sua libertà e dignità, nonché l'effettiva partecipazione dei professionisti all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;

e) garantire i cittadini assicurando la qualità, la deontologia, l'indipendenza di giudizio e l'autonomia del professionista;

f) tutelare l'affidamento della clientela e della collettività;

g) assicurare la correttezza e la qualità della prestazione professionale nell'interesse dei cittadini.

Capo II

Art. 4.

(Esercizio della professione).

1. L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

2. L'esame di Stato per l'esercizio professionale di una professione ordinistica non è soggetto a predeterminazione numerica dei posti, salvo motivate eccezioni, ed è basato sulla verifica dell'effettività del tirocinio.

 

Art. 5.

(Liberi professionisti).

1. La professione è esercitata, sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria, in forma individuale e in forma associata o societaria ai sensi di quanto previsto dal capo III.

2. Alla professione, in qualunque forma esercitata, non si applica la sezione I del capo I del titolo II del libro V del codice civile.

3. La legge stabilisce le professioni il cui esercizio è compatibile con la prestazione di lavoro subordinato, predisponendo apposite garanzie per assicurare l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

Art. 6.

(Professionisti dipendenti).

1. I professionisti dipendenti esercitano la professione in conformità alle disposizioni della presente legge, fatte salve le incompatibilità previste dagli ordinamenti di categoria.

2. Nel caso in cui l'abilitazione professionale costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato è obbligatoria l'iscrizione all'albo per l'espletamento delle relative mansioni, ai sensi di quanto previsto dagli ordinamenti di categoria.

3. I professionisti dipendenti pubblici, nell'ipotesi di cui al comma 2, sono soggetti alle norme deontologiche, stabilite ai sensi dell'articolo 23, nel rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.

Capo III

Art. 7.

(Società tra professionisti).

1. È consentita la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali. Nelle attività professionali non soggette a riserva in via esclusiva sono ammessi i tipi di società previsti dal codice civile.

2. La società che ha per oggetto l'esercizio di una professione, denominata «società tra professionisti - STP», fermo restando quanto previsto dal presente articolo, può essere costituita secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile.

3. In ogni caso la società tra professionisti contiene nella denominazione l'indicazione «società tra professionisti - STP», seguita dalla sigla relativa al tipo societario prescelto all'atto della costituzione.

4. La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. Il Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, individua le categorie di attività professionali che possono essere svolte congiuntamente dalle società tra professionisti.

5. La costituzione delle società tra professionisti è subordinata al rispetto dei seguenti princìpi:

a) la partecipazione alla società è ammessa unicamente per i soci professionisti iscritti all'albo. La circolazione delle quote di partecipazione può avvenire solo nell'ambito di soggetti che possiedono i requisiti per l'esercizio dell'attività professionale svolta dal soggetto alienante;

b) le cariche di legale rappresentate, amministratore o componente del consiglio di amministrazione, nonché di componente del consiglio di gestione o di sorveglianza nel caso di sistema dualistico ai sensi dell'articolo 2409-octies e seguenti del codice civile, possono essere ricoperte unicamente dai soci professionisti;

c) ai fini della costituzione del capitale sociale possono essere oggetto di conferimento, previa valutazione ai sensi della normativa vigente, il nome del professionista o la denominazione dello studio professionale di uno o più soci, nonché il nome del fondatore dello studio professionale di uno o più soci e l'avviamento presso la clientela;

d) la società tra professionisti avente ad oggetto l'esercizio di professioni di interesse generale è iscritta in una sezione speciale dei relativi albi e ad essa si applicano, in quanto compatibili, gli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci ed ai cui albi è effettuata l'iscrizione;

e) l'incarico professionale conferito alla società può essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta; la società tra professionisti è tenuta, alla richiesta di prestazione, a fornire il nominativo del socio o dei soci che eseguiranno l'incarico e le informazioni sull'attività professionale da essi svolta e sui loro eventuali titoli di specializzazione;

f) le prestazioni che la legge riserva a una o più categorie possono costituire oggetto esclusivamente della società che annovera tra i propri soci professionisti appartenenti alla medesima categoria;

g) fatto salvo quanto previsto all'articolo 5, comma 2, della presente legge, alle società tra professionisti regolate ai sensi della medesima legge non si applicano il regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, e le altre disposizioni vigenti che disciplinano le procedure concorsuali.

Art. 8.

(Società interprofessionale).

1. Ove consentito dagli ordinamenti di categoria, la società tra professionisti, costituita ai sensi dell'articolo 7, che ha per oggetto l'esercizio di più professioni di interesse generale, è iscritta nella sezione speciale dei rispettivi albi e alla stessa si applicano, in quanto compatibili, gli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci.

2. Gli ordinamenti di categoria, per motivate ragioni, possono prevedere regimi di incompatibilità relativi alla partecipazione dei professionisti iscritti ad albi diversi.

3. L'incarico professionale conferito alla società può essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta.

4. In ogni caso, le prestazioni che la legge riserva a una o più categorie possono costituire oggetto esclusivamente della società costituita dai professionisti appartenenti alla medesima categoria.

 

Art. 9.

(Società di diritto speciale).

1. Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano tipi di società nei quali è prevista la presenza di professionisti iscritti agli albi negli organi sociali nonché le disposizioni che disciplinano società che si avvalgono di questi ultimi per l'espletamento delle relative attività.

2. Le riserve stabilite dalla normativa vigente a favore di società tra professionisti disciplinate da leggi speciali si applicano altresì a favore delle società di cui al presente capo.

 

Art. 10.

(Esercizio della professione in forma associata).

1. È consentito l'esercizio in forma associata delle professioni da parte delle persone che, munite dei necessari titoli di studio e di abilitazione professionale, ovvero autorizzate all'esercizio di specifiche attività in forza di particolari disposizioni di legge, si associano per l'esercizio delle professioni o delle altre attività per cui sono abilitate o autorizzate.

2. Nel caso di esercizio in forma associata delle professioni di cui al comma 1, nella denominazione dello studio e nei rapporti con i terzi deve essere obbligatoriamente utilizzata la dizione «associazione tra professionisti» seguita dal nome e cognome, con i relativi titoli o qualifiche professionali, dei singoli associati.

3. L'esercizio associato delle professioni o delle altre attività, ai sensi del comma 2, deve essere notificato agli Ordini professionali e alle associazioni di categoria da cui sono rappresentati i singoli associati.

4. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata.

 

Capo IV

Art. 11.

(Norme previdenziali).

1. Gli enti previdenziali privati disciplinati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, esercitano i compiti statutari e le attività previdenziali e assistenziali ai sensi dell'articolo 38 della Costituzione, in posizione di indipendenza e autonomia, normativa e gestionale, senza finanziamenti diretti o indiretti da parte dello Stato. Le loro risorse patrimoniali sono private e devono garantire l'erogazione delle prestazioni di competenza a favore dei beneficiari.

2. Sono assoggettati a contribuzione obbligatoria a favore dell'ente previdenziale di categoria tutti i redditi indicati negli ordinamenti di categoria di riferimento. Sono comunque assoggettati a contribuzione obbligatoria, anche in mancanza di specifica previsione negli ordinamenti di categoria di riferimento, i redditi derivanti dall'attività di amministratore, revisore e sindaco di società e di enti svolta dai soggetti che sono tenuti alla contribuzione nei confronti dell'ente di categoria.

3. Quando è consentito l'esercizio dell'attività professionale in forma associativa o societaria, i redditi prodotti nell'esercizio dell'attività professionale costituiscono redditi di lavoro autonomo e sono assoggettati alla contribuzione obbligatoria in favore dell'ente previdenziale di categoria cui ciascun professionista fa riferimento in forza dell'iscrizione obbligatoria al relativo albo. Tale contributo deve essere versato pro quota ai rispettivi enti previdenziali secondo gli ordinamenti di categoria vigenti.

4. Al fine di uniformare i trattamenti dei professionisti di cui alla presente legge, con i decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 41, sono stabiliti condizioni e limiti per l'istituzione, nel rispetto dei princìpi della presente legge, di uno o più enti per l'esercizio di attività previdenziali e assistenziali con riferimento alle professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico ai sensi dell'articolo 14.

5. Nel rispetto dell'autonomia privata, gli enti previdenziali conformano le proprie funzioni allo scopo di soddisfare tutte le moderne esigenze di previdenza e assistenza.

Art. 12.

(Norme fiscali).

1. Ai redditi di lavoro autonomo prodotti dai professionisti si applicano le disposizioni del titolo I, capo V, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

2. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 41, il Governo provvede a riformare il trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitali prodotti dagli enti previdenziali privati delle categorie, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) esclusione di ogni forma, anche indiretta, di doppia imposizione;

b) eliminazione del prelievo fiscale sulle pensioni erogate dagli enti o, in alternativa, eliminazione del prelievo fiscale sui redditi fondiari e sui redditi da capitali prodotti dagli enti.

Art. 13.

(Assicurazione per la responsabilità professionale).

1. Il professionista deve rendere noto al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

2. I codici deontologici di cui agli articoli 23 e 34, comma 3, prevedono le conseguenze disciplinari della violazione dell'obbligo stabilito dal comma 1 del presente articolo.

3. Gli ordinamenti di categoria e gli statuti delle associazioni di cui al titolo III stabiliscono i termini di copertura e le caratteristiche essenziali delle polizze assicurative per la responsabilità professionale.

4. Le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, per i propri iscritti, da Ordini, associazioni ed enti previdenziali privati che, in caso di mancato accordo con le compagnie assicurative, possono rivolgersi all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

Capo V

Art. 14.

(Riconoscimento pubblico e organizzazione delle professioni intellettuali).

1. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 41, il Governo provvede a disciplinare il riconoscimento pubblico e la relativa organizzazione delle professioni ordinistiche e associative, di cui rispettivamente ai titoli II e III, in conformità alla presente legge e, in particolare, ai princìpi e criteri direttivi stabiliti dal comma 2.

2. La disciplina di cui al comma 1 è adottata sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi, distinguendo le professioni ordinistiche da quelle associative:

a) sulla base degli articoli 4, 33 e 35 della Costituzione, è previsto il diritto dei professionisti ad ottenere il riconoscimento pubblico delle professioni che non sono disciplinate nella forma dell'Ordine professionale;

b) sono disciplinati condizioni e limiti per il riconoscimento pubblico, individuando le soglie di rilevanza, soggettiva e oggettiva, che devono essere rispettate in relazione al settore economico di riferimento dell'attività;

c) è previsto che le attività soggette a competenza esclusiva, previo adeguamento delle attuali qualificazioni tecniche e con riferimento all'esercizio di funzioni di pubblico interesse, siano riservate ai soggetti in possesso di determinati requisiti professionali; per le attività non riservate è ammessa la concorrenza nel rispetto del principio di lealtà e prevedendo una denominazione connotativa degli effettivi profili professionali e non ingannevole per il pubblico;

d) è prevista, nel rispetto di quanto stabilito all'articolo 15, per le professioni che incidono su interessi pubblici e generali meritevoli di specifica tutela, l'istituzione di Ordini professionali ai sensi del titolo II ed è favorita, per le professioni che non incidono su tali interessi, l'organizzazione in associazioni ai sensi del titolo III. In ogni caso, l'istituzione di nuovi Ordini professionali è esclusa qualora sia accertata l'omogeneità dei relativi percorsi formativi con quelli di professioni già riconosciute;

e) è previsto che il potere di riconoscimento delle professioni ordinistiche, anche relativamente alla verifica della permanenza dei requisiti, spetti al Ministero della giustizia, di concerto con i Ministeri che hanno competenza sugli interessi e nel settore economico di riferimento della professione, acquisiti, nell'ordine, i pareri obbligatori del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e dei Consigli nazionali interessati; è previsto, altresì, che la vigilanza sugli Ordini professionali e sull'esercizio delle professioni ordinistiche spetti al Ministero della giustizia, che la esercita di concerto con i Ministeri che hanno competenza sugli interessi e sul settore economico di riferimento della professione, e che la vigilanza sulle associazioni professionali di cui al titolo III spetti al Ministero dello sviluppo economico, eventualmente di concerto con i Ministeri che hanno competenza sugli interessi e sul settore economico di riferimento della professione; il Ministero dello sviluppo economico deve effettuare periodiche verifiche in conformità alle competenze ad esso attribuite dall'articolo 39;

f) ai fini dell'esercizio del potere di riconoscimento di cui alla lettera e), i Ministeri competenti, di concerto tra loro, svolgono, anche sentendo i soggetti interessati, un'istruttoria finalizzata a:

1) accertare i requisiti per il riconoscimento pubblico delle professioni nonché la loro organizzazione in Ordini professionali o in associazioni;

2) accertare il possesso dei requisiti stabiliti ai sensi dell'articolo 36 da parte delle associazioni che presentano la domanda di iscrizione al relativo registro istituito ai sensi dell'articolo 35;

3) accertare il possesso dei requisiti previsti dal regime transitorio stabilito ai sensi dell'articolo 40;

4) verificare d'ufficio o su segnalazione di chiunque vi abbia interesse, il possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 e, ove ne accerti il difetto, darne comunicazione ai Consigli nazionali e alle amministrazioni pubbliche che hanno competenza sul relativo esercizio professionale;

g) sono acquisiti i pareri obbligatori del CNEL e dei Consigli nazionali competenti e sentiti i sindacati e le associazioni rappresentativi dei professionisti interessati.

TITOLO II

PROFESSIONI DI INTERESSE PUBBLICO

Art. 15.

(Condizioni e presupposti).

1. Ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione e in conformità a quanto stabilito agli articoli 2061 e 2229 del codice civile, le condizioni e i casi in cui può essere previsto che per l'esercizio di una professione è necessaria l'iscrizione a un apposito albo, previo superamento dell'esame di Stato, sono stabiliti con i decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 41 della presente legge, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) incidenza della professione su interessi generali meritevoli di specifica tutela;

b) esigenza di tutela dell'affidamento della clientela e della collettività;

c) rilevanza sociale dei costi derivanti dall'esercizio non corretto della professione;

d) esercizio di funzioni di pubblico interesse;

e) garanzia della concorrenza.

2. Gli ordinamenti di categoria determinano:

a) le competenze professionali sulla base del titolo di studi universitario e dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, identificando le prestazioni riservate ai sensi della legislazione vigente, in conformità ai princìpi della presente legge;

b) il titolo professionale;

c) i requisiti formativi per l'esercizio professionale;

d) il tirocinio per l'ammissione all'esame di Stato;

e) il regime delle incompatibilità;

f) ulteriori requisiti per l'esercizio professionale nel rispetto dell'interesse generale.

3. Sono previste la tassatività e la specialità delle attività riservate, ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, e l'unificazione degli Ordini professionali relativi a professioni omogenee.

Art. 16.

(Tirocinio ed esame di Stato).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 41, sono stabiliti le condizioni e i requisiti del tirocinio professionale per l'ammissione all'esame di Stato, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) il tirocinio è volto all'acquisizione dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione;

b) la durata del tirocinio non può essere superiore a due anni, salvo casi speciali;

c) il tirocinio è svolto sotto la responsabilità di un professionista iscritto all'albo, con adeguata anzianità di iscrizione, anche se effettuato presso amministrazioni, società e aziende che svolgono attività nel settore di riferimento della professione;

d) il tirocinio può anche essere svolto parzialmente, mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato, in Paesi dell'Unione europea o in altri Paesi esteri, ai sensi della lettera c);

e) deve essere stabilito un equo compenso in favore di chi svolge il tirocinio, tenendo conto dell'effettivo apporto del tirocinante, con riferimento al regime tariffario delle prestazioni rese. La retribuzione economica non può comunque essere inferiore al 20 per cento del trattamento contrattuale più favorevole previsto per gli apprendisti negli studi professionali, anche se erogata con riferimento alle vigenti tariffe professionali.

2. Al tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali.

3. Nell'ambito della delega prevista dall'articolo 41, il Governo provvede a disciplinare l'esame di Stato sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) l'esame deve garantire l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e dell'attitudine necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale;

b) l'esame deve prevalentemente basarsi su una verifica periodica dell'effettività del tirocinio, soggetta a valutazione tramite un sistema di crediti;

c) nelle commissioni giudicatrici non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, sono designati dall'Ordine territoriale tra gli iscritti agli albi.

Art. 17.

(Albo professionale).

1. Il professionista si iscrive all'albo del luogo ove ha domicilio professionale.

2. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono le modalità di formazione e di tenuta dell'albo.

Art. 18.

(Ordine professionale).

1. Ai sensi del presente titolo, coloro che esercitano una professione per la quale è necessaria l'iscrizione all'albo, ai sensi di quanto previsto all'articolo 15, sono organizzati in Ordine professionale, con compiti di rappresentanza istituzionale, ferme restando le funzioni di rappresentanza proprie dei sindacati relativamente ai rispettivi iscritti.

2. L'Ordine professionale è ente pubblico nazionale non economico, ha autonomia patrimoniale e finanziaria e determina con regolamento la propria organizzazione, nel rispetto delle disposizioni della presente legge. I regolamenti sono approvati dal Ministro della giustizia, che ha compiti di vigilanza sugli Ordini, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera e).

3. L'Ordine professionale è articolato in:

a) un Consiglio nazionale, che assume la denominazione di Consiglio nazionale dell'Ordine della rispettiva categoria;

b) Ordini territoriali, che assumono la denominazione di Ordine della rispettiva categoria nel proprio ambito di competenza territoriale, secondo quanto previsto dal relativo ordinamento.

Art. 19.

(Ordine territoriale).

1. L'ordinamento di categoria disciplina l'organizzazione dell'Ordine territoriale, prevedendo i seguenti organi, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 27, comma 2:

a) il consiglio, composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli iscritti all'albo ed eletto dall'assemblea ogni quattro anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di due volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale dell'Ordine territoriale, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità dell'intero consiglio;

b) l'assemblea, costituita dagli iscritti all'albo; l'assemblea elegge i componenti del consiglio e del collegio dei revisori dei conti; approva il bilancio preventivo e quello consuntivo; esprime il parere sugli altri argomenti sottoposti dal consiglio; esercita ogni altra funzione ad essa attribuita dall'ordinamento di categoria;

c) il collegio dei revisori dei conti, composto, in relazione al numero degli iscritti all'albo, da uno a tre membri nominati fra gli iscritti all'elenco dei revisori dei conti, eletti dall'assemblea ogni tre anni; il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive; il collegio dei revisori dei conti controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio.

Art. 20.

(Compiti dell'Ordine territoriale).

1. Spettano all'Ordine territoriale, che li esercita tramite il consiglio, i seguenti compiti:

a) garantire l'osservanza dei princìpi della presente legge nel proprio ambito di competenza territoriale, nel rispetto di quanto previsto ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera d);

b) curare la tenuta e l'aggiornamento dell'albo nonché la verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione, dandone comunicazione al Consiglio nazionale;

c) promuovere la formazione e l'aggiornamento permanenti degli iscritti all'albo, attraverso sistemi di valutazione stabiliti dagli ordinamenti di categoria;

d) determinare, nel rispetto del bilancio preventivo, il contributo obbligatorio annuale che deve essere corrisposto da ogni iscritto per il finanziamento dell'Ordine territoriale e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

e) vigilare sul corretto esercizio della professione ed esercitare i conseguenti poteri disciplinari sugli iscritti all'albo;

f) formulare pareri in materia di liquidazione dei compensi ai professionisti;

g) esperire, su richiesta, il tentativo di conciliazione tra gli iscritti all'albo e i clienti che, nel caso di controversie relative ai compensi, possono farsi assistere anche da associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell'elenco previsto dall'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;

h) formulare i pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni territoriali su materie di interesse locale;

i) svolgere ogni altra funzione ad esso attribuita dall'ordinamento di categoria o delegata dal Consiglio nazionale per lo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 18 e al presente comma.

Art. 21.

(Organizzazione e compiti del Consiglio nazionale).

1. L'ordinamento di categoria disciplina l'organizzazione del Consiglio nazionale prevedendo che:

a) il Consiglio nazionale è composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli Ordini territoriali, tenuto conto della loro organizzazione e del numero degli iscritti all'albo. Il Consiglio nazionale è eletto dai consigli degli Ordini territoriali ogni cinque anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il Consiglio nazionale conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale del Consiglio stesso, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità del Consiglio nazionale;

b) il controllo della tenuta dei conti e della gestione del bilancio è affidato a un collegio dei revisori dei conti, composto da due membri nominati fra gli iscritti all'elenco dei revisori dei conti, nominati dal Ministro della giustizia ogni quattro anni. Il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di due volte consecutive.

2. Spettano al Consiglio nazionale i seguenti compiti:

a) vigilare sul rispetto dei princìpi della presente legge;

b) svolgere i compiti ad esso assegnati dalla legge in attuazione di obblighi comunitari;

c) giudicare sui ricorsi avverso i provvedimenti adottati dall'Ordine territoriale, anche in funzione di giudice speciale qualora operante prima del 1o gennaio 1948, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nel rispetto degli articoli 24 e 111 della Costituzione;

d) esercitare funzioni di coordinamento degli Ordini territoriali;

e) designare i rappresentanti della categoria presso commissioni e organi di carattere nazionale e internazionale;

f) formulare pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni;

g) determinare la misura del contributo obbligatorio annuale per lo svolgimento dei compiti di cui alla presente legge che deve essere corrisposto dall'Ordine territoriale, previa esazione dei contributi a carico iscritti agli albi, e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

h) determinare gli standard qualitativi propri delle prestazioni professionali;

i) adottare i regolamenti ad esso delegati dall'ordinamento di categoria;

l) accreditare i percorsi formativi;

m) assicurare la compiuta informativa al pubblico sulle modalità di esercizio della professione;

n) svolgere ogni altra funzione attribuita dall'ordinamento di categoria per lo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 18 e al presente comma.

Art. 22.

(Disposizioni comuni).

1. Gli ordinamenti di categoria prevedono i criteri sulla base dei quali l'Ordine territoriale può stabilire indennità per i membri dei diversi organi al fine di assicurare lo svolgimento del mandato senza pregiudizio economico, nonché le modalità di elezione del Consiglio nazionale e del consiglio dell'Ordine territoriale, prevedendo le ipotesi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza e le modalità dei relativi subentri, nel rispetto delle seguenti finalità:

a) favorire la partecipazione degli iscritti;

b) garantire la trasparenza delle operazioni elettorali;

c) identificare le limitazioni all'elettorato attivo e all'elettorato passivo in presenza di gravi provvedimenti disciplinari divenuti definitivi.

 

Art. 23.

(Codice deontologico).

1. Il codice deontologico per l'esercizio professionale assicura il corretto esercizio della professione nonché il decoro e il prestigio della professione medesima e garantisce i diritti dei cittadini utenti delle prestazioni professionali.

2. Il codice deontologico è adottato e periodicamente aggiornato dal Consiglio nazionale, previa consultazione degli Ordini territoriali.

3. Il codice deontologico è pubblicato e reso accessibile ai terzi da parte dell'Ordine professionale.

 

Art. 24.

(Pubblicità).

1. L'esercizio professionale, in qualunque modo esercitato, deve essere oggetto di pubblicità informativa.

2. Il codice deontologico stabilisce le modalità con cui la pubblicità prevista dal comma 1 può essere resa dagli iscritti nel rispetto del principio della più ampia informazione.

 

Art. 25.

(Responsabilità disciplinare).

1. Il professionista deve:

a) rispettare le leggi e il codice deontologico;

b) comportarsi in modo conforme alla dignità e al decoro professionali;

c) provvedere all'aggiornamento della propria formazione professionale secondo quanto previsto dall'ordinamento di categoria.

2. Il professionista che non ottempera ai doveri di aggiornamento professionale e che interrompe l'esercizio professionale per un periodo prolungato, secondo i criteri stabiliti dall'ordinamento di categoria, è radiato dall'albo.

Art. 26.

(Sanzioni disciplinari).

1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 25 comporta l'irrogazione delle sanzioni disciplinari stabilite dall'ordinamento di categoria nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo.

2. Le sanzioni disciplinari sono proporzionali alla gravità della violazione.

3. Le sanzioni disciplinari sono le seguenti:

a) l'avvertimento, che consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

b) la censura, che consiste in una dichiarazione di biasimo resa pubblica;

c) la sospensione, che consiste nell'inibizione all'esercizio della professione da un minimo di un mese a un massimo di due anni;

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall'albo.

4. L'ordinamento di categoria determina le condizioni e le procedure con le quali l'iscritto può essere eccezionalmente sospeso in via cautelare dall'esercizio della professione; in ogni caso la sospensione cautelare non può avere durata superiore a un anno.

5. Il professionista radiato può chiedere di essere reiscritto all'albo, sussistendone i presupposti, non prima di cinque anni dalla data di efficacia del provvedimento di radiazione.

6. Nel caso di società tra professionisti iscritti all'albo, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società se la violazione commessa è ricollogabile a direttive impartite dalla società.

7. Nel caso di società interprofessionale, la cancellazione da uno degli albi nei quali la società è iscritta è causa legittima di esclusione dei soci iscritti al medesimo albo.

Art. 27.

(Procedimento disciplinare).

1. Gli ordinamenti di categoria disciplinano, nel rispetto dei princìpi del codice di procedura civile, in quanto compatibili, il procedimento disciplinare, che ha inizio d'ufficio, su segnalazione del cliente o di chiunque vi abbia interesse.

2. Gli ordinamenti di categoria prevedono e disciplinano l'affidamento dell'esercizio delle funzioni disciplinari a uno specifico organo, distinto dal consiglio dell'Ordine territoriale e presieduto da un magistrato.

3. Il procedimento disciplinare è svolto assicurando:

a) la contestazione degli addebiti;

b) il diritto di difesa;

c) la distinzione tra le funzioni istruttorie e quelle giudicanti;

d) la motivazione delle decisioni e pubblicità del provvedimento;

e) la facoltà dell'esponente con esclusione del potere di impugnativa, salvo quanto previsto dal comma 6.

4. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data della presunta violanzione e il procedimento deve concludersi, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla sua apertura, fatte salve le ipotesi di sospensione e di interruzione del procedimento stesso.

5. Al procedimento disciplinare di cui al presente articolo non si applica la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

6. Avverso i provvedimenti disciplinari emanati dall'Ordine territoriale è ammesso ricorso al Consiglio nazionale, salvo che l'ordinamento non preveda impugnazione davanti ad un'autorità diversa.

7. Sono fatte salve le disposizioni legislative vigenti che regolano i procedimenti disciplinari delle professioni istituite prima dell'entrata in vigore della Costituzione.

Art. 28.

(Scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale).

1. Gli ordinamenti di categoria possono istituire apposite scuole di alta formazione per i professionisti e i tirocinanti, ovvero possono prevedere i criteri sulla base dei quali l'Ordine territoriale, nel rispetto delle direttive del Consiglio nazionale, può istituire tali scuole, anche mediante convenzioni e con la partecipazione di amministrazioni pubbliche, istituti di formazione, casse di previdenza, sindacati e associazioni di professionisti.

2. Il Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'istruzione e con il Ministro della giustizia, riconosce con decreto i titoli rilasciati dalle scuole ai fini della formazione e della ammissione all'esame di Stato per l'esercizio della professione e vigila sull'esercizio delle funzioni in materia di formazione da parte degli Ordini territoriali.

3. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono i criteri per la formazione ai fini del tirocinio e per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti. Sulla base di tali criteri e nel rispetto del principio di libera concorrenza, da parte di Ordini, associazioni e sindacati dei professionisti e casse di previdenza, possono essere promossi e organizzati, mediante adeguate strutture, seminari e corsi di formazione. I seminari e i corsi di formazione per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti sono altresì promossi e organizzati da soggetti privati, previa approvazione dell'Ordine cui sono rivolti.

4. Le università e gli istituti del secondo ciclo di istruzione, di intesa con gli Ordini territoriali, possono istituire corsi per la preparazione all'esame di Stato e per l'aggiornamento professionale.

Art. 29.

(Associazioni degli iscritti agli albi).

1. I professionisti iscritti agli albi possono pubblicizzare, nelle forme e con le modalità disciplinate dal codice deontologico, la propria partecipazione alle scuole, ai seminari e ai corsi previsti dall'articolo 28 nonché la propria appartenenza a un'associazione di professionisti di cui al comma 2 del presente articolo.

2. I professionisti iscritti agli albi, al fine di favorire l'identificazione di specifici profili professionali, possono costituire apposite associazioni dotate dei seguenti requisiti:

a) l'associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione e deve avere adeguate diffusione e rappresentanza territoriali;

b) lo statuto dell'associazione deve prevedere come scopo la promozione del profilo professione nonché la formazione e l'aggiornamento professionali dei suoi iscritti;

c) lo statuto dell'associazione deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica ed escludere espressamente ogni attività commerciale;

d) l'associazione deve dotarsi di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee al perseguimento delle proprie finalità di innalzamento dei livelli di qualificazione professionale e di aggiornamento professionale.

3. Le associazioni di cui al presente articolo comunicano il possesso dei requisiti previsti dal comma 2 del presente articolo al Ministero della giustizia ai fini dell'esercizio delle funzioni di vigilanza di cui all'articolo 14, comma 2, lettera e). Nel caso in cui sia accertata la mancanza dei suddetti requisiti è inibita all'associato la pubblicizzazione della propria appartenenza all'associazione medesima.

Art. 30.

(Regime tariffario).

1. Nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti di cui all'articolo 2233 del codice civile, le tariffe, previa istruttoria con i soggetti interessati, sono stabilite, per le sole attività riservate rese nell'interesse generale, con decreto del Ministro che ha la competenza sugli interessi e sul settore economico di riferimento della professione su proposta del rispettivo Consiglio nazionale, sentiti il Consiglio di Stato e le associazioni sindacali più rappresentative, a livello nazionale, e le associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte all'elenco previsto dall'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

2. Le tariffe prevedono livelli massimi e minimi, negoziabili dal cliente in relazione alle modalità, al tempo e ai risultati delle prestazioni. Sono nulli i patti difformi qualora prevedano una riduzione superiore a un terzo del compenso minimo stabilito sulla base dei livelli tariffari. Non sono comunque previsti livelli minimi per le prestazioni professionali rese in favore delle attività di volontariato definite ai sensi della legislazione vigente.

3. In caso di controversia sull'applicazione delle tariffe, il consiglio dell'Ordine territoriale competente garantisce al soggetto che contesta la parcella professionale il diritto al contraddittorio e l'assistenza da parte di un rappresentante di una organizzazione sindacale o di tutela dei consumatori di sua fiducia.

4. In sede di revisione delle tariffe deve essere privilegiata la struttura che consente di definire il costo forfettario delle prestazioni.

Art. 31.

(Politiche economiche per i professionisti).

1. I provvedimenti che introducono agevolazioni o incentivi diretti a favorire la formazione e l'aggiornamento professionali, lo sviluppo dell'occupazione e l'accesso al credito non possono escludere dalle categorie dei beneficiari coloro che esercitano le attività professionali di cui alla presente legge. In particolare devono essere privilegiate le società tra professionisti e interprofessionali costituite da giovani e quelle che costituiscono sedi operative in Cina.

2. Ai professionisti di cui alla presente legge è riconosciuto un credito di imposta, determinato annualmente dalla legge finanziaria, per documentate attività di ricerca di elevato contenuto scientifico, tecnico e disciplinare.

Art. 32.

(Norma transitoria).

1. I consigli degli Ordini in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogati fino a sei mesi successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'articolo 41, con i quali, ai sensi dell'articolo 33, il rispettivo ordinamento di categoria è adeguato alle disposizioni della presente legge.

Art. 33.

(Ordinamenti di categoria).

1. Nell'esercizio della delega prevista all'articolo 41, il Governo provvede ad adeguare alle disposizioni della presente legge l'ordinamento di categoria delle professioni ordinistiche, di cui alla presente legge, anche al fine di procedere alla unificazione tra Ordini relativi a professioni le cui attività riguardano uno stesso settore economico o sociale.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 disciplinano anche le modalità con cui procedere alle successive modificazioni e integrazioni degli ordinamenti di categoria, con cadenza almeno decennale, anche al fine di verificarne la rispondenza alle condizioni e ai presupposti di cui all'articolo 15.

TITOLO III

RICONOSCIMENTO DELLE

ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI

Art. 34.

(Princìpi generali).

1. La legge garantisce la libertà di costituzione di associazioni professionali costituite da professionisti, di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza.

2. Gli statuti e le clausole associative delle associazioni professionali devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati e l'osservanza dei princìpi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo e oggettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione.

3. Le associazioni professionali adottano un codice deontologico, vigilano sul comportamento degli associati e definiscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice.

Art. 35.

(Registro delle associazioni professionali).

1. Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito il Registro delle associazioni professionali, di seguito denominato «Registro».

2. Possono chiedere l'iscrizione nel Registro le associazioni previste dall'articolo 34, in possesso dei requisiti stabiliti dal regolamento adottato ai sensi dell'articolo 38, comma 1.

Art. 36.

(Attestato di competenza).

1. È istituito l'attestato di competenza, con il quale le associazioni professionali di cui al presente titolo attestano il possesso dei prescritti requisiti professionali, l'esercizio abituale della professione, il costante aggiornamento del professionista nonché un comportamento conforme alle norme del corretto svolgimento della professione.

2. Le associazioni professionali definiscono i requisiti che il professionista deve possedere ai fini del rilascio dell'attestato di competenza di cui al comma 1, tra i quali rientrano, in particolare:

a) l'individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di percorsi formativi alternativi;

b) la definizione dell'oggetto dell'attività professionale e dei relativi profili professionali;

c) la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio dell'attività professionale.

3. L'attestato di competenza non è requisito vincolante per l'esercizio delle attività professionali di cui al presente titolo ed è rilasciato a tutti i professionisti iscritti alle associazioni professionali che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti di cui ai commi 2 e 4.

4. Il professionista, ai fini del rilascio dell'attestato di competenza, deve altresì essere in possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale di cui all'articolo 13.

5. Il mancato rinnovo dell'iscrizione all'associazione professionale che ha rilasciato l'attestato di competenza comporta la perdita della validità dell'attestato stesso.

Art. 37.

(Obblighi dell'iscritto).

1. L'iscritto all'associazione professionale ha l'obbligo di informare l'utenza, qualora richiesto, del proprio numero di iscrizione all'associazione e degli estremi dell'iscrizione dell'associazione stessa nel Registro.

Art. 38.

(Norme di attuazione).

1. Il Ministro dello sviluppo economico, con apposito regolamento da adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disciplina la materia e fissa i requisiti che le associazioni professionali devono possedere per essere iscritte nel Registro, nonché per essere autorizzate a rilasciare gli attestati di competenza previsti dall'articolo 36, sulla base dei seguenti princìpi:

a) gli statuti delle associazioni professionali devono garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi e la dialettica democratica tra gli associati ed escludere il fine di lucro;

b) le associazioni professionali devono avere una struttura organizzativa e tecnico-scientifica consolidata e devono prevedere procedure operative adeguate all'effettivo e oggettivo raggiungimento delle finalità della associazione stessa, nonché adottare un codice deontologico che garantisca il corretto comportamento dei propri iscritti nei confronti degli utenti;

c) devono essere definiti un limite temporale per la validità dell'attestato di competenza e le modalità per il suo rinnovo, determinati sulla base di elementi oggettivi che garantiscano la permanenza dei requisiti in capo al professionista.

2. I codici deontologici di cui al comma 3 dell'articolo 34 e i requisiti stabiliti dalle associazioni professionali ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 34 sono valutati dal Ministero dello sviluppo economico ai fini dell'iscrizione delle medesime associazioni nel Registro.

Art. 39.

(Vigilanza).

1. Il Ministero dello sviluppo economico vigila sull'operato delle associazioni professionali al fine di verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti di cui al presente titolo, e ne dispone la cancellazione dal Registro, con la conseguente revoca dell'autorizzazione a rilasciare gli attestati di competenza previsti dall'articolo 36, nel caso ravvisi irregolarità nell'operato delle predette associazioni, perdita dei requisiti stabiliti dal regolamento adottato ai sensi dell'articolo 38, comma 1, o prolungata inattività.

Art. 40.

(Norma transitoria).

1. In sede di prima attuazione della presente legge, il Ministero dello sviluppo economico definisce un regime agevolato in relazione ai requisiti organizzativi stabiliti ai sensi del presente titolo in favore delle associazioni professionali iscritte, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla Banca di dati del CNEL, istituita ai sensi dell'articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936.

2. In ogni caso, le associazioni di cui al comma 1, sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti ai sensi del presente titolo entro e non oltre tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, pena la cancellazione dal Registro. A tale fine, le associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono tenute a presentare apposita domanda di iscrizione nel Registro almeno sei mesi prima della scadenza del termine stabilito dal periodo precedente.

TITOLO IV

PROVVEDIMENTI DI ATTUAZIONE

Art. 41.

(Delega al Governo).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e delle province autonome, uno o più decreti legislativi per la disciplina delle materie di cui agli articoli 11, comma 4, 12, comma 2, 14, 15, 16 e 33, nel rispetto delle disposizioni e dei princìpi e criteri direttivi della presente legge.

2. I decreti legislativi di attuazione della delega prevista dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, acquisiti i pareri dei Consigli nazionali delle categorie interessate e sentiti i rispettivi sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

4. Qualora il termine di cui al comma 2 scada nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente ad esso, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di tre mesi.

5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni correttive e integrative di ciascuno di essi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge e con la procedura prevista dal presente articolo.

 

Art. 42.

(Regolamenti di attuazione).

1. È demandata alla potestà regolamentare del Governo, da esercitare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1998, n. 400, e successive modificazioni, l'adozione di appositi regolamenti di attuazione della presente legge nelle materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato.

2. I regolamenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri interessati, con la procedura di cui ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 41. Con la medesima procedura si provvede altresì alle successive modificazioni e integrazioni dei regolamenti.

3. I regolamenti di cui al presente articolo 8 sono pubblicati in un apposito supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, unitamente alla ripubblicazione dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega prevista dall'articolo 41 precedente e delle altre disposizioni vigenti in materia di professioni intellettuali.

4. Il Governo provvede, altresì, all'esplicita abrogazione delle norme che disciplinano le materie oggetto dei regolamenti di cui al presente articolo incompatibili con i medesimi regolamenti. Le abrogazioni previste ai sensi del presente comma hanno effetto a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti recanti la disciplina delle specifiche materie.

Art. 43.

(Commissione di studio).

1. Ai fini della predisposizione dei decreti legislativi di cui all'articolo 41 nonché dei regolamenti di cui all'articolo 42 è istituita, con decreto del Ministro della giustizia, una apposita commissione di studio composta da docenti universitari, funzionari pubblici, esperti di particolare qualificazione professionale nonché esponenti di Ordini professionali, sindacati e associazioni di professionisti.

 

Art. 44.

(Principio di concertazione).

1. Il Comitato unitario delle professioni, il Coordinamento delle libere associazioni professionali e le principali associazioni rappresentative delle professioni di cui alla presente legge, sono consultati dal Governo in merito alle scelte socio-economiche di carattere generale e nella fase di predisposizione del disegno di legge finanziaria annuale.


N. 1319

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

¾

 

Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

 

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Presentata il 7 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende riformare il sistema delle professioni intellettuali aggiornandolo alla realtà di oggi, con particolare riferimento alle esigenze derivanti dal progresso di integrazione europea e dai processi di internazionalizzazione che coinvolgono anche le professioni intellettuali. Nel contempo si intende provvedere al riconoscimento legislativo delle associazioni delle professioni cosiddette «non regolamentate», che costituiscono una realtà che attende da tempo una specifica disciplina. Le regole introdotte per le associazioni delle professioni riconosciute devono coesistere con il sistema delle professioni «protette» o «regolamentate», cui fa riferimento l'articolo 2229 del codice civile che, nell'ambito della riforma proposta, assumono la denominazione di professioni «di interesse generale». La nuova normativa proposta si applica alle professioni intese in un'accezione molto ampia ovvero a tutte quelle attività economiche dirette «al compimento di atti, alla prestazione di servizi od opere a favore di terzi», abitualmente esercitate «con lavoro intellettuale» per le quali «è richiesto un titolo di studio universitario o equipollente avente valore legale». Essa abbraccia, quindi, in un sistema comune, tutte le libere professioni che rappresentano uno dei pilastri del pluralismo e dell'indipendenza nell'ambito economico-sociale, e che assolvono a ruoli di pubblico interesse. Il settore professionale, parte cospicua del mercato del lavoro, merita una riforma organica tesa alla modernizzazione e alla maggiore competitività del nostro Paese nell'economia globale. La proposta di riforma si coordina perfettamente anche con le disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di concorrenza, libera circolazione dei servizi e diritto di stabilimento; i vincoli che derivano dall'ordinamento comunitario costituiscono limiti generali della potestà legislativa di Stato e regioni e sono esplicitamente richiamati nella proposta di legge. In quest'ottica la riforma rappresenta un passaggio indispensabile anche nel processo di integrazione europea. Rispetto al quadro costituzionale vigente l'intervento proposto intende fornire un quadro unitario della materia.

Tale normativa si applica a tutte le professioni per il perseguimento dei seguenti fini:

a) tutelare gli interessi generali della professione, valorizzandone la rilevanza economica e sociale;

b) tutelare il corretto esercizio della professione nonché l'indipendenza di giudizio e l'autonomia di chi la esercita;

c) assicurare la correttezza e la qualità della prestazione professionale;

d) favorire il pieno sviluppo della persona umana, la sua libertà e dignità, nonché l'effettiva partecipazione del professionista all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Per quanto riguarda le professioni «protette», si prevede che in base alle norme quadro si proceda a un adeguamento degli attuali ordinamenti professionali o all'introduzione di nuove disposizioni attraverso deleghe legislative al Governo.

Le disposizioni della presente proposta di legge costituiscono norme generali di riforma economico-sociale e le disposizioni legislative dei singoli ordinamenti professionali, come modificate in base ai decreti legislativi adottati in attuazione delle deleghe previste, sono princìpi fondamentali della materia. Le regioni, anche a statuto speciale, e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base all'articolo 117 della Costituzione, potranno esercitare la potestà legislativa concorrente conformandosi a tali norme.

La proposta di legge è suddivisa in quattro titoli: titolo I - parte generale; titolo II - professioni di interesse generale; titolo III - associazioni delle professioni riconosciute; titolo IV - provvedimenti di attuazione.

Le disposizioni generali del titolo I si applicano a tutti i tipi di attività professionali.

Il capo I si apre con le disposizioni relative all'oggetto, alle definizioni e alle finalità (articoli 1, 2 e 3). Sono poi enunciate le disposizioni sull'esercizio delle attività professionali, prevedendo il regime applicabile ai liberi professionisti, ai professionisti dipendenti e la possibilità di esercitare la professione in forma societaria (articoli 7 e 8). È altresì prevista una specifica disciplina in materia fiscale e previdenziale (articoli 11-12).

L'articolo 14 prevede, in base alla delega disposta dall'articolo 37, che il Governo adotti un decreto legislativo per il riconoscimento pubblico e l'organizzazione delle professioni intellettuali e determina princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega. In base a questi il Governo dovrà valutare quali siano le professioni meritevoli di tutela attraverso l'istituzione di ordini ai sensi del titolo II (professioni di interesse generale) e quelle per le quali è sufficiente favorire l'organizzazione in associazioni ai sensi del titolo III. Al riguardo, l'articolo 14 disciplina il riconoscimento pubblico e l'organizzazione delle professioni intellettuali, prevedendo il diritto dei professionisti ad ottenere il riconoscimento pubblico delle professioni che non sono disciplinate da disposizioni normative a condizione che vengano individuate soglie di rilevanza soggettiva e oggettiva relativamente al settore economico di riferimento dell'attività svolta escludendo, altresì, che possa essere considerata professione un'attività che riguardi prestazioni che hanno una connotazione tipica delle professioni di interesse generale.

Si prevede inoltre che spetta al Ministero della giustizia (di concerto con i Ministeri competenti) il potere di riconoscimento delle professioni in esito a un'istruttoria diretta ad accertare la sussistenza di determinati requisiti con la specificazione che anche in caso di esito negativo dell'istruttoria il Ministero della giustizia può concedere il riconoscimento (motivato analiticamente) a una professione che ha una connotazione tipica delle professioni di interesse generale laddove risulti che tale attività abbia fondamento teorico e pratico, venga esercitata in modo diffuso nel territorio nazionale e abbia rilevanza economica o sociale.

In base alle definizioni dettate dall'articolo 2, per professione di interesse generale si intende la professione il cui accesso, in virtù dell'interesse generale che riveste l'attività prestata dal professionista, è soggetto alla previa iscrizione ad un albo a seguito di un esame di Stato.

Alla disciplina particolare della professione di interesse generale è dedicato il titolo II, che rappresenta una cornice comune per tutte le professioni «regolamentate». I singoli ordinamenti verranno poi istituiti o modificati con l'esercizio delle deleghe previste dalla legge.

In comune le professioni regolamentate hanno alcuni presupposti per l'esercizio delle attività (articolo 15); dei princìpi generali da rispettare per regolare il tirocinio e il successivo esame di Stato (articolo 16); le regole per l'iscrizione e la tenuta degli albi professionali (articolo 17); i princìpi per la costituzione, l'organizzazione e la forma giuridica degli Ordini professionali (articolo 18); l'articolazione degli Ordini territoriali (articolo 19), le attribuzioni dei consigli degli Ordini territoriali (articolo 20) e del Consiglio nazionale (articolo 21). Il titolo II prevede inoltre altre disposizioni comuni (articolo 22), i criteri per l'adozione e il valore giuridico dei codici deontologici (articolo 23) nonché le disposizioni sulla responsabilità, sulle sanzioni e sui procedimenti disciplinari (articoli 25, 26 e 27). Nello stesso titolo sono infine dettati i princìpi per l'istituzione di scuole di formazione professionale e corsi di aggiornamento (articolo 28), i requisiti di base per l'istituzione di associazioni professionali (articolo 29) e il regime tariffario (articolo 30). Il titolo si chiude con le disposizioni transitorie (articolo 31) e con la previsione che il Governo, in attuazione della delega di cui all'articolo 37 e di quanto previsto dall'articolo 38, provvede all'adeguamento dell'ordinamento che disciplina le professioni secondo l'elenco di cui all'allegato A alla proposta di legge (articolo 32). La delega consente al Governo non solo di decidere a quale regime assoggettare le singole attività secondo i citati princìpi e criteri direttivi, ma anche di valutare l'eventuale unificazione di Ordini che riguardano lo stesso settore economico.

Il titolo III è dedicato alle associazioni delle professioni riconosciute. Per professione riconosciuta si intende la professione non rientrante in quelle di interesse generale per il cui esercizio si è costituita una associazione tra coloro che la esercitano. L'associazione si costituisce al fine di dare evidenza ai requisiti professionali dei propri iscritti nei confronti della collettività. Tali associazioni, per ottenere il riconoscimento, devono avere precise caratteristiche riferite, tra l'altro, alla democraticità dello statuto e alla istituzione di strutture dedicate alla formazione (articolo 35). Il Governo è delegato a stabilire nel dettaglio i requisiti richiesti alle associazioni. Le associazioni definiscono i livelli qualitativi e le verifiche per i propri iscritti ai fini del rilascio dei relativi attestati. Il riconoscimento comporta l'iscrizione in un apposito registro tenuto presso il Ministero della giustizia (articoli 33 e 34). Le modalità organizzative e di tenuta del registro sono definite dal Governo in base alla delega prevista dall'articolo 37. L'articolo 36, contenente le norme transitorie, prevede infine un regime agevolato per l'iscrizione in favore delle associazioni attualmente iscritte nella banca dati del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Il titolo IV, che chiude la proposta di legge, è dedicato alle norme di attuazione. Sono previsti decreti legislativi delegati (articolo 37) e regolamenti di attuazione (articolo 38). Il titolo si chiude con la previsione dell'istituzione di una commissione di studio, composta da qualificati esperti di diversa estrazione, incaricata di predisporre gli schemi dei decreti legislativi.

In conclusione, la normativa proposta rappresenta uno forzo per aggiornare l'ordinamento italiano e rendere coerente la disciplina delle professioni intellettuali con le esigenze della collettività. La sua adozione consentirà un adeguamento dell'attuale disciplina alle nuove dinamiche derivanti dai processi di integrazione europea e di internazionalizzazione che coinvolgono anche i professionisti, nonché un adeguamento della legislazione italiana al fenomeno emergente delle associazioni delle professioni riconosciute che richiedono, sia pur in termini diversi rispetto alle cosiddette «professioni protette», una specifica regolamentazione. Tutto ciò viene realizzato nel quadro del riparto costituzionale dettato dall'articolo 117, come modificato con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.

L'importanza, l'attualità della materia e l'ampio dibattito già avviato nel corso della passata legislatura impongono una sollecita calendarizzazione e approvazione della presente proposta di legge, che potrà portare all'introduzione di una riforma non più rinviabile.



 


proposta di legge

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TITOLO I

PARTE GENERALE

Capo I

Art. 1.

(Oggetto).

1. La presente legge stabilisce l'ordinamento delle professioni intellettuali in attuazione dell'articolo 117 della Costituzione e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.

2. La disciplina delle professioni intellettuali per il cui esercizio è necessario il superamento dell'esame di Stato ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, spetta alla legislazione esclusiva dello Stato.

3. Le presente legge determina i princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in riferimento alle professioni intellettuali non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato.

4. Per professione intellettuale si intende l'attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti, alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi esercitata, abitualmente e in via prevalente, con lavoro intellettuale per la quale è richiesto un titolo di studio universitario o equipollente.

Art. 2.

(Definizioni).

1. Ai fini della presente legge si intende:

a) per «professione», la professione intellettuale, come definita ai sensi dell'articolo 1, comma 4;

b) per «professione di interesse generale», la professione di cui al titolo II, il cui esercizio incide su interessi generali meritevoli di specifica tutela, per lo svolgimento della quale è richiesta l'iscrizione a un albo previo superamento di un esame di Stato e il possesso degli altri requisiti stabiliti dall'ordinamento di categoria;

c) per «professione riconosciuta», la professione di cui al titolo III;

d) per «libero professionista», colui che esercita la professione ai sensi dei capi I e II del titolo III del libro V del codice civile, anche in regime convenzionato qualora previsto dalla legislazione speciale;

e) per «professionista dipendente», il soggetto che esercita la professione nelle forme del lavoro subordinato;

f) per «professionista», il libero professionista e il professionista dipendente;

g) per «categoria», l'insieme dei professionisti che esercitano la medesima professione con lo stesso titolo professionale;

h) per «esercizio professionale», l'esercizio della professione;

i) per «prestazione professionale», la prestazione del professionista in qualunque forma resa;

l) per «legge», la legge e gli atti equiparati dello Stato;

m) per «ordinamento di categoria», le disposizioni normative che regolano competenze, condizioni, modalità e compensi per l'esercizio della professione di interesse generale;

n) per «Ordine professionale», il Consiglio nazionale e gli Ordini territoriali;

o) per «Consiglio nazionale», il Consiglio nazionale dell'Ordine professionale;

p) per «esame di Stato», l'esame, anche in forma di concorso, previsto per l'accesso alle professioni ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione;

q) per «consiglieri», i membri del Consiglio nazionale e del Consiglio dell'Ordine territoriale;

r) per «associazioni», le associazioni tra professionisti;

s) per «sindacati», i sindacati dei professionisti.

Art. 3.

(Finalità).

1. Le disposizioni della presente legge, ai sensi degli articoli 4, 33 e 35 della Costituzione, disciplinano le professioni al fine di:

a) garantire e tutelare, in attuazione dell'articolo 41 della Costituzione, la concorrenza;

b) tutelare gli interessi generali connessi con l'esercizio professionale;

c) valorizzare la rilevanza economica e sociale della professione, quale risorsa prioritaria dell'economia della conoscenza;

d) favorire il pieno sviluppo della persona umana, la sua libertà e dignità, nonché l'effettiva partecipazione dei professionisti all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;

e) tutelare l'interesse generale al corretto esercizio della professione nonché garantire l'indipendenza di giudizio e l'autonomia del professionista;

f) tutelare l'affidamento della clientela e della collettività;

g) assicurare la correttezza e la qualità della prestazione professionale.

 

Capo II

Art. 4.

(Esercizio della professione).

1. L'accesso alla professione è libero e il suo esercizio è fondato e ordinato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

2. L'esame di Stato per l'esercizio di professioni che implicano lo svolgimento di pubbliche funzioni è soggetto a predeterminazione numerica dei posti, ai sensi di quanto stabilito dalla legge e tenuto conto delle esigenze della collettività.

Art. 5.

(Liberi professionisti).

1. La professione è esercitata, sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria, in forma individuale nonché, sotto la responsabilità e la direzione personale del professionista, e in forma associata o societaria ai sensi di quanto previsto dal capo III.

2. Alla professione, in qualunque forma esercitata, non si applica la sezione I del capo I del titolo II del libro V del codice civile.

3. La legge stabilisce le professioni il cui esercizio è compatibile con la prestazione di lavoro subordinato, predisponendo apposite garanzie per assicurare l'autonomia e l'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista.

Art. 6.

(Professionisti dipendenti).

1. I professionisti dipendenti esercitano la professione in conformità alle disposizioni della presente legge, fatte salve le incompatibilità previste dagli ordinamenti di categoria.

2. Nel caso in cui l'abilitazione professionale costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato è obbligatoria l'iscrizione all'albo per l'espletamento delle relative mansioni, ai sensi di quanto previsto dagli ordinamenti di categoria.

3. I professionisti dipendenti pubblici sono soggetti alle norme deontologiche, stabilite ai sensi dell'articolo 23, nel rispetto dei princìpi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.

4. Ai dipendenti pubblici si applicano le disposizioni stabilite dal capo IV del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

Capo III

Art. 7.

(Tipo della società tra professionisti).

1. La società che ha per oggetto l'esercizio di una professione deve costituirsi secondo il tipo denominato «società tra professionisti - STP», che è regolato dalle disposizioni del titolo II del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, ovvero dei commi 2 e 3 del presente articolo.

2. Le società tra professionisti possono essere costituite nella forma di società cooperativa a mutualità prevalente regolata a condizione che:

a) ove i soci esercitino una professione di interesse generale, la costituzione sia consentita dall'ordinamento di categoria;

b) i soci non professionisti siano ammessi in numero tale da non poter conseguire, anche indirettamente, il controllo della società;

c) in tutti gli atti e i documenti della società, e comunque ove indicati nei rapporti con i terzi, i soci non professionisti indichino, accanto al proprio nome, la qualifica di «socio non professionista», salva diversa disposizione dei singoli ordinamenti di categoria.

3. Alla società costituita ai sensi del comma 2 del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo II del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.

 

4. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 5, comma 2, della presente legge, alle società tra professionisti regolate ai sensi della medesima legge non si applicano il regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, e le altre disposizioni vigenti che disciplinano le procedure concorsuali.

5. L'iscrizione alla sezione speciale relativa alle società tra professionisti del registro delle imprese ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del codice civile.

Art. 8.

(Società interprofessionale).

1. Ove consentito dagli ordinamenti di categoria, la società tra professionisti, costituita ai sensi dell'articolo 7, che ha per oggetto l'esercizio di più professioni di interesse generale, è iscritta nella sezione speciale dei rispettivi albi e alla stessa si applicano, in quanto compatibili, gli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci.

2. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono il regime di incompatibilità relativo alla partecipazione dei professionisti iscritti ad albi diversi.

3. L'incarico professionale conferito alla società può essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta.

4. In ogni caso, le prestazioni che la legge riserva a una o più categorie possono costituire oggetto esclusivamente della società costituita dai professionisti appartenenti alla medesima categoria.

Art. 9.

(Società di diritto speciale).

1. Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano tipi di società nei quali è prevista la presenza di professionisti iscritti agli albi negli organi sociali nonché le disposizioni che disciplinano società che si avvalgono di questi ultimi per l'espletamento delle relative attività. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, il Governo provvede a riformare tali disposizioni esclusivamente al fine di assicurare, nel rispetto del modello organizzativo, il necessario coordinamento con le norme della presente legge.

 

2. Le riserve stabilite dalla normativa vigente a favore di società tra professionisti disciplinate da leggi speciali si applicano altresì a favore delle società di cui al presente capo.

Art. 10.

(Associazioni professionali).

1. L'esercizio in forma associata delle professioni è regolato dall'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e, in quanto compatibili, dalle disposizioni di cui al presente capo.

2. Gli articoli 3, 6, 7 e 8 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, e il comma 2 dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1997, n. 266, sono abrogati.

Capo IV

Art. 11.

(Norme previdenziali).

1. Gli enti previdenziali privati disciplinati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e successive modificazioni, esercitano i compiti statutari e le attività previdenziali e assistenziali ai sensi dell'articolo 38 della Costituzione, in posizione di indipendenza e autonomia, normativa e gestionale, senza finanziamenti diretti o indiretti da parte dello Stato. Le loro risorse patrimoniali sono private e devono garantire l'erogazione delle prestazioni di competenza a favore dei beneficiari.

2. Sono assoggettati a contribuzione obbligatoria a favore dell'ente previdenziale di categoria tutti i redditi indicati negli ordinamenti di categoria di riferimento. Sono comunque assoggettati a contribuzione obbligatoria, anche in mancanza di specifica previsione negli ordinamenti di categoria di riferimento, i redditi derivanti dall'attività di amministratore, revisore e sindaco di società e di enti svolta dai soggetti che sono tenuti alla contribuzione nei confronti dell'ente di categoria.

3. Quando è consentito l'esercizio dell'attività professionale in forma associativa o societaria, i redditi prodotti nell'esercizio dell'attività professionale costituiscono redditi di lavoro autonomo e sono assoggettati alla contribuzione obbligatoria in favore dell'ente previdenziale di categoria cui ciascun professionista fa riferimento in forza dell'iscrizione obbligatoria al relativo albo. Tale contributo deve essere versato pro quota ai rispettivi enti previdenziali secondo gli ordinamenti di categoria vigenti.

4. Al fine di uniformare i trattamenti dei professionisti di cui alla presente legge, con i decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, sono stabiliti condizioni e limiti per l'istituzione, nel rispetto dei princìpi della presente legge, di uno o più enti per l'esercizio di attività previdenziali e assistenziali con riferimento alle professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico ai sensi dell'articolo 14.

Art. 12.

(Norme fiscali).

1. Ai redditi di lavoro autonomo prodotti dai professionisti si applicano le disposizioni del titolo I, capo V, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

2. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, il Governo provvede a riformare il trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitale prodotti dagli enti previdenziali privati delle categorie, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) esclusione di ogni forma, anche indiretta, di doppia imposizione;

b) eliminazione del prelievo fiscale sulle pensioni erogate dagli enti o, in alternativa, eliminazione del prelievo fiscale sui redditi fondiari e sui redditi da capitale prodotti dagli enti.

Art. 13.

(Assicurazione per la responsabilità professionale).

1. Il professionista deve rendere noto al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza assicurativa stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale.

2. I codici deontologici di cui all'articolo 23 e i codici etici di cui all'articolo 35, comma 2, lettera b), prevedono le conseguenze disciplinari della violazione dell'obbligo stabilito dal comma 1 del presente articolo.

3. Gli ordinamenti di categoria e gli statuti delle associazioni di cui al titolo III stabiliscono i termini di copertura e le caratteristiche essenziali delle polizze assicurative per la responsabilità professionale.

4. Le condizioni generali delle polizze assicurative possono essere negoziate, per i propri iscritti, da Ordini, associazioni ed enti previdenziali privati che, in caso di mancato accordo con le compagnie assicurative, possono rivolgersi all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP).

Capo V

Art. 14.

(Riconoscimento pubblico e organizzazione delle professioni intellettuali).

1. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, il Governo provvede a disciplinare il riconoscimento pubblico e la relativa organizzazione delle professioni, di cui rispettivamente ai titoli II e III, in conformità alla presente legge e, in particolare, ai princìpi e criteri direttivi stabiliti dal comma2.

2. La disciplina di cui al comma 1 è adottata sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) nel rispetto degli articoli 4, 33 e 35 della Costituzione, prevedere il diritto dei professionisti ad ottenere il riconoscimento pubblico delle professioni che non sono disciplinate da disposizioni di legge;

b) disciplinare condizioni e limiti per il riconoscimento pubblico, individuando le soglie di rilevanza, soggettiva e oggettiva, che devono essere rispettate in relazione al settore economico di riferimento dell'attività ed escludendo che possa essere considerata professione una attività che riguarda prestazioni che hanno una connotazione tipica delle professioni di interesse generale, fatto salvo quanto previsto alla leggera g);

c) prevedere, nel rispetto di quanto stabilito all'articolo 15, per le professioni che incidono su interessi generali meritevoli di specifica tutela, l'istituzione di Ordini professionali ai sensi del titolo II e favorire, per le professioni che non incidono su tali interessi, l'organizzazione in associazioni ai sensi del titolo III. In ogni caso, l'istituzione di nuovi Ordini professionali è esclusa qualora sia accertata l'omogeneità dei relativi percorsi formativi con i percorsi di professioni le cui competenze incidono su interessi generali della medesima natura di quelli della professione che ha ottenuto il riconoscimento. In tale caso si deve procedere all'adeguamento dell'ordinamento di categoria di riferimento, garantendo l'autonomia delle singole professioni e la loro adeguata rappresentanza negli organi dell'Ordine competente;

d) prevedere che il potere di riconoscimento delle professioni, anche relativamente alla verifica della permanenza dei requisiti, spetti al Ministero della giustizia, di concerto con i Ministeri che hanno competenza sugli interessi e nel settore economico di riferimento della professione, acquisiti, nell'ordine, i pareri obbligatori del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e dei Consigli nazionali interessati; prevedere, altresì, che la vigilanza sull'esercizio professionale spetti ai Ministeri che hanno competenza sugli interessi e sul settore economico di riferimento della professione, e che la vigilanza sugli Ordini e sulle associazioni professionali di cui al titolo III spetti al Ministero della giustizia, che deve effettuare periodiche verifiche;

e) ai fini dell'esercizio del potere di riconoscimento di cui alla lettera d), il Ministero della giustizia svolge, anche sentendo i soggetti interessati, un'istruttoria finalizzata a:

1) accertare i requisiti per il riconoscimento pubblico delle professioni nonché la loro organizzazione in Ordini o in associazioni;

2) accertare il possesso dei requisiti stabiliti ai sensi dell'articolo 35 da parte delle associazioni che presentano la domanda di iscrizione al relativo registro istituito presso il Ministero della giustizia;

3) accertare il possesso dei requisiti previsti dal regime transitorio stabilito ai sensi dell'articolo 36;

4) verificare la permanenza dei requisiti di cui ai numeri 1), 2) e 3);

5) verificare d'ufficio o su segnalazione di chiunque vi abbia interesse, il possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 e, ove ne accerti il difetto, darne comunicazione ai Consigli nazionali e alle amministrazioni pubbliche che hanno competenza sul relativo esercizio professionale;

f) acquisire i pareri obbligatori del CNEL e dei Consigli nazionali competenti, sentiti, ove opportuno, i sindacati e le associazioni rappresentativi dei professionisti interessati;

g) disciplinare condizioni e limiti sulla base dei quali, in caso di esito negativo dell'istruttoria, su richiesta dei soggetti interessati, il Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti, può esercitare il potere di riconoscimento riguardo alle attività che, senza essere disciplinate dagli ordinamenti di categoria, hanno una connotazione tipica delle professioni di interesse generale qualora dall'istruttoria risulti che tali attività: 1) hanno specifico fondamento, teorico e pratico; 2) sono esercitate in modo diffuso nel mercato nazionale; 3) hanno rilevanza economica o sociale. Il riconoscimento deve essere analiticamente motivato e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione.

 

TITOLO II

PROFESSIONI DI INTERESSE

GENERALE

Art. 15.

(Condizioni e presupposti).

1. Ai sensi dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione e in conformità a quanto stabilito agli articoli 2061 e 2229 del codice civile, le condizioni per l'esercizio della professione per cui è necessaria l'iscrizione a un apposito albo, previo superamento dell'esame di Stato, sono stabilite con i decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37 della presente legge, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) incidenza della professione su interessi generali meritevoli di specifica tutela;

b) esigenza di tutela dell'affidamento della clientela e della collettività;

c) rilevanza sociale dei costi derivanti dall'esercizio non corretto della professione.

2. Gli ordinamenti di categoria determinano:

a) le competenze professionali sulla base del titolo di studio universitario e dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, identificando le prestazioni riservate ai sensi della legislazione vigente, in conformità ai princìpi della presente legge;

b) il titolo professionale;

c) i requisiti formativi per l'esercizio professionale;

d) il tirocinio per l'ammissione all'esame di Stato;

e) il regime delle incompatibilità;

f) ulteriori requisiti per l'esercizio professionale nel rispetto dell'interesse generale.

Art. 16.

(Tirocinio ed esame di Stato).

1. L'ordinamento di categoria stabilisce le condizioni e i requisiti del tirocinio professionale per l'ammissione all'esame di Stato, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) il tirocinio è volto all'acquisizione dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione;

b) la durata del tirocinio non può essere superiore a tre anni;

c) il tirocinio è svolto sotto la responsabilità di un professionista iscritto all'albo, con adeguata anzianità di iscrizione, anche se effettuato presso amministrazioni, società e aziende che svolgono attività nel settore di riferimento della professione;

d) il tirocinio può anche essere svolto parzialmente, mediante la partecipazione a corsi di formazione per la preparazione agli esami di Stato, in Paesi dell'Unione europea o in altri Paesi esteri, ai sensi della lettera c);

e) deve essere stabilito un equo compenso in favore di chi svolge il tirocinio, tenendo conto dell'effettivo apporto del tirocinante, con riferimento al regime tariffario delle prestazioni rese.

2. Al tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali.

3. Nell'ambito della delega prevista dall'articolo 37, il Governo provvede a disciplinare l'esame di Stato sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) l'esame deve garantire l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e dell'attitudine necessarie per lo svolgimento dell'attività professionale;

b) nelle commissioni giudicatrici non più della metà dei commissari, tra cui il presidente, sono designati dall'Ordine territoriale tra gli iscritti agli albi.

Art. 17.

(Albo professionale).

1. Il professionista si iscrive all'albo del luogo ove ha domicilio.

2. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono le modalità di formazione e di tenuta dell'albo.

Art. 18.

(Ordine professionale).

1. Ai sensi del presente titolo, coloro che esercitano una professione per la quale è necessaria l'iscrizione all'albo, ai sensi di quanto previsto all'articolo 15, sono organizzati in Ordine professionale, con compiti di rappresentanza istituzionale, ferme restando le funzioni di rappresentanza proprie dei sindacati relativamente ai rispettivi iscritti.

2. L'Ordine professionale è ente pubblico nazionale non economico, ha autonomia patrimoniale e finanziaria e determina con regolamento la propria organizzazione, nel rispetto delle disposizioni della presente legge. I regolamenti sono approvati dal Ministro della giustizia, che ha compiti di vigilanza sugli Ordini, ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera d).

3. L'Ordine professionale si articola in:

a) Consiglio nazionale, che assume la denominazione di Consiglio nazionale dell'Ordine della rispettiva categoria, con i compiti di cui all'articolo 21;

b) Ordini territoriali, che assumono la denominazione di Ordine della rispettiva categoria secondo l'organizzazione territoriale prevista dal relativo ordinamento, con i compiti di cui all'articolo 20.

4. All'Ordine professionale non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni, la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Art. 19.

(Ordine territoriale).

1. L'ordinamento di categoria disciplina l'organizzazione dell'Ordine territoriale, prevedendo i seguenti organi:

a) il consiglio, composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli iscritti all'albo ed eletto dall'assemblea ogni quattro anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il consiglio conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale dell'Ordine territoriale, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità dell'intero consiglio;

b) l'assemblea, costituita dagli iscritti all'albo; l'assemblea elegge i componenti del consiglio e del collegio dei revisori dei conti; approva il bilancio preventivo e quello consuntivo; esprime il parere sugli altri argomenti sottoposti dal consiglio; esercita ogni altra funzione ad essa attribuita dall'ordinamento di categoria;

c) il collegio dei revisori, composto, in relazione al numero degli iscritti all'albo, da uno a tre membri nominati fra gli iscritti all'elenco dei revisori, eletti dall'assemblea ogni tre anni; il mandato dei revisori può essere rinnovato per non più di due volte consecutive; il collegio dei revisori controlla la tenuta dei conti e la gestione del bilancio.

Art. 20.

(Consiglio dell'Ordine territoriale).

1. Spettano all'Ordine territoriale, che li esercita tramite il consiglio, i seguenti compiti:

a) garantire l'osservanza dei princìpi della presente legge nel proprio ambito di competenza territoriale, nel rispetto di quanto previsto ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera d);

b) curare la tenuta e l'aggiornamento dell'albo nonché la verifica periodica della sussistenza dei requisiti per l'iscrizione, dandone comunicazione al Consiglio nazionale;

c) determinare, nel rispetto del bilancio preventivo, il contributo obbligatorio annuale che deve essere corrisposto da ogni iscritto per il finanziamento dell'Ordine territoriale e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

d) vigilare sul corretto esercizio della professione ed esercitare i conseguenti poteri disciplinari sugli iscritti all'albo;

e) formulare pareri in materia di liquidazione dei compensi ai professionisti;

f) esperire, su richiesta, il tentativo di conciliazione tra gli iscritti all'albo e i clienti che, nel caso di controversie relative ai compensi, possono farsi assistere anche da associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell'elenco previsto dall'articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206;

g) formulare i pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni territoriali su materie di interesse locale;

h) svolgere ogni altra funzione ad esso attribuita dall'ordinamento di categoria o delegata dal Consiglio nazionale per lo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 18 e al presente comma.

Art. 21.

(Consiglio nazionale).

1. L'ordinamento di categoria disciplina l'organizzazione del Consiglio nazionale prevedendo che:

a) il Consiglio nazionale è composto da un numero di consiglieri determinato in rapporto al numero degli Ordini territoriali, tenuto conto della loro organizzazione e del numero degli iscritti all'albo. Il Consiglio nazionale è eletto dai consigli degli Ordini territoriali ogni cinque anni; il mandato dei consiglieri può essere rinnovato per non più di tre volte consecutive a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il Consiglio nazionale conferisce le cariche, elegge il proprio presidente, che ha la rappresentanza legale del Consiglio stesso, e può delegare singole funzioni a uno o più consiglieri, ferma restando la responsabilità del Consiglio nazionale;

b) il controllo della tenuta dei conti e della gestione del bilancio è affidato a un collegio dei revisori, composto da tre membri nominati fra gli iscritti all'elenco dei revisori, nominati dal Ministro della giustizia ogni quattro anni. Il mandato dei revisori dei conti può essere rinnovato per non più di due volte consecutive.

2. Spettano al Consiglio nazionale i seguenti compiti:

a) vigilare sul rispetto dei princìpi della presente legge;

b) svolgere i compiti ad esso assegnati dalla legge in attuazione di obblighi comunitari;

c) giudicare sui ricorsi avverso i provvedimenti adottati dall'Ordine territoriale, anche in funzione di giudice speciale qualora operante prima del 1o gennaio 1948, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti e nel rispetto degli articoli 24 e 111 della Costituzione;

d) esercitare funzioni di coordinamento degli Ordini territoriali;

e) designare i rappresentanti della categoria presso commissioni e organi di carattere nazionale e internazionale;

f) formulare pareri richiesti dalle pubbliche amministrazioni;

g) determinare la misura del contributo obbligatorio annuale per lo svolgimento dei compiti di cui alla presente legge che deve essere corrisposto dall'Ordine territoriale, previa esazione dei contributi a carico degli iscritti agli albi, e percepire il contributo medesimo, mediante riscossione diretta ovvero con procedure esattoriali;

h) determinare gli standard qualitativi propri delle prestazioni professionali;

i) adottare i regolamenti ad esso delegati dall'ordinamento di categoria;

l) accreditare i percorsi formativi;

m) assicurare la compiuta informativa al pubblico sulle modalità di esercizio della professione;

n) ogni altra funzione attribuita dall'ordinamento di categoria per lo svolgimento dei compiti di cui all'articolo 18 e al presente comma.

Art. 22.

(Disposizioni comuni).

1. Gli ordinamenti di categoria prevedono i criteri sulla base dei quali l'Ordine territoriale può stabilire indennità per i membri dei diversi organi al fine di assicurare lo svolgimento del mandato senza pregiudizio economico, nonché le modalità di elezione del Consiglio nazionale e del consiglio dell'Ordine territoriale, prevedendo le ipotesi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza e le modalità dei relativi subentri, sulla base dei seguenti princìpi e criteri:

a) favorire la partecipazione degli iscritti;

b) garantire la trasparenza delle operazioni elettorali;

c) identificare le limitazioni all'elettorato attivo e all'elettorato passivo in presenza di gravi provvedimenti disciplinari divenuti definitivi.

Art. 23.

(Codice deontologico).

1. Il codice deontologico per l'esercizio professionale assicura il corretto esercizio della professione nonché il decoro e il prestigio della professione medesima.

2. Il codice deontologico è adottato e periodicamente aggiornato dal Consiglio nazionale, previa consultazione degli Ordini territoriali.

3. Il codice deontologico è pubblicato e reso accessibile ai terzi in modo adeguato da parte dell'Ordine.

Art. 24.

(Pubblicità).

1. L'esercizio professionale, in qualunque modo esercitato, può essere oggetto di pubblicità informativa.

2. Il codice deontologico stabilisce le modalità con cui la pubblicità prevista dal comma 1 può essere resa dagli iscritti.

Art. 25.

(Responsabilità disciplinare).

1. Il professionista deve:

a) rispettare le leggi e il codice deontologico;

b) comportarsi in modo conforme alla dignità e al decoro professionali;

c) curare l'aggiornamento della propria formazione professionale.

Art. 26.

(Sanzioni disciplinari).

1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 25 comporta l'irrogazione di sanzioni disciplinari.

2. Le sanzioni disciplinari sono proporzionali alla gravità della violazione.

3. Le sanzioni disciplinari sono le seguenti:

a) l'avvertimento, che consiste in un richiamo scritto comunicato all'interessato;

b) la censura, che consiste in una dichiarazione di biasimo resa pubblica;

c) la sospensione, che consiste nell'inibizione all'esercizio della professione da un minimo di un mese a un massimo di due anni;

d) la radiazione, che consiste nella cancellazione dall'albo.

4. L'ordinamento di categoria determina le condizioni e le procedure con le quali l'iscritto può essere eccezionalmente sospeso in via cautelare dall'esercizio della professione; in ogni caso la sospensione cautelare non può avere durata superiore a un anno.

5. Il professionista radiato può chiedere di essere reiscritto all'albo, sussistendone i presupposti, non prima di cinque anni dalla data di efficacia del provvedimento di radiazione.

6. Nel caso di società tra professionisti iscritti all'albo, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società se la violazione commessa è ricollegabile a direttive impartite dalla società.

7. Nel caso di società interprofessionale, la cancellazione da uno degli albi nei quali la società è iscritta è causa legittima di esclusione dei soci iscritti al medesimo albo.

Art. 27.

(Procedimento disciplinare).

1. Gli ordinamenti di categoria disciplinano, nel rispetto dei princìpi del codice di procedura civile, in quanto compatibili, il procedimento disciplinare, che ha inizio d'ufficio, su segnalazione del cliente o di chiunque vi abbia interesse.

2. Il procedimento disciplinare si svolge nel rispetto dei seguenti princìpi:

a) contestazione degli addebiti;

b) diritto di difesa;

c) distinzione tra le funzioni istruttorie e quelle giudicanti;

d) motivazione delle decisioni e pubblicità del provvedimento;

e) facoltà dell'esponente con esclusione del potere di impugnativa.

3. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data di commissione dell'illecito ed il procedimento deve concludersi, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla sua apertura, fatte salve le ipotesi di sospensione e di interruzione del procedimento stesso.

4. Al procedimento disciplinare di cui al presente articolo non si applica la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

5. Avverso i provvedimenti disciplinari emanati dall'Ordine territoriale è ammesso ricorso al Consiglio nazionale, salvo che l'ordinamento non preveda impugnazione davanti ad un'autorità diversa.

6. Sono fatte salve le disposizioni legislative vigenti che regolano i procedimenti disciplinari delle professioni istituite prima dell'entrata in vigore della Costituzione.

Art. 28.

(Scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale).

1. Gli ordinamenti di categoria possono istituire apposite scuole ovvero possono prevedere i criteri sulla base dei quali l'Ordine può, nel rispetto delle direttive del Consiglio nazionale, istituire, anche mediante convenzioni e con la partecipazione di amministrazioni pubbliche, istituti di formazione, casse di previdenza, sindacati e associazioni di professionisti, scuole di alta formazione per i professionisti e i tirocinanti.

 

2. Il Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'istruzione e con il Ministro della giustizia, riconosce con decreto i titoli rilasciati dalle scuole ai fini della formazione e della ammissione all'esame di Stato per l'esercizio della professione e vigila sull'esercizio delle funzioni in materia di formazione da parte degli Ordini.

3. Gli ordinamenti di categoria stabiliscono i criteri per la formazione ai fini del tirocinio e per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti. Sulla base di tali criteri e nel rispetto del principio di libera concorrenza, da parte di Ordini, associazioni e sindacati dei professionisti e casse di previdenza, possono essere promossi e organizzati, mediante adeguate strutture, seminari e corsi di formazione. I seminari e i corsi di formazione per l'aggiornamento professionale periodico degli iscritti sono altresì promossi e organizzati da soggetti privati.

4. Le università e gli istituti del secondo ciclo di istruzione, di intesa con gli Ordini, possono istituire corsi per la preparazione all'esame di Stato e per l'aggiornamento professionale.

Art. 29.

(Associazioni degli iscritti agli albi).

1. I professionisti iscritti all'Ordine possono pubblicizzare, nelle forme e con le modalità disciplinate dal codice deontologico, la propria partecipazione alle scuole, ai seminari e ai corsi previsti dall'articolo 28 nonché la propria appartenenza a un'associazione di professionisti di cui al comma 2 del presente articolo.

2. I professionisti iscritti agli albi, al fine di favorire l'identificazione di specifici profili professionali, possono costituire apposite associazioni dotate dei seguenti requisiti:

a) l'associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione e deve avere adeguate diffusione e rappresentanza territoriali;

b) lo statuto dell'associazione deve prevedere come scopo la promozione del profilo professionale nonché la formazione e l'aggiornamento professionali dei suoi iscritti;

c) lo statuto dell'associazione deve escludere espressamente il rilascio di attestati di competenza professionale;

d) lo statuto dell'associazione deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica ed escludere espressamente ogni attività commerciale;

e) l'associazione deve dotarsi di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale e il relativo aggiornamento professionale.

3. Le associazioni di cui al presente articolo comunicano il possesso dei requisiti previsti dal comma 2 al Ministero della giustizia ai fini dell'esercizio delle funzioni di vigilanza di cui all'articolo 14, comma 2, lettera e). Nel caso in cui sia accertata la mancanza dei suddetti requisiti è inibita all'associato la pubblicizzazione della propria appartenenza all'associazione medesima.

Art. 30.

(Regime tariffario).

1. Nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti di cui all'articolo 2233 del codice civile, le tariffe, previa istruttoria con i soggetti interessati, sono stabilite, nell'interesse generale, con decreto del Ministro competente, su proposta dei rispettivi Consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato.

2. Le tariffe prevedono livelli massimi e minimi, inderogabili, per le prestazioni che incidono su interessi generali. Sono nulli i patti difformi qualora prevedano una riduzione superiore al 20 per cento del compenso minimo stabilito sulla base dei livelli tariffari.

3. Sono fatte salve le disposizioni che stabiliscono tariffe, aliquote, tabelle di compensi e corrispettivi per attività professionali, settori ovvero materie determinati.

Art. 31.

(Norme transitorie).

1. In sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in vigore della presente legge risultano iscritti agli albi non è richiesto il possesso del titolo di studio universitario, o equipollente, ai fini del mantenimento dell'iscrizione agli albi.

2. I Consigli in carica alla data di entrata in vigore della presente legge sono prorogati fino a sei mesi dopo la data di entrata in vigore dei decreti legislativi con i quali, ai sensi dell'articolo 32, il rispettivo ordinamento di categoria è adeguato alla presente legge.

 

Art. 32.

(Ordinamenti di categoria).

1. Nell'esercizio della delega prevista all'articolo 37 e con i regolamenti di cui all'articolo 38, il Governo provvede ad adeguare alle disposizioni della presente legge l'ordinamento di categoria delle professioni indicate nell'allegato A annesso alla presente legge, anche al fine di procedere alla unificazione tra Ordini relativi a professioni le cui attività riguardano uno stesso settore economico o sociale nonché al riordino degli albi al fine di inserire le professioni di cui all'allegato B annesso alla presente legge qualora venga accertata l'omogeneità dei percorsi formativi.

 

2. Con la procedura di cui al comma 1 si provvede, altresì, alle successive modificazioni e integrazioni degli ordinamenti di categoria, con cadenza almeno decennale, anche al fine di verificarne la rispondenza all'interesse generale di cui all'articolo15.

 

TITOLO III

ASSOCIAZIONI DELLE PROFESSIONI RICONOSCIUTE

Art. 33.

(Associazioni).

1. Presso il Ministero della giustizia è tenuto il registro delle associazioni delle professioni riconosciute, di seguito denominato «registro».

Art. 34.

(Registro).

1. Il registro è istituito con decreto del Ministro della giustizia e contiene:

a) i dati identificativi dell'associazione;

b) lo statuto e il codice etico;

c) le generalità dei componenti degli organi amministrativi.

2. Con i regolamenti di cui all'articolo 38, il Governo stabilisce le modalità di tenuta del registro, anche ai fini dell'organizzazione del Ministero della giustizia.

Art. 35.

(Requisiti associativi).

1. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, il Governo stabilisce i requisiti che le associazioni devono possedere per l'iscrizione nel registro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) l'associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione riconosciuta; deve avere adeguate diffusione e rappresentanza territoriali con un numero di iscritti proporzionato alle soglie stabilite ai sensi dell'articolo 14, comma 2, lettera b);

b) lo statuto dell'associazione deve espressamente prevedere come scopo la promozione del profilo professionale degli iscritti e il loro aggiornamento, stabilendo le necessarie verifiche, anche in ordine al rispetto del codice etico;

c) lo statuto deve espressamente prevedere se l'associazione rilascia ai propri iscritti, secondo criteri predefiniti, anche di natura temporale, attestati in ordine alla loro formazione e qualificazione, professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso degli altri requisiti professionali stabiliti per l'iscrizione all'associazione, anche in merito al rispetto del codice etico e delle regole associative;

d) lo statuto deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica ed escludere espressamente ogni attività commerciale.

2. Costituiscono altresì requisiti per l'iscrizione nel registro:

a) la dotazione da parte dell'associazione di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale, la periodica verifica e attestazione dei requisiti professionali degli iscritti, il relativo aggiornamento professionale, nonché l'effettiva applicazione del codice etico;

b) l'adozione da parte dell'associazione del codice etico idoneo ad assicurare il corretto esercizio della professione, con adeguate sanzioni in caso di sua violazione;

c) l'obbligo per gli iscritti di dotarsi di adeguate forme di assicurazione per la responsabilità civile per danni arrecati nell'esercizio dell'attività professionale.

3. Il rispetto dei requisiti di cui al comma 2 è condizione per il mantenimento dell'iscrizione nel registro. La cancellazione dell'associazione dal registro comporta il divieto per gli iscritti di utilizzare gli attestati rilasciati dall'associazione.

Art. 36.

(Norme transitorie).

1. Nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, il Governo definisce un regime agevolato dei requisiti associativi stabiliti ai sensi dell'articolo 35 a favore delle associazioni iscritte, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla banca dati del CNEL, istituita ai sensi dell'articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, che riguardano professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico ai sensi e per gli effetti dell'articolo 14 della presente legge.

2. In ogni caso, le associazioni di cui al presente articolo sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti ai sensi dell'articolo 35 entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, pena la cancellazione dal registro. A tale fine le associazioni in possesso dei requisiti stabiliti ai sensi del medesimo articolo 35 sono tenute a presentare apposita domanda di iscrizione almeno sei mesi prima del termine di cui al periodo precedente

3. In sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in vigore della presente legge risultano iscritti alle associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento di cui al presente titolo non è richiesto il possesso del titolo di studio universitario, o equipollente, ai fini dei mantenimento dell'iscrizione all'associazione.

TITOLO IV

PROVVEDIMENTI DI ATTUAZIONE

Art. 37.

(Delega al Governo).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e delle province autonome, uno o più decreti legislativi per la disciplina di quanto previsto agli articoli 9, 11, 12, 14, 15, 16, 32, 35 e 36, nel rispetto delle disposizioni e dei princìpi e criteri direttivi della presente legge.

2. I decreti legislativi per la disciplina di quanto previsto agli articoli 9, 11, 12, 14, 15, 16 e 32 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, acquisiti i pareri dei Consigli nazionali delle categorie interessate e sentiti i rispettivi sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale.

3. I decreti legislativi per la disciplina di quanto previsto agli articoli 35 e 36 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, sentito il CNEL.

4. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al presente articolo sono trasmessi al Parlamento, ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro il termine di due mesi dalla data di trasmissione; decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

5. Qualora il termine di cui al comma 4 scada nel mese antecedente alla scadenza del termine previsto dal comma 1 o successivamente ad esso, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di tre mesi.

6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni correttive e integrative di ciascuno di essi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge e con la procedura prevista dal presente articolo.

Art. 38.

(Regolamenti di attuazione).

1. È demandata alla potestà regolamentare del Governo, da esercitare ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, l'adozione di appositi regolamenti di attuazione della presente legge nelle materie riservate alla legislazione esclusiva dello Stato.

2. I regolamenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri interessati, con la procedura di cui ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 37. Con la medesima procedura si provvede altresì alle successive modificazioni e integrazioni dei regolamenti.

3. Con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui al presente articolo, sono abrogati gli atti normativi che disciplinano le relative materie.

4. I regolamenti di cui al presente articolo sono pubblicati in apposito supplemento alla Gazzetta Ufficiale, unitamente alla ripubblicazione dei decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37 e delle altre disposizioni legislative non abrogate in materia di professioni intellettuali.

Art. 39.

(Commissione di studio).

1. Ai fini della predisposizione dei decreti legislativi di cui all'articolo 37 nonché dei regolamenti di cui all'articolo 38 è istituita, con decreto del Ministro della giustizia, una apposita commissione di studio composta da docenti universitari, funzionari pubblici, esperti di particolare qualificazione professionale nonché esponenti di Ordini professionali, sindacati e associazioni di professionisti.

 

 

 

Allegato A

(Articolo 32, comma 1)

 

PROFESSIONI

1.Agenti di cambio

2.Agrotecnici e agrotecnici laureati

3.Architetti, pianificatori territoriali, paesaggisti, conservatori, architetti juniores e pianificatori juniores

4.Assistenti sociali specialisti e assistenti sociali

5.Attuari e attuari juniores

6.Avvocati

7.Biologi e biologi juniores

8.Chimici e chimici juniores

9.Consulenti del lavoro

10.Dottori agronomi e forestali, zoonomi, biotecnologi agrari

11.Dottori commercialisti

12.Farmacisti

13.Geologi e geologi juniores

14.Geometri e geometri laureati

15.Giornalisti

16.Infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d'infanzia

17.Ingegneri civili e ambientali, ingegneri industriali, ingegneri dell'informazione, ingegneri civili e ambientali juniores, ingegneri industriali juniores, ingegneri dell'informazione juniores

18.Medici chirurghi, odontoiatri

19.Notai

20.Ostetriche

21.Periti agrari e periti agrari laureati

22.Periti industriali e periti industriali laureati

23.Psicologi e dottori in tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro e dottori in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità

24.Tecnici di radiologia medica

25.Ragionieri

26.Spedizionieri doganali

27.Veterinari

 

 

Allegato B

(Articolo 32, comma 1)

 

PROFESSIONI

1.Podologi

2.Fisioterapisti

3.Logopedisti

4.Ortottisti, assistenti di oftalmologia

5.Terapisti della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva

6.Tecnici della riabilitazione psichiatrica

7.Terapisti occupazionali

8.Educatori professionali

9.Tecnici audiometristi

10.Tecnici sanitari di laboratorio biomedico

11.Tecnici di neurofisiopatologia

12.Tecnici ortopedici

13.Tecnici audioprotesisti

14.Tecnici della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare

15.Igienisti dentali

16.Dietisti  

 


N. 1442

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati LAURINI, BONDI, CICCHITTO, GIOACCHINO ALFANO, AZZOLINI, BAIAMONTE, BRUNO, CARFAGNA, CESARO, NICOLA COSENTINO, CRAXI, FRATTA PASINI, GARDINI, GELMINI, PECORELLA, MARIO PEPE, PAOLO RUSSO, SANTELLI, SANZA, VITALI, ALFREDO VITO

¾

 

Riforma della disciplina delle professioni intellettuali

 

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Presentata il 21 luglio 2006

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Onorevoli Colleghi! - È dai primi anni novanta che si continua a parlare di una riforma degli Ordini professionali italiani senza che sia stato mai raggiunto un accordo politico che abbia portato a concludere i numerosi tentativi che nel tempo sono stati avviati. Un po' perché c'è sempre qualcuno che cerca di «portare l'acqua al suo mulino», un po' perché la politica non ha mai avuto un'idea ben precisa sul ruolo da dare alle professioni, rimanendo invischiata tra esigenze e motivazioni diverse.

Del resto ogni riforma, andando a incidere su un assetto di interessi già collaudato e precostituito, non è mai accettata dalla comunità con unanime consenso. Essa desta perplessità e malumori, anche quando l'esigenza di rinnovamento è sentita come improrogabile, tanto che si potrebbe dire che una buona riforma è quella che lascia sempre tutti un po' scontenti.

Dopo il vano e incauto tentativo avviato nel corso della XIII legislatura di approvare la riforma con decreto ministeriale e il complesso lavoro di armonizzazione condotto nella scorsa legislatura, sviluppato all'insegna della più ampia concertazione con le numerose categorie professionali (che rappresentano gli interessi di 800 mila professionisti con oltre 3 milioni e mezzo di collaboratori), è evidente che i tempi sono maturi affinché il Parlamento approvi questa riforma prima che interventi sporadici, sull'onda di un «europeismo» strumentale e «alla buona», intacchino un settore, come quello delle professioni, che è portatore di valori e di servizi essenziali per la comunità.

In ogni caso, la doverosa osservanza del diritto comunitario e degli impegni assunti in Europa non può prescindere da un'attenta valutazione della lunga storia degli Ordini professionali nel nostro Paese e dei contributi che questi hanno dato nel tempo allo sviluppo e all'ammodernamento della società.

È indubbio che il libero mercato e la partecipazione all'Unione europea hanno creato delle discrasie delle quali il nostro ordinamento non ha tenuto conto. Ammodernare, però, non significa eliminare. L'assenza di regole ha sempre portato disordine e incertezza laddove i consumatori hanno bisogno (e spesso inconsciamente chiedono) di qualità delle prestazioni, nonché di reale fruibilità e accessibilità al servizio.

Non bisogna nemmeno dimenticare che anche in Europa non è pacifica la strada da percorrere: mentre la Commissione chiede l'abolizione degli Ordini (pur con qualche apertura), il 23 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale ha sancito la necessaria organizzazione delle professioni legali in sistemi autoregolamentati, come quelli oggi governati dagli Ordini professionali.

La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, al considerando (43), ultima parte, dispone che l'esercizio della professione negli Stati membri può essere oggetto di specifici limiti legali sulla base della legislazione nazionale e delle disposizioni di legge stabilite autonomamente dai rispettivi organismi professionali, salvaguardando e sviluppando la loro professionalità, la qualità del servizio e la riservatezza dei rapporti con i clienti.

L'Alta Corte di Lussemburgo, da parte sua, nella sentenza Wouters del 18 febbraio 2002, nella causa C-309/99 relativa alla legge nazionale olandese, ha sancito che gli articoli 2 e 59 del Trattato istitutivo della Comunità europea (divenuti, in seguito a modifica, articoli 43 e 49) non ostano a una normativa nazionale che vieta qualsiasi rapporto di collaborazione integrata tra gli avvocati e altri professionisti, in quanto tale normativa può essere ragionevolmente considerata necessaria al buon esercizio della professione di avvocato, così come organizzata nel Paese interessato.

Infine, nella sentenza Arduino del 19 febbraio 2002, nella causa C-35/99, la Corte ebbe a stabilire che gli articoli 5 e 85 del Trattato istitutivo della Comunità europea (divenuti articoli 10 e 81) non ostano all'adozione da parte di uno Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto stabilito da un Ordine professionale, una tariffa che fissa dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dell'Ordine, qualora tale misura statale sia adottata nell'ambito di un procedimento approvato dal Ministero vigilante.

Da ultimo, l'Italia deve fare i conti anche con un assetto dei rapporti costituzionali che è drasticamente mutato con l'approvazione del titolo V della parte seconda della Costituzione. Le professioni rientrano, infatti, nella legislazione concorrente tra Stato e regioni. In quest'ottica, è essenziale che lo Stato delimiti i princìpi fondamentali sulle professioni prima che le regioni comincino a legiferare in maniera differenziata e non omogenea tra loro, provocando seri problemi nei rapporti con l'Europa. Non va dimenticato che l'Unione europea costituisce un'Unione di Stati e che lo Stato nel suo complesso, nella qualità di interlocutore primario della Comunità e dei partner europei, rappresenta il soggetto responsabile dell'adempimento degli obblighi comunitari.

In definitiva, è evidente che un sistema molto complesso e articolato, come quello delle professioni intellettuali, deve essere riformato in un'ottica di ampia concertazione, seguendo le normali procedure parlamentari.

Fatte queste considerazioni, la presente proposta di legge stabilisce i princìpi fondamentali della legislazione statale sulle professioni liberali, da una parte, riconoscendo il ruolo essenziale degli Ordini per la regolamentazione, l'organizzazione e il controllo delle varie professioni, e, dall'altra, assicurando maggiore certezza e qualità della prestazione professionale, a tutto beneficio dei clienti.

L'articolo 1, dopo un richiamo al rispetto della normativa comunitaria e alla ripartizione legislativa tra Stato e regioni sancita dalla nostra Costituzione in materia di professioni, fornisce una definizione di «professione intellettuale» come l'attività economica anche organizzata, diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata in via prevalente con lavoro intellettuale per il quale è richiesto un titolo universitario o a questo equiparato.

Caratteristica principale delle prestazioni professionali rispetto agli altri servizi è, infatti, quella di «implicare sempre la soluzione di un problema sulla base di un sapere, rivelando un contenuto creativo o inventivo».

L'articolo 2 enuncia le finalità della legge, proclamando il libero esercizio della professione intellettuale in qualunque modo e forma esercitata, garantendo il corretto esercizio della professione, la qualità delle prestazioni, l'indipendenza e l'autonomia di giudizio del professionista nel rispetto del principio di libertà e sviluppo della dignità umana, come stabilito dalla Costituzione. Individua i criteri a tutela del consumatore garantendo la libera concorrenza professionale, il pluralismo e i meccanismi con cui il professionista si rende responsabile dei danni subiti da terzi nell'adempimento delle prestazioni.

L'articolo 3 disciplina le modalità di accesso alle professioni intellettuali, che deve essere libero e senza vincoli di predeterminazione numerica, salvo per le professioni esercenti una pubblica funzione. La disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione professionale deve rispettare i criteri di uniforme valutazione dei candidati su tutto il territorio nazionale. A garanzia della imparzialità delle commissioni giudicatrici è stata introdotta la quota massima del 50 per cento per i commissari designati dagli Ordini.

L'articolo 4 specifica le caratteristiche del tirocinio, introducendo forme di flessibilità dell'attività formativa per il tirocinante anche contemporaneamente agli studi necessari per il conseguimento del titolo professionale, e prevede la possibilità di svolgimento di parte del tirocinio all'estero presso professionisti iscritti ad associazioni riconosciute dai rispettivi Consigli nazionali. È, altresì, previsto il diritto del tirocinante a percepire un equo compenso rapportato all'effettivo apporto delle mansioni svolte. A garanzia di un celere avviamento al mercato del lavoro è stata stabilita in un massimo di tre anni la durata del tirocinio.

Il titolo II della proposta di legge si occupa delle disciplina delle professioni regolamentate.

Ogni professionista deve essere iscritto all'albo corrispondente alla propria professione. La vigilanza, la verifica periodica e la certificazione della qualificazione professionale degli iscritti agli albi sono affidate agli Ordini professionali. Ciascun Ordine è costituito da un Consiglio nazionale e dai consigli locali. Gli Ordini sono definiti come enti pubblici non economici con autonomia finanziaria. Essi determinano con appositi regolamenti la propria organizzazione interna e l'organizzazione professionale, tra cui anche l'aggiornamento professionale, e le caratteristiche delle singole prestazioni professionali; redigono il codice deontologico a cui devono attenersi tutti gli iscritti. Gli articoli 6 e 7 specificano i compiti dei Consigli nazionali e dei consigli locali.

L'articolo 8 prevede l'obbligo, per l'esercizio dell'attività professionale, della stipula di un'assicurazione per la responsabilità civile conseguente ai danni causati nell'esercizio dell'attività professionale, le cui modalità sono stabilite da ciascun Consiglio nazionale e approvate dal Ministero vigilante.

L'articolo 9 si occupa dei meccanismi elettorali per la nomina degli organi degli Ordini professionali e delle commissioni disciplinari, prevedendo che debbano essere assicurate la trasparenza delle procedure, la tutela delle minoranze e la disciplina in materia di ineleggibilità e di incompatibilità.

L'articolo 10 attribuisce la funzione disciplinare ai consigli locali. Le norme in materia di composizione e durata delle commissioni nonché il procedimento disciplinare sono stabiliti dai regolamenti di attuazione della legge.

L'articolo 11 dispone l'obbligo per ciascun Ordine professionale di adottare, previa consultazione dei consigli locali, un codice deontologico. Il codice deve essere approvato dal Ministero vigilante.

L'articolo 12 stabilisce il principio del libero accordo tra le parti per il regime delle singole prestazioni tariffarie. In caso di mancata determinazione si fa riferimento alle tariffe stabilite dai singoli Ordini professionali. Possono, inoltre, essere previste a tutela del cliente e per prestazioni che incidono su interessi generali a rilevanza pubblica e per prestazioni inerenti ad una pubblica funzione, tariffe minime e massime inderogabili, in conformità con la normativa comunitaria. Il professionista ha l'obbligo di rendere note, all'atto del conferimento dell'incarico, le informazioni circa gli oneri, la complessità della prestazione e i possibili risultati ipotizzabili.

L'articolo 13 stabilisce che i regolamenti adottati dai Consigli nazionali per la loro organizzazione interna sono soggetti a impugnativa davanti agli organi di giustizia amministrativa da parte del Ministro vigilante, dei consigli locali dell'Ordine e dei rispettivi presidenti.

L'articolo 14 introduce un tipo di pubblicità informativa sull'attività professionale, sulle caratteristiche delle prestazioni offerte e sui criteri di determinazione.

L'articolo 15 conferisce ai Consigli nazionali poteri sostitutivi e di controllo sui consigli locali dell'Ordine. Il Ministero vigilante ha, invece, poteri di controllo sull'attività dei Consigli nazionali. In caso di gravi e ripetute violazioni di legge, il Ministero vigilante può proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento dei Consigli nazionali, che delibera previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

L'articolo 16, in materia di sistemi disciplinari, dispone che i collegi disciplinari devono assicurare un'adeguata rappresentatività, imparzialità e indipendenza. I provvedimenti adottati dai consigli disciplinari possono essere impugnati dai Consigli nazionali ed è previsto ricorso in Cassazione avverso i provvedimenti dei Consigli nazionali per violazione di legge.

L'articolo 17 dispone l'obbligo di aggiornamento professionale per tutti gli iscritti agli albi. Gli Ordini professionali possono adempiere a tale obbligo anche costituendo apposite strutture o stipulando convenzioni con amministrazioni pubbliche ed enti privati.

Il titolo III disciplina l'attività delle associazioni delle professioni non regolamentate.

L'articolo 18 prevede che il riconoscimento delle associazioni avvenga mediante l'iscrizione in un registro istituito presso il Ministero della giustizia. L'iscrizione non attribuisce alcun diritto di esclusiva all'esercizio dell'attività professionale. Il riconoscimento può essere revocato per violazioni di legge e per mancato rispetto delle norme dello statuto sociale dell'associazione.

L'articolo 19 conferisce alle associazioni la possibilità di rilasciare attestati di competenza riguardanti la qualificazione professionale, tecnico-scientifica e deontologica del professionista iscritto all'associazione. Ai fini del rilascio dell'attestato il professionista deve essere in possesso di adeguata polizza assicurativa.

Il titolo IV dispone circa le società tra professionisti distinguendo tra: società costituite tra professionisti esercenti la medesima professione e società costituite tra professionisti iscritti ad Ordini professionali differenti.

L'articolo 20 specifica che professionisti di categorie regolamentate, anche appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, possono costituire società dotate di personalità giuridica che hanno per oggetto l'esercizio in comune della professione. Le società devono essere iscritte all'albo professionale.

L'articolo 21 disciplina le modalità per il conferimento dell'incarico professionale che può essere conferito direttamente al singolo socio o alla società. Il cliente ha facoltà di richiedere che la prestazione sia eseguita da uno o più soci determinati. Il professionista è personalmente e illimitatamente responsabile dell'attività da lui svolta. Per i danni subiti dal terzo in conseguenza dell'espletamento degli incarichi professionali la società risponde solidalmente.

L'articolo 22 dispone la responsabilità disciplinare della società.

L'articolo 23 specifica che l'Ordine professionale esercita poteri di controllo e di vigilanza sulla società e sui suoi soci.

L'articolo 24 disciplina, invece, la società costituita da professionisti iscritti ad albi di professioni differenti, denominandola «società multiprofessionale».

L'articolo 25 ammette la costituzione in via del tutto eccezionale di società con la partecipazione di soci non professionisti, individuate dai regolamenti di cui all'articolo 39. La partecipazione dei soci non professionisti non può, comunque, essere superiore al 25 per cento dei componenti della società.

L'articolo 26 stabilisce limiti alla partecipazione societaria, consentendo al professionista la partecipazione a una sola società; prevede, inoltre, l'incompatibilità tra l'esercizio individuale della professione e quello societario. Di conseguenza, gli incarichi professionali ancora pendenti alla costituzione della società vengono trasferiti alla società stessa, previa comunicazione al cliente.

L'articolo 27 stabilisce le forme e le condizioni per la costituzione delle società che deve avvenire, a pena di nullità, per atto pubblico.

L'articolo 28 determina in dieci soci il numero massimo di soci previsti in una società.

L'articolo 29 prevede che nella denominazione sociale siano presenti i nomi di tutti i soci ovvero di almeno due di essi, con l'indicazione «e altri», se presenti, e con la specificazione delle attività svolte. È altresì consentito di conservare il nome di un socio non più associato quando abbia cessato lo svolgimento della sua professione e vi sia comunque il suo consenso.

L'articolo 30 specifica che nell'atto costitutivo della società possono essere previsti conferimenti da parte dei soci sia in denaro sia in natura. Una quota non superiore al 50 per cento può essere attribuita ai soci in ragione dei conferimenti effettuati.

L'articolo 31 prevede che la durata della società deve essere stabilita nell'atto costitutivo. Il recesso dalla società è sempre consentito per giusta causa; diversamente deve essere dato un preavviso di almeno un anno.

L'articolo 32 specifica che l'oggetto della società deve essere esclusivamente lo svolgimento in comune della professione dei propri soci. La società può rendersi acquirente di beni e di diritti di qualsiasi tipo diretti al compimento dell'attività svolta dalla stessa.

L'articolo 33 si occupa delle modifiche allo statuto, stabilendo che possono essere adottate con il consenso di tutti i soci. Le cessioni delle partecipazioni sono consentite soltanto tra i professionisti già associati. In caso di decesso, agli altri soci è riconosciuto il diritto di riscatto.

Gli articoli 34, 35 e 36 dettano le norme per il funzionamento della società. L'articolo 34 stabilisce che sono organi della società l'assemblea dei soci e l'organo di amministrazione; stabilisce, inoltre, i criteri per la nomina e la revoca degli amministratori, le modalità di esercizio del diritto di voto e prevede la responsabilità in solido degli stessi per gli atti compiuti in nome della società.

L'articolo 35 prescrive che l'esclusione del socio deve essere deliberata da almeno due terzi dell'assemblea. Avviene comunque di diritto in caso di radiazione o di cancellazione dall'albo professionale. Anche la sospensione dall'albo è considerata giusta causa per l'esclusione.

L'articolo 36 prevede i casi di scioglimento della società, stabiliti dai regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39.

Gli articoli 37 e 38 stabiliscono le norme finali: l'articolo 37 prevede il rinvio alle norme già vigenti, mentre l'articolo 38 si occupa delle norme in materia previdenziale e fiscale applicabili ai professionisti per l'attività svolta dalla società.

L'articolo 39 prevede l'emanazione dei regolamenti di attuazione della legge da parte del Governo. Gli schemi di regolamento predisposti dal Governo devono essere trasmessi, sentiti gli Ordini professionali, per il parere alle Commissioni parlamentari competenti. È, inoltre, obbligatoria l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato.

L'articolo 40, infine, prevede che il Governo è delegato ad adottare testi unici per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di professioni regolamentate.



 


proposta di legge

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TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Princìpi generali).

1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei vincoli derivanti dalla normativa comunitaria, determinano i princìpi fondamentali dell'ordinamento in materia di professioni intellettuali e delle rispettive forme organizzative e possono essere derogate o modificate solo espressamente.

2. Per professione intellettuale si intende l'attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale, per la quale è richiesto un titolo di studi universitario o un titolo ad esso equiparato.

Art. 2.

(Finalità).

1. La presente legge:

a) garantisce il libero esercizio delle professioni intellettuali in qualunque modo e forma esercitate, anche in forma subordinata o collettiva, al fine di tutelare gli interessi pubblici generali che la presente legge ad esse ricollega e allo scopo di garantire il corretto esercizio della professione e la qualità della prestazione professionale, l'indipendenza di giudizio e l'autonomia del professionista;

b) favorisce il pieno sviluppo della persona umana, la sua libertà e dignità, nonché l'effettiva partecipazione dei professionisti all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;

c) individua i criteri per garantire la concorrenza professionale, secondo canoni compatibili con la natura delle prestazioni e con l'organizzazione delle professioni intellettuali;

d) garantisce, a tutela del soggetto fruitore della prestazione professionale e dell'intera collettività, la libertà di scelta del professionista, il pluralismo, l'indipendenza e la responsabilità diretta e individuale del professionista, secondo le regole di deontologia legittimamente stabilite da ciascuna categoria nell'ambito di un disegno organico del mondo professionale.

Art. 3.

(Accesso).

1. L'accesso all'esercizio delle professioni intellettuali è libero, senza vincoli di predeterminazione numerica, ad esclusione delle professioni aventi come oggetto caratterizzante l'esercizio di funzioni pubbliche secondo le esigenze della collettività e fatto salvo, nei casi previsti dalla legislazione vigente in materia, l'esame di Stato per l'abilitazione professionale.

2. La disciplina dell'esame di Stato, ove previsto dalla legislazione vigente in materia, deve garantire l'uniforme valutazione dei candidati su tutto il territorio nazionale e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle abilità tecniche necessarie allo svolgimento dell'attività professionale.

3. Le commissioni giudicatrici dell'esame di Stato devono essere composte secondo canoni di imparzialità e di adeguata qualificazione tecnica. A tale fine, la quota di commissari designati dall'Ordine professionale è limitata a non più della metà dei membri della stessa commissione, tra i quali è compreso il presidente.

Art. 4.

(Tirocinio).

1. La disciplina del tirocinio, ove richiesto dai singoli ordinamenti professionali, deve rispondere ai requisiti di effettività e di flessibilità dell'attività formativa; deve provvedere a garantire un equo compenso commisurato all'effettivo apporto del tirocinante all'attività dello studio professionale; deve contenere la previsione di possibili forme alternative da stabilire di intesa con l'Ordine professionale interessato, di durata omogenea e comunque non superiore a tre anni; deve prevedere la possibilità di svolgimento del tirocinio stesso anche contemporaneamente agli studi necessari per il conseguimento del titolo professionale, purché sia garantito lo studio dei fondamenti teorici e deontologici della professione. È altresì ammesso lo svolgimento di parte del tirocinio all'estero e nei Paesi membri dell'Unione europea, presso professionisti iscritti ad associazioni professionali riconosciute dai Consigli nazionali.

2. Le modalità di svolgimento del tirocinio nonché la tenuta dei registri sono disciplinate con direttive emanate dai Consigli nazionali dei diversi Ordini professionali, nel rispetto dei princìpi della presente legge.

3. Ai tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro vigente per i dipendenti di studi professionali.

TITOLO II

PROFESSIONI REGOLAMENTATE

Art. 5.

(Albi e Ordini professionali).

1. La legge statale individua le attività professionali regolamentate, disponendo la formazione di appositi albi professionali e la istituzione di Ordini professionali di cui fanno parte gli iscritti ai rispettivi albi, nonché la verifica periodica degli albi da parte degli Ordini stessi, la certificazione attestante la qualificazione professionale degli iscritti e la qualità delle prestazioni professionali.

2. Gli Ordini professionali sono strutturati e articolati a livello locale e nazionale, tenuto conto delle specifiche necessità delle singole professioni, ai sensi di quanto stabilito dai rispettivi ordinamenti. Ciascun Ordine nazionale è costituito da un Consiglio nazionale e dai consigli locali.

3. Gli Ordini professionali sono enti pubblici non economici, hanno autonomia patrimoniale e finanziaria, e determinano con regolamento la propria organizzazione nel rispetto della presente legge. I regolamenti sono approvati dal Ministro della giustizia, che ha compiti di vigilanza sugli Ordini.

4. Agli Ordini professionali non si applicano la legge 21 marzo 1958, n. 259, e successive modificazioni, la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, e il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

5. Gli Ordini professionali svolgono le funzioni di tenuta e di aggiornamento degli albi, di formazione e di aggiornamento professionale, di monitoraggio del mercato delle prestazioni e di ricognizione dei contenuti tipici delle prestazioni, di accreditamento dei percorsi formativi, di controllo della qualità e della correttezza delle prestazioni, anche in relazione alle norme di deontologia professionale, nonché di informazione al pubblico sui contenuti minimi delle singole prestazioni professionali, anche mediante la diffusione delle relative norme tecniche. Nelle materie di loro competenza possono esprimere pareri alle pubbliche amministrazioni.

6. La presente legge indica in quali casi gli atti e le deliberazioni degli Ordini professionali sono soggetti ad approvazione del Ministro vigilante che, salvo che la legge non disponga diversamente, può negarla solo per motivi di legittimità.

Art. 6.

(Consigli nazionali).

1. I Consigli nazionali:

a) esercitano le funzioni di vigilanza, indirizzo, coordinamento e rappresentanza istituzionale degli iscritti a livello nazionale e locale;

b) adottano atti sostitutivi in caso di inerzia dei consigli locali;

c) adottano misure idonee ad assicurare la completa informazione in materia di prestazioni professionali;

d) procedono all'approvazione delle tariffe con riferimento alla complessità e alla qualità della singola prestazione professionale, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 12;

e) esercitano la potestà regolamentare in materia di organizzazione, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 13;

f) adottano i codici deontologici previsti dall'articolo 11;

g) promuovono la formazione continua e l'aggiornamento professionale obbligatori e procedono all'accreditamento dei percorsi formativi;

h) stabiliscono modalità e limiti per la costituzione e il funzionamento delle società multiprofessionali, di cui all'articolo 24, se consentite dai rispettivi ordinamenti professionali, e secondo i princìpi stabiliti dalla presente legge.

Art. 7.

(Consigli locali).

1. Ai consigli locali sono attribuite le funzioni in materia di formazione e di tenuta degli albi nonché, in ossequio al principio di sussidiarietà, ogni altra funzione non espressamente attribuita ai Consigli nazionali, comprese la vigilanza sul corretto esercizio della professione da parte degli iscritti e la promozione dell'azione disciplinare; la promozione della formazione e dell'aggiornamento professionale obbligatori; il controllo sulla permanenza dei requisiti di iscrizione agli albi; la rappresentanza degli iscritti a livello locale.

2. Le deliberazioni dei consigli locali devono tenere conto degli indirizzi e dei princìpi adottati in materia dai Consigli nazionali.

Art. 8.

(Assicurazione professionale).

1. L'esercizio delle professioni regolamentate è subordinato alla prestazione da parte del professionista di idonea garanzia assicurativa per la responsabilità civile conseguente ai danni causati nell'esercizio dell'attività professionale, tale da garantire l'effettivo risarcimento del danno, anche in caso di attività professionale svolta da dipendenti e da collaboratori.

2. Ciascun Ordine professionale, tramite il proprio Consiglio nazionale, assume le deliberazioni necessarie per l'attuazione del comma 1, soggette ad approvazione da parte del Ministro vigilante, che verifica la congruità delle assicurazioni previste dal medesimo comma 1.

Art. 9.

(Sistemi elettorali).

1. I meccanismi elettorali per la nomina degli organi degli Ordini professionali nonché delle commissioni disciplinari di cui all'articolo 11, garantiscono la trasparenza delle procedure, la tutela delle minoranze e la disciplina in materia di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza.

2. Con i regolamenti di attuazione emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3, possono altresì essere stabiliti particolari limiti all'elezione nel medesimo organo di professionisti associati nella stessa società professionale.

Art. 10.

(Commissioni disciplinari).

1. La funzione disciplinare è attribuita a commissioni locali composte da professionisti e con modalità idonee ad assicurare la necessaria imparzialità e indipendenza.

2. I componenti delle commissioni disciplinari sono eletti contestualmente, ma separatamente dai consigli locali; hanno sede presso il consiglio locale competente dell'Ordine professionale che provvede ai mezzi e al personale necessari al loro funzionamento.

3. Le norme in materia di composizione e di durata delle commissioni disciplinari nonché il procedimento disciplinare sono definiti dai regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39. Tali norme devono comunque garantire lo svolgimento del giusto procedimento con specifico riferimento al principio del contraddittorio e prevedere l'impugnabilità dei provvedimenti disciplinari locali davanti ai competenti Consigli nazionali.

Art. 11.

(Codici deontologici).

1. Ciascun Ordine professionale adotta un codice deontologico, valido per tutte le sue articolazioni territoriali, elaborando le regole ritenute idonee a garantire la correttezza e la qualità della prestazione professionale, secondo i princìpi stabiliti dalla presente legge e dalle leggi che regolano ciascun ordinamento professionale.

2. Il codice deontologico è adottato dal Consiglio nazionale dell'Ordine professionale con deliberazione assunta previa consultazione dei consigli locali e approvata dal Ministro vigilante.

Art. 12.

(Tariffe).

1. Le tariffe per le prestazioni professionali sono stabilite dai rispettivi Ordini professionali, secondo le norme fissate in ciascun ordinamento con riferimento alla complessità e alla qualità della singola prestazione. Salvo quanto stabilito al comma 2, esse non sono vincolanti, ma ad esse si può comunque fare riferimento in caso di mancata determinazione consensuale del compenso spettante al professionista.

2. I singoli ordinamenti professionali possono comunque prevedere, a tutela del cliente, la fissazione di tariffe massime e minime inderogabili secondo i principi stabiliti dalla legge statale in conformità alla normativa comunitaria, con riferimento alle sole prestazioni che sono oggetto di riserva di competenza, ovvero che incidono su interessi generali, sono espressione di una pubblica funzione o sono soggette a procedure di evidenza pubblica.

3. Il professionista è tenuto a rendere nota la complessità della prestazione richiesta fornendo le informazioni utili circa gli oneri, i tempi occorrenti, nonché i possibili risultati ipotizzabili al momento del conferimento professionale dell'incarico.

4. Le deliberazioni in materia di tariffe sono approvate dal Ministro vigilante, con sindacato esteso anche al merito.

Art. 13.

(Potestà regolamentare).

1. I Consigli nazionali adottano il regolamento per l'organizzazione interna degli organi del rispettivo Ordine professionale, in conformità a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia.

2. I regolamenti adottati ai sensi del comma 1 sono soggetti ad impugnativa davanti agli organi di giustizia amministrativa da parte del Ministro vigilante, dei consigli locali dell'Ordine professionale e dei rispettivi presidenti.

Art. 14.

(Pubblicità).

1. Al professionista è consentito pubblicizzare la propria attività professionale, i propri titoli e specializzazioni, le caratteristiche delle prestazioni offerte e i criteri per la determinazione dei compensi, purché garantisca la correttezza delle informazioni, secondo le norme deontologiche di ciascun Ordine professionale.

Art. 15.

(Poteri sostitutivi e di controllo).

1. Il controllo sui consigli locali è attribuito ai Consigli nazionali, i quali possono esercitare poteri sostitutivi e, nei casi più gravi, chiedere al Ministro vigilante di scioglierli.

2. Il Ministro vigilante esercita i poteri di controllo sull'attività dei Consigli nazionali degli Ordini professionali, anche con riferimento all'esercizio dei poteri di cui al comma 1; in caso di assoluta e rilevante gravità può anche esercitare poteri sostitutivi per il tempo strettamente necessario.

3. In caso di estrema gravità, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro vigilante, può deliberare lo scioglimento dei Consigli nazionali, previo parere non vincolante delle competenti Commissioni parlamentari.

Art. 16.

(Sistema disciplinare).

1. Il professionista deve rispettare la legge e conformarsi a quanto disposto dal codice deontologico dell'Ordine professionale di appartenenza.

2. L'ordinamento di categoria determina il proprio codice deontologico al fine di garantire il rispetto delle norme stabilite dalla presente legge nonché il decoro e il prestigio professionali della categoria.

3. La funzione disciplinare è attribuita ad organi nazionali e locali, non giurisdizionali, competenti per legge all'esercizio del potere disciplinare, distinti dagli organi gestionali degli Ordini professionali e composti con modalità idonee ad assicurare adeguata rappresentatività, imparzialità e indipendenza.

4. Le norme in materia disciplinare garantiscono lo svolgimento di un giusto procedimento con specifico riferimento all'equilibrio delle diverse posizioni processuali, alle impugnazioni avverso i provvedimenti dei consigli locali presso i Consigli nazionali, nonché all'esperibilità del ricorso in Cassazione avverso i provvedimenti degli organi nazionali esclusivamente per violazione di legge; individuano le regole ed i meccanismi processuali idonei a consentire l'efficace esercizio dell'azione disciplinare e la celere conclusione del procedimento, con attribuzione al Ministro vigilante del potere di esercizio, in via sostitutiva, dell'azione disciplinare e con la previsione della sua partecipazione al procedimento nei casi di inerzia dell'organo competente.

Art. 17.

(Formazione).

1. Gli Ordini professionali curano l'aggiornamento periodico obbligatorio degli iscritti promuovendo l'organizzazione di appositi corsi, anche di intesa con le amministrazioni pubbliche, le università, gli istituti di istruzione, i centri di formazione professionale e le istituzioni scientifiche e culturali.

2. Gli Ordini professionali possono, altresì, costituire apposite strutture, anche con la partecipazione di soggetti pubblici e privati, nonché stipulare convenzioni con organismi collettivi pubblici e privati per l'organizzazione e lo sviluppo della formazione professionale. La diretta organizzazione dei corsi non costituisce in ogni caso esercizio di attività professionale.

3. Ciascun Ordine professionale stabilisce nel proprio statuto il monte ore di formazione professionale e di aggiornamento obbligatori ai fini del mantenimento dell'iscrizione all'albo professionale.

TITOLO III

ASSOCIAZIONI PER ATTIVITÀ PROFESSIONALI NON REGOLAMENTATE

Art. 18.

(Riconoscimento).

1. Possono essere riconosciute, con funzioni distinte da quelle riservate agli Ordini professionali, libere associazioni di prestatori di attività professionali non regolamentate che agiscono nel rispetto del princìpio della libera concorrenza, al fine di garantire l'ottimale attuazione delle finalità indicate all'articolo 2.

2. È istituito presso il Ministero della giustizia il Registro delle libere associazioni di cui al comma 1.

3. Il riconoscimento è effettuato con decreto del Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e i Consigli nazionali degli Ordini professionali operanti nel medesimo campo di attività.

4. Il riconoscimento non attribuisce alcun diritto di esclusiva all'esercizio dell'attività professionale e all'uso del titolo da parte degli aderenti alle associazioni di cui al comma 1.

5. È garantito il pluralismo associativo nell'ambito degli esercenti una medesima attività professionale.

6. Il riconoscimento può essere revocato quando l'associazione non adempie alle funzioni stabilite dalla presente legge e dallo statuto sociale.

7. Al CNEL è attribuita la funzione di istruire le domande di riconoscimento e di verificarne la compatibilità con la legislazione vigente in materia, nonché di formulare il proprio parere, anche di opportunità, circa il riconoscimento.

Art. 19.

(Attestato di competenza).

1. In attuazione della direttiva 92/51/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, recepita con decreto legislativo 2 maggio 1994, n. 319, le associazioni professionali possono rilasciare attestati di competenza riguardanti la qualificazione professionale, tecnico-scientifica e deontologica del professionista, curando che abbiano carattere oggettivo e provengano da soggetti terzi professionalmente qualificati.

2. Il professionista, ai fini del rilascio dell'attestato di competenza, deve essere in possesso di una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale a garanzia degli utenti.

3. Il decreto di cui al comma 3 dell'articolo 18 disciplina le condizioni e le modalità per il rilascio degli attestati di competenza previsti dal presente articolo.

TITOLO IV

SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI

Capo I

DISPOSIZIONI COMUNI.

Art. 20.

(Ammissibilità).

1. Le persone fisiche esercenti una stessa professione intellettuale regolamentata, nonché i professionisti cittadini di Stati membri dell'Unione europea che conservano il titolo professionale di origine, possono costituire società aventi per oggetto l'esercizio in comune della professione.

2. Le società tra professionisti sono dotate di personalità giuridica che si acquisisce con l'iscrizione all'albo professionale, successivamente alla quale la società può svolgere la propria attività.

3. L'attività dei soci è soggetta alla disciplina vigente per l'esercizio delle professioni intellettuali e delle singole professioni.

4. È vietato costituire, esercitare o dirigere società per l'esercizio delle attività professionali regolamentate in forma diversa da quanto previsto dalla presente legge, dalla legislazione speciale in materia e dagli ordinamenti delle singole professioni. La violazione del divieto determina la nullità della società e degli atti compiuti e costituisce infrazione disciplinare.

5. È fatto salvo quanto disposto dalla legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, e dagli ordinamenti professionali per la costituzione di associazioni tra professionisti.

Art. 21.

(Incarico e prestazione professionali).

1. L'incarico professionale può essere conferito direttamente al singolo socio o alla società; in tale ultimo caso la società è tenuta a comunicare contestualmente al cliente il nome del professionista al quale è affidato l'incarico stesso.

2. Il cliente ha diritto a chiedere che l'esecuzione dell'incarico sia affidata ad uno o più soci da lui scelti sulla base di un elenco scritto, contenente l'indicazione dei titoli e delle qualifiche professionali di ciascuno dei soci.

3. La prestazione professionale è svolta direttamente dal singolo professionista, secondo le regole anche deontologiche della professione di appartenenza. Nella partecipazione a gare di appalti pubblici di servizi, la società è tenuta a specificare il ruolo di ciascun professionista componente.

4. Ciascun professionista è personalmente e illimitatamente responsabile dell'attività da lui svolta.

5. La società è solidalmente responsabile, con l'intero suo patrimonio, dei danni subiti dal terzo in conseguenza dell'espletamento dell'incarico professionale.

Art. 22.

(Responsabilità disciplinare).

1. Qualora l'infrazione disciplinare commessa dal professionista sia ricollegabile a direttive impartite dalla società, la società stessa risponde disciplinarmente nello stesso modo in cui risponde il professionista.

2. La società risponde inoltre disciplinarmente delle infrazioni a norme legislative, regolamentari e deontologiche ad essa direttamente imputabili.

3. La responsabilità disciplinare della società si estende anche agli amministratori e ai soci che, nell'esercizio dei loro poteri deliberativi o di direzione, hanno determinato il comportamento illecito della società.

Art. 23.

(Poteri degli Ordini professionali).

1. Gli Ordini professionali esercitano nei confronti dei soci e della società tutte le funzioni ed i poteri previsti dal capo II e dai singoli ordinamenti professionali.

2. La violazione dei patti sociali può costituire infrazione disciplinare.

Art. 24.

(Società multiprofessionali).

1. Possono essere costituite società con la partecipazione di persone fisiche esercenti altre professioni intellettuali regolamentate al fine di effettuare prestazioni professionali diverse, ma coordinate tra loro, con le modalità ed i limiti stabiliti dagli Ordini professionali di appartenenza dei singoli soci.

2. Non è consentita la partecipazione di soggetti esercenti attività ritenute per legge, regolamento o norma deontologica incompatibili con quelle proprie della società. Non è consentita la costituzione di società multiprofessionali per gli esercenti le professioni di avvocato e di notaio.

3. Le società previste dal presente articolo possono effettuare le prestazioni proprie di una determinata professione solo attraverso uno dei soci abilitati all'esercizio di tale professione.

Art. 25.

(Società tra professionisti esercenti professioni tecniche).

1. Le società tra professionisti esercenti professioni tecniche, individuate nei regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3, possono essere costituite eccezionalmente con la partecipazione di soci non professionisti, qualora il relativo ordinamento lo consenta, in considerazione della natura e della particolare onerosità della prestazione sotto il profilo della complessità dell'organizzazione. In tale caso la quota di partecipazione dei soci non professionisti non può essere superiore al 25 per cento e l'amministrazione spetta in ogni caso a un socio professionista.

2. I regolamenti previsti al comma 1 possono introdurre particolari vincoli o divieti al trasferimento delle partecipazioni sociali ovvero consentire che negli statuti sociali possano essere stabiliti vincoli o divieti non previsti dalla presente legge.

Art. 26.

(Partecipazione a più società).

1. Salvo quanto stabilito con i regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3, il professionista può partecipare a una sola società professionale e non può esercitare l'attività professionale a titolo individuale fino a quando partecipi a detta società, salvo che il proprio ordinamento professionale lo consenta espressamente.

2. Gli incarichi professionali in corso di svolgimento alla data di costituzione della società sono trasferiti alla società stessa; di tale trasferimento deve essere data immediata comunicazione al cliente. Analoga comunicazione deve essere fatta al cliente in caso di scioglimento della società.

3. In entrambi i casi di cui al comma 2, il cliente ha facoltà di recesso senza oneri a proprio carico, anche se previsti nelle relative tariffe professionali.

Capo II

COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ

Art. 27.

(Forma e condizioni).

1. La costituzione della società deve avvenire, sotto pena di nullità, per atto pubblico.

2. Con i regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3, sono determinate le altre condizioni per la costituzione della società e per la sua iscrizione all'albo professionale, valevoli per tutte le professioni, nonché, ove necessario, condizioni particolari in relazione alla specificità delle singoli professioni.

Art. 28.

(Numero dei soci).

1. Le società non possono comprendere più di dieci soci, salva diversa determinazione contenuta nei regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3, che possono altresì stabilire limitazioni numeriche in rapporto al numero degli iscritti all'albo professionale.

Art. 29.

(Denominazione sociale).

1. La denominazione sociale è costituita dal nome di tutti i soci ovvero dal nome di almeno due soci con l'indicazione «e altri», se presenti; deve essere inoltre indicata l'attività o le attività svolte.

2. Il nome di uno o più professionisti non più associati può essere conservato nella denominazione sociale a condizione che il socio cessato non eserciti più la professione, che vi sia il suo consenso, espresso anche preventivamente alla cessazione, o dei suoi eredi, che sia introdotta nella denominazione un'indicazione idonea circa la cessazione della sua partecipazione e che nella società continui ad esercitare almeno uno dei professionisti che abbia esercitato nella società stessa insieme al socio cessato.

 

 

Art. 30.

(Conferimenti).

1. Nell'atto costitutivo della società possono essere previsti conferimenti da parte dei soci sia in denaro sia in natura.

2. Il valore dei conferimenti in natura è determinato dai soci concordemente.

3. Una quota degli utili, non superiore al 50 per cento, può essere attribuita ai soci in ragione dei conferimenti effettuati.

Art. 31.

(Durata).

1. La durata della società è stabilita nell'atto costitutivo.

2. È in ogni caso consentito il recesso dalla società con preavviso di almeno un anno, salvo che ricorra una giusta causa.

Art. 32.

(Oggetto).

1. La società tra professionisti ha per oggetto esclusivo lo svolgimento in comune della professione dei propri soci e nella forma prevista per la costituzione della medesima società.

2. La società può rendersi acquirente di beni e di diritti di qualsiasi natura che siano strumentali all'esercizio professionale e compiere qualsiasi attività diretta a tale scopo.

3. Gli atti compiuti in violazione del presente articolo sono inefficaci nei confronti della società e spiegano i loro effetti in capo a coloro che li hanno compiuti in nome della società e di coloro che comunque li hanno autorizzati.

Art. 33.

(Modifiche statutarie).

1. Le modifiche all'atto costitutivo e allo statuto sociale della società, ivi comprese le cessioni di quote, possono essere adottate solo con il consenso di tutti i soci e con le stesse modalità previste per la costituzione della società.

2. Le cessioni delle partecipazioni sociali non sono consentite, tranne quelle tra professionisti già associati se previste dallo statuto sociale.

3. In caso di decesso, ovvero di esclusione di un socio, ai restanti soci è riconosciuto il diritto di riscatto.

Capo III

NORME DI FUNZIONAMENTO

Art. 34.

(Organi della società).

1. Sono organi della società l'assemblea dei soci e l'organo di amministrazione.

2. L'assemblea nomina e revoca uno o più amministratori, secondo quanto stabilito dallo statuto sociale; provvede all'approvazione del bilancio, alla determinazione degli utili e alla loro eventuale distribuzione; esercita tutti i poteri che le sono conferiti dallo statuto sociale.

3. Ogni socio ha diritto a un solo voto, qualunque sia l'entità della sua partecipazione sociale.

4. Gli amministratori durano in carica per il termine stabilito dallo statuto, che non può essere superiore al termine stabilito nei regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3, e deliberano a maggioranza semplice.

5. La rappresentanza della società spetta agli amministratori disgiuntamente, salvo diversa disposizione statutaria.

6. Gli amministratori rispondono solidalmente e illimitatamente per gli atti compiuti in nome della società.

Art. 35.

(Esclusione del socio).

1. L'esclusione del socio è deliberata da almeno i due terzi degli altri soci; essa avviene di diritto in caso di cancellazione o di radiazione del socio dall'albo professionale.

2. La sospensione dall'esercizio dell'attività professionale costituisce giusta causa di esclusione dalla società deliberata con la maggioranza semplice dei soci, escludendo dal computo il socio sospeso.

Art. 36.

(Scioglimento).

1. La società si scioglie, oltre che nei casi previsti dalla legislazione vigente in materia e dallo statuto sociale, anche in quelli eventualmente previsti dai regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39, comma 3.

2. Ciascun socio, in caso di contestazione sullo scioglimento della società ovvero nelle more dei relativi adempimenti formali, ha diritto di svolgere la propria attività professionale, con il solo obbligo di comunicare tale intento al proprio Ordine professionale.

Capo IV

NORME FINALI

Art. 37.

(Rinvio).

1. Per quanto non diversamente disposto dalla presente legge, dai regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 39 e dagli statuti sociali, si applicano alle società tra professionisti, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo II del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96.

2. All'articolo 2249 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le società tra professionisti iscritti ad albi sono disciplinate da leggi speciali».

Capo V

DISCIPLINA PREVIDENZIALE E FISCALE

Art. 38.

(Norme previdenziali e fiscali).

1. L'attività professionale svolta dai soci dà luogo a tutti gli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali vigenti in materia.

2. I redditi della società sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, in proporzione alla sua quota di partecipazione e sono considerati, ai fini fiscali, soltanto in capo ad esso, come redditi professionali.

3. I redditi spettanti ai soci a fronte di loro conferimenti sono considerati, ai fini fiscali, come redditi di capitale.

Capo VI

NORME DI ATTUAZIONE

Art. 39.

(Regolamenti di attuazione).

1. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il Governo adotta misure per l'attuazione delle disposizioni contenute nella presente legge; con gli stessi regolamenti sono dettate norme di coordinamento con la legislazione vigente ed è disposta l'abrogazione delle disposizioni anche di legge con esse incompatibili.

2. Gli schemi dei regolamenti di cui al comma 1 sono trasmessi, dopo l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato e sentiti gli Ordini professionali, alle Camere per l'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro sessanta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, i regolamenti sono emanati anche in mancanza del parere. Il Governo, nell'emanare i regolamenti, è tenuto a motivare l'adozione di disposizioni che non tengono conto del parere delle Commissioni parlamentari.

3. In relazione alle disposizioni contenute negli articoli 5, 10, 12, 16, 22, 23, 24, 25, 26, 32 e 34, sono emanati, con la medesima procedura di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, regolamenti specifici per ogni singola professione.

4. Nell'emanazione dei regolamenti di cui al comma 3 devono essere seguiti i princìpi direttivi stabiliti dalle leggi speciali in materia di professioni intellettuali non in contrasto con la presente legge, dai trattati internazionali e dalle direttive comunitarie e si deve comunque tenere conto delle specificità dei singoli ordinamenti professionali quali risultanti dalla normativa vigente in materia.

Art. 40.

(Princìpi e criteri in materia di testi unici per il riordino delle professioni regolamentate esistenti).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decreti legislativi recanti testi unici per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di professioni regolamentate, attenendosi ai princìpi e criteri direttivi generali della presente legge, nonché ai seguenti:

a) riordinare le attività delle singole professioni, con eventuali accorpamenti degli Ordini e collegi professionali interessati, tenendo conto, in particolare, della compatibilità con le esigenze di circolazione dei titoli di studio richiesti per l'esercizio delle professioni nell'ambito dell'Unione europea, nonché delle disposizioni comunitarie in materia di libere professioni;

b) perseguire una tendenziale uniformità, ove non incompatibile con il rispetto delle specificità delle singole professioni, delle disposizioni applicabili a ciascuna professione a seguito della adozione dei testi unici stessi;

c) rinviare a regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, la disciplina degli aspetti organizzativi e procedimentali;

d) effettuare la puntuale individuazione del testo vigente delle norme;

e) esplicitare le norme abrogate, anche implicitamente, da disposizioni successive;

f) procedere al coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto coordinamento, le modificazioni necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e di semplificare il linguaggio normativo;

g) esplicitare quali disposizioni non inserite nel testo unico restano comunque in vigore;

h) dichiarare l'abrogazione delle rimanenti disposizioni, non richiamate, che regolano la materia oggetto di delegificazione, con espressa indicazione delle stesse in apposito allegato al testo unico.

2. Dalla data di entrata in vigore dei testi unici di cui al comma 1 sono comunque abrogate le norme non richiamate ai sensi della lettera g) del medesimo comma 1.

3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati sentiti gli Ordini e collegi professionali interessati nonché previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Gli avvisi ed i pareri sono resi nel termine di sessanta giorni dalla ricezione degli schemi stessi, decorso il quale i decreti legislativi sono comunque emanati.

4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere emanati decreti legislativi correttivi e integrativi di questi ultimi, con le modalità previste dal comma 2 e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge e, in particolare, dal presente articolo.

 


N. 2160

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

presentato dal ministro della giustizia

(MASTELLA)

e dal ministro dello sviluppo economico

(BERSANI)

di concerto con il ministro dell'università e della ricerca

(MUSSI)

con il ministro della pubblica istruzione

(FIORONI)

con il ministro per le politiche giovanili e le attività sportive

(MELANDRI)

con il ministro del lavoro e della previdenza sociale

(DAMIANO)

con il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali

(LANZILLOTTA)

con il ministro per le politiche europee

(BONINO)

con il ministro della salute

(TURCO)

con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

e con il ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione

(NICOLAIS)

¾

 

Delega al Governo in materia di professioni intellettuali

 

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Presentato il 24 gennaio 2007

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Onorevoli Deputati! - Il nostro Paese ha una notevole tradizione nel settore delle libere professioni e tuttora dispone di eccellenti professionisti nei vari campi ove l'apporto di cultura e saperi specialistici, di conoscenze tecniche, di capacità dell'intelletto e dell'ingegno costituiscono l'essenza del servizio professionale; analoga tradizione ha il sistema ordinistico, che comprende e racchiude buona parte delle libere professioni, un sistema predisposto a tutela dei propri iscritti nella tipicità e specificità del lavoro svolto. Ma in questo campo di attività con alto valore aggiunto si sono verificati fenomeni nuovi, fra loro connessi nell'ambito dell'integrazione europea e del mercato: la sempre più robusta presenza nel nostro territorio di studi professionali e di società di consulenza di altri Paesi, la marcata differenza quantitativa tra l'offerta globale di servizio da parte di professionisti italiani e la relativa domanda di una utenza sempre più orientata verso la qualità del servizio, la peculiare asimmetria informativa e la rilevanza dei costi sociali derivanti da prestazioni non adeguate. Si è dunque posto il problema di scelte innovative al fine di evitare nell'economia della conoscenza e dello sviluppo una dipendenza da professionalità straniere; anche il mondo dell'impresa, che deve misurarsi nei mercati internazionali, sottolinea la necessità di sviluppare servizi adeguati e in grado di assistere le aziende nella competizione globale.

D'altra parte, l'Unione europea è intervenuta più volte ribadendo l'importanza del ruolo svolto dalle attività professionali, ma richiedendo nel contempo più circolazione e libertà nel mercato di tali servizi, più qualità e adeguata trasformazione dei vincoli nazionali disposti a favore degli organismi professionali in vincoli a favore della collettività degli utenti. L'ultimo intervento è del Parlamento europeo che, nello scorso ottobre, ha approvato una risoluzione in cui si sottolinea, come priorità fondamentale, l'esigenza del più ampio e agevole accesso dei consumatori al mercato dei servizi professionali, garantendo qualità e contenimento dei costi.

Numerosi sono stati nelle legislature precedenti i progetti di legge per riformare il sistema delle libere professioni adeguandolo alle esigenze moderne, purtroppo senza un esito positivo sia per la difficoltà dei problemi che ne conseguono, sia per resistenze frapposte nel timore che la riforma portasse inevitabilmente alla soppressione degli ordini professionali. Il disegno di legge che il Governo oggi presenta tiene conto dell'ampia elaborazione scientifica sul tema e del nutrito dibattito politico che ha nel tempo arricchito la tematica, avendo cura di precisare che l'intervento è relativo unicamente alle professioni intellettuali e non anche a tutta la restante attività professionale che non può essere qualificata come tale; si pensi, ad esempio, a tutte le figure professionali enucleabili dall'articolo 29, comma 7, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Ma, nel delineare una normativa-quadro per ordini e associazioni, la proposta si caratterizza per una ben precisa scelta: conferire ai contenitori socio-istituzionali delle professionalità, quali sono gli ordini, una fisionomia organizzativa e funzionale del tutto priva di connotati autoreferenziali o corporativi, cioè una identità completamente proiettata nell'interesse dell'utenza e del libero mercato, perché soltanto una nuova e moderna «ragion d'essere» può giustificare il proficuo mantenimento del sistema ordinistico, con il collaterale riconoscimento di associazioni professionali, sempre che rispondano ad interessi generali nella prospettiva dell'utenza.

Sul piano della tecnica normativa, la legge delega risulta il meccanismo più idoneo perché consente di dettare una disciplina di base a carattere generale e  uniforme, lasciando ai decreti delegati la regolamentazione specifica delle singole professionalità. Anche per l'esercizio in forma societaria è sembrato opportuno non ricorrere alla legislazione diretta, in quanto l'adozione di una disciplina-quadro appare pregiudiziale a regolamentazioni settoriali per i notevoli riflessi dell'una sulle altre. Si sottolinea, inoltre, che i princìpi e criteri direttivi di delega adottati sono molto rigorosi e articolati al fine di superare la preoccupazione - già espressa in varie sedi politiche - di un troppo ampio potere normativo lasciato al Governo in una materia così delicata.

L'iniziativa merita alcune considerazioni quanto alla competenza dello Stato in rapporto all'articolo 117 della Costituzione.

L'idea di fondo che ispira il disegno di legge è soprattutto quella di realizzare «più circolazione e libertà nel mercato dei servizi professionali» con specifico riferimento alle professioni intellettuali; è, in altri termini, la garanzia della concorrenza nell'interesse di quanti di tali servizi si avvalgono. Inoltre, agli ordini si riconosce la qualità e la natura di enti pubblici non economici, sia pure con una nuova e moderna «ragion d'essere» che ne legittima le funzioni nell'attuale contesto socio-economico; si aggiunga che il disegno di legge contiene anche norme generali sulla formazione professionale, sull'esame di Stato e sul tirocinio in rapporto all'inserimento degli interessati nel sistema ordinistico. Ebbene, queste materie rientrano nell'ambito di legislazione esclusiva dello Stato, come dispone l'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.

È vero che il terzo comma di tale articolo comprende «le professioni» tra le materie di legislazione concorrente, ma il riferimento non può non circoscriversi ad attività professionali la cui disciplina può essere localizzabile nell'ambito regionale; viceversa, l'esercizio delle professioni intellettuali opera senza limiti territoriali. Per di più gli ordini non possono che essere enti nazionali a disciplina omogenea per l'esigenza di uniformità delle loro prerogative funzionali, a cominciare dal codice etico e dai livelli di qualità che devono assicurare per tutti i loro iscritti, ovunque essi esplichino la loro attività.

Inoltre, tra le materie oggetto di riserva alla competenza statale esclusiva rientra, come si diceva, la disciplina dell'esame di Stato previsto per l'accesso alle professioni dall'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, ed i relativi titoli di accesso.

Passando ai singoli articoli di cui il disegno di legge si compone, l'articolo 1 detta le regole di adozione dei decreti delegati e dei regolamenti attuativi, individuando nel Ministro della giustizia il proponente e specificando con quali Ministri è necessario il concerto, cioè, oltre il Ministro competente in relazione alla specifica attività svolta dai professionisti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, il Ministro per le politiche comunitarie, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, il Ministro dell'università e della ricerca e il Ministro della pubblica istruzione, che hanno interessi generali in coerenza con le finalità della disciplina; sono indicate, inoltre, le autorità da sentire preventivamente, ed è prevista l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In questo modo si prevede una larga piattaforma di interventi e di stimoli per elaborare al meglio i provvedimenti di normazione diretta.

Si è ritenuto opportuno indicare già nell'articolo 1 che la riforma non comporta spese per il bilancio dello Stato, in quanto il sistema ordinistico da sempre prevede che gli enti non ricevano contributi da parte dello Stato ma che procedano alla copertura di tutte le spese che debbano affrontare attraverso l'imposizione di contributi a carico degli iscritti.

Al tempo stesso tale formula rende esplicito che l'eventuale attribuzione di nuovi compiti ad amministrazioni o ad enti pubblici comporta la necessità di individuare soluzioni che assicurino una invarianza di spesa, facendo sì che i servizi stessi siano assicurati con le risorse umane previste negli organici e con le risorse strumentali e finanziarie assicurate dalle leggi di bilancio.

È ovvio che tale principio non può che essere rispettoso dell'autonomia universitaria e scolastica, implicando unicamente che le eventuali ulteriori attività debbano trovare copertura nei fondi assegnati o nei bilanci delle università, salva la facoltà di decidere in via autonoma in ordine alle scelte di allocazione delle risorse da parte di tali enti.

L'articolo 2 introduce l'orditura essenziale dell'attività, comunque esercitata, nel contesto ordinistico o al di fuori, in forma individuale, associata o societaria. I criteri in proposito enunciati, se da un lato mirano a valorizzare le professioni intellettuali quali componenti essenziali dello sviluppo economico, dall'altro prospettano l'esigenza di contenimenti e di limiti numerici per gli enti pubblici non economici che costituiscono il sistema ordinistico, anche allo scopo di dare spazio ad iniziative di libera e spontanea aggregazione ove alcune professionalità possono trovare una collocazione più rispondente alla concorrenza nel mercato dei servizi. In questo contesto, l'articolo 2 fissa i princìpi e criteri direttivi generali a garanzia dell'esercizio professionale e cioè: la libertà di accesso alle professioni, salvo limiti per attività caratterizzate dal contestuale esercizio di funzioni pubbliche, ma conformemente ai princìpi di proporzionalità e di salvaguardia della concorrenza, nonché l'autonomia intellettuale e tecnica del professionista; la facilitazione delle condizioni d'ingresso per i giovani, salvo il livello e la qualità dei controlli per l'accesso; la libera autonomia di scelta da parte del cliente e la determinazione consensuale del corrispettivo; la tutela dell'utente anche per eventuali danni ingiusti mediante coperture assicurative; le condizioni della pubblicità relativa al servizio professionale; una corretta informazione del cliente per tutelarne l'affidamento; i limiti di compatibilità fra le prestazioni in regime di lavoro subordinato e determinate professioni.

Al tempo stesso è stato previsto che l'esercizio della delega produca una riduzione degli ordini, albi e collegi attualmente esistenti e, al tempo stesso, favorisca la trasformazione in associazioni di cui all'articolo 8 di quelli tra loro per i quali non si rinvengano specifici interessi pubblici meritevoli di tutela che ne giustifichino la protrazione dell'attività.

L'articolo 3, che insieme ad altre disposizioni si riferisce al settore delle professioni intellettuali denominate di «interesse generale», riguarda l'accesso e contiene numerose innovazioni nella logica di una idonea professionalità di base e dei meccanismi atti ad agevolare l'immissione di risorse-giovani, prevedendo espressamente il principio che il tirocinio, svolto presso i professionisti, debba essere remunerato in relazione all'impegno richiesto e all'apporto reso all'attività del professionista stesso. Si è ritenuto tuttavia di non indebolire i percorsi formativi per non depotenziare il bagaglio tecnico-culturale necessario a sostenere la concorrenza su livelli di sufficiente qualità; infatti, pur introducendo criteri di tirocinio differenziati, cioè anche all'estero o contemporaneamente all'ultima fase degli studi per il titolo professionale, si è rimarcata, ai fini dell'accesso, la conoscenza dei fondamenti tecnici, deontologici e pratici della professione, si è mantenuto l'esame di Stato per l'abilitazione a quelle professioni il cui esercizio può incidere su diritti costituzionalmente garantiti o riguardanti interessi generali meritevoli di specifica tutela e si è conservato il meccanismo del concorso per i casi di obbligatoria determinazione numerica, anche in rapporto alle cosiddette «attività riservate».

È evidente, anche in questo caso, che le forme di tirocinio poste in essere da pubbliche amministrazioni devono essere svolte nell'ambito dei fondi disponibili in bilancio, essendo esclusa la possibilità che le stesse siano fonte di nuove spese.

Per converso, i princìpi e criteri direttivi introducono nuove linee di disciplina concernenti la composizione delle commissioni esaminatrici, in modo da sottrarla alla prevalente competenza degli ordini e per garantire la terzietà degli esaminatori e l'oggettività delle valutazioni.

Si è, inoltre, inteso ampliare l'area di tutela degli utenti prevedendo che i decreti delegati stabiliscano i casi di obbligatoria esistenza di forme di assicurazione dirette a garantire la possibilità reale di ottenere un risarcimento del danno.

L'articolo 4 è dedicato alla struttura organizzativa e ai compiti degli attuali ordini, collegi e albi degli iscritti, sul presupposto - come si è detto - della diversa ragion d'essere rivolta alla tutela dell'utenza e del mercato dei servizi. Se ne prevede la riorganizzazione, anche mediante accorpamenti, ove possibili, e si dettano specifici criteri sulla composizione e sull'articolazione nazionale e locale, lasciando, poi, alla potestà statutaria di ciascun ente la definizione dell'assetto ritenuto più opportuno per perseguire le finalità individuate e per meglio svolgere i poteri attribuiti. Per la composizione organica degli ordini e dei collegi, ai quali è attribuita la rappresentanza istituzionale degli iscritti, si prevedono ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità quanto agli incarichi di gestione, si garantiscono la tutela delle minoranze, la temporaneità delle cariche e la limitata rinnovabilità, in modo da evitare centri di potere ed immobilismi non coerenti alle esigenze del mercato e alla dinamica domanda-offerta di servizi professionali. È stata, inoltre, introdotta la previsione di una specifica normativa transitoria diretta a consentire una sollecita applicazione delle nuove disposizioni e, al tempo stesso, la possibilità di procedere in modo ordinato alle procedure per il rinnovo delle stesse. Quanto ai compiti, il disegno di legge conferma la potestà statutaria e la relativa autonomia, ma prevede che all'interno dei propri statuti gli ordini curino la qualificazione e l'aggiornamento professionali degli iscritti, l'adozione di codici deontologici nazionali, l'informativa al pubblico delle regole e dei metodi di prestazione dell'attività, il controllo sugli iscritti e sulla qualità dell'offerta, e garantiscano un consistente aiuto ai giovani che vogliano accedere alla professione, destinando a questo compito parte delle risorse degli enti, e una concreta e fattiva assistenza a quanti nella professione muovono i primi passi.

Altri princìpi e criteri direttivi riguardano la formazione elettiva degli organi a livello nazionale e territoriale, l'individuazione dei casi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza nonché la temporaneità delle relative cariche e, infine, le ipotesi gravi ed eccezionali di scioglimento dei consigli territoriali e nazionali.

L'articolo 5 realizza sul piano sistematico un raccordo con le competenze specifiche dei Ministri dell'università e della ricerca e della salute. Esso infatti, nel riconoscere al Ministro dell'università e della ricerca e al Ministro della salute, in relazione alle sole professioni sanitarie, l'iniziativa dei decreti delegati in materia di coordinamento tra le norme relative al conseguimento dei titoli di studio universitari con quelle relative all'accesso alle rispettive professioni anche ai fini del tirocinio, enuncia i princìpi e criteri direttivi per il coordinamento dei corsi e delle classi di laurea con l'esame di Stato e la successiva iscrizione ad ordini e collegi nonché per la possibilità di effettuare parte del tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi universitari o per istituire apposite sezioni di ordini e collegi, determinando l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito a seguito dell'iscrizione in tali sezioni. Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, è stata prevista la proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro della giustizia, in relazione alle professioni sanitarie

È stato ribadito, tra i criteri di delega per gli emanandi decreti legislativi, che debba essere rispettata l'inesistenza di nuovi ed ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, anche attraverso l'espresso richiamo all'articolo 1, comma 4.

L'articolo 6 realizza, invece, sul piano sistematico un raccordo con le competenze specifiche del Ministro della pubblica istruzione. Esso infatti, nel riconoscere al Ministro della pubblica istruzione l'iniziativa dei decreti delegati in materia di coordinamento tra le norme relative al conseguimento dei titoli di studio a livello di scuola secondaria superiore con quelle relative all'accesso alle rispettive professioni anche ai fini del tirocinio, enuncia i princìpi e criteri direttivi per l'organizzazione dei corsi scolastici ai fini del coordinamento con l'esame di Stato e della successiva iscrizione ad ordini e collegi, nonché per la possibilità di effettuare parte del tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi scolastici. L'iniziativa compete altresì al Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro della giustizia, per i decreti delegati diretti ad istituire apposite sezioni di ordini, albi e collegi, determinando l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito a seguito dell'iscrizione in tali sezioni.

È stato ribadito anche in questo caso, tra i criteri di delega per gli emanandi decreti legislativi, il principio che debba essere rispettata l'inesistenza di nuovi ed ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, anche attraverso l'espresso richiamo all'articolo 1, comma 4.

L'articolo 7 reca i princìpi e criteri direttivi generali in materia di codice deontologico e di regime disciplinare. Negli ultimi tempi si è manifestata una marcata attenzione per questi profili, che rappresentano, se adeguatamente soddisfatti, una condizione necessaria nel sistema della competitività per garantire in concreto prestazioni efficienti e corrette, senza un eccessivo costo individuale o gravose incidenze sugli standard di economia globale. Perciò la proposta che si formula è molto attenta nel delineare i princìpi cardine dei codici deontologici, da adottare a livello nazionale, rivolti a garantire tanto il cliente quanto gli interessi pubblici comunque coinvolti nell'esercizio della professione; analoga attenzione è dedicata ai princìpi di regolamentazione del procedimento disciplinare, dall'autorità che lo promuove alle modalità attuative, dalle fattispecie di illecito alle sanzioni applicabili e ai rimedi contro le decisioni. Fra l'altro si stabilisce che non vi può essere interdipendenza né sovrapposizione tra incarichi di gestione degli ordini e compiti nelle commissioni di disciplina.

L'elaborazione culturale e legislativa che precede il presente intervento di riforma si era orientata nel riconoscere funzione e spazio operativo alle associazioni professionali, cioè a iniziative di libera e spontanea aggregazione rivolte alla tutela degli interessi professionali e al corrispondente riconoscimento pubblico; il testo che si propone recepisce l'indirizzo, definito «sistema duale», ma lo coordina nell'articolo 8 con le scelte di politica legislativa cui la riforma si ispira nella sua complessiva architettura. Le associazioni cui si riferisce l'articolo 8 non sono quelle dirette all'esercizio in comune dell'attività professionale, che costituiscono forme di prestazioni rese in modo associato e che già sono ammesse nella libera autonomia del servizio professionale, bensì organismi nei quali si riconoscono, per la tutela della propria identità e specificità, ampie aree professionali, talvolta portatrici di attività emergenti e di forte dinamica nel tessuto sociale. L'obiettivo di tali associazioni è soprattutto quello di dare evidenza pubblica ai requisiti professionali dei propri iscritti; perciò chiedono, attraverso un riconoscimento amministrativo, una legittimazione socio-economica della loro funzione nel mercato dei servizi professionali e postulano che gli associati svolgano una attività professionale omogenea. Ora, poiché tra le finalità di queste associazioni vi è pure il rilascio dell'attestato di competenza relativo alle qualifiche tecnico-professionali dei propri iscritti e alle relative specializzazioni, per l'inserimento in un apposito registro ministeriale che soddisfi quella evidenza pubblica è necessario richiedere ben precise condizioni, concernenti sia l'ambito operativo della platea degli associati sia i compiti svolti e da svolgere nei confronti degli stessi. Il testo si fa carico di tali esigenze e, nel dettare princìpi e criteri direttivi, stabilisce che per l'iscrizione in un registro, articolato in due sezioni, una tenuta dal Ministero della giustizia e l'altra dal Ministero della salute per le sole associazioni relative a professioni sanitarie, le associazioni devono esistere da un certo numero di anni, comunque non inferiore a quattro, al fine di garantirne la credibilità, avere un'ampia diffusione sul territorio e riguardare attività suscettibili di incidere su diritti costituzionalmente garantiti o su interessi che per il loro radicamento nel tessuto socio-economico comportino l'esigenza di tutelare la relativa utenza. Ma non basta: occorre pure che abbiano, nella struttura organica e nella gestione, un assetto trasparente e ispirato alla dialettica democratica, e che adempiano efficacemente a compiti di verifica della professionalità dei propri associati, di aggiornamento professionale e di adesione a regole deontologiche. D'altronde solo così si può riconoscere la capacità di rilasciare attestati di competenza, che perciò vanno emessi sulla base di elementi direttamente acquisiti dall'organismo associativo; in ogni caso, tali attestati non possono non avere un limite temporaneo di durata.

Anche in questo caso il richiamo operato all'articolo 1, comma 4, intende ribadire che la nuova attività dovrà essere assicurata dalle amministrazioni attraverso le risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalle norme vigenti, essendo previsto il divieto di maggiori spese.

In conclusione, se è vero che la disciplina delle associazioni professionali si avvicina a quella degli ordini, è altrettanto vero che tra esse e gli ordini vi sono differenze sostanziali: i primi rappresentano quasi articolazioni dei pubblici poteri per i compiti cui devono adempiere nell'interesse pubblico e sono, per gli esercenti determinate attività riservate, professioni ad iscrizione obbligatoria; mentre le associazioni derivano da libere iniziative, così come libera è la partecipazione ad esse; in secondo luogo, gli ordini hanno la rappresentanza istituzionale dei propri iscritti, mentre gli altri organismi hanno soltanto quella associativo-privatistica; in terzo luogo, gli ordini, nella rinnovata fisionomia, svolgono funzioni nel prevalente e diretto interesse dell'utenza, mentre le associazioni le svolgono nel prevalente interesse degli associati e solo indirettamente per l'utenza.

I princìpi e criteri direttivi in tema di società tra professionisti sono contenuti nell'articolo 9, che reca orientamenti normativi specifici limitati alle professioni comprese nel sistema ordinistico. Questa scelta, che lascia per il resto all'autonomia privata l'opzione per uno dei tipi societari previsti dal codice civile, è imposta dall'esigenza di contenere la disciplina ad hoc e di favorire, viceversa, l'operatività a mezzo di società di capitali nei settori emergenti ove una dinamica imprenditoriale si rivela più adeguata alle esigenze del mercato dei servizi professionali.

La nuova tipologia societaria richiede che vi possano partecipare soltanto iscritti ai relativi albi nonché, ma per le sole prestazioni tecniche e con partecipazione minoritaria, anche soggetti non professionisti; è comunque stabilita l'esclusione per le cosiddette «attività riservate». Il quadro normativo prevede una ben precisa ragione sociale e una idonea consistenza patrimoniale di cui disciplina i conferimenti, con circoscritto apporto di solo capitale qualificato dalla caratterizzazione di socio-professionista; individua in modo stringente il rapporto tra scelta del socio incaricato della prestazione e ipotesi in cui tale scelta non risulti effettuata dall'utente, precisando il regime di responsabilità; prevede l'iscrizione della società all'albo ordinistico e le conseguenze anche disciplinari.

L'articolo 9 consente inoltre la costituzione di società multiprofessionali, indica le condizioni e i limiti di tale costituzione, ne prevede l'iscrizione agli albi relativi alle singole attività esercitate e disciplina gli effetti di un'eventuale cancellazione; adatta il regime di responsabilità alla tipologia multiprofessionale, anche in relazione al socio che esplica la prestazione, sia esso individuato o meno dal cliente; stabilisce gli effetti di un procedimento civile che coinvolga la società o il singolo socio e le reciproche possibilità di intervento e di difesa; fissa i criteri per i conferimenti nella società multiprofessionale, le caratteristiche e le condizioni; prevede la riserva delle cariche a soci professionisti in caso di partecipazione di non professionisti; disciplina le opzioni nelle ipotesi di morte, recesso o esclusione di un socio.

Va sottolineato, infine, che il contenuto del disegno di legge è coerente alle linee stabilite, in tema di ordini, associazioni, tirocinio professionale e pubblicità, dalla citata risoluzione del Parlamento europeo dell'ottobre 2006; e va altresì sottolineato che per la redazione del testo ci si è avvalsi dell'anteriore elaborazione realizzata da precedenti Governi e nelle scorse legislature, e che essa è stata accompagnata da un'ampia consultazione di ordini, rappresentanze nazionali di associazioni, referenti scientifici e istituzionali (come il CENSIS e il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), organismi sindacali e Confindustria. È dunque auspicabile che la convergenza realizzata in linea di massima possa finalmente tradursi in un corpo normativo idoneo a rispondere alle attese di tanti anni e alle non più eludibili esigenze del mercato europeo e della globalizzazione.

Si ribadisce che dalla legge delega e dai decreti legislativi delegati non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, e non si redige pertanto la relazione tecnica.



 


 disegno di legge

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Art. 1.

(Delega al Governo in materia di professioni intellettuali).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto la disciplina delle professioni intellettuali e delle relative forme organizzative, nel rispetto delle competenze delle regioni, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di libertà di accesso, limitando, a tutela della concorrenza, l'ambito delle attività riservate, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi indicati dalla presente legge. La delega comprende anche il coordinamento con la normativa vigente in materia di istruzione di secondo grado e universitaria, in particolare per quanto riguarda gli esami di Stato e l'accesso alle professioni.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati, salvo quanto previsto dagli articoli 5 e 6, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, con il Ministro della pubblica istruzione, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e con il Ministro per le politiche comunitarie, nonché con il Ministro competente in relazione alla specifica attività svolta dai professionisti, e in particolare con il Ministro della salute per le materie di sua competenza, sentiti gli ordini professionali interessati, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro un mese dalla ricezione dei relativi schemi; decorso tale termine i decreti legislativi sono comunque emanati.

3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, possono essere emanati decreti correttivi e integrativi, con le modalità di cui al comma 2, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi indicati dalla presente legge.

4. Dall'attuazione della presente legge e dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali di disciplina delle professioni intellettuali).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo disciplina le modalità generali di accesso alle professioni intellettuali e di esercizio delle medesime, tenuto conto delle specificità delle singole attività professionali, con esclusione di quelle previste dall'articolo 29, comma 7, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi generali, fatti salvi, princìpi e criteri direttivi riguardanti le professioni di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge:

a) prevedere che l'accesso alle professioni intellettuali sia libero, in conformità al diritto comunitario, senza vincoli di predeterminazione numerica, salvo quanto previsto alla lettera f), e favorire l'accesso delle giovani generazioni alle professioni stesse;

b) valorizzare e razionalizzare l'attività delle professioni intellettuali, quale componente essenziale dello sviluppo economico del Paese;

c) garantire la libertà di concorrenza dei professionisti e il diritto degli utenti ad una effettiva e informata facoltà di scelta e ad un adeguato livello qualitativo della prestazione professionale;

d) individuare, sulla base degli interessi pubblici meritevoli di tutela, le professioni intellettuali da disciplinare attraverso il ricorso ad ordini, albi o collegi professionali, in modo tale che ne derivi una riduzione di quelli già previsti dalla legislazione vigente, ovvero attraverso il ricorso alle associazioni di cui all'articolo 8, favorendo, per gli ordini, albi e collegi già esistenti, per i quali non ricorrano specifici interessi pubblici che rendano necessario il ricorso al sistema ordinistico, la trasformazione in associazioni di cui al medesimo articolo 8;

e) riorganizzare le attività riservate a singole professioni regolamentate limitandole a quelle strettamente necessarie per la tutela di diritti costituzionalmente garantiti per il perseguimento di finalità primarie di interesse generale, previa verifica della inidoneità di altri strumenti diretti a raggiungere il medesimo fine e senza aumentare le riserve già previste dalla legislazione vigente;

f) conformemente ai princìpi di proporzionalità e di salvaguardia della concorrenza, prevedere la possibilità di limitate e specifiche ipotesi di predeterminazione numerica, nei soli casi in cui le attività professionali siano caratterizzate dall'esercizio di funzioni pubbliche o dall'esistenza di uno specifico interesse generale, per una migliore tutela della domanda di utenza, alla limitazione del numero dei professionisti che possono esercitare, anche senza vincoli territoriali;

g) prevedere che l'esercizio dell'attività sia fondato sull'autonomia e sull'indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del professionista;

h) prevedere che la professione possa essere esercitata in forma individuale o in forma associata o in forma societaria; prevedere apposite garanzie a tutela dell'autonomia e dell'indipendenza intellettuale e tecnica del professionista anche per prevenire il verificarsi di situazioni di conflitto di interesse; prevedere, in relazione ai casi di rapporto di lavoro subordinato, le ipotesi in cui l'iscrizione ad ordini, albi o collegi sia obbligatoria o sia compatibile con lo stesso, con riferimento alle sole attività riservate;

i) assicurare, qualunque sia il modo o la forma di esercizio della professione, un'adeguata tutela degli interessi pubblici generali eventualmente connessi all'esercizio della professione, il rispetto delle regole deontologiche, la diretta e personale responsabilità del professionista nell'adempimento della prestazione e per il risarcimento del danno ingiusto che dall'attività del professionista sia eventualmente derivato;

l) consentire la pubblicità a carattere informativo, improntata a trasparenza e a veridicità, relativamente ai titoli e alle specializzazioni professionali, alle caratteristiche del servizio professionale offerto e ai costi complessivi delle prestazioni;

m) prevedere che il corrispettivo della prestazione sia consensualmente determinato tra le parti, anche pattuendo compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti; garantire il diritto del cliente alla preventiva conoscenza del corrispettivo ovvero, se ciò non sia possibile, all'indicazione di una somma individuata nel minimo e nel massimo; prevedere, a tutela del cliente, l'individuazione generale di limiti massimi dei corrispettivi per ciascuna prestazione;

n) prevedere i casi di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile del singolo professionista ovvero della società professionale, con un massimale adeguato al livello di rischio di causazione di danni nell'esercizio dell'attività professionale ai fini dell'effettivo risarcimento del danno, anche in caso di attività svolta da dipendenti professionisti; prevedere la possibilità per gli ordini, gli albi e i collegi e per le associazioni di cui all'articolo 8 di negoziare per i propri iscritti le condizioni generali delle polizze, anche stipulando un idoneo contratto operante per tutti gli iscritti, previa procedura di gara conforme alla normativa comunitaria in materia di affidamento di servizi e fatta salva la facoltà di ogni iscritto di aderire; introdurre l'obbligo per il professionista di rendere noti al cliente, all'atto di assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza e il relativo massimale;

o) per una corretta informazione del cliente e per tutelarne l' affidamento, prevedere l'obbligo per il professionista di indicare la propria appartenenza a ordini, collegi o associazioni professionali e di fornire indicazioni sulla sua specifica esperienza e sull'esistenza di potenziali situazioni di conflitto di interesse in relazione alla prestazione richiesta.

Art. 3.

(Princìpi e criteri direttivi specifici per l'accesso alle professioni intellettuali di interesse generale).

1. In attuazione dell'articolo 33, quinto comma, della Costituzione e dell'articolo 2061 del codice civile e nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1 della presente legge, il Governo disciplina le modalità di accesso alle professioni intellettuali nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi, tenuto conto della specificità delle singole professioni e nell'osservanza dei criteri di proporzionalità ed effettiva necessità anche in relazione alla concorrenza:

a) disciplinare il tirocinio professionale, di durata non superiore a dodici mesi in relazione alle singole professioni e comunque contenuta secondo modalità che privilegino la concentrazione delle esperienze professionali e che garantiscano l'effettiva acquisizione dei fondamenti tecnici, pratici e deontologici della professione e da svolgere sotto la responsabilità di un professionista iscritto da almeno quattro anni, fatto salvo quanto previsto negli articoli 5 e 6; riconoscere un equo compenso commisurato all'effettivo apporto del tirocinante all'attività dello studio professionale; prevedere, tenendo conto delle singole tipologie professionali, forme alternative o integrative di tirocinio a carattere pratico ovvero mediante corsi di formazione promossi od organizzati dai rispettivi ordini professionali o da università o da pubbliche istituzioni purché strutturati in modo teorico-pratico, nonché la possibilità di effettuare parzialmente il tirocinio all'estero, garantendo in ogni caso l'insegnamento dei fondamenti tecnici, pratici e deontologici della professione;

b) mantenere l'esame di Stato per le professioni il cui esercizio può incidere su diritti costituzionalmente garantiti o riguardanti interessi generali meritevoli di specifica tutela, secondo criteri di adeguatezza e di proporzionalità; disciplinare le modalità dell'esame di Stato, o del concorso per i casi di obbligatoria predeterminazione numerica di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), in modo da assicurare l'uniforme valutazione dei candidati su base nazionale e la verifica del possesso delle competenze tecniche necessarie per la specificità delle singole professioni; prevedere che le commissioni giudicatrici siano composte secondo regole di imparzialità e di adeguata qualificazione professionale, limitando a meno della metà la presenza di membri effettivi e supplenti appartenenti agli ordini professionali o da questi designati e limitando alla sola presidenza, in concorso con altri soggetti professionali e nel rispetto delle attuali previsioni normative, la possibilità di nomina di magistrati ordinari; individuare le modalità che assicurino la terzietà dei commissari e l'oggettività delle valutazioni e la loro omogeneità sul territorio in caso di previsione di procedure decentrate; garantire una adeguata pubblicità all'avvio delle procedure di abilitazione o ai concorsi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f).

Art. 4.

(Princìpi e criteri direttivi concernenti gli ordini per le professioni intellettuali di interesse generale).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo provvede a regolamentare le professioni intellettuali di interesse generale sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) disciplinarne l'organizzazione in ordini, albi o collegi professionali, ferma la qualificazione di enti pubblici non economici, con la possibilità di accorpamento degli ordini esistenti in relazione a professioni analoghe o con la possibilità di istituire apposite sezioni che tengano conto della specificità del percorso formativo degli iscritti;

b) prevedere l'articolazione degli ordini, albi e collegi in organi centrali e periferici, secondo criteri tendenzialmente uniformi, tenuto conto delle specificità delle singole professioni, ferma restando l'abilitazione all'esercizio per l'intero territorio nazionale e fatte salve le limitazioni volte a garantire l'adempimento di funzioni pubbliche;

c) prevedere che gli ordini, albi e collegi disciplinino, all'interno dei propri statuti: l'esercizio da parte degli organi centrali dei compiti di indirizzo e di coordinamento nei confronti degli organi territoriali anche attraverso poteri di vigilanza e di adozione di atti sostitutivi; l'attribuzione del potere di designazione di propri rappresentanti; la tenuta aggiornata degli elenchi degli iscritti dei quali hanno la rappresentanza istituzionale; la redazione dei codici deontologici nazionali; la determinazione del contributo da corrispondere alle strutture territoriali;

d) attribuire agli ordini, albi e collegi, sotto la vigilanza del Ministero competente, la tutela degli interessi pubblici connessi all'esercizio delle professioni e la costante verifica della qualificazione e dell'aggiornamento professionali permanenti degli iscritti; dotare gli ordini professionali di autonomia patrimoniale, finanziaria e di autorganizzazione, prevedendo l'obbligatorietà del controllo contabile da parte di un idoneo organismo di revisione; prevedere regole di contabilità a garanzia dell'economicità della gestione, sotto la vigilanza del Ministero competente; 

e) disciplinare la composizione degli ordini, albi e collegi nelle articolazioni sia nazionali sia territoriali, i meccanismi elettorali per la nomina alle relative cariche e l'elettorato attivo e passivo degli iscritti in modo idoneo a garantire la trasparenza delle procedure, la rappresentanza presso gli organi nazionali e territoriali anche delle eventuali sezioni e la tutela delle minoranze, nonché l'individuazione dei casi di ineleggibilità, di incompatibilità e di decadenza, anche in relazione al contemporaneo svolgimento di funzioni all'interno di associazioni sindacali e di categoria o nei consigli direttivi di enti o di associazioni aventi rapporti di natura economica con gli stessi, la durata temporanea delle cariche e la limitata rinnovabilità in modo da non superare il massimo di dieci anni; prevedere una disciplina transitoria, di durata non superiore a un anno, in relazione all'applicazione della temporaneità delle cariche e della loro limitata rinnovabilità, al fine di consentire un ordinato rinnovo delle cariche;

f) prevedere l'obbligo di versamento, da parte degli iscritti, dei contributi motivatamente determinati dagli organi, centrali e periferici, nella misura strettamente necessaria all'espletamento delle attività ad essi rispettivamente demandate, stabilendo idonee forme di vigilanza da parte dei Ministeri competenti;

g) prevedere come compiti essenziali degli organi nazionali e territoriali l'aggiornamento e la qualificazione tecnico-professionale dei propri iscritti, la verifica del rispetto degli obblighi di aggiornamento da parte dei professionisti iscritti e degli obblighi di informazione agli utenti, l'adozione di iniziative rivolte ad agevolare, anche mediante la concessione di borse di studio, l'ingresso nella professione di giovani meritevoli ma in situazioni di disagio economico e l'erogazione di contributi per l'iniziale avvio e il rimborso del costo dell'assicurazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n); comprendere fra tali compiti la collocazione presso studi professionali di giovani non in grado di  individuare il professionista per il praticantato e l'organizzazione di corsi integrativi; prevedere la destinazione di una parte delle risorse economiche, ivi comprese le rendite finanziarie e da utilizzazione del patrimonio, degli ordini, albi e collegi alle suddette iniziative, anche istituendo apposite fondazioni;

h) prevedere, in casi di particolare gravità o di reiterata violazione di legge, il potere del Ministro competente di sciogliere, sentiti gli organi centrali, i consigli degli organi periferici, nonché di proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento dei consigli degli organi centrali.

Art. 5.

(Raccordo con la normativa in materia di istruzione universitaria).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi concernenti il raccordo tra la normativa in materia di studi universitari e la disciplina delle professioni intellettuali, per il cui esercizio sia richiesto il possesso di un titolo di studio di livello universitario, sono emanati su proposta del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e con il Ministro competente per il singolo settore, secondo le disposizioni di cui al citato articolo 1, commi 1 e 4, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) operare il raccordo tra i titoli di studio universitari e l'ammissione all'esame di Stato garantendo la possibilità di accesso alle sezioni degli ordini, albi e collegi corrispondenti ai diversi livelli dei titoli di studio medesimi;

b) prevedere, per il tirocinio professionale, specifiche attività formative organizzate dalle università, con la possibilità di effettuare parzialmente il tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi necessari per il conseguimento di ciascun titolo di laurea, garantendo in ogni caso la conoscenza dei fondamenti tecnici, pratici e deontologici della professione.

2. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi concernenti l'istituzione di apposite sezioni di ordini, albi e collegi delle professioni intellettuali, per il cui esercizio sia richiesto il possesso di un titolo di studio di livello universitario, fatto salvo quanto previsto al comma 3, sono emanati su proposta del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro competente per il singolo settore, secondo le disposizioni di cui al citato articolo 1, commi 1 e 4, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituire sezioni degli ordini, albi e collegi distinte a seconda del titolo di studio posseduto;

b) determinare l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito per effetto dell'iscrizione nell'apposita sezione nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e).

3. I decreti legislativi di cui al comma 2 concernenti la disciplina delle professioni sanitarie sono emanati su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro della giustizia.

Art. 6.

(Raccordo con la normativa in materia di istruzione secondaria superiore).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi concernenti il raccordo tra la normativa in materia di studi secondari e la disciplina delle professioni intellettuali, per il cui esercizio sia richiesto il possesso di un titolo di studio di scuola secondaria superiore, sono emanati su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro della giustizia, con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e con il Ministro competente per il singolo settore, secondo le disposizioni di cui al citato articolo 1, commi 1 e 4, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) operare il raccordo tra i titoli di studio di scuola secondaria superiore e l'ammissione all'esame di Stato garantendo la possibilità di accesso alle sezioni degli ordini, albi e collegi corrispondenti ai diversi livelli dei titoli di studio medesimi;

b) prevedere, per il tirocinio professionale, specifiche attività formative organizzate dalle istituzioni scolastiche e dalle università, con la possibilità di effettuare parzialmente il tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi necessari per il conseguimento di ciascun titolo di studio, garantendo in ogni caso la conoscenza dei fondamenti tecnici, pratici e deontologici della professione.

2. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi concernenti l'istituzione di apposite sezioni di ordini, albi e collegi delle professioni intellettuali, per il cui esercizio sia richiesto il possesso di un titolo di studio di scuola secondaria superiore, sono emanati su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro competente per il singolo settore, secondo le disposizioni di cui al citato articolo 1, commi 1 e 4, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) istituire sezioni degli ordini, albi e collegi distinte a seconda del titolo di studio posseduto;

b) determinare l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito per effetto dell'iscrizione nell'apposita sezione nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e).

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano altresì ai corsi dell'istruzione e formazione tecnica superiore.

 

Art. 7.

(Princìpi e criteri direttivi in materia di codice deontologico e di potere disciplinare).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, con specifico riferimento all'emanazione di codici deontologici di categoria e al potere disciplinare degli ordini, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) fissare criteri e procedure di adozione di un codice deontologico avente le seguenti finalità: garantire la libera scelta da parte dell'utente e il suo affidamento, il diritto ad una qualificata, corretta e seria prestazione professionale nonché a un'adeguata informazione sui contenuti e le modalità di esercizio della professione e su situazioni di conflitto, anche potenziale, di interesse; tutelare l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione e gli interessi pubblici comunque coinvolti in tale esercizio; garantire la credibilità della professione; garantire la concorrenza; stabilire che la violazione dei princìpi in materia di pubblicità di cui all'articolo 2, comma 1, lettera l), possa essere fonte di responsabilità disciplinare;

b) prevedere che il potere disciplinare sugli iscritti sia esercitato da organi nazionali e territoriali, distinti dagli organi di gestione e strutturati in modo da assicurare adeguate rappresentatività, anche per sezioni, imparzialità e indipendenza, composti non soltanto da professionisti iscritti al relativo albo; prevedere che in sede locale solo alcuni dei componenti delle commissioni disciplinari appartengano allo stesso ordine territoriale cui è iscritto l'incolpato, con la possibilità di costituire commissioni regionali o interregionali ovvero di spostare la competenza territoriale a conoscere del procedimento disciplinare;

c) prevedere specifiche regole per la titolarità e l'esercizio dell'azione disciplinare e per la celere conclusione del procedimento, in coerenza con i princìpi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto procedimento;

 d) consentire l'impugnazione davanti agli organi centrali o comunque davanti ad organi giurisdizionali e l'esperibilità del successivo ricorso per cassazione;

e) prevedere l'esercizio, in via sostitutiva per i casi d'inerzia, dell'azione disciplinare da parte del Ministro competente per la vigilanza, o di un suo delegato, ovvero del pubblico ministero, se non titolare dell'azione disciplinare;

f) individuare gli illeciti disciplinari nel mancato rispetto delle leggi e del codice deontologico, nell'omesso aggiornamento della formazione professionale, nei comportamenti pregiudizievoli per il cliente o contrari alla credibilità e al decoro della professione;

g) individuare le sanzioni applicabili secondo una graduazione correlata alla gravità e alla reiterazione dell'illecito, dal semplice richiamo alla cancellazione dall'albo; prevedere che, in caso di illecito commesso dal professionista socio, gli effetti sanzionatori gravino anche sulla società e sui professionisti titolari di cariche sociali; prevedere il modo in cui incidono gli effetti sanzionatori nel caso di società costituite da professionisti appartenenti a categorie diverse, attenendosi al criterio della prevalente attività prestata per le società multiprofessionali, fatta comunque salva la responsabilità per i professionisti titolari di cariche sociali; prevedere ipotesi eccezionali di sospensione cautelare dall'esercizio della professione limitata nel tempo.

Art. 8.

(Princìpi e criteri direttivi in materia di associazioni professionali riconosciute).

1. Nell'attuazione della delega ai sensi dell'articolo 1, il Governo individua gli interessi generali in base ai quali possono essere riconosciute le associazioni di esercenti le professioni intellettuali, ai fini di dare evidenza ai requisiti professionali degli iscritti e di favorire la selezione qualitativa e la tutela dell'utenza, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) garantire la libertà di costituire associazioni, aventi natura privatistica e senza fini di lucro, tra professionisti che svolgono attività professionale omogenea, con il limite che, nel caso di attività riservate, possono farne parte solo gli iscritti al relativo ordine, albo o collegio;

b) stabilire che la partecipazione all'associazione non comporta alcun vincolo di esclusiva, nel pieno rispetto della libera concorrenza;

c) prevedere l'iscrizione in apposito registro delle associazioni tra professionisti che sono in possesso dei seguenti requisiti: ampia diffusione sul territorio; svolgimento di attività che possono incidere su diritti costituzionalmente garantiti o su interessi che, per il loro radicamento nel tessuto socio-economico, comportano l'esigenza di tutelare gli utenti; prevedere che il registro sia distinto in due sezioni, una tenuta dal Ministero della giustizia e l'altra, per le materie di sua esclusiva competenza, dal Ministero della salute, e che l'iscrizione sia disposta dal Ministero competente per ciascuna sezione, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentiti il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e gli ordini eventualmente interessati;

d) prevedere, ai fini della registrazione, che le associazioni siano state costituite da almeno quattro anni, che le stesse siano attive su tutto il territorio nazionale e che i relativi statuti e clausole associative garantiscano: la precisa identificazione delle attività professionali cui l'associazione si riferisce; la rappresentatività elettiva delle cariche interne e l'assenza di situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità; la trasparenza degli assetti organizzativi e l'attività dei relativi organi; la dialettica democratica tra gli associati; l'osservanza di princìpi deontologici secondo un codice etico elaborato dall'associazione; la previsione di idonee forme assicurative per la responsabilità da danni cagionati nell'esercizio della professione;

 l'esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione e, in particolare, i livelli di qualificazione professionale, la costante verifica di professionalità per gli iscritti e l'effettiva applicazione del codice etico;

e) prevedere che soltanto le associazioni registrate possano rilasciare attestati di competenza riguardanti la qualificazione professionale e tecnico-scientifica e le relative specializzazioni, con esclusione delle attività riservate di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), assicurando che tali attestati siano preceduti da una verifica di carattere oggettivo, abbiano un limite temporale di durata e siano redatti sulla base di elementi e dati, concernenti la professionalità e le relative specializzazioni, direttamente acquisiti o riscontrati o comunque in possesso dell'associazione;

f) prevedere che i decreti legislativi siano redatti in modo tale da escludere incertezze in ordine alle funzioni rispettivamente attribuite dalla legge agli ordini e alle associazioni di professionisti;

g) prevedere le modalità di tenuta del registro e delle sue sezioni da parte del Ministro della giustizia e da parte del Ministro della salute, il controllo sul costante possesso dei requisiti stabiliti dal presente comma a pena di cancellazione e la conseguente inibizione per gli iscritti di utilizzare gli attestati rilasciati ai sensi della lettera e).

Art. 9.

(Princìpi e criteri direttivi in materia di società tra professionisti).

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, ferma restando la possibilità di esercitare le professioni intellettuali in forma societaria, in conformità alle disposizioni previste dal codice civile ed alla eventuale disciplina di settore, il Governo disciplina l'esercizio delle professioni intellettuali riservate o regolamentate nel sistema ordinistico anche in forma societaria  o cooperativa nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le professioni regolamentate nel sistema ordinistico possano essere esercitate in forma societaria o cooperativa avente ad oggetto esclusivo l'esercizio in comune da parte dei soci e disciplinare tale società come tipo autonomo e distinto dalle società previste dal codice civile; prevedere che dette professioni possano essere esercitate anche mediante strumenti societari o cooperativi temporanei che garantiscano l'esistenza di un centro di imputazione di interessi in relazione a uno scopo determinato e cessino dopo il raggiungimento dello stesso;

b) prevedere che alla società possano partecipare soltanto professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché cittadini degli Stati membri dell'Unione europea purché in possesso del titolo di studio abilitante ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o con una partecipazione minoritaria, fermo restando il divieto per tali soci di partecipare alle attività riservate;

c) disciplinare la ragione sociale della società a tutela dell'affidamento degli utenti e prevedere l'iscrizione della società agli albi professionali;

d) prevedere che l'incarico professionale conferito alla società possa essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta, designati dall'utente, e stabilire che, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all'utente; assicurare comunque l'individuazione certa del professionista autore della prestazione;

e) prevedere che la partecipazione ad una società sia incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti;

f) prevedere le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo;

g) prevedere che la società possa rendersi acquirente di beni e diritti strumentali all'esercizio della professione e compiere le attività necessarie a tale scopo;

h) prevedere che i professionisti soci siano tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine;

i) prevedere che anche la società sia soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale risulti iscritta.

2. Nel disciplinare la società multiprofessionale o i centri di imputazione temporanea di cui al comma 1, lettera a), per attività diverse ma compatibili fra loro, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: stabilire gli ambiti di incompatibilità; prevedere che a tali società si applichi, in quanto compatibile, la disciplina delle diverse professioni con modalità tali da coordinare le norme sostanziali e procedimentali che regolano i diversi profili di responsabilità, anche disciplinari; prevedere l'iscrizione delle società agli albi relativi alle singole attività e disciplinare, nel caso di cancellazione della società da uno degli albi nei quali la società sia iscritta, l'esclusione del socio o dei soci iscritti al medesimo albo; prevedere che restino salve, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di società di ingegneria di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, nonché le disposizioni emanate in attuazione delle direttive comunitarie, e in particolare dell'articolo 19 della legge 21 dicembre 1999, n. 526.

3. Nel disciplinare il regime di responsabilità, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: prevedere che dell'adempimento risponda direttamente e illimitatamente il socio incaricato dell'attività, se individuato ai sensi del comma 1, lettera d), nonché in via solidale la società, ovvero, se tale individuazione manca, direttamente la società e illimitatamente i soci; prevedere che risponda la società quando il fatto determinante la responsabilità sia esclusivamente collegabile alle direttive impartite dalla stessa; prevedere che la sentenza pronunziata nei confronti della società faccia stato anche nei confronti del socio o dei soci ai quali sia stato conferito l'incarico di svolgere l'attività professionale e che gli stessi possano intervenire nel procedimento civile instaurato contro la società e possano impugnare la decisione pronunciata nei confronti di essa.

4. Nel regolamentare le formalità di costituzione e il regime di funzionamento della società e dei centri di imputazione temporanei di cui al comma 1, lettera a), il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi: prevedere l'esatta determinazione dell'oggetto anche con riferimento alla società multiprofessionale e la possibilità di indicare nella ragione sociale il nome di uno o più professionisti nonché di un professionista non più esercente, regolando i limiti di tale uso; stabilire la disciplina dei conferimenti, distinguendo tra società monoprofessionali, società multiprofessionali e centri di imputazione temporanei, e prevedere che il conferimento possa consistere nel nome del professionista o nell'apporto di clientela, stabilendone le condizioni, oppure nella prestazione di attività professionale e di capitale; prevedere che nel caso di partecipazione di soci non professionisti di cui al comma 1, lettera b), le cariche sociali siano riservate a soci professionisti; prevedere diritti di opzione in favore dei soci in caso di recesso o di morte o di esclusione di un socio.

 

 


Iter alla Camera

 


Esame in sede referente

 


COMMISSIONI RIUNITE

e II (Giustizia) X  (Attività produttive)

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SEDE REFERENTE

Martedì 28 novembre 2006. - Presidenza del presidente della II Commissione Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti, Luigi Manconi e Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 13.45.

Riforma delle professioni.

C. 867 Siliquini, C. 1216 Mantini, C. 1319 Vietti e C. 1442 Laurini.

(Esame e rinvio).

Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento.

Pino PISICCHIO, presidente, invita i deputati Mantini e Chicchi a svolgere le rispettive relazioni.

Pierluigi MANTINI (Ulivo), relatore per la II Commissione, sottolinea preliminarmente come la riforma delle professioni sia un passo decisivo ed urgente verso la modernizzazione del Paese. Le proposte di legge in esame sono dirette ad individuare i principi relativi ad una complessiva riforma del sistema delle professioni intellettuali, in conformità alle previsioni costituzionali e agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria. Prima di illustrare le proposte di legge, ed in attesa dell'annunciato testo del Governo coerente con il decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223, ricorda che la disciplina delle professioni potrebbe rientrare, ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione nell'ambito della competenza legislativa concorrente. Conseguentemente, spetta alla legislazione dello Stato determinare i principi fondamentali, in conformità dei quali le regioni potranno esercitare la propria potestà legislativa. Tuttavia, come già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale, la materia è in larga misura ascrivibile alla tutela della concorrenza e dunque di competenza statale. Inoltre, ricorda che la materia delle professioni è disciplinata anche dalla normativa comunitaria, in quanto condizione indispensabile per la creazione del mercato unico europeo è, oltre alla libera circolazione delle merci, anche la libera circolazione delle persone.

La necessità di riformare la disciplina delle professioni deriva dalla constatazione  della trasformazione delle professioni rispetto al modello della prima metà del novecento al quale continua ancora ad ispirarsi la normativa vigente. Vi è poi un dato che deve essere tenuto presente: le professioni intellettuali tradizionali e le nuove professioni emergenti costituiscono insieme circa il 20 per cento del mercato del lavoro in Italia (4 milioni di addetti) e quasi altrettanto in termini di prodotto interno lordo. Negli ultimi anni si è assistito ad mutamento dei modelli di consumo delle famiglie: mentre nei decenni passati si spendeva di più per l'acquisto di beni, ora il rapporto è invertito e oltre il 60 per cento della spesa familiare è orientato sui servizi alla persona. Una gran parte di questi viene soddisfatta tramite prestazioni che incrementano lo sviluppo di nuove professioni.

La riforma delle professioni intellettuali è essenziale per la modernizzazione e la maggiore equità e competitività dell'Italia nell'economia globale. L'esigenza di procedere a tale riforma è fortemente sentita, oltre che dai diretti interessati e dai cittadini in via generale, dalla pressoché unanimità delle diverse forze politiche, come è dimostrato dalla eterogeneità politica dei presentatori delle proposte di legge in esame. Da alcune legislature il tema della riforma delle professioni è stato inserito nell'agenda del Parlamento, ma senza alcun risultato, nonostante che su alcuni punti della riforma vi sia una piena condivisione:ordini professionali riformati, riconoscimento delle nuove professioni, crescita delle società professionali e interprofessionali, più attenzione per i giovani, concorrenza, qualità, formazione, etica.

Tutte le proposte oggi in esame hanno alle loro spalle un intenso lavoro istruttorio, caratterizzato, in primo luogo, da un confronto con gli ordini e le associazioni esponenziali degli interessi dei soggetti destinatari della riforma. Inoltre non si può non tenere conto di una serie di tentativi di riforma che si sono succeduti a partire dal disegno di legge del primo Governo Prodi del 3 luglio 1998 alla successiva Commissione Mirone, dall'indagine dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1997 al disegno di legge dell'allora Ministro della giustizia Fassino al termine della XIII legislatura, ai dossier del Commissario europeo Monti fino ai tentativi di riforma della XIV legislatura, noti come «bozze Vietti». Molti temi sono stati discussi ed è cresciuta la condivisione della necessità di una riforma moderna delle professioni che dia slancio competitivo e maggiore equità a un settore decisivo nell'economia e nella società della conoscenza. La riforma oramai non è più procrastinabile se non si vuole lasciare l'Italia fuori dal nuovo circuito di economia globale che si è andato oramai sempre di più ad affermare. Un grave campanello d'allarme sul ritardo dell'Italia in questo campo è dato dalla circostanza che, nel campo dei servizi professionali ad alto valore aggiunto, il nostro Paese è diventato territorio di conquista da parte di società di consulenza e di grandi studi professionali in forma societaria. Il deficit della bilancia commerciale dei servizi professionali nel 2003 era giunto a meno di 3,7 miliardi di euro, quale conseguenza della difficoltà delle professioni italiane rispetto alla più attrezzata concorrenza internazionale. Solo attraverso una nuova disciplina delle professioni, che tenga conto della loro evoluzioni, è possibile colmare il divario concorrenziale dei professionisti italiani rispetto ai professionisti europei. Un fattore di mutamento dell'assetto tradizionale delle professioni è determinato anche dalla crescente autonomia dei progetti formativi delle università. La proliferazione delle lauree triennali «europee», in particolare, rompe lo schema binario «una laurea, una carriera», consentendo di accedere a più professioni, secondo il principio degli «albi in concorrenza». Segnala quindi l'esigenza di un'azione decisa di modernizzazione, attraverso la legislazione sui principi generali ma anche tramite politiche specifiche per le professioni, per la valorizzazione e l'internazionalizzazione delle professioni italiane.

In questo quadro, più volte l'Unione europea è intervenuta per sottolineare che i servizi professionali svolgono un ruolo importante ai fini del miglioramento della  competitività dell'economia europea e hanno rilevanza immediata per i consumatori. Nel momento in cui si ci accinge a riformare la normativa nazionale delle professioni, non lo si può fare senza tener conto della normativa dell'Unione Europea, che pone dei paletti che l'Italia non può superare. Il punto di partenza della normativa comunitaria è dato dalle disposizioni del Trattato che prevedono per i professionisti il riconoscimento non del solo diritto alla libera prestazione di servizi nell'ambito della Comunità, ma anche il diritto di ogni cittadino europeo di esercitare la propria attività in qualsiasi Stato membro (libertà di «stabilimento»). Da ciò deriva che si rende necessario il reciproco riconoscimento fra i Paesi membri della CE dei diplomi, certificati e titoli professionali dei cittadini europei. La Corte di giustizia ha riconosciuto l'immediata precettività delle norme del Trattato che statuiscono i citati principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi.

In un primo momento, la produzione normativa comunitaria ha avuto l'obiettivo di armonizzare le legislazioni nazionali relative all'esercizio delle singole professioni, come presupposto per il riconoscimento dei titoli professionali (in questa direzione il legislatore comunitario si è mosso, in particolare, per le professioni sanitarie): non sono tuttavia mancate resistenze in tale cammino, come dimostra la normativa dettata per gli avvocati (direttiva 77/249/CEE) che ha consentito a questi professionisti la sola libera prestazione di servizi professionali in ambito CE (rinviando ulteriormente l'attuazione del diritto di stabilimento). In un secondo momento, il legislatore comunitario ha invece percorso - con le direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE - la strada del riconoscimento reciproco dei titoli professionali sulla base della rispondenza a taluni requisiti minimi. In questa nuova ottica deve anzitutto ricordarsi la direttiva 89/48/CEE, che ha trovato attuazione in Italia con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115. Il quadro normativo comunitario, però, è stato innovato recentemente con la direttiva 2005/36/CE, che ha riformato il regime di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. La direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali. In materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi, rammenta anche le vicende della cosiddetta direttiva Bolkenstein, relativa ai servizi nel mercato interno, con particolare riferimento all'eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri. Da ultimo, segnala l'approvazione della risoluzione 2137/2006/CE del Parlamento europeo (cosiddetta risoluzione Ehler) del 12 ottobre 2006, sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, la quale sollecita l'eliminazione degli «ostacoli alla concorrenza che non sono giustificati o che nuocciano all'interesse generale», pur riconoscendo «il diritto di emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche». Al riguardo, osserva che tutte le proposte di legge in esame individuano nei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario un parametro di riferimento, cui si conforma la nuova disciplina delle professioni intellettuali. L'Unione europea richiede più circolazione e libertà nei mercati dei servizi professionali, nel rispetto della qualità. L'Italia dovrà adeguarsi al più presto a questi princìpi.

Per ragioni economiche e per rispettare le direttive europee la riforma è, quindi, a suo avviso, imprescindibile. L'obiettivo non deve essere abolire gli Ordini professionali, ma rinnovarli profondamente e riconoscere le nuove professioni e le loro associazioni. Il Parlamento dovrà valutare se adottare il cosiddetto «sistema duale», limitando l'ambito delle professioni regolamentate a quelle per le quali l'ordinamento prefigura attività soggette a riserva esclusiva e per le quali è previsto l'esame di Stato, propedeutico all'iscrizione ad Ordini o collegi professionali, promuovendo  nel tempo l'unificazione delle figure professionali affini. In questo quadro, l'accesso all'esercizio delle professioni intellettuali dovrebbe essere in linea di principio libero (alcune eccezioni potrebbero essere necessarie), senza vincoli di predeterminazione numerica, sulla base dell'esame di Stato. Sarà sicuramente necessario qualificare e diversificare il praticantato, di norma presso un professionista, che potrebbe svolgersi anche presso i Paesi dell'Unione europea o altri Stati esteri, gli uffici giudiziari, gli enti locali, le pubbliche amministrazioni, nonché presso studi e strutture professionali di aziende. L'efficacia e la qualità di queste esperienze formative, durante il praticantato, potranno costituire un elemento di valutazione al momento dell'esame di Stato, che deve essere riformato sulla base del criterio della verifica dell'effettività del tirocinio. Inoltre, al praticante dovrebbe essere riconosciuto un equo compenso commisurato all'effettivo apporto all'attività professionale, risolvendo le attuali ingiustizie derivanti dallo sfruttamento del lavoro dei più giovani. Nei confronti dei più giovani, raccomanda la massima attenzione anche per lo sviluppo di forme adeguate di welfare.

Obiettivo della riforma dovrebbe essere, a suo avviso, quello di garantire sempre la salvaguardia dell'indipendenza del professionista, tenuto a prestare l'attività secondo le regole, anche deontologiche, delle professioni, vigilate da Ordini e collegi professionali. Segnala, poi, la questione delle tariffe. Anche per le professioni regolamentate occorrerebbe stabilire il principio della libera e consensuale determinazione del corrispettivo, prevedendo eventualmente casi limitati, nei servizi di pubblico interesse, in cui è utile fissare corrispettivi massimi e minimi, o altre tecniche, allo scopo di evitare che possibili pratiche di dumping e di concorrenza sleale producano un abbassamento della qualità dei servizi o costi ingiustificati per il cliente. Relativamente a ciò, il Ministro competente dovrà comunque consultare i rappresentanti degli Ordini e dei collegi professionali e le principali associazioni dei consumatori e degli utenti. Sul tema delle tariffe si dovrà tuttavia tenere ben presenti le innovazioni introdotte dal citato decreto Bersani che costituisce un punto fermo.

La nuova disciplina delle professioni dovrà aver ad oggetto anche le modalità di svolgimento dell'attività professionale, la quale potrebbe essere svolta in forma individuale, associativa o a mezzo di società tra professionisti. Sarà necessario prevedere diversi modelli organizzativi per meglio adattarli alle diverse realtà che in concreto si manifestano. Si tratta di una materia estremamente delicata, in quanto una normativa che non tenga in debito conto le peculiarità delle attività professionali ed, in particolare, di quelle intellettuali, rischierebbe di ridurre queste in attività meramente commerciali.

Altre questioni che dovranno essere esaminate saranno quelle relative alla pubblicità che abbia carattere informativo e quella, di fondamentale rilievo per i professionisti, della previdenza. La scelta, effettuata da oltre un decennio, della privatizzazione delle Casse di previdenza dei professionisti va assolutamente rispettata. I presidenti e gli associati delle Casse valuteranno in che misura adeguare i contributi per garantire l'equità e la sostenibilità del sistema anche al fine di contribuire a un moderno welfare dei professionisti (in particolare, dei giovani e delle donne).

Altro punto di assoluto rilievo è il riconoscimento, in forma europea, delle associazioni delle nuove professioni. Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nel V Rapporto di monitoraggio sulle professioni non regolamentate (aprile 2005), ha censito 155 nuove professioni. Si è formato un nuovo mercato del lavoro professionale, con modalità e regole spesso molto diverse da quelle del tradizionale lavoro dipendente o del lavoro indipendente delle professioni ordinistiche, un mercato del lavoro che ha grande rilievo economico e sociale e che interessa quotidianamente circa un milione di persone. Il riconoscimento delle nuove professioni e delle loro associazioni è perciò urgente sia  per ragioni economico-sociali sia per gli adempimenti previsti dalla citata direttiva 2005/36/CE, che il Governo si è impegnato a recepire ben prima del termine previsto del 20 ottobre 2007. La materia delle professioni non regolamentate è di competenza del relatore della X Commissione, tuttavia non può non sottolineare che un processo continuo di formazione e di aggiornamento professionale (life long learning), insieme con la riforma dell'accesso, deve servire ad affermare il principio del merito, a far emergere i talenti professionali, a favorire l'emergere di giovani capaci e meritevoli e soprattutto a responsabilizzare le associazioni delle nuove professioni che devono dotarsi di statuto, formazione permanente, deontologia. Assai rilevante è la determinazione degli ambiti di competenza tra professionisti iscritti e non iscritti agli Albi; al riguardo ritiene che si potranno rivedere le attività soggette a riserva e si dovrà comunque garantire il principio della leale concorrenza nelle attività non riservate in via esclusiva. Il riconoscimento delle associazioni dovrà avere come scopo sostanziale quello di un'attestazione di qualità nei confronti del cittadino utente sui requisiti di professionalità e di deontologia dell'iscritto alla singola associazione. I punti cardinali sono dunque il rilancio della competitività, il quadro europeo, il sistema duale, l'investimento nella formazione e nell'aggiornamento, la valorizzazione dei talenti professionali, specie dei giovani.

Tutte le diverse questioni che attengono alla riforma delle professioni sono oggetto delle proposte di legge all'esame delle Commissioni riunite, anche se, rispetto alle altre, la proposta n. 867, a prima firma dell'onorevole Siliquini, si concentra particolarmente sulle cosiddette professioni regolamentate e non anche su quelle non regolamentate. Considerata l'ampiezza e complessità tecnica delle proposte di legge all'ordine del giorno, si sofferma, pertanto, su gli aspetti più significativi delle diverse proposte, partendo da quelle di più ampia portata. Contenuto analogo, sebbene con significative differenze, presentano le proposte di legge A.C. 1216 (Mantini ed altri) e A.C. 1319 (Vietti ed altri).

La proposta di legge A.C. 1216, si compone di quattro titoli e di 44 articoli. Il Titolo I, detta disposizioni applicabili a tutti i tipi di attività professionale. Esso si suddivide in cinque capi. Il Capo I fornisce una specifica definizione di professione intellettuale, come attività economica, anche organizzata, diretta al compimento di atti ovvero alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale. Il Capo II stabilisce alcuni principi in tema di esercizio della professione, distinguendo tra liberi professionisti e professionisti dipendenti. In linea generale, si sancisce il principio del libero accesso, prevedendo, quali criteri fondanti della professione, l'autonomia ed indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica del professionista. Corollario di questo principio appare essere quello di non predeterminare numericamente i posti in occasione dell'esame di Stato e di fondare tale esame su un tirocinio effettivamente svolto (articolo 4). La libera professione può essere esercitata in forma individuale, associata o societaria sulla base dei requisiti stabiliti dagli ordinamenti di categoria. In ogni caso, non si applicano le disposizioni codicistiche disciplinanti l'attività di impresa. Alla legge spetta l'individuazione delle professioni il cui esercizio è compatibile con la prestazione di lavoro subordinato, assicurando l'autonomia e l'indipendenza di giudizio del professionista (articolo 5). Per quanto concerne i professionisti dipendenti, si prevede che, nel caso in cui l'abilitazione costituisca requisito per l'instaurazione del rapporto di lavoro, sia obbligatoria l'iscrizione all'albo. I professionisti dipendenti pubblici sono tenuti al rispetto del codice deontologico e dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione (articolo 6).

Il Capo III affronta il tema dell'attività professionale svolta in forma societaria. Nell'affermare la possibilità di costituzione di società per l'esercizio di attività professionali  (per le quali è prescritta una peculiare denominazione), il progetto di legge prevede che, nel caso di attività professionali non soggette a riserva esclusiva, sono ammessi i tipi sociali previsti dal codice civile. È consentita, altresì, la costituzione di società tra professionisti per l'esercizio di più attività professionali, nei casi individuati da un apposito regolamento del Governo. La costituzione della società tra professionisti deve conformarsi ad alcuni principi fondamentali: la partecipazione alla società è ammessa solo per i soci professionisti iscritti all'albo ed agli stessi sono riservate le cariche sociali; è consentito conferire al capitale sociale anche il nome del professionista, la denominazione dello studio professionale o l'avviamento presso la clientela; le società aventi ad oggetto l'esercizio di professioni di interesse generale sono iscritte in una sezione speciale dell'albo; l'incarico professionale conferito alla società può essere svolto solo dai soci in possesso dei relativi requisiti; alle società medesime non sono applicabili le norme sulle procedure concorsuali. Le società aventi ad oggetto l'esercizio di più professioni di interesse generale (cosiddette società interprofessionali) sono iscritte nella sezione speciale dei rispettivi albi e regolamentate dagli ordinamenti delle categorie cui appartengono i soci. È comunque consentito a tali ordinamenti prevedere, per motivate ragioni, regimi di incompatibilità circa la partecipazione dei professionisti iscritti ad albi diversi. Per tali società, la prestazione può essere eseguita solo dai soci in possesso dei necessari requisiti. Viene inoltre ribadito il principio secondo cui le prestazioni riservate dalla legge ad una o più categorie possono costituire oggetto unicamente delle società che annoverano, tra i propri soci, appartenenti alla medesima categoria (articolo 8). È disciplinato anche l'esercizio della professione in forma associata. Tale esercizio è consentito ai soggetti che, in possesso dei necessari requisiti (o per particolare disposizione di legge), si associano per l'esercizio delle professioni. Anche in questo caso, è prescritta l'adozione di una precisa denominazione.

Il Capo IV (articoli 11-13) detta le norme previdenziali e fiscali, nonché la disciplina dell'assicurazione per la responsabilità professionale. In particolare, è previsto che gli enti che gestiscono forme di previdenza obbligatorie per i liberi professionisti esercitano le attività previdenziali e assistenziali in posizione di indipendenza e autonomia, senza finanziamenti diretti o indiretti da parte dello Stato. Per quanto attiene agli aspetti fiscali, si estende ai redditi di lavoro autonomo prodotti dai professionisti la disciplina fiscale di cui al Testo unico delle imposte sui redditi e si delega il Governo a riformare il trattamento fiscale dei redditi fondiari e dei redditi da capitali prodotti dagli enti previdenziali privati, escludendo ogni forma di doppia imposizione ed eliminando il prelievo sulle pensioni erogate dagli enti. Si introduce, inoltre, l'assicurazione per la responsabilità professionale.

Il Capo V, collocato in chiusura del Titolo I, disciplina il riconoscimento pubblico e l'organizzazione delle professioni intellettuali (ordinistiche e associative), enucleando i principi e criteri direttivi sulla base dei quali il Governo è chiamato ad esercitare la delega legislativa. In particolare, si prevede il diritto al riconoscimento pubblico delle professioni non disciplinate nella forma dell'Ordine professionale e si stabilisce una diversa disciplina per le attività soggette a competenza esclusiva e per quelle non riservate (le prime sono svolte in esclusiva da soggetti in possesso di determinati requisiti, le seconde sono esercitate in regime di concorrenza, nel rispetto del principio di lealtà e sulla base di una denominazione connotativa degli effettivi profili professionali e non ingannevole per il pubblico). Per le professioni che incidono su interessi generali meritevoli di specifica tutela, si statuisce l'istituzione di Ordini professionali, mentre per le professioni che non incidono su tali interessi si prevede l'organizzazione in associazioni. Per quanto concerne le professioni ordinistiche, si prevede l'attribuzione al Ministero della giustizia del potere di riconoscimento  (esercitato sulla base di una specifica istruttoria) e dei compiti di vigilanza; al Ministero dello sviluppo economico è assegnata, invece, la vigilanza sulle associazioni professionali.

Il Titolo II (articoli 15-33) del progetto di legge contiene disposizioni in merito alle professioni di interesse pubblico. In particolare, si stabilisce che le condizioni e i presupposti per l'esercizio delle professioni di interesse pubblico, per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e l'iscrizione in un albo, siano disciplinate con decreti legislativi. I decreti sono adottati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: incidenza della attività professionale sugli interessi generali meritevoli di specifica tutela; esigenza di tutela dell'affidamento; rilievo sociale dei costi derivanti dall'esercizio non corretto delle attività professionali; esercizio di funzioni di pubblico interesse; garanzia della concorrenza. Spetta agli ordinamenti di categoria definire le competenze professionali degli appartenenti all'Ordine e le prestazioni riservate, il titolo professionale, i requisiti formativi, le modalità del tirocinio, le incompatibilità e gli ulteriori requisiti nell'interesse generale. La delega legislativa è esercitata garantendo la tassatività e specialità delle attività riservate e l'unificazione degli Ordini relativi a professioni omogenee.

In merito al tirocinio (articolo 16), il Governo è delegato a stabilirne le condizioni e i requisiti sulla base di alcuni principi. In primo luogo, il tirocinio è finalizzato all'apprendimento dei fondamenti teorici, pratici e deontologici della professione e la sua durata non può superare i due anni. A parte le diverse possibilità di svolgere il praticantato anche presso pubbliche amministrazioni, società e aziende operanti nel settore, ma, in ogni caso, sotto la responsabilità di un professionista iscritto all'albo da un congruo periodo di tempo, si prevede che prestazione del tirocinante deve essere retribuita con un compenso determinato in relazione al contributo fornito e al regime tariffario delle prestazioni rese, assicurando comunque un compenso minimo. Con riferimento all'esame di Stato per l'abilitazione alla professione, il Governo è chiamato a disciplinare la materia in modo da garantire, tra l'altro, che l'esame sia basato su una verifica periodica dell'effettività del tirocinio, tramite un sistema di crediti, assicurando l'uniforme valutazione dei candidati e la verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e delle attitudini necessarie. Con riferimento agli Ordini professionali, il progetto di legge stabilisce che le professioni per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione all'albo sono organizzate in Ordini professionali, ai quali spettano compiti di rappresentanza istituzionale, la cui struttura organizzativa è dettagliatamente disciplinata.

Gli articoli da 23 a 27 dettano disposizioni in tema di deontologia professionale e di sanzioni disciplinari.In particolare, ai sensi dell'articolo 23, il Consiglio nazionale adotta ed aggiorna periodicamente il codice deontologico per l'esercizio della professione (che disciplina anche la pubblicità informativa, di cui all'articolo 24), in modo da assicurare il decoro, il prestigio e il corretto esercizio della professione nonché i diritti degli utenti. La regolamentazione delle sanzioni disciplinari (avvertimento, censura, sospensione e radiazione) è rimessa all'ordinamento di categoria, in conformità al principio di proporzionalità della sanzione alla gravità della violazione. Il procedimento disciplinare(articolo 27) può avere inizio d'ufficio, su segnalazione del cliente o di chiunque vi abbia interesse, secondo le norme stabilite dagli ordinamenti di categoria, nel rispetto dei principi del codice di procedura civile, ove compatibili. Le funzioni disciplinari sono comunque affidate ad un organo specifico e diverso dal consiglio dell'Ordine territoriale, la cui presidenza è affidata ad un magistrato. Il procedimento è svolto garantendo il rispetto dei principi del giusto processo. L'azione disciplinare si prescrive in cinque anni dalla data della presunta violazione, mentre il procedimento deve concludersi entro 24 mesi. In tema di scuole di formazione e corsi di aggiornamento professionale, la proposta di legge prevede che le scuole di alta  formazione possono essere istituite direttamente dagli ordinamenti di categoria ovvero dagli Ordini territoriali. Diverse disposizioni sono volte a disciplinare il regimetariffario. Le tariffe sono stabilite, nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti, solo per le attività riservate nell'interesse generale, mediante decreto del Ministro competente, previa apposita istruttoria. Le tariffe prevedono livelli massimi e minimi, negoziabili dal cliente in relazione alle modalità, al tempo e ai risultati delle prestazioni. (articolo 30).

Il Titolo III (articoli 34-40) della proposta di legge detta la disciplina relativa al riconoscimento delle associazioni professionali, per la quale si rinvia all'intervento del relatore per al X Commissione.

Il Titolo IV (articoli 41-44) disciplina le modalità di esercizio della funzione legislativa delegata e della potestà regolamentare da parte del Governo.

Contenuto in molti aspetti coincidente con quello del progetto di legge sopra esaminato presenta la proposta di legge A.C. 1319 Vietti ed altri, presentata il 7 luglio 2006. Qui di seguito, pertanto, procede ad un'esposizione sommaria degli elementi di differenza della stessa dalla proposta di legge A.C. 1216. Il provvedimento si suddivide in quattro titoli e 39 articoli.

Il Titolo I, rubricato come parte generale, analogamente alla proposta di legge A.C. 1216, detta disposizioni applicabili a tutti i tipi di attività professionale, e si suddivide in cinque capi. Al Capo I (articoli 1-3), rispetto alla definizione di professione intellettuale di cui alla proposta n. 1216, viene espressamente richiesto dal provvedimento in esame un titolo di studio universitario o equipollente. Nell'ambito del Capo II (articoli 4-6) che - analogamente al Capo II della proposta di legge precedentemente esaminata - stabilisce alcuni principi in tema di esercizio della professione, gli elementi differenziali rispetto all'A.C. 1216 sono rappresentati dalla soggezione a predeterminazione numerica dell'esame di Stato per l'esercizio di professioni che implicano lo svolgimento di pubbliche funzioni (articolo 4), e dalla specificazione che l'esercizio della professione in forma individuale avvenga sotto la responsabilità e la direzione personale del professionista (articolo 5).

Il Capo III (articoli 7-10) affronta il tema dell'attività professionale svolta in forma societaria. Contenuto diverso rispetto al corrispondente articolo della proposta di legge A.C. 1216 presenta l'articolo 7 della proposta di legge in esame, disciplinante il tipo della società tra professionisti. Oltre alla mancanza della previsione della generale facoltà di costituire società per l'esercizio di attività professionali, vengono richiamate, per la disciplina della società tra professionisti (STP), le disposizioni del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 (Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale), oltre che dei commi 2 e 3 dell'articolo in esame, invece delle disposizioni del codice civile, richiamate dall'articolo 7 della proposta di legge A.C. 1216. Viene inoltre consentita la costituzione di società tra professionisti in forma di società cooperativa a mutualità prevalente regolata purché vengano rispettate alcune condizioni: a tali società sono applicabili, nei limiti della compatibilità, le citate disposizioni del titolo II del decreto legislativo n. 96 del 2001. In tema di associazioni professionali, l'articolo 10 stabilisce che l'esercizio delle professioni in forma associata sia disciplinato dall'articolo 1 della legge 23 novembre 1939 n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e consulenza) legge che, tranne alcuni articoli espressamente elencati (3, 6, 7 e 8), viene mantenuta in vigore, diversamente da quanto disposto dall'articolo 10 della proposta di legge A.C. 1216 che, dettando una specifica disciplina dell'esercizio in forma associata delle professioni, dispone contestualmente l'abrogazione della citata legge n. 1815 del 1939.

Contenuto sostanzialmente identico a quello dell'omologo capo della proposta di legge A.C. 1216, presenta il Capo IV del  provvedimento in esame (articoli 11-13) che detta le norme previdenziali e fiscali nonché la disciplina dell'assicurazione per la responsabilità professionale.

Il Capo V, composto dal solo articolo 14, disciplina il riconoscimento pubblico e l'organizzazionedelle professioni intellettuali, enucleando i principi e i criteri direttivi sulla base dei quali il Governo è chiamato ad esercitare la delega legislativa.

Il Titolo II (articoli 15-32) del progetto di legge contiene disposizioni in merito alle professioni di interesse generale. In particolare, si stabilisce che le condizioni e i presupposti per l'esercizio delle professioni di interesse generale, per le quali è previsto il superamento di un esame di Stato e l'iscrizione in un albo, siano disciplinate con decreti legislativi. In riferimento a tali condizioni e presuppostil'articolo 15 presenta alcune difformità rispetto all'omologo articolo della proposta di legge A.C. 1216; sostanzialmente non vengono inclusi tra i principi e i criteri direttivi l'esercizio di funzioni di pubblico interesse e la garanzia della concorrenza e non viene riprodotta la previsione diretta a stabilire la garanzia della tassatività e specialità delle attività riservate e l'unificazione degli Ordini relativi a professioni omogenee. Contenuto sostanzialmente identico a quello della proposta di legge A.C. 1216 presenta l'articolo 17 relativo all'albo professionale.

Gli articoli 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28 e 29, concernenti rispettivamente l'organizzazione e i compiti del Consiglio nazionale, le disposizioni comuni alle professioni regolamentate, il codice deontologico e la pubblicità informativa, le sanzioni disciplinari, la responsabilità disciplinare, il procedimento disciplinare, le scuole di formazione, i corsi di aggiornamento professionale e l'associazioni degli iscritti agli albi, riprendono sostanzialmente il contenuto dei corrispondenti articoli della proposta di legge A.C. 1216.

L'articolo 30 contiene una regolamentazione del regime tariffarioparzialmente difforme da quella contenuta all'articolo 30 dell'A.C. 1216. In particolare, si stabilisce che, nel rispetto del principio di libera determinazione del compenso tra le parti di cui all'articolo 2233 del codice civile, le tariffe, previa istruttoria con i soggetti interessati, sono stabilite, nell'interesse generale, con decreto del Ministro competente, su proposta dei rispettivi Consigli nazionali, sentito il Consiglio di Stato (il progetto A.C. 1216 prevede che le tariffe siano determinate con decreto del Ministro solo per le attività riservate nell'interesse generale e previa acquisizione dei pareri delle associazioni sindacali e dei consumatori). Tali tariffe prevedono livelli massimi e minimi, inderogabili (per l'A.C. 1216 tali livelli sono negoziabili dal cliente), per le prestazioni che incidono su interessi generali. Sono nulli i patti difformi qualora prevedano una riduzione superiore al 20 per cento (per l'A.C. 1216 se superiori ad un terzo) del compenso minimo stabilito sulla base dei livelli tariffari. Sono fatte salve le disposizioni che stabiliscono tariffe, aliquote, tabelle di compensi e corrispettivi per attività professionali, settori ovvero materie determinati.

Il Titolo III (articoli dal 33 al 36) delinea la disciplina delle associazioni delle professioni riconosciute. Secondo la relazione illustrativa, «per professione riconosciuta si intende la professione non rientrante in quelle di interesse generale per il cui esercizio si è costituita una associazione tra coloro che la esercitano». Il Titolo IV, collocato in chiusura, si compone di tre articoli (da 37 a 39) dedicati ai provvedimenti di attuazione.

La proposta di legge A.C. 1442 (Laurini ed altri) consta di quattro titoli e di 40 articoli. In sintesi, il Titolo I contiene le disposizioni generali. L'obiettivo perseguito dalla proposta appare essere quello di dettare una disciplina comune a tutte le professioni intellettuali, intendendo il riferimento alle professioni in un'accezione ampia, comprendente tutte le attività economiche, anche organizzate, dirette al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitate abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale, per le quali è richiesto  un titolo di studio universitario o un titolo ad esso equiparato. L'accesso alle professioni intellettuali è libero con due eccezioni: le professioni che si caratterizzano per l'esercizio di funzioni pubbliche, per le quali possono esservi vincoli di predeterminazione numerica; le professioni per le quali la legislazione vigente prevede un esame di Stato di abilitazione. L'articolo 4 disciplina il tirocinio, prevedendo che non debba durare più di tre anni, che debba essere ricompensato in base all'effettivo apporto del tirocinante all'attività professionale e che possa essere svolto contemporaneamente agli studi necessari per conseguire il titolo professionale e anche all'estero. Spetterà ai Consigli nazionali disciplinare le modalità di svolgimento del tirocinio, tenendo presente che la disciplina dovrà essere diversa rispetto a quella vigente in materia di contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali.

Il Titolo II detta i principi fondamentali in tema di professioni regolamentate. In particolare, la proposta affida alla legge il compito di individuare le attività professionali regolamentate, disponendo la tenuta di appositi albi e l'istituzione di Ordini professionali, sotto la vigilanza del Ministro della giustizia. Gli Ordini professionali, enti pubblici non economici (cui non si applicano le disposizioni vigenti in materia di controllo della Corte dei conti), svolgono essenzialmente le funzioni di tenuta e aggiornamento degli albi (articolo 5). Per quanto riguarda la responsabilità disciplinare del professionista, anzitutto la proposta prevede che ciascun Ordine professionale debba adottare - previa consultazione dei consigli locali e approvazione del Ministro della giustizia - un proprio codicedeontologico (articolo 11). Il professionista, che dovrà attenersi alla legge e al codice deontologico (articolo 16), sarà sottoposto a procedimento disciplinare a livello locale presso apposite commissioni composte da professionisti con modalità idonee ad assicurare imparzialità e indipendenza (articolo 10). Inoltre, la proposta di legge prevede che il professionista debba sempre dotarsi di una copertura assicurativa per la responsabilità professionale. Per quanto riguarda le tariffe professionali, l'articolo 12 della proposta di legge prevede che esse debbano essere stabilite dagli Ordini, previa approvazione del Ministro vigilante; spetterà agli stessi Ordini decidere se rendere le tariffe vincolanti (comma 2) in presenza di prestazioni di rilievo pubblico.

Il Titolo III prevede il riconoscimento di associazioni di prestatori di attività professionali non regolamentate.

Il Titolo IV (articoli 20-38), diviso a sua volta in più capi, disciplina le società tra professionisti. Le società, che hanno per oggetto l'esercizio in comune di una o più professioni possono essere costituite tra persone fisiche esercenti una professione intellettuale regolamentata e devono essere iscritte a loro volta all'albo professionale. L'incarico può essere conferito al singolo socio ovvero alla società (nel qual caso sarà la società stessa a comunicare al cliente il nome del professionista che lo seguirà); dell'attività svolta risponde in prima persona il professionista e poi la società di appartenenza che resta solidalmente responsabile dei danni subiti dal terzo a seguito dell'espletamento dell'incarico professionale. La proposta di legge - facendo comunque salva la disciplina relativa alle associazioni professionali (di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1815) - specifica che il professionista può decidere di esercitare autonomamente la professione oppure decidere di partecipare ad una (e solo una) società professionale (articolo 26) optando per una delle tipologie societarie individuate dal legislatore. Sono dettagliatamente disciplinate la materie relativa alla costituzione della società. Sono, inoltre, dettate le norme sul funzionamento della società professionale. Sono poi previste norme previdenzialie fiscali volte a specificare che l'attività professionale svolta dai soci dà luogo a tutti gli obblighi e ai diritti previsti dalle norme previdenziali vigenti in materia e che i redditi della società sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, in proporzione alla sua quota di partecipazione e sono considerati, ai  fini fiscali, soltanto in capo ad esso, come redditi professionali. Il Capo IV contiene le norme di attuazione.

La proposta di legge A.C. 867, Siliquini ed altri, è diretta a stabilire i principi fondamentali sulla materia delle professioni intellettuali, in attuazione delle norme costituzionali e in conformità della normativa comunitaria. La proposta si compone di nove capi e di 71 articoli.

Il Capo I (articoli 1-9), che si compone di 9 articoli, detta i principi generali della materia. L'articolo 1, oltre ad individuare l'oggetto disciplinato dalla legge ed a qualificare le sue disposizioni come principi generali degli ordinamenti professionali (modificabili e derogabili solo espressamente), definisce il concetto di professione intellettuale quale attività diretta al compimento di atti, di servizi e di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e in via prevalente con lavoro intellettuale per la quale è richiesto un titolo universitario o equipollente.

L'articolo 2, dopo aver distinto l'attività professionale da quella d'impresa, ne stabilisce alcuni connotati specifici, quali il suo svolgimento nel rispetto delle norme deontologiche, la libertà dell'accesso alla professione, salvi i vincoli di predeterminazione numerica attualmente vigenti, la riserva alla legge dello Stato dei casi in cui lo svolgimento della stessa è subordinato a certi requisiti o consentito soltanto ai soggetti iscritti in appositi albi. In tema di Ordini professionali, l'articolo 3 ne dispone la qualificazione come enti pubblici non economici, non assoggettati a tutte le disposizioni conseguenti alla qualifica pubblica di un ente, caratterizzati da autonomia patrimoniale, finanziaria e statutaria - oltre che da autonomia regolamentare per la disciplina di specifiche materie -, e subordina l'istituzione di nuovi Ordini alla necessità di tutelare interessi costituzionalmente rilevanti in particolari condizioni. Viene inoltre consentita dall'articolo 4 la costituzione di associazioni professionali ai professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge dello Stato, subordinandone l'iscrizione in un apposito registro istituito presso il Ministero della giustizia a determinati criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. I requisiti di accesso alle professioni per l'esercizio di attività riservate in esclusiva sono stabiliti dall'articolo 5 che contempla - oltre naturalmente al possesso del titolo di studio - un esame di Stato preceduto da un apposito corso di formazione disciplinato dagli Ordini professionali. Nei casi in cui, eccezionalmente, la legge prevede la preventiva determinazione numerica dei soggetti legittimati a conseguire l'abilitazione per l'esercizio di attività professionali che comportano lo svolgimento di pubbliche funzioni, viene prescritto il ricorso a procedure di evidenza pubblica. Alcuni principi vengono stabiliti anche per quanto attiene il tirocinio, che deve essere effettivo, retribuito con un equo compenso, di durata non inferiore a tre anni, e che può essere svolto in diverse forme e modalità; in ogni caso, il professionista che accoglie nel suo studio il tirocinante deve essere iscritto all'albo e avere un'adeguata anzianità di iscrizione. La disciplina dell'esame di Stato è poi rimessa ad un regolamento governativo fermo restando il rispetto di alcuni criteri relativi all'uniformità delle prove sul territorio nazionale, all'uniforme valutazione dei candidati e alla verifica oggettiva del possesso delle conoscenze e dell'attitudine necessaria allo svolgimento dell'attività professionale. In materia di tariffe, è stabilito il principio della previa determinazione consensuale tra le parti, salvo il rispetto delle tariffe minime stabilite ogni triennio con decreto del Ministro della giustizia, ponendo anche a carico del professionista l'onere di informare anticipatamente il cliente sulla complessità dell'incarico e sugli oneri ipotizzabili al momento del conferimento dell'incarico medesimo. In ogni caso, si applicano le tariffe stabilite dal Ministero della giustizia in caso di mancata determinazione consensuale del compenso o di liquidazione giudiziale dello stesso. Resta inoltre fermo il principio della determinazione del compenso su accordo delle parti (o su decisione del giudice, anche arbitrale) per le  professioni organizzate in associazioni o che non hanno una tariffa stabilita dalla legge. Sull'informazione all'utenza dispone poi l'articolo 7 che disciplina l'oggetto e i limiti della pubblicità consentita al professionista, mentre l'articolo 8 stabilisce il principio dell'assicurazione obbligatoria del professionista per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale. Chiude il Capo I l'articolo 9 che interviene per garantire che gli esercenti attività professionali non siano esclusi dalle agevolazioni o dagliincentivi diretti a favorire lo sviluppo dell'occupazione.

Il Capo II (articoli 10-15) si compone di 6 articoli disciplinanti i principi generali in tema di società e associazioni tra professionisti. L'articolo 10 consente ai professionisti di costituire società o associazioni temporanee per lo svolgimento in comune dell'attività professionale, anche qualora si tratti di professionisti iscritti a Ordini professionali diversi. Si esclude poi la società tra professionisti dalla soggezione alle procedure concorsuali.

Alla disciplina degli specifici tipi societari consentiti in tema di professioni sono dedicati i successivi Capi II, III, IV e V. L'attività professionale può essere svolta in forma individuale, associativa o a mezzo di società tra professionisti. Punto qualificante è il mantenimento del principio dell'esclusione del socio di puro capitale onde assicurare l'autonomia dell'agire professionale. Possono quindi essere soci unicamente persone fisiche che, già al momento della sottoscrizione delle quote sociali, siano in possesso dei requisiti previsti di abilitazione e di iscrizione all'albo. Non sono ammessi soggetti estranei alla professione ovvero soci capitalisti che possano compromettere la trasparenza o condizionare la libera attività su cui devono poter fare affidamento i cittadini. Sono ammesse società multiprofessionali. Le società si articolano su due modelli principali: la società semplice tra professionisti, a base personale (STP), e la società professionale a responsabilità limitata (SPRL), a base capitalistica e destinata a organizzazioni più strutturate. L'amministrazione della STP è sempre affidata ai soci, mentre nella SPRL lo statuto può stabilire che sia amministrata anche da non soci, purché professionisti. Entrambe le società sono escluse dalle procedure concorsuali.

Il Capo VI della proposta di legge disciplina la struttura degli ordini. Il Capo VII disciplina le assemblee, prevedendo e disciplinando il congresso nazionale come assemblea generale di ogni professione e l'assemblea locale composta da tutti gli iscritti all'Ordine locale.

Il Capo VIII contiene la disciplina del controllo deontologico e amministrativo. L'istruzione e la decisione delle questiono disciplinari sono affidate ad organi territoriali, diversi da quelli aventi funzioni amministrative, previsti dagli statuti degli Ordini professionali. La disciplina dello svolgimento del procedimento disciplinare è affidata a specifici regolamenti adottati nell'esercizio dell'autonomia propria degli Ordini professionali. In ogni caso non sono ammesse sanzioni diverse dall'ammonizione, dalla censura, dalla sospensione e dalla radiazione, contestualmente definite. Al Ministro della giustizia, al quale sono inviate le deliberazioni concernenti l'approvazione dello statuto e dei regolamenti, è affidata la vigilanza sull'attività e sulla gestione degli ordini professionali. Il Capo IX (articoli 69-71) contiene, infine, le norme transitorie.

Conclude affermando che i tempi sono maturi per una riforma condivisa e moderna per la crescita delle professioni italiane nell'economia e nella società della conoscenza.

Giuseppe CHICCHI (Ulivo), relatore per la X Commissione, ritiene che le proposte di legge in esame rivestano un importanza fondamentale, in quanto il ruolo assunto nell'economia moderna dal settore dei servizi richiede una regolamentazione specifica delle professioni che operano in tale settore, in particolar modo se si prende in considerazione il fatto che la liberalizzazione delle attività economiche accresce sempre di più il ventaglio di attività sulle quali va ad incidere l'operato dei professionisti.

Sottolinea inoltre che la necessità di regolamentare le professioni deriva anche dall'esigenza di evitare che si instauri tra gli utenti di determinati sevizi e i fornitori degli stessi una situazione di squilibrio giuridico-economico.

Specifica che le proposte di legge seguono un'impostazione duale, in base alla quale a professioni « vecchie» esercitabili solo dopo il superamento di un esame di Stato si affiancano professioni «nuove» che necessitano di essere regolamentate al fine di tutelare i consumatori.

Passa quindi all'illustrazione delle disposizioni delle proposte di legge che riguardano più direttamente la competenza della X Commissione e più in particolare a quelle che si riferiscono alla possibilità di esercitare determinate professioni intellettuali in forma associata indipendentemente dal superamento di un esame di Stato e dalla successiva iscrizione in un albo professionale.

Più in particolare, la proposta di legge A.C. 867, Siliquini ed altri, consente all'articolo 4 la costituzione di associazioni professionali ai professionisti che esercitano attività non riservate in esclusiva dalla legge dello Stato, subordinandone l'iscrizione in un apposito registro istituito presso il Ministero della giustizia a determinati criteri stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Gli articoli 34-40 della proposta di legge A.C. 1216, Mantini ed altri, dettano una specifica disciplina relativa al riconoscimento delle associazioni professionali..

I principi generali di tale disciplina sono definiti dall'articolo 34 che prevede la libertà di costituire - nel rispetto della libera concorrenza - associazioni professionali, di natura privatistica, fondate su base volontaria e prive di vincoli di esclusiva. Gli statuti e le clausole associative devono assicurare la trasparenza, la dialettica democratica e l'osservanza di principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata al raggiungimento delle finalità delle associazioni. Le associazioni adottano il codice deontologico, esercitano la vigilanza sugli associati e definiscono eventuali sanzioni. Presso il Ministero dello sviluppo economico, è istituito il Registro delle associazioni professionali (articolo 35), cui aderiscono le associazioni in possesso dei requisiti fissati in un apposito regolamento di attuazione (articolo 38).

Si introduce, inoltre, l'attestato di competenza (articolo 36), mediante il quale le predette associazioni certificano il possesso dei requisiti professionali nonché l'esercizio abituale e corretto della professione e il costante aggiornamento del professionista. Le associazioni definiscono anche i requisiti per il rilascio di tale attestato, provvedendo all'individuazione di livelli di qualificazione professionale, alla definizione dell'oggetto dell'attività professionale e dei relativi profili, alla determinazione di standard qualitativi. L'attestato di competenza non è requisito vincolante per l'esercizio della professione ed è rilasciato a tutti gli iscritti che ne facciano richiesta e siano in possesso dei predetti requisiti (compresa la polizza assicurativa per la responsabilità professionale). Il mancato rinnovo dell'adesione all'associazione professionale comporta la perdita di validità dell'attestato. I professionisti iscritti alle associazioni hanno inoltre l'obbligo di fornire agli utenti che ne facciano richiesta il numero di iscrizione all'associazione professionale e gli estremi di iscrizione di quest'ultima al Registro delle associazioni.

L'articolo 38, recante norme di attuazione, affida, inoltre, al Ministro dello sviluppo economico la disciplina della materia e la fissazione dei requisiti per l'iscrizione delle associazioni al Registro ed il rilascio degli attestati di competenza. A tal fine, il Ministro adotta un apposito regolamento che dovrà garantire i seguenti principi: il rispetto della trasparenza, la dialettica democratica e l'esclusione di ogni fine di lucro; una struttura organizzativa e tecnico-scientifica consolidata, procedure operative adeguate alle finalità delle associazioni e un codice deontologico; un limite temporale alla validità dell'attestato di competenza e modalità di rinnovo basate su parametri oggettivi. Al Ministero dello sviluppo economico è affidata  la valutazione dei codici deontologici e dei requisiti fissati dalle associazioni professionali, nonché, ai sensi dell'articolo 39, la vigilanza sulle associazioni stesse (incluso il potere di cancellazione dal Registro in presenza di irregolarità nell'operato, perdita dei requisiti, prolungata inattività).

L'articolo 40, infine, demanda al Ministero dello sviluppo economico la definizione, con riferimento ai requisiti organizzativi richiesti, di un regime agevolato per le associazioni che all'entrata in vigore della legge risultino iscritte nella banca dati del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Le suddette associazioni sono comunque tenute ad adeguarsi ai requisiti previsti entro tre anni dall'entrata in vigore della legge, pena la cancellazione dal Registro. A tal fine, le associazioni dovranno presentare domanda di registrazione almeno 6 mesi prima della scadenza del predetto termine.

Gli articoli dal 33 al 36 della proposta di legge A.C. 1319, Vietti ed altri, delineano anch'essi una disciplina delle associazioni delle professioni riconosciute. Secondo la relazione illustrativa, «per professione riconosciuta si intende la professione non rientrante in quelle di interesse generale per il cui esercizio si è costituita una associazione tra coloro che la esercitano».

In primo luogo, presso il Ministero della giustizia è tenuto il registro delle associazioni delle professioni riconosciute (articolo 33). Tale registro, istituito con decreto del Ministro della giustizia, contiene i dati identificativi dell'associazione, lo statuto, il codice etico e le generalità dei componenti degli organi amministrativi. Con appositi regolamenti il Governo stabilisce le modalità di tenuta del registro, anche ai fini dell'organizzazione del Ministero della giustizia (articolo 34).

L'articolo 35 detta i principi fondamentali in tema di requisiti associativi. In particolare, il Governo, nell'esercizio della delega legislativa prevista all'articolo 37 del progetto di legge, stabilisce i requisiti che le associazioni devono possedere per l'iscrizione nel registro. Tali requisiti vanno determinati nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi: l'associazione deve essere costituita fra coloro che esercitano la medesima professione riconosciuta e deve avere adeguate diffusione, rappresentanza territoriali e numero di iscritti; lo statuto deve espressamente prevedere come scopo la promozione del profilo professionale degli iscritti e il loro aggiornamento, stabilendo le necessarie verifiche, anche in ordine al rispetto del codice etico; lo statuto deve anche indicare se l'associazione rilascia agli iscritti attestati in ordine alla formazione e qualificazione, professionale ovvero tecnico-scientifica, nonché al possesso degli altri requisiti stabiliti per l'iscrizione; lo statuto deve prevedere una disciplina degli organi associativi su base democratica ed escludere esplicitamente ogni attività commerciale. Ai fini dell'iscrizione al predetto registro è altresì necessario il possesso di ulteriori requisiti, quali: la dotazione da parte dell'associazione di strutture, organizzative e tecnico-scientifiche, idonee ad assicurare la determinazione dei livelli di qualificazione professionale, la periodica verifica e attestazione dei requisiti professionali degli iscritti, il relativo aggiornamento professionale, nonché l'effettiva applicazione del codice etico ; l'adozione da parte dell'associazione di un codice etico idoneo ad assicurare il corretto esercizio della professione; l'obbligo per gli iscritti di assicurarsi per la responsabilità civile per danni arrecati nell'esercizio dell'attività professionale. Il rispetto dei menzionati requisiti costituisce condizione per il mantenimento dell'iscrizione nel registro. In caso di cancellazione dell'associazione dal registro medesimo, agli iscritti è fatto divieto di utilizzare gli attestati rilasciati dall'associazione.

L'articolo 36 individua le norme transitorie. In particolare, si prevede che, nell'esercizio della delega prevista dall'articolo 37, il Governo definisce un regime agevolato in ordine ai requisiti associativi a favore delle associazioni iscritte (alla data di entrata in vigore della legge) nella banca dati del CNEL (istituita ai sensi  dell'articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936), che riguardano professioni che hanno ottenuto il riconoscimento pubblico ai sensi dell'articolo 14 della proposta di legge.

In ogni caso, le associazioni in questione sono tenute ad adeguarsi ai requisiti stabiliti ai sensi dell'articolo 35 entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, pena la cancellazione dal registro, presentando apposita domanda di iscrizione almeno sei mesi prima della scadenza di tale termine. Si prevede, inoltre, che, in sede di prima applicazione, ai professionisti che alla data di entrata in vigore della legge risultano iscritti alle associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento di cui al presente titolo non sia richiesto il possesso del titolo di studio universitario, o equipollente, ai fini del mantenimento dell'iscrizione all'associazione.

Infine, gli articoli 18 e 19 della proposta di legge A.C. 1442, Laurini ed altri, prevedono il riconoscimento di associazioni di prestatori di attività professionali non regolamentate. Previa istruttoria e parere sulle domande di riconoscimento da parte del CNEL, sentiti i Consigli nazionali degli ordini professionali operanti nel medesimo campo d'attività, il riconoscimento è effettuato con decreto del Ministro della giustizia, competente per la tenuta dell'apposito Registro delle libere associazioni. La proposta di legge precisa che il riconoscimento non attribuisce alcun diritto di esclusiva nell'esercizio dell'attività e che in ogni caso è garantito il pluralismo associativo per gli esercenti una medesima attività professionale (articolo 18). Le associazioni professionali riconosciute - in presenza di alcuni requisiti, fra i quali espressamente il possesso di una polizza assicurativa - possono rilasciare attestati di competenza ai professionisti iscritti (articolo 19).

Il sottosegretario Luigi SCOTTI rende noto che venerdì prossimo il Consiglio dei ministri dovrebbe adottare il disegno di legge sull'ordinamento delle professioni che è stato oggetto di un assiduo confronto fra tutti i dicasteri interessati. Segnala che il Governo considera la materia rientrante nel comma primo dell'articolo 117 della Costituzione, e quindi di esclusiva competenza statale, con particolare riguardo alla tutela della concorrenza, ma anche ai titoli di studio. Precisa che, a giudizio del Governo, il riferimento alle professioni di cui al terzo comma dello stesso articolo, relativo alla competenza concorrente, è da intendersi sul piano dell'attività professionale in senso generico e non attinente alle professioni intellettuali. Si domanda, al riguardo, come sarebbe infatti possibile immaginare codici deontologici diversi a seconda della regione. Segnala, altresì, che anche il disegno di legge governativo è impostato sul modello duale.

Pino PISICCHIO, presidente, dichiara di condividere l'interpretazione dell'articolo 117 della Costituzione segnalata dal Governo, sottolineando come si tratti comunque di una questione di particolare importanza che sarà senz'altro approfondita. Avverte che l'onorevole Siliquini, a nome del Gruppo di Alleanza nazionale, ha chiesto che le Commissioni riunite procedano alle audizioni dei soggetti interessati dal provvedimento in esame attraverso lo strumento dell'indagine conoscitiva. Gli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei Gruppi, delle Commissioni II e X dovranno stabilire, in riunione congiunta, se procedere a tale indagine conoscitiva e, in caso positivo, i soggetti da sentire ed il termine conclusivo della medesima.

Gaetano PECORELLA (FI) preannuncia l'intenzione di sottoporre alle Commissioni riunite una questione preliminare circa l'eventualità di stralciare la posizione dell'avvocatura.

Maria Grazia SILIQUINI (AN), nel condividere il rilievo del rappresentante del Governo circa la competenza esclusiva dello Stato sulla materia in esame, fa  presente che a tale conclusione si era giunti già nella scorsa legislatura.

Giancarlo LAURINI (FI) aderisce alla richiesta di tenere una serie di audizioni, auspicando che siano ampie ed esaurienti. Raccomanda la tempestiva presentazione del disegno di legge governativo perché se ne possa tenere conto nel corso dell'esame.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.30.


 


 

 

 

 

 

 



[1]Procedura 2005/2198. La lettera di costituzione in mora complementare è volta a completare l’analisi svolta nella lettera di messa in mora emessa ai sensi dell’articolo 226 del TCE, anche alla luce dei nuovi elementi di cui dispone la Commissione in seguito alle osservazioni comunicate dalle autorità dello Stato membro interessato in risposta alla lettera di messa in mora. Lo Stato membro dispone di due mesi di tempo a decorrere dalla data della messa in mora complementare per comunicare le proprie osservazioni. Dopo aver preso conoscenza di tali osservazioni o in caso di mancata comunicazione delle stesse entro il termine fissato, la Commissione si riserva di formulare un parere motivato. 

[2]L’articolo 43 vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Tale divieto si estende anche alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali.

[3]L’articolo 49 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti di cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità diverso da quello destinatario della prestazione.

[4]Questa legge recepisce nell’ordinamento italiano la direttiva 77/249/CEE intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati.

[5]La Commissione ha effettuato una valutazione delle disposizioni italiane precedentemente descritte anche alla luce della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica e della direttiva 77/249/CEE intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati. In entrambi i casi la Commissione è giunta alla conclusione che le disposizioni delle due direttive non sono sufficienti per chiarire la questione della compatibilità della normativa italiana con la normativa comunitaria e rinvia ad un esame specifico della compatibilità di tali disposizioni con gli articoli 43 e 49 del TCE.

 

[6]  Sentenza del 30 novembre 1995, causa C-55/94, Reinhard Gebhard contro Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Milano.

[7] Procedura n. 2005/4216.

[8] Sentenza n. 5675 del 18 ottobre 1988.

[9]  La Commissione ha effettuato una valutazione della normativa italiana in materia di tariffe minime per architetti ed ingegneri alla luce della direttiva 85/384/CEE concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli nel settore dell’architettura e recante misure volte a facilitare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e della direttiva 89/48/CEE relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni. In seguito all’esame, la Commissione ha concluso che tali direttive riguardano il riconoscimento delle qualifiche professionali e non toccano questioni non connesse alle qualifiche. Esse, pertanto, non pregiudicano l’eventuale incompatibilità con gli articoli 43 e 49 del TCE della normativa italiana relativa all’esercizio della professione, ivi compresa la professione di architetto ed ingegnere in Italia.

[10]   L’articolo 81, paragrafo 1, del TCE vieta tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni tra imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune. Tuttavia, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza Wouters), esulano da questo divieto le regolamentazioni professionali obiettivamente necessarie per garantire il corretto esercizio della professione conformemente alle modalità organizzative dello Stato membro interessato.

[11]   L’articolo 3, paragrafo 1, lettera g), del TCE fissa l’obbligo per la Comunità di porre in essere un regime che non falsi la concorrenza del mercato interno. L’articolo 10, paragrafo 2, del TCE vieta agli Stati membri di adottare misure suscettibili di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato.

[12]    Sentenza del 9 settembre 2003, causa C-198/01, Consorzio industrie fiammiferi (CIF).

[13]   L’articolo 86, paragrafo 1, del TCE, vieta agli Stati membri, per quanto riguarda le imprese pubbliche e le imprese cui essi conferiscono diritti speciali o esclusivi, di applicare o mantenere in vigore misure contrarie alle norme del Trattato CE. L’articolo 86, paragrafo 3, conferisce alla Commissione lo speciale potere di vigilare sull’applicazione dell’articolo 86 rivolgendo, se necessario, direttamente agli Stati membri opportune decisioni o direttive.

[14]    ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training.

[15]  Sulla base di tali conclusioni, il 4–5 dicembre 2006 i ministri europei dell’istruzione hanno elaborato il “comunicato di Helsinki”, documento che aggiorna le strategie e le priorità del processo di Copenhagen per lo sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione professionale. Il processo di Copenhagen, a cui aderiscono i 27 stati membri dell’Unione europea, due dei paesi candidati (Croazia e Turchia), tre paesi dell’EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), le parti sociali e la Commissione europea, è nato quale contributo alla realizzazione degli obiettivi generali della strategia di Lisbona ed è aggiornato da una conferenza ministeriale che si tiene ogni due anni.

[16]   La decisione n. 2241/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 istituisce un quadro comunitario unico per realizzare la trasparenza delle qualifiche e delle competenze mediante l'istituzione di una raccolta personale e coordinata di documenti, denominata Europass, che i cittadini possono utilizzare su base volontaria per meglio comunicare e presentare le proprie qualifiche e competenze in tutta Europa. La decisione prevede che gli Stati membri, responsabili dell’attuazione del sistema Europass,  designino un Centro nazionale Europass (CNE) che confluirà in una rete  europea di CNE, le cui attività sono coordinate dalla Commissione.

[17]   Nell’ambito della strategia di Lisbona riveduta, il Consiglio europeo di giugno 2005 ha approvato gli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione che comprendono:

·  una raccomandazione recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE), applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità;

·  una decisione (2005/600/CE) del Consiglio, adottata il 12 luglio 2005, recante le linee direttrici per l’occupazione che enunciano gli obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e negli Stati membri.

    Sulla base delle linee direttrici, gli Stati membri hanno presentato, nell'ottobre 2005, programmi nazionali di riforma.

[18]   In base alle previsioni della citata legge 339/2003, i pubblici dipendenti che hanno ottenuto l'iscrizione all'albo degli avvocati dopo l’entrata in vigore della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e che risultano ancora iscritti, entro trentasei mesi  dalla data di vigenza della legge stessa (2 dicembre 2003), potranno optare per il mantenimento ovvero per la cessazione del rapporto di impiego, comunicandolo al consiglio dell'ordine presso il quale risultano iscritti. In mancanza di comunicazione entro il termine previsto, i consigli provvederanno alla cancellazione di ufficio dell'iscritto dal proprio albo. La scelta per la professione forense non è comunque irreversibile: l’ex dipendente pubblico part-time conserva, infatti, per cinque anni il diritto alla riammissione in servizio a tempo pieno entro tre mesi dalla richiesta, purché non in soprannumero, nella qualifica ricoperta al momento dell'opzione presso l'Amministrazione di appartenenza.

[19]   Legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n.3.

[20]   Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione.

[21]   Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[22]   Critiche di analoga natura sono state più recentemente portate dall’Antitrust (v. segnalazione inviata ai Presidenti delle Camere, pubblicata sul bollettino AGCM del 25 settembre 2006) al D.Lgs 28/2006, che riconosce al nuovo ordine unificato dei dottori commercialisti ed esperti contabili competenze esclusive sul registro dei revisori. Tali attribuzioni esclusive, oltre ad apparire ingiustificate, contrasterebbero - secondo l’AGCM – con il principio di imparzialità e con la normativa a tutela della concorrenza. La segnalazione chiede al Parlamento un adeguato intervento normativo a correzione di tali incongruenze.

[23]   L’articolo 2229 c.c. costituisce il fondamento normativo della disciplina prevista per le professioni intellettuali: esso, nel riservare alla legge la determinazione delle professioni intellettuali per il cui esercizio è richiesta l'iscrizione in albi o elenchi, demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione, la tenuta degli albi e il potere disciplinare.

[24]   Si tratta delle disposizioni che stabiliscono l’incompatibilità con il mercato comune: a) degli accordi di imprese e associazioni di imprese che abbiano lo scopo di impedire, limitare o falsare le regole della concorrenza all’interno dell’Unione; tali accordi sono nulli di pieno diritto (art. 81); b) dello sfruttamento abusivo di posizione dominante (art. 82).  E’ poi sancita la sottoposizione delle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale alle generali regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata (art. 86).

[25]   In materia di tariffe professionali, v. la nota sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee del 18 giugno 1998 (causa C-35/1996,) sulle tariffe obbligatorie per gli spedizionieri doganali. Secondo la decisione, l’Italia ha violato le regole comunitarie sulla concorrenza, in quanto la legge professionale (L. 22 dicembre 1960, n. 1612) impone ad un'organizzazione professionale (il CNSD, Consiglio nazionale spedizionieri doganali), l'adozione di una decisione tipica di un’associazione di imprese, in contrasto con l'art. 85 del Trattato CE (ora art. 81), consistente nel fissare una tariffa obbligatoria per tutti gli spedizionieri doganali.

In particolare, sulla compatibilità delle tariffe forensi italiane con la regole comunitarie sulla concorrenza, v. Corte di giustizia, sentenza 19 febbraio 2002 (causa Arduino, C-35/1999); in senso parzialmente contrario, le conclusioni dell’Avvocato generale della Corte di giustizia nelle cause pendenti C-94/2004 (Cipolla) e C-202/2004 (Capoparte e Macrino), presentate il 1° febbraio 2006, secondo le quali le tariffe minime inderogabili degli avvocati violerebbero l’art. 49 del Trattato CE, in materia di libera prestazione dei servizi. Nell'ambito dei citati procedimenti riuniti C 94/04 e 202/04) la Corte di Giustizia, con sentenza depositata il 5 dicembre 2006, intervenendo, quindi,  sulla normativa anteriore all'entrata in vigore della legge Bersani, ha confermato l'orientamento comunitario secondo cui il precedente "divieto italiano assoluto di derogare ai minimi tariffari stabiliti per gli avvocati costituiva una restrizione della libera prestazione di servizi". Queste in sintesi le conclusioni della Corte: "Gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano in linea di principio all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, anche sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate né per quelle che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa. Tuttavia, una normativa che vieti in maniera assoluta di derogare convenzionalmente agli onorari minimi determinati da una tariffa professionale costituisce una restrizione della libera prestazione dei servizi prevista dall’art. 49 CE. Spetterà in concreto al giudice di merito verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente agli obiettivi della tutela dei consumatori e della buona amministrazione della giustizia, che possono giustificarla, e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi".

 

[26]    In merito all'estensione di tale divieto, la Suprema Corte aveva osservato che "È nullo il patto di quota lite stipulato da un ragioniere con il proprio cliente poiché il termine "patrocinatori" contenuto nel comma 3 dell'art. 2033 c.c. individua una categoria generale cui appartengono tutti quei professionisti che, pur non essendo né avvocati né procuratori, sono oggi abilitati alla difesa in sede di controversie giudiziali" (Cass. 23 giugno 1998, n. 6203).

[27]    “Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell’articolo 3, comma 133, lettera q), della L. 23 dicembre 1996, n. 662”.

[28]    "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato".

[29]    Nel parere al Ministro della giustizia AS 163 del 5 febbraio 1999 in merito al disegno di legge della XIII legislatura n. 5092 recante "delega al Governo per il riordino delle professioni intellettuali", l'Autorità ha ribadito che "la previsione di una regolamentazione per le attività riservate, diretta a controllare le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché il comportamento dei professionisti, dovrebbe essere principalmente finalizzata alla correzione delle asimmetrie informative presenti nei mercati in questione". I medesimi concetti si ritrovano espressi nella segnalazione AS298 del 27 aprile 2005, nonché nella segnalazione AS306 del 14 luglio 2005. L'Autorità ha più volte giustificato la necessità di riforme nel settore delle professioni anche alla luce delle lettere di messa in mora inviate allo Stato italiano nel luglio 2005 dalla Direzione mercato interno della Commissione Europea in merito all'idoneità delle tariffe di avvocati, architetti e ingegneri a pregiudicare il commercio intracomunitario e dagli stimoli in tal senso provenienti da OCSE e Fondo Monetario Internazionale.

[30]   Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, che abroga le direttive 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE, 89/48/CEE, 92/51/CEE, 93/16/CEE e 1999/42/CE.

[31]   Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza.

[32]   Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale.

[33]   Il riferimento dell’art. 117 Cost. alle “professioni” come materia di legislazione concorrente è interpretato univocamente dal Governo con riferimento alle attività professionali localizzabili nel solo ambito regionale.

[34]    Legge 15 maggio 1997, n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”.

[35]    Sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e le Commissioni parlamentari competenti. L'art. 1 del D.P.R. 2 dicembre 1997, n. 491, istitutivo del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), prescrive il parere anche di quest'ultimo organismo.

[36]   Legge 19 novembre 1990, n. 341 “Riforma degli ordinamenti didattici universitari”.

[37]    Dal riordino resta escluso il dottorato di ricerca, riordinato ai sensi di altre disposizioni.

[38]    Si tratta della dichiarazione congiunta su “L'armonizzazione dell'architettura dei sistemi d'istruzione superiore in Europa”, sottoscritta dai ministri per l'università di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia a Parigi il 25 maggio 1998 (c.d. Dichiarazione della Sorbona), e della dichiarazione congiunta su “Lo spazio europeo dell'istruzione superiore”, sottoscritta da 29 ministri europei dell'Istruzione superiore intervenuti al Convegno di Bologna del 19 giugno 1999 (c.d. Dichiarazione di Bologna).

[39]    D.M. 3 novembre 1999, n. 509, “Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei”.

[40]    Le scuole di specializzazione trovano attualmente la loro disciplina generale nel D.P.R. 10 marzo 1982, n. 162. Nel corso della XIII legislatura sono intervenuti, in materia:

§       il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, che ha recepito la direttiva 93/16/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993 sulla libera circolazione dei medici e il reciproco riconoscimento dei relativi titoli, ridisciplinando tra l'altro la formazione specialistica dei medici, già riconducibile al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 (sul tema, v. il volume predisposto per la Commissione affari sociali);

§       il D.M. 26 maggio 1998, che detta i criteri generali per la disciplina degli ordinamenti delle scuole di specializzazione per l'insegnamento nella scuola secondaria. (v. supra);

§       il D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, che detta norme sulle scuole di specializzazione per le professioni legali la cui frequenza, a norma dell'art. 17, commi 113 e 114, della L. 127/1997, è condizione per l'ammissione al concorso per l'accesso alla magistratura ordinaria (sul tema, v. il volume predisposto per la Commissione giustizia).

La L. 29/2001 (art. 6) ha, infine, rimesso alle università la definizione degli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione (biennali) nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, secondo criteri da determinare con decreto interministeriale (università e beni culturali); l'accesso a tali scuole sarà aperto ai titolari di lauree specialistiche (da determinare con il medesimo decreto).

[41]    D.M. 30 aprile 1999, n. 224.

[42]    Ai dottorandi di ricerca può essere peraltro affidata una “limitata attività didattica sussidiaria o integrativa che non deve in ogni caso compromettere l'attività di formazione alla ricerca”.

[43]    A ciascun credito corrispondono di norma 25 ore di lavoro. Il lavoro di un anno corrisponde convenzionalmente a 60 crediti.

[44]    L. 14 gennaio 1999 n. 4, “Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole”. La norma citata è stata modificata dall'art. 6 della legge 19 ottobre 1999, n 370, “Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica”.

[45]   D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328 “Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti”.

[46] Recante l'attuazione della direttiva 98/5/CE in materia di esercizio della professione di avvocato.